Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 13 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva 28/6/99/70 CE si basa sull'articolo 139, paragrafo 2, CE e, secondo quanto contenuto nel suo articolo 1, è diretta ad «attuare l'accordo quadro (...), che figura nell'allegato, concluso (...) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)»;
    la clausola 4 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata afferma il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato e a tempo determinato, sancendo che: « 1) Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. 2) Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis. 3) Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e le prassi nazionali. 4) I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive;
    la clausola 5 dell'accordo quadro che figura nell'allegato della direttiva citata recita che: « 1) Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
     a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
     b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
     c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 2) Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
      a) devono essere considerati «successivi»;
      b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
    la direttiva 28 giugno 1999 1999/70/CE, applicabile al settore pubblico come risulta ad esempio dalle sentenze Adeneler, 4 luglio 2006, C-212/04 e Angelidaki, 23 aprile 2009, C-378-80/07, si incentra sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato e sulla prevenzione dell'abuso derivante dalla reiterazione dei contratti a termine;
    l'articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dispone quanto segue:
  «1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35.
  2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (...).
(...)
  5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (...)»;
    l'utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di prevenire discriminazioni e abusi, deve essere necessariamente basato su ragioni oggettive, come chiarisce l'articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001, in cui si afferma che «è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro»;
    nel settore pubblico l'articolo 49 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha sostituito l'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, imponendo alle amministrazioni pubbliche l'obbligo di «assumere esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato» in presenza di «esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario», e ripristinando la possibilità di avvalersi di forme contrattuali flessibili unicamente «per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali», con disciplina, dunque, più restrittiva, nella proclamazione del superamento del «lavoro precario»;
    il ricorrente utilizzo di lavoratori con forme contrattuali flessibili ha indotto il legislatore a prevedere in via transitoria procedure di stabilizzazione condizionate, tuttavia, al possesso di stringenti requisiti come quelli previsti dall'articolo 4, comma 6 del decreto-legge n. 101 del 2013 convertito, con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013;
    nelle pubbliche amministrazioni, considerati gli attuali vincoli sulle assunzioni, l'utilizzo di personale con forme contrattuali flessibili è disposto anche per lo svolgimento di attività istituzionali ed in presenza di esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario;
    in data 18 giugno 2013 il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/01012-A/003 a prima firma Ciprini, che in occasione dell'approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101 impegnava il Governo a promuovere con urgenza ogni iniziativa legislativa utile alla stabilizzazione di tutti i lavoratori precari nella pubblica amministrazione senza distinzioni rispetto alle tipologie contrattuali;
    il tribunale di Siena, sezione lavoro, a seguito del ricorso depositato in data 16 settembre 2009 contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'ufficio scolastico regionale per la Toscana, ha emanato una sentenza che ha disapplicato per contrasto con la normativa comunitaria l'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ai sensi del quale «la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione», avendo il lavoratore esclusivamente diritto risarcimento del danno, «derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative». Conseguentemente il tribunale ha disposto la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato e condannato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a reinserire in servizio la parte ricorrente nel posto di lavoro per lo svolgimento delle medesime mansioni;
    nella causa C50/13, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal tribunale ordinario di Aosta (Italia), con decisione del 3 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 30 gennaio 2013, nel procedimento Rocco Papalia contro comune di Aosta, l'ottava sezione della Corte ha pronunciato un'ordinanza in cui ha sancito che «L'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretato nel senso che esso osta ai provvedimenti previsti da una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, la quale, nell'ipotesi di utilizzo abusivo, da parte di un datore di lavoro pubblico, di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, preveda soltanto il diritto, per il lavoratore interessato, di ottenere il risarcimento del danno che egli reputi di aver sofferto a causa di ciò, restando esclusa qualsiasi trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, quando il diritto a detto risarcimento è subordinato all'obbligo, gravante su detto lavoratore, di fornire la prova di aver dovuto rinunciare a migliori opportunità di impiego, se detto obbligo ha come effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio, da parte del citato lavoratore, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione;
    quanto statuito dalla Corte nell'ordinanza «Papalia» per analogia risulta applicabile a tutta la pubblica amministrazione, in cui i contratti a tempo determinato superano le 23 mila unità, così distribuiti: oltre 130 mila riguardano il personale scolastico, circa 30 mila riguardano il personale sanitario e oltre 80 mila concernono le autonomie;
    la terza sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea, in riferimento alla causa C-361/12, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal tribunale di Napoli fra la signora Carratù e Poste italiane spa, relativamente all'apposizione di un termine al contratto di lavoro posto in essere con quest'ultima, ha emesso in data 12 dicembre 2013 una sentenza in cui ha sancito che: «La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, inserito in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che può essere fatta valere direttamente nei confronti di un ente pubblico, quale Poste italiane spa»;
    il fenomeno del precariato risulta particolarmente diffuso in ambito scolastico, un settore in cui i numeri sono impietosi e parlano di 118.468 docenti assunti con contratti a tempo determinato e di 18.428 unità assunte a tempo determinato come personale ATA cifre che fotografano un ulteriore aumento rispetto allo scorso anno;
    il precariato scolastico risulta avere un'incidenza negativa non solo sulla condizione di incertezza lavorativa ed economica del personale scolastico, ma anche sulla continuità didattica e sulla qualità dell'insegnamento, che risultano fortemente penalizzate;
    il 21 novembre 2013 la Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato, utilizzando i supplenti con contratti a termine «continuativi», che durano anche molti anni e lasciandoli così «in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri»,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte ad istituzionalizzare il processo di stabilizzazione del personale utilizzato con contratti a tempo determinato o altre forme contrattuali flessibili dalle amministrazioni pubbliche, statali e periferiche, ad esclusione del comparto scuola, e che sia stato reclutato attraverso procedure di selezione concorsuale;
   a prevedere che le iniziative sopra previste stabiliscano che le procedure di stabilizzazione:
    a) abbiano cadenza periodica regolare;
    b) siano disposte a valere su una quota fissa delle percentuali ammesse annualmente per il turn over nelle pubbliche amministrazioni;
    c) siano rivolte all'intera platea di coloro che con il passare del tempo maturano determinati requisiti di servizio in termini di durata dei contratti sottoscritti;
    d) siano rivolte esclusivamente in favore di coloro che sono stati reclutati in forza di norme di legge di carattere generale ovvero mediante procedure pubbliche di selezione escludendo, pertanto, tutti coloro che maturano i requisiti per la stabilizzazione in forza di contratti stipulati in esito a selezioni svolte da consulenti o società non pubbliche ovvero mediante chiamata nominativa non effettuata tramite il collocamento o ancora, che abbiano maturato l'anzianità di servizio attraverso chiamate dirette effettuate in deroga alle normali procedure di selezione;
    e) diano priorità, nei processi di assunzione, agli uffici e settori delle amministrazioni risultanti in grave carenza di personale, anche a seguito di ricognizioni di organico;
   a programmare a partire dal 2014 un piano quinquennale di assorbimento in ruolo del personale docente precario che abbia conseguito o consegua nel corso del quinquennio titoli abilitanti e nel contempo abbia maturato o maturi almeno tre annualità complessive di servizio, ovvero che abbia superato o superi le procedure pubbliche concorsuali;
   a programmare a partire dal 2014 un piano triennale di assorbimento in ruolo sulla base dei posti vacanti e disponibili del personale ATA precario inserito in graduatoria permanente e che abbia maturato almeno tre annualità di servizio con contratti reiterati a tempo determinato.
(1-00341) «Chimienti, Rizzetto, Rostellato, Baldassarre, Cominardi, Tripiedi, Bechis, Ciprini, Busto, De Rosa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOSCATT. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la legge di stabilità 2014, al fine di consentire di risolvere i problemi occupazionali connessi alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali, è stata garantita la proroga dei contratti per l'acquisto di servizi di pulizia e di altri servizi ausiliari in quei territori in cui non è stata attivata la convenzione CONSIP;
   la medesima legge ha introdotto l'obbligo per il Governo di avviare un tavolo di confronto con le amministrazioni interessate, gli enti locali e le organizzazioni rappresentative dei lavoratori interessati, per trovare entro il 31 gennaio 2014 soluzioni normative o amministrative ai problemi occupazionali connessi alla successiva utilizzazione delle suddette convenzioni;
   la questione connessa alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari negli istituti scolastici e degli enti locali interessa diverse migliaia di lavoratori sparsi sul tutto il territorio italiano ed è una questione sociale di grande rilievo;
   i tanti lavoratori e le tante famiglie coinvolti, vivono, dunque in una situazione di incertezza e di precarietà in attesa di una risposta da parte delle istituzioni capace di andare oltre il 2014;
   sono, pertanto, in gioco da un lato la dignità, il futuro e la fiducia dei tanti lavoratori interessati e dall'altro la credibilità del Governo e delle istituzioni;
   è compito del Governo, infatti, così come previsto dalla stessa legge di stabilità, attivare e rendere operativo il tavolo tecnico, tuttavia, se in tale operazione non è animata da un costante ed energico impegno delle istituzioni coinvolte, esiste il pericolo che, malgrado l'attivazione del tavolo tecnico, si arrivi alla scadenza delle proroghe senza una concreta ed adeguata soluzione per risolvere una volta per tutte un'importante questione sociale del Paese –:
   a che punto siano le attività di confronto con le amministrazioni interessate, gli enti locali e le organizzazioni rappresentative dei lavoratori interessati in seno al tavolo tecnico previsto dalla legge di stabilità;
   quali proposte siano avanzate dal Governo per trovare le soluzioni necessarie ai problemi occupazionali connessi alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali;
   se non ritenga opportuno, in ogni caso, intervenire immediatamente per accelerare l’iter del tavolo tecnico predetto, ovvero intraprendere iniziative parallele o autonome per dare soluzione ai problemi occupazionali del caso di specie. (4-03590)


   KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel nostro Paese è giustamente sempre più sentita l'esigenza di una pubblica amministrazione improntata a criteri di trasparenza, separazione dei poteri e prevalenza della professionalità e dei meriti sulla nomina clientelare, o «imposta» dalla politica;
   il comma 2 dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 1984, n. 426, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige concernenti istituzione del tribunale amministrativo regionale di Trento e della sezione autonoma di Bolzano», riguarda le modalità di nomina dei giudici del TAR di Bolzano. Questi sono tutti di nomina politica: quattro da parte del Governo (con l'intesa con il consiglio provinciale sui due di lingua tedesca) e quattro da parte del consiglio provinciale;
   la nomina politica della totalità dei giudici del Tar di Bolzano è un'eccezione nell'intero ordinamento della Repubblica italiana, dove si diventa giudice con concorso, ed ha fatto parlare spesso di «giustizia domestica». È una di quelle norme che purtroppo indebolisce la stessa immagine del sistema autonomistico, e danneggia anche le persone nominate, che si ritrovano spesso al centro di pretestuose polemiche, anche quando si tratta di persone assolutamente meritevoli di ricoprire quel ruolo;
   il sistema di totale nomina politica del Tar di Bolzano non trova eguali neppure nella vicina provincia di Trento;
   lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 426 del 1984, infatti, all'articolo 1, regola le nomine per il tribunale di giustizia amministrativa con sede a Trento. A questo sono assegnati 6 magistrati, ma solo due di questi sono quelli designati dal consiglio provinciale di Trento, mentre gli altri 4 sono magistrati di carriera. Di più: la norma stabilisce anche che il collegio giudicante sia composto di 3 magistrati e di questi solo uno sia scelto tra quelli di nomina politica. «Le funzioni di presidente — aggiunge la norma trentina — sono svolte in ogni caso da un magistrato di carriera» –:
   se non si ritenga di dover assumere iniziative normative per adeguare la procedura di nomina dei giudici amministrativi del Tar di Bolzano ai principi democratici e universali di separazione dei poteri e di trasparenza attraverso una opportuna modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 426 del 1984, prevedendo che i magistrati designati dal Governo con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, siano nominati in base a concorso-pubblico locale. (4-03592)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BORGHI, VENTRICELLI, GRASSI, BELLANOVA, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, CASSANO, DECARO, GINEFRA, LOSACCO e MARIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è notizia attuale, riportata in questi ultimi giorni dalle maggiori testate della Puglia, quella di un imprenditore barese che già nel 1996 denunciava a un quotidiano locale la pratica criminale di occultamento di rifiuti di ogni tipo, sull'asse Bari-Altamura, tra le campagne, le cave e le contrade situate tra i comuni di Altamura, Grumo Appula, Palo del Colle, Binetto, Bitetto e Bitonto;
   le confessioni dell'uomo, che ripercorrono un periodo che va dagli anni novanta ad oggi, riguardano la sua attività di imprenditore, proprietario di una ditta di movimento a terra, che all'epoca dei fatti aiutava a smaltire rifiuti illecitamente lavorando prevalentemente di notte per scaricare terra vergine da utilizzare per ricoprire grandi buche colme di prodotti di risulta di ogni tipo, anche di provenienza ospedaliera, e fusti tossici contrassegnati da simboli che venivano utilizzati per indicare la pericolosità dei materiali trattati;
   secondo le sue rivelazioni, che riguardano oltre l'occultamento illecito dei rifiuti anche la maniera illegale in cui venivano smaltiti, esisteva anche un tariffario che, a suo dire, veniva liquidato in contanti anche da funzionari dei comuni;
   tali rivelazioni hanno portato gli inquirenti a scoprire che le attività delle ecomafie nel territorio del nord barese sono così ben gestite al punto che diventa difficile cogliere i responsabili sul fatto: è pratica comune, infatti, quella di bruciare ed interrare velocemente i rifiuti, agendo spesso di notte e scegliendo per lo più luoghi difficilmente accessibili;
   negli anni novanta, inoltre, nell'ambito dei provvedimenti emanati per fronteggiare l'emergenza rifiuti, ai sindaci era stata concessa la possibilità di mettere in essere discariche improvvisate per contenere rifiuti urbani da bonificare entro pochi mesi: proprio tale situazione potrebbe aver favorito smaltimenti indiscriminati e abusivi, e il proliferare di bande organizzate che hanno lucrato su tale situazione;
   nel 1993 alcuni terreni in prossimità della città di Bitetto furono individuati dal comando della polizia municipale del luogo come discariche abusive in seguito ad una serie di segnalazioni giunte al comando che denunciavano movimenti sospetti di camion e mezzi, specialmente di notte; scoperte e sequestrate, le discariche abusive furono segnalate all'autorità giudiziaria, portando ad un procedimento penale risolto con un nulla di fatto perché le indagini non individuarono il responsabile degli sversamenti illeciti;
   attualmente quello stesso terreno viene utilizzato per coltivare alberi da frutta, ed è attualmente in corso una querelle giudiziaria che vede contrapposto il comune di Bitetto e la confraternita Opera Pia SS Sacramento, proprietaria del fondo, per la caratterizzazione e la bonifica del sito potenzialmente contaminato;
   è notizia degli stessi anni, inoltre, che anche i territori della Murgia sarebbero stati oggetto di discariche abusive: il caso ebbe inizio nel luglio del 2003, quando associazioni ambientaliste e di agricoltori segnalarono la presenza di rifiuti e sostanze maleodoranti su circa 300 ettari di territorio comunale, precisamente in Contrada Cervoni; analogo fenomeno fu scoperto anche in una zona del territorio di Gravina, Contrada Finocchio. I comuni di Altamura e Gravina vietarono il pascolo e la coltivazione sui terreni che, dalle prime analisi, risultarono contaminati da rifiuti di ogni genere. Si parlò allora di «Murgia avvelenata», anche perché parte dei fondi altamurani su cui venivano abbandonati i rifiuti abusivi erano destinati alla coltivazione di grano –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti sopra riportati e se non ritenga, per quanto di competenza, di promuovere, tramite il comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica sullo stato dei luoghi di cui in premessa e sul relativo livello di inquinamento ambientale. (5-02157)


   ZAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   un'eccezionale ondata di maltempo ha colpito in questi giorni il Veneto causando gravissimi danni a cose, persone, infrastrutture e opere pubbliche, ma soprattutto alle economie locali (con un danno di oltre 10 milioni solo in agricoltura, secondo Coldiretti);
   altrettanto pesanti saranno le conseguenze finanziarie sui bilanci di molti enti locali che hanno dovuto e dovranno affrontare una serie di spese non programmate per garantire il ritorno alla normalità;
   vi sono strade e case sott'acqua nei comuni localizzati lungo l'asta del Bacchiglione, del Bisatto e del Fratta Gorzone, dove i livelli hanno superato quelli raggiunti nell'alluvione del 2010. Tra le situazioni più difficili, nel padovano, si segnalano in particolare i comuni di Bovolenta, Battaglia Terme, Montegrotto Terme e Selvazzano;
   le ingentissime precipitazioni, come ha segnalato nei giorni scorsi il Presidente della regione Veneto Luca Zaia in una lettera al Presidente del Consiglio Letta, hanno saturato fin quasi al collasso le opere di difesa idraulica (che dovranno essere ripristinate con la massima urgenza), causato centinaia di frane con numerose interruzioni della viabilità in tutte le zone montane, pedemontane e collinari; peraltro le tracimazioni delle rete idraulica secondaria hanno già determinato l'evacuazione di centinaia di persone e diffusi danni ad abitazioni, imprese, esercizi commerciali ed edifici pubblici –:
   quali immediate iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per far fronte all'emergenza nei territori colpiti dalla calamità, con particolare riferimento sia ad interventi immediati per la messa in sicurezza delle aree colpite, sia a interventi strutturali per il rafforzamento idrogeologico delle aree più a rischio, anche attraverso l'eventuale costruzione di appositi bacini di laminazione, e per agevolare la regione Veneto attivando tutti gli strumenti anche economici che consentano di gestire al meglio l'emergenza. (5-02158)


   DE ROSA, MANNINO, TERZONI, DE LORENZIS, LOREFICE, MANLIO DI STEFANO, BECHIS, BUSTO, DAGA, SEGONI, ZOLEZZI, CARINELLI, PESCO e CASO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Milano, nel quartiere Gallaratese, nella parte di parco Trenno che si affaccia su via Lampugnano, insiste il cantiere della Via d'Acqua, una delle opere previste per Expo 2015. Il parco di Trenno, insieme a quello delle Cave e al Pertini, ospiteranno questa opera idraulica che serve a far scorrere l'acqua nel laghetto del sito di Expo, collegando il canale Villoresi al Naviglio Grande di Milano;
   il costo di realizzazione dell'opera è di 89 milioni di euro, i lavori sono stati appaltati a un'azienda già sotto inchiesta per lavori in altre zone d'Italia (la Maltauro spa), mentre il progetto definitivo, a quanto consta agli interroganti, non è mai stato votato dal consiglio comunale di Milano;
   l'opera è stata infatti inserita tra quelle prioritarie e gestite direttamente dalla società Expo spa con il commissario unico Giuseppe Sala;
   il commissario unico di Expo, Giuseppe Sala, nell'ambito dei lavori per Expo 2015 il 12 novembre 2013, ha firmato il declassamento dei limiti degli inquinanti tollerati nei terreni, il parametro di riferimento delle CSC (le concentrazioni di soglia di contaminazione oltre le quali scatta la bonifica) passa da residenziale/aree verdi a industriale;
   tale procedura abbreviata si è resa possibile grazie alla semplificazione delle procedure di gestione degli scavi relativi ai lavori di competenza di Expo spa e la Via d'Acqua è appunto una di quelle opere commissariate dalla società per azioni che gestisce l'Esposizione Universale del 2015;
   a dare i poteri speciali al commissario unico è stato il decreto-legge n. 43 del giugno 2013, dove è scritto che il commissario può provvedere in deroga alla legislazione vigente a mezzo di ordinanza;
   il commissario Sala ha quindi deciso che per tutto il sedime della via d'Acqua si potranno applicare i parametri di riferimento degli inquinanti della tabella B del decreto legislativo n. 152 del 2006 invece che quelli della tabella A, come avviene per aree urbane, verdi, residenziali;
   si tratta di un declassamento che deroga alle norme urbanistiche comunali. Il tracciato della Via d'Acqua viene pertanto equiparato ad un'area industriale e come tale va classificato: «il canale è in cemento armato impermeabile» è scritto nel documento firmato da Sala;
   le aree contaminate che preoccupano i cittadini sono quella di via Quarenghi, zona Bonola. Una ex cava sopra cui sono iniziati i lavori della base-cantiere degli operai che lavorano alla Via d'Acqua, la cava di via Cancano al parco cave, in area Cascina Merlata (via Triboniano) e in via Calchi-Taeggi. Il cantiere è stato aperto prima ancora che la valutazione di rischio ambientale fosse trasmessa al consiglio di zona 8 del comune di Milano;
   l'inquinamento dell'area di via Quarenghi è cosa nota dagli anni ’70, dai tempi della vecchia proprietà, Salvatore Ligresti;
   negli anni duemila si è aperto un contenzioso tra comune di Milano e nuova proprietà, la società Grassetto, proprio sulla bonifica;
   un progetto di box interrati è stato respinto anni fa dal comune proprio per il mancato accordo sulla bonifica e il rischio ambientale che ne sarebbe derivato;
   lo sforamento dei limiti di legge è confermato dagli ultimi rilievi disponibili fatti dall'amministrazione milanese nel 2008: Pcb, idrocarburi, metalli pesanti oltre la soglia di legge;
   è necessario che i poteri speciali del commissario unico, concessi per agevolare la realizzazione di un evento importante come l'Expo 2015, non divengano lo strumento ed il pretesto per avallare gli ennesimi abusi su un territorio già ridotto ai minimi termini e diminuire ulteriormente la qualità della vita dei propri cittadini;
   andrebbe valutata la possibilità di un blocco del cantiere al fine di disporre le bonifiche necessarie e l'adozione di un progetto alternativo, già predisposto da associazioni ambientaliste come Italia Nostra, che tuteli i parchi, il territorio e la salute dei cittadini, evitando sprechi inutili per le casse dello Stato –:
   quali siano i reali poteri di deroga concessi al commissario straordinario Expo, riguardo alle modalità di declassamento delle aree oggetto di bonifica e in particolare in rapporto all'articolo 32 della Costituzione italiana che garantisce la tutela della salute dell'individuo e della collettività, specificando altresì i motivi per i quali l'opera non è stata oggetto di valutazione di impatto ambientale malgrado la stessa indiscutibilmente produca un massiccio impatto paesaggistico e alteri fortemente il sistema ambientale e urbano in cui va ad inserirsi e rendendo pubblica, nella sua completezza, tutta la documentazione relativa al progetto ed alle successive e possibili varianti. (5-02159)


