Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 12 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    tra gli ultimi giorni del mese di gennaio e i primi giorni di febbraio 2014, in Veneto ed in Emilia, si sono verificati eventi atmosferici di grandissima intensità, piogge persistenti e nevicate anche a bassa quota;
    nel modenese si è resa necessaria l'evacuazione dei cittadini residenti in aree particolarmente esposte alle esondazioni, in particolare nei territori compresi nei comuni di Bastiglia, Bomporto, Sorbara, Bosco di San Felice, Finale Emilia, Camposanto, Albareto, e tali calamità hanno provocato allagamenti e frane in vaste zone della bassa modenese ed altre zone emiliano-romagnole;
    in Veneto le precipitazioni piovose e nevose hanno causato l'interruzione delle comunicazioni e della viabilità, esondazione di fiumi, allagamenti di terreni agricoli e di centri abitati, sottopassi e garage privati, frane e smottamenti su strade, chiusura di molti passi dolomitici, un blackout elettrico prolungato dovuto alle linee dell'alta tensione, in particolare tra le aree del Cadore, dello Zoldano, del Comelico e dell'Agordino, mentre numerose aree del Veneto Orientale ed Occidentale, del Basso Padovano e del Vicentino erano interessate da allagamenti ed inondazioni;
    le calamità nevose nella zona dolomitica e prealpina del Veneto, con interruzione dell'erogazione dell'energia elettrica in Cadore e chiusura di passi e impianti sciistici, hanno avuto contraccolpi particolarmente pesanti perché ha compromesso, in alcuni casi in modo definitivo, la stagione turistica invernale, che per quelle zone rappresenta l'unica fonte di reddito;
    per contro, la costa veneta e le spiagge di Rosolina, Sottomarina, Lido di Venezia, Cavallino-Treporti, Jesolo, Eraclea, Caorle e Bibione hanno subito gli effetti del maltempo con l'accumulo di rifiuti e detriti, la cui pulizia e ripristino delle spiaggie deve essere operata con celerità per garantire l'avvio degli stabilimenti balneari della stagione turistica estiva alle porte;
    mentre numerose zone della montagna veneta erano bloccate dalle abbonanti nevicate, in pianura il maltempo faceva crescere repentinamente il livello dei principali fiumi emiliani, vicentini e padovani, come il Secchia, il Bacchiglione ed il Brenta, esondati in alcuni punti del loro corso e tanto da costringere, in alcune località, tra cui Bovolenta, Battaglia Terme, Montegrotto Terme, Chioggia ed alcuni quartieri di Padova, a sgomberare le case, sfollando centinaia di famiglie, a Montegrotto Terme una donna a causa del maltempo è deceduta;
    nel periodo compreso tra il 30 gennaio ed il 10 febbraio la provincia di Verona è stata colpita da precipitazioni importanti che hanno messo in crisi l'intera rete di scolo. Particolarmente colpita la Bassa veronese con allagamenti importanti nei comuni di Legnago, Cerea, Terrazzo, Bevilacqua e Boschi S. Anna, causa la tracimazione di alcuni corsi d'acqua ed il reflusso della rete fognaria. Sono stati rilevati gravi danni al manto stradale (buche di vario genere ed entità); danni ad abitazioni private (allagamenti seminterrati, allagamenti pian terreni); gravi sofferenze (asfissia) ai seminativi invernali e alle piantagioni di vigneti e frutteti (in particolar modo nei comuni di Terrazzo, Bevilacqua e Boschi S. Anna dove gli allagamenti si sono protratti per 7 giorni consecutivi); danni alle scarpate dei corsi d'acqua (frane) con pericolo per la pubblica incolumità anche in considerazione che spesso in sommità ci sono strade provinciali o comunali;
    nel modenese l'alluvione ha ulteriormente aggravato la situazione sociale ed economica di parte del territorio emiliano-romagnolo, già compromessa dagli eventi sismici del 2012 e dagli eventi atmosferici del 2013, con danni diretti e indiretti, provocati dall'allagamento di oltre dieci mila ettari di terreni coltivati ed abitati, ad oggi incalcolabili;
    in data 3 febbraio 2014, n. 15 il presidente della giunta regionale del Veneto dichiarava lo «stato di crisi» per gli eccezionali eventi atmosferici verificatesi in Veneto a partire dal 30 gennaio 2014 provvedendo altresì a chiedere al Consiglio dei ministri la dichiarazione dello «stato di emergenza» ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni e integrazioni e tale richiesta è motivata anche dalle pesanti conseguenze che l'evento calamitoso ha determinato sull'economia locale veneta, come nel settore turistico montano, con danni enormi agli impianti di risaliti sepolti dalla neve;
    complessivamente tra le province di Treviso, Venezia, Vicenza, Verona e Padova, sono diverse centinaia le abitazioni civili e le attività economiche che hanno subito danni strutturali agli edifici, rendendoli parzialmente o completamente inagibili, e oggi i comuni veneti ed emiliani interessati dalle calamità stanno predisponendo una stima precisa dei danni riscontrati così da impegnare, conseguentemente, le necessarie somme per ripristinare le infrastrutture danneggiate, quali principalmente strade, ponti ed edifici pubblici;
    i danni prodotti alle abitazioni e alle imprese giustificano il ricorso anche al Fondo di solidarietà dell'Unione europea giacché i danni diretti stimati potrebbero nel loro complesso raggiungere i 3 miliardi di euro indicati dal regolamento (Ce) 11 novembre 2002, n. 2012/2002, e, in conformità a quanto disposto dal menzionato regolamento la domanda di contributo deve pervenire alla Commissione europea entro 10 settimane a partire dal primo danno subito;
    qualora l'ammontare dei danni fosse al di sotto della predetta soglia comunitaria, è necessario comunque che lo Stato intervenga a favore delle popolazioni e delle imprese colpite tramite la defiscalizzazione e la decontribuzione, per il biennio 2014-2015, tanto più che la sola regione Veneto contribuisce alle entrate dello Stato con un «residuo fiscale» di oltre 20 miliardi di euro;
    nell'ambito dei richiesti interventi statali deve essere prevista anche l'esclusione dal patto di stabilità interno dei fondi occorrenti ai comuni per la manutenzione e la messa in sicurezza idraulica del rispettivi territori colpiti dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014;
    il Governo, così come in analoghe vicende accadute nel recente passato, ha già fatto ricorso allo strumento del decreto-legge per disporre interventi, anche finanziari, immediati,

impegna il Governo:

   a deliberare lo «stato di emergenza» per gli eccezionali eventi atmosferici verificatesi nelle aree comprese tra l'Emilia-Romagna ed il Veneto a partire dal gennaio 2014, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni e integrazioni;
   ad assumere iniziative normative finalizzate a sostenere le popolazioni e le imprese colpite dagli eccezionali eventi atmosferici di gennaio e febbraio 2014 tramite la defiscalizzazione e la decontribuzione per il triennio 2014-2016 sospendendo immediatamente ogni adempimento fiscale, contributivo e assicurativo relativo a persone fisiche e giuridiche, nonché i mutui, per i contribuenti e le imprese dei comuni veneti ed emiliani interessati dagli eventi calamitosi;
   ad assumere iniziative per stanziare, all'interno delle prossime iniziative normative, risorse da destinare alle persone fisiche e alle attività d'impresa per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni come la prima abitazione o i mobili strumentali all'esercizio delle attività stesse, assumendo altresì iniziative per incrementare le ulteriori risorse a favore degli enti locali contro il dissesto idrogeologico e prevedendo altresì che le somme provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino, siano escluse dai limiti imposti dal patto di stabilità, sia delle regioni che degli enti locali.
(1-00340) «Giancarlo Giorgetti, Matteo Bragantini, Gianluca Pini, Busin, Caon, Marcolin, Prataviera, Allasia, Borghesi, Bossi, Buonanno, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Rondini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    l'originario spirito di solidarietà e mutualità una volta espresso dal sistema cooperativo è da tempo sempre più sacrificato alla logica del mercato, della competizione e del profitto, alla pari delle imprese di capitale e difatti non accennano a diminuire i fenomeni di sfruttamento del lavoro ad opera di alcune cooperative operanti nell'area industriale sul territorio nazionale;
    la cooperativa rappresenta, in molti casi, un paravento rispetto alla realtà, basata su retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali, sulla riduzione delle tutele sociali, sulla precarietà del rapporto di lavoro, senza nessun diritto a partecipare alle decisioni e al capitale della cooperativa, con la sola possibilità di scegliere tra tale condizione e la disoccupazione;
    appare chiaro che in molti casi le cooperative di produzione e lavoro vengono costituite con l'obiettivo unico e solo, di aggirare le leggi e i contratti di lavoro, nella logica di ridurre i costi di produzione a scapito dei lavoratori impiegati; in particolare, questi lavoratori si trovano in una situazione economica particolarmente svantaggiata percependo retribuzioni che spesso non consentono neppure di mantenere una famiglia, dei figli e vivere in una relativa tranquillità. Lo stesso dicasi per la loro situazione assicurativa e previdenziale e le conseguenze sono insostenibili con particolare riferimento ai settori legati all'acquisizione e gestione di appalti e concessioni, settori dove si possono registrare, oltre all'estensione di un precariato diffuso, anche assenza di sicurezza e l'incremento di lavoro nero;
    l'attuale normativa, riconoscendo alle cooperative una funzione di carattere sociale, riserva loro particolari trattamenti e agevolazioni senza che, a fronte delle mutazioni in atto, vi sia un conseguente adeguamento nelle tutele e nella verifica delle effettive condizioni mutualistiche;
    basti pensare che la vigilanza sulle stesse cooperative se associate è affidata direttamente alle stesse Legacoop, AGGI, e Confcooperative;
    si assiste sovente, ad alcune situazioni poco chiare, come quelle legate a cooperative che dichiarano fallimento alla fine di ogni anno, per poi ricostituirsi cambiando denominazione e sede sociale; numerose risultano essere le sentenze di condanna da parte di giudici che, oltre ad accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro del socio, rilevano molto spesso l'erronea qualificazione del contratto;
    tra gli aspetti più clamorosi risalta l'esclusione dell'applicazione a favore del socio lavoratore delle norme di tutela previste dallo statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970) sul reintegro per licenziamento illegittimo e sull'applicazione dei diritti sindacali nonché la possibilità, da parte dei regolamenti interni, di modificare in peggio le norme previste dalla contrattazione collettiva e ciò comporta che le cooperative possano corrispondere ai soci lavoratori, trattamenti contrattuali e previdenziali non conformi alla contrattazione collettiva nazionale del settore affine,

impegnano il Governo:

   ad adottare e sostenere ogni iniziativa normativa volta ad estendere ogni tutela ai lavoratori soci di cooperativa, nonché, più in generale, ad eliminare ogni disposizione che consenta l'esclusione dell'applicazione a favore del socio lavoratore di quanto previsto dallo statuto dei lavoratori;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché siano riconosciuti ai soci lavoratori di cooperativa i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del settore affine, attraverso specifiche determinazioni da inserire ope legis negli statuti delle cooperative medesime;
   ad adottare ogni iniziativa volta a riconoscere ai soci lavoratori gli stessi compensi e trattamenti contrattuali e previdenziali previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del settore affine senza deroghe, attraverso l'abolizione esplicita della possibilità da parte dei regolamenti interni di modificare in peggio le norme previste dalla contrattazione collettiva;
   ad adottare le opportune iniziative volte a contrastare le forme di elusione delle ordinarie procedure relative ai licenziamenti dei soci lavoratori in cooperativa;
   a valutare l'adozione di opportune iniziative normative finalizzate a rendere «esclusivo» lo spirito mutualistico delle cooperative, anche attraverso la fissazione di stringenti parametri di proporzionalità tra il numero di soci ed il numero di beneficiari dell'attività mutualistica;
   a porre in essere tutte le possibili iniziative volte ad accertare, attraverso nuove forme di verifica, la genuinità delle imprese cooperative, ponendo competenze di intervento ed accertamento delle caratteristiche mutualistiche in capo ai competenti servizi territoriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e non più del Ministero dello sviluppo economico adottando provvedimenti di commissariamento o scioglimento a fronte di palesi irregolarità ed estendendo tale attività di vigilanza e controllo anche nei confronti degli enti cooperativi aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza;
   ad agire sul piano della prevenzione e del contrasto dei fenomeni di peggioramento delle condizioni di lavoro dei soci lavoratori strettamente connesso con l'impiego negli appalti nei vari settori (dal sociale alla logistica), assumendo con iniziativa utile per equiparare il trattamento contrattuale di questi ultimi a quello riconosciuto ai lavoratori impiegati negli appalti come già riconosciuto per i lavoratori impiegati in regime di somministrazione e quindi prevedendo il diritto a un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore rispetto ai dipendenti di pari livello dell'utilizzatore/committente, a parità di mansioni svolte.
(7-00263) «Rostellato, Mucci, Chimienti, Rizzetto, Baldassarre, Cominardi, Bechis, Tripiedi, Ciprini, Prodani».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il sistema di contingentamento produttivo stabilito con il regime delle quote latte, introdotto nel 1984 dall'allora Comunità economica europea al fine di ridurre le eccedenze strutturali nel settore lattiero, terminerà il 31 marzo 2015, e dal successivo mese di aprile cesserà qualsiasi vincolo produttivo a carico delle aziende zootecniche;
    sono ormai ampiamente note le vicende relative all'annoso ed irrisolto contenzioso tra il nostro Paese e la Commissione europea derivato dai ripetuti splafonamenti della quota produttiva assegnata all'Italia, quota che, invero, è risultata fin dall'inizio insufficiente a soddisfare la domanda interna di latte e che ha comportato il continuo ricorso all'approvvigionamento sul mercato estero;
    nel corso del tempo molti degli allevatori responsabili della produzione eccedentaria hanno aderito al sistema di rateizzazione delle multe relative alle varie campagne lattiere al fine di sanare gli illeciti e consentire al Governo, unico responsabile della corretta gestione del sistema nei confronti della Commissione europea, di corrispondere gli importi relativi ai prelievi supplementari dovuti;
   la questione delle multe a carico del nostro Paese è tuttavia ancora irrisolta a causa di una minoranza di splafonatori che, contestando il meccanismo di controllo delle quantità assegnate e soprattutto i dati produttivi sui quali si è calcolato il prelievo supplementare, hanno consentito lo svolgimento di indagini di polizia giudiziaria che hanno riscontrato numerose anomalie sia nella gestione del sistema che nell'elaborazione dei dati produttivi;
    sebbene le pendenze nei confronti dell'Unione europea siano ancora in essere, considerata l'imminente cessazione del regime delle quote e tenuto conto del mantenimento entro quota, ormai da qualche anno, della produzione lattiera italiana, come evidenziato dagli ultimi dati disponibili, sarebbe opportuno disporre, per la campagna lattiera 2014/2015, la sospensione delle trattenute e dei versamenti previsti dalla legge, al fine di agevolare i moltissimi allevatori che, dimostrando senso di responsabilità e mantenendo la propria produzione entro i limiti assegnati dall'Unione, dovrebbero poter disporre della liquidità necessaria a non comprimere competitività e sviluppo,

impegna il Governo

ad assumere iniziative affinché, per la campagna lattiera 2014/2015, sia esclusa l'effettuazione, da parte degli acquirenti, delle trattenute e dei versamenti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119.
(7-00262) «L'Abbate, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Lupo, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TONINELLI, COZZOLINO, DIENI, DADONE e FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 19 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha istituito l'Agenzia per l'Italia digitale, le cui funzioni venivano esplicitate puntualmente all'articolo 20 del medesimo decreto;
   il comma 4 dell'articolo 21 del succitato provvedimento prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato, sentito il dipartimento della funzione pubblica è approvato lo statuto dell'Agenzia entro 45 giorni dalla nomina del direttore generale, in conformità ai principi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in quanto compatibili con il presente decreto;
   alla data, non risulta ancora terminato l’iter per l'approvazione dello statuto, statuto dei cui contenuti non è stata data adeguata informativa pubblica e il cui iter di approvazione è in corso dagli inizi del 2013 con alterne e non chiare vicissitudini;
   l'articolo 13 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nel sostituire l'articolo 47, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che istituiva la cabina di regia per l'attuazione della agenda digitale italiana, ha previsto nell'ambito della stessa cabina di regia il tavolo tecnico permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, da istituire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   la cabina di regia, sempre per quanto previsto dalla sopra richiamata norma, «presenta al Parlamento, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, avvalendosi anche dell'Agenzia per l'Italia digitale e delle amministrazioni rappresentate nella cabina di regia, un quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi avviati e del loro stato di avanzamento e delle risorse disponibili che costituiscono nel loro insieme l'agenda digitale» –:
   quali siano i tempi di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che istituisce il tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana;
   quale sia lo stato di predisposizione del quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi avviati e il loro stato di avanzamento e delle risorse disponibili che costituiscono nel loro insieme l'agenda digitale. (5-02131)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo che si è abbattuto sul Veneto in queste settimane, ha determinato una situazione addirittura peggiore di quella dell'alluvione del 2010;
   in particolare, la pioggia torrenziale caduta sul territorio vicentino ha messo in ginocchio l'agricoltura: campagne sott'acqua a Vicenza, Creazzo, Monteviale, Costabissara, Gambugliano, Altavilla, Arcugnano, Caldogno; frane e smottamenti collinari a Sossano, Agugliaro, Albettone, S. Germano, Grancona, Villaga, Barbarano, Mossano, Nanto, Castegnero;
   oltre ai danni alle strutture, si riscontra un'importante riduzione della produzione. Tuttavia, essendo l'emergenza pioggia ancora in corso, è prematura la stima definitiva dei danni. Le coltivazioni interessate sono foraggere, frumento, ortaggi, vigneti, prati e mais ceroso presente nelle corti delle aziende agricole;
   come denunciano Coldiretti e Confagricoltura, la causa di tale drammatica situazione è da rintracciare nella scarsa attenzione dedicata in questi anni al territorio e, in particolare, nella cementificazione dello stesso –:
   se il Governo non intenda intervenire con urgenza al fine di stanziare le risorse necessarie per gestire l'emergenza in corso e partecipare a porre rimedio agli ingenti danni subiti dal settore agricoltura a causa della piovosità eccezionale;
   se e come il Governo intenda procedere per attivare politiche incisive atte ad un consumo sostenibile del territorio italiano. (4-03568)


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da un servizio del Tg1 e da un articolo di Monica Ricci Sargentini apparso sul Corriere della Sera edizione online nella giornata dell'11 febbraio 2014 si apprende della gravissima situazione in cui versa il connazionale Roberto Berardi;
   Roberto Berardi è un imprenditore italiano di 49 anni che da più di un anno è rinchiuso in una galera della Guinea Equatoriale con l'accusa di frode fiscale e condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere o al pagamento di 1,2 milioni di euro;
   la Repubblica di Guinea Equatoriale è guidata da Teodoro Obaing Nguema Mbasogo, un dittatore che prese il potere nel 1979 in seguito ad un colpo di Stato. Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International in Guinea «le libertà di espressione e di stampa sono limitate, gli attivisti politici e le persone critiche nei confronti del Governo subiscono vessazioni, arresti arbitrari e detenzioni». La Francia ha spiccato un mandato di cattura internazionale nei confronti di Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorin e figlio del presidente, per appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio di denaro e negli Stati Uniti è in corso un processo contro di lui;
   nel 2011 costituisce una società, la Eloba Construction, insieme a Teodorìn per poter costruire edifici civili. Il problema è che a un certo punto l'imprenditore si accorge che i conti non tornano: nelle casse della società mancano molti soldi. Chiede spiegazioni. E per tutta risposta viene arrestato e condannato dopo un processo farsa;
   il Berardi è stato oggetto di una sola visita consolare in data 14 dicembre 2013 da parte del segretario di ambasciata d'Italia in Camerun – competente anche per la Guinea equatoriale. Tale visita sarebbe avvenuta alla presenza di numerose autorità guineane, e pertanto non sarebbe stato possibile un colloquio riservato fra il diplomatico e il detenuto italiano;
   subito dopo tale visita consolare, il medesimo 14 dicembre 2013, Berardi è stato messo in cella di isolamento dove si trova tuttora: da allora non esce mai dalla cella, non parla né con gli agenti né con gli altri detenuti;
   come riferito dallo stesso Berardi nel corso di una telefonata, la cella di isolamento in cui egli è rinchiuso è di circa 2 metri e mezzo per 3, con una temperatura di oltre 40 gradi; la porta viene aperta solo una volta al giorno quando viene consegnato al detenuto un secchio di acqua;
   una sola volta al giorno viene fornito del cibo assolutamente scadente e insufficiente, ma per più volte egli è stato lasciato senza alcun pasto. La conseguenza è che il detenuto è dimagrito circa 15 chili. Berardi non è messo in condizione di curarsi dagli attacchi di malaria, di cui soffre, così come dagli attacchi di dissenteria;
   il 31 gennaio 2014 Berardi è stato percosso e frustato ed è riuscito a inviare le fotografie della sua schiena segnata scattate con quel cellulare clandestino. È riuscito inoltre ad inviare un video girato lunedì 3 febbraio in cui racconta delle violenze subite –:
   quali iniziative urgentissime il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri intendano assumere, attivando la rappresentanza diplomatica italiana in Camerun e, per il tramite dell'istituto della protezione diplomatica, le altre ambasciate europee presenti nella Guinea Equatoriale affinché a Roberto Berardi possa essere data effettiva assistenza diplomatica, legale e sanitaria.
(4-03570)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   presso il comune di Pescantina (Verona), è attiva fin dal 1987 la discarica di rifiuti solidi urbani di Ca’ Filissine, gestita dalla Daneco spa con sede in Milano;
   risulta che ad oggi non siano stati ancora definiti progetti di bonifica e messa in sicurezza permanente del sito di discarica di Ca’ Filissine;
   da un sopralluogo dell'8 febbraio 2014 del Movimento Ambiente e Vita è emerso che il livello di percolato è oramai arrivato a quota 32 metri, a fronte di un limite di legge di 2 metri, con conseguente rischio di tracimazione ed un evidente inquinamento della falda, in direzione della città di Verona. Anche se si continua ad estrarre percolato, data la pioggia incessante oramai da 10 giorni, essendoci dei buchi il percolato si sta alimentando con sprigionamento di odori insopportabili;
   rimangono le preoccupazioni in quanto il percolato dal 2011 viene estratto a singhiozzo;
   le gravi problematiche ambientali connesse alla discarica di Ca’ Filissine hanno, di fatto, scatenato la crisi comunale del maggio 2013, portando alle dimissioni del sindaco Alessandro Reggiani e al successivo commissariamento del comune attraverso la nomina della vice prefetto dottoressa Maria Machinè a commissario straordinario per la provvisoria gestione del comune con decreto del Presidente della Repubblica del 5 agosto 2013 ai sensi del dell'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   in data 23 gennaio 2014 sono stati arrestati i vertici della Daneco spa, la società che gestisce la discarica di Ca’ Filissine, proprio nel momento cruciale della presentazione pubblica delle linee guida per la bonifica e messa in sicurezza di Ca’ Filissine;
   in carcere sono finiti con l'accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione e attività finalizzata al traffico illecito di rifiuti, Francesco Colucci, presidente del consiglio di amministrazione della Daneco Impianti; Bernardino Filipponi, amministratore della stessa Daneco; Luigi Pelaggi, dirigente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e, all'epoca dei fatti contestati, capo della segreteria tecnica del Ministro Stefania Prestigiacomo. Oltre a questi, sono ai domiciliari Fausto Melli, membro del consiglio di amministrazione della Sogesid spa; Luciano Capobianco consiglio di amministrazione di Sogesid e Claudio Tedesi, consulente tecnico;
   l'indagine dei carabinieri ha evidenziato varie condotte illecite che vanno dalla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, alla corruzione, alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in ordine alla aggiudicazione dell'appalto per l'esecuzione dei lavori di bonifica del sito e allo smaltimento dei rifiuti in siti di proprietà, previa fraudolenta declassificazione degli stessi da pericolosi a non pericolosi, con l'ottenimento di ingiusti profitti, presso il sito di bonifica di interesse nazionale di Pioltello e Rodano;
   gli arresti dei vertici della Daneco gettano un'ombra inquietante sulla gestione della discarica di Ca’ Filissine. Si è di fronte all'ennesima dimostrazione di un sistema di malagestione che coinvolge molte discariche e centri di trattamento rifiuti in tutta Italia, da Nord a Sud;
   la situazione dal punto di vista ambientale sta certamente precipitando in una vera e propria emergenza sanitaria/ambientale;
   in data 2 dicembre 2013 da un sopralluogo organizzato dal Movimento Ambiente e Vita, è emersa una fuoriuscita d'aria in un consistente ristagno di percolato leggero;
   la zona interessata è sul fronte nord-ovest tra i lotti 7 e 8: dalle immagini del sopralluogo appare che la zona sia senza impermeabilizzazione. Il ribollire del percolato potrebbe essere sintomo di una perdita o fuoriuscita di biogas;
   nonostante tutte le soluzioni proposte compresa quella del commissario prefettizio straordinario del comune di Pescantina che prevede una bonifica del sito e una successiva immissione di rifiuti per parecchi anni, in modo tale da consentire il pagamento della bonifica e l'estrazione del percolato (con l'effetto che la discarica rimarrebbe aperta e il percolato continuerebbe comunque a formarsi), per cambiare direzione, occorre chiudere definitivamente il sito di Ca’ Filissine;
   inoltre se si dovesse fare un bilancio, anche economico, della presenza della discarica, il segno sarebbe sicuramente negativo. L'impianto continuerà, infatti, a produrre percolato per chissà quanti anni ancora e le spese per la sua asportazione finiranno per fagocitare i benefici e gli eventuali guadagni legati alla tariffa di conferimento;
   per attuare tale soluzione tecnica alternativa sarebbe necessario lo stanziamento da parte del Governo di un finanziamento di circa 30 milioni di euro per completare la discarica ed estrarre il percolato in via definitiva –:
   se il Ministro interrogato, anche per il tramite del commissario prefettizio, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga il Ministro interrogato di disporre al riguardo ogni verifica e attività ispettiva, anche da parte del personale appartenente al comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per constatare lo stato di inquinamento delle falde e delle acque nonché del suolo e del sottosuolo nelle zone adiacenti al sito di cui in premessa. (5-02138)


   PRODANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 25 maggio 2012 è stato sottoscritto a Trieste l'accordo di programma fra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia, la provincia di Trieste, i comuni di Muggia e Trieste, EZIT (l'Ente zona industriale di Trieste) e l'autorità portuale di Trieste per gli «Interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel sito di interesse nazionale (SIN) di Trieste»;
   l'obiettivo dell'accordo è quello di facilitare i soggetti responsabili e i soggetti interessati a operare la caratterizzazione, la messa in sicurezza e la bonifica dei suoli, delle falde, delle acque superficiali e delle aree marino-costiere del SIN, offrendo la possibilità di adottare procedure celeri con tempi certi di risposta, tenendo conto del diverso impatto esercitato sulle aree di rispettiva competenza;
   la copertura delle spese previste, contenuta nell'articolo 11 dell'accordo, prevede il ricorso a risorse pubbliche e private. Le prime sono quantificate in 13.432.000 euro e sono suddivise tra il «Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale» (10.832.000 euro) assegnate alla regione Friuli Venezia Giulia e il decreto d'impegno protocollo 8717/QdV/DI/G/SP del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (2.600.000 euro), mentre le seconde devono essere quantificate in fase di approvazione del piano di caratterizzazione generale unitario;
   l'articolo 12 del testo stabilisce che il soggetto responsabile dell'accordo è il direttore generale della direzione tutela delle risorse idriche e del territorio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o un suo delegato;
   ad oggi le procedure sembrano ferme alla sola caratterizzazione di alcune parti del SIN, peraltro su superfici di territorio ridotte, e quindi non sarebbe stata avviata nessuna opera di bonifica. Quest'inerzia delle autorità preposte è stata oggetto di un'interrogazione, la n. 4-00776, per la quale non è ancora pervenuta la risposta scritta del Governo;
   il 20 novembre 2013 sul quotidiano Il Piccolo di Trieste è stato pubblicato l'articolo «Bonifiche, ok le risorse all'Ezit» in cui Confindustria Trieste ha espresso soddisfazione per l'atto amministrativo regionale di affidamento che mette a disposizione dell'EZIT 7,3 milioni di euro per completare le caratterizzazioni necessarie alla valutazione dell'effettivo stato di inquinamento dell'area e all'avvio dei successivi interventi di messa in sicurezza e di bonifica;
   il 30 gennaio 2014 le istituzioni nazionali e locali competenti hanno sottoscritto a Roma, presso la sede del Ministero dello sviluppo economico, l'accordo quadro per la realizzazione degli interventi a seguito del riconoscimento dell'area industriale di Trieste quale «area di crisi industriale complessa». In quest'occasione si è manifestata solo la defezione dell'Autorità portuale di Trieste che non ha sottoscritto il testo chiedendo alcuni chiarimenti in relazione a possibili conflitti di competenze sulle aree demaniali marittime;
   la grave situazione industriale e occupazionale in cui versa la Ferriera di Servola – stabilimento del gruppo Lucchini dedito principalmente alla produzione di ghisa destinata ai settori metalmeccanico e siderurgico – ha spinto il Governo a includere Trieste tra le aree di crisi industriale complessa con il decreto legge n. 43 del 2013 sulle emergenze ambientali, superando la procedura di individuazione fissata dall'articolo 27 del decreto legge «sulla crescita» (n. 83 del 2012), resa operativa con il decreto attuativo del Mise dal 31 gennaio 2013;
   l'accordo del 30 gennaio 2014 è stato sottoscritto dopo l'entrata in vigore del decreto legge n. 145 del 2013, noto come «Destinazione Italia», che prevede la nomina a commissario straordinario del presidente della regione Debora Serracchiani, per l'esecuzione del documento all'epoca ancora non sottoscritto;
   il testo, richiamando in premessa l'accordo sulle bonifiche del 2012, riconosce come delimitazione geografica dell'area di crisi industriale complessa quella del perimetro dell'EZIT insieme alle aree demaniali in concessione alla società Servola spa. In pratica l'area coincide con quella del SIN;
   gli articoli 6, 7 e 8 del documento fanno un chiaro riferimento agli interventi di bonifica e messa in sicurezza del sito della Ferriera di Servola;
   l'articolo 6 riguarda il progetto integrato di messa in sicurezza e reindustrializzazione del sito della Ferriera, e stabilisce chiaramente che gli interventi relativi, definiti nell'accordo, sono a carico dell'aggiudicatario della procedura di evidenza pubblica necessaria per il passaggio di proprietà;
   l'articolo 7 segue la stessa linea del precedente per definire il programma degli interventi di messa in sicurezza a carico del soggetto interessato non responsabile della contaminazione per l'immediata fruizione dell'area;
   l'articolo 8, poi, al comma 3, prevede il cofinanziamento per la cifra complessiva di 41 milioni e 500 mila euro a valere del fondo per lo sviluppo e la coesione;
   a parte il richiamo nella premessa, non risulta in nessuna parte del testo il legame con l'accordo di programma del 2012 relativo alla bonifica del SIN di Trieste;
   questa confusione, legata alla nomina del commissario straordinario, si aggiunge a una serie di decisioni ed atti normativi che, invece di semplificare procedure e contenuti, sembrano rendere ancora più confusionaria la gestione delle distinte emergenze – industriale e ambientale – che coinvolgono la Ferriera sovrapponendosi, incrociandosi e legandosi tra loro indissolubilmente –:
   se sia ancora valido l'accordo di programma sottoscritto dalle istituzioni nazionali e locali il 25 maggio 2012 per la bonifica del SIN di Trieste;
   se siano stati avviati e, nel caso, a che punto siano i lavori per la bonifica del sito;
   come siano stati impiegati i finanziamenti pubblici previsti, stimati in circa 13 milioni e mezzo di euro. (5-02142)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il World Water Forum definisce, già dal 2000, i contratti di fiume come forme di accordo che permettono di «adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale». Era già allora acquisita la consapevolezza che un traguardo di un simile obiettivo richiede uno sforzo di natura non solo istituzionale, ma anzitutto culturale, affinché le acque, non solo i fiumi ma anche gli ambienti acquatici e, più in generale, i territori dei bacini possano essere percepiti e governati come «paesaggi di vita»;
   questo approccio culturale trova riscontro sia nelle politiche del Parlamento europeo delle risorse idriche, che, in campo internazionale, nell'attività delle Nazioni Unite. Queste ultime eleggono infatti il bacino idrografico quale unità di riferimento per le politiche di sostegno alla biodiversità. I contratti di fiume, infatti, fanno propri i principi comunitari di partecipazione democratica alle decisioni, che costituiscono l'asse portante del recente Trattato di Lisbona;
   i contratti di fiume possono essere identificati come processi di programmazione negoziata e partecipata volti al contenimento del degrado eco-paesaggistico e alla riqualificazione dei territori dei bacini idrografici;
   in un sistema di governance multilivello i contratti di fiume si configurano come processi continui di negoziazione tra pubbliche amministrazioni e soggetti privati coinvolti a diversi livelli territoriali;
   per quanto riguarda il fiume Tevere molte città Umbre (Città di Castello, Umbertide, Todi, Marsciano, Perugia e altre) hanno nel tempo manifestato interesse ad avviare un percorso legato ad un contratto di fiume che mettesse in sinergia molte città e le regioni interessate (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio);
   alla luce dei recenti avvenimenti alluvionali lo strumento del «contratto di fiume» sarebbe utile a ragionare della riqualificazione del bacino fluviale del Tevere e dei suoi affluenti/torrenti;
   va ritenuta prioritaria una governance del territorio attenta al consumo del suolo (non ultimo ricordo l'appello del prefetto Gabrielli ad evitare per dieci anni nuovi insediamenti e costruzioni) anche in relazione agli eventi che continuamente si verificano sul territorio a seguito di calamità atmosferiche (movimenti franosi, allagamenti e altro);
   appare prioritario investire le poche risorse a disposizione per il contrasto al dissesto idrogeologico come definito da apposite mozioni approvate nei due rami del Parlamento –:
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda predisporre un piano adeguato per il contrasto del dissesto idrogeologico nel nostro Paese, anche in considerazione di quanto affermato recentemente dal capo della Protezione civile italiana;
   se lo strumento del contratto di fiume possa essere utilizzato per favorire una governance multilivello (Stato, regioni, comuni e cittadini) anche in relazione alla predisposizione del piano sopraindicato;
   se per quanto riguarda il fiume Tevere si possa, cogliendo le disponibilità istituzionali manifestate nel corso del tempo, iniziare un percorso che veda associazioni, comuni e regioni protagoniste creando un apposito tavolo di discussione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. (4-03559)


   REALACCI e GADDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come più volte ricordato, secondo i dati dell'ultimo Rapporto ecomafie di Legambiente, il giro illegale di rifiuti in Italia è di almeno 4,1 miliardi di euro l'anno di cui 3,1 derivano da rifiuti speciali e un miliardo dagli appalti della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa; le inchieste per traffico organizzato di rifiuti ex articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono ad oggi oltre 253, con 1.367 ordinanze di custodia cautelari, oltre 4.000 denunce e 698 aziende coinvolte;
   il SISTRI, ovvero Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nasce con l'idea di attuare una semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e pericolosi). Il SISTRI dovrebbe avere il duplice obiettivo di semplificare l'iter di certificazione e tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del settore, ma nella realtà – tra rinvii, stop e modifiche alla normativa il SISTRI non hai mai centrato le aspettative;
   il predetto sistema si basa sull'utilizzo di due apparecchiature elettroniche: una cosiddetta black box, ovvero un transponder, da montare sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti per tracciarne i movimenti e un token usb da 4 gigabyte equipaggiata con un software per autenticazione forte e firma elettronica che viaggia assieme ai rifiuti, su cui sono salvati tutti i dati ad essi relativi; sono obbligati ad aderire a tale sistema di tracciabilità: tutti i produttori iniziali di rifiuti pericolosi; tutti i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, da trattamenti effettuati sulle acque, da trattamento di rifiuti e costituiti da fanghi da abbattimento delle emissioni in atmosfera con più di 10 dipendenti; tutti i trasportatori di rifiuti speciali prodotti da terzi; i trasportatori di propri rifiuti speciali pericolosi; i gestori di impianti di recupero e smaltimento, gli intermediari e i commercianti di rifiuti senza detenzione degli stessi; i comuni e gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania;
   l'avvio del sopraddetto SISTRI è stato infatti più volte rinviato e poi sospeso fino al 30 giugno 2013 per motivi di ordine tecnico, legale e gestionale, per poi andare in vigore dal 1o ottobre 2013 solo per chi tratta rifiuti pericolosi. Per i produttori di rifiuti, comuni e imprese campane la partenza prevista è il 3 marzo 2014. Per questa serie di piccoli artigiani il SISTRI viaggerà in parallelo ai classici adempimenti cartacei costituiti da registri di carico/scarico e formulario di trasporto rifiuti fino al 1° agosto 2014, dopo di che il tracciamento telematico diventerà esclusivo. Mentre per il via al terzo scaglione, costituito da operatori del trasporto intermodale e dagli altri gestori di rifiuti urbani bisognerà attendere l'adozione degli specifici decreti ministeriali;
   l'obbligo di SISTRI varrà perciò anche per diverse categorie di piccoli artigiani al pari degli altri produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi già obbligati ad utilizzare il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti pericolosi. Si tratta di carrozzieri, elettrauto, parrucchieri, orafi se utilizzano acidi, tintorie, lavanderie, impiantisti, fabbri e falegnami che effettuano anche verniciature, odontotecnici, metalmeccanici, autofficine, tipografie, estetiste;
   i ripetuti appelli da parte delle associazioni di rappresentanza imprenditoriale volti a modificare la necessità di dotarsi di apparecchiature elettroniche – sul cui numero si basa il corrispettivo riconosciuto al concessionario dal contratto di servizio – non sono stati adeguatamente considerati, nonostante la fattibilità tecnica di semplici modifiche di sistema ad esempio collegamento in remoto, uso di password e altro; 
   le associazioni di categorie imprenditoriali interessate lamentano il fatto che dalla penultima data di entrata in operatività (quindi dal giugno 2012 al marzo 2014) nulla è stato fatto in termini di diffusione delle apparecchiature, riallineamento del funzionamento delle stesse, approntamento della formazione degli operatori. Il Sistri presenta pertanto gli stessi deficit strutturali e conoscitivi che suscitarono tanto allarme nel maggio 2011 quando, con il famoso click day si appalesò l'impreparazione dell'apparato di assistenza e l'approssimazione dell'intero sistema;
   dal 1° ottobre 2013 l'entrata in vigore del Sistri ha comportato pesanti rallentamenti nel lavoro di gestori e trasportatori, nella peggiore, un vero e proprio blocco delle attività. Tale situazione, oltre a ripercuotersi sull'attività delle imprese, rischia soprattutto di favorire la gestione illegale dei rifiuti, come dimostra il calo dei quantitativi di rifiuti raccolti già riscontrato a seguito dell'operatività di ottobre: nell'ultimo trimestre del 2013 i dati sulla raccolta dei rifiuti mostrano un calo di circa il 20/25 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
   le rilevazioni effettuate nella filiera dalle maggiori associazioni di categoria, dopo la partenza del SISTRI, il 1o ottobre indicano che i tempi per tracciare i rifiuti sono aumentati, rispetto al sistema cartaceo, del 1500 per cento cui corrispondono costi 20 volte superiori;
   nella risposta dello scorso 17 settembre 2013 all'interrogazione n. 5/00913 presentata dall'interrogante il Ministro dell'Ambiente Andrea Orlando precisava: «In particolare, attraverso una normativa secondaria, verranno individuate ulteriori semplificazioni tese a razionalizzare il sistema di tracciabilità per la gestione e la movimentazione dei rifiuti in modo da renderlo semplice, efficace e trasparente e senza sovraccarichi organizzativi da parte delle aziende, anche al fine di eliminare gli strumenti più contestati dagli utenti, vale a dire la cosiddetta black box e la chiavetta USB. La semplificazione si pone anche in una prospettiva di progressiva riduzione dei costi a carico degli utenti, e di aumento dei servizi ad essi offerti, anche mediante la possibilità che la piattaforma informatica del Sistri confluisca in un sistema informativo più ampio a servizio della pubblica amministrazione. Nella consapevolezza che un sistema informatico non è mai perfetto ab initio, ma senz'altro perfettibile alla luce della sua applicazione pratica, non solo è stata prevista una prima semplificazione in fase transitoria, ma dopo questa sono previste semplificazioni periodiche, previa consultazione degli utenti, al fine di adeguare il sistema all'evoluzione tecnologica e alle esigenze via via manifestate dagli utenti, con una logica di work in progress (...) Una particolare attenzione è stata posta al sistema sanzionatorio in fase di prima applicazione del Sistri, al fine di attenuare gli effetti derivanti dall'operatività di un nuovo sistema da parte degli operatori, prevedendo una soglia di tre violazioni consentite oltre la quale verrà applicata la sanzione stessa. Alla luce delle osservazioni già pervenute da parte delle associazioni, vi è la disponibilità del Ministro dell'ambiente a ampliare ulteriormente, in sede di emendamenti al decreto-legge, la soglia di non punibilità, purché si tratti di illeciti colposi, mentre non possono consentirsi deroghe alla punibilità di illeciti dolosi (quale ad esempio la consapevole e voluta non iscrizione al Sistema)»;
   la motivazione con la quale i Ministri interrogati continuano a giustificare l'ineluttabilità del Sistri è quella del danno erariale per violazione del contratto con Selex Spa, che si determinerebbe qualora il Sistri venisse superato a favore di un sistema più agile per le imprese operatrici. Tale condizione non soleva le importanti responsabilità del decisore pubblico sui costi e le difficoltà del sistema verso le imprese obbligate all'adesione al Sistri –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano valutare una rapida iniziativa normativa per il superamento del Sistri sostituendolo con nuovi criteri da affidare poi a normativa secondaria e pur mantenendo, nel frattempo, il sistema esistente, se non ritengano utile intervenire da subito affinché si garantisca maggiore efficacia del Sistri, data anche l'urgenza di dare una soluzione efficace al problema del contrasto allo smaltimento illegale di rifiuti;
   se non ritengano utile censire e integrare i vari sistemi già esistenti al livello regionale;
   se essi intendano poi adottare per il nuovo sistema di tracciabilità informatizzata gli indirizzi indicati unanimemente dalle 31 organizzazioni delle imprese interessate e se non sia altresì utile che nella progettazione, sperimentazione e miglioramento del nuovo sistema siano coinvolte le organizzazioni delle imprese e ugualmente che si prevedano misure di semplificazione, per determinate categorie, sulla base della individuazione di esigenze obiettive di tutela ambientale;
   se i Ministri interrogati non ritengano più utile che il nuovo sistema di tracciabilità entri completamente in funzione solo dopo essere stato efficacemente collaudato. (4-03564)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è di pochi giorni fa la notizia che la compagnia petrolifera Eni spa avrebbe avviato la procedura autorizzativa per iniziare le trivellazioni nel Vallo di Diano, nel cuore dell'Appennino lucano, un territorio ricco di acqua e di risorse paesaggistiche;
   in particolare, il progetto presentato dalla Eni prevede la realizzazione di un pozzo «Pergola 1», situato nel comune di Marsico Nuovo (Potenza) e un oleodotto di circa nove chilometri che interesserebbe un'area in cui sono presenti le più importanti sorgenti perenni che portano acqua in Campania, nonché in prossimità dell'area Sic Monti della Maddalena e sulla faglia sismica «Pergola-Melandro»;
   si tratta dell'ennesima caccia al petrolio che sta fortemente minacciando questo territorio, posto che già due anni fa i sindaci dei comuni coinvolti si erano schierati contro la Shell che aveva presentato una richiesta in regione Campania per effettuare studi e carotaggi nella zona Monte Cavallo e meno di un anno fa, nell'aprile 2013, erano tornati ad occuparsi della vicenda per impedire alla Apennine Energy di ottenere il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma nel territorio del Vallo di Diano e nella vicina regione Basilicata;
   cambia lo scenario ma non le preoccupazioni: l'area interessata dalla procedura, infatti, oltre a far parte del parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, si caratterizza anche per la diffusa presenza di siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale (aree SIC e ZPS), nonché di riconoscimenti UNESCO;
   le politiche comunitarie, nazionali e regionali in detto territorio sono state sempre orientate alla valorizzazione del turismo e delle risorse naturali, culturali, agricole ed artigianali, a sostegno, quindi, del cosiddetto sviluppo eco-compatibile;
   nonostante le scelte fatte da questa terra vadano, pertanto, nella direzione opposta alle estrazioni e allo sfruttamento delle risorse ambientali, l'incubo delle trivellazioni petrolifere, che due anni fa, come nel 2013, sembrava essere stato scongiurato, è tornato purtroppo a incombere nell'area tra Campania e Basilicata, ancora una volta oggetto di interessi privati legati alle attività di estrazione di idrocarburi;
   anche in questa occasione le amministrazioni degli otto comuni coinvolti (Atena Lucana, Montesano Sulla Marcellana, Padula, Polla, Sala Consilina, Sant'Arsenio e Teggiano) si sono schierate con fermezza contro la richiesta di autorizzazione avanzata da Eni;
   particolare preoccupazione desta la vicenda, posto che si tratta di una zona ad alto rischio sismico, idrogeologico e che coinvolge molti comuni al confine con il parco naturale del Cilento;
   ad allarmare i cittadini e le amministrazioni locali sarebbe, in particolar modo, il rischio che la regione, in grave difficoltà economica, possa cedere alla richiesta della compagnia petrolifera e concedere il permesso alle esplorazioni;
   sul punto è intervenuto persino il Wall Street Journal secondo il quale «il governo italiano, anche con l'intento di superare la difficile situazione economica, sta cercando di facilitare in Basilicata la strada alle trivellazioni delle principali compagnie petrolifere. Offrendo alle amministrazioni regionali e locali maggiori guadagni, il governo spera di superare l'opposizione che ha ostacolato le operazioni di trivellazione. L'obiettivo è di duplicare la produzione annuale di petrolio del Paese e tagliare i costi di importazione di energia di circa un quarto entro il 2020»;
   a parere dell'interrogante i rischi ambientali e le conseguenze per la popolazione sarebbero troppo elevati per poter consentire ricerche petrolifere e non ci sarebbe, peraltro, alcun guadagno reale, né immediato, né futuro per l'area che, al contrario, vedrebbe aumentare i volumi di traffico dovuti all'attraversamento di mezzi pesanti e crescere l'inquinamento nel suo complesso, con notevoli ripercussioni sullo sviluppo ecocompatibile avviato;
   appare oltremodo necessario scongiurare questo ennesimo scempio che potrà segnare la definitiva distruzione del territorio interessato e, in particolare, del Vallo di Diano –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se siano già state concesse le autorizzazioni alla Eni per il progetto e, in caso negativo, se non intendano sospendere ogni procedura in essere convocando urgentemente un tavolo tecnico a cui siano invitati tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, tenuto conto altresì della volontà chiaramente e fortemente espressa dai rappresentanti istituzionali del Vallo di Diano contro qualsiasi ipotesi di ricerca petrolifera, a salvaguardia dell'interesse primario e collettivo di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. (4-03567)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 8 novembre 1951 alle ore 18:10, sul pendio boscoso alla destra idrografica del torrente Cosia, nel comune di Tavernerio, a monte della parte più alta del paese, a causa della pioggia torrenziale che perdurava da più di un mese, si è verificato un movimento di versante ascrivibile alla tipologia degli scivolamenti; il corpo di frana, scivolato sulle sottostanti rocce di calcare e maiolica, era costituito prevalentemente da materiale incoerente argilloso, da numerosi tronchi d'albero e dai resti di due cascine trascinate a valle;
   il fenomeno ha provocato l'ostruzione a forma di diga del letto del torrente Cosia, formando un lago a monte dello sbarramento; la pressione dell'acqua ha sfondato quindi la diga naturale generando, come in una sorta di reazione a catena, un secondo distinto fenomeno di dissesto idrogeologico, investendo con violenza la sponda alla destra del torrente, creando danni alle strutture e distruggendo completamente le case poste sulla riva dell'ansa;
   il materiale alluvionale ha ostruito l'arcata del ponte di via Vittorio Veneto, costringendo così il fango a fuoriuscire dagli argini ed invadere le strade di Tavernerio, sulle quali si è depositato uno strato di argilla dello spessore di oltre un metro;
   gli abitanti sono stati colti a sorpresa in quanto il rumore della pioggia torrenziale, unitamente al fragore del torrente in piena, ha coperto il rombo della frana; la rapidità della successione degli eventi non ha consentito a nessuno di rendersi pienamente conto di ciò che stava accadendo;
   l'elenco dei danni subiti dal paese di Tavernerio comprende sedici morti, dodici famiglie sinistrate, tre case completamente distrutte, quattro case con danni ingenti, la distruzione di due serbatoi dell'acquedotto, il danneggiamento delle condotte e la sospensione della fornitura di acqua, la distruzione di una strada boschiva, il danneggiamento del ponte di via Vittorio Veneto;
   alla fase di emergenza è stato fatto fronte con 32 uomini del distretto militare di Como, un totale di 600 ore di lavoro e grazie anche alla collaborazione di pompieri, vigili urbani e volontari accorsi dai paesi limitrofi;
   il Governo pro tempore ha finanziato i lavori di risistemazione del pendio attraverso la creazione di un sistema drenaggio, l'escavazione di un canale di guardia a fondo impermeabile a monte dell'area interessata, lo scoronamento della zona superiore della frana che appariva instabile ed interessata da crepe, il riporto del materiale scavato a valle per riempire le concavità ed addolcire il pendio, il terrazzamento di parte del corpo di frana per rompere la pendenza del detrito, la messa a dimora di alberi di Pinus sylvestris che avrebbero trattenuto il suolo con le loro profonde radici, lo spargimento di semi di specie erbacee per evitare l'erosione superficiale;
   il comune ha provveduto alla costruzione di case popolari per gli alluvionati e alla riparazione dell'acquedotto e il genio civile ha progettato la ricostruzione della strada di montagna franata;
   con finanziamenti regionali rientranti negli interventi a favore dell'agricoltura in montagna (legge regionale 7/2000), nel periodo 2002/2003, è stato svolto un lavoro di manutenzione straordinaria sulle opere di drenaggio presenti nel corpo di frana risagomato in terrazzamenti ed è stato inoltre ripulito il sottobosco circostante al fine di migliorare l'accessibilità dell'area per la manutenzione;
   con ordinanza del commissario straordinario n. 943 del 2006, e con risorse a carico dei proprietari dei terreni, è stato attuato un importante intervento di alleggerimento del bosco sviluppatosi sul versante interessato dalla frana, per evitare che alberi di grosse dimensioni, sbilanciati, e quindi in precarie condizioni di stabilità, potessero formare vaste nicchie di distacco nel terreno e innescato nuovi processi di erosione sul versante;
   ultimamente, a causa dell'evoluzione dell'andamento climatico alle medie latitudini e l'intensificazione dei fenomeni atmosferici che provocano sempre con maggiore frequenza precipitazioni di forte intensità, turbolenze e venti eccezionali, di grande impatto su versanti, boschi e corsi d'acqua, il paese di Tavernerio attraversa un nuovo periodo di allarme da rischio frana;
   occorrono interventi urgenti di prevenzione per evitare un ulteriore evento catastrofico;
   occorre provvedere alla manutenzione straordinaria della briglia facente parte del reticolo idrico principale, a monte del paese, realizzata dalle autorità di bacino oltre cinquant'anni fa con l'obiettivo di smorzare la corrente durante i fenomeni di piena del Torrente Cosia e limitare l'erosione delle sponde nel tratto dove si verificarono i dissesti del 1951, che ora risulta completamente satura di detriti;
   occorre una pulizia dell'alveo del torrente Cosia con la rimozione dalla vegetazione spontanea di ripa che colonizza il greto, al fine di evitare il pericoloso accumulo di materiali nel letto del corso d'acqua;
   occorre una verifica per la manutenzione straordinaria dello stato dei manufatti a difesa delle sponde e dell'alveo;
   sarebbe inoltre opportuno un sistema di incentivazione alla manutenzione dei boschi di latifoglie di proprietà privata, che in alcune zone vertono in cattive condizioni a causa sia della diffusione del cinipede del castagno sia della scarsa o inesistente gestione del bosco;
   la situazione è diventata maggiormente critica a seguito delle particolari condizioni meteorologiche dei primi di ottobre 2013, che hanno provocato l'abbattimento di molti alberi e creato molte nicchie di distacco a seguito del movimento delle ceppaie, con pericolo di innesco di successivi fenomeni di erosione o di dissesti più importanti –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze in materia di difesa del suolo, non ritenga di intervenire per focalizzare le possibili azioni preventive da attuare, per affrontare correttamente le recenti problematiche da rischio idrogeologico emerse nel comune di Tavernerio ed evitare l'aggravarsi della situazione in futuro e il ripetersi di un disastro come quello del 1951. (4-03571)


