Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 17 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la drammatica esperienza dei due conflitti mondiali ha favorito la costruzione di un'Europa fondata sulla centralità della persona umana, sulla stabilità e sulla solidarietà. A questo processo di unificazione dell'Europa, hanno contribuito organizzazioni sovranazionali, tra cui il Consiglio d'Europa;
    la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), fondata con la denominazione «Fondo per lo sviluppo sociale del Consiglio d'Europa» da otto degli Stati membri del Consiglio d'Europa nel 1956 (tra cui l'Italia), è la più antica tra le istituzioni finanziarie internazionali europee ed è lo strumento finanziario della politica di solidarietà del Consiglio d'Europa;
    con l'allargamento del Consiglio d'Europa ai Paesi dell'Europa orientale si è assistito al cambiamento della mission della CEB e dell'area geografica dei Paesi che ne fanno parte. Vi sono stati tre vertici (nel 1993, nel 1997 e nel 2005-2006) dei Capi di Stato e di Governo che hanno confermato il ruolo del Consiglio d'Europa come presidio dei diritti umani e come promotore della coesione sociale e dei diritti sociali ed economici dei cittadini dei Paesi che ne fanno parte. Oggi la Banca si occupa di edilizia sociale, istruzione, sanità, prevenzione e rimedio alle catastrofi naturali e, ultimamente, anche di rifugiati, ritornando con questo nuovo obiettivo alla ragione sociale originaria;
    in una fase delicata quale quella che stiamo vivendo, a causa della crisi economico-finanziaria, la Banca svolge una funzione importante nella soluzione di problematiche legate al peggioramento delle condizioni economiche e sociali delle popolazioni europee in un'ottica solidaristica;
    dopo aver portato a compimento con successo il Piano di sviluppo della Banca stabilito nel 2010-2014, soprattutto a favore dei 21 Paesi europei con maggiori difficoltà dell'Europa centro orientale e sud-orientale, il 22 novembre 2013, il Consiglio di Amministrazione ha approvato all'unanimità il nuovo piano per lo sviluppo della CEB 2014-2016 impegnandosi per uno sviluppo sociale sostenibile in tre ambiti: il rafforzamento dell'integrazione sociale, la gestione dell'ambiente, il sostegno delle infrastrutture a vocazione sociale ed il sostegno alle micro, piccole e medie imprese;
    la crisi economica ha causato un forte deterioramento della situazione sociale in diversi Stati membri della Banca ed un allargamento dell'area interessata dalla crisi. L'indebolimento della solidità finanziaria dei debitori della CEB ha iniziato ad essere particolarmente forte dall'anno 2009/2010;
    la CEB ha concesso prestiti per il finanziamento di progetti per la creazione di posti di lavoro, attraverso il sostegno concesso alle micro, piccole e medie imprese nella maggior parte dei paesi dell'europa orientale. Tra il 2010 e il 2012, il finanziamento della CEB a favore della creazione e del mantenimento dei lavori ammontava a 1,8 miliardi di euro, pari al 29 per cento del volume totale dei prestiti commerciali, seconda solo alla BEI quanto a impegno;
    alla fine del 2012, la quota di prestiti a favore dei Paesi del gruppo dei cosiddetti target countries (Albania, Bosnia, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Georgia, Ungheria, Kosovo, Macedonia, Lettonia, Lituania, Malta, Montenegro, Moldavia, Polonia, Repubblica Slovacca, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovenia e Turchia) ammontava al 61 per cento del totale dell'importo di prestiti. Lo stock in favore di questi paesi è aumentato del 25 per cento passando da 5,87 miliardi a fine 2009 a 7,35 miliardi di euro alla fine del 2012;
    il capitale sottoscritto al 31 dicembre 2012 della CEB ammontava a 5.466 milioni di euro suddivisi tra 40 Stati membri e con il 16,7 per cento, il nostro Paese, insieme a Francia e Germania, detiene la quota di partecipazione più alta;
    per allargare e sostenere la sua azione, la Banca ha rafforzato negli ultimi anni la cooperazione con tutte le maggiori istituzioni europee. Nel quadro di questa cooperazione vanno iscritti gli accordi con la Banca europea degli investimenti e la Banca europea di ricostruzione e sviluppo e con la Commissione europea. Oggi la Banca gioca un ruolo attivo nel quadro del Western Balkans Investment Framework, meccanismo europeo destinato al finanziamento di progetti nei Paesi dei Balcani. Inoltre, la CEB intrattiene una cooperazione con la Banca Mondiale con la quale ha in essere un accordo di cooperazione;
    il nostro Paese ha partecipato all'aumento di capitale nel 2012 con un impegno importante (325 milioni di euro circa), anche se si tratta più di una garanzia che di un esborso, poiché la Banca si autofinanzia a condizioni favorevoli sul mercato dei capitali, gode del rating di tripla «A» e il suo bilancio si mantiene in equilibrio perché concede prestiti, non dà contributi a fondo perduto;
    a fronte di questo aumento deliberato dal Parlamento, si lamenta la scarsa destinazione di tali fondi per progetti italiani (nel 2011, su 2,11 miliardi di euro di progetti approvati, non c’è nemmeno un progetto approvato in Italia e su 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati solo 16 milioni (pari allo 0,9 per cento) riguardano l'Italia, mentre numerosi sono stati i progetti finanziati in altri Paesi che hanno riguardato scuole, case di riposo per anziani, e carceri,

impegna il Governo:

   ad attivarsi al fine di favorire la realizzazione di progetti ed interventi nell'ambito delle competenze e degli obiettivi della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB);
   ad adottare misure volte a promuovere presso le nostre istituzioni, nazionali e locali, la conoscenza degli strumenti finanziari, delle iniziative e delle opportunità che la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa offre per realizzare interventi in settori che riguardano calamità naturali, edilizia sociale, nonché la tutela, la valorizzazione e il potenziamento delle piccole e medie imprese;
   ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché la Banca adotti criteri basati su aree tematiche e non solo territoriali allargando il perimetro della sua azione a fronte delle difficili sfide dell'attuale contesto economico e finanziario internazionale;
   a conservare l'attuale misura di partecipazione e di diritto di voto all'interno dell'istituto, considerato il rilievo sociale e politico degli obiettivi perseguiti dalla CEB.
(1-00345) «Schirò, Buttiglione, Santerini, Marazziti, Fitzgerald Nissoli, De Mita, Rossi, Caruso, Sberna, Gigli, Binetti».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VELO e MARIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2013 l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) ha approvato, con deliberazione n. 643/2013/R/IDR la metodologia e le procedure per determinare le tariffe degli anni 2014 e 2015 del servizio idrico integrato;
   la delibera ripropone sostanzialmente lo stesso metodo di calcolo del vincolo del ricavo garantito, già inserito nel metodo tariffario transitorio (MTT), che prevede che le componenti degli oneri finanziari e fiscali sostituiscano di fatto la quota di remunerazione del capitale investito, soluzione abrogata dal referendum popolare del giugno 2011. A questo proposito, sono stati presentati ben 15 ricorsi contro il metodo tariffario transitorio, depositati presso il TAR della Lombardia, che si esprimerà in merito il prossimo 20 febbraio 2014;
   con la deliberazione approvata si propone inoltre un'illusoria discrezionalità per enti d'ambito, chiamati a scegliere tra quattro schemi regolatori dipendenti dal rapporto tra numero degli investimenti e capacità di finanziamento, inversamente proporzionale all'aumento della tariffa conseguente: gli enti d'ambito saranno quindi costretti nella tagliola tra la previsione degli investimenti necessari con relativo adeguamento esponenziale della tariffa e la rinuncia a interventi fondamentali per garantire l'erogazione e la qualità del servizio, dall'acquedotto fino alla depurazione e sistema fognario, per i quali l'Italia è responsabile di infrazione rispetto agli standard europei;
   infine si impone agli enti d'ambito l'approvazione entro il 31 marzo 2014 del Piano degli interventi, della tariffa per gli anni 2014 e 2015, del Piano economico e finanziario e della Convenzione con il gestore. Qualora il termine decorra senza aver adempiuto alla procedura, si attiva il potere sostitutivo del gestore, che può autonomamente trasmettere all'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) il proprio sistema tariffario e lo schema regolatore adottato;
   la deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas da un lato continua a ignorare l'esito del referendum e dall'altro propone una procedura del tutto paradossale, per la quale i soggetti controllati possono decidere al posto dei soggetti controllori –:
   quali iniziative i Ministri interrogati ritengano di assumere, per quanto di propria competenza, in merito alla situazione descritta in premessa e se in particolare non ritengano necessario avviare rapidamente un processo di revisione della normativa relativa al servizio idrico integrato che, sulla base di un quadro chiaro e definito dello stato attuale della gestione dei servizi idrici presenti nel nostro Paese, definisca una regolamentazione comune che rispetti l'esito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno del 2011.
(5-02178)


   GADDA, BRAGA, CARRESCIA, BRATTI, MARIANI, MARIASTELLA BIANCHI, DONATI, MARCO DI MAIO, DALLAI, MANFREDI, COMINELLI, BIFFONI, MORETTO, DE MENECH e CRIMÌ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta della Commissione Ambiente della Camera del 17 settembre 2013, in risposta ad un'interrogazione parlamentare presentata da diversi parlamentari del Gruppo del PD, con la quale si segnalavano una lunga serie di problematiche concernenti l'entrata in vigore del sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), il Governo, pur ribadendo che in una realtà quale quella italiana, connotata da continue e plurime emergenze rifiuti e da continue e comprovate infiltrazioni della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti, è irrinunciabile che lo Stato si doti di un efficiente e efficace sistema di tracciamento dei rifiuti, che non può non passare per un sistema informatico meno eludibile di quello cartaceo, manifestava la volontà politica generale di operare – ai fini dell'entrata in vigore del SISTRI – in modo da non «vessare le imprese italiane con inutili oneri sconosciuti negli altri Paesi europei, ma di collaborare con le imprese al fine di porre l'Italia al passo con i più evoluti Paesi europei, nei quali non si riscontrano “emergenze rifiuti” e per introdurre un modello di tracciamento informatico moderno ed efficace»;
   nell'ambito del tavolo di consultazione avviato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel mese di giugno 2013, 31 Associazioni di rappresentanza hanno denunciato in maniera unanime le criticità del SISTRI e condiviso l'opportunità di implementare un sistema di tracciabilità dei rifiuti efficiente e gestibile da parte delle imprese;
   dopo l'avvio sperimentale del sistema ad ottobre dello scorso, così come previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013, molte problematiche permangono ancora aperte e molto forte è ancora presso gli operatori economici un sentimento di preoccupazione e di incertezza, da un lato per le pesanti ricadute, sia dal punto di vista burocratico che dei costi, che gravano sulle imprese italiane ed in particolare su quelle di piccole e medie dimensioni, rispetto a quelle degli altri Paesi europei e, dall'altro, per l'ormai prossima entrata in vigore, a marzo 2014, delle norme che ampliano notevolmente la platea di enti e imprese tenute ad assoggettarsi al SISTRI;
   il citato decreto-legge n. 101 del 2013 ha previsto all'articolo 11 alcuni adempimenti che ove ottemperati potrebbero dare segnali positivi rispetto agli impegni assunti dal Governo il 17 ottobre 2013 in risposta alla Interrogazione in premessa richiamata; in particolare è stato previsto che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si proceda periodicamente alla semplificazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti e che in sede di prima applicazione, a tali semplificazioni si proceda entro il 3 marzo 2014 salvo differimento motivato. Sono però fatte salve le operazioni di collaudo, che hanno per oggetto la verifica di conformità del SISTRI alle norme e finalità vigenti anteriormente all'emanazione del citato decreto e che devono concludersi entro sessanta giorni lavorativi dalla data di costituzione della commissione di collaudo e, per quanto riguarda l'operatività del sistema, entro il 31 gennaio 2014 –:
   quali siano nel dettaglio gli esiti delle indagini condotte dalla commissione di collaudo, prevista dall'articolo 11 comma 8 del decreto-legge n. 101 del 2013, e se tali operazioni abbiano anche riguardato il funzionamento del sistema nel suo complesso e l'impatto sulle imprese in termini di costi, di semplicità di utilizzo, di efficacia per il reale contrasto alle ecomafie e di una piena tracciabilità dei rifiuti.
(5-02181)


   CAPARINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Berzo Demo (Brescia), in Val Camonica, in località Forno Allione dove sorgono gli stabilimenti ex Selca come segnalato dall'atto ispettivo n. 4-03477 giovedì 6 febbraio 2014, seduta n. 168 siamo in presenza di una emergenza ambientale a causa dell'inquinamento del terreno che minaccia la salute pubblica;
   il comune di Berzo Demo che conta meno di 2 mila abitanti non dispone delle risorse economiche necessarie per la bonifica dell'area ex Selca, né di una struttura tecnico-amministrativa adeguata per affrontare nel migliore dei modi una questione di tale rilevanza; pertanto il sindaco ha chiesto l'intervento di regione e Stato;
   dell'attività della Selca nel comune di Berzo Demo si è interessata anche la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nella scorsa legislatura; nell'ambito delle indagini svolte da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti relativamente al ciclo dei rifiuti della Lombardia (Doc. XXIII, n. 13), ed in particolare della provincia di Brescia, emerge quanto riferito da Marco Turchi, comandante provinciale dei Carabinieri di Brescia, nell'audizione del 4 maggio 2011: «Vi era, inoltre, la società “Selca” di Berzo Demo, comune della Vallecamonica, che aveva difficoltà economico-finanziarie e che era stata acquistata dal gruppo Catapano di Napoli, il cui leader è Guido Catapano, arrestato il 29 marzo 2011, insieme ad altri tredici indagati, dai Carabinieri di Padova per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta»;
   la relazione continua evidenziando che «sulla bonifica del sito in cui operava la “Selca”» è intervenuto il comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Brescia, Gualtiero Stolfini, il quale nell'audizione del 4 maggio 2011, ha riferito che nel comune di Berzo Demo in Val Camonica svolgeva l'attività industriale l'Union Carbide, alla quale erano subentrate la Graphtec e la Selca. All'interno dell'azienda vi era un sito, già adibito a discarica abusiva, pieno di rifiuti speciali pericolosi, di profondità ignota, dove 30/40 anni fa e, cioè, negli anni ’70 vi erano state depositate “peci di lavorazione”. La Graphtec, da ultimo, si era impegnata a bonificare il sito anzidetto mediante la costruzione tutt'intorno allo stesso di un sarcofago con la profondità necessaria al suo completo isolamento.»;
   lunedì 10 febbraio come documentato dalle telecamere di «Presa Diretta» di Raitre e ripreso dal Corriere della Sera Brescia 12 febbraio 2014 i residui della demolizione di celle elettrolitiche per l'alluminio primario estratto dalle miniere di bauxite australiane, con elevate concentrazioni di cianuri e fluoruri arrivati alla Selca nel 2009 sono stoccati in un capannone (si stima siano stivate ottantamila tonnellate di materiale sotto sequestro) abbandonato dopo il fallimento della ditta ed una parte delle scorie sono esposte alle intemperie e alimentano rivoli neri di acqua mista a polveri tossiche ad ogni pioggia ruscellano a valle, forse confluendo nel fiume Oglio. «Un disastro» secondo William Stival, l'investigatore del nucleo Forestale di Brescia che ha dato avvio all'indagine sulla Selca. L'inchiesta era nata da un dettaglio curioso: un camion fermo per la notte il cui carico si incendia sotto un temporale. Veniva dalla Selca, e ufficialmente trasportava carbone. Ma a contatto con l'acqua il carbone non prende fuoco, una reazione propria invece di alcune polveri d'alluminio. «Presa Diretta» ha intrapreso una complessa indagine sul flusso dei rifiuti trattati da Selca che porta fino alla dogana di Porto Marghera a Venezia, dove gli investigatori scoprono la spedizione di due navi dall'Australia con un contratto tra la Selca e una multinazionale australiana, uno dei leader mondiali della produzione dell'alluminio. Le cifre dell'operazione sono da capogiro: solo il carico di rifiuti ha un valore di tre milioni di euro. Altri due milioni di spese logistiche per la spedizione via nave e i viaggi da Porto Marghera a Berzo Demo. Sul contratto un'ammissione incredibile: «Nel continente australiano non esistono impianti in grado di gestire i rifiuti in oggetto del presente accordo secondo le soluzioni tecnologiche adottate da Selca». Ma alla Selca, secondo gli investigatori, i rifiuti non venivano trattati. Sono ancora quasi tutti a Forno Allione, la zona industriale di Berzo Demo, tranne una piccola frazione venduta ad alcuni cementifici. Dopo il sequestro giudiziario i lavoratori sono stati lasciati a casa. Si era parlato di una trattativa tra la proprietà della Selca e il gruppo Catapano di Napoli, ma alla fine l'azienda non ha concluso il passaggio societario e ha dichiarato il fallimento;
   il 12 febbraio 2014, come riportato dal BresciaOggi il giorno successivo, i tecnici dell'Agenzia regionale e quelli della medicina di prevenzione dell'ASL, accompagnati dal responsabile dell'ufficio tecnico di Berzo Demo e da un agente della Polizia locale dell'Unione della Valsaviore, hanno varcato i cancelli dell'ex Selca (società che fino al fallimento avvenuto nel 2010 si occupava di riciclare le scorie degli altiforni di mezzo mondo) per effettuare un accurato sopralluogo nei vasti piazzali, sulle sponde del ruscello che sbuca sotto la pavimentazione e in un'area vicina al bosco dove una volta venivano caricati sui pianali dei vagoni merci gli elettrodi finiti;
   secondo quanto riportato dal cronista Lino Febbrari: «È bastato il maltempo degli scorsi giorni per portare allo scoperto una realtà che molti da queste parti sospettavano: ossia che probabilmente la bonifica in questi luoghi è stata fatta solo sulla carta e che gli scarti delle lavorazioni della grafite, e perfino pezzi delle pericolose lastre di fibrocemento contenenti amianto, invece di essere smaltiti correttamente sarebbero stati interrati e poi a nascondere il tutto ci avrebbe pensato una bella colata d'asfalto»;
   in data 31 gennaio 2014, nella seduta n. 164 della Camera dei deputati, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/1885-A/17, presentato dal sottoscritto, che impegna il Governo «a valutare un intervento, in collaborazione con le strutture regionali, per la messa in sicurezza del sito ex SELCA SpA di Berzo Demo e la necessaria bonifica» –:
   se il Ministro, attraverso il nucleo operativo ecologico, intenda approfondire, per quanto di propria competenza, i danni ambientali provocati dalle attività industriali svolte in passato sul territorio del comune di Berzo Demo, oltre a dare puntuale seguito all'ordine del giorno 9/1885-A/17 accolto. (5-02183)