   GRIMOLDI e FEDRIGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le precipitazioni straordinarie dei primi giorni di febbraio e lo scioglimento delle abbondanti nevi in montagna hanno provocato lo straripamento del fiume Livenza che ha inondato strade e campi nel comune di Sacile già duramente colpito dalle piogge dei giorni precedenti;
   strade allagate, sottopassi bloccati, il centro storico sott'acqua, famiglie isolate, sveglia notturna e fuga dei cittadini con i bambini di notte per non restare bloccati a casa, sacchi di sabbia e idrovore in funzione: le immagini della cittadina in emergenza apparse sui giornali sono desolanti;
   in tre anni i cittadini di via Carducci lamentano ben tre inondazioni a causa della piena di Livenza; occorre effettuare urgenti lavori di prevenzione per evitare alluvioni future;
   ultimamente è stato approvato dal comune di Sacile e dal commissario straordinario per il rischio idrogeologico il progetto dell'intervento urgente per il rinforzo degli argini del Livenza a monte e a valle di via Timavo a salvaguardia della pubblica incolumità e dei centri abitati per un importo di 1,25 milioni, di cui all'accordo di programma tra la regione Friuli-Venezia Giulia e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare firmato già il 31 gennaio 2011;
   i ritardi riscontrati nella esecuzione dei programmi di prevenzione del rischio idrogeologico, purtroppo, mettono a rischio la stessa vita dei cittadini e provocano ingenti danni alle proprietà, richiedendo ingenti spese da parte dello Stato, dalle regioni e dagli enti locali per il risarcimento dei danni e il ripristino delle opere pubbliche;
   tra le opere urgenti da attuare per il ripristino dell'officiosità idraulica del Livenza c’è lo sghiaiamento del letto del fiume dalla confluenza del Fiume Meschio fino al comune di Brugnera –:
   se il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze in materia di difesa del suolo, intenda intervenire per individuare le azioni preventive urgenti da attuare per il ripristino dell'officiosità idraulica del fiume Livenza, in particolare dalla confluenza del fiume Meschio fino al comune di Brugnera, e affrontare con interventi risolutivi le problematiche idrogeologiche del comune di Sacile. (5-02160)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è di qualche giorno fa la notizia di un episodio molto grave verificatosi sul territorio di Montoro (AV), che mette a rischio la salute dei nostri concittadini;
   in particolare, i controlli effettuati dai tecnici della società Alto Calore servizi (in ottemperanza al decreto legislativo n. 31 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni) il 2 e il 4 gennaio 2014, hanno riscontrato quantitativi di «tetracloroetilene» oltre i limiti normativi nelle acque di Montoro Superiore, nella zona alimentata dal campo pozzi di Chiusa;
   a fronte di tali risultanze, quattro frazioni del comune di Montoro, per un totale di circa 5.000 abitanti, non hanno potuto usufruire di acqua potabile per provvedere alle quotidiane esigenze domestiche con conseguenti disagi anche per i restanti 14.500 abitanti del territorio comunale;
   tali vicende, così invasive per la salute pubblica e ormai all'ordine del giorno, impongono delle serie riflessioni sullo stato dell'ambiente e su ciò che la cieca industrializzazione ha portato nei nostri territori;
   ancora oggi, nonostante la sempre maggiore sensibilità di istituzioni e imprese in termini di tutela ambientale, alcuni sciagurati imprenditori continuerebbero a versare agenti inquinanti in modo indiscriminato all'interno dell'alveo del torrente Solofrana, con ricadute inimmaginabili, ma sicuramente disastrose per la salute dei nostri concittadini;
   a tale situazione potrebbe porsi rimedio con una riqualificazione del fiume Sarno, attualmente affidata all'Arcadis, Agenzia regionale campana difesa del suolo, con il «Grande Progetto di completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno»;
   la soluzione proposta sarebbe stata però fortemente contrastata perché, così come ideata, potrebbe avere un forte impatto ambientale per un uso eccessivo di cemento, con il dubbio che non vengano, in questo modo, affrontati i reali problemi ambientali e senza che siano trovate delle efficaci strategie per risolverli;
   nello specifico, la permanenza e la conseguente decantazione delle acque piovane miste agli sversamenti di prodotti altamente inquinanti all'interno delle vasche di laminazione rischia di inquinare irrimediabilmente la falda del territorio di Montoro, condannandolo a rimanere nei secoli in balia degli scempi perpetrati nel tempo;
   sarebbe forse opportuno che la necessaria opera di recupero del fiume Sarno venga rivista nell'ottica di un più generale progetto di riqualificazione ambientale e fluviale e non solo di «mitigazione del rischio idraulico» in quanto il rischio più grande che si corre non è il «solo» rischio idraulico, ma il «rischio cancro», legato all'inquinamento atmosferico e della falda acquifera;
   la gravità della situazione richiede risposte concrete e urgenti, da troppo tempo rimandate, di cui le amministrazioni locali e il Governo nazionale devono farsi carico –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la gravità degli stessi, quali iniziative ritenga opportuno adottare per promuovere l'avvio di una verifica, per quanto di competenza, sullo stato di inquinamento del fiume Sarno, soprattutto al fine di tutelare il fondamentale diritto alla salute dei cittadini. (4-03589)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   già il 6 giugno 2013 in Commissione VIII l'interrogante ha portato all'attenzione del Ministro interrogato la gravissima situazione in cui versa l'area dell'ex-Isochimica in Pianodardine di Avellino, in particolare:
    il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove era allocata l'azienda «Isochimica spa», sita in Pianodardine – Zona A.S.I. di Avellino, disposto in via d'urgenza dalla procura della Repubblica ai sensi dell'articolo 321 comma 3-bis del codice di procedura penale;
    la suindicata azienda era addetta alla scoibentazione di carrozze e vagoni ferroviari;
    secondo quanto reso noto dalla procura della Repubblica il provvedimento di sequestro è stato adottato d'urgenza, in quanto dalle ultime verifiche disposte gli inquirenti «hanno accertato che lo stato attuale di “ammaloramento” degli oltre 500 cubi di cemento-amianto friabile (su un totale di circa 2.767 tonnellate – 2.276.000 chilogrammi – di tale materiale lavorato) ivi illecitamente smaltiti, dal 1983 al 1988, nel corso dell'attività industriale dell'Isochimica spa è tale da imporre per essi una valutazione di generalizzata inidoneità a trattenere le fibre di amianto, la cui dispersione nell'area aziendale va ad integrare quell'evento grave e complesso che, provocando effetti nocivi di natura diffusiva, espone a concreto pericolo, collettivamente, l'incolumità di un numero indeterminato di persone»;
    nel suindicato provvedimento di sequestro sono stati contestati a 24 indagati, a vario titolo, i reati di cui agli articoli 110 e 434, comma 1 e 2 del codice penale (concorso in disastro ambientale doloso), di cui agli articoli 113, 434 in relazione all'articolo 449, comma 1 del codice penale (cooperazione colposa in disastro ambientale) e di cui all'articolo 328 del codice penale;
    secondo quanto comunicato dalla procura della Repubblica sono in corso ulteriori indagini nei confronti di persone allo stato non identificate, ai fini dell'accertamento di eventuali, ulteriori coinvolgimenti e responsabilità nella mancata attività di bonifica e messa in sicurezza dello smaltimento e dell'area;
    l'attività di indagine prosegue anche in ordine ai reati di cui agli articoli 589 del codice penale e 590 del codice penale relativi ai decessi di vari dipendenti della «Isochimica spa ed alle lesioni in danno di altri lavoratori, nonché in ordine alla fattispecie di reato ex articolo 347 del codice penale (rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro);
    i primi risvolti dell'inchiesta giudiziaria sulla vicenda Isochimica – in particolare l'affermazione della procura della Repubblica secondo cui la mancata bonifica dell'area dello stabilimento espone a concreto pericolo un numero indeterminato di cittadini – impone a tutti, ciascuno per il proprio ruolo istituzionale e politico, di mettere in essere con la massima urgenza tutte le iniziative necessarie per tutelare la popolazione di Avellino residente nella zona di Pianodardine;
    mentre la giustizia fa il proprio corso per l'accertamento della verità, naturalmente nella doverosa cornice di garantismo verso le persone a vario titolo indagate, le istituzioni devono collaborare affinché vengano immediatamente rimossi gli ostacoli di ogni ordine e grado che hanno sin qui impedito o rallentato l’iter di bonifica dell'area Isochimica;
    la vicenda Eternit, che pure ha destato il giusto clamore in tutto il Paese, secondo gli esperti non è più grave di quella dell'Isochimica, per la quale si sono già registrati 13 decessi e accertati oltre 150 casi di patologie molto gravi –:
   a distanza di oltre sette mesi alcuna concreta iniziativa è stata assunta per garantire la bonifica dell'area in questione in tempi rapidissimi, così come raccomandato dalla stessa procura di Avellino;
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per contribuire a risolvere la gravissima situazione che minaccia la salute dei cittadini dell'area. (4-03595)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   un ennesimo scempio rischia di abbattersi sul territorio calabrese, già succube di 16 anni di fase emergenziale dei rifiuti;
   con decreto DDG n. 16278 dell'8 settembre 2009 il dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria avrebbe concesso alla società Sirim srl le autorizzazioni necessarie per la realizzazione di un impianto per rifiuti pericolosi del volume di 456,022 metricubi con annessa discarica di 2.482.188 metricubi da realizzarsi in località Battaglina del comune di San Floro (Catanzaro);
   l'emergenza rifiuti in Calabria risalirebbe, in realtà, a ben 45 anni fa quando, negli anni ’60, i terreni oggetto di un'operazione di rimboschimento eseguita per mitigare il rischio idrogeologico vennero restituiti al comune di Borgia (Catanzaro) che si impegnava a salvaguardare lo stato dei luoghi, salvo poco dopo, in emergenza, chiedere un nulla osta per fare su quella stessa area una discarica temporanea;
   successivamente, nel ’96 sarebbe stata avviata la procedura di autorizzazione per il progetto di un'isola ecologica, nonostante su quell'area esistano da sempre una serie di vincoli non derogabili, quali il vincolo derivante da incendio, il vincolo di uso civico, il vincolo paesaggistico ambientale e il vincolo idrogeologico e forestale;
   nonostante il nome rassicurante e fuorviante di «isola ecologica», che probabilmente ha agevolato l'avvio all’iter procedurale, il progetto è già stato definito «la più grande discarica d'Europa», con più di 100 ettari di terra dati in uso a un privato e che sorgerebbe in un punto molto problematico, al centro tra Alli e Pianopoli, facendo di quella fascia di terra centrale il triangolo dei veleni;
   in particolare, come evidenziato nel documento del dipartimento politiche dell'ambiente – Nucleo VIA-IPPC datato 16 febbraio 2009 «l'area ricade in una zona boscata interessata da macchia mediterranea derivante da rimboschimento con eucalipti e grandi querce (...); l'area risulta distante dal torrente a valle solo 150 metri; dal punto di vista geomorfologico l'intervento modificherebbe sostanzialmente il sistema di deflusso delle acque meteoriche; l'area è sottoposta a vincolo in merito agli incendi boschivi; l'area è compresa in zona sismica categoria 1; l'area ricade in zona agricola (E) ed è sottoposta a vincolo tutorio-forestale; la discarica per rifiuti prevede (1 lotto da 456.000 metricubi) anche lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto; potrebbero esserci pericoli per gli abitanti a causa della possibile dispersione di fibre di amianto provenienti dalla discarica essendo il nucleo abitato del comune di Girifalco località Muruttu situato a 1 chilometro (...); il coefficiente di permeabilità dei materiali affioranti non raggiunge il livello richiesto dalla normativa vigente per la realizzazione del progetto (...); il sito è interessato da un sistema idrico superficiale costituito da fossi e incisioni con orli di scarpate a volte instabili che verrebbe ad essere eliminato dai lavori previsti in progetto; la discarica per rifiuti non pericolosi prevede (2o lotto da metricubi 2.480.000) anche lo smaltimento di rifiuti urbani non prevista dal piano gestione rifiuti della regione Calabria oltre che non necessaria; la realizzazione dell'opera non presenta le caratteristiche di rilevante interesse pubblico»;
   l'impianto, che dovrebbe essere espressamente sottoposto per legge a procedura di VIA (valutazione d'impatto ambientale), non risulta poi essere stato autorizzato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici;
   lo stesso Corpo forestale dello Stato avrebbe accertato che il terreno su cui è prevista la realizzazione della discarica è gravato da usi civici e che sullo stesso sussistono un vincolo idrogeologico di tipo inibitorio ai sensi del regio decreto n. 3267 del 1923 e del regio decreto n. 1126 del 1926, un vincolo paesaggistico ambientale ai sensi dell'articolo 142, lettere g) ed h) del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e l'ulteriore vincolo da incendio;
   qualora la discarica di Battaglina dovesse essere ultimata e resa operativa, la Calabria rischierebbe di diventare la pattumiera d'Italia: si parla di 3 milioni di metri cubi di rifiuti che sarà possibile far confluire in questa discarica, a fronte di 25 milioni di euro come investimento iniziale per un progetto che vedrà la realizzazione di una discarica grande 10 volte quella di Pianopoli, attualmente l'unica a ricevere rifiuti;
   una montagna di rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali sotto i piedi degli abitanti di Borgia, San Floro e Girifalco: un fazzoletto di terra, tra Catanzaro e Lamezia Terme, già stuprato dalle pale eoliche e da mega-impianti fotovoltaici piazzati in mezzo ai boschi;
   in queste aree, come dimostrano le numerose inchieste antimafia degli ultimi anni, l'energia pulita è sempre stato un business, un affare dove sguazzano ’ndrangheta, politica e imprenditoria e i rifiuti lo sono ancora di più;
   oltre al rischio ambientale, elevati sono i dubbi in merito all’iter autorizzativo seguito, posto che appare difficile comprendere come sia stato possibile che la Sirim, nonostante l'elevatissimo valore naturalistico dell'area, abbia ottenuto l'iniziale concessione di utilizzo del terreno e la successiva autorizzazione con decreto ad iniziare i lavori;
   nonostante il parere negativo sotto tutti i punti di vista, i lavori di realizzazione dell'impianto starebbero procedendo a ritmi veloci e la ditta incaricata avrebbe già scavato la prima vasca dove saranno riversati i rifiuti e l'amianto;
   mancherebbero ancora 7 vasche per deturpare completamente l'intera area; saranno abbattuti tutti gli alberi distruggendo un bosco realizzato grazie a un piano di rimboschimento durato quasi 40 anni, per non parlare del percolato che potrebbe infiltrarsi nelle falde acquifere;
   davanti a uno scempio del genere a dir poco incredibile appare l'inerzia dell'amministrazione locale che avrebbe addirittura firmato tutte le autorizzazioni, nonostante il governatore Scopelliti, il presidente della provincia e il sindaco di Catanzaro si sarebbero dichiarati pubblicamente contrari alla discarica;
   sulla vicenda è intervenuta anche la procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro che ha emesso decreto di perquisizione e sequestro per i reati di cui agli articoli 110, 734 del codice penale, 44 lettera C) decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e 10, n. 353 del 2000 ipotizzati con riferimento alla realizzazione dell'impianto destinato allo smaltimento di rifiuti da parte della SIRIM srl;
   avverso il provvedimento del procuratore della Repubblica di Catanzaro l'impresa proponente ha opposto ricorso fino in Cassazione, la cui III sezione penale si sarebbe così espressa (28 aprile 2011 (CC. 31 marzo 2011) sentenza n. 16592): «Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali»;
   nonostante la pronuncia della Suprema Corte, ad oggi i lavori risultano in corso con grande disappunto ed allarme della popolazione per gli effetti ambientali devastanti e per i gravissimi pregiudizi alla salute pubblica che potrebbero derivare dalla realizzazione della gigantesca discarica –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere per accertare la legittimità e validità dell’iter autorizzativo, in ottemperanza a tutti i vincoli paesaggistici che interessano l'area coinvolta, per scongiurare l'ennesimo scempio ai danni della salute dei cittadini e dell'ambiente. (4-03598)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'agevolazione per l'assunzione di giovani dai 18 ai 29 anni senza impiego da almeno sei mesi o senza un diploma di scuola media superiore è stata introdotta dal decreto legge 76 del 2013, convertito con modifiche ed integrazioni dalla legge n. 99 del 2013, il quale prevede un beneficio a vantaggio del datore di lavoro pari ad un terzo della retribuzione mensile lorda con un tetto di 650 euro;
   il bonus dura 18 mesi in caso di una nuova assunzione a tempo indeterminato e 12 mesi se si tratta di trasformazione di un contratto a termine;
   altresì, al momento della ricezione della domanda da parte di un datore di lavoro, l'Inps blocca un valore corrispondente all'interno dei fondi complessivamente disponibili;
   qualora l'azienda proceda effettivamente all'assunzione o alla stabilizzazione del lavoratore, qualora si verifichi la sussistenza dei requisiti richiesti, l'importo bloccato temporaneamente viene definitivamente assegnato, in mancanza lo stesso sarà rimesso a disposizione per ulteriori richieste;
   dai dati aggiornati al 7 gennaio di quest'anno emerge che finora è stato prenotato meno di un quarto delle risorse disponibili per il biennio 2013-2014;
   la Sicilia risulta essere l'ultima tra le regioni italiane come percentuale di fondo impegnato, pari all'8,51 per cento (Sole 24 ore del 10 gennaio 2014); a seguire percentuali insufficienti presentano pure altre regioni del Sud come la Calabria (11,94 per cento), la Puglia (12,70 per cento), la Campania (18,84 per cento). Al contrario la Lombardia si attesta al primo posto come regione che ha impegnato totalmente il Fondo a disposizione raggiungendo addirittura la percentuale del 99,99 per cento –:
   se il Ministro interrogato voglia fornire un resoconto dei Fondi stanziati regione per regione;
   se il Ministro sia a conoscenza dei dati esposti in premessa, ovvero che nelle regioni del sud dove la disoccupazione è particolarmente alta, vi è invece un utilizzo di questi Fondi piuttosto scarso, e se intenda in tal caso intervenire per incitare le aziende del Mezzogiorno ad agire in tal senso. (5-02148)


   GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una delle novità previste dalla legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013) prevede la possibilità di pagare le cartelle esattoriali emesse da Equitalia fino al 31 ottobre 2013 – senza interessi, altresì, con l'obiettivo di alleggerire il contenzioso tributario attivo e di reperire risorse, il pagamento dell'intero importo potrà essere effettuato in soluzione unica entro il 28 febbraio 2014;
   il via libera alle «sanatorie» è applicabile a tutti i tipi di ruoli, accertamenti esecutivi, definizione dei carichi Irpef, Ires, Irap, a decorrere dal periodo d'imposta 2007, tranne che per le debitorie delle somme da riscuotere per effetto di sentenze di condanna della Corte dei conti, e pare allargata, adesso, solo alle multe stradali;
   le cartelle saranno estinte senza interessi di mora e interessi di ritardata iscrizione a ruolo (esclusi i compensi dell'agente della riscossione indicati nel relativo atto);
   in particolare, si tratta di cartelle o avvisi esecutivi emessi per debiti verso le agenzie fiscali, lo Stato, le regioni, le province e i comuni;
   si parla, dunque, di imposte, tasse, tributi (nazionali o locali) e sanzioni amministrative (multe), ad esclusione, come tra l'altro chiarito da Equitalia, di cartelle o avvisi relativi a contributi INPS o INAIL perché emessi da uffici non considerati «statali» in senso stretto;
   la mini sanatoria delle cartelle esattoriali, prevista dall'articolo 1 dalla legge n. 147 del 2013, commi da 618 a 624, si è rivelata in realtà molto gravosa e mal digerita dai contribuenti, almeno per come sia stata formulata;
   secondo la normativa, bisogna versare l'intero importo iscritto a ruolo (compreso di sanzioni onerose al 30 per cento e dell'aggio per Equitalia), dunque non suddiviso in rate;
   entro giugno 2014, l'agente della riscossione dovrà inviare al debitore, per posta ordinaria, la conferma scritta dell'avvenuta estinzione del debito e quindi della cartella –:
   se il Ministro interrogato intenda allargare la cosiddetta sanatoria ad altre categorie, nonché ad una parte delle sanzioni;
   se abbia il Ministro interessato previsto la possibilità di rateizzare l'intero importo, seppur in numero minimo di rate, evitando il pagamento in unica soluzione. (5-02150)


   CHIMIENTI, CURRÒ, CARIELLO, SORIAL, D'INCÀ e CASO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'obiettivo di razionalizzare il complesso degli enti pubblici è stato perseguito dal legislatore introducendo a più riprese, all'interno di successive leggi finanziarie, la previsione di specifiche procedure la cui attuazione era affidata al Governo;
   l'articolo 1, comma 482, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel novellare l'articolo 28 della legge n. 488 del 2001, ha previsto il riordino, la trasformazione e la soppressione o messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici nel rispetto di princìpi quali la fusione degli enti che svolgono attività analoghe o complementari, la trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero la soppressione e messa in liquidazione degli stessi;
   all'articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si fissavano i risparmi derivanti da riordino, dalla trasformazione o dalla soppressione e messa in liquidazione degli enti pubblici in questione, prevedendo «un miglioramento dell'indebitamento netto non inferiore a 205 milioni di euro per l'anno 2007, a 310 milioni di euro per l'anno 2008 e a 415 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. A tal fine, entro il 30 settembre 2007, il Governo dà conto dei provvedimenti adottati in apposito documento allegato alla relazione di cui al comma 480»;
   l'articolo 1, comma 621, lettera a), della legge n. 296 del 2006 prevedeva una clausola di salvaguardia a valere sui capitoli di trasferimento agli enti pubblici qualora non fossero stati garantiti i risparmi di spesa previsti dal comma 483;
   ad oggi, il totale degli enti per i quali è stata disposta la soppressione si amplia fino a comprendere un totale di 57 soggetti pubblici, con il conseguente trasferimento delle relative funzioni e risorse ad altri enti e pubbliche amministrazioni –:
   a quanto ammontino i risparmi conseguiti in applicazione della disciplina dettata dai commi 482 e 483 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
   se la clausola di cui al comma 621 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sia stata mai attivata.
(5-02153)


   GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le imprese italiane sono strozzate da un credito bancario che dal 2010 si è ridotto di circa 48 miliardi di euro, e sono punite dai cronici ritardi nei pagamenti delle fatture, che mediamente vengono saldate dopo 96 giorni, contro i 35 della Germania e i 57 della Francia;
   le stesse parimenti sono oppresse da un fisco che si porta via il 65,8 per cento degli utili, contro il 49,4 per cento della Germania;
   è di fondamentale importanza trovare e sviluppare canali alternativi al credito bancario attraverso cui le aziende possano trarre la linfa creditizia necessaria a respirare per poter ritornare pian piano verso la crescita;
   a tal proposito un valido strumento alternativo è il mercato dei minibond, che dorrebbe partire già da quest'anno grazie a due interventi legislativi ad hoc (il «decreto sviluppo» e il recentissimo «destinazione Italia»);
   la possibilità di finanziarsi in questo modo è stata già ampiamente sfruttata dalle imprese di maggiori dimensioni non quotate in borsa, ma nel 2013 anche alcune mini aziende hanno avuto accesso al mercato secondo i dati raccolti da Giancarlo Giudici del Politecnico di Milano, tanto che l'anno scorso sono stati emessi 9 minibond, e nella prima settimana del 2014 ne sono stati lanciati altri due;
   tal proposito sono stati creati 22 fondi specializzati in minibond per far nascere un mercato di mini obbligazioni e potenzialmente questi fondi nel 2014 potrebbero finanziare le piccole imprese comprando le loro obbligazioni per 3-4 miliardi di euro;
   la disciplina dei minibond si applica alle piccole e medie imprese definite dalla raccomandazione 2003/361/CE come imprese con meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo inferiore a euro 50 milioni oppure con un totale di bilancio inferiore a 43 milioni;
   molte aziende italiane oggi finanziate per oltre il 90 per cento solo dalle banche pensano di finanziarsi con i minibond la cui popolarità aumenta ogni giorno grazie alle prime emissioni, ad una crescente attenzione della stampa, e alla difficoltà di ottenere finanziamenti dal sistema bancario;
   il credit crunch bancario porta le piccole e medie imprese italiane ad essere in seria difficoltà, anche se hanno tradizione, prodotto e buone attitudini all’export;
   la finalità di questo sistema, aldilà della struttura pensata per farlo rendere al meglio, è quella di dare alle piccole e medie imprese un modello del tutto diverso rispetto al tradizionale canale bancario, nettamente restio a concedere credito ai piccoli imprenditori, per finanziare la propria attività caratteristica. Il tutto condensato dall'opportunità di farlo in proprio attraverso la vendita del proprio debito ed il rimborso nel modo in cui ogni azienda reputa migliore per il proprio modello gestionale;
   il mini bond nella sua semplicità può essere l'inizio di un percorso strategico di crescita interna ed esterna che possiamo costruire insieme –:
   se il Ministro possa fornire un elenco aggiornato ad oggi sull'esistenza e sul funzionamento dei fondi minibond creati ad hoc;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per stimolare la creazione ulteriore di questi fondi in modo da colmare la riduzione di credito per 48 miliardi di euro operata dal sistema bancario nei confronti delle imprese italiane. (5-02155)


   GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   esiste una lista Falciani ancora in gran parte segreta con i nomi di 120 mila presunti evasori italiani;
   tali elenchi sono custoditi a Madrid e sono nella mani della magistratura spagnola, con le identità degli italiani titolari di conti correnti della HSBC Private Bank nelle filiali di Montecarlo, del Lussemburgo, di Lugano, di Zurigo e delle isole della Manica;
   nella primavera del 2010 le autorità francesi consegnarono alla Guardia di finanza e alla procura di Torino solo i nomi dei clienti italiani della sede di Ginevra del colosso bancario britannico, nomi trovati in un computer sequestrato all'ex dipendente della HSBC Hervè Falciani;
   soltanto l'Italia ha rinunciato di avvalersi della collaborazione di Falciani e sottovalutato sin dall'inizio l'importanza di questo materiale, sebbene i servizi di informazione italiani furono i primi ad essere contattati nel 2008 dallo stesso Falciani; peccato che gli italiani rimasero immobili per troppo tempo, a parte la Procura di Torino, la prima e forse l'unica a rendersi conto dell'importanza di quei file, tanto che alla fine furono i francesi ad impossessarsi del materiale trafugato;
   lo scorso aprile, nella testimonianza davanti ai giudici spagnoli, l'ex procuratore di Nizza Eric de Montgolfier, ha raccontato di avere offerto nel 2010 ai magistrati torinesi tutto il materiale sequestrato nel pc dell'ex dipendente della Hsbc;
   a detta dell'ex procuratore De Montgolfier i pubblici ministeri rifiutarono l'offerta e portarono in Italia soltanto i file dei correntisti italiani;
   secondo le informazioni raccolte dal Sole 24 Ore, la conseguenza è stata che migliaia di italiani sono sfuggiti alle indagini della magistratura e del fisco, per un semplice motivo: tra i correntisti della Hsbc di Ginevra la comunità più numerosa era rappresentata, stranamente e apparentemente da quella brasiliana e argentina, con circa, 15 mila conti correnti;
   in realtà, dietro ai prestanome brasiliani e argentini si sarebbero nascosti cittadini italiani che in questo modo sono riusciti a evitare i controlli dell'autorità;
   ora si profila la possibilità di accedere ad altri file altrettanto interessanti, custoditi dalla magistratura spagnola, che sono i 15.000 della sede di Montecarlo e i circa 13.500 della filiale di Lussemburgo;
   in Francia, la Corte di cassazione ha stabilito che il materiale sequestrato nel pc di Falciani può essere utilizzato come fonte di prova e a metà dicembre 2013 sono scattate le prime condanne per frode fiscale, mentre in Italia, intanto, le commissioni tributarie si dividono ancora sulla questione della legalità della lista, sebbene anche la Cassazione italiana ne abbia previsto e deciso l'utilizzabilità –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno invitare i dirigenti del Ministero ad incontrare e collaborare con Falciani, attualmente consigliere presso il Ministero delle finanze francese, ritenendo tale collaborazione utile ad ottenere le liste complete;
   se il Ministro intenda in prima persona prestare nel merito completa collaborazione alle procure incaricate delle indagini, nonché alle commissioni tributarie competenti, per giungere presto alla conoscenza completa dei nomi italiani.
(5-02161)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAROFALO e BOSCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Contratto istituzionale di Sviluppo per la realizzazione della direttrice ferroviaria Messina-Catania-Palermo, sottoscritto dai Ministri interrogati, il presidente della regione Siciliana, ed i rispettivi amministratori delegati di Ferrovie dello Stato italiane e Rete ferroviaria italiana, costituisce un atto innovativo attraverso il quale, il Governo, le Regioni e le medesime società di trasporto ferroviario, s'impegnano a collaborare e coordinarsi nell'eseguire un monitoraggio, degli impegni assunti per la realizzazione di grandi infrastrutture di servizio pubblico, finalizzate alla rimozione degli squilibri economici e sociali;
   l'intesa firmata lo scorso 28 febbraio 2013, prevede fra l'altro in caso di inerzia, ritardo o inadempienza accertate, una serie di misure sanzionatorie previste dal contratto stesso, avente per oggetto la progettazione e la realizzazione, degli interventi della direttrice ferroviaria suindicata, individuati negli allegati 1, 2, 3 e 4, in conformità all'articolo 6, commi 2 e 3 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88;
   il «Comitato di Coordinamento», previsto alla lettera j) dell'articolo 2 del medesimo contratto, composto dai soggetti sottoscrittori dell'atto e dagli altri Ministri delle amministrazioni centrali che hanno espresso l'intesa, stabilisce all'articolo 6 comma 2, che l'organo si riunisca di norma ogni due anni, per gli aggiornamenti riguardanti l'andamento e la prosecuzione delle attività, al fine di verificare il rispetto degli impegni previsti;
   gli interroganti evidenziano come l'istituzione del Contratto istituzionale di sviluppo, previsto ai sensi dell'articolo e del decreto legislativo 31 maggio 2011, sebbene costituisca uno strumento condivisibile ed efficace, se in grado di realizzare tempestivamente una serie di infrastrutture ferroviarie nei confronti della regione siciliana, ritenute quanto mai urgenti e necessarie, in considerazione degli elevati livelli di degrado, di inefficienza, che persistono nel territorio isolano, risulta carente nell'ambito del quadro regolatorio relativo agli aggiornamenti riguardanti l'andamento e la prosecuzione delle attività;
   all'interno del medesimo contratto, nonostante siano indicate infatti disposizioni volte a definire un cronoprogramma ed uno specifico monitoraggio, attraverso il grado di attuazione dei programmi degli interventi, come indicato all'articolo 9 del comma 1, che stabilisce un periodo semestrale, per il quale il responsabile unico di contratto – RUC riscontra la realizzazione delle opere infrastrutturali, tali misure risultano essere, a giudizio degli interroganti, tuttavia insufficienti nel garantire un adeguato livello di monitoraggio e di attenzione, relativamente alla tempistica del compimento degli interventi ferroviari considerati strategici;
   il contratto sebbene disponga oltre alle misure citate, ulteriori disposizioni previste in caso di ritardi e inadempienze, attraverso gli articoli 9, 10 e 11, tali interventi appaiono non comparabili ad una verifica effettiva sullo stato attuale di attuazione delle disposizioni previste;
   il predetto articolo 11 inoltre, indica l'eventuale definanziamento degli interventi del programma, a seguito di accertati ritardi e inadempienze accertate dal RUC, causate dalla parte interessata, qualora il ritardo sia superiore a 90 giorni, successivi alla diffida ricevuta nell'adempimento degli atti e delle azioni risultate inidonee e insufficienti alla corretta e sollecita attuazione del programma medesimo –:
   quali siano le opere infrastrutturali in fase di realizzazione effettiva, nell'ambito dell'ammodernamento della rete ferroviaria della direttrice Messina-Catania-Palermo, prevista all'interno del Contratto istituzionale di sviluppo indicato in premessa;
   se siano stati accertati eventuali ritardi ed inadempienze, riscontrati dal «Comitato di Coordinamento» e dal «Comitato di Attuazione Sorveglianza» previsti dal medesimo contratto, determinati dalle società sottoscrittrici del Programma di interventi: Rete ferroviaria italiana spa e società Ferrovie dello Stato;
   in caso affermativo, se siano stati previsti eventuali definanziamenti degli interventi del Programma ed in particolare riferiti a quali opere infrastrutturali all'interno della medesima Direttrice ferroviaria;
   se non ritengano opportuno, in considerazione delle criticità riportate in premessa, prevedere un periodo inferiore a due anni, rispetto a quanto indicato al comma 2 dell'articolo 6, nell'ambito delle riunioni previste dal «Comitato di coordinamento» per gli aggiornamenti riguardanti l'andamento delle attività degli interventi previsti per la rete ferroviaria interessata;
   se non convengano infine che sia opportuno prevedere una rivisitazione complessiva delle misure volte a delineare le attività di monitoraggio e di controllo, con riferimento alla tempistica della realizzazione delle opere infrastrutturali indicate all'interno del Contratto istituzionale di sviluppo per la realizzazione della direttrice ferroviaria Messina-Catania-Palermo, e a ridefinirne le norme che così come indicato dal medesimo atto, risultano essere a distanza di un anno dalla stipula, scarsamente conosciute all'opinione pubblica. (5-02149)


