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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 26 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 1-17, e l'articolo 1-bis del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, ha disposto il pagamento alle imprese dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, prevedendo le relative risorse per le annualità 2013 e 2014, nonché le modalità attuative per il 2013;
    il citato provvedimento ha, seppur in parte, contribuito all'inversione di tendenza del PIL nel quarto trimestre 2013, stimato dall'Istat nello 0,2 per cento-/0,3 per cento;
    autorevoli organi di stampa hanno, recentemente, pubblicato i dati consuntivi 2013 relativi al pagamento alle imprese dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni rispetto al 2012, evidenziando che rispetto ai 27,219 miliardi di euro stanziati, il 90 per cento, pari a 24,494 miliardi di euro, sono stati impegnati e circa l'80 per cento (21,623 miliardi di euro) sono stati liquidati;
    il 3 febbraio 2014, la Commissione europea ha aperto nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione per il mancato rispetto degli articoli 4 e 7 della direttiva europea 211/7/Ue sui ritardi di pagamento;
    emerge la assoluta necessità di rinnovare interventi di immediata eseguibilità rivolti a graduare il flusso dei pagamenti – accordando priorità ai crediti che le imprese non hanno ceduto al sistema creditizio – promuovendo la registrazione dei debiti commerciali al 31 dicembre 2013 presso la piattaforma del Ministero dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

ad attivare con urgenza le procedure necessarie alla certificazione dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni al 31 dicembre 2013, agevolando – nel rispetto delle risorse finanziarie accordate ad ogni singola tipologia di ente debitore (Stato, regioni enti locali) – l'effettuazione dei pagamenti da parte degli enti che hanno le disponibilità finanziare e di cassa.
(7-00273) «Rughetti, Fragomeli, Causi».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 12 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che regolamenta le detrazioni per carichi di famiglia, al comma 1, lettera c), recita: «In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito, la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore»;
    tra le fattispecie contemplate dalla normativa non compare espressamente quella relativa al caso in cui il genitore affidatario in via esclusiva risulti essere risposato e fiscalmente a carico del nuovo coniuge, al quale, in questo caso, dovrebbero poter essere riconosciute le detrazioni relative ai figli dell'altro coniuge;
    nel caso in cui l'affidamento non sia congiunto, infatti, se il genitore affidatario non ha alcun reddito e l'altro genitore non ha a carico i propri figli naturali, affidati per l'appunto all'ex coniuge, le detrazioni per i figli, in base alla normativa attualmente in vigore, vanno perse, non potendo il nuovo padre di fatto, che sostiene tutte le spese, usufruire delle detrazioni previste;
    questo nonostante il fatto che nei casi citati si realizza la costituzione di un nuovo nucleo familiare a tutti gli effetti, che come tale è pienamente riconosciuto dalla legge;
    nel caso di specie, infatti, sia al nuovo coniuge spettano gli assegni familiari per i primi figli della moglie, sia questi ultimi figurano a pieno titolo nel modello ISEE per la determinazione del reddito familiare;
    è evidente, quindi, come si realizzi, nei casi in esame, una palese ingiustizia, posto che, a fronte di spese da sopportare, quali ad esempio la determinazione delle tasse universitarie dovute, i figli nati dal precedente matrimonio della madre risultano a pieno titolo inseriti nel reddito familiare e, quindi, si prende a riferimento lo stipendio del nuovo marito della madre, mentre quando si tratta di riconoscere delle detrazioni per spese effettuate in favore degli stessi soggetti questo non è possibile;
    inoltre, analogamente a quanto già esposto in merito alle detrazioni per spese, anche rispetto alle detrazioni per carichi di famiglia i figli acquisiti, seppur facenti parte a pieno titolo del nucleo familiare non vengono ammessi nel computo dei figli per i quali spettano le detrazioni;
    in conclusione, non appare chiaro per quali motivi al soggetto che sopporta, in via esclusiva e nella loro totalità, tutte le spese relative al coniuge ed ai suoi figli nati nel precedente matrimonio, non possano essere riconosciute anche le relative detrazioni fiscali, come già previsto per i genitori, gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, e i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, che convivano con il contribuente;
    è generalmente riconosciuto, infatti, che i soggetti aventi diritto alle detrazioni per familiari a carico siano quelli che abbiano effettivamente sostenuto il carico familiare risultante dalla convivenza;
    in assenza di una esplicita previsione normativa rispetto alla descritta fattispecie, migliaia di persone si stanno trovando nella condizione di vedersi richiedere dagli uffici fiscali il rimborso delle detrazioni applicate, per importi pari a diverse migliaia di euro,

impegna il Governo

ad intervenire con le opportune iniziative normative e regolamentari al fine di sanare, anche per il periodo previgente, la evidente disparità di trattamento che si realizza in base alla vigente interpretazione della normativa sulle detrazioni contenuta nel Testo unico delle imposte sui redditi, intervenendo nel senso di esplicitare il diritto alle detrazioni per chi sopporti le relative spese in quanto il coniuge affidatario sia posto fiscalmente a suo carico.
(7-00274) «Maietta».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, in data 14 settembre 2011, con decreto del Presidente della Repubblica n. 222, è emanato il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari;
    il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 7 giugno 2012 ha emanato il decreto n. 76, concernente «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei commissari ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222»;
    con l'emanazione del decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012, è stata avviata la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento dell'abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;
    con l'emanazione del decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012, è stata avviata la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;
    il 27 luglio 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale per la I e II fascia dei professori universitari tornata 2012;
   l'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222 stabilisce che le commissioni sono tenute a concludere i propri lavori entro cinque mesi dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale; inoltre sancisce che, se i lavori non sono conclusi nel termine prestabilito, il competente direttore generale del Ministero assegna un termine non superiore a sessanta giorni per la conclusione degli stessi e che, decorso anche tale termine, il direttore generale avvia la procedura di sostituzione della commissione;
    alla luce dei ritardi nella procedure concorsuali che non hanno permesso di rispettare i termini stabiliti dall'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, è intervenuto il legislatore prorogando – ai sensi del comma 389 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012 n. 228, – il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale, stabilendo come ultima scadenza la data del 30 giugno 2013;
    il termine per la conclusione dei lavori di ciascuna commissione è stabilito con decreto direttoriale tenendo conto delle domande presentate dai candidati all'abilitazione nel corrispondente settore concorsuale;
    i termini di conclusione dei lavori delle commissioni sono rideterminati secondo il seguente criterio:
     a) per i settori concorsuali con un numero di domande fino a 500 candidati il termine conclusivo dei lavori è stabilito alla data del 31 maggio 2013;
     b) per i settori concorsuali con oltre 500 candidati il termine ultimo è il 30 giugno 2013;
    con decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013 viene stabilita la proroga del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale costituite, ai sensi del decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ad eccezione di quelle delle commissioni dei settori concorsuali appartenenti all'area disciplinare 12-Scienze giuridiche;
    con decreto direttoriale n. 343 del 25 febbraio 2013, viene stabilita la proroga del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni dei settori concorsuali appartenenti all'area disciplinare 12-scienze giuridiche, nonché una ulteriore proroga delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale già prorogate con decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013;
    nonostante le sopraggiunte proroghe stabilite ai sensi del comma 389 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012 n. 228, con decreto direttoriale n. 1263 del 28 giugno 2013, vengono decisi nuovi termini per la conclusione dei lavori delle commissioni, rideterminati secondo il seguente criterio:
     a) per i settori concorsuali con un numero di domande fino a 250 candidati il termine conclusivo dei lavori è stabilito alla data del 23 settembre 2013;
     b) per i settori concorsuali con oltre 250 candidati il termine ultimo è il 30 settembre 2013;
    questa ulteriore proroga appare in contrasto con l'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011 n. 222 in quanto superiore ai 60 giorni rispetto al termine ultimo del 30 giugno 2013;
    nonostante le sopraggiunte proroghe, la scadenza dei termini previsti, per la conclusione dei lavori delle commissioni, non viene rispetta: in conseguenza a ciò il direttore generale avrebbe dovuto avviare la procedura di sostituzione della commissione secondo quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, invece di emanare un ulteriore decreto che proroga i lavori delle commissioni al 30 novembre 2013;
    con decreto direttoriale n. 2746 del 13 dicembre 2013, a termini già scaduti, viene prevista una ulteriore proroga alla data del 30 dicembre 2013 per la fine dei lavori della commissione del settore concorsuale 12/C1 – diritto costituzionale;
    dal 15 gennaio 2014 vengono emanati decreti direttoriali di proroga dei lavori delle commissioni che hanno richiesto l'esercizio del potere di autotutela per procedere alla correzione di alcuni giudizi relativi ai seguenti settori concorsuali:
     Decreto Direttoriale 89 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 11/A3;
     Decreto Direttoriale 90 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 02/B1;
     Decreto Direttoriale 160 – Proroga lavori per interventi in Autotutela 06/C1;
     Decreto Direttoriale 161 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/E1;
     Decreto Direttoriale 162 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 10/N3
     Decreto Direttoriale 163 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 04/A2;
     Decreto Direttoriale 164 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/D1;
     Decreto Direttoriale 165 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/D3;
     Decreto Direttoriale 166 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 11/A5;
     Decreto Direttoriale 167 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 11/C4;
     Decreto Direttoriale 205 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 13/A2;
     Decreto Direttoriale 206 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 08/B2;
     Decreto Direttoriale 208 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 01/A2
     Decreto Direttoriale 209 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/F4;
     Decreto Direttoriale 210 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 12/B1;
     Decreto Direttoriale 211 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/M1;
     Decreto Direttoriale 213 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 11/E3;
     Decreto Direttoriale 221 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 06/L1;
     Decreto Direttoriale 240 – Proroga lavori per interventi in Autotutela – 05/F1;
    il decreto ministeriale 7 giugno 2012 n. 76 stabilisce che l'abilitazione può essere attribuita esclusivamente ai candidati:
     a) che sono stati giudicati positivamente secondo i criteri e i parametri di cui all'articolo 5, commi 1, 2, 3 e 4, lettere b), c), d), e), f), g) e h) del decreto ministeriale 7 giugno 2012 n. 76;
     b) i cui indicatori dell'impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti per la prima fascia, sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all'allegato B, numero 4, lettera b);
    qualora la commissione intenda discostarsi dai principi di cui sopra può, previa motivazione preventivamente esplicitata nel giudizio finale – ai sensi dell'articolo 6, comma 5 del decreto ministeriale 7 giugno 2012 n. 76 –, a propria discrezione decidere di attribuire l'abilitazione scientifica nazionale anche a candidati che non superano i parametri stabiliti per gli altri concorrenti;
    la deroga sopra esposta spoglia di ogni credibilità il lavoro di qualsiasi commissione;
    si è a conoscenza, attraverso segnalazioni pervenute direttamente ad alcuni deputati, di numerosissime irregolarità riguardo i lavori e i giudizi delle commissioni; le perplessità più rilevanti riguardavano i tempi, ritenuti insufficienti, per analizzare le pubblicazioni dei candidati;
    tra le segnalazioni vi sono da ricordare anche:
     a) la conosciuta vicenda riguardante i lavori della commissione del settore concorsuale 12/C1 — diritto costituzionale che culminò con le dimissioni del commissario OCSE il professore Francisco Balaguer Callejon e che portò all'interrogazione a risposta immediata in commissione alla Camera n. 3-00379;
     b) la vicenda legata all'allora Ministro Carlo Trigilia sulla procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 14/D1 oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in commissione alla Camera n. 3-00635;
     c) la dubbia regolarità legata agli esiti del settore concorsuale 12/C1 – diritto costituzionale in quanto, già da venti giorni prima la pubblicazione degli esiti del concorso, si conoscevano molti nomi degli abilitati,

impegna il Governo:

   ad attivarsi per verificare la legittimità delle numerose proroghe del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale, decretate dal direttore generale competente con propri atti;
   ad assumere iniziative per la corretta applicazione dell'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222 avviando la procedura di sostituzione delle commissioni che non sono state in grado di concludere i lavori secondo i termini stabiliti nella norma;
   a verificare qualora ne sussistono i presupposti i lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale laddove si ravvisino incongruenze sui tempi di esame e verifiche singoli dei curricula dei candidati;
   a promuovere una iniziativa normativa volta a correggere tutte le criticità normative derivanti dalla applicazione delle norme che regolano l'abilitazione scientifica nazionale.
(7-00276) «Vacca, D'Uva, Chimienti, Simone Valente, Battelli, Di Benedetto, Marzana, Brescia, Luigi Gallo».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha istituito presso l'INPS, a decorrere dal 1o gennaio 1996, una Cassa pensionistica (gestione separata) per i cosiddetti lavoratori atipici (parasubordinati);
    la suddetta legge colpisce milioni di persone, in particolare, professionisti, lavoratori precari parasubordinati, dottori di ricerca, collaboratori a progetto, addetti vendita porta a porta, per i quali il periodo o i periodi lavorativi nei quali risultano assunte secondo queste tipologie di contratto, i contributi previdenziali sono stati versati presso l'INPS nella gestione separata;
    il conseguimento del diritto all'accesso al trattamento pensionistico è subordinato alla maturazione da parte del lavoratore di un'anzianità contributiva minima, stabilita dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247;
    il lavoratore che per tipologia di contratto lavorativo risulti contribuente nella gestione separata presso l'INPS e che termini la propria attività prima di aver maturato l'anzianità contributiva prescritta, non potrà accedere al trattamento pensionistico corrispondente ai contributi previdenziali versati, che, definiti in questo caso «silenti», risulteranno dal lavoratore versati a fondo perduto;
    appare evidente l'iniquità di tale misura attuata, in merito soprattutto al fatto che coloro che non riescono a conseguire l'anzianità contributiva minima, prescritta dalla legge, oltre a non poter accedere alla pensione di anzianità, perdono i contributi versati, sulla base peraltro di un'aliquota applicata altissima;
    il direttore generale dell'INPS, in una dichiarazione del 28 gennaio 2013, pubblicata dal quotidiano economico Italia Oggi, specifica che sono «diversi milioni» i lavoratori interessati da questa criticità;
    il suddetto articolo specifica che la stima di tali contributi silenti potrebbe essere di circa 10 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza, relativamente alla questione suddetta riguardante i cosiddetti «contributi silenti», che sia finalizzata a garantire il riconoscimento ai fini previdenziali di ogni periodo di attività ed ogni tipologia di impiego per i quali il lavoratore abbia versato i contributi;
   a quantificare quale sia l'ammontare totale, allo stato attuale e nella previsione futura dei prossimi anni, dei cosiddetti «contributi silenti», ovvero quei contributi previdenziali versati senza che gli stessi abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico.
(7-00275) «Baldassarre, Rostellato, Bechis, Cominardi, Tripiedi, Ciprini, Chimienti, Rizzetto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   venerdì 22 febbraio 2014, il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha indetto una conferenza stampa, nel corso della quale ha annunciato di aver presentato una denuncia per diffamazione a mezzo stampa nei confronti del giornalista Sigfrido Ranucci, inviato di Report, trasmissione condotta dalla giornalista Milena Gabanelli in onda su RaiTre;
   la denuncia del sindaco di Verona è accompagnata da una registrazione audio-video e dalle relative trascrizioni, dalle quali si evincerebbe il tentativo perseguito dal giornalista di Report di costruire una puntata della trasmissione ad hoc, con la finalità di dimostrare ipotetiche connessioni tra il sindaco di Verona e ambienti della criminalità organizzata, tutto ciò con chiari intenti diffamatori;
   il filmato audio-video è stato realizzato da Sergio Borsato, ex militante leghista, contattato dal giornalista Ranucci, presumendo che fosse in possesso di documenti compromettenti riguardanti Flavio Tosi; il giornalista, citando fantomatiche indagini della magistratura in corso, ha fatto altresì riferimento alla possibilità che venisse corrisposto un compenso all'ex militante leghista, anche attraverso risorse provenienti, in qualche misura, dalla Rai;
   l'inviato di Report, che si ricorda essere trasmissione del servizio, pubblico radiotelevisivo ha, in tal modo, posto in essere una condotta gravissima, ad avviso dell'interpellante in totale spregio di qualsiasi norma deontologica propria della professione del giornalista, finalizzata piuttosto a costruire artatamente una tesi completamente falsa e denigratoria, tesa a danneggiare il sindaco di Verona Flavio Tosi a livello personale, oltre che politico, anche attraverso l'offerta di denaro pubblico;
   si ricorda che la Rai, in quanto concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, deve realizzare una programmazione che sia in linea con i principi del pluralismo dei mezzi di comunicazione, a tutela della libertà di espressione di ogni individuo, dei principi di obiettività, completezza, lealtà, imparzialità dell'informazione, anche riguardo alle diverse opinioni e tendenze politiche e sociali, come stabilito all'articolo 3 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante il Testo Unico della radiotelevisione;
   la legge 3 febbraio 1963, n. 69, recante l'ordinamento della professione di giornalista, all'articolo 2, stabilisce che «è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori»;
   la Carta dei doveri del giornalista firmata a Roma l'8 luglio 1993 dalla FNSI e dall'Ordine dei giornalisti, prevede alcuni principi ispiratori alla base della professione: «il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile. Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici. La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato»;
   la Corte di Cassazione con sentenza n. 16236/2010, ha precisato che, quando si tratta del cosiddetto «giornalismo di inchiesta» – il quale provvede ad attingere direttamente l'informazione – gli obblighi del giornalista, connessi al generale limite della verità oggettiva della notizia pubblicata, si sostanziano nel rispetto dei princìpi etici e deontologici dell'attività professionale, quali risultano dalla relativa legge (articolo 2 della citata legge n. 69 del 1963) e dalla Carta dei doveri del giornalista, ai quali si aggiunge il rispetto della riservatezza, secondo quanto stabilito dalle regole deontologiche in tema di trattamento dei dati personali; restano, comunque, validi i limiti generali costituiti dall'interesse pubblico alla conoscenza del fatto e la correttezza formale dell'esposizione –:
   se il Governo intenda assumere specifiche iniziative normative per disciplinare in maniera più puntuale e rigorosa l'attività giornalistica, in particolare quella relativa al giornalismo d'inchiesta, anche attraverso la previsione di opportune sanzioni disciplinari, per evitare il ripetersi di episodi gravi come quello esposto in premessa;
   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dell'avvio di indagini ufficiali relative ai fatti esposti in premessa da parte della magistratura, e se abbia avuto notizia dell'apertura di un procedimento disciplinare a carico del giornalista inviato di Report Sigfrido Ranucci, da parte dell'Ordine dei giornalisti.
