Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la politica economica europea in generale, e fiscale in particolare, non è stata capace di risolvere gli enormi problemi sociali sopraggiunti dopo la crisi del 2007. Una crisi che per profondità e lunghezza è più lunga della grande crisi del ’29;
    le politiche e le misure adottate dall'Unione europea per contrastare la crisi intervenuta nel 2007, hanno disegnato un quadro abbastanza stringente di obiettivi finanziari, in particolare la solidità dei bilanci pubblici, a discapito di misure (economiche e finanziarie) che potessero realmente implementare «Europa 2020». Mentre i vincoli di finanza pubblica, indebitamento e debito pubblico, sono stringenti, gli impegni per la crescita e lo sviluppo sono per lo più delle (buone) raccomandazioni, e non prevedono sanzioni in caso di mancante raggiungimento. Il quadro che emerge è una serie di strumenti potenzialmente coerenti per coordinare le politiche fiscali europee tese a costruire un'agenda economica rafforzata, la stabilità dell'euro e la «regolamentazione» del settore finanziario, ma gerarchicamente slegata dalle policy per la crescita. Non a caso i vincoli-squilibri macroeconomici e di competitività sono emersi con tutta la loro violenza. Se anche la Germania ha ricevuto un richiamo dalla Commissione europea per il suo eccessivo surplus commerciale, c’è veramente qualcosa che non funziona nella politica economica europea;
    il patto di stabilità è stato peraltro definito «Patto di stabilità e crescita», dunque non solo di stabilità; va sottolineato come, da solo, il crollo del PIL nel 2009 di 5,5 punti, è responsabile matematicamente dell'aumento del rapporto debito/pil di 7 punti e del rapporto della spesa pensionistica sul Pil di un punto;
    il vincolo del 3 per cento sul disavanzo deriva dal Patto di stabilità e crescita (Psc), che introduceva regole di disciplina fiscale poi rafforzatesi nel tempo attraverso i cosiddetti «Six-pack», «Fiscal Compact» e «Two-pack»: fino a creare un sistema assai complesso di procedure, vincoli e sanzioni. Il mancato rispetto del limite fa scattare la «procedura per disavanzo eccessivo» (Pde);
    peraltro il cosiddetto «Fiscal compact», rappresenta solo un accordo fra Paesi, e di rango inferiore nella gerarchia delle fonti rispetto al Six-pack e al Two-pack, che sono parte dei Trattati che regolano l'Unione; il Fiscal compact, anche se di fatto applicato da quasi tutti i Paesi (ma no nell'UK e nella Repubblica ceca) potrebbe dunque più facilmente essere abbandonato;
    in realtà, non esiste una valida teoria economica che giustifichi il rigido vincolo del 3 per cento, soglia massima nel rapporto deficit/Pil;
    la storia di quella percentuale «scolpita nella pietra» è complicata, opaca e misteriosa. Risale al 1991, quando viene firmato nella città olandese di Maastricht l'omonimo Trattato, fondamento per l'Unione monetaria da realizzarsi nel 1999. Economisti e giuristi che lavorano a quei testi, sotto l'autorevole influenza di Tommaso Padoa Schioppa, esplorano le condizioni per «un'area monetaria ottimale». In cerca di criteri di stabilità, finiscono per accordarsi sui seguenti parametri per l'accesso all'euro:
     a) inflazione non più alta di 1,5 punti rispetto ai tre Paesi con il tasso d'inflazione più basso;
     b) deficit statale non superiore al 3 per cento del Pil;
     c) debito pubblico non superiore al 60 per cento del Pil;
     d) stabilità del tasso di cambio nei due anni precedenti l'ingresso nell'unione monetaria;
     e) tassi d'interesse di lungo termine non superiori di oltre due punti rispetto ai tre Paesi dai tassi più bassi;
    siamo in pieno «regno del simbolismo», a proposito della soglia deficit/Pil la cui validità non è mai stata dimostrata. Nessuno infatti, è mai riuscito a dare una spiegazione plausibile, sul perché quelle cifre furono scelte;
    di tutti questi criteri, alcuni non sono mai stati veramente applicati, come quello sul debito. Altri hanno perso rilevanza con la creazione dell'euro: i tassi d'interesse e la parità di cambio li decide la Bce a Francoforte, non sono più oggetto di politiche nazionali. È rimasto in piedi il tetto del 3 per cento per il fabbisogno del consolidato delle pubbliche amministrazioni; il rapporto deficit/Pil è il criterio che può far scattare (se non rispettato) una procedura d'infrazione, trasformare il Paese in vigilato speciale, e così lanciare segnali d'allarme ai mercati. Fino a quando, con severe politiche di austerità, il Paese sotto procedura per disavanzo eccessivo non rientra nei parametri;
    queste misure e le politiche di austerità stanno distruggendo l'economia europea sottraendole domanda interna, stabilità dei conti, occupazione e speranza. L'austerità, lungi dall'assicurare il risanamento dei conti pubblici, rischia al contrario di peggiorarli poiché i moltiplicatori fiscali fanno sì che tagliare un miliardo di euro riduce il reddito nazionale fino a 1,7 miliardi, facendo così aumentare il rapporto debito/Pil. La stabilità dei conti pubblici, in questa crisi che tanto assomiglia a quella degli anni Trenta, si nutre di crescita e l'austerità uccide sia la crescita che la stabilità;
    gli obiettivi di «Europa 2020» prevedono l'impegno per i Paesi europei dell'innalzamento al 75 per cento del tasso di occupazione e della riduzione di almeno 20 milioni del numero dei poveri. Viceversa, le politiche degli ultimi anni e la crisi si sono accompagnate ad una riduzione dell'occupazione e all'aumento del numero dei poveri che allontanano i Paesi europei e l'Italia in particolare dagli obiettivi comuni concordati, rendendo indispensabile una ridefinizione, sia pur temporanea degli obiettivi sui saldi di bilancio, obiettivamente in conflitto con altri obiettivi sui quali il Paese si è formalmente impegnato a livello europeo, ad esempio con il «Fiscal compact»;
    le conseguenze di questa politica sono sotto gli occhi di tutti:
     a) oggi, quasi 27 milioni di persone sono disoccupate nell'Unione europea, di cui più di 19 milioni nell'eurozona. La disoccupazione nell'eurozona è salita dal 7,8 per cento del 2008 al 12,1 per cento del novembre 2013. In Grecia, dal 7,7 per cento al 24,4 per cento e in Spagna dall'11,3 per cento al 26,7 per cento nello stesso periodo. In Europa, i disoccupati con meno di 25 anni sono 4,5 milioni;
    questi milioni di disoccupati nell'Unione europea al 2013 comportano una riduzione del PIL potenziale dell'intera Unione dell'ordine del 5 per cento l'anno, corrispondente a circa 800 miliardi di euro, per l'Italia, si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata. Inoltre la disoccupazione di lunga durata genera ulteriori costi derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comporta costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    in Italia, dopo il calo del 2,4 per cento nel 2012, anche nel 2013 il Pil è diminuito dell'1,9 per cento; nel frattempo il debito pubblico ha registrato un nuovo record arrivando al 132,6 per cento del Pil;
    la disoccupazione è salita al 12,9 per cento ed i consumi sono crollati del 2,6 per cento malgrado la drastica riduzione (-4 per cento) già registrata nel 2012, raggiungendo così il loro minimo storico dal 1990;
    nel nostro Paese, tra il 2006 e il 2012, il numero dei poveri (la linea di povertà è definita come il 60 per cento del reddito mediano equivalente familiare) è aumentato di ben 3,9 milioni di persone, portando il numero complessivo dei poveri a circa 13,5 milioni (fissando la soglia di povertà nel 2006, aggiornandola, per gli anni successivi, solo in base al tasso di inflazione);
    il cosiddetto «Fiscal compact» costringerà il Governo italiano a partire dal 2016 a procedere al taglio del debito pubblico per 50 miliardi di euro all'anno per i prossimi 20 anni: un vero massacro sociale;
    viceversa, il Presidente Obama ha varato nel primo biennio una maximanovra di investimenti pubblici. Nel primo biennio della presidenza Obama il deficit/Pil arrivò a sfiorare il 12 per cento. La cura ha funzionato. Sia nel bilancio federale, sia in quelli della finanza locale, i conti pubblici americani oggi migliorano in modo spettacolare: grazie alla ripresa (+3 per cento del Pil, più 8 milioni di posti di lavoro);
    come documentato da diversi economisti e dallo stesso FMI, le politiche di austerità decrementano il Pil, provocando una crescita del rapporto col debito pubblico. Infatti, come rilevato dal FMI, per la gran parte dei Paesi i moltiplicatori fiscali hanno prodotto una caduta del Pil superiore alla riduzione del debito;
    i Paesi dell'eurozona non essendo in grado di allineare il cambio con i propri fondamentali, sono giocoforza costretti per recuperare competitività di agire attraverso la leva salariale. Questo scenario sta comportando una deflazione salariale (dovute alle politiche cd. di «svalutazione interna») che, conseguentemente, ha ripercussioni sui consumi e sui prezzi dei beni (i dati Ocse prevedono un peggioramento delle dinamiche salariali nel corso del 2014 rispetto al 2013 per Italia e Spagna, rispettivamente del meno 0,4 per cento e del meno 1,2 per cento annuo);
    occorre esser consapevoli: che proseguendo con le politiche di «austerità» e affidando il riequilibrio alle sole «riforme strutturali», il destino dell'euro sarà segnato e, l'esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo;
    di fronte ad una domanda; scarsa, ad una spesa privata non sufficiente a sfruttare la capacità produttiva disponibile, il mercato è diventato un ostacolo al benessere di gran parte della popolazione. Anche molti di coloro che fino a ieri si sarebbero definiti seguaci del liberismo, davanti al dilemma tra aiutare un sistema capitalistico inefficiente o gettarlo nel disordine generale, sollecitano ora un intervento straordinario dello Stato nel sistema economico per salvare dal fallimento banche e imprese;
    nel Consiglio europeo dello scorso 24 e 25 ottobre 2013 la Commissione europea ha presentato una comunicazione su «potenziare la dimensione sociale dell'UEM», fatta propria nelle conclusioni del Consiglio, come si può leggere nei seguenti punti:
     «37. Il Consiglio europeo accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea sulla dimensione sociale dell'unione economica e monetaria, che giudica un'iniziativa positiva, ribadisce l'importanza degli sviluppi occupazionali e sociali nel contesto del semestre europeo. Occorre perseguire l'uso di un quadro di valutazione delle tematiche occupazionali e sociali nella relazione comune sull'occupazione e di indicatori occupazionali e sociali, in linea con quanto proposto dalla Commissione e sulla scorta degli opportuni lavori dei comitati competenti, in vista della decisione da parte del Consiglio in dicembre, confermata dal Consiglio europeo con l'obiettivo di usare questi nuovi strumenti già nel semestre europeo 2014. Tale più vasta gamma di indicatori ha lo scopo di permettere una maggiore comprensione degli sviluppi sociali.
     38. Il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Ciò richiede maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi.
     39. Il coordinamento rafforzato delle politiche economiche e le ulteriori misure per potenziare la dimensione sociale nella zona euro sono facoltative per gli Stati che non aderiscono alla moneta unica e saranno pienamente compatibili con tutti gli aspetti del mercato unico»;
    ma, nei mesi scorsi, abbiamo assistito a continue prese di posizione della Commissione europea in cui si minacciava l'applicazione all'Italia della procedura di deficit eccessivo, dalla quale eravamo appena usciti, anche per lo sforamento di un solo decimale. La Commissione, anche per ragioni di reputazione, è molto rigida verso un Paese con un rapporto debito/Pil che ha ormai superato il 130 per cento;
    il rientro nella procedura di deficit eccessivo non avrebbe, di per se, significative conseguenze. Questo perché le normali procedure di controllo dei conti pubblici nazionali da parte della Commissione sono divenute così penetranti che, di fatto, essere o no sotto la procedura di deficit eccessivo non fa molta differenza. Il cosiddetto «semestre europeo» comporta già una serie di passaggi stringenti. La legge annuale di stabilità, il Piano pluriennale di stabilità (che delinea gli obiettivi di medio termine della finanza pubblica), il piano nazionale di riforme (che determina gli obiettivi economici di medio termine) sono sottoposti al vaglio della Commissione e del Consiglio europeo;
    la procedura per disavanzi eccessivi comporta solo la possibilità di multe, che però non sono mai state applicate e quindi non sono granché credibili. Prima di arrivarci ci sono diversi passaggi che richiedono tempo. Sulla carta, la procedura sanzionatoria è stata accelerata dai «pack», ma al momento nessuno vi è in corso, anche perché molti Paesi hanno ricevuto un'estensione del periodo di aggiustamento. Paradossalmente, Paesi che di recente hanno goduto di una certa flessibilità sono proprio quelli sotto la procedura di deficit eccessivo: ad esempio, Spagna, Portogallo e Francia, che hanno ottenuto dilazioni per rientrare nel limite del 3 per cento. Attualmente, i paesi sotto procedura di deficit eccessivo sono 17;
    certo, proprio perché le sanzioni non sono mai state applicate, nessun Paese vuole essere il primo a riceverle. L'unico vero pericolo della procedura di deficit eccessivo è infatti l'effetto di reputazione sui mercati finanziari. Un paese ad alto debito come il nostro, che emette titoli ogni settimana per molti miliardi, non può permettersi che il rientro nella procedura venga letto come un segno di lassismo sul fronte dei conti pubblici;
    ma un eventuale re-ingresso nella procedura di deficit eccessivo potrebbe far parte di una strategia precisa: mettere in opera misure realmente efficaci di contrasto all'evasione, abbassando allo stesso tempo le tasse, ridurre la spesa pubblica e rilanciare gli investimenti pubblici con un vero e proprio Piano per il lavoro; l'eventuale temporaneo sfioramento del 3 per cento si deve accompagnare ad azioni capaci di aumentare l'occupazione ed il potenziale di crescita, rendendo perfino più credibile la riduzione del rapporto debito/Pil nel lungo periodo. Solo a queste condizioni, la procedura di deficit eccessivo resterebbe un mero passaggio burocratico, senza alcun contenuto informativo e senza alcun significato politico. Anche il vincolo del pareggio strutturale in Costituzione non sarebbe un ostacolo insormontabile su questo percorso, vista la fase negativa del ciclo e la discrezionalità della definizione;
    viceversa, non sembra auspicabile la strada dei cosiddetti «accordi contrattuali» (contractual arrangements), proposti dalla Commissione nel marzo scorso. Si tratta di programmi di riforma concordati tra un governo nazionale e la Commissione stessa, che dovrebbero essere approvati dal Parlamento nazionale e dal Consiglio europeo, per poi essere attuati secondo una tabella di marcia prefissata. In cambio di questi impegni, un paese potrebbe ricevere assistenza finanziaria dall'Unione europea, per coprire i costi delle riforme programmate nel breve periodo. La proposta della Commissione è stata approvata in linea di massima dal Consiglio europeo dello scorso dicembre, che però ha rinviato al prossimo ottobre la finalizzazione del nuovo strumento e la definizione dei relativi dettagli;
    un'altra strada suggerita dagli economisti Roberto Perotti e Enrico Marro è quella che prevede la possibilità di superare il limite del 3 per cento per il deficit e di scambiare il contributo che l'Italia versa al bilancio della Unione europea con le somme che la Unione europea versa all'Italia per aiutare le regioni dell'obiettivo convergenza del nostro Paese (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) prevedendo, però, di concentrare gli interventi in queste cinque regioni;
    secondo i dati più recenti l'Italia continuerà a non crescere e l'Unione europeo è sulla soglia della deflazione (mentre il debito continua a salire). In queste condizioni proseguire con gli impegni del fiscal compact evidentemente porterebbe al collasso del Paese, quindi altrettanto evidentemente, non potendo pensare a una finanziaria addizionale di 50 miliardi l'anno per i prossimi 20 anni, è assai probabile che l'Italia non potrà rispettarlo. In queste condizioni di moltiplicatori fiscali, crescita e inflazione, insistere sul vincolo del 3 per cento di fatto rende impossibile pensare in qualche modo di potere mai rispettare quello del 60 per cento di rapporto debito/PIL. Di fatto un vincolo esclude l'altro, il che rende contraddittorio da un punto di vista logico, ancora prima che economico, il proseguire su questa strada;
    servirebbe soprattutto una politica economica europea coerente con lo sviluppo dell'area euro, indicando le policy tese ad aumentare la domanda e, in particolare, gli investimenti. L'asse portante è quello di «Europa 2020», a cui dovrebbe far seguito un bilancio pubblico europeo coerente e sganciato dai trasferimenti degli Stati. Servirebbe un bilancio pubblico europeo non inferiore al 4 per cento del PIL europeo, una imposta europea capace di finanziare il bilancio pubblico senza mediazione degli stati, degli investimenti (eurobond) tesi a industrializzare la così detta green economy, il ripristino della piena e buona occupazione come orizzonte della società europea;
    in attesa di un riordino normativo europeo teso a promuovere lo sviluppo e la buona occupazione via autonomo bilancio pubblico europeo con una imposta sul valore aggiunto, il Governo italiano, in ambito di semestre europeo, potrebbe sostenere delle misure una tantum per i governi dell'area euro, con il concorso della BCE, tese a rilanciare lo sviluppo via investimenti che anticipano gli obiettivi europei di 20-20-20,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede europea per il superamento di tutti i trattati e regolamenti che, imponendo rigide regole di bilancio, sono causa delle politiche di austerità ed a promuovere politiche, misure e strumenti di politica economica, fiscale e di spesa, di carattere espansivo a favore dell'occupazione, dello sviluppo sostenibile, del welfare;
   a superare il tetto del 3 per cento per l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 che il nostro Paese non riesce a realizzare, applicando una golden rule che escluda dalle regole di spesa, introdotte dal patto di stabilità e crescita, le spese e gli investimenti nei seguenti campi:
    a) politiche pubbliche per la creazione di occupazione;
    b) messa in sicurezza degli edifici scolastici;
    c) pubblica istruzione, università, ricerca;
    d) riqualificazione delle periferie attraverso piani di recupero;
    e) interventi di salvaguardia dell'assetto idrogeologico dei territori;
    f) recupero, salvaguardia e sviluppo del patrimonio artistico e ambientale;
    g) interventi di risanamento delle reti di distribuzione delle acque potabili;
    h) potenziamento del trasporto pubblico locale con particolare riguardo, pendolarismo regionale e al trasporto su ferro;
    i) interventi di risparmio energetico attraverso l'utilizzo delle energie rinnovabili;
   a proporre nelle opportune sedi europee di finanziare le misure per l'occupazione, la conversione ecologica dell'economia e gli investimenti necessari, con titoli pubblici di scopo acquistati dalla BCE, titoli che non concorrono all'indebitamento netto dei Paesi.
(1-00362) «Marcon, Boccadutri, Melilla, Migliore, Di Salvo, Ricciatti, Pannarale, Scotto, Fava, Paglia, Lavagno, Airaudo, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    il Patto di stabilità e crescita trova il suo fondamento politico nella risoluzione del Consiglio europeo adottata dai Capi di Stato e di Governo all'unanimità ad Amsterdam il 17 giugno 1997, e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale C. 236 del 2 agosto 1997;
    il fondamento legale del patto si trova invece negli articoli 121 e 126 del Trattato sul funzionamento dell'unione europea (TFUE); mentre l'articolo 121 fonda la fase preventiva del Patto, l'articolo 126 costituisce il riferimento per gli strumenti correttivi; la procedura per deficit eccessivo ed il Protocollo 12 fissano infine i valori di riferimento: 3 per cento del PIL per il deficit e 60 per cento del PIL per il debito;
    con la risoluzione del 17 giugno 1997 tutti gli stati firmatari si sono impegnati a rispettare l'obiettivo a medio termine di un saldo di bilancio vicino al pareggio o attivo, e ad adottare i provvedimenti correttivi di bilancio necessari per conseguire gli obiettivi dei loro programmi di stabilità o di convergenza; gli Stati devono inoltre procedere senza indugio agli aggiustamenti correttivi del bilancio che ritengano necessari non appena ricevano informazioni indicanti il rischio di un disavanzo eccessivo e correggere al più presto gli eventuali disavanzi eccessivi; la risoluzione impegna inoltre gli Stati a non appellarsi al carattere eccezionale di un disavanzo conseguente ad un calo annuo del PIL inferiore al 2 per cento, a meno che non registrino una grave recessione (calo annuo del PIL reale di almeno lo 0,75 per cento);
    la Commissione, da parte sua, in forza del diritto d'iniziativa conferitole dal trattato dell'Unione europea redige una relazione quando vi sia il rischio di un disavanzo eccessivo o quando il debito pubblico previsto o effettivo superi il valore di riferimento del 3 per cento del PIL; fornisce al Consiglio i motivi giustificativi della sua posizione quando ritenga non eccessivo un disavanzo superiore al 3 per cento; elabora, a richiesta del Consiglio, una raccomandazione di principio in base alla quale il Consiglio stesso decide se un disavanzo è eccessivo o no;
    il terzo attore di questo sistema, il Consiglio, composto dai Capi di Stato e di Governo, è «invitato» dalla risoluzione a decidere sistematicamente d'infliggere sanzioni e ad applicare rigorosamente tutta la gamma delle sanzioni previste se uno Stato membro partecipante non prende i provvedimenti necessari per porre fine a una situazione di disavanzo eccessivo;
    ormai 17 anni fa, in un contesto economico profondamente diverso dall'attuale, si adottò questo sistema di regole aventi lo scopo dichiarato di salvaguardare le finanze pubbliche degli stati contraenti, ponendo come idea fondante che le politiche economiche dei singoli Stati dovessero essere oggetto di interesse (e preoccupazione) condiviso dei membri dell'Unione europea;
    i presupposti fondanti del Patto si sono tradotti nel corso degli anni in numerosi strumenti attuativi, che tuttavia, per inadeguatezza o per una applicazione non adeguata, non hanno né impedito né contrastato il verificarsi della più grave crisi economica degli ultimi 50 anni in tutta Europa, che al momento non è avviata al superamento;
    il dibattito sulle necessità di riforma del patto di stabilità e crescita è acceso da tempo, ma ha prodotto modifiche che hanno accresciuto le procedure per la formazione dei bilanci pubblici senza tramutarsi né in un sostegno alla ripresa né nella garanzia di bilanci più solidi da parte degli Stati membri;
    già nel 2004 la Commissione ha adottato una comunicazione sul rafforzamento della governance economica e sul chiarimento dell'attuazione del patto di stabilità e di crescita. Tale comunicazione propone una serie di possibili miglioramenti del patto stesso, concentrandosi soprattutto sulle evoluzioni dei fattori economici negli Stati membri e sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche;
    le istituzioni comunitarie si sono date nel dicembre 2012 una «tabella di marcia» per la realizzazione di un'autentica Unione economica e monetaria (UEM), che contempla ulteriori interventi volti a realizzare, a trattati vigenti o mediante modifica dei medesimi, un coordinamento effettivo e più stringente delle politiche economiche e di bilancio, mediante una maggiore condivisione di sovranità tra gli Stati membri;
    il nuovo sistema si articola infatti in un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, intese, per un verso, a rafforzare i vincoli di finanza pubblica introdotti sin dalla creazione, nel 1993, dell'Unione economica e monetaria e, per altro verso, ad introdurre una cornice comune anche per le politiche economiche degli Stati membri ed, in particolare, per le misure finalizzate alla crescita e all'occupazione;
   il nuovo sistema si articola in:
    a) un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali, mediante un ciclo di procedure e strumenti europei e nazionali concentrato nel primo semestre di ogni anno (cosiddetto semestre europeo, già operativo dal 2011);
    b) il patto euro plus, che impegna gli Stati membri dell'area euro e alcuni altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica, il cui eventuale inadempimento non comporta l'adozione di sanzioni;
    c) il trattato per il coordinamento delle politiche di bilancio (fiscal compact) entrato in vigore il 1o gennaio 2013;
    d) le modifiche al Patto di stabilità (c.d. six pack e two pack);
    e) la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici (già applicata in base a due regolamenti del cosiddetto six pack);
    f) i meccanismi di stabilizzazione dell'eurozona;
    g) il patto per la crescita (cosiddetto growth pact, accordo non vincolante stipulato dal Consiglio europeo di giugno 2012);
   nel novembre 2011 il Consiglio dell'Unione europea ed Parlamento europeo hanno adottato un pacchetto di atti legislativi (il cosiddetto six pack), che mira ad una applicazione ancora più rigorosa del Patto di stabilità e crescita, stabilendo:
    a) l'obbligo per gli Stati membri di convergere verso l'obiettivo il pareggio di bilancio con un miglioramento annuale dei saldi pari ad almeno lo 0,5 per cento;
    b) l'obbligo per i Paesi il cui debito supera il 60 per cento del PIL di adottare misure per ridurlo ad un ritmo soddisfacente, nella misura di almeno 1/20 della eccedenza rispetto alla soglia del 60 per cento calcolata nel corso degli ultimi tre anni;
    c) un semi-automatismo delle procedure per l'irrogazione delle sanzioni per i Paesi che violano le regole del Patto. Le sanzioni sono infatti raccomandate dalla Commissione e si considerano approvate dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata («maggioranza inversa») degli Stati dell'area euro;
    d) ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe un deposito non fruttifero pari allo 0,2 per cento del PIL realizzato nell'anno precedente, convertito in ammenda in caso di non osservanza della raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo;
   a fronte di una così rigida costruzione procedurale, la concreta applicazione dei criteri è stata più volte subordinata a considerazioni di carattere politico. In passato, nel 2004, nessuna sanzione è stata comminata a Germania e Francia i cui disavanzi avevano superato per entrambe i limiti previsti e per i quali la Commissione aveva accertato l'incompatibilità con il patto di stabilità;
   di fatto nessuna procedura per disavanzo eccessivo fino ad oggi ha prodotto l'applicazione di sanzioni;
   sia nel 2012 sia nel 2013 la Commissione ha ritenuto necessario procedere all'indagine approfondita nei riguardi, rispettivamente, di 12 e 13 Paesi membri dell'unione europea (tra cui l'Italia); in entrambi i casi, tuttavia, non si è dato corso alle fasi successive della procedura per squilibri macroeconomici, dal momento che, anche laddove – come nel caso della Spagna e della Slovenia nel 2013 – gli squilibri macroeconomici erano valutati come eccessivi, sono stati ritenuti soddisfacenti gli impegni assunti dagli Stati con i rispettivi piani correttivi;
   sulla base della relazione presentata il 13 novembre 2013, la Commissione ha stabilito che nel 2014 16 Stati su 28 (Belgio, Bulgaria, Croazia, Francia, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Finlandia, Regno Unito, Spagna, Slovenia, Svezia e Ungheria) saranno sottoposti ad un'indagine approfondita, i cui esiti verranno pubblicati in primavera;
   è evidente dunque che i limiti stabiliti nel 1997 non sono oggi più compatibili con la reale situazione economica dei Paesi membri e la necessità di perseguire politiche economiche che abbiano come linea guida l'interesse dei cittadini;
   accanto ai vincoli posti a carico degli Stati membri, esiste un sistema di vincoli interno conosciuto come «patto di stabilità interno» concepito come concorso degli enti locali e territoriali al rispetto del Patto di stabilità e crescita a livello statale; nel corso degli anni, ciascuno dei Paesi membri della Unione europea ha implementato internamente il patto di stabilità e crescita seguendo criteri e regole proprie, in accordo con la normativa interna inerente la gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. Dal 1999 ad oggi l'Italia ha formulato il proprio patto di stabilità interno esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando principalmente diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi. Le continue ridefinizioni del patto di stabilità interno si sono tramutate in incertezza ed impossibilità di programmazione da parte degli enti;
   allo stesso tempo le manovre di riduzione della spesa pubblica imposte allo stato centrale sono state scaricate per larghissima parte sugli enti locali, procedendo con tagli lineari dei trasferimenti che non hanno mai tenuto conto dei comportamenti più o meno virtuosi delle singole amministrazioni, né di alcun criterio che privilegiasse la buona gestione, la qualità dei servizi resi, il numero di dipendenti, o il rapporto tra spesa corrente ed investimenti in conto capitale decisi dagli enti locali e territoriali; il risultato è stato una compressione indistinta delle spese, soprattutto quelle per investimento, e la creazione di un enorme debito verso i fornitori;
   accanto ad amministrazioni che si sono attenute alle regole razionalizzando i bilanci e ristrutturando le spese, altri hanno creato enormi disavanzi per i quali è stato chiesto, e spesso ottenuto, l'intervento a carico del bilancio pubblico;
   in questo quadro diventa essenziale, come evidenziato anche nel corso dei lavori parlamentari, la disponibilità di strumenti di intervento diretti a supportare l'azione degli Stati membri che, versando in situazioni di particolare difficoltà sul piano economico e finanziario, dispongono di più limitati margini di intervento per porre in atto riforme volte ad accrescere la competitività e l'occupazione e a contrastare gli effetti sociali della crisi economica;
   la gravità della crisi economico-finanziaria che ha investito l'Unione europea e in particolare molte delle economie dell'area euro impone l'adozione di risposte adeguate che non sacrifichino sull'altare del mero rigore contabile le condizioni concrete di vita dei cittadini, legate alle possibilità di lavoro, di salute, di benessere e di fiducia;
   in ogni caso, ulteriori evoluzioni della governance economica dovranno essere realizzati con modalità in grado di garantire la massima legittimità e la possibilità di controllo democratico sulle decisioni assunte e le procedure adottate a livello europeo;
   si osserva che nella risoluzione approvata il 23 maggio 2013, il Parlamento europeo ha ribadito che la governance nell'Unione europea non deve violare le prerogative del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, e che la previsione di accordi bilaterali tra l'Unione europea e gli Stati membri, appare suscettibile di ledere il principio dell'ordinamento giuridico unico europeo;
   il  Parlamento, attraverso vari atti di indirizzo e proposte emendative, ha più volte segnalato l'urgenza di intervenire finanziariamente per prevenire e contrastare tempestivamente il verificarsi di sciagure legate al rischio sismico ed idrogeologico, come anche all'incuria di molte strutture pubbliche come gli edifici scolastici, nonché di permettere soprattutto agli enti locali di potere effettuare investimenti legati all'esigenza di maggiore sicurezza per i cittadini;
   questi interventi devono ritenersi prioritari rispetto a qualunque obiettivo finanziario o di bilancio, perché prevengono la perdita di vite umane;
   recentissimamente, il 5 marzo 2014, il commissario europeo agli affari economici Olii Rehn ha pubblicamente invitato il nuovo Governo «ad affrontare gli squilibri che richiedono urgenti politiche e a fare le riforme per rafforzare crescita e occupazione»,

