Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 6 marzo 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, segue da anni con costante attenzione la situazione del Myanmar, Paese strategico nel Sud est asiatico, guidato per decenni da una giunta militare e sottoposto a gravi violazioni dei diritti umani;
    negli ultimi tre anni è in atto in Myanmar un processo di transizione verso la democrazia e di riconciliazione nazionale, aperto dal capo del Governo Thein Sein e dalla leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, oggi capo dell'opposizione in Parlamento;
    nella seduta del 16 ottobre 2013 la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-00017 che impegna il Governo a intervenire in ogni sede per favorire la positiva evoluzione del processo democratico del Paese asiatico, mentre un ordine del giorno dal contenuto analogo è stato approvato dall'Assemblea del Senato della Repubblica il 23 ottobre 2013;
    dal 27 al 31 ottobre 2013 Aung San Suu Kyi ha effettuato una visita in Italia incontrando il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, la Presidente della Camera, il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri, l'Associazione parlamentare «Amici della Birmania», le città di Roma, Torino, Bologna, Parma e l'Università di Bologna, consolidando il rapporto di amicizia tra il popolo birmano e il popolo italiano che in questi anni ha fortemente sostenuto la liberazione dei prigionieri politici, il rispetto dei diritti umani, l'apertura del processo democratico in Myamar;
    nel corso della sua visita Aung San Suu Kyi ha affermato: «L'Italia resti vicina alla Birmania», dando impulso sia alle relazioni politiche e istituzionali sia alla cooperazione economica, sociale e culturale per il progresso del suo Paese, la costruzione della sua democrazia e per la crescita dei rapporti tra l'Italia e la Birmania;
    l'avvenuta apertura del Myanmar alla comunità internazionale e al mercato mondiale, anche attraverso il superamento delle sanzioni economiche in rapporto ai progressi in atto sul tema dei diritti umani e delle libertà democratiche, è stata ed è attentamente seguita dall'Unione europea (Piero Fassino è stato inviato speciale in Myanmar), e dall'Italia che dell'Unione europea è componente fondamentale;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar, che vede uno sviluppo crescente, corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo;
    il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono continuare ad essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione è da mesi oggetto di discussione politica e parlamentare, presenta elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, nonché le norme restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3, punto f, clausola 59 (f), prevede per il Presidente dell'Unione e il Vicepresidente che «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniera, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione ed esclusione nei confronti di Aung San Suu Kyi, vedova di un cittadino inglese e madre di due figli che vivono in occidente, la quale ha peraltro manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza dell'Unione nelle prossime elezioni politiche previste nel 2015;
    nel marzo 2013 il Parlamento del Myanmar ha approvato una procedura di riesame della Costituzione istituendo una commissione di esperti giuridici e intellettuali per la revisione della Costituzione, scritta e approvata nel 2008 dall'allora giunta militare e sottoposta a referendum una settimana dopo il passaggio del ciclone Nargis, che ha sconvolto il Paese e ha causato 138 mila tra morti e dispersi;
    la Commissione, dominata dai membri del partito al Governo, l'Union Solidariety and Development Party (USDP), dopo mesi di discussioni, ha consegnato il 31 gennaio di quest'anno un primo rapporto che mette in dubbio la volontà di un cambiamento reale della Costituzione pretendendo di dimostrare che la maggior parte dei birmani è contraria al cambiamento della clausola 59 (f) e ostacolando di fatto il processo di cambiamento democratico;
    la Lega nazionale per la democrazia (NLD), partito all'opposizione, ha affermato che la campagna organizzata da USDP non è rappresentativa dell'opinione pubblica e ha intensificato tra il popolo la mobilitazione per il cambiamento della Costituzione, premessa indispensabile per lo svolgimento sereno, democratico e pienamente legale delle prossime elezioni politiche;
    è evidente che l'attuale fase politica in Myanmar, alla vigilia delle elezioni del 2015, è decisiva e non può non prevedere in tempi rapidi il cambiamento della Costituzione, come testimonia il crescente movimento nel Paese per il conseguimento di questo obiettivo e come è costantemente auspicato dalla comunità internazionale;
    alle difficoltà che oggi si registrano nel cammino del cambiamento della Costituzione si accompagna una situazione segnata da crescenti e inquietanti episodi di violazione dei diritti umani, come gli arresti di manifestanti, di controllo dei media come l'arresto di quattro giornalisti e del direttore del giornale Unity Weekly con l'accusa di aver pubblicato segreti di Stato, come la recente ingiunzione da parte del Governo a Medici senza frontiere di cessare ogni attività, a causa dell'assistenza fornita da MsF alla minoranza musulmana Rohingya, come la confisca delle terre dei contadini;
    i perduranti conflitti etnici, e tra minoranze etniche e Governo centrale, rischiano di causare ulteriori interventi militari;
    una pace stabile e duratura tra le minoranze etniche, il rilascio di tutti i prigionieri politici, riforme autenticamente democratiche a partire dal cambiamento della Costituzione, sono obiettivi fondamentali in questa fase in Myanmar per dare al popolo un'autentica speranza nel futuro dopo 50 anni di dittatura, e favorire l'apertura di un periodo nuovo di pace, di stabilità, di progresso, di vera democrazia;
    Aung San Suu Kyi è impegnata con coraggio, determinazione e con tutte le sue forze per il cambiamento della Costituzione, poiché è in gioco la libertà e il progresso del suo popolo, e per ricostruire la nazione sulla base della giustizia, della verità, della fiducia, della riconciliazione, della pace, dello sviluppo umano, di un'autentica democrazia in Myanmar;
    nel processo di transizione verso la democrazia in Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento;
    nella celebrazione del Giubileo d'argento dell'8 agosto 1988 avvenuta a Yangon il 6-7 agosto 2013, è stata approvata una dichiarazione delle forze etniche e democratiche nella quale si dichiara: «1) Crediamo fortemente che ci sia bisogno di stabilire uno Stato federale democratico con autodeterminazione e uguaglianza»; «2) La Costituzione del 2008 non garantisce uno Stato democratico federale. Quindi crediamo fortemente che la Costituzione del 2008 vada emendata o che venga stilata una nuova Costituzione»;
    la volontà del popolo italiano per l'intensificazione degli scambi e della collaborazione economica, sociale, culturale e politica con il popolo del Myanmar poggia su una base di comune condivisione dei valori della democrazia e pertanto occorre che le nostre istituzioni e la società civile sostengano fortemente la necessità che la Costituzione del Myanmar sia riformata affinché le elezioni politiche del 2015 possano essere libere e giuste,

impegna il Governo:

  a garantire costante determinazione nell'intervenire in ogni sede, europea ed internazionale, per assicurare, in rapporto diretto con il Governo e con il Parlamento del Myanmar, con continuità l'ulteriore positiva evoluzione del processo democratico del Paese asiatico, anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2015;
   a sostenere l'apertura democratica del Myanmar e, quindi, l'eguale e pari partecipazione di tutti i partiti politici e di tutti i cittadini, senza alcuna esclusione, alla vita democratica ed istituzionale del Paese, nonché lo svolgimento di elezioni libere e democratiche;
   fermo restando il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità legislativa di ogni Paese, a incoraggiare in ambito internazionale la modifica della Costituzione del Myanmar, in particolare nel punto in cui impedisce a chi abbia parenti di nazionalità straniera di candidarsi alle elezioni presidenziali, previsione che non ha fondamento nei principi democratici universalmente riconosciuti;
   a sostenere la legittima aspirazione del premio Nobel Aung San Suu Kyi, al pari di ogni altro cittadino birmano, a partecipare pienamente alla vita politico-elettorale nazionale;
   a sostenere il diritto del popolo birmano a decidere con libertà il proprio destino scegliendo i propri rappresentanti, a cominciare dalla Presidenza dell'Unione, senza alcuna discriminazione e limitazione.
(1-00358) «Quartapelle Procopio, Zampa, Tidei, Rampi, Amendola, Kyenge, Nicoletti, Manciulli, Chaouki, Fitzgerald Nissoli, Rigoni, Carlo Galli, Porta, Fedi, Cassano, Garavini, Gianni Farina».


   La Camera,
   premesso che:
    la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) è una banca multilaterale a vocazione sociale. Con i suoi 40 Stati membri, rappresenta il più importante strumento di sostegno alle politiche sociali del continente europeo;
    sin dall'inizio delle sue attività, nel 1956, la Banca ha sostenuto il finanziamento di progetti a carattere sociale ed interventi in situazioni di emergenza, contribuendo in tal modo al miglioramento delle condizioni di vita nelle regioni svantaggiate d'Europa;
    progressivamente gli ambiti d'azione della CEB sono stati estesi al rafforzamento dell'integrazione sociale, alla gestione ambientale e al sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale;
    la Banca è legalmente e finanziariamente indipendente, basata su un accordo parziale tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa che ne hanno sottoscritto le quote e via via i progressivi aumenti di Capitale; tuttavia agisce in fattiva collaborazione con altre istituzioni finanziarie internazionali e regionali e con la Commissione europea;
    con la legge n. 117 del 6 luglio 2012, l'Italia ha aderito all'ultimo aumento di capitale della CEB in ordine di tempo, per un importo complessivo di 366.078.000 euro, comprendenti l'incorporazione di riserve nel capitale liberato per 40.964.000 euro e la sottoscrizione di nuovi titoli per 325.114.000 euro, con conseguente incremento della quota di capitale detenuta fino all'ammontare di 915.770.000 euro;
    oggi il nostro Paese è insieme a Francia e Germania uno dei maggiori azionisti, con il 16,77 per cento del capitale sottoscritto; per contro, l'ultimo progetto di sviluppo della Banca in Italia risale al biennio 2007-2009;
    negli ultimi anni l'azione della CEB si è orientata prevalentemente verso i Paesi dell'Europa dell'est, impegnati nel percorso di adesione all'Unione europea; dal 2007 in avanti però le condizioni economico sociali di molti altri Paesi europei, in particolare quelli dell'area dell'euro, sono cambiate radicalmente a causa della crisi economico finanziaria, che nei paesi più indebitati, a seguito dell'intervento formale od informale della Commissione europea e della Banca centrale europea, ha posto e pone seriamente a rischio la possibilità di garantire i diritti sociali e di mantenere un livello accettabile di welfare;
    è oggi anacronistico ed insostenibile che il nostro Paese continui ad essere un contribuire netto dell'Unione europea, a versare quote imponenti di capitale ai Fondi salva stati e alle altre istituzioni finanziarie mentre all'interno si attuano politiche devastanti dal punto di vista delle spese per il welfare;
    la questione della coesione sociale e del suo rafforzamento all'interno dell'Unione europea è uno dei temi centrali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi, in quanto diretto interlocutore della Banca di sviluppo del consiglio d'Europa, per sostenere presso la Banca di sviluppo del consiglio d'Europa progetti destinati alla realizzazione delle finalità della Banca e dell'impiego delle relative risorse nel nostro Paese;
   a farsi promotore di una campagna informativa nazionale orientata ai soggetti potenzialmente destinatari dei finanziamenti relativa agli strumenti e alle opportunità derivanti dall'azione della Banca di sviluppo del consiglio d'Europa;
   a farsi promotore presso la Banca di sviluppo del consiglio di Europa, nonché presso le istituzioni comunitarie e gli organismi finanziari comunitari, anche attraverso revisioni dei meccanismi e delle finalità d'intervento, dell'urgenza di finanziare direttamente nel nostro Paese interventi straordinari per la ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, per il contenimento del rischio idrogeologico e della messa in sicurezza del territorio, nonché per l'edilizia scolastica e per l'edilizia carceraria.
(1-00359) «Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio dell'Unione europea rispecchia, sia dal lato della spesa che da quello delle entrate, l'intera politica dell'Unione; è uno degli strumenti fondamentali di cui l'Unione dispone per realizzare i suoi obiettivi politici. La dinamica del bilancio dell'Unione europea è influenzata dalle dimensioni e dalla durata della crisi economica e finanziaria;
    la struttura del bilancio comunitario è costituita dalle entrate, composte dalle cosiddette «risorse proprie» e dalle spese che, coperte con risorse proprie, sono destinate al finanziamento di tutti gli interventi messi in atto dall'Unione europea;
    l'Unione europea può contare su diverse fonti di finanziamento: tramite le «risorse proprie» costituite da risorse proprie tradizionali (RPT), dalla Risorsa IVA e dalla Risorsa del reddito nazionale lordo (RNL). Le RPT sono a loro volta costituite da risorse provenienti dai dazi all'importazione sui prodotti provenienti dall'esterno dell'Unione e dai contributi provenienti dall'imposizione di diritti alla produzione dello zucchero e dell'isoglucosio, mentre la Risorsa IVA è costituita da un contributo sulle basi imponibili nazionali a carico di ciascun stato membro; infine la risorsa RNL, definita anche «Risorse complementare», è finalizzata a finanziare le spese di bilancio non coperte dalle Risorse proprie tradizionali e dalla Risorsa IVA. Essa è commisurata alla quota parte dei RNL nazionali sul RNL comunitario;
    riguardo la risorsa IVA a Germania, Paesi Bassi, Svezia e Austria è stata concessa una riduzione dell'aliquota di prelievo. Paesi Bassi e Svezia beneficiano di una riduzione del contributo al bilancio comunitario in chiave RNL. Tali agevolazioni vengono ripartite a carico degli altri Stati membri;
    il calcolo del contributo di ciascun Paese si basa sul principio della solidarietà e della capacità contributiva. Se ne risulta un onere eccessivo per determinati Paesi, si procede tuttavia ad aggiustamenti;
    in questo momento di grave crisi economico-finanziaria che l'Europa sta attraversando, vi è stato un aumento esponenziale dell'attività programmatica e politica dell'Unione europea che ha inciso pesantemente sulle libere scelte dei Paesi membri;
    la politica economica europea ha tracciato una road map che nei fatti ha condizionato gli interventi dei Governi nazionali incidendo in modo rilevante sul loro operato;
    l'euro è una moneta rigida, sopravvalutata che, invece di portare stabilità, maggiore crescita, calo della disoccupazione e tanti altri effetti positivi, ha comportato effetti contrari ovvero disoccupazione, recessione e crisi sociali. L'euro non è più una risorsa ma un intralcio che tanti danni ha creato;
    la cessione di sovranità dagli Stati nazionali verso l'Unione europea, in nome di un alto ideale comunitario e di una solidarietà economica tra zone più e meno floride dell'Unione stessa, si sta tramutando in una delega all'eurocrazia a decidere della vita dei cittadini, del sistema di diritti, di welfare, di previdenza in nome dell'unico idolo del rigore e della stabilità dei mercati finanziari;
    è ormai inaccettabile che gli Stati più ricchi dell'eurozona impongano regole di politica economica a tutti gli altri Stati membri, regole che vanno ad incidere sui cittadini, in particolare del nostro Paese, che sono costretti a continui sacrifici in nome di un'Europa che è sempre più lontana e fredda rispetto alle istanze delle popolazioni;
    mentre a parole si manifesta la volontà di andare verso un processo di integrazione europea, di favorire la sussidiarietà ed aprire una fase nuova per rinnovare le basi dell'Unione, in realtà i Governi più forti a livello europeo stanno creando le premesse per un'Europa più a loro vantaggio;
    l'Italia è il maggior contributore netto rispetto al proprio PIL, cioè versa al bilancio dell'Unione europea più di quanto riceve, e continuerà ad esserlo anche per il periodo pianificato dal nuovo bilancio comunitario 2014-2020;
    nel 2011 il contributo netto dell'Italia è arrivato a -0,38 per cento rispetto al Pil, maggiore in tutta Europa, con Belgio e Olanda subito dopo a seguire con il -0,36 per cento. Negli ultimi 12 anni l'Italia ha già versato circa 171 miliardi di euro e ne ha ricevuti 111 miliardi con un saldo negativo di circa 60 miliardi di euro, cioè una perdita netta di circa 5 miliardi di euro all'anno;
    il Consiglio europeo di Fontainebleau del 1984, ha concesso un rimborso (cosiddetto rebate) speciale per la Gran Bretagna dal bilancio della Comunità. Il meccanismo prevede un rimborso al Regno Unito pari al 66 per cento del suo contributo netto, la differenza tra il contributo al bilancio Unione europea e le entrate ottenute. L'abbuono britannico è fissato ogni anno come riduzione del contributo IVA per il seguente anno;
    tale abbuono, era previsto come compensazione nel Regno Unito per la politica comune Agricola che è costosa per i debitori ed i consumatori britannici di imposta e dalla quale il Regno Unito riceve soltanto un piccolo beneficio;
    la correzione era stata decisa solo per il Regno Unito, che si trovava ben al di sotto della media Unione europea in termini di prosperità pro capite;
    la decisione del Consiglio del 7 giugno 2007, ha confermato l'agevolazione in favore del Regno Unito, così che l'Italia continuerà a versare somme all'Unione europea in misura maggiore di quel che riceve, sebbene la stessa decisione del Consiglio preveda che «nessuno Stato membro si faccia carico di un onore di bilancio eccessivo rispetto alla propria prosperità relativa»;
    il meccanismo di rimborso è finanziato da tutti gli altri Stati membri in base alla loro partecipazione al RNL; quasi il 50 per cento è finanziato da Francia e Italia, mentre per Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia, in virtù di ulteriori correzioni ad hoc, il finanziamento della correzione è limitata al 25 per cento di quanto dovuto;
    nonostante la positiva evoluzione della sua prosperità relativa, il Regno Unito continua a beneficiare di un rimborso parziale dei propri contributi, a differenza di altri contribuenti netti con un livello di prosperità analogo o inferiore;
    l'Italia, insieme ad altri Paesi, continua ad accollarsi una quota – nel 2011 è stata di 700 milioni di euro – dei rimborsi al Regno Unito;
    il risultato di questo sistema è che la distribuzione dell'onere totale tra Stati membri è regressiva, dal momento che gli Stati con reddito minore versano proporzionalmente contributi maggiori rispetto agli Stati con reddito più elevato;
    è necessario un cambiamento urgente, un riesame dell'assetto del bilancio che oramai non è più sostenibile: una riforma da affrontare al più presto;
    il semestre italiano di presidenza rappresenta una grande opportunità. È necessario sfruttare questa occasione per dettare l'agenda politica dell'Europa perché la prossima occasione, a causa dell'allargamento dell'Unione attualmente a 28 Paesi, si ripresenterà fra 14 anni e non possiamo permetterci di aspettare tanto, anche in considerazione, dell'impellente necessità di uscire dalla crisi che porta le nostre aziende e i nostri cittadini a fuggire dal nostro Paese;
    esistono Paesi che non appartenendo ancora all'Unione europea, perché sono nella fase di pre-adesione, o come la Turchia che ancora non è nemmeno in fase di pre-adesione che ha ricevuto più di 5 miliardi di euro negli anni passati e ne riceverà altri 7 negli anni futuri; beneficiano di cospicui finanziamenti europei per il loro sviluppo. Fondi che vengono sottratti per sostenere i Paesi membri in difficoltà o quantomeno vengono assoggettati al rispetto dei vincoli di bilancio europeo bloccandone la crescita economica e lo sviluppo delle imprese, con ripercussioni sia sui PIL nazionali che su quello europeo,

impegna il Governo:

   ad intervenire nelle opportune sedi europee, cogliendo l'occasione del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, affinché si proceda ad una revisione generale delle politiche di bilancio dell'Unione che affronti in particolare la questione di una revisione dei criteri di bilancio, che va radicalmente riformato;
   a chiedere, nelle opportune sedi europee, che il caso del minore apporto al bilancio comunitario da parte del Regno Unito, il cosiddetto rebate, venga rinegoziato in quanto è da considerarsi non più sostenibile da parte degli Stati membri ed in particolare dal nostro Paese;
   a farsi promotore affinché i finanziamenti che gli Stati membri versano al bilancio dell'Unione rimangano a disposizione di tali Stati e non vengano elargiti a Paesi che geograficamente fanno parte dell'Europa continentale ma non fanno parte dell'Unione europea, salvo che non siano utilizzati per programmi di natura geopolitica.
(1-00360) «Prataviera, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    la banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) è una banca multilaterale a mission sociale istituita nel 1956 inizialmente per venire incontro ai pressanti problemi dei rifugiati;
    le materie di interesse e di azione della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa si sono progressivamente spostate negli anni in campo sociale in senso lato nonché ambientale contribuendo in modo significativo al rafforzamento della coesione sociale in Europa e delle politiche di solidarietà in Europa;
    la banca di sviluppo del Consiglio d'Europa comunque non promuove progetti ma li finanzia sulla base delle domande pervenute;
    nel decennio 2002-2011 sono stati approvati progetti per oltre 21 miliardi di euro; tra i principali Paesi destinatari si annoveravano Ungheria, Polonia e Romania, laddove per questi anni recenti alcuni Paesi dell'ex Europa occidentale si trovano a far fronte a situazioni di crisi altrettanto gravi in confronto con quelle di altri Paesi dell'Europa orientale;
    nel 2012 tra i progetti approvati dal consiglio di amministrazione della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa nessuno riguardava l'Italia;
    negli ultimi anni l'attenzione della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa verso l'Italia appare essere stata scarsa se non nulla nella sua capacità di erogare fondi;
    l'Italia, unitamente a Francia e Germania, è uno degli azionisti pesanti della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa ed esprime costantemente alcune figure apicali della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa; il nostro Paese partecipa ai lavori del board della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa con rap- presentanti del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo:

   a promuovere iniziative per diffondere nel nostro Paese informazioni e conoscenze sul campo di attività della banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e sulla sua importanza in materia di coesione sociale e di sviluppo sostenibile per fare in modo che ci sia un interesse diffuso verso la presentazione alla banca di sviluppo del Consiglio d'Europa di progetti italiani, garantendo piena trasparenza delle procedure e informazioni correlate alla banca di sviluppo del Consiglio d'Europa sul sito del Ministero degli affari esteri;
   a favorire il più possibile la coerenza delle risorse e dei finanziamenti dell'Unione europea con i finanziamenti provenienti dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, in ossequio ai principi dei programmi e dei piani di azione comunitaria in materia di ambiente e di coesione sociale;
   a favorire, tramite i nostri rappresentanti istituzionali italiani nella banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, una maggiore attenzione della stessa verso il nostro Paese;
   nell'ambito dei finanziamenti destinabili all'Italia, a favorire i progetti che siano inerenti alla messa in sicurezza dai rischi idrogeologici, all'integrazione sociale e al contrasto della xenofobia nonché al rafforzamento della mobilità sostenibile a tutela anche delle fasce deboli della popolazione.
(1-00361) «Colonnese, Barbanti, Vignaroli, Cancelleri, Nesci, Carinelli, Ruocco, Villarosa, Pesco, Manlio Di Stefano, Spadoni, Fico, Alberti, Pisano».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,
   premesso che:
    le istituzioni italiane all'estero hanno sofferto, negli ultimi anni, di un progressivo abbandono;
    esse, infatti, sono rimaste statiche e arretrate, restie al rinnovamento, in contraddizione con l'ampissima ondata migratoria italiana degli ultimi 10/15 anni, con i nuovi compiti imposti dalla globalizzazione e dall'esigenza imprescindibile di sviluppo politico e culturale dell'Unione europea;
    le istituzioni non riescono a rappresentare e tutelare le nuove dinamiche dell'emigrazione che coinvolgono, in particolare, giovani e precari;
    questi migranti, pur rappresentando oggi una specie di avanguardia italiana per un'Europa davvero unita politicamente e culturalmente, sono per la stragrande maggioranza estranei alle istituzioni italiane all'estero, a cui si rivolgono spesso solo per pratiche burocratiche, avendone in generale un'opinione cattiva o spesso addirittura neppure conoscendole;
    gli italiani che vivono o hanno vissuto fuori dai confini nazionali sono spesso portatori di punti di vista nuovi e inediti sul nostro Paese e sul mondo, soprattutto sulle esperienze di emarginazione vissute dai nostri emigrati nel secolo scorso, che possono aiutare a costruire una giusta politica dell'integrazione per tutti i migranti di oggi;
    l'inadeguatezza delle istituzioni è collegata al più generale problema dei gravi arretramenti che si stanno registrando nelle politiche per gli italiani all'estero;
    le istituzioni italiane all'estero possono e devono rappresentare un fondamentale canale d'integrazione nel Paese ospitante;
    il giudizio, già da tempo negativo, sulle politiche di emigrazione, è aggravato dalle ulteriori recenti misure del Governo Letta e dalle inadempienze che continuano a manifestarsi in relazione a punti fondamentali e qualificanti;
    la chiusura di consolati implica la cessazione di servizi essenziali per i cittadini italiani all'estero, anche in centri particolarmente significativi, ed il rischio che tali servizi vengano esternalizzati a patronati o enti privati;
    sono indiscutibili la centralità del servizio pubblico, la chiarezza dei rispettivi ruoli e funzioni e l'efficiente espletamento dei suoi compiti;
    i Comitati degli italiani all'estero (ComItEs) sono sempre più istituzioni chiuse in sé stesse, specie dopo i ripetuti ed antidemocratici rinvii delle elezioni loro concernenti, rinvii che li hanno portati a vivere il doppio del mandato naturale;
    il settore della cultura e della tutela della lingua italiana all'estero è stato pesantemente colpito dalla spending review operata dal Governo Monti;
    inoltre, negli ultimi mesi è stato tagliato ulteriormente il già modesto budget per gli Istituti di cultura all'estero, con la soppressione di 8 sedi (erano 11 nel progetto iniziale), ovvero quelle di Vancouver, Ankara, Salonicco, Lussemburgo, Lione, Wolfsburg, Stoccarda, Francoforte;
    all'anno tutti gli 89 istituti italiani di cultura costano complessivamente, per spese di funzionamento e promozione culturale, circa 12 milioni di euro, una somma irrisoria se confrontata a quella spesa da altri Paesi, come la Francia e la Germania;
    i tagli operati comportano risparmi inferiori al milione di euro l'anno, mostrando come la perdita in termini culturali sia di gran lunga superiore al guadagno economico per le casse dello Stato;
    il settore degli Istituti di cultura all'estero presenta diverse criticità: direttori di nomina governativa talvolta alquanto improbabili, ex professori assunti senza concorso per cooptazione fino all'inizio degli anni 2000, gravi casi di sprechi e incompetenza, e questo senza contare i faraonici stipendi di diplomatici e funzionari;
    i più recenti tagli sono stati del tutto casuali e lineari, dettati soltanto dall'idea discutibile che l'Europa non sia più «terra di missione», e senza considerare i casi specifici: basterebbe pensare come la sede di Salonicco costi all'anno 18.000 euro allo Stato e ne incassi più di 100.000 dai corsi di lingua;
    sembrerebbe necessario immaginare un nuovo approccio alla cultura, basato sul confronto tra tradizioni culturali differenti, sul plurilinguismo di cittadinanza e sull'intercomprensione, anche in vista della costruzione di un'Europa realmente unita;
    in questi anni è mancato, inoltre, uno scambio critico e significativo con le comunità ospitanti, con le altre comunità straniere e le loro istituzioni culturali, educative e di ricerca, che coinvolgesse enti per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano e università, per promuovere la ricerca scientifica italiana e per fornire collaborazioni a studiosi e studenti italiani all'estero;
    l'attuale sistema di tassazione per gli italiani all'estero presenta notevoli criticità: ad esempio il sistema attuale lascia discrezionalità ai comuni nel decidere se considerare la prima casa degli italiani all'estero come tale o come seconda casa ai fini dell'IMU, abolendo il sistema attuale che lascia discrezionalità ai comuni di considerarla come seconda casa;
    è fondamentale rappresentare tutte le sfaccettature della nostra emigrazione, e cioè sia chi è lontano da tempo ma continua a sentirsi italiano e a mantenere legami con l'Italia, sia chi fa parte delle più giovani generazioni, le cui dinamiche d'emigrazione sono indiscutibilmente più eterogenee e mutevoli;
    l'attuale sistema basato sul voto postale ha mostrato negli ultimi anni profonde carenze, numerose irregolarità e gravi problemi organizzativi;
    considerate le difficoltà riscontrate negli anni nell'organizzare l'attività politica all'estero, i servizi consolari, nel rispetto massimo della neutralità delle istituzioni, dovrebbero avere un ruolo d'agevolazione della partecipazione al voto e del coinvolgimento nelle campagne elettorali e referendarie dei cittadini italiani all'estero, fornendo spazi agli attori politici e sociali;
    una riforma delle leggi sulla cittadinanza per tutelare i diritti degli immigrati presenti sul territorio italiano non sarebbe in alcun modo in contraddizione con la tutela dei diritti dei cittadini italiani emigrati all'estero,

impegnano il Governo:

   a non procedere ad una chiusura indiscriminata dei consolati, ed a provvedere al ripristino dei servizi consolari essenziali nei centri più significativi, senza cedere a esternalizzazioni a patronati o altri enti privati;
   a promuovere una riforma dei ComItEs finalizzata a renderli luoghi di vera democrazia partecipativa degli italiani all'estero, non limitata al mero aspetto elettorale ma anche e soprattutto alla necessità di una maggiore rappresentatività della comunità di italiani residenti all'estero, della previsione di poteri decisionali, e non solo consultivi, e di un aumento delle risorse e di un'assoluta trasparenza nel loro impiego;
   a promuovere, anche in ragione di eventuali modifiche della legge sul voto all'estero e della legge sui ComItEs, una riforma concernente composizione e funzioni del CGIE (Consiglio generale degli italiani all'estero), così da raccordare quest'ultimo alle altre istituzioni all'estero;
   ad avviare la costituzione di una rete capillare di contatti ed iniziative condivise e un'informazione puntuale ed esaustiva sulle stesse, a partire dal potenziamento delle piattaforme online per scopi comunicativi;
   a tutelare i diritti dei lavoratori delle istituzioni italiane all'estero, a migliorare qualità ed efficienza degli uffici e a garantire trasparenza nelle procedure di assunzione;
   ad evitare un'ulteriore riduzione dei fondi per la cultura e la tutela della lingua italiana all'estero, un settore già sottoposto ai tagli della spending review del Governo Monti;
   a predisporre una riforma degli Istituti italiani di cultura, che ribadisca la centralità dello Stato e promuova apertura e coinvolgimento diretto delle italiane e degli italiani che vivono all'estero, prevedendo la creazione di comitati di gestione democratica con poteri ampi, la netta riduzione degli «stipendi d'oro» e l'obbligo di resoconti periodici sulle attività svolte;
   a prevedere che la selezione del personale (di qualsiasi livello) degli Istituti italiani di cultura sia basata esclusivamente su trasparenza, qualità e merito, valorizzando le risorse umane ed artistiche italiane presenti nel mondo;
   ad intensificare i rapporti con le comunità ospitanti, con le altre comunità straniere e le loro istituzioni culturali, educative e di ricerca;
   ad ampliare l'offerta di corsi di lingua e cultura italiana, regolando i prezzi dei corsi in base alle condizioni economiche di chi vi accede e selezionando insegnanti qualitativamente preparati e culturalmente attivi;
   a valorizzare, anche nella politica nazionale, del punto di vista degli italiani all'estero;
   ad avviare un ragionamento per valutare le criticità relative alla tassazione per gli italiani all'estero e garantirne l'equità;
   ad avviare in maniera urgente un approfondimento per elaborare una proposta di riforma del sistema di voto all'estero, che difenda la reale e fattiva possibilità per gli italiani all'estero di esercitare il loro diritto di voto nel pieno rispetto della Costituzione;
   a promuovere un'eventuale riforma che garantisca il diritto di voto anche dei «temporanei» non iscritti all'AIRE, tramite ovviamente opportune modalità di registrazione;
   a ridiscutere le modalità pratiche del voto in modo da garantire che esso sia personale, libero e segreto come previsto dalla Costituzione;
   a predisporre una grande riforma delle leggi sulla cittadinanza per tutelare i diritti degli immigrati presenti sul territorio italiano, prevedendo, tra l'altro, percorsi agevolati per coloro che hanno rinunciato forzatamente alla cittadinanza per adeguarsi a provvedimenti del Paese di residenza o convenzioni internazionali.
(7-00295) «Scotto, Pilozzi».


   Le Commissioni X e VIII,
   premesso che:
    la disciplina per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, è stata modificata negli ultimi anni, prima dal comma 483 dell'articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, successivamente modificato dall'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine ulteriormente modificata dall'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134;
    il comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 stabilisce i criteri sulla base dei quali deve essere scelto il nuovo concessionario, nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi;
    il testo vigente del comma 1 dell'articolo 12 recita: «1. Le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata. Per le concessioni già scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata»;
    l'attribuzione a titolo oneroso della concessione, quindi, deve avvenire avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    pertanto, l'attuale formulazione della legge attribuisce una diversa importanza agli elementi di valutazione delle offerte, con prevalenza all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica, e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata;
    tale prevalenza è frutto dell'ultima modifica del testo di cui al comma 4 dell'articolo 37, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, come sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, che ha modificato il testo dell'articolo 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione che, invece, recitava: «avendo particolare riguardo ad un'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza e di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata, nonché di idonee misure di compensazione territoriale»;
    il diverso peso reciproco degli elementi di valutazione delle offerte dovrà essere specificato dal provvedimento ministeriale previsto dal comma 2 del citato articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999 che, infatti, prevede: «Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina, con proprio provvedimento ed entro il 30 aprile 2012 i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara in conformità a quanto previsto al comma 1, tenendo conto dell'interesse strategico degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e del contributo degli impianti idroelettrici alla copertura della domanda e dei picchi di consumo»;
    nonostante le ultime modifiche del testo, occorre dare adeguata importanza ai fattori di offerta volti a beneficiare le comunità locali e il territorio, poiché sono le comunità locali che subiscono i disagi dallo sfruttamento della risorsa idrica;
    il decreto ministeriale, invece, in caso di attuazione letterale della norma in vigore, rischia di penalizzare le comunità locali, non attribuendo la dovuta importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche e privilegiando fattori come l'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e l'aumento dell'energia prodotta,

impegnano il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, affinché il decreto ministeriale, che dovrà stabilire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara per l'attribuzione delle concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, attribuisca una particolare importanza alle misure di compensazione territoriale in favore dei territori interessati dalle concessioni idroelettriche, per non penalizzare le comunità locali e i territori disagiati dallo sfruttamento della risorsa idrica.
(7-00293) «Allasia, Caparini, Grimoldi».