(2-00422) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre del 2012 è stata presentata a Roma una «Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschile» condotta da un gruppo di esperti in diverse discipline (professor Pasquale Giuseppe Macrì, Yasmin Abo Loha, Giorgio Gallino, Santiago Gascò, Claudio Manzari, Vincenzo Mastriani, Fabio Nestola, Sara Pezzuolo, Giacomo Rotoli) e pubblicata nella Rivista di criminologia, vittimologia e sicurezza – vol. VI – n. 3 del settembre-dicembre 2012;
   l'indagine, condotta utilizzando il modello di questionario proposto dall'ISTAT nel 2006 – salvo alcuni correttivi – per una analoga rilevazione statistica sulla violenza contro le donne commissionata dall'allora Ministro per le pari opportunità, rappresenta il primo studio finalizzato «a raccogliere elementi di valutazione ancora inesistenti nel nostro Paese, utili a verificare se esista, ed eventualmente in che misura, una realtà diversa da quella fondata esclusivamente su condizionamenti, luoghi comuni e pregiudizi» in materia di violenza di genere: vale a dire la violenza a ruoli invertiti e cioè perpetuata da soggetti di genere femminile ai danni dei propri mariti o ex mariti, partner ed ex partner;
   la ricerca, che in Italia non ha precedenti in assenza di indagini ufficiali, ha portato a risultati sorprendenti: il 77 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver subito almeno una volta violenza psicologica da parte di una donna e il 63 per cento, rispondendo alle domande degli studiosi, ha ammesso di aver subito violenza fisica proprio per mano di una donna;
   l'analisi dei dati raccolti fa emergere come la violenza è un costrutto ampio e complesso che non prevede distinzioni in ordine al sesso e che la conoscenza del fenomeno è essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi utili a prevenire e/o contenere la violenza contro ogni genere;
   sul fenomeno della violenza nella coppia la cui analisi comprenda ogni aspetto riconducibile alla violenza di genere – compresa quella perpetuata anche da soggetti di genere femminile ai danni del partner – esiste una approfondita letteratura scientifica prodotta in diversi Paesi del mondo – dagli Stati Uniti all'India, dal Canada al Regno Unito – ma nulla riferibile all'Italia, nella quale si registra solo la costituzione di qualche associazione privata (associazione degli uomini beta: www.uominibeta.org) che ha incominciato ad interessarsi del fenomeno –:
   se il Governo sia a conoscenza delle conclusioni della «Indagine conoscitiva sulla violenza verso il maschile» descritta in premessa;
   se intenda promuovere studi sul fenomeno della violenza nelle relazioni fra uomo e donna nel loro complesso e quali azioni intendano intraprendere, ciascuno per le proprie competenze, per favorire iniziative di sensibilizzazione a tutela delle vittime della violenza indipendentemente dal genere di appartenenza. (4-03733)


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica del 20 gennaio 2009, n. 17, reca le disposizioni concernenti la riorganizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e definisce all'articolo 7, comma 6, i compiti della «direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi», DGSSSI, che si articola in 10 uffici dirigenziali non generali, facente parte del «dipartimento per la programmazione»;
   l'articolo 19 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge del 7 agosto del 2012, n. 134, ha istituito l'Agenzia per l'Italia Digitale, «preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana in coerenza con gli indirizzi elaborati dall'Agenda digitale europea e dalla cabina di regia;
   il decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge del 17 dicembre 2012, n. 221, ha istituito con la sezione III (articoli 10 e 11), l'Agenda digitale per l'istruzione e la cultura digitale, definendo ulteriori e rilevanti obiettivi e compiti per il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   il recente atto di indirizzo concernente l'individuazione delle priorità politiche del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in coerenza con la strategia dell'Unione europea: «Europa 2020 una strategia per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», stabilisce nel dettato della «Priorità politica 1» la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche la messa a punto di un processo di razionalizzazione e semplificazione della struttura organizzativa attraverso una più efficace riallocazione delle funzioni e una semplificazione delle procedure;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Regolamento concernente la riorganizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni dalla legge del 7 agosto 2012, n. 135, suddivide le competenze della DGSSSI tra due direzioni generali;
   la prima è la «direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica» (articolo 7, comma 5), che si articola in numero di 6 uffici dirigenziali non generali, la quale svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti:
    a) cura della gestione amministrativa e contabile delle attività strumentali, contrattuali e convenzionali di carattere generale, comuni agli uffici dell'Amministrazione centrale;
    b) consulenza all'Amministrazione periferica in materia contrattuale;
    c) gestione contrattuale dei servizi, strutture e compiti strumentali dell'Amministrazione centrale;
    d) consulenza alle strutture dipartimentali e alle direzioni generali su contrattualistica ed elaborazione di capitolati;
    e) elaborazione del piano acquisti annuale;
    f) pianificazione, gestione e sviluppo del sistema informativo dell'istruzione;
    g) gestione dei contratti che afferiscono al sistema informativo e alle infrastrutture di rete;
    h) monitoraggio del sistema informativo dell'istruzione, ai sensi del decreto legislativo del 12 febbraio 1993, n. 39;
    i) svolgimento dei compiti di cui all'articolo 17 del decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, concernente il codice dell'amministrazione digitale;
    l) progetti e iniziative comuni nell'area dell'ICT e della società dell'informazione con altri Ministeri e istituzioni;
    m) cura dei rapporti con l'Agenzia per l'Italia Digitale per quanto attiene i sistemi informativi automatizzati;
    n) gestione della rete di comunicazione del Ministero, definizione di standard tecnologici per favorire la cooperazione informatica ed i servizi di interconnessione con altre amministrazioni;
    o) attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e digitalizzazione dell'Amministrazione, con particolare riferimento ai processi connessi all'utilizzo del protocollo informatico, alla gestione dei flussi documentali e alla firma digitale;
    p) indirizzo, pianificazione e monitoraggio della sicurezza del sistema informativo;
    q) progettazione e sviluppo di nuovi servizi e applicazioni nell'ambito dei procedimenti amministrativi a supporto del sistema scolastico;
    r) gestione dell'anagrafe degli alunni, dell'anagrafe degli studenti e dei laureati e dell'anagrafe della ricerca, in raccordo con le direzioni generali competenti. Cura delle intese per l'accesso ai dati delle anagrafi da parte dei soggetti esterni, nel rispetto della tutela della privacy;
    s) raccordo con altri enti e organismi per la raccolta e diffusione di dati riguardanti il settore dell'istruzione, università e ricerca;
    t) concorso, in collaborazione con l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, all'implementazione di banche dati finalizzate alla valutazione del sistema dell'istruzione e al processo di autovalutazione delle istituzioni scolastiche ed educative;
    u) elaborazione di studi ed analisi funzionali all'attività dei dipartimenti e delle direzioni generali, relativamente ad aspetti inerenti le tematiche di rispettiva competenza;
    v) pianificazione e realizzazione degli interventi del sistema informativo per il settore della formazione superiore, in raccordo con il dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca;
    w) supporto nella gestione di iniziative istituzionali, attività e convenzioni editoriali, in raccordo con gli uffici di diretta collaborazione del Ministro e con i Dipartimenti e le direzioni generali del Ministero coinvolte per materia;
    aa) gestione dell'ufficio relazioni con il pubblico a livello centrale e indirizzo dell'attività degli uffici relazioni con il pubblico a livello periferico;
   la seconda è la «direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale» (articolo 7 comma 7), che si articola in numero 6 di uffici dirigenziali non generali, svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti:
    a) programmazione degli interventi strutturali e non strutturali nell'ambito delle attività connesse alla sicurezza nelle scuole e all'edilizia scolastica;
    b) individuazione delle priorità in materia di valutazione e promozione di appositi progetti;
    c) attuazione delle normative di competenza del Ministero in materia di edilizia scolastica;
    d) studio di soluzioni innovative per la messa in sicurezza e la rigenerazione del patrimonio immobiliare scolastico;
    e) individuazione di un nuovo modello architettonico di scuola, con particolare attenzione al risparmio energetico, alle innovazioni digitali e alle correlate attività didattiche ed organizzative dei plessi scolastici;
    f) rapporti con l'Agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata;
    g) gestione del Fondo unico per l'edilizia scolastica;
    h) predisposizione della programmazione e cura della gestione dei fondi strutturali europei finalizzati allo sviluppo e all'attuazione delle politiche di coesione sociale relative al settore dell'istruzione;
    i) partecipazione a iniziative europee finanziate con fondi finalizzati allo sviluppo economico e all'attuazione delle politiche di coesione sociale relative al settore istruzione;
    l) opportunità di finanziamento a valere sui fondi internazionali e comunitari, pubblici e privati;
    m) programmazione, monitoraggio e attuazione di programmi e iniziative finanziate con i Fondi strutturali europei e con i fondi per le politiche di coesione in materia di istruzione;
    n) raccordi con le altre istituzioni europee, nazionali e territoriali per il coordinamento dei programmi;
    o) autorità di gestione del programma operativo nazionale del Fondo, sociale europeo «competenze per lo sviluppo» e del programma operativo nazionale del fondo europeo di sviluppo regionale «ambienti per l'apprendimento» nelle regioni dell'obiettivo «convergenza» – programmazione e gestione delle risorse nazionali del fondo aree sottoutilizzate;
    p) autorità di certificazione del programma operativo nazionale del fondo sociale europeo «competenze per lo sviluppo» e del programma operativo nazionale del fondo europeo di sviluppo regionale «ambienti per l'apprendimento» nelle regioni dell'obiettivo «convergenza»;
    q) attuazione delle linee strategiche per la digitalizzazione delle istituzioni scolastiche;
    r) la progettazione e lo sviluppo di nuovi servizi e applicazioni nell'ambito dei procedimenti amministrativi a supporto del sistema scolastico;
    s) cura dei rapporti con l'Agenzia per l'Italia Digitale, per quanto attiene i processi d'innovazione nella didattica;
    t) progettazione, sviluppo e supporto di processi, anche formativi, di innovazione digitale nelle scuole e delle azioni del piano nazionale scuola digitale;
    u) editoria digitale, in raccordo con la direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale d'istruzione;
    v) sperimentazione di soluzioni tecnologiche volte a favorire e supportare i processi di insegnamento/apprendimento, anche attraverso la collaborazione con aziende, organizzazioni e associazioni di settore;
   analizzando il dettaglio delle competenze attribuite alle due direzioni generali, emerge chiaramente:
    a) la duplicazione dei compiti di sviluppo del sistema informativo dell'istruzione (lettera «q» del comma 5 e lettera «r» del comma 7 – progettazione e sviluppo di nuovi servizi e applicazioni nell'ambito dei procedimenti amministrativi a supporto del sistema scolastico);
    b) la presenza nelle due direzioni generali di compiti di interazione con l'Agenzia per l'Italia Digitale (lettera «m» del comma 5 – cura dei rapporti con l'Agenzia per l'Italia Digitale per quanto attiene i sistemi informativi automatizzati e lettera «s» comma 7 – cura dei rapporti con l'Agenzia per l'Italia digitale, per quanto attiene i processi d'innovazione nella didattica);
   appare all'interrogante evidente il contrasto con quanto esplicitato nell'atto di indirizzo del 2014 emanato dal Ministro pro tempore con il quale è stata predisposta una nuova organizzazione che, duplicando i compiti in merito allo sviluppo del sistema informativo dell'istruzione in due diverse direzioni generali, pone le premesse per una gestione dell'innovazione più complessa e di difficile attuazione, specialmente in riferimento alle istituzioni scolastiche. Si osserva, infatti, che nella situazione che si verrebbe a configurare sarebbe necessario, oltre al naturale coordinamento tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e gli altri Ministeri partecipanti alla cabina di regia sull'Agenda digitale, un ulteriore coordinamento all'interno del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso. A questo si aggiunge la scarsità delle risorse umane e finanziarie a disposizione delle istituzioni scolastiche che impone una pianificazione integrata per l'introduzione della digitalizzazione all'interno delle stesse: sarebbe, a tal riguardo auspicabile un miglioramento del coordinamento tra l'evoluzione digitale riguardante la didattica e quella riguardante la gestione amministrativa in mancanza della quale si potrebbe avere un aumento della complessità degli adempimenti e non la loro semplificazione –:
   quali siano le misure previste dal Ministro interrogato per affrontare, nella situazione sopra delineata, l'indebito incremento di complessità organizzativa, evitando rallentamenti nella predisposizione ed attuazione delle iniziative dell'agenda digitale per l'istruzione e la cultura digitale, e favorendo l'impiego ottimale delle risorse umane e finanziarie;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per fronteggiare l'attuale scarsità di risorse e competenze tecniche necessarie per la gestione dei compiti relativi allo sviluppo e gestione del sistema informativo e alla attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e la digitalizzazione dell'amministrazione, a fronte del fatto che attualmente a quanto consta all'interrogante solamente 3 dei 10 uffici della direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi sono coperti con titolari – uffici I, III e IV – evidenziando il limitato numero di risorse competenti tecnicamente rispetto alle esigenze della direzione;
   quali azioni concrete il Governo intenda assumere a fronte della nuova organizzazione degli uffici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, di fatto, così come suddescritto, delinea a giudizio dell'interrogante una scarsità di risorse e competenze tecniche specifiche e una distribuzione non ottimale dei compiti e funzioni creando una sovrapposizione dei compiti nelle due diverse direzioni generali, causando evidenti problemi di efficienza e di efficacia, in sostanza, compromettendo seriamente il conseguimento degli obiettivi dichiarati nell'atto di indirizzo concernente l'individuazione delle priorità politiche per l'anno 2014. (4-03738)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   a distanza di un anno dalla morte di Hugo Chavez, il presidente Nicolàs Maduro fatica a contenere un malcontento sempre più diffuso e le proteste sono riprese pesantemente, dopo l'arresto del leader d'opposizione Leopoldo Lopez;
   da quando gli studenti hanno deciso di scendere in piazza per protestare contro il Governo del presidente, che appare sempre più incapace di garantire il minimo necessario per dare un significato alla parola «governare», il Venezuela sta vivendo giorni drammatici;
   nel Paese imperversano violenti scontri con morti, arresti di massa e persone scomparse e il bilancio degli scontri continua a salire di giorno in giorno;
   alla luce dell'ondata di proteste che si stanno registrando, in Venezuela, destinazione di una forte emigrazione italiana, la democrazia e lo Stato di diritto sembrano all'interrogante essere inesistenti;
   la guerriglia si sta svolgendo in semiclandestinità ed è emersa solo grazie alla presenza dei media stranieri e dei social network;
   su Twitter e Facebook, unico veicolo informativo, rimbalzano foto e racconti raccapriccianti di studenti e oppositori picchiati, torturati e seviziati;