   DELLA VALLE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha lanciato, prima nel 2005, la Campagna SEE (Sustainable Energy for Europe) e poi, nel 2008, il patto dei sindaci al fine di coinvolgere i diversi stakeholder nella lotta ai cambiamenti climatici;
   il progetto PON GAS, attuato da SOGESID, ha come obiettivo la formazione dei funzionari della pubblica amministrazione locale e regionale sui temi del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile declinato, nello specifico, nella sostenibilità ambientale ed energetica;
   il dottor Antonio Lumicisi, già collaboratore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da quasi quindici anni, è stato coordinatore della campagna SEE dal 2005 ed ha contribuito a promuovere il patto dei sindaci in Italia sin dal 2008; è inoltre responsabile scientifico/didattico dei corsi di formazione istituiti dal progetto PON GAS negli anni 2012 e 2013;
   il dottor Antonio Lumicisi ha quindi contribuito finora alla formazione di oltre trecento funzionari delle amministrazioni locali sui temi di carattere energetico ed ambientale, operando una proficua sinergia tra le risorse disponibili nel progetto PON GAS e le necessità di formazione degli enti locali e regionali nell'ambito del patto dei sindaci;
   parte del materiale relativo ai corsi svolti nell'autunno 2013 non risulta essere ancora pubblicato in rete, come invece previsto, senza inoltre ragionevoli spiegazioni;
   il dottor Antonio Lumicisi, nella sua azione di promozione del patto dei sindaci, ha contribuito a rendere l'Italia leader in Europa su questa iniziativa comunitaria e ha gestito un servizio di newsletter per inoltrare informazioni utili alle amministrazioni locali appartenenti alla rete nazionale del patto dei sindaci;
   la newsletter promossa dal dottor Antonio Lumicisi sì è rilevata di grande utilità per le amministrazioni locali coinvolte al fine di condividere buone pratiche ed informazioni sui temi del patto dei sindaci;
   il dottor Antonio Lumicisi, il giorno 31 gennaio 2014, ha ricevuto una lettera di risoluzione anticipata del contratto da parte di SOGESID, con immediata esecuzione, adducendo come motivazione un utilizzo «improprio» della posta elettronica del Ministero riferendosi all'invio della newsletter che è in atto da oltre tre anni e si è rivelata utile anche per il successo delle azioni formative PON GAS;
   diverse amministrazioni locali parte della rete del patto dei sindaci hanno già manifestato la loro solidarietà al dottor Antonio Lumicisi e si sono dimostrate sgomente nel vedere interrotto il servizio di supporto, informazione e formazione svolto dal dottor Antonio Lumicisi anche attraverso la newsletter –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno intervenire affinché il dottor Antonio Lumicisi possa continuare a svolgere all'interno del Ministero l'utile lavoro di supporto alle amministrazioni locali sui temi del patto dei sindaci, ai fini anche degli obiettivi vincolanti assunti dal nostro Paese per il 2020, tutelando e rafforzando, anche attraverso il progetto PON GAS, un efficace percorso di formazione della pubblica amministrazione locale per quanto riguarda le tematiche ambientali ed energetiche;
   se non si ritenga opportuno procedere entro breve tempo con la pubblicazione del materiale didattico ancora non reso disponibile on line e richiesto dai partecipanti ai corsi svolti nell'autunno 2013 ma utile per tutte le amministrazione locali e regionali. (5-02184)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'ENEL produzione presentava nel 2010 il progetto di riattivazione della centrale termoelettrica del Mercure;
   il progetto prevede la produzione di energia da biomasse per una potenza elettrica dichiarata di 41 MW/e;
   l'impianto sorge nel comune calabrese di Laino Borgo (Cosenza) ai confini con la regione Basilicata all'interno del perimetro del Parco nazionale del Pollino, area protetta di altissimo pregio;
   attualmente l'attività della centrale è sospesa per decisione del Consiglio di Stato che ha accolto la sospensiva sul ricorso presentato dai comuni di Rotonda, Viggianello e dalle associazioni ambientaliste avverso il provvedimento della regione Calabria di riattivazione dell'impianto;
   la regione Basilicata, l'ente parco, i comuni lucani e le popolazioni dell'area sono contrarie alla riattivazione dell'impianto considerati gli impatti devastanti che la centrale avrebbe sull'ambiente, sulla salute, sulle attività produttive (principalmente agricoltura che si fregia di importanti Dop e turismo) e sull'intero destino di una valle che sul parco del Pollino ha costruito la sua economia;
   c’è la preoccupazione che possa essere adottato un decreto «salva Enel» che rimetta in funzione la centrale prima della sentenza di merito del Consiglio di Stato;
   è opportuno verificare la sostenibilità del progetto anche alla luce di una giusta contemperazione tra la salvaguardia dell'occupazione e la creazione di sviluppo locale e la necessità di salvaguardare il territorio dall'inquinamento e le attività produttive da eventuali impatti negativi –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa;
   se ritenga necessario verificare la sostenibilità e la compatibilità del progetto di riattivazione della centrale del Mercure con le caratteristiche ambientali e la vocazione economica dell'area anche alla luce della contrarietà degli enti e popolazioni interessate. (4-03617)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Palmanova, sita in provincia di Udine, è una città-fortezza costruita dai veneziani nel 1593 nota «come città stellata» per la sua originale pianta poligonale a stella;
   dal 1960 questa città è monumento nazionale ed è in lizza per il riconoscimento di «patrimonio dell'umanità» da parte dell'UNESCO;
   dovrebbe concludersi nel 2014, infatti, dell’iter per il riconoscimento della world heritage list avviato nell'agosto del 2011 con il suo inserimento nella candidatura transnazionale «Le opere di difesa veneziane tra XV e XVII secolo»;
   le forti piogge della prima settimana di febbraio hanno causato il crollo di una parte consistente — una tratta di circa 20 metri — del muro seicentesco del «rivellino», che si trova nell'area sud-est della cinta fortificata, costruita dai veneziani, di Palmanova;
   il sindaco Francesco Martines ha lanciato un appello a tutela del patrimonio nazionale costituito dalla città, chiedendo risorse e interventi urgenti;
   negli ultimi anni l'amministrazione comunale, insieme alla protezione civile e al Corpo forestale regionale, ha promosso un piano di manutenzione della cinta fortificata rivolto ad ampie aree del parco storico ma non a quella interessata dal recente crollo;
   lo smottamento, infatti, ha riguardato uno dei rivellini in cui la vegetazione infestante ha modificato i percorsi di canalizzazione ideati dai veneziani per far defluire le acque piovane. I danni, invece, sono stati evitati dove la vegetazione è stata rimossa e sono state collocati sistemi di contenimento dal Corpo forestale;
   è inammissibile che una città candidata al riconoscimento di patrimonio dell'umanità sia lasciata in uno stato di degrado tale da causare il crollo delle storiche cinte murarie –:
   quali misure urgenti s'intendano adottare per salvaguardare il patrimonio storico e culturale costituito dal monumento nazionale della città di Palmanova, candidata al riconoscimento di patrimonio dell'umanità. (5-02176)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, commi 12, 13, 14 e 15 del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, recante «misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio. Proroghe di termini previsti da disposizioni legislative» ha predisposto la riattivazione del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 30 novembre 1993, al fine di assicurare un costante supporto al Ministero dell'economia e delle finanze nella predisposizione e nella attuazione di programmi di dismissione di partecipazioni dello Stato e garantire la realizzazione degli stessi programmi secondo modalità e procedure trasparenti e tali da massimizzare i relativi introiti;
   la disposizione prefigurava in realtà la costituzione ex novo del Comitato, posto che lo stesso non risultava più attivo e rientrava tra gli organismi da sopprimere ai sensi dell'articolo 12, comma 20, del decreto-legge n. 95/2012;
   la disposizione del decreto-legge n. 126 del 2013 prevedeva, peraltro, modalità di composizione e poteri del Comitato diversi da quelli previsti dalla citata direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, come successivamente integrata; in particolare veniva prevista la nomina del Comitato con decreto del Ministro dell'economia e non più con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; veniva incrementato il numero dei componenti da tre a cinque, veniva previsto che il mandato triennale divenisse rinnovabile senza limiti e non più per una sola volta; veniva esclusa la corresponsione di un gettone di presenza, in precedenza invece prevista;
   sulla base della disposizione del decreto-legge n. 126 del 2013 si è proceduto, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 novembre 2013, alla costituzione del comitato che risulta presieduto dal direttore generale del tesoro, dottor Vincenzo La Via, e composto dalla dottoressa Anna Maria Artoni, dall'ingegnere Massimo Capuano, dal professor Piergaetano Marchetti, dal professor Angelo Provasoli;
   il 24 dicembre 2013 il Governo, dopo i rilievi mossi dal Capo dello Stato circa l'eterogeneità del contenuto del decreto n. 126, ha inteso rinunciare alla conversione dello stesso ed inserire parte dei provvedimenti ivi contenuti in decreti approvati successivamente dal Consiglio dei ministri;
   le disposizioni relative al Comitato di cui ai commi 12, 13, 14 e 15 dell'articolo 2, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, non risultano essere state reinserite nei successivi disposti normativi;
   da fonti di stampa si apprende che l'operato del Comitato sarebbe continuato anche una volta decaduto il decreto n. 126. Il Comitato si sarebbe infatti riunito, anche alla presenza del Presidente del Consiglio, per discutere del decreto ministeriale per la privatizzazione e la vendita del 40 per cento delle azioni di Poste italiane spa e del decreto ministeriale per la privatizzazione di ENAV spa in un momento successivo alla decadenza del decreto in oggetto;
   tale attività si evince anche dalle relazioni illustrative dei due schemi di decreto di cui in parola trasmesse alle competenti commissioni parlamentari dalle quali si apprende che il Comitato avrebbe espresso i rispettivi pareri, il contenuto dei quali non risulta peraltro pubblico –:
   se il Ministro interrogato non ritenga chiarire a quale titolo continui ad operare il Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni;
   se non ritenga che gli schemi di decreto relativi alle privatizzazioni di cui in parola possano essere stati condizionati da pareri espressi da un comitato secondo gli interroganti illegittimo. (5-02182)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2012, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale un bando di concorso del comando generale della Guardia di finanza, per titoli ed esami, per il reclutamento di 750 allievi finanzieri della Guardia di finanza;
   espletate le procedure di selezione, si è deciso di procedere con la presa in carico degli idonei vincitori in 2 aliquote;
   il Corpo della Guardia di finanza, per il 2012, ha deciso di salvaguardare tutti i vincitori di concorso mantenendo inalterato il numero dei posti a concorso, dovendo, tuttavia scaglionare l'incorporamento in più anni a causa delle riscontrate esigue risorse finanziarie;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 23 settembre 2013 sono state autorizzate le assunzioni di personale della Guardia di finanza per l'anno 2013;
   il 21 ottobre 2013 è stata avviata al corso di formazione per allievi finanzieri una prima aliquota di 327 vincitori per l'arruolamento diretto del concorso in intestazione, definita in maniera proporzionale tra i contingenti e le specializzazioni a concorso nell'ordine delle graduatorie finali di merito così composta: a) per il contingente ordinario, da 282 candidati; b) per il contingente ordinario – specializzazione «Tecnico di Soccorso Alpino (S.A.G.F.)», da 15 candidati; c) per il contingente mare: – specializzazione «Nocchiere», da 18 candidati; – specializzazione «Operatore di Sistema», da 12 candidati;
   mancano da avviare al corso di formazione la restante parte di allievi vincitori e la seconda aliquota da rendere disponibili per la ferma quadriennale nelle forze armate;
   come risaputo l'attività di lotta all'evasione fiscale – portata avanti dalla Guardia di finanza – è particolarmente importante e dirimente alla luce degli allarmi lanciati anche dalle istituzioni europee sul peso economico degli evasori;
   il corpo della Guardia di finanza svolge un ruolo importantissimo nell'ambito dell'azione contemporanea di riduzione del carico fiscale gravante sulle famiglie e del rafforzamento delle misure di controllo nei confronti degli evasori fiscali;
   le Fiamme gialle, però, si trovano in una situazione di carenza d'organico così come recentemente comunicato dal Comando generale. V’è una forza effettiva, attualmente in servizio nella Guardia di finanza, di 60 mila 527 unità a fronte di una dotazione organica di 68 mila 130 militari;
   l'Arma dei carabinieri, mediante decreto dirigenziale, ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri e, nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria. La quota dei vincitori in seconda aliquota (VFP4 interforze) per questo concorso è stata eliminata a dimostrazione che la presenza delle due aliquote nelle graduatorie è un problema superabile;
   alla luce del cosiddetto «Decreto D'Alia» (decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013) che proroga la validità delle graduatorie vigenti, c’è la possibilità, a giudizio dell'interrogante, di organizzare un corso di formazione delle restanti unità quali idonei vincitori, aliquota VFP4 ed «idonei in soprannumero», presi anche per tutte le diverse specializzazioni, col fine di perseguire l'obiettivo di riduzione dei costi gravanti sull'amministrazione (Ministero dell'economia e delle finanze);
   risulta importante sottolineare che la soluzione di «scorrimento graduatoria» se adottata entro il 28 luglio 2014 rispetterebbe a pieno l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, che consente il reclutamento degli altri idonei entro 18 mesi dall'approvazione della graduatoria finale di merito (28 gennaio 2013), ma solo dopo l'incorporamento dei vincitori del concorso in argomento, articolo tuttavia derogato dalle stesse disposizioni del decreto-legge n. 101 del 2013 (decreto D'Alia) che impone l'assorbimento delle graduatorie vigenti degli idonei prima dell'indizione di una nuova procedura concorsuale per tutte le pubbliche amministrazioni –:
   quali provvedimenti intende adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-03619)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la situazione degli istituti penitenziari in Italia è assai grave;
   secondo le rilevazioni e i dati del Ministero della giustizia relativi al maggio del 2013 la popolazione italiana e straniera presenti nelle carceri ha sfiorato quasi le 68.000 persone (per essere precisi 65.886 tra imputati, condannati ed internati) con una variazione percentuale rispetto all'anno precedente (2012) pari a +0,28 per cento;
   al 31 maggio 2013 i detenuti condannati che sono stati ammessi alle misure alternative alla detenzione sono stati 10.958 (affidamento in prova), 880 detenuti sono stati ammessi alla semilibertà e 3.030 alla detenzione domiciliare;
   secondo dati relativi all'anno 2012 le persone condannate (pari a 38.656) che hanno usufruito delle misure alternative alla detenzione sono il 51,70 per cento (pari a 19.986 dei soggetti) della popolazione carceraria;
   recentemente l'Italia ha subito condanne da parte degli organi dell'Unione europea per le condizioni «degradanti» degli istituti penitenziari e lesive della dignità delle persone e del detenuto;
   al 31 maggio 2013 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sezione statistica, ha stimato in percentuale un sovraffollamento degli istituti carcerari pari al 40,20;
   tale situazione ha fatto sì che anche recentemente il Governo è intervenuto con misure di «deflazione» della popolazione carceraria, in primis, con il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria;
   in particolare, l'articolo 3, comma 1, lettere c) e d), contiene disposizioni concernenti l'estensione temporale a quattro anni della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale e l'articolo 4 contiene disposizioni concernenti l'introduzione della misura della liberazione anticipata speciale;
   in tutti i procedimenti di esecuzione concernenti misure per la concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale del condannato e/o detenuto, per la concessione della misura della liberazione anticipata, nonché per la concessione della semilibertà e del lavoro esterno, svolge una funzione essenziale l'ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE) il cui personale ha funzioni di valutazione, vigilanza e osservazione del soggetto che deve essere ammesso alla misura alternativa alla detenzione;
   il ruolo dell'UEPE rappresenta un tassello fondamentale nel trattamento e osservazione del detenuto; esso è il fulcro per la realizzazione degli obiettivi delineati dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione e del diritto alla salute del detenuto;
   il decreto-legge n. 146 del 2013 ha previsto la concessione della misura alternativa per pene da espiare fino a quattro anni nonché l'istituto della liberazione anticipata speciale al detenuto che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, così comportando un sensibile aumento del carico di lavoro degli UEPE e di tutti gli esperti coinvolti in tali procedure;
   tali disposizioni sono il segno evidente della volontà del legislatore di considerare — in maniera forte — la rieducazione e inserimento sociale del detenuto quali strumenti per realizzare gli obiettivi della Carta costituzionale (articolo 27) e per dare una risposta anche al gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri e dei suicidi dei detenuti che nelle carceri italiane hanno raggiunto livelli preoccupanti;
   a fronte di tale volontà deve corrispondere un uguale risposta in termini di dotazione di risorse finanziarie e di personale;
   tuttavia oggi gli UEPE soffrono la cronica mancanza di mezzi e di personale che viene impiegato con ritmi di lavoro sempre più gravosi, sia dal punto di vista del continuo aumento del numero dei sottoposti alle misure (per effetto della recente normativa), che per la qualità e la diversificazione degli interventi;
   alcune organizzazioni sindacali hanno denunciato le condizioni in cui gli operatori dell'UEPE sono costretti a lavorare lamentando lo stato di degrado in cui si trovano gli uffici e la mancanza di personale che verrebbe «rimpiazzato» da personale della polizia penitenziaria anziché essere occupato da assistenti sociali;
   i dati dimostrano invece che le persone ammesse a misure di esecuzione esterna della pena hanno un tasso di recidiva nel crimine ridottissimo (circa il 19 per cento);
   occorre dare un segno concreto di cambiamento dotando questi uffici dei mezzi, risorse e autonomia necessaria tali da valorizzare anche le scelte legislative intraprese dal Governo –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda adottare — anche di tipo normativo — al fine di assicurare l'autonomia e il potenziamento in termini di risorse umane e strumentali degli UEPE, anche in funzione degli obiettivi previsti dall'articolo 27 della Costituzione in tema di rieducazione del detenuto così come previsto dalla normativa italiana ed europea. (4-03616)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il porto di Gioia Tauro è in attesa della nave danese «Ark Futura» che trasporta le armi chimiche siriane, 700 tonnellate di agenti chimici utilizzati per la produzione dei gas mostarda e del sarin, le quali dovrebbero poi essere trasferite a bordo di un cargo americano per essere distrutte;
   la distruzione avverrà all'interno di una sorta di laboratorio portatile, appositamente costruito e montato a bordo della nave americana «Cape Ray», in acque internazionali, tramite processi di idrolisi che ridurranno le sostanze tossiche a composti meno dannosi che verranno poi smaltiti attraverso impianti per il trattamento di sostanze pericolose;
   il trasferimento da un vascello all'altro avverrà però nel porto di Gioia Tauro, ma non senza le preoccupazioni e le critiche alla scelta operata dal Governo espresse sia dal sindaco della città, Renato Bellofiore, che si è detto sconcertato del fatto di non essere stato neanche avvisato e ha minacciato di chiudere il porto nonostante le assicurazioni sui livelli di sicurezza adottati per il trasferimento, sia da parte del presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, e dagli stessi lavoratori portuali;
   le principali preoccupazioni riguardano la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente, ed hanno già dato luogo ad alcune manifestazioni, promosse dagli amministratori locali della Piana di Gioia Tauro e alle quali sono intervenuti numerosi cittadini, nel corso delle quali è stato, in particolare, stigmatizzato il fatto che il trasbordo delle sostanze tossiche dovrebbe avvenire ad una distanza di appena trecento metri da una scuola elementare –:
   quali siano le motivazioni alla base della scelta del Governo di effettuare il trasbordo delle sostanze proprio nel porto di Gioia Tauro, e perché tale decisione sia stata assunta senza che siano state consultate le autorità locali;
   quali provvedimenti intenda disporre per garantire la piena sicurezza dei cittadini e l'assenza di danni ambientali durante le descritte operazioni di trasferimento nel porto calabrese. (4-03618)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   PANNARALE, DURANTI, FRATOIANNI, MATARRELLI e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in considerazione del fatto che nell'anno 2013 il numero degli sbarchi di cittadini stranieri si è più che triplicato rispetto al precedente anno, nel corso del Tavolo nazionale di coordinamento, tenutosi il 12 dicembre 2013, è stata condivisa la necessità di reperire ulteriori strutture di accoglienza nelle more dell'approvazione della graduatoria per l'attivazione dei nuovi posti SPRAR per il triennio 2014/2016 che consentiranno l'ampliamento della capacità ricettiva con una disponibilità di oltre 21 mila posti;
   a seguito di tale condivisa considerazione, in data 8 gennaio 2014 il Ministero dell'interno – DLCI-Servizi Civili-0121/0077 – indirizzava a tutte le Prefetture la circolare protocollo 0000104 dell'8 gennaio 2014, impegnando con urgenza le stesse ad individuare per l'accoglienza degli stranieri, in stretto raccordo con gli enti locali e in particolare i comuni, strutture – preferibilmente non alberghiere – messe a disposizione da enti pubblici o selezionate tramite indagine di mercato nell'ambito privato/sociale, dando preferenza a soggetti già accreditati e con una comprovata esperienza in materia, con cui attivare convenzioni. Il Ministero, inoltre, richiama l'opportunità di attivare tavoli di coordinamento regionale segnalando, a chiusura della circolare, l'urgenza nell'attuazione della stessa;
   le diffuse e gravi condizioni di sovraffollamento dei CARA, cui sono soggetti quotidianamente i migranti ivi ospitati, non possono che rappresentare un'ulteriore violazione di diritti e delle norme previste, in quanto costituiscono un chiaro ostacolo alla necessità di spazi di accoglienza dedicati e determinano condizioni igienico-sanitarie precarie, oltre che un disagio sociale e un rischio elevato in termini di potenziale coinvolgimento in situazioni di conflittualità;
   il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari, il più capiente tra quelli pugliesi, ospita attualmente 1.457 cittadini stranieri a fronte di una capienza massima di 744 unità. Le condizioni di estremo disagio conseguenti al sovraffollamento, in particolare in alcuni periodi, risultano essere del tutto insostenibili, al punto da essere sfociate nel recente passato in gravi, deprecabili disordini che hanno messo a repentaglio l'incolumità sia degli ospiti che degli operatori, come anche riferito dalle cronache. Accanto a tali, estreme, esplosioni di conflittualità nei mesi scorsi, si registrano nelle ultime settimane, ormai quasi quotidianamente, numerose manifestazioni del tutto pacifiche inscenate nel centro cittadino da cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, i quali, pur avendo titolo ad essere ospitati nel CARA di Bari, non possono accedervi a causa della indisponibilità di posti letto;
   alla data attuale, nonostante quanto descritto, la prefettura di Bari non ha ancora avviato alcuna consultazione con gli enti locali per individuare, in raccordo con gli stessi, ulteriori strutture d'accoglienza, così come richiesto dalla circolare del Ministero dell'interno citata;
   è noto agli interroganti che altre sedi prefettizie abbiano già provveduto a diffondere la circolare presso gli enti locali, avviando processi di concertazione con gli stessi e con soggetti del privato sociale, volti ad individuare le strutture d'accoglienza come rappresentato nella circolare citata. In taluni casi, si è già provveduto a sottoscrivere protocolli e stipulare convenzioni d'affidamento del servizio di accoglienza;
   a fronte dell'urgente necessità di fornire soluzioni alle problematiche esposte, sarebbe auspicabile che la prefettura, di concerto con gli enti locali, segnalasse al Ministero iniziative che contemplino anche la possibilità di riuso di immobili di proprietà pubblica, ormai dismessi dalle loro originarie destinazioni d'uso, che oggi e da tempo giacciono abbandonati al degrado, così come sembrano mostrare analoghe buone prassi in crescente diffusione in Europa e, in misura minore, in Italia. Nella città di Bari, vi sono ad esempio diverse caserme vuote, un ospedale militare di grandi dimensioni chiuso e inutilizzato, ed altri edifici neppure oggetto di apposito inventario finalizzato a tal scopo –:
   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato circa l'attuazione della circolare Ministero dell'interno – DLCI-Servizi Civili-0121/0077 – Protocollo 0000104 dell'8 gennaio 2014 – A2 – presso tutte le prefetture con la massima urgenza;
   se non ritenga di intervenire con tempestività presso tutte le prefetture che ad oggi non hanno dato seguito agli impegni previsti dalle disposizioni contenute nella suddetta circolare. (4-03620)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAN, COSTANTINO, FRATOIANNI e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alla crisi derivata dal cambio degli appalti dei servizi esternalizzati negli istituti scolastici, si sta creando una difficile situazione sia di vivibilità all'interno delle scuole che a livello occupazionale;
   la situazione sta colpendo anche le scuole e i lavoratori della regione Veneto;
   nelle scorse settimane nelle scuole del territorio veneziano si sono determinati fortissimi disagi, documentati ampiamente dalla cronaca sia locale sia nazionale, con chiusura di scuole, riduzione del tempo pieno, ricovero di bambini per attacchi d'asma e malessere diffuso;
   a seguito di ciò e delle proteste che ne sono seguite spontaneamente, è stato costituito dai genitori sia dei Comitati genitori sia dei consigli d'istituto il gruppo provinciale intercomitati e interistituti con il fine di condurre una fondamentale battaglia di civiltà, iniziativa che vuole essere anche momento di svolta al fine di riprendere in modo determinato e continuo una seria opposizione alle politiche di impoverimento della scuola pubblica statale sin qui perseguite e di cui l'articolo 58, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, così detto «decreto del fare», convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98), è soltanto l'ultimo tassello;
   il 29 gennaio 2014, insieme all'assessorato alle politiche educative e della famiglia del comune di Venezia che l'ha convocata, e a tanti sindaci e assessori di altri comuni dell’hinterland veneziano, il gruppo provinciale ha dato vita a una grande assemblea al palasport «Taliercio» di Mestre/Venezia approvando un documento da parte degli oltre mille partecipanti presenti: comitati di genitori, presidenti e rappresentanti di consigli d'istituto e genitori delle scuole: Mira 1, Mira 2, Spinea 1, Spinea 2, Martellago, Marcon, Marghera, Favaro, Chirignago, Dese, Mestre, Lido, Pellestrina, Murano, Venezia e dai sindaci, assessori e amministratori dei comuni di Venezia, Mira, Spinea, Marcon, Favaro, Lido e dalle organizzazioni sindacali e lavoratori e lavoratrici di Filcams-Cgil, Fisacat-Cisl, Uil-trasporti, FlcCgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals, Cobas;
   nel documento approvato dall'assemblea, si contesta il perdurare della crisi derivata dal cambio di appalto per i servizi esternalizzati di pulizia e vigilanza nelle scuole del veneziano, in conseguenza della norma prevista dal citato «decreto del fare»;
   la normativa citata, si legge nel documento, ha posto un «limite di spesa» per l'appalto di pulizia per un importo pari alle risorse non impiegate con l'accantonamento di 11.851 posti organico ATA. In questo modo il finanziamento che nel 2013 era pari a 465 milioni di euro è stato ridotto a 292 milioni, con un taglio del 37 per cento, che sommato a quello del 25 per cento del 2010, portano la riduzione di risorse al 53 per cento;
   su pressione sindacale la legge di stabilità 2014 ha reintrodotto una quota di risorse per 32,6 milioni di euro per i mesi di gennaio e febbraio 2014, pari a 2/10mi di quanto tagliato nel 2013 dal «decreto del fare» e disponendo che le scuole acquistassero servizi «aggiuntivi»;
   le risorse «aggiuntive» comunicate alle istituzioni scolastiche in troppi casi non coprono la spesa mensile del 2013 lasciando, quindi, pressoché invariato il problema di pulizia e vigilanza;
   la ditta aggiudicataria, Manutencoop Facility Management spa, ha tagliato l'orario di lavoro dei propri dipendenti utilizzati nelle scuole, in un primo momento di un 60, 70 e 88 per cento, poi ridotto al 30, 40 e 50 per cento;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca da quanto si può leggere nelle note pubblicate e da quanto si apprende dalle dichiarazioni di alcuni funzionari, affronta la questione come se questa problematica non esistesse o al massimo ne dà un'interpretazione dovuta a questioni accidentali o organizzative interne alle scuole o ai rapporti tra istituzioni scolastiche e la ditta aggiudicataria/Manutencoop: infatti, nella nota n. 990 del 22 gennaio 2014 dell'ufficio scolastico regionale del Veneto – che riporta la nota n. 656 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 20 gennaio 2014 – si afferma che «tutte le istituzioni scolastiche ed educative hanno ricevuto una risorsa finanziaria almeno pari, se non addirittura superiore, ai sensi del comma n. 748 della Legge di stabilità 2014, a quanto occorrerebbe per coprire i posti accantonati di collaboratore scolastico con personale dipendente»;
   i firmatari del documento contestano l'interpretazione che dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca viene data alla vicenda, ove il Ministero addossa alle scuole l'intera responsabilità degli attuali disservizi: «Spetta al dirigente scolastico riorganizzare il lavoro dei collaboratori scolastici dipendenti in maniera tale da assicurare la copertura dei servizi di pulizia ed altri ausiliari per la percentuale non copribile con la ditta esterna» (cfr nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 990 del 2014) e parimenti contestano la fondatezza dell'equivalenza sostenuta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fra il risparmio di spesa dei posti organico ATA accantonati e i servizi in appalto acquistabili con le pari risorse. Nel decreto-legge n. 69 del 2013, infatti, questa equivalenza è stabilita solo come «limite di spesa» e, dunque, a esclusivo fine di risparmio, prescindendo totalmente dagli effetti che esso avrebbe avuto e sta avendo sul servizio. Continuando a negare ogni evidenza – prosegue il documento – il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, invece, dichiara che anche con la riduzione del 37 per cento delle risorse disponibili per l'anno 2014 (in verità la riduzione è del 53 per cento rispetto all'anno 2010, con le risorse disponibili che passano da 620 milioni di euro ai 292 milioni attuali) i fondi erogati alle istituzioni scolastiche per i servizi esternalizzati sarebbero equi e sufficienti e «almeno pari a quelle delle altre 5.500 scuole che nel Paese svolgono regolarmente i servizi esclusivamente attraverso l'opera del personale dipendente»;
   si rileva, invece, da un'analisi della situazione che si è alla presenza di un taglio di risorse essenziali per il regolare funzionamento degli istituti scolastici per l'esercizio costituzionale del diritto allo studio e alla salute;
   rispetto a quanto speso nel 2013, sulla base della relazione tecnica al comma 748 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge 7 dicembre 2013, n. 147) questi tagli sono quantificabili in 173 milioni di euro annui, cifra che diventa significativamente maggiore a causa dei «ribassi d'asta», che per il lotto n. 9/Consip dovrebbe aggirarsi intorno al 50 per cento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga, data l'importanza e la gravità dei fatti esposti in premessa, assumere iniziative normative urgenti per ripristinare i fondi tagliati dal cosiddetto «decreto del fare» al fine di risolvere la crisi occupazionale prodotta e la grave crisi di vivibilità, igiene e sicurezza nelle scuole, nonché quali iniziative siano allo studio per procedere a re-internalizzare il servizio, salvaguardando i lavoratori addetti, a meno di non pensare di risolvere l'attuale situazione – come le citate note ministeriali citate del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca/ n. 656 e dell'Usr Veneto/n. 990 sembrano indicare – distribuendo tutte le risorse interne dell'organico dei collaboratori scolastici per coprire le carenze derivanti dai tagli degli appalti e producendo in tal modo ad avviso degli interroganti ancora maggiori danni posto che, attraverso questa strada, si intaccherebbe anche il servizio attualmente in precario equilibrio, in primo luogo la vigilanza oltre che la pulizia, rendendolo insufficiente anche là dove adesso esso è appena sufficiente o, ancor peggio, riducendo il tempo-scuola del «tempo-pieno», come è già accaduto seppur provvisoriamente in alcuni casi. (5-02175)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per 7.000 laureati sono attualmente disponibili solo 3.300 posti per le Scuole di specializzazione della Facoltà di medicina e chirurgia: la metà quindi di quelli necessari, per cui rischiamo ai laureare ottimi studenti, senza riuscire però a trasformarne neppure la metà in professionisti che abbiano un'alta qualità come specialisti, che a loro volta potrebbero diventare eccellenti scienziati;
   in Italia negli ultimi 4 anni si sono persi 1.700 posti destinati alle scuole di specializzazione, riducendo nel tempo le prospettive di un turn over che copra i ruoli non solo di quanti vanno regolarmente in pensione nelle diverse aree, ma soprattutto inserendo persone dalle competenze aggiornate in quegli ambiti in cui lo sviluppo tecnico-scientifico è più rapido e può davvero cambiare le prospettive di vita dei pazienti, sia in termini di qualità di vita che di allungamento della vita stessa;
   i posti nelle scuole di specializzazione erano 5.000 nel 2010 su 6.700 laureati in medicina e nel 2013 i posti sono stati ridotti a 4.500, su di un numero complessivo di laureati sostanzialmente immutato; per formare 1.000 specializzandi sono necessari 25 milioni di euro annui. In Italia, il numero ideale di specializzandi non dovrebbe scendere sotto i 6.000, per un totale di 150 milioni di euro;
   siamo in controtendenza rispetto al resto dell'Europa e del mondo occidentale che richiede un livello di specializzazione sempre più in linea con i progressi della scienza, sia nell'ambito della assistenza clinica che sul piano della ricerca scientifica, come ha recentemente dichiararlo Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun);
   sempre Andrea Lenzi, Presidente CUN, ha ribadito: «Il percorso delle scuole di specializzazione dei medici è ovunque considerato, oltre che uno strumento di professionalizzazione, una via di incremento del sapere critico e scientifico, tanto che la legge 240/10 assimila le scuole di specializzazione ai dottorati, per l'accesso ai fondi ricerca e alla carriera accademica»;
   è necessario individuare vocazioni alla ricerca il prima possibile, per valorizzare la creatività e l'entusiasmo dei giovani ricercatori, il cui contributo all'attività di ricerca nei rispettivi Centri, universitari e non, è assolutamente necessaria; per questo è necessario migliorare i percorsi formativi pre-laurea finalizzati alla ricerca, con l'istituzione di corsi MD-PhD (MD dottore in medicina; PhD dottore di ricerca), come prevedono i percorsi di studio in USA e in alcuni Paesi europei che li considerano i titoli più prestigiosi; si creerebbero in questo modo negli atenei italiani delle iniziative di sviluppo e valorizzazione della ricerca con il potente contributo dei migliori talenti selezionati anche tra i giovani under 25;
   questa impostazione permetterebbe di coniugare la formazione professionale con uno specifico addestramento alla ricerca scientifica per instradare alla scienza prima della laurea i più meritevoli e interessati;
   gli specializzandi più motivati potrebbero quindi accedere velocemente a successivi dottorati di ricerca post laurea, con la possibilità di partecipare a progetti innovativi e di sviluppo economico con ricadute immediate sul trasferimento tecnologico alla clinica, all'imprese farmaceutiche e al territorio;
   una delle grandi difficoltà dei ricercatori italiani, di qualsiasi provenienza biomedica, scientifica o umanistica, è quella di uscire dai laboratori universitari per far fruttare le loro idee con brevetti, spin-off e progetti di collaborazione con il mondo imprenditoriale. La ricerca è la chiave per produrre sviluppo, gli studenti sono i futuri innovatori e il corso di specializzazione potrebbe diventare per molti di loro un vero e proprio laboratorio sperimentale con l'obiettivo di supportare i più motivati con la creazione di spin-off, brevetti, collaborazioni, e altro –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di rilanciare l'attività di ricerca legata alla qualità della vita, alla tutela della salute e alla riabilitazione e se non intenda ampliare il numero dei posti delle scuole di specializzazione valorizzando la prospettiva di creare un pool di specializzandi particolarmente motivati all'attività di ricerca nei rispettivi settori, destinando loro una parte delle risorse attualmente previste per la ricerca, in particolare per la ricerca clinica e la ricerca in quei settori ad alto sviluppo tecnologico. (5-02179)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, GALLINELLA e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto recita la circolare n. 16 del 10 febbraio 2009, i libri di testo rappresentano «importanti strumenti funzionali al conseguimento degli obiettivi didattici e formativi della moderna scuola» adottati «in continuità con la tradizione italiana dell'editoria scolastica»;
   in applicazione della legge n. 133 del 2008 e della legge n. 169 del 2008 introduttive della cosiddetta «riforma Gelmini», a partire dal 2008, si è proceduto alla regolamentazione della scelta dei testi scolastici;
   più precisamente, la regolamentazione nazionale in materia di testi scolastici in Italia è contenuta in particolare nelle circolari, n. 18 del 2011, n. 23 del 2010, n. 16 del 2009, e nella più recente, del 25 gennaio 2013 (prot. MIUR AOODGOS 378);
   il consiglio dei rappresentati degli Stati membri dell'Unione europea, nel novembre 2010, ha adottato un piano di lavoro in cui le istituzioni hanno individuato nella cultura lo strumento per realizzare un'Europa che giunga al 2020 nel perseguimento di obiettivi di crescita che siano intelligenti, sostenibili ed inclusivi;
   dal marzo 2000 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sottoscritto un protocollo d'intesa con l'AIE (Associazione italiana editori), periodicamente rinnovato (da ultimo, in data del 22 aprile 2009), che prevede l'attribuzione all'associazione la gestione della rilevazione dei dati e quella della procedura di adozione dei libri di testo scolastici;
   conseguentemente, ad oggi l'AIE rappresenta l'unico ente affidatario da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dei servizi relativi alla procedura di adozione dei libri scolastici «inclusi nel catalogo AIE delle opere scolastiche, www.adozioniaie.it, che contiene i dati e le informazioni riguardanti tutti i libri di testo adottabili in commercio»;
   risulta inequivocabile ad avviso degli interroganti la posizione di privilegio a favore dei testi inclusi nel catalogo dell'Associazione italiana editori il cui valore culturale è stato acquisito ipso jure in ragione del loro carattere dell'adottabilità;
   numerose case editrici incluse nei cataloghi AIE forniscono libri di testo «adottabili» ed adottati in tutto il territorio italiano ove sono frequentemente riportate immagini o messaggi di carattere ad avviso degli interroganti inequivocabilmente pubblicitario;
   a mero titolo esemplificativo e non a carattere esaustivo, le case editrici Zanichelli, Scuola & Azienda, Giunti, il gruppo editoriale Il Capitello, Edizioni Dheoniane, l'Istituto Italiano Edizioni Atlas, solo per citarne alcune di ampia diffusione in tutti gli ordini e gradi di scuole, contengono espliciti e ricorrenti riferimenti con immagini e/o descrizioni delle seguenti aziende: Coca Cola, Nike, Marlboro, Tod's, Adidas, Panasonic, Apple, All Star, Merrel, Mac Donald's, Barilla, Nikon, Parmalat, Playstation;
   l'Allegato 1 del decreto ministeriale n. 781 del 27 settembre 2013 adottato «Al fine di assicurare la gradualità e l'efficacia del processo di innovazione didattica e tecnologica della scuola» nella parte relativa ai criteri pedagogici generali, recita: «Le caratteristiche pedagogiche dei contenuti di apprendimento digitali da utilizzare nelle scuole di ogni ordine e grado» devono avere, tra le altre la seguente caratteristica: «non prevedere riferimenti a messaggi di tipo pubblicitario, soprattutto se ingannevoli o occulti»;
   il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, articolo 18, lettera l) definisce l'indebito condizionamento quale «lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole»;
   l'articolo 21, comma 2 del decreto de quo, definendo le «Azioni ingannevoli», sancisce: «È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso»; inoltre, al comma 4 afferma: «È considerata, altresì, scorretta la pratica commerciale che, in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza» –:
   se i Ministri siano a conoscenza della suddetta situazione;
   per quali ragioni non si sia ravvisata la necessità di ribadire, anche nelle ultime circolari in materia, quanto già sancito nella circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 767 del 1996 in tema di «Adozione dei libri di testo nelle scuole elementari» laddove precisava che: «... si ribadisce la necessità di una preventiva verifica, diretta ad accertare che... i libri di testo adottati nella scuola elementare non contengano pubblicità ingannevole, intendendo come tale qualsiasi messaggio suscettibile di raggiungere i bambini e gli adolescenti e che possa anche indirettamente minacciare la loro sicurezza o che abusi della loro naturale credulità o mancanza di esperienza;
   quali iniziative i Ministri intendano intraprendere per intensificare i controlli e il monitoraggio nel pieno rispetto della normativa comunitaria e nazionale in tema di adozione dei libri di testo e di protezione dei minori. (4-03623)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, CIPRINI, BECHIS, RIZZETTO, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Isfol – Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori – è un ente nazionale di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il 15 gennaio 1972 con decreto del Presidente della Repubblica, n. 10 – articolo 17, comma ultimo è stata prevista la sua costituzione, sancita il 30 giugno 1973, con decreto del Presidente della Repubblica, n. 478. Successivamente viene dichiarato necessario ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese (decreto del Presidente della Repubblica 1o aprile 1978, n. 249). Dal 1979 fa parte degli enti di notevole rilievo (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 ottobre 1979) e nel 1999 viene riconfermato ente dotato di indipendenza di giudizio e di autonomia scientifica, metodologica, organizzativa, amministrativa e contabile (decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419). L'Istituto opera nel campo della formazione, del lavoro e delle politiche sociali, al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all'inclusione sociale e allo sviluppo locale. L'Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione. Fornisce supporto tecnico-scientifico allo Stato, alle regioni e agli enti locali;
   Italia Lavoro spa è una società per azioni totalmente partecipata del Ministero dell'economia e delle finanze. È stata istituita nel 1997 su direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri mediante uno scorporo di ramo d'azienda da Italia Investimenti spa (già GEPI spa), con la mission di svuotare il bacino dei lavoratori socialmente utili (LSU) presso gli enti locali e creare occupazione su tutto il territorio nazionale;
   opera per legge come Agenzia del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle altre amministrazioni centrali per promuovere e gestire azioni su politiche del lavoro, occupazione ed inclusione sociale. Realizza azioni e programmi in collaborazione con regioni, province e amministrazioni locali, per migliorare le capacità del Paese nel creare opportunità di occupazione, rivolgendosi in particolare alle categorie deboli del mercato del lavoro –:
   quali siano in dettaglio e concretamente le materie di competenza di Isfol e Italia Lavoro e il ruolo nello scenario economico;  
   quale sia il costo complessivamente sostenuto da parte dello Stato nell'anno 2013 per Isfol e Italia Lavoro e quali siano gli investimenti che si sono programmati per l'anno in corso;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, una volta chiarite le competenze dell'uno e dell'altro ente, chiarire per quale motivo non si sia provveduto ad attribuire le funzioni attuali di Italia Lavoro direttamente ad Isfol, che, prima della costituzione di Italia Lavoro, già si occupava dello sviluppo e della formazione professionale dei lavoratori ed esisteva già dal 1972. (5-02177)

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo n. 5-01757, in merito alle considerazioni della Corte dei conti sul fondo denominato «FONDINPS», e alla relativa risposta da parte del Ministero, che l'interrogante reputa insoddisfacente;
   la risposta ricevuta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali verte sulla spiegazione del funzionamento di tale fondo non approfondendo in alcun modo le criticità sollevate dalla stessa Corte dei conti nella relazione annuale su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», depositata in data 27 novembre 2013;
   a parere dell'interrogante appare alquanto inconcepibile rispondere ad una interrogazione con la dicitura: «Da ultimo osservo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esaminerà con la dovuta attenzione le criticità segnalate dagli onorevoli interroganti, ma nella consapevolezza che molte delle questioni segnalate attengono profili di vigilanza sulla gestione delle forme di previdenza complementare, istituzionalmente demandata alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP)»;
   l'interrogante non ravvede il senso logico di rispondere ad una interrogazione con una promessa di «esaminare» la questione e altresì si auspica che la risposta sia esplicitata nel momento dell'interrogazione stessa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, possano fornire dettagli in merito alla società di revisione e relativi costi del suddetto fondo;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, possano fornire specifiche sul compenso dei componenti del comitato amministratore del suddetto fondo;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, possano fornire specifiche sulla società di gestione e quale sia il minimo rendimento garantito e il grado di rischio degli investimenti e altresì la composizione del portafoglio dei titoli e le relative garanzie prestate dal gestore del suddetto fondo. (4-03622)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si stanno moltiplicando nelle città una serie di apparecchi, i cosiddetti Totem, che puntano lentamente ma aggressivamente a scalzare le slot-machine;
   si tratta di veri computer dai quali ci si può collegare a decine di piattaforme di gioco online, molte delle quali residenti in paradisi fiscali e non autorizzati dalle autorità italiane;
   secondo stime dei gestori del gioco legale i «punti di raccolta» sarebbero almeno 4 mila. Con il caso limite della Puglia, dove a fronte di 700 centri scommesse legali se ne contano 750 non autorizzati;
   non è ancora chiaro se siano legali o illegali, perché manca un pronunciamento definitivo chiaro, ma intanto centinaia di milioni di euro continuano a sfuggire all'erario;
   l'equivoco è possibile anche sulla base di una sentenza della Corte di cassazione, in cui i magistrati sentenziarono che non commette reato chi installa in un locale pubblico un «totem», se ci si limita a mettere a disposizione del cliente l'apparecchiatura tecnologica, «senza alcun intervento sull'utilizzazione dei terminali da parte dei giocatori medesimi, i quali effettuano le giocate in piena autonomia»;
   la normativa sulle concessioni per il gioco d'azzardo, infatti, riguarda «l'organizzazione, l'esercizio e raccolta a distanza di giochi», per cui se il barista o il tabaccaio riescono a dimostrare di essersi limitati a mettere a disposizione del potenziale giocatore solo l'apparecchiatura, senza aver pianificato una vera e propria organizzazione per giocare online, in linea teorica non commettono alcun reato; neppure se poi attraverso i noleggiatori degli apparecchi barista o tabaccaio, per citare solo qualcuno, ricevono una possibile percentuale sulle giocate;
   l'aspetto ancora più ambiguo di questa procedura è che si tratta di una operazione completamente esentasse. Meno di una settimana fa 24 sale per la raccolta di scommesse sportive non in regola con la normativa, sono state chiuse tra Roma e Ostia nel corso di una operazione della Polizia di Stato e della Guardia di finanza. I titolari, in questo caso, avevano messo in piedi una vera e propria organizzazione, superando il sottile e ambiguo confine indicato dalla normativa;
   polizia e Guardia di finanza sono stati allertati da numerose segnalazioni arrivate da parte di familiari di adulti e minorenni che lamentavano non solo l'entità delle perdite economiche, ma anche la caduta dei loro parenti nelle maglie del gioco compulsivo. In altri termini mostravano tutti i segni di una vera e propria dipendenza dal gioco d'azzardo;
   le verifiche effettuate dalle forze dell'ordine servivano anche per documentare la presenza di eventuali soggetti legati alla criminalità organizzata, che attraverso prestanome, avrebbero potuto infiltrarsi nella gestione di tali attività per riciclare denaro; alcuni proprietari dei centri di raccolta sono risultati essere vicini a famiglie malavitose del litorale;
   in particolare, le attività di accertamento si sono concentrate sulla verifica delle concessioni governative e delle autorizzazioni di polizia nonché sul monitoraggio dei frequentatori;
   i gestori, a fronte dei rilievi mossi, si sono giustificati sostenendo di operare grazie alle norme sulla libera concorrenza garantita dal diritto comunitario. In realtà la Corte di giustizia dell'Unione europea, ha invece sancito che la normativa italiana in materia di giochi e scommesse non è in contrasto con il diritto dell'Unione europea;
   per non incorrere in eventuali rischi i noleggiatori che promuovono i «totem» tendono a parcellizzare l'offerta, limitando i rischi per i gestori e di fatto colonizzando il territorio;
   ovviamente i concessionari ufficiali, che hanno pagato per ottenere la licenza dai Monopoli di Stato e garantiscono un ritorno all'erario, per quanto inadeguato rispetto all'effettivo volume d'affari, denunciano questa concorrenza sleale e dannosa per i cittadini in generale e per il Ministero dell'economia e delle finanze in concreto –:
   in che modo il Ministro intenda intensificare, in base alla normativa vigente, un'effettiva azione di contrasto al gioco d'azzardo per prevenirne gli effetti negativi sul piano personale, familiare e sociale;
   quali urgenti iniziative anche di carattere normativo intenda attuare al fine di garantire una effettiva presa in carico di pazienti affetti da grave dipendenza dal gioco d'azzardo. (5-02180)


   COLLETTI e VACCA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il reparto di neurochirurgia dell'Ospedale civile di Pescara dispone di un'unica sala operatoria;
   nel luglio del 2013, all'esito di un'ispezione effettuata dal Nucleo antisofisticazioni e sanità (NAS), il Coordinatore dei Presidi Ospedalieri della ASL di Pescara ha disposto la chiusura di tale sala operatoria in quanto non conforme alle norme vigenti in materia igienico-sanitaria;
   la procura della Repubblica di Pescara ha avviato un'indagine penale in seguito all'elevato numero di decessi ed infezioni contratte sul sito chirurgico in questione;
   risulta infatti che all'interno del reparto di neurochirurgia non vengano rispettate le elementari regole di condotta volte a prevenire l'insorgere di infezioni. Ad esempio, non viene osservato l'orario di visita e spesso viene lasciata aperta la porta di accesso al reparto. Non vi sono disposizioni sulla disinfezione né sono presenti stanze post-operatorie;
   risulta altresì che il responsabile del reparto abbia omesso la comunicazione di alcuni casi di infezioni avvenute nel sito chirurgico, contravvenendo a quanto disposto dalla delibera ASL n. 675 del 25 giugno 2012 –:
   se il Ministro della salute sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e se intenda al riguardo assumere iniziative, nell'ambito del SiVeAS, volte ad accertare che siano assicurati adeguati livelli di sterilizzazione e sanificazione degli ambienti operatori e postoperatori del reparto di neurochirurgia dell'Ospedale civile di Pescara. (5-02185)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Azienda ospedaliera regionale «San Carlo» di Potenza ha organizzato il giorno 13 febbraio 2014 un progetto formativo aziendale sul tema «La diagnostica per immagine. Linee Guida Nazionali di riferimento»;
   il progetto formativo, accreditato al Ministero della salute, avrebbe dovuto approfondire la tematica delle linee guida di pratica clinica in radiologia quale strumento effettivo del governo clinico e dell'organizzazione del servizio sanitario;
   le linee guida, difatti, sono un insieme di raccomandazioni sviluppate sistematicamente, sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide, in grado di assicurare l'efficacia e la qualità degli interventi sanitari;
   la brochure della giornata formativa nel sottolineare come a volte gli esperti che formulano le raccomandazioni possono trovarsi in situazioni di «conflitto di interessi» utilizzava una vignetta con un esplicito riferimento al leader di una forza politica quale Silvio Berlusconi;
   i convegni scientifici organizzati da strutture pubbliche con fondi pubblici dovrebbero promuovere la cultura scientifica e l'etica della responsabilità e non diventare strumento di propaganda politica;
   le strutture pubbliche non devono essere sollecitate a svolgere funzioni improprie ma devono rispettare una rigorosa indipendenza puntando esclusivamente all'assolvimento dei compiti loro propri nell'interesse dei cittadini;
   è doveroso vigilare affinché luoghi scientifici non diventino strumenti di polemica politica –:
   quali iniziative per quanto di competenza il Ministro intenda adottare per far luce sull'accaduto posto che il progetto formativo risultava essere accreditato dal Ministero;
   se ritenga doveroso vigilare affinché manifestazioni e convegni organizzati in strutture del servizio sanitario accreditati dal Ministero non si trasformino in strumenti di propaganda e polemica politica. (4-03621)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Gregori e altri n. 4-03255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terrosi.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE, ARTINI e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   presso la direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa è stato istituito con decreto ministeriale 5 marzo 2010 il Gruppo di lavoro permanente sulla ottimizzazione energetica dei siti del Ministero della difesa;
   tale gruppo di lavoro denominato GLOE costituisce il referente unico del comitato di indirizzo strategico sulla ottimizzazione energetica dei siti del Ministero della difesa in materia di energia;
   il comitato di indirizzo strategico, secondo gli indirizzi del Ministro della difesa, concorre alla definizione della strategia di base e del quadro programmatico delle iniziative relative all'ottimizzazione energetica nel comparto difesa, promuove attività di armonizzazione per l'individuazione delle aree cui destinare le opere di approvvigionamento strategico dell'energia, fornisce consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore;
   il gruppo di lavoro permanente rappresenta lo strumento operativo di cui si è dotato il Comitato di indirizzo strategico per perseguire lo sviluppo del settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili mediante utilizzo razionale ed efficace delle risorse immobiliari disponibili. Esso fornisce supporto tecnico per la definizione del quadro strategico e programmatico relativo all'acquisto e alla produzione nonché per tutte le attività connesse al contenimento dei consumi;
   individua le soluzioni più economiche ed efficaci per la stipula e l'aggiornamento dei canoni di approvvigionamento di energia da parte di enti, comandi e unità della difesa;
   elabora ed aggiorna compatibilmente con le esigenze operative degli Stati maggiori delle forze armate la mappatura delle aree e dei siti idonei alla realizzazione di impianti di produzione, definendo per ciascuno di essi la tipologia e le potenzialità produttive degli impianti stessi;
   promuove lo sviluppo di specifici progetti di impianti di produzione da realizzare attraverso l'individuazione di promotori ovvero in forma diretta;
   promuove lo sviluppo di attività di audit energetico degli edifici in uso alla difesa e dei relativi progetti di efficientamento;
   fornisce consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore, nonché per le esigenze ed i compiti connessi all'attività del comitato;
   propone gli schemi tipo di intese, accordi e altri atti negoziali di interesse con operatori pubblici o privati;
   vigila sullo svolgimento degli iter procedimentali degli atti negoziali in corso di perfezionamento;
   fornisce al Comitato un servizio specialistico in campo energetico relativamente ai meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da impianti di cogenerazione, ivi incluse le modalità e le condizioni di accesso agli stessi;
   la legge n. 99 del 23 luglio 2009 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», ha individuato per il Ministero della difesa una serie di opportunità per agevolare gli interventi di riqualificazione e valorizzazione energetica degli immobili militari. Nello specifico, all'articolo 27 della citata legge n. 99 del 2009: il Ministero della difesa (ovvero un soggetto terzo mandatario dello stesso) può usufruire dello scambio sul posto per impianti alimentati da fonti rinnovabili di qualsiasi potenza (anche superiore a 200 kWp), senza tener conto dell'obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell'energia prodotta ed il punto di prelievo dell'energia consumata. Tale opportunità è prevista unicamente per il Ministero della difesa;
   in merito all'attività di consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore, il gruppo di lavoro ha proposto un emendamento, tramite l'ufficio legislativo del gabinetto del Ministro, sul Nuovo conto energia 2011 (decreto ministeriale 6 agosto 2010), che disciplina l'incentivazione sulla produzione di energia elettrica mediante impianti fotovoltaici, al fine di prevedere un incremento dell'incentivo per la realizzazione di impianti fotovoltaici in sostituzione di coperture contenenti amianto: tale emendamento è stato approvato ed inserito nel Nuovo conto energia;
   dal resoconto del Gruppo di lavoro permanente sull'ottimizzazione energetica «GLOE» pubblicato sul sito del Ministero della difesa si evince che tra le attività future dello stesso saranno predisposti:
    il supporto tecnico gare impianti fotovoltaici su coperture e su superfici a terra;
    sopralluoghi congiunti presso fabbricati oggetto di valorizzazione;
    individuazione coperture e superfici a terra idonee all'installazione di impianti fotovoltaici;
    richieste agli enti dell'AD disponibilità di coperture ed aree a terra;
    effettuazione convenzione impianti FV lotto 2 –:
   quali siano gli esiti prodotti dal GLOE con particolare attenzione a:
    risultati ottenuti in termini di energia (termica e/o elettrica) risparmiata a fronte di interventi di efficientamento energetico, quali ad esempio l'isolamento delle facciate, la sostituzione di centrali termiche o la sostituzione di corpi illuminanti, e quindi al netto degli interventi di realizzazione di impianti da fonte rinnovabile;
    il costo di investimento e il bilancio economico di ciascun intervento svolto;
    risparmio economico ottenuto a fronte dell'attività di individuazione di soluzioni economiche per l'approvvigionamento energetico;
   se l'incarico al sopracitato gruppo di lavoro GLOE che come statuito dal decreto ministeriale 5 marzo 2010 avrebbe dovuto concludere le proprie attività il 31 dicembre 2010, sia stato successivamente prorogato;
   per quale ragione sia prevista unicamente per il Ministero della difesa l'opportunità di non dover tener conto dell'obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell'energia prodotta ed il punto di prelievo dell'energia consumata, in quale misura si sia fatto ricorso a tale trattamento e che benefici abbia prodotto. (4-01510)

  Risposta. — Gli obiettivi della Difesa in campo energetico, in aderenza alle direttive comunitarie, sono rappresentati dall'economicità degli approvvigionamenti, dalla riduzione dei consumi con aumento dell'efficienza, dalla tutela ambientale con la riduzione delle emissioni e il ricorso a energie rinnovabili.
  Per il perseguimento di tali fini è stato istituito, con decreto ministeriale 5 marzo 2010, il «Gruppo di lavoro permanente sull'ottimizzazione energetica dei siti del Ministero della difesa» (Gloe) che ha svolto, nell'ambito dei compiti assegnatigli, le seguenti principali attività:
   individuazione delle soluzioni più economiche per l'approvvigionamento energetico;
   individuazione d'interventi di efficientamento;
   proposte di adeguamento delle normative di settore;
   promozione di relazioni con altre Amministrazioni dello Stato;
   progettazione d'impianti di produzione energia e individuazione delle risorse per il finanziamento dei progetti;
   attività di promozione e di formazione (attraverso la partecipazione a conferenze e ad incontri volti a promuovere le attività svolte nell'ambito della difesa).