impegna il Governo:

   a negoziare in sede comunitaria la possibilità di effettuare investimenti in alcuni settori chiave di immediata ed inderogabile urgenza, quali il rischio idrogeologico, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la crisi occupazionale, la ripresa e la crescita economiche, la sicurezza dei cittadini anche derogando temporaneamente ed entro percentuali concordate dal limite del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil;
   a promuovere in sede comunitaria ed intergovernativa con i partner dell'euro-zona una revisione urgente dei vincoli derivanti dalla governance economica europea, anche sottoponendoli ad un confronto democratico e al voto popolare, al fine di graduare tali vincoli alla luce della necessità di attuare riforme in risposta ad una crisi economica di gravità e durata non prevista al momento della definizione delle regole attualmente in vigore;
   ad attuare una revisione della declinazione interna del patto di stabilità e crescita, cambiando radicalmente l'approccio nei confronti degli enti locali e territoriali, stabilendo una declinazione dei vincoli direttamente proporzionale al grado di virtuosità degli enti, con meccanismi premiali per le amministrazioni virtuose e imponendo vincoli inderogabili per gli enti in dissesto collegando qualunque intervento statale per il risanamento a programmi precisi di ripianamento.
(1-00363) «Guidesi, Borghesi, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il nostro Paese, nei mesi di gennaio e febbraio, è stato investito da un'ondata di maltempo fuori dal comune che ha comportato serie di criticità dal punto di vista dell'assetto idrogeologico in diverse regioni;
    in particolare, nella regione Veneto i persistenti rovesci piovaschi hanno prodotto gravissimi danni a persone e cose, alle strade, ad edifici pubblici e privati, al territorio nel suo complesso;
    in alcune zone della montagna veneta, particolarmente nel bellunese, a causa dell'abbondanza delle precipitazioni nevose e del successivo appesantimento della neve per la pioggia, alcune località, tra cui Sappada, sono rimaste per molti giorni senza elettricità, con enorme danno per la vita dei residenti, e con compromissione dei turismo che costituisce l'unica vera risorsa economica del luogo;
    i black-out elettrici che si sono verificati sono ancor più inaccettabili se si considera che sono stati provocati dall'inadeguatezza della rete di distribuzione locale, e che le zone interessate sono produttrici di abbondante energia elettrica, il cui convogliamento nella rete di distribuzione nazionale non ha invece subito alcuna compromissione;
    la regione Veneto si è vista costretta a dichiarare lo stato di crisi con decreto del presidente della giunta regionale 3 febbraio 2014, n. 15;
    in Emilia Romagna nel mese di gennaio si è assistito ad un alluvione di pianura di dimensioni molto preoccupanti, avendo raggiunto l'estensione di circa diecimila ettari, producendo ingenti danni economici in una regione peraltro già colpita duramente da recenti fenomeni di natura tellurica;
    tale situazione non ha natura episodica o locale, ma interessa tutto il territorio nazionale e si ripresenta periodicamente in maniera diversa e sempre più preoccupante in varie aree, dal Nord al Sud del Paese;
    tali criticità oltre ad arrecare ingenti danni a persone e proprietà private, hanno peraltro seriamente compromesso il nostro patrimonio artistico e architettonico che rappresenta il potenziale volano per un nuovo sviluppo economico ed imprenditoriale incentrato sul turismo di alta qualità;
    difatti, si sono registrati con amarezza e sgomento i crolli delle mura perimetrali della città di Volterra, unico ed irripetibile esempio di commistione tra architettura medievale ed etrusca, per un danno complessivo di oltre due milioni di euro;
    nel Lazio si è assistito a continue frane, smottamenti, allagamenti a danno di intere comunità, mettendo a rischio incolumità dei cittadini, nonché inestimabile patrimonio artistico della città di Roma e di tutto il territorio regionale;
    in questi giorni si assiste impotenti od ulteriori crolli nell'area archeologica di Pompei, riferibili molto probabilmente anch'essi alle forti precipitazioni, che producono sia l'ennesimo danno ad un patrimonio artistico unico nel mondo che una profonda lacerazione all'immagine del nostro Paese, da sanare con estrema urgenza;
    tali avvenimenti richiedono certamente interventi urgenti al fine di riparare i danni subiti da cose e persone, ma ciò non può rimediare in via definitiva al degrado complessivo del tessuto idrogeologico italiano, che invece necessita di un intervento più ampio e lungimirante;
    gli interventi emergenziali, difatti, sono chiaramente molto meno efficienti di un intervento costante e razionale di manutenzione ordinaria del territorio, che comporta sul lungo periodo spese molto minori e consente di evitare ripetuti e ingenti danni alle persone, ai patrimoni privati, al patrimonio architettonico ed artistico delle comunità;
    i vincoli del patto di stabilità pongono persistenti ostacoli ad un intervento efficiente e razionalizzato degli enti locali in materia, in quanto tali interventi spesso non rientrano nelle regole eccessivamente rigide che sono alla base di un patto che ha imbrigliato la spesa pubblica anche in settori così cruciali,

impegna il Governo:

   a predisporre iniziative, anche di natura normativa, finalizzate al sostegno delle comunità colpite dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014, se possibile attraverso interventi sospensivi in materia tributaria, contributiva e similari;
   a pianificare interventi volti ad attenuare i vincoli del patto di stabilità in particolare per quello che riguarda i capitoli di spesa inerenti al dissesto del territorio, alla manutenzione degli edifici scolastici, alla messa in sicurezza della rete stradale;
   a prendere in considerazione di assumere iniziative di natura normativa volte a garantire maggiori risorse finalizzate al contrasto al dissesto idrogeologico, anche con riguardo alle aree di particolare interesse storico-artistico anche considerato il potenziale grave pregiudizio per un settore economico cruciale per il nostro Paese.
(1-00364) «Gigli, Fauttilli, De Mita, Cera, Binetti, Sberna, Marazziti, Caruso, Fitzgerald Nissoli, Piepoli».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   esprime preoccupazione per il degrado delle condizioni dell'ordine pubblico in atto in alcune zone settentrionali della Lombardia ed in particolare nella provincia di Como, nella quale durante il 2013 i soli furti in abitazione hanno fatto registrare un incremento del 114 per cento rispetto all'anno precedente;
   il sensibile deterioramento delle condizioni di sicurezza sta innescando reazioni spontanee nella locale cittadinanza, che si sono già concretizzate in vari comuni della provincia comasca in forme più o meno strutturate di autotutela diretta della proprietà, volte ad agevolare l'attività delle forze dell'ordine;
   conseguentemente, l'elevato grado di allarme sociale raggiunto impone di potenziare le capacità di contrasto al crimine, anche nella prospettiva dello svolgimento dell'Expo 2015, invece di privare i presidi locali delle forze dell'ordine di funzioni e servizi essenziali;
   si prende atto delle risultanze dell'ottavo congresso provinciale del Sindacato autonomo di polizia di Como, nel corso del quale sarebbe emersa la concreta possibilità che il Ministero dell'interno disponga l'adozione di una serie di misure che indebolirebbero significativamente la capacità del locale presidio di polizia di far fronte all'emergenza criminosa in atto nella provincia comasca: in particolare, risulterebbero a rischio di chiusura la sezione comasca della polizia postale, logisticamente dipendente da Poste Italiane e cruciale nella prevenzione dei reati commessi tramite il web, e la squadra nautica, mentre il settore della polizia di frontiera verrebbe declassato a commissariato;
   va raccolto l'appello dello stesso prefetto di Como, Bruno Corda, che nel corso del citato congresso provinciale ha rimarcato come sia indispensabile evitare che diminuiscano gli uomini effettivamente impegnati sul territorio comasco, auspicando inoltre l'apertura di una stazione della polizia stradale a Menaggio, allo scopo di assicurare il controllo della statale Regina, su cui scorrono flussi di traffico eccezionali, specialmente nel periodo estivo,

impegna il Governo:

a potenziare le capacità di contrasto del crimine nella provincia comasca, rafforzandone i presidi locali, anche sulla statale Regina, e rinunciando ad interventi di razionalizzazione che comporterebbero la chiusura della sezione locale della polizia postale e della squadra nautica incaricata di perlustrare le acque del lago di Como, nonché il declassamento del presidio della polizia di frontiera.
(7-00296) «Matteo Bragantini, Molteni».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    le alluvioni che hanno interessato la regione Toscana dall'autunno del 2013 fino a questi giorni, hanno causato danni per centinaia di milioni di euro con ingenti danni alle attività commerciali, agricole e alle infrastrutture sia pubbliche che private;
    tra le zone maggiormente colpite da alluvioni ed esondazioni risultano compresi il comune di Volterra (Pisa) e il territorio circostante: pesanti i danni alle mura medievali crollate per un tratto di circa trenta metri, che hanno fatto dire al sindaco della città «Da soli non potremmo mai sostenere le spese per riparare simili danni»;
    sono ingenti anche i danni nella zona circostante; le nuove frane si sono aggiunte alle numerose situazioni di criticità (38), già note, provocando temporanee chiusure e difficoltà di circolazione;
    la regione toscana, la provincia di Pisa e il comune di Volterra hanno stanziato iniziali risorse per far fronte agli interventi di somma urgenza;
    la situazione peculiare della viabilità di accesso a Volterra, conseguenza della natura geomorfologica del territorio, è da tempo una delle priorità per la provincia di Pisa;
    la gravità della situazione imporrebbe la realizzazione di un piano straordinario che finanzi tutti gli interventi di messa in sicurezza del territorio, che veda la sinergia di tutti i soggetti istituzionali preposti;
    in visita a Volterra a seguito di una delle numerose alluvioni, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo pro tempore, Massimo Bray ha dichiarato che «Lo Stato ha il dovere di tutelare questo patrimonio, uno dei grandi tesori del Paese e dell'umanità»;
    per i lavori di somma urgenza, quelli cioè finalizzati all'eliminazione di uno stato di pericolo per la pubblica incolumità a prescindere dalla disponibilità della copertura finanziaria, la legge consente di derogare alle normali procedure nel caso di eventi imprevedibili e imprevisti;
    si è costituito il Comitato «Volterra per l'Unesco» che ha già ottenuto il consenso della regione Toscana, dell'Unicem Toscana e di altri enti istituzionali, con l'obiettivo di far dichiarare Volterra «Patrimonio dell'umanità dell'Unesco», un riconoscimento importante per una città e un territorio che per storia, cultura, tradizioni, rappresenta un valore unico, ben oltre la regione Toscana,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per utilizzare per la messa in sicurezza di Volterra e del suo territorio, non soltanto per fronteggiare l'emergenza ma anche per finanziare un piano straordinario per la salvaguardia preventiva del patrimonio culturale di Volterra dalle catastrofi naturali, quota parte delle risorse rivenienti dalla quota statale dell'8 per mille e di quelle previste dalla tabella n. 13 – Stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l'anno finanziario 2014 e per il triennio 2014-2016 per:
    euro 19.000.000, relativi alla previsione dell'anno finanziario 2014 e euro 20.000.000 relativi alla previsione dell'anno finanziario 2015 dal cap. 1321 – spese per interventi urgenti al verificarsi di emergenze relativa alla salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici;
    euro 10.000.000, relativi alla previsione dell'anno finanziario 2014 dal cap. 1326 – spese per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali;
    euro 7.000.000, relativi alla previsione dell'anno finanziario 2014 dal cap. 1327 – spese per la realizzazione di interventi di particolare rilevanza a tutela dei beni che presentano gravi rischi di deterioramento;
   a sostenere la candidatura di Volterra a divenire «Patrimonio dell'umanità dell'Unesco».
(7-00298) «Fratoianni, Nicchi, Fontanelli, Bindi, Nardi, Nesi, Cenni, Costantino, Gagnarli, Gelli, Carrozza, Tinagli».