   VELO e MANCIULLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino, di contrasto ad emergenze ambientali, in favore delle zone terremotate del maggio 2012 e per accelerare la ricostruzione in Abruzzo e la realizzazione degli interventi per Expo 2015), prevede, al comma 5 dell'articolo 1, che «Al fine di consentire la realizzazione degli interventi infrastrutturali destinati all'area portuale di Piombino, il CIPE, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, delibera in ordine al progetto definitivo relativo al lotto n. 7 – tratto tra l'intersezione della strada statale 398 fino allo svincolo di Gagno – compreso nella bretella di collegamento al porto di Piombino, parte integrante dell'asse autostradale Cecina-Civitavecchia, approvato con delibera CIPE n. 85/2012 del 3 agosto 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2012»;
   ad oggi, a 10 mesi dall'approvazione del decreto, tale opera non risulta essere stata ancora esaminata dal CIPE;
   il ritardo nell'approvazione del progetto sta provocando pesanti ripercussioni che minano il tentativo di rilancio dell'area portuale e industriale di Piombino, dichiarata, in base al decreto sopra citato, area di crisi industriale complessa –:
   quali siano i motivi del ritardo nell'esame da parte del Cipe del progetto definitivo relativo al lotto n. 7 – tratto tra l'intersezione della strada statale 398 fino allo svincolo di Gagno – compreso nella bretella di collegamento al porto di Piombino, parte integrante dell'asse autostradale Cecina-Civitavecchia;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente assumere un'iniziativa per far sì che il progetto sia inserito all'ordine del giorno della prossima seduta del Cipe. (5-02154)


   GINEFRA, DECARO, BOCCIA, GRASSI, VENTRICELLI, MARIANO, CAPONE, LOSACCO, BELLANOVA, PELILLO, MICHELE BORDO e SCALFAROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento ferroviario Napoli-Bari è una priorità strategica per il Paese, sia sul versante del trasporto passeggeri, sia per il trasporto merci, in quanto tramite la realizzazione di questa infrastruttura si assicurerebbe il collegamento con il nuovo Corridoio 5 Helsinki-La Valletta;
   nel nuovo Piano per il sud, approvato con delibera CIPE n. 62 del 2011 sono confluite le principali opere localizzate nel Mezzogiorno con caratteristiche di preminente interesse nazionale tra cui la direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto;
   nel 2012 è stato sottoscritto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro per la coesione territoriale, dai Presidenti di regioni Campania e Puglia, da Ferrovie dello Stato e da Rete ferroviaria italiana (Rfi), il Contratto istituzionale di sviluppo (Cis) per la realizzazione della direttrice ferroviaria Bari-Napoli;
   la Commissione europea ha inserito l'opera nella proposta di regolamento dei progetti prioritari nel quadro delle grandi reti transeuropee per il periodo 2014-2020;
   il 5 febbraio 2014 l'Italferr, la società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato, ha risolto il contratto di appalto intercorrente con la società Rabbiosi Spa per l'esecuzione dei lavori riguardanti la realizzazione del doppio binario della linea ferroviaria Foggia-Caserta nell'ambito del progetto dell'Alta capacità ferroviaria Bari-Napoli;
   nell'anno 2013 i lavori sul primo tratto di binari (Cervaro-Bovino), lungo complessivamente 23 chilometri, sono stati sospesi per lunghi periodi a causa della crisi finanziaria in cui versava la Rabbiosi Spa;
   rispetto alle previsioni iniziali di durata dei lavori si è già accumulato un notevole ritardo;
   dei 150 milioni di euro di finanziamento per il tratto Foggia-Caserta, 90 dei quali già impegnati nelle opere finora realizzate, rimangono 60 milioni non utilizzati –:
   quali azioni il Ministro intenda adottare per la riassegnazione, in tempi brevi, dell'appalto per il completamento dei lavori relativi al tratto Foggia-Caserta;
   come intenda intervenire a tutela delle opere già realizzate, anche in virtù della loro importanza strategica per il Paese. (5-02163)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI e DE ROSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento per la costruzione di una rete ferroviaria fa parte del programma di collegamento tra Mendrisio (Lugano) e Varese (aeroporto della Malpensa). La parte italiana dell'opera prevede: adeguamenti tecnologici sulla tratta esistente Varese-Arcisate e precisamente il raddoppio della tratta esistente Arcisate-bivio per porto Ceresio e la tratta di nuova realizzazione tra Arcisate e il confine di Stato in località Gaggiolo per una lunghezza pari a 3,740 chilometri comprendente gli innesti sulla linea preesistente; buona parte della tratta interrata;
   il progetto partito nell'anno 1999 è inserito nell'accordo di programma quadro tra Governo e regione in materia di trasporti «Realizzazione di un sistema integrato di accessibilità ferroviaria e stradale all'aeroporto di Malpensa»;
   si arriva all'anno 2004 dove l'intervento è incluso nel piano delle priorità degli investimenti di Rete ferroviaria italiana (RFI), approvato dal CIPE il 20 dicembre, tra i nuovi progetti di legge obiettivo, con la denominazione «Nuovo collegamento Arcisate-Stabio», con il costo di 185 milioni di euro. Successivamente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti trasmette al CIPE la relazione istruttoria del progetto preliminare, proponendone l'approvazione ai soli fini procedurali. Il CIPE, con delibera n. 82, approva il progetto preliminare anche ai fini del riconoscimento della compatibilità ambientale e individua in RFI spa il soggetto aggiudicatore con il compito di redigere il progetto definitivo. I tempi di realizzazione, compresi quelli per la progettazione esecutiva, sono stimati in circa 35 mesi. La data di attivazione prevista è il 30 ottobre 2008. Le modifiche apportate al progetto sulla base delle prescrizioni della regione Lombardia e la maggiore complessità dell'intervento fanno aumentare il costo complessivo a 203,7 milioni di euro;
   si è giunti al 2014 e l'opera, che doveva essere terminata nel 2011, è ancora in alto mare;
   sussiste un problema che ferma il proseguo dei lavori, esso è dato dalle «terre di scavo» che contengono arsenico i cui valori di concentrazione sono superiori ai limiti tabellari imposti dal decreto-legge n. 152 del 2006 e non possono pertanto essere utilizzate. L'area in oggetto è storicamente nota per i valori «anomali» in arsenico, anche se occorre sottolineare che l'origine del metalloide è geochimica, quindi naturale. Si osserva quella che agli interroganti appare una superficialità nelle indagini, eseguite non preventivamente ma durante le operazioni di scavo. Il fatto che non si sia eseguita una caratterizzazione preventiva è senz'altro colpa ad avviso degli interroganti non solo delle due parti più direttamente interessate alla questione (stazione appaltante ed appaltatore) ma anche di tutti gli enti pubblici, che sono stati coinvolti nella procedura di VIA ed hanno di conseguenza avallato il progetto e la valutazione delle ricadute ambientali dell'opera in modo alquanto superficiale;
   stante tale situazione, l'appaltatore si è trovato, a cantieri aperti e con una buona parte di scavi già eseguiti, di fronte allo scenario di dovere smaltire 800.000 metri cubi di terre da scavo, non riutilizzabili ai sensi del decreto-legge a causa del superamento di detti limiti tabellari, che definiscono i terreni come «contaminati». Tale aspetto potrebbe avere un costo per l'appaltatore di almeno 80 milioni di euro, dovendo smaltire le terre da scavo in discarica per rifiuti non pericolosi –:
   cosa intenda fare il Ministro in merito alla riapertura dei cantieri e alle terre da scavo. (4-03586)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il settore dell'autotrasporto — che impiega in tutta Europa direttamente circa 10 milioni di persone (costituendo il 4,5 per cento dell'occupazione totale e generando il 4,6 per cento del prodotto interno lordo europeo) — si pone come un ambito vitale per l'economia del nostro Paese, radicato soprattutto nel Nordest;
   questo specifico mercato è stato colpito da una durissima crisi a partire dal 2008, dovuta all'andamento dell'economia globale, che è stata ancora più acuta a causa dell'instaurarsi da parte di alcune aziende straniere europee che effettuano operazioni di trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio, molteplici forme di concorrenza sleale basate sul mancato rispetto di alcune norme italiane;
   tra le pratiche utilizzate da queste società vi sono anche palesi superamenti dell'orario settimanale di lavoro, turni irregolari di cabotaggio internazionale, distaccamenti «fasulli» in Italia di lavoratori da parte di società con sede all'estero, ed altre rinunce dei diritti dei lavoratori;
   casi di peggioramento delle condizioni di lavoro ed altre simili violazioni sono oggetto di numerose denunce anche da parte di alcuni documenti sindacali, e sono all'attenzione del Governo che a novembre 2013 ha sottoscritto un protocollo d'intesa con le associazioni di categoria dell'autotrasporto per rafforzare le azioni di contrasto alle pratiche sopra esposte e per prevedere un maggiore coinvolgimento di tutte le autorità per «definire possibili ulteriori controlli di filiera»;
   è superfluo ricordare che questo sfruttamento e dequalificazione dei conducenti, e più in generale, le condizioni di lavoro, se non ottimali, possono essere causa diretta di gravi incidenti stradali, che accadono sempre più spesso, coinvolgendo mezzi stranieri non in regola con le minime norme di sicurezza e mettendo a rischio anche la sicurezza dei cittadini che transitano su strade e autostrade;
   sono corrette le aperture dell'Unione europea indirizzate alla liberalizzazione del settore dei trasporti, a patto che evitino la creazione di fenomeni di dumping sociale basato sulle eterogenee condizioni che esistono all'interno dell'Unione e sui livelli differenti di costi e diritti;
   a parere dell'interrogante, paiono condivisibili le preoccupazioni sollevate sul futuro dell'autotrasporto italiano, e va rinnovato l'invito a porre in essere tutte le azioni di contrasto alle condotte di squilibrio contrattuale –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in campo, anche in sede europea, per evitare che la competizione nel mercato dell'autotrasporto si scarichi sulle condizioni di lavoro e sulle retribuzioni dei lavoratori, specialmente dopo l'eventuale liberalizzazione dei settore;
   quali iniziative di competenza il Governo abbia posto in essere o intenda promuovere sul terreno normativo ed amministrativo per fronteggiare il rischio di concorrenza sleale da parte degli autotrasportatori stranieri europei che effettuano operazioni di trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio;
   come il Governo intenda definire possibili ulteriori controlli di filiera attraverso l'annunciata azione congiunta di tutte le autorità coinvolte in dette azioni di contrasto all'elusione delle normative italiane. (4-03587)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il signor Gaetano Vincenzo Pietro Ruello è un testimone di giustizia residente a Vibo Valentia, il quale con gli elementi forniti ha consentito condanne per casi di usura avvenuti con modalità di cui all'articolo 416-bis del codice penale, che definisce l'associazione di tipo mafioso;
   le modalità anzidette sono state rilevate in sede penale con riferimento a prossimità dei colpevoli a una potente cosca di ‘ndrangheta, proprietaria dei mezzi impiegati;
   il signor Ruello, in considerazione di quanto subito, ha ottenuto l'accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, a parte risultando invalido civile al 43 per cento, per giudizio della Commissione medica ospedaliera di Messina;
   nel novembre del 2011, la signora Mariarita Ruello, figlia del suddetto testimone di giustizia, ha chiesto il riconoscimento dello status di familiare di vittima della criminalità organizzata, attendendo la concessione dei benefici normativamente previsti, tra cui l'assunzione presso le pubbliche amministrazioni;
   nell'ottobre del 2012, il Ministero dell'interno ha comunicato alla richiedente che soltanto il suindicato genitore aveva possibilità di proporre istanza per i benefici di legge connessi al riferito status, con riconoscimento del medesimo subordinato a diverso, specifico iter istruttorio;
   nel novembre 2012, tramite la prefettura di Vibo Valentia, i due signori Ruello hanno presentato istanza al Ministero dell'interno, per il riconoscimento, rispettivamente il padre e la figlia, dello status di vittima della criminalità organizzata e dello status di familiare di vittima della criminalità organizzata;
   nel settembre 2013, al testimone di giustizia è stato notificato il decreto n. 2774 del 9 settembre 2013 del Ministero dell'interno (dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze), contenente diniego delle richieste avanzate espresso sulla scorta di parere negativo formulato dal procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Catanzaro, motivato, è agli atti, sulla mancata contestazione che il metodo mafioso tenuto dai colpevoli — condannati in via definitiva — di azioni estorsive contro il signor Ruello avesse agevolato l'associazione mafiosa proprietaria dei mezzi utilizzati;
   nell'ottobre del 2013, è stata presentata istanza di parte volta al riesame della decisione di cui al summenzionato decreto del Ministero dell'interno, ad oggi non risultando decisione in proposito;
   a parere dell'interpellante, il riferito (incontestato) perseguimento delle finalità dell'associazione mafiosa potrebbe aver avuto luogo, stando alla condotta degli imputati, poiché le modalità del suo esercizio hanno evocato nel soggetto passivo l'esistenza di consorterie e sodalizi amplificatori della violenza criminale del reato commesso;
   la direttiva 2004/80/CE del 29 aprile 2004 — recepita con il decreto legislativo n. 204 del 2007) — prevede, al comma secondo dell'articolo 12, un ampliamento dei meccanismi di risarcimento delle vittime per determinati reati, stabilendo che «tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato alle vittime»;
   per l'interrogante, il Governo deve garantire protezione e sostegno a chi, denunciando azioni mafiose, contribuisce con proprio rischio al contrasto della criminalità organizzata, così fornendo esempi di raro coraggio e senso civile –:
   se non ritenga di verificare sollecitamente l’iter dell'istanza di riesame della posizione dei signori Ruello. (4-03593)


   MICCOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo dei vigili del fuoco è incardinato nel Ministero dell'interno. Tra le competenze proprie vi sono il soccorso pubblico e la difesa civile;
   la regione Lazio, la provincia di Roma, il comune di Roma e il comune di Fiumicino sono stati colpiti da ondate di maltempo di notevole entità, in particolare tra la notte del 30 gennaio 2014 e la mattina del 3 febbraio 2014;
   a seguito delle citate eccezionali condizioni atmosferiche, si sono creati ingenti danni, tanto gravi da determinare situazioni di pericolo per la pubblica e privata incolumità;
   in data 4 febbraio 2014, il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha firmato la «richiesta di stato di emergenza (ex legge n. 225 del 1992, articolo 5 e successive modificazioni e integrazioni) per le province di Roma, Frosinone, Rieti e Viterbo chiedendo al Prefetto Franco Gabrielli, capo dipartimento della Protezione civile, ai sensi di legge, l'adozione dei necessari provvedimenti straordinari»;
   nell'arco di tempo descritto, centinaia sono state le richieste di aiuto e d'intervento tecnico urgente da parte della popolazione verso la sala operativa dei vigili del fuoco del comando provinciale di Roma. Purtroppo molte sono state le località del litorale romano rimaste senza sufficiente aiuto, tra cui Isola Sacra, Piana del Sole, Vignole, Vignoline, Fregene, Focene e Fiumicino;
   da fonti giornalistiche, si è appresa la condizione di disagio in cui versa il Corpo dei vigili del fuoco considerati «figli poveri del Viminale», «con un bacino d'utenza di 4 milioni 194 mila abitanti», con «un organico effettivo al soccorso di 1.392 unità» ed una «proporzione di un pompiere ogni 3.013 abitanti e 328 attività. La metà di quanto previsto dagli standard europei...» (Fonte: un articolo in data 9 febbraio su Il Tempo a firma Erica Dellapasqua);
   alla luce di ciò, le forze sociali e il dipartimento regionale da tempo hanno chiesto «l'apertura di distaccamenti permanenti per le aree considerate scoperte in caso di intervento veloce per “Castel di Guido, Piana del Sole e Malagrotta, Divino Amore” e “lungo la direttrice della Flaminia verso la provincia” essendo “tutte zone oltre i 20 minuti”. Le organizzazioni sindacali riferiscono inoltre che “quotidianamente sono in servizio circa 220 unità di cui 40 vincolate sul servizio Aeroportuale di Fiumicino e Ciampino ed i restanti sulla città di Roma e Provincia”»;
   lo stesso dipartimento ha denunciato «carenze ormai croniche al comando romano» con un «personale qualificato fortemente sottodimensionato anche a causa dei continui pensionamenti e delle mobilità nazionali»;
   in situazioni analoghe è previsto il rafforzamento delle sezioni operative del comando dei vigili del fuoco (come da circolare EM-01/2011) e l'apertura straordinaria della «sala crisi», con eventuale coinvolgimento di altre istituzioni (protezione civile comunale) per gestire l'evento in collaborazione anche in riferimento al piano provinciale di protezione civile, come anche riportato nella nota sindacale congiunta delle organizzazioni sindacali del 4 febbraio 2014 –:
   per quale motivo, in tale situazione di emergenza, non sia stata attivata l'unità di crisi, con apertura straordinaria della «sala crisi» e l'eventuale coinvolgimento della protezione civile del comune di Fiumicino e di Roma, al fine di gestire al meglio l'evento;
   perché non siano state date disposizioni organizzative proporzionate ed efficaci a fronteggiare l'allerta maltempo come previsto dal piano d'emergenza in caso di calamità naturali ed eventi sismici;
   quali siano i motivi che abbiano impedito l'attivazione del distaccamento a Piana Del Sole, come richiesto da tempo dal dipartimento regionale, utile per accorciare le distanze e diminuire così i tempi d'intervento per i soccorsi. (4-03599)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia spaziale italiana, ente pubblico istituito con il compito di promuovere, sviluppare e diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale, da tempo, è oggetto di rilievi critici in particolare da parte della Corte dei Conti. La relazione sulla gestione finanziaria dell'Agenzia spaziale italiana (ASI) per l'esercizio 2012 ha sollevato dubbi sulla gestione dell'Istituto;
   in particolare, legittime perplessità riguardano lo speciale trattamento economico percepito dal personale. La Corte evidenzia infatti che nel corso degli anni la concessione del compenso ha avuto una applicazione ampia e generalizzata senza alcun effettivo controllo sul conseguimento degli obiettivi programmati, mentre, parallelamente resta insoluto il contenzioso in materia di rapporto di lavoro del personale dell'Agenzia, avente ad oggetto, in particolare, questioni relative all'esclusione dai bandi di concorso, alle procedure di stabilizzazione, all'inquadramento ed al riconoscimento di mansioni superiori;
   oggetto d'attenzione giudiziaria e mediatica è stata la nuova sede dell'Agenzia, realizzata a seguito di una convenzione stipulata nel 2004 con l'università di Tor Vergata per la concessione all'ASI del diritto di superficie è stata inaugurata il 25 luglio 2012;
   l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nell'ambito di un'indagine della procura regionale del Lazio, non risulta infatti che l'Agenzia abbia fornito i chiarimenti richiesti dall'Autorità di vigilanza dei lavori pubblici che con deliberazione n. 109 del 19 dicembre 2012, ha rilevato anomalie e illegittimità riguardo il conferimento di incarichi e consulenze, nonché, la non conformità circa l'affidamento dei lavori relativi all'esecuzione di opere di completamento della nuova sede dell'ASI;
   all'Agenzia viene assegnata la gestione delle missioni spaziali in proprio o in collaborazione con i maggiori organismi spaziali internazionali, prima tra tutti l'Agenzia spaziale europea, quindi la NASA e le altre agenzie spaziali nazionali e l'ASI opera in stretta connessione con le imprese italiane attive nel settore aerospaziale e pertanto risulta essere un asset strategico prioritario;
   nei giorni scorsi si è dimesso il Presidente dell'Agenzia spaziale italiana –:
   quali iniziative di controllo, monitoraggio e trasparenza si intendano assumere per garantire una governance adeguata all'alto compito e un utilizzo trasparente delle risorse pubbliche destinate all'ente. (5-02156)

Interrogazione a risposta scritta:


   MUCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, recante disposizioni relative alla «Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» prevede all'articolo 4, comma 7, secondo periodo, che «Per la determinazione dell'organico di dette classi è confermata l'assegnazione di due docenti per classe, eventualmente coadiuvati da insegnanti di religione cattolica e di inglese in possesso dei relativi titoli o requisiti. Le maggiori disponibilità di orario derivanti dalla presenza di due docenti per classe, rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno, rientrano nell'organico d'istituto»;
   le scuole primarie Pelloni Tabanelli e Rodari compongono l'istituto comprensivo n. 4 di Imola;
   sembra che l'istituto comprensivo n. 4 di Imola, nell'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, articolo 4, comma 7, secondo periodo, assegni due docenti per il tempo pieno un docente ogni 27 ore per il modulo generando una situazione di confusione e non garantendo la continuità didattica agli scolari visto che i docenti, per le due ore eccedenti, vengono occupati in base alle disponibilità, interscambiandosi tra di loro e prestando servizio su due plessi;
   all'interrogante risulta che l'applicazione della disposizione citata vada interpretata come segue: all'inizio di ogni anno scolastico l'istituto comprensivo ha in dotazione un numero di docenti previsto dal provveditore agli studi competente che viene ripartito «di fatto» tra i plessi per l'intero corso annuale facendo in modo che in ogni classe siano sempre gli stessi insegnanti a prestare servizio e che le ore eccedenti, due per docente, vengano utilizzate per le classi che hanno un modulo superiore alle 27 ore –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno chiarire quale sia, per prassi, l'interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica, 20 marzo 2009, n. 89, articolo 4, comma 7, secondo periodo, più corretta al fine di garantire che i docenti assegnati all'organico di istituto, vengano ripartiti «di fatto» tra i plessi per l'intero anno scolastico facendo in modo che nelle ore eccedenti sia garantita sempre la presenza dello stesso personale tale da assicurare la continuità didattica. (4-03591)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 69 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 (approvata il 9 agosto) ha introdotto alcune misure di semplificazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 che necessitano di provvedimenti attuativi;
   alcuni decreti attuativi, previsti dall'articolo 32 e dall'articolo 35 del decreto-legge n. 69 del 2013, fanno riferimento alle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro;
   nello specifico l'articolo 32, comma 1, lettera b), punto 2, dispone che «con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell'Inail e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda». Più specificamente, viene demandata ad uno specifico decreto l'individuazione dei settori di attività a basso rischio infortunistico, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici di settore dell'Inail. Viene inoltre specificato che tale decreto deve essere adottato entro 90 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento;
   l'articolo 35 aggiungendo il comma 13-bis all'articolo 3 del decreto legislativo n. 81 del 2008, relativo al campo di applicazione del provvedimento stesso, demanda ad un apposito decreto interministeriale, nel rispetto dei livelli generali di tutela in materia di salute e sicurezza sul lavoro e fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 36, 37 (sull'informazione e formazione dei lavoratori) e 41 (sorveglianza sanitaria) del decreto legislativo n. 81 del 2008, la definizione di misure di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 applicabili alle prestazioni che implicano una permanenza del lavoratore in azienda per un periodo non superiore a cinquanta giornate lavorative nell'anno solare di riferimento, al fine di tener conto, mediante idonee attestazioni, degli obblighi assolti dallo stesso o da altri datori di lavoro nei confronti del lavoratore durante l'anno solare in corso. Si segnala, al riguardo, che il testo, pur subordinando la procedura di semplificazione all'adozione di uno specifico decreto, non indica il termine entro il quale lo stesso debba essere adottato;
   tali decreti, nonostante siano trascorsi quasi 6 mesi dall'entrata in vigore della legge in questione non sono stati ancora emanati;
   alcune associazioni agricole di categoria hanno evidenziato la necessità di sottoporre alle istituzioni competenti, per la redazione e l'approvazione dei decreti previsti dall'articolo 32 e dall'articolo 35 della legge n. 98 del 2013, alcune osservazioni al fine di «contribuire ad una applicazione della norma quanto più possibile in linea con gli intenti di semplificazione e con il riconoscimento della specificità agricola operato dallo stesso Legislatore»;
   nello specifico tali osservazioni contemplano le seguenti indicazioni:
    per quanto riguarda il decreto previsto dall'articolo 32 è stato sottolineato che le semplificazioni previste sono dirette a settori di attività a basso rischio e non a settori produttivi a basso rischio. Pertanto anche in settori produttivi come quello agricolo, si possono riscontrare attività a basso rischio. In relazione ai criteri di definizione del rischio, è stato evidenziato che i parametri oggettivi devono tener conto non solo dell'andamento infortunistico generale ma anche delle situazioni specifiche della singola azienda; in particolare si ritiene opportuno prendere in considerazione quelle imprese che non hanno denunciato infortuni e malattie professionali negli ultimi due anni, in linea anche con le norme premiali previste dall'articolo 1, comma 60, della legge n. 247 del 2007;
   per quanto riguarda il decreto previsto dall'articolo 35, in relazione all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria, è stato evidenziato che per il settore agricolo si è già sviluppato e definito un accordo tra le parti sociali agricole (avviso comune del 16 settembre 2011), per l'attuazione del comma 13 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che ha portato all'emanazione del decreto ministeriale 27 marzo 2013 recante misure di semplificazione per i lavoratori che effettuano non più di 50 giornate di lavoro presso la stessa azienda. In merito alle ulteriori semplificazioni di cui all'articolo 35, comma 1, della legge n. 69 del 2013 si può, quindi ipotizzare di estendere, con gli opportuni adattamenti, le disposizioni del decreto ministeriale 27 marzo 2013 alle imprese agricole con particolare riferimento ai lavoratori a tempo determinato e stagionali. In particolare, si ritiene che le disposizioni relative all'informazione e alla formazione, di cui al decreto ministeriale 27 marzo 2013, possano essere adottate anche in funzione delle semplificazioni previste dal comma 13-ter, in quanto strumenti già collaudati per le prestazioni lavorative di breve durata. In merito alla sorveglianza sanitaria, il decreto dovrebbe essere finalizzato a risolvere i problemi creati dal decreto ministeriale 27 marzo 2013, prevedendo quindi una unica regolamentazione per i lavoratori a tempo determinato e stagionali, ivi inclusi i lavoratori che effettuano non più di 50 giornate di lavoro nella stessa azienda. In merito alla semplificazione della valutazione dei rischi, da applicare alle imprese agricole che assumono lavoratori al di sotto di una soglia da individuare con gli stessi parametri previsti per le imprese di piccole dimensioni, è stata rimarcata la necessità di adottare un criterio di valutazione semplificato specifico per l'agricoltura che contenga, in modo chiaro e sintetico, solo le indicazioni strettamente necessarie; la possibilità di ricorrere a banche dati riconosciute per la valutazione di alcuni rischi specifici; la sostituzione della attuale «data certa» dei documenti di valutazione dei rischi con la firma da parte del datore di lavoro, rendendo così il documento di valutazione dei rischi uno strumento dinamico in grado di seguire i cambiamenti in atto nell'organizzazione aziendale; la semplificazione ulteriore delle attuali previsioni dell'articolo 71 in materia di verifica periodica delle attrezzature, estendendo le semplificazioni anche alla prima verifica –:
   quando verranno emanati i decreti previsti dall'articolo 32 e dall'articolo 35 del decreto-legge n. 69 del 2013 e se non ritenga opportuno, nella logica di una semplificazione efficace e di reale sostegno alle aziende, raccogliere nella elaborazione e la stesura degli stessi provvedimenti, le indicazioni delle associazioni agricole riportate in premessa. (5-02151)


   COCCIA e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 68 del 1999 dispone una quota obbligatoria di lavoratori disabili in tutte le aziende pubbliche e private con almeno 15 dipendenti;
   la disciplina transitoria di cui all'articolo 11, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333, offriva ai datori di lavoro pubblici e privati, in fase di avvio della nuova disciplina la possibilità di computare nelle quote obbligatorie di riserva di cui all'articolo 3 della legge n. 68 anche lavoratori di cui all'articolo 18, comma 2, della stessa, orfani, vedove e profughi assunti in base alla previdente normativa;
   tale disciplina transitoria, pur non reiterata da alcuna norma di legge sarebbe stata comunque mantenuta in vigore ad avviso degli interroganti impropriamente ed illegittimamente da una semplice nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, prot. n. 257/01.14 del 21 febbraio 2005, sulla base di un discutibile parere di un non ben identificato ufficio di consulenza giuridica di quella amministrazione;
   tale reiterazione, secondo gli interroganti illegittima, di una norma transitoria a ben 15 anni dall'entrata in vigore della legge n. 68 costituisce un inaccettabile attacco al diritto al lavoro per le persone con disabilità, una palese violazione di legge, che sottrae ogni anno alle persone con disabilità migliaia di posti di lavoro –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di revocare la nota prot. n. 257/01.14 del 21 febbraio 2005, modificare conseguentemente il programma informatico utilizzato per l'invio e l'elaborazione dei prospetti informativi da parte dei servizi di collocamento e restituire ai lavoratori disabili le opportunità di lavoro previste dalla legge ed inopportunamente sottratte negli scorsi anni. (5-02152)


   CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, BECHIS, CHIMIENTI, RIZZETTO e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, il Ministro interrogato ha dichiarato che «è stata avviata l'operazione che, nel corso del 2014, porterà ad informare tutti i lavoratori delle diverse gestioni Inps sulla loro futura condizione pensionistica ed a consentire loro di effettuare simulazioni di quest'ultima, la cosiddetta busta arancione. Gli interessati riceveranno l'informativa direttamente al loro domicilio e potranno in seguito effettuare delle simulazioni in rete sui siti istituzionali»;
   in realtà, già alcuni anni fa l'Inps pensò ad un servizio automatizzato di simulazione e computo della pensione, ma il progetto venne sospeso quasi subito visto che lo stesso (ora ex) presidente Mastrapasqua disse: «Se dovessimo fornire la simulazione della prestazione pensionistica agli assicurati parasubordinati, rischieremmo un sommovimento sociale»;
   nel dicembre 2013 il Ministro ha affermato che: «A gennaio un gruppo di esperti ci aiuterà a mettere a punto il sistema e poi inizieremo a testarlo. È una questione complessa dove dobbiamo assicurare quattro esigenze: informazione corretta, trasparenza, semplicità, responsabilità legale delle comunicazioni» (intervista del 16 dicembre 2013 di Enrico Marro del Corriere della Sera in www.sivempveneto.it);
   effettivamente risulta all'interrogante che è in corso presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un tavolo di lavoro composto da esperti scelti dal Ministro e sulla cui composizione le forze parlamentari non hanno avuto alcuna possibilità di interloquire;
   è necessario assicurare la più ampia pluralità di opinioni e una informazione corretta e trasparente anche con l'apporto di ulteriori esperti che garantiscano indipendenza per provenienza professionale ed alieni da interessi e/o «sostenitori» della previdenza complementare, considerato che sicuramente tra i più favorevoli alla «busta arancione» della pensione ci sono anche le assicurazioni, gli enti di gestione dei fondi pensione e in genere chiunque sia interessato al ramo della previdenza complementare e/o integrativa –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato comunicare la composizione del tavolo di esperti scelti dal Ministro interrogato per l'attuazione della cosiddetta «busta arancione», e come intenda coinvolgere il Parlamento, anche ai fini dell'integrazione degli esperti già prescelti, in merito alle soluzioni da adottare sull'attuazione della cosiddetta «busta arancione» e sui temi della previdenza integrativa. (5-02164)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l’«opzione donna» è un regime sperimentale che prevede – secondo l'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2003 cosiddetta Riforma Maroni – fino al 31 dicembre 2015 il pensionamento anticipato per le lavoratrici dipendenti che abbiano raggiunto 57 anni d'età, o per le autonome che ne abbiano raggiunti 58 anni (ai quali vanno aggiunti 3 mesi per effetto dell'adeguamento alla speranza di vita), con almeno 35 anni di contributi; in tal caso, chi usufruirà di tale opzione avrà la pensione calcolata interamente con il metodo contributivo;
   articolo 24, comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2001, cosiddetta «Salva-Italia», ha previsto che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo continuino ad applicarsi, tra l'altro, alle lavoratrici contemplate per l'appunto dall'articolo 1 della riforma Maroni;
   sull'argomento la circolare Inps n. 35 del 14 marzo 2012 ha interpretato la norma di cui al predetto articolo 24 in maniera restrittiva, affermando che per esercitare l'opzione fosse necessario non solo maturare i requisiti entro il 31 dicembre 2015, ma anche percepire effettivamente il trattamento previdenziale, anticipando così il termine ultimo della domanda di oltre un anno;
   nello scorso novembre 2013, si ricorda, le Commissioni lavoro di Camera e Senato hanno approvato, ciascuna, una risoluzione con la quale si è impegnato il Governo «a sollecitare l'Inps (...) a rivedere il punto 7.2 della circolare n. 35 concernente la liquidazione del trattamento pensionistico per le lavoratrici in regime sperimentale, nel senso che per tali lavoratrici non deve essere applicata la finestra mobile per la decorrenza del trattamento pensionistico né le aspettative di vita, ma resta valida la semplice maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015 (...);
   peraltro, dalla discussione in Commissione Lavoro della Camera è emerso un orientamento del Ministro interpellato favorevole ad un riesame della circolare in questione, contrariamente alla posizione del co-vigilante Ministero dell'economia che ritiene il punto 7.2 della circolare pienamente coerente con la norma primaria oggetto di interpretazione (articolo 24, decreto-legge n. 201 del 2011 –:
   se e quali azioni abbia intrapreso da novembre ad oggi per dare seguito al dispositivo della risoluzione citata in premessa e se non convenga sull'opportunità di intervenire con provvedimenti di propria competenza per prolungare anche oltre il 2015 il regime sperimentale cosiddetta «opzione Donna», posto che sebbene tale prosecuzione possa – ad avviso della ragioneria generale dello Stato – compromettere gli effetti complessivi della riforma pensionistica operata con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, giacché consentirebbe l'accesso a pensione ad un età ampiamente inferiore a quelle previste dalla medesima legge, è altrettanto vero che gli stessi sarebbero mitigati, se non addirittura compensati, dalle penalizzazioni derivanti dal conteggio della pensione interamente con il calcolo contributivo, anche per chi avrebbe normalmente usufruito del calcolo misto o puramente retributivo sino al 31 dicembre 2011. (4-03584)


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Ferretti, leader mondiale degli yacht di lusso, che nel 2012 è stata rilevata al 75 per cento dal gruppo cinese Shig-Weichai, ha sede e stabilimenti produttivi in Italia (Sarnico, La Spezia, Cattolica, Forlì, Centocroci di Mondolfo), conta 1200 dipendenti circa di cui 282 a Mondolfo (PU) dove è stata trasferita l'alta tecnologia che prevede la progettazione, l'ingegneria e l'architettura di barche in vetro resina;
   nei giorni scorsi l'azienda ha confermato l'intenzione di chiudere lo stabilimento di Forlì con il trasferimento delle produzioni negli altri stabilimenti, il conseguente trasferimento dei lavoratori e la previsione di circa 50 persone in esubero;
   l'annunciata chiusura dello stabilimento di Forlì — lanciano l'allarme i sindacati — rischia di rappresentare l'inizio di una fase di disinvestimento che avrebbe conseguenze su tutto il gruppo e sull'indotto. Continuano a non essere chiari gli obiettivi produttivi e commerciali, non è chiara quale sia la situazione finanziaria dell'impresa. Non c’è stata ancora la possibilità di discutere su un nuovo piano industriale. Ci sono le condizioni per avviare una discussione sulla revisione del piano industriale senza mettere inutilmente in discussione siti produttivi e posti di lavoro –:
   quali iniziative intenda adottare per salvaguardare l'occupazione e le prospettive industriali dello stabilimento Crn di Ancona, per tutelare una realtà produttiva così rilevante e mantenere inalterati i livelli occupazionali. (4-03588)