   tra i tanti protestanti, il 3 febbraio 2014 è stato arrestato anche un concittadino italiano, Giuseppe Di Fabio, che avrebbe semplicemente partecipato ad una manifestazione in opposizione al partito chavista del presidente Nicolas Maduro;
   le accuse contro Di Fabio, figlio di emigranti abruzzesi, consigliere comunale di opposizione a Maneiro, sulla cui situazione di detenzione non si hanno più notizie da giorni, sono di associazione a delinquere, istigazione alla violenza e resistenza al pubblico ufficiale;
   il giovane italiano, che si professa innocente, sembrerebbe essere una vittima del regime, capro espiatorio di tutta questa vicenda;
   la situazione nel Venezuela diventa sempre più grave e tutto ciò sta accadendo in un quadro di completa indifferenza delle istituzioni e della società in generale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare in favore del nostro connazionale, vittima di abuso e di violenza, e se intenda chiedere chiarimenti e spiegazioni plausibili alle autorità venezuelane, onde evitare il reiterarsi di casi così spiacevoli e tutelare la libertà del cittadino italiano Di Fabio, residente in Venezuela. (4-03739)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in località Fontane di San Bernardo, nel comune di Sestri Levante, è attiva una frana che ha seriamente lesionato alcuni edifici rendendoli inabitabili;
   dall'anno 2007 sono noti importanti fenomeni di dissesto nel comune di Sestri Levante, in particolare nella suddetta frazione, in un'area collinare scoscesa, nella porzione di versante che da quota 100 metri sul livello del mare in corrispondenza del livello di base rappresentato dall'incisione del Rio Staffora, raggiungi 300 metri in prossimità del crinale. All'interno di tale zona è presente un vasto accumulo detritico con superficie di circa 60.000 metri quadri ed un dislivello di circa 160 metri. In tale contesto sono presenti anche diversi fabbricati;
   dal punto di vista geologico, l'area di studio ha un substrato appartenente alla formazione nota in letteratura come «Scisti della Val Lavagna», le cui caratteristiche litofacies sono costituite da arginiti alternate a siltiti; nella zona in esame affiorano argilloscisti con intercalazioni di calcareniti. Immediatamente a nord dell'intervento si passa, attraverso un contatto di origine tettonica, alle arenarie del M.te Gottero;
   il substrato roccioso è coperto da un corpo detritico di origine gravitativo il cui spessore varia dai 10 metri circa in corrispondenza della viabilità comunale a monte, ai 12-13 metri in corrispondenza dei fabbricati lesionati, fino a raggiungere i 27 metri circa in corrispondenza del piede dell'accumulo. La coltre detritica è costituita perlopiù da ghiaie e sabbie immerse in una matrice limoso-argillosa. L'area in esame ed un suo considerevole intorno si presenta quindi come una brusca interruzione dell'acclività del versante. Il «terrazzo» inserito all'interno di un anfiteatro compreso fra due contrafforti rocciosi, corrisponde alla zona di accumulo di una paleofrana. Allo stato attuale delle conoscenze è possibile constatare lo stato di attività della frana mediante le ripercussioni sui manufatti;
   l'area interessata dall'attuale frana attiva risulta coperta dal monitoraggio del piano straordinario di telerilevamento (PST-A), ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 179 del 31 luglio 2002, (interferometria radar satellitare), ma non risulta agli interroganti l'evoluzione del fenomeno di dissesto negli ultimi 7 anni, e in particolare se l'evoluzione sia stata monitorata con tale piano;
   dal mese di febbraio 2014 tale fenomeno è caratterizzato da intensità ingravescente e danni importanti ad alcune decine di abitazioni site in quella frazione, in particolare per quelle che non hanno ricevuto opere di consolidamento nonostante l'ingravescenza dei fenomeni, con grave rischio di estensione del fenomeno franoso e di danneggiamento di elementi ambientali e antropici sottostanti; si segnala che al di sotto del fronte franoso è situata l'autostrada A12 Genova-Livorno e l'abitato del comune di Sestri Levante;
   come noto, purtroppo non solo il territorio di Sestri Levante ma tanti altri paesi della Liguria sono stati interessati da fenomeni di dissesto idrogeologico, dalla ormai famosa frana di Andora sul tratto ferroviario dove si è rischiato il disastro, a tante altre frane che interessano il territorio, specialmente nei paesi dell'entroterra che rischiano il totale isolamento viario (vedi i recenti esempi della Statale di Ne’ e del Ferriere);
   inoltre, vanno considerati i sempre più frequenti episodi alluvionali, vedi i tragici episodi della Val di Magra e delle Cinque Terre, della Val di Vara nell'anno 2012 e la recente esondazione dell'Entella, fra i comuni di Chiavari e Lavagna, alla cui foce è prevista la costruzione di un megadepuratore comprensoriale, che potrebbe peggiorare la situazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se, nell'ambito delle proprie competenze in materia di difesa del suolo e tutela dell'incolumità pubblica, non ritenga di assumere ogni iniziativa utile affinché si pervenga alla messa in sicurezza dell'area in dissesto in località Fontane del comune di Sestri Levante, focalizzando le possibili azioni preventive da attuare per affrontare correttamente le recenti problematiche da rischio idrogeologico emerse nel comune di Sestri levante ed evitare l'aggravarsi della situazione in futuro;
   quali misure intenda assumere per l'ottimizzazione della copertura dell'area da parte del piano straordinario di telerilevamento (interferometria radar satellitare) e l'integrazione con altri sistemi di monitoraggio strumentale per acquisire una piena conoscenza dell'evoluzione del fenomeno franoso, se del caso, interfacciandosi con il servizio di protezione civile nazionale per le opportune valutazioni;
   se intenda verificare la copertura di tutto il territorio nazionale da parte del piano straordinario di telerilevamento (interferometria radar satellitare) ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 179 del 31 luglio 2002, in particolare per le aree dove siano già noti e in corso fenomeni di dissesto idrogeologico, rendendo pubblici e fruibili i dati di tale rilevamento per tutto il territorio nazionale;
   se e come intenda affrontare, per quanto di competenza, il tema del dissesto idrogeologico nella regione Liguria, in aree di elevato pregio ambientale e turistico ma segnate dalla crisi che sono a rischio di un ulteriore tracollo economico dovuto ai ricorrenti episodi di dissesto che impediscono perfino di giungere nei paesi del territorio ligure. (4-03734)


   PIAZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Roma è stata colpita da un violento e prolungato nubifragio nei primi giorni di febbrai che 2014 ha provocato moltissimi danni nella Valle Galeria. Non solo cantine, ma anche negozi e appartamenti allagati, intere famiglie evacuate, altre isolate in casa;
   i danni sono ingenti proprio perché in una zona come questa, piena di impianti industriali inquinanti, attraversata dal Rio Galeria, che è stato certificato come uno dei corsi d'acqua più inquinati d'Italia e che ora è esondato spargendo i suoi veleni nelle campagne, si è aggiunto l'inquietante allagamento dell'inceneritore dei rifiuti ospedalieri dell'AMA;
   in questo impianto confluiscono, per essere inceneriti i rifiuti di tutti gli ospedali del Lazio: l'allagamento del piazzale dove erano stoccati questi rifiuti ne ha causato la dispersione e anche la rottura;
   i contenitori vengono consegnati ermeticamente sigillati dalle strutture ospedaliere ed è tassativamente vietato aprirli da parte degli operatori dell'impianto, perché possono essere altamente pericolosi e infettivi. Molte immagini apparse sui mezzi di informazione mostrano la rottura di tali contenitori con evidenti striature rosse nell'acqua che fanno pensare a del sangue che sia uscito e si sia sparso, trasportato dall'acqua chissà dove;
   i rifiuti vengono classificati in base all'origine in rifiuti urbani e rifiuti speciali e in base alle loro caratteristiche di pericolosità in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi;
   le autorità locali del corpo di polizia municipale di Roma (Comando XII di Monteverde) hanno posto sotto sequestro penale il 2 febbraio 2014 l'area adibita abusivamente a discarica di rifiuti per violazione dell’ex decreto-legge n. 152 del 2006 per inquinamento di terreno agricolo per fuoriuscita di petrolio in località via di Ponte Malnone;
   questo si aggiunge al già gravissimo stato di inquinamento delle falde acquifere e dell'aria che la zona di Malagrotta da anni affronta in continua emergenza evidenziando un vero e proprio disastro ambientale –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per valutare il danno all'ambiente e le possibili ricadute sulla popolazione della zona intrecciando tutti i parametri di breve, medio e lungo termine;
   se non intenda reperire mezzi e fondi sufficienti per garantire all'Italia, in tempi brevi, un trattamento efficace ed efficiente del ciclo dei rifiuti, in linea con la normativa europea, specie in questo Paese in cui il territorio rappresenta l'elemento fondamentale per la sua economia, dato che dalla sua tutela dipendono settori strategici quali l'agro-alimentare, il gastronomico, il turistico legato sia alla bellezza paesaggistica che al patrimonio artistico che lo vedono al primo posto nel mondo. (4-03743)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'ex chiesa di San Bevignate è situata nel quartiere di Monteluce a Perugia;
   è una delle più importanti ed affascinanti chiese templari d'Europa costruita intorno al 1256 e terminata nel 1262 la cui bellezza è esaltata dal fatto che si trova immersa nella campagna umbra, non toccata ancora dal cemento e comunque non lontano dalla città. La campagna, la chiesa e gli affreschi rappresentano un «unicum» che esalta la bellezza del paesaggio unitamente alla bellezza architettonica e monumentale della chiesa;
   Perugia è una delle città candidate a Capitale europea della cultura per il 2019 e sicuramente il sito ove sorge la chiesa di San Bevignate rappresenta uno dei luoghi più prestigiosi che contribuiscono a valorizzare la città e la sua attrattività anche per la bellezza del paesaggio;
   il Ministro per i beni e le attività culturali all'indomani della sua nomina ha dichiarato che «questo Ministero ha in carico le cose più importanti che l'Italia possiede, è come un Ministero del petrolio in un paese arabo. In Italia c’è un tesoro su cui investire, la bellezza». Una bellezza, però, spesso nascosta: «in Italia – ha aggiunto – c’è tanta bellezza nascosta dalla bruttezza (Adnkronos del 23 febbraio 2014);
   dalla stampa locale (La Nazione e il Messaggero) si apprende che l'Adisu (Agenzia umbra per il diritto allo studio), in base ad un progetto approvato nel 2007, ha deciso di attuare l'edificazione di una residenza per gli studenti, praticamente dall'altra parte della strada rispetto alla chiesa di San Bevignate e dunque proprio a due passi dalla chiesa: l'edificio di quattro piani con un'altezza superiore a dieci metri è già in fase di attuazione e le ruspe si sono già messe all'opera per sgombrare il terreno dagli oliveti per far posto alla nuova «casa dello studente»;
   forte è la preoccupazione tra i cittadini ed in particolare dell'associazione Italia Nostra che temono la compromissione irreversibile dell'ambiente e del paesaggio nel quale è immerso e costituisce parte integrante anche della storia della città di Perugia, la chiesa di San Bevignate, monumento di eccezionale importanza e ricchezza di opere d'arte –:
   se siano a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per ovviare al rischio concreto che la realizzazione della residenza universitaria possa arrecare irreversibili danni al sito ambientale e paesaggistico nel quale sorge la secolare chiesa di San Bevignate;
   quali misure si intendano attuare, per quanto di competenza, per salvaguardare, conservare e proteggere la bellezza della chiesa di San Bevignate e il sito ambientale ove sorge;
   se risulti agli atti che nella decisione – a suo tempo adottata – di costruire la nuova residenza universitaria sia stata presa in adeguata considerazione e valutato positivamente dai competenti organi l'impatto dell'opera sull'ambiente e sul paesaggio nel suo complesso. (4-03737)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 19 febbraio 2014, il quotidiano il Corriere Adriatico, da conto di una visita al comune di Ancona del direttore dei servizi ispettivi del Ministero dell'economia e delle finanze Vito Tatò. Il capo degli ispettori è stato inviato dalla ragioneria generale dello Stato in Ancona e in tante città d'Italia per effettuare le verifiche sui conteggi dei fondi dei premi di produttività erogati ai dipendenti comunali negli ultimi dieci anni;
   in molti comuni, tra i quali Ancona, sono nate vere e proprie vertenze per scongiurare che ai lavoratori e alle lavoratrici vendano chieste le restituzioni delle somme che sarebbero state erogate in violazione delle normative introdotte con reiterate manovre governative tese a ridurre la spesa pubblica tanto che il 17 febbraio 2014 i dipendenti del comune di Ancona hanno invaso la sala consiliare, ove era in corso la seduta del consiglio comunale, per effettuare una protesta sindacale a causa del mancato pagamento, da parte dell'amministrazione comunale, di somme spettanti per il cosiddetto salario accessorio di produttività riferito agli anni 2012 e 2013. Una simile forma di protesta non ha precedenti nella storia del capoluogo marchigiano e a tale esito si è giunti, stando alle dichiarazioni dei rappresentanti sindacali, anche a causa dei comportamenti dell'amministrazione che appare all'interrogante latitante nelle risposte e che è ricorsa a continue richieste di pareri di legali esterni. La vertenza che si trascina da tempo è analoga a quella presente in tanti comuni italiani ed è stata oggetto di pronuncia dell'ARAN e di discordanti pareri da parte dei legali incaricati dalle amministrazioni locali e dai segretari generali e dirigenti dei comuni italiani. Una vertenza che, stando alle dichiarazioni del sindaco e della giunta comunale di Ancona, potrebbe riguardare anche gli anni precedenti e con il rischio di dover procedere al recupero delle somme erogate ai dipendenti comunali fino a dieci anni indietro, a fronte di prestazioni effettivamente rese in esecuzione di accordi di produttività e di corrispondente salario accessorio. Considerato che il problema non è circoscritto ad alcuni comuni ma riguarda la generalità degli enti locali italiani –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti;
   quali esiti abbiano avuto le ispezioni dei dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze e se e quali norme siano state eventualmente violate nella definizione dei predetti accordi;
   se e quali misure intenda adottare per risolvere, magari con l'auspicabile coinvolgimento dell'ANCI, una vertenza che si sta trascinando da troppo tempo, con una crescente preoccupazione tra lavoratori e le lavoratrici dipendenti dei comuni, che possono ricadere sulla corretta erogazione dei servizi ai cittadini. (5-02235)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2012 la corte d'appello – sezione lavoro dell'Aquila ha reintegrato, con sentenza immediatamente esecutiva, otto lavoratori alle dipendenze del federazione delle banche di credito cooperativo Abruzzo e Molise;
   questi lavoratori non solo non sono stati reintegrati sul posto di lavoro, ma sono stati successivamente licenziati in modo secondo l'interrogante illegittimo nel dicembre del 2013 con una procedura che secondo i sindacati CGIL CISL UIL UGL FABI, non poteva essere attivata, in quanto non era stato ricostituito il rapporto di lavoro e in ogni caso sarebbero stati violati i criteri di scelta previsti dall'articolo 5 della legge n. 223 del 1991;
   l'odissea di questi otto lavoratori continua da anni con la perdita dello stipendio, della contribuzione previdenziale, e di ogni certezza per il proprio futuro –:
   se non ritengano di attivare ogni utile iniziativa per favorire una composizione positiva di questa vertenza sindacale dai risvolti drammatici per otto lavoratori e le loro famiglie. (4-03746)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 1989 l'autotrasportatore Carlo Massone residente in frazione Crebini 37 – Castelletto d'Orba (Alessandria) acquistò un camion usato tipo Fiat 170/35 B targato AL 359341, ribaltabile su tre lati con gru e piattaforma aerea a due posti, pagandolo oltre 100 milioni;
   come da attestazione rilasciata dal concessionario Iveco Plura spa di Ovada (Alessandria), il mezzo in questione risultava regolarmente collaudato in tutte le sue parti, completo di attestazioni rilasciate dalla motorizzazione e dall'Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) e pertanto pronto per essere utilizzato su strada;