  Con specifico riferimento agli «esiti prodotti dal Gloe», non si dispone, ad oggi, d'informazioni riguardanti i risultati ottenuti in termini di risparmio di energia, di risparmio economico ottenuto e di bilancio economico degli interventi, in quanto i nuovi impianti sono tuttora, a seconda dei casi, in fase di affidamento, di realizzazione, di allacciamento ovvero sono entrati – solo alcuni impianti – da pochi mesi in esercizio.
  Per quanto riguarda, invece, la scadenza temporale del Gruppo di lavoro, il termine stabilito dall'articolo 4, comma 3, del richiamato decreto ministeriale 5 marzo 2010 per la conclusione delle attività assegnate è stato, successivamente, prorogato al 31 dicembre 2011 con decreto ministeriale 3 febbraio 2011, considerata la complessità delle attività affidate.
  Quanto, invece, all'ultimo quesito posto dall'interrogante, faccio presente che il Ministero della difesa, per l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, può usufruire del servizio di scambio sul posto dell'energia elettrica senza tener conto dell'obbligo di coincidenza tra il punto d'immissione e il punto di prelievo dell'energia scambiata con la rete, anche per impianti di potenza superiore a 200 kilowatt, ai sensi dell'articolo 355, comma 7, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  Nello specifico, le motivazioni che hanno indotto alla concessione di tale opportunità per la difesa, sono da correlare, principalmente:
   alla particolare dislocazione geografica e alla significativa estensione delle infrastrutture dell'amministrazione rese disponibili per la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile;
   al dinamismo dei consumi – connessi a eventuali impieghi dei reparti all'estero – che potrebbe portare a drastiche riduzioni dei consumi medesimi e al conseguente non utilizzo e/o valorizzazione dell'energia elettrica prodotta
in situ.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il trattato di non proliferazione nucleare sancisce l'obbligo per l'Italia di non ospitare ordigni nucleari e per gli Stati nucleari, di non dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio, nello specifico l'articolo 1 recita: «Ciascuno degli Stati militarmente nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare, né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni esplosivi»;
   secondo quanto affermato dall'Istituto affari internazionali nel documento «Il dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia» nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 ribadisce che «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà una Alleanza nucleare». Ultimo caso di dispiegamento avanzato (forward deployment), cinque paesi dell'Alleanza atlantica – Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia – continuano ad ospitare armi nucleari tattiche (Ant) statunitensi all'interno dei propri confini. Il tipo di arma nucleare a disposizione della Nato attualmente ospitata sul territorio europeo è la bomba gravitazionale B-61, che è comunemente classificata come tattica. Attualmente sono in servizio le versioni B61-3, B61-4 e B61-10, costruite tra il 1979 e il 1989, con varie opzioni di potenza da 0.3 a 170 chilotoni. Le bombe possono essere trasportate dagli aerei statunitensi F-15E e F-16C/D e dagli aerei delle forze europee come gli F-16 belgi, olandesi, turchi e i Tornado italiani e tedeschi. Le bombe sono custodite sotto il controllo americano dagli US Munitions Support Squadrons (Munss);
   svariati organi di stampa parlano di atomiche americane presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi, di esercitazioni svoltesi nelle stesse per valutare la sicurezza delle armi nucleari e di addestramento specifico rivolto al personale militare per fronteggiare emergenze di carattere nucleare in caso di incidenti con queste stesse armi;
   i siti Internet ufficiali dell'Aeronautica militare statunitense affermano che nella base di Aviano esistono apparecchiature specifiche per il controllo e la manutenzione di questo genere di armamenti;
   come affermato dalla Corte internazionale di giustizia mantenere una minaccia nucleare nei confronti di altri Paesi è un illecito, per di più le armi nucleari in territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita di chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare;
   tra gli Accordi bilaterali USA-Italia, l’air technical Agreement (Accordo tecnico aereo Italia-Usa) del 30 giugno 1954 definisce i limiti delle attività operative, addestrative, logistiche e di supporto che i velivoli americani possono effettuare sul territorio italiano mentre il Bilateral Infrastructure Agreement Accordo bilaterale italo-americano (BIA) sulle infrastrutture stipulato il 20 ottobre 1954 regola le modalità per l'utilizzo delle basi concesse in uso alle Forze USA sul territorio nazionale, generalmente conosciuto come «Accordo Ombrello», in conformità al BIA, sono stati approvati, nel corso degli anni, vari Memorandum d'intesa, tecnici e locali per regolamentare diversi aspetti connessi all'uso delle singole basi;
   tali accordi tecnici confermano che le basi militari utilizzate dagli Stati Uniti nel nostro Paese sono finora state soggette a una duplice forma di controllo operata dalle autorità militari statunitensi e italiane. I comandanti delle basi sono militari italiani ma essi non hanno poteri di controllo sostanziale sulle attività poste in essere dagli Stati Uniti, poiché si limitano a decidere in materia di numero dei voli, orari dei voli, responsabilità di assistenza al traffico aereo. Il controllo di carattere militare sul personale, l'equipaggiamento, i tipi di attività che vengono posti in essere dagli Stati Uniti ricadono nella competenza del comandante statunitense. Quanto al trattamento del personale delle basi, gli schemi di accordi tecnici rinviano alle disposizioni contenute nel Trattato di Londra;
   si segnala che tali due ultimi Agreement, come ha anche sottolineato il ministro Martino nel corso della comunicazione alle Commissioni Difesa di Camera e Senato del 21 gennaio 2003, hanno una elevata classifica di segretezza e non possono essere declassificati unilateralmente;
   la dottrina nettamente maggioritaria (Mortati, Cassese, Barbera, Barile) non ritiene compatibile con il sistema l'esistenza di Trattati segreti ritenendoli illegittimi. Alcuni autori (Fois) giungono addirittura a chiedersi se un Trattato segreto, in quanto tale, abbia effetti giuridicamente vincolanti. La tesi dominante, ossia quella dell'illegittimità dei Trattati segreti poggia sulla ricostruzione dei principi costituzionali in materia, su quella dei rapporti tra organi costituzionali (in particolare tra Governo, Presidenza della Repubblica e Camere) e normativamente fa fulcro sull'articolo 80 della Costituzione;
   secondo quanto affermato dal sottosegretario di Stato per gli affari esteri, pro tempore Scotti, la determinazione dell'Italia a sostenere il processo di disarmo nucleare è stata confermata anche nel Vertice di Lisbona, dove è stato approvato un nuovo concetto strategico della NATO, indirizzato verso un'ulteriore riduzione in Europa degli arsenali nucleari dell'Alleanza atlantica, la cui capacità di deterrenza dovrà dipendere sempre meno dal fattore nucleare –:
   se le informazioni riportate in premessa corrispondano al vero e quale siano le bombe nucleari stoccate nel nostro Paese e in quali siti si trovino;
   se corrisponda al vero che le bombe atomiche tattiche stoccate in Italia siano state recentemente ammodernate su disposizioni del Governo degli Stati Uniti per consentirne l'utilizzo anche a bordo degli F35;
   come il Governo reputi compatibile lo stoccaggio di armi nucleari in Italia con il trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto dal nostro Paese:
   se in base al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 il Governo intenda mettere a conoscenza la popolazione sui rischi alla salute, sulla radioattività ambientale e sui piani di evacuazione dei civili in caso di emergenza nucleare, dato che i suddetti piani di evacuazione non risultano ad oggi conosciuti dalle autorità civili. (4-01188)


   BASILIO, ALBERTI, ARTINI, PAOLO BERNINI, CORDA, FRUSONE e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da un avviso pubblicato dall’Aviation Information Publication dell'Ente nazionale per l'assistenza al volo (Enav) si apprende delle esercitazioni nucleari che si stanno svolgendo sul territorio e nei cieli italiani;
   dal 22 ottobre 2013 alla fine del mese ad Aviano e Ghedi piloti e tecnici delle aeronautiche italiana e di alcuni Paesi Nato si addestrano per prepararsi all'evenienza di una guerra nucleare;
   Steadfast Noon (letteralmente «mezzogiorno risoluto»): è un'esercitazione di cosiddetto cross-servicing, serve cioè a verificare l'interoperabilità dei mezzi e delle procedure dei reparti aerei dotati di capacità nucleare. Le regole per la manipolazione e la gestione delle armi nucleari sono ovviamente rigorosissime e trattandosi di asset strategici che fanno ultimamente capo agli statunitensi sono sottoposte a continue verifiche sul campo;
   il gruppo del M5S della Camera dei deputati è ancora in attesa della risposta ad una articolata interrogazione – la n. 4-01188 – nella quale si chiedono lumi sulla presenza ad Aviano di una cinquantina di bombe nucleari del tipo B61-4 in caverne blindate sotterranee WS3 poste in corrispondenza dei ricoveri degli aerei che le dovrebbero usare;
   quelle di Aviano sarebbero destinate ai caccia statunitensi del 31st Fighter Wing di stanza nella base. Altre bombe sarebbero a Ghedi, in provincia di Brescia, per l'uso da parte dei Tornado italiani del 6° Stormo. Pare tuttavia – sono informazioni di stampa perché dal Governo italiano il Parlamento della Repubblica non ha ancora saputo niente – che attualmente non vi siano fisicamente ordigni in permanenza nei vault corazzati di questo aeroporto che sarebbero invece conservati per ragioni di sicurezza ad Aviano, anche se sulla base bresciana c’è comunque il personale statunitense del 704th Munss (Munitions Support Squadron) che ha la responsabilità di custodirle e di consegnarle ai piloti italiani in caso di impiego;
   la Steadfast Noon è una esercitazione che viene effettuata a rotazione nei Paesi europei che ospitano armi nucleari. L'anno scorso si erano effettuate in Germania (aeroporto di Buchel), l'anno prima a Volkel, in Olanda. E nel 2010 di nuovo ad Aviano. Alle esercitazioni partecipano anche militari turchi, ma non si ha notizia di Steadfast Noon svolte sul loro territorio in anni recenti (nella base turca di Incirkl si troverebbero bombe nucleari). Tuttavia, aerei turchi partecipano all'esercitazione nucleare di questi giorni, come dimostrano le foto pubblicate sul forum italy-spotterdtolit.forumfree.it;
   insieme alla Steadfast Noon 2013 si svolge anche un'altra esercitazione denominata Cold Igloo. Probabilmente più importante della prima. In questo caso si tratta infatti di una cosiddetta Tac-Eval, valutazione tattica della Nato. Serve a «dare i voti» ai reparti coinvolti, accertarsi se siano o meno idonei a svolgere la missione affidata loro, in questo caso a colpire con bombe nucleari obiettivi nemici;
   le basi coinvolte da queste esercitazioni sono Aviano, Ghedi e Piacenza, gli spazi aerei percorsi dai caccia sono soprattutto quelli della costa adriatica (lo scorso gennaio un F-16 statunitense partito da Aviano precipitò al largo di Rimini) e dell'Italia centrale. Superare la Tac-Eval serve per confermare o meno ai reparti l'abilitazione all'uso delle bombe nucleari;
   delle due, la Cold Igloo dunque è quasi certamente l'attività più significativa dal punto di vista politico-militare perché mira a verificare la capacità delle unità aeree coinvolte a condurre con successo la missione assegnata. Tale esercitazione conferma la permanenza dello strike nucleare tattico quale tuttora vigente e attualissima opzione militare che la Nato intende mantenere e sviluppare. Che sta anzi potenziando e ammodernando visto l'annunciato arrivo – anche qui senza alcuna comunicazione al Parlamento italiano – delle nuove bombe B61-12 la versione migliorata e potenziata di quelle attualmente in servizio, grazie a un programma di ammodernamento del valore di oltre 10 miliardi di dollari autorizzato dal Presidente Obama. Bombe che, secondo gli esperti, sarebbero state studiate per gli F-35. Anche quelli italiani –:
   se le informazioni riportate in premessa corrispondano al vero e quali siano le ragioni per le quali non sia stato ancora adeguatamente informato il Parlamento;
   come il Governo ritenga compatibile la partecipazione dell'Italia al Trattato di non proliferazione nucleare, con lo stoccaggio di bombe atomiche sul proprio territorio e la messa a disposizione del territorio e dello spazio aereo nazionale per esercitazioni studiate volutamente per portare un attacco nucleare ad una non definita potenza ostile;
   se non reputi necessario rendere edotto il Parlamento sulla presenza in Italia di armamento atomico e quali velivoli – per esempio gli F35 – sarebbero in grado di utilizzarle. (4-02619)

  Risposta. — In premessa, si rammenta che ormai da tempo è stata avviata una stagione internazionale di dialogo positivo sul tema del disarmo, a partire proprio dalle due principali potenze nucleari che hanno contribuito fattivamente alla conclusione del Trattato di non proliferazione del 1968 e che hanno poi proceduto a ridurre drasticamente i rispettivi arsenali.
  Anche l'Alleanza atlantica ha aggiornato periodicamente la propria politica di difesa, inclusa la componente nucleare.
  Il processo di revisione è iniziato nel 2010 a Lisbona e ha portato all'approvazione, nel 2012, della Revisione della difesa e della deterrenza dell'Alleanza Atlantica (
Defence and deterrence posture review – Ddpr), la quale delinea il mix ottimale («appropriate mix») di forze nucleari, convenzionali e di difesa missilistica necessarie per garantire la sicurezza e la difesa dell'Alleanza e per perseguire gli impegni annunciati nel nuovo concetto strategico relativi alla difesa collettiva, alla gestione delle crisi e alla sicurezza cooperativa.
  La Defence and deterrence posture review, nel ribadire che finché esisteranno armi nucleari la deterrenza nucleare rappresenterà un elemento indispensabile per la sicurezza dell'Alleanza e dei suoi stati membri, al contempo si inserisce nel solco di un trend evolutivo riguardo al ruolo e rilievo delle armi nucleari.
  Infatti, la Dichiarazione adottata sul punto a Chicago utilizza un linguaggio evolutivo, che tiene conto del noto discorso di Obama a Praga del 6 aprile 2009 e del rapporto con la Russia, paese che dispone di elevate dotazioni di armi nucleari substrategiche in Europa, con la prospettiva di una maggiore trasparenza e, se ci fossero le condizioni, di una ulteriore riduzione degli armamenti in questo settore.
  Con riferimento alla questione della presenza di armi nucleari in Europa, si fa rilevare che l'Alleanza, pur mantenendo un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non può agire, tuttavia, a discapito della sicurezza di questo dispositivo e della riservatezza che è indispensabile avere in relazione ai siti, la loro dislocazione, i quantitativi e la tipologia di armamento in essi contenuti.
  Una riservatezza che non può essere violata unilateralmente da un singolo paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i paesi alleati.
  La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è quindi una decisione politica collettiva ed unanime degli alleati, cui nessun Paese può sottrarsi, pena la violazione del patto di alleanza liberamente sottoscritto e del vincolo di riservatezza che da esso ne discende.
  In merito alla compatibilità giuridica fra i cosiddetti «
nuclear sharing agreements» in ambito Nato ed il Trattato di non proliferazione nucleare, si segnala che, quando alla fine degli anni ’60 il Trattato fu negoziato, i citati «agreements» per lo stoccaggio di armamento non convenzionale in Paesi europei non-nucleari già esistevano; essi furono comunque illustrati nuovamente, per la massima trasparenza, al resto dei paesi firmatari del Trattato. Nel 1969 il Governo italiano aderì al Trattato e, riferendosi proprio alla presenza di tali accordi, al punto 6 delle restrizioni nazionali (collettivamente accettate dal resto dei firmatari), precisò che «(l'Italia) note the full compatibility of the Treaty with the existing security agreements».
  Difatti, pur se collocati in Paesi europei non-nucleari, i dispositivi in parola restano sotto il controllo della potenza nucleare che li condivide con gli alleati ai fini della difesa collettiva, mentre per il loro utilizzo è necessario il pieno consenso di tutti i Paesi interessati.
  Pertanto, gli accordi in essere e, più in generale, i contenuti della politica nucleare della Nato sono coerenti con il dettato del Trattato di non proliferazione giacché non si realizza alcun trasferimento del controllo di armi nucleari a Stati non-nucleari.
  In merito all'ultimo quesito dell'interrogazione a risposta scritta n. 4-01188, si evidenzia che tutte le attività connesse con la predisposizione e la comunicazione dei piani di difesa della popolazione civile in caso di emergenza nucleare, biologica, chimica o radiologica sono condotte dalle competenti Autorità in aderenza con le disposizioni vigenti.
  Infine, per quanto riguarda l'esercitazione «
steadfast noon» presso la base aerea di Aviano richiamata nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-02169, essa è definita quale esercitazione di «Cross servicing», ossia attività addestrativa multinazionale della capacità logistica della Nato, alla quale partecipa anche l'Aeronautica militare con alcuni assetti.
  Tale attività addestrativa viene svolta con la finalità di migliorare l'interoperabilità del personale navigante e di quello addetto alla manutenzione dei vari Paesi Nato partecipanti.
  Lo scenario addestrativo è classificato e prevede profili di missione relativi all'intero spettro delle operazioni aeree.
  L'impiego degli armamenti è comunque simulato, ed è escluso che i velivoli trasportino bombe reali.
  All'esercitazione è associata normalmente la verifica della capacità operativa (o valutazione tattica) del reparto schierato presso la base ospitante l'esercitazione, a cura degli organismi preposti presso i Comandi Nato, attività certificativa a cui sono periodicamente soggette tutte le forze aeree dell'Alleanza.
  In merito al programma di ammodernamento dell'armamento nucleare tattico Usa esso è, per quanto noto, sotto la totale responsabilità e oneri a carico degli Usa e, a similitudine dell'armamento convenzionale, non è legato al vettore che dovrebbe essere eventualmente utilizzato per il trasporto.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   CALABRÒ e COSTA. — Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2012 il Ministero per la coesione territoriale, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha pubblicato il documento di indirizzo «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020» con cui ha avviato un confronto pubblico con le parti interessate per la preparazione dell'accordo di partenariato 2014-2020 per l'interlocuzione formale con la Commissione europea. L'utilizzo dei fondi comunitari per la coesione 2014-2020, e del relativo cofinanziamento nazionale, avverrà infatti sulla base di un accordo di partenariato;
   nell’«obiettivo tematico 9 – inclusione sociale e lotta alla povertà (promuovere l'inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione)» risulta inclusa l'unica azione per il «Rafforzamento/migliore caratterizzazione delle figure professionali che operano nelle politiche sociali: Migliorare la presa in carico e la qualità dei servizi attraverso una migliore definizione dei profili professionali e la crescita delle competenze degli operatori. Azioni: Investimento formativo nel sistema degli operatori socio-sanitari (ASL e Enti Locali) per implementare le competenze necessarie ad agire in contesti di governance multilivello e all'interno di dinamiche inter-organizzative e inter-istituzionali»;
   numerose istanze in proposito sono state formalizzate sia da parte degli assessori che da parte delle associazioni degli specializzandi universitari delle regioni obiettivo convergenza (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria) ai Ministeri competenti, senza avere mai ricevuto riscontro;
   durante i tavoli di confronto Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca - Ministero della salute è stata formalmente rappresentata la richiesta di supportare la destinazione di borse per gli specializzandi medici e non medici, nonché per medici di famiglia (MMG) e pediatri di libera scelta (PLS);
   il fabbisogno delle professioni sanitarie è monitorato da appositi osservatori misti salute-università, con particolare riguardo alle regioni sottoposte a piano di rientro, dove sono previsti controlli stringenti anche sulle politiche per il personale per la totale corrispondenza dei fabbisogni formativi con il mercato del lavoro attraverso lo strumento dell'adozione delle piante organiche da parte delle aziende sanitarie;
   molte discipline risultano oggi in carenza di professionisti specializzati e l'accoglimento delle specializzazione su fondi FSE consentirebbe di qualificare l'offerta formativa e di elevare il capitale sociale delle future generazioni;
   la commissione di studio sulle scuole di specializzazione di area sanitaria istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto ministeriale 3 luglio 2013, n. 598, riunitasi in data 17 ottobre 2013, si è espressa unanimemente a sostegno dell'iniziativa delle regioni volta all'autorizzazione da parte dei Ministeri competenti all'utilizzo dei finanziamenti del Fondo sociale europeo (FSE) – dotazione regioni «obiettivo convergenza» e regioni «obiettivo competitività» – per il finanziamento di contratti e borse di studio aggiuntivi per la formazione specialistica di medici e non medici –:
   se il Governo sia a conoscenza delle richieste e se abbia proposto ai tavoli di confronto per l'Europa l'utilizzo dei fondi FSE anche per la formazione dei medici specializzandi e delle altre figure non mediche, nonché per medici di famiglia e pediatri di libera scelta;
   se e come il Governo intenda prevedere la possibilità di finanziare anche interventi formativi post diploma e post laurea per le professioni sanitarie mediche e non mediche, nonché master post universitari a supporto dell'innovazione al fine di sostenere il cambiamento organizzativo. (4-02513)

  Risposta. — Si risponde, anche su delega del Presidente del Consiglio dei ministri, per quanto riguarda gli aspetti di competenza del Ministro per la coesione territoriale, all'interrogazione indicata in oggetto, concernente le modalità di impiego dei fondi comunitari per il periodo 2014-2020 e la possibilità di utilizzo dei predetti fondi per il finanziamento della formazione «dei medici specializzandi, delle altre figure non mediche, dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta».
  L'utilizzo dei fondi comunitari per la coesione 2014-2020 – il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) – in Italia è oggetto di un accordo di partenariato, concluso tra le autorità governative centrali, le autorità regionali e locali, le parti economiche e sociali e gli organismi che rappresentano la società civile, nonché di Programmi operativi nazionali (Pon) e Programmi operativi regionali (Por). Il primo è lo strumento nazionale di indirizzo, la cui struttura, articolata secondo obiettivi tematici, è definita dalla Commissione europea in un apposito documento, denominato «Linee guida sui contenuti dell'Accordo di partenariato». I secondi costituiscono gli strumenti di attuazione dell'accordo.
  Al fine di avviare le procedure di definizione delle strategie di impiego dei fondi comunitari, nel dicembre del 2012 il Ministro per la coesione territoriale, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha predisposto il documento di indirizzo denominato «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020», menzionato nell'interrogazione, diretto ad avviare un confronto pubblico in vista della conclusione del citato accordo di partenariato e della definizione dei programmi operativi.
  Il predetto confronto è iniziato nel febbraio 2013. Una bozza di accordo è in corso di elaborazione e sarà sottoposta all'approvazione della Commissione europea. Seguirà la definizione dei programmi operativi. In vista della conclusione dell'accordo, è in corso un approfondimento sulla possibilità di utilizzare parte delle risorse del Fondo sociale europeo per il finanziamento della formazione
post lauream, anche per l'ampliamento degli sbocchi occupazionali.
  Va peraltro precisato che tale destinazione delle risorse, nell'ambito della quale potrebbe rientrare il finanziamento per la formazione dei medici specializzandi, dall'interrogante auspicato, è prevista nell'ambito dell'obiettivo tematico n. 10, riferito al predetto Fondo sociale europeo e riguardante il rafforzamento dei percorsi di istruzione secondaria e terziaria e di formazione attraverso azioni finalizzate «all'innalzamento dei livelli di competenze, di partecipazione e di successo nell'istruzione universitaria e/o equivalente», piuttosto che nell'ambito dell'obiettivo n. 9, richiamato nell'interrogazione, che riguarda invece azioni volte alla lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
  Considerato che l'accordo di partenariato delinea un quadro generale di interventi, le singole azioni riferite alla formazione
post lauream dovranno comunque essere previste nei Programmi operativi nazionali o nei Programmi operativi regionali. Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che coordina la programmazione del Fondo sociale europeo, spetterà il compito di valutare l'ammissibilità degli interventi, la cui compatibilità con i regolamenti europei sarà poi valutata dalla Commissione europea.
  Il Ministro della salute e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno recentemente segnalato al Presidente del Consiglio l'importanza di includere la formazione dei medici specializzandi tra le attività finanziabili con i fondi strutturali europei e hanno chiesto che, nell'attuale negoziazione dell'accordo di partenariato, una particolare attenzione sia dedicata a questo tema. Si assicura che esso sarà adeguatamente approfondito insieme alle regioni e agli altri soggetti istituzionali coinvolti nella procedura di concertazione, attraverso la quale verranno definiti i tipi di intervento che caratterizzeranno i programmi operativi riferiti all'obiettivo tematico n. 10 del citato accordo.
  Non sembra invece necessario destinare i fondi in esame a
master universitari o ad altre iniziative formative post lauream per le professioni sanitarie mediche e non mediche, diverse dalla formazione specialistica, dato che le stesse sono sostenute in misura prevalente dagli atenei, anche attraverso i contributi versati da coloro che vi partecipano.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per i giovani è un ente di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 300 del 1999 dotato di autonomia regolamentate, organizzativa, gestionale, patrimoniale, finanziaria e contabile;
   è stata creata in attuazione della decisione 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario gioventù in azione per il periodo 2007-2013;
   è vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea;
   la mission istituzionale è volta, a promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, e in particolare la loro cittadinanza europea; sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani per rafforzare la coesione sociale; favorire la conoscenza, la comprensione e l'integrazione culturale tra i giovani di Paesi diversi; contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi di sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù; favorire la cooperazione nel settore della gioventù a livello locale, nazionale ed europeo;
   l'Agenzia nazionale per i giovani oltre ad essere quindi, lo strumento italiano di attuazione del programma, cura la progettazione e realizzazione di eventi e progetti speciali nel settore della gioventù, nonché l'elaborazione e la diffusione di analisi, ricerche e conoscenze riguardanti il mondo giovanile;
   il programma, in particolare, mira a rispondere, a livello europeo, alle esigenze dei giovani nella prospettiva di creare non solo maggiori o uguali opportunità nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro, ma anche con l'intento di promuovere l'impegno attivo, l'inclusione sociale e la solidarietà;
   i risultati conseguiti negli ultimi cinque anni hanno portato nel 2012 alla presentazione di 1.600 proposte progettuali per il programma gioventù in azione; di queste ben 580 sono state finanziate, oltre il doppio di quelle approvate nell'anno 2007 (246), anno di avvio del programma. Nella prima metà dell'anno 2013 (fino a maggio) le proposte sono aumentate fino a portarsi a 725 e sono stati già erogati dall'Agenzia nazionale per i giovani fondi per 7 milioni di euro. Tale valore è già superiore al totale dei progetti presentati nell'intero 2007, evidenziando la capacità dell'Agenzia nazionale per i giovani di gestire progetti numericamente triplicati rispetto all'anno di avvio del programma;
   sono cresciuti i fondi concessi dalla Commissione europea all'Agenzia, passati dagli iniziali 7 milioni di euro negli anni 2007-2010 ai 9,9 milioni di euro per il 2012 fino ai quasi euro 12 milioni per il 2013;
   l'Agenzia nazionale per i giovani spende il 99,9 per cento dei fondi assegnati e la strategia e la metodologia impiegate hanno, dunque, consentito all'Agenzia di diventare il punto di riferimento in Italia per le iniziative di mobilità giovanile e di facilitazione dell'inclusione, nonché per l'educazione non formale focalizzata su temi di carattere sociale; l'Agenzia ha, altresì, rafforzato il proprio ruolo di supporto operativo nell'avvicinare i giovani ed il mondo associativo alle opportunità offerte dall'Unione europea –:
   per quale ragione non si sia provveduto a nominare il direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani, nonostante tale carica sia vacante del 29 luglio 2013, a seguito della decadenza automatica del precedente direttore ex articolo 19, comma 8, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   per quale ragione, pur avendo la possibilità di prorogare il precedente incarico, si siano lasciati trascorrere i novanta giorni senza alcuna comunicazione né indicazione sulle intenzioni del Governo relativamente al management dell'Agenzia;
   se non si intenda procedere con celerità, anche in considerazione del vulnus creato dalla mancata previsione statutaria di una delega compiuta di poteri, causa di un sostanziale immobilismo dell'ente in questione;
   se non si ritenga urgente provvedere, per non vanificare i risultati raggiunti dal 2008 a oggi dall'Agenzia nazionale per i giovani nell'attuazione del programma comunitario «gioventù in azione», con una capacità di spesa dei fondi comunitari prossima al cento per cento e il puntuale rispetto delle scadenze poste dalla Commissione europea, risultati che avrebbero garantito una serena transazione alla nuova generazione di programmi 2014/2020 con ERASMUS PLUS, ponendo l'Agenzia nazionale per i giovani fra i soggetti compliant rispetto ai requisiti richiesti dall'Unione europea per la gestione del nuovo programma;
   se il mancato intervento sul management di una Agenzia che finanzia progetti che favoriscono l'inclusione di giovani con minori opportunità, sia sul territorio nazionale che promuovendo la mobilità transfrontaliera, non possa determinare grave nocumento a tali progetti a causa del blocco delle normali procedure di erogazione dei contributi e dalla mancata assistenza relativamente al corretto ciclo di vita dei progetti già finanziati. (4-01686)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia Nazionale per i Giovani è un ente di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 300 del 1999 dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale, finanziaria e contabile;
   è stata creata dal Parlamento italiano in attuazione della Decisione 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario Gioventù in Azione per il periodo 2007-2013;
   è vigilata dal Governo Italiano e dalla Commissione Europea;
   la mission istituzionale è volta a promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, e in particolare la loro cittadinanza europea; sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani per rafforzare la coesione sociale; favorire la conoscenza, la comprensione e l'integrazione culturale tra i giovani di Paesi diversi; contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi di sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù; favorire la cooperazione nel settore della gioventù a livello locale, nazionale ed europeo;
   l'ANG oltre ad essere quindi, lo strumento italiano di attuazione del Programma, cura la progettazione e realizzazione di eventi e progetti speciali nel settore della Gioventù, nonché l'elaborazione e la diffusione di analisi, ricerche e conoscenze riguardanti il mondo giovanile;
   il Programma, in particolare, mira a rispondere, a livello europeo, alle esigenze dei giovani nella prospettiva di creare non solo maggiori o uguali opportunità nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro, ma anche con l'intento di promuovere l'impegno attivo, l'inclusione sociale e la solidarietà;
   i risultati conseguiti negli ultimi cinque anni hanno portato nel 2012 alla presentazione di 1.600 proposte progettuali per il Programma Gioventù in Azione; di queste ben 580 sono state finanziate, oltre il doppio di quelle approvate nell'anno 2007 (246), anno di avvio del Programma. Nella prima metà dell'anno 2013 (fino a maggio) le proposte sono aumentate fino a portarsi a 725 e sono stati già erogati dall'ANG fondi per 7 milioni di euro. Tale valore è già superiore al totale dei progetti presentati nell'intero 2007, evidenziando la capacità dell'ANG di gestire progetti numericamente triplicati rispetto all'anno di avvio del Programma;
   sono cresciuti i fondi concessi dalla Commissione Europea all'Agenzia, passati dagli iniziali 7 milioni di euro negli anni 2007-2010 ai 9,9 milioni di euro per il 2012 fino ai quasi euro 12 milioni per il 2013;
   l'Agenzia Nazionale per i Giovani spende il 99,9 per cento dei fondi assegnati e che la strategia e la metodologia impiegate hanno, dunque, consentito all'Agenzia di diventare il punto di riferimento in Italia per le iniziative di mobilità giovanile e di facilitazione dell'inclusione, nonché per l'educazione non formale focalizzata su temi di carattere sociale e che l'Agenzia ha, altresì, rafforzato il proprio ruolo di supporto operativo nell'avvicinare i giovani ed il mondo associativo alle opportunità offerte dall'Unione Europea;
   per quale ragione non si sia provveduto a nominare il Direttore Generale dell'Agenzia Nazionale per i Giovani, nonostante tale carica sia vacante dal 29 luglio 2013, a seguito della decadenza automatica del precedente Direttore ex articolo 19 comma 8 decreto legislativo n. 165 del 2001;
   per quale ragione, pur avendo la possibilità di prorogare il precedente incarico, si siano lasciati trascorrere i novanta giorni senza alcuna comunicazione né indicazioni sulle intenzioni del Governo relativamente al management dell'Agenzia;
   se non si intenda procedere con celerità, anche in considerazione del vulnus creato dalla mancata previsione statutaria di una delega compiuta di poteri, causa di un sostanziale immobilismo dell'Ente in questione;
   se non si ritenga urgente provvedere, per non vanificare i risultati raggiunti dal 2008 a oggi dall'Agenzia Nazionale per i Giovani nell'attuazione del Programma comunitario «Gioventù in Azione», con una capacità di spesa dei fondi comunitari prossima al cento per cento e il puntuale rispetto delle scadenze poste dalla Commissione Europea; tali risultati avrebbero garantito, infatti, una serena transazione alla nuova generazione di Programmi 2014/2020 con ERASMUS PLUS, ponendo l'Agenzia Nazionale per i Giovani fra i soggetti compliant rispetto ai requisiti richiesti dalla CE per la gestione del nuovo Programma;
   se non si consideri particolarmente grave un mancato intervento sul management di una Agenzia che finanzia progetti che favoriscono l'inclusione di giovani con minori opportunità, sia sul territorio nazionale che promuovendo la mobilità transfrontaliera, che potrebbero avere grave nocumento dal blocco delle normali procedure di erogazione dei contributi e dalla mancata assistenza relativamente al corretto ciclo di vita dei progetti già finanziati. (4-01701)