   La XII Commissione,
   premesso che;
    la violenza sulle donne si scatena quasi sempre all'interno delle mura domestiche;
    gli autori delle violenze quasi nel 50 per cento dei casi, mariti, conviventi o ex, con età che varia tra i 35 e i 55 anni, in questi casi gli autori delle violenze non sono quasi mai sotto l'influenza di alcol o droghe, si tratta quindi di una violenza voluta e premeditata;
    alle violenze domestiche vanno aggiunte quelle perpetrate all'esterno delle mura domestiche non meno gravi, e che, come per quelle domestiche, le donne si trovano ad affrontare indifese e costrette a subire in silenzio;
    le donne sono quotidianamente vittime di soprusi, violenze, prepotenze fisiche che per vergogna, timore e simili nemmeno denunciano agli organi competenti;
    la cronaca riporta episodi di violenza perpetrati ai danni di donne che portano le vittime ad evitare le uscite in certi orari, ad essere costrette a farsi accompagnare a casa la notte, a vivere con paura; alle donne in questo modo viene impedita una vita sociale e di relazione;
    una delle modalità per garantire alle donne, giovani ragazze o donne più mature e pensionate, di essere più sicure di sé, di accrescere la propria autostima, la propria indipendenza potrebbe essere la promozione capillare e gratuita su tutto il territorio nazionale di corsi di autodifesa, promossi all'interno dell'attività contro la violenza alle donne;
    dei circa 17 miliardi di euro complessivamente spesi ogni anno a causa della violenza di genere circa 800 milioni di euro sono costi diretti, sanitari per circa 460 milioni, circa 160 milioni di euro per consulenze psicologiche, circa 45 milioni di euro per farmaci, circa 155 milioni di euro per costi sostenuti dai servizi sociali;
    in Italia già oggi si svolgono corsi di autodifesa promossi da privati, in genere palestre o associazioni, o da amministrazioni pubbliche che spesso si limitano al patrocinio ma senza un ruolo attivo di coordinamento e di controllo e monitoraggio dei corsi, questi hanno un carattere discontinuo e non omogeneo su tutto il territorio nazionale, da qui la necessità di programmare in maniera efficace corsi di difesa per le donne che si svolgano sull'intero territorio nazionale e non solo dove si esprimono sensibilità riguardo al tema,

impegna il Governo

a procedere d'intesa con l'Associazione nazionale comuni d'Italia, con le regioni, il Coni, i centri antiviolenza e le associazioni di volontariato interessate, alla programmazione in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale di corsi di autodifesa gratuiti per donne con età superiore a 16 anni.
(7-00297) «Silvia Giordano, Lorefice, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Mantero».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente Renzi, in seguito all'insediamento alla Presidenza del Consiglio, ha affermato che avrebbe visitato una scuola ogni settimana;
   si presume che siano già stati programmati e, quindi, concordate altre visite nelle scuole;
   il giorno del 5 marzo 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri è stato ospitato presso l'Istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa;
   tale incontro, presumibilmente, rientra tra le attività istituzionali del Presidente del Consiglio dei ministri che visita le istituzioni pubbliche per questioni inerenti l'attività di Governo;
   il cerimoniale e le consuetudini riguardanti gli incontri pubblici del Presidente del Consiglio dei ministri non sembra all'interrogante essere stato sicuramente osservato in occasione della visita pressa l'Istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa essendo da escludere che rientri in tali margini il fatto che il Presidente del Consiglio faccia il suo ingresso accompagnato dal coro dei bambini, secondo l'interrogante di vago sapore mussoliniano, che inneggiano «Facciamo un salto, battiam le mani, ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi...»;
   immagini audiovisive e numerosi mass media hanno ampiamente documentato il coro «Matteo, Matteo...» con il nome scandito a mo’ di slogan dagli studenti della scuola o, qualora si voglia essere più sinceri, di indottrinamento da parte dei maestri su dei bambini di 6-7 anni d'eta;
   l'autonomia delle scuole si esprime nel piano dell'offerta formativa anche attraverso la descrizione delle discipline e delle attività liberamente scelte della quota di curricolo loro riservata, dalla possibilità di opzione offerte agli studenti e alle famiglie, dalle discipline e attività aggiuntive nella quota facoltativa del curricolo;
   l'accoglimento in coro del Presidente Renzi difficilmente potrebbe rientrare nelle attività previste nel piano dell'offerta formativa;
   l'accoglimento riservato alla figura di Renzi mette in discussione i canoni di equilibrio e l'imparzialità dell'istituzione scolastica nei confronti della politica –:
   cosa sia stato concordato tra l'istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa e la Presidenza del Consiglio dei ministri come oggetto della visita istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi;
   quale attività pedagogica possa giustificare la scena di bambini che accolgono tutti in coro, con una canzone, il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi inneggiando chiaramente alla sua persona e richiamando i sogni e le speranze che affidano all'uomo Renzi, e non alla figura istituzionale;
   se gli alunni siano stati obbligati dal personale docente ad eseguire quel coro e se tale iniziativa sia stata concordata, preventivamente, con i genitori;
   se il Ministro ritenga opportuno attivarsi per evitare altre scene di questo genere presso altre istituzioni scolastiche allo scopo di tutelare l'equilibrio, l'imparzialità e la credibilità delle istituzioni, in primis l'istituzione scuola. (5-02311)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lazio ha vissuto un lungo periodo di commissariamento in materia di rifiuti, fase iniziata nel 1999 e terminata nel 2008. Tale istituto, dopo soli tre anni di gestione ordinaria, ritornò in auge nell'estate del 2011 quando con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, venne nuovamente dichiarato lo stato d'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma;
   è lapalissiano ricollegare, la dichiarazione dello stato d'emergenza ambientale alla necessità di trovare uno o più siti che sostituissero la discarica di Malagrotta, visto che l'invaso ubicato nella Valle Galeria era oggetto della riapertura della procedura d'infrazione n. 2011/4021, avvenuta in data 17 giugno 2011. Con tale atto, la Commissione europea aveva ammonito l'Italia per l'appunto perché nell'invaso più grande d'Europa venivano smaltiti da decenni rifiuti cosiddetti tal quale in palese violazione della direttiva 1999/31/CE;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, n. 3963 del 6 settembre 2011, il prefetto di Roma, dottor Giuseppe Pecoraro, veniva nominato commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale con il compito, di garantire l'individuazione, progettazione e successiva realizzazione attraverso l'utilizzo di poteri derogatori e straordinari di una o più discariche «provvisorie», nonché l'ampliamento delle discariche preesistenti ed infine la costruzione di un nuovo impianto di trattamento meccanico-biologico;
   i siti scelti dal commissario delegato in data 24 ottobre 2011 quali invasi alternativi a Malagrotta, furono Corcolle San Vittorino ricadente nel comune di Roma e Quadro Alto nel comune di Riano. In dette aree si legge nel provvedimento «saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» (documento 882/1);
   in merito al sito di Corcolle (la cui proprietà era riconducibile a quella che appare all'interrogante una nebulosa società svizzera), il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con mozione del 22 febbraio 2012 espresse da subito, l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pure temporanea, in detta località, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione. Oltre questo autorevole diniego, nel marzo 2012 durante la conferenza di servizi, anche l'autorità di bacino espresse parere negativo in merito al contesto idrogeologico del sito che ritenne «da valutarsi permeabile ed estremamente vulnerabile»;
   entrambi i siti successivamente, vennero considerati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini inidonei a divenire discariche;
   sull'attività espletata dal prefetto Pecoraro nella veste di commissario delegato, si ritiene doveroso riportare quanto affermato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella seconda relazione sul Lazio datata 3 luglio 2012. In essa, i parlamentari bocciarono senza mezzi termini l'operato del commissario contestandogli innanzitutto che le sue scelte in merito ai siti che avrebbero dovuto sostituire Malagrotta, si basavano esclusivamente sul documento di analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi redatto dalla regione Lazio. In definitiva, il cosiddetto siting, svolgeva un ruolo centrale e preminente nelle scelte di Pecoraro che ebbe il demerito di non avvalerci né di analisi istruttorie né tantomeno di verifiche scientifiche e/o sopralluoghi sul campo, nella scelta dei siti, così come sarebbe stato corretto fare, già nella fase iniziale;
   nel maggio del 2012, Pecoraro a seguito degli innumerevoli profili di inadeguatezza emersi sulle aree di Corcolle e Quadro Alto, da lui individuate nell'ambito dei sette siti inclusi nello studio di analisi preliminare realizzato della regione Lazio, rassegnò le dimissioni ed il Presidente del Consiglio dei ministri con decreto del 27 maggio 2012, nominò in sua sostituzione quale nuovo commissario delegato ai rifiuti per la provincia di Roma, l'ex prefetto Goffredo Sottile;
   il primo atto del nuovo commissario Sottile fu quello di proporre, quale sito idoneo per la realizzazione della discarica temporanea, sostitutiva di Malagrotta, l'invaso di Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette individuati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio). Il sito ubicato formalmente nel territorio del comune di Roma, distava solo pochi metri dall'invaso di Quadro Alto a Riano e dunque era facile intendere che possedesse le medesime criticità. Entrambi i siti inoltre, erano di proprietà dell'avvocato Cerroni. Per di più, Pian dell'Olmo era già stato ritenuto inidoneo da un punto di vista idrogeologico dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini;
   nonostante quella che all'interrogante appare la prima debacle del commissario in merito a Pian dell'Olmo, successivamente scartato, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 giugno 2013, n. 203, veniva prorogata la sua nomina a commissario delegato per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino alla data del 7 gennaio 2014, ai sensi del comma 358 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012;
   tramontata la scelta di Pian dell'Olmo, il dottor Sottile pensò bene di individuare, nella infinita «girandola» degli invasi, il sito di Monti dell'Ortaccio. Anche questo (così come capitato in precedenza per Pian dell'Olmo rispetto a Quadro Alto), distava pochi metri dalla mefistofelica discarica di Malagrotta, tanto da poter essere quasi considerato un suo prolungamento;
   la scelta del Sottile, curiosamente avverrà temporalmente pochi giorni dopo l'istanza, per la realizzazione e messa in esercizio di una nuova discarica per rifiuti speciali non pericolosi sita in località Monti dell'Ortaccio, presentata in data 14 agosto 2012, dal consorzio Colari, con nota n. 157 acquisita al protocollo della regione Lazio n. 56098;
   il 23 agosto 2012, con nota n. 145, il commissario delegato Goffredo Sottile, disponeva che l'ufficio commissariale assumesse la competenza in ordine al procedimento di autorizzazione integrata ambientale relativo alla realizzazione, in località Monti dell'Ortaccio nel comune di Roma Capitale, di un impianto di discarica di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'istanza presentata dal Consorzio Colari e indiceva la conferenza dei servizi istruttoria convocandola per il giorno 24 settembre 2012. Gli enti interpellati in conferenza resero pareri scritti negativi in merito alle soluzioni progettuali relative al sito di Monti dell'Ortaccio, fornite dal consorzio Colari;
   ciò nonostante, il 27 dicembre del 2012, il commissario Goffredo Sottile, firmava l'autorizzazione integrata ambientale autorizzando in tal modo il sito di Monti dell'Ortaccio a divenire nel breve periodo la nuova discarica di Roma. Le non superate osservazioni emerse in conferenza di servizi costrinsero Sottile ad imporre nell'autorizzazione integrata ambientale diverse prescrizioni. Tra tutte, quella di subordinare il conferimento dei rifiuti nella discarica alla presentazione di un modello idrogeologico redatto da un'università e/o ente pubblico di ricerca. Il commissario lasciò al privato la facoltà di scegliere l'ente che aveva il compito di redarre lo studio idrogeologico ed il Cerroni si rivolse al dipartimento Dicea dell'Università la Sapienza di Roma. Dinnanzi al parere negativo fornito anche dalla Sapienza, il commissario non contento acconsentì che il consorzio Colari si rivolgesse in seconda battuta anche all'università di Padova, per la redazione di un'ulteriore studio;
   in virtù dello stato d'emergenza dichiarato nell'intera provincia di Roma ed in deroga dunque alle norme vigenti in materia (possibilità che purtroppo l'abusato e disastroso istituto del commissariamento prevede), l'autorizzazione integrata ambientale veniva rilasciata dal commissario delegato senza aver superato la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale;
   il 9 gennaio 2014 la procura della Repubblica di Roma, disponeva l'arresto dell'avvocato Cerroni, nonché dei suoi storici collaboratori ed alti dirigenti della regione Lazio. Il cosiddetto sistema Cerroni, più volte denunciato dai cittadini della Valle Galeria, venne finalmente alla luce, rendendo noto ai più, una reale commistione tra politica e business del privato ordito alla spalle del sacrosanto diritto alla salute dei cittadini;
   dal quotidiano Il Tempo del 6 marzo 2014, si apprende inoltre che: «il prefetto Goffredo Sottile, ex commissario delegato dal governo per l'emergenza rifiuti a Roma, è stato iscritto nel registro degli indagati nella maxi inchiesta sul “sistema rifiuti di Manlio Cerroni”. Nei suoi confronti sono ipotizzati i reati di truffa e falso in merito all'autorizzazione per l'apertura della discarica di Monti dell'Ortaccio in favore del “Supremo”». Ed inoltre: «Sottile nega un suo coinvolgimento nel “sistema” di Cerroni. Ma ci sono troppi elementi investigativi che alla Procura, ma anche al gip Massimo Battistini, non tornano. Perché c’è un momento, il 25 maggio 2012, che la “volontà” del “Supremo” di aprire Monti dell'Ortaccio viene finalmente esaudita. La data coincide con l'avvicendamento al ruolo di commissario fra il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, e Sottile. È in quel momento, scrive il gip, che al cambiamento della figura di commissario delegato, corrisponde una radicale modifica delle modalità di interlocuzione con il Cerroni»;
   in definitiva, quanto sostenuto dall'interrogante in più occasioni nonché dai cittadini trova finalmente conferma;
   ad oggi dopo due commissari speciali, la Capitale è costretta ad esportare fuori regione i suoi rifiuti. Gli impianti di trattamento meccanico biologico sono obsoleti, non è stato individuato un nuovo sito, i dati relativi alla raccolta differenziata sono esigui e il caos nella gestione dei rifiuti permane. Oltre ciò, durante gli eventi meteorici che hanno coinvolto a fine gennaio la Capitale e la zona a nord di essa, si è avuta la prova (qualora ce ne fosse bisogno) che sia la Valle Galeria, che la zona di Riano posseggono una profonda fragilità idrogeologica. Se in loco fossero stati costruiti gli invasi, fortemente voluti dai due commissari, probabilmente si sarebbero avute delle enormi discariche galleggianti;
   così come dichiarato dall'ex Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Orlando, in risposta all'interpellanza urgente 2-00368 discussa in data 17 gennaio 2014, il Governo non ha più rinnovato l'incarico al Sottile, né ha nominato ad oggi un nuovo commissario e dunque nella regione Lazio è vigente il regime ordinario in materia rifiuti. Tale regime ordinario a parere di chi scrive dovrebbe essere confermato, giacché uno dei compiti primari della politica è risolvere i problemi della collettività e non delegarli a funzionari governativi, onde evitare qualsiasi forma di responsabilità;
   l'interrogante non ritiene esaustiva la risposta ricevuta in occasione dello svolgimento dell'interpellanza urgente 2-00368, discussa in data 17 gennaio 2014 –:
   se il Governo disponga e intenda fornire ulteriori dettagliati e circostanziati elementi sul sistema dei rifiuti romano e laziale, durante il periodo di commissariamento, sia attraverso un quadro delle aree e degli impianti riconducibili al gruppo Cerroni, sia cercando di quantificare il danno economico ed ambientale che le scelte sulla gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio hanno causato all'intera collettività;
   se il Governo intenda nominare un nuovo commissario previo riconoscimento di un perdurante stato d'emergenza in materia rifiuti;
   se il Governo sia in grado di quantificare quanto sia costata al cittadino contribuente l'inefficiente struttura commissariale dal giugno del 2011 al gennaio del 2013. (4-03901)


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un articolo di Gian Antonio Stella, pubblicato sul Corriere della Sera il 6 marzo 2014, che riprende a sua volta quanto descritto da Eleonora Puntillo sul Corriere del Mezzogiorno, descrive la paradossale vicenda dei gestori di uno stabilimento balneare, Clementina Della Vecchia e Antonio Cécoro, a Castelvolturno (CE) che, oltre a rispettare la legge sulla differenziazione degli scarti, attua la buona pratica della raccolta differenziata spinta e arriva a riciclare la quasi totalità dei rifiuti che produce (98 per cento). L'amministrazione comunale di Castel Volturno non riconosce però ai citati gestori del Lido delle Sirene lo sconto sulla tassa sui rifiuti previsto dalla normativa vigente;
   l'architetto Cécoro è presidente regionale dell'Assobalneari-Confapi e del distretto turistico «Litorale Domitio» e come si legge dai detti articoli di stampa: «è riuscito a convincere via via molti colleghi, stufi di aspettare le iniziative pubbliche in ritardo di decenni (pensate che tutti i comuni dovrebbero stare oggi al 65 per cento!) a farsi la differenziata in casa. Anzi, per smaltire in modo corretto anche l’“umido”, aveva speso un sacco di soldi per comprare in Gran Bretagna, d'appoggio a quella tradizionale, una compostiera elettronica: “Il compost lo usiamo tutto noi stessi, nei giardini e nelle aiuole”»;
   questa buona pratica e la notevole riduzione di produzione di rifiuti però non è mai stata riconosciuta dall'amministrazione comunale di Castel Volturno per mezzo della dovuta riduzione tariffaria sulla Tarsu comunale, costringendo il Cécoro a ricorrere al competente Tar regionale che con sentenza del dicembre 2013 dà ragione ai gestori del Lido delle Sirene, ordinando al sopraddetto comune domitio di applicare la legge e condannandolo a pagare le spese processuali;
   il comma 10 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, così infatti recita: «Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi»;
   a dispetto della predetta sentenza e della legge il responsabile dell'ufficio tributi comunale risponde, in conflitto di attribuzione alla sentenza, che: «l'istanza di esenzione non può e non poteva essere accolta» sulla base del «vigente regolamento per la gestione dei rifiuti urbani approvato con deliberazione del consiglio comunale del 30 novembre 2005. Sovraordinato responsabile del Servizio ecologia dottor Giuseppe De Rosa», a fine gennaio, conferma: «l'intenzione di gestire in proprio il servizio di igiene ambientale-utenza non domestica (...) sostanzia, di fatto, una forma di contestazione al criterio di tassazione fissato dal competente settore finanziario e tributario del comune di Castel Volturno, in base al quale, i titolari di concessioni demaniali marittime per la gestione di strutture turistico ricettive sono obbligati al pagamento della tassa comunale per i rifiuti»;
   il comune di Castel Volturno, consta di più di 24 mila abitanti ed è situato al confine tra la provincia di Caserta e quella di Napoli, sulla costa Domiziana descritta un tempo con parole estasiate da grandi viaggiatori come Goethe e Dickens, fa parte della tristemente famosa «Terra dei Fuochi» e si trova a pochi chilometri dall'area più «nera» nella mappa dei siti inquinati, ovvero dalla famigerata «Taverna del Re» che è grande quanto Procida e ospita milioni di ecoballe, da Casal di Principe e dalla Terra dei Fuochi e registra una raccolta differenziata del 9 per cento annuo contro il 65 per cento previsti dalla legge;
   nell'aprile 2012, secondo le norme antimafia, la giunta comunale di Castel Volturno è stata sciolta per infiltrazioni mafiose dei suoi componenti. Conseguentemente è stato inviato un commissario prefettizio nella persona del dottor Antonio Contarino – vice prefetto –:
   se il Governo sia a conoscenza della paradossale vicenda del Lido delle Sirene di Castel Volturno;
   se il Presidente del Consiglio e i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, non ritengano utile convocare con urgenza il commissario prefettizio affinché sia chiarito e risolto il conflitto di attribuzione sollevato da organi interni dell'amministrazione comunale di Castel Volturno avverso la sopraccitata sentenza del Tar Regione Campania del dicembre 2013, affinché essa diventi effettiva;
   quali misure urgenti essi intendano mettere in campo affinché una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti sia più diffusa nella regione Campania posto che già 67 comuni della Campania hanno raggiunto il 65 per cento di raccolta differenziata, altri 57 arrivano al 55 per cento;
   quali strumenti intendano i Ministri poi implementare affinché le buone pratiche dei gestori del Lido delle Sirene siano sempre più estese al fine di favorire l'uscita dalla ventennale situazione di criticità nel trattamento dei rifiuti in cui versa ancora la regione. (4-03908)