   La II Commissione,
   premesso che:
    allo scopo di attuare l'articolo 24 della Costituzione e garantire l'accesso al diritto di difesa anche a coloro che hanno un'incapacità reddituale, il nostro ordinamento giuridico ha previsto il patrocinio a spese dello Stato; uno strumento specifico attraverso il quale l'onorario dell'avvocato necessario per farsi assistere in un processo viene corrisposto dallo Stato;
    per usufruirne occorre avere un reddito inferiore ad euro 10.766,33 annui, limite che aumenta, nei soli procedimenti penali, di, euro 1.032,91 per ogni membro della famiglia dell'istante. Il reddito è quello imponibile ai fini dell'imposta IRPEF, risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi. Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi dei componenti la famiglia dell'istante: al reddito dell'istante viene quindi sommato quello dei familiari conviventi. Se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi dei componenti la famiglia dell'istante: al reddito dell'istante viene quindi sommato quello dei familiari conviventi;
    ci sono al riguardo delle eccezioni:
     in caso di separazione, divorzio, affido di figli minori o altre cause aventi ad oggetto diritti della personalità si considera il solo reddito del richiedente e non anche quello degli altri membri della famiglia; lo prevede il comma 4 dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, secondo cui «si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei procedimenti in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi»;
     in altre situazioni si può avere accesso al patrocinio a spese dello Stato a prescindere dal reddito, ad esempio ne ha sempre diritto la vittima dei reati di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo, anche se ha un reddito superiore al limite di legge, anzi qualunque sia il suo reddito;
    infine, ci sono i casi in cui anche se si ha reddito inferiore al tetto, comunque non si può chiedere, come per chi è stato condannato per reati di mafia o comunque di tipo associativo;
    le voci e le procedure di spesa dei procedimenti giudiziari, nonché il patrocinio legale a spese dello Stato trovano la loro compiuta disciplina nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Gazzetta Ufficiale n. 139 del 2002), recante il testo unico in materia di spese di giustizia;
    per gli onorari di avvocato in materia civile, commerciale, amministrativa e tributaria è in vigore la legge 13 giugno 1942, n. 794, e successive modifiche; gli onorari per le singole prestazioni giudiziali sono liquidati in base alla tariffa approvata con decreto ministeriale 1994, n. 585;
    una giustizia consapevole dovrebbe però realizzare anche un accesso consapevole al servizio, innanzitutto informando il cittadino della possibilità di usufruire di un beneficio – qual è appunto il gratuito patrocinio – che è stato istituito appositamente per liberare i soggetti più deboli dall'incombenza economica del giudizio;
    spesso emerge invece uno scenario alquanto diverso:
     per quanto riguarda l'ambito civile, il dato più rilevante che si registra è la richiesta di informazioni complesse da parte dei cittadini per quanto riguarda le modalità ed i parametri di accesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Rispetto al 2009 i dati mostrano una crescita improvvisa (20 per cento) che conferma, da un lato, «l'ignoranza incolpevole» dei soggetti che non hanno conoscenza adeguata del beneficio e, dall'altro, «l'ignoranza colpevole» da parte di chi – strutture e legali – avrebbe il compito di informare;
     il problema della scarsa conoscenza e diffusione dell'istituto del gratuito patrocinio non è quindi riconducibile solo al giudizio negativo di ammissibilità dell'istanza eventualmente presentata per difetto di requisiti, le ragioni devono essere necessariamente ricondotte ad altre criticità:
     la bassa soglia di reddito entro la quale può essere concesso (non superiore ad euro 10.766,33). A fronte di continui aumenti per l'accesso al sistema giustizia (si veda, da ultimo, la manovra finanziaria 2011 che ha introdotto aumenti del contributo unificato anche ex novo), la soglia del reddito che permette di far ricorso alla difesa gratuita rimane ferma, immobile, con tutte le criticità che ne conseguono. Per i nuclei familiari monoreddito, sempre più numerosi e sempre più spesso vicini alle soglie della povertà, il beneficio risulta troppo spesso inaccessibile;
     la scarsa informazione sull'esistenza di un'opportunità di questo genere. Gli avvocati, al momento del conferimento dell'incarico, non sempre prospettano al cittadino la possibilità di accesso gratuito alla giustizia;
     le estenuanti lungaggini burocratiche che accompagnano l'emissione del decreto di liquidazione e che disincentivano i professionisti dall'utilizzo del beneficio. Per gli avvocati iscritti nelle liste del gratuito patrocinio i tempi dei pagamenti si allungano a dismisura e gli onorari spesso e volentieri risultano ampiamente decurtati; a ciò si aggiunga anche il conseguente carico di lavoro rappresentato dalle opposizioni agli importi liquidati, con l'ovvia conseguenza di alimentare, a riguardo, il contenzioso con l'amministrazione, a causa della scarsa e tardiva disponibilità di risorse finanziarie degli uffici giudiziari;
    lo sfondo in cui si è dispiegato questo istituto non è affatto agevole e al riguardo basta pensare sia all'indirizzo dato agli uffici giudiziari per il contenimento delle spese di giustizia, stimolando magistrati e funzionari amministrativi a introdurre «buone prassi di gestione» per la razionalizzazione delle spese, esortandoli al rigoroso rispetto del reticolo normativo per ogni fase di attività che determini esborso per l'erario ma soprattutto alle progressive riduzioni degli stanziamenti nei bilanci per le spese di giustizia;
    la «sforbiciata» che l'esecutivo ha introdotto con la legge di stabilità per il 2014 va ricondotta a tale generale quadro di riferimento;
    al contempo vanno lette le altre norme che regolano la liquidazione dei compensi in caso di patrocinio a spese dello Stato unitamente a quanto disposto con l'articolo 9 del decreto ministeriale n. 140 del 2012 del Ministero della giustizia e, soprattutto con quanto prevede lo schema del decreto ministeriale da ultimo elaborato (presentato al Consiglio di Stato in data 7 ottobre 2013) ad attuazione della nuova disciplina dell'ordinamento professionale forense (legge 31 dicembre 2012, n. 147);
    dal complessivo quadro normativo di riferimento emergerebbe che i compensi per il patrocinio a spese dello stato verranno liquidati in materia penale parametrandoli al tariffario forense vigente ridotto del 30 per cento eliminando la parificazione tra civile e penale introdotta dal decreto ministeriale 140 del 2012 che, comunque, doleva già ritenersi non più applicabile agli avvocati sin dal momento dell'entrata in vigore della legge n. 247 del 2012. I parametri determinati con il nuovo regolamento approvato dal Ministero della giustizia su proposta del Consiglio nazionale forense determinerebbero compensi che, pur migliorativi del decreto ministeriale 140 del 2012, resterebbero inferiori al previgente sistema delle «tariffe» e dell'indicazione dei valori medi delle medesime di cui all'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002;
    se, quindi, lo schema di regolamento e la legge di stabilità per il 2014 sarebbero in sintonia quanto a «sforbiciate» sui compensi non ritenendosi intaccate dignità professionale da un lato ed accessibilità al servizio giustizia dall'altro, i pareri della classe forense sulla legge di stabilità manifestano concretamente la preoccupazione che, ove l'istituto tornasse ad essere quasi un munus onorificum, il cittadino non abbiente troverebbe sempre maggiori difficoltà ad ottenere una difesa efficace e professionalmente garantita;
    gli effetti sono facilmente prevedibili: sempre meno avvocati, consulenti, investigatori privati si renderanno disponibili a difendere chi si trova nelle condizioni per accedere al patrocinio a spese dello Stato; si parla di persone che possono vantare il non invidiabile primato di percepire un reddito lordo di poco più di 10.000 euro di reddito l'anno. Sempre meno difesa per chi non può, sempre meno garanzie, sempre meno diritti;
    questa ulteriore riduzione dei compensi (che vengono materialmente erogati, lo ricordiamo dopo qualche anno dalla conclusione dei procedimenti) rende la remunerazione di questa attività difensiva inferiore ad ogni limite dignitoso;
    risulta lesa la dignità della professione forense, leso il diritto alla difesa, lesa l'importanza del ruolo professionale;
    si ritiene intollerabile questo continuo attacco alla giustizia sostanziale operata sempre verso il basso, a scapito dei soggetti più deboli che ricorrono al sistema giustizia o che al sistema giustizia non possono accedere;
    tali misure rappresentano un vero e proprio attentato al diritto di giustizia dei cittadini meno abbienti;
    la riduzione di 1/3 dei compensi dei difensori (oltreché degli ausiliari del magistrato, dei consulenti tecnici di parte e degli investigatori autorizzati) di persone ammesse al patrocinio a spese dello Stato, fissata dall'articolo 1, comma 606, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (cosiddetta «legge di stabilità»), contrasta ad avviso dei firmatari del presente atto gravemente con i principi di uguaglianza e del diritto inviolabile alla difesa, espressamente sanciti dagli articoli 3 e 24 della Costituzione;
    un'eventuale riduzione del compenso per il gratuito patrocinio potrebbe riguardare i soli casi di soccombenza nel giudizio e non dovrebbe comunque superare il 25 per cento del totale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per abrogare la norma introdotta dall'articolo 1, comma 606, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, (cosiddetta «legge di stabilità» che riduce di 1/3 i compensi ai difensori (oltreché agli ausiliari del magistrato, ai consulenti tecnici di parte e agli investigatori autorizzati) di persone ammesse al patrocinio a spese dello Stato, qualunque sia l'esito della causa;
   ad assumere iniziative per prevedere, eventualmente, una diminuzione di un quarto dei compensi degli avvocati e dei consulenti in caso di soccombenza nel procedimento, non penale, della parte ammessa al gratuito patrocinio;
   ad adottare iniziative per rimuovere ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia a partire da:
    a) una valorizzazione dell'istituto del gratuito patrocinio;
    b) la riduzione generalizzata delle spese di giustizia a carico dei cittadini (contributo unificato, marche da bollo, anticipazioni e altro).
(7-00289) «Colletti, Businarolo, Turco, Agostinelli».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto-legge del fare») ha, tra, l'altro, apportate numerose modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, relativamente alla disciplina della riscossione coattiva dei debiti tributari mediante ruolo;
    in particolare, l'articolo 52 del predetto decreto-legge n. 69 del 2013 ha introdotto in tale materia una serie di disposizioni a favore del contribuente;
    nello specifico, il citato articolo 52 ha modificato la normativa sulla ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo e sulle cause di decadenza dal beneficio della rateazione, aumentando nel contempo il numero massimo di rate da 72 a 120;
    inoltre, è stata introdotta l'inespropriabilità della prima casa, ed è stato innalzato da 20.000 a 120.000 euro il limite minimo di ammontare del credito tributario complessivo a partire dal quale si può procedere ad espropriazione forzata per gli immobili che non costituiscano l'unica casa di proprietà dove il contribuente risiede o per le abitazioni di lusso;
    ulteriori modifiche sono state apportate in materia di pignoramento dei beni strumentali e di limiti alla pignorabilità delle somme dovute a titolo di emolumenti;
    Equitalia, al fine di raccordare la nuova normativa introdotta dal citato «decreto-legge del fare» con quella previgente, con nota del 1o luglio 2013 ha fornito talune indicazioni in merito al regime applicabile alle situazioni pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, mostrando un certo favore nei confronti del contribuente;
    in tale nota, tuttavia, non è risolta la questione relativa alle iscrizioni ipotecarie su beni immobili effettuate prima decentrata in vigore del decreto-legge del fare e alle espropriazioni immobiliari relative a crediti tributari di importo inferiore a 120.000 euro;
    nello specifico, tale vuoto normativo, ove non fosse risolto, determinerebbe una disparità di trattamento in danno di quei contribuenti che hanno subito tale iscrizione a ruolo prima dell'entrata in vigore delle disposizioni del decreto-legge n. 69 in favore del contribuente;
    a questo riguardo appare urgente che il legislatore preveda la cancellazione d'ufficio delle iscrizioni ipotecarie nei casi in cui l'iscrizione a ruolo sia avvenuta prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 69 del 2013, anche al fine di evitare che gli effetti pregiudizievoli dell'iscrizione di ipoteca su tali immobili comporti conseguenze deleterie anche rispetto alla possibilità dei proprietari di accedere al credito,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative per estendere l'applicazione delle nuove norme in materia di riscossione coattiva contenute nel decreto-legge n. 69 del 2013 anche alle iscrizioni a ruolo effettuate precedentemente all'entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 69 del 2013, in particolare per quanto riguarda i limiti all'iscrizione di ipoteca su immobili e all'espropriazione immobiliare.
(7-00287) «Pagano».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    l'estrazione petrolifera è un'attività ad alto rischio e ad alto impatto su tutte le matrici ambientali (suolo, acque, aria) oltre che su flora e fauna, in tutte le fasi del processo: dalla perforazione sino al trasporto;
    particolare rilevanza hanno, durante i processi estrattivi, i fenomeni di contaminazione del suolo e delle falde acquifere a causa dei cosiddetti fanghi da perforazione che vengono utilizzati nelle operazioni di trivellazione e nelle successive fasi di estrazione degli idrocarburi;
    per raggiungere i giacimenti le trivelle utilizzano sostanze chimiche dette «fluidi perforanti» necessari per eliminare gli strati rocciosi, controllare la pressione, lubrificare e raffreddare lo scalpello delle trivelle e consolidare il foro di perforazione e le pareti del giacimento sostenendone le pareti e impedendo loro di restringersi o di franare, facendo perdere tratti di foro perforato. Si tratta di sostanze chimiche complesse, a base di additivi e oli, che si infiltrano nei terreni per passare poi nelle falde acquifere, inquinandole con componenti altamente tossici;
    una volta individuato il serbatoio petrolifero sotterraneo, per estrarre il greggio, gli operatori iniettano nel suolo liquidi contenenti acqua mista a sostanze chimiche. La pressione creata fa risalire il petrolio in superficie, mentre le sostanze inquinanti riempiono l'area sottostante. Le rocce presenti in sito non essendo completamente impermeabili lasciano filtrare parte del liquido che penetra così nelle falde acquifere pregiudicandone seriamente le caratteristiche chimico-fisiche e batteriologiche;
    la realizzazione di un pozzo, soprattutto di notevole profondità, che interessa falde acquifere profonde (indipendentemente da tutti gli accorgimenti tecnici utilizzati in fase di realizzazione dello stesso) facilita il passaggio dell'acqua e molto spesso degli inquinanti da una falda più superficiale a una falda più profonda;
    un'ulteriore problematica connessa allo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi riguarda il possibile verificarsi di fenomeni di subsidenza a seguito dell'estrazione di fluidi in profondità. La subsidenza è un fenomeno di abbassamento del suolo ampiamente diffuso su scala nazionale, essendo legato alla naturale e lenta evoluzione geologica della crosta terrestre ed alla conseguente formazione dei rilievi montuosi e dei bacini sedimentari. La subsidenza può dipendere inoltre da attività antropiche, tra cui rientrano sicuramente quelle relative allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi che possono determinare alterazioni delle condizioni naturali del suolo e del sottosuolo;
    la coltivazione dei giacimenti infatti può determinare il verificarsi di fenomeni di decompressione a seguito della riduzione della pressione dei fluidi nella roccia causati dall'estrazione dal sottosuolo del petrolio e delle acque che spesso ad esso sono associate. La riduzione di spessore degli strati può ripercuotersi verso l'alto e manifestarsi in superficie con un locale cedimento del suolo;
    lo sfruttamento petrolifero a lungo termine può quindi disturbare le condizioni del sottosuolo attorno ai giacimenti di petrolio e di gas in molti modi. I fluidi di riempimento possono propagarsi e penetrare nelle crepe e nelle fratture contribuendo allo spostamento di roccia, al propagarsi di crepe, sfalsando gli equilibri e aggiungendo maggiori pressioni in punti vulnerabili e ad elevato rischio sismico come il nostro territorio. L'estrazione di petrolio che può spostare sulle rocce circostanti pressioni e forze che prima erano equilibrate;
    numerose zone del territorio nazionale, delicate dal punto di vista ambientale, sono attualmente oggetto di indagine geologiche e prospezione di idrocarburi;
    in particolare nella provincia di Avellino è entrato nella fase operativa il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi convenzionalmente chiamato «Nusco» conferito nel 2010 alla società Italmin Exploration S.r.l., il permesso, che ha una validità di 6 anni, riguarda un'area di 698,50 chilometri quadrati, comprendente 47 comuni campani, di cui 4 6 ricadenti nella provincia di Avellino e uno nella provincia di Benevento;
    la società petrolifera, dopo aver eseguito indagini non invasive e studi geologici volti ad individuare possibili trappole contenenti idrocarburi all'interno dell'area assegnata, ha localizzato e definito gli interventi da realizzare nel comune di Gesualdo (Av), le ricerche porteranno all'esecuzione di saggi e carotaggi con mezzi specifici del settore minerario e successivamente allo sfruttamento del territorio, in caso positivo, ai fini di coltivazione di idrocarburi, una eventualità che metterebbe a serio repentaglio il patrimonio idrico della regione;
    la provincia di Avellino rappresenta una risorsa idrica fondamentale per tutta l'Italia meridionale dove si producono circa 3800 l/sec di acqua;
    l'Irpinia è infatti il primo bacino imbrifero nazionale e il terzo in Europa;
    tale bacino ha un ruolo strategico nella gestione e nel coordinamento di diversi sistemi idrici dell'Italia meridionale. L'attuale assetto infrastrutturale evidenzia, infatti, che le acque dell'Irpinia ricadono al centro di un complesso sistema di interscambi idrici interregionali che interessano sia il comparto potabile che quello irriguo;
    le acque dell'Irpinia alimentano 1'Acquedotto Pugliese, il sistema di infrastrutture di approvvigionamento idrico-potabile più grande d'Europa, gran parte delle risorse idriche captate nella provincia di Avellino vengono destinate infatti all'approvvigionamento potabile di oltre cinque milioni di abitanti, non solo della regione Campania, ma anche di Puglia e Basilicata per una portata media annua di circa 13 mc/sec;
    in questo quadro, la ricerca di idrocarburi, liquidi e gassosi, con esplorazione del suolo attraverso trivellazioni profonde, rappresenta un serio rischio per le acque sotterranee a causa delle tecniche stesse di ricerca e sviluppo e delle notevoli quantità di sostanze ad alto potenziale inquinante che vengono movimentate;
    relativamente ai più importanti acquiferi italiani, per la necessità di monitorare e prevenire anche i fenomeni in premessa, sono state redatte, a cura della Unità Operativa 4.21N del C.N.R. (Consiglio nazionale delle ricerche – Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofe idrogeologiche – Linea di Ricerca 4 «Valutazione della vulnerabilità degli acquiferi») , le «Carte della Vulnerabilità all'inquinamento dei corpi idrici»;
    tale strumento è in attuazione della cospicua, articolata e complessa normativa in materia di protezione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, tra cui: Legge 171 e Legge n. 319 rispettivamente del 16 aprile 1973 e 10 maggio 1976 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), deliberazione del comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977, decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 236 (aree di salvaguardia delle risorse idriche), legge 18 maggio 1989 n. 183 (norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), decreto-legge n. 229 del 4 giugno 1989 (Misure urgenti per il miglioramento qualitativo e per la prevenzione dall'inquinamento delle risorse idriche destinate all'approvvigionamento potabile), decreto-legge n. 388 del 6 dicembre 1989 (Misure per il miglioramento qualitativo e per la prevenzione dell'inquinamento delle risorse idriche), «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di misure urgenti per la protezione delle falde acquifere dall'inquinamento» approvato con deliberazione della giunta regionale della Campania n. 1896 del 3 aprile 1990, vistata dalla C.C.A.R.C. il 12 aprile 1990 al n. 3145, Legge 5 gennaio 1994 n. 3 (nota come Legge Galli in attuazione dei principi in materia di salvaguardia delle risorse idriche dettati dalle Direttive europee), decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Norme per la tutela dell'Ambiente);
    nello specifico, per gli importanti acquiferi carbonatici dei due importanti massicci calcarei (Terminio e Cervialto), rientranti nei territori oggetto del progetto di ricerca di idrocarburi, denominato «Nusco», le «Carte della Vulnerabilità all'inquinamento dei corpi idrici», considerano, tra l'altro Oleodotti ed i Gasdotti quali: «Produttori reali e potenziali di inquinamento dei corpi idrici sotterranei»;
    nella vicina Basilicata, dove si estrae il 70 per cento del greggio italiano, sono stati numerosi i casi di inquinamento delle fonti idriche come, ad esempio, presso le sorgenti «Acqua sulfurea», «Acqua la Vecchia» e «Acqua Piano la Cerasa di Calvello» presso il comune di Calvello. Anche nella zona del parco nazionale dell'Appennino Lucano l'area denominata «Acqua dell'Abete», poco distante dal pozzo petrolifero Cerro Falcone, è stata più volte sottoposta a sequestro a causa della presenza di sostanze contaminati presenti nelle terreno e nell'acqua e derivanti dall'attività estrattiva. Nell'invaso del Pertusillo è stata evidenziata la presenza di molte sostanze riconducibili alla presenza di idrocarburi ben al di sopra dei valori soglia dell'organizzazione mondiale della sanità,

impegna il Governo:

  ad adottare le iniziative necessarie ad una revisione del sistema delle autorizzazioni delle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma prevedendo un coinvolgimento maggiore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli enti locali competenti anche redigendo griglie di valutazioni, in grado di recepire, oggettivamente, i punti di criticità, come quelli in premessa esposti, la cui valutazione o recepimento, al momento, sono totalmente delegati al valore ad essi riconosciuto dai richiedenti concessione, nelle proprie «Valutazioni di incidenza», subordinando, in ogni caso, il rilascio delle prescritte autorizzazioni alla preventiva realizzazione a cura e spese dei soggetti richiedenti di idonei sistemi di analisi, controllo e monitoraggio dell'impatto ambientale e sanitario delle attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi;
   a prevedere precise modalità volte ad ottenere un maggiore coinvolgimento degli enti locali e delle popolazioni interessate dai progetti di ricerca garantendo in particolare il rispetto di tutti gli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus a tutela del fondamentale diritto di dei cittadini di essere informati e di partecipare a tutte le fasi dei processi decisionali in materia ambientale;
   a prevedere modalità precise di recepimento oggettivo delle osservazioni, degli enti locali, sui progetti che riguardano i propri territori ed i livelli di invasività di azioni esterne, sui modelli di sviluppo che i territori hanno scelto di intraprendere all'interno delle auspicate logiche di sviluppo sostenibile.
(7-00291) «Mariastella Bianchi, Famiglietti, Braga, Borghi, Bratti, Paris, Manfredi, Gadda, Mariani, Ginoble, Arlotti».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    è necessario ampliare e potenziare i collegamenti ferroviari transfrontalieri ed incrementare maggiormente la capacità del trasporto merci su ferrovia tra l'Italia e la Svizzera, anche in considerazione della dimensione europea della rete ferroviaria;
    la politica dei trasporti alpini italiana è sbilanciata sul trasporto inquinante su gomma a sfavore di quello su rotaia;
    il trasporto di merci e passeggeri attraverso le Alpi ha un'importanza strategica per lo sviluppo sostenibile di Italia, Svizzera ed Europa;
    il risanamento della galleria autostradale del San Gottardo, previsto tra il 2020 e il 2030, implica la necessità di avere un'infrastruttura ferroviaria adeguata per assicurare la fluidità del traffico ferroviario attraverso le Alpi;
    la dichiarazione di intenti tra Italia e Svizzera concernente la «cooperazione bilaterale nella realizzazione delle opere di potenziamento delle infrastrutture ferroviarie e dei servizi di trasporto ferroviario entro il 2020» sottoscritta il 17 dicembre 2012, ha per oggetto il miglioramento dell'infrastruttura ferroviaria e dei servizi tra Italia e Svizzera interessante le linee:
     Basilea/Zurigo – S. Gottardo – Chiasso/Como – Milano;
     Basilea/Zurigo – S. Gottardo Bellinzona – Luino – Laveno – Novara – Porti Liguri;
     Basilea/Ginevra – Lotschberg/Sempione – Domodossola – Milano;
     Basilea/Ginevra – Lotschberg/Sempione – Domodossola – Novara – Porti Liguri;
    i collegamenti rientrano nell'area «Corridoio Multimodale Italia – Svizzera» inserita all'interno del Corridoio «Genova – Rotterdam» (ex progetto prioritario n. 24), che riveste un valore strategico fondamentale per il trasporto delle merci ed il trasferimento dei traffici dalla strada alla rotaia;
    l'intervento è in linea con gli sforzi già intrapresi in Svizzera e in Italia per sviluppare e potenziare l'infrastruttura ferroviaria per il traffico internazionale viaggiatori e merci, come la galleria di base del Lotschberg e il quadruplicamento della linea tra chiasso e Bivio Rosales (Como), e le opere in corso di realizzazione, come le gallerie di base del San Gottardo e del Monte Ceneri, nonché del Terzo Valico dei Giovi, o un eventuale progetto di «nuovo primo valico», che migliora l'accessibilità della Svizzera al Mediterraneo tramite il porto di Genova, a dimostrazione della comune volontà di attuare una politica dei trasporti;
    la Svizzera ha messo a disposizione dei fondi bilaterali per i corridoi alpini lungo le tratte italiane che ammontano a circa 230 milioni di euro;
    con l'accordo tra il Consiglio federale svizzero e il Governo della Repubblica italiana «per lo sviluppo delle infrastrutture della rete ferroviaria di collegamento tra la Svizzera e l'Italia», la Svizzera mette a disposizione un ammontare complessivo di 120 milioni di euro per il finanziamento dell'ampliamento a quattro metri della sagoma di spazio libero sulla linea di Luino tra il confine di Stato e Gallarate (via Laveno-Sesto Calende/Besozzo) e Novara (via Sesto Calende);
    il miglioramento dei collegamenti ferroviari transfrontalieri è un obiettivo strategico della Confederazione Svizzera e dello Stato italiano al fine di creare le condizioni per lo sviluppo del trasporto delle persone e delle merci su ferrovia;
    l'obiettivo comune è quello di proteggere l'ambiente e il territorio nonché di migliorare l'accessibilità ai centri urbani;
    efficienti infrastrutture di trasporto costituiscono la base per lo sviluppo e la competitività delle economie nazionali e regionali;
    il progetto del «Terzo Valico» presenta alcune criticità tra cui:
     a) un raggio di curvatura di 1200 metri, a fronte dei 5 mila previsti per l'alta velocità, poco prima di Tortona. Se, dunque, si parlasse di Tav Genova – Milano, questo inconveniente da solo basterebbe a rendere inefficace il progetto; il raggio di curvatura così stretto causerebbe un rallentamento che declasserebbe la linea, rendendola ad alta velocità solo per 35 chilometri; denominazione reale del progetto dovrebbe essere «Linea A.V./A.C. Genova-Milano – tratta Genova-Tortona»;
     b) una pendenza del 12,5 per cento che costringe, per effettuare un trasporto con treni utilizzati a pieno carico, all'utilizzo di 2 locomotori con conseguente consumo di maggiore energia e relativo aumento dei costi di trasporto;
     c) in arrivo a Tortona e a Fegino sono presenti due strozzature. Tutto il traffico merci proveniente da Sampierdarena e passeggeri proveniente da Genova si intasa in due binari con intersezioni a raso;
     d) la rampa di collegamento al porto di Sampierdarena presenta una pendenza superiore rispetto a quella della linea di valico vanificando, così, le esternalità positive dovute alla bassa pendenza;
     e) scavi di oltre 53 chilometri per la realizzazione di gallerie doppie (comprese le interconnessioni), con una spesa totale di 6 miliardi di euro;
     f) secondo quanto contenuto nello stesso progetto, il collegamento con la bretella Voltri-Borzoli risulta «da solo molto più impattante di tutte le opere previste con il Terzo Valico sul territorio ligure», in quanto prevede un viadotto «in prossimità della stazione di San Biagio che stravolgerebbe quella porzione di territorio»;
    in particolare, va sottolineato il carattere prioritario degli interventi infrastrutturali necessari al fine di consentire il transito di treni con carichi con quattro metri di altezza agli angoli lungo la tratta di accesso da sud alla nuova ferrovia transalpina svizzera (NFTA),

impegna il Governo:

   ad utilizzare interamente le risorse stanziate in sede di accordo per gli interventi concordati;
   a riferire sulle modalità di utilizzo delle risorse già stanziate, in ambito nazionale ed europeo, per i collegamenti transfrontalieri europei;
   a programmare un ammodernamento delle linee ferroviarie di collegamento con il corridoio europeo Genova – Rotterdam provvedendo alla copertura necessaria anche con contributi europei destinati alla programmazione TEN-T;
   a predisporre un piano di finanziamento delle opere previste dalla dichiarazione di intenti tra Italia e Svizzera del 2012;
   a valutare la possibilità di elaborare un progetto di un «nuovo primo valico» che sia:
    a) in linea con la filosofia svizzera di abbassamento dei trafori storici, «spostandoli» alla base delle asperità montuose, per diminuire la pendenza delle vie infrastrutturali;
    b) un valico appenninico più breve in assoluto, con una pendenza inferiore a quella del Terzo Valico (9,2 per mille contro 12,5 per mille del «terzo valico dei Giovi»);
    c) coerente con la strategia di potenziamento del porto di Sampierdarena prevista dalla stessa Autorità Portuale;
    d) di in grado di potenziare l'utilizzo del primo valico già esistente e attualmente poco sfruttato a causa della tortuosità e della pendenza registrata al fine di implementare il trasporto passeggeri lungo la tratta Pontedecimo-Busalla;
    e) in grado di ottimizzare l'utilizzo della tratta Rigoroso-Busalla per il trasporto merci;
    f) scevra da problemi di strozzature e di raggi di curvatura troppo stretti che rendono la linea non ad alta velocità;
   rendere disponibili le informazioni di cui sopra in formato digitale, consultabile ed editabile.
(7-00290) «Catalano».


   La X Commissione,
   premesso che:
    in seno ad alcuni negativi processi innescati dalla globalizzazione, quello della dislocazione dei processi produttivi, noto come delocalizzazione, ha avuto una vistosa accelerazione, rappresentando oggi la minaccia più grande alla tenuta del patrimonio industriale italiano;
    il processo di delocalizzazione, che non interessa più come in passato le sole imprese multinazionali, consiste in un trasferimento vero e proprio di attività o di fasi della produzione da un paese all'altro, soprattutto in vista di poter produrre a costi sempre più bassi;
    gli effetti sui territori di origine delle imprese dislocanti sono devastanti, generando nel medio e lungo periodo un depauperamento delle risorse economiche ed occupazionali dei territori medesimi, con la conseguente perdita di competitività dell'intero sistema industriale del Paese;
    il sistema produttivo italiano subisce gravi lesioni dal processo di delocalizzazione e le conseguenze sono anche più preoccupanti a causa delle difficoltà dell'economia italiana, ciò non solo rispetto agli eccezionali tassi di crescita di alcuni paesi emergenti ma anche rispetto alle altre economie internazionali ed europee;
    sono molte le aziende italiane che negli ultimi anni hanno cessato la propria attività, delocalizzando la produzione in Paesi come Marocco, Tunisia, Libia, Turchia, Egitto, Romania, Bulgaria, Moldavia, Carinzia e Slovenia. Gli effetti della delocalizzazione hanno interessato anche le zone distrettuali, con particolare riguardo al settore della moda, dell'abbigliamento e del tessile del Lombardo-Veneto e del Piemonte;
    è necessario attuare una nuova politica di tutela delle realtà distrettuali nei settori interessati dai processi di delocalizzazione tramite la concessione di agevolazioni e riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali, ma ad ogni modo legati al rispetto di specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale, l'assegnazione di commesse ad imprese dell'area d'appartenenza;
    lo  sviluppo del sistema industriale italiano dal comparto moda, all'arredamento, all'elettronica e ai beni di largo consumo è inoltre minacciato dalla presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffati provenienti principalmente dalla Cina;
    l'agguerrita e sleale concorrenza cinese, che pone l'Italia in una oggettiva impossibilità a competere, trova le sue fondamenta nella totale assenza di norme sulla sicurezza e salute dei lavoratori, che consente alle imprese cinesi di avvalersi di ritmi di lavoro impressionanti, con un costo di manodopera estremamente basso, nonché nei vantaggi derivanti dal mancato rispetto delle norme ambientali; tutto ciò si riflette in bassissimi costi di produzione;
    l'industria della contraffazione in Cina ha un giro d'affari di oltre 16 miliardi di dollari l'anno, che costa alle aziende occidentali decine e decine di miliardi di dollari di mancate vendite. Fonti confermano che si tratta di un fenomeno in espansione ed incentrato prevalentemente sulla realizzazione e la vendita di beni di largo consumo, con rischi spaventosi per la salute dei consumatori;
    il mercato del falso nel nostro Paese genera un fatturato di 7 miliardi e 109 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono oltre 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia reale;
    è necessario dunque adottare, in ambito nazionale ed europeo, più stringenti disposizioni per la tutela delle imprese italiane ed europee dalla concorrenza sleale, attraverso l'adozione di azione europee antidumping e la protezione della denominazione e dei marchi di origine, al fine di restituire maggiore impulso e competitività all'economia del Paese;
    in tale prospettiva, il ricorso a dazi doganali antidumping potrebbe essere uno strumento utile, da un lato, a tutelare le imprese ed i lavoratori e, dall'altro, ad evitare che vengano immessi nel mercato prodotti contraffatti, frutto di forme di lavoro illegale, nocivi per l'ambiente e la salute dei consumatori,

impegna il Governo:

   a promuovere, in ambito nazionale e comunitario, iniziative di contrasto alla concorrenza sleale subita dalle imprese italiane ed europee, anche attraverso il ricorso a dazi antidumping, al fine di contrastare l'ingresso nell'Unione europea di prodotti provenienti dalla Cina che siano il frutto di forme di lavoro illegale, nocivi per l'ambiente e la salute dei consumatori;
   ad attivare un'organica politica di sostegno ai settori industriali interessati dai processi di delocalizzazione produttiva, attraverso l'adozione di misure di agevolazione e di riduzione degli oneri burocratici, fiscali e sociali che siano ad ogni modo legate a specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale, l'assegnazione di lavori e l'eventuale esternalizzazione di processi produttivi ad imprese dell'area di appartenenza;
   ad intraprendere tutte le azioni necessarie a contrastare l'ingresso e la commercializzazione sul territorio nazionale di prodotti contraffatti, anche attraverso l'intensificazione ed il rafforzamento dell'attività di controllo da parte degli organi competenti.
(7-00294) «Allasia».


   La Commissione XI,
   premesso che:
    l'INPS, Istituto nazionale della previdenza sociale è l'ente che gestisce il sistema previdenziale in termini di imposizione, riscossione e recupero dei contributi ed in termini di erogazione di prestazioni pensionistiche sia per la generalità dei lavoratori dipendenti del settore privato e del parastatale attraverso il FPLD ovvero fondo pensioni lavoratori dipendenti sia i lavoratori autonomi (gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi artigiani e commercianti) e sia per i parasubordinati, venditori a domicilio, professionisti senza cassa, lavoratori autonomi occasionali ed associati in partecipazione attraverso la gestione separata. La gestione separata è un fondo pensionistico finanziato con i contributi previdenziali obbligatori dei lavoratori assicurati e nasce con la legge n. 335 del 1995 (articolo 2, comma 26) di riforma del sistema pensionistico, anche nota come «riforma Dini» che dispone l'iscrizione alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è prevista una specifica cassa previdenziale, delle forme di collaborazione coordinata e continuativa (cosiddetta co-co-co), della categoria dei venditori a domicilio, ex articolo 36 della legge n. 426 del 1971;
    a tale gestione è attualmente applicato il contributo del 27,72 per cento (per i collaboratori il 28,72). Nelle collaborazioni coordinate e continuative, i contributi sono per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del collaboratore. L'obbligo di versamento compete tuttavia al committente anche per la quota a carico del lavoratore, che viene pertanto trattenuta in busta paga all'atto della corresponsione del compenso;
    la «Riforma Fornero» (legge n. 92 del 2012) ha apportato delle importanti novità il cui obiettivo è stato quello di limitare l'utilizzo improprio di questa tipologia, prevedendo disincentivi sia di carattere normativo che contributivo; nello specifico, infatti, è stato previsto un graduale allineamento del costo contributivo a quello del lavoro dipendente, tale da portare tale aliquota, nel 2018 al 33 per cento;
    la legge di stabilità 2014 ha stabilito che per gli autonomi titolari di partita IVA, ovvero professionisti senza albo iscritti alla gestione separata INPS, la contribuzione dovuta per il 2014 resti ferma al 27,72 (mentre salga al 22 per cento nei casi in cui è applicabile l'aliquota ridotta). Sembrano quindi aver fatto effetto le richieste dei professionisti senza albo e senza cassa di categoria che protestavano contro i continui aumenti progressivi dei contributi pensionistici da versare alla gestione separata INPS;
    più in particolare, le partite IVA iscritti alla gestione separata INPS dal 2013 avrebbero dovuto versare all'Istituto un'aliquota pari al 28 più lo 0,72 destinato a finanziare le prestazioni assistenziali. Il comma 521 della legge di stabilità 2014 approvato con voto di fiducia dall'Assemblea del Senato ha invece modificato la progressione proposta dalla riforma del lavoro, facendo slittare di un anno tale aumento, per i soli professionisti iscritti alla gestione separata che non sono iscritti ad altra cassa previdenziale;
    questi pagheranno, nelle prossime annualità, le seguenti aliquote: nel 2014 il 27,72; nel 2015 il 29,72; nel 2016 il 30,72; nel 2017 il 31,72; nel 2018 il 32,72; nel 2019 il 33,72;
    va tuttavia sottolineato che pur avendo bloccato l'aumento 2014, i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata dell'INPS, chiamati al versamento integrale di tutti i contributi a differenza di quanto avviene per i parasubordinati, continuano a versare contributi più elevati rispetto a tutti gli altri lavoratori indipendenti, liberi professionisti, commercianti, artigiani;
    ad esempio, i professionisti iscritti ad un Ordine versano approssimativamente il 14, mentre commercianti e artigiani si attestano intorno al 21/22;
    il blocco dell'aumento contributivo per il solo 2014 comunque di fatto non risolve il problema alla radice e tra un anno il problema si riproporrà. È evidente che non è sostenibile l'equiparazione del professionista al parasubordinato,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per rivedere le casse previdenziali prevedendo una cassa specifica per i lavoratori autonomi adeguando la percentuale contributiva a quella prevista per la cassa gestione artigiani e commercianti, senza l'applicazione del minimale;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per creare un'unica cassa per i lavoratori autonomi accorpandola alla gestione artigiani/commercianti, applicando un'unica contribuzione a tutti questi lavoratori autonomi/soci/imprenditori per snellire la gestione delle casse previdenziali senza l'applicazione del minimale;
   ad adottare iniziative per procedere con l'aumento della contribuzione della gestione separata come già previsto dalla legge n. 92 del 2012 per le collaborazioni in modo da garantire pensioni adeguate e aumentare il costo del lavoro delle forme contrattuali atipiche, spesso usate in maniera distorta al posto di contratti di lavoro dipendente in quanto più convenienti escludendo ovviamente tale aumento per i lavoratori autonomi;
   a valutare un azzeramento dei contributi, o prevedere un aumento graduale dei contributi per i nuovi lavoratori autonomi per i primi 3/5 anni di attività in modo da agevolare l'inserimento di tali imprenditori nel mercato del lavoro sia per giovani che per soggetti di qualsiasi età che a seguito della perdita di lavoro (magari dipendente) iniziano una propria attività autonoma.
(7-00286) «Rostellato, Tripiedi, Ciprini, Bechis, Rizzetto, Baldassarre, Chimienti».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    il «nomenclatore tariffario» è la lista del Ministero della salute che regolamenta i prezzi e le tipologie di protesi e ausili per persone disabili;
    le protesi e gli ausili per persone disabili sembra che rappresentino per lo Stato un onere di 1,9 miliardi di euro all'anno;
    il prontuario è nato, ed è rimasto, provvisorio, nel 1999, e non è mai stato aggiornato senza alcuna motivazione plausibile;
    il risultato è che le Asl spendono anche il triplo rispetto al reale valore in commercio;
    il «nomenclatore tariffario per protesi e ausili» è composto da centinaia di pagine, una lunga lista di codici e prezzi, un prontuario, che elenca quali strumenti – dalle carrozzine, alle stampelle, passando per ginocchi artificiali e protesi di ogni tipo – che ciascuna persona disabile può ottenere gratuitamente dallo Stato;
    i citati strumenti sono all'interno dei Lea, livelli essenziali di assistenza, quei servizi e prestazioni che il servizio sanitario nazionale eroga, giustamente gratis o con il pagamento di un ticket; i livelli essenziali di assistenza con tutta evidenza sono il cuore pulsante del nostro sistema sanitario;
    l'aggiornamento del «Nomenclatore tariffario per protesi e ausili» è uno di quei scandali sui quali è improrogabile intervenire in tempi strettissimi;
    questo «listino» di protesi e ausili, contiene una drammatica serie di anomalie e finisce per dare luogo a soprusi; a partire dall'anomalia principale: è stato varato nel 1999, doveva essere un elenco provvisorio tanto provvisorio che, infatti, è vigente da oltre 14 anni, e non è mai stato aggiornato;
    la normativa prevede che il «nomenclatore tariffario per protesi e ausili» venga periodicamente aggiornato; sostanzialmente per due motivi, ovvi e semplici:
     a) la tecnologia avanza, migliora la qualità di protesi e ausili, quindi è necessario che il «prontuario» sia adeguato ai tempi, per fornire alle persone disabili i migliori ausili possibili;
     b) i prezzi, in alcuni casi diminuiscono e in altri aumentano; aggiornare il prontuario, è indispensabile per il mercato, per i fornitori che vendono, per il servizio pubblico che acquista; per gli imprenditori che producono. Invece da oltre 14 anni, i prezzi sono rimasti sostanzialmente gli stessi e per ausili e protesi, per giunta oggi obsoleti;
    altra anomalia è la modalità di utilizzo del nomenclatore, infatti questi prevede solo codici e caratteristiche. Quando ad esempio si ha bisogno di una carrozzina la normativa in materia prevede che lo Stato ne fornisca una, il rivenditore addebita il costo al Servizio sanitario nazionale, indicando solo il codice della voce «Carrozzina» del nomenclatore, il risultato è che molte carrozzine pieghevoli, corrispondenti allo stesso codice, nel 1999 erano valutate con una tariffa di circa 420 euro, ma oggi costano appena 158 euro; l'assurdità è che se compra un privato, il negozio di articoli sanitari, le vende a 158 euro; se la compra la Asl, invece, paga 420 euro. Altro caso è quello relativo al montascale: alla Asl costa 3.718 euro, se lo acquista un privato in negozio, la paga 2.500 euro;
    il solo aggiornamento del tariffario, per il comparto di massa, quello che comprende carrozzine e montascale, consentirebbe un risparmio enorme, probabilmente un ribasso del 70 per cento per molti ausili;
    si assiste ad uno spreco che può essere classificato, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, come una sorta di truffa legalizzata;
    eppure occasioni per l'aggiornamento ce ne sono state: il decreto del Ministro della salute pro tempore, Renato Balduzzi, approvato nell'ottobre 2012, disponeva l'adeguamento del Nomenclatore, che andava aggiornato entro il 31 maggio 2013. I governi che si sono succeduti hanno fino ad oggi ignorato la scadenza;
    un decreto analogo fu emanato nel 2008 dal Ministro pro tempore Livia Turco che seppur approvato non è stato mai applicato, anzi fu revocato dal Governo Berlusconi;
    la vera anomalia, però, sta in questa sorta d’«incantesimo»: il decreto che aggiorna il nomenclatore tariffario viene emanato sempre a fine legislatura, come se il Governo in carica lo demandi a quello successivo, e il nuovo Governo puntualmente lo ignora. Lasciando tutto come prima. È accaduto con il «decreto Turco». È accaduto con il «decreto Balduzzi». E in questo gioco dell'oca, in realtà, la pedina resta sempre ferma al punto di partenza ovvero il 1999;
    è da segnalare anche il fatto che il mancato aggiornamento dal 1999 del nomenclatore ha fatto sì che i codici spesso si riferiscano a una tecnologia altrettanto obsoleta, che a volte non è più neanche in commercio;
    ancora oggi ci si trova di fronte a che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è uno stato d'illegalità, il «decreto Balduzzi» convertito in legge, è in vigore, ma nei fatti, le persone disabili che ricorrono ai livelli essenziali di assistenza e al nomenclatore, devono ancora riferirsi al 1999 con costi e spreco di risorse pubbliche non più sostenibili;
    lo scorso 12 giugno 2013 le famiglie e i malati manifestarono sotto la sede del Ministero dell'economia per sapere dove sono i fondi promessi per l'assistenza e per capire quanto tempo ci vorrà per l'aggiornamento del nomenclatore dei tariffari;
    le persone con disabilità in Italia, nel 2004, erano due milioni e 600 mila: il 4,8 per cento della popolazione, ma secondo il sito della regione Liguria oggi sono 2 milioni 824 mila persone: 960 mila uomini, 1 milione 864 mila donne;
    si tratta di una stima al ribasso: riguarda soltanto chi soffre, per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana, la totale mancanza di autonomia. Se dalla «totale mancanza di autonomia», si passa a «un'apprezzabile difficoltà», la comunità delle persone disabili sale a 6 milioni 980 mila unità: il 13 per cento della popolazione;
    il mancato aggiornamento del nomenclatore tariffario è un'ingiustizia che tocca una larga fetta della popolazione decisamente debole visto che quasi la metà ha più di ottant'anni, ed i bambini sono circa 130 mila in età scolare, 78 mila nella scuola primaria, 61 mila nella scuola secondaria. Una percentuale tra il 12 e il 20 per cento di questi studenti non è autonoma nel muoversi all'interno dell'edificio scolastico, nel mangiare, nel recarsi al bagno da sola. Ogni ausilio è necessario a crescere e inserirsi nella vita sociale. L'aggiornamento del nomenclatore coinvolge milioni di utenti, migliaia di imprese, decine di migliaia di dipendenti: siamo dinanzi a un giro d'affari milionario, un affare come detto da almeno 1,9 miliardi di euro, visto che non vi è certezza su quale sia la spesa effettivamente sostenuta dallo Stato,

impegna il Governo:

   a provvedere all'aggiornamento del «nomenclatore tariffario per protesi e ausili» e a mettere in atto tutte le iniziative necessarie affinché l'aggiornamento sia biennale;
   ad assumere iniziative per prevedere che i prezzi per i rimborsi derivanti dall'aggiornamento del «nomenclatore tariffario per protesi e ausili» siano definiti in riferimento ai prezzi medi previsti nell'Unione europea;
   ad inviare una relazione periodica alle competenti Commissioni parlamentare per accertare e fare chiarezza sulla reale spesa annuale sostenuta dalle amministrazioni pubbliche statali e locali per il rimborso ai rivenditori di protesi e ausili per disabili.
(7-00288) «Grillo, Cecconi, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    le nuove regolamentazioni relative al settore del tabacco, secondo quanto emerge dal XVI Rapporto Nomisma presentato lo scorso luglio, rischiano di penalizzare profondamente la produzione nazionale del tabacco e l'intera filiera italiana ad essa collegata, con inevitabili e negative ripercussioni sia sul piano occupazionale, per un comparto che coinvolge circa 190 mila addetti, che sul versante delle entrate fiscali, considerato che tra IVA e accise, l'incasso dell'erario relativo all'anno 2012 è stato pari a 14,2 miliardi di euro;
    il documento suindicato, ha evidenziato la rilevanza socioeconomica della filiera, ma anche il pericolo di come la sua tenuta, sia minacciata dalle nuove decisioni previste in ambito europeo, dall'applicazione del regime disaccoppiato di sostegno al tabacco introdotto con la riforma della Politica agricola comune – PAC, che è stato causa di profonde trasformazioni e repentini cambiamenti negli assetti strutturali del sistema di produzione, in tutte le principali aree di coltivazione del tabacco;
    l'onda lunga del disaccoppiamento degli aiuti comunitari all'interno del processo di riforma della nuova PAC, che di fatto rischia di ridurre ulteriormente il sostegno alla coltura, sta determinando effetti di scoraggiamento nei confronti dei tabacchicoltori italiani, nell'investire su una coltivazione dagli elevati costi di produzione, legati peraltro ad un significativo utilizzo della manodopera, nonostante l'importanza strategica che il comparto riveste per il mantenimento di intere economie locali;
    il processo di ristrutturazione legislativa nel quadro degli indirizzi dell'Unione europea, avviato da alcuni anni, da ultimo con la revisione della «Direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/EC)», la cui predisposizione è ritenuta particolarmente penalizzante per la produzione italiana, ha infatti determinato una serie di conseguenze economiche sfavorevoli per la filiera italiana del tabacco;
    i molteplici e negativi dati numerici, che hanno registrato una drastica diminuzione della produzione italiana, pari a circa il 50 per cento dal 2009 ad oggi, le cui superfici coltivate a tabacco, si sono ridotte nel 2012, a 15.106 ettari, (un terzo in meno rispetto al 2011) l'incremento dell'IVA, che ha causato un calo dalla vendita dei prodotti da fumo e il dilagare della sostituzione con prodotti più convenienti, costituiscono una serie di concause che stanno ridimensionando fortemente la tabacchicoltura italiana;
    il Governo Berlusconi, ha intrapreso sin dal 2009, una serie di iniziative a sostegno del settore del tabacco, ed in particolare nei riguardi delle regioni produttive, attraverso programmi di sviluppo rurale (PSR), mirati ad accrescere la sostenibilità ambientale della coltura del tabacco e definire una linea comune per coordinare le politiche che coinvolgono il settore a livello nazionale ed europeo;
    i fattori d'incertezza determinati in ambito comunitario, nel quadro della regolamentazione del tabacco e dei prodotti da fumo, nonostante le suindicate misure, hanno tuttavia determinato una progressiva riduzione della produttività, con evidenti perdite di quote di competitività, i cui risvolti negativi nel nostro Paese, hanno assunto risvolti ancora più negativi se inquadrati nel contesto della crisi economica in atto;
    in molti distretti regionali infatti, la coltivazione del tabacco rappresenta, una delle principali opportunità in grado sia di generare un reddito per l'azienda, sia di garantire il mantenimento di posti di lavoro;
    il settore del tabacco greggio, fra l'altro, costituisce l'unico comparto in cui il valore di titoli per i pagamenti disaccoppiati agli agricoltori è stato tagliato, nel 2010, del 50 per cento per un importo che supera i 150 milioni di euro;
    il medesimo comparto inoltre, è l'unico escluso dalla nuova PAC 2014-2020 da qualsiasi tipo di sostegno specifico, sia tra i pagamenti diretti, che nell'ambito dell'Organizzazione comune del mercato unica, le cui decisioni ingiustificate, sono riconducibili ad una confusa campagna denigratoria e a posizioni ideologiche in stretta correlazione tra la produzione agricola con i consumi di prodotti finiti in un dato territorio;
    la risoluzione approvata nel corso della scorsa legislatura dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati, in uno spirito di condivisione generale, volta ad impegnare il Governo ad intervenire in diversi ambiti nazionali, sia per favorire l'incremento dei processi produttivi e tutelare i livelli occupazionali delle aziende di tabacco, che in sede comunitaria, nell'ambito della definizione della nuova politica agricola comune (PAC) e in particolare delle misure per incrementare i contributi previsti per lo sviluppo rurale, ha rappresentato un segnale condivisibile, sebbene, insufficiente per determinare un'inversione di tendenza radicale nei confronti della filiera italiana del tabacco;
    il Consiglio dei Ministri dell'agricoltura svolto a Bruxelles, lo scorso settembre ha avviato significative iniziative tra i principali Paesi produttori di tabacco, volte a definire una strategia operativa per la tutela della filiera ed una ricerca degli strumenti necessari per il sostegno ai produttori e ai lavoratori impiegati;
    il documento comune condiviso dai rappresentanti dei diversi Paesi, nel quale sono emerse le diverse criticità derivanti dalla discriminazione subita dal settore tabacchiolo, in occasione del compromesso sulla PAC, unitamente al suesposto atto parlamentare d'indirizzo, confermano il livello di attenzione delle istituzioni sia in ambito nazionale, che internazionale, per il medesimo settore, considerato che l'Italia rappresenta il primo Paese produttore ed esportatore europeo di tabacco, il sesto esportatore mondiale per valore e il decimo produttore per volumi;
    la sollecitudine richiesta dagli operatori del settore, al fine di evitare il peggioramento di una situazione divenuta particolarmente critica per l'intera la filiera del tabacco, necessita un diretto e indispensabile intervento governativo volto ad interrompere un processo economicamente negativo, la cui rappresentazione della filiera contraddistinta da fragili equilibri, rischia di mettere fuori mercato il nostro Paese,

impegna il Governo:

   a prevedere un significativo aumento delle disponibilità finanziarie a favore del settore del tabacco per l'anno corrente, in coerenza con quanto disposto con l'articolo 68 del Regolamento (CE) n.73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori, nell'ambito della politica agricola comune che istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, in considerazione che dal successivo anno 2015, il comparto medesimo, sarà l'unico che, nonostante la posizione favorevole espressa dal Parlamento europeo, non potrà accedere agli aiuti accoppiati previsti dall'articolo 52 del Regolamento (UE) n.1307/2013, del 17 dicembre 2013;
   a prevedere con estrema chiarezza, l'esercizio della facoltà di trasferimento del sostegno specifico percepito per l'anno 2014, relativo al calcolo del valore unitario iniziale, come indicato dall'articolo 26 comma 6, del medesimo Regolamento (UE) n. 1307/2013, dei titoli per i pagamenti di base del 2015, da considerare come elemento aggiuntivo;
   ad accelerare la sottoscrizione degli accordi con le manifatture internazionali operanti in Italia, che hanno già avviato una serie di precedenti negoziati, attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   ad avviare, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i lavori del tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera, già costituito, al fine dell'individuazione di misure a favore del settore, in relazione ai nuovi regolamenti comunitari per lo sviluppo rurale e dell'Organizzazione comune del mercato – Organizzazione comune del mercato, nonché per il coordinamento delle iniziative con le regioni;
   a prevedere iniziative, con il coinvolgimento delle organizzazioni di categorie più rappresentative, iniziative volte a tutelare i livelli occupazionali degli addetti del settore, la cui filiera tra la riforma della PAC, l'invasione del commercio illecito e la revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/EC), rischia di comparire fortemente ridimensionata.
(7-00292) «Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   «Utero in affitto», «gestazione per conto terzi», «gravidanza su commissione», «maternità surrogata» sono termini che indicano uno stesso fenomeno, quello di donne, per lo più indigenti e con un basso livello di istruzione, socialmente deboli e poco consapevoli dei propri diritti, che affrontano una gravidanza e un parto su commissione, sapendo che cederanno il neonato alla coppia o alla persona che ha sottoscritto con loro un apposito contratto; si tratta di una gravissima forma di sfruttamento commerciale del corpo delle donne, che svilisce profondamente il ruolo materno, riducendo le donne a meri «contenitori», e rendendo i bambini sempre di più simili a oggetti reperibili sul mercato;
   la maternità in affitto comporta sempre forme di pagamento, anche surrettizie, rubricate cioè come «rimborso spese»;
   il Parlamento europeo nella risoluzione del 5 aprile del 2011 sulle priorità e la definizione di un nuovo quadro politico dell'Unione europea in materia di lotta alla violenza contro le donne, si è pronunciato contro tale pratica, chiedendo «agli Stati membri di riconoscere il grave problema della surrogazione di maternità, che costituisce uno sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili» e rilevando che «le donne e i bambini sono soggetti alle medesime forme di sfruttamento e possono essere considerati merci sul mercato internazionale della riproduzione, e che i nuovi regimi riproduttivi, come la surrogazione di maternità, incrementano la tratta di donne e bambini nonché le adozioni illegali transnazionali»;
   in data 10 marzo 2005 il Parlamento europeo ha inoltre approvato una risoluzione di condanna del commercio degli ovociti umani, confermando la propria posizione contraria allo sfruttamento commerciale della maternità;
   la procedura dell'utero in affitto scinde la maternità in tre figure distinte, diversamente definite: una maternità «genetica», che riguarda la donna che cede i propri ovociti; una «gestazionale», per colei che affronta la gravidanza e una «legale», oppure «sociale», o ancora «intenzionale», per chi invece l'ha commissionata e si impegna a crescere il bambino;
   una spinta alla diffusione di questa pratica sta arrivando anche dalla moltiplicazione delle forme di riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali, dalle quali deriva, talvolta con successivi provvedimenti, l'accesso all'adozione e alle tecniche di procreazione assistita (cioè fecondazione eterologa e utero in affitto) che consentono a coppie dello stesso sesso di avere bambini geneticamente legati a un componente della coppia;
   non esistono stime attendibili e complete sul mercato dell'utero in affitto ma paesi in cui la pratica è più diffusa, come l'India, parlano di un indotto complessivo di due miliardi di dollari l'anno, con un migliaio di cliniche non regolamentate e un costo unitario che nella stessa India va dai 10.000 ai 35.000 dollari a fronte di 80.000-100.000 dollari negli Stati Uniti, disegnando una evidente selezione classista e spesso anche razzista;
   il nostro Paese ha da sempre una forte tradizione solidaristica, comune a diversi orientamenti politici e culturali, per cui la donazione di parti del corpo umano è stata sempre sostenuta e tutelata, proibendo qualsiasi forma di commercializzazione di organi, cellule e tessuti. Si tratta di un patrimonio valoriale condiviso che ha prodotto una realtà vitale e diffusa di associazioni di pazienti e donatori nella società civile. Questo approccio legislativo si è mantenuto coerente anche per quanto riguarda i più recenti sviluppi della biomedicina, per i quali si ricorda, ad esempio, la rete di biobanche esclusivamente pubbliche per l'appropriata conservazione di staminali da sangue cordonale, e più in generale il carattere esclusivamente pubblico delle biobanche di cellule e tessuti ad uso clinico;
   la legge italiana sanziona la maternità surrogata: in particolare la legge 40, all'articolo 12, comma 6, prevede che chiunque, in qualsiasi forma, realizzi, organizzi o pubblicizzi la commercializzazione di gameti o di embrioni o l'utero in affitto sia punibile con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro;
   il diverso trattamento giuridico dell'utero in affitto nei vari Paesi, insieme alla mancanza di accordi internazionali o bilaterali specifici, è fonte di contenziosi giuridici che aprono sempre più la strada al riconoscimento di tale pratica per via giudiziaria; questo avviene perché difficilmente committenti, madri in affitto, fornitori di gameti, operatori sanitari, e in genere figure coinvolte nella pratica, si trovano tutte nella stessa nazione. Esemplare quanto accaduto recentemente con una sentenza del tribunale di Milano che ha riconosciuto a una coppia di genitori milanesi la genitorialità di un bambino nato da utero in affitto in Ucraina, ma in Italia i casi sono già numerosi –:
   quali iniziative, nel nome di manifeste esigenze umanitarie, coerenti con lo spirito e la lettera della nostra Carta costituzionale, intenda adottare per contrastare nella dimensione interna ed internazionale questa odiosa forma di sfruttamento del corpo di donne povere indotte dallo stato di indigenza ad accettare di portare avanti una gravidanza per conto terzi, sapendo di dover consegnare il figlio ai committenti dopo il parto.
(2-00439) «Roccella, Dorina Bianchi, Saltamartini, Scopelliti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003 è stato costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) volto a garantire l'adozione di misure per la «parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica»; secondo il decreto tale ufficio avrebbe dovuto operare «in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità»;
   nel 2012 l'attività dell'UNAR si è allargata, senza che nessuna norma lo prevedesse, a una materia non di sua competenza, e cioè l'adozione di misure volte a contrastare la discriminazione delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender);
   tale operazione ad avviso degli interpellanti già impropria in termini di legge, è stata condotta secondo modalità di dubbia legittimità; infatti con decreto direttoriale del 20 novembre 2012, firmato dal direttore generale consigliere Marco De Giorgi, secondo gli interpellanti in lampante violazione degli obblighi di autonomia di giudizio e di imparzialità, è stato nominato un gruppo di lavoro destinato ad elaborare un documento contenente linee guida per la scuola, totalmente privo di una qualsiasi qualificazione scientifica, composto da 29 associazioni tutte regolarmente «gay friendly»;
   tali associazioni sono: comitato provinciale Arcigay «Chimera Arcobaleno» di Arezzo; Ireos - centro servizi autogestito comunità «Queer»; Arcigay; comitato provinciale Arcigay «Ottavio Mai» di Torino; A.GE.DO (nemmeno il beneficio della sigla completa); Parks - Liberi e uguali; Equality Italia rete trasversale per i diritti civili; Ala Milano onlus; Arci Gay–Lesbica Omphalos; Polis aperta; Di'gay project - DGP; circolo culturale omosessuale «Mario Mieli»; Gay center/Gay help line; Famiglie arcobaleno; Arcilesbica associazione nazionale; Rete genitori rainbow; Shake LGBTE; circolo culturale Maurice per la comunità GLBT; associazione Icaro onlus; circolo Pink; Cgil nuovi diritti; Movimento identità transessuale; associazione radicale Certi diritti; avvocatura per i diritti LGBTI Rete Lenford; Gay.NET; I Ken; Consultorio transgenere; Libellula; Gay LIB;
   al termine del procedimento, in data 29 aprile 2013, l'UNAR ha diffuso il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» che costituirebbe l'applicazione dei princìpi contenuti nella raccomandazione CM/REC(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità «di genere»;
   insistendo nell'uso improprio di termini inglesi (friendly, empowerment, diversity, management, expertise), si richiede il «coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sulla gestione delle diversità per i docenti»; la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali» (genitore 1 e genitore 2); l’«accreditamento delle associazioni LGBT, presso il MIUR, in qualità di enti di formazione»; l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»;
   nel prevedere la «realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sul tema LGBT», nonché «lo sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente, l'educazione affettivo-sessuale, la conoscenza delle nuove realtà familiari», si è stabilito anche il riconoscimento di crediti formativi;
   in sede di stesura del documento, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali si è avvalso della collaborazione dell'istituto A.T. Beck che si occupa di terapia cognitivo-comportamentale diagnosi clinica, ricerca, formazione e la cui direttrice è la dottoressa Antonella Montano; nel sito dell'istituto A.T. Beck, nella parte che riguarda l'omofobia (http://www.istitutobeck.com) sono contenuti pesanti giudizi sulla religione cattolica e sul ruolo educativo della Chiesa cattolica ed il Vaticano nella società;
   successivamente a cura del citato istituto A.T. Beck, sono state pubblicate tre guide applicative «Educare alla diversità a scuola», redatte per ciascuno dei cicli scolastici: scuola elementare, scuola media e superiori; i pregiudizi dell'istituto, già sopra citati, sono stati inseriti nei 3 opuscoli con l'ennesima inaccettabile critica al ruolo educativo della famiglia, e della morale cristiana, confondendo la lotta all'omofobia con inaccettabili ed offensivi apprezzamenti negativi su tali questioni;
   un anticipo dell'adozione delle suddette «guide», secondo metodologie unilaterali e pervasive, si è realizzato a Settimo Torinese, dove i ragazzi della II B della scuola media Antonio Gramsci, all'inizio dell'anno scolastico in corso, sono stati indotti a mettere in scena uno spettacolo teatrale dove interpretano i parlamentari italiani impegnati a votare una legge che «riconosca giuridicamente le unioni civili fra persone dello stesso sesso». I parlamentari che votano contro vengono dipinti come incarnazioni della «paura, disprezzo, pregiudizio ed esclusione» e come personaggi indegni di uno «Stato civile»;
   si è andati anche più in là: al comando di una professoressa tutte le ragazzine gridano «Sonia può amarmi» e i ragazzini «Fabio può amarmi». E tutti i dodicenni finiscono cantando «A te povero egoista che vivi senza amore - auguro che il nostro sentire arrivi fino al cuore». A sollevare il caso è stato il sociologo Massimo Introvigne nella sua veste di coordinatore del comitato «Sì alla famiglia», promosso da dieci associazioni cattoliche del capoluogo piemontese; peraltro Introvigne è rappresentante dell'Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), per la lotta al razzismo e alla xenofobia, oltre che alla discriminazione religiosa;
   peraltro se fosse già divenuto legge il noto decreto-legge omofobia, in atto in discussione al Senato della Repubblica, se un genitore in sala avesse osato protestare per quanto veniva fatto recitare a suo figlio, si sarebbe ritrovato con una imputazione penale di omofobia, mentre il figlio avrebbe rischiato qualche «credito formativo» in meno;
   secondo fonti giornalistiche, vedi articolo a firma Carlotta De Leo pubblicato su Corriere.it del 15 febbraio 2014;
   il viceministro pro tempore Maria Cecilia Guerra ha sconfessato l'iniziativa e inviato una formale nota di demerito a Marco De Giorgi, il direttore dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) che ha diffuso nelle scuole quei volumi. «L'educazione alla diversità è e resta cruciale ma quel materiale didattico è stato realizzato senza che io  ne fossi informata e senza alcun accordo con il Miur», spiega Guerra;
   e questo, sottolinea Guerra, «senza che il direttore De Giorgi, me ne desse alcuna informazione, né che io fossi a conoscenza degli esiti della ricerca, di cui del resto ignoravo addirittura l'esistenza»;
   «non è inoltre accettabile – continua Guerra – che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso fra gli insegnanti da un ufficio delle Pari Opportunità senza alcun accordo con il Miur»;
   è stata piccata anche la reazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tirato in ballo per la diffusione degli opuscoli agli insegnanti. «Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall'Unar e diffusi nelle scuole senza l'approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell'istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave; chi dirige Unar ne tragga le conseguenze» afferma Gabriele Toccafondi, Sottosegretario pro tempore per l'istruzione, l'università e la ricerca. «L'Unar – prosegue Toccafondi – sembra voler imporre un'impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il sistema educativo»;
   come è evidente nel citato decreto dirigenziale 20 dicembre 2012, nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta; paradossalmente il documento finale accusa sé stesso, laddove a pagina 16 ribadisce la necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie»;
   il documento e i testi destinati alle scuole che ne sono derivati, non tengono conto delle puntuali contestazioni formulate dal Forum nazionale genitori scuola, al Ministro dell'istruzione Carrozza con lettera del 12 novembre 2013; né si è tenuto conto di quanto asserito dalle linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori in materia di diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa», diramate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012;
   la raccomandazione CM/REC(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, di cui il documento dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali è emanazione, espressamente invita gli Stati membri a «tenere conto del diritto dei genitori di curare l'educazione dei propri figli» nel «predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d'azione per promuovere l'uguaglianza» (Allegato VI Istruzione, n. 31);
   i diversi documenti redatti si pongono secondo gli interpellanti in palese violazione dell'articolo 30 della Costituzione italiana che garantisce e tutela il diritto dei genitori ad educare i propri figli; si espropria la famiglia, ambito privilegiato e naturale di educazione, del compito di formazione in campo sessuale, disconoscendo il fatto che la stessa famiglia rappresenti l'ambiente più idoneo ad assolvere l'obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera prudente, armonica e senza particolari traumi;
   i diversi documenti redatti infine si pongono ad avviso degli interpellanti in palese violazione di due diritti fondamentali riconosciuti, garantiti e tutelati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: l'articolo 18, il quale garantisce la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell'educazione, e l'articolo 26 nella parte in cui attribuisce ai genitori il diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli –:
   se non si ritenga necessario assumere iniziative sul piano disciplinare nei confronti di quanti hanno predisposto la pubblicazione e la diffusione di questi opuscoli e segnatamente i dirigenti responsabili in assenza di decisioni politiche-amministrative;
   se non si ritenga opportuno interrompere la distribuzione delle «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» descritte in permessa e delle guide «Educare alla diversità a scuola», che da essa derivano, in quanto documento secondo gli interpellanti arbitrario, adottato da un Ufficio della Presidenza del Consiglio che non aveva alcuna delega a farlo e redatto in violazione delle condizioni di autonomia di giudizio e imparzialità;
    quale organo abbia stabilito che le associazioni LGTB elencate in premessa abbiano la qualificazione necessaria a redigere un documento che incide sulla educazione degli studenti italiani;
   se non si ritenga opportuno riesaminare i decreti di qualificazione dell'istituto A.T. Beck, in considerazione della unilateralità delle proprie posizioni culturali.
(2-00443) «Pagano, Tancredi, Laffranco, Scopelliti, Maietta, Roccella, Saltamartini, Squeri, Fucci, Marti, Chiarelli, Buttiglione, Minardo, Garofalo, Corsaro, Caruso, Distaso, Borghesi, Calabrò, Vella, Buonanno, Sberna, Cirielli, Alberto Giorgetti, Pizzolante, Attaguile, Prataviera, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Dambruoso, Balduzzi, Marguerettaz, Matteo Bragantini, Fedriga, Guidesi, Molteni, Alli, Petrenga, Binetti, Totaro, Piso, Sammarco, Cicu, Vignali, Bueno, Sottanelli».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   di EXPO 2015 si parla ovunque, non c’è giornale, spot televisivo che non sottolinei l'importanza di questo prossimo avvenimento per il rilancio di Milano, della Lombardia e del nostro Paese;
   il piano PSAL (prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) 2014-2018 della Lombardia cita EXPO tra i temi fondamentali;
   la regione Lombardia rischia di sottovalutare il problema delle risorse umane sempre più scarse in tutti i settori della prevenzione: salute e sicurezza sul lavoro, igiene di alimenti e nutrizione, veterinaria, salute e ambiente, impiantistica, sanità pubblica che servono sia nell'ordinaria amministrazione e sempre più in questo biennio di lavoro straordinario;
   le linee guida EXPO del 31 gennaio 2013, che originariamente dovevano contenere un capitolo sulle risorse sulla falsa riga di quanto indicato per i lavori in altre grandi opere (si vedano linee guida TAV su supplemento BURL dell'8 settembre 2005), hanno poi omesso questo essenziale capitolo;
   il cantiere EXPO lavora e lavorerà a ritmi frenetici 24 ore su 24 con migliaia di addetti tra operai e tecnici, centinaia di imprese. Fare attività di prevenzione in questo cantiere così complesso e vasto vorrà dire, a parità di risorse umane, in particolare oggi per la ASL Milano e la ASL Milano 1, distogliere l'attenzione dagli altri cantieri: edilizia, GRANDI OPERE (MM1-4-5), aree dismesse, cantieri di bonifica amianto. EXPO avrà peraltro effetti, sia pure in misura minore, anche nel resto della regione per un prevedibile incremento di turismo e di eventi di vario genere, oltre all'accelerazione delle altre grandi opere;
   numerosi sono i progetti di costruzione di padiglioni nell'area EXPO sui quali occorrerà in tempi rapidi dare pareri coordinati tra i vari enti (asl, comuni, VVFF e altro), e occuparsi dei collaudi: ci si chiede però con quali forze; a fronte dei milioni di visitatori che affluiranno nel periodo della esposizione, è infatti lecito domandarsi con quali forze potranno essere verificate le condizioni igieniche delle strutture di accoglienza, dei siti cittadini, il lay-out e la conservazione degli alimenti, la preparazione di pasti nei diversi esercizi pubblici, nei padiglioni EXPO e nelle manifestazioni di intrattenimento correlate, a tutela di cittadini, dei consumatori, dei lavoratori e a garanzia della buona riuscita degli eventi;
   e ancora, ci si chiede con quali forze sarà assicurata la gestione delle possibili emergenze anche sotto il profilo igienico-sanitario;
   le risorse economiche ci sono, perché i fondi derivanti dalle sanzioni di cui all'articolo 21 del decreto n. 758 del 1994, all'articolo 13, comma 6, del testo unico n. 81 del 2008 (in Regione Lombardia circa 15 milioni di euro), nonché all'articolo 7 del decreto legislativo 194 del 2008 (utilizzo sanzioni derivanti dal controllo degli alimenti), ci sono e potrebbero e dovrebbero essere utilizzati allo scopo. Ma il paradosso è di rischiare di non poterli spenderli, in quanto:
    la regione Lombardia, a quanto consta agli interpellanti, non ha dato specifiche indicazioni alle ASL sull'utilizzo di tali fondi (percentuali di utilizzo, inserimento in apposito capitolo di bilancio, rendicontazione puntuale di bilancio sulle modalità di spesa);
    la regione Lombardia non sembra aver previsto per tempo un incremento di personale per le attività di prevenzione e controllo (personale attualmente depauperato anche dal blocco del turn-over), in particolare per le attività connesse all'evento EXPO ostacolando anche tutte le forme di assunzioni temporanee;
    unico caso tra le regioni in Italia, il TAR ha di fatto bloccato la remunerazione del personale per ore aggiuntive e orari di lavoro necessariamente «diversi» (sabato, festivi, notturni) necessari per il controllo di cantieri (che opereranno per 16 mesi 24 ore su 24), sulle manifestazioni di spettacolo e negli esercizi pubblici di preparazione e distribuzione di alimenti. La motivazione addotta è l'interpretazione a giudizio degli interpellanti unilaterale, restrittiva e fortemente punitiva di una affermazione sulla omnicomprensività del trattamento dei pubblici dipendenti contenuta in una relazione della Corte dei Conti;
   studi e documenti (Ambrosetti 2012, SNOP - Società nazionale operatori della prevenzione) sottolineano che la mancata prevenzione è stimata intorno al 3 per cento del prodotto interno lordo nazionale, che ogni miliardo stanziato in prevenzione porta ad un risparmio di 3 miliardi in cura e riabilitazione e che l'Italia è il fanalino di coda per investimenti in prevenzione con uno 0,5 per cento della spesa sanitaria contro una media dell'Unione europea del 2,9 per cento;
   la Lombardia inoltre, a fronte di un «teorico» 5.5 per cento previsto dalle «regole di sistema» negli ultimi anni ha in realtà di poco superato il 4 per cento negli ultimi anni –:
   se non si ritenga indispensabile assumere iniziative per prevedere una deroga alle limitazioni previste dalla normativa vigente in materia di assunzioni, al fine di consentire un aumento di personale per gli enti interessati e per le ASL coinvolte nella realizzazione di EXPO 2015 e nelle opere connesse, e nella conseguente attività di vigilanza e di prevenzione;
   se non si intenda prevedere, nell'ambito del piano nazionale di prevenzione di prossima emanazione da parte del Ministero della salute, uno specifico progetto per EXPO 2015 prevedendone adeguati finanziamenti;
   se non si intendano assumere iniziative per potenziare, sempre con riferimento all'EXPO 2015, le risorse da destinare ai controlli sanitari, di cui al decreto legislativo 194 del 2008, nonché all'attività di vigilanza, prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 81 del 2008, articolo 13, comma 6, integrandole con le risorse regionali;
   se non si intenda garantire, nonostante la riduzione delle risorse, che non siano penalizzati i fondi per la prevenzione, in modo che la soglia del 5.5 per cento della spesa sanitaria, costituisca la soglia minima di riferimento.
(2-00438) «Lacquaniti, Di Salvo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2009, il Ministro pro tempore dello sviluppo economico Claudio Scajola ha firmato i protocolli d'intesa con il Ministro dell'energia serbo Petar Skundric, per cooperare alla costruzione e alla concessione di impianti idroelettrici, termici, reti di interconnessione con l'Italia, la Serbia ed i Paesi confinanti e allo sviluppo di fonti rinnovabili, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali per il calcolo della quota di emissioni stabilita dall'Unione europea. Nel piano di azione nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea nel luglio 2010, è previsto infatti che dall'area dei Balcani siano importati 6 TWh (terawattora) all'anno, attraverso il cavo con la rete montenegrina;
   il primo protocollo ha ad oggetto la realizzazione dell'interconnessione fisica tra Italia e Serbia con la posa di un cavo sottomarino di 390 chilometri di lunghezza, in corrente continua, con portata fino a un GW (giga watt), per collegare il Montenegro e l'Italia, al costo di un miliardo di euro a carico di Terna (quindi a carico delle bollette elettriche italiane). I lavori di questa interconnessione sono da poco cominciati sulla terraferma italiana, vicino a Villanova (Pescara), in Abruzzo;
   il secondo protocollo prevede per il chilovattora prodotto da impianti da fonte rinnovabile realizzati in Serbia il ritiro dell'energia elettrica da parte del GSE (gestore servizi energetici) a prezzo fisso. Il protocollo dispone altresì che gli stessi impianti realizzati in Serbia siano costruiti da una società mista al 51 per cento di proprietà della società italiana Seci Energia (gruppo Maccaferri) e per il 49 per cento di proprietà della società statale serba Eps (elektroprivreda Srbije). Gli investimenti che saranno attivati a fronte dell'accordo sono di circa 800 milioni di euro per la costruzione delle centrali sui fiumi Ibar e Drina, oltre a quelli già previsti di 775 milioni per l'interconnessione Italia-Montenegro che sarà realizzata da Terna;
   il 25 ottobre 2011 è stato firmato dal Ministro pro tempore Paolo Romani un accordo che aggiorna quelli firmati nel marzo e nel novembre 2009, stabilendo le condizioni, anche tariffarie, in base alle quali saranno costruiti gli impianti idroelettrici allora individuati la cui realizzazione, dopo il recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili, viene inquadrata nell'ambito di un «progetto comune» tra Italia e Serbia. Sulla base di tale accordo, l'energia che sarà prodotta dalle centrali idroelettriche realizzate da investitori italiani e serbi sarà destinata al consumo nel mercato italiano, verso il quale sarà convogliata garantendone il transito a lungo termine sull'interconnessione elettrica tra Serbia e Montenegro e, da questa, verso l'Italia attraverso l'elettrodotto già programmato;
   come riferisce l'articolo pubblicato il 6 febbraio 2014 sul sito della rivista on line «Qualenergia» intitolato «Elettricità rinnovabile dalla Serbia. Accordo poco trasparente da 12 miliardi?», a firma di Alessandro Codegoni, nel 2011 il ministro Romani dichiarò che: «Su questi progetti convergono due interessi reciproci: quello italiano di investire sullo sviluppo di progetti congiunti per contribuire al raggiungimento al 2020 dell'obiettivo del 17 per cento di energia da rinnovabili fissato in ambito europeo, e quello dei Paesi dell'area balcanica di sviluppare le loro fonti interne, rafforzando al contempo la cooperazione industriale e la loro integrazione nel sistema europeo»;
   l'articolo 36 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, infatti, ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali, detta i criteri in base ai quali è incentivata l'importazione di elettricità da fonti rinnovabili proveniente da Paesi extra Unione europea sulla base di accordi internazionali. In particolare, al comma 1, si prevede che gli accordi di importazione (effettuata su iniziativa di soggetti operanti nel settore energetico), dovranno conformarsi ai seguenti criteri:
   a) il sostegno consiste nel riconoscimento, sull'energia immessa nel sistema elettrico nazionale, di un incentivo di pari durata e di entità inferiore rispetto a quello riconosciuto in Italia alle fonti e alle tipologie di impianti da cui l'elettricità viene prodotta nel paese terzo, in misura fissata negli accordi tenendo conto della maggiore producibilità ed efficienza degli impianti nei Paesi terzi e del valore medio di incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia;
   b) le modalità di produzione e importazione devono assicurare che l'elettricità importata contribuisce al raggiungimento degli obiettivi italiani in materia di fonti rinnovabili;
   c) sono stabilite le necessarie misure che assicurino il monitoraggio dell'elettricità importata per le finalità di cui all'articolo 36; il comma 2 del medesimo articolo consente che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si possa stabilire un valore dell'incentivo diverso da quello previsto alla lettera a), salvaguardando gli accordi già stipulati e contemperando gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici del mancato raggiungimento degli obiettivi. Non risulta al momento che sia stato emanato alcun provvedimento attuativo del comma 2;
   secondo quanto riportato nell'articolo sopra indicato, «I serbi stimano il costo totale del progetto in oltre 2 miliardi di euro, che sarebbero però recuperati da loro e dai loro soci privati italiani, grazie alla disponibilità dell'ex governo Berlusconi di pagare l'elettricità importata, e qui sta la questione, ben 155 euro/MWh – Megawattora – (per confronto il costo medio dell'elettricità italiana in Borsa Elettrica è stato di 63 euro/MWh nel 2013), grazie al pagamento di una tariffa omnicomprensiva che la produzione da nuovi impianti idroelettrici riceverebbe in Italia. Visto che l'import dalla Serbia legato a questo progetto potrebbe arrivare a un massimo di 6 TWh l'anno (quasi il 2 per cento dei consumi italiani), l'Italia, oltre al costo del collegamento sottomarino, potrebbe sborsare ogni anno, e per 15 anni, circa 930 milioni di euro per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato, contribuendo notevolmente a un ulteriore rialzo del costo della nostra elettricità, senza neanche i vantaggi degli incentivi spesi nei confini nazionali»;
   con riferimento a quanto da ultimo si sostiene nell'articolo, occorre inoltre considerare che in Italia vi è un eccesso di capacità produttiva nel settore elettrico italiano che dovrebbe protrarsi fino al 2020 e che non rende comprensibili le motivazioni di un accordo per l'importazione di energia;
   a parere degli interroganti:
    a) non è chiaro perché in un momento in cui molte centrali a ciclo combinato presenti sul territorio, che possono produrre certamente a meno di 155 euro al MWh, restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, dovrebbe essere opportuno aggiungere ulteriori importazioni di energia. Nel 2012 il fattore di carico medio degli impianti a ciclo combinato non cogenerativi è sceso sotto le 2.000 ore (equivalenti a piena potenza), pari a circa il 22 per cento, mettendo in pericolo l'equilibrio economico-finanziario delle società che li detengono, mentre i cicli combinati cogenerativi, che godono di priorità di dispacciamento e di un migliore rendimento energetico totale, funzionano a livello più soddisfacente, mediamente 4.700 ore nel 2012 (54 per cento), anche se sensibilmente inferiore al passato. Tale situazione ha spinto il legislatore ad individuare forme di sostegno per il settore, tramite l'introduzione del meccanismo del capacity payment;
    b) i contenuti dell'accordo del 2011 sono in contrasto con:
     1) i criteri di attribuzione degli incentivi all'elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Paesi extra Unione europea previsti al comma 1, lettera a), dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 28 del 2011, prevedendo per l'energia elettrica importata dalla Serbia un incentivo di entità maggiore di quello riconosciuto alla produzione di energia elettrica da fonte idraulica in Italia;
     2) le previsioni di cui alla lettera b), tenuto conto che gli obiettivi di produzione italiani da fonte rinnovabile sono sostanzialmente raggiunti grazie al contributo degli impianti idroelettrici, eolici e fotovoltaici realizzati in Italia;
     3) le disposizioni di cui al comma 2, poiché trattandosi di un incentivo più elevato rispetto a quello riconosciuto in Italia ai sensi del comma 1, sarebbe stato opportuno procedere all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire un diverso valore dell'incentivo da attribuire;
   appare irragionevole che l'Italia si sobbarchi, oltre al costo di oltre 2 miliardi per la realizzazione del collegamento sottomarino, anche la spesa di 930 milioni di euro all'anno per 15 anni per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato in una situazione di surplus di produzione elettrica e di obiettivi di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile al 2020 praticamente già raggiunti, contribuendo, inoltre, ad un ulteriore rialzo del costo dell'elettricità per i cittadini italiani;
   appare illogico proseguire le importazioni di energia rinnovabile, in un momento in cui le centrali italiane a ciclo combinato restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, cosa che ha indotto il Governo ad introdurre il meccanismo del capacity payment;
   appare infine estremamente grave, dopo aver distrutto l'intero settore industriale operante nel settore fotovoltaico italiano, azzerando il «conto energia» in ragione dei costi eccessivi sostenuti in bolletta, attribuire un incentivo di 12 miliardi di euro a operatori privati per la realizzazione di impianti in Serbia che non necessitano di incentivi, anziché incrementare ancora la produzione sul territorio nazionale di energia verde, con le evidenti ricadute economiche, occupazionali e fiscali –:
   se il Governo non intenda attivarsi al fine di arrivare all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011, al fine di prevedere che il valore dell'incentivo per l'energia elettrica prodotta dagli impianti in Serbia sia conforme ai dettami di cui al comma 1;
   se l'uso riservato al gruppo privato, costituito dalla società Maccaferri e dai partner serbi, di un nuovo elettrodotto che prevede un investimento pubblico di oltre 2 miliardi di euro per un periodo di 15 anni sia in contrasto con la normativa comunitaria;
   se il Governo non intenda assumere alla luce delle considerazioni esposte in premessa, ogni iniziativa di competenza per rivedere tale azzardo che sembra all'interrogante produrre soltanto costi per l'Italia e utili per la parte privata.
(5-02298)


   ASCANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata di mercoledì 5 marzo 2014 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto visita all'istituto «Salvatore Raiti» di Siracusa. All'arrivo del Presidente bambini disposti in semicerchio nell'atrio della scuola ballavano e cantavano battendo le mani, dando vita anche a dei coloriti girotondi, oltre a scandire ripetutamente il nome «Matteo, Matteo». La canzone «Clap and jump» è stata rivisitata e cantata in onore del Presidente del Consiglio: «Facciamo un salto, battiam le mani: ti salutiamo tutti insieme, presidente Renzi» «Dovunque vai, tu non scordarti di noi. Dei nostri sogni...delle speranze che ti affidiamo, con fiducia, oggi a ritmo di blues» riportano due passaggi del testo della canzone cantata dai bambini siracusani;
   «Renzi, con il suo modo di fare e di porsi anche con i più piccoli, ha certamente reso questo contatto assai più autentico e spontaneo. Per noi, per la nostra comunità scolastica è un'altra di quelle giornate da ricordare» ha dichiarato successivamente la dirigente scolastica Angela Cucinotta;
   l'episodio della canzone dedicata al Presidente del Consiglio di iniziativa della dirigente, è ad avviso dell'interrogante quantomeno sconcertante ed offensivo verso i bambini e le loro famiglie, verso la Costituzione e, suo malgrado, verso il Presidente del Consiglio. La scuola è lo spazio di tutti, dedicato all'educazione e alla lotta alle diseguaglianze. Non può diventare, anche se per spirito di folklore e in buona fede, la versione ridicola di una propaganda completamente priva di senso, a prescindere dalla maggioranza politica incaricata del Governo, tanto più sulla pelle dei bambini –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di prendere le distanze dall'episodio di cui sopra e, congiuntamente, quali eventuali altre iniziative ritenga opportuno adottare nei confronti della dirigente responsabile dell'iniziativa intrapresa. (5-02299)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIMONE VALENTE, BATTELLI, BRESCIA, MARZANA, LUIGI GALLO, PAOLO BERNINI, BASILIO e RIZZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la partecipazione di atleti appartenenti a corpi militari e civili a competizioni sportive professionistiche è consuetudine del nostro Paese, che grazie ai cosiddetti «atleti di Stato» ha ottenuto importanti e gloriosi risultati a livello olimpico;
   la presenza e l'uso di atleti di Stato da parte di un Paese partecipante a competizioni olimpiche era pratica diffusa delle nazioni facenti parte dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche;
   il budget del Comitato Olimpico Nazionale Italiano del 2012 è stato pari a 428 milioni di euro, di cui 408.9 milioni forniti dallo Stato tramite il Ministero dell'economia e delle finanze. Di questi, ben 246 milioni sono stati destinati alle federazioni sportive ed alle forze armate;
   tramite appositi protocolli d'intesa tra i Ministeri, i cui titolari sono interrogati, il CONI riconosce l'attività sportiva delle forze armate e civili e la promuove, assegnando anche delle «borse premio» agli atleti meritevoli;
   all'articolo 6, comma 4, lettera b), della legge n. 78 del 2000, recante una delega al Governo per il riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della guardia di finanza e della Polizia di Stato, è stata prevista l'adozione di uno o più regolamenti di delegificazione per normare con puntualità il rapporto tra CONI ed atleti di Stato, nonché le modalità per il reclutamento dei suddetti atleti da arruolare nei corpi militari, di polizia e nei vigili del fuoco;
   alle Olimpiadi di Londra 2012 gli atleti di Stato erano 194 su 290 totali e il 100 per cento delle medaglie d'oro sono state ottenute da questa categoria di atleti. Gli atleti di Stato sono anche vincitori dell'89 per cento delle medaglie d'argento e bronzo;
   le procedure di reclutamento avvengono tramite bando pubblico, può essere reclutato anche personale che non necessariamente faccia parte del corpo che effettua il reclutamento, è possibile il passaggio da un corpo ad un altro e questi atleti hanno una retribuzione;
   al termine della carriera sportiva, gli atleti di Stato entrano a far parte del corpo di cui fanno parte a tutti gli effetti;
   gran parte degli sport nazionali vanno avanti con carenza di fondi e spesso e volentieri solo i pochi fortunati che riescono ad accedere ai gruppi sportivi delle forze civili o militari riescono a fare carriera ed a raggiungere elevati livelli di agonismo e competizione;
   negli ultimi anni si sta assistendo ad un generale decadimento della competitività sportiva del nostro Paese –:
   quanti siano totalmente i cosiddetti «Atleti di Stato», divisi per il corpo cui appartengono e quanto questi gravino sui conti pubblici complessivamente e per ogni singolo corpo;
   se sia intenzione del Governo superare questo modello ed arrivare alla condizione per cui siano gli sportivi a fare sport e non appartenenti a corpi militari e civili a dare lustro all'Italia;
   se questi atleti, assunti per concorso, durante il periodo della loro attività agonistica svolgano altre funzioni oltre all'allenamento ed alla partecipazione a gare sportive. (4-03866)