  Risposta. — Con le interrogazioni in esame, di contenuto sostanzialmente identico, l'interrogante richiama l'attenzione in merito ad alcune questioni che riguardano l'Agenzia nazionale per i giovani e, in particolare, la mancata nomina del nuovo direttore generale dell'agenzia, a seguito della scadenza dell'incarico del precedente direttore generale della medesima.
  In proposito mi preme, innanzitutto, comunicare che il Consiglio dei Ministri, su mia proposta, nella riunione del 27 dicembre 2013, ha nominato il dottor Giacomo D'Arrigo, direttore generale dell'agenzia nazionale per i giovani.
  Il percorso che ha portato a tale nomina non è stato veloce perché si è voluto procedere in maniera approfondita alla valutazione e all'individuazione di una personalità che fosse in possesso dei requisiti di professionalità specifici per lo svolgimento del delicato incarico in questione.
  Sono convinta che la scelta del dottor D'Arrigo, anche in virtù della sua precedente esperienza di amministratore e coordinatore di Anci Giovani, nel corso della quale ha potuto conoscere da vicino e in modo concreto le problematiche e le potenzialità delle nuove generazioni presenti nelle istituzioni locali, rappresenti la scelta migliore per il futuro dell'agenzia.
  Approfitto per fornire, comunque, alcuni chiarimenti in merito agli aspetti amministrativi riguardanti la nomina in questione presso l'agenzia che sono stati richiesti dall'interrogante nelle interrogazioni in esame.
  L'agenzia nazionale per i giovani, come peraltro espressamente richiamato nelle interrogazioni, è stata creata in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario «Gioventù in azione» per il periodo 2007/2013. L'agenzia, vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea, oltre ad essere l'organismo italiano di attuazione del predetto programma, cura la promozione e la realizzazione di progetti speciali nel settore della gioventù, l'elaborazione e la diffusione di analisi e ricerche riguardanti il mondo giovanile, rappresentando un punto di riferimento in Italia per le iniziative di mobilità giovanile, per favorire la cooperazione nel settore della gioventù a livello locale, nazionale ed europeo, nonché per la valorizzazione delle competenze acquisite nei processi di educazione non formale su temi di carattere sociale.
  L'incarico di direttore generale dell'agenzia nazionale per i giovani, previsto dall'articolo 5 dello Statuto dell'agenzia (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2007, n. 156), è conferito con mandato triennale rinnovabile una sola volta, a persona con comprovata esperienza e professionalità nel settore delle politiche giovanili, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, con la procedura prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.
  Tale procedura prevede il conferimento dell'incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che stabilisce che il conferimento degli incarichi di segretario generale di ministeri, degli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente, avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli delle amministrazioni o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso di specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste. Tale procedura è stata seguita per la nomina del nuovo direttore dell'agenzia nazionale per i giovani.
  Con riguardo poi ai chiarimenti in merito all'eventuale delega di funzioni di rappresentanza dell'agenzia a soggetto diverso dal direttore generale, in attesa della sua nomina, lo Statuto dell'agenzia non prevede tale ipotesi e, come riferisce l'agenzia stessa, tale delega di funzioni non è contemplata neanche nel relativo regolamento di organizzazione.
  È per tale motivo che non si è potuto procedere, nei mesi successivi alla scadenza dell'incarico del precedente direttore generale, al conferimento di una delega nelle more della nuova nomina.
  Per completezza, si segnala che le funzioni del direttore generale sono riportate nell'articolo 5 dello Statuto dell'agenzia che prevede che lo stesso abbia, oltre che funzioni di rappresentanza dell'agenzia, di direzione della struttura e di responsabilità della gestione e dell'attuazione delle direttive impartite dai ministri vigilanti, anche «compiti di direzione, coordinamento e controllo, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'agenzia» e che sia «responsabile dei risultati complessivamente raggiunti in attuazione degli indirizzi dei ministri vigilanti. In particolare, il direttore generale:
a) determina i programmi per dare attuazione agli obiettivi della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e agli indirizzi dei ministri vigilanti; b) alloca le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili per l'attuazione dei programmi secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza, nonché di rispondenza dell'attività svolta al pubblico interesse; c) definisce l'articolazione delle strutture operative dell'agenzia; d) promuove e mantiene relazioni con i competenti organismi dell'Unione europea per lo svolgimento delle attività connesse all'attuazione del programma «Gioventù in azione».
  Con riferimento alle preoccupazioni espresse dall'interrogante in merito alla gestione amministrativa dell'agenzia durante i mesi trascorsi in attesa della nomina del nuovo direttore generale, posso rassicurare circa il fatto che le attività dell'agenzia sono state comunque portate avanti e che nessun pregiudizio si è verificato.
  In particolare, per quanto concerne il programma
Erasmus plus 2014/2020, a seguito di specifica richiesta della direzione generale educazione e cultura della Commissione europea del 5 luglio 2013, con la quale, tra l'altro, le attuali autorità nazionali sono state invitate a procedere alla designazione provvisoria dell'agenzia nazionale per tale programma, il dipartimento per le politiche giovanili, previa acquisizione del nulla osta del mio Gabinetto, ha comunicato alla Commissione europea, con nota del 9 agosto 2013, in qualità di attuale autorità nazionale del programma «Gioventù in azione», la designazione provvisoria dell'agenzia nazionale per i giovani quale autorità competente per il settore gioventù del programma Erasmus plus 2014/2020.
  Voglio, quindi, rassicurare l'interrogante che l'agenzia, ora pienamente operativa per effetto della recente nomina del direttore generale, porterà avanti il nuovo programma europeo
Erasmus plus 2014/2020 nel quale si riscontrano alcuni elementi di continuità rispetto al programma «Gioventù in azione» ma anche taluni aspetti innovativi.
  Il nuovo programma, in particolare, è articolato in tre azioni chiave: la mobilità individuale ai fini dell'apprendimento, la cooperazione per l'innovazione e lo scambio di buone prassi e il sostegno alle riforme delle politiche.
  L'obiettivo dei programmi europei è quello di migliorare le opportunità di occupazione per i giovani in un mercato del lavoro che risulta sempre più competitivo e aperto alle sfide dell'internazionalizzazione. L'Agenzia lavorerà in quest'ambito, collaborando in modo fattivo con le altre istituzioni nazionali che gestiranno
Erasmus plus, ossia l'istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e l'istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, e con le istituzioni europee.
  Sono sicura che l'entusiasmo con cui il nuovo direttore generale ha assunto l'incarico e la sua specifica esperienza e conoscenza del mondo giovanile, consentiranno all'agenzia nazionale per i giovani di realizzare al meglio gli obiettivi del programma 2014/2020, favorendo l'incremento delle opportunità lavorative per i giovani che rappresenta un fondamentale risultato nell'attuale difficile periodo di crisi economica italiana e internazionale.

Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul sito internet delle Ferrovie dello Stato è attualmente possibile consultare alcune pagine relative alle politiche per la sicurezza che il gruppo adotta per tutelare l'incolumità dei viaggiatori, del personale e dei beni, sia nelle stazioni ferroviarie che a bordo dei treni, con una serie di indicazioni pratiche e consigli utili per l'utenza;
   particolare risalto viene attribuito, in particolare, alla presenza all'interno delle stazioni degli agenti di polizia ferroviaria e al ruolo svolto da FS Holding, per il tramite della direzione protezione aziendale, nella cura delle politiche della security in collaborazione con la Polfer;
   sono tuttavia numerose le segnalazioni di cittadini e utenti che, quotidianamente, subiscono furti, borseggi, rapine ed aggressioni all'interno e nelle aree esterne antistanti le stazioni ferroviarie, in particolar modo durante le ore serali e notturne;
   di analogo rilievo sono le condizioni di sicurezza a bordo dei convogli, sia quelli adibiti al trasporto locale che quelli a media e lunga percorrenza, da molti ritenuti privi di idonea sorveglianza anche per la scarsa presenza di personale all'uopo utilizzato;
   negli ultimi anni in Italia si è verificato un notevole incremento dei controlli di sicurezza all'interno degli aeroporti, divenuti «luoghi sensibili» in particolare a seguito dei tragici attentati dell'undici settembre 2001 ed oggetto di un costante quanto opportuno presidio da parte delle forze dell'ordine e del personale addetto;
   le stazioni ferroviarie italiane, specie quelle principali site nei maggiori centri metropolitani, per l'elevato numero di utenti che quotidianamente utilizzano il treno ed i cittadini che lavorano presso i centri commerciali posti, all'interno delle stazioni stesse, rappresentano di fatto dei luoghi sensibili meritevoli di sistemi di sicurezza analoghi a quelli presenti negli aeroporti;
   peraltro eventuali attentati dinamitardi sui treni, soprattutto quelli ad alta velocità, per il numero di utenti potrebbero provocare danni e vittime addirittura superiori rispetto ad un atto terroristico commesso ai danni di un aereo;
   risulta pertanto evidente la necessità di potenziare fortemente i controlli ed i sistemi di sicurezza all'interno ed all'esterno delle stazioni ferroviarie, in particolare quelle servite dai treni ad alta velocità;
   le suddette esigenze potrebbero essere soddisfatte anche attraverso l'impiego di personale esterno, rappresentato da volontari in ferma prefissata che, attraverso apposite procedure selettive ed al termine di un periodo di specifica formazione da parte di Trenitalia, potrebbero essere prontamente utilizzati per incrementare le politiche di security sopra citate –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di soddisfare l'esigenza di maggiore sicurezza all'interno ed all'esterno delle stazioni ferroviarie, anche attraverso forme di collaborazione con i soggetti pubblici e privati coinvolti, introducendo sistemi di controllo analoghi a quelli presenti negli scali aeroportuali, con particolare riferimento ai treni ad alta velocità;
   se il Governo ritenga possibile, anche in considerazione dello stato di inoccupazione di aliquote di personale militare fuori servizio, previsto dal blocco del turn-over, prevedere l'impiego di volontari in ferma prefissata per assolvere alle funzioni di presidio e controllo dei principali scali ferroviari. (4-00722)

  Risposta. — Vorrei rimarcare, in primo luogo, come la Difesa ritenga fondamentale assicurare un contributo significativo per la tutela dell'ordine pubblico – nel quadro di piena collaborazione con il competente Ministero dell'interno – prevedendo, a tal fine, un cospicuo impiego di personale delle Forze armate, la cui attività ha portato a risultati di rilievo incontrando, in particolare, il pieno apprezzamento della popolazione.
  Fatta questa doverosa precisazione, con riferimento alla situazione rappresentata in premessa nell'interrogazione in esame, evidenzio che, nell'ambito dell'operazione «strade sicure» – avviata il 4 agosto 2008 nelle più importanti città italiane al fine di supportare le Forze dell'ordine nei compiti di controllo del territorio – le Forze armate svolgono, tra l'altro, compiti di vigilanza presso le stazioni ferroviarie di Ancona, Bari, Bergamo, Bologna, Brescia, Foggia, Lunghezza (Roma), Padova, Palermo, Parma, Pescara, Prato, Rimini, Roma Ostiense, Roma Tiburtina, Roma Trastevere, Venezia, Verona, come disposto dalle locali autorità prefettizie.
  Ulteriori impieghi di personale militare della Difesa, nello specifico settore, potranno essere eventualmente rappresentate dal Ministro dell'interno che, in caso di eccezionali esigenze, può richiedere l'intervento delle Forze armate.
  In merito alla problematica del turn-over, osservo che, qualora le esigenze di sicurezza siano condivise anche da parte degli altri enti pubblici e privati coinvolti, nulla osta alle forme di collaborazione auspicate dall'interrogante, eventualmente finalizzate all'impiego del personale inoccupato o all'individuazione di specifiche misure d'inserimento nel mondo del lavoro a favore del personale congedato senza demerito, analogamente a quanto già previsto dagli articoli 1013 e 1014 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   COLONNESE, CARINELLI, NESCI, SIBILIA, VIGNAROLI, LUIGI GALLO, TOFALO, SILVIA GIORDANO, MICILLO e FICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2013 è avvenuto l'ennesimo sbarco sulle coste di Lampedusa, che questa volta è costato la vita a centinaia di migranti tra cui donne e bambini: una tragedia annunciata, dato il flusso migratorio continuo verso il nostro Paese;
   ai fini di una maggiore armonizzazione delle diverse prassi nazionali e delle norme vigenti nella Unione europea è stato istituito l'ufficio europeo di sostegno per l'asilo (regolamento 19 maggio 2010 n. 439/2010) per sviluppare le misure di cooperazione fra gli Stati membri;
   si è consolidata una tradizione d'accoglienza a Lampedusa allorquando i recuperi potrebbero avvenire con destinazioni diverse, come a Malta o in Sicilia;
   esistono molteplici raccomandazioni, in primis del Consiglio d'Europa, rivolte all'Italia dalle organizzazioni internazionali (intergovernative, giudiziarie e non governative) che richiedono un immediato e necessario cambio di indirizzo politico in materia, considerando sbagliate o controproducenti le misure adottate dal nostro Paese in questi ultimi anni per gestire l'immigrazione che è destinata a continuare –:
   se l'Italia abbia fatto ricorso all'ufficio europeo di sostegno per l'asilo (regolamento 19 maggio 2010 n. 439/2010) e quale sostegno operativo tecnico e scientifico abbia ricevuto il nostro Paese dal suddetto ufficio;
   come si intenda far fronte dal punto di vista economico alla soluzione del problema del flusso;
   in che maniera siano stati utilizzati i fondi europei stanziati sino ad ora e in che modo s'intendano utilizzare quelli previsti dalla Banca europea per gli investimenti per la gestione dei flussi migratori per il prossimo triennio. (4-02103)

  Risposta. — Il Governo italiano aveva avanzato una richiesta di sostegno speciale all'Agenzia europea di supporto all'asilo (European asylum support office) nel dicembre 2012, proprio al fine di rafforzare i livelli qualitativi del sistema nazionale di asilo e di accoglienza, anche in vista dell'entrata in vigore delle nuove normative sul sistema europeo di asilo. Tale richiesta è stata accolta favorevolmente proprio in considerazione delle forti pressioni a cui è sottoposto il nostro Paese per la sua posizione geografica. Di conseguenza, il 4 giugno scorso, il capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno e il direttore esecutivo di Easo hanno sottoscritto a Malta un piano di supporto speciale per l'Italia, che prevede assistenza tecnica e operativa fino a tutto il 2014, in settori prioritari come l'analisi statistica, le informazioni sui paesi di origine, la procedura Dublino, il sistema di accoglienza e la formazione. In questi settori, l'Agenzia metterà in campo 42 attività di supporto che prevedono, tra l'altro, sessioni formative, workshop tematici e linee guida operative, con l'obiettivo di dare concreta attuazione agli strumenti del Sistema comune europeo di asilo (Ceas).
  Per quanto riguarda l'utilizzo di specifici fondi europei, all'inizio di ottobre 2013 il commissario europeo per gli affari interni ha riferito i dati relativi ai fondi europei creati con il «Programma generale solidarietà e gestione dei flussi migratori» per il periodo 2007-2013. In particolare, all'Italia sono stati erogati quasi 480 milioni di euro nell'intero periodo. L'utilizzo dei fondi è consentito solo per il conseguimento delle finalità per le quali essi sono stati costituiti. Pertanto, non possono essere finanziati, ad esempio, interventi emergenziali o situazioni straordinarie estranee agli scopi della programmazione. Le attività finanziate dai fondi europei, inoltre, non si esauriscono in una sola annualità, ma si possono concludere in anni successivi a quello di riferimento, di conseguenza possono essere ancora in corso i controlli per determinare l'importo effettivamente speso. Con riferimento all'annualità 2012, quindi, i progetti finanziati possono essere in fase di avvio o attuazione, mentre per il 2013 sono ancora in fase di selezione o di approvazione.
  Il programma quadro opera tramite quattro strumenti, ognuno dei quali è dedicato a uno specifico aspetto del fenomeno migratorio: il Fondo europeo per i rifugiati (Fer), quello per i rimpatri (Fr), quello per l'integrazione di cittadini di Paesi terzi (Fei) e quello per le frontiere esterne. In particolare, il Fondo europeo per i rifugiati è stato istituito per il periodo 2008-2013 al fine di sostenere e promuovere gli sforzi compiuti dagli Stati membri in vista dell'accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo e finanzia progetti di «capacity building» per creare soluzioni di accoglienza durature nel tempo. Destinatari di tale fondo sono gli enti locali e le associazioni che si occupano di rifugiati e di richiedenti protezione internazionale. Nel corso del periodo di programmazione 2008-2010, rispetto alle risorse stanziate di oltre 21 milioni di euro, ne sono state utilizzate circa l'87 per cento. Per il periodo 2011-2013 sono stati assegnati più di 40 milioni di euro, per progetti sottoposti ancora a controllo da parte delle autorità competenti ovvero ancora in fase di attuazione.
  Nell'ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale, che coprirà il periodo dal 2014 al 2020, il nuovo Fondo asilo e migrazione sostituirà, unificandoli, i tre Fondi gestiti dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione (Fei, Fer, Fr). Per quanto riguarda la programmazione nazionale di tale Fondo, il 18 ottobre scorso il Ministero dell'interno ha presentato le proprie proposte, che sono state accolte e condivise dalla Commissione. Il relativo programma nazionale relativo agli obiettivi e alle azioni previste per il prossimo settennio finanziario, a partire dal 2014, è attualmente in corso di definizione. L'Italia sarà destinataria di 350 milioni di euro circa, somma corrispondente al secondo stanziamento più alto tra i Paesi dell'Unione europea, dopo la Gran Bretagna.
  In particolare, si prevede di impiegare il fondo per migliorare la ricettività e le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo; per migliorare la qualità e celerità dei procedimenti in materia di asilo, anche tramite la cooperazione con Easo; per promuovere il rimpatrio volontario e realizzare politiche efficaci e sostenibili di rimpatrio; per migliorare le procedure di rimpatrio e le condizioni per il trattenimento degli stranieri; per realizzare un sistema efficace di monitoraggio del rimpatrio forzato. Inoltre, sono previste azioni finalizzate all'integrazione dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti (inclusi i beneficiari di protezione internazionale) attraverso la formazione civico-linguistica; l'accesso ai servizi, per sostenerne una migliore fruizione da parte dei cittadini di Paesi terzi; gli interventi relativi all'inserimento nel sistema scolastico, compreso il contrasto alla dispersione e all'abbandono; gli interventi finalizzati all'inserimento socio-lavorativo ed abitativo dei titolari di protezione internazionale. Sono previsti anche interventi in favore dei minori stranieri non accompagnati, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre al miglioramento delle metodologie di determinazione dell'età e al rafforzamento dei programmi di rintraccio dei familiari.
  Per quanto riguarda, più in generale, la gestione dei flussi migratori, si ricorda che in occasione del Consiglio giustizia e affari interni (Gai) dell'Unione europea incentrato su immigrazione e asilo – svoltosi a Lussemburgo l'8 ottobre scorso, proprio a pochi giorni dalla tragedia di Lampedusa – il Governo italiano ha richiesto più attenzione per i costi maggiori sostenuti dai paesi che gestiscono gli arrivi via mare e ha ottenuto che Frontex sia rafforzata, rendendo più efficace la sorveglianza della frontiera marittima. Infine, è stata sottolineata anche la necessità di rivedere la normativa europea sull'asilo, in particolare il regolamento di Dublino in base al quale lo Stato membro che per primo accoglie il richiedente è competente a esaminare la domanda d'asilo.
  Infine, il 22 novembre scorso presso il Ministero dell'interno si è svolto un incontro con il vicepresidente della Banca europea per gli investimenti (Bei), proprio al fine di verificare la possibilità – come auspicato nell'interrogazione – di uno stanziamento di fondi da parte della Bei. Tali fondi potrebbero essere assegnati all'Italia in seguito a una richiesta di prestiti avanzata in un ambito di progettualità; inoltre, in ragione della massiccia esposizione all'afflusso di stranieri, un contributo della Bei potrebbe essere assegnato direttamente al comune di Lampedusa.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   COLONNESE, DA VILLA, TOFALO, SILVIA GIORDANO, MICILLO, SIBILIA, MANNINO, TONINELLI, LOREFICE, DE LORENZIS e BECHIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti, nel comune di Ravello (Salerno), a seguito dell'inchiesta «Casa Brunetta» della trasmissione televisiva Report andata in onda su Rai Tre il 18 novembre, sono emersi una serie di fatti inerenti ad alcune nomine nell'ambito della pubblica amministrazione da parte dell'ex Ministro Renato Brunetta;
   questi, infatti, a partire dall'acquisto di un immobile a Ravello ha intrecciato una serie di relazioni, in particolare con l'allora sindaco Secondo Amalfitano la cui carriera è venuta alla luce proprio in virtù dell'inchiesta giornalistica. Ai tempi della ristrutturazione dell'abitazione, infatti, costui ricopriva tale carica e il Ministro Brunetta lo ha nominato consulente al Ministero, nonostante fosse formalmente iscritto ad un partito politico avverso rispetto a quello che esprimeva il Ministro e che in Parlamento svolgeva l'opposizione;
   inoltre, a luglio 2009 Secondo Amalfitano è stato nominato presidente di Formez Italia spa, società creata proprio in quel momento con le stesse funzioni del Formez, la cui funzione è quella di organizzare concorsi nella pubblica amministrazione. Tale società, dopo solo due anni è stata nuovamente accorpata al Formez mediante una fusione e Secondo Amalfitano è divenuto dirigente a tempo determinato con le stesse mansioni e la medesima retribuzione;
   gli interroganti ritengono inusuale e inspiegabile l'operazione svoltasi con la creazione di Formez Italia spa che solo due anni dopo è stata fusa con la società originaria, che andrebbero verificate le motivazioni economico-funzionali che hanno determinato tale scelta la cui durata è stata palesemente breve, e che andrebbero verificati i criteri che hanno determinato la selezione di Secondo Amalfitano come presidente e poi dirigente, in virtù dei rapporti con l'allora Ministro posto al vertice della struttura –:
   quali siano le iniziative di competenza che il Governo intende adottare in merito. (4-02906)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto in oggetto con cui l'interrogante, a seguito dell'inchiesta «Casa Brunetta» della trasmissione televisiva Report, chiede chiarimenti in ordine alle motivazioni economico-funzionali che hanno determinato la scelta di costituire FormezItalia SpA.
  Al riguardo si rappresenta quanto segue.
  Con il decreto legislativo n. 6 del 25 gennaio 2010 si è concluso il processo di riorganizzazione del FormezPA (già Formez) in conformità agli obiettivi di cui all'articolo 24 della legge n. 69 del 2009; in attuazione di tale disposizione la missione dell'Istituto è stata suddivisa in due blocchi di attività: settore formazione e settore servizi e assistenza tecnica.
  L'assemblea dell'Ente – cui partecipano oltre al Dipartimento per la funzione pubblica, regioni, province e comuni – ha quindi promosso, nel luglio 2009, la costituzione di una struttura dedicata, denominata FormezItalia SpA e ha proceduto a nominare il dottor Secondo Amalfitano, consigliere di amministrazione di FormezPA, presidente dell'Ente stesso. Tale incarico, è stato poi riconfermato alla scadenza del primo mandato, nel marzo 2012.
  Per quanto attiene alla questione della fusione per incorporazione di FormezItalia da parte di FormezPA, si è provveduto in tal senso in attuazione di quanto disposto dall'articolo 4, comma 6-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, laddove prevede che il FormezPA «(...) non può detenere il controllo in società o in altri enti privati (...)».
  In tale contesto, al fine dichiarato di garantire la continuità amministrativa della struttura, il contenimento dei costi e il riassorbimento del personale, il Consiglio di amministrazione di Formez in data 19 settembre 2012 (cfr. articolo 5 Progetto di fusione) ha deciso di continuare ad avvalersi del dottor Secondo Amalfitano (fino alla scadenza del suo mandato prevista per aprile 2015), in qualità di dirigente responsabile dell'area a cui sono state trasferite tutte le attività proprie della società incorporata.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazioneGianpiero D'Alia.


   COSTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la regione Piemonte è una delle zone geografiche di maggior produzione vitivinicola nell'intera Unione europea, con oltre 46.000 ha vitati e 2.300.000 ettolitri di vino prodotti nel solo anno 2012;
   il numero delle DOC e DOCG risulta essere, rispettivamente, di 42 e 16 vitigni, un record assoluto nel panorama nazionale ed internazionale, a conferma della grande tradizione — storica, oltre che economica — del settore vitivinicolo piemontese;
   il 35 per cento della produzione vinicola piemontese è destinato all’export, garantendo a tale settore il primato nel quadro economico regionale;
   negli ultimi mesi si sono verificate numerose ispezioni, da parte dell'Ispettorato controllo qualità dei prodotti agroalimentari, miranti a garantire l'applicazione delle infinite disposizioni the regolano il settore;
   oggetto di contestazione sono state, soprattutto, le informazioni aggiuntive apposte in etichetta. Tali informazioni, presenti in etichetta ormai da molti anni, sono utilizzate dalle aziende per permettere il diffondersi tra i consumatori di un'educazione al vino ed al bere responsabilmente e consapevolmente, oltre che per tutelare, anche sotto il profilo storico, il territorio di provenienza di grandi cru come Barolo e Barbaresco;
   la normativa italiana in materia, peraltro, è estremamente più restrittiva rispetto alle normative comunitarie, che permettono di inserire anche ulteriori indicazioni utili al consumatore;
   tutti gli altri Paesi europei, quindi, operano in un regime di maggior liberalità, liberando i propri produttori da un apparato burocratico che, al contrario, ostacola i produttori italiani che si ritrovano a competere in un mercato globale con questo deficit comunicativo;
   questo atteggiamento da parte delle autorità, seppure supportato dalla legge, ha permesso l'elevazione di numerose pesanti sanzioni, senza offrire ai produttori — almeno a coloro i quali abbiano sbagliato in buona fede — la possibilità di modificare e correggere entro breve tempo le etichette errate;
   il citato atteggiamento sanzionatorio giunge in un periodo economico particolarmente difficile e va esattamente nella direzione opposta ad una logica di collaborazione tra lo Stato e le Imprese, che mai come ora hanno la necessità di collaborare;
   se, da un lato, tali controlli sono giusti e corretti per garantire allo stesso settore vitivinicolo quella trasparenza che, talvolta, negli ultimi anni è venuta a mancare, dall'altro non possono prescindere dalla tradizione e dalle consuetudini che hanno permesso a questo importante settore dell'economia regionale e nazionale di essere traino, anche in un periodo di depressione dei consumi –:
   se ritenga di svolgere un monitoraggio in ordine a quanto esposto in premessa e, più in generale, rispetto all'attività dell'ispettorato;
   se non intenda avviare un confronto con i produttori, le associazioni di categoria e le istituzioni locali per avviare un approfondimento finalizzato a correggere eventuali anomalie normative presenti nel nostro ordinamento. (4-02166)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si evidenzia che la materia vitivinicola è specificatamente disciplinata dai regolamenti CE n. 1234 del 2007 e n. 607 del 2009 nonché dalla normativa nazionale attuativa di cui al decreto legislativo n. 61 del 2010 e al decreto ministeriale 13 agosto 2012 che stabiliscono precise regole obbligatorie per gli operatori anche in relazione all'utilizzo in etichettatura delle cosiddette «indicazioni libere». In particolare, il decreto richiamato detta le condizioni per evitare che il consumatore sia tratto in inganno per quanto concerne sia le denominazioni delle DOP ed IGP che i nomi delle menzioni tradizionali protette.
  Inoltre, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2000/13/CE, concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché la relativa pubblicità, consente di riportare in etichetta, oltre alle indicazioni obbligatorie, anche i marchi commerciali e tutte le possibili informazioni rivolte al consumatore, purché siano conformi alla legge ed in ogni caso veritiere e documentabili.
  A tali regole, si aggiungono anche i disciplinari di produzione dei vini a DOP (DOCG e DOC) ed IGP (IGT), i quali, al fine di tutelarne la qualità, stabiliscono requisiti rigorosi per le uve, i mosti ed i vini al fine di poter conservare nel tempo il riconoscimento della denominazione o indicazione d'origine protetta e le relative indicazioni in etichetta.
  Le predette norme, inoltre, consentono di tracciare, dal vigneto alla cantina, i prodotti in esame e di conseguenza permettono di tutelare la correttezza delle transazioni commerciali al fine di salvaguardare i consumatori da possibili fenomeni fraudolenti.
  In tale contesto agiscono tutti gli organi di controllo del settore, tra cui l'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ai quali spetta il compito di verificare l'osservanza delle norme citate applicando, in caso di illeciti o illegalità, le corrispondenti sanzioni anche d'importo elevato come previsto dal legislatore a tutela di uno dei settori più importante della nostra produzione agroalimentare.
  L'attività di controllo è un fattore decisivo nelle politiche di sviluppo del comparto, per il concreto apporto di affidabilità e sicurezza del sistema agroalimentare nazionale, in un'ottica di trasparenza, conoscibilità e competitività del sistema produttivo.
  L'attenzione verso il settore vitivinicolo di qualità è, pertanto, doverosamente costante perché contribuisce al successo nel mondo del made in Italy, e rilevanti sono i risultati assicurati dall'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari nella lotta alla contraffazione dei prodotti, condotta in conformità con le norme vigenti, improntando i controlli sulle imprese secondo procedure prestabilite atte a garantirne l'imparzialità, l'equità e la correttezza.
  L'attività dell'ispettorato è impostata sulla base delle linee guida generali e delle priorità della programmazione annuale che sul territorio è articolata in funzione delle specificità e secondo l'analisi del rischio su fattori oggettivi, quali la rilevanza economica dei settori merceologici, le caratteristiche dell'organizzazione produttiva e commerciale delle differenti filiere, i flussi di introduzione dei prodotti da Stati membri e da Paesi extracomunitari, l'andamento delle produzioni e dei prezzi di mercato e i dati sugli illeciti storicamente accertati.
  L'andamento dei controlli espletati è monitorato sistematicamente per una valutazione operativa sia in fase di svolgimento che dopo l'acquisizione dei risultati complessivi. Dai dati del monitoraggio sulle ispezioni svolte nei primi sei mesi del 2013, risulta, ad esempio, che su tutto il territorio nazionale ne sono state eseguite 12.784 ossia il 51 per cento di quelle programmate per l'intera annualità e che, nell'ambito del Piemonte, regione cui si riferisce l'interrogante, l'ufficio periferico di Torino ha effettuato 1.248 ispezioni sulle 2.235 in programma, confermando la percentuale di realizzazione dell'attività di tutte le altre zone produttive italiane.
  Premesso quanto sopra, in relazione alla richiesta di avviare un confronto con i produttori, confermo la disponibilità degli uffici ministeriali ad accogliere iniziative specifiche in tal senso per incontri collaborativi e tavoli tecnici nell'ottica di una amministrazione partecipata e nel comune obiettivo di difesa dei prodotti italiani e tutela dei consumatori.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliNunzia De Girolamo.