   DAGA, BARONI, VIGNAROLI, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   presso Cecchina, nella zona Roncigliano, è localizzato un impianto di Trattamento meccanico biologico (TMB) e la relativa discarica di Roncigliano-Albano Laziale, che sta creando presso le popolazioni un grave allarme sociale connesso al rischio sanitario ed ambientale relativo ad un possibile grave danno ambientale;
   come noto, grazie al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 9 gennaio 2013, veniva permesso il trattamento del rifiuto indifferenziato di Roma, Fiumicino, Ciampino e Città del Vaticano nelle discariche della Regione Lazio per il solo trattamento nei relativi impianti TMB, (tra cui l'impianto di Cecchina) con l'impegno che tutti i rifiuti interrati in discarica sarebbero stati, dopo il trattamento nei locali impianti TMB, reinoltrati per intero al soggetto conferente, contestualmente chiarendo all'articolo 2, comma 1-bis, che le discariche di servizio di cui agli impianti di trattamento non fossero ricomprese;
   tuttavia, il prefetto Goffredo Sottile, nominato il 3 gennaio 2013 Commissario straordinario dell'emergenza rifiuti nella Provincia di Roma, con nota 10 ottobre 2013 prot. n. 807/2013/U C.C.R.U. scriveva al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ammettendo che: «... gli impianti di Albano e Viterbo invece dal 1o ottobre stanno conferendo i propri scarti nelle rispettive discariche di servizio, superando, di fatto, gli accordi assunti con le amministrazioni locali e quanto riportato nel decreto ministeriale Ambiente del 9 gennaio 2013. È comunque possibile proseguire in emergenza e per un breve ulteriore periodo con la disponibilità delle Amministrazioni locali al conferimento degli scarti in suddette discariche... si tratta, in modo particolare, con gli attuali conferimenti di AMA... di circa 75 ton/giorno di scarti prodotti dall'impianto TMB di Albano...»;
   a tale illegittimo grave sovraccarico di rifiuti nel sito di Cecchina, reso possibile alle inadempienze di cui sopra, devono essere considerate le circostanze emerse nel corso delle indagini nei confronti della Pontina Ambiente srl, società che gestisce la discarica di Cecchina riportate nell'ordinanza del G.I.P. di Roma Massimo Battistini, (R.G.N.R. n. 7449/2008 e R.G. GIP n. 13928/2008) laddove si ipotizza, tra le altre cose: «Il profitto illecito complessivo (cfr, della società Pontina Ambiente nei confronti di dieci amministrazioni comunali) risulta in conclusione, alla data del 31 agosto 2012, pari ad euro 10.900.910, [...] ... traffico di rifiuti... truffa aggravata... frode in pubbliche forniture (cfr pag. 96 di 410 dell'ordinanza suddetta) ma anche “reati ambientali” ...commessi mediante sistematico smaltimento del CDR (in percentuali non verificabili) in discarica, operazione non consentita in quanto quest'ultimo è un rifiuto speciale per il cui smaltimento in discarica la società non era autorizzata ...le indagini velletrane, danno conto anche di anomalie riscontrate nella gestione del TMB ...»;
   l'attività di indagine portata avanti dalle procure di Velletri e Roma e dal N.O.E., ed ora accolta dal giudice per le indagini preliminari Massimo Battistini, ha acclarato, dunque, che la società Pontina Ambiente avrebbe compiuto gravi reati ambientali ai danni dei cittadini e delle cittadine che vivono nei comuni limitrofi alla discarica di Roncigliano (Cecchina di Albano Laziale), determinando, così, gravi rischi per la salute umana e per l'ambiente. Tale ipotesi diviene ancora più reale e credibile, scorrendo il recentissimo rapporto Eras della regione Lazio che dimostra come nella zona in oggetto, nei pressi della discarica per rifiuti indifferenziati di Cecchina di Albano Laziale, vi siano incidenze tumorali, di mortalità e ricoveri decisamente superiori all'atteso;
   anche sotto il profilo delle emissioni odorigene, l'azienda Usl Rm-H, con due distinti verbali, pochi mesi or sono, ha segnalato e verbalizzato, su richiesta di autorità di pubblica sicurezza e cittadini che: «il personale SISP, giunto sul posto, alle ore 23,40, nel verbale d'ispezione indicava di aver percepito odori acri, forti e pungenti, provenienti dalla discarica ed apprezzabili nell'area prospiciente, fronte via Ardeatina, in territorio di Ardea... per quanto sopra, si chiede agli Enti in indirizzo, competenti in materia ambientale, di effettuare con urgenza le opportune verifiche sull'impianto, nonché di disporre provvedimenti consequenziali al fine di prevenire il ripetersi di simili inconvenienti igienico-sanitari, a tutela della salute della popolazione...» –:
   se in considerazione del fatto che le contaminazioni ambientali si sono svolte anche e soprattutto durante il periodo di commissariamento, il Ministro interrogato sia informato dei fatti e delle gravi omissioni occorse in costanza di commissariamento, all'uopo riferendo, se del caso, quali iniziative abbia assunto;
   se in considerazione del fatto che il lavoro di indagine degli inquirenti si sia concentrato entro e non oltre la data del 31 agosto 2012 e che il rischio che tali attività illecite, di carattere ambientale, siano proseguite anche successivamente al 1o settembre 2012, non ritenga di disporre al riguardo ogni indagine e attività ispettiva, anche da parte del personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), ai sensi dell'articolo 97, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per verificare lo stato di inquinamento delle acque, del suolo e dell'atmosfera sulle zone adiacenti al sito in oggetto interessato ai conferimenti di cui in premessa. (4-03575)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale Governo si è recentemente espresso con due iniziative legislative mirate a migliorare e rafforzare il ruolo e l'operatività di Arcus Spa, una società che opera per il sostegno degli investimenti in beni culturali e che è vigilata e indirizzata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   i due provvedimenti sono i seguenti: abrogazione della messa in liquidazione della società (articolo 39, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98) e conseguente ritorno di Arcus Spa alla piena operatività; ripristino del circuito finanziario che consente di trasferire alla società i fondi da investire annualmente in interventi sui beni culturali (articolo 1, commi 105-106, della legge di stabilità 2014 ossia la legge 27 dicembre 2013, n. 147);
   i due provvedimenti normativi mettono a disposizione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo uno strumento finanziario, la società Arcus Spa, pienamente funzionante ed essenziale in un momento, come quello attuale, di generalizzate difficoltà economico-finanziarie per la tutela del patrimonio culturale nazionale;
   a seguito del ripristino del citato circuito finanziario, i fondi che Arcus potrà utilizzare per investimenti in beni culturali nel 2014 sono cospicui e immediatamente identificabili;
   le norme sopra ricordate prevedono una serie di adempimenti, quali: revisione del Regolamento operativo di Arcus Spa, attraverso l'adozione di un decreto di iniziativa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze; predisposizione di un atto di indirizzo da sottoporre al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da adottarsi con decreto interministeriale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; predisposizione di un programma di interventi in favore dei beni culturali, che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze – porterà all'attenzione del CIPE per l'assegnazione delle risorse;
   si ricordano, inoltre, gli ordini del giorno approvati con la legge di stabilità, che indicano, per l'utilizzo di parte della dotazione finanziaria che sarà gestita attraverso Arcus, una serie di priorità tra cui l'impiego di caserme dismesse per trasformarle in archivi. Nell'ambito di tale iniziativa la società potrebbe svolgere un ruolo di coordinamento interistituzionale;
   in ultimo, ma non di minore importanza, risulta ancora non ricostituita la governance della Società, da tempo ormai scaduta –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di fornire lo stato di aggiornamento delle varie procedure necessarie a mettere la Società Arcus Spa in condizione di operare a regime e a fornire gli adeguati indirizzi, essenziali per avviare un programma strategico di attività a sostegno della cultura. (4-03556)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   FAUTTILLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il faro dell'isola di Ponza, sulla base dei risultati conseguiti nell'ambito della campagna 2012 «I luoghi del cuore» è stato inserito fra i diciannove beni che il FAI – Fondo Ambiente italiano – ha scelto come bene da salvaguardare e da tutelare per Calore storico-culturale e paesaggistico;
   in data 30 ottobre 2013 ed in data 20 novembre 2013, a rettifica ed integrazione della prima istanza, il comune di Ponza ha inoltrato all'Agenzia del demanio, una richiesta di trasferimento a titolo non oneroso del fabbricato del faro costituito da n. 4 appartamenti (due per piano) ed altri locali compreso un giardino di circa 120 metriquadri a norma dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98);
   nella richiesta il comune ha indicato come finalità la seguente opzione:
   «Bene da valorizzare in ottica di mercato ai fini della messa a reddito o dell'alienazione, anche mediante il conferimento ai fondi immobiliari, nell'interesse diretto od indiretto della collettività»;
   il bene è assegnato formalmente in uso governativo al Ministero della difesa. Pertanto l'Agenzia del demanio, in data 22 novembre 2013, ha infondato della richiesta il Ministero della difesa, specificatamente la direzione generale dei lavori e del demanio, chiedendo di confermare, entro il termine perentorio di trenta giorni, la necessità del bene per le funzioni di difesa e per le esigenze istituzionali;
   l'Agenzia del demanio precisava che il mancato riscontro entro il termine indicato avrebbe costituito mancato interesse al mantenimento in uso dell'immobile e, di conseguenza, presupposto per i successivi adempimenti in materia di federalismo demaniale;
   l'Agenzia del demanio chiedeva, in particolare, di specificare, nell'ipotesi in cui il bene non fosse concretamente utilizzato ma fosse comunque necessario alle esigenze governative, la tempistica entro la quale se ne prevedeva l'utilizzo e, nel caso in cui l'immobile necessitasse di interventi edilizi, la conferma della disponibilità di risorse adeguate a finanziare i lavori e la tempistica prevista per l'esecuzione degli interventi;
   alla richiesta dell'Agenzia del demanio, il Ministero della difesa ha risposto, in data 20 dicembre 2013, in maniera sintetica confermando che «i beni in parola risultano necessari per lo svolgimento di attività istituzionali dell'A.D» –:
   se non ritenga che tale decisione contrasti con quanto disposto dal decreto direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8 settembre 2010 che aveva individuato, al fine del trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato alcuni immobili in uso all'Amministrazione Difesa da assoggettare a procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione previste dall'articolo 14-bis – comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 che aveva inserito il faro tra i beni alienabili con la seguente annotazione «presenza di funzioni da riallocare».
(3-00639)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Bagnolifutura spa è una società di trasformazione urbana (STU) nata il 24 aprile 2002 per iniziativa del comune di Napoli che ha l'obiettivo di realizzare gli interventi di trasformazione urbana previsti dal PUE Bagnoli-Coroglio;
   gli azionisti della STU sono il comune di Napoli (che detiene il 90 per cento delle quote), la regione Campania (che ne detiene il 7,5 per cento) e la provincia di Napoli (con il 2,5 per cento delle quote);
   mission di Bagnolifutura è l'acquisizione e la bonifica dell'area ex Italsider di Bagnoli, a Napoli, nonché la progettazione e la realizzazione di interventi di trasformazione in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti;
   tra questi interventi, vi è quello di bonifica del territorio di Bagnoli;
   la STU può svolgere direttamente o indirettamente attività di promozione dello sviluppo dell'occupazione dell'intera area occidentale di Napoli;
   la Bagnolifutura spa ha maturato un debito di 59 milioni di euro nei confronti di Fintecna Finanziaria per i settori industriale e dei servizi spa, società finanziaria italiana controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti spa, a sua volta controllata con una partecipazione del 70 per cento dal Ministero, mentre il restante 30 per cento è posseduto da un nutrito gruppo di Fondazioni di origine bancaria;
   il debito verso Fintecna risale a dodici anni fa, quando il comune di Napoli rilevò i terreni da Cimimontubi e Mededil (poi passati alla società della Cassa depositi e prestiti) per annetterli alla Bagnolifutura come aree su cui operare;
   poiché la STU non possiede tale disponibilità economica, la Fintecna ha presentato al tribunale di Napoli l'istanza per la dichiarazione di fallimento;
   quello nei confronti di Fintecna non è l'unico debito accumulato negli anni da Bagnolifutura, e la situazione economica della STU è andata progressivamente peggiorando, anche a causa delle difficoltà incontrate nel tentativo di vendere i terreni, con ben tre gare andate deserte;
   era stato negli scorsi mesi riformulato un accordo transattivo con i creditori, con la previsione di una moratoria fino a luglio 2014, ma dalla Fintecna affermano che l'accordo, teso a riscadenzare il debito, prevedeva la cessione di un credito d'Iva e ammetteva Fintecna pro quota alla vendita delle aree, e che lo stesso atto prevedeva che se fosse saltato uno degli impegni assunti, si sarebbe azzerato totalmente;
   dato che la vendita delle aree non s’è più realizzata, l'accordo è dunque venuto meno;
   il 3 dicembre 2013 il sindaco di Napoli aveva firmato un'ordinanza con cui ordinava a Fintecna di presentare entro 30 giorni un progetto per la rimozione integrale della colmata ai fini della messa in sicurezza dell'arenile di Bagnoli, ma Fintecna aveva osservato di non considerarsi tenuta allo smaltimento della colmata, avendo consegnato i suoli sin dal 2003 all'autorità portuale;
   per queste ragioni Fintecna ha presentato ricorso al TAR Campania per chiedere la sospensiva dell'ordinanza, ma la sua domanda è stata rigettata;
   nell'aprile del 2013 l'intera area era stata messa sotto sequestro nel corso di un'inchiesta che vede 21 persone indagate con l'accusa di aver bonificato troppo poco e male;
   il 9 dicembre 2013 il tribunale di Napoli ha disposto il dissequestro della Porta del Parco, che però resta tuttora chiusa;
   per ricapitalizzare la società servirebbero entro il 13 febbraio 2014 tra i 10 ed i 12 milioni;
   il comune, in stato di predissesto, non può provvedere, mentre regione e provincia sembrerebbero in grado di agire, ma il presidente della regione ha già comunicato che la regione Campania non parteciperà a eventuali ricapitalizzazioni e sarà anche assente alla assemblea dei soci del 13 febbraio;
   peraltro la provincia di Napoli e la regione Campania stanno dismettendo le quote in loro possesso;
   la liquidazione potrebbe iniziare con la formula di liquidazione in continuità, con un liquidatore che verifichi se ci sono crediti esigibili o patrimonio da dismettere;
   laddove tale operazione dovesse fallire, arriverebbe il curatore fallimentare;
   la scelta di insediare un liquidatore in continuità potrebbe essere una mossa per prendere tempo e risolvere nel frattempo la situazione concernente i 53 dipendenti, già in contratto di solidarietà per evitare licenziamenti;
   inoltre una rivisitazione del piano urbanistico potrebbe portare alla nascita di una promenade da Nisida al pontile nord, con, a parità di volumi, un avvicinamento al mare di hotel e residenze;
   ciò potrebbe aprire nuovi spiragli per la sopravvivenza di Bagnolifutura spa;
   la liquidazione fallimentare di Bagnolifutura preoccupa anche per l'interesse che la messa sul mercato dei suoli potrebbe suscitare nella criminalità organizzata;
   la parte della debitoria di Bagnolifutura a favore di Fintecna potrebbe ben collocarsi quale investimento strategico per attuare dall'interno della STU il piano di salvataggio e rilancio del PUE Bagnoli-Coroglio;
   inoltre Cassa depositi e prestiti, che detiene il 100 per cento delle quote di Fintecna, non avrebbe motivi veri di diniego nel trovare soluzioni bancabili circa il debito che Bagnolifutura ha verso le banche, tanto più che già dal piano strategico del giugno 2013 si richiamava l'eventualità di entrata nella compagine societaria di Fintecna-Cdp, contestualmente ad opportune modifiche del PUE Bagnoli-Coroglio al fine di renderlo a maggior valore;
   tale ipotesi avrebbe il vantaggio di dar vita ad un restructuring finanziario di stampo pubblico da immaginare in autotutela per Fintecna, sia in ragione del debito suddetto, sia in virtù di altre proprietà della Fintecna presenti in area;
   ciò comporterebbe inoltre l'auspicabile sblocco dei fondi per la bonifica che la nuova compagine potrebbe realizzare sia per quanto riguarda l'area marina sia per completare la bonifica a terra già realizzata al 70 per cento circa;
   ancora, tale ipotesi creerebbe le condizioni per avviare un risanamento della debitoria residua verso terzi, alleggerendo l'attuale pesantissimo onere in interessi bancari contratti con Monte dei Paschi di Siena;
   grazie a Fintecna sarebbe infine possibile rilanciare la valorizzazione e la vendita dei suoli;
   una compagine forte e coesa, in mano pubblica a tutela di derive speculative, con un piano urbanistico da realizzare finalmente coerentemente con i nuovi bisogni e con il mercato, potrebbe rappresentare la salvezza per l'area di Bagnoli;
   la liquidazione, peraltro, inficerebbe anche i progetti di riqualificazione urbana in corso da cantierizzare nei lotti non sottoposti a sequestro, e non si potrebbero completare gli investimenti finanziati dall'Unione europea, costringendo Bagnolifutura, il comune di Napoli e la regione Campania a restituire gli importi ricevuti;
   questa situazione, inoltre, blocca la bonifica a terra, che invece dovrebbe essere una priorità assoluta per un territorio già provato da anni di sofferenze;
   i fatti narrati sono riportati anche nell'articolo pubblicato da Il Mattino il 29 gennaio 2014 dal titolo: «Napoli. Bagnolifutura verso il crac: “Deve pagare 59 milioni”», nell'articolo intitolato «Bagnolifutura verso il fallimento, che ne sarà della bonifica?» pubblicato dal sito d'informazione Napoli Today il 31 gennaio 2014, nell'articolo del 30 gennaio 2014 dal titolo «Bagnolifutura verso il fallimento» pubblicato da Il Sole 24 Ore, nell'articolo pubblicato da Il Mattino l'8 febbraio 2014 dal titolo «Napoli, il capolinea di Bagnolifutura: società verso la “liquidazione in continuità”», nell'articolo pubblicato il 9 febbraio 2014 da Il Mattino con il titolo «Bagnolifutura verso la liquidazione, scatta l'allarme per i suoli», nell'articolo pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno il 10 febbraio 2014 ed intitolato «Bagnolifutura verso la fine. Caldoro: un colpo grave. Il sindaco: no, non si rischia» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti narrati;
   quali iniziative, per quanto di competenza, abbiano già preso in merito e quali azioni intendano intraprendere a riguardo;
   se non ritengano di dover immediatamente aprire un tavolo interministeriale in cui coinvolgere, oltre ai Ministeri interrogati, anche la Cassa depositi e prestiti e le parti interessate al fine di risolvere la situazione in modo da salvaguardare la posizione dei dipendenti di Bagnolifutura, la possibilità di completare le opere di bonifica del territorio di Bagnoli e la sopravvivenza di Bagnolifutura, magari proprio attraverso il già citato possibile ingresso di Fintecna-CDP nel pacchetto azionario di Bagnolifutura. (4-03573)


   NUTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 28 giugno 2013 del Ministero dell'economia e delle finanze – ragioneria generale dello Stato stabiliva una ulteriore e ultima proroga della gestione commissariale denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo», in liquidazione coatta amministrativa fino al 31 dicembre 2013, prevedendo inoltre che, nel caso in cui predetta liquidazione coatta amministrativa non risultasse chiusa entro i termini stabiliti, il Ministero dell'economia e delle finanze sarebbe subentrato nella gestione delle attività liquidatone residue, con le medesime forme e modalità della liquidazione coatta amministrativa;
   il decreto stabiliva, inoltre, che a tal fine, entro trenta giorni dalla data di cessazione, il commissario avrebbe dovuto consegnare al Ministero dell'economia e delle finanze un serie di documenti, quali il rendiconto dell'intera gestione liquidatoria, le attività esistenti, i libri contabili, gli inventari, gli elenchi delle pendenze e del contenzioso in essere, corredati della relativa documentazione giustificativa e di riferimento, nonché l'elenco dei creditori ammessi al piano di riparto, unitamente ad una relazione del comitato di sorveglianza. Entro la stessa data, il commissario avrebbe dovuto versare all'entrata del bilancio dello Stato le residue disponibilità finanziarie della gestione;
   all'interno della legge 27 dicembre 2013, n. 148, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016, all'articolo 2, comma 30, era previsto che il Ministro dell'economia e delle finanze potesse riassegnare al programma «Analisi, monitoraggio e controllo della finanza pubblica e politiche di bilancio» per l'anno finanziario 2014, le somme versate all'entrata del bilancio dello Stato provenienti dalla chiusura della gestione commissariale del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali in liquidazione coatta amministrativa e della gestione commissariale denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo» in liquidazione coatta amministrativa;
   nonostante ciò, nel decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, all'articolo 2, comma 3, viene prorogato di quattro mesi l'incarico in scadenza il 31 dicembre 2013 del commissario liquidatore della gestione menzionata;
   ad avviso dell'interrogante, questo sistema di legiferazione costituisce un grave vulnus al fondamentale principio democratico della certezza del diritto;
   tale commissario liquidatore è Stefano Nannerini, oggetto sin dal 1995 di svariati atti di sindacato ispettivo da parte di forze politiche che spaziano dalla sinistra, al centro, alla destra dello spettro politico, oltre ad essere stato indagato più volte per alcune della innumerevoli gestioni commissariali a lui affidate;
   è stato uno dei padri fondatori del partito «Alleanza Nazionale» prima e del partito «Futuro e Libertà» poi ed in precedenza appartenente al partito «Movimento Sociale Italiano», veniva già messo sotto accusa nell'ottobre del 1994: l'allora commissario dell'Ente nazionale cellulosa e carta Filippo Satta, in quanto persona non legata a nessun partito, venne sostituito da Nannerini, in quanto espressione di AN, seguendo il principio del così detto «spoil-system» e dell'occupazione dell'amministrazione da parte di soggetti vicini alle forze di governo. L'ente nazionale cellulosa e carta, creato nel 1935 da Mussolini per condizionare la Stampa, aveva un patrimonio di circa 450 miliardi di lire (più di 232 milioni di euro) e avrebbe dovuto collocare sul mercato 5 mila ettari di aziende agricole, boschi e colture. In quell'occasione numerosi atti di sindacato ispettivo gli addebitavano una gestione sconsiderata, soprattutto relativamente ai lavoratori dipendenti dell'ente e alla chiusura di alcuni dipartimenti, oltre alla mancata trasmissione dei documenti relativi alla gestione commissariale stessa;
   similmente, nel 2001, a seguito del risultato delle elezioni politiche, Stefano Nannerini venne nominato, con le medesime modalità, commissario straordinario alla guida dell'Istituto sperimentale per lo studio e la difesa del suolo di Firenze;
   nel marzo del 1996 venne nominato commissario straordinario, assieme a Gaetano Alessi e Felice Santanastasio, della «Fratelli Costanzo S.p.A.» di Catania, e due anni dopo, nel marzo 2008, venne indagato per interesse privato e violazione delle leggi tributarie, relativamente a consulenze date a familiari e conoscenti pagate oltre 11 miliardi di lire (circa 5,7 milioni di euro) che azzerarono le disponibilità della società commissariata. A seguito di tali indagini, i tre commissari furono prima sospesi per 6 mesi e successivamente sostituiti da altro commissario;
   le qualità amministrative di Nannerini vengono nuovamente evidenziate con la sentenza della Corte dei conti n. 1619 del 2011, con la quale, unitamente ad altri componenti della giunta del comune di Pomezia e del sindaco della stessa, fu condannato per addebito di responsabilità amministrativa per una consulenza al comune;
   limitatamente alla gestione denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo», si ricorda in questa sede che, dopo la messa in liquidazione decisa ai sensi dell'articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1993, n. 559, Stefano Nannerini è stato nominato commissario liquidatore tramite decreto dirigenziale 10 giugno 2003 del Ministero dell'economia e delle finanze: in altre parole, sono quasi 21 anni che è stata decisa la liquidazione di questo ente e la sua gestione commissariale è in corso da quasi 11 anni, in capo al medesimo commissario liquidatore –:
   per quali motivi il Ministro, venuto a conoscenza dei fatti sopra esposti, non abbia proceduto in precedenza ad avocare a sé la gestione commissariale in oggetto ovvero non abbia valutato la possibilità di affidare predetta gestione commissariale ad altro soggetto;
   se non intenda procedere alla rimozione con effetto immediato di Stefano Nannerini dalle gestioni commissariali a lui assegnate;
   se non intenda verificare l'attività di Stefano Nannerini in qualità di commissario straordinario delle altre gestioni a lui affidate dal Governo nel corso degli anni;
   se intenda rendere noti, anche fornendo la documentazione relativa alla gestione commissariale denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo», il rendiconto dell'intera gestione liquidatoria, le attività esistenti, i libri contabili, gli inventari, gli elenchi delle pendenze e del contenzioso in essere, corredati della relativa documentazione giustificativa e di riferimento, nonché l'elenco dei creditori ammessi al piano di riparto, unitamente ad una relazione del comitato di sorveglianza, e quali siano i dati relativi alla somma versata all'entrata dello Stato derivante dalle residue disponibilità finanziarie della gestione;
   a quanto ammonti il compenso spettante a Stefano Nannerini per il periodo di proroga di 4 mesi della gestione commissariale in oggetto disposta all'interno del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150. (4-03576)


   DAGA, DE ROSA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, SEGONI, ZOLEZZI e BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Cassa depositi e prestiti è nata nel 1850 come ente dello Stato e fino al 2003 ha raccolto il risparmio postale dei cittadini utilizzandolo, svolgendo quindi una tipica funzione pubblica, per il finanziamento a tassi agevolati degli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali;
   il 12 dicembre 2003 Cassa depositi e prestiti viene trasformata in società per azioni (in base al decreto-legge n. 269 del 2003 e decreto ministeriale economia e finanze 5 dicembre 2003) e le fondazioni bancarie entrano nel suo capitale sociale (con il 30 per cento, oggi ridotto al 18 per cento);
   da quel momento in poi, cassa depositi e prestiti muta strutturalmente la propria funzione che, da pubblica, diviene privatistica, ovvero finalizzata alla produzione di dividendi per gli azionisti (Ministero dell'economia e delle finanze e fondazioni bancarie). Nel contempo assume sempre più funzioni, alcune per conto dello Stato, altre come soggetto operante a tutto campo nell'economia del Paese a sostegno di puri interessi privati;
   sul suo sito ufficiale alla voce azionariato (http://www.cassaddpp.it/chi-siamo/fatti-numeri/azionariato.html) Cassa depositi e prestiti spa dichiara di essere «una Società per azioni controllata dallo Stato italiano»;
   in data 17 aprile 2013, è stato nominato il nuovo consiglio di amministrazione, in occasione dell'Assemblea per l'approvazione del Bilancio 2012, tra i quali troviamo come amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini e come consiglieri Maria Cannata, Olga Cuccurullo, Piero Fassino, Roberto Ferranti, Massimo Garavaglia, Marco Giovannini, Vincenzo La Via, Mario Nuzzo, Francesco Parlato, Antimo Prosperi, Alessandro Rivera e Antonio Saitta;
   da un articolo del Fatto Quotidiano del 19 gennaio 2014 dal titolo «Derivati, indagati 15 banchieri a Trani. Coinvolti i vertici di Intesa SanPaolo»;
   (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/19/derivati-indagati-15-banchieri-a-trani-coinvolti-i-vertici-di-intesa-sanpaolo/849763/) avrebbero fatto sottoscrivere titoli derivati swap ad un imprenditore dicendogli che avrebbero permesso una «copertura dal rischio di variazione del tasso d'interesse» variabile del mutuo quindicennale da 700 mila euro sottoscritto nel 2004;
   invece – secondo l'accusa – a Ruggiero Di Vece, titolare della ditta pugliese Euroalluminio, specializzata nella vendita di materiali per l'edilizia, furono fatti firmare prodotti finanziari truffaldini «via via più gravosi», che aggravarono la sua posizione perché favorivano solo la banca. Per questo i vertici di Intesa San Paolo e di Banca Caboto, ora Banca Imi partecipata di Intesa, sono indagati a Trani;
   dallo stesso articolo emerge il nome di Giovanni Gorno Tempini, ex amministratore delegato di Caboto e attuale amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, tra gli indagati per i reati di truffa aggravata continuata (ad alcuni funzionari) e di concorso in abusivismo finanziario;
   secondo il pubblico ministero Ruggiero – lo stesso che ha condotto le indagini sulle fluttuazione del tasso Euribor e sulle agenzie di rating – i prodotti finanziari fatti sottoscrivere dalla banca a Di Vece (riservati ad operatori «qualificati») erano «strutturalmente inadeguati a tale funzione per la loro peculiare natura speculativa (cioè vere e proprie scommesse sui tassi), sempre sbilanciata in favore della banca». I contratti – secondo quanto riportano i media – hanno procurato a Banca Intesa un ingiusto profitto patrimoniale stimato in oltre 100 mila euro. Ai vertici della banca il magistrato contesta di essere stati «consapevoli che i contratti swap» fatti sottoscrivere all'imprenditore, erano favorevoli solo all'istituto di credito;
   gli indagati – è la tesi dell'accusa – «coscientemente e volontariamente (e quanto meno con dolo eventuale), predeterminavano le condizioni per la negoziazione di contratti derivati di natura truffaldina». Quindi, amministratori e manager sono accusati di aver permesso il collocamento sul mercato dei titoli derivati, di non aver informato correttamente la clientela sui rischi; di non avere tenuto conto delle segnalazioni dell’auditing interna e della Banca d'Italia. In poche parole, «predeterminato, inducevano, consentivano e non impedivano» che la truffa si consumasse, «assumendosene le relative responsabilità»;
   nell'articolo correlato, uscito invece il 20 gennaio si legge ancora che il pubblico ministero Michele Ruggiero punta l'indice contro i prodotti finanziari «Interest Rate Swap» (IRS) che sarebbero stati piazzati in modo truffaldino a danno dell'imprenditore che aveva chiesto un mutuo per la propria attività. Secondo le indagini condotte dalla guardia di finanza gli swap (costituiti da contratti o titoli il cui prezzo è basato sul valore di mercato di altri beni) sarebbero stati molto gravosi. Avrebbero avuto natura «speculativa, cioè di vere e proprie scommesse sui tassi, sempre sbilanciata in favore della Banca». Sulla carta avrebbero dovuto tutelare l'imprenditore dalle forti variazioni degli interessi passivi ed invece sarebbero stati vantaggiosi solo per la banca che avrebbe indotto la sottoscrizione di quei prodotti finanziari –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti su esposti visto che nell'inchiesta sono coinvolti istituti bancari azionisti di Cassa depositi e prestiti e soggetti come Gorno Tempini che hanno ruoli rilevanti nella cassa;
   quali azioni intenda effettuare per salvaguardare il buon nome di Cassa depositi e prestiti e i risparmi dei cittadini che dal 1850 affidano ad essa;
   se non ritenga di dover avviare un processo di ripubblicizzazione della Cassa depositi e prestiti al fine di assicurarsi che la Cassa non resti nuovamente coinvolta in fatti come questi;
   con quali criteri si sia provveduto alla nomina dei componenti per quanto di propria competenza, nel Consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti. (4-03578)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — per sapere – premesso che:
   il 15 ottobre 2012 si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) per il periodo 2013-2016 e si è votato per le due liste: «Vivere la Professione», con capolista Claudio Siciliotti, collegata con la lista dei ragionieri con capolista Raffaele Marcello, e «Insieme per la Professione», con capolista Gerardo Longobardi, collegata con la lista dei ragionieri con capolista Davide Di Russo;
   a seguito d'irregolarità contestate da entrambe le liste, prima che si concludessero le operazioni di verifica del voto con la proclamazione dei vincitori, il Ministero della giustizia con decreto del 12 dicembre 2012 ha:
    a) annullato le elezioni del 15 ottobre 2012;
    b) commissariato il CNDCEC per gravi irregolarità;
    c) indetto nuove elezioni per la data del 20 febbraio 2013;
   avverso detto provvedimento Siciliotti Claudio, e altri hanno presentato ricorso al TAR Lazio – con richiesta di sospensione rigettata in data 8 febbraio 2013;
   avverso la decisione del TAR veniva proposto appello al Consiglio di Stato che in data 11 febbraio 2013 accoglieva la sospensione e l'udienza di merito veniva fissata in data 2 luglio 2013;
   il 13 febbraio 2013 il Ministero della giustizia ha validato e ammesso le nuove liste presentate per la consultazione elettorale del 20 febbraio 2013, «Vivere la Professione», con capolista Miani Massimo, collegata con la lista dei ragionieri con capolista Marcello Raffaele, e «Insieme per la Professione», con capolista Longobardi Gerardo, collegata con la lista dei ragionieri con capolista Di Russo Davide;
   in data 18 febbraio 2013 (due giorni prima delle votazioni) il Ministero della giustizia «ha sospeso le operazioni di voto sino al pronunciamento del giudizio di merito»;
   il giudizio di merito è terminato con il rigetto del ricorso in primo grado avanti il TAR Lazio con sentenza del 2 luglio 2013;
   avverso tale decisone Siciliotti e altri hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato;
   con sentenza n. 278/2014 depositata in data 21 gennaio 2014, il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi presentati da Siciliotti e altri, ordinando al Ministero della giustizia l'immediata esecuzione;
   il Consiglio di Stato con la predetta sentenza ha definitivamente stabilito la legittimità del provvedimento di commissariamento e dell'indizione delle nuove elezioni per il giorno 20 febbraio 2013, confermando anche la piena regolarità delle operazioni precedenti ai fini dell'individuazione dell'elettorato attivo e passivo;
   a tutt'oggi il Ministero della giustizia non ha dato esecuzione, come avrebbe dovuto, alla sentenza, ancorché tempestivamente notificata, e dunque non ha inspiegabilmente ripreso le operazioni di voto che erano state sospese, fissandone solo la data, pur essendo stata depositata la sentenza del giudice amministrativo – unico elemento che la Amministrazione attendeva e su cui aveva fondato il proprio provvedimento di sospensione delle sole operazioni di voto;
   la mancanza di una rappresentanza istituzionale da oltre un anno, non è più tollerabile né procrastinabile ed è fonte di forti disagi per l'intera categoria dei commercialisti, così come ripetutamente manifestato dalle associazioni sindacali, con comunicati stampa e specifiche richieste al competente Ministero;
   rimossa la causa della sospensione, deve essere immediatamente ripristinata la democrazia elettorale, consentendo a ogni consiglio dell'ordine di esercitare legittimamente il diritto-dovere di voto al fine di eleggere il proprio Consiglio Razionale, supremo organo di rappresentanza della categoria –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente attivare gli uffici preposti per fissare la data delle elezioni del rinnovo del CNDCEC per il periodo 2013-2016 e consentire, finalmente, alla categoria dei commercialisti di avere, dopo un lungo periodo di commissariamento, una legittima governance. (5-02134)


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 febbraio 2014 il sindaco di Buccinasco (MI), Giambattista Maiorano, ha scritto al Ministero della giustizia per esprimere la propria preoccupazione e quella di tutta la cittadinanza in merito alla decisione assunta dall'ufficio per l'esecuzione penale esterna di Milano di collocare Rocco Barbaro, una volta svincolato dal regime detentivo, in un'azienda del territorio di Buccinasco;
   Rocco Barbaro ha operato in continuità con la storia che interessa Buccinasco, tristemente nota per la massiccia presenza ’ndranghetista, tanto da renderla un punto essenziale di riferimento della malavita organizzata sotto l'egida delle famiglie legate alla ’ndrangheta. Le più recenti analisi investigative svelano quanto sia forte ancora e pervasivo il legame di queste famiglie e come il soggetto, nonostante le buone intenzioni dell'amministrazione penitenziaria, sia in grado di governare i rapporti e ricostruire ambiti operativi;
   non è intenzione dell'amministrazione comunale intralciare i lavori dell'amministrazione penitenziaria ma la stessa evidenzia che la scelta di collocare soggetti di questa natura nello stesso luogo ove hanno precedentemente operato sia infelice –:
   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare, per quanto di loro competenza, al fine di trovare quanto prima una soluzione ragionevole rispetto ai fatti riportati, e per dare risposta alle legittime preoccupazioni sollevate dall'amministrazione comunale di Buccinasco e dai suoi cittadini.
(5-02139)

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i testimoni e i collaboratori di giustizia godono nel nostro ordinamento di un regime di protezione particolare garantito dallo Stato;
   i collaboratori e i testimoni di giustizia debbono risiedere in località protette al fine di consentire loro una adeguata copertura e mimetizzazione per salvaguarda la loro incolumità;
   tra le regioni italiane ad alta densità di collaboratori e testimoni di giustizia figura senz'altro il Molise e l'Abruzzo;
   evidenti ragioni di logistica e di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nei confronti di queste categorie di persone impongono un'adeguata separazione fisica tra questi soggiornanti; tanto più se essi sono appartenenti alle stesse famiglie malavitose e comunque provenienti dal medesimo territorio;
   agli interroganti risulta, tra l'altro, che il signor Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia ed ex reggente della cosca Vrenne-Bonaventura-Corigliano, si trova al momento in una località della regione Molise nell'ambito del programma di protezione a lui dedicato;
   il signor Bonaventura è costretto a dividere lo spazio fisico della cittadina di residenza protetta con altri testimoni e collaboratori di giustizia provenienti dalla stessa area geografica malavitosa del medesimo;
   sono avvenuti altresì, a nostro parere, incresciosi episodi di persuasione e di pressione connessi al suo status di collaboratore di giustizia, tra cui le pressioni e le minacce di morte da parte di affiliati alla cosca Ferrazzo, come riportato da numerosi organi di stampa, tra cui un articolo de «Il Quotidiano della Calabria.it» del 12 febbraio 2014;
   il signor Bonavenutra non ha mai fatto mistero di questi episodi a dir poco incresciosi, come evidenziato dal ricorso da lui presentato al TAR del Lazio in materia inerente la residenza in questione;
   l'area in cui è stato collocato sotto protezione il signor Bonaventura è la medesima della signora Lea Garofalo, la quale è stata facilmente raggiunta da tre sicari nel novembre del 2009, ed uccisa dopo essere stata torturata, come riportato in un articolo de «Il Fatto Quotidiano» del 5 febbraio 2012;
   in ogni caso, ad avviso degli interroganti, la situazione logistica di sicurezza del signor bonavenutra è seriamente compromessa, così come quella di altri casi similari –:
   se il Ministro non intenda garantirsi che tali situazioni non possano più ripetersi anche tramite controlli e l'invio di ispettori ministeriale. (4-03582)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Accordo bilaterale vigente fra Australia e Italia in materia di servizi aerei, concluso a Roma il 10 novembre 1960, prevede un quadro ristretto di code sharing;
   gli scambi fra i due Paesi crescono in modo considerevole in entrambe le direzioni, tanto che gli australiani che visitano ogni anno l'Italia sono circa 750 mila e sono 65.000 gli italiani che vanno in Australia; inoltre sono ben 20 mila i giovani italiani che rientrano nel programma di studio-lavoro dell'Australia;
   Paesi Bassi, Grecia, Romania e Belgio hanno rivisto nel 2011 e 2012 i loro accordi bilaterali in materia di servizi aerei con l'Australia, in attesa che venga perfezionato l'Accordo quadro tra l'Unione europea e il governo d'Australia;
   l’iter di tale Accordo a livello europeo è ancora in corso e il Regolamento relativo alla negoziazione e all'applicazione di accordi in materia di servizi aerei stipulati dagli Stati membri con i paesi terzi risale a dieci anni fa – Regolamento (CE) n. 847/2004;
   il Regolamento (CE) n. 847/2004 reca all'articolo 1, paragrafo 1: «Uno Stato membro può, senza pregiudizio delle rispettive competenze della Comunità e dei suoi Stati membri, avviare negoziati con un paese terzo» omissis «o modificare un accordo vigente, i suoi allegati o qualsiasi altra intesa bilaterale o multilaterale, il cui oggetto rientri in parte nelle competenze della Comunità, purché:
    in tali negoziati siano incluse tutte le clausole pertinenti, elaborate e sancite congiuntamente dagli Stati membri e dalla Commissione;
    sia rispettata la procedura di notifica prevista nei paragrafi 2, 3 e 4.

  La Commissione è, se del caso, invitata a partecipare a tali negoziati in qualità di osservatore»;
   il 7 giugno 2008 l'Unione europea e il Governo d'Australia hanno stipulato un Accordo constatando che l'Unione europea dispone di una competenza esclusiva in relazione a diversi aspetti che potrebbero essere inclusi in accordi bilaterali in materia di servizi aerei conclusi da Stati membri dell'Unione europea con i paesi terzi;
   tra le premesse dell'Accordo del 2008 è riportato che: «le disposizioni degli accordi bilaterali sui servizi aerei conclusi tra gli Stati membri della Comunità europea e l'Australia, che non sono in contrasto con la legislazione della Comunità europea, non richiedono né modifiche né sostituzione»;
   il 2 febbraio 2014 le compagnie aeree Etihad e Alitalia sono entrate nella fase conclusiva della trattativa che in 30 giorni potrebbe portare ad un ingresso della compagnia di Abu Dhabi in quella italiana;
   Alitalia opera con Etihad in code sharing sulla rotta con l'Australia –:
   se il Governo non intenda avvalersi della procedura prevista dall'Accordo del 2008 tra l'Unione europea e il Governo d'Australia su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei, di cui in premessa, al fine di rivedere l'Accordo bilaterale risalente al 1960;
   se il Governo non ritenga fondamentale rinegoziare tale accordo, soprattutto in prospettiva di un esito favorevole della trattativa tra Alitalia ed Etihad, che porterebbe ad un accresciuto volume di scambi fra Italia e Australia. (5-02130)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 675 «Umbro-Laziale», ex raccordo Civitavecchia-Orte (tra il chilometro 86,000 della strada statale 1 «Aurelia» e il chilometro 21,500 della strada statale 1 bis) è un'arteria di fondamentale importanza nel complesso delle infrastrutture viarie e di trasporto del Corridoio Tirrenico;
   la suddetta tratta si inserisce nel progetto di completamento della direttrice Civitavecchia-Orte-Terni-Rieti, opera strategica di interesse nazionale, segmento essenziale dell'itinerario Civitavecchia-Orte-Mestre;
   la strada statale 675 è compresa nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera CIPE del 21 dicembre 2001 n. 121, in conformità a quanto previsto dalla «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001) e rientra nel protocollo d'intesa per favorire lo sviluppo del polo industriale di Terni e Narni nonché per la salvaguardia dell'occupazione dei lavoratori delle acciaierie ThyssenKrupp;
   il progetto definitivo complessivo costituito da 3 lotti, e in particolare dai lotti 1 e 2 del tronco 2 e il lotto 1, stralcio B del tronco 3, è stato già approvato nella riunione consiliare dell'8 marzo 2007;
   la nuova sede stradale sarà costituita da due corsie per ogni senso di marcia da 3,50 metri, due banchine laterali di 1,75 metri e uno spartitraffico centrale di 1,10 metri, per una larghezza complessiva della piattaforma stradale di 18,60 metri;
   il completamento dei lavori (avviati da oltre trentanni) della strada statale 675 è parte integrante del rilancio economico di un vasto territorio del Centro Italia che (comprende l'Alto Lazio e parte dell'Umbria e che continua a subire disagi proprio per la mancanza di una adeguata infrastrutturazione stradale;
   la realizzazione di suddetta opera, non solo costituirebbe un investimento determinante ai fini di incremento turistico e commerciale, ma anche in termini di sicurezza stradale;
   il conseguente decongestionamento del traffico permetterà, in effetti, di adeguarsi alla crescente mobilità, abbattendo i tempi di percorrenza e creando un più rapido collegamento con il porto di Civitavecchia, l'Autostrada del Sole, l'itinerario internazionale E45 e il nuovo tratto autostradale in costruzione Civitavecchia-Livorno;
   la regione Lazio, per la tratta Cinelli – Monte Romano (6,6 chilometri), ha stipulato un'apposita convenzione (che avrà validità fino al 31 dicembre 2016) con l'ANAS al fine di disciplinare gli impegni che i soggetti sottoscrittori assumono ai fini del finanziamento, il cui importo viene determinato nella somma comprensiva di euro 117.000.000,00, comprendente ogni spesa relativa all'intervento;
   l'ANAS spa assume la competenza e la responsabilità dell'attività di progettazione e di esecuzione dell'opera pubblica, impegnandosi a porre in essere tutti gli adempimenti onde consentire la sua realizzazione, nonché è l'unico responsabile delle procedure di affidamento delle attività di progettazione esecutiva, dell'appalto e dell'esecuzione dei lavori;
   l'opera è realizzata interamente con finanziamento della regione Lazio;
   al fine di coordinare le azioni dei soggetti coinvolti nell'attuazione dell'intervento, di monitorare lo stato dei lavori e l'andamento degli stessi, è previsto un tavolo istituzionale di coordinamento presieduto dalla direzione regionale infrastrutture della regione Lazio;
   nei giorni scorsi è avvenuta l'aggiudicazione della gara d'appalto per lo svincolo Cinelli-Monte Romano –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il rispetto dei tempi di realizzazione di un'opera così attesa e se, in riferimento al completamento dell'ultima tratta, di 15 chilometri, compresa tra Monte Romano e la strada statale Aurelia, siano previsti progetti e corrispettivi finanziamenti. (4-03557)