   VACCA, SIBILIA, SCAGLIUSI, DI BENEDETTO, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, COLONNESE, SPESSOTTO, PINNA, VIGNAROLI, NUTI, COZZOLINO, TONINELLI, DADONE, DIENI, D'AMBROSIO, FRACCARO, BATTELLI, FERRARESI, SARTI, TURCO, MICILLO, CASO, CARIELLO, SORIAL, CASTELLI, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, SIMONE VALENTE, BRUGNEROTTO, BASILIO, PAOLO BERNINI, ALBERTI, CORDA, RIZZO, FRUSONE, RIZZETTO, COLLETTI, DEL GROSSO, DE LORENZIS e BRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il presidente Renzi, in seguito all'insediamento alla Presidenza del Consiglio, ha affermato che avrebbe visitato una scuola ogni settimana;
   si presume che siano già stati programmate e, quindi, concordate altre visite nelle scuole;
   il giorno del 5 marzo 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri è stato ospitato presso l'istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa;
   tale incontro, presumibilmente, rientra tra le attività istituzionali del Presidente del Consiglio dei ministri che visita le istituzioni pubbliche per questioni inerenti l'attività di Governo;
   il cerimoniale e le consuetudini riguardanti gli incontri pubblici del Presidente del Consiglio dei ministri ad avviso degli interroganti non è stato sicuramente osservato in occasione della visita presso l'istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa essendo da escludere che rientri in tale margine il fatto che il Presidente del Consiglio faccia il suo ingresso accompagnato dal coro dei bambini che inneggiano «Facciamo un salto, battiam le mani, ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi...»;
   immagini audiovisive e numerosi mass media hanno ampiamente documentato il coro «Matteo, Matteo...» con il nome scandito a mò di slogan dagli studenti della scuola;
   l'autonomia delle scuole si esprime nel Piano dell'offerta formativa anche attraverso la descrizione delle discipline e delle attività liberamente scelte della quota di curricolo loro riservata, dalla possibilità di opzione offerte agli studenti e alle famiglie, dalle discipline e attività aggiuntive nella quota facoltativa del curricolo;
   l'accoglimento in coro del Presidente Renzi difficilmente potrebbe rientrare nelle attività previste nel piano dell'offerta formativa;
   l'accoglimento riservato alla figura di Renzi mette in discussione i canoni di equilibrio e l'imparzialità della istituzione scolastica nei confronti della politica –:
   cosa sia stato concordato tra l'istituto comprensivo «S. Raiti» di Siracusa e la Presidenza del Consiglio dei ministri come oggetto della visita istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi;
   quale attività pedagogica possa giustificare la scena di bambini che accolgono tutti in coro, con una canzone, il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi inneggiando chiaramente alla sua persona e richiamando i sogni e le speranze che affidano all'uomo Renzi, e non alla figura istituzionale;
   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ritenga opportuno attivarsi per evitare altre scene di questo genere presso altre istituzioni scolastiche allo scopo di tutelare l'equilibrio, l'imparzialità e la credibilità delle istituzioni. (4-03911)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i comuni di Brindisi, San Pietro Vernotico e Torchiarolo, il cui tratto di mare ad essi antistante interessa il progetto della centrale eolica off-shore proposto dalla Società TG Energie Rinnovabili Srl, rientrano in un'area dichiarata «ad alto rischio di crisi ambientale» e di «incidente rilevante», parte cospicua di quest'area è sito di interesse nazionale da assoggettare a bonifica;
   il parco eolico off-shore prevede 36 aerogeneratori, alti 140 metri sul livello del mare, che la società vorrebbe realizzare tra Punta della Contessa e la marina di Lendinuso, Campo di Mare compresa;
   in questo ridottissimo fazzoletto di terra, qual è l'area a rischio di Brindisi, sono concentrati i seguenti impianti altamente inquinanti e clima alteranti:
    a) la mega centrale termoelettrica ENEL di 2640 megawatt, situata nella località di Cerano;
    b) la centrale a carbone Edipower di 1280 megawatt, che per la sua obsolescenza, fonte di gravissimo inquinamento nel cuore della città di Brindisi, nel 1996, doveva essere chiusa nel 2004, ma è ancora mantenuta in vita, benché priva finanche di desolforatori;
    c) la centrale Enipower di 1170 megawatt, che è la più potente centrale termoelettrica a ciclo combinato gas metano dell'ENI;
   inoltre, nel sito di interesse nazionale di Brindisi operano numerose aziende – diverse delle quali dichiarate «a rischio di incidente rilevante» – chimiche (l'ex Polimeri Europa oggi Versalis, Syndial, Basell Brindisi, ChemGas, Dow Poliuretani Italia, E.V.C.), farmaceutiche (Sanofi Aventis), industrie aeronautiche, un deposito di stoccaggio di GPL di 20.000 tonnellate, uno zuccherificio (SFIR) alimentato da una centrale elettrica a biomasse, una discarica di rifiuti pericolosi e nocivi, un inceneritore di rifiuti industriali e ospedalieri e una immensa discarica di rifiuti industriali pericolosi e di sostanze altamente nocive di 50 ettari, chiamata Micorosa, la quale costituisce un vero e proprio inferno dantesco di clorurati organici (cloruro di vinile, benzene, arsenico, e altro), il cui volume supera i 4 milioni dei limiti di legge, e la cui profondità di sedimentazione è di ben 5 metri;
   incombe, inoltre, la possibilità che sia autorizzata, nonostante il diniego assoluto del territorio e l'intervento della magistratura, nonché il dichiarato apparente disimpegno della società, la costruzione di un rigassificatore;
   nella stessa area altamente inquinata da fonti fossili, si assiste a una vertiginosa ed esponenziale «aggiunta» di energie rinnovabili;
   a questo complesso di impianti altamente inquinanti e clima alteranti, nel corso di questi anni si è «aggiunto» un impressionante, disseminato di impianti fotovoltaici, in parte sotto sequestro giudiziario, che purtroppo hanno irrimediabilmente consumato grandissime distese di suolo agricolo, di impianti eolici off-shore, di impianti per la combustione di biomasse;
   Brindisi è considerata la capitale italiana del fotovoltaico, in quanto da sola pesa per il 7 per cento del totale dei 37.210 impianti realizzati in Puglia la quale, a sua volta, con una potenza installata di 2.474 megawatt, si presenta sullo scenario energetico delle fonti alternative, come la regina nazionale del fotovoltaico;
   purtroppo nulla del crescente impiego di fotovoltaico è andato a sostituire il gigantesco complesso delle energie inquinanti da fonti fossili ospitato dal territorio;
   pertanto, qualunque valutazione di nuovi progetti energetici, sia pure «puliti», non può prescindere dal contesto dell'insostenibile «accumulo energetico» sopra delineato, nel quale si trova l'area dei tre comuni che interessano il progetto off-shore della società TG Energie Rinnovabili Srl;
   per la fonte eolica off-shore, nel piano energetico ambientale regionale si afferma che «Sono comunque necessari studi approfonditi per confermare le effettive possibilità applicative e di convenienza economica per eventuali iniziative in merito», prendendo in maggiore considerazione le nuove tecnologie basate su fondazioni «flottanti»;
   grandissima e giusta importanza invece nel P.E.A.R. si dà alla diffusione del mini eolico, soprattutto in favore della creazione di vere e proprie filiere agro energetiche integrate da fonte rinnovabile, il mini eolico viene considerata l'opzione più idonea per la Puglia e l'opzione più «matura» in termini economico-sociali;
   i pareri contrari al rilascio della procedura di valutazione di impatto ambientale espressi a suo tempo dalla provincia di Brindisi e dal comune di San Pietro Vernotico non sono stati, infatti, ritenuti attinenti in riferimento a questo specifico procedimento amministrativo, tanto che la società T&G Energie Rinnovabili, nei giorni scorsi ha avanzato richiesta alla capitaneria di Porto di Brindisi affinché acquisisca il parere di competenza del comando Zona Fari;
   per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il parere contrario della provincia di Brindisi, riguardando aspetti di natura ambientale, non sarebbe di pertinenza dell’iter istruttorio in corso, ma della valutazione di impatto ambientale;
   per quanto riguarda il parere del comune di San Pietro, invece, l'assunto è stato considerato inammissibile per mancanza di adeguata motivazione;
   San Pietro Vernotico aveva rilevato come «in assenza del Piano delle coste non fosse possibile effettuare interventi di sorta che vadano ad incidere sotto il profilo urbanistico-edilizio sulla fascia costiera»;
   nonostante ciò già nel dicembre del 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti scriveva che avrebbe dato seguito alla redazione della bozza dell'atto formale di concessione in presenza di un esito positivo della valutazione di impatto ambientale –:
   se risponda al vero, come riferito da alcuni quotidiani locali, che l’iter amministrativo relativo al rilascio della concessione demaniale marittima per la realizzazione della centrale eolica off-shore della società T&G Energie Rinnovabili continui a fare il suo corso;
   se, in attesa della conclusione della procedura di valutazione di impatto ambientale, non ritengano utile e più sensato bloccare gli iter delle autorizzazioni amministrative richieste da T&G Energie Rinnovabili;
   quali misure intendano assumere per evitare che l'iter del progetto di parco eolico off-shore, presentato dalla società TG Energie Rinnovabili Srl, sia definitivamente accolto, per la sostanziale opposizione dell'opinione pubblica, per il contesto nel quale viene a cadere, per l'assenza di condizioni idonee, per le evidenti forzature in esso contenute e per i danni irreversibili all'ambiente. (5-02300)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARANTA e PIRAS. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Marola è una frazione del comune della Spezia, una delle tredici borgate marinare;
   la vita del borgo è segnata dalla costruzione dell'arsenale militare (anni ’60 del 1800) che ha modificato pesantemente la linea di costa privando Marola dell'accesso al mare;
   da anni gli abitanti chiedono alla Marina militare di rivedere l'utilizzo del molo antistante al borgo;
   mercoledì 5 marzo 2014 Il Secolo XIX ha riportato la notizia dell'arrivo di un carico probabilmente radioattivo dentro l'arsenale di Spezia, in particolare che la banchina di fronte al borgo di Marola è stata utilizzata per scaricare materiali pericolosi, uomini al lavoro con tute e maschere, mezzi militari a presidio e vigili del fuoco allertati;
   giovedì 6 marzo 2014 da un ulteriore approfondimento de Il Secolo XIX si apprende che: l'arrivo e la partenza della nave non sono state annotate nei registri del porto, il prefetto della Spezia, pur a conoscenza dell'operazione, «non ha intenzione di comunicare nulla su questa questione», che la Marina militare ha dichiarato che «non è una nostra operazione [...] Non sappiamo nulla di più e questo è tutto ciò che possiamo comunicare» –:
   quale operazione si sia svolta nella notte alla Spezia, se si tratti di un caso isolato o se la base navale della Spezia sia stata o sarà utilizzata per operazioni analoghe, quali rischi tali operazioni comportano per la salute e la sicurezza dei cittadini e quali iniziative, per quanto di competenza dei Ministeri coinvolti, sono state assunte, quali iniziative saranno assunte a tutela degli abitanti del borgo di Marola. (4-03904)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIBRANDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il termine ultimo per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate del modello 770 da parte dei sostituti d'imposta è fissato al 31 luglio 2014;
   come già segnalato negli anni scorsi da numerose associazioni di rappresentanza degli operatori economici e dei professionisti (fra cui i consulenti del lavoro, i ragionieri e i tributaristi), la previsione di tale scadenza per un adempimento così rilevante in un periodo già saturo di altre scadenze in materia fiscale e del lavoro crea un disagio evidente;
   le suddette considerazioni hanno portato il Governo, sia nel 2012 che nel 2013, ad un provvedimento — nello specifico, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri — con cui si è disposta la proroga al 30 settembre dell'adempimento;
   l'eventuale riproposizione della proroga al 30 settembre anche per l'anno 2014 potrebbe aver effetti positivi per le aziende, che beneficerebbero di due mesi in più per pagare le imposte e le addizionali del 2013 non versate alle scadenze previste ed usufruirebbero così dell'istituto del ravvedimento operoso, e di conseguenza per le casse erariali –:
   se intenda il Governo procedere, anche per il 2014, ad un rinvio al 30 settembre della scadenza per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate del modello 770 da parte dei sostituti d'imposta;
   se intenda, anche attraverso un provvedimento normativo, fissare stabilmente al 30 settembre tale scadenza, per evitare che annualmente operatori economici e professionisti incorrano nelle medesime difficoltà. (5-02301)


   RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso oggi dalle agenzie di stampa che l'ufficio delle entrate di Montebelluna avrebbe sanzionato con una multa di 62 mila euro il proprietario della «osteria senz'oste», un luogo di ritrovo esistente sulle colline trevigiane a Santo Stefano di Valdobbiadene, assimilandola ad una mera attività commerciale per la quale non avrebbe versato le dovute imposte;
   l’«osteria senz'oste», unica nel suo genere, è in realtà una stanza di 10 metri quadri ospitata in un piccolo rustico sito tra i filari delle viti, dove inoltre c’è solo una piccola stalla con una mucca ed un asino, acquistato da un imprenditore della zona, diventata nel tempo un luogo conosciuto anche fuori dei confini provinciali, dove gli avventori possono da sé consumare nel passaggio un po’ di vino e salame a fronte di un'offerta libera che viene corrisposta all'interno di una cassetta;
   il sito non ha mai avuto né parcheggi, né insegna commerciale: la dicitura «osteria senza oste» è sempre stata localmente declinata come una mera indicazione del luogo e non di un esercizio commerciale, poi precisata nell'espressione «l'oste che non c’è»;
   si tratta infatti di una vecchia «casera», ovvero di una costruzione agricola adibita a stalla, fienile e ricovero attrezzi, non abitata, ma che aveva una stanza per l'eventuale ricovero provvisorio del conduttore del fondo, oggi diventata luogo di incontro e di convivialità, punto di ritrovo di persone e visitatori, anche turisti stranieri, che sono venuti a conoscenza di questa singolare «osteria senz'oste» attraverso gli articoli pubblicati su riviste e su web fungendo in questo modo da volano di promozione del territorio;
   il luogo ha assunto negli anni una funzione di presidio della tradizione dell'ospitalità della terra trevigiana tanto da essere citato a livello internazionale per la forza del messaggio che quest'iniziativa trasmette nell'invitare i suoi avventori alla fiducia verso il prossimo;
   la contestazione della sanzione di 62.000 euro alla «osteria senz'oste» da parte dell'Agenzia delle entrate ha destato notevole scalpore e perplessità nella comunità locale, nonché critiche da parte dei rappresentanti delle istituzioni locali, in primis il presidente della regione e il presidente della provincia;
   nella vigenza delle norme attuali le autorità locali competenti non sono nella condizione amministrativa di profilare la condizione giuridica di «un oste che non c’è» per consentire a questa realtà, unica nei suo genere, di continuare questo percorso culturale, identitario, di promozione delle tradizioni e di una autentica e genuina accoglienza, che favorisce le altrui attività enoturistiche e commerciali in uno tra i più vocati e storici territori del paesaggio vitato delle colline del prosecco superiore, attività enoturistica che deve essere – in quanto unica economia locale – ad ogni livello valorizzata e promossa –:
   su quali presupposti in fatto ed in diritto l'Agenzia delle entrate abbia proceduto a contestare in questo caso singolare l'evasione fiscale come se si trattasse di un'attività commerciale avente finalità lucrative, mentre appare prevalere il valore culturale e sociale di questa realtà;
   se non ritenga di impartire in merito direttive e/o indirizzi agli uffici fiscali territoriali o, ove vi fosse la necessità, di assumere iniziative per colmare l'eventuale lacuna normativa, al fine di evitare episodi come quello occorso che vengono vissuti dalle comunità locali come iniziative ingiustificate o addirittura vessatorie da parte dello Stato, perché non distinguono le attività commerciali con scopo di lucro da quelle meramente culturali e sociali che costituiscono espressione di una sussidiarietà orizzontale molto praticata in regioni come il Veneto e tanto più apprezzabile in questo momento di crisi. (5-02307)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANIN e COPPOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a motivo della grave situazione del comparto termoelettrico italiano, nel gruppo Enel (partecipata dal ministero dell'economia e delle finanze) si è provveduto a stipulare l'accordo quadro tra Enel spa e le organizzazioni sindacali FILCTEM-Cgil, FLAEI-Cisl, UILCEM-Uil in materia di occupabilità in Azienda (15 novembre 2012). Con tale accordo, le parti si impegnavano ad una riduzione degli organici del gruppo ENEL adottando strumenti non traumatici per i lavoratori e attingendo alle possibilità offerte dall’ex articolo 4 Legge n. 92 del 2012, commi 1-7-ter, (Riforma Previdenziale «Fornero»);
   a seguito dell'accordo quadro, è stato stipulato un successivo accordo applicativo (9 maggio 2013), valido per il biennio 2013-2014, in cui si proponeva un metodo di incentivazione all'uscita volontaria dei lavoratori anziani dal gruppo ENEL, stimati in 3.500 unità (in realtà, alla fine delle manifestazioni d'interesse, al piano di prepensionamento hanno aderito oltre 5.000 lavoratori);
   in pari data, veniva siglato un ulteriore accordo fra gruppo ENEL e sindacati di categoria che, a fronte delle uscite stimante, il gruppo ENEL era disponibile ad assumere 1.500 giovani apprendisti (età inferiore ai 30 anni al momento dell'assunzione);
   per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, hanno aderito all'accordo 31 operai e 30 impiegati e, ad oggi, tutti hanno optato per il prepensionamento;
   da stime sindacali, è immaginabile che possa essere innescato un turn-over per le sole posizioni operative;
   con le recenti nevicate nelle aree montane del Friuli Venezia Giulia, l'organizzazione di Enel distribuzione presente nel territorio ha dimostrato tutta la sua fragilità nel gestire dall'emergenza. Da parte sindacale, infatti, da anni viene rilevato che gli organici presenti nelle diverse strutture operative Enel distribuzione sono molto al di sotto rispetto ai numeri concertati nel corso dell'ultima ristrutturazione (2002) e fondato sul numero di operai contemporaneamente reperibili;
   infatti, ad ogni emergenza (cosa che avviene sempre più di frequente), viene attivata una procedura di mutuo soccorso fra le strutture presenti sul territorio: ciò comporta che sempre più spesso viene chiesto l'intervento di personale operativo e tecnico da centri che distano anche centinaia di chilometri rispetto al luogo dell'intervento –:
   se corrisponda al vero che i numeri delle assunzioni saranno pari a quelle degli operai che usciranno dal perimetro di Enel Distribuzione;
   se si ritenga che questo numero sia adeguato a far fronte alla quotidianità e alle emergenze, che sono sempre più frequenti rispetto a qualche anno fa. (4-03900)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI e ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   recentemente il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha convocato le rappresentanze del Corpo di polizia penitenziaria ad un incontro dal tema «benessere del personale di polizia penitenziaria», senza fornire documentazione o ulteriori informazioni su quanto volesse intendere o sulle motivazioni della convocazione;
   sono note le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria per le sempre più numerose notizie, riportate dagli organi di stampa, di aggressioni all'interno degli istituti penitenziari, di cui l'ultima presso l'Istituto penitenziario di Firenze «Sollicciano» dove un agente ha rischiato seriamente di perdere la vista in quanto raggiunto al volto dalla candeggina lanciata da un detenuto più volte attenzionato perché manifestamente restio ad accettare il regolamento interno dell'istituto fiorentino;
   sempre nel mese di febbraio 2014 cinque agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Biella sono stati aggrediti da due detenuti nordafricani, che si erano rifiutati di rientrare in cella;
   il sistema della sorveglianza dinamica, accompagnato dalla mancanza di adeguate risorse e investimenti, aggiunge ulteriori problemi nella gestione della popolazione detenuta con evidenti conseguenze sulle condizioni di vivibilità e, di lavoro nelle strutture carcerarie, ormai del tutto insostenibili;
   sempre recentemente nel parcheggio adiacente la casa circondariale di Novara un sovrintendente 40enne di polizia penitenziaria si è suicidato con l'arma d'ordinanza e secondo le parole del segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci: «è l'ennesimo suicidio di un poliziotto penitenziario sappiamo che lavorare in questo tipo di carcere completamente abbandonati a noi stessi benché fedeli servitore dello stato, non è estraneo ad un così grave gesto di disperazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra esposta in cui versano gli agenti di polizia penitenziaria e quali azioni intenda porre in essere nell'immediato e nel lungo termine al fine di migliorare le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria. (4-03890)