   D'ARIENZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 244 del 31 dicembre 2012, il Governo è stato delegato a provvedere, entro dodici mesi, alla revisione, in senso riduttivo:
    a) dell'assetto strutturale e organizzativo del Ministero della difesa, in particolare con riferimento allo strumento militare, compresa l'Arma dei carabinieri limitatamente ai compiti militari. In termini concreti questo intervento dovrà produrre una contrazione complessiva del 30 per cento delle attuali strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche della difesa entro il 2019;
    b) delle dotazioni organiche complessive del personale militare dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare (da 190.000 a 150.000 unità entro il 2024);
    c) delle dotazioni organiche complessive del personale civile del Ministero della difesa (da 30.000 a 20.000 unità entro il 2024);
   dalle decisioni del Governo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Inoltre, per provvedere alla razionalizzazione dell'assetto strutturale e organizzativo in questione (comprese le strutture di formazione), il Governo entro il 2013, dovrà individuare il minor numero possibile di sedimi in grado di consentire la contrazione strutturale dell'attuale dispositivo della Difesa;
   attraverso i decreti delegati si definiranno; le soppressioni, l'accorpamento di strutture, le dismissioni e le permute di immobili militari e, ovviamente, le riduzioni di personale in servizio attraverso il transito in servizi civili, posizioni di aspettativa e/o esenzioni dal servizio;
   Verona e la sua provincia contano numerosi insediamenti militari, in ragione della collocazione geografica storicamente valorizzata nel complesso dispositivo della difesa nazionale;
   i provvedimenti da assumere potrebbero avere, quindi, anche un notevole impatto sugli insediamenti militari presenti nella città, sul personale che vi presta servizio e le loro famiglie veronesi –:
   quali siano gli enti militari, nazionali e della Nato, eventualmente interessati al progetto di riorganizzazione e il numero complessivo del personale in servizio negli stessi enti;
   se il Ministro intenda coinvolgere, e con quali modalità, gli enti locali presenti sul territorio, in ragione delle competenze urbanistiche e di programmazione territoriale loro attribuite, al fine di valutare in un contesto di valutazioni comuni, gli effetti dell'intervento sulle strutture militari presenti nel territorio della provincia di Verona;
   se sia prevedibile una prospettiva di impiego futuro delle strutture che non saranno considerate utili e funzionali al nuovo e futuro dispositivo della difesa e che, pertanto, potrebbero rientrare nel piano delle valorizzazioni/dismissioni/permute e se tra queste sia compresa anche l'attuale struttura di formazione della Caserma Duca di Montorio (Verona).
(4-00504)

  Risposta. — Il progetto di revisione dello strumento militare terrestre prevede lo snellimento complessivo e graduale delle strutture organizzative della difesa attraverso una necessaria contrazione organica, affinché le dimensioni dell'intero apparato organizzativo siano ricondotte entro limiti compatibili con le risorse effettivamente disponibili.
  Con riferimento ai provvedimenti di soppressione d'interesse dell'Esercito insistenti nella provincia di Verona, gli stessi sono contenuti nei decreti legislativi attuativi della legge n. 244 del 2012, deliberati definitivamente dal Consiglio dei ministri nella seduta n. 44 del 10 gennaio 2014.
  Per quanto attiene, invece, più specificamente agli aspetti infrastrutturali, si rappresenta che gli immobili che si renderanno eventualmente dismissibili nella sede di Verona, a seguito dei provvedimenti ordinativi discendenti dalla citata revisione, saranno segnalati, ove ritenuti in ambito difesa non più funzionali al soddisfacimento di esigenze istituzionali di altri Enti, per una successiva alienazione/valorizzazione ai sensi della normativa vigente in materia, che sarà condotta, comunque, con il coinvolgimento degli Enti locali attraverso la competente Agenzia del demanio.
  Relativamente alla caserma Duca di Montorio Veronese, si rende noto che detto immobile non è al momento oggetto di alcuna ipotesi di cessione, in quanto ritenuto strategico per il soddisfacimento di esigenze istituzionali di Forza armata.
  Si soggiunge infine che, fatte salve talune prioritarie esigenze operative, le problematiche a seguito delle relative soppressioni connesse con il reimpiego del personale militare/civile saranno esaminate all'atto della soppressione delle citate unità, contemperando comunque le esigenze della Forza armata con le desiderate che saranno espresse dal personale in argomento.
  Per quanto concerne la riorganizzazione della struttura di Comando della Nato, si evidenzia che la stessa non rientra nei provvedimenti di revisione in parola di cui alla legge n. 244 del 2012, ma discende dal documento approvato dai Ministri della difesa dei 28 Paesi dell'Alleanza atlantica in data 8-9 giugno 2011 (New Nato command structure, including geographical footprint).
  In particolare, per quanto attiene alle entità Nato dislocate nella provincia di Verona, è prevista la riorganizzazione dei siti per le comunicazioni, che segue la già attuata chiusura del joint headquarters south di Verona con il contestuale trasferimento delle competenze al joint force command Naples di Lago Patria.
  Per effetto di tale riorganizzazione, alcune infrastrutture (palazzo «Pianell», caserma «Li Gobbi», caserma «San Bernardino», caserma «Busignani» e il sito di «Castel San Felice») sono state riconsegnate allo Stato per termine esigenza.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   D'ARIENZO e MARCON. — Al Ministro della difesa, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta era il risultato di numerose iniziative che si erano proposte nel tempo, a seguito di quanto disposto dall'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 8 luglio 1998, n. 230, che affidava all'Ufficio nazionale per il servizio civile il compito di «predisporre, d'intesa con il Dipartimento della Protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta»;
   già a partire dal 2001, infatti, l'Ufficio proponeva iniziative relative a forme di ricerca e sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta sulla base di un ordine del giorno della Camera dei deputati del 14 aprile 1998;
   in particolare, l'Ufficio aveva ritenuto quanto mai opportuno costituire un Comitato «di carattere tecnico e ad elevata specializzazione» ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in quanto il perseguimento di questo importante obiettivo richiedeva il coinvolgimento di soggetti pubblici che garantivano l'apporto di specifiche competenze professionali;
   il primo Comitato è stato costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 febbraio 2004 successivamente integrato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2004 ed ha operato fino al termine della XIV legislatura. Successivamente il Ministro della solidarietà sociale pro tempore confermava il Comitato con decreto in data 27 dicembre 2007 e poi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010, integrato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 ottobre 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2010;
   tale organismo era composto da diciotto membri, sei dei quali rappresentavano le amministrazioni centrali maggiormente coinvolte (dipartimento per la protezione civile; affari esteri; difesa; interno; regioni e province autonome; ANCI), mentre i restanti erano individuati in quanto esperti in materia di difesa civile non armata e nonviolenta;
   nel corso di questi anni, il Comitato ha formulato un piano di programmazione delle attività che è stato presentato all'Ufficio nazionale affinché finalizzasse le proprie iniziative nel contesto dei principi enunciati nell'articolo 1 della legge n. 230 del 1998 e in quelli enunciati nell'articolo 1 della legge n. 64 del 2001, quale primo adempimento della legislazione che riconosce la difesa non armata e nonviolenta come espressione del dovere costituzionale di difesa della Patria;
   in particolare, il Comitato ha approvato un programma di lavoro sottoposto all'Ufficio e alla Consulta nazionale per il servizio civile, che contemplava distintamente due forme di attività: ricerca e sperimentazione. Per la prima, era stato proposto all'Ufficio di approfondire alcune tematiche attraverso attività seminariali, ricerche mirate e raccolta di materiale e di documentazione;
   nel dettaglio, era stata proposta e realizzata una ricerca avente per oggetto «le attività formative civili relative a peacekeeping e peace research»;
   riguardo alla sperimentazione, invece, il Comitato ha proposto all'Ufficio il documento recante «Criteri e requisiti per la valutazione di progetti sperimentali di servizio civile all'estero nell'ambito della Dcnan» per l'incentivazione di progetti sperimentali di difesa civile non armata e nonviolenta all'estero. Inoltre, era stato conseguentemente convocato un incontro preliminare con gli enti interessati allo scopo di poter mettere a punto elementi e possibili misure specifiche per la presentazione e la gestione di tali progetti;
   senza dubbio, tra le iniziative proposte dal Comitato, particolare rilievo ha assunto l'organizzazione del seminario di studio «L'evoluzione del principio costituzionale del sacro dovere di difesa della patria alla luce dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale: la difesa civile non armata e nonviolenta», tenutosi a Roma il 19 maggio 2005;
   il Comitato in parola, nonostante non avesse prodotto spesa – erano previsti solo il rimborso del biglietto ferroviario per le riunioni a Roma – è stato soppresso con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, di revisione della spesa pubblica –:
   se non si ritenga di assumere iniziative per la riattivazione dell'organismo per la qualità dell'impegno e del lavoro svolti. (4-00815)

  Risposta. — Per gli aspetti che più direttamente afferiscono a questioni di competenza del Dicastero si rappresenta che il «Comitato per la difesa civile non armata e non violenta» ha operato, con carattere temporaneo e saltuario, dal 2004 al 2011, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, a supporto dell'Ufficio nazionale per il servizio civile (Unsc), incardinato nel Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, con dipendenza dal Ministro delle pari opportunità, sport e politiche giovanili.
  Dati, pertanto, i limiti oggettivi costituiti dalla mancanza di una diretta e specifica competenza sull'argomento, si ritiene che non sussistano i presupposti per intraprendere iniziative nel senso indicato dall'interrogante.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   DI GIOIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 17 dell'Appennino abruzzese e Apulo Sannitico, è un'arteria fondamentale di collegamento tra la città di Foggia e l'Aquila, passando attraverso il Molise;
   la strada statale n. 17 rappresenta una delle strade statali più lunghe d'Italia ed è uno snodo fondamentale anche dal punto di vista turistico oltre che, ovviamente, per le popolazioni locali;
   da parte di molti cittadini, nel tratto soprattutto che va da Foggia a Campobasso, passando attraverso la città di Lucera, vi sono state ripetute denunce sullo stato di abbandono di questa arteria da parte dell'ANAS che non effettua la necessaria manutenzione ordinaria e, ancor meno, quella straordinaria;
   conseguentemente la statale presenta, in questo tratto, numerose e pericolose buche e, spesso, vi sono le tracce evidenti provocate dagli smottamenti in un territorio interessato da un forte dissesto idrogeologico;
   a tutto ciò si aggiunge un'assenza preoccupante di segnaletica stradale sia orizzontale che verticale o la mancanza di qualsiasi illuminazione in gallerie come quella del «Passo del Lupo», sita in località Volturara Appula;
   l'ANAS, seppure sollecitata dalle amministrazioni locali, non ha sinora effettuato nessun intervento di messa in sicurezza dell'arteria in oggetto, con il risultato che gli incidenti sono in crescita esponenziale senza che questo determini nessun tipo di intervento;
   quanto accade, purtroppo, non fa che confermare la colpevole leggerezza con cui viene prevista la manutenzione ordinaria e straordinaria di molte strade del Mezzogiorno che, oltre a dover subire una mancanza cronica di infrastrutture, deve fare i conti, troppo spesso, con lo stato di abbandono in cui vengono lasciate quelle esistenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione di grave degrado e abbandono in cui è lasciata la strada statale n. 17;
   se non reputi opportuno intervenire con estrema urgenza, visto anche gli enormi rischi che corrono gli automobilisti che utilizzano questa statale nel tratto evidenziato, e con la dovuta fermezza, presso l'ANAS, affinché sia ripristinato lo stato di sicurezza della strada statale 17 e sia realizzata la necessaria manutenzione sia ordinaria che straordinaria. (4-02696)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, sono stati richiesti elementi informativi alla società Anas che ha riferito quanto segue.
  L'Anas essendo al corrente delle necessarie migliorie da apportare alla strada statale 17 «dell'Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico» e SS17 «Variante di Volturara», ha già provveduto ad inserire nella programmazione aziendale specifici lavori di manutenzione, con interventi sulle pavimentazioni maggiormente ammalorate, nel tratto compreso tra Lucera e Volturino.
  Nell'ambito dell'appaltabilità del piano di manutenzione straordinaria 2012, e stato aggiudicato un intervento per la realizzazione di distese periodiche in tratti saltuari, per un importo di circa 1,5 milioni di euro, e risulta inserita una perizia, dell'importo di circa 5 milioni di euro, riguardante l'asfaltatura del piano viabile.
  La società Anas assicura, altresì, che saranno eseguiti gli interventi manutentivi non appena si renderanno disponibili le necessarie risorse finanziarie.
  È prevista, inoltre, una prossima cantierizzazione per il completamento funzionale dell'area di svincolo al chilometro 323+200 e della viabilità di servizio dell'ingresso ovest del comune di Lucera, per un importo di 2,1 milioni di euro.
  La medesima società, tuttavia, ha fatto presente che nel 2010 ha eseguito lavori di risanamento e di rafforzamento del piano viabile della SS17, dal chilometro 273+379 al chilometro 284+000, e della SS17 Var, dal chilometro 0+000 al chilometro 2+000.
  Nel medesimo anno è stato effettuato un intervento di manutenzione straordinaria, per circa 11 chilometri della SS17, dal chilometro 323+000 al chilometro 336+000, nel tratto Lucera-Foggia.
  I suddetti interventi hanno comportato una spesa complessiva di circa 3,5 milioni di euro.
  Si fa presente infine che Anas ha assicurato, compatibilmente con le risorse economiche disponibili, di intervenire costantemente, anche con lavori di manutenzione ordinaria e con il servizio di pronto intervento, al fine di assicurare la transitabilità in sicurezza della circolazione stradale sulla rete viaria di propria competenza.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   DONATI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si attende da tempo lo sblocco del progetto del corridoio autostradale dorsale E55 Orte-Mestre, alla cui realizzazione sono legate importanti opportunità di sviluppo dell'economia nazionale e la soluzione dell'annoso problema della E45 (che si trova in uno stato sempre più degradato e con una manutenzione assolutamente inadeguata, in parte tenuta in sospeso proprio in attesa del nuovo corridoio autostradale), come più volte sollecitato al Governo da diversi livelli istituzionali;
   agli inizi del mese di ottobre 2013 si è aperta una vera e propria voragine nel tratto aretino della E45, nei pressi del comune di Pieve Santo Stefano, e l'episodio è stato oggetto di un esposto in procura e di una vasta eco mediatica sul territorio;
   l'episodio appena ricordato è soltanto l'ultimo di una serie interminabile di problemi che rendono urgente un intervento di riqualificazione, in attesa del completamento del corridoio autostradale Orte-Mestre –:
   quali azioni il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché si giunga urgentemente alla riqualificazione della E45 Cesena-Orte, arteria fondamentale per il collegamento nord-sud del Paese.
(4-02276)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il progetto preliminare dell'intervento denominato «Orte-Mestre» è stato approvato dal CIPE nel mese di novembre 2013, previa istruttoria da parte di tutti gli enti ed i ministeri competenti nonché ai sensi dell'articolo 165 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
  Conseguentemente, sia gli aspetti ambientali sia i profili tecnici della soluzione proposta dal promotore risultano essere stati già esaminati e valutati positivamente.
  In particolare, e per quanto di competenza di questo dicastero, si rappresenta che l'intervento, che si estende per circa 396 chilometri, interessa 5 regioni, 11 province e 48 comuni e che prevede lungo il suo tracciato la messa in sicurezza della E45 e la messa in sicurezza della Romea, adotta uno schema di partenariato pubblico-privato in cui per la prima volta il contributo pubblico non assume forma di erogazione diretta ma di defiscalizzazione ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della delibera CIPE n. 1 del 2013.
  Si ritiene che detta misura di natura tributaria, pari a 1.870 milioni di euro, possa costituire uno strumento idoneo per attrarre capitali privati quantificati, ad oggi, prima degli esiti della gara su progetto del promotore in circa 10 miliardi di euro.
  Si fa presente, infine, che il progetto ha già conseguito il parere VIA e il parere di tutte le sovrintendenze interessate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale Aviation Week & Space Technology in data 29 maggio riporta alcune dichiarazioni del Chief of Naval Operations della marina statunitense, ammiraglio Jonathan Greenert, secondo il quale per consentire le operazioni della versione a decollo corto e verticale del velivolo F-35 da bordo della navi classe Wasp saranno necessarie estese modifiche alle navi stesse;
   le modifiche interessano sia la struttura delle navi che lo spostamento di numerosi apparati elettronici e di sistemi d'arma. Tra queste l'ammiraglio cita schermatura, spostamento e rimozione di sistemi vulnerabili che possono essere danneggiati, quali antenne, imbarcazioni, reti di protezione e stazioni di rifornimento carburante. Inoltre, sostiene lo stesso ammiraglio, sarà necessario rinforzare il ponte di volo per reggere le sollecitazioni, modificare il rivestimento del ponte, installare nuovi sistemi di alimentazione elettrica, aggiornare i sistemi di rifornimento delle munizioni, bisognerà spostare i sistemi di difesa antiaerea Phalanx, e i lanciatori di missili Sea Sparrow e RAM, e così pure le antenne di comunicazione satellitari e il sistema antincendio della nave;
   il velivolo Lockheed F-35B è previsto venga imbarcato anche dalla portaerei Cavour della marina militare che, essendo stata progettata a suo tempo per utilizzare il velivolo Harrier (impiegato attualmente anche a bordo delle navi statunitensi della classe Wasp alle quali si riferisce l'ammiraglio Greenert), molto probabilmente avrà gli stessi problemi strutturali denunciati dall'alto ufficiale statunitense;
   stando alla rivista citata, sia Lockheed Martin, costruttore dell'aereo, che il Ministero della difesa statunitense avevano infatti negato negli anni scorsi che l'imbarco del velivolo a bordo di unità navali avrebbe causato problemi a causa delle temperature di scarico dei motori e pertanto è da escludere che di queste maggiori sollecitazioni alla struttura di nave Cavour si sia potuto tener conto in fase progettuale –:
   se sia a conoscenza di quanto riportato dalla rivista, considerata una delle più autorevoli e informate pubblicazioni del settore a livello mondiale;
   se, anche a seguito delle dichiarazioni dell'ammiraglio Geenert citate, si sia provveduto ad acquisire ulteriori elementi di valutazione relativamente all'impatto delle operazioni dei velivoli F-35B da bordo di nave Cavour;
   se, di conseguenza, siano stati individuati eventuali interventi correttivi sulla struttura della nave stessa;
   quale sia la durata dei lavori eventualmente necessari e quale il loro costo. (4-01164)

  Risposta. — In relazione alla questione affrontata con l'interrogazione in esame, reputo opportuno richiamare alcuni dati informativi indicati dai competenti organi tecnico-operativi militari, i quali, peraltro, non hanno individuato nelle richiamate dichiarazioni dell'Ammiraglio Jonathan Greenert elementi di novità.
  Le diverse criticità strutturali delle unità classe
Wasp indicate dall'ammiraglio statunitense, infatti, erano già note e non si possono ascrivere anche a nave Cavour.
  Occorre tenere presente, infatti, che la progettazione delle otto unità della classe
Wasp è avvenuta negli anni 80, con dieci anni di anticipo rispetto al Cavour. Tale decennio di differenza nella progettazione delle unità ha avuto un'incidenza rilevante sotto il profilo prettamente tecnico e tecnologico ai fini della realizzazione del Cavour, strutturalmente differente dalle citate unità navali statunitensi in termini di architettura, sistemi d'arma e concetto d'impiego (unità portaerei e non d'assalto anfibio).
  Sul Cavour, quindi, è stato possibile impiegare materiali e tecnologie evidentemente più avanzate rispetto a quelle disponibili ai tempi della
Wasp, quali ad esempio le nuove leghe d'acciaio, decisamente più idonee a tollerare le sollecitazioni di temperatura e pressione generate dal velivolo F-35.
  Ciò premesso, si fa rilevare che, in previsione dell'entrata in servizio dell'F-35, sono stati avviati nel 2009 specifici studi che hanno coinvolto un
team costituito da personale della Marina militare, del Governo statunitense (in alcuni casi lo stesso personale che ha sviluppato le modifiche sulla classe Wasp) e delle ditte Lockheed Martin e Fincantieri.
  L'esito di tali studi non ha fatto emergere la necessità di interventi strutturali sulla nave né opere di rinforzo del ponte di volo.
  Verranno quindi effettuati soltanto marginali lavori di adeguamento propedeutici all'entrata in servizio del velivolo F-35. Tali lavori, che rientreranno nell'ambito del periodico processo di ottimizzazione e aggiornamento tecnico che consentirà a nave Cavour di mantenersi al passo con i tempi in un contesto tecnologico in rapidissima evoluzione e di eliminare eventuali inconvenienti riscontrati durante il suo impiego, avranno una durata prevista di circa due anni di cui uno con nave ferma e non operativa.
  Come si può evincere dal Documento programmatico pluriennale per la difesa per il triennio 2013-2015 presentato al Parlamento dal Ministro
pro tempore Di Paola lo scorso mese di aprile, gli oneri per l'adeguamento del Cavour riconducibili all'introduzione del velivolo F-35 sono ricompresi nelle più ampie attività di predisposizione della capacità in ambito nazionale, che prevedono l'intera attività dei siti che dovranno ospitare tale tipologia di velivoli.
  Preme evidenziare che si prevede di svolgere i suddetti lavori presso la sede di assegnazione dell'unità navale, ossia Taranto, con riflessi positivi sull'occupazione e sull'economia locale.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei servizi consolari per la comunità italiana a Bedford presenta delle gravi criticità che attentano al buon nome delle nostre istituzioni;
   dopo la manifestazione organizzata a Bedford il 9 settembre 2012 e le molte proteste sui giornali inglesi e italiani, nonché l'interrogazione parlamentare 4-17559 del 12 settembre 2012 (anche con la firma dell'interrogante), si aprì, finalmente, una seria trattativa tra il comitato di protesta per i servizi consolari, e le autorità diplomatiche consolari (ambasciata e consolato generale di Londra) per cercare di risolvere il problema. Delle iniziative del comitato di protesta, per un senso di rispetto e trasparenza, furono informate anche le autorità istituzionali e politiche locali;
   successivamente, il 20 settembre 2012, il comitato fu ricevuto in ambasciata ricevendo precise raccomandazioni per la riapertura di un servizio consolare a Bedford un giorno alla settimana, in particolare, per venire incontro alle esigenze di migliaia di nostri cittadini anziani a cui era praticamente impossibile lo spostamento al consolato generale di Londra;
   tale servizio, a costo zero, poiché gli uffici furono messi a disposizione, gratuitamente, nei locali della missione cattolica italiana, e l'impiegato a contratto risultava residente a Bedford, si è rivelato di estrema utilità per poco meno di un anno. All'incirca 150 nostri connazionali si sono recati ogni settimana, nel giorno fissato, per usufruire dei servizi consolari;
   in seguito, e senza un chiaro preavviso, nel mese di agosto l'ufficio venne chiuso per ferie;
   la mancata e puntuale informazione provocò degli indubbi contrattempi per i connazionali provenienti da lontano, inconsapevoli della chiusura;
   dopo di che, a metà settembre dell'anno in corso, comparve un piccolo trafiletto sul sito del consolato di Londra con l'annuncio che il servizio in questione da settimanale diveniva mensile. Si può immaginare la forte protesta della comunità italiana;
   nel frattempo il previsto consolato onorario, della cui istituzione le associazioni facenti parte del comitato di protesta si sono dette contrarie, ancora non ha aperto gli uffici. Non si tratta della figura del console onorario in sé (che può andare anche bene) ma della impossibilità, per un console onorario, ufficiale in servizio gratuito, di rispondere alle esigenze di oltre 30 mila cittadini. Tale servizio veniva svolto in passato da tre impiegati di alta professionalità e a tempo pieno;
   le soluzioni attuate sono prive a giudizio dell'interrogante di quella attenzione che le istituzioni debbono alla comunità italiana;
   oltretutto, l'accentramento del servizio a Londra ha provocato ulteriori e gravi difficoltà per l'evidente aumento della richiesta negli uffici consolari della capitale –:
   quali iniziative il Ministro intenda attuare con l'obiettivo di addivenire ad una soluzione positiva che consenta di sopperire alle attuali difficoltà, con l'immediato ripristino del passato servizio settimanale e una soluzione, per il futuro, più aderente alle aspettative della comunità italiana di Bedford. (4-02570)

  Risposta. — In data 5 luglio 2013 il consolato generale in Londra ha informato il Presidente del Comites de Bedford, in merito alla sospensione dell'invio del funzionario itinerante nel periodo estivo (dal 26 luglio al 30 agosto 2013), chiedendo che della sospensione venisse data notizia nel corso dell'imminente riunione del comites di Bedford, per un'adeguata informazione alla collettività. Della stessa notizia il funzionario itinerante ha dato comunicazione ai connazionali a Bedford, affiggendo apposito avviso presso i locali in cui svolgeva il proprio incarico. In data 12 luglio 2013 il consolato generale in Londra, rispondendo ai portavoce del «Comitato delle Associazioni per i servizi consolari nell'ex circoscrizione consolare di Bedford», ha ribadito quanto già rappresentato al presidente del comites, osservando che la figura del funzionario itinerante non presenta – per sua stessa definizione – carattere di istituto permanente e l'invio dello stesso viene deciso dal console generale in base alle disponibilità di organico, alle dotazioni di spesa e alle esigenze di servizio complessive, nell'ambito dell'autonomia gestionale del capo missione, nonché nel pieno rispetto del diritto di altre circoscrizioni consolati (ben più lontane da Londra, rispetto a Bedford) a ricevere la visita del funzionario itinerante. A ciò si è aggiunto che la collocazione della nuova sede del consolato generale d'Italia a Londra – acquisito dallo Stato italiano in regime di piena proprietà, a testimonianza dell'investimento che si è inteso dedicare a servizio della collettività pur in presenza della razionalizzazione della rete consolare nel Regno unito – risultasse particolarmente favorevole per chi arrivasse da Bedford: la stazione ferroviaria di Blackfriars dista, infatti, pochi minuti a piedi dal consolato e collega Bedford a Londra con meno di un'ora di percorrenza. Riguardo l'apertura a Bedford dell'ufficio consolare onorario con il rango di consolato – proposta nello scorso mese di marzo dal consolato generale in Londra, d'intesa con la competente ambasciata, per rispondere alle esigenze manifestate dalla collettività italiana ivi residente – si ricorda che, dopo iniziali perplessità da parte delle autorità britanniche, il foreign office ha concesso il nulla osta. Tale procedura è stata quindi perfezionata con il decreto ministeriale istitutivo del consolato onorario in questione (pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 2 luglio 2013). Dell'apertura dell'ufficio del console onorario e del contenuto delle sue funzioni, il console generale ha dato ampia informativa nei corso di una riunione a Bedford con il comites, tenutasi il 12 settembre 2013.
  La procedura di nomina del candidato alla titolarità dell'ufficio, proposto dal consolato generale di Londra, d'intesa con la stessa ambasciata, è in fase di notevole avanzamento. Si è infatti recentemente ricevuto da parte delle autorità britanniche l'assenso preventivo alla nomina, come previsto dall'articolo 22 della convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963 (in quanto la persona candidata gode della cittadinanza britannica, oltre che di quella italiana). Una volta completato il procedimento, la comunità di Bedford potrà così contare su uno stabile punto di riferimento istituzionale – anche quale autorevole veicolo di interlocuzione con le Autorità locali – per l'istruzione di numerose pratiche consolari e la generale assistenza ai connazionali in caso di necessità. Allo stesso tempo l'ufficio onorario – sempre sotto la supervisione del sovraordinato consolato generale in Londra – potrebbe offrire utile base di appoggio e coordinamento per le future esigenze operative del funzionario itinerante.
  Nel corso del citato incontro del 12 settembre 2013, il console generale ha tenuto a rassicurare gli intervenuti sull'invio del funzionario itinerante a Bedford, che dovrebbe limitarsi a raccogliere i dati biometrici dei richiedenti passaporto (funzione preclusa al console onorario), a vantaggio dei connazionali più anziani o diversamente impossibilitati a recarsi a Londra. Si è comunicato così al comites la decisione di inviare il funzionario itinerante a Bedford ogni secondo venerdì del mese, ospitato presso la Chiesa italiana, nelle more dell'apertura dell'ufficio del console onorario
in loco. Del nuovo calendario delle missioni del funzionario itinerante il consolato generale ha dato notizia sul proprio sito internet in data 16 settembre 2013 e ha inviato comunicato stampa in data 17 settembre 2013 ai presidenti dei comites di Londra, Bedford e Manchester, ai patronati e ai membri del Consiglio generale degli italiani all'estero, per adeguata informazione alla collettività.
Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   FRUSONE, RIZZO, CORDA, BASILIO, PAOLO BERNINI, ALBERTI e ARTINI. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha deciso di aprire una struttura sul modello C.A.R.A. (Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo) a San Giuliano di Puglia in Molise, comune di 1100 abitanti;
   per attuare questo progetto il 12 settembre 2013 si è tenuta nel comune molisano, una riunione, convocata dal prefetto di Campobasso, a cui hanno partecipato il capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, prefetto Pria, il direttore centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo, prefetto Scotto Lavina e i dirigenti competenti del dicastero dell'interno. Tra i soggetti invitati a partecipare la regione, la provincia e i rappresentanti nazionali e regionali dell'ANCI e dell'UPI, il questore, l'Agenzia regionale di protezione civile, i comandanti provinciali dei carabinieri, della Guardia di finanza, del corpo forestale dello Stato e dei vigili del fuoco, l'ASREM, i sindaci dei comuni limitrofi (Bonefro, Colletorto, Santa Croce di Magliano) nonché rappresentanti delle organizzazioni sindacali, della Caritas, del volontariato e dell'associazionismo cooperativo;
   il progetto prevede la capacità di accogliere 800 persone nelle strutture prefabbricate utilizzate per i cittadini molisani dopo il terremoto del 2002. Tale scelta rischia – come denunciato da diverse associazioni – di rispondere, dato il contesto socioeconomico, ad esigenze di reclutamento di manodopera a basso costo da utilizzare nelle campagne piuttosto che alle esigenze di accoglienza dei richiedenti asilo che necessitano di protezione e servizi nel territorio adeguati alla loro condizione di soggetti vulnerabili;
   lo status giuridico del centro appare alquanto aleatorio. Secondo diversi articoli riportati dalla stampa si parla di un centro hub, con un intreccio fra i vari status giuridici dei centri previsti dalla normativa (cda – centro di accoglienza, cara – centro accoglienza per richiedenti asilo, Cie – centro di identificazione ed espulsione);
   sempre da fonti di stampa emerge che le persone rimarrebbero in questo centro per il tempo necessario ad espletare le pratiche. Questa dichiarazione farebbe ipotizzare l'uso di quel centro come CARA, ma non ci sono le condizioni perché possa essere un CARA, visto che questi sono centri dove ha sede la commissione territoriale per la valutazione della domanda d'asilo e ci vorrebbe un apposito decreto per istituirla;
   ulteriore contraddizione sullo status giuridico deriva dal fatto che, nel caso in cui lo straniero non dovesse avere l'accesso alla procedura d'asilo, sarebbe di fatto una persona in fase di espulsione, quindi il centro si trasformerebbe di in un centro di trattenimento ed espulsione (un CIE) –:
   quale sia l'effettivo status giuridico del centro che sorgerà nel comune di San Giuliano di Puglia;
   se il Governo non reputi inadeguato aprire un centro con una capacità di accoglienza tra le 800 e le 1000 persone in un paese come San Giuliano di Puglia che conta 1100 abitanti, peraltro privo dei servizi essenziali per accogliere e «proteggere» le condizioni delicate di un richiedente asilo;
   se non reputi in particolare che quella zona a fortissima economia agricola possa implementare il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura ed il caporalato, posto che, la sua vicinanza con il foggiano ed i suoi «ghetti» per esempio, può essere foriera di uno sviluppo di quel fenomeno di allargamento di zone franche che ben si conoscono (il «ghetto» di Rignano Garganico dista qualche decina di chilometri). (4-02063)

  Risposta. — Il dipartimento della protezione civile della Presidenza dei Consiglio dei ministri e il Ministero dell'interno avevano informato il sindaco di San Giuliano di Puglia, sin dal 2012, dell'ipotesi di utilizzare il villaggio temporaneo realizzato a seguito del sisma del 2002 per l'accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti asilo. Successivamente, nell'ambito delle iniziative adottate per affrontare il massiccio afflusso di migranti verificatosi sulle coste italiane dall'estate scorsa, il Governo ha predisposto un ampliamento della rete di accoglienza. In tale quadro si inserisce dunque la prossima istituzione, a San Giuliano di Puglia, di un nuovo centro governativo dedicato all'accoglienza di migranti vulnerabili, famiglie e minori in particolare, nel quale potranno essere ospitate fino a mille persone.
  Al fine di verificare l'idoneità della suddetta struttura in relazione a tale finalità, il 10 giugno 2013 è stato effettuato un sopralluogo tecnico, che ha consentito di verificarne la rispondenza alle caratteristiche richieste. Inoltre – per assicurare un ampio livello di condivisione delle valutazioni effettuate in sede centrale – nel corso della stessa giornata si è tenuta una riunione in prefettura, a cui hanno partecipato il sindaco di San Giuliano di Puglia, insieme al prefetto e al questore di Campobasso, i dirigenti competenti del dicastero dell'interno, oltre ai rappresentanti delle istituzioni regionali, dell'ANCI, dell'UN, dell'ASREM, delle forze di polizia territoriali, nonché dei sindaci dei comuni interessati. In tale occasione, i partecipanti hanno avuto modo di esprimere le proprie considerazioni sull'innovativo progetto, che si inserisce in un piano di razionalizzazione del sistema di accoglienza su tutto il territorio nazionale.
  In occasione della seduta della conferenza unificata Stato-regioni dell'11 luglio 2013, è stata sancita un'intesa tra il Governo, le regioni e gli enti locali sul documento di indirizzo per il passaggio alla gestione ordinaria dei flussi migratori non programmati, con particolare riferimento a richiedenti/titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati. In tale sede si è convenuto di proseguire e accelerare il percorso avviato per uniformare i sistemi di accoglienza per richiedenti/titolari di protezione internazionale presenti in Italia, che di fatto operano su piani diversi e paralleli tra loro, per ricondurli al modello del sistema di accoglienza Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Inoltre, è stata confermata la necessità di rendere permanenti il tavolo di coordinamento nazionale e i tavoli di coordinamento regionali, quali strumenti di
governance interistituzionali già sperimentati nell'ambito dell'emergenza nord Africa.
  In particolare, per dotare il Paese di un sistema in grado di rispondere con strumenti di carattere ordinario anche ai flussi migratori non programmati, nell'ambito dell'attuale sistema di accoglienza – che prevede i centri di accoglienza, i Cara e lo Sprar – è necessario indirizzare prioritariamente l'attività verso la realizzazione di centri (
hub) con la funzione di fornire allo straniero un servizio di informazione, orientamento socio-lavorativo e assistenza legale ai fini della predisposizione della domanda di protezione internazionale, nonché di avviarlo nel più breve tempo possibile ai progetti dello Sprar. La titolarità dei progetti di accoglienza rimane in capo agli enti locali Sprar, al fine di garantire standard di intervento e monitoraggio omogenei e qualitativi. Per la regione Molise, tale centro Hub dovrebbe essere ubicato nel villaggio temporaneo di San Giuliano di Puglia e potrebbe ospitare nuclei familiari con donne, bambini e anziani per il periodo utile all'espletamento delle necessarie formalità per il successivo trasferimento.
  Proprio per definire le soluzioni finalizzate ad affrontare l'accoglienza dei profughi, il 23 e il 26 settembre 2013 si è riunito nella prefettura di Campobasso il tavolo di coordinamento regionale, costituitosi sulle linee guida indicate dalla conferenza unificata, al quale sono state chiamate a partecipare le organizzazioni sindacali e cooperative, gli enti pubblici e gli operatori locali del volontariato. Nel corso di tali incontri, sono state portate all'attenzione di questa amministrazione le richieste avanzate dai sindaci dei comuni coinvolti, in relazione alla definizione della capienza del centro e del periodo di permanenza, oltre che al potenziamento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio. Nonostante alcune perplessità relative all'impatto che la presenza di un consistente numero di stranieri potrebbe avere sul territorio, gli organismi territoriali, e in particolare gli amministratori locali, hanno manifestato la disponibilità delle proprie comunità; infine, anche la regione Molise ha garantito la propria collaborazione nella gestione dell'accoglienza.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   GALAN. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 12 luglio 2013 un decreto ministeriale a firma del Ministro della salute, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare ha vietato la coltivazione di varietà di mais MON 810 provenienti da sementi geneticamente modificate fino all'adozione di misure comunitarie di cui all'articolo 54, comma 3 del regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002 e comunque per un periodo non superiore ai 18 mesi a decorrere dalla data del decreto;
   il decreto è stato adottato in ritardo rispetto alla stagione di semina del mais ed in seguito alla semina di alcuni campi con mais MON 810;
   nel decreto non si fa nessun riferimento ai campi seminati con mais MON 810;
   le semine di mais MON 810 avvenute precedentemente alla vigenza del divieto di coltivazione istituito dal decreto debbano essere considerate legali in seguito delle pronunce della Corte di Giustizia europea nella sentenza del 6 settembre 2012 nel caso Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e nell'ordinanza dell'8 maggio 2013 nel procedimento penale a carico di Giorgio Fidenato, della Corte di giustizia;
   il giudice del tribunale di Pordenone ha assolto Giorgio Fidenato dall'accusa di aver seminato mais OGM «MON 810» senza la preventiva autorizzazione;
   il decreto è una misura emergenziale che deve essere integrata da un quadro normativo specifico che regolamenti in maniera esaustiva la questione della coesistenza tra diverse colture convenzionali, biologiche e transgeniche;
   non esistono dati sperimentali specifici per il territorio italiano sulla coesistenza delle colture convenzionali, biologiche e transgeniche;
   la sentenza n. 183 del 2010 del Consiglio di Stato ha chiarito che la mancanza di regole di coesistenza non può costituire un impedimento alla semine di varietà geneticamente modificate autorizzate a livello dell'Unione europea e ha legittimato un eventuale intervento normativo dello Stato nel caso l'inazione delle regioni non permettesse la loro adozione;
   da quanto risulta da fonti di stampa esiste già un gruppo di ricercatori italiani che stanno raccogliendo dati sui campi seminati con mais MON 810 a fini scientifici –:
   se s'intendano utilizzare i campi seminati con Mais MON 810 per recuperare dei dati sperimentali nell'ambito di un adeguata supervisione scientifica da usare come evidenze tecniche nella redazione delle future regole di coesistenza.
(4-01328)

  Risposta. — In relazione alla possibilità di utilizzare i campi coltivati a mais MON810 nella regione Friuli Venezia Giulia al fine di raccogliere i dati sperimentali per supportare l'elaborazione di regole di coesistenza, premetto innanzitutto che con il decreto interministeriale del 12 luglio 2013 è stato introdotto, su tutto il territorio nazionale, il divieto di coltivare la suddetta varietà di mais transgenico così come da preciso impegno assunto in Senato lo scorso maggio, quando è stato chiesto al Governo di mantenere un atteggiamento di estrema cautela nei confronti degli OGM e di adottare tutti i relativi provvedimenti necessari.
  In ogni caso, rammento che i dubbi relativi alla coltivazione del mais MON810, che sono stati anche confermati da un
dossier del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e ribaditi, per taluni aspetti, anche dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono dovuti alla inattualità del processo autorizzatorio dell'evento transgenico, nonché alla mancata conclusione ufficiale della stessa procedura di rinnovo dell'autorizzazione europea.
  Voglio ricordare che, anche nei confronti degli alimenti e mangimi geneticamente modificati, l'Italia, in occasione delle votazioni per il rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio di tali prodotti, in sede europea di comitato permanente catena alimentare, ha sempre assunto la posizione di astensione, manifestando in tal modo le perplessità verso i prodotti transgenici.
  Per ciò che concerne specificatamente le coltivazioni di varietà di mais MON810 seminate in Friuli Venezia Giulia, il comando regionale del Corpo forestale dello Stato per il Veneto e il nucleo agroalimentare e forestale (NAF) dell'ispettorato generale di Roma, su delega della procura di Udine, coadiuvati nell'attività tecnico-scientifica dall'istituto zooprofilattico per l'Umbria e le Marche, stanno svolgendo, dal mese di agosto, il monitoraggio delle piantagioni transgeniche, al fine di accertare l'identità dell'evento, la diffusione del polline di mais transgenico alle piantagioni vicine, gli eventuali danni prodotti all'ambiente e i possibili reati commessi.
  Pertanto, i dati raccolti, una volta valutati ed elaborati, saranno posti innanzitutto all'attenzione della procura delegante e, se del caso, potranno essere utilizzati come evidenze tecnico-scientifiche nel momento in cui si profilerà necessaria la revisione del testo delle linee guida sulla coesistenza tra colture transgeniche, tradizionali e biologiche, nel presupposto auspicabile che, nel frattempo, sia divenuto possibile riaprire il dialogo con le regioni in materia di coesistenza.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliNunzia De Girolamo.