   GIULIETTI e LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha attivato il programma «6000 Campanili» volto a finanziare progetti relativi ai piccoli comuni del nostro Paese;
   fino ad oggi si è venuti a conoscenza dei comuni che, anche meritatamente, hanno ottenuto il finanziamento in questa prima tranche;
   molti comuni che sono rimasti fuori dai primi finanziamenti hanno spedito il progetto qualche secondo dopo quelli finanziati, e in alcuni casi qualche decimo di secondo;
   è auspicabile che il Governo lavori per finanziare ulteriormente i progetti ritenuti ammissibili al finanziamento e magari predisponga per il futuro una modalità diversa per accedere a detto finanziamento, tenendo conto principalmente della qualità della progettazione, della regione di appartenenza e stabilendo un limite di importo massimo in relazione anche agli abitanti (sembra incredibile che comuni con 200 abitanti abbiano finanziamenti per un milione di euro) –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per finanziare ulteriormente i progetti collocati utilmente in graduatoria;
   se intenda rendere nota la graduatoria relativa a tutti i progetti ammissibili a finanziamento e la graduatoria di quelli esclusi dal finanziamento;
   se il Governo intenda rivedere le modalità per accedere al finanziamento tenendo conto, anziché della sola celerità nel «cliccare» il tasto del computer, della progettazione, della regione di appartenenza, magari, fissando un limite di importo massimo in relazione agli abitanti. (4-03558)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da organi di informazione che un gruppo di giovani selezionati da Trenitalia per l'assunzione presso l'Officina manutenzione ciclica di Foggia (ex OGR) per la terza volta, nel giro di due anni, hanno visto svanire la possibilità di entrare nel mondo del lavoro. Con una semplice comunicazione di posta elettronica, 8 ragazzi che dovevano presentarsi in data 3 febbraio 2014, per il primo giorno di lavoro presso l'impianto, hanno appreso che, ancora una volta, la loro, assunzione «è stata rinviata» così come era avvenuto nel dicembre 2011 e ad ottobre 2013;
   tale atteggiamento, posto in essere da un'azienda primaria nel nostro Paese, in uno scenario socio economico devastato dalla disoccupazione giovanile, che in quel territorio supera il 40 per cento è inaccettabile –:
   quali siano le motivazioni alla base di tali inaccettabili atteggiamenti. (4-03561)


   GNECCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dopo oltre quaranta anni dall'assegnazione provvisoria non si è ancora proceduto alla assegnazione definitiva dell'appartamento costruito in Cooperativa con contributo statale intestato alla signora Annetta Fazio, nel frattempo deceduta;
   la signora Annetta Fazio è assegnataria, fin dal lontano 1970, dell'appartamento n. 9, consegnatole con verbale 15 settembre 1970 nella consistenza di metri quadrati 153 circa, sito al V piano dell'edificio sociale «Villa delle Acacie di Catanzaro», limitrofo a quello, recante il n. 10, della consistenza di circa 80 metri quadrati, assegnato e consegnato sempre nel 1970, alla socia Rosaria Rubino. Tanto, in virtù di originario acquisto del suolo edificatorio da parte dei singoli soci (poiché la Cooperativa «Villa delle Acacie» era nata nel 1963 quale cooperativa semplice e solo nel 1969 divenne a contributo erariale) e di successiva prenotazione e pagamento dei singoli appartamenti nelle dimensioni rispettivamente di 178 metri quadrati la Fazio, il cui nucleo familiare si componeva di sette persone e 80 metri quadrati la Rubino;
   a più di dieci anni di distanza dall'assegnazione si rilevò nell'alloggio Fazio una eccedenza di superficie rispetto a quella prevista dalla legge Tupini per le cooperative a contributo statale; la medesima cooperativa cercò dapprima una soluzione fittizia al problema, facendo firmare ai soci delle tabelle millesimali errate, non rispecchianti la realtà delle cose;
   successivamente, nel 1984, a seguito della denuncia della Fazio al provveditorato OO.PP. della Calabria-Sicilia, la quale precisò che mai era avvenuta alcuna variazione nella consistenza del proprio appartamento, la cooperativa propose domanda giudiziale dinanzi al tribunale di Catanzaro per ottenere dalla Fazio il rilascio di quella porzione di immobile che superava i limiti di tolleranza. In detto giudizio intervenne la socia Rubino per chiedere, in caso di accoglimento della domanda attrice, di avere assegnata la superficie in questione;
   con sentenza n. 2481/05 del 12 novembre 2005, il tribunale di Catanzaro, dopo 21 anni di giudizio, rigettava nel merito la domanda della cooperativa, e, conseguentemente, rigettava anche quella dell'intervenuta Rosaria Rubino, qualificando il suo intervento quale adesivo dipendente. Questa sentenza entrando nel merito, ricostruiva tutta la pregressa vicenda giudiziale e amministrativa, riconoscendo pienamente i diritti della Fazio;
   nelle more del giudizio, su suggerimento del Ministero che così aveva trattato casi analoghi, con decreto provveditoriale n. 1514/89 la superficie in eccedenza rispetto alla legge Tupini riscontrata nell'alloggio Fazio è stata scorporata dal contributo erariale, con il recupero di quanto indebitamente versato, cioè con la restituzione, da parte della Fazio, di detto contributo concesso sugli interessi del mutuo;
   tale decreto, impugnato dalla Rubino, in primo grado dinanzi al TAR Calabria ed in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato, è stato definitivamente consacrato nella sua legittimità dalle sentenze che hanno dichiarato irricevibile il ricorso amministrativo: la n. 1309/98 del TAR e la n. 4240/05 del Consiglio di Stato;
   con ulteriore sentenza, la n. 775/10 depositata il 30 luglio, passata in giudicato, la Corte di Appello di Catanzaro, dichiarando inammissibile l'appello proposto dalla sola Rubino avverso la su menzionata sentenza del tribunale civile di Catanzaro n. 2481/05 del 28 ottobre/12 novembre 2005, è entrata, di nuovo, nel merito della vicenda, qualificando la domanda della Rubino come adesiva dipendente e stabilendo che: «la Rubino non muove un'autonoma domanda nei confronti della Cooperativa, essendo sufficiente considerare che giammai la Rubino avrebbe potuto proporre in autonomo e separato giudizio la detta domanda nei confronti della Cooperativa poiché la detta Cooperativa sino all'esito del giudizio da essa promosso nei confronti della Fazio non aveva né avrebbe avuto la disponibilità di detto quoziente immobiliare (avendo appunto agito – e poi rinunciato all'azione – per ottenerne la restituzione dalla socia Fazio) e quindi giammai poteva venir evocata in giudizio per essere condannata a consegnare un bene sociale che non era nella sua disponibilità....[omissis]... La Rubino non muove un'autonoma domanda risarcitoria nemmeno nei confronti della Fazio, essendo evidente che potrà esservi in capo alla Rubino legittimazione a promuovere la detta azione solo ove venisse accertato un inadempimento della detentrice nella consegna, pronuncia che mai, potrà avere luogo, avendo l'unico soggetto legittimato a chiedere la restituzione, ovvero la Cooperativa, rinunciato all'azione»;
   in definitiva, è stato sancito che la Rubino non è titolare di alcun diritto autonomo e non ha, quindi, legittimazione ad agire riguardo alla superficie scorporata dal contributo erariale, pagata e prenotata dalla Fazio ed alla medesima assegnata e consegnata fin dal 15 settembre 1970;
   a tanto va aggiunto che il provveditorato OO.PP. di Catanzaro il 2 febbraio 2012 prot. 2421 ha rilasciato il nulla osta alla stipula dei contratti di mutuo edilizio individuale tra la cooperativa e le socie Fazio e Rubino, sulla base delle tabelle millesimali dalle stesse firmate rispettivamente il 20 e il 30 giugno 2011 e vistate dal responsabile del settore tecnico interprovinciale ingegner Trecroci, con l'integrazione di cui alla nota del 15 marzo 2012, prot. 6384, in cui si precisa che «le quote di riparto riportate nella tabella sottoscritta nel giugno 2011 dai soci Fazio e Rubino sono congruenti con quelle riportate nella tabella 3.10.75 redatta dalla Commissione di Collaudo che per l'appartamento n. 9 assegnato alla Fazio aveva indicato la superficie virtuale di mq. 129,59, comprendente quella di 31,18 mq., corrispondente a 23,50 millesimi, esclusa dal contributo statale e che la suddetta superficie virtuale di 31,18 mq. era stata successivamente attribuita dalla Commissione di collaudo, impropriamente, alla Rubino, come da tabella allegata alla relazione 10.3.82, ma tale assegnazione è venuta meno, tenuto conto della situazione effettiva rappresentata nella nota 15 marzo 1988 n. 110 del Capo U.T. di quest'istituto, confermata in sede giudiziale»;
   avverso questi ultimi atti amministrativi , in cui sostanzialmente si ribadisce che la superficie in contestazione è parte integrante dell'alloggio Fazio, la Rubino non ha proposto impugnazione nei modi e termini di legge;
   da ultimo, con sentenza n. 1836/12 depositata il 25 maggio 2012, il tribunale di Catanzaro, pronunciandosi su domanda della Fazio volta a ottenere il ripristino delle tabelle millesimali del 1975, riflettenti la reale superficie degli appartamenti n. 9 e n. 10 mai variata nel tempo dall'assegnazione del 1970 ad oggi (sulla base delle quali tabelle la Fazio ha pagato le spese di costruzione, le rate di ammortamento del mutuo e i relativi interessi), con conseguente declaratori di inoperatività delle fittizie tabelle del 1982, ha rigettato la domanda «perché l'attrice Fazio non ha (avrebbe ndr) provato la titolarità di un diritto di proprietà su un appartamento (dell'estensione di 153,11 mq.) né ha provato l'ipotizzata falsità del collaudo e l'irregolarità delle ripartizioni millesimali del condominio»;
   tale pronuncia, che ha omesso di valutare la copiosa documentazione versata in atti, attualmente soggetta ad impugnativa presso la corte di appello di Catanzaro, collide ad avviso dell'interrogante con le altre passate in giudicato ed è, comunque, assolutamente irrilevante nel merito della consistenza degli appartamenti n. 9 e n. 10 dell'edificio sociale e dell'appartenenza alla Fazio della superficie esclusa dal contributo;
   il dottor Roberto Colosimo, nominato commissario governativo per la gestione straordinaria della cooperativa edilizia «Villa delle Acacie» di Catanzaro con decreto ministeriale 18 giugno 2012 e successiva proroga, nell'arco di un anno e mezzo di sua gestione, nonostante il nulla-osta, datato 2 febbraio 2012 ed integrato con provv. 15 marzo 2012, da parte del provveditorato alle OO.PP. interregionale Calabria-Sicilia, alla stipula degli ultimi due atti di assegnazione definitiva degli alloggi sociali n. 9 e n. 10 rispettivamente alle socie Annetta Fazio e Rosaria Rubino, rogiti non ancora effettuati, a distanza di oltre quaranta anni dalla assegnazione provvisoria, nonostante autorevoli pronunce giurisdizionali passate in giudicato e decisioni amministrative assunte medio tempore, tutte favorevoli alle ragioni della socia Annetta Fazio, nel frattempo deceduta, non solo non ha inteso procedere a detta stipula, ma, alla vigilia della scadenza del suo mandato e precisamente in data 30 dicembre 2013, ha adottato una delibera, ad avviso degli eredi, palesemente contra legem;
   nonostante tutte le spese di acquisto pro quota dell'edificando terreno, quelle del costo di costruzione dell'alloggio n. 9, nella consistenza attuale ed invariata nel tempo di circa 153 metri quadrati quelle di tutte le rate di ammortamento del mutuo e dei relativi interessi siano state pagate dalla socia Fazio, la quale ha, altresì provveduto, in ossequio al D.P. n. 1514/89, alla restituzione dell'indebito contributo erariale per la superficie in eccedenza, il commissario governativo dottor Colosimo, ha voluto con la sua delibera scorporare dall'alloggio sociale una parte di esso, che da oltre quaranta anni nel possesso e nella proprietà esclusiva della socia Fazio e dei suoi eredi e abbia incaricato all'uopo un tecnico per le conseguenti variazioni catastali;
   il dottor Colosimo in veste di funzionario del provveditorato, è stato estensore di atti amministrativi favorevoli alle ragioni della Fazio (tra i quali, paradossalmente, proprio il nulla-osta alla stipula dell'assegnazione definitiva degli alloggi e la nota 17/5/12 prot. 0011942  che riassume tutto l’iter della vicenda), divenuto Commissario governativo della Cooperativa, ha ritenuto indebitamente, ad avviso degli eredi, di avanzare ulteriore richiesta di un parere all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, per conto dell'appena insediato dottor Linetti, provveditore alle OO.PP. Calabria-Sicilia, allo scopo di sapere, in buona sostanza, se il nulla - osta emesso dopo quarant'anni e non impugnato dalla socia Rubino potesse essere eventualmente revocato dall'amministrazione medesima. Con l'adozione della delibera commissariale del 30 dicembre 2013, apparentemente fondata su codesto parere, delibera che ha cancellato in un solo colpo tanti anni di storia amministrativa e giudiziaria, i timori e le preoccupazioni espresse dagli eredi Fazio si sono dimostrati pienamente fondati. Eppure, il professor Antonio Capilupi, novantenne vedovo della socia Annetta Fazio, residente nell'appartamento in questione, aveva chiesto espressamente, con missiva 10 gennaio 2013 al Dirigente del competente Ministero di avocare a sé la vicenda e di risolverla in via definitiva;
   sono intercorsi contatti tra gli eredi Fazio, il dipartimento per le infrastrutture e la direzione generale per le politiche abitative divisione 2o presso il Ministero delle infrastrutture e trasporti per ottenere chiarimenti e ragguagli in merito alla questione, ma senza che si sia venuti a capo del problema;
   non risulta che si sia tenuto cogito in alcun modo della nota 7994 datata 5 aprile 2013 del provveditore vicario della sede di Catanzaro nonché capo dell'ufficio tecnico, ingegner Livio Persano, precedente alla richiesta di parere e redatta nel periodo di cambio al vertice del provveditorato, nella quale il funzionario, ricostruendo precisamente tutta l'annosa vicenda, sulla base della documentazione in possesso dell'Amministrazione, riconosceva le ragioni, della Fazio e dei suoi eredi concludendo che il provvedimento di nulla-osta così come rilasciato non doveva essere modificato;
   dopo almeno vent'anni di sofferenti peregrinazioni della signora Fazio negli uffici del Ministero e trenta in quelli del Provveditorato territoriale, come dimostrano copiose corrispondenze intercorse e presentazione di abbondante documentazione, l'amministrazione, tra cambi di regimi e di funzionari, pur avendo dato un indirizzo di risoluzione della controversia, attraverso la delibera di scorporo dell'eccedenza di superficie, non si è poi impegnata a seguirne la congruente conclusione. Molti sono i danni morali e materiali subìti dagli eredi della Fazio, e si auspica che nessuna ulteriore autorità giudiziaria dovrà ancora essere adite dai medesimi prima di veder riconosciuto il sacrosanto diritto di ricevere il frutto degli immensi sacrifici dei genitori, cittadini integerrimi, fiduciosi nelle istituzioni e umili servitori dello Stato –:
   se non ritenga il Ministro interrogato verificare la delibera del 30 dicembre 2013 adottata dal dottor Colosimo e se da parte dei funzionari competenti del Ministero siano state messe in atto le idonee procedure, per la definitiva risoluzione di una controversia che si trascina da oltre 40 anni, nonché quali azioni intenda porre in essere al fine di poter procedere alla assegnazione definitiva dell'alloggio agli eredi della signora Fazio. (4-03581)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   FIANO e ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha introdotto una serie di disposizioni innovative anche in relazione al tema della immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi, nonché di limitazioni a proroghe di contratti e all'uso del lavoro flessibile nel pubblico impiego;
   l'articolo 4, in particolare, ha stabilito che nella pubblica amministrazione si possa entrare solo con contratto a tempo indeterminato e che il reclutamento non possa più avvenire al di fuori delle procedure concorsuali, salva la previsione di sanzioni erariali, economiche e disciplinari per quei dirigenti che violino tali disposizioni;
   il comma 3 del medesimo articolo 4, tra le altre cose, ha conseguentemente previsto che fino al 31 dicembre 2016 non possano avviarsi nuovi concorsi se prima non sono stati immessi in servizio tutti i vincitori di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, collocati nelle proprie graduatorie vincenti, e se non sia stata prima verificata l'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, e relative alle professionalità necessarie;
   durante l'esame in commissione del provvedimento, come da bollettino relativo alla seduta di martedì 15 ottobre 2013, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione – sollecitato in tal senso dall'interrogante – confermava esplicitamente l'applicazione del suddetto articolo 4, commi 3, 4 e 5, anche ai lavoratori del comparto difesa;
   nel corso dell'approvazione della legge di stabilità, il parere contrario del Governo su un emendamento dell'onorevole Nesci che chiedeva lo scorrimento delle graduatorie interne alla polizia di Stato per coprire i posti vacanti di sovrintendente, ha determinato la bocciatura dell'emendamento medesimo;
   con decreto del Capo della polizia del 23 dicembre 2013 è stato indetto un concorso interno, per titoli di servizio e superamento di successivo corso di formazione professionale, a 7563 posti, per la nomina alla qualifica di vice-sovrintendente della polizia di Stato, concorso riservato agli appartenenti al ruolo degli agenti e assistenti della polizia di Stato che abbiano almeno 4 anni di servizio effettivo –:
   se il Ministro interrogato consideri l'indizione del concorso conforme a quanto previsto dai sopra citati commi dell'articolo 4 e se e come intenda agire per garantirne la loro compiuta applicazione, senza eccezioni, anche al comparto sicurezza e difesa. (5-02145)


   MATTEO BRAGANTINI e RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 febbraio 2012, l'interrogante e l'onorevole Vanalli presentavano l'interrogazione a risposta immediata n. 5-06170, al Ministro dell'interno del seguente tenore: «Per sapere – premesso che: il giorno 13 maggio 2011, a Lacchiarella (Milano), vi è stata una diffusione a mezzo stampa di uno scritto prodotto dal consigliere di maggioranza dell'amministrazione comunale di Lacchiarella, signor Fausto Franceschi, eletto regolarmente nella lista civica «Vivere Lacchiarella», il quale denuncia pubblicamente il grave fenomeno di evasione fiscale da parte della locale pro-loco, dell'abituale prassi di ricevere denaro da terzi senza emettere alcun tipo di fattura o ricevuta che attesti l'avvenuto incameramento di denaro, provento di affitti e usufrutti di strutture pubbliche di proprietà del comune di Lacchiarella, denunciando l'esistenza di un non chiaro e quantificabile «giro di nero» ovvero di denaro non tracciabile del quale non è chiara la sua destinazione e il suo utilizzo; viene altresì evidenziato dal signor Fausto Franceschi, che il sindaco pro-tempore signor Luigi Acerbi era stato avvisato da tempo, tramite lettere scritte dallo stesso Franceschi (la prima risalirebbe all'agosto del 2010) di quanto accadeva nella pro-loco, stigmatizzando che lo stesso Acerbi non ha mai presentato alcun atto formale o azioni d'indagine o di controllo a seguito della denuncia del consigliere comunale appartenente alla sua coalizione il quale evidenziava che il sindaco da tempo sapesse di quanto accadeva, che nulla era stato fatto e che esso fosse connivente; vengono nominati altri due consiglieri di maggioranza, dei quali non vengono esplicitati i nomi, che sono testimoni e vittime di questo tipo di gestione scorretta; il signor Fausto Franceschi, essendo anche consigliere della pro-loco di Lacchiarella, in quanto una rappresentanza di consiglieri comunali che di diritto occupano tre posti nel consiglio di amministrazione della pro-loco (2 di maggioranza e 1 di minoranza) a seguito del rilevante contributo elargito dalla giunta comunale pari a 30.350,00 euro l'anno, denuncia che all'atto della richiesta di visionare i bilanci della pro-loco ha ricevuto un categorico rifiuto da parte del presidente della pro-loco signor Campagnoli; il signor Fausto Franceschi denuncia che i consiglieri di maggioranza abbiano cercato di minimizzare e che mal sopportino la sua iniziativa facendo così supporre un ulteriore numero di soggetti, appartenenti alla maggioranza del gruppo consigliare «Vivere Lacchiarella», parimenti conniventi; gli organi di stampa hanno ripreso quanto accaduto su denuncia dei cittadini di Lacchiarella; l'8 giugno 2011 è comparso un articolo su La Padania – pagine 8 e 9 – e il 10 giugno 2011 la notizia è stata diffusa al TG di Primarete Lombardia e Telecolor–: se, a seguito della grave denuncia e alla comprovata mancanza di trasparenza e di un comportamento integerrimo da parte dei consiglieri comunali di maggioranza, non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali; in quella occasione il Ministro dell'interno pro tempore aveva risposto: «La richiesta viene posta in relazione alla gestione della pro-loco e alla asserita mancanza di vigilanza sull'associazione da parte dell'Amministrazione comunale. Al riguardo, ricordo che il Comune di Lacchiarella ha rinnovato i propri organi elettivi nel giugno 2009. Sindaco è stato eletto il dottor Luigi Acerbi alla guida di una lista in seno alla quale è stato eletto consigliere comunale Fausto Franceschi. Quest'ultimo secondo quanto riportato dal quotidiano La Padania l'8 giugno dello scorso anno, avrebbe lamentato irregolarità fiscali e opacità finanziaria nella gestione della locale pro-loco, asserendo la mancanza di vigilanza da parte del Sindaco e degli altri colleghi di maggioranza. Secondo quanto riferito dal locale Comando Provinciale della Guardia di Finanza, non risultano, al momento, elementi che confermino quanto riportato nell'articolo di stampa. In ogni caso, lo stesso Comando Provinciale ha avviato un'attività di indagine volta all'accertamento di eventuali irregolarità. Ricordo che per esercitare i poteri di rimozione e sospensione di amministratori locali – ai sensi dell'articolo 142 del Testo Unico sugli Enti locali – è necessaria l'esistenza, tra gli altri, di “gravi e persistenti violazioni di legge” ovverosia, secondo giurisprudenza consolidata, della reiterazione di azioni illegali o di comportamenti omissivi, trascurando colpevolmente l'adozione di atti obbligatoriamente connessi all'esercizio delle proprie funzioni. A tal fine, deve comunque essere dimostrata la persistenza di tali violazioni. Nell'assicurare che, nell'ambito dei poteri conferiti dalla legge, la situazione locale viene comunque seguita dalla Prefettura, voglio anche precisare che solo all'esito degli accertamenti in corso potranno essere valutate le relative risultanze, nel rispetto dei limiti che qualunque attività conoscitiva incontra quando si tratta di compiere verifiche sugli organi elettivi degli enti locali» –:
   alla luce di quanto esposto in premessa se sia noto quali siano stati gli sviluppi nell'ambito delle questioni riportate nella precedente interrogazione e se il Ministro intenda chiarire quali tipi di interventi siano stati attivati in relazione a quanto era stato preannunciato nella risposta fornita dal Ministro agli interroganti. (5-02146)