   CAMPANA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, in data 7 febbraio 2014, ha incontrato una delegazione di lavoratori del progetto «Patto Calabria Sicura»;
   durante l'incontro, è stata sottoposta all'attenzione dell'interrogante la condizione dei suddetti 120 lavoratori del Patto Calabria Sicura che, dopo aver prestato il loro servizio durante un periodo di alta tensione presso l'autorità giudiziaria della regione Calabria, oggi si trovano in stato di disoccupazione ed esclusi da qualsivoglia politica di reinserimento, di formazione o di perfezionamento, nonostante siano in possesso già di un bagaglio di alta formazione, a seguito della nota ministeriale del 4 giugno 2013 – prot. 101/DG/38, del Ministero della giustizia;
   l'interrogante ha riscontrato la mancanza di pari opportunità per un centinaio di unità lavorative, le quali sicuramente non possono incidere negativamente sul bilancio dello Stato, ma positivamente sul funzionamento degli uffici giudiziari calabresi da sempre in sofferenza per carenza di organico –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   come il Governo intenda intervenire al fine di ripristinare una condizione di parità tra lavoratori e soprattutto cittadini, posta come principio fondamentale dalla Costituzione. (4-03891)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un tempo breve di passaggio dal «giallo» al «rosso» negli impianti semaforici rappresenta un elemento di pericolosità nell'ambito della circolazione stradale, giacché può indurre l'automobilista a compiere brusche manovre di frenata o di accelerazione che possono mettere a rischio l'incolumità propria e quella altrui;
   la presenza presso i semafori dei dispositivi T-Red, o di altri sistemi di rilevazione delle infrazioni al passaggio con il rosso e di identificazione di veicoli tramite lettura della targa, associata al cosiddetto «giallo breve», determina un ulteriore possibile rischio per il sistema di sicurezza stradale, poiché potrebbe portare l'automobilista a fare manovre improvvise o imprudenti per tentare di evitare l'infrazione;
   la presenza concomitante dei due fattori, la presenza di fotocamere di rilevazione delle targhe, insieme al cosiddetto «giallo breve», oltre al potenziale rischio per la sicurezza, ha come conseguenza erariale quella di portare ad un alto numero di sanzioni comminate in modo sistematico e quasi artificioso agli automobilisti, con conseguente svantaggio per le tasche degli automobilisti stessi e con inverso beneficio di cassa per gli enti locali –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per disciplinare al più presto ed in modo chiaro, inequivocabile e congruo, il tempo minimo di passaggio dal «giallo» al «rosso» negli impianti semaforici, con l'obbiettivo duplice di aumentare le garanzie per la sicurezza degli automobilisti e di evitare che l'incertezza sulla determinazione di tali tempi, abbinata a meccanismi di rilevazione automatica, produca circostanze al limite della legalità, già in passato oggetto di inchieste, che comportino per i cittadini una vessazione tanto ingiusta quanto sistematica;
   se il Governo non intenda adottare iniziative affinché i semafori dotati di sistema di rilevazione automatico delle infrazioni siano adeguatamente segnalati agli automobilisti. (3-00674)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI, LOMBARDI, SILVIA GIORDANO, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto Milleproroghe ha rinviato al 31 dicembre 2014 gli sfratti esecutivi motivati da finita locazione per famiglie in disagio abitativo. In realtà, per come è scritta la norma, agli interroganti risulta che la platea di interessati potrebbe essere solo il 5 per cento degli sfratti esecutivi. Infatti, i requisiti necessari per poter rientrare nella proroga – stabiliti dalla legge n. 9 del 2007, e che sono stati praticamente confermati – sono molto stringenti. Gli inquilini morosi, ad esempio, che rappresentano una gran parte degli sfratti in essere, sono esclusi;
   gli ultimi dati rilevati (anno 2012) parlavano di oltre 68 mila provvedimenti di sfratto, di cui oltre 61 mila per mancato pagamento del canone. Una cifra che dal 2007 al 2012 ha continuato drammaticamente a salire; oltre 200.000 sentenze emesse negli ultimi 5 anni a cui si aggiungono quotidianamente altri provvedimenti in quantità sempre maggiore;
   i dati del Ministero dell'interno relativi ai primi sei mesi del 2013 parlano di 38.869 sentenze di sfratto emesse e di queste 34.756 sono motivate da morosità incolpevole;
   a titolo di esempio, notizia del 14 febbraio 2014, 3 famiglie a Monte San Savino (Arezzo) hanno ricevuto lo sfratto esecutivo in quanto non sono più in grado di pagare l'affitto; né il comune, né le reti associative e di assistenza, né le società partecipate dal comune, dispongono attualmente di alloggi in cui sistemare le famiglie sfrattate e di risposte adeguate a fronteggiare l'emergenza;
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante «disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», convertito con modificazioni nella legge 28 ottobre 2013, n. 124, all'articolo 6, comma 5, istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli;
   tale fondo è dotato di 20 milioni di euro per il 2014 e 20 milioni per il 2015, che potranno essere utilizzati dai comuni ad «alta tensione abitativa», così come definiti ai sensi della delibera CIPE 13 novembre 2003 e delle leggi n. 94 del 1982 e n. 118 del 1985;
   la ripartizione della dotazione assegnata tra le regioni, l'esatta definizione di «morosità incolpevole», i requisiti di coloro che avranno diritto al contributo, l'entità dello stesso e le modalità di graduatoria degli sfratti, saranno stabiliti dal decreto attuativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, del quale sembra esista già una bozza;
   i comuni ed i prefetti, nelle more dell'emanazione del decreto attuativo di cui sopra, sempre che non lo abbiano già fatto, devono provvedere a predisporre bandi o altre procedure amministrative al fine di stilare gli elenchi dei potenziali aventi diritto e procedere alla graduazione degli sfratti motivati da morosità incolpevole;
   sulla base dei dati relativi agli sfratti non appare ammissibile alcun ritardo nell'emanazione del decreto previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge n. 124 del 2013 –:
   quali siano i motivi del ritardo nella emanazione del decreto attuativo previsto dall'articolo 6, comma 5, della legge 28 ottobre 2013, n. 124, e se non ritenga procedere immediatamente alla emanazione del citato decreto;
   se non ritenga, per quanto esposto in premessa, che gli stanziamenti previsti nell'articolo 6, comma 5, dalla stessa legge, possano essere insufficienti a fronteggiare una problematica che ha dei margini decisamente più ampi e in tale contesto se non ritenga necessario assumere iniziative per procedere all'ulteriore finanziamento del fondo per le morosità incolpevoli;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nelle more dell'emanazione del decreto attuativo previsto dall'articolo 6, comma 5, della stessa legge, tamponare la situazione mediante una proroga della sospensione degli sfratti per morosità incolpevole. (5-02302)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per compensare i rincari di inizio anno, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pianificato delle agevolazioni per i pendolari che si spostano in macchina per motivi di lavoro, attraverso un accordo siglato con l'Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori;
   uno sconto sul pedaggio autostradale può infatti essere richiesto da tutti i possessori di Telepass (con contratti family, business e ricaricabili, abbinati a persone fisiche e a veicoli di classe A) e può arrivare fino al 20 per cento sul tragitto;
   per ottenere lo sconto è necessario che la tratta percorsa non superi i 50 chilometri massimi previsti, dunque si possono raggiungere 100 chilometri massimi tra andata e ritorno;
   per tratte più lunghe la promozione non è attiva;
   lo sconto è calcolato sul numero di transiti mensili: fino a 20 viaggi mensili non viene applicata nessuna detrazione, a partire dal ventunesimo transito lo sconto (per tutti e 21 i viaggi effettuati) sarà dell'1 per cento e crescerà linearmente (2 per cento del pedaggio complessivo per 22 transiti effettuati, 3 per cento per 23 transiti e così salendo) fino al 20 per cento del pedaggio complessivo, che scatta dopo il quarantesimo transito;
   il massimo sconto è previsto quindi per chi effettua più di 40 transiti e fino al quarantaseiesimo, mentre superata questa soglia si paga la tariffa intera;
   la convenienza maggiore riguarda perciò chi utilizza l'autostrada tutti i giorni, facendo da 41 a 46 viaggi mensili, e cioè due viaggi al giorno per 21-23 giorni lavorativi;
   lo sconto è applicato per un massimo di due viaggi al giorno, compresi i festivi, e non è cumulabile con altre agevolazioni di modulazione tariffaria;
   l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori ha sottolineato come sarebbe stata preferibile «una riduzione delle tariffe autostradali, anziché un tentativo di renderne più digeribili i costanti aumenti, in special modo l'ultimo, scattato a gennaio»;
   il provvedimento è operativo dal 25 febbraio 2014 sarà valido in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015;
   per accedere all'agevolazione era necessario registrarsi sul sito di Telepass entro il 2 marzo, e per gli utenti registrati entro la fine di febbraio lo sconto è stato calcolato retroattivamente a partire dal primo febbraio 2014;
   già nei giorni immediatamente successivi all'inizio di questa sperimentazione sono venute fuori diverse criticità: in particolare si punta il dito verso risparmi irrisori, requisiti troppo rigidi e scelta delle tratte escluse dalle agevolazioni;
   l'Unione nazionale consumatori ha affermato che la soglia dei 50 chilometri massimi di tratta esclude un numero eccessivamente ampio di pendolari, che compiono percorsi ancora più lunghi e che quindi a maggior ragione dovrebbero vedersi agevolati;
   l'Assessore alla mobilità della provincia di Rimini ha sottolineato come per un pendolare lo sconto sia modesto e la procedura eccessivamente farraginosa, mentre l'Adiconsum ha accusato l'agevolazione d'essere insufficiente e irrisoria per coloro che dall'inizio dell'anno hanno subito aumenti dei pedaggi anche del 15 per cento;
   in effetti gli sconti sembrano essere nella maggior parte dei casi realmente irrisori: ad esempio, il pendolare della Bergamo-Milano, che percorre 33 chilometri di autostrada pagando 3,70 euro di pedaggio, su 21 viaggi con lo sconto dell'1 per cento risparmierebbe in tutto 0,77 centesimi, esattamente 0,037 euro a tratta, mentre con l'agevolazione massima del 20 per cento sulla quantità massima di 46 risparmierebbe al mese 34 euro, cioè 0,74 euro a tragitto;
   inoltre vi sono tratte affollate ma che, perché leggermente più lunghe dei 50 chilometri fissati come tetto massimo o per un mancato accordo con le concessionarie, non godono delle tariffe ridotte;
   è il caso questo dell'A3 tra Napoli e Salerno, ma vi sono esempi simili o addirittura ancor più eclatanti in tutta Italia, con tratte percorse ogni giorno da diverse centinaia di pendolari tagliate fuori per una manciata di chilometri (la tratta Udine Sud-Trieste Lisert sfora di due chilometri rispetto ai 50 previsti, il tragitto autostradale che va da Palmanova a Portogruaro addirittura di un solo chilometro);
   suscita notevoli perplessità anche la decisione di escludere dalle agevolazioni la tangenziale di Napoli, quando invece quella di Milano è stata inclusa nelle tratte coinvolte dal provvedimento del Ministero;
   tra l'altro questa scelta è stata spiegata adducendo come motivazione l'essere del tutto interna alla città della tangenziale napoletana, ma ciò non corrisponde a verità, poiché la tangenziale di Napoli raggiunge il comune di Pozzuoli, valicando dunque i confini del territorio comunale di Napoli;
   i fatti narrati sono riportati tra gli altri, nell'articolo «Quello sconto è una beffa» – Sui pedaggi in autostrada scoppia la rivolta degli esclusi pubblicato dal quotidiano La Repubblica il primo marzo 2014 e nell'articolo «Il risparmio viaggia in autostrada – sconti sui pedaggi per i pendolari» pubblicato dal quotidiano online Quotidiano.net il 26 febbraio 2014 –:
   quali misure abbia già preso il Ministro in merito e quali azioni intenda intraprendere a riguardo;
   se non ritenga doveroso rivedere in tempi rapidi il tetto massimo fissato in 50 chilometri, tale da tagliare tratte particolarmente utilizzate dai pendolari e da tener fuori dagli effetti del provvedimento quei lavoratori e quegli studenti che, proprio perché costretti a percorrere più di 50 chilometri, necessitano maggiormente di agevolazioni;
   se non ritenga opportuno rivedere la posizione della tangenziale di Napoli, perché equiparabile come caratteristiche a quella di Milano, ricompresa nelle tratte prese in considerazione dal provvedimento ministeriale. (4-03906)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni i media riportano la notizia di un processo di riorganizzazione che la Polizia di Stato starebbe per effettuare su tutto il territorio nazionale che riguarderebbe anche alcune specialità come Polstrada, Polfer, Polizia nautica e Polizia Postale;
   sulla base di questa riorganizzazione predisposta dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno la provincia di Pistoia vedrebbe soppressi il commissariato di Pescia, il posto di polizia ferroviaria e la sezione di polizia postale di Pistoia;
   ove tali intendimenti fossero confermati si tratterebbe di chiusure che penalizzerebbero fortemente il territorio pistoiese;
   il numero dei reati in provincia di Pistoia risulta in ascesa, ragion per cui il commissariato di Pescia risulta un presidio fondamentale per il controllo del territorio, sia per la particolare sensibilità dell'area della Valdinievole ai temi della sicurezza, che in considerazione della particolare conformazione del territorio pistoiese, tale per cui una porzione importante del territorio e dei cittadini della provincia gravita nell'area del commissariato di Pescia;
   il posto di polizia ferroviaria rappresenta allo stato attuale un presidio importante per il controllo della linea ferroviaria che collega in particolare il capoluogo di regione all'area della Versilia;
   la polizia postale in particolare è diventata di strategica importanza soprattutto nel corso degli ultimi anni con lo sviluppo della diffusione internet e l'incremento di fenomeni criminali legati all'uso degli strumenti informatici. Dalla pedofilia al bullismo, dallo stalking alle sottrazioni di identità la polizia postale è una specialità d'eccellenza per il contrasto di tali fenomeni;
   l'ipotesi di una soppressione del commissariato di Pescia e delle sezioni Polfer e Polstrada in ambito provinciale, salvaguardandone la presenza solo nei capoluoghi di regione, preoccupa molto perché, pur non volendone fare una questione di campanile, una articolazione territoriale maggiormente diffusa segnala una prossimità che aiuta il cittadino a sentirsi più sicuro e le forze dell'ordine a sviluppare un più diretto contatto col territorio e con le sue peculiarità;
   poiché di tale ipotesi si era parlato anche nel 2012, per fortuna mai adottata, diventa fondamentale un atto di chiarezza da parte del Ministero –:
   se il Ministro intenda rivedere tale proposta di riorganizzazione salvaguardando la piena operatività delle sedi citate in premessa scongiurandone la soppressione al fine di assicurare una presenza capillare della polizia di Stato al servizio della sicurezza dei cittadini pistoiesi.
(5-02305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIFFONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da alcune notizie di stampa che la postazione Polfer e la sezione di Polizia postale, secondo fonti sindacali, sarebbero a rischio declassamento la prima e chiusura la seconda, così come previsto a tutti i livelli provinciali a seguito di un piano di razionalizzazione che il dipartimento della pubblica sicurezza ha previsto per la polizia di Stato nella provincia di Prato;
   il lavoro delle forze dell'ordine e degli uffici attualmente attivi garantisce la prevenzione e la repressione dei reati in provincia di Prato, i controlli sulla linea ferroviaria tra Pistoia, Lucca Firenze e Bologna, e garantire la sicurezza e la tranquillità delle migliaia di persone che fruiscono dei servizi ferroviari giornalmente, ed il contrasto dei crimini informatici;
   per l'area e i cittadini della provincia di Prato non sembrano più tollerabili nuovi tagli ai servizi e strutture del territorio, soprattutto in un settore cruciale come quello della sicurezza pubblica, per cui si sta invece pensando una riorganizzazione complessiva che però deve garantire il mantenimento di standard elevati di sicurezza –:
   se corrisponda al vero l'indicazione secondo cui la postazione Polfer sia prossima al declassamento e la sezione di polizia postale della provincia di Prato sia prossima alla chiusura, quali criteri, di ordine organizzativo ed economico, siano stati eventualmente adottati per giungere a questa decisione, e, in caso positivo, quali siano le forme di riorganizzazione e ristrutturazione degli uffici tali da garantire il mantenimento dei livelli di sicurezza adeguati per una realtà come quella di Prato.  (4-03893)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 1o marzo 2014, si è svolto a Como l'ottavo Congresso della locale sezione provinciale del Sindacato autonomo di polizia;
   stando a quanto ha riferito ai partecipanti il segretario del Sap di Como, Ernesto Molteni, il Ministero dell'interno starebbe considerando l'adozione di una serie di misure che indebolirebbero significativamente la capacità del locale presidio di polizia di far fronte all'emergenza criminosa in atto nella provincia comasca, dove nel 2013 è stato registrato un incremento del 114 per cento dei furti in abitazione;
   in particolare, risulterebbero a rischio di chiusura la sezione comasca della polizia postale, logisticamente dipendente da Poste Italiane e cruciale nella prevenzione dei reati commessi tramite il web, e la squadra nautica, mentre il settore della polizia di frontiera verrebbe declassato a commissariato;
   il personale della polizia di Stato in servizio nella provincia comasca non disporrebbe più, inoltre, di un poligono locale nel quale esercitarsi al tiro con le armi da fuoco, a causa del degrado in cui versano le strutture della locale questura un tempo adibite a questo scopo, e sarebbe diminuito notevolmente anche il munizionamento utilizzabile;
   intervenendo al medesimo congresso, il prefetto di Como, Bruno Corda, avrebbe ammesso che il Ministero dell'interno sta effettivamente considerando la soppressione di alcuni settori del presidio comasco della polizia di Stato, seppure «nell'ottica di una riorganizzazione e miglioramento dei servizi», evidenziando tuttavia come sia indispensabile evitare che diminuiscano gli uomini effettivamente impegnati sul territorio;
   lo stesso prefetto Corda avrebbe altresì riconosciuto la necessità di potenziare le capacità del locale servizio di pubblica sicurezza in vista dell'Expo 2015, evidenziando inoltre il bisogno di creare a Menaggio una sede della polizia stradale, allo scopo di controllare la statale Regina, su cui scorrono flussi di traffico eccezionali, specialmente nel periodo estivo –:
   se il Governo ritenga compatibili con il degrado della sicurezza e dell'ordine pubblico in atto nella provincia comasca dei provvedimenti di razionalizzazione che ad avviso dell'interrogante ridurrebbero sensibilmente le capacità nel campo della prevenzione del crimine per via informatica, del controllo delle locali acque lacustri e del monitoraggio delle frontiere e se non si ritenga invece più opportuno rinunciarvi, potenziando al contrario le capacità di contrasto al crimine e gestione del territorio, anche in vista dell'Expo 2015, ad esempio aprendo una sede della polizia stradale a Menaggio. (4-03898)


  CORDA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il documento programmatico sugli investimenti straordinari per l'ammodernamento strutturale, tecnologico ed organizzativo del servizio sanitario regionale di cui all'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 si inserisce nell'ambito del programma straordinario nazionale degli investimenti in sanità, autorizzato e finanziato dall'articolo 20 della legge citata, finalizzato all'ammodernamento del patrimonio strutturale e tecnologico del servizio sanitario nazionale;
   il suddetto documento programmatico è stato elaborato utilizzando gli strumenti di programmazione indicati nell'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 28 febbraio 2008 per la «Definizione delle modalità e procedure per l'attivazione dei programmi di investimento in sanità attraverso gli accordi di programma, di cui all'articolo 5-bis del D.Lgs n. 502/1992 e s.m.i., e accordi di programma quadro articolo 2 della legge n. 662 del 1996», recepito dalla regione Sardegna con deliberazione della giunta n. 39/48 del 15 luglio 2008;
   la regione Sardegna ha avviato il proprio programma di interventi ex articolo 20 solo nel 1996 (prima fase) e ha formalmente attivato la seconda fase con la sottoscrizione dell'accordo di programma del 29 marzo 2001;
   l'attuazione della prima e della seconda fase del programma nazionale ha permesso, nel corso di oltre un decennio, di realizzare un considerevole numero di interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario regionale;
   con riguardo alle risorse destinate alla regione Sardegna nell'ambito del «progetto salute, sviluppo e sicurezza nel Mezzogiorno», le stesse sono state riservate alla realizzazione e/o all'ammodernamento di strutture di eccellenza a valenza sovraregionale presso le aziende ospedaliero-universitarie di Cagliari e Sassari, alla realizzazione della piastra tecnologica all'interno di una struttura ospedaliera di eccellenza ad alta intensità di cura nell'area metropolitana di Cagliari, alla realizzazione di una piastra operatoria ad alta intensità di cura presso l'Azienda ospedaliera «G. Brotzu», ad ulteriori interventi a valenza regionale, quali la realizzazione e l'ammodernamento tecnologico della rete regionale dell'emergenza cardiologia, della rete trapianti e della rete oncologica e la realizzazione dei magazzini farmaceutici centralizzati e della centrale di sterilizzazione;
   il progetto finanziato ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988, fondi per la sicurezza, è stato redatto dalla direzione generale dell'A.O. Brotzu, con la consulenza di:
    professori e ingegneri R. Setzu e G.P. Marchi per il disegno architettonico;
    ingegner F. Mistretta per le strutture;
    ingegner M. Martis per la geotecnica;
    professore ingegnere S. Mura per gli impianti elettrici, meccanici e il fotovoltaico;
   sottoscritto dall'ingegner Alfredo De Lorenzo, nelle vesti di direttore generale;
   il progetto ha previsto, in caso d'incendio:
    aree protette ai piani per gli allettati, poste nei ponti che congiungono la nuova struttura a quella preesistente;
    4 ascensori, con la portata necessaria per il trasferimento veloce degli allettati dalle aree protette ai piani a un'area protetta all'uscita dal fabbricato;
    un'area protetta all'uscita, per l'immediato trasferimento degli allettati all'esterno del fabbricato;
    1 scala di emergenza esterna;
   per quanto riguarda la sicurezza incendi si è ritenuto ribadire che, presso l'azienda ospedaliera «G. Brotzu», le camere protette dal fuoco ad ogni piano sono adibite a stanze per i medici e gli ascensori che avrebbero dovuto portare gli allettati in salvo nella hall, non contengono le lettighe;
   in data 11 marzo 1999 il dottor ingegner Alfredo De Lorenzo, in qualità di progettista e direttore generale pro-tempore dell'azienda ospedaliera «G. Brotzu» ha inviato una richiesta di concessione edilizia – vie di fuga, emergenza, prevenzione incendi – al comune di Cagliari;
   in data 15 aprile 1999 la commissione edilizia del comune di Cagliari ha espresso parere favorevole;
   il 9 agosto 1999 si è tenuta la conferenza dei servizi legge n. 241 del 1990, di concertazione con U.S.L. – VV.F. – RAS. – Beni A.A.A.S. – Soprintendenza archeologica, assessorato all'ambiente del comune di Cagliari, assessorato all'urbanistica del comune di Selargius;
   il 5 dicembre 2000 è stata approvata la delibera in giunta presso il comune di Cagliari e il 20 dicembre 2000 in consiglio;
   l'11 gennaio 2001 l'azienda ospedaliere Brotzu ha deliberato per l'incarico a responsabile ufficio tecnico l'ingegner Cucca per completare la progettazione (prendendo lo spunto dalla progettazione preliminare predisposta dall'ingegner De Lorenzo) e ratificare l'attività del progetto definitivo;
   l'11 gennaio 2001 l'azienda ospedaliere Brotzu – responsabile ufficio tecnico ingegner Cucca – ha trasmesso il progetto definitivo al direttore amministrativo, con la dichiarazione che dato il tempo a disposizione (soli tre giorni) si era limitato ad analizzare il progetto del quale condivideva le linee generali e ne aveva aggiornato il capitolato;
   l'11 gennaio 2001 l'azienda ospedaliere Brotzu ha deliberato l'approvazione del progetto definitivo (dopo tre giorni dall'incarico) e lo ha trasmesso al C.T.R.;
   il 18 gennaio 2001 l'azienda ospedaliera Brotzu ha deliberato il completamento di progettazione, prendendo spunto dalla progettazione dell'ingegner Alfredo de Lorenzo;
   il 19 febbraio 2001 il comune di Cagliari ha rilasciato la concessione edilizia;
   il 4 ottobre 2001 l'assessorato ai lavori pubblici della R.A.S. – ha effettuato la determinazione n. 678 che stabiliva il finanziamento ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 di euro 6.438.544,21, per l'attuazione dell'opera;
   il 27 maggio 2002 l'azienda ospedaliera Brotzu ha disposto deliberazione n. 935 per l'aggiudicazione dei lavori all'impresa Cordioli di Villafranca (Verona), per l'importo complessivo di euro 4.245.268,30 + IVA, offerente il ribasso del 14,50 per cento sull'importo a base d'asta di euro 4.965.226,08 + IVA, oltre oneri per la sicurezza euro 134.633,85 + IVA;
   il 18 settembre 2002 è stato registrato a Verona il contratto d'appalto al n. 6623 rep. 69/02, per un importo di 4.379.902,15 + IVA, compresi oneri sicurezza;
   il 15 novembre 2004/2 agosto 2007 l'azienda ospedaliera Brotzu ha effettuato 3 perizie di variante tecnica e supplettiva di cui alle delibere n. 2217 del 15 novembre 2004 n. 849, del 12 maggio 2006 e n. 1762 del 2 agosto 2007, per modifiche al progetto, per l'importo complessivo di euro 5.595.180,10 + IVA, con un incremento sull'importo originario di euro 1.215.277,95 + IVA, del 27,75 per cento;
   il 17 marzo 2008 l'azienda ospedaliera Brotzu ha effettuato una quarta perizia di variante tecnica e suppletiva per l'importo complessivo di euro 5.894.518,98 + IVA, con un incremento sull'importo originario di euro 1.514.616,83 + IVA del 34,58 per cento;
   il progetto originario dell'ingegner Alfredo de Lorenzo, nonostante sia stato approvato, è stato completamente stravolto, in seguito alle sopracitate quattro perizie tecniche e suppletive effettuate e approvate dall'azienda ospedaliera;
   l'azienda Brotzu ha inoltrato la domanda ai vigili del fuoco per avere il collaudo, la conformità e il certificato di prevenzioni incendi, ma questi ultimi, dopo aver effettuato un sopralluogo, hanno riscontrato dei cambiamenti rispetto al primo progetto ed hanno pertanto chiesto documentazione integrativa, documentazione che non è stata presentata;
   i vigili del fuoco hanno ritenuto opportuno sospendere la pratica, con il mancato rilascio delle certificazioni richieste dall'azienda ospedaliera –:
   quali iniziative il Governo intenda portare avanti al fine di effettuare verifica allo scopo di verificare l'autorizzazione in possesso del comando dei vigili del fuoco. (4-03902)