   il signor Carlo Massone, prima di utilizzare il mezzo in questione, richiese ed ottenne dalla motorizzazione e dalla USL di Alessandria una verifica preventiva straordinaria che, in seguito, diede esito negativo, e cioè si rivelò che il mezzo presentava una serie di anomalie tecniche e strumentali tali da renderlo inutilizzabile, in totale contrasto con le norme di prevenzione e di sicurezza sul lavoro;
   a seguito di ciò, il signor Carlo Massone non solo fu costretto a rinunciare al camion appena acquistato, ma venne altresì indagato – gli fu attribuita la responsabilità di averlo manomesso e modificato – e successivamente assolto, avendo dimostrato di non aver mai impiegato il mezzo per alcun lavoro e di non averlo mai ritirato dalla concessionaria se non il giorno prefissato per la revisione straordinaria;
   dai documenti in possesso del signor Massone risulterebbe che la data di emissione della fattura quietanzata rilasciata dalla ditta Iveco Plura spa – 7 settembre 1989 – è in netta e curiosa contraddizione con quella citata nella notifica rilasciata (a richiesta del signor Massone, proprietario del mezzo) dal compartimento della polizia stradale, sezione di Alessandria, secondo cui «Visti gli atti d'ufficio si dichiara che la carta di circolazione relativa all'autocarro targato AL 359341 è gravata dal decreto di sequestro n. 616/88/A emesso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Bergamo il 14 marzo 1988 e che in ordine alla stessa sono in corso ricerche da parte di questo ufficio al fine di rintracciarla e sequestrarla» (Alessandria, 3 maggio 1990, n. 326, rep. 240 PG);
   successivamente, il medesimo compartimento della polizia stradale, sezione di Alessandria, rispondeva alla procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Alessandria – in ordine alla denuncia sporta dal signor Massone – «Fa seguito alla denuncia sporta da Massone Carlo, in atti generalizzato, trasmessa con nota prot. n. del 4 maggio 1990 in ordine alla quale si sciolgono parte delle riserve espresse. Si comunica che negli elenchi forniti dalla motorizzazione civile e dei trasporti in concessione di Cuneo, relativi ai collaudi effettuati negli anni 1989-1990 presso la ditta Delia, non c’è traccia di quello afferente al certificato di approvazione rilasciato per l'autocarro targato AL 359341» (Alessandria, 16 giugno 1990, n. 600, rep. 240 PG);
   lo stesso Massone Carlo chiedeva e otteneva, successivamente, una relazione tecnica circa la causa Massone-Plura spa in merito all'udienza del 23 marzo 1995 con lo scopo di chiarire i punti elencati nelle «deduzioni istruttorie»; nella conclusioni della relazione si ravvisavano da un lato uno «stato di degrado tecnico» del mezzo e la sussistenza di «una serie di inadempienze contrattuali» definite «elementi sconcertanti»; e dall'altro, si rilevava l'assoluta estraneità del signor Massone all'utilizzo dell'automezzo in oggetto, come sentenziato anche dalla procura di Tortona il 16 settembre 1993;
   quanto sopra esposto ha prodotto ripercussioni gravissime alle economie della ditta del signor Carlo Massone, al punto da indurlo – pur di non rimanere senza lavoro e con un mezzo sequestrato ed improduttivo – ad acquistarne altri, con il medesimo triste e scandaloso risultato;
   ad oggi il signor Carlo Massone, pur avendo interpellato parlamentari e Ministri ed aver interessato anche la procura della Repubblica di Genova poiché nessuna risposta o indennizzo sono pervenuti dalle autorità di Alessandria e comunque da tutte quelle interessate nella vicenda, è ancora in attesa che si faccia chiarezza e che la sua pratica approdi a giusta conclusione;
   da più di dieci anni lo stesso Carlo Massone sta combattendo una battaglia di sensibilizzazione volta a far emergere la verità sul suo personale caso e su fatti di analoga gravità che metterebbero in discussione l'intero apparato preposto alla certificazione di idoneità ad operare dei mezzi industriali coinvolgendo ingegneri e pubblici ufficiali funzionari dello Stato;
   il 9 marzo 1999, nella XIII legislatura, il senatore Bornacin presentò in merito una specifica interpellanza parlamentare, la 2-00767, cui però non fu data risposta, e in data 7 marzo 2007 il senatore Martinat ha ripresentato l'interrogazione n. 4-01468 –:
   se non si reputi opportuno e doveroso attivarsi con estrema urgenza per fare chiarezza su di una vicenda così delicata e di sconcertante gravità, sollecitando il riesame della pratica e verificando, secondo quanto denunciato, la regolarità delle attestazioni rilasciate dalle autorità competenti in ordine ai collaudi di omologazione dei veicoli industriali al fine di verificare responsabilità ed eventuali comportamenti omissivi da parte di pubblici funzionari;
   che cosa intenda fare il Governo per garantire che, in materia di collaudi ed omologazioni di veicoli industriali, venga rispettato scrupolosamente il dettato legislativo e si eviti pertanto che pubblici funzionari rilascino certificati di omologazione e di collaudo su veicoli industriali sulla base di documenti di conformità rilasciati dagli allestitori senza effettuare verifiche tecniche rigorose sui mezzi, come prevede la normativa vigente;
   come si spieghi che veicoli industriali certificati e collaudati al momento dell'acquisto risultino poi, ancor prima di essere utilizzati (come in questo caso e grazie soprattutto alla scrupolosità dell'acquirente), non in regola e che vengano avanzati sospetti solo sull'autotrasportatore, anziché considerare anche le responsabilità delle motorizzazioni civili, dell'Ispesl e dei concessionari;
   se non si reputi doveroso promuovere una verifica per accertare che i funzionari pubblici deputati alla certificazione di collaudo e di omologazione dei veicoli industriali della motorizzazione civile ed Ispesl procedano attenendosi scrupolosamente a quanto previsto dalla legge in materia e non vengano adottati metodi del tutto estranei alla corretta condotta delle ispezioni. (5-02234)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   esattamente a distanza di un anno è di nuovo emergenza nella zona della costiera amalfitana: a seguito di una grossa frana che si è staccata dal costone roccioso, invadendo la carreggiata, il 18 febbraio 2014 è stata chiusa al traffico l'ex statale 18;
   tale ennesimo cedimento ha fatto ripiombare nell'incubo viabilità tutta la zona a nord di Salerno e, in particolare, Vietri sul Mare, rimasta completamente tagliata fuori dai collegamenti con il capoluogo, anche a causa della chiusura della linea ferroviaria;
   proprio come accaduto nello scorso inverno, in attesa di conoscere quali interventi saranno necessari per la messa in sicurezza del costone, la strada potrebbe rimanere chiusa per diverse settimane, causando notevoli disagi a residenti e pendolari;
   se un anno fa la strada è stata chiusa per ben un mese, non è immaginabile quanto tempo ci potrebbe volere per mettere in sicurezza la più ampia parte di costone interessata dalla frana degli scorsi giorni;
   chi deve muoversi, per andare a Salerno o, in direzione opposta, verso Cava de’ Tirreni non ha molte possibilità: senza treni e con le condizioni della viabilità che non consentono spostamenti veloci con i bus, l'unica alternativa è la macchina;
   per raggiungere Vietri sul Mare da Salerno, e viceversa, gli automobilisti vengono dirottati verso l'autostrada dove, naturalmente, sono tenuti a pagare il normale pedaggio;
   tale situazione, oltre a creare rabbia e rassegnazione tra i pendolari, mette a rischio la sicurezza e l'incolumità degli automobilisti, a causa delle lunghe code che si stanno formando al casello autostradale per il pagamento del pedaggio;
   già poco dopo l'ingresso nord di Vietri sul Mare i camion, con un pannello luminoso, avvisano code chilometriche per lo svincolo di Cava e, ovviamente, la situazione è ancora peggiore all'uscita e all'ingresso dei caselli;
   code e lunghi tempi d'attesa, con relativo smog, tutto a danno dei residenti e delle nostre città, stanno gettando nello sconforto non sono solo gli automobilisti, ma anche i conducenti dei bus di linea che devono raddoppiare i propri percorsi per bypassare la zona interdetta;
   appare indispensabile una immediata riduzione delle code ai caselli per abbassare il consumo di carburante con effetti positivi sulla qualità dell'ambiente e sulla fluidità del traffico;
   a parere dell'interrogante, sarebbe auspicabile che la società Autostrade per l'Italia spa, renda disponibile il transito presso il casello autostradale di Cava senza il pagamento del pedaggio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e cosa intenda fare per sollecitare la convocazione di un tavolo tecnico con il prefetto e le autorità interessate, al fine di agevolare la liberalizzazione in tempi rapidi del pedaggio autostradale tra Salerno e Cava. (4-03728)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende a mezzo stampa che le rappresentanze sindacali aziendali dell'aeroporto d'Abruzzo a Pescara hanno proclamato lo stato di agitazione preannunciando azioni, da portare avanti a breve, che potrebbero arrivare al blocco delle attività aeroportuali;
   lo stato di agitazione nasce per l'impugnativa, da parte del Governo, della norma con cui la regione avrebbe dovuto finanziare per 5 milioni e 573 mila euro il Piano marketing 2013 della Saga, la società che gestisce lo scalo;
   le Rsa parlano di negligente disattenzione e noncuranza della classe politica abruzzese, confermata dalla convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci Saga per il 10 marzo, che potrebbe determinare la chiusura dell'aeroporto;
   l'intero comparto aeroportuale abruzzese, che genera un impatto occupazionale complessivo di oltre 1.500 unità, volano dell'economia regionale da decenni, mettendo a forte rischio tutto il sistema produttivo e turistico della regione –:
   se non intenda intervenire per salvaguardare l'operatività dello scalo evitando di mettere a rischio il futuro dell'aeroporto D'Abruzzo e garantire un servizio efficiente ai cittadini e alle imprese abruzzesi, e l'occupazione ai lavoratori aeroportuali. (4-03732)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'Istituto di vigilanza «METROPOL» ha svolto la propria attività sul territorio pugliese per oltre venti anni, garantendo lavoro a 240 dipendenti, arrivando a collocarsi al secondo posto tra le aziende leader del settore della vigilanza in Puglia nonché al settimo posto in Italia;
   in data 15 febbraio 2013, la prefettura di Foggia, comunicava tramite raccomandata (protocollo n. 419272013/AREA 1aBis), al signor Rizzi, legale rappresentante dell'istituto di vigilanza «METROPOL Srl» di Foggia, l'avvio di un procedimento per la revoca dell'autorizzazione ex articolo 134 TULPS;
   tale data corrispondeva a quella dell'aggiudicazione provvisoria, da parte dell'istituto di vigilanza in questione, della gara d'appalto presso il Poligrafico dello Stato per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro;
   tale procedimento era avviato sul presupposto che, a seguito di accertamenti condotti dagli organi di polizia, sarebbe emerso che 6 dipendenti dell'istituto di vigilanza, dei quali due avevano già cessato la loro attività, avevano legami di parentela o frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata;
   i restanti quattro dipendenti, ancora in servizio, venivano licenziati in data 20 marzo 2013;
   due delle dipendenti licenziate impugnavano tale provvedimento presso il tribunale del lavoro di Foggia che ne ordinava il reintegro nel posto di lavoro, con condanna per la «METROPOL Srl» al pagamento delle spese legali e delle mensilità arretrate;
   i giudici del lavoro evidenziarono, tra l'altro, che la parentela con eventuali soggetti collegati alla criminalità sia priva di riferimenti alla condotta del lavoratore e sia circostanza del tutto generica e non comprovata da circostanze probatorie concrete;
   la «METROPOL Srl» aveva, d'altronde, già fatto presente che, in ogni caso, la società era assolutamente all'oscuro di qualsivoglia legame di parentela o frequentazione degli stessi con soggetti legati alla criminalità organizzata;
   l'istituto aveva fatto presente che aveva 206 guardie particolari giurate, di queste 115 erano state assunte direttamente, conformemente alla disposizioni della legge vigente e alla prassi in uso presso la prefettura di Foggia, e 91 che erano state acquisite dopo l'acquisto del ramo d'azienda della cessata ex cooperativa «La Centotre», operazione questa autorizzata dal Ministero dello Sviluppo economico con nota protocollo n. 0126634 del 30 maggio 2012;
   METROPOL si era impegnato a tali assunzioni, a condizione che le guardie giurate fossero in regola con i titoli di polizia, a garanzia che gli stessi avessero già superato le verifiche della prefettura e della polizia;
   era stata cura della società verificare che tutti gli assunti non avessero carichi pendenti attraverso l'estrazione del relativo certificato;
   va ricordato, inoltre, che per le guardie giurate la licenza di porto d'armi viene rilasciata dal prefetto soltanto dopo l'effettuazione della verifica dei presupposti di buona condotta e illibata moralità da parte del Questore o degli organi di Polizia competenti;
   analogamente, ai sensi dell'articolo 134 TULPS, spetta alla prefettura il rilascio del decreto di nomina a guardia particolare giurata e l'avvio del procedimento che verifichi i presupposti per tale licenza;
   non a caso l'articolo 138 TULPS prevede che ogni due anni i titolari di porto d'armi debbano rinnovare il proprio titolo abilitativo;
   a tal proposito va rilevato che la METROPOL, nei rari casi in cui la prefettura, nel corso degli anni, ha negato il rilascio del decreto di nomina di guardia giurata, non ha mai assunto tale personale;
   al contrario nessun soggetto privato ha alcun potere o modo di verificare la condotta del proprio dipendente fuori dal posto di lavoro, né le sue frequentazioni o parentele;
   sarebbe singolare se corrispondesse al vero, come viene pubblicamente denunciato, che a nessuno delle persone ritenute pericolose dalla prefettura, non sia stato ancora revocato il porto d'armi;
   nello stesso periodo, sia al Poligrafico dello Stato che al direttore generale degli ospedali riuniti di Foggia venivano recapitati, a mezzo di plico postali anonimi, copie della comunicazione prefettizia, diretta al signor Rizzi, con la quale la prefettura avviava il procedimento di revoca della licenza;
   da ciò gli enti interessati comunicavano che avrebbero valutato l'interruzione di servizio con un provvedimento di autotutela;
   tale fuga di notizie ha rappresentato, sicuramente, una circostanza grave che ha creato notevoli danni economici e di immagine all'istituto «METROPOL Srl»;
   in data 18 giugno 2013, la prefettura di Foggia, attraverso il dirigente dell'area 1a, rispondeva ad una richiesta di informazioni antimafia ai sensi dell'articolo 91, del decreto legislativo 159/2011 avanzata dalla direzione qualità sicurezza, ambiente e servizi generali, sulla ditta «METROPOL Srl» e sul suo amministratore unico, Rizzi Leonardo, affermando che «non risultano tentativi di infiltrazione mafiosa nonché cause di divieto, di decadenza e di sospensione previste dall'articolo 67 del sopra citato decreto legislativo»;
   in data 23 luglio 2013, il signor Rizzi come amministratore unico di «METROPOL» ha presentato una denuncia presso il tribunale di Foggia denunciando impedimenti e ritardi, ad opera di alcuni funzionari della prefettura, nei confronti della propria azienda nonché procedure non esattamente in linea con la legge vigente in occasione di bandi pubblici;
   in data 29 gennaio 2014, il prefetto della provincia di Foggia, dopo aver rigettato le numerose memorie difensive dell'interessato, decretava il ritiro dell'autorizzazione, rilasciata al signor Rizzi, in merito alla gestione dell'istituto di vigilanza privata «METROPOL Srl» –:
   se non si ritenga opportuno ed urgente verificare tutte le circostanze sopra descritte al fine di accertare la reale dinamica dei fatti e gli elementi in base ai quali è stato deciso, dal prefetto di Foggia, il ritiro dell'autorizzazione alla società «METROPOL Srl» con il relativo prevedibile licenziamento di ben 240 dipendenti;
   per quale motivo il dirigente dell'area 1a, in data 18 giugno 2013, rispondendo ad una richiesta dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, abbia dichiarato che non risultavano tentativi di infiltrazione mafiosa nonché cause di divieto, di decadenza e di sospensione previste dall'articolo 67 del decreto legislativo n. 159 del 2011.