   CARRA e GRASSI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'attualità del caso Moro è un comune orientamento imposto dalla circostanza che molti aspetti del rapimento e dell'assassinio del presidente della Dc e della sua scorta non sono mai stati chiariti;
   il dossier Moro si è arricchito nel tempo di sempre nuove testimonianze – ultima in ordine di tempo quella di Vitantonio Raso, il giovane antisabotatore che arrivò per primo in via Caetani e che consente di rivedere gli orari dei fatti accaduti la mattina del 9 maggio;
   la procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo per valutare il valore investigativo della testimonianza di Raso;
   è in via di approvazione una proposta di legge che istituisce una nuova commissione parlamentare d'inchiesta, vista la mole di materiale documentale da rivedere e del quale riconsiderare il valore nell'ambito di una ricostruzione dei fatti che si avvicini il più possibile alla verità;
   ci dividono ormai ben trentasei anni dai 55 giorni che cambiarono il corso degli eventi nel nostro Paese ma tutt'ora, e nonostante l'estrema rilevanza politica e storica del caso, esistono molti documenti, custoditi dall'Archivio storico del Senato (nel quale sono stati riversati tutti i documenti emessi da diversi Enti acquisiti negli anni dalla Commissione Stragi e dalle precedenti Commissioni d'inchiesta), non disponibili perché classificati dagli enti che li hanno prodotti;
   su un totale di 54.792 pagine relative al caso Moro, ben 15.343 (circa il 28 per cento) di diversa provenienza sono attualmente classificate;
   si tratta di una cifra importante alla quale si aggiunge un altro elemento: non è ancora stato emanato il regolamento attuativo della legge di riforma dei servizi segreti (n. 124/2007) che disciplina la materia. Questa circostanza consente agli uffici di Aise ed Aisi di rispondere negativamente alle richieste di declassificazione di alcuni loro atti –:
   quando si intenda procedere, dando un grande segnale politico e culturale al Paese, alla totale declassificazione dei documenti prodotti da diversi enti relativi al caso Moro in considerazione del loro possibile impiego nell'ambito delle indagini in corso o affinché possano essere messi nella disponibilità di ricercatori e storici che inseguono da anni una verità irrinunciabile per l'Italia. (4-03885)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, SIBILIA e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 27 febbraio 2014, presso la «Scuola di Gomme» di Khan al-Amar (campo beduino situato tra Gerusalemme e Gerico), l'esercito israeliano ha confiscato le attrezzature di gioco dei bambini appena installate e donate dal Governo italiano;
   alcuni testimoni raccontano di aver avvistato un cosiddetto «drone», una sorta di televisore volante munito di telecamera e utilizzato dai coloni israeliani per spiare la comunità beduina Jahalin (circa 250 persone che vivono in quella zona da decenni) e, successivamente, di essere stati raggiunti dai militari israeliani inviati dall'amministrazione civile per i territori occupati i quali hanno comunicato ai presenti la confisca delle attrezzature donate dall'Italia ai bambini di Khan al-Amar;
   il rappresentante del consolato italiano giunto sul posto con due veicoli che trasportavano un'altalena a tre posti, uno scivolo con un tunnel e due scale, ha provato inutilmente a contestare la decisione e alla fine ha dovuto prendere atto della comunicazione delle autorità israeliane con conseguente confisca del materiale per «installazione illegale»;
   da anni a Khan al-Ahmar è impegnata la Ong Vento di Terra di Milano, che vi ha realizzato nel 2009 la citata scuola, appunto. Si tratta di una struttura ecologica e «non permanente» proprio per non contravvenire ai regolamenti militari israeliani che vietano la costruzione non autorizzata di edifici in area C. L'edificio è realizzato con argilla, legno e circa 2.000 vecchi pneumatici. Ciò consente di mantenere la temperatura delle aule ideale sia in estate che in inverno. L'istituto scolastico tanto particolare, quanto economico nella sua realizzazione, ospita circa 130 alunni, in buona parte ragazze di età compresa dai 6 ai 13 anni;
   i coloni israeliani di Kfar Adumin, giunti in quella zona in violazione, secondo la Corte internazionale di giustizia, dell'articolo 49.6 della quarta convenzione di Ginevra, stanno pressando l'amministrazione civile affinché i beduini vengano cacciati e la scuola distrutta. Ad oggi, infatti, è in corso una dura battaglia legale con i residenti di Kfar Adumim che hanno presentato per ben tre volte una petizione all'Alta Corte di Giustizia chiedendo che gli ordini di demolizione non fossero effettuati –:
   come il Governo intenda intervenire per ripristinare l'installazione del materiale da gioco donato dallo stesso Governo ai bambini di Khan al-Amar e difendere la struttura «Scuola di gomme» per la realizzazione della quale è stato decisivo il supporto della cooperazione italiana nel 2009. (5-02290)


   GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Roberto Berardi è un imprenditore italiano che da venti anni lavora in Africa. Nel 2008, dopo aver lasciato la propria attività in Costa d'Avorio a causa della guerra civile si trasferisce in Guinea equatoriale costituendo una società chiamata Eloba Costruzioni s.a. di cui deteneva il 40 per cento delle quote sociali. Nella stessa società era presente il figlio dell'attuale Presidente della Guinea, Teodoro Nguema Obiang Mangue, detentore 60 per cento delle quote;
   nel 2012 Berardi viene a conoscenza del fatto che Teodoro Nguema Obiang Mangue era stato indagato negli Stati Uniti per riciclaggio di denaro attraverso l'apertura di svariati conti correnti intestati alla stessa società utilizzando anche soldi la cui origine sembra possa essere ricondotta ad azioni di corruzione, appropriazione indebita, estorsione;
   pertanto Berardi prende atto che la società di cui è socio viene di fatto utilizzata per svolgere operazioni illegali e il 19 gennaio 2013 viene arrestato e trattenuto per ben 21 giorni e successivamente tradotto in carcere a Bata dove ancora oggi è detenuto;
   durante la detenzione lo stesso ha denunciato vari episodi di violenza perpetrati sulla sua persona dopo che il 26 agosto viene condannato a due anni e quattro mesi di reclusione. Dalla data dell'arresto è stato visitato da una delegazione consolare soltanto in un'occasione, il 14 dicembre 2013, da parte del segretario di ambasciata d'Italia in Camerun competente territorialmente anche per la Guinea;
   Berardi lamenta in una sua missiva indirizzata ai familiari di essere stato «privato di ogni sostegno economico, di essere isolato dal mondo» e di «non ricevere cure mediche e alimentazione sufficiente». Lo stato in cui vive viene descritto come disumano, in contrasto con il rispetto dei diritti sanciti dai princìpi e dalle leggi internazionali;
   in data 31 gennaio 2014 la moglie di Berardi ha sporto denuncia alla procura della Repubblica di Roma poiché dopo più di un anno di detenzione e di segnalazioni al Ministero degli affari esteri non si è verificato nessun miglioramento della condizione e del trattamento in carcere del nostro concittadino. Si aggiunge che lo stesso Berardi è riuscito a documentare attraverso l'uso di un telefono cellulare le conseguenze delle violenze subite durante la detenzione;
   Amnesty International riporta nei suoi documenti che in Guinea la tortura è una pratica diffusa nel Paese;
   il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale hanno deciso di ridurre i finanziamenti al Paese proprio per motivazioni carattere «etico» quali la ingente corruzione e la poca trasparenza nella gestione dei fondi –:
   se siano state poste in essere azioni mirate alla risoluzione del caso di cui trattasi;
   se il Governo abbia verificato se il nostro connazionale sia stato oggetto di violenze o torture, e se, in tal caso, non pensi di portare la vicenda all'attenzione della comunità internazionale. (5-02291)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da recentissime notizie di stampa si è appresa la terribile condizione in cui versano gli acquedotti di Roma Nord, contaminati da dosi massicce di arsenico. Ad effettuare le analisi sull'acqua è stata l'Asl Roma C ed i risultati hanno evidenziato «acqua con caratteristiche chimiche e batteriologiche ovvero solo batteriologiche non adatte al consumo umano a causa del superamento dei valori di parametro prescritti»;
   a seguito di tali analisi, l'assessorato allo sviluppo delle periferie, infrastrutture e manutenzione urbana di Roma Capitale ha emesso, tramite ordinanza n. 36 del 21 febbraio 2014, un divieto di utilizzo di acqua fino al 31 dicembre 2014, prospettando quindi dieci mesi di disagi per gli utenti di Roma Nord;
   al di là dei disagi, causati dal divieto dell'uso dell'acqua in modo totale, sia per l'utilizzo alimentare che per l'igiene personale, sembra incredibile che i residenti interessati non siano stati informati né dell'enorme pericolo né dell'ingente disagio che in migliaia saranno costretti a subire: l'ordinanza è del 21 febbraio ma è stata pubblicata sul sito del comune di Roma solo nella giornata del 1o marzo, e ad allertare i cittadini di Roma Nord sono stati esclusivamente i rumors sul web e gli organi di stampa;
   nell'atto emesso dal comune, si prevede tra l'altro di comunicare ai residenti l'emergenza con manifesti da affiggere in strada che però nessuno ha ancora visto. L'ordinanza è solo sul sito del comune di Roma, poco visibile in home page, mentre il sindaco Ignazio Marino si è limitato a ricordare che è a disposizione degli utenti il numero, a pagamento, di Roma Capitale: 06-060606 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e come intendano intervenire, per quanto di loro rispettiva competenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini di Roma esposti a così elevati fattori inquinanti, se del caso attraverso l'adozione di un piano di tutela sanitaria specifica;
   se e come si intendano informare adeguatamente gli abitanti sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
   se si intendano richiedere approfondite ispezioni nell'area in questione al comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-03850)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e MUCCI. —Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 4 marzo 2014 sul sito web del quotidiano Il Corriere della Sera è stato pubblicato l'articolo intitolato «Gli alberghi contro le agenzie online» in cui il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara, ha annunciato il ricorso all'Autorità garante della concorrenza e del mercato contro i due maggiori portali di ricerca di alberghi, Booking.com ed Expedia.com;
   secondo il massimo rappresentante dell'associazione di categoria, le due OLTA (on line travel agencies) internazionali porrebbero un limite alla concorrenza con una serie di vincoli presenti all'interno del contratto di accordo che ogni struttura ricettiva sottoscrive per comparire tra le loro segnalazioni;
   i vincoli principali denunciati dagli albergatori risiedono nella commissione corrisposta, particolarmente onerosa e che arriva generalmente al 30 per cento del prezzo finale pagato dal cliente, e la clausola di parity rate che impedisce agli albergatori di praticare prezzi più bassi di quelli comunicati dai due portali, pena l'estinzione del contratto e la conseguente ridotta visibilità sul web;
   per Nucara «è come se avessimo perso anche il diritto al nostro nome perché le agenzie online hanno una tale forza di indicizzazione che impedisce a noi di replicarla sui siti degli alberghi. Riconosciamo che abbiamo delle lacune ma qui siamo di fronte a due potenze di fuoco in grado di monopolizzare la Rete di per sé teoricamente aperta e concorrenziale»;
   inoltre i portali di comparazione dei prezzi degli alberghi Trivago.com e Kayak.com, tra i più famosi, sembrano essere al centro di un conflitto di interessi perché «entrambi sono controllati dalle stesse società a monte di Booking.com ed Expedia»;
   secondo lo studio dell'osservatorio sull’e-commerce Ipsos-Webloyalty, condotto su 1.500 consumatori online nel nostro Paese e pubblicato nel dicembre 2013, le compravendite digitali stanno riducendo il digital divide in Italia, colmando il gap tecnologico tra generi, generazioni e diversi livelli di istruzione;
   in particolare gli acquisti del settore turistico costituiscono il 43 per cento del totale e un quarto è riferito a servizi di ospitalità visto che dei 5 miliardi riferiti al 2013, il 75 per cento proverrebbe dalla vendita dei biglietti di viaggio (aerei e treni) mentre il 25 per cento dalla prenotazione alberghiera;
   le società di servizi che sviluppano la maggior parte del proprio business attraverso siti web e internet costituiscono il nucleo principale dell’e-commerce turistico nel nostro Paese, ma in questo settore sono principalmente avvantaggiate – escludendo grandi aziende come Italo, Alitalia e Trenitalia – le imprese straniere;
   secondo l'Osservatorio, infatti, i «top player» di questo e-commerce in Italia sono eDreams (Spagna), Expedia (USA), Venere (di proprietà Expedia) Lastminute.com (della statunitense Travelocity), Volagratis (Svizzera);
   è evidente che l'offerta turistica online, ampiamente sottostimata e poco organizzata, non consente all'intero comparto – che contribuisce al prodotto interno lordo con oltre 130 miliardi di euro – di svilupparsi appieno sostenendo l'occupazione e l'economia del Paese;
   i proventi dell'intermediazione turistica straniera online non possono essere tassati, sottraendo all'erario risorse finanziarie notevoli che potrebbero essere investite nella promocommercializzazione turistico-culturale –:
   quali iniziative s'intendano adottare per potenziare l'offerta turistica online nazionale, avvalendosi dell'ENIT, dei portali Italia.it e Naturitalia.it, in modo da sostenere lo sviluppo dell’e-commerce in un settore centrale per l'economia italiana, evitando al contempo il mancato introito per le casse dello Stato costituito dalla intermediazione online straniera;
   se, attraverso iniziative normative opportune e urgenti, si intendano vietare, qualora ve ne siano i presupposti, le clausole capestro attualmente contenute nei contratti sottoscritti dalle strutture ricettive con le OLTA, in modo da rimuovere un grave ostacolo alla libera concorrenza. (5-02288)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZARDINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 luglio 2013 il comune di Negrar ha deliberato il nuovo piano degli interventi che prevede numerosi ed importanti progetti nel Comprensorio della frazione Arbizzano e del capoluogo Negrar;
   nel comprensorio della frazione Arbizzano gli interventi previsti saranno realizzati proprio a ridosso della Pieve e di diverse ville storiche, tra le quali Villa Verità-Serego Alighieri, Villa Dall'Abaco Trevisani Fedrigoni, Villa Turco Zamboni, villa Albertini Zenatelli, villa Roverina-Messadaglia;
   uno degli interventi prevede in particolare la costruzione di alloggi residenziali per 3.624 metri cubi alle spalle della storica Pieve di Arbizzano, dove permangono resti del primitivo tempio romanico e dove verrebbe eliminata l'ultima, residua, cornice di verde che circonda il manufatto storico, con l'inevitabile compromissione dei valori culturali e paesaggistici dell'area;
   tre interventi di costruzione di volumi residenziali per quasi 12.000 metri cubi complessivi sono previsti nell'ambito o intorno alla zona classificata nel piano di assetto del territorio come «pertinenze scoperte da tutelare», in quanto si tratta dell'area dove sono presenti cinque ville storiche (uno di questi interventi è collocato a ridosso di villa Verità, attualmente proprietà della famiglia Sarego Alighieri, una delle ville più belle e conosciute della Valpolicella);
   questi interventi sono resi possibili fra l'altro dal discutibile meccanismo (adottato a piene mani dalla amministrazione di Negrar) della acquisizione di «crediti edilizi» in altre aree meno pregiate del territorio comunale e il loro atterraggio in zone ad alto valore commerciale, fra l'altro con una deroga ad avviso dell'interrogante di assai dubbia legittimità ai limiti di dimensionamento dei singoli A.T.O. fissati precedentemente con rigore dal piano di assetto del territorio (per esempio in qualche A.T.O. la volumetria prevista è stata fatta addirittura decuplicare);
   l'intero collegio docenti del corso di laurea in beni culturali dell'università di Verona ha sentito il dovere di esprimere la propria preoccupazione, parlando di un piano che provocherà «danni irreversibili» che porterebbero a «perdere di significato il rapporto millenario tra architettura e natura» concretizzatosi nella zona;
   centinaia di cittadini hanno aderito a petizioni ed inviato lettere al sindaco chiedendo di fermare questo piano degli interventi per salvare il proprio territorio;
   le operazioni immobiliari programmate non si giustificano in rapporto ai dati relativi alla crescita della popolazione, al consumo di territorio agricolo avvenuto negli ultimi anni e al numero di case sfitte o invendute presenti nel comune di Negrar;
   nel comprensorio del capoluogo Negrar sono previsti interventi destinati a destare il medesimo allarme in prossimità delle aree pregiatissime dal punto di vista paesaggistico e storico esistenti nella zona di Jago, Colle Masua, Crosara, Moron;
   il territorio del comune di Negrar, assieme ad altri comuni della Valpolicella, Sant'Anna d'Alfaedo e San Pietro in Cariano è stato dichiarato, con decreto ministeriale 23 maggio 1957, zona di «...notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497», «...riconosciuto che la zona predetta, oltre a formare un quadro naturale di non comune bellezza panoramica con le sue ville e parchi famosi, con le chiese romaniche, con le sue quattrocentesche case coloniche e con il verde dei vigneti ed oliveti, che copre per intero la parte collinare della valle, costituisce un insieme di grande valore estetico e tradizionale per la spontanea fusione dell'opera della natura con quella dell'uomo»;
   un gruppo di privati cittadini e le associazioni «Salvalpolicella – Osservatorio per la salvaguardia della Valpolicella» e «Il Carpino» hanno presentato al TAR Veneto un ricorso contro la parte del piano degli interventi, riferita ai territori oggetto della presente interrogazione, approvato con deliberazione di consiglio comunale n. 65/2013 (comune di Negrar – provincia di Verona) –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per verificare i fatti denunciati e scongiurare il nuovo scempio ai danni del territorio della Valpolicella. (4-03857)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
  con circolare n. 520 del 23 dicembre 2011, l'allora Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac), direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio e il personale, dava pubblicazione del decreto direttoriale 22 dicembre 2011, con cui veniva indetta una procedura selettiva interna per titoli, concernente gli sviluppi economici del personale del Ministero, all'interno delle aree funzionali per l'anno 2010, per le fasce retributive e per i profili professionali individuate in apposita tabella allegata al citato decreto;
   la procedura di selezione consisteva nella ricostruzione della carriera dei candidati attraverso la valutazione dei titoli professionali, culturali e di studio nonché nella valutazione dell'esperienza professionale maturata dal candidato sulla base dei criteri specificatamente contenuti negli allegati al citato decreto ministeriale. Con successiva circolare n. 66 del 22 febbraio 2012, il Ministero provvedeva a fornire ulteriori note esplicative relative al bando, ai titoli valutabili e alla compilazione dell'autocertificazione;
   alla procedura di selezione per gli sviluppi economici erano ammessi tutti i dipendenti appartenenti ai ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali in servizio alla data di pubblicazione del decreto, in possesso di 2 anni di servizio posseduti alla data del 31 dicembre 2009, nella fascia retributiva immediatamente inferiore, nel medesimo profilo professionale di appartenenza, a quella per la quale fosse richiesto lo sviluppo economico;
   i termini per la presentazione delle domande on-line di partecipazione alla procedura indicata, nonché della busta contenente il plico della domanda e della documentazione richiesta, inizialmente fissati per il 6 febbraio 2012, sono stati prorogati, dapprima al 30 marzo 2012 e, successivamente, al 31 aprile 2012;
   con decreto direttoriale 29 gennaio 2014 veniva pubblicata la graduatoria dei vincitori relativa agli sviluppi economici all'interno delle aree per l'anno 2010;
   in data 31 gennaio 2014, con circolare n. 48, a seguito di rilievi provenienti del supporto tecnico e da comunicazioni provenienti dalle sottocommissioni territoriali, la direzione generale del Ministero provvedeva al ritiro della circolare 43/2014 unitamente all'allegato citato decreto 29 gennaio 2014 e alla relativa graduatoria di candidati, «al fine di porre in essere i relativi approfondimenti istruttori e ad effettuare ulteriori controlli». Veniva, infatti, accertato che le graduatorie pubblicate presentavano taluni errori dovuti alla procedura tecnica di invio delle domande. In particolare, le graduatorie non sempre riflettevano le modifiche e le correzioni apportate dalle Commissioni sui dati dichiarati dai candidati o sui punteggi assegnati, portando così ad una disparità tra punteggi attribuiti e punteggi risultanti dalla graduatoria; 
   più in generale, a quanto consta all'interrogante, con la pubblicazione delle graduatorie di cui alla citata circolare 43/2014, sono emerse ulteriori anomalie e incongruenze nei punteggi, non necessariamente legate alla proceduta tecnica utilizzata, ma riconducibili direttamente alle modalità previste dalla circolare 520/2011 e all'attribuzione dei punteggi relativi ai titoli valutabili che, ove non correttamente applicati, cancellano di fatto l'esperienza e la professionalità acquisita dai singoli candidati, vanificando la ratio dell'intera procedura. Diverse perplessità sono state sollevate da candidati, sia nei pubblici forum di discussione dei dipendenti della pubblica amministrazione, sia attraverso missive inviate alle organizzazioni sindacali dei lavoratori del Ministero per i beni e le attività culturali in cui si auspicava un loro intervento volto ad esigere un più stringente controllo sulla documentazione presentata per le progressioni economiche;
   come noto, la procedura prevista dal decreto direttoriale 22 dicembre 2011 non prevedeva idonei, in quanto lo sviluppo economico viene attribuito ai candidati che hanno dichiarato un punteggio tale da poter essere inseriti nella graduatoria dei vincitori. Alla valutazione dei titoli e della documentazione prodotta dai candidati era preposta una commissione giudicatrice nazionale, articolata in sottocommissioni territoriali;
   con la pubblicazione delle graduatorie riviste e corrette, sarà comunque sempre possibile ai singoli candidati accedere alla propria posizione al fine di verificare il relativo punteggio e le modifiche apportate dalla commissione, intraprendendo, ove ritenuto il caso, iniziative per adire la giustizia amministrativa –:
   se sia a conoscenza delle numerose richieste di chiarimento pervenute alle commissioni territoriali, con particolare riferimento alla posizione ricoperta nella graduatoria e alle eventuali variazioni di punteggio attribuite rispetto a quanto dichiarato nella istanza di partecipazione; 
   se le commissioni territoriali abbiano provveduto alla verifica puntuale dei titoli prodotti in autocertificazione, per i quali non era prevista la validazione delle attività da parte del dirigente responsabile;
   se, al fine di garantire la necessaria trasparenza e in considerazione, da un lato, delle numerose osservazioni emerse relative a possibili difformità di valutazione dei titoli da parte del singole commissioni territoriali e, dall'altro, del ritiro delle graduatorie precedentemente pubblicate, anche al fine di ridurre al minimo eventuali contenziosi, l'amministrazione non ritenga doveroso disporre i controlli del caso sui titoli di tutti i candidati e non solo su quelli dei vincitori. (4-03865)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. —Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Faro della Vittoria di Trieste, costruito negli anni ’20 sul Poggio di Gretta a 60 metri dal livello del mare, ha svolto un ruolo fondamentale per la navigazione, oltre ad essere un monumento commemorativo in onore ai caduti della prima guerra mondiale;
   dopo sette anni di chiusura totale e alcuni restauri il monumento è stato aperto al pubblico, il 18 maggio 1986, grazie a una convenzione stipulata dal Ministero della difesa – da cui dipende la struttura – e la provincia di Trieste;
   il 5 marzo 2014 il quotidiano Il Piccolo di Trieste ha pubblicato l'articolo «Faro, addio riapertura. Fondi in pericolo» in cui si fa presente che la convenzione summenzionata è in fase di rinnovo tra le amministrazioni interessate e che attualmente il Faro non è aperto al pubblico;
   la riapertura, diversamente da quanto annunciato nel mese di ottobre 2013 dalla presidente della provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, non potrà avvenire il primo aprile 2014, perché, a causa del ritardo nel rinnovo della convenzione, sarebbe a rischio il finanziamento europeo di 60 mila euro ottenuto su un progetto transfrontaliero relativo ad iniziative culturali legate al centenario della prima guerra mondiale;
   le risorse economiche, disponibili solo dopo la sottoscrizione della nuova convenzione, sono essenziali per riqualificare l'ingresso del monumento, eliminando barriere architettoniche e riqualificando l'ascensore, il cancello e i servizi igienici;
   la Presidente della provincia di Trieste ha dichiarato che «a fine novembre avevamo chiuso il documento con tutte le richieste di Marina Fari di Venezia, modifiche e contromodifiche. La convenzione era stata inviata per la firma ai vertici della Marina. A tutt'oggi non ho avuto ancora risposta»;
   per sollecitare le autorità nazionali, la presidente il 26 febbraio 2014 ha inviato una lettera a La Spezia al comandante in capo del dipartimento Marina militare Alto Tirreno, ammiraglio di squadra Andrea Toscano, a cui, a quanto consta all'interrogante, non ha fatto seguito finora nessuna azione in favore della chiusura della procedura;
   l'indeterminatezza della data di riapertura del Faro di Trieste, oltre a compromettere il ricorso a fondi europei, rischia di modificare il calendario delle iniziative in programma per il centenario della prima guerra mondiale di cui costituisce parte integrante –:
   quali iniziative urgenti s'intendano adottare per concludere nel più breve tempo possibile la stipula della convenzione necessaria ad avviare i lavori di riqualificazione del Faro della Vittoria di Trieste e a garantirne la riapertura al pubblico, in modo da evitare la perdita del finanziamento europeo e la modifica del calendario degli eventi legati al centenario della grande guerra. (5-02284)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, CANCELLERI, PAOLO BERNINI, TOFALO, CORDA, BASILIO, FRUSONE e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 maggio 2012 veniva approvata la relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro a seguito dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta monocamerale al Senato «sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nano particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni»;
   tra le conclusioni alle quali la commissione era giunta si chiedeva al Governo di impegnarsi all'inserimento, a partire dalla legge di stabilità 2013, di un congruo ed adeguato finanziamento pluriennale dedicato alle opere di bonifica dei poligoni militari;
   tale misura di finanziamento fu originariamente inserita nel disegno di legge di stabilità per l'anno 2013 (articolo 8, comma 19, A.C. 5534), ma è stata successivamente stralciata da tale provvedimento in quanto ritenuta estranea al contenuto proprio della legge di stabilità (cfr. stralcio disposto dal Presidente della Camera e comunicato all'Assemblea nel corso della seduta dello scorso 16 ottobre 2012);
   in relazione allo stralcio in esame, in data 7 novembre 2012, il Ministro della difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola, in risposta all'interrogazione Cicu n. 3-02589 rilevava che «(...) il Governo aveva onorato l'impegno assunto in relazione agli esiti del lavoro della Commissione parlamentare. Questo impegno che il Governo aveva onorato inserendo la posta di 25 milioni per tre anni nella legge di stabilità è stato eliminato dalla Commissione bilancio. Nonostante questo, il Governo, e la Difesa in particolare, dimostrando attenzione e sensibilità alla tematica delle bonifiche dei poligoni, ha deciso di stanziare sul bilancio della Difesa 25 milioni per tre anni, e quindi lo stesso impegno assunto in legge di stabilità, per intraprendere l'attività di bonifica dei poligoni. In merito alle attività e ai siti in cui in via prioritaria stanziare queste risorse, in via prioritaria e inizialmente esse saranno stanziate per il risanamento e la bonifica del poligono di Salto di Quirra dove – è ben noto – c’è un'attività di indagine da parte dell'autorità giudiziaria di Lanusei. Quindi, sono già state iniziate le azioni propedeutiche alla attuazione dell'attività di bonifiche; attraverso l'attività di caratterizzazione delle aree è stata bandita una gara che verrà chiusa entro novembre, già prefinanziata con fondi della Difesa, e quindi noi pensiamo di iniziare le bonifiche all'inizio del 2013, a partire dal poligono di Salto di Quirra»;
   lo scorso 2 luglio 2013, in risposta all'interpellanza Piras n. 2-00023, il Governo ha reso noto che «la bonifica delle aree della regione Sardegna interessate dalla presenza di poligoni è stata finanziata, a decorrere dal 2013, per l'importo di 25 milioni di euro annui nel triennio 2013-2015, attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio del Dicastero»;
   relativamente ai poligoni di tiro della regione Puglia, nessun ulteriore riferimento a finanziamenti, per come previsto dalla relazione della commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, è stato mai fatto –:
   se il Ministro interrogato abbia comunque previsto, indicandone anche i riferimenti normativi e di stanziamento nel bilancio di questo dicastero, la bonifica delle zone militari a «rischio uranio» in Puglia: poligono militare di torre Nebbia, poligono marino del Golfo di Taranto, poligono militare di Punta Contessa e poligono militare di Torre Veneri. (4-03883)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con l'articolo 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è stata stabilita l'incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e dell'Agenzia del territorio rispettivamente, nell'Agenzia delle dogane e nell'Agenzia delle entrate;
   come indicato nella relazione resa dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi del comma 1 dell'articolo 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, il suindicato accorpamento è finalizzato al conseguimento di «obiettivi di risparmio, razionalizzazione gestionale ed efficientamento delle strutture». Una operazione che si inquadra, come precisato nel documento, «in una più ampia manovra di revisione degli apparati amministrativi, finalizzata a ridurre la spesa pubblica ma anche ad accrescere l'efficienza delle strutture». I risultati attesi comprendono il miglioramento dei servizi resi all'utenza, lo sviluppo della tax compliance, una maggiore efficacia della lotta all'evasione fiscale e, al contempo, la riduzione del costo attraverso lo sfruttamento delle economie di scala e di gestione;
   l'avvio del processo di accorpamento è stato accompagnato da un ampio dibattito di carattere politico, giuridico e sindacale, tuttora insopito, che ha messo più volte in discussione l'opportunità della manovra sia con riferimento ai pretesi guadagni di efficienza – tutt'altro che scontati – sia con riguardo all'ancor più delicato problema del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione che risulterebbe alterato e compromesso da ingiustificati processi di concentrazione delle burocrazie pubbliche;
   in particolare, dubbi sono stati sollevati sulla reale possibilità di conseguire sinergie operative ed economie di scala attraverso l'accorpamento di strutture con mission e operatività del tutto differenti quali l'Agenzia del territorio e l'Agenzia delle entrate o, come nel caso della gestione dei giochi, rispetto al funzionamento dell'apparato doganale;
   dall'esame delle esperienze di «merging» maturate negli altri Paesi europei non emerge una tendenza all'accorpamento tra le agenzie delle entrate e quelle del territorio né, tantomeno, dei giochi alle dogane. Nel Regno Unito, ad esempio, le attività del catasto sono separatamente attribuite al valuation office agency dell'HMRC, mentre le attività delle conservatorie dei registri immobiliari sono svolte da un'altra agenzia, la HM Land Registry. In Spagna entrate e dogane sono gestite dall'agenzia tributaria (Aeat), mentre l'attività del catastale della conservatoria è svolta direttamente dal ministero delle finanze. In Francia, ove non vige il sistema delle agenzie ma quello tradizionale ministeriale, l'attività del catasto, del demanio e della conservatoria dei registri immobiliari è gestita specificamente dal service France domaine della Dgfip e i dirigenti di questa struttura hanno un separato percorso di carriera rispetto agli altri burocrati. In tutte le citate esperienze, inoltre, i processi di accorpamento si sono rivelati difficili e costosi a causa dell'eterogeneità tecnica ed operativa delle funzioni conglobate e dell'adeguamento del sistema informatico e delle competenze dei funzionari;
   analoghe perplessità sono manifestate nella risoluzione in Commissione n. 8-00185 del 4 luglio 2012 ove «si evidenzia come eventuali accorpamenti o trasferimenti di funzioni da un settore all'altro dell'Amministrazione finanziaria, non potranno essere realizzati in forma generica, meccanica o irrazionale, ma debbano invece tenere attentamente conto delle diversità e delle omogeneità nelle attività svolte, dell'articolazione degli interessi pubblici coinvolti, delle peculiarità delle materie trattate, nonché delle necessità di assicurare un adeguato presidio territoriale e di rispondere alle legittime esigenze dei cittadini e degli operatori professionali». Nel medesimo documento si formula la fondamentale raccomandazione, con riferimento alle operazioni di riforma del catasto «di mantenere distinte le funzioni di attribuzione del valore e della rendita catastale dei fabbricati da quelle di accertamento e liquidazione dei tributi immobiliari basati su tali valori»;
   nel decreto-legge n. 4 del 2012 recante disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi è stabilito «all'articolo 1 al comma 3, alla lettera a) l'Agenzia delle entrate, in aggiunta alle assunzioni già autorizzate o consentite dalla normativa vigente, può procedere, per gli anni 2014, 2015 e 2016, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente corrispondente a una spesa non superiore a 4,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 24 milioni di euro per l'anno 2015 e a 55 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016»;
   il suindicato piano di assunzioni è destinato a soddisfare non solo le esigenze operative connesse allo svolgimento delle attività necessarie all'applicazione della disciplina sull'emersione e il rientro dei capitali detenuti all'estero ma anche al fine di potenziare l'azione di prevenzione e contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, assicurando l'incremento delle entrate fiscali e il miglioramento della qualità dei servizi;
   il piano di assunzioni nell'Agenzia delle entrate di cui all'articolo 1, comma 3, lettera a), decreto-legge n. 4 del 2014 il cui onere in capo alla collettività potrebbe superare l'ammontare di 80 milioni di euro nell'arco di un triennio e che è destinato per espressa previsione ad assicurare il mero funzionamento istituzionale dell'Agenzia delle entrate a giudizio dell'interrogante costituisce riprova dell'inefficacia e inefficienza del processo di accorpamento delle agenzie fiscali, deliberato neanche due anni prima proprio con l'obiettivo di ridurre il costo delle suddette amministrazioni in un'ottica di spending review –:
   se non si ritenga urgente e necessario fornire dettagliata esposizione circa l'effettiva sussistenza di economie di scala e sinergie operative nell'incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e dell'Agenzia del territorio rispettivamente, nell'Agenzia delle dogane e nell'Agenzia delle entrate, anche alla luce delle esperienze europee in materia di «merging» delle burocrazie fiscali;
   se non si ritenga di dover fornire, con la massima urgenza, una stima quantitativa di tali risparmi, se esistenti, sia con riferimento alle eventuali economie finora conseguite sia a quelle conseguibili nel medio e lungo periodo;
   se non si ritenga perniciosa per i diritti dei cittadini una così radicale strategia di compattazione delle burocrazie fiscali sotto l'egida di un unico vertice dirigenziale non soggetto al diretto controllo del Ministero, anche alla luce delle ben note iniquità ed inefficienze verificate nel sistema della riscossione di Equitalia S.p.a. che costituisce un precedente particolarmente illuminante di quella che all'interrogante appare la fallacia e la disfunzionalità di simili concentrazioni di potere;
   se non si ritenga di dover dare seguito a quanto previsto nella risoluzione in Commissione n. 8-00185 del 4 luglio 2012 con riferimento alle operazioni di riforma del catasto mantenendo, «distinte le funzioni di attribuzione del valore e della rendita catastale dei fabbricati da quelle di accertamento e liquidazione dei tributi immobiliari basati su tali valori» attraverso il conferimento delle summenzionate funzioni a distinte ed autonome amministrazioni o agenzie.
(2-00440) «Cancelleri».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASO e SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, all'articolo 11, comma 12-ter, ha introdotto il supporto della garanzia statale per i debiti di parte corrente delle pubbliche amministrazioni, diverse dallo Stato, contratti per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali e che siano conformi alle disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 7 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e certificati secondo le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 7 del medesimo decreto-legge;
   in tale contesto, il comma 12-sexies del predetto articolo 11, ha istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato nell'ambito di quanto previsto dal comma 9-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64;
   i termini e le modalità di attuazione dello strumento finanziario della garanzia dello Stato, ivi compresa la misura massima dei tassi di interesse praticabili sui crediti garantiti dallo Stato e ceduti ai sensi del presente comma, nonché le modalità di escussione della garanzia, sarebbero dovuti essere definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;
   la garanzia dello Stato di cui ai commi 12-ter e seguenti del decreto n. 76 del 2013 acquista efficacia solo ed esclusivamente in seguito all'atto dell'individuazione delle risorse da destinare al fondo. Pertanto, l'attuazione della predetta norma, e la conseguente facoltà di chiedere la garanzia statale sui debiti della pubblica amministrazione, sarà possibile solo dopo l'emanazione del decreto ministeriale, che, tuttavia, al momento, non è stato ancora adottato, nonostante siano passati ormai più di due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 76;
   appare sconcertante che, sebbene sia ormai ampiamente scaduto il termine per l'emanazione del decreto ministeriale, si sia ancora nella fase di predisposizione dello stesso, nonostante si tratti di un adempimento che risulta indispensabile al fine di tutelare i contribuenti in difficoltà a causa del malfunzionamento della pubblica amministrazione che non onora, nei termini prestabiliti, i propri debiti: grazie all'introduzione della garanzia statale, infatti, per le aziende sarebbe più facile ottenere l'anticipo delle somme cedendo il credito ad una banca o ad un intermediario finanziario e ottenere la liquidità necessaria ad affrontare un periodo di grave crisi economica quale quella attuale;
   un simile ritardo risulta ancor più incomprensibile se si considera che la norma è stata introdotta attraverso un emendamento proposto da parlamentari appartenenti alla «maggioranza»;
   in tale contesto appare dunque necessario stimolare l'Esecutivo al rispetto delle scelte assunte in materia dal legislatore, che il Governo è tenuto a rispettare puntualmente, soprattutto in un caso, come quello di specie, in cui la normativa da attuare risponde alle pressanti esigenze di una platea amplissima di cittadini -:
   quali iniziative intenda assumere al fine di pervenire in tempi brevissimi alla conclusione dell’iter attuativo della predetta normativa, e se intenda fornire indicazioni più precise circa i tempi di emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze previsto dal comma 12-sexies, articolo 11, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99. (4-03851)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo un monitoraggio congiunto di Caritas Italia e Save the Children, a due anni di tempo dal provvedimento che istituiva la social card con uno stanziamento complessivo di 50 milioni di euro, nessuna famiglia ha ancora potuto usufruire dei circa 400 euro mensili messi a disposizione per la spesa, anche se tutte le richieste sono già state approvate;
   la sperimentazione di questo strumento contro la povertà era stata istituita con decreto-legge del 9 febbraio 2012 e resa attuativa quasi un anno dopo. I 12 comuni coinvolti nella sperimentazione erano stati scelti tra i più popolosi d'Italia (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona) prima di estendere il beneficio al resto d'Italia. E così, dopo i 50 milioni di euro stanziati per il 2013, i 300 milioni stanziati per il 2014 e i 297 per il 2015, ancora nulla sta arrivando alle famiglie povere;
   altro problema, evidenziato dalle due organizzazioni, è che i beneficiari del sussidio sono stati individuati con criteri d'accesso troppo stringenti e in molti casi contraddittori, perciò molti che ne avrebbero diritto ne sono rimasti privati. In particolare, le famiglie devono dimostrare, attraverso modello ISEE ed altre documentazioni, di trovarsi in una condizione di «nuova povertà» (perdita del lavoro entro i 36 mesi precedenti la richiesta o contratto di lavoro con reddito inferiore a 4 mila euro nei sei mesi prima della richiesta), ma allo stesso tempo di essere già estremamente bisognosi (Isee di 3 mila euro l'anno, patrimonio mobiliare inferiore agli 8 mila euro, valore Ici abitazione inferiore a 30 mila euro e nessun nuovo veicolo acquistato di recente). Di fatto restano esclusi sia i «nuovi poveri» (per i criteri su abitazione, beni mobili e veicoli), sia coloro che da tempo sono in povertà assoluta (per il criterio di recente perdita del lavoro);
   la richiesta di Caritas e di Save the Children, è finalizzata, quindi, a migliorare i criteri per l'assegnazione e sveltire la procedura di erogazione dei 50 milioni di euro promessi due anni fa, anche perché in Italia la situazione non è più sostenibile e a farne le spese sono spesso i bambini: sono oltre un milione (1 minore su 10) quelli che nel 2013 hanno vissuto in condizione di povertà assoluta, in crescita del 30 per cento rispetto all'anno precedente –:
   quando si intendano sbloccare, in attesa di rivedere i criteri di assegnazione, i fondi previsti per questa tipologia di social card. (4-03859)


   GARAVINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti giornalistiche gli utenti di diverse banche italiane sono costretti a sostenere commissioni elevate (fino a 50 euro a bonifico) per effettuare o ricevere bonifici da o per l'estero;
   tali tariffe elevate penalizzano chi effettua operazioni con un basso importo e sono applicate anche per operazioni in uscita verso un Paese membro dell'Unione europea come la Francia e, in entrata e in uscita, per un Paese compreso nell'area europea dei pagamenti (SEPA: Single Euro Payments Area – area unica dei pagamenti in euro) come ad esempio la Svizzera;
   scopo della SEPA è la creazione di un mercato dei pagamenti armonizzato per offrire a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, la possibilità di effettuare e ricevere pagamenti in euro senza più differenze tra pagamenti nazionali ed europei, secondo condizioni di base, diritti e obblighi uniformi, indipendentemente dalla loro ubicazione;
   l'obiettivo della SEPA consiste nel realizzare un mercato unico, concorrenziale e innovativo per i servizi di pagamento in euro di importo non elevato, rimuovendo gli ostacoli di tipo tecnico e normativo che finora avevano impedito l'efficiente funzionamento dei servizi di pagamento all'interno di tale area; disponendo di procedure armonizzate per effettuare i pagamenti in tutti i Paesi europei, la SEPA dovrebbe, dunque, facilitare la libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi all'interno dell'area;
   tuttavia, nonostante le finalità precipue sopra segnalate, secondo le associazioni di categoria e dei consumatori, l'adesione alla SEPA sta comportando costi significativi per le banche; queste, a loro volta, li scaricano sui clienti, aumentando le commissioni sui bonifici, in assoluto disallineamento con gli obiettivi che la medesima SEPA intende perseguire;
   in generale, gli aumenti di tariffe sui servizi offerti deliberati a seguito di spese contingenti da imprese o società, raramente vengono abbattuti nel tempo, una volta recuperato l'ammontare della spesa per investimenti sostenuta;
   commissioni elevate sui bonifici all'interno dell'area euro non solo snaturano gli obiettivi precipui della stessa SEPA, ma potrebbero configurare una lesione dei principi fondanti il diritto europeo, quali la libera circolazione di merci e di capitali nello spazio europeo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esistenza delle diffuse disparità di trattamento per i clienti delle banche italiane, in relazione alle commissioni imposte sui bonifici internazionali, segnalate in premessa;
   se non ritenga necessario attivarsi, nell'ambito del proprie competenze, per superare l'esistenza di costi così elevati sui bonifici esteri, la cui permanenza potrebbe generare nei confronti dei cittadini italiani una disparità di trattamento rispetto ai cittadini di altri Paesi membri, compromettendo la libera circolazione di merci e di capitali all'interno dell'Unione europea;
   se non ritenga utile ricomprendere, nell'ambito delle proprie iniziative, anche quella di favorire la stipulazione di convenzioni o protocolli d'intesa fra le banche operanti in Italia in materia di bonifici internazionali. (4-03871)


   RIZZO, PAOLO BERNINI, CANCELLERI, BASILIO, ARTINI, SORIAL, CASO, CORDA, VILLAROSA, FRUSONE, ALBERTI, PESCO, CARINELLI, TRIPIEDI, BRUGNEROTTO, CURRÒ e MICILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 99 del 9 agosto 2013 ha convertito, con modificazioni il decreto-legge n. 76 del 28 giugno 2013. In sede di conversione sono stati aggiunti, all'articolo 11 di detto decreto-legge n. 76 del 2013, i seguenti commi:
    il comma 12-ter, che prevede, per i crediti certificati ai sensi del comma 6, articolo 7 del decreto-legge n. 35 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 64 del 6 giugno 2013 – cioè i crediti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012 –, l'assistenza della garanzia dello Stato;
    il comma 12-sexies, prevedeva l'emanazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione di detto decreto, la già citata legge n. 99 del 2013, di un decreto ministeriale che avrebbe dovuto sancire l'ufficialità e l'operatività della Garanzia dello Stato;
   detta garanzia statuale, non essendo previsto alcun beneficio della preventiva escussione della pubblica amministrazione debitrice, avrebbe dovuto comportare, per i creditori, la possibilità di chiedere il pagamento direttamente allo Stato, anche se condizionata all'istituzione di un apposito «Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato», come previsto dal comma 12-sexies, articolo 11 del decreto-legge n. 76 del 2013;
   la mancata emanazione del decreto ministeriale, di fatto, ad oggi, sta impedendo a tantissimi imprenditori e professionisti, creditori della pubblica amministrazione, di potere chiedere il pagamento direttamente allo Stato o di cartolarizzare i propri crediti, con conseguente aggravio della crisi finanziaria in atto;
   la mancata emanazione di detto decreto ministeriale, in quanto lesiva di un preciso obbligo legislativo, integra un inadempimento illegittimo dello Stato che potrebbe dar luogo a centinaia di migliaia richieste di risarcimento da parte dei creditori anzidetti –:
   se detto Ministero abbia già predisposto il decreto ministeriale riguardante la garanzia dello Stato;
   se sia stato previsto il Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato;
   se, riscontrando tale inadempienza, non si ritenga utile chiarire i motivi che hanno generato tali ritardi;
   se il Ministero abbia valutato l'eventualità che detto ritardo possa far sorgere richieste risarcitorie per il mancato adempimento e se sia stata fatta una stima, sia pure approssimativa;
   se il Ministro non preveda di assumere iniziative per definire degli indennizzi alle aziende creditrici delle pubbliche amministrazioni derivanti dalla mancata emanazione del decreto ministeriale su citato. (4-03876)


   POLVERINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che
   il comune di Ladispoli, nel 2011, ha avviato – e poco dopo fermato, suscitando l'intervento della stessa Corte dei conti – i lavori per la costruzione di un nuovo campo sportivo;
   solo dopo l'aggiudicazione e l'avvio dei lavori suddetti il comune si accorgeva che, per un clamoroso errore di progettazione, la tribuna dello stadio – di cui erano state nel frattempo gettate le fondamenta ed i relativi plinti di sostegno – interferiva con l'area di decollo della superficie per l'elisoccorso dell'attiguo PPI della ASL RM F;
   dopo due anni di blocco dei lavori a causa dell'insuperabile vincolo, invece di modificare il progetto del campo sportivo, il comune di Ladispoli raggiungeva un accordo con la ASL RM F e, soprattutto, con la regione Lazio, per spostare l'elisuperficie su un terreno di proprietà del comune stesso;
   la regione Lazio non è ancora uscita dal commissariamento imposto dal grave deficit economico della gestione della sanità e questo costringe il commissario governativo a forti tagli dei servizi e delle strutture, anche essenziali;
   a quello che risulta all'interrogante, nonostante i forti vincoli imposti dal Governo centrale al bilancio della sanità del Lazio, la regione si è fatta carico, attraverso i fondi per l'edilizia sanitaria, di sostenere le spese per la costruzione della nuova pista di atterraggio;
   il costo della stessa, a quello che risulta dalle notizie di stampa, sarebbe di circa 500 mila euro, cifra già importante ma comunque quattro/cinque volte superiore a quella spesa negli ultimi anni per simili opere;
   il PPI di Ladispoli già possiede una elisuperficie perfettamente funzionante, peraltro oggetto di critiche, all'epoca della sua costruzione, per l'alto costo dell'appalto, e non c'era alcun motivo per edificarne una nuova –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dei disavanzi sanitari regionali, sulla vicenda di cui in premessa e quali urgenti iniziative si intenda adottare per impedire che si spendano risorse pubbliche per un'opera, già esistente, al fine, evidente, di sanare un errore attribuibile esclusivamente all'amministrazione comunale. (4-03879)


   BARONI, ZOLEZZI, L'ABBATE, MANTERO, CECCONI, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, DI VITA, LOREFICE, GRILLO, SIMONE VALENTE, DI BATTISTA, SPADONI, FRACCARO, CORDA, BASILIO, SIBILIA, RIZZO, ARTINI, CRISTIAN IANNUZZI, TERZONI, PRODANI, CIPRINI, RIZZETTO, LIUZZI, BATTELLI, FRUSONE, BRUGNEROTTO, BRESCIA, SPESSOTTO, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo apparso sul sito Post.it, si apprende, che i giornalisti della Gazzetta dello Sport protestano per la nascita di un'agenzia di scommesse sportive interna al gruppo RCS, ipotizzando la nascita di un conflitto d'interessi;
   venerdì 17 gennaio 2014 il comitato di redazione della Gazzetta dello Sport, attraverso un comunicato sindacale pubblicato sul quotidiano, ha annunciato che gli articoli pubblicati venerdì e sabato non sono firmati in segno di protesta contro GazzaBet, un nuovo progetto legato alle scommesse sportive che il gruppo RCS – editore della Gazzetta, oltre che notoriamente del Corriere della Sera e di altre testate – avvierà nei prossimi mesi;
   stando a quanto riportato nel comunicato, GazzaBet sarà un'agenzia di scommesse sportive online interna al gruppo RCS ma gestita da un operatore esterno, sfruttando il marchio e il nome «Gazzetta dello Sport»;
   diversi bookmakers già presenti in Italia e nel mondo hanno nomi composti con la parola «bet», «scommesse», infatti l'iniziativa ricorda quella intrapresa dal quotidiano sportivo spagnolo Marca, anch'esso controllato da RCS, con l'agenzia di scommesse sportive online Marca Apuestas;
   i giornalisti della Gazzetta dello Sport che contestano l'iniziativa hanno sollevato una serie di questioni «di carattere etico giuridico e deontologico» e una – piuttosto consistente – legata a un possibile conflitto di interesse che si verrebbe a creare all'interno di RCS, infatti tra gli azionisti del gruppo Rcs, si legge nel comunicato, ci sono anche diversi proprietari di importanti club della Serie A di calcio come l'Inter, la Juventus, la Fiorentina e il Torino;
   con l'apertura di un'agenzia di scommesse interna a RCS, alcuni azionisti del gruppo si ritroverebbero di fatto proprietari allo stesso tempo:
    a) di squadre di calcio;
    b) del più importante e letto quotidiano sportivo italiano;
    c) di un'agenzia di scommesse che proporrebbe puntate anche sulle partite di calcio delle loro squadre;
   i giornalisti temono che questa condizione possa compromettere l'indipendenza del giornale e per questo hanno minacciato due giorni di sciopero: «se le prossime comunicazioni dell'editore saranno ritenute, ancora una volta, lesive della loro credibilità, irrispettose della loro professionalità e insufficienti a tutelare il sacrosanto diritto a essere informati in modo imparziale e senza alcun condizionamento»;
   secondo il comitato di redazione, le proteste dei giornalisti sono portate avanti anche nell'interesse di altri eventuali inserzionisti pubblicitari, che contano proprio sull'indipendenza e sull'imparzialità di Gazzetta dello Sport per promuovere i loro prodotti;
   la nuova piattaforma di scommesse dovrebbe comunque partire entro l'inizio dei Mondiali di calcio in Brasile (12 giugno) e l'amministratore delegato di Rcs Mediagroup, Pietro Scott Jovane, ha detto che Gazzabet è «un'opportunità per assecondare i desideri dei lettori» e che «si possono verificare nuovi modelli di interazione con il pubblico se si hanno i migliori giornalisti del settore, avendo grande capacità di distinguere i ruoli»;
   il comitato di redazione della Gazzetta dello Sport ha pubblicato, lo scorso 18 gennaio 2014, un comunicato in cui invita i lettori a firmare una petizione online contro l'iniziativa, il comunicato del comitato di redazione della Gazzetta dello Sport, segue una serie di proteste dei giornalisti di altre testate di RCS, sempre legate alla necessità di trovare nuove fonti di introito per il gruppo, messo in difficoltà come molti altri dalla crisi del mercato pubblicitario e delle vendite;
   il dato preoccupante che emerge, oltre al possibile conflitto di interessi all'interno del Gruppo RCS, è nella percentuale che l'Italia rappresenta nel gioco on line e di scommesse in genere, con un 23 per cento del mercato mondiale del gioco on line, il tutto con l'1 per cento della popolazione mondiale;
   il mercato del gioco d'azzardo legale in Italia, che ha superato nel 2012 gli 88 miliardi di euro – e a cui andrebbero aggiunti almeno 10 miliardi per quello illegale – costituisce, secondo un recente rapporto dell'associazione Libera («Azzardopoli, il paese del gioco d'azzardo», 2012), la terza impresa del Paese;
   le famiglie che rischiano un indebitamento estremo causa del gioco d'azzardo e delle scommesse e che possono diventare soggette al racket dell'usura, sono circa 3 milioni, ossia circa il 25 per cento delle famiglie italiane, percentuale che aumenta nel Mezzogiorno, dove raggiunte il 30 per cento;
   secondo il CNR che ha effettuato una analisi dei dati OPSAD Italia 2010-2011, il fenomeno del gioco ha finora prodotto, nel nostro Paese, circa 1.000.000 giocatori patologici e che altri tre milioni di persone si trovano in una situazione di rischio e necessitano di cure, attività di prevenzione e sostegno sociale da parte delle autorità locali e sanitarie;
   all'erosione delle percentuali incassate dall'erario, al rischio usura e indebitamento delle famiglie italiane, bisogna aggiungere le spese necessarie per la cura della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, che per le centinaia di migliaia di cittadini in queste condizioni ammontano a cifre comprese tra i 5 e i 6 miliardi di euro annui, in tale contesto bisogna tener conto, anche dei costi sociali legati alla diffusione della sindrome GAP, soprattutto tra i giovani e i pensionati, con il conseguente indebitamento e l'erosione dei patrimoni delle famiglie, che di conseguenza divengono più facilmente soggette al rischio di cadere nelle maglie del racket dell'usura –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se i Ministri interrogati intendano porre in essere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate ad impedire conflitti di interesse come quelli denunciati in premessa al presente atto, contra- stando in maniera efficace consistenti danni alle pubbliche finanze nonché significativi disagi economici e sociali.
(4-03881)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in forza del disposto dell'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, ha proceduto ad avviare, negli uffici giudiziari, percorsi formativi di completamento per i lavoratori cassintegrati, in mobilità, i lavoratori socialmente utili o i disoccupati e gli inoccupati che, a partire dall'anno 2010, hanno partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso le strutture giudiziarie;
   tali percorsi formativi di completamento, che hanno coinvolto più di 3.000 unità sono stati attivati in tutti gli uffici giudiziari interessati e sono terminati nel 2013;
   la legge 27 dicembre 2013, n. 147, meglio nota come legge di stabilità 2014, rinnovando tale esperienza, ha previsto, per il corrente anno, la realizzazione di un nuovo progetto formativo di perfezionamento, per coloro che hanno svolto percorsi formativi di completamento nell'anno 2013, ma ad oggi il Ministero della giustizia, titolare del relativo progetto, non ha ancora dato seguito a tale disposizione di legge; 
   in un recente incontro presso il Ministero della giustizia alla delegazione dell'Unione precari giustizia è stata data rassicurazione dell'imminente rientro dei tirocinanti, ma la stessa è stata anche informata del fatto che le risorse all'uopo stanziate non arriverebbero a 15 milioni di euro, come previsto dalla legge di stabilità 2014, ma a 7,5 milioni, sufficienti per appena 230 ore a lavoratore e per una retribuzione di circa 2.300 euro lordi l'anno;
   le carenze di organico del personale amministrativo continuano ad essere una costante dell'apparato giudiziario, a causa anche del blocco del turn over e delle norme per il contenimento della spesa, con conseguenze negative sul funzionamento stesso degli uffici giudiziari e del sistema giudiziario nel suo complesso;
   proprio per garantire comunque il funzionamento degli uffici, per mantenere un ausilio e una collaborazione al personale di ruolo, i dirigenti degli uffici giudiziari hanno attivato nel corso degli anni convenzioni e implementato progetti che hanno immesso nelle loro strutture lavoratori di aziende colpite dalla crisi –:
   se siano vere le notizie riportate dall'Unione precari giustizia ed, in caso affermativo, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere a garanzia dello stanziamento previsto dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 per il perfezionamento del tirocinio, pari a 15 milioni di euro. (4-03854)


   MATTIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che nella giornata di martedì 4 marzo 2014, Totò Riina è stato colto da malore mentre si trovava nella sua cella del carcere di Opera;
   il boss mafioso è stato portato d'urgenza in ospedale: nonostante non siano ancora certe le ragioni del malore, i medici pare abbiano escluso l’ictus o l'infarto che, in un primo momento, sembravano essere all'origine del cedimento di Riina, da ricercarsi, pare, in un'intossicazione alimentare;
   le notizie in merito all'accaduto appaiono abbastanza vaghe –:
   se il Ministro non ritenga di dover far luce e riferire con precisione in merito alle specifiche patologie che hanno indotto al ricovero esterno del boss Totò Riina, e se non ritenga opportuno appurare puntualmente, per quanto di competenza, con quali persone il Riina sia entrato in contatto per il trasporto dal carcere all'ospedale e per le successive cure presso la struttura sanitaria. (4-03861)


   LABRIOLA e CATALANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il «braccialetto elettronico» fu introdotto dal decreto-legge n. 341 del 2000, convertito con modificazioni dalla legge n. 4 del 2001, con l'obiettivo specifico di affievolire l'emergenza legata al sovraffollamento carcerario, ma purtroppo la media di utilizzo nel 2010 non superò i dieci braccialetti l'anno con una spesa di diversi milioni di euro;
   in dieci anni, dal 2001 al 2011, lo Stato ha speso poco più di 81 milioni di euro per l'utilizzo di circa 14 braccialetti elettronici. È quanto ha messo nero su bianco dalla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, nel testo della deliberazione numero 11 resa nota il primo ottobre 2012, emanata in relazione a diverse situazioni di criticità che oggi gravitano attorno al pianeta carcere. E, tra queste, la magistratura contabile ha dedicato un apposito capitolo all'utilizzo del braccialetto elettronico;
   nell'ambito delle misure alternative all'arresto o alla detenzione in carcere è stata prevista dal 2001 (ex articolo 16 del decreto-legge n. 341 del 2000) la possibilità di controllare a distanza e senza oneri diretti di sorveglianza il soggetto arrestato e/o detenuto nel domicilio, attraverso l'applicazione, al polso o alla caviglia, di un «braccialetto elettronico» realizzato in modo tale da segnalarne gli spostamenti dai limiti del domicilio;
   l'analisi della Corte, pertanto, richiama l'attenzione sulle circostanze dell'introduzione di tali sistemi, sul contratto di fornitura e sui livelli di spesa complessiva sostenuti «al solo fine di poter esprimere una valutazione sulla redditività ed opportunità gestionale e di ottenere conferme, correzioni o cessazioni dell'impiego di tali strumenti»;
   la Corte ha rilevato che la convenzione stipulata con Telecom, prevede, oltre il noleggio e la manutenzione, anche la gestione operativa della piattaforma tecnologica, che rappresenta la componente finanziariamente più onerosa. Nel periodo di vigenza della convenzione, comunque rinnovata dal Ministro Cancellieri sino al 2018, il costo del sistema ha superato i 10 milioni annui. In particolare, l'Amministrazione dell'interno ha convenuto con Telecom un importo, una tantum, di 8,64 milioni di euro (Iva esclusa) per l'attivazione del servizio ed un compenso annuo di 9,083 milioni di euro (sempre Iva esclusa), in rate semestrali, pari, per 8 anni, a 72.664.000,00;
   in totale, la magistratura contabile, ha rilevato che sono stati spesi 81,3 milioni di euro. Nonostante lo stesso Viminale avesse sollevato dubbi per lo scarso utilizzo del braccialetto elettronico e il relativo elevato costo, la Corte ha rimarcato che il contratto con la Telecom è stato rinnovato, migliorato tecnologicamente e prevedendo un aumento del numero di dispositivi utilizzabili (da 400 a 2.000), in relazione a un potenziale incremento delle richieste da parte dell'autorità giudiziaria connesse a misure collegate con il decreto svuota carceri;
   nel frattempo, comunque, si è inserita Fastweb che ha deciso di presentare ricorso al TAR contro l'accordo e a quel punto si è scatenata la battaglia di fronte alla giustizia amministrativa con tanto di annullamento della convenzione da parte del tribunale regionale e il successivo intervento del Consiglio di Stato che ha respinto il contro-ricorso Telecom, rimandando però tutto alla Corte di giustizia dell'Unione europea;
   la recente approvazione della legge di conversione del decreto n. 146 del 2013 cosiddetto «svuota-carceri», poi convertito con modificazioni dalla legge n. 10 del 2014 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di venerdì 21 febbraio prevede tra le altre misure l'utilizzo dei braccialetti elettronici che da adesso in poi saranno la regola e non più l'eccezione;
   ad oggi comunque e nonostante le nuove prescrizioni di legge quello che in Italia è uno strumento che stenta a decollare, in altri Paesi, Gran Bretagna, Francia e in Russia è una realtà consolidata –:
   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intenzione di assumere per garantire anche nel nostro Paese l'uso corretto del braccialetto elettronico;
   quali azioni intendano avviare per assicurare la massima trasparenza nell'affidamento dei relativi appalti;
   quali iniziative concrete abbiano intenzione di assumere per verificare il corretto funzionamento di tale dispositivo in merito alla copertura del segnale di rilevamento che sembra essere il più rilevante dei problemi che sino ad ora ne hanno impedito il corretto utilizzo.
(4-03877)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELL'ORCO e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2011 è scaduta la concessione tra ANAS ed Autostrade Centro-padane per la gestione del tratto autostradale A21 tra Piacenza e Brescia. All'interno di tale convenzione, in accordo con ANAS, sono state messe in cantiere una serie di opere anche in provincia di Piacenza tra cui la variante su nuova sede della strada provinciale n. 6 cosiddetta «Tangenziale di San Giorgio», appaltata dalla Società Centropadane spa;
   la suddetta tangenziale di San Giorgio costituisce un miglioramento nell'adduzione alla rete autostradale ed è necessaria per la fluidificazione del traffico lungo la strada provinciale n. 6 nei centri abitati di Crocetta e San Polo nel comune di Podenzano e nel centro abitato del capoluogo del comune di San Giorgio Piacentino;
   i lavori sono stati avviati in data 7 giugno 2010 e, attualmente, lo stato di avanzamento lavori risulta pari a circa il 31 per cento, ma, a causa della scadenza della concessione, la società Centropadane spa non è in grado di proseguire nell'appalto e, di conseguenza, i lavori risultano interrotti presentandosi il cantiere in stato di semi abbandono;
   la procedura di gara per la scelta del nuovo soggetto concessionario è stata avviata dall'ANAS nel 2012, ma quest'ultima non è più competente in materia, in quanto dal 1o ottobre 2012 le funzioni di concedente sono state trasferite alla struttura di vigilanza sui concessionari autostradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la procedura di gara risulta tuttora in corso e in attesa della pronuncia del CIPE in merito allo schema di convenzione ed al piano finanziario, successivamente alla quale la procedura di gara potrà proseguire il suo corso. Per agevolare la ripresa dei lavori la provincia di Piacenza ha addirittura anticipato le somme dovute ai proprietari dei terreni espropriati;
   l'assegnazione della gestione del tratto autostradale in questione è fondamentale, affinché si concretizzino le condizioni per la ripresa dei lavori del cantiere della cosiddetta «Tangenziale di San Giorgio» senza la quale vari centri densamente abitati della provincia di Piacenza si trovano a vivere un forte disagio dovuto all'inquinamento acustico e ambientale;
   è doveroso inoltre considerare che, con ulteriori ritardi nella ripresa dei lavori della suddetta variante alla strada provinciale n. 6, lo stato del cantiere rischia di deteriorarsi ulteriormente richiedendo, in futuro, ulteriori stanziamenti finanziari per il ripristino delle opere già realizzate –:
   quali siano le azioni che il Ministro intende porre in atto al fine di giungere in tempi certi e rapidi alla conclusione delle procedure di affidamento della concessione del tratto autostradale A21 Piacenza-Brescia, in modo da consentire l'ultimazione dei lavori relativi alla variante su nuova sede della strada provinciale n. 6, cosiddetta «tangenziale di San Giorgio». (4-03862)


   CAPONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 febbraio 2014, a firma del Presidente Piernicola Leone De Castris e del vice presidente vicario con delega alla logistica Vito Margiotta, l'Associazione degli Industriali di Lecce ha inoltrato all'attenzione del Ministero infrastrutture e dei trasporti, e per conoscenza al presidente della giunta regionale pugliese Vendola e agli assessori allo sviluppo economico e ai trasporti Loredana Capone e Giovanni Giannini, una lettera relativa alla riapertura dello scalo ferroviario merci di Surbo; struttura realizzata circa 30 anni fa e da tempo inattiva;
   obiettivo della lettera, dei firmatari e dell'intera Confindustria Lecce è sollecitare l'attenzione del Ministro perché voglia intervenire su Ferrovie dello Stato «affinché lo Scalo Merci di Surbo sia comunque restituito al traffico merci»;
   come ricordato nella lettera e sottolineato con ampio risalto sugli organi di stampa odierni, si tratta di una struttura realizzata con «cospicui finanziamenti pubblici nel corso degli anni ’80 e ’90, dismessa, per decisione di Ferrovie dello Stato Logistica SpA (azienda del Gruppo F.S.), inibendola totalmente all'utilizzo delle aziende del Salento e della Puglia Meridionale, private, pertanto, della possibilità di utilizzare il trasporto ferroviario»;
   a partire dal settembre 2013, con il supporto della regione Puglia, e attraverso l'intervento dell'assessorato ai trasporti e dell'assessorato allo sviluppo economico, era stato avviato un Tavolo di trattativa con il Gruppo Ferrovie dello Stato, con il fine di giungere ad un accordo per la riapertura dello scalo merci, tavolo riunitosi in data 4 settembre, 14 e 29 novembre 2013, 30 gennaio e 25 febbraio 2014;
   nello specifico, evidenzia la lettera già all'attenzione del Ministro, «era stata condivisa la proposta di addivenire alla stipula di un contratto di affitto della durata di sei anni, da intendersi tacitamente rinnovato di altri sei anni, salvo disdetta esplicita, da far pervenire, nei tempi dovuti. Il canone annuo complessivo era stato ipotizzato in euro 40,000,00 per i primi sei anni, soggetto a rivisitazione per i successivi ulteriori sei anni, con possibilità di aumento ad un massimo del 100 per cento con esclusivo carico sul soggetto individuato da Confindustria Lecce delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. In subordine, era stata altresì ipotizzata la stipula di un contratto di affitto alternativo, per la durata di sei anni, rinnovabile di altri sei anni, con un canone annuo complessivo di euro 80.000,00 per i primi sei anni, da rivisitare per i successivi sei anni, con la possibilità di aumento sino al 50 per cento, con esplicita contemplazione dell'opzione all'acquisto ad un prezzo fissato dai rappresentanti del gruppo Ferrovie dello Stato ad euro 3.000.000,00, con scomputo dei canoni di affitto già pagati»;
   come si comprende, le proposte avevano il molteplice obiettivo di: recuperare una infrastruttura logistica costata importanti risorse pubbliche; restituire alle imprese salentine e meridionali uno snodo strategico per il trasporto delle merci, confermando la ottimale posizione epicentrica dello Scalo; ottimizzare il rapporto costi/benefici quanto mai centrale in un momento di spending review come l'attuale; confermare il ruolo centrale delle imprese nel rilancio territoriale e in una strategia di sviluppo dal momento che, come più volte affermato al tavolo, la stessa confindustria Lecce si era impegnata, con il consenso unanime, a dar vita ad una aggregazione di imprese avente ad oggetto proprio la gestione ed il rilancio della infrastruttura in questione, avanzando a tal fine le concrete proposte contrattuali prima esplicitate;
   tale trattativa, si legge ancora nella lettera inviata al Ministro, si sarebbe ad un tratto bruscamente e definitivamente interrotta, annullando tutte le proposte precedentemente avanzate. Da ultimo Ferrovie dello Stato SpA ha, inopinatamente, comunicato la propria indisponibilità a dare attuazione alle proposte precedentemente definite per il riutilizzo dello Scalo Merci di Surbo, mentre «la subentrata Ferservizi Spa (Gruppo Ferrovie dello Stato SpA) ha, dal canto suo, comunicato, alla vigilia dell'incontro, fissato per il 25 febbraio u.s., presso l'Assessorato Regionale Pugliese ai Trasporti, anche la propria indisponibilità a partecipare in quanto Ferrovie dello Stato, proprietaria del compendio di Surbo-Lecce, affermando che “venuto meno l'interesse di Trenitalia SpA sullo stesso compendio, la proprietà, pur confermando l'intenzione di porre in tempi brevi sul mercato in vendita lo stesso, è disponibile a valutare una eventuale locazione solo per l'intera consistenza ad un canone annuale di euro 200.000,00 circa, contratto di locazione da trasferirsi in capo all'eventuale nuovo proprietario in caso di vendita. Tale condizione è essenziale al fine di evitare costi dello scalo con conseguenti problemi attinenti la custodia e la gestione dei servizi. In ogni caso, per procedure inderogabili di Gruppo, la locazione, come la vendita, dovrà essere sottoposta ad una gara pubblica”»;
   la brusca interruzione del tavolo di confronto e trattativa, così come il subentro di un'altra sigla e società, stante anche il comportamento di Ferrovie dello Stato nel corso dell'intera trattativa, hanno indotto Confindustria a ipotizzare che «Ferrovie dello Stato abbia artatamente voluto impedire il raggiungimento di un accordo, che pure sembrava già definito, in favore di una decisione di definitiva dismissione della infrastruttura in questione»;
   infrastruttura che, facendo nostro il punto di vista delle imprese, è fondamentale per lo sviluppo del Salento nel più ampio contesto delle scelte logistiche regionali e meridionali –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro in una interlocuzione con Ferrovie dello Stato vive perché lo Scalo Merci di Surbo sia restituito al traffico merci a servizio dell'intero sistema economico e produttivo del Salento e della Puglia Meridionale che, in caso contrario, sarebbe privata dell'unica infrastruttura esistente per il traffico merci su rotaia, con conseguenze negative sia sul fronte della competitività delle imprese e sia sul fronte dell'impatto ambientale e della sicurezza;
   se il Ministro non intenda, attraverso un confronto con FS, sostenere, sia pure indirettamente, un progetto d'impresa che vede nell'aggregazione e nell'investimento di risorse private il metodo e nell'infrastrutturazione territoriale a servizio delle imprese l'obiettivo, in questo coerentemente con quanto auspicato dagli stessi rappresentanti del Governo che, a più riprese, hanno sostenuto la necessità e l'urgenza che le imprese fossero interlocutrici e parti attive del rilancio economico, soprattutto in un territorio, quello meridionale, gravemente penalizzato anche dalla cronica carenza di infrastrutture della logistica a servizio delle aziende, nei cui bilanci la voce trasporti occupa, spesso un posto rilevante e penalizzante nelle dinamiche di competitività e posizionamento sui mercati interni ed esteri. (4-03869)


   CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo de La Sicilia e su quanto dichiarato da «CISL SICILIA», la tratta ferroviaria Canicattì-Licata-Gela- Siracusa è una delle peggiori linee ferroviarie italiane per offerta ai viaggiatori. Il rapporto pendolari 2013 traccia un quadro impietoso dell'importante infrastruttura interprovinciale siciliana;
   da gennaio 2012 a oggi sono stati soppressi ben 6 mila treni regionali e solo 1.500 sono stati sostituiti dai bus. Sono solo due le navi utilizzate per l'attraversamento dello Stretto;
   a questi maggiori problemi si aggiungono tratte inadeguate, treni vecchi che si guastano, biglietterie chiuse, mancanza di sottopassaggi, degrado della qualità dei servizi, vetture sovraffollate nelle fasce orarie pendolari;
   sono ormai 30 anni, che i siciliani attendono il completamento del raddoppio della Catania-Messina e l'ammodernamento delle linee Palermo-Catania e Palermo-Trapani;
   sui 130 milioni di euro richiesti dal compartimento Rete ferroviaria italiana di Palermo per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle linee ferrate dell'isola, pare che RFI abbia dato il consenso per soli 24 milioni di euro e i restanti siano destinati verso investimenti utili a potenziare l'alta velocità del Nord Italia –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti;
   se intenda intervenire circa lo stanziamento dei fondi richiesti dal compartimento RFI Palermo, alla luce del fatto che nell'ultima legge di stabilità sono stati stanziati 500 milioni di euro per la manutenzione straordinaria di Rfi;
   se intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, affinché il servizio offerto ai pendolari sia decoroso ed efficiente. (4-03873)


   D'UVA, PARENTELA, BALDASSARRE e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio per le autostrade siciliane è un ente pubblico regionale non economico sottoposto al controllo della regione siciliana, costituito nel 1997 dalla unificazione (articolo 16, lettera B, della legge n. 531 del 1982) di tre diversi consorzi concessionari ANAS operanti in Sicilia;
   gli scopi sociali del Consorzio per le autostrade siciliane risultano essere il completamento dei lavori di costruzione non ancora realizzati delle autostrade Messina-Palermo, Messina-Catania-Siracusa e Siracusa-Gela, la realizzazione di eventuali altre iniziative nel settore autostradale e stradale di cui il consorzio dovesse risultare concessionario o affidatario, nonché l'esercizio dell'intera rete assentita in concessione o affidata;
   il Consorzio per le autostrade siciliane è attualmente concessionario ANAS di due importanti arterie autostradali della regione siciliana, l'Autostrada «A20», che collega la città di Messina e la città di Palermo, e l'Autostrada «A18», la quale unisce le città di Messina e Catania, facente parte dalla asse viario europeo «E45»;
   ad oggi risultano essere diversi i procedimenti aperti dalla procura della Repubblica italiana a carico del consorzio, a causa di presunti sprechi di denaro pubblico, nonché per la mancanza di adeguati sistemi di sicurezza e di manutenzione nei tratti autostradali da esso direttamente gestiti, nonostante il contratto di concessione li preveda quali elementi essenziali;
   dai documenti dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture emerge che a carico del consorzio per le autostrade siciliane è stata richiesta la decadenza dalla concessione con decreto interministeriale n. 457 del 5 luglio 2010, registrato alla Corte dei conti in data 4 novembre 2010, e notificato alla società concessionaria in data 29 novembre 2010;
   al provvedimento ha avuto seguito un lungo contenzioso conclusosi con sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa in cui veniva dichiarato nullo il decreto interministeriale del 5 luglio 2010, n. 457, dichiarante la decadenza della concessione di costruzione e di esercizio;
   così come riportato da diversi quotidiani locali in data 11 novembre 2013, tra i quali il giornale consultabile anche online «la Gazzetta del Sud», la società Anas avrebbe già inviato al consorzio per le autostrade siciliane una lettera ufficiale, all'interno della quale viene richiesta «una lunga serie di giustificazioni in ordine ad inadempienze circa la sicurezza stradale, minacciando altresì la revoca della stessa concessione, con contestazioni che spaziano dalla manutenzione delle piste alla segnaletica sia orizzontale che verticale, dai guardrail agli impianti elettrici, dalle opere in verde agli impianti telematici di esazione», in riferimento sia al tratto autostradale «A18», sia al tratto «A20»;
   attualmente i cittadini siciliani che intendono usufruire delle tratte autostradali «A18» e «A20», sono tenuti al pagamento di un pedaggio stradale, vista la vigenza della concessione del tratto al Consorzio per le autostrade siciliane, per l'utilizzo delle infrastrutture e per i servizi offerti agli utenti;
   il pagamento di un pedaggio autostradale per la percorrenza del tratto (ticket) può trovare giustificazione in tutti quei casi in cui la società divenuta concessionaria del tratto viario considerato, si impegni contrattualmente ad assicurare un servizio migliore di quello altrimenti offerto dalla rete stradale non affidata a gestione esterna, ovvero a sostenere le spese per l'ammodernamento, l'innovazione, la gestione e la manutenzione del tratto considerato;
   attualmente risultano diversi i sinistri direttamente ovvero indirettamente imputabili a inadempienze nella sicurezza e nella manutenzione stradale, così come riportato dall'associazione italiana «Confconsumatori Nazionale» in data 8 febbraio 2011;
   la stessa società è stata ammessa parte civile dal giudice monocratico del tribunale di Messina, dottoressa Militello, nel procedimento penale che vede imputati due dirigenti del Consorzio autostrade siciliane per il reato di omicidio colposo per la morte di un giovane deceduto all'età di 24 anni, a seguito di un incidente autonomo che ha coinvolto l'autoveicolo a bordo del quale viaggiava come passeggero;
   il procedimento vede i dirigenti del Consorzio per le autostrade siciliane imputati per aver «colposamente cagionato la morte del giovane omettendo di garantire le condizioni di sicurezza stradale dei luoghi in cui si è verificato il sinistro e precisamente la tangenziale A20 ME-PA, teatro negli ultimi anni, di numerosi incidenti stradali mortali provocati dalle precarie condizioni di manutenzione in cui versa il tratto in questione di proprietà dell'ANAS ma affidato in concessione al Consorzio per le Autostrade Siciliane»;
   il tratto autostradale «A19», di proprietà e di diretta gestione della società statale Anas, che collega le città di Palermo e Catania, che non prevede attualmente alcun pagamento per la sua percorrenza, non presenta livelli di sicurezza e di manutenzione inferiori a quelli offerti dal Consorzio per le autostrade siciliane, benché non certamente ottimali –:
   se intenda assumere iniziative urgenti per verificare la presenza di gravi inadempienze da parte del Consorzio per le autostrade siciliane nei sistemi di sicurezza e manutenzione stradale, tali da attentare alla sicurezza dei cittadini siciliani che percorrono le due arterie autostradali affidate alla sua diretta gestione;
   se intenda verificare la sussistenza delle ragioni che hanno dato vita al contratto di concessione delle autostrade «A18» e «A20», e se non ritenga iniquo il pagamento di un pedaggio da parte dei cittadini siciliani che usufruiscono di tali tratte;
   se intenda impegnarsi affinché le agevolazioni introdotte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a favore dei pendolari italiani, le quali prevedono esenzioni fino al 20 per cento sui costi dei ticket autostradali, vengano celermente fatte applicare anche dal Consorzio per le autostrade siciliane in tutta la rete autostradale di sua competenza (4-03888)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   MOLEA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la paventata chiusura della polizia postale di Forlì – Cesena così come delle altre sezioni provinciali per demandare le funzioni ad un livello regionale sarebbe un grave errore;
   soprattutto in un momento nel quale web ed in particolare social network sono strumenti sempre più utilizzati nella vita quotidiana, anche purtroppo per perpetrare truffe e reati di vario tipo;
   il tema della sicurezza è oggi più che mai profondamente sentito ed occorre intervenire sempre con molta attenzione affinché anche le ipotesi di riorganizzazione non privino i territori di presidi essenziali;
   crimini come la pedopornografia, i furti di identità e frodi informatiche sono in continua e rapida espansione e in questo contesto internet offre ampie possibilità di delinquere;
   la polizia postale, anche a livello locale, rappresenta un fondamentale strumento a tutela dei cittadini e della loro sicurezza, sotto ogni sua forma;
   come testimoniano i dati comunicati dal Siulp relativi proprio alla sezione forlivese: quasi 500 denunce ricevute ed oltre 100 persone denunciate in un anno, senza contare le oltre 500 richieste di collaborazione pervenute dalle altre forze di polizia e la diffusa attività di prevenzione, svolta anche negli istituti scolastici; ciononostante, la sezione forlivese vanta un solo ufficiale di polizia giudiziaria in organico;
   la situazione della polizia postale si inserisce purtroppo in un quadro complessivo che coinvolge a livello locale tutte le forze dell'ordine, che stanno vedendo assottigliarsi da una parte gli organici per effetto dell'attuazione del blocco del turnover, dall'altra i fondi assegnati per nuovi mezzi, strumenti, dotazioni tecnologiche e sedi più accoglienti;
   la necessaria esigenza di razionalizzazione che oggi interessa l'apparato pubblico e che coinvolge anche le forze dell'ordine non può andare a discapito della sicurezza dei cittadini, a maggior ragione in un ambito strategico per la sburocratizzazione e l'innovazione del Paese come il web –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e, nel caso, quali interventi, tempestivi ritenga utile assumere al fine di scongiurare tale possibile chiusura che andrebbe sicuramente a scapito della sicurezza di molti cittadini e di molti giovani. (3-00670)