   DADONE e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in linea con le sentenze in primo e secondo grado, il 21 giugno 2012 la corte di tassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per «eccesso colposo in omicidio colposo» per Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto, gli agenti della Polizia di Stato per i quali è stato riconosciuto l'eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi per i fatti avvenuti nella notte del 25 settembre 2005 e inerenti alla morte di Federico Aldrovandi; in particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna;
   i poliziotti hanno beneficiato dell'indulto, che copre 36 dei 43 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l'attuazione di quest'ultima, scattano i provvedimenti disciplinari delle relative commissioni disciplinari, composte da funzionari di polizia e rappresentanti dei sindacati, delle questure dove nel frattempo i poliziotti erano stati trasferiti;
   il 29 gennaio 2013 il tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi (dato che 3 anni erano stati condonati dall'indulto) nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri;
   il 1o marzo 2013 è stata respinta l'istanza della difesa del quarto poliziotto, Enzo Pontani, e dunque anche quest'ultimo viene condannato in via definitiva e sconterà la pena detentiva;
   il 18 marzo 2013 Monica Segatto è stata scarcerata sulla base del decreto Severino (lo «svuota-carceri») dopo un mese di detenzione e ammessa al regime degli arresti domiciliari;
   il 23 gennaio 2814 si è venuti a conoscenza a mezzo stampa, come riportato dal «Il Fatto quotidiano» del medesimo giorno, che: «Dopo i sei mesi di detenzione e l'uguale periodo di sospensione due di loro – Monica Segatto e Luca Pollastri – sono già rientrati in servizio, scaduto il tempo dei mesi di sospensione decisi dalla disciplinare. Un terzo, Paolo Forlani, è stato reintegrato ma non tornerà per il momento in servizio, perché da tempo in cura per una «nevrosi reattiva», dovuta «alle vicende del processo e a tutto quello che ha vissuto – come spiega il suo legale Gabriele Bordoni –, con grande dolore, anche per la morte del ragazzo». Enzo Pontani dovrebbe ritornare in servizio a breve (per lui i tempi iniziano a decorrere un mese dopo rispetto ai colleghi per via del diverso iter giudiziario, “rallentato” a causa di un difetto di notifica)»;
   i quattro agenti non hanno mai espresso né mostrato pentimento per le azioni commesse ai danni di Federico Aldrovandi;
   l'agente Forlani ha insultato a mezzo Facebook, Patrizia Moretti (madre di Federico Aldrovandi) in data 25 Giugno 2012 scrivendo le seguenti parole come riportato dal «Corriere.it» nella medesima data: «Che faccia da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie»;
   in data 28 Marzo 2013, il Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, dichiarava, in seguito ad una manifestazione del sindacato di polizia COISP nella città di Ferrara del 27 marzo 2013 a sostegno degli agenti condannati, le seguenti frasi riportati dalla stampa italiana: «La polizia nel suo corpo è democratica – afferma in una intervista al Tg3 –, naturalmente dovrà lottare perché le mele marce vadano via, ma la maggioranza è un corpo sano». E ancora: «bisogna distinguere tra omicidio colposo e il disonore della divisa, bisogna vedere il punto di equilibrio tra questi due aspetti»;
   la Legge 1o aprile 1981, n. 121, recante «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, all'articolo 70, punto 6, secondo periodo, stabilisce che la destituzione dalla Polizia di Stato avvenga in «seguito di condanna definitiva per gravi delitti non colposi, di interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o di applicazione di una misura di sicurezza o di prevenzione se ne desume, leggendo il punto 8 della medesima disposizione, che per i delitti di tipo «colposo» la punizione massima per un'agente di Polizia possa arrivare alla pena massima di 6 mesi di sospensione dal servizio. Pena questa, assediata dalle commissioni disciplinari ai quattro agenti condannati per l'omicidio Aldrovandi;
   la medesima legge, all'articolo 70, comma 1, punto 6,  primo periodo inerente alla «disciplina e al provvedimento disciplinare» recita: «previsione che la destituzione venga inflitta per mancanze la cui gravità, desunta dalla specie o dalla reiterazione dei comportamenti in contrasto con i doveri e le esigenze del servizio di Polizia, renda incompatibile la permanenza del responsabile nell'Amministrazione della pubblica sicurezza»;
   la valutazione su «l'incompatibilità» e la «reiterazione del comportamento» citati nel primo periodo del punto 6, del comma 1 dell'articolo 70, sono fattispecie che avrebbero potuto portare alla destituzione dei quattro agenti (a anche solo uno di essi), nel caso fossero state riconosciute dalle commissioni disciplinari interne alla Polizia istituite dalle questure di competenza (che si sono venute a costituire secondo i criteri previsti dalla medesima legge 121 del 1981 all'articolo 70, punto 7), e quindi motivando la loro esclusione dai capi d'imputazione;
   il Ministro Cancellieri, come sopra citato, ad avviso dell'interrogante aveva aperto alla possibilità che queste fattispecie avessero potuto influire sulla destituzione dei quattro agenti in quanto la loro condotta considerata come «disonore alla divisa»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 737 (in Gazzetta Ufficiale, 14 dicembre, n. 342). – «Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti», cita, all'articolo 7: «La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio. La destituzione è inflitta: 1) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale; 2) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento; 3) per grave abuso di autorità o di fiducia; 4) per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati» –:
   quali siano i motivi in base ai quali le commissioni hanno ritenuto di applicare il provvedimento di sospensione dal servizio escludendo come pena massima la destituzione dal servizio stesso, se non intenda rendere note le motivazioni delle commissioni disciplinari interne alle questure di competenza che hanno giudicato e stabilito le pene per gli agenti di polizia Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto nonché il luogo di lavoro e le mansioni cui sono stati assegnati al loro rientro in servizio. (5-02147)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, PIAZZONI e COSTANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da diversi quotidiani, tra cui il Corriere della Sera del 5 febbraio 2014, che il maltempo nella regione Lazio ha fatto esplodere il caso del Cara di Castelnuovo di Porto;
   il centro ospita circa 800 rifugiati e richiedenti asilo politico alloggiati in condizioni che, in questi giorni, dopo l'alluvione, sono state definite da chi ha visitato il centro, tra i quali il consigliere comunale Peciola, assolutamente disumane;
   sempre da fonti giornalistiche si apprende inoltre che 94 persone rimangono alloggiate provvisoriamente al secondo piano in attesa che venga fatta una perizia sulle stanze del piano terra, in particolare sull'impianto elettrico, per verificare che ci siano le necessarie condizioni di sicurezza;
   con 800 rifugiati e richiedenti asilo politico, di cui 80 minori, il centro CARA di Castelnuovo di Porto è una delle realtà sociali più colpite dall'alluvione del Tevere;
   il consigliere Peciola, al termine del sopralluogo al CARA, commentando davanti alla stampa, ha constatato che «l'emergenza non è finita, sono ancora in corso gli interventi di ripristino per i danni subiti. È una situazione ancora molto precaria per i rifugiati e richiedenti asilo politico ed è in corso la riorganizzazione del funzionamento della struttura. Il Cara di Castelnuovo di Porto è un luogo strutturalmente disumano»;
   una ulteriore difficoltà nasce dal fatto che tra gli ospiti del centro non ci sono solo giovani immigrati ma anche persone appartenenti a categorie deboli; nel Cara infatti, ha spiegato Peciola, sono presenti mamme con bambini anche molto piccoli, che non possono rimanere nella struttura in quelle condizioni, ma che devono essere urgentemente trasferiti in luoghi più adatti –:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati e se non ritenga urgente procedere ad una approfondita verifica delle condizioni del Cara di Castelnuovo di Porto, al fine di intervenire rapidamente per garantire la sicurezza della struttura nonché per fornire agli ospiti del Cara una sistemazione adeguata e rispettosa della dignità umana. (5-02135)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO, D'ARIENZO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 gennaio 2012 a Venezia il Ministro interrogato, il presidente Luca Zaia, i rappresentanti di province e comuni e i prefetti veneti hanno sottoscritto il protocollo per la legalità contro le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici;
   nel documento all'articolo 5 viene sancita la validità per due anni a decorrere dalla firma e l'impegno delle parti ad avviare, tre mesi prima della scadenza del protocollo, un confronto per il rinnovo dello stesso;
   con questo protocollo le parti si sono obbligate a dare corso a misure come la stazione unica appaltante su base provinciale, per prevenire l'inquinamento delle gare, il sostegno agli enti locali nelle procedure di sequestro e confisca dei beni appartenenti a condannati per associazione mafiosa, un fondo di rotazione per estinguere le ipoteche su beni confiscati, il sostegno alle vittime di reati connessi al crimine organizzato, l'istituzione di un osservatorio regionale;
   dalle notizie apparse sulla stampa sembra che nessuna di queste misure abbia trovato esecuzione nonostante i numerosi casi di presenza delle organizzazioni criminali e le conferme ottenute dagli organi di polizia sul fenomeno dell'infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici;
   in particolare il protocollo avrebbe dovuto determinare l'obbligo dei controlli e dell'acquisizione dei dati anche per i sub-appaltatori e sub-contraenti, da sempre un ruolo chiave per le imprese controllate dalle mafie, in particolare nel settore del movimento terra, e non solo per appaltatori e subcontraenti;
   inoltre il protocollo assegnava alle prefetture, in coerenza con la legge quadro antimafia, un ruolo centrale nel controllo delle informazioni e della documentazione;
   nonostante l'importanza di questo strumento nella lotta alle mafie e per la legalità, ad oggi, non risulta avviata alcuna attività di verifica per il rinnovo del protocollo stesso che rischia di scadere nei prossimi giorni –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se trovi conferma che il protocollo rischia di scadere senza alcuna attività di verifica propedeutica al rinnovo della validità da parte delle istituzioni competenti;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che uno strumento tanto prezioso venga a scadenza;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per rinnovare l'accordo e per potenziare il controllo sull'infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici in Veneto. (4-03560)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'area metropolitana di Napoli, purtroppo, è una zona ad alta densità delinquenziale e camorristica;
   anche per quanto premesso sopra a Napoli città, come in altre venti province italiane, i militari delle Forze armate sono schierati al fianco delle forze dell'ordine, nell'operazione denominata «Strade Sicure»;
   nell'ambito dell'area metropolitana di Napoli, il comune di Acerra sta attraversando da lungo tempo un periodo terribile dovuto ad una presenza criminale forte e determinata in una area di 54 chilometri quadrati difficile da tenere sotto controllo vista l'attuale situazione di uomini e mezzi delle forze di polizia a tutela del territorio di riferimento;
   l’escalation di violenze, furti, aggressioni, rapine ed efferati omicidi è tale che di recente il sindaco di Acerra ha dovuto rivolgere un accorato appello al prefetto di Napoli in cui chiedeva la convocazione urgente del comitato per l'ordine e la sicurezza della provincia;
   ad oggi i cittadini onesti sono costretti, come in una specie di «copri-fuoco» ante litteram, a rinchiudersi nelle proprie case. Case, anch'esse insicure, viste le aggressioni e le rapine nelle abitazioni con l'aggravante di una ferocia inaspettata ed improvvisa a danni delle persone presenti nell'immobile rapinato;
   la sensazione che predomina negli animi e nei cuori delle persone perbene di questa porzione di Italia è di abbandono e di delusione nei riguardi delle istituzioni statali e locali, come evidenziato dalle decisioni di alcuni giovani imprenditori di rinunciare all'apertura serale del pub di loro proprietà, a causa delle violenze e dei soprusi di balordi e delinquenti a cui erano sottoposti durante la locale «movida»;
   la presenza delle forze dell'ordine nel comune di Acerra si limita, per così dire, ad un Commissariato di polizia e ad una caserma dell'Arma dei carabinieri che nonostante l'altissimo impegno profuso sembrano in evidente e indubitabile carenza di uomini e mezzi rispetto al fenomeno descritto;
   a giudizio dell'interrogante, che fa propria una proposta dell'Associazione meridiana di Acerra, la soluzione è rappresentata dal progetto statale «strade sicure» che vede l'intervento dell'Esercito in affiancamento alle forze dell'ordine non solo nelle città capoluogo, ma anche nei comuni come Acerra che insistono in quelle aree metropolitane che necessitano di intervento;
   la presenza fisica e numerosa dell'Esercito, magari dei paracadutisti o dei fanti di Marina, infonderebbe fiducia nella popolazione, libererebbe risorse alla polizia e ai carabinieri per compiti di sicurezza più efficaci che non il semplice pattugliamento e infonderebbe un maggior timore nei criminali che scorrazzano ed imperversano nella zona;
   l'emergenza dell'ordine pubblico di Acerra e della Campania è simile o di poco superiore a quello di altre porzioni del territorio nazionale e meriterebbe maggiore e migliore attenzione da parte delle istituzioni ed una più efficacia azione di contrasto –:
   quale sia l'effettiva condizione di organico e mezzi delle forze dell'ordine nel comune di Acerra, così come nel comparto sicurezza inteso nella sua interezza, rispetto alla pianta organica prevista dai competenti ministeri e se intenda, ove accertata la carenza, provvedere e ripianare le carenze d'organico;
   quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati per ristabilire l'ordine e la legalità nella zona di Acerra e nelle altre province italiane e se ritengano possibile che queste possano essere interessate concretamente dall'operazione «strade sicure». (4-03563)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali e nazionali, emerge l'ennesimo episodio di criminalità verificatosi nella città di Salerno;
   in particolare, due malviventi, in sella ad una moto e con i volti coperti dal casco, l'11 gennaio 2014, si sono affiancati all'Audi di un malcapitato automobilista fermo nel traffico cittadino di via Carmine e sotto la minaccia di una pistola hanno tentato di rapinarlo del suo costoso orologio;
   fortunatamente questa volta la rapina non è andata a segno perché, come anche raccontato dai diversi pedoni che in quel momento erano fermi in attesa di passare all'incrocio, i due banditi, sorpresi dalla rapida reazione dell'automobilista, che ha chiuso il finestrino e ha abbassato la chiusura della portiera, si sono dileguati in direzione dell'autostrada;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa locali, dalla descrizione della motocicletta, presumibilmente già utilizzata in una precedente rapina, i poliziotti avrebbero ipotizzato che si tratta di due malviventi napoletani;
   gli equipaggi di polizia dell'ufficio prevenzione generale, immediatamente allertati dai testimoni, si sono posti immediatamente alla ricerca dei due malviventi, sulle cui tracce sarebbero anche i colleghi della squadra mobile di Napoli;
   episodi simili, talvolta ben più violenti, si sono verificati in passato: solo pochi mesi fa nel mirino dei banditi era finito un imprenditore del settore autotrasporti di Colliano (SA) che, affiancato da una moto con a bordo due persone che indossavano dei caschi integrali è stato costretto, sotto la minaccia di una pistola, a consegnare l'orologio del valore di dodicimila euro;
   tale preoccupante quadro è stato confermato dal rapporto statistico dell'Istat «Noi Italia», secondo cui nel 2012 le rapine denunciate alle autorità sono state oltre 42 mila, in aumento rispetto al 2011 (+ 5,1 per cento), con un'incidenza del fenomeno più grave nel Mezzogiorno, il cui dato sarebbe influenzato proprio dal livello particolarmente elevato della Campania (169,6 rapine per 100 mila abitanti);
   i numerosi episodi di violenza e criminalità, denunciati in più occasioni dall'interrogante, mettono a rischio l'incolumità dei cittadini e riducono il livello della qualità di vita dei cittadini, danneggiando oltremodo l'immagine del territorio;
   appare evidente la necessità di un immediato e incisivo potenziamento di tutte le strutture e attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché di prevenzione e di repressione delle condotte criminose –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno, considerato il costante incremento della criminalità locale, adottare tempestivi provvedimenti per assicurare un sistema più continuo, puntuale ed efficiente di monitoraggio e vigilanza nell'intera provincia di Salerno. (4-03569)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PES, MURA e GIOVANNA SANNA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna è tra le regioni italiane più colpite dalla dispersione scolastica, uno studente su quattro (25,83 per cento) lascia la scuola prima del tempo, come segnalano puntualmente le statistiche nazionali;
   nel 2011-2012, arco temporale dell'ultima rilevazione statistica del Miur, le cifre sono molto preoccupanti: per la scuola secondaria di I grado, la percentuale di abbandono scolastico è dello 0,41 per cento, seconda dopo la Sicilia (con lo 0,47 per cento degli iscritti), seguita dalla Campania (con lo 0,36 per cento), dalla Puglia (0,29 per cento) e dalla Calabria (0,19 per cento);
   anche nella scuola secondaria di II grado le percentuali di alunni «a rischio di abbandono» sono molto alte e l'isola si colloca al primo posto (con il 2,64 per cento degli iscritti a inizio anno), seguita dalla Sicilia (con l'1,6 per cento) e dalla Campania (con l'1,36 per cento);
   una delle cause che determina il fenomeno dispersivo è la particolare conformazione geografica dell'isola che presenta un sovraffollamento di popolazione lungo la costa, con classi che raggiungono oltre i 30 alunni e uno spopolamento nelle zone interne ove le scuole, situate in zone poco collegate e difficili da raggiungere, a causa delle carenze infrastrutturali, spesso sono accorpate;
   in Sardegna nel 2010, l'esiguo numero dei diplomati e quello degli iscritti all'università, pari al 13 per cento per l'anno accademico 2010 hanno contribuito ad alzare l'indice della disoccupazione giovanile che nella fascia d'età tra i 15 e i 24 anni, raggiunge il 40 per cento e in quella tra i 25 e i 34 anni, oltre il 20 per cento;
   nel decreto istruzione del 12 settembre 2013, l'articolo 7 ha introdotto alcune misure dirette ad affrontare il fenomeno della dispersione scolastica, con particolare attenzione alle aree del Paese che risultano a maggiore rischio di evasione dell'obbligo;
   l'articolo prevede l'avvio, già dall'anno scolastico 2013-2014, di un programma sperimentale di didattica integrativa che contempla anche il prolungamento dell'orario scolastico per gruppi di studenti con particolare riferimento alla scuola primaria;
   il chiaro obiettivo è il rafforzamento delle competenze di base e dei metodi didattici, attraverso soluzioni innovative dirette proprio agli studenti a maggior rischio di abbandono scolastico, nonché quello di rendere le scuole spazi aperti alle famiglie e alla comunità e luoghi di coesione sociale;
   in data 7 febbraio 2014, il Ministro interrogato ha firmato il bando nazionale con il quale sono stabiliti i termini e le modalità per l'avvio, in via sperimentale, del suddetto programma di didattica integrativa e innovativa, al fine di ridurre il numero di abbandoni non formalizzati nel corso dell'anno scolastico e nel passaggio da un anno scolastico all'altro, nonché la riduzione del numero delle ripetenze e debiti formativi nella scuola secondaria di secondo grado;
   il riparto delle risorge del bando, secondo il disposto dell'articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 104 del 2013, è definito per ambiti regionali, sulla base della popolazione scolastica, corretto dal tasso di dispersione scolastica, come da allegato B;
   nella tabella di riparto di finanziamento, allegato B, si evince che, però, rispetto all'alto tasso di dispersione scolastica presente nella Sardegna, viene considerato primario il numero della popolazione scolastica presente nelle altre regioni, ove il tasso di abbandoni è di gran lunga inferiore –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per abbattere il fenomeno alto della dispersione scolastica sul territorio sardo, anche in considerazione del fatto che la Commissione europea, con la Strategia 2020, ha posto l'obiettivo di ridurre a meno del 10 per cento il tasso di dispersione scolastica, perché esso rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi membri. (5-02128)


   D'UVA, MARZANA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha inteso disciplinare «le modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2014-15»;
   l'articolo 34 della Costituzione italiana recita: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»;
   tale principio è strettamente collegato a quanto previsto dall'articolo 3 della Carta Costituzionale, secondo il quale «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
   nonostante tali disposizioni costituzionali la legge della Repubblica italiana 2 agosto 1999, n. 264, ha introdotto nell'ordinamento alcune limitazioni al libero accesso al sistema universitario degli studenti, programmando, per i corsi di laurea di cui agli articoli 1 e 2, il numero dei posti disponibili;
   in particolare, l'articolo 3 della legge 2 agosto 1999, n. 264, regola i criteri che dovranno essere utilizzati per determinare annualmente il numero dei posti a livello nazionale da assegnare ai singoli atenei per i corsi di cui all'articolo 1, quali medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria;
   secondo quanto disposto dallo stesso articolo, tale determinazione dovrà essere disposta, con proprio decreto, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo»;
   per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria, il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, ha recentemente sancito che, per ciascun ateneo interessato dalla graduatoria nazionale, il numero di posti disponibili dovrà essere pari all'80 per cento di quelli attribuiti nell'anno accademico 2013/2014;
   lo stesso decreto ministeriale evidenzia come la drastica riduzione del numero dei posti disponibili venga disposta «in attesa del perfezionamento delle procedure di determinazione del numero definitivo di posti disponibili per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico di Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Medicina Veterinaria, anche in relazione al fabbisogno che sarà comunicato dal Ministero della Salute»;
   nonostante le tutele costituzionali e le disposizioni normative sin qui riportate, il Ministero prevede un taglio del 20 per cento dei posti da assegnare per i corsi di laurea a numero programmato in medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria, assumendo tale decisione in assenza dei fondamentali dati sul fabbisogno del personale medico-sanitario che, così come riporta lo stesso decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, ancora devono essere comunicati dal Ministero della salute;
   il Ministero sembra così non aver tenuto conto né della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario né, tantomeno, del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo, criterio al quale un sistema universitario efficiente dovrebbe sempre far riferimento, soprattutto in presenza di tagli così severi e di disposizioni legislative, quali l'articolo 3 della legge 2 agosto 1999, n.264, che espressamente lo prevedono;
   una tale riduzione non può, ad avviso degli interroganti, trovare giustificazione nel ridurre il numero di studenti senza utile occupazione al termine del proprio corso di studi, dal momento che alcuni corsi di laurea magistrale, che ad oggi non prevedono alcuna limitazione al libero accesso, immettono nel mercato del lavoro un numero di professionisti che solo in alcune regioni italiane arriva a superare le percentuali di interi Stati europei –:
   se intenda adoperarsi affinché venga immediatamente ridefinita la quota dei posti disponibili da assegnare per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico di medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria, attribuendo a ciascun ateneo interessato dalla graduatoria nazionale un numero di posti almeno pari al 100 per cento di quelli attribuiti nell'anno accademico 2013/2014, almeno in attesa dei dati ufficiali provenienti dal Ministero della salute relativi a fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo nel settore medico-sanitario. (5-02132)