(2-00420) «Di Gioia, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta orale:


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in vista dell'Esposizione universale che si terrà a Milano dal 1o maggio al 31 ottobre 2015 e della conseguente necessità di incrementare la presenza delle forze dell'ordine nella città, senza pregiudicare il livello di sicurezza nel resto del Paese, il Governo ha previsto una deroga del 55 per cento al blocco del turnover delle forze dell'ordine;
   non sussistono i sufficienti tempi tecnici per portare a termine una nuova procedura concorsuale finalizzata al reclutamento di diverse centinaia di allievi agenti di pubblica sicurezza, in quanto i medesimi debbono prima essere avviati a corsi di addestramento e non sarebbero di fatto operativi prima del dicembre 2015;
   una soluzione alternativa e rappresentata da una rettifica della graduatoria finale; ed ampliamento, in prima aliquota, di 672 posti dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica e agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione dei titoli del concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   l'ampliamento e lo scorrimento delle graduatorie vigenti garantirebbe la copertura delle unità necessarie di agenti di pubblica sicurezza per il prossimo giugno 2014, quindi in tempo utile per l'Esposizione universale di Milano;
   tale soluzione è stata, peraltro, adottata mediante decreto dirigenziale dall'Arma dei carabinieri, la quale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria, che è stata così esaurita;
   va tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione pubblica per la gestione delle procedure di reclutamento e addestramento di nuovi agenti di pubblica sicurezza –:
   se non ritenga opportuno assumere immediatamente le restanti 672 unità (160 vincitori in seconda aliquota nonché 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato. (3-00649)


   DISTASO, SISTO e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la questione sicurezza continua a rappresentare una vera emergenza per la città di Bari, come confermato da alcuni recenti episodi di cronaca, quali l'uccisione nel quartiere San Paolo di un pregiudicato con un agguato mortale e un gravissimo episodio di rapina verificatosi di giorno ai danni del Bar Savoy, in pieno centro, davanti a un bambino di pochi anni;
   quelli a cui si è assistito negli ultimi due anni sono stati molto più che segnali evidenti di escalation criminale da una parte – con omicidi, avvertimenti, attentati, ferimenti e rapine – ma anche di disagio sociale dall'altra;
   criminalità e disagio sociale rappresentano infatti due fenomeni che non sono distanti tra loro perché innegabilmente è proprio nei momenti di maggiore crisi economica che la criminalità tenta di approfittare delle difficoltà e di un humus più favorevole;
   Bari ha bisogno di attenzione – oltre che da parte dell'amministrazione locale che al netto di annunci spot non ha saputo o voluto esercitare quelle prerogative che sono alla base di una migliore qualità della convivenza sociale e della sicurezza – da parte del Governo, perché, mentre le forze dell'ordine che pure operano in una situazione di assoluta difficoltà devono fare i conti con carenze di organico e di risorse economiche, oggi vi è assoluta assenza di politiche di sicurezza e di prevenzione sociale;
   agli interroganti risulta che vi siano significative risorse del fondo unico giustizia (istituito dall'articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008 e poi rafforzato sul piano della dotazione economica dall'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008) non assegnate e che invece potrebbero essere opportunamente utilizzate per rafforzare le politiche della sicurezza a sostegno di chi – prefetto, magistratura e forze dell'ordine – sta in trincea tutti i giorni per la sicurezza della comunità –:
   quali iniziative urgenti, tanto più alla luce dei gravissimi fatti di cronaca avvenuti negli ultimi tempi, intenda assumere per rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto alla criminalità nella città di Bari e nel suo territorio;
   se il Governo ritenga necessario convocare con urgenza una riunione a Bari del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza dei Ministri competenti, così da offrire ai cittadini del capoluogo pugliese un segnale concreto di attenzione e di volontà di agire contro il crimine;
   quali utili iniziative ritenga di varare per dare conto dell'ammontare delle risorse del fondo unico giustizia non assegnate, indirizzandole poi sia a politiche per la sicurezza sul territorio che al rafforzamento dei necessari strumenti di vigilanza e di contrasto delle infiltrazioni criminali. (3-00651)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TERZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende che è stato avviato l’iter, da parte del Ministero, per la chiusura di centinaia di uffici di polizia in tutt'Italia. Chiusura che interessa pesantemente anche la provincia di Ancona. Non c’è ancora l'ufficialità, ma sembra quasi certa la chiusura del commissariato di Osimo, dei posti Polfer di Fabriano e Falconara e della squadra nautica;
   entro il 10 marzo il questore e il prefetto dovranno produrre le loro osservazioni;
   si legge anche che il questore di Ancona incontrando i sindacati, si è sbilanciato pubblicamente davanti ad una platea di quindici persone, su quella che sarà la sua posizione. «No alla Chiusura del Commissariato sì alla chiusura dei due Posti Polfer e della Squadra Nautica»;
   le stazioni di Fabriano e Falconara rappresentano snodi importanti per il traffico ferroviario regionale e nazionale risultando altamente frequentate;
   la squadra nautica svolge un ruolo fondamentale nel garantire di concerto con le altre autorità la sicurezza all'interno del porto di Ancona –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se possa confermare o smentire l'avvio della procedura ipotizzata;
   se il Ministro non ritenga necessario approfondire lo stato di necessità delle aree eventualmente interessate dai tagli prima di procedere con la soppressione dei servizi sopra indicati;
   quali misure alternative verranno eventualmente adottate per garantire la sicurezza delle aree che rimarrebbero prive dei servizi di vigilanza suddetti. (5-02231)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   presso il dipartimento della polizia di Stato si è tenuta una riunione periodica tra una delegazione dell'amministrazione, guidata dal vice capo della polizia con funzioni vicarie, prefetto Alessandro Marangoni, e i segretari generali di tutti i sindacati della categoria, relativa alle attività che il dipartimento sta ponendo in essere in materia di personale e assetto organizzativo dell'amministrazione;
   il prefetto Marangoni ha comunicato che l'amministrazione sta ultimando uno studio per la revisione dei presidi e degli uffici della polizia di Stato su tutto il territorio nazionale, asseritamente finalizzata ad una razionalizzazione delle risorse;
   dall'esposizione fatta dal prefetto è sembrata emergere una volontà definitiva dell'amministrazione di riorganizzare alcuni settori della polizia di Stato, nonché di procedere alla chiusura di numerosi presidi oggi esistenti sul territorio e all'accorpamento di altri;
   in particolare, per la polizia postale e delle comunicazioni, la sola struttura deputata a svolgere le attività di controllo/repressione degli illeciti penali ed amministrativi rientranti nella vasta e complessa materia delle comunicazioni, incluse (ed in primis ovviamente) le attività illecite perpetrate per mezzo della rete internet (attacchi a sistemi informatici, e-commerce, pedofilia, stalking e altro) è prevista la soppressione di tutte le sezioni provinciali esistenti, mantenendo in vita solo i pochi uffici ubicati nelle sedi ove si trovano anche le corti d'appello, vale a dire nei soli capoluoghi di regione;
   la polizia postale e delle comunicazioni svolge un'attività sulla quale ha competenza esclusiva, ad essa attribuita in forza di una espressa riserva di legge, e il suo depotenziamento appare gravissimo, soprattutto a fronte del costante aumento della criminalità informatica;
   peraltro, tutte le sezioni provinciali della polizia postale e delle comunicazioni sono ad oggi uffici a «costo zero» per lo Stato, in quanto il costo delle strutture e dei mezzi è completamente sostenuto da poste italiane;
   il personale della polizia postale attualmente in servizio riesce a garantire solo con grande sforzo la sicurezza dei cittadini presenti nei propri territori di competenza, e non appare chiaro come potrà, in futuro, l'esiguo personale superstite alla soppressione degli uffici sul territorio garantire la sicurezza anche in tutte le altre province;
   la chiusura delle sedi, infatti, determinerà la perdita di gran parte del personale specializzato nel settore dei reati informatici, posto che tali agenti si troveranno nell'impossibilità di continuare a lavorare nelle sedi superstiti a causa delle eccessive distanze rispetto ai propri luoghi di residenza, e si troverebbero riassegnati a svolgere compiti d'istituto generici;
   al contrario, gli uffici periferici provinciali della polizia postale andrebbero non solo mantenuti ma addirittura potenziati, recuperando personale dalla razionalizzazione di settori non operativi, affinché sia possibile combattere con il giusto rigore e nei tempi corretti la vasta gamma dei reati commessi a mezzo della rete virtuale –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, se del caso, in che modo si intenda intervenire per garantire la sicurezza dei cittadini in quei luoghi nei quali verranno soppressi i presidi, con particolare riguardo alla salvaguardia delle attività svolte dalla polizia postale e delle comunicazioni;
   se non si ritenga doveroso garantire almeno un presidio di polizia specializzata nella criminalità informatica in ogni provincia e non solo nei capoluoghi di regione, considerato che questo è l'unico strumento del quale lo Stato dispone per il contrasto dei reati a mezzo informatico;
   in che modo si intenda tutelare il personale interessato, che a breve, in assenza di un intervento correttivo, sarà di fatto estromesso dalla propria specialità di appartenenza, visto che è utopistico pensare che possa accettare di accollarsi un gravoso (sia solo il profilo economico che fisico) pendolarismo quotidiano per raggiungere e continuare ad operare nelle sole distanti sedi di specialità rimanenti;
   come e a favore di chi verranno utilizzati i presunti risparmi che dovrebbero derivare dalle attività di razionalizzazione di cui in premessa. (4-03729)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già in data 3 aprile 2013 l'interrogante aveva presentato un atto di sindacato ispettivo col quale si chiedeva al Ministro di potenziare gli organici delle forze di polizia operanti in provincia di Rimini, in ragione della sua peculiare vocazione turistica che si collega direttamente anche alla dinamica delittuale su base provinciale;
   lo studio per la revisione dei presidi e degli uffici della polizia di Stato su tutto il territorio nazionale recentemente illustrato dal vice capo della polizia con funzioni vicarie prefetto, Alessandro Marangoni, ai sindacati prevede un'articolata razionalizzazione delle risorse e dei presidi in considerazione della conclamata carenza degli organici, oggi assestata a circa 95.000 unità e che in previsione si prospetta con profili di criticità sempre più accentuati per il mancato ingresso di nuove unità rispetto al turnover programmato;
   il progetto è stato sviluppato attraverso due direttrici fondamentali; una, a carattere interno alla polizia di Stato, diretta, sostanzialmente, ad una razionalizzazione dei presidi delle quattro specialità stradale, ferroviaria, postale e frontiera, un'altra, concertata con il comando generale dei carabinieri, finalizzata ad una rivisitazione sul territorio della dislocazione dei commissariati di P.S., delle compagnie dei Carabinieri e dei reparti speciali, a carattere sussidiario concentrate in alcune sedi e non razionalmente distribuite;
   in conseguenza si avrebbe la chiusura di dozzine di commissariati, la cancellazione delle squadre nautiche, di una ventina di presidi della polizia stradale e di una trentina della Polfer, mentre le sezioni della polizia postale rimarrebbero solo nelle sedi presenti presso le corti d'appello;
   per rispondere ad un'esigenza di razionalizzazione delle risorse umane si piano prevederebbe in particolare per la provincia di Rimini l'eliminazione sia della squadra nautica della polizia, sia della polizia postale, al pari di altre 43 sezioni in tutta Italia;
   la squadra nautica di Rimini è composta da otto uomini che hanno a disposizione quattro moto d'acqua, un gommone e una vedetta, e oltre a intervenire per la salvaguardia di vite umane in mare in questi ultimi anni ha svolto un importante attività di contrasto all'abusivismo commerciale;
   a questo si aggiunga che lo scorso anno, dopo 44 anni di onorato servizio, è stato chiuso il reparto navale dei carabinieri di Rimini;
   altrettanto importante l'attività di indagine e prevenzione svolta dalla polizia postale di Rimini, la cui chiusura avrebbe ricadute negative sulla sicurezza considerato che un numero sempre crescente di reati, negli ultimi anni, vengono commessi online –:
   se il Ministro non ritenga necessario rivedere lo studio per la revisione dei presidi e degli uffici della polizia di Stato nonché delle altre forze di polizia su tutto il territorio nazionale nell'ambito di un progetto complessivo sulla sicurezza non limitato alle sole articolazioni territoriali;
   se non ritenga indispensabile un confronto preliminare con le organizzazioni sindacali sui dettagli, le forze a disposizione e la fattibilità del piano;
   se intenda adoperarsi affinché il progetto chiarisca come poter garantire il territorio e la sicurezza dei cittadini in quei luoghi nei quali verranno soppressi i presidi, tenendo conto delle esigenze e delle aspettative del personale interessato e dei cittadini. (4-03730)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe prospettata la chiusura, nell'ambito delle operazioni di spending review del Ministero dell'interno, di alcuni posti di polizia nella provincia di Ancona, ovvero il commissariato di Osimo, i posti Polfer di Fabriano e Falconara e della squadra nautica;
   l'attività della polizia ferroviaria si svolge in importanti settori quali la prevenzione e repressione dei reati e la sicurezza a bordo dei treni e nelle stazioni;
   la Polfer di Falconara e Fabriano, snodi fondamentali da e verso Roma, rappresentano un elemento di rilievo nelle attività di controllo per la sicurezza, che non deve essere soppressa;
   la notizia sta creando notevole malumore e preoccupazione fra i cittadini e amministratori –:
   se corrisponda al vero la notizia di una possibile chiusura. (4-03731)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 240 del 2010, all'articolo 16, comma 1, recita: «L'abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori» e sottolinea, al comma 3, la necessità di una valutazione oggettiva dei titoli e delle pubblicazioni, l'istituzione di una unica commissione per entrambe le abilitazioni di professore ordinario e associato, la trasparenza dei giudizi dei commissari allegati agli atti della procedura;
   una circolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la n. 754 dell'11 gennaio 2012, aveva inteso accogliere le domande anche di coloro che non superavano le mediane, senza peraltro annullare il valore degli indicatori bibliometrici quale criterio oggettivo di selezione;
   la legge prevede tra l'altro anche la possibilità che la commissione possa acquisire pareri scritti pro veritate sull'attività scientifica dei candidati da parte di esperti, soprattutto quando in un determinato settore vengono valutati candidati che fanno parte di specifici «sottosettori»;
   in tal senso è già stata presentata una interpellanza urgente il 13 febbraio 2014 con specifico riferimento al SSD Med/02; in quella occasione il sottosegretario Marco Rossi Doria rispondendo alla interpellanza relativa alla Abilitazione scientifica nazionale nel settore specifico della storia della medicina, affermava che il: «Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è ben disposto a valutare l'opportunità di interventi correttivi alla disciplina. Esula però dalle attribuzioni del Ministero il compito di valutare l'operato delle singole commissioni né è previsto che il Ministro possa disporre la revisione delle valutazioni ipotizzata dagli onorevoli interpellanti...» e aggiungeva «Le commissioni esaminatrici hanno la facoltà di conferire l'abilitazione scientifica ai candidati che, pur non superando le mediane, conseguono un giudizio di merito positivo...»;
   il 24 febbraio sul sito del ministero: https:/abilitazione.cineca.it/documenti/commissario/note/MIUR si legge concretamente che: «il ministero considerato in particolare che tali errori materiali in un caso specifico, relativo al candidato..., determinano un'incongruenza tra giudizi individuali e giudizio collegiale...» decide la riapertura dei lavori della commissione;
   con un rammarico evidente e con uno spirito di trasparenza analogo a quello manifestato dai docenti del SSD MED 02, si segnala anche quanto è accaduto nella valutazione dei partecipanti alle procedure di valutazione nella facoltà di architettura, dove la commissione ha bocciato ricercatori universitari e docenti a contratto di grande esperienza non solo sul piano professionale, come confermano gli importanti lavori di progettazione firmati dai candidati e apprezzati a livello internazionale, ma anche sul piano didattico come emerge dai giudizi ampiamente positivi degli studenti che frequentano i loro corsi;
   il direttivo ProArch in una lettera al Ministro ha scritto: «Le affermazioni sprezzanti e personalistiche contenute in diversi giudizi creano sconcerto e perplessità e danneggiamo pubblicamente i candidati. Si tratta di espressioni inaccettabili in una comunità scientifica, incompatibili col prestigio e il ruolo dei docenti universitari;
   analogamente l'Associazione italiana di Architettura e critica chiede al Ministro una verifica del lavoro della commissione e molti illustri docenti universitari si sono dichiarati d'accordo con la protesta personale dei candidati esclusi e con le proteste di una intera categoria che si sente ingiustamente umiliata;
   accanto alle iniziative dei singoli candidati si sta formando un vero e proprio movimento di opinione che guarda alle valutazioni dei candidati mettendo in dubbio l'oggettività dei giudizi dei commissari; si citano ad esempio espressioni francamente discutibili nella sostanza e nella forma; si cita ad esempio: «sparisca, per favore...» oppure: «La candidata non è scema...»;
   accanto agli storici della medicina, agli architetti si schierano anche economisti, climatologi, geofisici, tutti con una documentata competenza scientifica che le rispettive commissioni non hanno riconosciuto, con le più svariate argomentazioni; tra i tanti casi si può citare «quello di un candidato, dirigente, a cui pur essendo stata riconosciuta una produzione scientifica pertinente non si riconosce una maturità compatibile con l'abilitazione alle funzioni di prima fascia, con un giudizio pesante sul piano personale e in evidente contraddizione con il suo profilo professionale;
   col passare delle settimane i lavori delle 184 commissioni si rivelano in molti casi parziali, soggettivi, e poco aderenti agli effettivi profili di maturità umana, professionale e scientifica dei candidati: Antonio Navarra, climatologo, Augusto Neri, vulcanologo, Giorgio Spada, geofisico: tutti scienziati di fama mondiale, ma non abilitati; le commissioni hanno in molti casi valutato solo ed esclusivamente la produzione scientifica ignorando le competenze effettive dei candidati rilevabili dagli incarichi ottenuti e tanto meno hanno tenuto conto della competenza didattica nei propri settori, frutto indubbio di una maturità scientifica che si rende chiara e comprensibile nella trasmissione alle nuove generazioni;
   altro elemento fondamentale per valutare il lavoro delle commissioni non è solo l'esclusione degli eccellenti, quanto l'inclusione di persone con molti minori titoli sia sul piano della produzione scientifica che su quello della competenza professionale e didattica; le contraddizioni di certi giudizi è stridente e non può essere ignorata da parte del Ministero:
   in una precedente risposta ad una interpellanza urgente il sottosegretario Rossi Doria aveva affermato: «Esula però dalle attribuzioni del Ministero il compito di valutare l'operato delle singole commissioni né è previsto che il Ministro possa disporre la revisione delle valutazioni ipotizzata dagli onorevoli interpellanti», ma il nuovo Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non può avallare questa rinunzia all'esercizio della propria responsabilità nella più importante operazione di rilancio dell'università italiana;
   il nuovo Governo ha fatto una opzione forte, indicando nella scuola e nell'università una delle sue priorità; ma non si può neppure immaginare una «nuova stagione» dell'università e della vita universitaria ignorando giudizi così diffusi e tanto critici da parte dei candidati esclusi, dal momento che non si tratta di uno o più commissari in difetto, ma di una capacità di giudizio complessiva di docenti nei confronti di colleghi o futuri colleghi; la maturità scientifica del docente universitario come recitano i criteri previsti dalla legge includono accanto ai parametri bibliometrici anche criteri di professionalità da cui è possibile ricavare lo spessore delle competenze dei candidati misurato sul campo e affidato non solo alla rivista su cui appaiono gli articoli –:
   come il Ministro intenda affrontare la valutazione del lavoro delle diverse commissioni, a partire proprio dalle discrepanze e dalle contraddizioni che emergono nei giudizi delle singole Commissioni, denunciate sia a livello personale da parte dei candidati sia a livello delle diverse associazioni scientifiche.