   MARTELLA e MORETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in base ad un processo di riorganizzazione della polizia di Stato sul territorio nazionale nei prossimi mesi rischiano di vedere la chiusura il distaccamento della Polstrada nonché il posto di Polfer di stanza a Portogruaro;
   ove tali intenzioni fossero confermate, si tratterebbe di una notizia molto grave per Portogruaro e per tutto il comprensorio orientale del Veneto;
   il distaccamento della Polstrada di Portogruaro è il più antico d'Italia essendo stato istituito addirittura nel 1952 e copre un territorio particolarmente critico dal punto di vista infrastrutturale considerata la peculiarità dell'area di competenza;
   con la soppressione del distaccamento in questione resterebbe infatti operativo in tutta la provincia solo il comando di Venezia, considerato che gli agenti di San Donà continuerebbero a prestare servizio, esclusivamente, in autostrada;
   anche la soppressione del posto di Polfer non presenta alcuna giustificazione, in quanto Portogruaro è uno snodo strategico considerate le quattro linee ferroviarie presenti;
   con le soppressioni, inoltre, dei posti di Casarsa e Cervignano la Polfer resterebbe, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, operativa, di fatto, solo nei capoluoghi di provincia;
   molto più logico sarebbe stato unificare proprio a Portogruaro i vari posti Polfer coprendo un territorio ricomprendente il Veneto Orientale, Destra Tagliamento e Bassa Friulana;
   non si tratta, quindi, di una mera difesa di «campanile» ma di considerazioni che trovano ragione nella specificità di un territorio complesso che ricomprende reti infrastrutturali stradali e ferroviarie di rilevanza strategica sul piano regionale e nazionale nonché conseguenti necessità di sicurezza –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare per evitare che il processo di riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato si declini in modo irrazionale penalizzando aree e territori come quello di Portogruaro e del Veneto orientale che, invece, necessiterebbero del mantenimento nonché del potenziamento sia del distaccamento della Polstrada che del posto di Polfer all'interno della stazione. (3-00671)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in relazione ad un processo di razionalizzazione degli uffici della polizia di Stato nei prossimi mesi il catanese rischia di perdere una serie di presidi per la sicurezza molto importanti;
   tra gli uffici di cui è prevista la soppressione vi sarebbero il posto di polizia ferroviaria di Caltagirone, il posto di polizia ferroviaria di Catania Acquicella, il declassamento della sezione di polizia ferroviaria di Catania a semplice posto di Polfer, la soppressione della squadra di polizia nautica di Catania;
   non si comprendono le ragioni di tali soppressioni nonché del declassamento, considerata la peculiarità del comprensorio catanese e di Catania;
   un processo di riorganizzazione non può evidenziare criteri irrazionali con penalizzazioni che colpirebbero il calatino e l'area di Catania –:
   quali siano le ragioni che avrebbero motivato gli uffici a riorganizzare la presenza della polizia di Stato in questo modo sul territorio provinciale di Catania e se il Ministro non ritenga opportuno rivedere tali indicazioni. (3-00672)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la polizia postale ha, tra i suoi compiti istituzionali principali, il contrasto alla pedopornografia on line e all'uso illecito dei mezzi di pagamento elettronico;
   nella provincia autonoma di Bolzano, la polizia postale è una sezione che dipende dal compartimento di Trento e in questi giorni la stampa locale ha dato notizia che, in un'ottica di razionalizzazione delle risorse, si prevede un progetto di riorganizzazione della polizia postale che prevederebbe la chiusura di tutte le sezioni non situate nei distretti di corte d'appello;
   è utile ricordare che in provincia di Bolzano convivono tre gruppi linguistici, italiani, tedeschi e ladini, di cui il 69,41 per cento sono di lingua tedesca, il 26,06 per cento sono di lingua italiana e il 4,53 per cento sono di lingua ladina;
   la lingua tedesca è parificata a quella italiana in base all'articolo 99 dello statuto speciale del Trentino Alto Adige, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni, inoltre il diritto all'uso del tedesco nei rapporti con la pubblica amministrazione e con gli uffici giudiziari è riconosciuto dal decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, e successive modificazioni, recante norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari;
   se è vero che in presenza di reati quali la pornografia minorile e tutti i reati informatici, la competenza «ratione materiae» è della procura distrettuale di Trento; ciò nonostante, qualora l'indagato o le vittime siano di madrelingua tedesca, la procura incarica un magistrato della procura di Bolzano in virtù del protocollo organizzativo d'intesa tra le procure della Repubblica del territorio; pertanto, pur non essendo presente sul territorio della provincia autonoma di Bolzano un'apposita sede della procura distrettuale, le peculiarità del territorio richiedono tuttavia una costante applicazione di magistrati di Bolzano con «funzioni distrettuali», nonché la necessaria presenza di personale di polizia giudiziaria qualificato e bilingue in servizio presso la sezione polizia postale di Bolzano;
   considerato che la popolazione complessiva della regione Trentino Alto Adige è di 1.034.458 abitanti, di cui 509.626 residente in provincia di Bolzano e 524.832 residente in provincia di Trento, ne conseguirebbe che, circa il 34 per cento della popolazione residente nella regione non potrebbe trovare soddisfacimento alla propria richiesta di sicurezza, poiché di «madrelingua tedesca»;
   la sezione della polizia postale di Bolzano inoltre svolge un'intensa attività di sensibilizzazione e prevenzione nei confronti della cittadinanza, soprattutto con la presenza nelle scuole, anche attraverso l'informazione sull'uso consapevole della rete e quest'attività è ampiamente riconosciuta sul territorio con attestazioni di stima e di ringraziamento –:
   se corrisponda al vero la riorganizzazione illustrata in premessa con la chiusura di numerose sezioni della polizia postale e, qualora corrispondesse al vero, se in tale riorganizzazione si sia tenuto conto delle specificità della provincia autonoma di Bolzano, eventualmente prevedendo l'ufficio di Bolzano, con la denominazione di compartimento di Trento – ufficio distaccato di Bolzano, in modo da consentire il rispetto dello statuto speciale del Trentino Alto Adige e delle relative norme di attuazione in tema di uso della lingua tedesca nei rapporti con la pubblica amministrazione e con gli uffici giudiziari. (5-02282)


   MARTELLA, MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 3 marzo 2014 intorno alle 17.30 circa, presso il centro meccanografico postale di Tessera (Ve), è stata intercettata una lettera, contenente un proiettile, indirizzata al presidente dell'autorità portuale di Venezia professor Paolo Costa, già sindaco della città;
   i dipendenti del centro meccanografico hanno subito notato la busta sospetta avvertendo le forze dell'ordine;
   i macchinari, infatti, avevano individuato un piccolo oggetto cilindrico, che poi all'esame della polizia è risultato essere un proiettile calibro 7.65;
   oltre al proiettile, all'interno della busta, vi era anche un messaggio composto con lettere ritagliate da vari giornali contenente insulti e minacce rivolte al presidente del porto di Venezia;
   non è il primo caso di missive minatorie che nell'ultimo periodo sono state inviate a rappresentati politici, amministratori e presidenti di enti e società della città di Venezia;
   gli inquirenti stanno indagando per verificare se vi sia un collegamento tra questi episodi, ben quattro nelle ultime settimane:
   il primo aveva riguardato il vice sindaco Sandro Simionato, successivamente agli inizi di febbraio era stato l'assessore all'ambiente Gianfranco Bettin ad essere raggiunto da minacce;
   inoltre, alcuni mesi fa, sempre a Tessera, era stata intercettata un'altra lettera contenente proiettili indirizzata all'ex presidente dell'Actv, azienda di trasporti veneziana, con minacce rivolte anche ad altri;
   si tratta di episodi inquietanti che non vanno assolutamente minimizzati –:
   in considerazione di quanto esposto in premessa, se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda attivare per fare luce al più presto e definitivamente su questi episodi, rafforzando nel contempo i dispositivi di sicurezza, al fine di assicurare il sereno svolgimento dell'attività politico amministrativa sul territorio veneziano. (5-02283)


   BATTAGLIA. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato su tutto il territorio nazionale il territorio di Reggio Calabria sarebbe interessato da una serie di chiusure;
   in particolare verrebbero soppressi il posto di polizia ferroviaria di Gioia Tauro, l'ufficio di frontiera marittima di Gioia Tauro, la squadra nautica di Gioia Tauro, il posto di polizia ferroviaria di Locri;
   in particolare, colpiscono le soppressioni dei presidi della polizia di Stato a Gioia Tauro con specialità che sono direttamente collegate alle peculiarità del porto che è il principale terminal di trasbordo del Mediterraneo e che lo vede tra l'altro chiamato anche ad essere teatro di delicatissime operazioni di sicurezza internazionale;
   non si comprenderebbe perché viene scelto dall'Onu per lo smantellamento di armi chimiche e poi con la spending review si sopprimono uffici importanti collegati alla sicurezza del territorio –:
   se il Ministro intenda confermare la volontà di soppressione dei citati uffici o se, in considerazione di quanto esposto in premessa, ritenga opportuno rivedere tali determinazioni garantendo il mantenimento degli uffici citati. (5-02287)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del programma di riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato, predisposto dal dipartimento di pubblica sicurezza, sarebbe prevista la soppressione del posto di polizia ferroviaria, della sezione di polizia postale e della squadra nautica di Crotone;
   sorprende tale tipo di decisione in considerazione delle specialità citate e del fatto che Crotone presenta una serie di complessità che non possono essere ignorate;
   immaginare una tratta ferroviaria come quella jonica scoperta da Reggio Calabria a Taranto di un posto di polizia ferroviaria, considerate anche le soppressioni della polizia Ferroviaria di Locri e di Metaponto, persino in un capoluogo di provincia come Crotone sembra davvero surreale;
   stesso discorso vale per la soppressione della polizia nautica in relazione alla presenza di un porto che in questi anni ha visto crescere la sua attività e dei continui e numerosi sbarchi di immigrati che si sono registrati in questi ultimi anni;
   sorprende anche la decisione di chiudere la sezione della Polizia postale, di un capoluogo di provincia, in una fase storica in cui i reati legati allo sviluppo della diffusione di internet e della rete sono cresciuti nonché alla crescente necessità di proteggere minori e soggetti deboli da abusi e violenze che si perpetrano anche e soprattutto per via informatica –:
   se il Ministro interrogato intenda rivedere quanto previsto dal dipartimento di pubblica sicurezza e adottare criteri che preservino dai tagli oggettive situazioni di complessità come quella di Crotone in considerazione di quanto esposto in premessa al fine di preservare la piena operatività degli uffici di cui sarebbe prevista la chiusura. (5-02292)


   ROSTAN, SCANU, SALVATORE PICCOLO, GIORGIO PICCOLO, MANFREDI e FAMIGLIETTI. —Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   tutta l’«Area Metropolitana» di Napoli, con maggiore incidenza nella zona-nord, specificatamente nell'area sulla quale insistono i comuni di Melito di Napoli, Casandrino, Caivano, Afragola, Napoli – quartiere Scampia, Grumo Nevano e Giugliano in Campania, è interessata da anni dal dilagante fenomeno della camorra, ovvero dall'insieme delle attività criminali organizzate ed impegnate in vari traffici illeciti (stupefacenti, prostituzione, contraffazione, usura, estorsioni, ecc...), con particolare influenza sul territorio campano, nazionale e, negli ultimi decenni, con evidenti proiezioni anche a livello internazionale;
   la camorra, come noto, è considerata una delle maggiori piaghe del Meridione d'Italia, al tempo stesso causa ed effetto di gran parte dei problemi socio-economici della Campania;
   il suo potere, dovuto anche ad appoggi di vario titolo, le consente, attualmente, il controllo delle più rilevanti attività economiche locali, in particolare modo nella provincia di Napoli;
   oggi la camorra conta migliaia di affiliati divisi in oltre 200 famiglie attive in tutta la Campania;
   si tratta di gruppi che si dimostrano molto attivi sia nelle attività economiche (infiltrazione negli appalti pubblici, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio di denaro sporco, usura e traffico di droga) sia sul fronte delle alleanze e dei conflitti tra le sue articolazioni territoriali (clan) che si sono manifestati sin dalla nascita del fenomeno stesso della camorra ed ancora oggi si verificano e vengono comunemente definiti «faide»;
   durante le cosiddette faide, diventano molto frequenti omicidi e agguati di stampo intimidatorio tra i vari affiliati dei clan in conflitto;
   una delle faide più violente scoppiate nel primo decennio del 2000, si è sviluppata nel biennio 2004-2005 ed è stata denominata «faida di Scampia»;
   si è trattato, a mero titolo esemplificativo, di una vera e propria guerra tra bande, scoppiata all'interno di uno dei clan più radicati dell'area a nord di Napoli, quando alcuni affiliati di quest'ultimo hanno deciso di mettersi in proprio nella gestione degli stupefacenti, rivendicando così una propria autonomia e negando di fatto gli introiti al clan originario di appartenenza;
   questa faida non è stata l'unica contesa tra clan sul territorio napoletano;
   altre e numerose sono state le frizioni e gli scontri tra le decine di gruppi che si contendono le aree di maggiore interesse;
   a cavallo tra il 2005 e il 2006 ha destato scalpore nella cittadinanza e tra le forze dell'ordine la cosiddetta «faida della Sanità», una guerra di camorra scoppiata tra lo storico clan Misso del rione Sanità nel comune di Napoli ed alcuni scissionisti capeggiati dal boss Salvatore Torino, vicino ai clan di Secondigliano;
   durante quest'ultima faida, vi sono stati una quindicina di morti e diversi feriti nel giro di due mesi;
   per quanto riguarda l'area a nord della città (quella da sempre maggiormente oppressa dai gruppi criminali), tra i quartieri di Secondigliano, Scampia, Piscinola, Miano e Chiaiano, resta sempre forte l'influenza del cartello camorristico detto Alleanza di Secondigliano;
   nella vasta area metropolitana ormai urbanisticamente saldata alla città, sono numerose le zone in mano ai gruppi camorristici, non solo per quanto riguarda i campi «classici» nei quali opera un clan mafioso-camorristico (estorsioni, usura, traffico di droga), ma anche per quanto riguarda le amministrazioni comunali e le decisioni politiche (si vedano i numerosi comuni sciolti per infiltrazioni camorristiche);
   in questo vasto territorio, si è dovuto prendere atto, recentemente, anche del ritorno al fenomeno del cosiddetto contrabbando di sigarette, dovuto ai cambiamenti avvenuti all'interno di alcuni gruppi di camorra;
   in particolare l'attività è risorta nell'area nord di Napoli, dove opera il gruppo formato dai Sacco-Bocchetti-Lo Russo, che ha recuperato parecchio spazio e si sta adoperando in questo settore, visto che i canali della droga sono controllati da altri gruppi, in particolare quello degli Amato-Pagano;
   nel mentre che vi è la diffusione di tali giri di affari, sta assumendo dimensione estremamente preoccupanti una delle tante faide di camorra che si sono aperte negli anni tra i vari clan, e precisamente la cosiddetta seconda faida di Scampia;
   iniziata nel 2012 e tuttora in corso, conta già diverse decine di vittime;
   dall'inizio del 2014 ad oggi, sono stati commessi numerosi delitti definiti di stampo camorristico, nei comuni di Grumo Nevano, Caivano, Casandrino, Giugliano in Campania;
   alla normale efferatezza degli omicidi, si è aggiunta una particolare liturgia di «esecuzione» operata dai sicari, i quali hanno carbonizzato i cadaveri delle vittime nelle auto in cui le stesse poco prima erano state assassinate;
   tale metodologia di esecuzione ha lasciato sgomenta l'intera opinione pubblica, ed ha fortemente scosso la società civile e le comunità residenti nei comuni prima indicati;
   un metodo, quello sopra descritto, che evidenzia una ritualità fortemente simbolica e manifesta una spregiudicatezza dei sicari, mista ad un assoluto spregio per le leggi, lo Stato, le istituzioni;
   un fenomeno che richiama, per certi versi, alla mente della collettività, l'altrettanto tristemente noto rituale dei roghi tossici nella cosiddetta terra dei fuochi, con la differenza che mentre chi appicca i fuochi nei campi lo fa per smaltire rifiuti, chi ammazza e carbonizza le auto, lo fa per bruciare le persone;
   un fenomeno per il quale è indispensabile la predisposizione di una immediata ed efficace strategia di contrasto, che argini il dilagare degli omicidi, consenta l'arresto degli autori materiali e mandanti degli stessi e porti ad un graduale ritorno alla normalità delle comunità residenti;
   una strategia, in altre parole, necessaria anche per ridare fiducia e senso della «sicurezza» alla popolazione, sempre più messa a disagio dalla diffusioni di tali atti criminali –:
   quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative il Ministro dell'interno intenda adottare al fine di promuovere ogni utile e possibile forma di contrasto al diffuso fenomeno sopra descritto;
   se non intenda inoltre, nel caso specifico dei comuni di Giugliano in Campania, Casandrino, Afragola, Grumo Nevano, Caivano, Melito di Napoli e della città di Napoli, con particolare riferimento all'area di Scampia, sollecitare tutte le istituzioni competenti a svolgere una più stringente attività di controllo e presidio del territorio, prevenzione e repressione delle condotte illecite sopra evidenziate, anche attraverso una intensificazione dell'attività delle forze dell'ordine e l'affiancamento delle stesse all'esercito, sulla falsariga di quanto già efficacemente fatto per il contrasto al fenomeno dei roghi tossici e degli sversamenti illeciti di rifiuti;
   se non ritenga il Ministro della giustizia praticabile l'ipotesi di avviare una radicale revisione della normativa penale in materia di lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso e camorristico, con particolare riferimento alla possibilità di irrigidire le disposizioni vigenti in materia sanzionatoria e penitenziaria attualmente applicabili alle condotte illecite sopra evidenziate, con particolare riferimento all'attuale regime di cui al cosiddetto «41-bis». (5-02295)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi si è tenuto ad Andria, a seguito di alcuni gravi episodi di delinquenza a danno di imprese cittadine, un incontro tra i rappresentanti degli imprenditori locali, il sindaco ed esponenti delle forze dell'ordine;
   in questa occasione è emersa la preoccupazione per le scarse dotazioni umane e strumentali di cui possono oggi godere le forze dell'ordine di Andria, che nonostante ciò dimostrano quotidianamente capacità investigative e hanno la capacità di portare avanti operazioni fondamentali contro il crimine come l'ancora recente disarticolazione di un clan malavitoso attivo nel territorio cittadino;
   in tale contesto si inseriscono le preoccupazioni recentemente espresse dal Sindacato autonomo di polizia, la cui delegazione provinciale ha inviato una lettera ai prefetti di Bari e di Barletta, al questore di Bari, al presidente della regione e delle province di Bari e della Bat, nonché al sindaco di Bari, avente come tema quello della chiusura degli uffici di polizia nelle province di Bari e BAT;
   il riferimento, nell'appello lanciato dal SIULP, va a alla decisione del dipartimento di pubblica sicurezza di avviare procedure di consultazione su un ampio progetto di «riorganizzazione dei presidi della Polizia di Stato», che sembra andare nella direzione di sopprimere, per motivi economici, una parte degli uffici di polizia ubicati su tutto il territorio nazionale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di assumere per rafforzare le politiche di sicurezza nel territorio della provincia di Barletta, Andria e Trani;
   in che modo il progetto di «riorganizzazione dei presidi della Polizia di Stato» possa andare ad incidere sulla rete degli uffici P.S. della provincia in questione. (4-03858)


   FANUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio della Valdinievole e della provincia di Pistoia, negli ultimi mesi, sono stati coinvolti da preoccupanti episodi criminali, verificatisi in aziende e abitazioni private;
   secondo i dati forniti dall'Istat, in provincia di Pistoia, i delitti denunciati dalle forze dell'ordine all'autorità giudiziaria corrispondono al numero di 12.750 nel 2010, 13.448 nel 2011, 13.565 nel 2012: un incremento preoccupante, che obbliga a mettere in campo contromisure adeguate e urgenti;
   sempre secondo l'Istat, il numero di furti denunciati, in provincia di Pistoia, è stato 395 nel 2010, 542 nel 2011 e 637 nel 2012, mentre le rapine: 20 nel 2010, 79 nel 2011, 113 nel 2012, a testimonianza della rapida ascesa di episodi criminali che coinvolgono direttamente i cittadini e la loro incolumità;
   il dovere dello Stato e delle istituzioni è quello di offrire gli strumenti affinché certi crimini non si ripetano: la percezione di abbandono e di mancata sicurezza diffondono sfiducia nei confronti delle istituzioni, giudicate impotenti e non in grado di contrastare efficacemente i malviventi;
   il commissariato di Pescia, la postazione Polfer e la sezione di polizia postale, secondo fonti sindacali, sarebbero a rischio chiusura a seguito di un piano di razionalizzazione che il dipartimento della pubblica sicurezza ha previsto per la polizia di Stato nella provincia di Pistoia;
   il commissariato di polizia di Pescia agisce in un comprensorio che opera nell'intera Valdinievole ovest, in particolare nei comuni limitrofi di Buggiano, Chiesina Uzzanese, Ponte Buggianese, Uzzano, ovvero un territorio geograficamente molto vasto ed esteso (circa 50.000 abitanti), sede dell'ospedale provinciale della Valdinievole, del centro di commercializzazione dell'Italia Centrale, della Curia vescovile, dell'Agenzia delle entrate, dell'Archivio di Stato, della stazione delle Ferrovie dello Stato, e del secondo polo scolastico della provincia di Pistoia con un flusso di circa 3.000 studenti giornaliero;
   il lavoro delle forze dell'ordine e degli uffici attualmente attivi garantiscono la prevenzione e la repressione dei reati in Valdinievole, i controlli sulla linea ferroviaria tra Pistoia, Lucca, Firenze e Bologna, ed il contrasto dei crimini informatici;
   il sindacato autonomo di polizia, nelle parole del segretario provinciale Andrea Carobbi Corso, ha espresso una forte preoccupazione in merito alla possibilità di assicurare, in seguito all'annunciato taglio dei servizi, un adeguato livello di sicurezza ai cittadini;
   a questo motivato timore, si aggiungono i forti disagi del personale in servizio che, senza preavviso, sarà trasferito in altri uffici, con un evidente danno nei confronti di 48 poliziotti e 3 impiegati civili costretti ad allontanarsi dal luogo in cui si erano stabiliti;
   per l'area e i cittadini della Valdinievole non sembrano più tollerabili nuovi tagli ai servizi e strutture del territorio, soprattutto in un settore cruciale come quello della sicurezza pubblica;
   la città di Pescia, negli ultimi anni, ha visto venir meno la sede locale della Banca d'Italia, il tribunale, il Corpo forestale, l'ufficio del territorio, e ha subìto il forte ridimensionamento dell'ospedale e della stazione dei carabinieri: un impoverimento grave al quale i cittadini chiedono legittimamente di porre un argine –:
   se corrisponda al vero la notizia secondo cui il commissariato di polizia di Pescia sia prossimo alla chiusura, quali criteri, di ordine organizzativo ed economico, siano stati eventualmente adottati per giungere a questa decisione e quali iniziative il Governo abbia attivato per garantire la sicurezza dei cittadini in provincia di Pistoia e in Valdinievole. (4-03860)


   MELILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende a mezzo stampa della proposta di soppressione di molti posti di polizia in tutta Italia;
   alcune indiscrezioni trapelate in questi giorni, parlano della soppressione del posto di polizia ferroviaria alla stazione di Vasto-San Salvo e non si esclude nemmeno l'eliminazione della sottosezione della polizia stradale di Vasto;
   in una nota i sindacati sottolineano come con l'eliminazione della Polfer di Vasto-San Salvo non ci sarebbe più controllo in una stazione che sulla dorsale adriatica rappresenta la seconda più grande dopo quella di Pescara, in un'area territoriale di grande rischio per la sicurezza dei cittadini. I sindacati dichiarano che i tagli del Governo centrale sono discutibili, ma le «sforbiciate» lineari no;
   nell'ambito di una qualsiasi razionalizzazione della spesa pubblica non si può prescindere dalla precisa analisi del contesto territoriale e della densità dell'attività criminale al fine di evitare i deleteri tagli lineari che, in questo caso, lascerebbero il territorio con un controllo di legalità ampiamente insufficiente –:
   se non intenda intervenire per salvaguardare l'operatività del posto di polizia ferroviaria Vasto-San Salvo, importante presidio di legalità e controllo per il territorio. (4-03863)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che è stato formulato un piano di spending review per il comparto sicurezza con cui il Ministro dell'interno ha previsto la chiusura di 267 presidi di polizia in tutta Italia;
   dalla metà di febbraio questori e prefetti hanno ricevuto in visione il suddetto piano ed entro metà marzo dovranno formulare il loro parere, comunque non vincolante, come sembra dispongano le circolari a firma del Ministro dell'interno e del capo dipartimento di pubblica sicurezza;
   la regione Liguria, più di altre, sarà colpita duramente dai tagli paventati in detto piano, addirittura con la soppressione di 20 uffici territoriali e l'ulteriore declassamento di altri presidi;
   in particolare, risulterebbero a rischio di chiusura: nella provincia di Genova tre uffici (i Posti di polizia ferroviaria di Chiavari e Ronco Scrivia e la squadra nautica di Genova) e declassate le due sottosezioni di polizia ferroviaria di Genova Brignole e Genova Sampierdarena, nella provincia di La Spezia cinque uffici (il posto polizia ferroviaria Sarzana, la sezione polizia postale La Spezia, l'ufficio frontiera marittima La Spezia, la Squadra Nautica La Spezia e il nucleo artificieri ufficio frontiera La Spezia), nella provincia di Imperia cinque uffici (il distaccamento polizia stradale Sanremo, il posto polizia ferroviaria Imperia Oneglia, il posto polizia ferroviaria Sanremo, la sezione polizia postale Imperia e la squadra nautica Imperia), mentre nella provincia di Savona ben sette uffici (il commissariato di pubblica sicurezza Alassio, il distaccamento polizia stradale finale Ligure, la sezione polizia postale Savona, l'ufficio frontiera marittima Savona, la squadra nautica Savona, il distaccamento nautico Alassio e il nucleo artificieri ufficio frontiera Savona);
   nel 2012 la Liguria era una delle regioni meno sicure, con tre province su quattro tra le prime posizioni nella classifica stilata dal Sole 24 ore sulla base dei dati del Ministero dell'interno (Genova in sesta posizione, Imperia in decima e Savona in dodicesima) con un numero maggiore di reati rispetto ad altre città come, ad esempio, Napoli (in trentesima posizione) o Palermo (in trentatreesima posizione);
   i dati forniti dal presidente della corte d'appello di Genova, Mario Torti, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a gennaio 2014, hanno confermato anche per l'anno 2013 questo trend negativo e, in generale, un incremento «particolarmente notevole e preoccupante» dei crimini, soprattutto per alcuni tipi di reati (ad esempio furti in appartamento, passati nell'ultimo anno da 2.750 a 3.254, rapine e omicidi);
   in questo particolare momento di difficoltà, in cui crisi e immigrazione clandestina contribuiscono ad aumentare il numero dei reati e delle situazioni a rischio e come confermano i dati ufficiali anche sopra indicati, le forze dell'ordine e i loro presidi, già ridotti ai minimi termini a causa dei continui tagli al comparto sicurezza, andrebbero invece sostenuti e potenziati, non indeboliti o soppressi;
   privare il territorio di importanti presidi che garantiscono la tutela della sicurezza e il contrasto alla criminalità di fatto andrà a penalizzare ulteriormente i cittadini –:
   se il Governo ritenga compatibile con il degrado della sicurezza e dell'ordine pubblico in atto nella regione Liguria il piano di soppressione e declassamento dei presidi indicati in premessa, che ridurrebbe sensibilmente le capacità delle forze dell'ordine nel campo della prevenzione e del contrasto alla criminalità, se non si ritenga invece più opportuno rinunciarvi ed altresì potenziare il comparto sicurezza in Liguria, in termini di nuove risorse sia strumentali che di personale, mediante l'utilizzo delle disponibilità del Fondo unico di giustizia, creato dal Ministro dell'interno e dove sono giacenti le somme sequestrate e confiscate ai mafiosi.
(4-03870)


   TARTAGLIONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la prefettura – ufficio territoriale di Governo di Napoli – Servizio amministrazione servizi generali ed attività contrattuali ha emanato un bando di gara per l’«acquisizione di offerta, ai sensi degli articoli 20 e 27 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e del Regolamento di attuazione n. 207 del 2010 e successive modifiche e integrazioni, per la fornitura di vitto (rispettoso dei princìpi ed abitudini alimentari) e alloggio, gestione amministrativa degli ospiti, assistenza generica alla persona compresa la mediazione linguistica, l'informazione, il primo orientamento e l'assistenza alla formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, il servizio di trasporto per provvedere alle necessità di spostamento degli ospiti, il servizio di pulizia, la fornitura di biancheria e abbigliamento adeguato alla stagione, prodotti per l'igiene, pocket money di euro 2,5 al giorno, tessera/ricarica telefonica di euro 15 all'ingresso, ai cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale.» – CIG: 563410742D;
   la gara è finalizzata alla stipula di una convenzione, valida fino al 30 giugno 2014, per la fornitura del servizio di accoglienza di un primo scaglione, ed eventuali successivi arrivi di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, così come richiesto dal Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e immigrazione, con circolare n. 104 dell'8 gennaio 2014;
   l'appalto è affidato selezionando la migliore offerta con il criterio del prezzo più basso, ai sensi dell'articolo 82 del codice dei contratti, ponendo a base d'asta il prezzo di euro 30,00 (oltre IVA) pro-capite giornaliero;
   l'Italia mediante lo SPRAR (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, peraltro richiamato dal bando stesso), gestito dal Ministero dell'interno e dall'ANCI, offre un ottimo modello di accoglienza e integrazione, molto apprezzato anche in ambito europeo;
   bandi come quello oggetto della presente interpellanza devono uniformarsi a quei criteri e a quegli standard, garantendo le risorse necessarie, anche allo scopo di evitare che nel nostro paese possano convivere due trattamenti di accoglienza per gli stessi soggetti, di cui uno di qualità nettamente inferiore all'altro;
   da anni le organizzazioni di terzo settore (associazionismo, cooperazione sociale e volontariato) hanno, del resto, evidenziato che il ricorso alle gare al massimo ribasso è quanto mai inadatto in materia di politiche sociali e di servizi di cura alla persona –:
   se il bando della prefettura – ufficio territoriale di Governo di Napoli sia conforme alla normativa vigente in materia;
   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative al fine di evitare che il bando della prefettura – ufficio territoriale di Governo di Napoli, ed in particolare il ricorso al criterio del massimo ribasso, possa determinare gravi pregiudizi alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale. (4-03878)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Rieti il comandante della polizia municipale dottor Enrico Aragona è stato sottoposto ad un provvedimento disciplinare di sospensione dal servizio per 15 giorni – dal 23 gennaio al 6 febbraio 2014 – ed ancora ad un altro provvedimento disciplinare di sospensione dal servizio per 2 mesi, dal 7 febbraio al 7 aprile 2014;
   in concomitanza con l'adozione dei citati provvedimenti il sindaco di Rieti Simone Petrangeli ha adottato due decreti del sindaco di «Attribuzione funzioni vicarie di Comandante di Polizia Municipale» alla dottoressa Marta Scioscia, dipendente dello stesso comando e inquadrata nella qualifica giuridica D1;
   al riguardo, è opportuno evidenziare che la giunta comunale di Rieti, dopo aver adottato il provvedimento di azzeramento delle posizioni organizzative, con la delibera n. 54 del 2014 ha individuato nella figura di un dirigente amministrativo dell'ente il sostituto del comandante della polizia municipale in caso di assenza o impedimento;
   sul punto il comandante Aragona ha diffidato l'ente, in più occasioni, a revocare un atto palesemente illegittimo, attesa la specificità delle funzioni proprie di un comandante della polizia municipale in ragione delle qualifiche giuridiche possedute (polizia giudiziaria, pubblica sicurezza, polizia stradale) così come puntualmente disciplinate dalla norma nazionale (legge n. 65 del 1986), dalla legge regionale del Lazio (legge regionale n. 1 del 2005) e dallo stesso regolamento del corpo del comune di Rieti e così come più volte ribadito dal Consiglio di Stato, Sez. V, da ultimo con sentenza n. 2607 del 14 maggio 2013;
   al momento della sospensione il sindaco di Rieti, non tenendo più conto della stessa delibera di giunta, ha individuato come sopra detto un profilo professionale di qualifica giuridica D1 per assumere funzioni vicarie del comandante;
   sul punto, in data 25 gennaio 2014, è intervenuto il segretario generale provinciale di Rieti dell'U.G.L Marco Palmerini, il quale ha indirizzato al prefetto di Rieti e per conoscenza al Ministero dell'interno – dipartimento per gli affari interni e territoriali – direzione centrale per gli uffici territoriali del Governo e per le autonomie locali, una missiva tesa a chiedere un tempestivo intervento del rappresentante del Governo stigmatizzando che «la nominata dal Sindaco Petrangeli non risponde minimamente ai requisiti giuridici normativamente previsti per svolgere funzioni vicarie del Comandante della Polizia Municipale», aggiungendo che tutti gli atti a firma Marta Scioscia aventi rilevanza esterna non potranno che essere considerati atti nulli;
   alla denuncia dell'U.G.L, resa pubblica a mezzo stampa, ha fatto seguito in data 31 gennaio 2014 una denuncia dei gruppi consiliari di opposizione del comune di Rieti ed ancora della segreteria generale regionale del sindacato autonomo DICCAP-SULPL a firma Alessandro Marchetti, anch'essa indirizzata al prefetto ed al Ministero dell'interno e rese pubbliche a mezzo comunicati stampa;
   nonostante la puntualità delle segnalazioni e l'autorevolezza dei segnalanti, i precisi riferimenti normativi richiamati, ed il clamore mediatico che la denuncia pubblica ha suscitato riguardo ad un servizio essenziale per la città come quello espletato dalla polizia municipale in tutti i campi di interesse della collettività (dalla polizia giudiziaria all'infortunistica stradale, dalla tutela ambientale alla vigilanza edilizia, dal commercio alla depenalizzazione, e altro) il prefetto di Rieti dottoressa Chiara Marolla, con quello che all'interrogante appare un colpevole ritardo, nel rispondere ai soli gruppi consiliari di minoranza, e di fatto ignorando completamente le segnalazioni delle due organizzazioni sindacali, ha liquidato la delicatissima questione sollevata richiamando il contenuto di una ordinanza con la quale il giudice del lavoro ha respinto il ricorso d'urgenza ex articolo 700 c.p.c. proposto dal comandante Aragona avverso il primo provvedimento di sospensione dal servizio che evidentemente non ha nulla a che fare con la nomina illegittima e l'altrettanto illegittima gestione di un Corpo di polizia municipale –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda di cui in premessa e se non intenda approfondire le ragioni della risposta del prefetto, ad avviso dell'interrogante inaccettabile, data la delicatezza per la vita cittadina delle attività di cui si fa carico quotidianamente il comando della polizia municipale. (4-03880)