   CORSARO. — Al Ministro dell'interno. Per sapere – premesso che:
   diversi organi di stampa hanno riportato la notizia della presenza ad Arsago Seprio, un comune della provincia di Varese, di 50 stranieri che dovrebbero essere ospitati a carico della stessa amministrazione comunale in alcuni miniappartamenti di una zona residenziale;
   gli stranieri sarebbero stati destinati ad Arsago in forza di una convenzione stipulata dal Ministero dell'interno con una cooperativa che si occupa di raccogliere coloro che vengono respinti da altri Stati europei e rispediti nel Paese di primo ingresso, affinché siano gestiti fino a quando non sia eventualmente verificato lo status di rifugiato;
   in data 27 febbraio 2014, infatti, sui portale di informazione online denominato «ininsubria» (www.ininsubria.it) è stato pubblicato un articolo dal titolo «Rifugiati ad Arsago Seprio: la battaglia arriva in Senato»;
   la stessa notizia è stata ripresa in data 28 febbraio 2014 dal quotidiano La Prealpina (quotidiano indipendente di informazione, fondato nei 1888, registrato presso il Tribunale di Varese al n. 14 del 21 giugno 1948) che ha pubblicato un articolo dai seguente letterale tenore: «Asilanti nei residence, vicini in rivolta – incubo per 17 famiglie in via Fermi: una palazzina assegnata a una cooperativa che segue stranieri disagiati», nonché dai quotidiano La Provincia di Varese (quotidiano di informazione, registrato presso il Tribunale di Varese ai n. 880 del 28 settembre 2005), con un articolo dai titolo: «Arsago, riecco i rifugiati – ultimatum di Candiani»;
   a seguito delle proteste dei cittadini arsaghesi, la giunta comunale del comune di Arsago Seprio, con delibera n. 34 dei 25 febbraio 2014, ha espresso «al Prefetto di Varese la contrarietà dell'amministrazione comunale per la creazione di un centro asilanti in Arsago Seprio in zona dedicata alla residenza, malservita da servizi pubblici, senza particolari strutture e servizi adeguati ad un incremento di ogni qualsivoglia richiesta, già ora evasa con difficoltà e con scarsi collegamenti con i Comuni limitrofi», chiedendo un incontro con il medesimo prefetto;
   nella stessa delibera l'amministrazione ha dichiarato di essere stata informata «per “galanteria” da una cooperativa romana, vincitrice di un bando del Ministero dell'interno, della procedura già in atto con un privato per la realizzazione di un centro di alloggio costituito da 14 mini appartamenti da destinare ad asilanti» e, in ogni caso, di aver «manifestato subito perplessità in merito durante l'unico incontro interlocutorio, esclusivamente a livello verbale senza la presentazione di alcuna documentazione progettuale circa tale intervento né di richiesta ufficiale documentata, e che pertanto rimandava ogni decisione al periodo post elettorale (mese di giugno)»;
   con la delibera, infine, la giunta comunale ha rilevato che «il luogo in cui dovrebbero insediarsi questi “mini appartamenti” si trova in un complesso residenziale costituito da villini ed appartamenti», e che «in data 25 febbraio 2014 il sindaco è stato informato da alcuni residenti dell'inizio dei lavori, peraltro da verificare dal punto di vista urbanistico, per la realizzazione di tale progetto, del quale non si ha alcuna documentazione presso l'Ente Comunale», riscontrando la mancanza delle strutture e delle risorse finanziarie per garantire i servizi alle persone che saranno accolte nel costituendo centro asilanti –:
   se sia informato delle notizie riportate in premessa, e se corrispondano al vero;
   se siano state messe a disposizione delle risorse finanziarie in favore delle persone contemplate dalla convenzione e, se del caso, a quanto ammontino e con quali procedure siano siate erogate;
   se sia possibile che l'alloggiamento di queste persone straniere per un periodo di tempo prolungato e indefinito presso un comune possa avvenire senza che l'amministrazione comunale ne sia informata, e, se del caso, in base a quali previsioni normative o regolamentari;
   quali provvedimenti intenda assumere in merito alla vicenda, anche alla luce delle proteste sostenute sia da parte dell'amministrazione comunale, sia da parte della cittadinanza. (4-03903)


   PLACIDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i piccoli comuni sono da sempre realtà che connotano l'Italia e contribuiscono alla sua ricchezza culturale e storica;
   diverse recenti iniziative provenienti sia da scelte dello stato che di enti pubblici che da scelte di imprese private stanno progressivamente disarticolando questo tessuto storico, pregiudicando servizi essenziali per la popolazione residente e favorendo lo spopolamento di questi borghi;
   oltre alle recenti indiscrezioni su piani di ridimensionamento delle articolazioni periferiche dei corpi di pubblica sicurezza, con la possibile soppressione di stazioni di polizia e dell'Arma dei carabinieri, si possono ricordare le molteplici riorganizzazioni della rete degli uffici postali, oltre che la scomparsa dal territorio dei piccoli comuni di servizi essenziali quali i servizi bancari;
   a titolo di esempio può citarsi il piccolo comune di San Mauro Forte (MT), che nel corso degli anni si è visto tagliare molti servizi presenti sul territorio come l'ufficio del giudice di pace, la presidenza dell'istituto comprensivo, l'ufficio dei monopoli di Stato e infine ha subìto il ridimensionamento dell'ufficio postale che è stato accorpato a quello di Accettura con la conseguente mancata presenza quotidiana del postino;
   da informazioni in possesso dell'interrogante risulta che sarebbe allo studio della capogruppo Ubi banca di Bergamo la chiusura persino dello sportello bancario di San Mauro Forte dal 14 aprile 2014 a seguito di un riordino nazionale delle sedi della stessa banca;
   non si tratta di una vicenda imprevedibile posto che dopo il passaggio da Caricai a Carime già si sono avuti i primi contraccolpi, passando da filiale a minisportello aggregandola alla filiale di Bernalda;
   le prime avvisaglie già si erano avute nel mese di luglio-agosto 2013 quando gli sportelli funzionavano a giorni alterni;
   questo insieme di interventi e di limitazione dei servizi a comunità, peraltro per lo più anziane, come nel caso del comune citato, lascia le popolazioni locali «spaesate», compromettendo anche, per carenza di servizi indispensabili, le attività del piccolo tessuto imprenditoriale locale oltre che del sistema istituzionale e scolastico –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, ciascuno per quanto di propria competenza, al fine di preservare il tessuto sociale dei piccoli comuni come San Mauro Forte (MT), promuovendo politiche di sostegno che scongiurino l'abbandono di tali territori da parte, non solo dello Stato e delle sue articolazioni periferiche, ma anche di quei servizi essenziali privati, quali banche e poste senza i quali una comunità è destinata quasi inesorabilmente al declino. (4-03910)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la classe di concorso A065 in cui confluisce la disciplina «Tecnica fotografica» costituisce un'attività e un insegnamento obbligatorio solo negli Istituti tecnici con indirizzo «Grafica e Comunicazione» dei nuovi indirizzi della riforma Gelmini;
   dalle tabelle dei quadri orari delle attività di insegnamento obbligatorie degli Istituti tecnici con indirizzo «Grafica e Comunicazione» (C5-IT15 del 2013) risulta che per l'insegnamento delle discipline indicate siano confluite diverse classi di concorso chiamate «atipiche»;
   stante la tabella allegata alla circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2320 del 29 marzo 2012 risulta che un docente, per poter insegnare le discipline «Tecnologie dei processi di produzione» e «Laboratori tecnici» deve essere incluso almeno in una della classi di concorso 65/A e 7/A;
   la classe di concorso 7/A non era presente nella riforma Gelmini, ma risulta invece presente — seppur con diverso carattere — nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 3714 del 16 maggio 2012 ed è rimasta in vigore con la nota ministeriale n. 2916 del 21 marzo 2013 anche per l'anno scolastico in corso;
   l'inserimento della classe di concorso 7/A danneggia gli abilitati di altre classi di concorso, come la 65/A, poiché (nonostante non sia stata ancora pubblicata la circolare ministeriale riguardante gli organici e le modalità di attribuzione delle classi di concorso per ciascuna disciplina) alcuni dirigenti scolastici intendono ad ogni costo inserire in organico la classe di concorso 7/A, nonostante il fatto che in molte province non vi siano, nella stessa 7/A, docenti in soprannumero e non sia neanche presente nessun docente nella graduatoria permanente ad esaurimento, mentre, al contrario, sono presenti docenti abilitati e regolarmente inseriti in graduatoria permanente ad esaurimento in una delle altre classi di concorso facenti parte del raggruppamento «atipico», ovvero la 65/A;
   il potere discrezionale esercitato da alcuni dirigenti scolastici risulta essere in contrasto con quanto stabilito dalle circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 3714/12 laddove essa stabilisce che: «(...) qualora non vi siano docenti da “salvaguardare”, il dirigente scolastico, d'intesa con l'Ufficio scolastico territoriale, e sulla base del parere del collegio dei docenti, provvederà ad attribuire la classe di concorso in coerenza con il P.O.F. – Piano dell'offerta formativa, assicurando una equilibrata distribuzione dei posti alle classi di concorso al fine di venire incontro alle aspettative dei docenti inclusi nelle graduatorie ad esaurimento, evitando di assegnare tutte le ore ad una classe di concorso a discapito di altre (...)»;
   una delle motivazioni che, negli ultimi dieci anni, ha indotto numerosi studenti ad iscriversi agli istituti tecnici con indirizzo «Grafica e Comunicazione» è costituito dalla presenza della tecnica fotografica tra gli insegnamenti obbligatori, materia contemplata nella disciplina «Tecnologie dei processi di produzione» ma che risulta formalmente occultata –:
   se ritenga opportuno intervenire per fare definitivamente chiarezza in un settore ove esiste il concreto rischio di potenziali comportamenti arbitrari da parte di alcuni dirigenti scolastici a danno dei docenti, attraverso:
    a) il ripristino della tabella della riforma Gelmini che non includeva la classe di concorso 7/A per l'insegnamento delle discipline: «Tecnologie dei processi di produzione» e «Laboratori tecnici»;
    b) ovvero, in alternativa, la previsione di condizioni di reciprocità in virtù delle quali, come i docenti inseriti nella classe di concorso della 7/A possono insegnare le discipline da sempre di competenza della 65/A, anche i docenti appartenenti a quest'ultima classe di concorso possano insegnare le discipline della 7/A (ad esempio: progettazione grafica al Liceo artistico);
    c) ovvero, l'attribuzione di maggiori poteri di controllo da parte degli uffici scolastici territoriali sui dirigenti scolastici;
   se non ritenga altresì opportuno di modificare il nome della disciplina da «Tecniche e tecnologie dei processi di produzione» in «Tecniche e tecnologie dei processi di produzione fotografiche».
(4-03894)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della visita del 5 marzo 2014, del Presidente del Consiglio Renzi alla scuola elementare Raiti di Siracusa, i bambini hanno accolto il Presidente del Consiglio intonando una canzoncina scritta su un foglio che recita così: «Facciamo un salto/Battiam le mani/ Ti salutiamo tutti insieme Presidente Renzi/ Muoviam la testa/ Facciamo festa/ A braccia aperte ti diciamo “benvenuto al Raiti”». E poi ancora: «Siamo felici/E ti gridiamo...Da oggi in poi, dovunque vai, tu non scordarti di noi, dei nostri sogni/delle speranze che ti affidiamo con fiducia oggi a ritmo di blues. Le ragazze/ i ragazzi tutti insieme alle tue idee e al tuo lavoro affidiamo il futuro»;
   l'episodio, ad avviso dell'interrogante, risulta a dir poco sconcertante ed offensivo verso i bambini e le loro famiglie, indipendentemente dal loro orientamento politico, poiché strumentalizza in modo indegno i bambini stessi, utilizzando la loro ingenuità per pura piaggeria nei confronti del potente di turno;
   la scuola è lo spazio di tutti, dedicato all'educazione e non può diventare luogo di propaganda folkloristica, tanto più se compiuta sulla pelle dei bambini;
   la professoressa Angela Cucinotta, tra gli organizzatori di quello che all'interrogante appare un penoso siparietto, si difende adducendo come ragione la volontà di celebrare un'occasione speciale, che rappresenta una pagina importante per l'istituto siciliano, che è anche una scuola di musica, dove si studia canto e si realizzano piccole composizioni, con il coordinamento del professore Paolo Genovese che è il responsabile delle attività musicali della scuola, per sottolineare occasioni speciali, come quella in questione, ma anche per momenti diversi, come, ad esempio, il pensionamento di un docente;
   tali dichiarazioni risultano, ad avviso dell'interrogante, dettate da una profonda ipocrisia, al fine di celare quello che all'interrogante appare il reale intento dell'operazione, cioè carpire l'occasione della visita per ingraziarsi un uomo di potere, atteggiamento deprecabile, retaggio di una mentalità borbonica –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per censurare l'operato degli insegnanti dell'Istituto Raiti di Siracusa e quali iniziative disciplinari si intenda adottare nei confronti degli insegnanti se risultasse che essi si sono resi colpevoli, oltre che di numerose violazioni del testo unico del pubblico impiego, di quello che in definitiva l'interrogante ritiene uno squallido «sfruttamento» di minori a fini politici;
   se non ritenga opportuno acquisire i filmati dell'evento in questione ed inoltrarli alla competente procura della Repubblica per i profili di competenza.
(4-03912)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 4 marzo 2014, si è appreso da un articolo della testata giornalistica Il Piccolo che, nell'anno 2013, la cassa integrazione nella provincia di Trieste, rispetto all'anno precedente, è aumentata del 18,8 per cento, inoltre, dai dati di un rapporto stilato dall'Inps, emerge che confrontando gli ultimi mesi del 2013, dal mese di novembre a quello di dicembre, l'incremento del ricorso a questo strumento è stato addirittura del 28,7 per cento;
   a riguardo, Adele Pino, l'assessore provinciale alle politiche del lavoro, dichiara che il ricorso alla cassa integrazione si verifica, in particolare, nell'ambito del comparto industriale e quello edilizio;
   a Trieste, ad aumentare è soprattutto la cassa integrazione straordinaria che, dallo scorso mese di novembre a quello di dicembre, è cresciuta addirittura del 102 per cento, mentre, da gennaio 2013, in un anno, è stato registrato un aumento del 74,4 per cento;
   i dati che emergono sono indubbiamente un serio indicatore di crisi, anche considerando che alcune rilevanti imprese del territorio in questione, come la Cartiera Timavo, la Colombin e, nel commercio, Godina, hanno fatto ricorso ai contratti di solidarietà che non sono stati presi in considerazione nei dati analizzati;
   l'aumento del ricorso all'istituto della cassa integrazione, oltre che in provincia di Trieste, è stato rilevato, altresì, a livello regionale;
   sul punto, Gorizia registra un aumento della cassa integrazione del 269,2 per cento, Udine un incremento del 97,2 per cento, solo per Pordenone vi è un dato positivo in quanto si registra una diminuzione di tutti gli ammortizzatori sociali del 49,8 per cento;
   per il 2014 si ritiene che il ricorso alla cassa integrazione potrebbe aumentare, tale dato, unito a quello che concerne l'ulteriore aumento del tasso di disoccupazione, determina uno scenario di crisi nella regione Friuli Venezia Giulia che richiede l'adozione di concrete politiche – a livello nazionale – in grado di risollevare il tessuto economico del territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se e quali provvedimenti specifici ritenga opportuno porre in essere a sostegno delle imprese in crisi per risollevare il tessuto economico della regione Friuli Venezia Giulia;
   se e quali interventi intenda adottare, anche al fine di verificare che non vi sia un utilizzo improprio degli ammortizzatori sociali in violazione delle norme in materia, che ne prevedono limiti e condizioni. (5-02304)


   LEVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi della legge n. 222 del 12 giugno 1984, è istituito l'assegno ordinario di invalidità (IO) per i lavoratori dipendenti e autonomi, ascritti all'assicurazione generale obbligatoria INPS, affetti da infermità fisica o mentale non derivante da causa di servizio, accertata dai medici dell'INPS;
   il suddetto trattamento è incompatibile con:
    a) l'indennità di mobilità, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge n. 451 del 1991, che stabilisce «all'atto dell'iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell'assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità»;
    b) con l'indennità di disoccupazione (ASPI), che si interrompe quando il lavoratore diventa titolare di un trattamento pensionistico diretto (pensione di vecchiaia, di anzianità, pensione anticipata, pensione di inabilità o assegno di invalidità);
   è invece compatibile, quindi, cumulabile con la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) e con cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) –:
   se si ritenga opportuno promuovere una maggiore uniformità rispetto alle questioni sopra evidenziate, rendendo, quindi, compatibile l'assegno ordinario di invalidità con tutti gli istituti finalizzati al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di disoccupazione. (5-02306)


   FREGOLENT e CAUSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Igei Spa, istituita per gestire la vendita del patrimonio dell'Inps e partecipata al 51 per cento dal medesimo Istituto, è stata posta in liquidazione a far data dal 31 dicembre 1996 ai sensi del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104;
   la Igei, nonostante la presenza di cinque commissari liquidatori, è ancora in attività; il 31 ottobre 2012, in risposta alla interrogazione 5/08005, il Sottosegretario Maria Cecilia Guerra ha così motivato tale ritardo: «Con l'entrata in vigore del decreto-legge numero 351 del 2001 (convertito con modificazioni, dalla legge numero 410 del 2001), è stato introdotto lo strumento della cartolarizzazione volto a valorizzare e vendere il patrimonio immobiliare pubblico. Al fine quindi di garantire il processo di dismissione, avviato con le due operazioni di cartolarizzazione, è stata consentita alla predetta società la prosecuzione della gestione fino al completamento della prevista dismissione immobiliare»;
   tale dismissione immobiliare sembra oggi in fase di conclusione: il 31 marzo del 2014 è prevista la chiusura definitiva della società dopo le numerose proroghe che si sono succedute negli anni;
   per quanto riguarda i lavoratori, il rappresentante del Governo, in risposta alla citata interrogazione, ha dichiarato che: «l'Istituto ha reso noto di avere nel tempo ricercato soluzioni volte all'utilizzo del personale della società in questione anche mediante l'inserimento nei propri ruoli; tuttavia anche nella recente procedura di gara per la scelta del nuovo gestore, in assenza di specifiche previsioni normative e contrattuali in tal senso, non è stato possibile effettuare l'inserimento di che trattasi. [...] l'Istituto ha assicurato la propria disponibilità ad individuare ogni possibile soluzione, volta a garantire la continuità occupazionale del personale Igei, da condividere con i Ministeri vigilanti anche nell'ambito del tavolo tecnico, operativo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, sulle procedure di coordinamento della spesa del personale delle amministrazioni pubbliche»;
   risulta, tuttavia, agli interroganti che per i 18 dipendenti della Igei spa è stata avviata da alcuni mesi la procedura di licenziamento e che l'Inps non sarebbe disponibile ad inserire il personale dell'Igei Spa nel proprio organico né in una delle sue società controllate;
   una ulteriore possibilità sarebbe stata quella di far assorbire i lavoratori dalla società di gestione immobiliare «Prelios» – che nel 2012 ha vinto la gara d'appalto per la gestione dell'intero patrimonio – i dirigenti della società si erano infatti impegnati a trovare una soluzione in tal senso;
   una recente sentenza del Consiglio di Stato (dispositivo n. 5049 del 17 ottobre 2013) ha però revocato l'appalto alla Prelios affidandolo alla società seconda classificata, la Romeo Gestioni, che non sembrerebbe intenzionata a riassumere i dipendenti di Igei;
   nonostante le continue sollecitazioni pervenute dalle associazioni sindacali nel corso degli ultimi anni, volte alla ricerca di una positiva soluzione della vicenda, il futuro dei 18 lavoratori è quanto mai incerto –:
   se la procedura di liquidazione di Igei, alla luce di quanto esposto in premessa e coerentemente con i principi di razionalizzazione ed ottimizzazione della spesa pubblica, si concluderà effettivamente entro il 31 marzo 2014;
   quali provvedimenti urgenti intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali e professionali dei dipendenti della Igei dopo il termine della procedura di liquidazione della società. (5-02308)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, TRIPIEDI, BALDASSARRE, ROSTELLATO, CIPRINI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12, comma 2, lettera c, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede che «lo stipendio, la pensione, i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, in via continuativa a prestatori d'opera e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a cinquecento euro, debbono essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante ovvero mediante l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate. Il limite di importo di cui al periodo precedente può essere modificato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze»;
   l'articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce una soglia di impignorabilità assoluta dei crediti cosiddetti «alimentari» vale a dire le somme percepite a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento. Tali somme possono essere pignorate per l'importo massimo di un quinto;
   il limite di un quinto opera solo quando il pignoramento avvenga alla fonte ossia direttamente da parte dell'ente previdenziale o del datore di lavoro. Se invece il pignoramento avviene in un secondo momento, ovvero presso la banca dove il dipendente o pensionato percepisce le medesime somme, il limite di un quinto non opera più. Ciò significa che il limite che era stato previsto all'articolo 545 del codice di procedura civile viene legalmente superato, con la conseguenza che l'accredito sul conto corrente bancario o postale dello stipendio mensile o della pensione superiore a 1.000,00 euro diventa interamente pignorabile;
   quanto sopra esposto si è verificato ai danni un disoccupato pugliese, il quale si è visto pignorare il conto su cui percepisce un'indennità di disoccupazione di poco superiore ai 1.000,00 euro con la quale deve mantenere la moglie e i due figli;
   gli interroganti ritengono quanto accaduto contrario ai principi costituzionali di diritto all'assistenza sociale (articolo 38 della Costituzione), doveri economici e sociali della Repubblica (articolo 3 della Costituzione) e principio di ragionevolezza contenuti negli articoli (articolo 2 della Costituzione) –:
   quali iniziative, anche di tipo normativo, il Governo intenda adottare per evitare che le somme relative a crediti impignorabili erogate con strumenti diversi dal denaro contante siano oggetto di pignoramento in violazione della ratio dell'articolo 545 del codice di procedura civile e dei princìpi costituzionali summenzionati. (4-03895)


   MARIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Liguria con deliberazione della giunta regionale 10 settembre 2009 n. 1203 approvava le «Disposizioni attuative per l'utilizzo temporaneo e straordinario di persone prive di occupazione e di lavoratori sospesi dal lavoro in cantieri scuola e lavoro, ai sensi dell'articolo 37 della legge regionale 30/2008»;
   l'alluvione del 25 ottobre 2011 che ha colpito una vasta zona della provincia della Spezia ha causato ingenti danni alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati, ai beni mobili e l'interruzione dei collegamenti, arrecando forti disagi alla popolazione e compromettendo le attività economico-produttive delle zone interessate;
   con deliberazione, della giunta regionale 9 marzo 2012 n. 270 la regione Liguria autorizzava la provincia della Spezia all'apertura e gestione di cantieri scuola lavoro per persone prive di occupazione e lavoratori percettori di forme di sostegno al reddito, quale gli ammortizzatori sociali e l'indennità di disoccupazione, presso i comuni colpiti dall'alluvione del 25 ottobre 2011;
   in data 8 aprile 2013 la regione Liguria, la provincia della Spezia, le organizzazioni sindacali e i comuni colpiti dall'alluvione del 25 ottobre 2011 sottoscrivevano un protocollo d'intesa per il rinnovo dell'utilizzo in cantieri scuola e lavoro, di persone prive di occupazione e lavoratori percettori di ammortizzatori sociali residenti presso i comuni medesimi;
   la provincia della Spezia, con la sottoscrizione del protocollo d'intesa dell'8 aprile 2013, si è impegnata ad autorizzare e coordinare, nell'ambito del proprio territorio, l'apertura e la gestione dei cantieri scuola e lavoro da parte dei comuni o loro consorzi;
   nell'ultimo anno la regione Liguria è stata colpita da nuovi e significativi eventi calamitosi con allagamenti, straripamenti e frane che hanno determinato una nuova situazione emergenziale arrecando ulteriori forti disagi alla popolazione e compromettendo ulteriormente le attività economico-produttive;
   i commi 3, 4, 7 dell'articolo 1, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014) destinano 20 milioni di euro per le province di La Spezia, Genova, Massa Carrara e Lucca colpite dagli eventi alluvionali di ottobre 2013, nonché 5 milioni per il terremoto che ha colpito a giugno i territori della Lunigiana e della Garfagnana;
   con delibera del 31 gennaio 2014 articolo 1, comma 4, contenente la dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della regione Liguria per gli eventi meteorologici verificatesi nei giorni dal 25 al 26 dicembre 2013, dal 4 al 5 e dal 16 al 20 gennaio 2014, il Governo ha stanziato a favore di tale regione ulteriori 13 milioni di euro;
   dalle dichiarazioni depositate dai comuni interessati e dalla provincia della Spezia nella relazione allegata alla nota protocollo 14280 del 12 marzo 2013, fino al mese di maggio 2013 erano stati attivati 42 progetti di cantieri-scuola-lavoro in 27 comuni alluvionati, in cui sono stati impiegati 149 lavoratori che hanno raggiunto risultati giudicati positivi nella stessa relazione;
   la mancanza delle risorse necessarie non ha consentito la prosecuzione in Liguria del progetto cantieri-scuola-lavoro nei termini auspicati dagli enti locali coinvolti –:
   in considerazione della difficile situazione che si è venuta a creare in Liguria a seguito degli eventi calamitosi degli ultimi tempi, se non si ritenga necessario assumere iniziative normative per reperire con la massima sollecitudine le risorse necessarie a garantire la prosecuzione del progetto cantieri-scuola-lavoro, anche al fine di assicurare ai comuni colpiti dall'alluvione per il ripristino delle normali attività e ai lavoratori privi di occupazione e a quelli percettori di ammortizzatori sociali un'integrazione salariale per il sostentamento proprio e delle loro famiglie, nonché un valido aiuto;
   se intenda promuovere su scala nazionale, inserendole in un quadro organico e strutturale di interventi a sostegno dell'occupazione e di programmazione degli interventi per la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio, le esperienze dei cantieri-scuola-lavoro, anche alla luce degli ottimi risultati ottenuti nei comuni della provincia spezzina dai cantieri che sinora hanno bene operato per la difesa idrogeologica. (4-03909)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LUPO, BENEDETTI, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le irregolarità e le inefficienze gestionali che caratterizzano l'operato di molti degli enti controllati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, rendono non più rinviabile la loro riorganizzazione e razionalizzazione;
   in particolare, la SIN, Società che gestisce il Servizio informativo agricolo, il cui capitale è partecipato al 51 per cento da Agea e al 49 per cento da un raggruppamento temporaneo di imprese che, ormai dal 2001, ancorché sotto altri nomi, se ne aggiudicano regolarmente la gestione con appalti miliardari, è attualmente al centro di una inchiesta aperta dalla Procura di Roma;
   la società in parola è in realtà da oltre 4 anni oggetto di audit interni, verifiche e perizie tecniche e legali finalizzate ad accertare le responsabilità di un malfunzionamento evidenziato da scostamenti del cento per cento tra superfici richieste e quelle effettive, immobili strumentali di 900 metri quadri che percepiscono fondi come se fossero di 2000 metri quadri, società agricole con penalità di oltre 200 mila euro che ricevono ugualmente sovvenzioni e soggetti che compaiono prima come intestatari di 2 fabbricati agricoli e poi di 23;
   tra le criticità che caratterizzano la gestione della SIN va annoverata senza dubbio la trasformazione, avvenuta nel corso del 2011, da srl in S.P.A. a seguito della quale si è registrato un aumento dei compensi e dei rimborsi degli amministratori senza che a ciò sia seguito un miglioramento gestionale né alcun contenimento dei costi che anzi risultano lievitati;
   nonostante quanto si riporta, la provvigione ai soci privati della SIN è stata aumentata, durante l’interim assunto dall'allora Presidente del Consiglio, Enrico Letta, di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016;
   sebbene la SIN abbia un'area della direzione audit e comunicazione dedicata alla organizzazione della società e una direzione amministrativa per le questioni finanziarie, risulta, da notizie stampa, che il primo febbraio 2014 è stato conferito un altro incarico esterno al fine di affiancare il direttore generale nella supervisione degli aspetti amministrativi, organizzativi, finanziari e procedurali –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se risultino le motivazioni che hanno condotto all'aumento della provvigione ai soci privati e al conferimento di un ulteriore incarico esterno, considerate le criticità che caratterizzano l'intero operato della SIN a fronte invece della importanza della propria mission, finalizzata alla erogazione di servizi sempre più efficienti a favore della pubblica amministrazione, delle imprese e dei cittadini. (5-02309)


   CAON, GUIDESI e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 4 giugno 1984, n. 194 il Ministero dell'agricoltura costituiva il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), servizio preposto all'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole ed alla conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale;
   il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, stabiliva che i compiti di coordinamento e gestione del SIAN venissero trasferiti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'Agenzia per le erogazioni in Agricoltura (AGEA) fermi restando i poteri di indirizzo e monitoraggio del Ministero stesso;
   successivamente la legge 11 novembre 2005, n. 231, prevedeva la costituzione da parte di AGEA di una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. Veniva così costituita, con delibera dell'AGEA del 25 novembre 2005, la società SIN srl con l'obiettivo di garantire la fruizione dei servizi di pubblico interesse del SIAN, con lo scopo di migliorare la qualità e quantità dei servizi offerti alla collettività;
   la SIN oggi è partecipata al 51 per cento dall'AGEA e al 49 per cento da un raggruppamento temporaneo di imprese (Rti), ovvero soci privati che sono stati scelti a seguito di una apposita procedura di gara. Sembra che le Rti, nel 2007, si siano aggiudicate l'appalto per la ragguardevole cifra di 1,1 miliardi di euro per gestire il SIAN fino al 2016;
   a seguito della trasformazione della SIN da Srl a SpA, deliberata nel 2011 dall'assemblea dei soci, nonostante la forma della S.r.l. fosse stata pensata per garantire il controllo sulla gestione della società da parte di AGEA, questo controllo non è più possibile in quanto la conduzione, con questa nuova forma, spetta «esclusivamente» agli amministratori della SIN;
   da un articolo del giornale Repubblica del 5 marzo 2014 si apprende che, alla luce di relazioni, dossier, perizie legali e audit interni, il sistema del SIAN abbia attinto, fino ad ora, dalle casse dello Stato ben 780 milioni di euro. Inoltre, pare che il contratto con i soci privati della SIN sia stato modificato, a seguito di una decisione del commissario straordinario di AGEA, portando all'aumento della provvigione di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016. Nel solo 2013 AGEA ha erogato alla SIN risorse finanziarie per circa 80 milioni di euro;
   il management della SIN nel 2013 è stato ridefinito quanto alla presidenza e all'amministratore delegato;
   sempre dall'articolo di Repubblica si legge che, nonostante la SIN abbia un'area della direzione audit e comunicazione dedicata all'organizzazione della società, con un direttore che percepisce un compenso di circa 160 mila euro annui, e nonostante esista anche una direzione amministrativa per le questioni finanziarie con un direttore che percepisce un compenso di circa 120 mila euro annui, il primo febbraio 2014 è stato stipulato un contratto di consulenza per circa 43 mila euro con il compito di affiancare il direttore generale nella supervisione degli aspetti amministrativi, organizzativi, finanziari, procedurali della società. Inoltre, risulta che il nuovo direttore generale, nominato dal commissario straordinario di AGEA, percepisca un compenso di circa 175 mila euro annui;
   il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, cosiddetto «spending review» prevedeva una revisione delle funzioni dell'Agenzia nell'ottica di una successiva revisione degli organi vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   da più parti si sono avanzate critiche sull'utilità dell'AGEA per l'agricoltura e per gli agricoltori, anche in virtù degli errori e sulla scarsa chiarezza nella gestione dei fondi di finanziamento di cui l'Agenzia si è resa responsabile. Gli interroganti, in considerazione della maggiore competenza e conoscenza, da parte delle regioni, delle realtà territoriali e delle aziende che vi operano, ritengono che una gestione tramite agenzie interregionali possa garantire nel migliore dei modi l'impiego dei fondi destinati agli agricoltori –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se intenda fornire chiarimenti circa gli stanziamenti economici attribuiti alla SIN e sull'utilizzo degli stessi, nonché se intenda effettuare un monitoraggio su quali siano i reali costi di funzionamento della struttura, quali l'apparato dirigenziale, il numero dei dipendenti e le infrastrutture disponibili;
   se non ritenga doveroso, prevedere provvedimenti che definiscano una revisione integrale, riorganizzazione, riduzione e accorpamento degli enti vigilati, tutelando altresì i posti di lavoro e le professionalità e competenze acquisite;
   se non ritenga necessario ed urgente continuare sulla linea di una progressiva riduzione delle funzioni e dell'organico dell'AGEA, ai fini della riorganizzazione del settore nell'ottica della razionalizzazione della spesa pubblica. (5-02310)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA, LUPO, GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE, TOFALO, DAGA e BUSTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la pianta conosciuta come «stevia rebaudiana» viene utilizzata come dolcificante grazie alle proprietà dei due componenti principali i quali, oltre a non avere alcun potere nutrizionale, si mantengono inalterati nel tempo anche ad alte temperature e pertanto si prestano ad essere impiegati in preparazioni come prodotti da forno e bevande calde;
   è ormai noto che la diffusione della Stevia in Paesi diversi da quelli di origine, principalmente Brasile e Paraguay, è sempre stata ostacolata tanto da ipotizzare l'esistenza di una vera e propria cospirazione commerciale volta a sfavorire i dolcificanti artificiali, nonostante essa sia normalmente consumata in moltissimi Paesi senza alcun pericolo per la salute umana;
   evidenze scientifiche, anche condotte dall'Organizzazione mondiale della sanità, registrano peraltro elevati fattori di sicurezza anche in presenza di dosi massime giornaliere assolutamente eccessive rispetto a quelle che possono considerarsi normali;
   nel 2012, a seguito della revisione delle normative che fin dal 1999 consentivano l'uso della stevia come integratore dietetico ma non come alimento o ingrediente per alimenti a causa di alcuni componenti che, nelle dosi allora testate, venivano considerati genotossici, l'Unione europea ha autorizzato la produzione e la vendita degli estratti derivanti dalle foglie di stevia, ovvero i glicosidi steviolici;
   attualmente l'EFSA sta valutando la richiesta di valutazione come novel food delle foglie di Stevia;
   la liberalizzazione dell'utilizzo come dolcificante dei derivati della stevia rappresenta una preziosa opportunità per il settore agricolo e per l'industria di trasformazione oltre che una valida integrazione della dieta dei soggetti intolleranti allo zucchero e ai dolcificanti di sintesi –:
   di quali ulteriori elementi dispongano i Ministri in relazione ai fatti espressi in premessa e se non ritengano di dover promuovere e diffondere, attraverso opportune iniziative, il consumo della stevia anche in considerazione della crisi del comparto della barbabietola da zucchero, settore non più ritenuto strategico per l'Italia e per l'Unione europea. (4-03899)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SAMMARCO, CICCHITTO e SALTAMARTINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con ordinanza 36 del 21 febbraio 2014, il sindaco di Roma ha disposto il divieto di utilizzo dell'acqua per il consumo umano fino al 31 dicembre 2014 in alcune aree dei municipi XIV e XV di Roma Capitale; le acque recano tracce di inquinamento batteriologico e di arsenico, eccedenti i limiti ammessi dalla normativa vigente;
   con la medesima ordinanza il sindaco ha richiesto ad ACEA ATO2 spa di porre in essere interventi di risanamento, assicurando la fornitura di acqua per il consumo umano mediante punti di rifornimento opportunamente dislocati sul territorio dei municipi XIV e XV e provvedendo al tempo stesso all'eliminazione dell'inquinamento, dandone riscontro all'amministrazione;
   il sindaco ha inoltre richiesto alte aziende sanitarie locali Roma C e Roma E di effettuare – con il concorso dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio – i controlli esterni previsti dall'articolo 8 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 al fine di verificare che le acque provenienti dagli acquedotti in premessa soddisfino i requisiti di qualità necessari;
   le acque non a norma provengono da una rete di acquedotti, che originariamente erano al servizio di aziende agricole e che oggi sono gestiti dall'ARSIAL; la citata rete è dal 1998 in corso di trasferimento di competenza dall'ARSIAL all'Acea Ato 2; tale processo non è ancora stato portato a compimento e anzi, nelle more della sua attuazione, non è stato possibile procedere nemmeno alla normale manutenzione delle strutture;
   questo stallo ha finito per generare non solo criticità e disagi per i residenti, ma anche un gravissimo rischio per la salute pubblica nei due citati municipi a nord della capitale –:
   ad avviare un procedimento volto ad utilizzare i fondi Cipe stanziati per le emergenze idriche, al fine di alleviare i disagi dei cittadini. (3-00675)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dell'Unione europea ha approvato la direttiva 2013/55/EU del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea che interviene per riconfigurare il sistema del reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, ponendo al centro del sistema non più esclusivamente il possesso del titolo, ma delle skill e delle competenze acquisite;
   la revisione punta a rendere il sistema del reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali più efficace per favorire una maggiore mobilità dei lavoratori all'interno dell'Unione europea;
   il testo adottato modifica, in particolare, la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e il regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»);
   la proposta di revisione, presentata dalla Commissione, è stata pubblicata il 19 dicembre 2011, e rientra tra le azioni del Single Market Act I, considerate prioritarie per lo sviluppo del mercato interno, in particolare per far crescere la mobilità dei professionisti;
   tra le principali novità introdotte dalla direttiva in tema di professioni sanitarie, si segnala:
    a) l'introduzione della «tessera professionale europea» che consentirà al possessore di circolare liberamente in Europa grazie ad una procedura di riconoscimento più breve, potendosi avvalere di modalità telematiche. Le professioni che beneficeranno della tessera saranno individuate attraverso specifici atti della Commissione dell'Unione europea che terranno conto dei criteri individuati dalla direttiva;
    b) l'introduzione dell'istituto del «silenzio-assenso» nell'ipotesi in cui l'Autorità competente del Paese dell'Unione europea ospitante non rilasci la tessera professionale nei termini previsti dalla direttiva. Il silenzio dell'amministrazione è equiparato al rilascio della tessera stessa;
    c) l'introduzione del cosiddetto «accesso parziale» con il quale viene esteso il campo di applicazione della direttiva 2005/36/CE anche ai possessori di semplici diplomi che abbiano svolto il tirocinio per l'accesso ad una professione in un Paese diverso da quello in cui hanno conseguito il titolo di studio, a condizione che il tirocinio venga svolto secondo le linee guida sull'organizzazione e sul riconoscimento del tirocinio adottate dall'autorità competente;
    d) la riduzione ad un anno dell'esperienza professionale da documentare, nell'ipotesi in cui si provenga da uno Stato membro che non regolamenta la professione per la quale si chiede di effettuare la prestazione temporanea ed occasionale in uno Stato membro nel quale la professione è regolamentata;
    e) i livelli di qualifica sono diventati semplici punti di riferimento da utilizzare nei casi di richiesta di riconoscimento della qualifica professionale. Non possono, cioè, essere utilizzati al fine di rigettare la domanda di riconoscimento nel caso in cui la formazione del richiedente presenti una differenza di più livelli rispetto alla formazione dello Stato membro ospitante;
    f) per le professioni settoriali (medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista) i requisiti minimi di formazione sono stati rivisitati anche in termini di conoscenze, competenze e abilità, in coerenza con gli sviluppi a livello europeo del Processo di Bologna e dell'EQF (European qualification framework). Inoltre, è stato introdotto il principio secondo il quale la formazione può essere anche espressa sotto forma di crediti ETCS in numero equivalente alla durata prevista del corso di studi. Pertanto la presentazione dei crediti è equiparata agli anni di formazione universitaria richiesti;
    g) gli anni minimi della formazione di medico sono passati da sei a cinque anni. Per gli infermieri di assistenza generale sono stati elevati a 12 gli anni di istruzione generale, ma è stato accettato il mantenimento dei dieci anni di istruzione generale qualora indirizzati a successivi percorsi professionalizzanti;
    h) specificamente per l'Italia, l'introduzione del paragrafo 2 dell'articolo 27, che consente il riconoscimento automatico ai medici italiani che hanno cominciato la loro specializzazione dopo il 31 dicembre del 1983 e prima del primo gennaio 1991 e che abbiano maturato sette anni di esperienza professionale consecutiva nei dieci anni precedenti la richiesta di riconoscimento;
    i) l'elaborazione da parte della Commissione, in collaborazione con gli Stati membri di un insieme comune di conoscenze, capacità e competenze necessarie per l'esercizio di una specifica professione così da permettere il riconoscimento automatico di quelle professioni inserite in tale quadro;
    j) l'introduzione della possibilità che la Commissione adotti atti delegati, sulla base delle condizioni, al fine di aggiornare le conoscenze e le abilità previste per le professioni settoriali alla luce del progresso scientifico e tecnologico;
    k) l'introduzione della possibilità per gli Stati membri di imporre il controllo delle conoscenze linguistiche, dopo il riconoscimento della qualifica, ma prima dell'accesso alla professione che abbia implicazioni sulla sicurezza dei pazienti;
    l)  l'introduzione di un meccanismo di allerta specifico per le professioni sanitarie, sulla falsariga di quanto previsto dalla Direttiva servizi. Il meccanismo d'allerta della direttiva servizi è stato esteso a tutte le altre professioni regolamentate;
    m) la previsione di un processo di trasparenza attraverso il quale ogni Stato dovrà esaminare tutta la propria regolamentazione delle professioni per verificare che sia non discriminatoria, proporzionale e basata su un motivo imperativo di interesse generale. L'obiettivo è quello di ridurre la regolamentazione dei servizi professionali che non rispetta tali criteri, considerata una delle cause di maggiore ostacolo alla mobilità dei professionisti e, conseguentemente, alla crescita economica e allo sviluppo dell'occupazione. In questa ottica, con Comunicazione adottata il 2 ottobre 2013, la Commissione ha proposto agli Stati membri una metodologia che prevede una serie di passi (aggiornamento del data base delle professioni regolamentate, raccolta e screening di tutta la normativa esistente su ogni professione regolamentata, incontri fra gli Stati membri per la valutazione reciproca e lo scambio di best practices) che ha trovato il consenso del Consiglio dell'Unione europea nelle conclusioni del 24/25 ottobre 2013 –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare in ordine al recepimento della direttive dell'Unione europea sopra ricordata sulle qualifiche professionali, tenuto conto che l'Italia è tra i Paesi europei con un maggior numero di professioni regolamentate. (4-03896)