(3-00650)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, TOFALO e MANNINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'entrata in vigore del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133, e del piano programmatico di attuazione dei tagli della scuola, hanno apportato le seguenti modifiche al sistema scuola: riduzione del numero di sedi scolastiche, aumento dei numeri massimi di alunni per costituire una classe, chiusura di classi nei piccoli centri, aumento delle classi che raggruppano alunni di corsi diversi, riduzione oraria del funzionamento delle scuole, eliminazione del modello didattico «tempo pieno», saturazione delle cattedre a 18 ore settimanali;
   tali provvedimenti hanno oggettivamente provocato: lo spezzettamento delle unità scolastiche, l'impossibilità di servirsi di docenti le cui cattedre erano composte dai residui dei colleghi, la creazione dell'organico soprannumerario;
   da una elaborazione eseguita da FLC CGIL, risulta che, al 23 luglio 2013, i posti in esubero sono 7901, per quanto riguarda i posti comuni, e 98 per ciò che concerne i docenti di sostegno;
   con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 7 del 16 aprile 2012 viene concessa ad una quota di docenti soprannumerari la riconversione in insegnanti di sostegno;
   le modalità di riconversione sono previste dagli articoli 4, 5, 6, 8 e 9 del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 30 settembre 2011;
   il decreto citato prevede che la preselezione avvenga tramite la formazione di una graduatoria di merito e che, in caso di parità di punteggio, l'ammissione al corso di specializzazione sia concessa al candidato con maggiore anzianità di servizio di insegnamento sul sostegno nelle scuole, e, nel caso di ulteriore parità o nel caso in cui i docenti non abbiano svolto il servizio di sostegno, l'ammissione al corso sia concessa al candidato anagraficamente più giovane;
   la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca protocollo n. 7591 del 10 ottobre 2012 ribadisce quanto espresso dal decreto ministeriale 30 settembre 2011 circa la necessità di utilizzare il criterio di merito per selezionare i candidati specializzandi, ma vi è contraddizione con il decreto direttoriale in merito alla parità di punteggio in graduatoria, per la quale la nota prevede la precedenza per i docenti con almeno un anno con servizio sul sostegno, fattispecie non prevista nel decreto direttoriale, il quale prevede meramente la maggiore anzianità di servizio di insegnamento sul sostegno, senza specificarne la durata;
   le segnalazioni di cui sopra parlano di graduatorie stilate secondo il criterio anagrafico, assumendo come prioritaria, in caso di parità, l'età anagrafica più giovane –:
   se si intenda prendere in considerazione l'ipotesi di ripristinare quei posti necessari curriculari e di disciplina utili a riassorbire il personale suddetto;
   se le procedure di preselezione dei docenti candidati alla iscrizione ai corsi di specializzazione per le attività di sostegno siano state effettivamente svolte secondo quanto prescritto dalla nota direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 7 del 16 aprile 2012;
   nel caso di procedure svolte in contrasto con la normativa vigente, quali siano le misure risolutive individuate. (5-02230)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARGENTIN, BIONDELLI e AMATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   una delle priorità del piano d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013 è la linea d'intervento volta alle politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l'inclusione nella società;
   l'obiettivo principale di tale linea d'azione è la definizione di linee comuni per l'applicazione dell'articolo 19 della convenzione ONU (Vita indipendente ed inclusione nella società) che fissa criteri guida per la concessione di contributi, per la programmazione degli interventi e servizi e la redazione dei progetti individualizzati;
   per la realizzazione di questi progetti individualizzati che permettono alle persone disabili di compiere autonomamente le scelte, sulla propria esistenza, secondo un articolo pubblicati sulla rivista del Redattore Sociale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali avrebbe messo a disposizione 3 milioni e 200 mila euro per i primi progetti e sarebbero coinvolte quasi tutte le regioni, con la sola esclusione della Calabria e della provincia autonoma di Bolzano a cui si aggiunge in ogni regione una quota di co-finanziamento non inferiore al 20 per cento dell'importo messo a disposizione del Ministero;
   con questa prima iniziativa di sperimentazione di interventi omogenei sui territori nazionali si mira a dare concreta attuazione non solo alle disposizioni della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ma anche alla legge nazionale in materia di vita indipendente;
   l'iniziativa quindi ha l'obiettivo generale di avviare un percorso condiviso di promozione della vita indipendente mirando ad una opportuna omogeneità di intervento sul territorio nazionale, nel rispetto della autonomia programmatoria delle regioni;
   i lavori di definizione dei progetti sono stati conclusi nel dicembre 2013 da un'apposita commissione che ha individuato 41 ambiti territoriali su quasi tutto il territorio nazionale e nell'ultima parte del 2013 sono stati stipulati i protocolli di intesa con le regioni aderenti –:
   con quali criteri siano stati individuati i 41 ambiti territoriali nonché quali siano nello specifico i progetti che dovranno essere avviati;
   dove siano stati reperiti i 3 milioni e 200 mila euro e con quali criteri saranno divise tali risorse tra i 41 ambiti territoriali individuati. (5-02233)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, ROSTELLATO, BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, CHIMIENTI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha istituito presso l'INPS, a decorrere dal 1o gennaio 1996, una Cassa pensionistica (gestione separata) per i cosiddetti lavoratori atipici (parasubordinati);
   la suddetta legge colpisce milioni di persone, in particolare, professionisti, lavoratori precari parasubordinati, dottori di ricerca, collaboratori a progetto, addetti vendita porta a porta, per i quali il periodo o i periodi lavorativi nei quali risultano assunte secondo queste tipologie di contratto, i contributi previdenziali sono stati versati presso l'INPS nella gestione separata;
   il conseguimento del diritto all'accesso al trattamento pensionistico è subordinato alla maturazione da parte del lavoratore di un'anzianità contributiva minima, stabilita dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247;
   il lavoratore che per tipologia di contratto lavorativo risulti contribuente nella gestione separata presso l'INPS e che termini la propria attività prima di aver maturato l'anzianità contributiva prescritta, non potrà accedere al trattamento pensionistico corrispondente ai contributi previdenziali versati, che, definiti in questo caso «silenti», risulteranno dal lavoratore versati a fondo perduto;
   il direttore generale dell'INPS, in una dichiarazione del 28 gennaio 2013, pubblicata dal quotidiano economico Italia Oggi, specifica che sono «diversi milioni» i lavoratori interessati da questa criticità;
   il suddetto articolo specifica che la stima di tali contributi silenti potrebbe essere di circa 10 miliardi di euro;
   appare evidente l'iniquità di tale misura attuata, in merito soprattutto al fatto che coloro che non riescono a conseguire l'anzianità contributiva minima, prescritta dalla legge, oltre a non poter accedere alla pensione di anzianità, perdono i contributi versati, sulla base peraltro di un'aliquota applicata altissima –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative e quali, relativamente alle criticità suddette in merito ai cosiddetti contributi silenti, al fine di indirizzare i contributi versati al riconoscimento ai fini previdenziali di ogni periodo di attività e di ogni tipologia di impiego per i quali il lavoratore abbia versato contributi;
   quale risulti essere l'ammontare totale, allo stato attuale e nella previsione futura dei prossimi anni, dei cosiddetti contributi silenti, ovvero quei contributi previdenziali versati senza che gli stessi abbiano dato luogo alla maturazione di un corrispondente trattamento pensionistico;
   se il Ministro interrogato intenda comunicare l'ammontare complessivo e l'utilizzo, da parte di INPS, dei contributi versati dai lavoratori iscritti alla gestione separata istituita dall'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. (4-03741)


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   attualmente presso lo stabilimento Askoll P&C di Castell'Alfero (AT) sono in forza circa 225 addetti; il sito fa parte del gruppo ASKOLL ed è specializzato nella produzione di motori elettrici sin dalla sua nascita (1977), ora in particolare per lavatrici;
   nell'ottobre 2008 la società ASKOLL con sede a Dueville (VI) acquista dalla multinazionale americana Emerson il gruppo EAME, del quale fanno parte gli stabilimenti italiani di Moncalieri (TO) ex Plaset con circa 330 dipendenti, di Castell'Alfero (AT) ex Ceset con 296 dipendenti; vengono contestualmente acquisiti anche gli altri stabilimenti esteri Eame ubicati in Slovacchia, Romania e Cina, tutti dediti alla produzione di motori elettrici;
   il gruppo ex Eame prende il nome di Askoll P&C e con questo acquisto l'Askoll ha una quota di mercato del 40 per cento dei motori per lavatrici europei;
   il percorso di ristrutturazione industriale dello stabilimento astigiano inizia subito;
   per Castell'Alfero, nei piani Askoll destinato a divenire il polo di sviluppo ed industrializzazione del motore per lavatrice del gruppo, viene presentato un piano di ristrutturazione articolato che prevede il ricorso a 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione, dal giugno 2009 al giugno 2011 (decreto ministeriale n. 50955 del 25 marzo 2010), con una parallela apertura di mobilità volontaria;
   il 7 giugno 2011 allo scadere del biennio, vista la complessità dei processi produttivi avviati, si procede ad un ulteriore istanza di 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione conclusa nel giugno 2012;
   analogo destino ha la Askoll P&C di Moncalieri, la ex Plaset fondata nel 1975 dall'ingegner Cottino e specializzata nella produzione di motori elettrici, in particolare pompe di scarico per lavatrici e i ventilatori per forni, cappe e tangenziali. Iniziato un percorso di ristrutturazione industriale con l'utilizzo di 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione (giugno 2009-giugno 2011) e un investimento di circa 9 milioni di euro, purtroppo l'Askoll chiude dello stabilimento per crisi (in forza 208 lavoratori) con avvio della cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione attività da giugno 2011, concessa con decreto ministeriale per 2 anni sino a inizio giugno 2013 e ulteriori 6 mesi di CIGD (cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga) concessa dalla regione Piemonte (termine 5 dicembre 2013);
   dal 2012 la sede legale della Askoll P&C viene trasferita a Castell'Alfero, mentre in precedenza era presso lo stabilimento di Moncalieri, chiuso di fatto a fine novembre 2011;
   per lo stabilimento di Castell'Alfero il 5 giugno 2012 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a Roma, viene sottoscritto un verbale di accordo con relativo piano industriale per la cessazione della produzione del «vecchio» motore universale MCA per lavatrice, con delocalizzazione presso lo stabilimento in Slovakia e con conseguente chiusura del reparto produttivo dedicato, con un piano di 101 esuberi gestiti con la concessione di 24 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dal 7 giugno 2012 all'8 giugno 2014 (decreto ministeriale n. 70713 del 14 gennaio 2013);
   in parallelo per i reparti ed enti-servizi non destinati alla chiusura, principalmente impiegati nella produzione del nuovo motore Askollmotor, sviluppato a Dueville e industrializzato a Castell'Alfero con un investimento di circa 9 milioni di euro, veniva presentata istanza per ottenere i contratti di solidarietà (decreto ministeriale n. 70281 del 20 dicembre 2012) dall'8 giugno 2012 al 7 giugno 2013;
   nell'agosto del 2013 le produzioni del motore universale MCA, sono definitivamente cessate con conseguente messa in cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore di circa 70 lavoratori e delocalizzazione della linea di produzione del motore in Slovakia;
   purtroppo la produzione del motore Askollmotor, oramai l'unico prodotto industrializzato nel sito astigiano, trova a tutt'oggi difficoltà a raggiungere i volumi attesi dal piano industriale prospettato;
   attualmente l'azienda Askoll P&C è in attesa della pubblicazione del decreto ministeriale di concessione del 2o anno di cassa integrazione guadagni straordinaria per chiusura reparto MCA e del secondo anno di contratti di solidarietà; entrambe queste istanze sono state presentate a giugno 2013;
   il 31 ottobre 2013 presso l'Unione Industriale di Asti, si sono incontrate le rappresentanze sindacali unitarie aziendali assistite dalle segreterie territoriali di FIM FIOM UILM e la direzione della Askoll P&C;
   in tale incontro, richiesto dalle rappresentanze sindacali unitarie sulla base di preoccupanti voci sul futuro aziendale, è emerso che la direzione aziendale, vista la situazione di crisi del settore dell'elettrodomestico, non esclude la possibilità che si proceda alla cessazione dello stabilimento di Castell'Alfero già a giugno 2014;
   dopo tale affermazione è stata richiesta dalle organizzazioni sindacali unitamente alle rappresentanze sindacali unitarie aziendali la convocazione di un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di verificare un piano alternativo alla cessazione;
   successivamente sono emerse voci su una possibile vendita del settore motori e pompe per elettrodomestici da parte di Askoll Holding;
   in data 6 dicembre 2013 presso il Ministero dello sviluppo economico, rappresentato dal dottor Giampiero Castano, con presenti rappresentanze sindacali unitarie e organizzazioni sindacali, l'azienda ha confermato che a riguardo del futuro dello stabilimento della Askoll P&C di Castell'Alfero fra le ipotesi vi è la chiusura dello stabilimento;
   nella stessa riunione ha detto che il relativo piano industriale, per difficoltà di mercato, ha visibilità solo a tre mesi; ha escluso la ventilata vendita del settore motori per elettrodomestici da parte di Askoll Holding;
   il dottor Castani, preso atto di tali dichiarazioni, che saranno messe a verbale, ha ritenuto opportuno rivedere le parti a febbraio 2014;
   l'azienda ha richiesto espressamente al Mise di fissare l'incontro non prima del 10 marzo 2014;
   il Ministero ha concordato venendo incontro alle richieste dell'Azienda di fissare l'incontro per il 10 marzo presso il Ministero;
   il 17 febbraio l'azienda si è rifiutata di incontrare in un tavolo istituzionale la regione Piemonte;
   si è in attesa che l'azienda venga incontro alle richieste sindacali per un incontro davanti a un tavolo istituzionale per capire la vera volontà di proseguire sul sito di Castell'Alfero o se i presupposti siano quelli di chiudere definitivamente lo stabilimento –:
   se non si ritenga urgente convocare un tavolo con le parti al fine di verificare lo stato delle cose e concorrere a mantenere i livelli occupazionali. (4-03742)


   ARTINI, FRUSONE, BASILIO e CORDA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto interministeriale del 27 ottobre 2004 Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17 dicembre 2004 stabilisce che i lavoratori che ritengono di essere stati esposti all'amianto, per periodi lavorativi non inferiori a 10 anni possono richiedere all'INAIL il rilascio del certificato di esposizione all'amianto utile al riconoscimento dei benefìci previdenziali, previsti dal decreto;
   l'INAIL stabilisce che la trattazione della domanda è subordinata alla presentazione del curriculum lavorativo, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l'adibizione, in modo diretto ed attuale ad una delle attività lavorative, indicate all'articolo 2, comma 2, dello stesso decreto;
   i signori M. L. e F. A. dipendenti del Ministero della difesa, sono attualmente in servizio presso un reparto dell'Aeronautica militare in particolare nel servizio efficienza velivoli, mentre i signori F. R. e A. F. hanno prestato servizio nello stesso reparto e sono attualmente in pensione;
   i dipendenti citati, dal 2009 hanno consegnato i curriculum lavorativi all'INAIL nelle rispettive sedi di competenza (Tuscolano e Velletri) rilasciati dalla commissione specificatamente istituita dal Ministero della difesa, dove risulta l'adibizione in modo diretto ed abituale alle attività lavorative che comportano la manipolazione di manufatti contenenti amianto, per oltre 10 anni; tuttavia i lavoratori citati hanno singolarmente preso contatti con i rispettivi responsabili del procedimento presso l'INAIL, a quanto consta agli interroganti, senza esito positivo per la pratica;
   la manifesta inadempienza da parte dell'Istituto ha causato gravi conseguenze economiche ai suddetti lavoratori, che potrebbero essere costretti ad intraprendere azioni legali nei confronti dell'INAIL –:
   quali siano i motivi per i quali ad oggi l'INAIL non abbia fornito risposte adeguate ai diretti interessati sullo stato di attuazione della procedura. (4-03745)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società European Air Crane s.r.l., è una società con sede legale a Firenze, facente parte del gruppo della multinazionale americana Erickson Air-Crane lnc che ne possiede il 49 per cento assieme al certificato S-64 rilevato a suo tempo dall'azienda Sarkozy, mentre un ulteriore 49 per cento è detenuto dalla società Eliario Italia S.p.A., di proprietà della multinazionale spagnola INAER, e il restante 2 per cento appartiene alla famiglia di Gianfranco Blower, già presidente del consiglio di amministrazione e Amministratore Delegato della società;
   il gruppo Erickson Air-Crane si occupa, tra le altre cose, di produzione di elicotteri e formazione del personale pilota di tali mezzi;
   lo Stato italiano iniziò ad utilizzare elicotteri prodotti dalla Erickson Air Crane Inc. nel 1999: in particolare, la Protezione civile firmò un contratto di leasing, a seguito di trattativa privata, relativa alla fornitura di mezzi Erickson S64, inclusi la fornitura di equipaggio proprio adeguatamente formato ed una serie di servizi, quali la manutenzione, le riparazioni, il carburante, e altro;