   RIZZO, PAOLO BERNINI, MARZANA, CANCELLERI, GRILLO, CORDA, BASILIO, FRUSONE, ARTINI, LOREFICE e BARONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la legge Bossi-Fini (n. 189/2002) e il relativo regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 303/2004) sono state istituite sette commissioni territoriali per il riconoscimento dello «status di rifugiato»: Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone e Trapani;
   con decreto legislativo (n. 25 del 28 gennaio 2008) e con il relativo decreto ministeriale di attuazione del 6 marzo 2008 sono state individuate, complessivamente, 10 commissioni territoriali con tre sedi in aggiunta a quelle già presenti: Torino, Bari e Caserta;
   con l'articolo 30 della legge 6 agosto 2013, n. 97 si è introdotta una modifica all'articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008, prevedendo che con decreto del Ministro dell'interno, presso ciascuna Commissione territoriale possano essere istituite, al verificarsi di un eccezionale incremento delle domande di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori e per il tempo strettamente necessario da determinare nello stesso decreto, una o più sezioni, fino ad a un numero massimo complessivo di dieci per l'intero territorio nazionale. Sono state pertanto istituite 7 sezioni: due a Roma, due a Siracusa, una a Torino, una a Bari e una a Crotone, con operatività fino al 31 dicembre 2013;
   si apprende dall'articolo giornalistico del 13 febbraio 2014 della testata giornalista www.sudpress.it, a firma del giornalista dottor Di Rosa Pierluigi, che con un decreto ministeriale in corso di pubblicazione, sarebbero di prossima istituzione, sino al 31 dicembre 2014, nell'ambito della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa, due sezioni denominate «Siracusa III» e «Siracusa IV», composte da membri supplenti della stessa commissione territoriale;
   così come previsto dal decreto legislativo del 28 gennaio 2008 tali commissioni devono essere composte da un funzionario della carriera prefettizia, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR;
   l'articolo 15 del decreto legislativo 25 del 28 gennaio 2008 prevede che la commissione nazionale curi la formazione ed il periodico aggiornamento dei propri componenti e di quelli delle commissioni territoriali, anche al fine di garantire che abbiano la competenza necessaria;
   si apprende, sempre dallo stesso articolo giornalistico su citato, che alcuni componenti delle neo commissioni nominati dal Ministro, non abbiano i requisiti di professionalità necessari a tali compiti –:
   se le nomine dei supplenti dei rappresentanti delle commissioni «Siracusa III» e «Siracusa IV» siano avvenute sulla base di quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 25 del 28 gennaio 2008;
   se i criteri adottati per le nomine di tali supplenti siano coerenti con principi di trasparenza e competenza. (4-03882)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Roberto Mancini, sostituto commissario di Polizia a Roma, ha lavorato nella sezione anticamorra della Criminalpol dal 1986 e, a partire dal 1994 e per tutto il resto della sua attività lavorativa, ha condotto una lunga serie di indagini relative al traffico illecito di rifiuti, i cui risultati sono poi confluiti nell'ambito del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere, condotto dal Pm Alessandro Milita;
   tra il 1997 e il 2001, Mancini ha collaborato con la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, presieduta da Massimo Scalia, svolgendo numerose missioni in Italia, nella «terra dei fuochi», e all'estero;
   durante tale collaborazione, il sostituto commissario ha effettuato decine di sopralluoghi in discariche di rifiuti tossici e radioattivi, entrando in contatto con le scorie sversate dalla camorra e dalle industrie chimiche;
   ha visitato le centrali nucleari italiane, è sceso nel ventre delle miniere di sale in Germania – protetto solo da una mascherina – ha percorso metro per metro i luoghi dell'orrore in provincia di Caserta, ha seguito i percorsi dei camion carichi di veleni del nord Italia spediti verso la terra dei fuochi;
   nel 2002 gli è stato diagnosticato un linfoma non Hodgkin: il Comitato di verifica del Ministero delle finanze, organo consultivo che emana pareri sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte da dipendenti pubblici, civili o militari, ha certificato che il suo tumore del sangue dipende da «causa di servizio»;
   Mancini ha presentato quindi una richiesta di risarcimento danni allo Stato per malattia professionale, vedendosi riconoscere solo un equo indennizzo pari a 5 mila euro e solo da parte del Ministero dell'interno;
   il sostituto commissario si è poi rivolto alla Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, in qualità di rappresentante dell'organo ai sensi dell'articolo 8 del Regolamento, chiedendo che gli venisse risarcita quella malattia contratta a causa della contaminazione con sostanze nocive, avvenuta durante le indagini svolte per la commissione parlamentare;
   la Presidenza, per il tramite degli uffici, ha declinato qualsiasi responsabilità in relazione ad ogni forma di risarcimento –:
   per quale motivo Mancini fu inquadrato nell'Ispettorato della Polizia di Stato in data 16 aprile 1998, cioè 7 mesi dopo l'effettivo inizio della sua collaborazione con la Commissione, sancito dal giuramento avvenuto il 23 settembre 1997;
   con quali mansioni Mancini fu inquadrato nell'Ispettorato della Polizia della Camera dei deputati;
   se vi siano mansioni svolte durante la sua attività per conto della Commissione d'inchiesta che non siano state espressamente autorizzate o coordinate attraverso l'Ispettorato della Polizia della Camera;
   se, a fronte di una malattia tanto grave e per cui è stato accertato il nesso causale con il servizio prestato in favore dello Stato, appaia ragionevole e dignitoso un indennizzo pari a 5.000 euro, come quello riconosciuto a Mancini. (4-03889)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 gennaio 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante il regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (cfr., in particolare, articolo 8, commi 1-2-3 e, soprattutto, 8);
   detto schema, a quanto consta all'interrogante, prevede – per l'ufficio scolastico regionale per la Calabria, con titolarità di un dirigente di livello generale – la riduzione degli uffici dirigenziali di livello non generale dagli attuali 10 (di cui 5 funzionanti presso la direzione generale di Catanzaro e 5 presso le province calabre) a 6;
   le funzioni assegnate alle articolazioni territoriali, come ad esempio quelle relative alla assistenza, alla consulenza ed al supporto agli istituti scolastici autonomi, nonché le tante e diverse funzioni che con proprio atto il direttore generale dell'USR Calabria pro-tempore, di anno in anno, delega alle articolazioni territoriali di ambito provinciale, testimoniano che l'organizzazione per ambiti provinciali sia quella più utile ad assicurare – ferma restando la revisione della spesa pubblica – l'invarianza dei servizi ai cittadini-utenti, la prevenzione della corruzione e dell'illegalità, la pubblicità, la trasparenza e la diffusione di informazioni, il raccordo con gli Enti Territoriali e le altre istituzioni locali, la promozione e l'incentivazione della partecipazione studentesca;
   è del tutto evidente che la prevista soppressione dell'articolazione territoriale attiva a livello provinciale causerebbe la crisi del servizio erogato e danneggerebbe gravemente la comunità locale;
   la qualità delle competenze fino ad oggi espletate, nonché delle relazioni tra l'ATP di Crotone, quarta in Calabria per popolazione scolastica, ed il mondo della scuola tutto, nonché tra il medesimo e tutti gli attori a qualsiasi titolo coinvolti, non possono essere compromesse da una decisione che non ha nella giusta considerazione la specificità dei territori;
   non si tratta di questioni campanilistiche ma di effettive ed oggettive considerazioni supportate dalla qualità del lavoro svolto fino ad oggi –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per rivedere tale decisione e riconsiderare l'articolazione territoriale su base provinciale al fine di evitare che la provincia di Crotone venga penalizzata nel rapporto tra servizi e popolazione scolastica. (5-02294)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 febbraio 2014 è scaduta la proroga prevista dalla legge di stabilità 2014 per i servizi di pulizia in appalto in oltre 4000 istituti scolastici, di cui circa 100 nella sola regione Marche;
   con decreto-legge del 28 febbraio scorso il Governo ha poi disposto per le regioni in cui è attiva la convenzione Consip per i servizi di pulizia e ausiliari l'incremento del limite di spesa di cui all'articolo 68 comma 5 del decreto-legge n. 69 del 2013, per l'acquisto di ulteriori servizi per il mese di marzo;
   i lavoratori che svolgono questo importante servizio a garanzia del decoro degli ambienti scolastici dove vivono milioni di ragazzi sono 24.000 (dei quali circa la metà ex LSU) in tutta Italia e 300 nella sola regione Marche;
   per evitare ripercussioni reddituali e occupazionali si stima che siano necessari circa 20 milioni al mese fino a giugno, 32 a luglio ed altrettanti in agosto;
   il 4 marzo le Organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero nazionale nell'ottica di individuare ogni possibile intervento normativo utile a restituire garanzie in termini di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori ex Lsu ed appalti storici che svolgono la loro attività nei servizi di pulizia e ausiliari in appalto presso gli Istituti scolastici –:
   quali interventi normativi e finanziari il Governo intenda assumere con urgenza per la tutela e la salvaguardia dei livelli occupazionali e della qualità dei servizi nelle scuole. (4-03868)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nell'azienda olearia toscana Carapelli Firenze S.P.A. che controlla anche i marchi Bertolli e Sasso – e che fa capo al gruppo spagnolo Deoleo (ex Sos Cuetara) – è in atto un processo di delocalizzazione e razionalizzazione del ciclo produttivo;
   tale processo ha portato nel 2012 alla chiusura dello stabilimento di Voghera, al dirottamento di parte della produzione destinata agli USA dallo stabilimento di Inveruno a quello spagnolo di Alcolea, al trasferimento in Spagna di una nuova torre di raffinazione, costruita ad Inveruno l'anno precedente;
   sempre nel 2012, l'amministratore delegato Carbò annuncia il progetto del gruppo di ridurre il numero dei propri stabilimenti da quattro – Inveruno e Tavarnelle Val di Pesa (Italia), Alcolea e Andujar (Spagna) – a due, possibilmente uno in Italia e uno in Spagna;
   alla fine del 2012 si apre una nuova procedura di mobilità sugli stabilimenti italiani a seguito di un'impennata dei costi della materia prima. Al termine della stessa 18 lavoratori (14 su Inveruno e 4 su Tavarnelle Val di Pesa), pressoché tutti impiegati, entreranno in cassa integrazione guadagni straordinaria senza possibilità di reintegro;
   nel 2013 si effettua la vendita dello stabilimento di Andujar a Sovena e si verificano contatti con Fusi, proprietario dell'azienda Castel del Chianti, per la vendita dello stabilimento di Tavarnelle Val di Pesa. Questa, però, non giunge a conclusione;
   a seguito di un crollo delle vendite nei primi mesi del 2013 si apre una procedura di mobilità che nel mese di ottobre coinvolge 45 lavoratori, pressoché tutti operai, dei due stabilimenti italiani: 40 su Inveruno e 5 su Tavarnelle Val di Pesa;
   l'azienda spiega che la decisione è stata assunta a causa della crisi economica, della crescita del costo delle materie prime e dell'incremento dei prezzi al dettaglio, ma non poco deve incidere la situazione economica della società, sulla quale pesa un debito oggi ammontante a circa 600 milioni di euro;
   i marchi italiani Carapelli, Bertolli e Sasso, tutti controllati dal colosso spagnolo, hanno allargato la loro presenza in cinquanta Stati (recentemente poi sono state inaugurate nuove filiali in Cina, India e Malesia), confermando la Deoleo leader mondiale degli olii di oliva in bottiglia;
   l'assenza di un piano industriale capace di tutelare gli attuali livelli occupazionali e le attuali scelte della multinazionale spagnola rischiano di incidere negativamente sul futuro di un pezzo importante dell'industria agroalimentare italiana attualmente controllata da soggetti stranieri con evidenti impatti negativi sul livello occupazionale;
   la procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria aperta a gennaio 2013 riguardò 7 lavoratori (1 lavoratore è stato reintegrato in azienda, 6 si sono ricollocati), e 27 lavoratori nell'ambito della procedura aperta ad ottobre 2013 (33 lavoratori dei 40 originari sono stati messi in cassa integrazione guadagni straordinaria; di questi 1 lavoratore si è ricollocato e 5 sono reintegrati in azienda), per un totale quindi di 34 lavoratori;
   la cassa straordinaria menzionata si è chiusa ed è stata concessa una cassa integrazione in deroga di 3 mesi, fino al 27 aprile;
   è stato chiesto che si chiudesse anche la procedura di mobilità aperta nel mese di gennaio 2013 e se ne aprisse una nuova in relazione a questa seconda fase;
   ad oggi, a quanto consta agli interpellanti, i lavoratori effettivamente in cassa ad Inveruno non sono 40 come da verbale ministeriale, ma 29; si è in attesa del decreto ministeriale per la redistribuzione delle risorse finalizzate a coprire la cassa per capire, per il dopo 27 aprile, a chi chiedere la concessione di ulteriore cassa; nel caso non si riesca a proseguire con la cassa in deroga, come da accordo ministeriale, si procederà al licenziamento (quindi messa in mobilità) di 40 unità su Inveruno;
   in data 11 febbraio 2014 il deputato europeo Pier Antonio Panzeri ha presentato un'interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione europea, chiedendo la costituzione di un tavolo in sede europea fra l'azienda e le rappresentanze sindacali italiane e spagnole, oltre che l'intervento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG); quest'ultima ipotesi ha ricevuto parere positivo da parte della Commissione, a condizione che gli esuberi possano essere fatti risalire alla globalizzazione degli scambi o alla crisi economica e finanziaria globale –:
   se intendano convocare il prima possibile un incontro con le rappresentanze sindacali dell'azienda Carapelli Firenze spa di Inveruno (Milano) e Tavernelle Val di Pesa (Firenze) e le strutture sindacali di riferimento.
(2-00442) «Cimbro, Cassano, Tidei, Casati, Casellato, Burtone, Laforgia, Bonafè, Coppola, Oliverio, Amendola, Chaouki, Donati, Biffoni, Scotto, Fedi, Gianni Farina, Arlotti, Quaranta, Nardi, Kronbichler, Sannicandro, Matarrelli, Fava, Manfredi, Mauri, Manciulli, Leva, Incerti, Iori, Gandolfi, Moretti, Monaco, Simoni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS, RIZZETTO, BALDASSARRE e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il testo unico sui congedi parentali (decreto legislativo n. 151 del 2001) è stato aggiornato dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, che introduce la possibilità di usufruire dei congedi parentali (maternità facoltativa) ad ore anziché solo a giornate. Tale legge prevede che le modalità di fruizione siano stabilite dal CCNL;
   riguardo alla possibilità di frazionare a ore la triplice sindacale (Cgil, Cisl e Uil) aveva avanzato un'istanza d'interpello al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per sapere se fosse possibile, per la contrattazione collettiva di secondo livello (territoriale e aziendale), disciplinare le modalità di fruizione su base oraria del congedo parentale. Il Ministero ha risposto affermativamente, facendo presente che la nuova norma introdotta dalla legge di stabilità non richiede il livello «nazionale» alla contrattazione ma fa semplicemente riferimento alla contrattazione «di settore»;
   pertanto, stante l'assenza di un esplicito riferimento al livello «nazionale» della contrattazione, il Ministero non ritiene che vi siano motivi ostativi ad una interpretazione in virtù della quale i contratti collettivi abilitati a disciplinare «le modalità di fruizione del congedo parentale di cui al comma 1 (dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 151 del 2001) su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa» possano essere anche i contratti collettivi di secondo livello;
   infatti, nel decreto, all'articolo 32 comma 1-bis, si stabilisce che: «La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui al comma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa»;
   all'accordo deve far seguito il rilascio di un codice da parte dell'INPS da indicare nel decreto ministeriale;
   nell'attuale quadro generale, solo pochissime categorie di lavoratori possono già usufruire del congedo frazionato ad ore, e questo, da un lato a causa della mancanza della contrattazione di secondo livello, o del rinnovo del CCNL e, dall'altro, pur in presenza della contrattazione di secondo livello, a causa della mancanza dei codici forniti dall'INPS da indicare nel decreto ministeriale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quanti siano i CCNL che attualmente già prevedono la fruizione del congedo ad ore e quanti, pur avendola prevista dalla contrattazione di secondo livello, non la permettono per la mancanza dei codici;
   quali ulteriori iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo per velocizzare e rendere effettiva questa possibilità. (5-02286)


   CATALANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come già esposto nell'interrogazione n. 5-01359 presentata dal firmatario del presente atto, nel luglio 2013, l'azienda Nokia Solution and Network (NSN) ha avviato una nuova procedura di mobilità per 226 lavoratori prima della conclusione dell'accordo annuale di gestione esuberi del 29 ottobre 2013 e senza aver presentato un piano industriale al Ministro dello sviluppo economico;
   il management italiano in questi anni a giudizio dell'interrogante non ha fatto nulla per preservare la presenza di NSN nel nostro Paese: dei circa 3000 addetti del 2007 (oltre l'indotto) ne sono rimasti oggi 592;
   molte altre multinazionali impegnate nel settore della ricerca e sviluppo in telecomunicazioni lasciano il nostro Paese;
   il settore delle telecomunicazioni produce direttamente il 5 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea ed ha un valore di mercato di 660 miliardi di euro l'anno;
   in seguito alla data di presentazione dell'atto succitato, è stato siglato, il 5 dicembre 2013, un «accordo quadro» tra la società e le organizzazioni sindacali, con il quale le parti si sono impegnate a «sanare» la posizione di «mancato accordo» espressa nel verbale del 31 ottobre interessando il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   nel caso specifico, la risoluzione approvata in Commissione n. 8/00025 impegna il Governo a verificare l'esistenza di condizioni per evitare il licenziamento dei lavoratori e alla concertazione finalizzata alla conclusione di contratti di solidarietà;
   in ambito generale, la risoluzione impegna il Governo ad aprire un tavolo tecnico con le imprese italiane e le multinazionali del settore delle telecomunicazioni, ed a valutare la possibilità di introdurre uno strumento incentivante per le aziende che decidono di investire nel nostro Paese, concedendo sgravi fiscali a fronte di investimenti e della garanzia che il costo sociale dell'eventuale delocalizzazione sia a carico dell'azienda;
   le organizzazioni sindacali, con comunicato del 20 febbraio 2014, hanno dichiarato che ad oggi «nelle prospettive di Nokia Solutions Network non vi è nessun interesse di sviluppo mirato al recupero di attività collegate ad un incremento occupazionale significativo»;
   vi è un forte rischio che, prima della conclusione dell'accordo in essere, fissata al 30 giugno, l'azienda avvii una nuova procedura di mobilità per il personale in esubero, residuo di chi non ha aderito all'esodo volontario –:
   quali siano le iniziative adottate volte a ridurre l'esodo all'estero delle aziendeche operano nel settore delle telecomunicazioni;
   quali siano le misure attuate nell'ambito degli obiettivi dell'agenda digitale;
   se e come il Governo intenda dare attuazione a quanto previsto nella risoluzione succitata. (5-02289)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, PESCO, TRIPIEDI, ROSTELLATO, CIPRINI, BECHIS, RIZZETTO, BALDASSARRE e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la ASKOLL è una importante holding, con sede a Dueville (Vicenza), leader mondiale nella produzione di motori elettrici sincroni che trovano applicazione in molti elettrodomestici, principalmente lavabiancheria e lavastoviglie, oltre che nel settore dell'acquario. Fondata nel 1978, con gli anni è diventata un'azienda di dimensioni internazionali con undici unità operative tra cui Italia, in cui ha sei stabilimenti, Brasile, Messico, Slovacchia, Romania e Cina. Possiede rappresentanze commerciali negli Stati Uniti e in Corea del Sud e una presenza consolidata nei mercati di 20 Paesi. Il fatturato annuo si aggira sui 400 milioni di euro e impiega oltre 2.500 addetti;
   nel 2008 la Askoll, per consolidare la propria presenza internazionale, acquisisce l'americana Emerson appliance motors europe (E.A.M.E) proprietaria in Italia di due realtà industriali di eccellenza: lo stabilimento ex Plaset di Moncalieri, in provincia di Torino, con circa 330 dipendenti e lo stabilimento ex Ceset di Castell'Alfero, in provincia di Asti, con circa 296 dipendenti. Questi due siti produttivi assumeranno la nuova denominazione di Askoll P&C;
   quest'acquisizione permetterà alla Askoll di conseguire la leadership nel mercato mondiale dei motori elettrici per applicazioni domestiche (ex Ceset) e delle pompe di scarico per lavabiancheria e lavastoviglie (ex Plaset);
   al momento dell'acquisizione dell'EAME la Askoll P&C presenta il nuovo piano industriale di riconversione e riqualificazione industriale dei due siti produttivi di Moncalieri (Torino) e Castell'Alfero (Asti) prevedendo nel biennio 2009/2010 investimenti per complessivi 16 milioni di euro a fronte però di una riorganizzazione dei suddetti siti piemontesi con l'avvio della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione (CIGS) su cui viene siglato un accordo sindacale;
   in contrasto con quanto affermato, anche con comunicato stampa del 9 giugno 2009, «...di rimanere competitiva ed efficiente senza delocalizzare, creando valore attraverso un nuovo sistema industriale, tecnologicamente avanzato, radicato e integrato nel territorio...» la Askoll avvia una sistematica azione di ridimensionamento della presenza in Italia a favore degli stabilimenti esteri;
   infatti, la ex Plaset di Moncalieri, dopo l'iniziale accordo dei 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria (giugno 2009-giugno 2011) per l'avvio del percorso di ristrutturazione industriale, viene chiusa per crisi e i 208 lavoratori coinvolti messi in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione attività da giugno 2011 sino a inizio giugno 2013 e ulteriori 6 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga concessa dalla regione Piemonte (termine dicembre 2013);
   anche per Castell'Alfero, dove attualmente sono in forza circa 225 addetti, sembra profilarsi lo stesso destino della ex Plaset. Infatti successivamente al piano di ristrutturazione che prevedeva il ricorso a 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione (giugno 2009-giugno 2011), e alla istanza di ulteriori 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria, sempre per ristrutturazione, conclusa nel giugno 2012, e all'accordo sottoscritto il 5 giugno 2012, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a Roma, relativo al nuovo piano industriale per la cessazione della produzione del «vecchio» motore universale MCA per lavatrice, con conseguente chiusura del reparto produttivo delocalizzato presso lo stabilimento in Slovacchia, e la concessione ai 101 lavoratori in esubero di 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria, (giugno 2012-giugno 2014), il 25 febbraio 2014 la società avvia la procedura di licenziamento collettivo comunicando la necessità di dar corso, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli articoli 4 a 24 della legge n. 223 del 1991, «Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro», ad una riduzione collettiva del personale per cessazione dell'attività. Questo a fronte di un piano industriale che prevedeva la prosecuzione della produzione a Castell'Alfero dell'Askollmotor, che ha registrato negli ultimi anni un trend produttivo molto positivo, e all'industrializzazione di altri motori elettrici evoluti, già peraltro sviluppati nel laboratori castellalferesi anche in partnership col politecnico di Torino;
   infatti la Askoll è leader mondiale di motori elettrici, con 600 brevetti depositati e con circa 17 milioni annui dedicati allo sviluppo tecnologico di prodotti e componenti, con laboratori dedicati sia a Castell'Alfero che a Dueville. Inoltre, sono ad un livello avanzato di sviluppo i prototipi di veicoli elettrici (minicar, scooter e biciclette elettriche) che rappresentano il futuro della mobilità urbana in Italia e nel mondo e, pertanto, l'azienda italiana, come per altri prodotti nel passato, potrebbe diventare leader mondiale di motori elettrici per la mobilità urbana;
   da settimane i lavoratori di Askoll P&C sono in stato di agitazione, con presidi ai cancelli e cortei per le vie di Asti e di Dueville (Vicenza), per denunciare il comportamento elusivo e poco etico della direzione aziendale e la decisione di trasferire all'estero tecnologia e know-how italiano nonostante i volumi produttivi nel sito astigiano siano raddoppiati rispetto lo scorso anno e il trend sia in netta crescita. Senza tener alcun conto di questo l'azienda ha inviato alle organizzazioni sindacali il 25 febbraio 2014 la surricordata lettera di avvio procedura per la chiusura dello stabilimento;
   lo stabilimento Askoll P&C di Castell'Alfero si è sempre contraddistinto quale sito d'eccellenza per la progettazione e la produzione di motori elettrici e pertanto, oltre a salvaguardare i livelli occupazionali, occorre proteggere un patrimonio produttivo strategico per il nostro Paese che dovrà necessariamente conquistare una leadership mondiale nelle nuove tecnologie della mobilità urbana –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, in vista dell'incontro fissato per il prossimo 10 marzo 2014, per scongiurare ogni pericolo di chiusura o comunque di delocalizzazione o esternalizzazione delle attività dello stabilimento ex Ceset di Castell'Alfero, in provincia di Asti, promuovendo al contempo un piano industriale che incentivi la ricerca scientifica e l'innovazione tecnologica in quei settori in cui possiamo acquisire una leadership mondiale come la mobilità ecosostenibile;
   quali iniziative, inoltre, il Governo intenda intraprendere al fine di accertare che la delocalizzazione di immobilizzazioni materiali e di know how tecnologico, e tutto ciò che concerne le proprietà intellettuali registrate e non, effettuata da Askoll verso i suoi stabilimenti esteri, in particolare Slovacchia, Romania e Cina, sia avvenuta nel rispetto della vigente normativa fiscale in termini di trasfer price e, ancora, per verificare l'impatto sul bilancio dello Stato dei finanziamenti pubblici erogati in questi anni all'azienda e a società del gruppo, da tutti i livelli istituzionali, direttamente per ricerca, innovazione e sviluppo di prodotti e indirettamente sotto forma di trattamenti previdenziali ed assistenziali, come il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria e ai contralti di solidarietà, per i suoi dipendenti. (5-02297)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NARDI, AIRAUDO, LACQUANITI, DI SALVO, MELILLA, NICCHI, PIAZZONI e MARCON. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come si evince dalla stampa nazionale e locale, il 28 novembre 2013, Benetton Group ha annunciato un piano triennale di rifocalizzazione del business brand;
   si tratta di un progetto finalizzato a dare massima competitività sui mercati ai marchi di Benetton Group, attraverso una profonda innovazione della struttura aziendale che rifocalizza in questa chiave le aree di attività dell'azienda;
   a detto progetto si associa l'imminente apertura, nel mese di aprile 2014, del nuovo negozio United Colors of Benetton in piazza Duomo a Milano: un megastore di oltre mille metri quadri di superficie vendita e questo modello, per quanto risulta all'interrogante, sarà riproposto anche in altre importanti piazze italiane (la seconda città interessata dovrebbe essere Firenze) ed estere;
   il piano in questione è basato su una scelta di politica industriale di rinnovamento dei punti vendita che, per quanto risulta all'interrogante, potrebbe riguardare non solo la linea storica United Colors of Benetton, ma anche per la linea, Sisley;
   si evidenzia, inoltre, che talune procedure di rinnovamento erano già state avviate da settembre 2013 in numerosi punti vendita; 
   già nel marzo 2013 le organizzazioni sindacali e la dirigenza di Benetton Group avevano sottoscritto un accordo per la gestione del personale dichiarato in esubero in relazione al piano di trasformazione annunciato dal gruppo Benetton. L'intesa ha ridotto a 206 (rispetto agli annunciati 450) i lavoratori «in esubero», salvandoli nel loro complesso grazie al previsto ricorso a contratti di solidarietà, riqualificazioni professionali, mobilità volontaria e cassa integrazione guadagni straordinaria;
   l'azienda aveva peraltro assicurato che vi sarebbe stata una contestuale assunzione di personale nei negozi di apertura successiva;
   come noto, il Gruppo industriale facente capo alla famiglia Benetton vanta diverse concessioni pubbliche, tra le quali, oltre quella per la cogestione con Ferrovie dello Stato delle principali stazioni ferroviarie del paese, spicca quella della società Atlantia, relativa alla gestione di un'ampia parte della rete autostradale nazionale. Autogrill spa, controllata al 59,3 per cento dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni Srl, gestisce, più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località del nostro Paese con un fatturato di 5,84 miliardi l'anno;
   trattasi, dunque, di un gruppo industriale che gode di introiti certi e derivanti, in parte anche dall'incremento dei pedaggi autostradali che, solo nel 2014, sono aumentati del 4 per cento;
   in attuazione del citato piano triennale di rifocalizzazione del business brand Benetton Group ha annunciato la chiusura in Italia di 27 negozi a marchio United Colors of Benetton (16) e Sisley (11) che vanno ad aggiungersi alle cessioni di marchi minori (Playlife, Jean's West, Killer Loop e Anthology of Cotton) con la chiusura di altri 16 punti vendita;
   solo la chiusura dei punti vendita citati, secondo quanto risulta all'interrogante, la perdita di almeno 200 posti di lavoro;
   ad oggi, Benetton Group, non sembrerebbe aver annunciato alcun piano di ricollocazione del personale attualmente impiegato in altri punti vendita ovvero altre formule alternative quali l'orario di lavoro;
   nella sola provincia di Massa Carrara, Benetton Group ha annunciato la chiusura di tutti i punti vendita entro la fine dell'anno, in un territorio già duramente colpito dalla crisi economica;
   le organizzazioni sindacali hanno espresso grande preoccupazione, affermando altresì come tenteranno in tutti i modi di ridurre questi possibili licenziamenti attraverso il riassorbimento di tutti i profili professionali a rischio;
   si rileva infine che la legge di stabilità 2014, recentemente entrata in vigore, ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
   la disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato — nella misura del 10 per cento — che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
   tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
   si rende necessario un ulteriore intervento in materia di contratti di solidarietà, con l'obiettivo di incrementarne l'ammontare del trattamento di integrazione salariale –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare i lavoratori a rischio, anche attivando un tavolo di confronto che coinvolga pienamente le organizzazioni sindacali di riferimento, la proprietà, la dirigenza aziendale e i rappresentanti degli enti locali interessati dallo smantellamento della rete di vendita facente capo a Benetton Group, al fine di individuare ogni possibile soluzione volta ad evitare ripercussioni negative sugli attuali livelli occupazionali;
   quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo al fine di salvaguardare il reddito dei lavoratori, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori.
(4-03852)


   OLIARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Liguria con deliberazione della giunta regionale 10 settembre 2009, n. 1203, ha approvato le «Disposizioni attuative per l'utilizzo temporaneo e straordinario di persone prive di occupazione e di lavoratori sospesi dal lavoro in cantieri scuola e lavoro, ai sensi dell'articolo 37 della legge regionale 30/2008»;
   l'alluvione del 25 ottobre 2011 che ha colpito una vasta zona della provincia della Spezia ha causato ingenti danni alle infrastrutture, agli edifici pubblici e privati, ai beni mobili e l'interruzione dei collegamenti, arrecando forti disagi alla popolazione e compromettendo le attività economico-produttive delle zone interessate;
   con deliberazione della giunta regionale 9 marzo 2012 n. 270 la Regione Liguria ha autorizzato la provincia di La Spezia all'apertura e gestione di cantieri scuola e lavoro per persone prive di occupazione e lavoratori percettori di forme di sostegno al reddito, quali gli ammortizzatori sociali e l'indennità di disoccupazione, presso i Comuni colpiti dall'alluvione del 25 ottobre 2011;
   in data 8 aprile 2013 la Regione Liguria, la provincia di La Spezia, le Organizzazioni Sindacali e i Comuni colpiti dall'alluvione del 25 ottobre 2011 hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per il rinnovo dell'utilizzo, in cantieri scuola e lavoro, di persone prive di occupazione e lavoratori percettori di ammortizzatori sociali residenti presso i Comuni medesimi;
   la provincia di La Spezia, con la sottoscrizione del Protocollo d'intesa dell'8 aprile 2013, si è impegnata ad autorizzare e coordinare, nell'ambito del proprio territorio, l'apertura e la gestione dei cantieri scuola e lavoro da parte dei Comuni o loro Consorzi;
   nell'ultimo anno la regione Liguria è stata colpita da nuovi e significativi eventi calamitosi con allagamenti, straripamenti e frane che hanno determinato una nuova situazione emergenziale, arrecando ulteriori forti disagi alla popolazione e compromettendo ulteriormente le attività economico-produttive;
   i commi 346 e 347 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), istituiscono un Fondo per la ricostruzione e la messa in sicurezza nei territori colpiti da eventi emergenziali, con una dotazione pari a 26,5 milioni di euro per l'anno 2014, destinando 20 milioni di euro per le province di La Spezia, Genova, Massa Carrara e Lucca colpite dagli eventi alluvionali di ottobre 2013, 1,5 milioni di euro per le imprese che hanno subito danni all'attività produttiva a seguito degli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito il territorio della regione Marche nel marzo 2011, nonché 5 milioni di euro per fronteggiare i danni conseguenti al sisma verificatosi il 21 giugno 2013 nei territori della Lunigiana e della Garfagnana;
   con delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2014, contenente la dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della regione Liguria per gli eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 25 al 26 dicembre 2013 e dal 4 al 5 e dal 16 al 20 gennaio 2014, il Governo ha stanziato, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, a valere sul fondo per le emergenze nazionali, ulteriori 13 milioni di euro a favore di tale Regione per l'attuazione dei primi interventi nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni;
   dalle dichiarazioni depositate dai comuni interessati e dalla provincia di La Spezia nella relazione allegata alla nota protocollo 14280 del 12 marzo 2013, fino al mese di maggio 2013 erano stati attivati 42 progetti di cantieri scuola e lavoro in 27 comuni alluvionati, in cui sono stati impiegati 149 lavoratori che hanno raggiunto risultati giudicati positivi nella stessa relazione;
   la mancanza delle risorse necessarie non ha consentito la prosecuzione in Liguria del progetto cantieri scuola e lavoro nei termini auspicati dagli enti locali coinvolti –:
   se non sia necessario reperire con la massima sollecitudine le risorse necessarie a garantire la prosecuzione del progetto cantieri scuola e lavoro, anche al fine di assicurare ai comuni colpiti dall'alluvione il ripristino delle normali attività, nonché ai lavoratori privi di occupazione e a quelli percettori di ammortizzatori sociali un'integrazione salariale per il sostentamento proprio e delle loro famiglie;
   se, inoltre, non sia opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché parte delle risorse già stanziate dal Governo con i recenti provvedimenti a favore della regione Liguria vengano destinate per il proseguimento delle suddette attività. (4-03853)


   ROSTELLATO, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS, RIZZETTO, BALDASSARRE e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa è una forma societaria tutt'altro che nuova, tuttavia ha avuto un qualche sviluppo in questi ultimi dieci anni, per effetto della riorganizzazione dei processi produttivi e della conseguente proliferazione degli appalti e subappalti, che hanno utilizzato, spesso in modo illegittimo, le cooperative di produzione lavoro;
   il lavoro nelle società cooperative ha caratteristiche particolari perché, nella definizione giuridica, una società cooperativa non ha fini di lucro ma persegue scopi mutualistici. La figura di riferimento è quella del socio lavoratore, che, in quanto tale, dovrebbe:
    a) versare la quota sociale;
    b) partecipare all'assemblea dei soci e alle altre istanze previste per assumere le decisioni comuni;
    c) partecipare alla divisione degli utili della cooperativa;
   la concreta esperienza ha portato a scoprire situazioni in cui spesso la cooperativa è un paravento rispetto a realtà di brutale sfruttamento, basate su retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, sulla riduzione delle tutele sociali, sulla precarietà del rapporto di lavoro, senza nessun diritto a partecipare alle decisioni e al capitale della cooperativa, con la sola possibilità di scegliere tra tale condizione e la disoccupazione. Infatti, alcune cooperative di produzione e lavoro sono state costituite con l'obiettivo di aggirare le leggi e i contratti di lavoro, nell'unica logica di ridurre i costi di produzione. In questo modo sono stati negati i tradizionali obiettivi sociali delle cooperative e i soci lavoratori si sono trovati in una condizione peggiore non solo dei normali lavoratori dipendenti, ma anche degli altri lavoratori atipici, come i contratti a termine, perché avevano maggiori difficoltà nel ricorrere alla magistratura e non avevano nemmeno il diritto di organizzarsi sindacalmente. Infatti, fino a pochi anni fa la magistratura era orientata a non riconoscere al socio lavoratore le caratteristiche del lavoratore dipendente, perciò, in caso di controversia, il tribunale riconosciuto competente era il tribunale civile, che ha tempi d'intervento troppo lunghi per tutelare efficacemente il socio lavoratore;
   per fortuna negli ultimi tempi si è verificato un cambiamento negli orientamenti giurisprudenziali, con importanti sentenze che hanno riconosciuto la competenza del giudice del lavoro sulle controversie tra socio e cooperativa di produzione e lavoro, riconoscendo quindi l'applicazione delle tutele processuali tipiche del lavoratore dipendente. Infine, la legge 3 aprile 2001, n. 142, ha stabilito i diritti del socio lavoratore e definito in termini innovativi le caratteristiche del rapporto di lavoro;
   in particolare, la nuova legge, così come interpretata anche dalla circolare n. 34 del 17 giugno 2002 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, risolverebbe il problema delle retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, quindi eliminando gli aspetti più deteriori a cui era legata la costituzione di molte cooperative di produzione e lavoro. Tuttavia l'articolo 9 della legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, ha modificato la legge n. 142 del 2001, eliminando tutte le parti positive che avevano in qualche misura dato un indirizzo diverso rispetto alla necessità improrogabile di tutelare la figura di quelli che possono senza meno essere considerati lavoratori a tuffi gli effetti e dunque meritevoli di ogni guarentigia propria di un prestatore d'opera;
   ad oggi sono tuttora innumerevoli le segnalazioni di sindacato ed operatori del settore che lamentano patologie sistemiche in seno al mondo cooperativistico, tanto sul piano della tutela dei diritti dei lavoratori quanto per quello che riguarda le problematiche che ne derivano da un punto di vista della concorrenza, laddove il pur legittimo «favor legis» a vantaggio delle cooperative non può e non deve alimentare incongruenze rispetto alle rigide normative europee in tema di concorrenza;
   parrebbe pertanto opportuno a distanza di molti anni dagli ultimi interventi legislativi in materia, soffermarsi su un'attenta analisi rispetto al sistema cooperativistico, ponendo l'attenzione sulla necessità di garantire la tutela dei diritti dei lavoratori del settore oltre che una accurata analisi relativa alle ipotesi di violazione del regime di concorrenza tra le aziende –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda porre in essere ogni iniziativa utile a rafforzare le verifiche rispetto ai presupposti ed alla rispondenza alla legge, delle caratteristiche di mutualità delle società cooperative;
   se il Ministro interrogato intenda altresì porre in essere ogni ulteriore e più generale iniziativa, anche di carattere normativo, finalizzata alla tutela dei lavoratori del settore nonché ad elidere l'evidente e concreto rischio di incorrere in palesi violazioni delle normative di mercato in tema di concorrenza e sanzionabili dagli organismi europei. (4-03856)


   ZARDINI e ROTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo  Stato eroga servizi e trasferimenti per ridurre iniquità e colpire le rendite parassitarie. In molti casi si è verificato che gli evasori fiscali a causa dell'esiguità dei loro redditi e ricchezze visibili non solo non pagano le tasse ma accedono a condizioni agevolate ai servizi di pubblica utilità ed alle prestazioni sociali. Pertanto, una parte della redistribuzione avviene verso persone che non meritano un aiuto e, quindi, finisce per aumentare l'iniquità dello Stato;
   l'introduzione della Banca dati dei conti correnti (articolo 11 commi 2 e 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 27 dicembre, n. 214) e del nuovo Isee (articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013) si muovono nella direzione di combattere il fenomeno della redistribuzione iniqua dei servizi a favore dei finti poveri, di sostenere l'erogazione dei benefici a favore delle persone che si trovano in condizioni disagiate e di non sprecare le scarse risorse dello Stato per finalità che non meritano alcuna attenzione;
   il nuovo Isee viene applicato a numerose prestazioni nazionali e locali con esclusione giustamente di alcune prestazioni sociali erogate dall'Inps (assegno sociale, maggiorazioni sociali, prestazioni agli invalidi civili, integrazione al minimo) perché collegate al reddito. Tali prestazioni, rapportate al requisito reddituale ed alla erogazione di specifiche prestazioni, si basano sulle autocerficazioni degli interessati e, quindi, alla possibilità che vengano omessi in parte o in tutto le informazioni necessarie per definire in modo equo e corretto le prestazioni stesse;
   l'Inps nel definire le prestazioni collegate al reddito effettua i controlli necessari utilizzando l'anagrafe tributaria per i redditi assoggettabili all'Irpef. Per gli altri redditi, quali i redditi con ritenuta alla fonte a titolo d'imposta (interessi postali e bancari, interessi su titoli), e per i ricoveri, con retta a parziale o totale carico di enti pubblici che incidono sull'importo dell'assegno sociale e sulle pensioni sociali in essere, è impossibile fino ad oggi per l'istituto previdenziale verificare la veridicità delle autocertificazioni;
   talvolta le persone richiedenti le prestazioni specificate, essendo a conoscenza di tale gap, non dichiarano nelle autocertificazioni le tipologie dei redditi e delle prestazioni non controllabili con la conseguenza che l'Inps eroga nel peggiore dei casi prestazioni illegittime e nel migliore dei casi prestazioni superiori all'importo che spetterebbe nel caso di dichiarazioni veritiere;
   l'utilizzo delle informazioni analitiche che si fondano su moderne applicazioni informatiche e del metodo dei controlli incrociati rappresentano nuove leve di vantaggio competitivo per lo Stato e sviluppano capacità distintive finalizzate a contrastare le autodichiarazioni mendaci che concorrono a erogare servizi in modo iniquo. Le informazioni in possesso da parte di alcuni settori dello Stato vanno raccolte, elaborate, organizzate ed utilizzate in modo automatico a favore dell'intero sistema di welfare;
   l'Inps, il quale è il maggior erogatore di prestazioni sociali rapportate al reddito personale e familiare, ha bisogno di verificare, tramite la predisposizione di apposite applicazioni informatiche che garantiscono la riservatezza dei dati e delle informazioni, la banca dati delle prestazioni sociali agevolate (articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e decreto ministeriale 8 marzo 2013) e la banca dati dei conti correnti al fine di rapportare l'importo delle prestazioni erogate alla situazione reddituale reale delle persone interessate ed eliminare sprechi ed iniquità. I richiedenti o titolari di assegno sociale e di maggiorazione sociale non sempre dichiarano all'Inps i redditi provenienti da un conto corrente e libretto di risparmio mentre per la Banca d'Italia il 90,1 per cento delle famiglie è titolare di un deposito bancario o postale ed il 70 per cento delle famiglie più povere ha un dossier aperto. I ricoveri con retta parziale o totale carico di enti pubblici che incidono sul livello dell'importo dell'assegno sociale e della pensione sociale possono anch'essi non essere dichiarati e controllati in quanto non sono presenti i dati e le informazioni relative a tali prestazioni;
   la situazione reale del Paese tra contraddizioni ed iniquità ci impone di utilizzare gli strumenti messi in atto non in una sola direzione ma a vantaggio dell'intero sistema di Welfare e, quindi, non solo a beneficio del sistema dei controlli Isee ma anche finalizzati alle prestazioni sociali di competenza dell'Inps, le quali se non gestite in modo efficiente creano iniquità tra le persone. L'attuazione di tale operazione si inserisce in modo coerente nel progetto di spending review molto utile al paese per eliminare gli sprechi e le spese improduttive che non creano valore e, quindi, ridurre la spesa pubblica troppo alta rispetto alla qualità dei servizi erogati –:
   se non ritengano necessario promuovere l'utilizzo degli strumenti previsti per l'Isee, banca dati dei conti correnti e banca dati delle prestazioni sociali agevolate, da parte dell'Inps con le modalità descritte in precedenza, nella definizione dell'assegno sociale, delle maggiorazioni sociali e delle prestazioni agli invalidi civili al fine di erogare i benefici nella misura giusta solo alle persone che si trovano in condizioni disagiate e di contrastare le autodichiarazioni non veritiere;
   se non reputino urgente istituire una revisione straordinaria da parte dell'Inps delle prestazioni sociali (assegno sociale, maggiorazioni sociali, prestazioni agli invalidi civili) in essere nel 2014, utilizzando la banca dati dei conti correnti e delle prestazioni sociali agevolate;
   se non ritengano necessario includere i ricoveri con retta a parziale o totale carico di enti pubblici nella banca dati delle prestazioni sociali agevolate e nella Tabella 1 del decreto 8 marzo 2013 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. (4-03867)