   GHIZZONI, COSCIA, CAROCCI, ASCANI, NARDUOLO, ROCCHI, MANZI, IORI, BLAZINA e ZAMPA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha istituito l'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia;
   la prima tornata per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale è stata bandita con decreto direttoriale n. 222 del 20 giugno 2012;
   dopo ripetute proroghe il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni giudicatrici per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale era fissato al 30 novembre 2013 per tutti i settori concorsuali, ben oltre i cinque mesi e sessanta giorni dalla pubblicazione del bando come previsto dalla legge n. 240 del 2010;
   sul sito ufficiale dell'abilitazione scientifica nazionale (abilitazione.miur.it) risultano pubblicati i risultati relativi a poco più della metà dei settori concorsuali, con notevoli differenze tra le aree disciplinari: alcune con tutti i settori concorsuali conclusi, altre con meno della metà;
   risultano, anche formalmente prorogati per decreto ministeriale i lavori delle commissioni giudicatrici di circa il 20 per cento, dei settori concorsuali, mentre per circa il 10 per cento dei settori concorsuali risulta che le commissioni giudicatrici, pur avendo concluso i lavori, sono state autorizzate a riesaminare i risultati in autotutela;
   tale situazione sembra confermare, come segnalato sin dall'inizio da più parti (si veda ad esempio la mozione n. 1-01152 presentata alla Camera il 26 settembre 2012 dall'onorevole Mazzarella e da deputati di tutti i gruppi parlamentari), la farraginosità e la difficile verificabilità delle procedure fissate per il conseguimento dell'abilitazione, al termine delle quali risulterà inevitabile la nascita di un corposo contenzioso nonostante il tentativo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, con nota circolare n. 754 dell'11 gennaio 2013, aveva cercato di chiarire molti aspetti controversi della normativa procedurale, evidentemente senza molto successo;
   si susseguono sui siti specializzati analisi statistiche e testuali molto accurate sui verbali delle procedure di abilitazione finora concluse che mettono in evidenza notevoli disparità tra le aree disciplinari e tra i settori concorsuali, giudizi di alcune commissioni solo formalmente ben motivati nel merito, veri e propri paradossi come ad esempio il caso di un candidato abilitato per la prima fascia ma non per la seconda fascia del medesimo settore concorsuale (si veda ad esempio l'intervento del 29 gennaio 2013 a firma di Moreno Marzolla sul sito www.roars.it);
   nel frattempo è stata bandita, con decreto direttoriale n. 161 del 28 gennaio 2013, anche la seconda tornata dell'abilitazione scientifica nazionale, il cui termine per la presentazione delle domande è scaduto il 31 ottobre 2013 –:
   quando sia prevista la pubblicazione dei risultati della prima tornata dell'abilitazione scientifica nazionale per tutti i settori concorsuali e quali siano le ragioni del ritardo nella comunicazione dei risultati per il 44 per cento dei settori e quali quelle per le proroghe dei lavori delle commissioni relative al 20 per cento dei settori;
   quali siano le ragioni che hanno indotto finora il 18 per cento delle commissioni che avevano già approvato i loro verbali conclusivi a richiedere in autotutela la riapertura dei lavori;
   se siano stati presentati ricorsi in via giurisdizionale contro l'operato delle commissioni giudicatrici e, in caso affermativo, quanti siano, a quali settori concorsuali si riferiscono e quali ne siano le principali motivazioni;
   quale giudizio dia il Ministro della situazione complessiva e quali provvedimenti intenda proporre per ovviare, nella seconda tornata dell'abilitazione scientifica nazionale e nelle successive, alle disfunzioni emerse. (5-02137)


   DURANTI, FRATOIANNI e PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto superiore di studi musicali «Giovanni Paisiello» di Taranto è uno dei più prestigiosi enti musicali del Paese, vanta una tradizione che risale al 1927, anno di fondazione, e rappresenta oggi la più antica scuola per la formazione musicale attiva, della regione Puglia;
   con la legge 21 dicembre 1999, n. 508 «Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati» l'istituto «Giovanni Paisiello» è inserito, ai sensi del comma 2 dell'articolo 2, nell'ambito del sistema dell'Afam (alta formazione artistica e musicale) del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   sin dall'anno 1945 l'istituto è finanziato dall'ente provincia di Taranto ed, oggi, è il naturale punto di riferimento del sistema della formazione artistica anche dei territori limitrofi, accogliendo allievi che provengono dalle vicine regioni Basilicata e Calabria; attualmente ospita oltre 500 alunni, i docenti, circa settanta, e i dieci lavoratori amministrativi appartengono e vengono retribuiti dall'ente locale provinciale;
   nell'anno 2013 la provincia di Taranto ha rappresentato, a causa delle difficoltà economiche derivanti dalla riduzione dei finanziamenti agli enti locali, l'impossibilità di continuare a farsi ulteriormente carico degli oneri economici relativi al funzionamento dell'istituto ed ha formalmente deliberato la richiesta di statizzazione ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della citata legge n. 508 del 1999;
   è stato approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge e, comunque, fa parte, dell'attuale dibattito politico l'abolizione e, comunque, il superamento delle funzioni delle attuali province;
   il comma 4 dell'articolo 19 «Alta formazione artistica, musicale e coreutica» del decreto-legge 12 settembre 2013, n.104, «Recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2013, n.128, ha previsto un ulteriore intervento di natura economica per il solo anno 2014 al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie e «nelle more di un processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica»;
   anche nella XVII legislatura, sia al Senato della Repubblica che alla Camera dei deputati, sono stati presentati numerosi disegni e proposte di legge recanti «norme per la statizzazione (a regime) degli istituti musicali pareggiati» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile un'iniziativa normativa per il reperimento di risorse straordinarie al fine di garantire la piena e non aleatoria sussistenza dell'istituto «Giovanni Paisiello» messa in discussione dalla delibera della provincia di Taranto e se non ritenga da concludere «l'attesa», che dura ormai dal 1999 e per oltre 15 anni, del (così definito ufficialmente) graduale processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica.
(5-02143)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 febbraio 2014 è stato pubblicato il decreto ministeriale n. 85 «Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2014-15». Il decreto introduce due elementi: innanzitutto che le prove selettive per l'accesso ai corsi di laurea di medicina, odontoiatria e veterinaria vengano svolte nei giorni 8, 9 e 10 aprile; inoltre, propone una drastica riduzione dei posti disponibili per l'accesso alle predette facoltà;
   la riduzione di posti disponibili per l'accesso a medicina, rispetto al 2013, è di 2.239, circa il 23 per cento, in meno; stesso discorso per veterinaria, con soli 632 posti disponibili rispetto agli 825 dell'anno precedente, e odontoiatria, con 787 posti a fronte dei 984 del 2013. Questa riduzione di posti disponibili, se confermata dal Ministero della salute sulla base del fabbisogno nazionale, genera non poche preoccupazioni e perplessità, sia dal punto di vista della negazione del diritto allo studio per decine di migliaia di studenti, sia dal punto di vista della qualità del servizio sanitario nazionale. Di fatto, nel 2018 si stima che ci saranno 22.000 medici in meno, per effetto delle scelte e delle restrizioni compiute in questi anni, a partire dal blocco del turn over; la riduzione costante di possibilità di accesso ai percorsi formativi per personale sanitario, induce a temere ulteriori e consistenti tagli al servizio sanitario e al diritto alla salute;
   la scelta di anticipare le prove selettive ad aprile, assunta per decreto in totale autonomia, senza alcun confronto preventivo con il mondo studentesco, né alcuna forma di preavviso, costituisce un ulteriore ostacolo per gli studenti che aspirino a intraprendere la professione, visto che in questi mesi gli studenti sono impegnati nella preparazione degli esami di maturità. Inoltre, l'incertezza riguardo ai posti disponibili, sui quali dovrà, come già detto, esprimersi il Ministero della salute, rende tutto ancora più indefinito e nebuloso. Di per sé, l'accesso programmato e i meccanismi valutativi per l'ingresso costituiscono di fatto una forte limitazione al diritto allo studio e poco hanno a che fare con la volontà di premiare il merito e le capacità, ma se si aggiungono elementi arbitrari e improvvisi, per molti diventa praticamente quasi impossibile anche solo provare a realizzare le proprie aspirazioni –:
   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ritenga più corretto lo svolgimento dei test d'ingresso a settembre, considerato il poco tempo disponibile per gli studenti e la concomitanza con la preparazione degli esami di stato;
   se i Ministri non ritengano doveroso e corretto mettere in discussione, attraverso il confronto con le organizzazioni di categoria, il sistema degli accessi programmati alle università e se non ritengano utile programmare un nuovo sistema d'accesso, più rispettoso del diritto allo studio e più efficace dal punto di vista della formazione delle competenze;
   quali siano i calcoli alla base della determinazione del fabbisogno nazionale di personale medico e se la costante riduzione dei posti disponibili ai percorsi di formazione per le professioni sanitarie,
sia strettamente connesso alle intenzioni politiche di ridimensionamento del servizio sanitario nazionale. (4-03553)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 10 febbraio 2014 stata ufficializzata da un comunicato stampa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la firma, da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del decreto ministeriale previsto dall'articolo 7 del decreto-legge «L'Istruzione riparte», che punta a rafforzare gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche per diminuire il fenomeno degli abbandoni precoci dei percorsi di studio, a ridurre le ripetenze e i debiti formativi;
   si tratta di un programma di didattica integrativa e innovativa per il contrasto della dispersione scolastica, grazie al quale tutti gli istituti comprensivi e le scuole secondarie di secondo grado potranno presentare entro il 28 febbraio progetti per attività didattiche relative agli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015 finalizzate alla prevenzione del disagio causa di abbandoni scolastici precoci, al rafforzamento delle competenze di base ed all'integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana;
   i progetti verranno selezionati da apposite commissioni valutatrici sulla base dell'impatto previsto sugli indicatori del rischio di dispersione scolastica, del grado di innovazione didattica, della trasferibilità delle azioni proposte e della solidità delle partnership;
   particolare attenzione verrà rivolta a quelle azioni che sono già state sperimentate con successo e che vedono il coinvolgimento diretto degli enti locali;
   i progetti selezionati riceveranno un finanziamento destinato alla realizzazione di percorsi didattici personalizzati e per piccoli gruppi di studenti a rischio abbandono e ad attività integrative rivolte a tutti gli studenti, anche attraverso il prolungamento dell'orario scolastico;
   il finanziamento totale a disposizione è di 15 milioni di euro, ed il decreto ministeriale fissa anche la ripartizione di tali fondi tra le varie regioni;
   analizzando i numeri forniti dallo stesso provvedimento emerge una situazione paradossale: alle regioni del Mezzogiorno, dove abbandoni scolastici e bocciature sono abbondantemente sopra la media nazionale e le competenze in lettura e matematica sono tra le più scarse d'Europa, arrivano meno fondi rispetto alle regioni dell'Italia settentrionale e centrale;
   alla Lombardia, per esempio, dove la dispersione tocca il 15,34 per cento, il decreto assegna 2,2 milioni di euro, mentre alla Campania, dove il fenomeno sfiora il 22 per cento, quasi il 50 per cento in più rispetto alla Lombardia, sono assegnati solo 1,8 milioni di euro;
   a quanto pare, la ripartizione dei fondi è stata effettuata non tenendo conto delle cifre della dispersione, ma in base al numero di alunni iscritti in ogni singola regione: per fare un esempio la Sicilia, che ha una dispersione pari quasi al doppio di quella del Lazio (25 per cento a fronte del 13 per cento) ma solo pochi alunni in più, riceverà 1,56 milioni di euro contro il milione e 361 mila euro assegnato alla regione Lazio;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha spiegato le ragioni di questa scelta affermando che i dati in possesso del Ministero mostrano come anche nelle periferie urbane del centro-nord gli abbandoni abbiano raggiunto e superato i livelli di guardia, e che inoltre le regioni meridionali, in particolare Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, hanno già potuto usufruire di fondi europei per il biennio in corso;
   ciononostante appare evidente come le perplessità permangano in merito alla scelta di utilizzare come parametro per la ripartizione dei fondi il numero di alunni iscritti e non i dati disponibili relativi alla dispersione scolastica;
   peraltro è da sottolineare come il decreto sia stato elaborato senza alcuna forma di dialogo e confronto con i sindacati, nonostante con tutta probabilità i progetti approvati siano destinati a vedere impegnati anche i docenti interni alle scuole;
   i fatti narrati sono riportati anche dall'articolo pubblicato l'11 febbraio 2014 dall'edizione online de La Repubblica con il titolo «Scuola, il pasticcio dei fondi per combattere la dispersione» –:
   quali iniziative intenda il Ministro assumere in merito;
   se non ritenga doveroso studiare delle correzioni per riequilibrare la ripartizione dei finanziamenti così da intervenire con maggiore decisione sulle regioni dove più alto è il tasso di dispersione scolastica. (4-03554)


   GASPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 in occasione della giornata europea contro ogni forma di atteggiamento pregiudiziale basata sull'orientamento sessuale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca invitò tutte le scuole ad attivarsi con dibattiti e iniziative, cosa che non è avvenuta nel 2013 –:
   se il Ministro interrogato intenda mandare una circolare a tutti i dirigenti scolastici affinché il 17 maggio 2014, in occasione della «giornata mondiale contro l'omofobia», ci sia attenzione da parte delle nostre scuole su questo tema perché oggi più che mai è necessario aiutare i nostri giovani al rispetto delle diversità e dei diritti umani, considerato che alcune associazioni hanno fatto presente all'interrogante l'importanza che sia il Ministero a sollecitare i dirigenti scolastici a promuovere iniziative coinvolgendo anche le associazioni del territorio impegnate su questo tema. (4-03562)


   PRATAVIERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Venezia il comune ha pensato di dotare gli asili nido della città lagunare di quarantasei fiabe «per bambini», a sfondo gay, regolarmente acquistate per diecimila euro e distribuite in migliaia di volumi;
   si tratta di storie in cui compaiono nuclei familiari con due madri, con due padri e simili; c’è ad esempio quella intitolata «E con Tango siamo in tre», dove due pinguini maschi covano un uovo;
   l'iniziativa ha raccolto pesanti critiche: è il caso di Tiziana Agostini, assessore comunale alle politiche educative, secondo la quale: «Non è assolutamente possibile che i materiali arrivino direttamente nelle mani di piccoli e piccolissimi senza una adeguata valutazione dei tecnici e del personale competente... I bambini non devono mai essere usati come bandiera politica. E bisogna sempre tener conto delle varie sensibilità della nostra società. Le educatrici sono preparate per affrontare i problemi quando si pongono: i corsi di aggiornamento su questi temi li ha organizzati questo assessorato, ma ritengo inutile porre problemi quando non ce ne sono»;
   ad avere questa idea è stata Camilla Seibezzi, delegata del sindaco per le politiche contro le discriminazioni, anche se lo stesso ne ha sconfessato l'operato, infastidito dal clamore generato, la delegata è la stessa persona che, qualche tempo fa, aveva proposto l'abolizione dei termini «mamma» e «papà» dai documenti ufficiali, per sostituirli con i termini freddi e innaturali «genitore 1» e «genitore 2»;
   questi libri sono diventati ormai un caso politico che divide la maggioranza; la lista «In Comune» difende l'operato della Seibezzi, il Pd difende il progetto nel merito, ma non dei modi, l'Udc chiede al sindaco di ritirarle la delega;
   quello che viene spacciato come un passo importante contro l'omofobia (ma che ad avviso dell'interrogante è una violenza contro natura fin dalla più tenera età), potrebbe diventare operativo già da subito, e i piccoli degli asili nido di Venezia potrebbero crescere ritenendo che la forma naturale di famiglia sia quella omosessuale, sulla base di quella che all'interrogante appare una dittatura culturale vigente nel nostro Paese;
   queste sconsiderate iniziative genereranno nei piccolissimi lettori distorsioni pesanti circa la sessualità e le funzioni materne e paterne; certi argomenti, in futuro, inevitabilmente si presenteranno all'attenzione dei ragazzi, ma ciò dovrà avvenire nel tempo e nel modo adeguati, se affrontati troppo in anticipo, i bambini verrebbero a perdere le poche certezze e i pochi riferimenti che hanno ancora;
   l'intento sbandierato dalla sinistra più radicale è quello di combattere l'omofobia attraverso le favole, già a partire dall'asilo nido, ma la realtà è l'indottrinamento omosex fin dall'età più tenera;
   è inammissibile che sia il singolo amministratore a decidere i libri da mandare alle scuole. Guai se la politica fa educazione, spaventa che una sola persona decida cosa far leggere;
   è da censurare pesantemente l'operato della delegata del sindaco di Venezia e sarebbe, secondo l'interrogante opportuna una sua immediata rimozione dall'incarico fiduciariamente affidatole e che non rispetta più i criteri della delega e anzi va ben oltre la stessa –:
   di quali elementi disponga sulla vicenda di cui in premessa e come sia stato possibile che questo materiale sia arrivato nelle mani degli insegnanti senza condivisione dei consigli di classe, d'istituto, del collegio docenti e del dirigente scolastico considerato che argomenti extracurricolari come l'educazione sessuale e altro vanno condivisi e autorizzati in primis dai genitori. (4-03580)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CULOTTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto l'ammissione alla cosiddetta «legge Marzano» di Valtur s.p.a. ha portato ad una gestione commissariale della suddetta società; gestione culminata con la cessione del perimetro oggetto di vendita ad Orovacanze, società aggiudicatrice del bando;
   sul villaggio di Pollina, alla data di pubblicazione del bando di gara, Valtur non aveva un valido titolo di detenzione dell'immobile in ragione dell'intervenuta risoluzione del contratto di locazione, motivo per cui il relativo ramo d'azienda risultava composto dai soli arredi, attrezzature e personale. Inoltre, su quel sito insisteva un contenzioso tra Unicredit Leasing e Invitalia, relativamente alla proprietà dell'immobile, ad oggi non ancora concluso;
   così, la struttura non è stata ritenuta di interesse strategico per la società subentrante;
   questo ha determinato la mancata apertura del villaggio di Pollina nella scorsa stagione estiva causando la perdita del posto di lavoro per oltre 100 dipendenti, con un conseguente danno economico a tutta l'area in cui la struttura è ubicata;
   a questo va aggiunto che gli ex lavoratori Valtur di Pollina sono a quanto consta all'interrogante creditori nei confronti della società di alcune mensilità rimaste insolute;
   tali somme, per cui i lavoratori hanno avanzato insinuazione al passivo, dato il fallimento di Valtur, devono essere erogate dal fondo di garanzia dell'INPS;
   l'istituto ha provveduto a richiedere ai commissari straordinari, copia del modello SR52 in formato telematico in sostituzione del modello cartaceo, che risulta essere stato inoltrato insieme alla copia autentica di non opposizione e allo stato passivo, ma allo stato attuale le somme spettanti ai beneficiari non sono ancora state assegnate –:
   considerato che gli ex dipendenti Valtur risultano ad oggi disoccupati e in quanto lavoratori stagionali non percepiscono alcuna indennità di disoccupazione, se il Ministro interrogato intenda attivarsi in modo urgente per far sì che si arrivi alla liquidazione di tali somme, alleviando in tal modo un momento di grave crisi che gli stessi lavoratori, le loro famiglie e a cascata tutto il territorio stanno attraversando. (5-02136)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, TRIPIEDI, CIPRINI, RIZZETTO e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il sito Repubblica, attraverso un articolo a firma Daniele Autieri, pone l'attenzione sul documento n. 1091, registrato al protocollo il 10 gennaio 2014 e che al suo interno contiene la Relazione sul bilancio di previsione per il 2014, «un lungo rendiconto finanziario di 85 pagine dentro le quali si trova il dato più preoccupante: nel corso dei prossimi mesi il patrimonio dell'istituto sarà azzerato»;
   dal documento suddetto si evince inoltre che: secondo la relazione di Mastrapasqua, confermata nel quadro generale per il 2014 redatto dal direttore generale Mauro Nori, negli ultimi quattro anni il paracadute patrimoniale dell'istituto è stato consumato ed è passato dai circa 40 miliardi di euro del 2009 (primo anno di gestione Mastrapasqua) ai -4,5 miliardi previsti per il 31 dicembre 2014;
   il Governo nella legge di stabilità, approvata il 27 dicembre 2013, è andato in soccorso di Inps attraverso la cancellazione di alcune passività patrimoniali accumulate dall'ex-Inpdap nei confronti dello Stato per un totale di 25,1 miliardi di euro;
   come si desume dallo stesso articolo: «lo sconto sui debiti pregressi, una volta inserito a bilancio, permetterà all'Inps di riportare per qualche mese il suo patrimonio in attivo. Si tratta però di un palliativo, un semplice artificio contabile che non cambia le carte in tavola. “Quei soldi – spiega oggi Gian Paolo Patta, membro del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps – non arriveranno materialmente, ma sono solo una posta positiva da iscrivere a bilancio per far quadrare i conti. Inoltre, il regalo del governo non incide sulle cause strutturali del passivo e il suo beneficio sarà annullato nel giro di pochi mesi quando il disavanzo miliardario continuerà ad erodere le riserve dell'istituto”.»;
   l'interrogante ha posto le suddette criticità, in precedenti atti di sindacato ispettivo in merito al famoso «Buco INPS», e altresì la necessità di riorganizzare e predisporre un piano per ripianare i bilanci INPS ed evitare un default dell'istituto, annunciato da più parti;
   a parere dell'interrogante appare evidente che non si può più agire con semplici compensazioni contabili, ma che serva una profonda riforma, basata sul principio costituzionale della solidarietà, che possa incidere a livello strutturale sui bilanci dell'istituto stesso, in quanto i problemi rilevati ed emersi in questi anni sono di tipo strutturale e non più ascrivibili a mere situazioni momentanea –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di propria competenza, quali interventi intenda intraprendere al fine di sopperire alle criticità ormai lapalissiane del famoso «buco INPS»;
   in che modo il Ministro interrogato intenda agire al fine di ripianare i bilanci Inps, strutturalmente e non apponendo semplici «toppe» al bilancio dell'istituto, e, in tal caso, quali siano le iniziative, anche normative, che intende portare avanti per arrivare ad una soluzione della criticità emersa ormai non più rimandabile. (4-03574)