   nel 2003, la Erickson Air-Crane siglò, a seguito di trattativa privata, con il Corpo forestale dello Stato un contratto di vendita relativo a 4 elicotteri Erickson S-64, assieme ad una serie di servizi accessori, quali manutenzione e formazione di personale appartenente allo Stato italiano per la conduzione di tali velivoli, per un valore complessivo di 95 milioni di dollari;
   il Corpo forestale dello Stato e la Protezione civile erano sprovvisti di personale adeguatamente formato per condurre tali mezzi, e, dunque, per tutta la durata dei contratti sino ad ora siglati con il gruppo Erickson Air-Crane, l'equipaggio è stato fornito direttamente dalle medesima società del gruppo;
   nell'aprile 2008, venne siglato un nuovo contratto, sempre tramite trattativa privata, tra la European Air-Crane e la Protezione civile, per la durata complessiva di 8 anni, cioè fino al 2017, assieme ad un ulteriore contratto ponte fino ad ottobre 2008, per il noleggio di 4 elicotteri Erickson S-64. Il contratto prevedeva, inoltre, la fornitura dell'equipaggio, di cui i piloti forniti dalla società Erickson Air-Crane e i copiloti dalla società European Air-Crane, per un valore complessivo di quasi 200 milioni di euro;
   tale contratto venne invalidato e sostituito da altro contratto tra gli stessi contraenti, sempre tramite trattativa privata, per un valore di quasi 67 milioni di euro per il quadriennio dal giugno 2009 al giugno 2013;
   nel marzo del 2013 il Corpo forestale dello Stato pubblicò un bando di gara per l'impiego in esercenza degli elicotteri Erickson S-64 di sua proprietà, per operazioni di protezione civile, con particolare riferimento alla lotta agli incendi boschivi, per la durata di 3 anni e mezzo ed un valore stimato di 45 milioni di euro;
   il bando era stato annunciato nel marzo dell'anno 2013 in maniera che si potesse concludere prima dell'inizio della stagione antincendio boschivo 2013;
   il 23 luglio la società European Air-Crane si aggiudicò la gara, con una offerta dal valore complessivo di circa 4 milioni di euro; tuttavia, la gara fu invalidata per eccesso di ribasso, nonostante la società aggiudicatrice fosse stata l'unica ad aver presentato una offerta;
   successivamente, nel luglio 2013, venne siglato un accordo con le società del gruppo Erickson Air-Crane Inc., sempre a seguito di trattativa privata, per l'impiego dei velivoli Erickson S-64 in possesso del Corpo forestale dello Stato, al fine di consentire l'utilizzo di tali velivoli nel corso della stagione antincendio boschivo 2013 e sino alla fine del medesimo anno;
   nel dicembre 2013 il contratto firmato nel luglio precedente giunse a naturale scadenza e le prime ripercussioni si ebbero sui dipendenti del settore amministrativo della società European Air-Crane, i quali, dopo brevi trattative sindacali, furono tutti licenziati, nonostante la società sia attualmente in una situazione economica ottima, come certificato dal sistema cerved che, attualmente, valuta in maniera positiva l'affidabilità commerciale della società e ne evidenzia il basso grado di indebitamento, la disponibilità di mezzi a breve termine, il fatturato in crescita e la redditività dell'attività svolta;
   i velivoli americani Erickson S-64 derivano da elicotteri modello Sarkozy progettati nel corso degli anni cinquanta ed impiegati durante la guerra del Vietnam, per poi essere, successivamente, acquistati dalla società Erickson Air-Crane e riprogettati per un loro impiego nel settore antincendio; questo tipo di elicotteri comporta un elevato consumo di carburante e dunque un elevato costo economico, così come molto costose risultano essere la manutenzione e la riparazione dei mezzi; inoltre, vi è il rischio che, in assenza di un loro adeguato e regolare utilizzo, questi mezzi subiscano alterazioni tali da renderli inutilizzabili;
   nonostante tra le clausole di questi contratti siglati nel corso degli anni, vi fosse l'obbligo da parte delle imprese riconducibili al gruppo Erickson Air-Crane di formare personale pilota dei velivoli Erickson S-64, ad oggi, l'amministrazione statale, in particolare il Corpo forestale dello Stato e la Protezione civile, non annovera, a quanto consta all'interrogante, tra i propri dipendenti, un numero sufficiente di personale adeguatamente formato per pilotare tali mezzi;
   nel giugno 2014 inizierà una nuova stagione antincendio boschivo e, ad avviso, dell'interrogante, risulta preoccupante l'attuale situazione di carenza di mezzi e personale necessario per fronteggiare tale emergenza, come, ad esempio, la passata stagione antincendio boschivo ha fin troppo bene dimostrato –:
   per quali motivi le società del gruppo Erickson Air-Crane non abbiamo provveduto a formare adeguatamente personale della pubblica amministrazione per la conduzione dei velivoli Erickson S-64;
   per quali ragioni il contratto siglato nel 2008 per una durata complessiva di oltre 8 anni sia stato invalidato;
   per quali motivi il bando di gara pubblicato nel marzo del 2013, e aggiudicato nel luglio dello stesso anno dalla società European Air-Crane, sia stato invalidato;
   per quali ragioni si è proceduto nel corso di tutti questi anni a firmare contratti per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64, tramite trattativa privata e se il Ministro non intenda verificare che tali procedure siano state effettuate conformemente a quanto disposto dalla legge in materia;
   a quanto ammonti la somma complessiva pagata dalle pubbliche amministrazioni per la gestione, la locazione e l'acquisto di velivoli Erickson S-64;
   quando la società European Air-Crane abbia richiesto l'attivazione delle procedure per accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalla legislazione vigente, relativamente ai propri lavoratori dipendenti, in seguito licenziati. (4-03744)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato»;
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che modifica l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti»;
   lo stesso provvedimento ha aggiunto il comma 5-quater dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, specificando che «I contratti di lavoro a tempo determinato posti in essere in violazione del presente articolo sono nulli e determinano responsabilità erariale»;
   risulta all'interrogante che il Consorzio Frasassi del comune di Genga ha indetto una prova selettiva pubblica, per titoli ed esami, per la formazione di una graduatoria per eventuali assunzioni di personale a tempo pieno e determinato, per un massimo di 90 giornate lavorative, anche non continuative, nel corso dell'anno, comprensive del congedo ordinario, festività soppresse e riposi per l'attività di istruttore guida e dovrà espletare anche le mansioni di addetto ai musei;
   il rapporto di lavoro è riconducibile ad un contratto a tempo determinato annuale parziale di 90 giornate nell'anno, considerata anche la disponibilità riconosciuta dalla dicitura «anche non continuative» –:
   se le procedure previste dall'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, siano applicabili alla fattispecie prevedendo il superamento del fenomeno del precariato con l'indizione di una procedura concorsuale a tempo indeterminato parziale verticale per 4 mensilità su 12, termine minimo previsto dal CCNL regioni e autonomie locali applicato (30 per cento). (4-03740)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, ai sensi dell'articolo 14, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, sono strutture di supporto di cui i relativi ministri si avvalgono per l'esercizio delle proprie funzioni ed hanno esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione dei relativi ministeri;
   ne deriverebbe che il personale che costituisce tali Uffici non avrebbe alcuna potestà amministrativa autonoma e neppure potrebbe avocare a se stesso il potere amministrativo che rimane esclusivo dell'amministrazione ministeriale in cui gli stessi uffici sono collocati;
   è noto che l'Italia, ed in particolare il proprio Parlamento, al fine di difendere e rafforzare il pregio ed il valore indiscutibile del suo patrimonio produttivo agroalimentare, in particolare dei prodotti agroalimentari ed enogastronomici di origine, nel corso degli ultimi decenni ha attivato un persistente percorso normativo volto a tutelare il vero Made in Italy agroalimentare ed a far sì che sulle etichette dei prodotti agricoli ed alimentari fosse sempre riportato in maniera chiara ed evidente l'origine di tali prodotti e, quando si fosse trattato di prodotti trasformati, l'origine delle materie prime;
   di fronte a tale approccio diretto a contrastare le frodi, a proteggere i consumatori ed a difendere i legittimi interessi dei relativi produttori agricoli, e con ciò il loro reddito e l'economia nazionale, spesso si sono alzate le barriere della Commissione europea che senza interruzione alcuna ha continuato a censurare le norme che hanno disposto tali tutele, anche aprendo procedure specifiche di infrazione contro il nostro Paese;
   al di fuori di tali contenziosi giuridici, peraltro quasi mai sfociati in effettive pronunce di illegittimità delle norme in oggetto, nella vigenza delle disposizioni ritenute dalla UE non in linea con le norme comunitarie, le nostre autorità di controllo, segnatamente quelle di polizia come i Carabinieri, il Corpo forestale dello Stato e la Guardia di finanza, hanno conseguito importanti risultati di contrasto alle frodi ed agli illeciti nel settore del commercio dei prodotti agroalimentari stroncando ingenti traffici di prodotti agroalimentari falsamente italiani o ad ogni modo slealmente indicati come Made in Italy;
   tra le attività parlamentari tese ad approvare atti aventi il fine di tutelare il Made in Italy agroalimentare, va citata la recente mozione approvata il 14 gennaio 2014 dalla Camera dei Deputati in materia di Etichettatura dei prodotti agroalimentari. Trattasi, nel merito della mozione 1-00311, che ha impegnato il Governo, tra l'altro, a:
    a) adottare, compatibilmente con la normativa europea, i decreti ministeriali di attuazione dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e a prevedere, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica;
    b) sollecitare la Commissione europea affinché, nel quadro di quanto stabilito nel regolamento (UE) n. 1169/2011, l'Unione europea si doti di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti, prevedendo l'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine dei prodotti anche per quei settori attualmente non contemplati dalla regolamentazione vigente;
    c) i farsi promotore presso le sedi europee competenti di una decisa iniziativa in merito alla necessità che, nell'ambito dell'etichettatura dei prodotti agroalimentari, venga garantita la massima trasparenza, chiarezza e comprensibilità delle informazioni, ivi compresa, in primo luogo, quella di origine;
    d) intraprendere, anche nelle competenti sedi europee, tutte le occorrenti iniziative volte a rafforzare la tutela della denominazione made in Italy nel campo delle produzioni agroalimentari, dando particolare priorità all'attivazione di misure dirette a contrastare l'utilizzo della stessa denominazione in maniera falsa o ingannevole relativamente alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti agroalimentari di origine italiana;
    e) fornire alle competenti autorità di controllo indicazioni operative finalizzate a fare applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy;
   risulta agli interroganti che negli scorsi giorni della seconda decade del mese di febbraio 2014, l'ufficio legislativo del Ministero dello sviluppo economico, ossia un organismo come sopra richiamato facente parte degli uffici di diretta collaborazione del relativo Ministro pro tempore, avesse predisposto alcune note dirette ai corrispondenti uffici legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, della salute e degli affari esteri, in riscontro a determinate richieste di chiarimenti avanzate dalla Commissione europea in merito a questioni riguardanti la presunta non coerenza di alcune norme nazionali rispetto al diritto comunitario;
   tra gli atti su cui si puntano le attenzioni della Commissione europea, oltre alla legge n. 4/2011, articolo 4, comma 2 ed alla legge n. 350 del 2003, articolo 4 comma 49-bis, vi sarebbe anche la sopra richiamata mozione n. 1-00311;
   nello specifico, la Commissione Unione europea con nota del 7 febbraio 2014, avrebbe richiesto informazioni supplementari in conseguenza dell'avere avuto notizia dell'approvazione da parte della Camera dei deputati della suddetta mozione, dichiarando la propria preoccupazione per il parere favorevole espresso in Aula dal rappresentante del Governo, che costituirebbe la manifestazione dell'intenzione del Governo italiano di voler applicare le norme sull'origine dei prodotti alimentari ritenute non conformi al diritto dell'Unione, rendendo cogente il concetto di origine quale stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della predetta legge n. 350 del 2003;
   nella nota predisposta dall'ufficio legislativo del ministero dello sviluppo economico sopra citata, si sarebbero rilevati giudizi e considerazioni che gli interroganti ritengono assolutamente inopportuni e soprattutto estranei alle competenze di un ufficio di diretta collaborazione. Infatti, in tale nota si sarebbe attestato che «per quanto di competenza, si osserva innanzitutto che, con riferimento all'accoglimento degli impegni di cui alla mozione n. 1-00311, non possono che condividersi le perplessità e le preoccupazioni espresse dalla Commissione»;
   inoltre, sempre nella nota, si sarebbero richiamati ulteriori precedenti e altre note che andavano nella stessa direzione di quella in oggetto, ossia di biasimare l'operato del Legislatore nazionale per aver approvato atti presuntivamente non conformi al diritto dell'UE, e ad ogni modo aventi lo scopo di far riferire alla Commissione UE che l'amministrazione competente del Governo italiano non condividesse il contenuto delle disposizioni normative e degli atti di indirizzo approvati dal Parlamento italiano in materia di indicazione dell'origine dei prodotti alimentari;
   ma non solo, sempre l'Ufficio legislativo in oggetto, prendendo come punto di riferimento la Decisione del 28 agosto 2013 (2013/444/UE) della Commissione UE, in materia al progetto di decreto dell'Italia recante modalità di indicazione dell'origine del latte a lunga conservazione, del latte UHT, del latte pastorizzato microfiltrato e del latte pastorizzato ad elevata temperatura, si sarebbe spinto, con altra nota, a dichiarare che «... si aderisce alla prospettiva rappresentata dalla Commissione», «ritenendosi necessaria una modifica normativa della disciplina nazionale mirante a conformarsi al diritto comunitario, mediante l'abrogazione della legge 3 febbraio 2011, n. 4, unitamente a qualsiasi altra norma in conflitto con la normativa dell'UE che disciplina l'indicazione dell'origine sulle etichette alimentari», mentre nella nota di cui all'oggetto, dichiara che «appare evidente, pertanto, che qualora il Governo intendesse effettivamente dare seguito agli impegni assunti con la mozione n. 1-00311, nessun buon esito potrà fondatamente prevedersi dalla procedura di notifica alla quale detti atti saranno sottoposti»;
   gli interpellanti non hanno potuto che rimanere interdetti di fronte alle quelle citazioni, in quanto sembrava di essere al cospetto non già di uffici di diretta collaborazione dei Ministri pro tempore, e quindi con il Governo stesso, ma con organi terzi esterni alle istituzioni italiane ed anzi oppositive sia al Governo stesso e sia al Parlamento italiano;
   ad ogni modo, va sottolineato che proprio la decisione 2013/444/UE, ossia l'unico atto esplicito con cui la Commissione confuta una nostra normativa sull'obbligo di indicare l'origine sulle etichette delle derrate alimentari, e che l'Ufficio legislativo del Ministero dello sviluppo economico prendeva a riferimento per sostenere il cattivo esito dell'attuazione della mozione n. 1-00311, non dichiara illegittimo l'atto normativo che avrebbe dovuto disciplinare le modalità di indicazione dell'origine del latte sulle etichette di vendita, ma si limita a non permetterne l'adozione in quanto «le autorità italiane non hanno dimostrato che l'indicazione dell'origine prevista dal decreto notificato sia necessaria per il conseguimento di uno degli obiettivi di cui all'articolo 18, paragrafo 2, della direttiva 2000/13/CE»;
   la Commissione, quindi, si lamentava e forse continua a lamentarsi con l'amministrazione italiana per non aver adeguatamente, o forse per nulla, dimostrato che i prodotti alimentari in oggetto sono sempre presentati in modo da trarre in inganno i consumatori italiani riguardo al luogo di origine o di provenienza effettivo ed in tal senso di non avere fornito giustificazioni sufficienti per concludere che l'indicazione obbligatoria dell'origine rappresenti un'informazione necessaria in aggiunta a quanto disposto dalla direttiva 2000/13/CE;
   stando a quanto rilevabile dalle predette note prodotte dal Ministero dello sviluppo economico, apparirebbe paradossale quindi l'amministrazione ministeriale di merito, piuttosto che accertare e giustificare ciò che in tutta l'opinione pubblica italiana è notorio, ossia che l'attuale mancanza di chiarezza sull'effettiva origine dei prodotti alimentari induce in errore i consumatori e danneggia il vero Made in Italy agroalimentare, abbia preso la via più semplice (forse anche quella effettivamente e malcelatamente voluta), di sostenere l'abrogazione indiscriminata di intere leggi italiane che trattano dell'origine dei prodotti agroalimentari, nonché di ritenere prive di buon esito gli atti di indirizzo che vanno nella stessa direzione e che il Parlamento italiano impone al proprio Governo –:
   quale sia l'effettiva volontà del nuovo Governo in merito all'attuazione degli indirizzi disposti ai sensi della mozione n. 1-00311 approvata dal Camera dei deputati il 14 gennaio 2014 in materia di etichettatura dei prodotti agroalimentari;
   se risultino agli atti le note richiamate in premessa e che avevano lo scopo di fornire informazioni alla Commissione Unione europea volte a rallentare o ad ostacolare la piena applicazione (se non a sostenerne l'abrogazione), della legge n. 4 del 2011, della legge n. 3350/2003 articolo 4, commi 9 e 9-bis, nonché il positivo esplicarsi della mozione n. 1-00311, e quale sia la posizione del Governo rispetto a quanto in esse riportato.