   GALLINELLA, ZACCAGNINI, DE ROSA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, LUPO, ZOLEZZI, GAGNARLI, TERZONI, L'ABBATE, CIPRINI, TOFALO, DAGA, SEGONI e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo sviluppo e la promozione di fonti di energia rinnovabile sono fondamentali per il futuro del nostro Paese;
   l'energia eolica, solare e fotovoltaica dovranno trovare una strada privilegiata nel territorio italiano che, in base alle sue caratteristiche geomorfologiche, si presta allo sviluppo di queste energie naturali, ma mantenendo necessariamente le peculiarità paesaggistiche, naturalistiche, ambientali e culturali;
   molti impianti, infatti, spesso invadono aree protette o di particolare importanza per la produzione agricola o la bellezza del paesaggio; basti pensare alle distese di pannelli solari che occupano centinaia di ettari del territorio agricolo ormai fondamentale per la produzione di cibo, nonché impianti eolici di grandi dimensioni che stanno arrecando danni ambientali non più sopportabili in molte regioni del Paese;
   uno dei casi che stanno suscitando maggiore interesse nelle ultime settimane è quello dei due impianti eolici ravvicinati sul Monte Peglia, in vista del duomo di Orvieto, una delle città simbolo del nostro Paese;
   si tratta, nel dettaglio, di due impianti eolici alti più di 150 metri dal suolo, tre volte l'altezza del duomo di Orvieto, costituiti uno da una centrale eolica in località «Poggio della Cavallaccia», con otto aereogeneratori – tre nel territorio comunale di Parrano (Terni) e cinque in quello San Venanzo (Terni), per una potenza complessiva di 18,4 megawatt; l'altro da una analoga centrale eolica in località «La Montagna», nel comune di San Venanzo (Terni) con dieci aereogeneratori, per una potenza complessiva di 23 megawatt;
   il progetto è stato presentato a luglio 2012 alla provincia di Terni per il rilascio dell'autorizzazione unica alla costruzione e l'esercizio dei due impianti di cui al decreto legislativo n. 387 del 2003 (decreto Bersani) da parte della società napoletana Innova Wind s.r.l.;
   molte e diverse sono state le opposizioni al progetto, da parte di cittadini, amministratori e associazioni ambientaliste. In data 13 aprile 2013 si è tenuta ad Orvieto in piazza del Duomo una imponente manifestazione nazionale di protesta di cui hanno dato notizia molti giornali locali e nazionali ed anche un servizio del TG2, edizione del secondo canale Rai delle ore 13;
   il Monte Peglia, infatti, appartiene al sistema territoriale di interesse naturalistico ambientale (S.T.I.N.A.) e con la selva di Meana comprende tre aree naturali protette separate tra loro, ma tutte ricadenti in un ambito più vasto di interesse naturalistico;
   secondo quanto si legge in un rapporto redatto dalla facoltà di agraria dell'università di Perugia «la cementificazione del Monte Peglia, l'abbattimento di migliaio di alberi, la trasformazione perenne della morfologia del territorio, oltre a un fortissimo impatto ambientale e allo sconvolgimento delle rotte dei numerosi uccelli migratori, porteranno alla alterazione irreversibile delle biocenosi presenti anche all'interno della zona a protezione integrale creando la totale desertificazione del territorio»;
   le associazioni ecologiste Amici della Terra, Italia Nostra, Gruppo d'Intervento giuridico onlus e diverse altre realtà associazionistiche nazionali e locali, nonché numerosi cittadini, ed il comune di Parrano hanno inoltrato, in data 21 febbraio 2013, uno specifico atto di opposizione al rilascio dell'autorizzazione unica per le due centrali eoliche motivando la richiesta con questioni di ricevibilità e procedibilità delle istanze;
   in particolare, nell'atto succitato si legge che:
    la realizzazione di centrali eoliche è assoggettata al preventivo e vincolante procedimento di valutazione di impatto ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni), quindi è privo di senso rilasciare un provvedimento di autorizzazione unica (che – per sua natura – costituisce autorizzazione definitiva alla realizzazione e all'esercizio di un impianto produttivo di energia rinnovabile) in assenza di una procedura di VIA conclusa positivamente;
    nel verbale della conferenza di servizi del 17 gennaio 2013 indetta dalla provincia di Terni, il rappresentante dell'unità operativa (U.O.) beni ambientali, piani comunali e VAS della provincia di Terni ha espresso parere negativo in quanto «si ritiene che il Progetto dovrà essere sottoposto a procedura di VIA sia per la consistenza dell'impianto sia per la valutazione di altre criticità, evidenziando fin da oggi che, dal punto di vista ambientale il parco eolico, per la sua collocazione in un'area ad alta esposizione panoramica, con una percezione visiva del paesaggio molto alta, rappresenterebbe un forte impatto negativo, pertanto da non attuare in questo territorio», ai sensi del piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) della provincia di Terni (deliberazione consiglio provinciale n. 150 del 14 settembre 2000 e successive modificazioni e integrazioni). Analogo parere negativo è stato espresso dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria sulla base anche del parere negativo della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici dell'Umbria per i danni indotti dalle opere ai valori paesaggistici e panoramici dell'intera area;
    i progetti di centrali eoliche sono ricompresi fra quelli delle aree proposte dalla provincia di Terni come siti non idonei all'installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili con delibera giunta provinciale n. 195 del 14 ottobre 2011, in quanto trattasi di siti ad alta esposizione panoramica, con una percezione visiva del paesaggio ben oltre i 20 chilometri di raggio considerati nei progetti;
    lo stesso comune di San Venanzo – analogamente a quanto fatto da altri undici comuni dell'area orvietana, anche non direttamente interessati dal progetto – ha espresso parere negativo, con deliberazione giunta comunale n. 19 del 23 gennaio 2013;
   l'8 aprile 2013, anche il consiglio provinciale di Terni si è espresso per fermare la realizzazione del parco eolico approvando un ordine del giorno in tal senso;
   in data 25 marzo 2013 una motivata richiesta di nuova riunione della conferenza dei servizi veniva inoltrata alla provincia di Terni a firma di ben 11 sindaci dei territori interessati dalle istanze e in data 13 aprile 2013 una diffida a nome di 22 associazioni ambientaliste e comitati di cittadini veniva anch'essa inoltrata alla provincia di Terni ed altri enti tra cui al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione pro tempore per verificare le regolarità dei procedimenti messi in atto dalla provincia di Terni in merito alla segnalata questioni di ricevibilità e procedibilità;
   è evidente che, sulla base di quanto esposto, l'impatto ambientale del parco eolico della Innova Wind di Napoli risulta molto alto e per alcuni tratti devastante, apparendo come un'aggressione all'ecosistema della zona e al paesaggio;
   sulla base delle considerazioni effettuate e delle motivazioni addotte dalle diverse associazioni ambientaliste, nonché da diverse amministrazioni locali, sarebbe opportuno verificare la piena correttezza dell’iter procedurale per l'installazione del parco eolico del Monte Peglia –:
   se siano a conoscenza della situazione esposta;
   se non si ritenga, in ogni caso, necessario avviare una seria riflessione sull'esigenza di rivedere il quadro normativo e autorizzatorio in tema di impianti eolici per la produzione di energia elettrica, in modo da garantire che la loro installazione non pregiudichi l'ambiente, il paesaggio e la tutela dell'avifauna, nel pieno rispetto dell'articolo 9 della Carta costituzionale;
   se il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione abbia assunto iniziative a seguito della diffida inoltrata il 13 aprile 2013;
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per rivedere il sistema degli incentivi che oggi, per legge, assicurano rendite eccezionali a produttori di alcune energie rinnovabili e sono stati un modo sicuro per favorire la penetrazione del crimine organizzato nei relativi comparti (si veda da ultimo il caso Nicastri);
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la priorità di dispacciamento e gli obblighi di acquisto da parte del GSE (il gestore dei servizi di energia) anche per l'energia non immessa in rete, al fine di evitare il rischio di creare una categoria di imprenditori irresponsabili, che non devono confrontarsi col rischio d'impresa ma hanno profitti assicurati dallo Stato per 15/20 anni e sottraggono alla competizione del mercato la produzione di energia elettrica rinnovabile. (4-02494)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, riguardante il possibile deturpamento paesaggistico conseguente all'installazione di impianti eolici nei comuni di San Venanzo e Parrano (Terni), località «Poggio della Cavallaccia», si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, occorre premettere che la realizzazione di impianti eolici a terra rientra nella competenza delle regioni, sia per quanto attiene la valutazione di impatto ambientale, sia per quanto riguarda l'autorizzazione alla realizzazione. In particolare, tale tipologia di impianti è ricompresa negli allegati III e IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, relativi alle opere per le quali è stata richiesta la VIA regionale. Inoltre, gli stessi impianti vengono autorizzati dalla regione ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e successive modificazioni ed integrazioni. Per completezza di informazione, si fa presente che codesto Dicastero ha competenza solamente per ciò che concerne gli impianti eolici
offshore, la cui autorizzazione viene rilasciata ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e successive modificazioni ed integrazioni dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Premesso quanto sopra, la società Innova Wind S.r.l. nel luglio 2012 ha richiesto alla provincia di Terni il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di due impianti contigui per la produzione di energia elettrica alimentati da fonte eolica.
  Si fa presente che nel procedimento in oggetto, a seguito di delega regionale, la provincia di Terni è stata dichiarata competente alla gestione del procedimento di autorizzazione unica per i progetti di cui trattasi, nelle more di quanto stabilito dalla regione Umbria con propria delibera n. 561 del 19 maggio 2008 «Criteri e modalità per lo svolgimento del procedimento unico di cui all'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003 in materia di autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili.
  A seguito di reiterati depositi delle due istanze, effettuati dalla società Innova Wind S.r.l. ai sensi della delibera della giunta regionale n. 1466 del 29 dicembre 2011 «Regolamento Regionale luglio 2011, articolo 3, comma 4, Adozione della modulistica per la presentazione dell'istanza di autorizzazione unica, della dichiarazione e della comunicazione, nonché del modello e del modulo informativo, con particolare riferimento al modulo di domanda di autorizzazione unica per impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili–eolico», le istanze sono state dichiarate ricevibili in quanto conformi alla norma.
  Conseguentemente, sono state indette le conferenze di servizi, previste
ex lege, con la convocazione di due sedute preliminari finalizzate unicamente alla verifica prioritaria della procedibilità dell'istanza, fase meramente amministrativa in capo ai soli Enti competenti, in ottemperanza al vincolo di delega imposto dalla delibera regionale n. 561 del 2008.
  All'esito delle decisioni assunte dalla conferenza di servizi, è stato scrupolosamente applicato il disposto di cui al punto 4.9 della delibera della giunta regionale n. 561 del 2008 che recita «La conferenza dei servizi verifica prioritariamente la procedibilità dell'istanza. Qualora venga accertata la necessità di sottoporre l'opera interessata alle procedure in materia di valutazione di impatto ambientale previste ai sensi della normativa vigente, il responsabile del procedimento unico sospende la stessa conferenza e invita il soggetto proponente ad attivare le relative procedure presso il competente Servizio della Regione».
  Nell'ambito della prima e a tutt'oggi unica seduta delle rispettive conferenze, è stata valutata favorevolmente la richiesta di procedibilità preliminare: i termini di decorrenza dei procedimenti di autorizzazione unica sono stati quindi sospesi in attesa che il soggetto proponente produca delle integrazioni documentali (ad oggi non ancora pervenute), disposte nell'ambito delle stesse conferenze ed imprescindibili per poter eventualmente consentire, qualora conformi alle richieste, la conseguente attivazione delle relative procedure di VIA, obbligatorie e vincolanti ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni.
  Nel merito, pertanto, non è ancora possibile ricevere alcuna pronuncia da parte della provincia di Terni, poiché in attesa dell'esito delle eventuali procedure di VIA, di competenza della regione Umbria, per le quali la società Innova Wind, in qualità di proponente, non è ad oggi legittimata a richiederne neanche l'avvio (in mancanza delle integrazioni richieste): infatti, solamente in quella sede potrà essere effettuato il primo dettagliato esame delle progettazioni presentate, con tutte le conseguenti valutazioni di merito, nel rispetto della vigente normativa di settore per gli aspetti paesaggistici ed ambientali.
  In conclusione, allo stato attuale, i procedimenti autorizzativi in corso risultano appena avviati, non essendo, peraltro, stato dato ancora seguito alla fase attuativa di analisi e verifica di congruità sul contenuto degli elaborati progettuali, che verrà effettuata in prima battuta sono nell'ambito dei prescritti procedimenti di VIA.
  Ad ulteriore riscontro della piena e trasparente correttezza dell’
iter procedurale sino ad oggi messo in atto, si deve riscontrare che la citata «diffida» cui fa cenno l'interrogazione, non ha motivo di ricevere efficacia in questa fase, essendosi agito nel rispetto dell'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella quale è stabilito che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare memorie scritte e documenti prodotti nell'esercizio del diritto di partecipazione al procedimento, fattispecie che verrà certamente garantita nel merito, già nella prima sede di competenza della VIA, che, peraltro, prevede un'ulteriore fase di formale partecipazione del pubblico, oltre a quella già garantita dall'amministrazione procedente.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare proseguirà in un'ottica di prevenzione e tutela ambientale ad esercitare un'attività di monitoraggio puntuale e costante della situazione attraverso gli enti competenti, onde verificare la piena correttezza dell’
iter procedurale seguito per l'installazione degli impianti eolici.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mareMarco Flavio Cirillo.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 febbraio 1991 viene approvato il progetto di lottizzazione in località San Piero in Frassino, comune di Ortignano Raggiolo (AR), che prevede la realizzazione di un complesso di villette a schiera in via di Vanna;
   nei primi mesi dell'anno successivo hanno inizio i lavori: il cantiere è composto da un totale di 6 lotti, ove è prevista la realizzazione di 27 villette a schiera di tipo duplex;
   il 9 dicembre 1993 viene redatto un rapporto dalla polizia municipale di Ortignano Raggiolo in cui si denuncia il fatto che si sta costruendo case senza aver pagato la concessione edilizia (legge 28 gennaio 1977, n. 10);
   il sindaco di Ortignano Raggiolo emana un'ordinanza (n. 8 del 1994) in cui ingiunge la demolizione delle opere abusive di edilizia;
   il 5 novembre 2003 il comune entra in possesso in via gratuita del complesso e lo mette in asta giudiziaria con esito negativo;
   attualmente il cantiere è abbandonato ed accessibile a tutti e oltre agli edifici incompiuti sono presenti anche buche, materiali edili e cumuli di terra di scavo abbandonati;
   tale situazione risulta di grave disagio, sia per la sicurezza che a livello ambientale, per la popolazione limitrofa –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza a tutela della pubblica incolumità.
(4-01371)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame riguardante l'adozione di atti attribuiti all'esclusiva competenza delle amministrazioni locali, sono stati chiesti elementi di conoscenza alla prefettura di Arezzo, la quale ha riferito che i fabbricati in corso di costruzione ubicati nel comune di Ortignano Raggiolo, in località San Piero in Frassino, sono costituiti da 6 lotti di terreno edificabile, sui quali dovevano realizzarsi 27 alloggi.
  Il comune di Ortignano, approvato il progetto in data 27 febbraio 1991, ha rilasciato la concessione edilizia per l'edificazione di 2 lotti, per un totale di 10 appartamenti.
  Per gli altri lotti non è stata rilasciata regolare concessione edilizia, in quanto il proprietario non ha provveduto al pagamento dei relativi oneri concessori.
  In data 21 gennaio 1994 lo stesso proprietario ha presentato istanza di sanatoria edilizia ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1985 per la regolarizzazione degli altri 17 appartamenti, rispetto alla quale l'amministrazione comunale, ha espresso parere favorevole. La relativa concessione in sanatoria, tuttavia, non è stata mai rilasciata in quanto i prescritti pagamenti non sono stati effettuati. Per gli edifici in corso di costruzione, pertanto, il sindaco ha emesso ordinanza di demolizione delle opere eseguite in assenza di concessione edilizia.
  Nel contempo, a causa di problemi relativi ad una esecuzione immobiliare promossa dalle banche creditrici contro i proprietari, l'intero cantiere è rimasto bloccato. Contro tale ordinanza è stato presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la cui decisione ha reso definitivamente valida l'ordinanza di demolizione emessa a suo tempo dal sindaco.
  Con delibera del Consiglio comunale 30 marzo 2004, l'amministrazione comunale ha optato, al posto della demolizione, di acquisire al patrimonio comunale i lotti con i sovrastanti fabbricati privi di concessione edilizia.
  I tentativi di asta pubblica o di trattativa privata esperiti dal comune in vista dell'alienazione dei beni sono andati tutti deserti.
  Si soggiunge che lo scorso mese di dicembre è stato effettuato dalle autorità competenti un sopralluogo sull'area oggetto di interrogazione, constatando che la stessa risulta recintata e non accessibile, con apposti cartelli di divieto di accesso a mezzi e persone non autorizzate.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   LATTUCA, PAGANI, MARCO DI MAIO, MOLEA e GIANLUCA PINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 agosto 2001, la regione Veneto ha siglato con il Governo il primo accordo quadro nel quale si è impegnata a redigere, d'intesa con la regione Emilia-Romagna, il progetto preliminare per la realizzazione dell'asse autostradale E55 Ravenna-Venezia «Nuova Romea» e ad attivare tutte le procedure conseguenti necessarie per la sua realizzazione;
   nello stesso anno la delibera CIPE n. 121, intervenuta in attuazione della legge n. 443 del 2001 «legge obbiettivo», ha previsto, tra le opere strategiche da realizzare, l'E55, insieme alla riqualificazione della E45 e alla trasversale Orte-Civitavecchia;
   a giugno 2012, dopo un iter durato più di un decennio, il progetto del corridoio autostradale dorsale E55 Orte-Mestre è stato inserito dal Governo fra le opere prioritarie da realizzare attraverso lo strumento del project financing (il promotore concessionario privato è già stato selezionato con gara) con gli incentivi fiscali previsti dalla legge n. 183 del 2011, come riportato dalle linee guida all'allegato infrastrutture 2013-2015;
   i cittadini delle province di Forlì-Cesena e di Ravenna attendono da tempo lo sblocco di questo progetto, alla cui realizzazione sono legate importanti opportunità per il territorio interessato e la soluzione dell'annoso problema dell'E45 (che si trova in uno stato sempre più degradato e con una manutenzione assolutamente inadeguata, in parte tenuta in sospeso proprio in attesa del nuovo intervento strutturale), come più volte sollecitato dalla regione Emilia-Romagna al Governo;
   la mancata approvazione, da parte del CIPE, del progetto per l'autostrada E55 Orte-Mestre – diversamente da quanto sarebbe stato garantito il 29 agosto 2012 da dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al presidente della provincia di Forlì-Cesena e al sindaco di Cesena – determina una forte preoccupazione per l'ennesima interruzione dell'iter già sin troppo travagliato (oltre un decennio) di realizzazione della stessa. L'ulteriore rinvio di questo progetto comporta, in questa difficilissima fase della vita del Paese, l'allontanarsi della possibilità di ripresa economica (in termini di lavoro, crescita, valorizzazione dei territori) ad esso legata e sulla quale il territorio romagnolo contava –:
   quali iniziative intenda porre in essere nei confronti del CIPE per superare l'inaccettabile ulteriore ritardo nella approvazione dell'opera che, dopo dieci anni di progetti e confronti, non può più attendere;
   quali azioni intenda intraprendere affinché si giunga al più presto alla realizzazione della Nuova Romea Cesena-Mestre ed alla riqualificazione della E/45 Cesena-Orte, fondamentali per tutto il territorio dell'Emilia-Romagna e vitali per il collegamento nord-sud del Paese.
(4-00149)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il progetto preliminare dell'intervento denominato «Orte-Mestre» è stato approvato dal CIPE nel mese di novembre 2013, previa istruttoria da parte di tutti gli enti ed i ministeri competenti nonché ai sensi dell'articolo 165 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
  Conseguentemente, sia gli aspetti ambientali sia i profili tecnici della soluzione proposta dal promotore risultano essere stati già esaminati e valutati positivamente.
  In particolare, e per quanto di competenza di questo dicastero, si rappresenta che l'intervento, che si estende per circa 396 km, interessa 5 regioni, 11 province e 48 comuni e che prevede lungo il suo tracciato la messa in sicurezza della E45 e la messa in sicurezza della Romea, adotta uno schema di partenariato pubblico-privato in cui per la prima volta il contributo pubblico non assume forma di erogazione diretta ma di defiscalizzazione ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 2011 e della delibera CIPE n. 1 del 2013.
  Si ritiene che detta misura di natura tributaria, pari a 1.870 milioni di euro, possa costituire uno strumento idoneo per attrarre capitali privati, quantificati, ad oggi, prima degli esiti della gara su progetto del promotore in circa 10 miliardi di euro.
  Si fa presente, infine, che il progetto ha già conseguito il parere VIA e il parere di tutte le sovrintendenze interessate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   LAVAGNO. — Al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Novara, società calcistica militante in serie B, ha dichiarato la propria intenzione di acquistare per la prossima stagione il calciatore di origine greca Georgos Katidis;
   tale giocatore per espressioni filo-naziste negli anni scorsi è stato espulso dalle squadre nazionale del suo Paese;
   da parte della società calcistica si è teso a minimizzare la vicenda dopo le prime proteste in particolare della comunità ebraica;
   il calcio, e lo sport in genere, dovrebbero essere portatori di valori sani ed esempio per i più giovani, mentre purtroppo da tempo le cronache legate agli eventi calcistici sempre più spesso trattano episodi legati al razzismo o all'apologia del fascismo –:
   se i Ministri intendano assumere iniziative, in collaborazione con la FIGC e la Lega Calcio, per promuovere i valori della tolleranza e del rispetto reciproco e per evitare che si producano effetti anche di carattere emulativo legati all'incitamento al razzismo ed all'apologia di fascismo. (4-00989)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti dal Coni e dalla federazione italiana giuoco calcio, si rappresenta quanto segue.
  La federazione italiana giuoco calcio è continuamente impegnata in attività dirette a prevenire e impedire fatti di razzismo e di avversione ideologica, realizzando numerosi progetti di carattere sociale ed educativo.
  Di recente, in occasione della gara amichevole Italia-San Marino, ha promosso l'iniziativa «mai più razzismo», cui ha partecipato l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) del Dipartimento per le pari opportunità. In precedenza ha collaborato con il
network football against racism in Europe (Fare), che è una rete per contrastare la discriminazione nel calcio europeo, e nell'anno 2012 ha patrocinato il torneo di calcio «mondiali antirazzisti» organizzati dall'unione Italia sport per tutti (Uisp).
  Per quanto riguarda l'emanazione di disposizioni per prevenire e controllare i comportamenti discriminatori, la Figc, recependo la normativa dell’
Union of european football associations (Uefa) ha, da poco, modificato l'articolo 11 del Codice di giustizia sportiva e stabilito sanzioni più dure per i calciatori la cui condotta configuri una propaganda ideologica vietata dalla legge o comporti l'offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza.
  Anche alle società, ritenute responsabili di fatti particolarmente gravi e rilevanti provocati per discriminazione, sono inflitte sanzioni notevoli come la perdita della gara, l'obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse, squalifica del campo, penalizzazione di uno o più punti in classifica, esclusione dal campionato di competenza e conseguente assegnazione ad un campionato di categoria inferiore, non ammissione o esclusione da determinate manifestazioni.
  Ciononostante per le società, cui sono state comminate sanzioni per violazione del comma 3 del suddetto articolo 11, è stato introdotto l'istituto, previsto dall'Uefa, della sospensione condizionale dell'esecuzione delle sanzioni.
  La puntuale attività svolta dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, costituito presso il Ministero dell'interno (organo di consulenza tecnica per l'attuazione delle disposizioni e delle misure in materia di prevenzione e contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive; sorto nel 1999 da un accordo tra Ministero dell'interno e Ministero per le attività culturali è stato regolamentato dalla legge n. 210 del 2005), con la costante e fattiva collaborazione di tutti gli organismi sportivi («federazione italiana giuoco calcio», leghe calcio di serie A e B, «lega pro», «lega nazionale dilettanti»), ha permesso l'introduzione di norme più incisive per contrastare il fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni calcistiche.
  L'Osservatorio, tra le altre misure organizzative adottate, già nel 2007 ha regolamentato l'introduzione, negli impianti sportivi nazionali, di striscioni e di quanto altro a essi assimilabili, nonché tamburi e altri mezzi di diffusione sonora, nel rispetto della vigente normativa in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
  Tenuto conto della prioritaria necessità di tutelare la sicurezza degli spettatori e di tutte le figure a vario titolo interessate a un evento sportivo, nonché di scongiurare l'impatto mediatico negativo derivante da messaggi contrari ai valori della cultura e della legalità, l'organismo ha disciplinato nel dettaglio l’
iter procedurale finalizzato all'introduzione e all'esposizione di striscioni, nonché alla realizzazione di coreografie, all'interno degli impianti sportivi, in linea con la vigente normativa europea.
  Nella stagione sportiva 2012-2013, è stata di particolare rilevanza la costituzione dell’«albo degli striscioni» che, unitamente alla nuova normativa che ne regola l'esposizione all'interno degli impianti, ha permesso di standardizzare la materia su tutto il territorio nazionale. La violazione di tali norme prevede particolari sanzioni sia penali, sia amministrative.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   MANNINO, TERZONI, LOREFICE, DE LORENZIS e ZOLEZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che nel comune di Pietraperzia in provincia di Enna, l'amministrazione comunale ha provveduto al taglio di due filari di pino italico (pinus piena) collocati lungo il viale Unità d'Italia (ex Viale dei Pini) e le sue traverse;
   i 51 esemplari di pino, che sono stati tagliati all'inizio del mese di settembre, avevano un'età di circa 40 anni e un'altezza di circa 15 metri con una chioma ad ombrello che ombreggiava il viale con evidenti benefici ai fini dell'attenuazione del soleggiamento e di ossigenazione di quella parte della città di Pietraperzia;
   nella determinazione n. 17 del 22 aprile 20,13 del Responsabile del settore tecnico lavori pubblici urbanistica e assetto del territorio del comune di Pietraperzia avente ad oggetto l'affidamento dei lavori di abbattimento alberi di pino dislocati lungo il viale Unità d'Italia e via A. Vitale, non viene menzionato il parere del Corpo forestale dello Stato;
   in data 16 febbraio 2013 è entrata in vigore la legge 14 gennaio 2013, n. 10 recante Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani;
   la legge 14 gennaio 2013, n. 10 contiene, all'articolo 7 Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale che contengono una definizione normativa di «albero monumentale» ovvero elencano le tipologie di alberi e di filari ed alberature che, agli effetti della stessa legge 10 e di ogni altra normativa in vigore, devono essere considerati come tali, tra le quali sono compresi i filari e le alberature di pregio inserite nei centri urbani;
   lo stesso articolo 7 della legge 10/2013 prevede che, al fine di fornire ai comuni le indicazioni per la predisposizione e l'aggiornamento di un censimento degli alberi monumentali, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali ed il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita la Conferenza unificata – adotti, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, un decreto con il quale devono essere stabiliti i principi e i criteri direttivi per la compilazione del predetto censimento degli alberi monumentali, e deve essere istituito l'elenco degli alberi monumentali d'Italia alla cui gestione provvede il Corpo forestale dello Stato;
   con la piena entrata in vigore delle disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale, di cui all'articolo 7, ciascun comune dovrà compilare e mantenere aggiornato un censimento degli alberi monumentali che verranno aggregati dalla stessa regione in appositi elenchi e successivamente verranno trasmessi al Corpo forestale dello Stato;
   il termine di 6 mesi a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 10 del 2013, stabilito dal citato articolo 7 risulta essere trascorso, ma il decreto interministeriale, con il quale si sarebbe dovuto stabilire le direttive ai comuni per la predisposizione del censimento degli alberi monumentali, non risulta essere stato adottato;
   l'articolo 7 della legge n. 10 del 2013 introduce anche uno specifico regime sanzionatorio per l'abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali – con una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000 – che non trova applicazione soltanto rispetto agli abbattimenti di alberi monumentali, autorizzati dal comune, per casi motivati e improcrastinabili, ma comunque previa acquisizione del parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato;
   l'approssimarsi del termine a partire dal quale i comuni saranno tenuti ad applicare un sistema normativo per la tutela e la salvaguardia degli alberi – che risulta essere più stringente di quello attualmente vigente – può indurre gli stessi comuni ad accelerare l'adozione di provvedimenti che prevedano il taglio di alberi monumentali, di filari ed alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale, così come è stato fatto dall'amministrazione comunale di Pietraperzia nella provincia di Enna –:
   se siano a conoscenza di quanto è accaduto nel comune di Pietraperzia e se i responsabili del taglio dell'alberatura lungo il Viale Unità d'Italia autorizzato dal comune, ma in difetto del parere vincolante e obbligatorio del Corpo forestale siano punibili, salvo che il fatto non costituisca reato, con la sanzione amministrativa prevista dall'articolo 7 comma 4 della legge 10/2013;
   quali misure intendano adottare – nelle more dell'adozione del citato articolo 7 della legge 10/2013 e della piena attuazione della stessa legge – per fronteggiare episodi, come quello registratosi nel comune di Pietraperzia, nei quali si proceda al taglio di alberi e alberature monumentali e/o di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale;
   quale sia lo stato di avanzamento delle procedure preordinate all'adozione del decreto, di cui all'articolo 7 della legge n. 10 del 2013, con le direttive per la predisposizione, da parte dei comuni, del censimento degli alberi monumentali, e all'istituzione l'elenco degli alberi monumentali d'Italia, di cui allo stesso articolo 7;
   quali siano i tempi prevedibili entro i quali ritengano possibile giungere all'adozione del decreto di cui all'articolo 7 della legge 10/2013 e dunque alla piena attuazione delle disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale, contenute nella stessa legge 10/2013. (4-02640)

  Risposta. — In risposta all'interrogazione in esame, si segnala che, dagli accertamenti effettuati dal Corpo forestale dello Stato, le piante di pinus pinea (pino italico), estirpate in seguito a determinazione comunale n. 17 del 22 del comune di Pietraperzia in Sicilia, provincia di Enna, non risultano censite quali alberi monumentali o di particolare pregio paesaggistico ambientale.
  Ciò premesso, si precisa che la legge 14 gennaio 2013, n. 10, recante norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani è stata pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 27 del 1o febbraio 2013 ed è entrata in vigore il 16 febbraio 2013.
  Ai sensi dell'articolo 7 della citata legge, l'individuazione degli alberi monumentali o di particolare pregio deve avvenire con l'adozione di un decreto interministeriale di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la conferenza unificata, che è in corso di definizione.
  L'adozione del decreto suindicato permetterà l'attuazione del comma 4 del medesimo articolo 7, ossia l'applicazione della sanzione per l'abbattimento di alberi censiti come monumentali, sempreché l'abbattimento non sia stato disposto, previo parere obbligatorio del Corpo forestale dello Stato, dall'amministrazione comunale e per casi motivati e improcrastinabili.
  In ultimo, devo evidenziare che l'articolo 8 della citata legge n. 10 del 2013 specifica per le regioni a statuto speciale, come la Sicilia, che le disposizioni introdotte sono applicabili compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con quelle di relativa attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliNunzia De Girolamo.


   NACCARATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Vigodarzere è da tempo intenzionato a disporre dell'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare per collocarvi il centro operativo comunale di Protezione civile;
   l'amministrazione di detto comune ha di recente provveduto alla stesura del piano di protezione civile, che ha evidenziato, in base al piano di assetto idrogeologico del bacino del Brenta—Bacchiglione, come gran parte del suo territorio risulti esposto al rischio idraulico;
   le infrastrutture presenti nel territorio di detto comune che, ad un primo esame, parevano idonee ad ospitare il centro operativo comunale di protezione civile e gli insediamenti dedicati al ricovero della popolazione residente in caso di evento calamitoso, sono risultate comprese nel perimetro delle zone a rischio secondo il piano di assetto idrogeologico del bacino;
   al contrario l'analisi dello stesso piano ha evidenziato che l'area ove insiste l'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare, dismesso dal 2008, e tuttora non utilizzato, non ricade nella perimetrazione di pericolo e risulterebbe dotata delle strutture e dei servizi necessari ad accogliere eventuali zone di ricovero e ad ospitare il centro operativo comunale di protezione civile;
   l'amministrazione comunale di Vigodarzere ha provveduto a segnalare il suo interesse per quest'area e il direttore dell'unità di progetto del genio civile di Padova ha confermato questa indicazione con il suo parere favorevole all'utilizzo di una parte delle strutture per lo stoccaggio di materiali e mezzi finalizzati alla gestione delle emergenze idrauliche dei corsi d'acqua di propria competenza (Brenta, Muson dei Sassi, Bacchiglione);
   si sottolinea che la disponibilità dell'ex deposito missilistico consentirebbe al comune di Vigodarzere e agli uffici del genio civile di garantire idonei supporti operativi e logistici all'intero sistema provinciale di protezione civile;
   inoltre, se l'intero complesso venisse destinato a tali progetti di rilevante interesse pubblico, sarebbe sicuramente preservato da possibili insediamenti abusivi scongiurando ogni ipotesi di degrado –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di propria competenza intenda assumere per dare risposta alla necessità espressa dal comune di Vigodarzere di utilizzare l'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare per collocarvi il centro operativo comunale di protezione civile.
(4-01254)

  Risposta. — L'ex deposito di Vigodarzere, oggetto dell'interrogazione in esame, è stato inserito nel decreto direttoriale 1/2/5/2010, del 5 marzo 2010, con cui sono stati individuati gli immobili in uso alla difesa, da alienare, valorizzare, permutare e gestire, ai sensi della legge 6 agosto 2008, n. 133.
  Il cespite in argomento è stato, successivamente, inserito dalla difesa nell'elenco degli immobili, attualmente al vaglio dell'Agenzia del demanio, per l'eventuale consegna a quest'ultima, con conseguente espunzione dal decreto sopra citato, per le finalità di cui all'articolo 2, comma 8-
quater, del decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  In particolare, la citata disposizione normativa prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso le società di gestione del risparmio, possa promuovere uno o più fondi comuni di investimento, a cui sono apportati o conferiti gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione.
  Per quanto di competenza, pertanto, sono già state poste in essere tutte le azioni per consentire l'alienazione/valorizzazione del bene, ai sensi della vigente normativa in materia.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   NARDUOLO e RACITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale giovani è un ente di diritto pubblico, vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea, creata in attuazione della decisione 1719/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per la gestione, nel nostro Paese, del programma comunitario «Gioventù in Azione», in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013;
   l'intensa e proficua attività svolta dall'Agenzia nazionale giovani dal 2007 ad oggi, volta a promuovere la cittadinanza attiva dei giovani e una comune cultura di cittadinanza europea, la solidarietà e l'integrazione culturale, la mobilità transnazionale dei giovani, il sostegno alle organizzazioni e alle politiche nel settore della gioventù, ha visto un sempre crescente interesse da parte dei giovani, delle organizzazioni e degli enti che in questi anni hanno moltiplicato il numero di progetti presentati;
   tali progetti hanno contribuito, in particolare, a rispondere alle esigenze dei giovani nella prospettiva di creare maggiori opportunità nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro, ma anche con l'intento di promuovere l'impegno attivo e una maggiore coesione sociale;
   i fondi concessi dalla Commissione europea all'Agenzia sono passati dagli iniziali 7 milioni di euro negli anni 2007-2010, ai 9,9 milioni di euro nel 2012, fino ai quasi 12 milioni di euro per il 2013;
   l'Agenzia è diventata in questi anni, inoltre, un importante punto di riferimento in Italia per la formazione non formale, ovvero per quella forma di apprendimento e accrescimento delle competenze utili a favorire una maggiore occupabilità dei giovani;
   dal 29 luglio 2013 l'Agenzia nazionale è priva di direttore generale, ovvero di una sua compiuta delega di poteri;
   tale vacatio ha comportato un rallentamento delle attività dell'Agenzia, peraltro proprio in vista della scadenza del programma «Gioventù in Azione» e dell'avvio del nuovo programma europeo «Erasmus plus»;
   la situazione determinatasi si traduce nell'impossibilità per l'Agenzia di stipulare i contratti, in assenza di potere di firma, relativi all'avvio dei progetti già approvati e per i quali sono state stanziate, dunque già disponibili, le risorse economiche europee;
   il 6 novembre 2013 è stata inviata dalla RSU dell'Agenzia una nota al Ministro Kyenge, al Capo dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale e all'ufficio per le politiche giovanili, per evidenziare le difficoltà esposte e la grave assenza dell’«organo decisionale» che impedisce il corretto funzionamento dell'Agenzia e, soprattutto, l'avvio dei progetti da essa gestiti –:
   per quale motivo in questi quattro mesi non si sia provveduto a nominare il nuovo direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani, lasciando detta struttura nell'impossibilità di operare correttamente rispetto alle proprie finalità istituzionali;
   se non si intenda procedere con celerità per rimuovere le cause dell'immobilismo di un ente così importante per i giovani e le politiche giovanili. (4-02498)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante pone una serie di questioni concernenti l'Agenzia nazionale per i giovani e, in particolare, la mancata nomina del nuovo direttore generale dell'Agenzia, nonostante sia da qualche tempo scaduto l'incarico del precedente Direttore generale della medesima.
  Al riguardo voglio, innanzitutto, comunicare che, su proposta del Ministro per l'integrazione, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 27 dicembre 2013, ha deliberato la nomina del dottor Giacomo D'Arrigo a direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani.
  Durante i mesi trascorsi dalla scadenza dell'incarico del precedente direttore generale, si è svolto un lavoro approfondito per giungere all'individuazione di una personalità che fosse in possesso dei requisiti di professionalità specifici per lo svolgimento del delicato incarico in questione.
  L’
iter che ha portato a tale nomina non è stato certamente rapido ma sono sicura che la scelta del dottor D'Arrigo sia quella migliore per il futuro dell'agenzia, anche in considerazione della sua precedente esperienza di amministratore e coordinatore di Anci giovani, durante la quale ha potuto conoscere da vicino e in concreto le problematiche e le potenzialità delle nuove generazioni presenti nelle istituzioni locali.
  Si coglie l'occasione di questa risposta per fornire, comunque, anche alcuni chiarimenti in merito agli aspetti amministrativi riguardanti la nomina in questione presso l'agenzia.
  L'Agenzia nazionale per i giovani, come peraltro espressamente richiamato dall'interrogante, è stata creata in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario «Gioventù in azione» per il periodo 2007/2013. L'agenzia, vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea, oltre ad essere l'organismo italiano di attuazione del predetto programma, cura la promozione e la realizzazione di progetti speciali nel settore della gioventù, l'elaborazione e la diffusione di analisi e di ricerche riguardanti il mondo giovanile, rappresentando un punto di riferimento in Italia per le iniziative di mobilità giovanile, per favorire la cooperazione nel settore della gioventù a livello locale, nazionale ed europeo, nonché per la valorizzazione delle competenze acquisite nei processi di educazione non formale su temi di carattere sociale.
  L'incarico di direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani, previsto dall'articolo 5 dello Statuto dell'agenzia (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 2007, n. 156), è conferito con mandato triennale rinnovabile una sola volta, a persona con comprovata esperienza e professionalità nel settore delle politiche giovanili, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, con la procedura prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.
  Tale procedura prevede il conferimento dell'incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che stabilisce che il conferimento degli incarichi di Segretario generale di ministeri, degli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente, avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli delle amministrazioni o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso di specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste. Tale procedura è stata seguita per la nomina del nuovo direttore dell'Agenzia nazionale per i giovani.
  Con riguardo poi alla richiesta di chiarimento in merito all'eventuale delega di funzioni di rappresentanza dell'agenzia a soggetto diverso dal direttore generale, in attesa della sua nomina, lo Statuto dell'agenzia non prevede tale ipotesi e, come riferisce l'agenzia stessa, tale delega di funzioni non è contemplata neanche nel relativo regolamento di organizzazione.
  Per tale ragione non è stato possibile procedere, nei mesi successivi alla scadenza dell'incarico del precedente direttore generale, al conferimento di una delega nelle more della nuova nomina.
  Si segnala, per completezza, che le funzioni del direttore generale sono elencate nell'articolo 5 dello Statuto dell'agenzia che prevede che lo stesso abbia, oltre che funzioni di rappresentanza dell'Agenzia, di direzione della struttura e di responsabilità della gestione e dell'attuazione delle direttive impartite dai Ministri vigilanti, anche «compiti di direzione, coordinamento e controllo, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'Agenzia» e che sia «responsabile dei risultati complessivamente raggiunti in attuazione degli indirizzi dei ministri vigilanti. In particolare, il direttore generale:
a) determina i programmi per dare attuazione agli obiettivi della decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e agli indirizzi dei ministri vigilanti; b) alloca le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili per l'attuazione dei programmi secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza, nonché di rispondenza dell'attività svolta al pubblico interesse; c) definisce l'articolazione delle strutture operative dell'Agenzia; d) promuove e mantiene relazioni con i competenti organismi dell'Unione europea per lo svolgimento delle attività connesse all'attuazione del programma «Gioventù in azione».
  Con riferimento alle preoccupazioni espresse dall'interrogante in merito alla gestione amministrativa dell'agenzia durante i mesi trascorsi in attesa della nomina del nuovo direttore generale, posso rassicurare che non vi è stato alcune pregiudizio poiché le attività in corso presso l'agenzia sono state comunque portate avanti.
  Per quanto concerne, in particolare, il programma
Erasmus plus 2014/2020, a seguito di specifica richiesta della direzione generale educazione e cultura della Commissione europea del 5 luglio 2013, con la quale, tra l'altro, le attuali autorità nazionali sono state invitate a procedere alla designazione provvisoria dell'agenzia nazionale per tale programma, il dipartimento per le politiche giovanili, previa acquisizione del nulla osta del mio Gabinetto, ha comunicato alla Commissione europea, con nota del 9 agosto 2013, in qualità di attuale autorità nazionale del programma «Gioventù in azione», la designazione provvisoria dell'Agenzia nazionale per i giovani quale autorità competente per il settore gioventù del programma Erasmus plus 2014/2020.
  Si conferma, quindi, all'interrogante che l'agenzia, ora pienamente operativa a seguito della nomina del direttore generale, porterà avanti il nuovo programma europeo
Erasmus plus 2014/2020 nel quale si riscontrano alcuni elementi di continuità rispetto al programma «Gioventù in azione» ma anche taluni aspetti innovativi.
  Il nuovo programma, in particolare, è articolato in tre azioni chiave: la mobilità individuale ai fini dell'apprendimento, la cooperazione per l'innovazione e lo scambio di buone prassi e il sostegno alle riforme delle politiche.
  L'obiettivo dei programmi europei è quello di migliorare le opportunità di occupazione per i giovani, in un mercato del lavoro che è sempre più competitivo e aperto alle, sfide dell'internazionalizzazione. L'agenzia lavorerà in quest'ambito, collaborando fattivamente con le altre istituzioni nazionali che gestiranno
Erasmus plus, ossia l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e L'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, e con le istituzioni europee.
  La specifica esperienza e conoscenza del mondo giovanile da parte del nuovo direttore generale e l'entusiasmo con cui ha assunto l'incarico, sono certa che consentiranno all'Agenzia nazionale per i giovani di realizzare al meglio gli obiettivi del programma 2014/2020, attraverso iniziative a sostegno delle nuove generazioni volte soprattutto ad aumentare per loro le opportunità lavorative. Il raggiungimento di tale risultato pare molto importante, specialmente nell'attuale difficile periodo di crisi economica che, purtroppo, colpisce i giovani in modo particolare.

Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal Quotidiano della Calabria del 5 novembre 2013 risulta che nel Comune di Cotronei, in provincia di Crotone, territorio ad alta valenza agricola, opererebbe da tempo una vera e propria associazione a delinquere che perpetuerebbe continui, ripetuti e indiscriminati tagli di alberi arrecando ingenti danni alla biodiversità naturale ed agricola e alle colture locali;
   alcuni sconosciuti, armati di motosega, hanno tagliato nove alberi di ulivo e due di fico, nel terreno della famiglia dell'ex sindaco Nino Bevilacqua;
   sembrerebbe, ma è tutto da accertare, che questi atti vandalici siano riconducibili a ritorsioni nei confronti di coloro che da anni si stanno battendo contro il diffuso fenomeno del pascolo abusivo che assilla i proprietari dei fondi della località Rivioti;
   quello che più preoccupa è che i proprietari interessati dai soprusi sono stati e continuano ad essere oggetto di pressioni intimidatorie di diversa natura da parte degli allevatori in questione; è assolutamente importante, pertanto, promuovere tutte le iniziative per ridare serenità e tranquillità agli agricoltori;
   il reiterarsi di questi gravi episodi rende necessaria l'adozione di urgenti iniziative al fine di prevenire e reprimere il fenomeno illegale del taglio abusivo di alberi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano assumere di fronte a questa ulteriore grave vicenda.
(4-02479)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, ritengo necessario premettere che i prefetti di Crotone che si sono succeduti negli anni scorsi, al fine di combattere il fenomeno del pascolo abusivo nel comune di Cotronei (Crotone), in località Rivioti, hanno ripetutamente indetto comitati per la sicurezza e l'ordine pubblico, riunioni tecniche di coordinamento delle forze di polizia, ai quali ha partecipato anche il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Crotone.
  Infatti, il Corpo forestale dello Stato nell'ambito delle attività di sua competenza e sulle basi di quanto richiesto dalla prefettura di Crotone, dal 2009 ad oggi nell'area interessata, ha redatto più di 20 sanzioni amministrative a carico di soggetti, appartenenti allo stesso nucleo familiare, per esercizio di pascolo abusivo in difformità alle normative nazionali e regionali vigenti (pascolo vagante o brado senza custode, omessa custodia di bestiame, spostamento di gregge senza autorizzazione comunale) e si è potuto procedere ad elevare queste contestazioni grazie ai marchi auricolari del bestiame con i quali è stato possibile consultare l'ufficio veterinario che ha fornito il nominativo del proprietario degli animali.
  Invece, non è stato possibile elevare altri tipi di sanzioni in quanto, pur avendo trovato il bestiame a pascolare sui terreni privati, nessuno ha mai presentato querela di parte ai sensi dell'articolo 636 del codice penale, di conseguenza, non trattandosi di terreni demaniali, non è stato possibile intervenire d'ufficio.
  Negli ultimi anni si è riscontrato che il bestiame pascolante abusivamente in località Rivioti stazionasse presso un manufatto abusivo adibito a stalla, realizzato in un fondo di proprietà degli stessi soggetti cui appartenevano gli animali.
  Al fine di contrastare ulteriormente il fenomeno, il comune di Cotronei (Crotone) con ordinanza sindacale n. 1 del 25 gennaio 2012, ha disposto la demolizione di opere abusive consistenti in un ricovero per animali caprini insistente sulle relative particelle catastali, tra l'altro afferenti a diversi proprietari, con successivo ripristino dello stato dei luoghi in località Rivioti.
  Fermo restando quanto disposto dal comune di Cotronei (Crotone) relativamente alla illegittima realizzazione dei manufatti destinati al ricovero animali, il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Crotone, ha proceduto a verificare se la presenza di animali nel fondo in questione fosse regolarmente denunciata ed autorizzata.
  In base ai dati dell'anagrafe bovina del Ministero della salute e dell'azienda sanitaria provinciale del servizio veterinario di Roccabernarda (Crotone) competente per territorio, è emerso che, in località Rivioti, non è previsto alcun allevamento, conseguentemente la presenza di animali nel citato comune, costituisce violazione delle disposizioni previste dal regolamento di polizia veterinaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954 e alla legge n. 218 del 1988 e, pertanto, sanzionata dai reparti del Corpo forestale dello Stato a carico dei proprietari del bestiame.
  Per la demolizione della stalla abusiva, il comune di Cotronei ha redatto due gare di cui la prima è andata deserta mentre la seconda è stata aggiudicata, però successivamente la ditta incaricata, ha rinunciato all'incarico.
  Pertanto, la prefettura di Crotone ha deciso di intervenire direttamente attraverso una ditta all'uopo incaricata che, in data 31 ottobre 2013, ha provveduto alle operazioni di demolizione alle quali, come richiesto dal prefetto e disposto dal questore di Crotone, ha partecipato un reparto del Corpo forestale dello Stato sotto il coordinamento dell'Arma dei carabinieri e alla presenza di tecnici del comune di Cotronei.
  La demolizione è stata ultimata il giorno stesso e gli animali che abusivamente stazionavano sul fondo in località Rivioti sono stati trasportati presso la sede ufficiale dell'azienda familiare proprietaria del bestiame.
  Invece, per quanto riguarda gli atti vandalici oggetto dell'interrogazione in esame, il comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Crotone ed i suoi reparti non hanno ricevuto denunce, né sono stati incaricati di svolgere attività di polizia giudiziaria per conto della procura.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliNunzia De Girolamo.


   PALAZZOTTO, VENDOLA, MIGLIORE, CLAUDIO FAVA, DURANTI, PIRAS, SCOTTO, COSTANTINO, QUARANTA, MARCON, RICCIATTI, PAGLIA, AIELLO e PELLEGRINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il mobile user objective system (MUOS) è un sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza e a banda stretta, composto da cinque satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali è in fase di realizzazione in Sicilia, nel comune di Niscemi, all'interno della riserva naturale Sughereta (area SIC);
   il programma MUOS è gestito direttamente dall’Us Navy (Marina militare USA);
   il sistema MOUS integrerà forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo;
   l'impianto di Niscemi è composto da tre trasmettitori parabolici basculanti ad altissima frequenza e due antenne elicoidali UHF. Le antenne paraboliche basculanti hanno un diametro di 18 metri circa. Si prevede una cementificazione di oltre 2.500 metri quadri;
   la costruzione del MUOS, inizialmente prevista a Sigonella, è stata spostata a Niscemi in seguito alla realizzazione dello studio di valutazione di impatto elettromagnetico «Sicily radhaz radio and radar radiation hazard model», realizzato per conto delle forze armate statunitensi da AGI e Maxym System, in cui è indicato che i campi elettromagnetici prodotti dal MUOS, possono facilmente far detonare missili e bombe depositate all'interno della base militare di Sigonella. Sembra, infatti, che i campi elettromagnetici prodotti vanno ad interferire con qualunque apparecchiatura elettrica, inclusi by-pass, pace-maker, e altro;
   la relazione effettuata, che ha portato allo spostamento dell'installazione da Sigonella a Niscemi, contiene informazioni importanti e, presumibilmente, le prove della pericolosità delle interferenze elettromagnetiche dell'impianto. La relazione, però, non è mai stata portata nella sua interezza a conoscenza delle autorità locali che hanno così potuto operare esclusivamente su dati parziali;
   l'azione investigativa dell'ARPA (Agenzia regionale protezione ambiente Sicilia) risulta non esaustiva a causa della mancanza di dati certi. In particolar modo, le informazioni tecniche sugli impianti e sullo stesso sistema MUOS della stazione di Niscemi sono coperte da segreto militare;
   la procura di Caltagirone ha disposto, in data 6 ottobre 2012, il sequestro dei cantieri del MUOS di Niscemi, in quanto l'installazione avrebbe violato le prescrizioni fissate dal decreto istitutivo dell'area protetta. Tale sequestro è stato annullato il 28 ottobre 2012 dal tribunale della libertà di Catania, permettendo la ripresa dei lavori. Il procuratore della Repubblica di Caltagirone, in attesa delle motivazioni della sentenza, ha fatto ricorso in Cassazione;
   a fine gennaio 2013, la Commissione ambiente e territorio dell'Assemblea regionale Siciliana si riunisce simbolicamente a Niscemi, a conferma della volontà del nuovo Parlamento regionale di procedere ad una chiusura del cantiere MUOS;
   successivamente si è tenuta a Palermo una riunione congiunta delle commissioni ambiente e sanità dell'Assemblea regionale siciliana a cui hanno partecipato numerosi esperti, scienziati, studiosi delle problematiche dell'elettromagnetismo, amministratori locali e il personale dell'ARPA Sicilia. In data 17 febbraio 2013, il presidente delle regioni Rosario Crocetta ha avviato le procedure di revoca delle autorizzazioni alla realizzazione del MUOS all'interno dell'area della riserva naturale Sughereta. Si è tenuto, poi, un incontro tra il governo regionale ed il governo nazionale, in cui è stato deciso di affidare all'Istituto superiore della sanità un ulteriore studio delle problematicità relative all'installazione dell'impianto MUOS;
   le commissioni ambiente e sanità dell'assemblea regionale siciliana hanno evidenziato la discordanza dei pareri dati dai tecnici che hanno stilato la prima relazione, Patrizia Livreri e Luigi Zanforlin, che ha portato ad autorizzare i lavori nel 2011, e quella dei docenti del Politecnico di Torino, Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti, chiamati ad esprimersi dal Comune di Niscemi, rilevando altresì la lacunosità del parere dei due studiosi dell'università di Palermo, come già evidenziato dagli stessi Zucchetti e Coraddu nel loro studio;
   i due tecnici che hanno redatto la prima relazione affermano di aver proceduto sulla base dei dati forniti allora dalle forze armate statunitensi, che, forse perché lacunosi o incompleti, non evidenziavano rischi per la salute ed il territorio;
   nel mese di gennaio 2013, a due dei manifestanti «No MUOS» è stato notificato un foglio di via per l'allontanamento dal comune di Niscemi;
   il governo nazionale, successivamente all'incontro col Governo regionale, si era impegnato a sospendere i lavori in attesa che si pronunciasse l'Istituto superiore della Sanità e ad oggi non risulta che i lavori siano stati interrotti –:
   quali iniziative si intendano assumere per rendere effettiva la sospensione dei lavori per la realizzazione del MUOS, in attesa di una complessiva valutazione dell'impatto ambientale dell'installazione, adottando il principio di precauzione;
   come si intenda agevolare il lavoro della commissione incaricata dal Governo e dalla Regione per la verifica dell'impatto ambientale e sulla salute dell'opera in corso;
   se non si intenda fornire alla commissione tutti i dati sul MUOS, comprese le caratteristiche tecniche degli impianti;
   se non si intendano assumere le iniziative di competenza al fine di rendere noti all'ARPA, alle autorità locali ed agli studiosi incaricati, i dati dell'indagine «Sicily radhaz radio and radar radiation hazard model» effettuata dalla A.G.I. Pennsylvania e dalla Maxym System, che hanno portato al trasferimento dell'installazione da Sigonella a Niscemi, in quanto fondamentali per una reale valutazione dell'impatto della stazione, ed anche i dati della URS Corporation sull'impatto ambientale, che solo in parte sono stati forniti all'ARPA. (4-00122)

  Risposta. — Il Governo, ritengo doveroso chiarirlo in premessa, sulla complessa questione relativa all'installazione di un sistema di comunicazione satellitare, denominato mobile user objective system - Muos nel comune di Niscemi, ha già avuto modo di riferire in Parlamento, in risposta ad alcuni atti di sindacato ispettivo.
  In particolare, si fa riferimento ad un'interrogazione a risposta immediata dell'onorevole Migliore, svolta dinanzi all'Assemblea della Camera dei deputati in data 22 maggio 2013, e a due interrogazioni a risposta orale, svolte dinanzi alla 4a Commissione difesa del Senato, rispettivamente in data 3 luglio 2013, e in data 9 ottobre 2013, a firma del senatore Padua.
  Al riguardo, nel fornire ogni possibile elemento di dettaglio richiesto, è stata chiarita anche la posizione del Dicastero in merito all'interesse diretto alla realizzazione dell'opera, rimarcando come l'obiettivo fosse quello di realizzare il sistema trasmissivo solo ed esclusivamente nel rispetto della salute dei cittadini e delle leggi che la tutelano.

  In quelle sedi, peraltro, è stato dato anche il dovuto rilievo alla dinamica degli eventi storici, specificando che, in data 11 marzo 2013, si era svolta una riunione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, presieduta dallo stesso Presidente del Consiglio, in cui si era concordata la possibilità di affidare ad un organo tecnico indipendente – nella fattispecie l'Istituto superiore di sanità – uno studio approfondito, di introdurre strumenti di monitoraggio e di sospendere l'installazione delle parabole in attesa degli esiti del citato studio (assicurando tuttavia la regolare attività di funzionamento e manutenzione degli impianti e delle infrastrutture già esistenti nonché la messa in sicurezza del cantiere Muos aperto).
  L'Istituto superiore di sanità, quindi, investito dal Governo, aveva costituito un apposito gruppo di lavoro, con la partecipazione di rappresentanti della regione, per la verifica della compatibilità elettromagnetica del sistema sulla salute della popolazione locale.
  Tanto precisato, rendo noto che la Difesa non ha preso parte attiva ai lavori del predetto gruppo per non comprometterne, neanche potenzialmente, la terzietà, assumendo ogni possibile iniziativa per agevolarne le attività e fornendo tutto il materiale informativo e tutta la collaborazione richiesti.
  Ricordo, infine, che l'Istituto superiore di sanità ha concluso i suoi lavori, consegnando un ampio studio da cui risulta l'insussistenza di rischi per la salute e che, proprio sulla base di tale presupposto, le autorità regionali siciliane hanno revocato tutti i precedenti provvedimenti di revoca della autorizzazioni ambientali.
  Tanto premesso, con riferimento, al primo quesito relativo a «quali iniziative si intendano assumere per rendere effettiva la sospensione dei lavori per la realizzazione del Muos, in attesa di una complessiva valutazione dell'impatto ambientale dell'installazione...», desidero sottolineare che, sebbene non esistano impedimenti di natura giuridica, allo stato, in coerenza con gli impegni presi e come hanno potuto constatare personalmente alcuni rappresentanti di questo Parlamento e gli organi di stampa, le parabole del sistema Muos non risultano ancora oggi installate.
  Tengo a precisare che sono state riavviate le attività per l'installazione di una rete di monitoraggio, con il coinvolgimento diretto dell'Arpa Sicilia, la quale ha indicato anche i luoghi dove posizionare le centraline di rilevamento.
  Con riferimento, invece, ai quesiti relativi al livello di collaborazione da fornire alla «commissione incaricata dal Governo e dalla Regione per la verifica dell'impatto ambientale», come ampiamente evidenziato in premessa, la Difesa ha già fornito ogni possibile collaborazione richiesta mantenendo, al contempo, una posizione di terzietà per non condizionare gli studi e gli approfondimenti condotti dagli specialisti sulla materia.
  Con riferimento, infine, alle iniziative da assumere «al fine di rendere noti all'Arpa, alle autorità locali ed agli studiosi incaricati, i dati dell'indagine (Sicily radhaz radio and radar radiation hazard model) effettuata dalla A.G.I. Pennsylvania e dalla Maxim System, ...ed anche i dati della URS Corporation sull'impatto ambientale...», rendo noto che è stata trasmessa una nota dell'Ambasciata degli Stati uniti in Italia, in cui veniva assicurata la libera fruibilità degli studi denominati «hazards of electromagnetic radiation to personnel» (herp) e «hazards of electromagnetic radiation to ordinance» (hero) gli unici studi, peraltro, di cui il Dicastero sia a conoscenza.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 30 ottobre 2012 il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale ha diramato un avviso pubblico per la promozione ed il sostegno di azioni volte al rafforzamento della coesione sociale ed economica dei territori delle regioni obiettivo convergenza, tesi al potenziamento degli interventi diretti ai giovani e finalizzate all'inclusione sociale ed alla crescita personale, «Giovani per il sociale», cui è seguita, in data 7 novembre 2012, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che prescriveva il termine per la consegna delle proposte progettuali entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione. Tale termine è stato successivamente prorogato fino al 31 gennaio 2013;
   in data 28 febbraio 2013 il medesimo dipartimento ha diramato una prima selezione contenente l'elenco delle proposte non ammissibili, escluse dall'accesso al bando;
   ad oggi non risulta ancora pubblicata la graduatoria dei progetti ammessi e che hanno ottenuto il finanziamento –:
   quali siano le ragioni della mancata pubblicazione della graduatoria e se non intenda intervenire al fine di accelerare la valutazione in atto utile a portare alla pubblicazione della graduatoria in tempi brevi. (4-02636)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante pone una serie di quesiti in merito alla tempistica dei progetti per la promozione ed il sostegno di azioni volte al rafforzamento della coesione sociale ed economica dei territori delle regioni obiettivo convergenza del Mezzogiorno e favorire l'inclusione sociale e la crescita personale dei giovani.
  Al riguardo, si ricorda che il 31 gennaio e il 5 febbraio 2013 sono scaduti i termini per i due bandi pubblici rivolti agli enti e alle associazioni per lo sviluppo del Mezzogiorno «Giovani per il sociale» e «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici».
  Su questi due avvisi, il 28 febbraio 2013 sono stati sottoscritti i decreti n. 6 e n. 7 sull'esclusione dalla valutazione progettuale dei plichi pervenuti in assenza dei preliminari e improrogabili requisiti formali di ricevibilità, i cui elenchi sono stati pubblicati sul sito del dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale.
  Le domande pervenute e considerate ricevibili sono state 757 per il bando «Giovani per il sociale» e 592 per il bando «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici».
  Tali domande sono state consegnate ai presidenti di commissione per il conseguente avvio delle attività di valutazione.
  L'elevato numero di domande ha tuttavia comportato dei rallentamenti nell’
iter procedimentale. Un ulteriore ritardo è stato dovuto alle numerose richieste di dimissioni da parte dei componenti delle commissioni di valutazione cui sono seguite ulteriori procedure di sostituzione di componenti. Da ultimo, il 25 novembre 2013, è stato pubblicato il decreto di modifica dei componenti della commissione per l'avviso «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici».
  Data questa situazione, gli uffici del Ministero hanno chiesto informazioni ai presidenti delle due commissioni «Giovani per il sociale» e «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici» sull'andamento dei lavori e la tempistica delle procedure in atto, sollecitandone la conclusione.
  Entrambe le commissioni hanno sottolineato che l'elevato numero di proposte non permetteva di ipotizzare una data certa per la fine dei lavori ma hanno assicurato che sono in via di definizione i lavori per la predisposizione delle graduatorie finali.

Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   si moltiplicano in Turchia le pressioni dirette ad alterare lo status del monumento nazionale di Santa Sofia, ad Istanbul, basilica eretta in epoca bizantina e poi convertita al culto islamico in seguito alla caduta di Costantinopoli in mani ottomane, prima che sotto Kemal Ataturk ne venisse decisa la sconsacrazione al fine di permetterne il restauro ed il recupero dei mosaici e rappresentazioni sacre cancellate in omaggio all'iconoclastia islamica;
   proprio in ragione dell'iconoclastia islamica esiste il fondato motivo di ritenere che l'eventuale ritorno di Santa Sofia alla condizione di moschea implicherebbe la copertura di mosaici e testimonianze di incalcolabile valore artistico, alcune delle quali appena riportate alla luce, infliggendo un danno al patrimonio artistico mondiale immenso, tale da far impallidire il barbarico bombardamento dei Buddha di Bamiyhan, occorso ad opera dei Talebani in Afghanistan;
   il medesimo rischio incombe su altri monumenti nazionali turchi di origine cristiano-bizantina, primo fra tutti l'ex Chiesa di San Salvatore in Chora, di cui va prevenuto il possibile scempio;
   Santa Sofia è parte della World Heritage proprio in ragione della sua immensa importanza artistica;
   secondo fonti di stampa, l'attuale Governo turco, diretto dal Premier Recep Tayyip Erdogan, leader del partito di ispirazione islamica AKP, sarebbe incline a cedere alle pressioni, in vista di prossimi importanti appuntamenti elettorali –:
   quali iniziative il Governo italiano intenda assumere per quanto di propria competenza per tutelare l'attuale status del monumento di Santa Sofia ad Istanbul e se in particolare non consideri opportuno assumere iniziative a tal fine nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unesco e dell'Unione europea, eventualmente chiedendo l'inserimento della questione nel pacchetto negoziale che concerne l'ingresso della Turchia nell'Europa comunitaria. (4-02642)

  Risposta. — Il rischio di riconversione della basilica di Santa Sofia in Moschea, evocato da una parte della stampa, è stato alimentato con tutta probabilità dalle dichiarazioni rilasciate, in novembre, dal Vice Primo Ministro Bulent Arinç che, in occasione di un evento pubblico a Istanbul a Sultanahmet, ha fatto riferimento a «Santa Sofia ora triste ma che speriamo possa presto tornare a sorridere». Questa dichiarazione, che sembrerebbe far pensare ad una riconversione della basilica in un possibile futuro, non è stata ripresa da nessun altro membro del Governo turco. Arinç, peraltro, non è responsabile per gli affari religiosi, ricompresi invece nella delega di Bekir Bozdag. Inoltre, considerati gli attuali rapporti tra il Vice Primo Ministro Arinç e il Primo Ministro Erdogan, è molto probabile che tali dichiarazioni siano riconducibili ad una logica politica interna, tesa a mettere in difficoltà il Primo Ministro turco.
  In aggiunta a ciò, si rappresenta che lo stesso Primo Ministro Erdogan ha chiarito che la storica basilica di Hagia Sofia di Istanbul non sarà più trasformata in luogo di culto islamico.
  Con riguardo alla copertura di mosaici e altre testimonianze artistiche presenti all'interno dei monumenti turchi di origine cristiano-bizantina riconvertiti in moschee, si segnala che essi solitamente vengono coperti con dei tendaggi solo durante le preghiere, rimanendo visibili in tutte le altre occasioni.
  Da ultimo, mette conto segnalare che il processo di avvicinamento della Turchia all'Unione europea, di cui l'Italia continua ad essere un convinto sostenitore, resta lo strumento più efficace per incoraggiare le Autorità turche ad essere rispettose delle tradizioni e delle libertà di culto, con particolare riferimento ai monumenti nazionali turchi di origine cristiano-bizantina (ivi compreso il monumento di Santa Sofia a Istanbul) e a garantire la conservazione e la tutela dell'alto patrimonio culturale ed artistico dei mosaici presenti al loro interno.

Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 settembre 2013 si sono uditi tre fortissimi boati nei territori di Oristano, Arborea, Cabras, Siamaggiore, Bonarcado, Cuglieri, Neoneli, ubicati nella costa centro-occidentale della Sardegna;
   secondo le testimonianze dei residenti, i boati hanno causato numerosi disagi, facendo tremare i vetri delle finestre delle abitazioni e provocando una forte apprensione tra la popolazione;
   nello stesso giorno, due velivoli NATO che operavano dalla base dell'Aeronautica militare di Decimomannu, impegnati nel corso di una missione addestrativa regolarmente programmata e autorizzata, superavano la velocità del suono (Mach 1);
   l'episodio è avvenuto a circa tredici chilometri di quota e a venticinque chilometri dalla costa occidentale della Sardegna, all'altezza del Golfo di Oristano, nella zona limitrofa al poligono di tiro di Capo Frasca;
   in una nota, il reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo di Decimomannu, ha precisato che «Il bang sonico è stato avvertito nella provincia di Oristano. Riscontrato l'evento i piloti hanno immediatamente ridotto la velocità per non creare ulteriore allarme tra la popolazione»;
   caccia svedesi e francesi hanno partecipato nei cieli della Sardegna alla prima campagna collettiva di certificazione al rifornimento in volo promossa in ambito europeo, riguardante il nuovo tanker italiano KC-767 A, in dotazione all'Aeronautica militare italiana;
   i velivoli coinvolti, sono tre JAS-39 Gripen della forza aerea svedese, schierati sulla base sarda insieme al KC-767A italiano, un Mirage 2000 e un Rafael francese (operanti direttamente dalla base transalpina di Istres);
   le prove a terra e in volo sono gestite da personale del reparto sperimentale volo dell'Aeronautica militare, con il supporto tecnico-logistico del 14° stormo;
   da anni ormai, nel territorio tra Decimomannu, nel Medio Campidano e nella provincia di Oristano si assiste al continuo passaggio di aerei da guerra diretti al poligono di Capo Frasca e ciò è causa di molti disagi, sia dal punto di vista della quiete pubblica che dal punto di vista dell'accoglienza in un territorio principalmente caratterizzato da attività agricola, allevamento e turismo;
   già nei primi mesi dell'estate del 2013 alcuni turisti stranieri si sono recati negli uffici del comune di Arbus (comune di cui fa parte il territorio di Capo Frasca) dopo essere scappati dalla spiaggia di Torre dei Corsari a causa della presenza di aerei militari che volavano a bassa quota sull'arenile, violando qualsiasi protocollo e penalizzando il turismo e la balneazione nel territorio –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'accaduto e delle gravi e ripetute violazioni della quiete pubblica e dei danni che esse stanno producendo all'economia locale;
   se abbia o meno intenzione di disporre una verifica in merito o di intervenire presso il comando militare di Decimomannu affinché nel territorio sopra citato si possano svolgere – liberamente ed in sicurezza – le attività civili a cui un'area già fortemente segnata dalla ultracinquantennale presenza del poligono ha comunque diritto. (4-01864)

  Risposta. — La base di Decimomannu è sede del reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo dell'Aeronautica militare che ha il compito di pianificare, programmare e autorizzare tutte le attività addestrative ed esercitative dei reparti, nazionali e stranieri, che si rischierano sul sedime.
  Tali attività sono regolate da direttive operative e di sicurezza del volo, in ottemperanza alle leggi vigenti in materia, il cui rispetto è garantito da uno scrupoloso controllo da parte degli organi preposti, al fine di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre che la tutela ambientale del territorio.
  In particolare, l'addestramento aria-aria – che si svolge sul mare nell'area addestrativa sita a ovest della Sardegna – prevede l'applicazione di procedure e la condotta di tattiche per velivoli caccia che simulano, sotto il controllo di sistemi dedicati, le varie fasi d'intercettazione e di difesa della propria area di responsabilità.
  Ciò premesso, l'evento richiamato dall'interrogante si è verificato nel corso di una missione addestrativa regolarmente programmata e autorizzata.
  Nello specifico, durante l'attività svolta da 4 velivoli Nato dell'aviazione tedesca è stata superata accidentalmente la velocità del suono (Mach 1), dando luogo a forti boati avvertiti nei diversi centri della provincia di Oristano.
  La percezione del fenomeno presso i centri urbani costieri è stata provocata da una concomitanza di fenomeni atmosferici – in particolare, la temperatura – correlati principalmente alle condizioni meteorologiche che hanno impedito la dissipazione della pressione provocata dal superamento accidentale della velocità del suono prima che l'onda di pressione toccasse il suolo generando il caratteristico fenomeno acustico.
  Non appena riscontrato quanto accaduto, l'attività di volo è stata immediatamente sospesa ed è stata inoltrata una formale comunicazione sia al Comandante del rischieramento che al rappresentante locale della Aeronautica militare tedesca.
  Mi preme, comunque, rassicurare l'interrogante che l'Aeronautica militare sta già ponendo in essere le opportune azioni correttive volte ad una maggiore sensibilizzazione del personale militare sulla problematica, affinché nel futuro non si ripetano eventi similari.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   RAMPI, MOSCA, MAURI, CASATI, LAFORGIA, CIMBRO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i collegamenti della regione urbana milanese sono uno dei fattori cruciali dello sviluppo del Paese;
   esiste un progetto sviluppato fino al livello esecutivo per il prolungamento della metropolitana 2 dall'attuale terminal di Cologno Monzese a quello nuovo di Vimercate;
   tale nuova tratta collegherebbe una delle aree più popolose della regione urbana milanese e una delle più dense dal punto di vista produttivo mettendo in connessione diretta Milano e di conseguenza tutto il Paese con l'area del distretto tecnologico che vede la presenza di alcuni dei più importanti soggetti nazionali nel campo delle tecnologie (tra gli altri STM, MICRON, ALCATEL-LUCENT, CISCO, IBM oltre che l'emergente polo tecnologico sviluppato da SEGRO e tutto l'indotto connesso);
   tale tratta si sviluppa su una delle arterie di maggior traffico dell'attuale mobilità della regione urbana milanese che coinvolge ogni giorno pendolari provenienti da Bergamo, Lecco, Varese con gravi danni per le persone e per l'economia, gravi ritardi e incertezze nel trasporto delle merci, difficoltà per il raggiungimento del posto di lavoro, gravi danni per l'inquinamento e quindi la salute dei cittadini;
   la tratta progettata liberando dal traffico pendolari l'attuale tangenziale est di Milano non solo sgraverebbe significativamente, migliorandola, la mobilità delle merci, ma renderebbe molto più raggiungibile l'aeroporto urbano di Linate, oggi gravemente penalizzato dal traffico permanente dei pendolari a inizio e fine giornata;
   tale progetto era costitutivo del sistema di riprogettazione della mobilità della regione urbana milanese e vincolante per la realizzazione delle nuove tratte autostradali in particolare della est esterna;
   tale prolungamento della metropolitana costituisce uno degli impegni assunti con l'accordo di programma siglato nel 2007 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, province di Milano e Lodi, CAL, ANAS e rappresentanti dei comuni;
   i comuni interessati e la regione Lombardia si sono detti disponibili a partecipare all'investimento; anche diverse aziende private hanno dimostrato questo interesse ed esistono i margini per una riduzione dei costi di intervento, ad esempio portando l'intero tracciato in superficie –:
   a che punto sia l’iter del finanziamento del progetto;
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per rilanciarlo;
   se il Governo intenda attivare immediatamente un tavolo di confronto con il nuovo Governo regionale della Lombardia, con tutti i parlamentari eletti nel territorio e con tutti i comuni interessati alla tratta per assumere provvedimenti urgenti per il rilancio del progetto e il suo certo finanziamento anche in vista di Expo 2015.
(4-00262)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 giugno 2013, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  In primo luogo occorre sottolineare che questo Governo pone la massima attenzione alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all’
Expo 2015.
  La riconfigurazione delle potestà in capo al Commissario unico
Expo 2015, la concentrazione delle risorse avvenuta anche per il tramite del decreto-legge del fare (n. 69 del 2013), l'obiettivo di rendere stabili e, funzionali specifiche opere connesse all'evento, rappresentano tutti gli sforzi messi in campo dal Governo e connessi alla razionalizzazione dell'evento Expo 2015.
  Si ricorda, inoltre, che con l'articolo 1, comma 101, della legge di stabilità 2014 (che modifica l'articolo 46-
ter, comma 5, del citato decreto n. 69 del 2013) sono state previste, al fine di garantire la tempestiva realizzazione delle opere Expo indispensabili per l'evento, la revoca e la nuova finalizzazione dei finanziamenti statali relativi ad opere connesse all'evento, ovvero previsti nell'ambito delle opere di pertinenza del cosiddetto «Tavolo Lombardia», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2008 (comma 5 del nuovo articolo 46-ter del decreto n. 69 del 2013).
  Si stabilisce, altresì, che per l'attuazione del predetto comma 5, i finanziamenti statali relativi alle opere di connessione infrastrutturale del cosiddetto «Tavolo Lombardia», confluiscano in un apposito fondo denominato «Fondo unico
Expo: infrastrutture strategiche di connessione all’Expo 2015» e finalizzato alla realizzazione delle opere indispensabili per lo svolgimento dell'evento.
  Infine, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 151 del 2013, è stato previsto, per il 2013, a favore del comune di Milano, un contributo di 25 milioni di euro, a titolo di concorso al finanziamento delle spese per la realizzazione di
Expo 2015.
  Il Governo, è perfettamente consapevole che l'occasione dell’
Expo riguarda un evento dalle grandi capacità di sviluppo economico ma è anche conscio che la continuità di quello sviluppo è strettamente connessa alle capacità di assorbimento di risorse da parte di ogni singolo progetto. Ed è proprio la capacità di assorbimento delle risorse che determina l'apertura nell'immediato dei cantieri.
  Le linee metropolitane M2 ed M3, come è noto, furono approvate nel 2010: l'approvazione da parte del Cipe, avvenuta con la procedura di legge obiettivo, non ha tuttavia avuto seguito.
  In particolare, per quanto riguarda la M2, l'atto integrativo al protocollo d'intesa del 31 luglio 2007, sottoscritto in data 5 novembre 2007, tra il Ministero delle infrastrutture, la regione Lombardia, la provincia di Milano e il comune di Milano, a fronte di un costo totale dell'opera di 533 milioni di euro, prevedeva l'assegnazione di 6 milioni di euro per la progettazione definitiva dell'infrastruttura da parte dello Stato e che la ripartizione del finanziamento dell'opera sarebbe stata successivamente definita.
  A seguito del tavolo Lombardia –
Expo 2015 – del 25 maggio 2009, è stata determinata la nuova rimodulazione degli impegni finanziari a carico del Governo per 316 milioni di euro e a carico degli enti locali per 211 milioni di euro.
  In seguito ad un miglioramento istruttorio, il valore del progetto fu portato da 533 milioni di euro a 476,66 milioni di euro, così ripartito:
   60 per cento a carico dello Stato per un importo di 285,99 milioni di euro;
   40 per cento a carico degli enti locali per un importo di 190,66 milioni di euro.

  La copertura finanziaria della progettazione definitiva dell'infrastruttura era assicurata, da un finanziamento pari a 6 milioni di euro, a valere sui fondi stanziati dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007, (convertito nella legge n. 222 del 2007), mentre per 279 milioni di euro mancava la relativa copertura.
  Il 13 maggio 2010 il Cipe approvava il progetto preliminare dell'opera ma la Corte dei conti, con delibera del dicembre 2010, ha ricusato il visto per mancanza di copertura finanziaria. Allo stato, si attende che il comune di Milano dia nuovamente impulso al procedimento presentando un nuovo progetto oppure l'aggiornamento di quello attuale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha recepito il regolamento (CE) del 2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra con decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 27 gennaio 2012, recuperando così quel ritardo che rischiava di far perdere competitività alle imprese italiane rispetto alle imprese degli altri paesi europei;
   molti gas fluorurati ad effetto serra disciplinati dal protocollo di Kyoto e dal presente regolamento sono gas ad alto potenziale di riscaldamento globale;
   il regolamento dovrebbe stimolare l'innovazione tecnologica promuovendo lo sviluppo continuo di tecnologie alternative e la transizione a tecnologie esistenti più favorevoli all'ambiente;
   l'applicazione del regolamento costituisce quindi un adempimento importante e necessario per mettere in condizione le imprese italiane di competere sui mercati europei con tecnici certificati;
   il regolamento riguarda il contenimento, l'uso, il recupero e la distruzione dei gas fluorurati ad effetto serra, l'etichettatura e lo smaltimento di prodotti e apparecchiature contenenti tali gas, la comunicazione di informazioni su questi gas, il controllo degli usi nonché la formazione e la certificazione del personale e delle aziende;
   come predetto il decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2012, n. 43, Regolamento recante attuazione del regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra, disciplina le modalità di attuazione del regolamento comunitario, e stabilisce i requisiti standard di controllo delle perdite per le apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria e pompe di calore contenenti taluni gas fluorurati ad effetto serra;
   l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica prevede, a carico degli operatori delle applicazioni fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria e pompe di calore, contenenti i 3 chilogrammi o più di gas fluorurati ad effetto serra, un obbligo di tenuta del registro dell'apparecchiatura di cui all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1516/2007, in cui debbono essere riportate le informazioni previste dall'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 842/2006. La medesima norma prevede che il formato del registro debba essere pubblicato sul sito web del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
   ai sensi dell'articolo 16 del medesimo decreto, entro il 31 maggio di ogni anno, gli operatori delle applicazioni fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria, pompe di calore, nonché dei sistemi fissi di protezione antincendio contenenti 3 chilogrammi o più di gas fluorurati ad effetto serra, devono presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il tramite di ISPRA, una dichiarazione contenente informazioni riguardanti la quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati relativi all'anno precedente sulla base dei dati contenuti nel relativo registro di impianto, la cui tenuta è prevista dall'articolo 15;
   gli obblighi indicati, previsti a carico degli operatori, potrebbero interessare i proprietari degli impianti in quanto l'operatore è definito come «una persona fisica o giuridica che eserciti un effettivo controllo sul funzionamento tecnico delle apparecchiature e degli impianti». In base a questa definizione, il proprietario dell'impianto contenente gas fluorurati può essere considerato l'operatore dell'apparecchiatura;
   con riferimento all'adempimento all'obbligo di dichiarazione previsto dall'articolo 16 del decreto nazionale, il formato della dichiarazione contenente le informazioni riguardanti le quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati è stato reso tardivamente disponibile, solo a seguito dell'annuncio in Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2013, mentre il registro dell'impianto previsto dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica è stato istituito con comunicato dell'11 febbraio 2013;
   gli articoli 3 e 6 del decreto legislativo 5 marzo 2013, n. 26, Disciplina sanzionatorio per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati od effetto serra, puniscono in maniera significativa il mancato adempimento dell'obbligo di tenuta del registro e di invio della comunicazione;
   mentre l'articolo 16 del citato decreto del Presidente della Repubblica prevede l'obbligo trasmettere le «informazioni riguardanti la quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati relativi all'anno precedente sulla base dei dati contenuti nel relativo registro di impianto», a seguito del comunicato del 14 maggio 2013, sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella pagina internet dedicata (http://www.minambiente.it) invece, è richiesto, comunque, agli operatori, di trasmettere la comunicazione prevista dall'articolo 16, con riferimento alle sole sezioni anagrafiche, 1, 2 e 3, del formato;
   l'adempimento previsto dall'articolo 16 è evidentemente funzionale al censimento dei dati in materia di emissioni relativi all'anno precedente;
   le organizzazioni rappresentative delle imprese hanno provveduto a segnalare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la necessità, in generale, di una semplificazione del sistema previsto dalla normativa nazionale, evidenziandone le restrizioni e l'aggravamento degli oneri rispetto alla disciplina comunitaria;
   le medesime organizzazioni, nell'immediato, hanno rappresentato la materiale impossibilità di procedere agli adempimenti previsti dall'articolo 16 citato, in considerazione della tardiva pubblicazione della modulistica e la sostanziale inutilità dell'invio dei dati anagrafici –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di risolvere le problematiche indicate, considerate le difficoltà connesse all'imminente scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione disciplinata dall'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2012, n. 43, e vista la materiale impossibilità per le imprese di adempiere tempestivamente alla comunicazione di dati non previsti per legge e non funzionali al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, la cui trasmissione costituirebbe ad avviso dell'interrogante un inutile appesantimento burocratico;
   se, in particolare, il Ministro non intenda tempestivamente fornire i necessari chiarimenti sull'applicazione della normativa, precisando che l'obbligo di invio della dichiarazione di cui all'articolo 16 decorre a partire dal 2014, anche al fine di evitare l'applicazione di inique onerose sanzioni per gli operatori;
   se il Ministro intenda comunque valutare opportune semplificazioni al sistema degli adempimenti previsti dal decreto, in modo da assicurare che, nel rispetto delle norme comunitarie di riferimento. Le imprese siano messe, con efficacia ed efficienza, in grado di adempiere agli obblighi di legge. (4-00658)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, in vista della allora imminente scadenza del 31 maggio 2013, prevista all'articolo 16 decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2012, n. 43 (Regolamento recante attuazione del regolamento (CE) n. 842 del 2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra), per la produzione da parte degli operatori interessati di talune informazioni da rendersi sulla base dei dati contenuti nel pertinente registro di impianto previsto dal precedente articolo 15, stesso decreto, l'interrogante richiamava l'attenzione sulle possibili e ventilate difficoltà di adempiere a quanto normativamente previsto – seppure limitatamente alle sole sezioni anagrafiche – in dipendenza della tardiva pubblicazione della pertinente modulistica ed attesa la probabile e sostanziale inutilità dell'invio dei soli dati anagrafici.
  In proposito, per meglio inquadrare il problema, si ritiene opportuno richiamare preliminarmente le disposizioni normative di riferimento.
  L'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 842 del 2006 prevede che gli operatori delle applicazioni fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria e pompe di calore, nonché dei sistemi fissi di protezione antincendio contenenti 3 chilogrammi o più di gas fluorurati ad effetto serra tengano un registro «in cui riportano la quantità e il tipo di gas fluorurati ad effetto serra installati, le quantità eventualmente aggiunte e quelle recuperate durante le operazioni di manutenzione, di riparazione e di smaltimento definitivo. Mantengono inoltre un registro di altre informazioni pertinenti, inclusa l'identificazione della società o del tecnico che ha eseguito la manutenzione o la riparazione, nonché le date e i risultati dei controlli effettuati ai sensi dei paragrafi 2, 3 e 4 e le informazioni pertinenti che permettono di individuare nello specifico le apparecchiature fisse separate delle applicazioni di cui al paragrafo 2, lettere
b) e c). Su richiesta, detti registri sono messi a disposizione dell'autorità competente e della Commissione».
  Come previsto dall'articolo 15, comma 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2012, a seguito del prescritto annuncio sulla
Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 2013, sono stati pubblicati sul sito web del Ministero dell'ambiente i formati dei suddetti registri («Registro dell'Apparecchiatura» nel caso di apparecchiature fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria, pompe di calore e «Registro del Sistema» in caso di sistemi fissi di protezione antincendio). Detti registri non sono telematici e devono accompagnare i citati sistemi e apparecchiature durante tutto il loro ciclo di vita. Tale obbligo è direttamente previsto dalla normativa europea, entrata in vigore il 4 luglio 2006.
  L'articolo 6, paragrafo 4, dello stesso regolamento (CE) n. 842 del 2006 prevede che gli Stati membri istituiscano un sistema di comunicazione al fine di acquisire dati sulle emissioni in atmosfera di gas fluorurati. A tale scopo, l'articolo 16, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2012 prevede che, entro il 31 maggio di ciascun anno, a decorrere dall'anno successivo a quello di entrata in vigore dello stesso decreto, gli operatori delle applicazioni fisse di refrigerazione, condizionamento d'aria, pompe di calore, nonché dei sistemi di protezione antincendio contenenti 3 chilogrammi o più di gas fluorurati ad effetto serra, presentino al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il tramite dell'istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA), una dichiarazione contenente le informazioni riguardanti la quantità di emissioni in atmosfera di gas fluorurati relativi all'anno precedente sulla base dei dati contenuti nel relativo registro di impianto.
  I dati e il formato della suddetta dichiarazione sono stati approvati con decreto direttoriale n. 34604 del 2 maggio 2013; il pertinente rinvio è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2013.
  Tenuto conto dei tempi di pubblicazione, il decreto prevedeva che, per l'anno 2013, le informazioni da trasmettere sarebbero state limitate ai dati identificativi dell'operatore e dell'impianto. È previsto che le dichiarazioni siano trasmesse all'ISPRA tramite il formato elettronico, accessibile ad un apposito
link (www.sinanet.isprambiente.it/it/fgas).
  Per quanto attiene alla data del 31 maggio quale termine ultimo per la presentazione della dichiarazione, essa è stabilita dal decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2013, per cui una sua modifica o posposizione avrebbe richiesto, come ancora oggi richiederebbe, l'adozione di una disposizione normativa almeno di pari rango. Allo stesso modo si sarebbe dovuto procedere per una eventuale sospensione dell'irrogazione delle sanzioni previste dal decreto legislativo 5 marzo 2013, n. 26 recante «Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra».
  Sul punto non può non rilevarsi che gli elementi informativi di cui sopra, peraltro già a conoscenza dell'interrogante, sono stati esposti in Commissione ambiente nella seduta del 4 luglio 2013 in risposta alla interrogazione a contenuto analogo presentata dall'onorevole Pastorelli.
  In aggiunta a quanto appena riferito, peraltro, si precisa che allo stato le comunicazioni pervenute ai sensi del citato articolo 16 sono state circa 300 mila, e che i dati in essa contenuti sono stati ritenuti molto utili dall'ISPRA nell'ambito delle proprie attività di
reporting.
  Per quanto attiene, più nello specifico, alle ipotesi di semplificazione delle procedure, ventilate dall'interrogante, allo scopo di mettere in grado gli operatori di adempiere a quanto dovuto con la massima efficienza e tempestività, pur nel rispetto delle vincolanti norme comunitarie, questo Ministero non ritiene aprioristicamente non migliorabili in tal senso le disposizioni regolamentari già emanate, ritenendo che qualsivoglia innovazione che consenta di diminuire gli oneri burocratici posti in capo alle imprese e agli operatori economici non può che favorire l'economia e la ripresa.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mareMarco Flavio Cirillo.


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Casale sul Sile, in località Lughignano, provincia di Treviso, è in corso l’iter di approvazione finale per la realizzazione di una discarica ex 2B di rifiuti speciali; l'area in questione è già stata oggetto di attività di cava per l'estrazione di argilla e, dall'anno 1990, sono in corso procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica dell'area;
   come evidenziato da numerosi articoli di stampa locale, dibattiti pubblici e incontri con la popolazione una montagna di rifiuti di più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, vitivinicole di qualità e per di più alla brevissima distanza di poche centinaia di metri dal corso del fiume Sile. Interessato proprio in quella zona da siti di interesse comunitario (SIC), zone di protezione speciale (ZPS) e afferente ad una parte di territorio tutelato dall'ente parco regionale del Sile: area soggetta ad alto rischio idrogeologico;
   recentemente, in seguito alle abbondanti precipitazioni delle scorse settimane, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del fiume Sile che ha allagato alcuni campi e alcune aree golenali, ribadendo de facto il rischio idrogeologico già fissato nelle aree di territorio interessate dal corso del fiume trevigiano e adiacenti al territorio individuato per aprire la discarica di Lughignano;
   peraltro nel medesimo territorio comunale esiste già una discarica, riferibile all'ex Dinamica Costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l'anno previsto dall'articolo 2 comma 1 lettera g) del decreto legislativo 36 del 2003. Essa è de facto giuridicamente in attività ai sensi dell'articolo 32, comma 4, lettera b) della legge regionale n. 3 del 2000 perché non è stato mai ultimato l'intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III, 17 marzo 2006 n. 608 e Consiglio di Stato, V, 15 febbraio 2007 n. 572;
   l'articolo 32 della legge regionale Veneto n.3 del 2000 vieta chiaramente l'approvazione di progetti di nuove discariche per rifiuti speciali ove siano in attività altre discariche, salvo espresso parere favorevole del comune interessato, che ad oggi non sussiste e che mai è stato concesso –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda descritta in premessa e se, fatte salve le esclusive competenze regionali, non intenda verificare la compatibilità della coltivazione del campo di discarica con la tutela degli importanti siti SIC e ZPS presenti in quel territorio anche alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti dell'Italia. (4-00708)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante aveva portato alla attenzione di questo Ministero che presso la regione Veneto era in corso l’iter di approvazione per il rilascio della autorizzazione alla realizzazione di una discarica ex 2B di rifiuti speciali in località Lughignano, nel comune di Casale sul Sile, in provincia di Treviso, evidenziando le connesse problematiche che tale iniziativa avrebbe comportato tenuto conto della vicinanza con il sito di interesse comunitario e la zona di protezione speciale nonché dell'area interessata soggetta ad alto rischio idrogeologico.
  Pur non rientrando – com’è noto – la funzione autorizzatoria nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, questo Ministero si è tuttavia prontamente attivato stante la rilevanza ambientale della prospettata problematica e i potenziali rischi nei confronti dei siti di rete natura 2000.
  È stato richiesto, così, ogni utile elemento informativo alle amministrazioni pubbliche interessate, acquisendo, in particolare, dal predetto comune di Casale del Sile, le osservazioni presentate in più occasioni durante l’
iter istruttorio della procedura di valutazione d'impatto ambientale, tese a motivare le perplessità relative alla realizzazione del progetto di che trattasi, in tema di impatti ambientali negativi che la realizzazione dell'opera avrebbe potuto produrre sul territorio e su ambiti territoriali di particolare tutela ambientale quali il parco del Sile e i siti di rete natura 2000.
  Sono state acquisite, in tale occasione, anche le pertinenti relazioni dell'ente parco naturale regionale del Sile e dell'unità foreste e parchi della regione Veneto che, analogamente alla preoccupazione manifestata dal comune, a loro volta hanno compiutamente segnalato la concreta possibilità che la discarica possa essere fonte di inquinamento per l'ecosistema esistente e per le acque sotterranee.
  A sua volta, la regione Veneto aveva reso una concisa sebbene informata comunicazione nella quale era stato assicurato che le osservazioni pervenute, e sopra richiamate, sono state considerate utili a fornire elementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti del progetto in parola.
  Tanto premesso, è con un minimo di compiacimento – originato dalla consapevolezza della sostanziale «tenuta» delle normate procedure valutative – che può concludersi il presente riscontro alla interrogazione in esame segnalando che la commissione Via della regione Veneto, con parere n. 423 dell'11 agosto 2013 ha espresso parere negativo alla approvazione del progetto di discarica denominato «Progetto per impianto di discarica per rifiuti non pericolosi non putrescibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei rispettivi impianti produttivi e di recupero» presentato dalla da CO.VE.RI. Soc. Coop. arl da realizzarsi nel comune di Casale sul Sile in provincia di Treviso.
  Da informazioni acquisite per le vie brevi dalla competente regione Veneto, si è appreso che la pertinente deliberazione di Giunta regionale, che non potrà non essere conforme al parere di cui sopra, è in corso di adozione.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mareMarco Flavio Cirillo.


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come lamentato, anche recentemente ed in diverse occasioni, dalle associazioni di categoria e dai consorzi per la raccolta e il riciclo di pneumatici risulta sempre più necessario combattere il preoccupante fenomeno della vendita al dettaglio degli pneumatici attraverso «canali web» senza l'applicazione del contributo ambientale da parte di soggetti commerciali con sede all'estero;
   in base ad alcune stime, infatti, questo rappresenta un settore in sensibile crescita e già oggi copre circa il 3 per cento del mercato, equivalente a 2 milioni di pezzi che corrispondono a circa 12 mila tonnellate di PFU. Da queste stime il potenziale mancato versamento del contributo ambientale ammonterebbe a circa 5 milioni di euro. Questo comporta 3 gravi conseguenze per il settore. Innanzitutto, un mancato introito per l'erario pari a 1 milione di euro, in ragione dell'IVA applicata al contributo. In secondo luogo, questo ingiusto vantaggio sul prezzo di vendita, ottenuto dalla mancata applicazione del contributo, comporta una distorsione della concorrenza che danneggia i produttori e gli importatori che applicano correttamente la legge e il contributo. Terza e ultima conseguenza consta nel fatto che questi pneumatici, non contabilizzati come immessi sul mercato, una volta giunti a fine vita ricadono sulla collettività, per la loro raccolta e trattamento, per un costo stimabile in circa 5 milioni di euro;
   le società straniere, come già espresso, non applicano il predetto contributo nella vendita online poiché intrattengono il rapporto commerciale direttamente con il consumatore acquirente, senza l'intermediazione di un importatore, sfuggendo alle categorie previste dalla normativa vigente concepita quando ancora gli acquisti online risultavano essere marginali e che risulta oramai obsoleta;
   da ultimo questa lacuna normativa innesca poi il rischio di abbandono illegale poiché in caso di acquisto online di pneumatici è, nella quasi totalità dei casi, previsto il montaggio presso un gommista autorizzato, che in assenza di pagamento del contributo di smaltimento su quelli nuovi non accetta il ritiro degli pneumatici e che spesso vengono così dispersi nell'ambiente –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se non intendano intervenire con urgenza sulla normativa vigente ovvero, ove possibile, anche attraverso una circolare ministeriale, imponendo il pagamento del contributo ambientale anche per gli acquisti online di pneumatici venduti da soggetti commerciali con sede all'estero al fine di tutelare l'ambiente, la concorrenza e combattere l'elusione fiscale dell'IVA. (4-00876)

  Risposta. — In data 8 giugno 2011 nella Gazzetta Ufficiale dell'8 giugno 2011, n. 131, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2011, n. 82, recante «Regolamento per la gestione degli pneumatici fuori uso (PFU), ai sensi dell'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni, recante disposizioni in materia ambientale», il quale, con specifico riferimento al settore degli pneumatici, ha introdotto la responsabilità estesa del produttore del prodotto.
  Il citato decreto ha quali principali destinatari i «produttori» e gli «importatori» di pneumatici. A carico di questi ultimi istituisce l'obbligo di «gestione» di pneumatici fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.
  Premesso che i rischi d'incongruenza e di distorsione del mercato paventati dall'interrogante non appaiono affatto trascurabili, in base al combinato disposto delle lettere
c) e d) dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 82 del 2011 rientrano nella succitata categoria di soggetti obbligati anche quei «produttori» ed «importatori» di pneumatici che, attraverso forme di vendita degli pneumatici via «canali web», si trovino a immettere pneumatici del mercato nazionale.
  Infatti, l'articolo 2, lettera
d) citata, descrive la «figura giuridica» del «produttore» o dell’«importatore» di pneumatici come quella di «colui che immette per la prima volta sul mercato pneumatici da impiegare come ricambio». Questa definizione di «produttore» o di «importatore» di cui al citato articolo 2, lettera d), e ulteriormente precisata all'articolo 2, lettera c) che, chiarendo il concetto giuridico di «immissione», afferma che ha luogo una «immissione sul mercato» nel «momento in cui gli pneumatici nuovi, sia prodotti che importati, e usati provenienti da importazione, sono fatti oggetto per la prima volta di cessione nel mercato nazionale del ricambio, a qualsiasi titolo, mediante atto idoneo e documentabile».
  Immettere pneumatici significa, quindi, stante il tenore letterale dell'articolo 2, lettera
c), «farne oggetto di cessione» («per la prima volta ... nel mercato nazionale del ricambio») «a qualsiasi titolo» e «mediante atto idoneo e documentabile».
  Dunque, all'esito dei coordinamento delle definizioni contenute nelle lettere
c) e d) dell'articolo 2, è «produttore» o «importatore» ogni «persona fisica o giuridica che immette nel mercato nazionale», mentre l'azione di immettere si concreta nel «fare oggetto di cessione».
  Il presupposto applicativo del sistema di obblighi e oneri prefigurato dal decreto ministeriale n. 82 del 2011, ivi incluso di mettere in fattura il cosiddetto «contributo ambientale», consiste quindi nell'operazione di immettere gli pneumatici nel mercato nazionale tramite il perfezionamento di una cessione contrattuale atta a destinare la merce al territorio nazionale.
  Su queste basi letterali e sistematiche, già a legislazione vigente, tenendo al contempo conto della coerente necessità di prevenire facili ed ingiustificate elusioni della disciplina, quando gli pneumatici oggetto di trasferimento commerciale sono destinati al mercato nazionale, non è idoneo ad inibire l'operatività del decreto ministeriale n. 82 del 2011 ne l'eventualità che il venditore a distanza operante via «canali web» abbia sede in altro paese (trattandosi di circostanza di per stessa non impeditiva dell'operazione di «immettere», rilevante ai sensi e per gli effetti del decreto ministeriale n. 2 del 2011), né, per analoghe motivazioni, considerazioni di carattere civilistico condotte in forza dalla normativa commerciale pertinente, eventualmente anche per volontà delle parti (essendo tra l'altro in discussione l'applicazione di norme di diritto pubblico, e non privati, estranee alla disponibilità privata e propedeutiche alla protezione dell'ambiente).
  Sintetizzando, il decreto ministeriale n. 82 del 2011 non giustifica l'esenzione dagli obblighi e dagli adempimenti prescritti dal citato decreto dei soggetti operanti, dall'estero, tramite la commercializzazione elettronica attraverso «canali web» di pneumatici a distanza all'interno del mercato italiano.
  Ciò, anche in considerazione del fatto che l'importazione di pneumatici nel territorio italiano genera un impatto ambientale non diverso da quello che avrebbe luogo se gli strumenti di negoziazione prescelti fossero quelli tradizionali, sottoposti ai vincoli regolamentari del citato decreto ministeriale n. 82 del 2011. Peraltro, nella denegata ipotesi di un'esclusione dei predetti soggetti, gli oneri per la gestione degli pneumatici fuori uso derivanti dai pneumatici venduti a distanza finirebbero – in violazione del principio comunitario e nazionale del «chi inquina paga» – per gravare sul sistema e nello specifico sui soggetti operanti all'interno e nel rispetto del decreto ministeriale n. 82 del 2011 che si troverebbero esposti a dover gestire non solo gli pneumatici fuori uso pari alla loro quota di immissione nel mercato italiano del ricambio degli pneumatici, ma anche quegli pneumatici fuori uso immessi dai competitori occultamente dispensati.
  D'altronde, soluzioni equivalenti in settori affini sono avallate dal combinato disposto degli articoli 3, comma 1, lettera
m) e 10, comma 3 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 (attuativo della direttiva 2002/95/CE, della direttiva 2002/96/CE e della direttiva 2003/108/CE, in materia di «riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e di smaltimento dei rifiuti») nonché dal combinato dell'articolo 2, comma 1, lettera n) e lettera p) del decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188 (recante «attuazione della direttiva n. 2006/66/CE, concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti»).
  In conclusione, a legislazione vigente anche il venditore di pneumatici stabilito in un altro Stato membro che cede a consumatori in Italia tramite «canali web» (B2C) rientra – ai fini del decreto ministeriale n. 82 del 2011– nella nozione di «importatore degli pneumatici» ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto dovendo, pertanto, anche adempiere agli obblighi statuiti dal citato decreto ministeriale.
  Ad ogni buon conto, giova ricordare che superata la soglia annuale limite ai sensi dell'articolo 40 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, valevole per l'Italia in caso di vendite effettuate da un soggetto passivo stabilito in uno Stato UE nei confronti di un privato consumatore o di un soggetto che beneficia del regime derogatorio di un altro Stato membro, le spedizioni vengono obbligatoriamente tassate nello Stato di destinazione e quindi, nel caso di specie, in Italia con applicazione obbligatoria del relativo regime IVA. In tali casi il cedente deve nominarsi un rappresentante fiscale o aprire una partita IVA in Italia mediante identificazione diretta provvedendo direttamente all'adempimento agli obblighi di legge, tra cui non solo quelli fiscali, ma anche quelli previsti dal decreto ministeriale n. 82 del 2011.
  Per le vendite a distanza effettuate da operatori extra-UE nei confronti di privati, occorrerebbe incrementare la vigilanza doganale che deve essere messa in condizione di ricevere dai produttori ed importatori di pneumatici, nonché dalle loro forme associate ai sensi dell'articolo 4 del citato decreto ministeriale n. 82 del 2011, notizia dell'importo del contributo ambientale applicato al fine di far concorrere detto contributo all'imponibile doganale e IVA, nonché stabilire con disposizione normativa le modalità di riscossione e gestione di detto contributo eventualmente riscosso dalle dogane.
  Alla luce di quanto sopra specificato, questo Ministero valuterà in che modo darne idonea pubblicità, anche coordinandosi – ove necessario o opportuno – con le competenti autorità in ambito UE e, ad ogni modo, con le competenti autorità nazionali, specie quelle fiscali e doganali, considerato che il contributo ambientale previsto dal decreto ministeriale n. 82 del 2011 concorre a formare base imponibile in dogana ai fini dazi e IVA.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mareMarco Flavio Cirillo.