   SIBILIA e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno 2004 il gruppo Telecom Italia spa, così come altre aziende italiane, ha ritenuto opportuno avviare l'utilizzo sistematico dell'articolo 2112 del codice civile che ha consentito la cessione di rami d'azienda ritenuti non strategici o, comunque, scarsamente produttivi;
   una di queste operazioni ha interessato circa 450 lavoratori, tra cui figure con profilo altamente specializzato, confluiti in MP facility spa;
   la Telecom Italia spa per consentire l'espletamento delle attività, assegnate prima a lavoratori propri, ha incaricato la società MP Facility (partecipa Manutencoop, Pirelli), che ha assorbito i lavoratori esternalizzati. Il valore della commessa ammontava a 120 milioni annui per 7 anni, contratto che è stato prorogato per altri due anni, sino al 31 ottobre 2013;
   nel corso di questi 9 anni, la MP Facility, ora MPSS spa, con Manutencoop socio unico, ha messo in essere procedure di riduzione del personale, che ha riguardato principalmente, se non esclusivamente, i lavoratori ex Telecom, attualmente ridotti a 133 unità;
   la Telecom, sempre nel corso di questi 9 anni ha dovuto riprodurre un duplicato del settore esternalizzato, che esercitasse una sorta di controllo delle attività conferite all'esterno;
   ad oggi, dopo 9 anni, la Manutencoop e la MPSS, pur essendo entrambe società con un ampio portafoglio clienti, non hanno mai permesso l'inserimento del personale ex Telecom ma hanno tenuti separati le commesse e i lavoratori, non permettendo a questi ultimi l'inserimento nell'azienda di destinazione;
   prima della conclusione della gara d'affidamento per il rinnovo dell'appalto, indetta da Telecom, la MPSS ha aperto la procedura per il licenziamento per i lavoratori ex Telecom, riducendo così la risorsa umana, quella che dovrebbe essere l'ossatura portante di una azienda, a misera merce di scambio e di ricatto, al fine di un ulteriore rinnovo del contratto;
   nonostante aggiudicazione di una parte dell'appalto, che vede ridotto dell'80 per cento il volume lavori, con un importo pari a 20-30 milioni all'anno, MPSS ha, comunque, perseguito la strada per il licenziamento di tutti i 133 lavoratori, considerati in esubero;
   durante l'incontro con i sindacati, il 5 novembre 2013, presso il Ministero dello sviluppo economico, i dirigenti Telecom hanno ammesso il fallimento dell'operazione d'esternalizzazione: il costo dell'appalto esterno è risultato maggiore rispetto ai costi della gestione interna, senza che ci sia stato un benché minimo aumento del livello di servizio. A questi costi «vivi» bisogna aggiungere il costo delle spese legali, i rimborsi e i costi per il ricollocamento all'interno della struttura Telecom di decine di lavoratori, che dovranno essere reintegrati (secondo le sentenze della corte d'appello di varie sedi italiane), nonché, quelli sociali: cassintegrazione, mobilità e pensionamento anticipato, che hanno scaricato sulla collettività le spese di scelte aziendali scellerate;
   l'attuale impianto normativo ha consentito a Telecom – e consente tuttora a tante altre aziende – di spostare come pedine lavoratori e capitali, liberandosi dei primi appena possibile, incamerando i secondi con società di comodo, generando mostruosità nel modo del lavoro dove, sempre più frequentemente, si rileva il pagamento di servizi (si pensi a quelli di pulizia) con costi paragonabili o superiori a quelli d'un lavoratore interno all'azienda ma che genera un percepito netto del lavoratore pari a pochi euro l'ora –:
   quali iniziative intenda porre in atto il Ministro interrogato per la tutela e la salvaguardia dei 133 lavoratori ex Telecom che, allo stato attuale, rischiano di subire la procedura di licenziamento collettivo;
   quali modifiche al sistema normativo attuale intenda valutare di intraprendere per permettere che il pagamento del servizio prestato dal lavoratore possa divenire oggetto principale della propria retribuzione, eliminando il sistema che consente a società, reali o di comodo, di rilevare la parte più sostanziosa del corrispettivo pagato dal cliente finale. (4-03594)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da organi di stampa in queste ore è stato nominato commissario di INPS, Vittorio Conti;
   Vittorio Conti è un banchiere che ha già svolto attività in Consob — nella stagione del risparmio tradito — Banca Intesa e Bankitalia;
   a parere dell'interrogante appare inopportuna tale nomina anche in merito all'inesistenza di esperienza professionale nel settore della previdenza da parte dello stesso Conti –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano esprimere le ragioni che hanno portato alla nomina di Vittorio Conti in qualità di commissario INPS pur non avendo il medesimo esperienze nel settore previdenziale;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno nominare soggetti con esperienza specifica nelle mansioni e nelle attività di tali importanti enti, quali INPS. (4-03596)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   BARONI, GRILLO, CECCONI, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DAGA, COLLETTI, BRESCIA, CARINELLI, AGOSTINELLI, CASO, MANTERO, LUPO, DI BATTISTA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, DALL'OSSO, TERZONI, D'UVA e DI VITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i dati delle associazioni di pazienti e delle segnalazioni dei cittadini mostrano che accedere ai farmaci è ancora oggi un percorso ad ostacoli: costi privati, burocrazia, tempi di accesso troppo lunghi in particolare per le terapie innovative, difformità tra territori e scarso coinvolgimento delle associazioni nelle scelte che li riguardano sono le questioni più rilevanti;
   dal disposto dell'articolo 5-bis, dell'articolo 12, del decreto-legge n. 158 del 2012, introdotto dal decreto-legge cosiddetto «del fare» (n. 101 del 2013), con il quale si prevedeva per l'Aifa un massimo di 100 giorni per l'inserimento nel prontuario dei farmaci di eccezionale rilevanza terapeutica ai fini di classificazione e rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale verso le aziende sanitarie locali ed ospedaliere, nonostante l'approvazione, a distanza di 6 mesi, non emergono risultati in merito;
   Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato – cittadinanzattiva, dichiara nel gennaio 2014 che «dopo gli sforzi di tutti per garantire un adeguato finanziamento del SSN e renderlo sostenibile, l'ipotesi che Aziende Sanitarie Locali (ASL) e Ospedaliere (AO) possano trovarsi nella difficoltà di richiedere indietro le risorse economiche relative all'utilizzo di alcuni farmaci per l'anno 2012-2013 ha il sapore amaro della beffa»;
   «il dubbio deriva dall'aver appreso oggi, anche da farmacisti ospedalieri e responsabili regionali del farmaco, che nel passaggio da un sistema informatico all'altro dei registri di monitoraggio dei farmaci si siano verificati dei problemi che hanno comportato la necessità di utilizzare schede cartacee per garantire l'accesso in via transitoria», ha aggiunto Aceti, «ma che oggi rappresenterebbero un ostacolo nella quantificazione degli importi che le aziende sanitarie locali/aziende ospedaliere devono recuperare dalle aziende farmaceutiche;
   le dichiarazioni di Aceti fanno riferimento ai farmaci per i quali esistono accordi negoziali tra Stato e imprese del farmaco, e che prevedono che a fine anno le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere possano richiedere il rimborso di risorse economiche alle industrie farmaceutiche sulla base dei risultati reali in termini di efficacia apportati dall'uso di alcuni farmaci;
   le aziende sanitarie, quindi, non sarebbero in grado di quantificare il reale importo dei rimborsi. Intanto le aziende farmaceutiche hanno accantonato, come previsto dalla legge, un fondo speciale, di risorse, ad ora, inutilizzate;
   la questione assume una certa rilevanza, in quanto, la mancanza di liquidità potrebbe incidere sui diritti dei cittadini, primo fra tutti l'accesso alle prestazioni; i cittadini, infatti utilizzano i propri risparmi privati: le persone affette da patologia cronica e rara spendono mediamente 650 euro annui per farmaci di fascia C e 900 euro per parafarmaci, senza considerare il fatto che nel 2012 il rapporto Osmed ha rilevato un aumento della spesa dei cittadini per pagare i ticket sui farmaci pari al +5,2 per cento rispetto al 2011 –:
   se il Ministro interrogato intenda accertarsi dello stato dei fatti e assumere le necessarie iniziative di competenza, in tempi certi, per restituire le risorse economiche alle aziende sanitarie, onde evitare un ulteriore esborso da parte dello Stato con possibili ripercussioni a livello di aumento delle tasse nei confronti dei cittadini. (4-03585)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LACQUANITI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le camere di commercio possono considerarsi di fatto nel perimetro degli enti pubblici, e in parte sono vigilate anche dal Ministero dello sviluppo economico;
   gli enti pubblici dovrebbero attenersi ai criteri di ragionevolezza e correttezza dettati dalla spending review e, più in generale, il personale non dovrebbe essere posto in condizione di conflitto d'interesse o, tantomeno, ricevere e sommare compensi e gettoni di molto superiori allo stipendio del primo giudice della Corte di cassazione;
   da notizie apparse sui principali organi di stampa nazionali, la camera di commercio di Milano sembra trovarsi nella situazione di cui in premessa;
   nello stesso Ente vi sarebbe almeno una figura apicale che cumula numerosi incarichi contemporaneamente in altri enti e società –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, eventualmente anche normative, per impedire che si possano mantenere o creare situazioni come quelle indicate nel settore degli enti camerali. (5-02162)

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE, ROSTELLATO, BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, RIZZETTO, CHIMIENTI e FICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Maria Giovanna Basile, moglie di Antonio Mastrapasqua – ex Presidente INPS –, ricopre attualmente le cariche di: sindaco supplente di Vecar SpA in liquidazione, sindaco di Istituto fiorentino di cura e assistenza SpA, sindaco supplente di Directional Projects SpA, sindaco di Santa Chiara Firenze SpA, sindaco supplente di Ventura SpA, presidente del collegio sindacale di Barocco Roma Srl, sindaco di Ecosuntek SpA, sindaco di S.A.L.I.C. SpA, sindaco supplente di ACI Vallelunga SpA, sindaco di Marcantonio SpA in liquidazione, presidente del collegio sindacale di RAI WAY SpA, sindaco di RAI Cinema SpA, sindaco di RAI – Radiotelevisione Italiana SpA, sindaco supplente di GIOMI – Fingemi SpA, sindaco supplente di GIOMI SpA, sindaco supplente di ACI Global SpA, sindaco supplente di Targa Fleet Management Srl, sindaco di Acea Energia SpA, sindaco supplente di GIOMI Real Estate SpA, sindaco supplente di Giointi SpA, sindaco supplente di FINEMI SpA, sindaco supplente di GIOMI RSA Srl, sindaco di Tredici SpA, sindaco di Targasys Srl, sindaco di Cappellani Giomi SpA, sindaco supplente di ACI Infomobility SpA;
   Antonio Mastrapasqua – ex presidente INPS –, la moglie Maria Giovanna Basile, il fratello Pietro Mastrapasqua hanno ricoperto e ricoprono svariati incarichi in molteplici società sia pubbliche che private;
   da un'analisi della visure camerali appare chiaro l'intreccio di «poltrone», con incarichi svolti contemporaneamente nelle stesse società ovvero a distanza di un breve periodo da parte dei soggetti suddetti;
   appare lapalissiano che possano configurarsi svariati possibili conflitti di interessi –:
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di rimuovere i potenziali conflitti di interessi della signora Maria Giovanna Basile soprattutto in merito alle cariche che ricopre in RAI;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, non ritenga opportuno intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di rimuovere i potenziali conflitti di interessi della signora Maria Giovanna Basile soprattutto in merito alle cariche che ricopre in ACI;
   se i Ministri interrogati non ravvisino anomalie ed intrecci di incarichi con potenziale conflitto di interessi;
   se i Ministri interrogati non si siano mai resi conto di tali palesi e lapalissiane criticità e se eventualmente possano ravvisare una mancanza di controllo nelle fasi di nomina;
   se i Ministri interrogati non ritengano doverosa un'iniziative, anche di natura normativa, al fine di porre rimedio a tale critica situazione suddetta. (4-03597)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Baroni n. 4-03310, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Businarolo, Busto, Cecconi, Silvia Giordano, Lorefice, Daga, Colletti, Brescia, Agostinelli, Grillo, D'Uva, Caso, Ferraresi, Lupo, Di Battista, Frusone, Pesco, Benedetti, D'Incà, Massimiliano Bernini, Dall'Osso, Mantero, Terzoni, De Rosa, Zolezzi, Di Vita, Vignaroli.

  L'interrogazione a risposta scritta Baroni n. 4-03394, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Grillo, Cecconi, Silvia Giordano, Lorefice, Daga, Liuzzi, Colletti, Brescia, Carinelli, Agostinelli, Mantero, Lupo, Di Battista, D'Incà, Massimiliano Bernini, Dall'Osso, Terzoni, D'Uva, Di Vita.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00396 del 4 febbraio 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Guidesi n. 5-02113 dell'11 febbraio 2014.