   PELUFFO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modifiche, autorizza l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze sanitarie assistenziali per anziani e soggetti non autosufficienti per l'importo complessivo di 24 miliardi di euro;
   il 3 marzo 1999 è stato sottoscritto tra la regione Lombardia e i Ministeri della sanità, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica l'accordo di programma quadro in materia di sanità. A tale accordo sono seguiti sei atti integrativi, sottoscritti con il Ministero della salute e con il Ministero dell'economia e delle finanze riguardanti 190 interventi di edilizia sanitaria, mirati alla riqualificazione e ammodernamento della rete ospedaliera e socio sanitaria della Lombardia, per un investimento complessivo di 2.238 milioni di euro (valore alla stipula) di cui a carico dello Stato 1.702 milioni di euro;
   con successivi atti della giunta regionale, la regione Lombardia ha deliberato il programma degli investimenti ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988 relativi al VI atto integrativo dell'accordo di programma quadro in materia di edilizia sanitaria;
   con nota prot. n. 890 dell'11 gennaio 2013 il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato alla regione Lombardia la disponibilità finanziaria complessiva per la copertura degli accordi di programma, di cui una quota parte è assegnata alla regione per il finanziamento degli interventi che sono ritenuti prioritari a valenza strategia regionale; in relazione a detta disponibilità nello stesso mese di gennaio 2013 d'intesa tra il Ministero della salute e la regione Lombardia è stato stipulato un addendum al documento di programma al fine di definire gli interventi ritenuti prioritari da finanziare con le risorse disponibili nel bilancio dello Stato, così come da D.G.R. n. IX/4739 del 23 gennaio 2013;
   il citato addendum al documento di programma tra gli altri individuava come prioritario, al titolo VI-31/17 degli allegati, l'intervento di completamento del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera del garbagnatese;
   tale intervento, che consiste nell'ammodernamento tecnologico e strutturale del polo ospedaliero di Rho, nell'implementazione della dotazione delle apparecchiature tecnologiche sanitarie del nuovo ospedale di Garbagnate Milanese e nell'adeguamento alla prevenzione incendi del polo ospedaliero di Passirana e polo ospedaliero di Bollate, e punta a rendere la rete ospedaliera di Rho-Garbagnate Milanese una delle più moderne e all'avanguardia del territorio lombardo mediante il potenziamento, l'ammodernamento e la razionalizzazione della rete ospedaliera, risulta al momento incompleto a causa della mancata erogazione dei fondi previsti dalla normativa e dagli accordi pattizi sopra menzionati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta;
   quale sia la tempistica di erogazione dei fondi previsti dalla normativa e dagli accordi citati in premessa;
   se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di velocizzare lo sblocco di detta erogazione in ragione della necessità di completare opere strategiche, spesso già in avanzato stato di attuazione. (4-03897)


   BENEDETTI, CECCONI, BARONI, DALL'OSSO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   confrontando la banca dati dei prodotti fitosanitari, consultabile nel sito del Ministero della salute, il progetto FAS Veneto 2012 (fitosanitari-ambiente-salute – piano regionale di controllo ufficiale sul commercio e impiego dei prodotti fitosanitari) e le schede di sicurezza autoprodotte delle aziende chimiche e dagli Enti e Istituzioni Internazionali (SdS) emergono dati contrastanti relativamente alle classi di rischio assegnate;
   dal controllo emerge che gli sviluppatori del progetto FAS-2012 hanno assegnato classe di rischio «nc» (non classificato) oppure «mcp» (maneggiare con prudenza) a fitosanitari classificati N dal ministero e cioè nocivi o tossici anche nei lungo periodo per l'ambiente acquatico;
   emerge inoltre il mancato aggiornamento di alcune schede: prendiamo il caso del principio attivo MANCOZEB, che dal 2010 la CE ha classificato «Xn,N» ossia nocivo per l'uomo e per l'ambiente. Il Ministero invece in molte schede contenenti il Mancozeb attribuisce ancora «Xi,N» ossia irritante per l'uomo e nocivo per l'ambiente;
   anche il principio attivo CLORPYRIFOS, classificato internazionalmente come «T,N», ossia tossico per l'uomo e nocivo per l'ambiente, è invece classificato nelle schede del Ministero relativi a fitofarmaci per i quali non sia stato rivelato l'entità da N (nocivo per l'ambiente) a Xi (irritante per l'uomo) a Xn (nocivo per l'uomo);
   su 699 voci di fitosanitari registrate nel progetto FAS-2012 sulla base di un'analisi fatta dagli interroganti risultano: n. 28 schede risultano senza la classe di rischio nel database ministeriale; n. 7 schede risultano senza la classe di rischio e l'etichetta nel database ministeriale; n. 428 schede non c’è corrispondenza tra le classi di rischio assegnate nel database ministeriale e le classi di rischio assegnate ai principi attivi nelle schede sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche o nei database dei principi attivi, aggiornati e gestiti da enti e istituzioni universitarie europee; in diversi casi si riscontrano discordanze tra la classe di rischio assegnata nel database ministeriale rispetto all'etichetta ministeriale;
   si possono fare altri esempi: Enervin Top – registrazione n. 14812, è un «antiparassitario e fungicida» che rispecchia molti dei problemi sin qui riscontrati; la scheda del database ministeriale non corrisponde all'ultima scheda di sicurezza autoprodotta dall'azienda chimica (30 gennaio 2013); sembrano infatti due prodotti differenti; il prodotto indicato sul database ministeriale con classe di rischio N è sicuramente un prodotto con classe di rischio Xn,N, come pure il prodotto identificato nella scheda di sicurezza dell'azienda, dove nella sezione 16 «altre informazioni», descrive e classifica la nocività ed i rischi per la salute umana, oltre che per l'ambiente. Esempio di alcune frasi di rischio riportate: può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta; nocivo se inalato – nocivo se ingerito; provoca gravi lesioni oculari – può provocare una reazione allergica della pelle;
   ciò nonostante, l'azienda chimica assegna la classe di rischio N (nocivo per l'ambiente), adeguandosi all'assegnazione (errata) del ministero. Una contraddizione veramente molto pericolosa;
   il prodotto fitosanitario SYSTHANE 4,5 PLUS è un fungicida sistemico per il controllo dell'oidio su vite, melo, pero, pesco, nettarina, susino, albicocco, melone, anguria, zucchino, cetriolo, zucca, pomodoro, peperone, carciofo, fragola, rosa, garofano;
   il database ministeriale assegna la classe di rischio N «nocivo per gli organismi acquatici»; anche l'etichetta ministeriale (visibile nel database) indica nella frasi di rischio: «nocivo per gli organismi acquatici; può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico». Andando invece a leggere la scheda di sicurezza, autoprodotta, secondo il regolamento (CE) N 453/2010 vedremo che a pagina 14 – sezione 16 «altre informazioni» – le classi di rischio e le frasi di rischio sono molto più gravi, riguardanti la nocività per l'uomo e il feto, tanto gravi da mettere in secondo piano il rischio per gli organismi acquatici; esempio di alcune frasi di rischio riportate: sospettato di nuocere al feto – possibile rischio, di danni ai bambini non ancora nati; può provocare danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta; tossico se inalato – nocivo se ingerito;
   ma nella sezione 2 – identificazione dei pericoli – al punto 2.2 «elementi dell'etichetta» (secondo la direttiva CE) la frase di rischio indica «nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico»;
   continuando nell'esempio del prodotto SYSTHANE 4,5 PLUS, se i principi attivi vengono descritti come nocivi o tossici e irritanti per l'uomo, anche la classe di rischio del prodotto finito dovrà riassumere le stesse indicazioni di rischio e non essere declassificata a solo rischio per l'ambiente. Purtroppo le aziende si adeguano alle definizioni ministeriali, e quindi in molti casi anche le schede di sicurezza riportano le definizioni riduttive del ministero, generando due problemi: l'ambiente non può essere rifugio di tutti questi principi attivi tossici o nocivi; le organizzazioni agricole dicono di voler utilizzare prodotti fitosanitari meno nocivi di quelli attualmente in uso. Ma con questa declassificazione si ritroveranno ad utilizzare gli stessi principi attivi (tossici e nocivi) che vogliono abolire o sostituire;
   risulta evidente che in molti casi, la presenza di uno o due principi attivi (dall'1 al 10 per cento sul totale della miscela), dichiarati nella scheda di sicurezza, rende piuttosto incomprensibile la valutazione globale della classe di rischio assegnata dal Ministero; per una informazione chiara e completa è necessario conoscere anche gli altri componenti della formula (coformulanti segreti) per i quali è stato chiesto con atto n. 4/03258 che si rendesse pubblico il contenuto;
   lo stesso principio attivo viene chiamato in modi differenti nelle schede di sicurezza malgrado siano identificati con lo stesso numero di CAS (chimical abstract service = numero univoco nel database delle materie chimiche);
   sulle schede di sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche, il Ministero, a detta dell'interrogante, deve imporre la corretta denominazione dei principi attivi, definiti dal CAS. Si è riscontrato, infatti, lo stesso numero CAS attribuito a nomi diversi, e questo genera confusione negli utilizzatori;
   risulta evidente che il data base del Ministero è molto impreciso, si suppone a causa di mancata manutenzione e aggiornamento delle vecchie autorizzazioni, non considerando gli studi più avanzati del mondo scientifico per l'aggiornamento delle classi di rischio dei principi attivi e dei coformulanti;
   non esiste un data base italiano o ministeriale dei principi attivi usati nei fitosanitari, per avere informazioni aggiornate è necessario rivolgersi all'estero;
   il database ministeriale dovrebbe avere la storia completa del prodotto fitosanitario e non deve obbligare gli utenti a ulteriori ricerche su altri siti;
   relativamente al database ministeriale si possono quindi evidenziare le seguenti problematiche:
    a) evidente mancata manutenzione del database dei prodotti fitosanitari;
    b) mancato aggiornamento della classe di rischio dei principi attivi, aggiornamento reso necessario da ulteriori studi scientifici internazionali;
    c) alcune incongruenze delle classi di rischio tra etichetta e database ministeriali;
    d) saltuaria assenza delle classi rischio, etichette e date di scadenza dell'autorizzazione;
    e) nel caso della revoca del fitosanitario, la sequenza delle informazioni s'interrompe e non sono evidenziati i passi successivi (contenuti del decreto di revoca: ultimo giorno di produzione, ultimo giorno per la commercializzazione, ultimo giorno per lo smaltimento delle scorte, ultimo giorno consentito per l'impiego) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e come intenda affrontare il problema dei dati contrastanti relativi alle classi di rischio e delle incongruenze tra il database ministeriale, le schede di sicurezza, i dati riportati dal progetto FAS Veneto;
   se non intenda correggere, integrare, aggiornare i dati nel database ministeriale, ponendo particolare attenzione ai casi di declassificazione delle classi di rischio;
   se non intenda imporre la corretta denominazione dei principi attivi, definiti dal CAS (chimical abstract service), superando le attuali situazioni di confusione;
   se non ritenga di attivare un unico database completo di tutti i principi attivi usati sia nell'agricoltura che nell'industria, aggiornato e disponibile alla facile consultazione di tutti i cittadini, gestito con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o da altro soggetto non in conflitto d'interessi;
   se non ritenga necessario garantire l'accesso, a tutti i cittadini, delle schede di sicurezza autoprodotte dalle aziende chimiche, complete di tutti i principi attivi ed i coformulanti (attualmente segreti) contenuti nei fitosanitari autorizzati dal ministero, complete delle seguenti indicazioni: cas, nome, quantità percentuale, classe di rischio, frasi di rischio secondo regolamento CE/1272/2008 e classificazione 67/548/CEE;
   se non ritenga necessario avviare le opportune iniziative affinché nelle schede di sicurezza, autoprodotte dalle aziende chimiche, sia riportata in grande e nella prima pagina, la classe di rischio assegnata al fitosanitario, completa dei pittogrammi previsti dai vigenti regolamenti CE, affinché il cittadino possa capire immediatamente quali siano i rischi per la salute e l'ambiente. (4-03905)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIACOBBE, TULLO e BASSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che ha interessato il nostro Paese in questi anni ha prodotto, tra l'altro, conseguenze negative sulla dimensione, la qualità e la struttura dell'apparato industriale in diversi comparti;
   l'esigenza di modernizzazione di molti settori della vita economica e sociale possono essere occasione di rilancio e consolidamento di attività produttive, radicate nel territorio nazionale e, insieme, con un notevole livello di internazionalizzazione;
   in particolare questo riguarda il settore dei trasporti, della mobilità delle persone, sia in ambito regionale che per le tratte ad alta velocità, e delle merci;
   la modernizzazione e lo sviluppo del trasporto regionale è necessaria per dare risposta ai problemi della mobilità urbana e regionale, valorizzando efficienza, sostenibilità ambientale, qualità della vita sui mezzi;
   d'altro lato, il trasporto ferroviario delle merci, che rappresenta una quota di traffico minoritaria rispetto alle altre modalità presenta indiscutibili vantaggi sia per sostenibilità ambientale, sia in termini di diminuzione dei tempi e dei costi della movimentazione, e altri;
   lo sviluppo di tale modalità di trasporto delle merci, in un quadro di completamento della rete dei collegamenti a livello europeo, comporta scelte conseguenti di potenziamento della dotazione di materiale rotabile nel settore cargo;
   questa è una cornice necessaria anche per dare un futuro ai singoli siti produttivi, nei quali si registrano situazioni di crisi o di mancanza di prospettive certe, con conseguente dispersione del patrimonio professionale, tecnologico, di lavoro, di cultura industriale, di siti destinati alla produzione;
   in particolare, nell'incontro che si è svolto il 23 gennaio 2014 presso il MISE sulla situazione dello stabilimento Bombardier di Vado Ligure, si è convenuto sulla opportunità di inserire le valutazioni sulle prospettive industriali di quello stabilimento nel quadro delle scelte che dovranno essere adottate nel settore della costruzione del materiale rotabile;
   il sito Bombardier di Vado occupa 587 persone tra attività di produzione, progettazione, marketing, assistenza clienti e amministrazione; è in corso l'anno di cassa integrazione straordinaria per crisi, in scadenza il prossimo agosto, presentando un saldo occupazionale strutturale negativo, con conseguenza di licenziamenti e ridimensionamento e declassamento del sito nell'ambito del gruppo Bombardier. La crisi è dovuta al progressivi esaurimento degli ordini di locomotori elettrici E464 per il trasporto regionale e all'assenza di ordini di locomotori E483 TRAXX per il servizio cargo; il sito, per uscire dalla crisi e riprendere un percorso di sviluppo, oltre a poter acquisire ordini nel settore cargo, deve attuare una diversificazione produttiva verso i treni a potenza distribuita per il trasporto regionale. In questo ambito è dimostrata la qualità dei prodotti, ed insieme la necessità di investimenti per l'omologazione dei modelli già in produzione per altri paesi europei e per l'adeguamento delle strutture dello stabilimento; tali investimenti competono alla responsabilità e alle scelte dell'azienda, che opera come impresa multinazionale, ma sarebbero sostenute e incentivate dalla chiarezza nelle prospettive di mercato e della domanda pubblica;
   è importante anche sviluppare le possibili sinergie tra i diversi produttori (che già oggi condividono la realizzazione di programmi rilevanti, quali la produzione del treno ad alta velocità, nel caso di Bombardier e Breda) –:
   se il Governo non ritenga urgente intervenire su queste scelte in una funzione non di acquirente, ma di soggetto di programmazione di politica industriale che sostenga qualità e competitività delle attività di progettazione e produzione di materiale rotabile e di sistemi negli insediamenti presenti sul territorio nazionale:
    a) rendendo chiare le scelte di investimento da parte delle istituzioni e delle imprese di proprietà pubblica per il potenziamento e l'ammodernamento dei mezzi;
    b) sollecitando impegni, da parte delle imprese del settore, nella progettazione e organizzazione produttiva per essere all'altezza delle esigenze della committenza;
    c) realizzando una maggiore collaborazione tra committenti e produttori, nel rispetto delle regole della concorrenza, anche attraverso programmi pubblici pluriennali sui sistemi di trasporto innovativi. (5-02303)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Miroglio Group è un'azienda che opera nel campo della moda e tessile, offrendo articolata su diverse aree di prodotto: abbigliamento, tessuti, filati, di trasferimento della carta, ponendosi in posizione leader a livello internazionale;
   il gruppo è presente in tutto il mondo in 34 paesi tra Europa, Nord Africa, Medio Oriente e Cina, con 49 operazioni di business, 6 siti produttivi, 2.000 negozi monomarca e oltre 8.400 dipendenti, una rete business-to-business dedicata ai segmenti di business tessuti;
   da quanto si apprende il Gruppo Miroglio di Alba, in provincia di Cuneo, vuole intraprendere un piano di ristrutturazione per reagire alla crisi della divisione Fashion, chiedendo la cassa integrazione straordinaria e annunciando 160 lavoratori in esubero;
   il settore Fashion dà lavoro a 687 dipendenti in tutta Italia, impegnati sia nella struttura commerciale, sia in quella industriale e creativa;
   tali notizie generano forte preoccupazione sul mantenimento dei livelli occupazionali –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle problematiche sopra esposte e quali azioni intendano intraprendere per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, a partire dalle tutele e dagli ammortizzatori per i lavoratori. (4-03892)


   SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul sito della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico è possibile verificare che Napoli, i Campi Flegrei ed Ischia rientrano negli interessi di due società che hanno richiesto ed ottenuto permessi di ricerca geotermica;
   tali permessi prevedono prima l'esecuzione di studi ed indagini, e poi, eventualmente, la perforazione di pozzi esplorativi;
   inoltre le società in questione hanno ottenuto permessi di produzione di energia elettrica;
   questa produzione di energia elettrica avverrebbe tramite estrazione dei fluidi caldi dal sottosuolo e la loro successiva reiniezione a forte pressione nel sottosuolo;
   difatti essi non potrebbero essere dispersi nell'atmosfera, dato il loro contenuto dannoso per l'ambiente e la salute dei cittadini;
   la reiniezione a forte pressione avverrebbe in un sottosuolo che già naturalmente è particolarmente instabile, come evidenziato dai disastrosi sismi della seconda metà del 1800 ad Ischia e dai numerosi terremoti che accompagnano il fenomeno bradisismico, come verificato tra il 1983 ed il 1985, quando il suolo flegreo si sollevò di circa 2 metri nella zona del porto di Pozzuoli;
   in un sottosuolo instabile naturalmente è notoriamente pericolosa la reiniezione di fluidi ad alta pressione, poiché si può innescare una sismicità che può risultare dannosa per i manufatti e la sicurezza dei cittadini;
   i permessi sono denominati Cuma e Scarfoglio in terraferma, e la società titolare è la Geoelectric;
   ad Ischia, invece, il permesso si chiama Forio e la società titolare è la Taddei Green Power;
   la cessione delle ricchezze del territorio a quelli che all'interrogante appaiono poteri «forti» e a danno della collettività rischia di provocare conseguenze devastanti per l'ambiente e negare vantaggi alla comunità in termini di opportunità di lavoro e di benessere diffuso per tutti;
   non si tratta di una contrarietà ideologica nei confronti dell'energia geotermica, ma è necessario verificare e valutare con attenzione l'impatto che gli interventi necessari alla produzione di tale energia potrebbero avere sull'ambiente e sulla salute della cittadinanza data la conclamata instabilità del sottosuolo su cui si interverrebbe –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti narrati;
   quali misure abbiano già, per quanto di competenza, preso in merito e quali azioni si intenda intraprendere al riguardo;
   se non ritengano opportuno coinvolgere in scelte di questo tipo la cittadinanza, informandola preventivamente degli eventuali rischi ambientali e sanitari;
   se non ritengano che le società coinvolte debbano effettuare adeguati studi di impatto ambientale assumendosi tutte le responsabilità concernenti la situazione;
   se non ritengano opportuno aprire un tavolo di confronto che coinvolga la cittadinanza e che, attraverso la collaborazione di studiosi, verifichi la validità di tali studi. (4-03907)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Schirò e Dellai n. 2-00418, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Moscatt, Iacono, Gitti, Capodicasa.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Lombardi n. 4-03804, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bechis, Ciprini, Tripiedi.