(2-00421) «Mongiello, Oliverio, Realacci, Venittelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 13 aprile 2012, il tribunale di Brindisi ha emesso una sentenza che, nel confermare la grave illegittimità del procedimento autorizzativo, ha confiscato l'area di Capobianco nel porto di Brindisi, individuata per l'insediamento del rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi l'anno progettato dalla società Brindisi Lng, controllata di British Gas;
   nella sentenza, pubblicata nel luglio 2012, si legge che Tatto concessorio deve «considerarsi inesistente in quanto frutto di illecita collusione fra il pubblico ufficiale concedente ed il privato concessionario»;
   vi si afferma, inoltre, che «i titoli abilitativi consegnati da Bg Italia – autorizzazione alla realizzazione dell'impianto e concessione demaniale per l'occupazione dell'area di mare località Capobianco – devono considerarsi viziati, poiché l’iter amministrativo prodromico all'adozione dei due provvedimenti è stato illecitamente condizionato dall'intervento di pubblici ufficiali le cui funzioni, per le ragioni innanzi evidenziate, erano interamente asservite all'interesse privato della Bg Italia»;
   pertanto gli atti conclusivi e i procedimenti innanzi menzionati devono essere considerati tamquam non essent, poiché contaminati, in via diretta ovvero in via mediata tramite atti intraprocedimentali, da accordi corruttivi;
   l'autorità portuale di Brindisi, nella riunione del comitato portuale del 19 novembre 2013 ha deliberato, inoltre, il recesso dalla concessione demaniale relativa all'area di Capobianco;
   i rappresentanti di British Gas, pur non avendo ufficializzato la propria posizione con i Ministeri competenti, hanno più volte dichiarato ai media l'intenzione di abbandonare il progetto;
   attualmente risulta che le autorizzazioni a suo tempo concesse dai Ministeri competenti non siano state annullate –:
   a fronte dell'atto giudiziario che dispone la confisca dell'area, dell'atto amministrativo che delibera il recesso dalla concessione della stessa area e della posizione rinunciataria di British Gas, per quale ragione i Ministeri competenti non abbiano ancora disposto l'annullamento o la revoca delle autorizzazioni a suo tempo concesse. (5-02232)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   all'inizio degli anni ‘80 l'Enel ha installato nei pressi del delta del Po (comune di Porto Tolle) uno dei più grandi impianti di produzione elettrica d'Europa, alimentata a olio combustibile che, in alcuni anni, ha prodotto circa il 10 per cento della produzione nazionale;
   a metà degli anni ‘90, in adempimento alle norme della legge – quadro sulle aree protette n. 394 del 1993, nel territorio nel quale l'impianto è stato realizzato, veniva istituito un parco naturale regionale, imponendo agli impianti di produzione elettrica ubicati nei comuni in esso esistenti, l'adozione di sistemi di alimentazione a gas metano;
   nello stesso anno di istituzione del parco in Italia prendeva corpo la liberalizzazione del mercato elettrico e la privatizzazione di Enel;
   nel 2001, Enel adottava un progetto di adeguamento ambientale dell'impianto di Porto Tolle con la previsione di un sistema di alimentazione con un combustibile particolare (Orimulsion) prodotto e reperibile esclusivamente alle foci dell'Orinoco in Venezuela, sostenendo l'impossibilità tecnico-economica di una riconversione a gas metano;
   l’iter autorizzativo di tale progetto si protraeva sino al 2006, ma, immediatamente dopo il rilascio delle autorizzazioni delle autorità competenti, Enel annunciava che non vi avrebbe dato esecuzione, stante l'intervenuta impossibilità di garantirsi l'approvvigionamento del combustibile;
   nel frattempo l'impianto, almeno sino al 2003, ha continuato a funzionare a pieno regime, utilizzando combustibili di minor pregio (ATZ), dunque di peggior qualità e con una manutenzione ridotta ai minimi. Diversi sono stati gli episodi in cui l'impianto produceva solo in virtù di deroghe governative ai limiti di emissione o alle temperature delle acque di scarico;
   abbandonata l'ipotesi «Orimulsion», Enel presentava un nuovo piano industriale nel quale, per Porto Tolle, si prospettava una nuova ipotesi progettuale con la riduzione della potenza installata (3 gruppi da 660 megawatt in luogo dei 4 esistenti) ed alimentazione a carbone (come avvenuto per la centrale di Torre Valdaliga Nord – Civitavecchia);
   a tal fine Enel avviava una nuova procedura autorizzativa VIA – VAS, regionale e nazionale, intendendo dare corso a considerevoli investimenti;
   tale atteggiamento, peraltro, non ha fatto altro che generare ed alimentare aspettative occupazionali del mondo del lavoro, sempre schieratosi a favore della riconversione, stante la completa assenza di qualsiasi altra prospettiva di sviluppo per quel territorio;
   recentemente, però, la Commissione nazionale VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sembra aver arrestato l'intera procedura autorizzati va, ritenendo il progetto di riconversione a Carbone non meritevole di approvazione;
   a fronte di tale determinazione, Enel, invece di rimodulare un altro piano industriale di sviluppo per il polo di Porto Tolle, sembra aver rinunciato definitivamente a qualsiasi prospettiva di investimento sul medesimo, lasciando – al contrario – sul territorio un intero impianto, ormai improduttivo, comprensivo di parco serbatoi ed una ciminiera alta 260 metri ed un oleodotto di 95 chilometri –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa;
   se e quali iniziative, i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di loro competenza, perché Enel s.p.a. chiarisca quali siano i propri piani strategici relativamente all'impianto in questione;
   se e come i Ministri interrogati intendano intervenire, per quanto di loro competenza, al fine di limitare le conseguenze economiche ed ambientali derivanti da un eventuale progetto di smantellamento, o forte ridimensionamento, delle proprie installazioni produttive da parte dell'Enel sul territorio di Porto Tolle. (4-03735)


   PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Franco Tosi, ditta metalmeccanica lombarda ha rivestito una importanza strategica nel campo della componentistica e delle macchine per la produzione di energia elettrica;
   il 25 luglio 2013 il tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza per l'azienda (Libero, 25 luglio 2013; Reuters, 25 luglio 2013) e 360 dipendenti si sono trovati senza lavoro e senza stipendio. Dopo sette mesi in amministrazione straordinaria l'INPS ha finalmente iniziato a pagare i dipendenti;
   il Ministero dello sviluppo economico ha scartato l'ipotesi di affittare l'azienda ritenendo invece strategica la soluzione della vendita;
   il 10 gennaio 2014 il sindaco di Legnano, Alberto Centinaio, ha dichiarato che non vi sono informazioni di nessun genere;
   il destino della Franco Tosi è nelle mani del commissario straordinario Andrea Lolli che dovrebbe presentare una bozza di programma di vendita;
   Claudio De Vincenti, già Sottosegretario nel Governo Letta, ha dichiarato che, alla data attuale, non vi è evidenza di una perdita di attenzione da parte di soggetti che avevano palesato interesse per la Tosi (La Prealpina, 19 febbraio 2014);
   tale dichiarazione è in contrasto con quanto accaduto nel mese di gennaio dove le due società, precisamente Patel e Termomeccanica interessate alla Tosi, hanno ritirato le loro offerte –:
   se risulti agli atti perché il Ministero abbia smesso di dare informazioni e perché abbia scartato l'ipotesi di affittare la ditta Tosi;
   quali siano realmente le società interessate all'acquisto della Tosi ed entro quanto tempo il Ministro interrogato pensi di risolvere il problema. (4-03736)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Fiano n. 4-03158 del 16 gennaio 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Vargiu n. 4-03533 dell'11 febbraio 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-00649.
   interrogazione a risposta scritta Distaso e altri n. 4-03720 del 25 febbraio 2014 in interrogazione a risposta orale n. 3-00651.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Melilla n. 4-03081 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 178 del 24 febbraio 2014. Alla pagina XXIX, seconda colonna, alla riga terza, dopo la parola: «conto», sono inserite le seguenti: «dell'esigenza di garantire le massime condizioni di sicurezza e di tutela ambientale. Il porto di Gioia Tauro effettua già normalmente operazioni di trasbordo di materiali chimici analoghi a quelli di provenienza dalla Siria. Dette operazioni sono pienamente alla portata degli impianti portuali considerati, ivi compresa la gestione dei rischi connessi ad operazioni di questo tipo.
  Il piano per la distruzione delle armi chimiche siriane – come ampiamente illustrato il 16 gennaio 2014 dal direttore generale dell'Opac nel corso di un'audizione tenuta innanzi alle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato – prevede infatti il trasferimento all'estero degli agenti di maggiore pericolosità (cosiddetta di priorità 1) e la loro distruzione per idrolisi mediante apparecchiature mobili installate a bordo della nave americana Cape Ray.
  Le sostanze, inizialmente trasportate verso il porto siriano di Latakia, verranno infatti trasportate a bordo di una nave danese al porto di Gioia Tauro, dove, come noto, saranno condotte le operazioni di trasbordo sulla Cape Ray. Una volta caricata, la Cape Ray – nel pieno rispetto delle normative ambientali e dei requisiti di sicurezza – uscirà dalle acque territoriali italiane per collocarsi in acque internazionali, dove svolgerà le attività di distruzione. Il trattamento con idrolisi a bordo della Cape Ray avverrà in ogni caso al di fuori della zona di protezione ecologica marina italiana. La data dell'operazione verrà determinata in funzione dell'andamento delle attività di carico in Siria. Quanto alle tempistiche, nei contatti con i siriani in corso in ambito Opac è emersa una profonda distanza fra quanto ipotizzato da parte della Siria – per cui per ragioni di sicurezza sarebbero necessari almeno altri tre mesi per completare il carico – e quanto indicato dall'Opac, per la quale si potrebbe riuscire a completare l'operazione in questione già entro la fine di marzo e non all'inizio di giugno. L'Opac – anche tramite del suo consiglio esecutivo, di cui l'Italia fa parte – continuerà naturalmente a seguire con la massima attenzione l'andamento delle attività di carico. I residui della distruzione, che rimarranno a bordo della Cape Ray, verranno quindi trasferiti all'estero perché possano essere convertiti in sostanze utilizzabili dalle due industrie negli Stati Uniti e in Finlandia che hanno vinto la gara internazionale bandita dall'Opac.
  L'intera operazione – condotta sotto l'egida delle Nazioni Unite e dell'Opac – vede impegnati in uno sforzo internazionale, oltre all'Italia, gli Stati Uniti, Russia, Cina, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Germania e Regno Unito. L'operazione costituisce la più importante iniziativa di disarmo degli ultimi anni e le modalità di trasbordo presso il porto italiano sono state concordate con gli altri Stati partecipanti, in modo da garantire il rispetto sia delle convenzioni internazionali sia della legislazione nazionale in materia di protezione ambientale.
  Si segnala che il 21 gennaio 2014 il Presidente del Consiglio ha ricevuto – insieme al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, e dell'ambiente e del mare, Andrea Orlando – i sindaci di Gioia Tauro e di San Ferdinando, il presidente della regione Calabria, il presidente dell'autorità portuale di Gioia Tauro, i membri del comando generale delle Capitaneria di porto, l'amministratore delegato di Medcenter».

  Interrogazione a risposta scritta Mura n. 4-03157 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 178 del 24 febbraio 2014. Alla pagina XXXVIII, prima colonna, alla riga trentaquattresima, dopo la parola: «tutela», sono inserite le seguenti: «ambientale. Il porto di Gioia Tauro effettua già normalmente operazioni di trasbordo di materiali chimici analoghi a quelli di provenienza dalla Siria. Dette operazioni sono pienamente alla portata degli impianti portuali considerati, ivi compresa la gestione dei rischi connessi ad operazioni di questo tipo.
  Il piano per la distruzione delle armi chimiche siriane – come ampiamente illustrato il 16 gennaio 2014 dal direttore generale dell'Opac nel corso di un'audizione tenuta innanzi alle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato – prevede infatti il trasferimento all'estero degli agenti di maggiore pericolosità (cosiddetta di priorità 1) e la loro distruzione per idrolisi mediante apparecchiature mobili installate a bordo della nave americana Cape Ray.
  Le sostanze, inizialmente trasportate verso il porto siriano di Latakia, verranno infatti trasportate a bordo di una nave danese al porto di Gioia Tauro, dove, come noto, saranno condotte le operazioni di trasbordo sulla Cape Ray. Una volta caricata, la Cape Ray – nel pieno rispetto delle normative ambientali e dei requisiti di sicurezza – uscirà dalle acque territoriali italiane per collocarsi in acque internazionali, dove svolgerà le attività di distruzione. Il trattamento con idrolisi a bordo della Cape Ray avverrà in ogni caso al di fuori della zona di protezione ecologica marina italiana. La data dell'operazione verrà determinata in funzione dell'andamento delle attività di carico in Siria. Quanto alle tempistiche, nei contatti con i siriani in corso in ambito Opac è emersa una profonda distanza fra quanto ipotizzato da parte della Siria – per cui per ragioni di sicurezza sarebbero necessari almeno altri tre mesi per completare il carico – e quanto indicato dall'Opac, per la quale si potrebbe riuscire a completare l'operazione in questione già entro la fine di marzo e non all'inizio di giugno. L'Opac – anche tramite del suo consiglio esecutivo, di cui l'Italia fa parte – continuerà naturalmente a seguire con la massima attenzione l'andamento delle attività di carico. I residui della distruzione, che rimarranno a bordo della Cape Ray, verranno quindi trasferiti all'estero perché possano essere convertiti in sostanze utilizzabili dalle due industrie negli Stati Uniti e in Finlandia che hanno vinto la gara internazionale bandita dall'Opac.
  L'intera operazione – condotta sotto l'egida delle Nazioni unite e dell'Opac – vede impegnati in uno sforzo internazionale, oltre all'Italia, gli Stati Uniti, Russia, Cina, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Germania e Regno Unito. L'operazione costituisce la più importante iniziativa di disarmo degli ultimi anni e le modalità di trasbordo presso il porto italiano sono state concordate con gli altri Stati partecipanti, in modo da garantire il rispetto sia delle convenzioni internazionali sia della legislazione nazionale in materia di protezione ambientale.
  Si segnala che il 21 gennaio 2014 il Presidente del Consiglio ha ricevuto – insieme al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, e dell'ambiente e del mare, Andrea Orlando – i sindaci di Gioia Tauro e di San Ferdinando, il presidente della regione Calabria, il presidente dell'autorità portuale di Gioia Tauro, i membri del Comando generale delle Capitanerie di porto, l'amministratore delegato di Medcenter Container Terminal e il vicepresidente Terminal Marittimi del gruppo».

  Interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-02962 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 178 del 24 febbraio 2014. Alla pagina XLIII, prima colonna, alla riga trentunesima, dopo la parola: «conto», sono inserite le seguenti: «dell'esigenza di garantire le massime condizioni di sicurezza e di tutela ambientale. Il porto di Gioia Tauro effettua già normalmente operazioni di trasbordo di materiali chimici analoghi a quelli di provenienza dalla Siria. Dette operazioni sono pienamente alla portata degli impianti portuali considerati, ivi compresa la gestione dei rischi connessi ad operazioni di questo tipo.
  Il piano per la distruzione delle armi chimiche siriane – come ampiamente illustrato il 16 gennaio 2014 dal direttore generale dell'Opac nel corso di un'audizione tenuta innanzi alle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato – prevede infatti il trasferimento all'estero degli agenti di maggiore pericolosità (cosiddetta di priorità 1) e la loro distruzione per idrolisi mediante apparecchiature mobili installate a bordo della nave americana Cape Ray.
  Le sostanze, inizialmente trasportate verso il porto siriano di Latakia, verranno infatti trasportate a bordo di una nave danese al porto di Gioia Tauro, dove, come noto, saranno condotte le operazioni di trasbordo sulla Cape Ray. Una volta caricata, la Cape Ray – nel pieno rispetto delle normative ambientali e dei requisiti di sicurezza – uscirà dalle acque territoriali italiane per collocarsi in acque internazionali, dove svolgerà le attività di distruzione. Il trattamento con idrolisi a bordo della Cape Ray avverrà in ogni caso al di fuori della zona di protezione ecologica marina italiana. La data dell'operazione verrà determinata in funzione dell'andamento delle attività di carico in Siria. Quanto alle tempistiche, nei contatti con i siriani in corso in ambito Opac è emersa una profonda distanza fra quanto ipotizzato da parte della Siria – per cui per ragioni di sicurezza sarebbero necessari almeno altri tre mesi per completare il carico – e quanto indicato dall'Opac, per la quale si potrebbe riuscire a completare l'operazione in questione già entro la fine di marzo e non all'inizio di giugno. L'Opac – anche tramite del suo consiglio esecutivo, di cui l'Italia fa parte – continuerà naturalmente a seguire con la massima attenzione l'andamento delle attività di carico. I residui della distruzione, che rimarranno a bordo della Cape Ray, verranno quindi trasferiti all'estero perché possano essere convertiti in sostanze utilizzabili dalle due industrie negli Stati Uniti e in Finlandia che hanno vinto la gara internazionale bandita dall'Opac.
  L'intera operazione – condotta sotto l'egida delle Nazioni unite e dell'Opac – vede impegnati in uno sforzo internazionale, oltre all'Italia, gli Stati Uniti, Russia, Cina, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Germania e Regno Unito. L'operazione costituisce la più importante iniziativa di disarmo degli ultimi anni e le modalità di trasbordo presso il porto italiano sono state concordate con gli altri Stati partecipanti, in modo da garantire il rispetto sia delle Convenzioni internazionali sia della legislazione nazionale in materia di protezione ambientale.
  Si segnala che il 21 gennaio 2014 il Presidente del Consiglio ha ricevuto – insieme al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi, e ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, e dell'ambiente e del mare, Andrea Orlando – i sindaci di Gioia Tauro e di San Ferdinando, il presidente della regione Calabria, il presidente dell'autorità portuale di Gioia Tauro, i membri del Comando generale delle Capitanerie di porto, l'amministratore delegato di Medcenter».