   BALDASSARRE, ARTINI, BONAFEDE, GAGNARLI, SEGONI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il settore scuola ha subìto una serie di tagli che hanno causato una perdita di prospettive e una notevole confusione di competenze coinvolgendo i lavoratori e gli insegnanti del settore e non garantendo il livello di formazione di eccellenza che dovrebbe essere assicurato agli studenti;
   con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, cosiddetto «decreto del fare», è stato previsto un taglio concernente gli «appalti storici» nella misura di 30 milioni di euro per il 2014 e di circa 50 milioni di euro per il 2015;
   i suddetti appalti coinvolgono circa 1.200 lavoratrici e lavoratori della Toscana;
   le suddette figure professionali affiancano il personale dipendente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed operano in un contesto contrattuale caotico, dato che in una stessa struttura scolastica operano diverse tipologie di contratti (docenti, custodi, personale Ata, personale delle pulizie, personale addetto alla mensa); ciononostante, forniscono un servizio insostituibile di pulizia, di sorveglianza e sporzionamento pietanze tale da rappresentare un ruolo di rilievo nelle attività scolastiche;
   dal 22 dicembre 2012 Dussmann srl, azienda vincitrice della gara Consip, è subentrata alle aziende che gestivano i cosiddetti «appalti storici» per quanto riguarda le pulizie e la sorveglianza nelle scuole pubbliche;
   il taglio del 25 per cento dell'orario di lavoro, previsto dalla suddetta azienda, comporterà un esubero del personale occupato oltre ad un taglio delle ore di pulizia nelle scuole pubbliche;
   la suddetta Dussmann srl pur essendosi aggiudicata la gara al massimo ribasso per «l'affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della pubblica amministrazione», sembra, a parere dell'interrogante, non mantenere congrui rapporti con le lavoratrici ed i lavoratori che operano in tali contesti, con una precaria comunicazione aziendale e con dubbi criteri di conteggio delle ore effettivamente lavorate –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta;
   se i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, non ritengano opportuno concentrare la propria attenzione e intervenire sulla problematica descritta, al fine di garantire ai cittadini una indispensabile serenità per quanto concerne il corretto funzionamento delle strutture scolastiche interessate;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano opportuno concentrare la propria attenzione sulle condizioni di estrema precarietà occupazionale ed economica dei suddetti lavoratori, impiegati nell'igiene e nella sicurezza delle scuole;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano attivarsi al fine di porre in essere ogni iniziativa di controllo verso l'azienda Dussmann srl, al fine di verificarne l'effettivo rispetto della convenzione sottoscritta con Consip spa, sia per quanto riguarda il servizio sia per quanto riguarda le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori. (4-03875)


   BALDASSARRE, ROSTELLATO, BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha istituito presso l'INPS, a decorrere dal 1o gennaio 1996, la cassa pensionistica denominata gestione separata per i cosiddetti lavoratori atipici (parasubordinati);
   l'obbligo di iscrizione alla gestione separata grava su milioni di lavoratori, in particolare: categorie residuali di liberi professionisti, precari, occasionali, parasubordinati, collaboratori a progetto, addetti vendita porta a porta, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale nonché specializzandi o dottori titolari di assegni di ricerca;
   le suddette categorie di soggetti sono tenuti a versare i contributi presso la gestione separata dell'INPS;
   il conseguimento del diritto all'accesso al trattamento pensionistico a carico della gestione separata è subordinato alla maturazione da parte del lavoratore di un'anzianità contributiva effettiva minima di cinque anni e dei requisiti anagrafici di cui all'articolo 24 della legge 22 dicembre 2011, n. 214, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
   il lavoratore iscritto alla gestione separata presso l'INPS, che cessi la propria attività prima del perfezionamento del requisito contributivo prescritto per la liquidazione di un autonomo trattamento pensionistico, è ascrivibile alla più ampia categoria dei contribuenti «silenti»;
   i suddetti contribuenti «silenti» sono accomunati dal fatto che adempiono al versamento dei contributi a «fondo perduto» e questa circostanza contravviene a qualsiasi principio sinallagmatico;
   il direttore generale dell'INPS, in una dichiarazione resa il 28 gennaio 2013, pubblicata dal quotidiano economico «Italia Oggi», ha specificato che sono «diversi milioni» i lavoratori interessati da questa criticità;
   nel suddetto articolo si evidenzia che la stima dei contributi «silenti» potrebbe ammontare a circa 10 miliardi di euro;
   appare evidente l'iniquità della disciplina dei contributi «silenti», tenuto conto della circostanza che i soggetti che non riescono a conseguire l'anzianità contributiva minima, oltre a non poter accedere alla pensione di anzianità, perdono i contributi versati;
   ad oggi i contributi dovuti per effetto delle diverse aliquote riferite ai soli soggetti iscritti alla gestione separata sono dovuti nella misura minima del 22 per cento fino al 28,72 del reddito conseguito –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno procedere ad una ricognizione per determinare l'ammontare totale dei contributi «silenti» e come tale importo potrà evolversi, nei prossimi 10 anni, alla luce delle innovazioni in materia previdenziale e del mercato del lavoro;
   se il Ministro interrogato intenda comunicare l'ammontare complessivo e la destinazione attuale, da parte dell'INPS, dei contributi versati dai lavoratori iscritti alla gestione separata istituita dall'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non utili alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative relativamente alle criticità suddette, al fine consentire l'utilizzo dei contributi «silenti» prescindendo dai requisiti minimi al fine di corrispondere un trattamento – a calcolo puro – a favore dei soggetti non titolari di altre prestazioni al raggiungimento dell'età anagrafica di 65 anni. (4-03884)


   TIDEI, FERRO e MARRONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Zodiaco srl situata nel comune di Anguillara Sabazia in provincia di Roma svolge l'attività del commercio al dettaglio nel settore alimentare;
   la suddetta società ha gestito il supermercato (ex supermercato GS) all'interno del quale espletava la propria attività economica almeno sino alla terza settimana di gennaio 2014, allorquando ad essa è subentrata una nuova società, nota con il nome di «Campigiana», la quale, tuttavia, non ha rilevato i lavoratori, i quali sono rimasti dipendenti della Zodiaco srl;
   nel 2012 la società Zodiaco ha ceduto tutto il proprio personale dipendente ad un'azienda di servizio nota con il nome di «Cassia 12». La Zodiaco srl, pur mantenendo la gestione diretta della azienda;
   a seguito di ulteriori passaggi, tutti dimostrabili dai contratti stipulati con i lavoratori, il personale che era stato assunto dalla «Cassia 12» è ritornato alle dipendenze della società Zodiaco srl;
   gli scontrini fiscali emessi a seguito della vendita della merce riportano la denominazione della società «La Campigiana», mentre i lavoratori dell'esercizio commerciale in questione afferiscono alla Zodiaco srl;
   i dipendenti della Zodiaco srl sono entrati in cassa integrazione nei periodi che vanno da ottobre a dicembre 2013 e da dicembre 2013 a marzo 2014, con accordi regolarmente firmati;
   i dipendenti della società Zodiaco srl da novembre 2013 non percepiscono lo stipendio. Una situazione insostenibile che ha indotto i lavoratori nella giornata di mercoledì 26 febbraio a manifestare davanti all'azienda, per reclamare quanto loro dovuto. Successivamente a tali manifestazioni ad alcuni lavoratori sono pervenute lettere di licenziamento per ragioni di crisi aziendale –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di fare chiarezza riguardo ad una crisi aziendale che sembra agli interroganti dovuta essenzialmente alla mala gestio societaria da parte degli amministratori e che potrebbe mettere seriamente a rischio l'occupazione di oltre quindici lavoratori;
   se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso le associazioni di categoria e i soggetti interessati, al fine di tutelare i diritti, la dignità e la professionalità dei lavoratori coinvolti, per scongiurare il pericolo licenziamento;
   se e come intendano intervenire affinché si giunga ad una rapida conclusione della vertenza contrattuale. (4-03887)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, GAGNARLI, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli allevatori cunicoli italiani denunciano ormai da tempo evidenti distorsioni sul mercato europeo delle carni macellate evidenziando come nei mercati francesi, ungheresi e spagnoli i conigli vivi valgano molto di più di quelli italiani, mentre quelli macellati siano quotati eccessivamente al ribasso;
   la suddetta anomalia alimenta comportamenti scorretti nel commercio europeo di carne macellata, fino a configurare fattispecie di dumping, che i macellatori-grossisti italiani non contrastano adeguatamente con la conseguenza di danneggiare il nostro patrimonio zootecnico e di determinare artificiali ribassi delle quotazioni del prodotto vivo sulle piazze italiane;
   il mercato cunicolo italiano si approvvigiona essenzialmente con importazioni dall'estero, in particolare dalla Francia, da cui nel 2013 sono arrivati oltre 15.000 quintali di conigli macellati;
   l'aumento esponenziale dell'import sembra configurarsi più come un espediente funzionale a calmierare i prezzi del mercato nazionale piuttosto che una misura dettata dalla necessità di colmare la crisi di offerta dovuta alla chiusura di moltissimi allevamenti nazionali;
   secondo l'associazione allevatori Anlac, il surplus di conigli macellati francesi verrebbe immesso in commercio in Italia ad un prezzo inferiore al valore normale del prodotto praticato all'interno della stessa Francia; tale fenomeno, che si ripete ciclicamente da aprile ad agosto di ogni anno, quest'anno è iniziato a febbraio, in concomitanza dei ribassi eccessivi sulla piazza di Verona e delinea una discrimi- nazione internazionale dei prezzi che non tiene conto delle perdite dei produttori italiani, tende a favorire pratiche di monopolio e altera la struttura del commercio tra i Paesi dell'Unione europea;
   studi econometrici commissionati dall'Anlac all'università di Napoli, hanno evidenziato che ad incidere sul prezzo del coniglio vivo in Italia non è la differenza tra prezzo italiano e prezzo estero, come vorrebbe la teoria economica, bensì il saldo importazioni-esportazioni del prodotto macellato, cosa che conferma le perplessità circa la natura essenzialmente speculativa e incontrastata del fenomeno –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritenga urgente intervenire presso le competenti sedi comunitarie, al fine di verificare che l'immissione in commercio nel nostro Paese di carni cunicole francesi, ad un prezzo inferiore a quello praticato nel Paese d'origine, non configuri una discriminazione dei prezzi tesa ad alterare la struttura del commercio tra Stati membri anche al fine di accertare che il Governo francese non sostenga il suo comparto cunicolo con aiuti incompatibili con le regole comunitarie. (5-02293)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano nazionale La Repubblica, ripreso anche dal quotidiano il Giornale, riporta che, dal 2010 ad oggi il Sian ha drenato l'incredibile cifra di 780 milioni di euro, tra dossier, relazioni di collaudo, audit interni e perizie legali. Una cifra esorbitante che non ha impedito, però, il rinnovo del contratto con i privati che lo gestiscono, aumentato di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016. Inoltre, la gestione del sistema ha richiamato l'attenzione della procura di Roma, che ha aperto un fascicolo sul caso. Fascicolo da cui spuntano diverse irregolarità: nelle misure dei terreni inserite nel sistema informatico, ad esempio. Ci sono casi in cui immobili ad uso agricolo hanno ricevuto fondi per una metratura più che doppia rispetto a quella reale;
   inoltre, i predetti quotidiani riportano anche che con scostamenti tra le superfici richieste e quelle effettive del 100 per cento, i fondi vengono erogati lo stesso, in automatico. Una squadra speciale della Guardia di finanza pare stia indagando in tutta Italia sui finanziamenti concessi agli agricoltori sulla base delle informazioni contenute nel Sian, ed i contorni di quello che ne è trapelato si vociferano essere a dir poco inquietanti –:
   quali verifiche siano state poste in essere rispetto a tali incredibili situazioni riportate dagli organi di informazione nazionale. (4-03874)


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a distanza di oltre 4 mesi dall'avvio da parte della guardia di finanza dell'operazione denominata «Bonifica» che ha interessato un campione di aziende beneficiarie di aiuti comunitari con conseguente sospensione delle erogazioni in favore delle stesse, cresce la preoccupazione del mondo agricolo sui tempi di conclusione delle attività connesse all'indagine in questione;
   se da un lato sono stati forniti ai media dati sull'operazione secondo i quali sarebbe stata accertata la presenza di truffe comunitarie, consumate o tentate nel solo 2013 nei confronti dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), per circa 200 milioni di euro e per complessivi euro 1 miliardo nell'ultimo quinquennio, dall'altro risultano essere poche e poco significative le verbalizzazioni ad oggi effettuate nei confronti degli agricoltori da parte della guardia di finanza, mentre risultano essere ferme le verifiche necessarie ad assicurare il ripristino delle erogazioni in favore delle decine di migliaia di aziende che, pur agendo nella piena regolarità, sono incappate in una rete di filtri informatici ed hanno visto per questo bloccati i propri pagamenti;
   il continuo riecheggiare di cifre altisonanti tra media, nazionali e non, sta generando oggettivi danni all'immagine del settore agricolo e riducendo ulteriormente la credibilità del sistema Paese a livello comunitario. Si contano in oltre 200 milioni di euro i pagamenti bloccati solo in virtù di elaborazioni informatiche basate su dati la cui certificazione è limitata già dal quadro normativo (anagrafe tributaria) e che, comunque non tengono conto della complessità della realtà dei passaggi di successione e delle regole comunali sull'uso delle terre demaniali;
   la collaborazione offerta dalle organizzazioni agricole per far cessare un siffatto stato di cose viene fatta cadere nel vuoto a causa di atteggiamenti dell'amministrazione centrale improntati a una caccia alle streghe che fa di tutta l'erba un fascio;
   le posizioni divaricanti recentemente emerse tra organismi pagatori da un lato e direzione dell'Agea dall'altro, circa le procedure di trattazione delle domande di aiuto dei beneficiari segnalati, stanno rallentando le attività finalizzate alla risoluzione delle moltissime posizioni estranee ai fatti o marginalmente interessate da essi;
   le crescenti incertezze sulle modalità e sulle tempistiche di trattamento delle situazioni aziendali, accentuano le difficoltà a cui le imprese vanno incontro nella rispettiva ordinaria gestione, allungano i tempi di risoluzione, spesso inspiegabilmente, e fanno lievitare uno stato di malessere che appare sempre più penalizzante, in assenza di orientamenti certi;
   vi è una situazione a cui occorre porre rimedio in tempi celeri e certi, anche alla luce del posizionamento dell'indagine, verso un principio di intenzionalità dei comportamenti, che rende il quadro di riferimento ulteriormente grave, mettendo a rischio le sorti economiche di molte decine di migliaia di imprese agricole –:
   se il Ministro interrogato intenda acquisire informazioni relative all'effettiva entità delle truffe ai danni del fondo comunitario accertate a seguito dell'operazione «bonifica» e cosa intenda fare per tutelare l'immagine del settore primario in Italia e quella del Paese in ambito comunitario;
   se il Ministro interrogato intenda adottare adeguate misure per chiarire con i competenti organi di controllo comunitari l'effettiva portata del fenomeno accertato dalla guardia di finanza e ricondurre la vicenda in un ambito tale da non ingenerare perplessità sull'affidabilità del Paese, evitando in tal modo gravissime conseguenze finanziarie;
   se il Ministro interrogato abbia verificato l'ammontare complessivo delle ingenti risorse bloccate dagli organismi pagatori a valere sui pagamenti ai produttori agricoli a titolo di anticipo sui pagamenti diretti, e se l'indirizzo da cui è scaturito il blocco informatico fosse effettivamente commisurato ai rischi che con esso si volevano prevenire;
   se il Ministro interrogato intenda assumere le opportune iniziative per risolvere le divaricazioni emerse tra le pubbliche amministrazioni interessate, ed in particolare tra gli organismi pagatori da un lato e l'Agea centrale dall'altro, affinché si instauri un quadro amministrativo unitario, improntato sulla chiarezza e trasparenza e non sull'ambiguità e l'arbitrio, che consenta di accelerare la risoluzione delle moltissime posizioni estranee ai fatti o marginalmente interessate da essi.
(4-03886)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella riunione del 27 febbraio 2014, ha deliberato che i gruppi Roche e Novartis hanno posto in essere un'intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista, sanzionando i due gruppi con oltre 180 milioni di euro;
   tra le malattie interessate dall'istruttoria spicca la degenerazione maculare senile, prima causa di cecità nei paesi industrializzati e di cui solo in Italia sono a rischio un milione di persone. Secondo l’Antitrust l'intesa ha avuto quale possibile conseguenza, tra l'altro, una maggior difficoltà nelle possibilità di cura per molti pazienti e un aumento della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale stimata in 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l'anno;
   come riportato dallo stesso sito dell'Antitrust, l'istruttoria è stata avviata nel febbraio 2013 dopo le segnalazioni ricevute da Aiudapds, un'associazione di cliniche private, e la SOI-Società oftalmologica italiana: al procedimento hanno chiesto e ottenuto di partecipare anche la regione Emilia-Romagna e l'associazione di consumatori Altroconsumo;
   dalla documentazione acquisita, anche grazie alla collaborazione del Gruppo Antitrust del Nucleo speciale tutela mercati della Guardia di finanza, è emerso che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari;
   Avastin è un prodotto che è stato registrato per la cura del cancro ma dalla metà degli anni duemila è stato utilizzato in tutto il mondo anche per la cura di patologie vascolari oculari molto diffuse;
   Lucentis è un farmaco basato su una molecola in tutto simile a quella di Avastin ma è stato appositamente registrato (da Genentech negli USA e da Novartis nel resto del mondo) per le patologie della vista fino a quel momento curate con Avastin. La differenza di costo per iniezione è significativa: Avastin ha un costo pari al massimo a 81 euro, mentre il costo di Lucentis risulta attualmente pari a circa 900 euro (in precedenza, peraltro, il costo superava i 1.700 euro);
   a fronte del rischio che le applicazioni oftalmiche di Avastin, vendute a un prezzo molto meno alto, ostacolassero lo sviluppo commerciale del ben più caro Lucentis, Roche e Novartis hanno posto in essere una complessa strategia collusiva, volta a ingenerare tra i medici curanti e più in generale il pubblico timori sulla sicurezza del primo. Tali attività sono proseguite e sono state anzi intensificate quando da una serie sempre maggiore di studi comparativi indipendenti, e pertanto non controllabili dalle imprese, è definitivamente emersa l'equivalenza dei due farmaci;
   le condotte delle imprese trovano la loro spiegazione economica nei rapporti tra i gruppi Roche e Novartis: Roche, infatti, ha interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech – che ha sviluppato entrambi i farmaci – ottiene su di esse rilevanti royalties da Novartis. Quest'ultima, dal canto suo, oltre a guadagnare dall'incremento delle vendite di Lucentis, detiene una rilevante partecipazione in Roche, superiore al 30 per cento. Non è stata invece ritenuta responsabile dell'illecito la controllata di Roche, la società californiana Genentech. In considerazione della particolare gravità dell'illecito, l'Autorità ha comminato al gruppo Novartis una sanzione di 92 milioni di euro e al gruppo Roche una sanzione di 90,5 milioni di euro, per un totale di oltre 180 milioni di euro;
   l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) è l'autorità nazionale competente per l'attività regolatoria dei farmaci in Italia. È un ente pubblico che opera in autonomia, trasparenza e economicità, sotto la direzione del Ministero della salute e la vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia. Collabora con le regioni, l'Istituto superiore di sanità, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, le associazioni dei pazienti, i medici e le società scientifiche, il mondo produttivo e distributivo;
   l'AIFA ha, tra i suoi compiti istituzionali, quello di provvedere al governo della spesa farmaceutica in un contesto di compatibilità economico-finanziaria e competitività dell'industria farmaceutica, e di dialogare e interagire con la comunità delle associazioni dei malati e con il mondo medico-scientifico e delle imprese produttive e distributive –:
   se non si ritenga urgente attivarsi affinché venga valutata una responsabilità nel caso in oggetto dell'AIFA e se non ritenga opportuno, intervenire, anche con un commissariamento, sulla governance dell'Agenzia, con gli strumenti predisposti dalla legge a tutela dei consumatori.
(2-00437) «Boccadutri, Piazzoni, Nicchi, Aiello».

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si registra attualmente una certa discordanza tra i diversi tribunali, alcuni dei quali condannano il ricorso alla maternità surrogata, attraverso la pratica dell'uso in affitto, mentre altri tribunali invece assolvono coloro che ricorrono a questa pratica;
   la legge n. 40 del 2004 vieta la maternità surrogata, soprattutto se viene commercializzata come accade nella maggioranza dei casi noti;
   eppure il tribunale di Milano ha recentemente assolto una coppia dall'accusa di aver alterato lo stato civile di un neonato, nato con la pratica dell'utero in affitto, mediante false attestazioni; il bambino, frutto di una maternità surrogata, era stato partorito a Kiev da una giovane ucraina e l'accusa era scattata dopo la segnalazione dell'ambasciata italiana a Kiev;
   nel giugno 2013 c’è stato un altro caso, anch'esso terminato con un'altra assoluzione per una coppia di triestini tornati in Italia dall'Ucraina con 2 gemelli. Il tribunale friulano aveva escluso che ci fosse stato un falso;
   il tribunale di Brescia ha invece condannato un'altra coppia di Iseo per la stessa accusa: alterazione di stato civile, condannandola a cinque anni e un mese per la stessa accusa;
   in Europa esistono legislazioni che permettono la pratica dell'utero surrogato, regolandolo per legge e disciplinandolo in maniera legale, ma in Italia la legge n. 40 del 2004 prevede che i figli nati da tecniche vietate nel nostro Stato siano considerati figli legittimi della coppia che li ha generati e non è possibile applicare il divieto di paternità;
   si va diffondendo in Italia una interpretazione della legge n. 40 del 2004 secondo la quale la legge proibisce la pratica dell'utero in affitto solo se commercializzato; nel 2000, prima quindi che venisse approvata la legge n. 40, il tribunale di Roma aveva autorizzato questa pratica, nel caso fosse stata applicata su base solidale, senza commercializzazione del corpo o di parti di esso nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie;
   tutelare tutti i bambini, compresi quelli che nascono dalla pratica dell'utero in affitto, le cosiddette gravidanze per conto terzi, è doveroso, ma non si può ignorare il fatto che molto spesso le «madri» che si rendono disponibili ad «affittare» il proprio utero sono tra le più povere e vivono in condizioni disagiate, in Paesi in cui la legislazione proprio perché più tollerante le tutela molto meno, e in un certo senso legittima un vero e proprio sfruttamento del corpo delle donne –:
   come intenda procedere per applicare questo passaggio fondamentale della legge n. 40 del 2004, che tutela tutti i protagonisti dell'evento nascita, evitando una volta di più che vi sia una modifica dell'impianto della legge per via giurisprudenziale. (3-00673)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GULLO. —Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la tutela della salute costituisce principio fondamentale costituzionalmente garantito;
   ad ogni cittadino deve essere garantito il diritto di vivere in un ambiente salubre;
   nell'area di Milazzo (ME) e della Valle del Mela tale diritto è chiaramente violato a causa della eccessiva concentrazione di attività industriali che spesso determinano problematica inerenti la salute;
   l'area in questione ha pagato, sta pagando e, purtroppo, pagherà un prezzo altissimo in termini di vite umane, come evidenziato dai dati sull'incidenza tumorale nell'area;
   la zona in questione è sito di interesse nazionale e vi sono ubicate diverse realtà potenzialmente inquinanti tra cui un complesso industriale di circa 212 ettari che trasforma il petrolio greggio;
   dalle innumerevoli denunce all'autorità giudiziaria e dagli articoli di stampa emergono numerose criticità attualmente incidenti dell'area di Milazzo e della Valle del Mela, zona notoriamente soggetta al rischio sismico ed idrogeologico;
   i malori accusati il 10 febbraio 2014 da alcuni alunni e docenti del locale istituto d'arte a causa di una nube di gas insistente nell'area, sono solo l'ultimo e più recente episodio di una lunga serie;
   avvenimenti del genere ripropongono in tutta la loro gravità le problematiche relative al corretto controllo della salubrità ambientale dell'area, nonché la necessità di interventi diretti ad eliminare i rischi esistenti e potenziali per i cittadini;
   tutto ciò avviene in contrasto con quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria –:
   quali iniziative urgenti si intendano prendere per:
    a) eliminare i rischi per la salute di cittadini;
    b) effettuare azioni costanti, effettive ed efficaci di controllo e monitoraggio dell'area di Milazzo (ME) e della Valle del Mela;
    c) far rispettare i criteri di sicurezza alle attività industriali insistenti nell'area;
    d) intervenire a sostegno delle famiglie colpite da patologie legate all'inquinamento dell'aria, del suolo e dell'acqua;
    e) prevenire un annunciato disastro ambientale. (5-02285)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la crisi industriale che ha colpito la Sardegna centrale fra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 ha prodotto un rapidissimo processo di desertificazione produttiva nel polo industriale che – fino ad allora – fra le aree di Macomer, Ottana e Siniscola (tutte ubicate nella provincia di Nuoro), dava lavoro a migliaia di persone e reddito per vivere ad altrettante famiglie ed intere economie locali si reggevano sull'indotto generato dall'industria;
   la fine del settore chimico prima, del tessile e di altre importanti produzioni poi, il mancato decollo degli investimenti previsti per il contratto d'area della Sardegna centrale – con i relativi scandali aventi per oggetto la variegata gamma di appropriazioni indebite di denaro pubblico – il progressivo venir meno di un ruolo attivo dello Stato in economia, hanno generato una condizione sociale drammatica che presto rischia di precipitare definitivamente, nel momento in cui andranno ad esaurirsi anche gli ultimi assegni di mobilità;
   una recente pubblica denuncia della segretaria provinciale della Femca Cisl di Nuoro ad esempio lancia l'allarme sul fatto che nella sola area di Macomer sarebbero oltre 800 i lavoratori in mobilità che nel 2015 resterebbero privi di qualsiasi copertura sociale. Si consideri anche che la maggior parte di essi ha più di 50 anni e versa, quindi, in uno stato di assoluta inferiore occupabilità rispetto ai più giovani;
   alla fine dell'era industriale nel territorio – prevista decenni fa da molti osservatori e sottovalutata da altrettanti – non è mai corrisposto alcun intervento strutturale: né di programmazione di un nuovo modello di sviluppo, né di implementazione delle vocazioni locali (ambiente, storia, cultura, archeologia nuragica, agroalimentare, identità), né di riconversione produttiva, né di bonifica delle aree inquinate;
   fallimenti, dilapidazione di risorse pubbliche in favore di imprenditori senza scrupoli cui non è mai stata imposta alcuna responsabilità sociale ed ambientale, disgregazione sociale, costituiscono la cifra ed il risultato di una storia breve che ha profondamente trasformato la struttura della società, in un lasso di tempo rapidissimo, e che oggi presenta il volto di un deserto di disoccupazione, emigrazione, spopolamento ed assenza di prospettive persino nei centro più popolosi e tradizionalmente più dinamici del territorio. Una condizione drammatica che rischia di divenire la miccia di una bomba sociale pronta ad esplodere se non ci sarà un pronto intervento;
   la crisi occupazionale derivante dal collasso del sistema industriale è rapidamente tracimata dai suoi argini travolgendo tutti i settori: primo fra tutti quello del piccolo e medio commercio, quello dell'edilizia, quello agropastorale e – persino – la psicologia profonda delle popolazioni locali è mutata insieme al decrescere dei consumi e del reddito disponibile per le famiglie, influendo negativamente sulle relazioni comunitarie, sui livelli di socialità, sulla possibilità di sostenere il percorso di studi dei figli o di completare il pagamento dei mutui contratti dalle famiglie operaie;
   questa è – per sommi capi – la indescrivibile condizione della Sardegna centrale e va segnalato con adeguata enfasi il fatto che il protrarsi di questa situazione rischia di rendere definitivamente impossibile qualsiasi ipotesi di inversione di tendenza a breve termine;
   i dati sull'affluenza alle urne – nel territorio come nel resto dell'isola – alle recenti elezioni regionali segnalano, oltre ogni ragionevole dubbio, il livello di sfiducia maturata nei confronti delle istituzioni ed il pericoloso distacco dei cittadini dal sistema democratico-rappresentativo;
   erano stati assunti positivamente dal Governo pro tempore il 19 giugno del 2013, impegni in materia di bonifica e messa in sicurezza del territorio nelle aree della Sardegna segnate dalla dismissione industriale e delle produzioni minerarie attraverso l'accoglimento di un ordine del giorno;
   è pesante il condizionamento esercitato sulla capacità di spesa e programmazione degli enti locali dai vincoli del patto di stabilità;
   è profondo il gap infrastrutturale ed energetico che caratterizza la regione sarda –:
   se il Governo sia a conoscenza di questa condizione e degli indicatori sociali ed occupazionali cui si è fatto riferimento;
   quali iniziative il Governo nazionale intenda porre in essere per evitare che il territorio in questione resti scoperto da ogni forma di ammortizzatore sociale;
   quali interventi il Governo intenda porre in essere o favorire per attivare un processo virtuoso di rinascita economica, produttiva e sociale della Sardegna centrale.
(2-00441) «Piras».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in un grave periodo di crisi economica è obbligo della politica e delle amministrazioni trovare soluzioni concrete, mettere a disposizione ed attuare tutti quei provvedimenti utili al fine di aiutare le imprese;
   nel rapporto Sicilia 2012 dell'Osservatorio economico consultabile dal sito dell'Unione camere di commercio della Sicilia, è possibile rilevare che solo nel primo trimestre del 2012 sono state aperte 209 procedure concorsuali;
   l'80 per cento circa delle suddette procedure sono «fallimenti» e i movimenti e tassi occupazionali previsti dalle imprese nel solo 2012 registrano un -2,2 per cento;
   secondo notizie di stampa negli ultimi 5 anni si è registrata la chiusura di oltre 20 mila imprese siciliane;
   l'istituzione delle zone franche urbane, in un momento come questo, potrebbe rappresentare un valido sostegno alle attività produttive presenti nel territorio siciliano, grazie alle agevolazioni fiscali previste;
   dalla delibera di giunta n. 133/2013, si evince che il comune di Partinico non rientra tra quei comuni in cui è stata ammessa l'istituzione delle zone franche urbane;
   appare alquanto singolare l'esclusione de quo, poiché durante la campagna elettorale delle ultime amministrative, risalenti a pochi mesi fa, il presidente della regione in persona, affermava con fermezza, che tra le grandi opportunità per Partinico, per le quali l'amministrazione regionale ha lavorato con il sindaco uscente e poi rieletto, «abbiamo finanziato per Partinico il piano per la Zona Franca Urbana, che partirà dai primi di luglio e consentirà alle imprese che si insediano qui a Partinico, di non pagare per 5 anni le tasse ed i contributi per i lavoratori e per gli altri 5 anni di pagare il 50%»;
   la delibera CIPE 05/2008, pubblicata su Gazzetta Ufficiale n. 131 del 6 giugno 2008 provvede ad elencare i requisiti per la candidatura e selezione delle zone franche urbane in Italia;
   i suddetti requisiti risultano essere:
    a) dimensione demografica minima di 25 mila abitanti (fonte da utilizzare: ISTAT popolazione residente, 2006);
    b) tasso di disoccupazione comunale superiore alla media nazionale nell'anno 2005. L'indicatore da utilizzare è il valore corrispondente al Sistema Locale del lavoro che comprende il comune nel cui territorio ricade la ZFU (Fonte: ISTAT Indagine sulla forza lavoro 2005);
   la stessa delibera dispone inoltre che: «Le ZFU devono avere una dimensione demografica minima di 7.500 abitanti, ferma restando la soglia massima di 30 mila abitanti, fissata dalla legge. L'ampiezza demografica delle ZFU è misurata attraverso l'utilizzo di dati ISTAT del Censimento 2001. La popolazione residente nelle aree interessate dalle agevolazioni previste dalle ZFU non potrà superare il 30% del totale della popolazione residente nell'area urbana interessata (fonte: ISTAT 2006). Inoltre, il tasso di disoccupazione nelle aree proposte come ZFU dovrà risultare superiore alla media comunale (fonte: Censimento 2001)»;
   il comune di Partinico (Palermo) è in possesso dei criteri di ammissibilità previsti dalla delibera CIPE 05/2008;
   nello specifico, vi è una popolazione minima superiore ai 25 mila abitanti ed un tasso di disoccupazione comunale superiore alla media nazionale dell'anno 2005 (il comune di Partinico registra un tasso del 32,44 per cento);
   l'amministrazione comunale di Partinico, nel presentare l'istanza nel 2008, ha presumibilmente commesso un grossolano errore nella delimitazione dell'area destinata a zfu, comprendendo il 93,7 per cento della quota di popolazione, rispetto al 30 per cento previsto dalla delibera, venendo di conseguenza escluso dalla lista dei comuni beneficiari;
   nonostante il comune di Bagheria sia stato analogamente escluso dalla graduatoria del 2008 per le medesime ragioni, è riuscito a rientrare in graduatoria, grazie alla possibilità prevista dal dettato dell'articolo 67 della legge regionale n. 11 del 2010;
   nonostante il comune di Palermo non risulti né tra quelli ammessi né tra quelli esclusi dalla graduatoria del 2008, sia Palermo Brancaccio che Palermo Porto sono state ammesse tra le zone franche urbane previste dalla delibera di giunta n. 133 del 2013, avvalendosi sempre del suddetto articolo;
   il comma 5 dell'articolo 67 della legge regionale n. 11 del 2010 prevede che non possono essere finanziate più di quattro zfu per provincia;
   dalla delibera di giunta n. 133 del 3 aprile 2013 sono ammesse, nella provincia di Palermo, le Zone Franche Urbane di Termini Imerese, Bagheria, Palermo Brancaccio e Palermo Porto;
   l'ammissione delle sopra citate zone alle agevolazioni previste per le zone franche urbane è da considerare un fattore sicuramente positivo e necessario, al fine di consentire il rilancio delle economie locali;
   in seguito, nel corso di un consiglio comunale aperto tenutosi nel comune di Partinico in data 6 ottobre 2013, l'assessore regionale in persona, Linda Vancheri, accompagnata dalla dirigente del proprio assessorato, dottoressa Iliardi, comunicavano all'assise riunita di essere riusciti a riammettere Partinico in virtù di alcuni cambiamenti all'ammontare del finanziamento per i quali il CIPE avrebbe potuto modificare le decisioni già prese e dunque inserire anche Partinico;
   in quella stessa sede, l'assessore affermava che era superabile anche il comma 5 dell'articolo 67 della legge regionale n. 11 del 2010 che prevedeva che non potessero essere finanziate più di quattro zfu per provincia (dalla delibera di giunta n. 133 del 3 aprile 2013 sono ammesse, nella provincia di Palermo, le Zone Franche Urbane di Termini Imerese, Bagheria, Palermo Brancaccio e Palermo Porto);  
   l'assessore Linda Vancheri, a conferma di quanto esposto, lasciava agli atti copia di una richiesta inoltrata al Ministero dello sviluppo economico e comunicava che l'ufficialità della decisione sarebbe pervenuta entro qualche settimana e comunque entro la fine dell'ottobre 2013 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suesposti in particolare sull'istanza inoltrata dall'assessore regionale Linda Vancheri;
   se corrisponda al vero l'affermazione secondo la quale si è riusciti a riammettere Partinico nelle zone franche urbane in virtù di alcuni cambiamenti all'ammontare del finanziamento, per i quali il CIPE avrebbe potuto modificare le decisioni già prese. (5-02296)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOCCADUTRI e LACQUANITI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come si evince dalla stampa nazionale e locale, l'Assopetroli Assoenergia, con la collaborazione di Figisc Anisa Confcommercio, ha proseguito il monitoraggio «SIA – Stacco Italia Accise» (accise e iva), rendendo noti i dati della rilevazione prezzi del differenziale sul costo dei carburanti al consumo tra Italia e resto dell'Europa e promuovendone la più ampia diffusione al fine di generare, nelle istituzioni pubbliche e nei consumatori, una maggiore consapevolezza «dell'anomalia italiana» rappresentata da un carico fiscale eccessivo sui carburanti che, al netto delle addizionali regionali, è giunto nel mese di febbraio 2014 appena concluso al 61,09 per cento del prezzo al consumo;
   secondo tale monitoraggio, a febbraio scorso, il consumatore italiano ha pagato in media la benzina 26,4 eurocent/litro e il gasolio 25,1 eurocent/litro, in più che nel resto d'Europa;
   sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea e dal Ministero dello sviluppo economico, nel mese di febbraio 2014, la media aritmetica del prezzo al consumo praticato nei Paesi dell'Unione europea pone in risalto che: per quanto riguarda la benzina, il prezzo italiano è più alto di 26,4 eurocent/litro, di cui ben 25,1 eurocent/litro sono dovuti alle maggiori imposte (accise e Iva) e solo 1,3 eurocent/litro ad un maggiore prezzo industriale; per quanto riguarda il gasolio, il prezzo italiano è più alto di 25,1 eurocent/litro, di cui ben 24,6 eurocent/litro sono dovuti alle maggiori imposte (accise e IVA) e solo 0,5 eurocent/litro ad un maggiore prezzo industriale;
   dal 1o marzo 2014 sino al 31 dicembre 2014, è scattato il primo aumento su benzina e gasolio per autotrazione di 0,0024 centesimi di euro/litro (articolo 61, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013 per 0,0024 eurocent/litro (più IVA);
   altri due sono gli aumenti di accisa sui carburanti già programmati che, sino al dicembre 2018, comporteranno ulteriori aumenti per oltre 1.443 milioni di euro di accise (IVA sulle accise compresa): il primo previsto dall'attivazione della clausola di salvaguardia contenuta nell'articolo 15, comma 4, del decreto-legge n. 102 del 2013 (cosiddetto decreto-legge IMU) e il secondo dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 626, della legge n. 147 del 2013);
   a partire da febbraio 2011 il Ministero dello sviluppo economico, attraverso la direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, dovrebbe espletare azioni di sorveglianza e controllo, anche in attuazione dell'articolo 51 della legge 23 luglio 2009 e del decreto ministeriale 15 ottobre 2010, sui prezzi dei carburanti per autotrazione per uso civile realmente praticati –:
   quali siano in dettaglio i meccanismi di sorveglianza da parte del Ministero dello sviluppo economico nel settore in questione e quali iniziative urgenti e non più procrastinabili il Governo, per quanto di competenza, intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa a tutela di tutti i cittadini utenti. (4-03855)


   FUCCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a testimonianza di come la crisi economica stia mettendo a dura prova il tessuto imprenditoriale italiano sono i recenti dati, in riferimento alla provincia di Barletta, Andria e Trani, di Unimpresa Bat circa le imprese attive nel territorio;
   se nel giugno 2010 le imprese attive registrate nella provincia erano quasi 45mila (con la prospettiva dell'istituzione della camera di commercio), già un anno dopo la cifra era calata a circa 40 mila e, quindi, negli anni successivi, era scesa al di sotto di quella soglia;
   gli ultimi dati disponibili, relativi, al primo trimestre del 2013 confermano il trend in discesa di quella che rimane pur sempre una delle province del Mezzogiorno più attive sul piano imprenditoriale;
   i dati sopra richiamati sono molto preoccupanti perché indicano la forte difficoltà in cui versano le piccole e medie imprese a causa della crisi economica globale e dei noti ostacoli burocratici e fiscali sulla strada degli imprenditori italiani –:
   quali iniziative il Governo ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-03864)


   CANCELLERI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   riferiscono fonti di stampa, quali Seguonews e Il Fatto Nisseno, della decisione di Poste Italiane di chiudere, senza alcun preavviso, l'ufficio sito presso il Quartiere Villaggio S. Barbara di Caltanissetta;
   il quartiere di S. Barbara si trova ad una distanza di circa 5 chilometri dal centro abitato ed il collegamento urbano da tale quartiere alla città non è attualmente attivo;
   la chiusura dell'ufficio postale prevedeva una soluzione alternativa in loco che ad oggi non è stata messa in atto, comportando così un pesante disagio ai tanti cittadini che saranno costretti a spostarsi in macchina e a percorrere chilometri, magari a volte anche su strade non sicure, per raggiungere il più vicino ufficio postale, con la conseguenza inevitabile di un sovraffollamento degli uffici già esistenti che di certo non spiccano per efficienza;
   oggi gli uffici postali rappresentano ormai l'unico servizio pubblico rimasto nei luoghi marginali, interni e disagiati, particolarmente necessario alle fasce più deboli e anziane della popolazione;
   Poste Italiane, con la sua reiterata politica di tagli, riduzioni e soppressioni, non sembra ormai più in grado di mantenere i principi di universalità del servizio postale, sanciti dalle direttive europee e finanziati dello Stato –:
   se il Ministro intenda adottare opportune iniziative al fine del ripristino del servizio pubblico universale garantito.
(4-03872)

Apposizione di firma ad una interrogazione e cambio del presentatore.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-02219, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2014, è da intendersi sottoscritta dal deputato Bonomo che ne diventa il primo firmatario.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Pellegrino e altri n. 7-00117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giovanna Sanna, Arlotti, Mariastella Bianchi, Matarrese, Bratti, Ginoble, Pastorelli, Zardini, Mariani, Castiello, Cominelli, Braga, Gadda, Moretto, Carrescia, Mazzoli, D'Agostino.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Culotta e altri n. 2-00435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Catalano.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Tidei e altri n. 3-00669, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lodolini, Manzi, Carrescia, Rostan.

Cambio presentatore ad un'interpellanza urgente e ritiro di firma.

  L'interpellanza urgente n. 2-00399, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 4 febbraio 2014, è da intendersi presentata dal deputato Carbone, già cofirmatario della stessa. Contestualmente, si intende ritirata la firma del deputato Giacomelli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta immediata in Assemblea Cirielli n. 3-00629 dell'11 febbraio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Baldassarre n. 4-03741 del 26 febbraio 2014;
   interrogazione a risposta scritta Colonnese n. 4-03815 del 4 marzo 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-03801 del 4 marzo 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02289.