   BALDASSARRE, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, TRIPIEDI, CIPRINI, RIZZETTO e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo su Il Fatto Quotidiano datato 11 febbraio 2014 a firma Emiliano Liuzzi, dal titolo «Inail, il presidente in conflitto d'interesse» si evince come il presidente dell'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Massimo de Felice, avrebbe mantenuto la carica di socio della società Alef, specializzata nella consulenza assicurativa;
   visionando sul sito web di Alef si evince tra i clienti della stessa: Alleanza Assicurazioni, Cisalpina Previdenza, Reale Mutua, Sai, Sara Assicurazioni, Unipol, Gruppo Fondiaria-Sai, Fineco Vita, Capitalia Vita, Poste Vita, Groupama, Eurizon, Generali, Unicredit Vita, Ras Gruppo Zurigo, Ania;
   come si evince da un articolo sul sito di LaRepubblica.it, nel consiglio di amministrazione di Alef, siede un professore, collega di Massimo de Felice all'università Roma Tre e Luiss, Carlo Domenico Mottura;
   lo stesso Mottura è stato nominato da Massimo de Felice, presidente dell'OIV – l'organismo indipendente di valutazione delle performance dell'INAIL – per il triennio 2013-2016, con uno stipendio pubblico da 25.515 euro lordi annui –:
   se il Ministro interrogato, non ritenga opportuno intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di rimuovere i potenziali conflitti di interessi del presidente dell'istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Massimo de Felice e del Presidente dell'OIV, Domenico Mottura;
   se il Ministro interrogato non si sia mai reso conto di tali palesi e ad avviso degli interroganti lapalissiane criticità e se eventualmente si possa ravvisare una mancanza di controllo in tale condotta nella fase di nomina;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso un intervento, anche di natura normativa, al fine di porre rimedio a tale critica situazione. (4-03577)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANIN, COVA e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, nei quotidiani Il Sole 24 ORE e Corriere della Sera, sono stati stigmatizzati nuovamente i cronici ritardi nei pagamenti dei crediti alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni italiane, a causa dei quali il nostro Paese è stato definito il «peggior pagatore» di tutta l'Unione europea;
   la Commissione europea, nell'ambito del progetto EU Pilot, ha inviato alle autorità italiane una lettera con la richiesta di informazioni per accertare la mancata applicazione della direttiva europea 2011/7/UE che definisce i tempi di pagamento della pubblica amministrazione (prevedendo un termine massimo di 60 giorni), a decorrere dal 1o gennaio 2013;
   il precontenzioso EU Pilot rappresenta il passo che precede l'attivazione della normale procedura di infrazione che potrebbe tradursi, qualora l'inadempienza italiana fosse definitivamente accertata, in pesanti sanzioni a carico della economia italiana, con tutte le inevitabili ripercussioni sulla tenuta dei conti pubblici;
   uno dei settori della filiera alimentare che risente in maniera particolarmente negativa di questa situazione e della normativa vigente in materia, è quello della ristorazione collettiva;
   con un mercato in appalto stimato attorno al 60 per cento del mercato complessivo, secondo l'Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione (Oricon), i crediti vantati dalle imprese del settore nei riguardi dei committenti (pubblici e privati) a fine 2012 ammontavano ad oltre 700 milioni di euro, con il 30 per cento che superava i 300 giorni. Non si registrano miglioramenti di questa tendenza all'interno del settore, nonostante i tentativi del Governo di sbloccare fondi per pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni;
   per far fronte agli impegni con lavoratori e fornitori, le aziende sono dovute ricorrere al mercato del credito, con costi che l'Associazione nazionale delle aziende della ristorazione collettiva (Angem) ha stimato in circa 30 milioni di euro relativamente al valore dei ritardati pagamenti cumulati a fine 2011;
   la caratteristica di imprese ad alta intensità di lavoro, insieme alla tipologia di materie prime utilizzate nel processo produttivo (prodotti alimentari), fanno sì che la mancanza di equilibrio tra pagamenti di fornitori e debitori determini una serie di effetti negativi sul conto economico delle imprese e nei rapporti con dipendenti e fornitori stessi;
   la ristorazione collettiva, a differenza, per esempio, delle imprese appartenenti alla grande distribuzione organizzata (GDO), non si rivolge direttamente ai consumatori finali per ottenere l'immediata riscossione del prezzo ma eroga servizi destinati a tipologie di clienti pubblici (ospedali, istituti scolastici ed universitari, carceri e altro) tra i maggiori responsabili dei ritardi cronici imputati al nostro Paese e deve, al contempo, sottostare agli improrogabili obblighi di pagamento dei fornitori dei prodotti agro-alimentari;
   infatti, l'articolo 62 del cosiddetto decreto liberalizzazioni (decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), stabilendo che per i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari – ad eccezione di quelli conclusi con i consumatori finali – il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato entro 30 giorni per le merci deteriorabili ed entro 60 giorni per tutte le altre merci, non solo deroga la disciplina generale (il decreto legislativo n. 92 del 2012 di recepimento della direttiva 2011/7/UE) in senso restrittivo ma non contempla nemmeno la possibilità, per le parti contraenti, di pattuire diversi termini di pagamento (nei limiti consentiti dalla direttiva);
   questa disciplina determina una disparità di trattamento a svantaggio delle imprese della ristorazione collettiva dal momento che le stesse sono tenute ad adempiere l'obbligo di pagare non solo i dipendenti a fine mese ma anche i fornitori entro i termini inderogabili e perentori stabiliti dall'articolo 62, senza disporre di un'analoga garanzia per fronteggiare i ritardi nei pagamenti da parte dei propri debitori, soprattutto quando si tratta di pubbliche amministrazioni;
   tale situazione si risolve in un pregiudizio irreparabile nei confronti di un comparto economico/industriale di rilevanza nazionale, con oltre 1.620 milioni di pasti serviti all'anno, un numero di occupati di oltre 70.000 persone e un valore di utilità sociale rappresentato dal servizio offerto alle fasce più deboli della popolazione (bambini, malati, indigenti, e altro);
   la ristorazione scolastica, nello specifico, con oltre 2 milioni di bambini che pranzano ogni giorno all'interno di una mensa gestita dalle imprese di ristorazione collettiva, rappresenta un importante strumento per la promozione di corretti stili alimentari e della qualità nutrizionale –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per contrastare i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali che affliggono in particolar modo la ristorazione collettiva, impedendo lo svolgimento della normale attività e l'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei fornitori di prodotti agroalimentari;
   se e quali iniziative intenda promuovere il Governo – con particolare riferimento al riequilibrio delle condizioni contrattuali riferite al pagamento dei fornitori di prodotti agricoli – per tutelare la specificità della ristorazione collettiva quale parte integrante della filiera alimentare italiana, così da garantirne la competitività rispetto la funzione sociale assunta e la qualità del servizio offerto a utenti/consumatori. (5-02129)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Governo con legge 4 giugno 2010, n. 96 (legge comunitaria 2009), articolo 28, ha ricevuto delega per adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca ed acquacoltura;
   in attuazione al dettato della norma sopracitata il Governo ha emanato il decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1o febbraio 2012 Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96;
   il comma 4 dell'articolo 28 prevede che entro 2 anni dalla entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega, possono essere emanate disposizioni correttive ed integrative;
   i due anni per gli interventi di cui sopra sono scaduti il 2 febbraio;
   nel frattempo sono state emanate nuove disposizioni comunitarie in materia di pesca professionale ed acquacoltura, non da ultime la riforma della politica comune della pesca e la riforma dell'Organizzazione comune dei mercati, che necessitano di interventi legislativi in ambito nazionale;
   il coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane (ACI) ha più volte ed in varie occasioni sollecitato il Governo ad intervenire sulla legislazione nazionale, chiedendo interventi legislativi volti alla modernizzazione del settore, alla semplificazione degli oneri burocratici, a valorizzare il ruolo multifunzionale delle imprese di pesca ed acquacoltura, ad armonizzare la normativa nazionale con quella comunitaria in materia di controlli ed ad assicurare la coerenza della pesca non professionale con le disposizioni comunitarie in materia;
   lo stesso coordinamento pesca dell'ACI ha più volte dichiarato la propria disponibilità ad una interlocuzione con il Governo e con l'Amministrazione nazionale per superare gli ostacoli normativi esistenti;
   ad un mancato supporto legislativo per la modernizzazione del settore, occorre aggiungere un perdurante stato di crisi economica e sociale del settore che nell'ultimo decennio ha registrato un calo del personale imbarcato del 38,26 per cento, una riduzione della flotta del 28,1 per cento, una contrazione dei ricavi del 31 per cento, una riduzione delle catture del 48,84 per cento, ed un ridimensionamento dei fondi nazionali a disposizione per il settore del 77 per cento –:
   quali azioni il Ministro interrogato intenda promuovere per avviare quanto prima la revisione della normativa di settore, senza maggiori oneri per lo Stato. (4-03565)


   CERA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 142 – «Limitazione di cattura» – del decreto del Presidente della Repubblica 1639/1968, volto a regolamentare la pesca dei pescatori sportivi, testualmente recita: «Il pescatore sportivo non può catturare giornalmente pesci, molluschi e crostacei in quantità superiore ai 5 chilogrammi complessivi salvo il caso di pesce singolo di peso superiore –:
   se possa essere considerata corretta l'interpretazione della normativa sopra citata, nel senso che, essendo la seppia considerato un «cefalopode», non protetta da alcuna normativa nazionale e comunitaria, nemmeno sulla «taglia minima consentita», ne possa essere consentita la pesca da parte del pescatore sportivo subacqueo, sempre che rientri nel limite massimo consentito di chilogrammi cinque come fissato dal predetto articolo 142 del decreto del Presidente della Repubblica 1639 del 1968. (4-03566)


   OLIVERIO, MONGIELLO e CARBONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 99 del 2094 ha trasferito i compiti di coordinamento e gestione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) – servizio preposto all'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole ed alla conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale – dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), fermi restando i poteri di indirizzo e monitoraggio del Ministero stesso;
   il successivo decreto ministeriale del 26 ottobre 2005, oltre a definire ulteriori adempimenti relativi alla gestione del SIAN, ha sancito che l'AGEA assicuri le funzioni di coordinamento, sviluppo e gestione del sistema, garantendo il raccordo con il Ministero per l'innovazione e le tecnologie e con il CNIPA (ora Agenzia per l'Italia digitale);
   successivamente, la legge n. 231 del 2005 ha previsto la costituzione da parte di AGEA di una società a capitale misto pubblico privato, con partecipazione pubblica maggioritaria, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN, e AGEA, in applicazione della predetta norma, con delibera del consiglio d'amministrazione 25 novembre 2005, ha disposto la costituzione della SIN srl;
   nel marzo 2006 è stata bandita la gara per la cessione della restante quota minoritaria del 49 per cento delle quote sociali ad un «partner tecnologico privato» cui affidare i servizi operativi per lo sviluppo e la gestione del SIAN e che detta gara è stata aggiudicata nel maggio 2007 al raggruppamento temporaneo di imprese (RTI);
   le clausole della gara aggiudicata a tale raggruppamento temporaneo di imprese nel 2007 prevedono, decorsi 9 anni dalla sottoscrizione delle quote, il riacquisto di queste da parte di AGEA, con modalità di determinazione del valore di riacquisto predefinite e sottoscritte formalmente per accettazione dai concorrenti;
   il Consiglio di Stato con il parere n. 456/2007 ha, nello stesso anno, stabilito la legittimità di affidamento dei servizi del SIAN alla società SIN srl, che riconduce all'interno dell'Amministrazione il governo complessivo del SIAN e definito, inoltre, la ripartizione tra socio pubblico (AGEA-SIN) e socio privato (RTI) ribadendo che esiste «... una connessione inscindibile tra la costituzione della Società (SIN) e l'esercizio delle funzioni del Sistema Informativo Agricolo Nazionale, molte delle quali appaiono di tipo amministrativo e non delegabili ai privati»;
   sia nel citato parere che nello statuto e nei patti parasociali della SIN si evince che:
    a) la SIN svolge le attività di amministrazione e controllo spettanti al socio pubblico sulle attività «operative» del socio privato;
    b) il socio privato assume la qualifica di «fornitore» e ad esso sono riservate le attività operative per la realizzazione del sistema informativo;
   l'assemblea dei soci del 25 agosto 2011 ha deliberato la trasformazione societaria della SIN in spa, con conseguente modifica dello statuto sociale nonostante la forma giuridica di srl fosse stata scelta per garantire al socio pubblico AGEA il massimo controllo anche sulla gestione della società, tanto più che nelle srl l'assemblea dei soci può sostituirsi agli amministratori per adottare scelte gestionali, cosa non più applicabile oggi nel governo della SIN in quanto nelle spa, la gestione spetta «esclusivamente» agli amministratori ex articolo 2380-bis c.c.;
   ancora l'articolo 4 dei patti parasociali di SIN srl, come da atti di gara, enunciava: «... le parti si danno atto che l'attuale impostazione della società è essenziale per le funzioni a questa attribuite, pertanto in caso di modifica e/o trasformazione della Società gli organi sociali attuali dovranno essere previsti nella stessa composizione, funzione e poteri oggi loro assegnati dallo Statuto sociale e dai presenti patti parasociali. In particolare il Consiglio di Amministrazione ed il Direttore Generale conserveranno i loro ruolo, funzioni e poteri», attestazione del tutto disattesa nei fatti perché nello stesso mese di agosto 2011 sono stati rimossi i componenti del consiglio di amministrazione e il direttore generale;
   né AGEA né i soci privati avevano dunque il potere di modificare i patti parasociali perché essi già definivano le modalità di trasformazione della società e qualsiasi modifica delle suddivisioni delle funzioni fra consiglio di amministrazione e direttore generale avrebbe comportato una arbitraria modifica della lex specialis di gara che li prevedeva invece immutabili per tutto il periodo di affidamento della fornitura dei servizi, ossia per nove anni, sino al 2016;
   il Centro eleborazione dati (CED) SIAN costituisce il cuore del sistema informativo agricolo nazionale e quindi di AGEA e della SIN, essendo costituito dalla banca dati più ampia e complessa del comparto agricolo-forestale (ortofoto, informazioni agro-forestali e ambientali, banca dati aziende agricole, banca dati zootecnia, e altro) ed estesa su tutto il territorio nazionale;
   l'Agenzia per l'Italia digitale (ex DIGIT PA, ex CNIPA) riconosce il SIAN quale banca dati di interesse nazionale per l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente da SIN e quindi da AGEA;
   nel 2008 AGEA ha acconsentito al Moving CED SIAN, ossia al trasferimento della infrastruttura tecnologica a supporto dei servizi SIAN dalla sede privata alla sede del SIN di via Palestro (Roma), condividendo del tutto l'iniziativa assunta allora dalla SIN srl perché il sistema fosse nella piena disponibilità della pubblica amministrazione, ritenendo tale iniziativa strettamente funzionale all'intendimento della legge n. 231 del 2005 di consentire alla componente pubblica della SIN di esercitare i poteri di direzione, monitoraggio e controllo;
   il progetto – realizzato nell'agosto 2010 – teneva conto delle caratteristiche logistiche dell'immobile di proprietà SIN di via Palestro, della necessità di ridurre l'impatto sul servizio e contemplava soluzioni tecniche innovative proposte dal raggruppamento temporaneo di imprese finalizzate al risparmio energetico e a ridurre l'impatto ambientale e i costi di gestione;
   la suddetta operazione prevista dal contratto di Moving CED è costato circa 6 milioni di euro, di cui 4 milioni a carico del patrimonio della SIN e quasi 2 milioni a carico di AGEA, in quanto già previsti dal contratto AGEA-SIN del 2008 per le attività operative inerenti la conduzione, manutenzione e gestione ordinaria dei servizi del SIAN;
   il citato contratto di Moving CED prevede la messa e il mantenimento in sicurezza a cura del socio privato RTI;
   a quanto risulta all'interrogante sembrerebbe che, dopo soli 3 anni, il CED SIAN potrebbe essere trasferito dalla sede pubblica ad una sede privata, adducendo motivi di sicurezza (malfunzionamenti delle turbine e possibilità di allagamento dello stabile in cui il CED è attualmente ospitato);
   perdere il controllo del cuore del SIAN comporta l'inevitabile conseguenza di una perdita delle competenze tecniche specialistiche acquisite da SIN-AGEA, e quindi dalla pubblica amministrazione, nello sviluppo e nella gestione del SIAN. Al costo già sostenuto solo 3 anni fa per lo spostamento del CED si sommerebbero quelle necessarie al nuovo trasferimento e quelle derivanti dalla dispersione del patrimonio di professionalità presente nella SIN;
   è necessario, specialmente in una fase come l'attuale, caratterizzata da una forte revisione della spesa, evitare lo spreco di ulteriori risorse pubbliche, ove non si possa configurare un vero e proprio danno erariale;
   se il Ministro interrogato abbia valutato con attenzione l'operato del commissario straordinario dell'AGEA relativamente all'attuale situazione di sicurezza del CED e agli adempimenti (relazioni tecniche, collaudi, e altro) che la garantiscono;
   quali siano le ragioni per le quali il commissario straordinario dell'AGEA, a soli 3 anni dal precedente Moving, possa riscontrare l'opportunità di un eventuale ulteriore spostamento del CED SIAN dalla sede pubblica della SIN;
   se il Ministro interrogato abbia verificato, assieme al commissario straordinario dell'AGEA, eventuali inadempienze contrattuali relativamente alla messa in sicurezza del CED e se intenda far promuovere al commissario straordinario tutte le iniziative utili alla necessaria messa in sicurezza del CED, considerato che tale sistema deve garantire la corretta erogazione annua di oltre 7 miliardi di contributi comunitari agli agricoltori italiani. (4-03572)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il direttore generale dell'università «Gabriele D'Annunzio» di Chieti-Pescara ha rilasciato affermazioni molto gravi ad un quotidiano abruzzese sul contratto milionario intercorso tra la suddetta università e il CUS;
   tale contratto con relativa fideiussione bancaria dell'università di Chieti sarebbe stato sottoscritto nel 2011 «a seguito di una semplice lettera del CUS che affermava di vantare un credito di 43 milioni di euro dall'Università. Ma non ci fu alcuna istruttoria da parte dell'ex consiglio di amministrazione e dell'ex direttore generale dell'università di Chieti per accertare il credito reale. Il contratto prevedeva il pagamento di rate di 1,4 milioni di euro CUS»;
   la gravità di queste affermazioni è assoluta e la magistratura e gli organi di vigilanza lavoro;
   la cifra in esame è enorme, e trattandosi di soldi pubblici richiede la massima trasparenza da parte degli attuali organi di governo dell'università di Chieti nel chiarire la natura e la composizione dei crediti vantati dal CUS: è necessario avere l'elenco completo delle opere e dei servizi che il CUS avrebbe fatto per conto dell'università di Chieti –:
   se intendano assumere iniziative, ai sensi dell'articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 in relazione a quanto descritto in premessa. (4-03583)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ALBANELLA, ZAPPULLA, IACONO, CULOTTA, GIOVANNA SANNA e CASELLATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'11 febbraio è la XXII giornata mondiale del malato e l'Adas, l'Associazione per la difesa dell'ambiente e della salute» è presente in molte piazze italiane denunciando la condizione di abbandono e di isolamento sociale in cui versano le migliaia, se non milioni, di malati affetti da Patologie ambientali quali Sensibilità chimica multipla MCS, la fibromialgia FM, la encefalomielite mialgica ME, la sindrome da fatica cronica CFS, per le quali sia il servizio sanitario nazionale che i servizi sanitari regionali non sono ancora in grado di garantire i Livelli essenziali di assistenza (LEA);
   l'Emilia Romagna, la Toscana, l'Abruzzo, il Lazio, le Marche, la Puglia, il Veneto e la Basilicata hanno proceduto al riconoscimento della sola Sensibilità chimica multipla MCS, senza però garantire l'apertura di adeguati reparti ed ambulatori, nullificando e mortificando pertanto le previsioni legislative;
   la regione Sicilia ad ottobre si è limitata ad adottare un percorso assistenziale per la diagnosi della sensibilità chimica multipla MCS, senza di fatto avviare alcun iter utile a pervenire al riconoscimento ed a garantire, nel frattempo, quantomeno la possibilità di effettuare le diagnosi;
   una legislazione regionale frammentaria, lacunosa e di fatto inapplicata ed inapplicabile, oltre a costituire presupposto per una odiosa disparità di trattamento tra malati delle varie regioni italiane, non garantisce diagnosi tempestiva, cure appropriate e valide forme di assistenza socio-sanitaria degne di uno Stato che pretende di definirsi stato sociale;
   è ormai necessario un riconoscimento delle suddette patologie ed una stesura di protocolli diagnostici e terapeutici condivisi, che recepiscano sia gli insegnamenti della migliore letteratura scientifica italiana e di quella estera più accreditata, sia i protocolli diagnostici e le linee guida internazionali in vigore nei numerosi Stati che da anni garantiscono assistenza sanitaria e cure a coloro che sono affetti dalle patologie in argomento –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di predisporre un riconoscimento all'interno del sistema sanitario nazionale di tutte le patologie ambientali nonché quali misure intenda adottare al fine di gestire in assoluta sicurezza, sia nella fase dell'emergenza-urgenza che nel corso dei ricoveri ospedalieri, il paziente affetto da sensibilità chimica multipla MCS garantendo ambienti e presidi sanitari in conformità alle linee guida internazionali;
   se il Ministro non ritenga opportuno promuovere il prima possibile una seria opera di formazione qualificata della classe medica e paramedica. (5-02133)


   SIBILIA, ZOLEZZI, DE ROSA, BUSTO, SEGONI, DE LORENZIS e TOFALO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già nel 2009, nello studio intitolato «Indirizzi ed azioni per la tutela della risorsa idrica e del paesaggio per il parco regionale dei monti Picentini» e presentato dall'allora presidente del Parco dei Monti Picentini, Sabino Aquino, alla presenza dei sindaci dei comuni di Montoro Inferiore, Montoro Inferiore e Solofra, risultava, citando dati dell'Arpa Campania, che i pozzi di Chiusa (Montoro Superiore) e di Consolazione (Solofra) che emungevano dalla stessa falda acquifera erano inquinati, oltre i limiti previsti dalla normativa vigente in materia, da tetracloroetilene, un solvente organico utilizzato nelle industrie;
   il tetracloroetilene causa disturbi sullo sviluppo del sistema nervoso centrale ed effetti negativi nella funzione riproduttiva. Inoltre, per quanto riguarda la cancerogenicità, lo IARC lo ha classificato nel gruppo 2A (probabile cancerogeno per l'uomo);
   l'acqua prelevata dai suddetti pozzi è stata utilizzata per alimentare la rete idrica del Solofrano e del Montorese fino ai primi giorni del 2014 quando l'Alto Calore (Ente di gestione del servizio di captazione, adduzione e distribuzione di acqua potabile nei comuni di Montoro Inferiore e Montoro Superiore), con comunicazione di non conformità circa la potabilità dell'acqua (analisi del 2 gennaio 2014), ha chiesto al commissario prefettizio del comune di Montoro (nel frattempo sorto dalla fusione tra i comuni di Montoro Inferiore e Superiore) di emettere apposita ordinanza di sospensione della distribuzione dell'acqua potabile;
   il commissario prefettizio in data 4 gennaio 2014 ordinava il divieto dell'utilizzo dell'acqua per uso potabile limitatamente ad alcune frazioni del comprensorio fino alla comunicazione dei parametri di potabilità;
   in data 8 gennaio 2014 l'ASL di Avellino (prot. n. 102/2014) comunicava che le analisi effettuate in data 7 gennaio 2014 evidenziavano il rientro nella norma dei valori dei parametri chimici e pertanto l'acqua risultava di nuovo idonea al consumo umano;
   in data 29 gennaio 2014 il commissario prefettizio del comune di Montoro, con ordinanza n. 1907, disponeva il divieto di utilizzare i pozzi n. 29 e n. 30 in località Chiusa per qualsiasi scopo ed in particolare all'Alto Calore di prelevare l'acqua per alimentare i serbatoi idrici di adduzione delle rete idrica comunale;
   la procura della Repubblica di Avellino, intanto, emetteva n. 3 informazioni di garanzia a carico del sindaco di Solofra, del presidente e del direttore tecnico della Irno Service (ente di gestione del comune di Solofra), contestando i reati di omissione di atti d'ufficio, discarica abusiva e concorso colposo in avvelenamento delle acque –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano porre in essere, per quanto di loro competenza, per garantire la salubrità dell'acqua distribuita nel Solofrano e nel Montorese. (5-02140)


   TOFALO, SIBILIA, LOREFICE, DALL'OSSO, CECCONI, DI VITA e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con direttiva del 22 novembre 2013 il direttore generale dell'Azienda sanitaria locale Avellino, Sergio Florio, disponeva la sospensione dei servizi di Assistenza domiciliare Integrata (API) e di Assistenza domiciliare oncologica (ADO) in provincia di Avellino;
   tale decisione, motivata dal direttore generale Florio con lo sforamento del budget assegnato dall'Asl Avellino ai servizi di ADI e ADO, ha comportato la dismissione dalle cure a domicilio di I e II livello per circa 900 malati su un totale di quasi 1600, tra cui anche quelli affetti da patologie degenerative croniche, e ha interessato centinaia di operatori del settore socio-sanitario;
   gli assistiti a domicilio, nella maggioranza dei casi anziani e in condizioni psico-fisiche critiche, si sono visti costretti a ricorrere alle cure delle strutture ospedaliere con evidenti disagi ed insopportabili patimenti aggiuntivi, anche in considerazione del fatto che il territorio irpino, vasto e montuoso, è mal collegato dai mezzi del trasporto pubblico; secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali, molte famiglie di assistiti a domicilio hanno manifestato l'intenzione di inoltrare una diffida al Tar nei confronti del direttore generale Florio, mentre la Cgil di Avellino ha presentato un dossier alla, Procura della Repubblica presso il locale Tribunale;
   a seguito delle numerose proteste da parte delle famiglie dei malati, la conferenza dei sindaci dell'Asl Avellino si è mobilitata per chiedere gli opportuni chiarimenti al direttore generale Florio e il ripristino immediato dei servizi di assistenza che si configurano come essenziali per i malati e di supporto per i parenti;
   della vicenda è stato informato ed investito anche (Prefetto di Avellino –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, soprattutto, se intenda procedere in tempi celeri ad una verifica del rispetto, da parte dell'Asl Avellino, dell'articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute, e dei LEA previsti dalla normativa vigente in materia e, in caso di violazione, adottare per quanto di competenza ogni iniziativa utile. (5-02141)


   CAPONE, LENZI, GELLI, BELLANOVA, GRASSI, CARNEVALI, AMATO, MIOTTO, PATRIARCA, MURER, D'INCECCO, CASATI, IORI, PICCIONE e BENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   grande risalto è stato dato recentemente, dagli organi di informazione nazionale e territoriale oltre che dalle agenzie di stampa, alla decisione del tribunale del lavoro di Lecce che ha disposto la somministrazione gratuita da parte della Asl della multiterapia Di Bella (MDB), rilevando come quella «ufficialmente riconosciuta sia stata inefficace nel caso della paziente», mentre la terapia secondo il metodo Di Bella «oltre che notevoli benefici di tipo soggettivo, ha prodotto anche un miglioramento obiettivo e iconografico»;
   a quanto si apprende, sempre relativamente alla vicenda pugliese, la sentenza del tribunale di Lecce è stata notificata il 28 gennaio 2014 condannando la Asl a rimborsare la spesa di 25 mila euro in favore della donna ricorrente affetta da tumore. Secondo il giudice, «nella donna sono stati certificati miglioramenti sul piano clinico, strumentale e sintomatico, atteso che dagli ultimi documenti emerge una situazione clinica in cui accanto ad una progressione di malattia sono evidenti riduzioni e addirittura la scomparsa di alcune lesioni con un miglioramento rispetto al periodo pre-trattamento che rende il trattamento stesso insostituibile». Secondo i criteri internazionali di risposta ai trattamenti oncologici, se si rileva, come nel caso in esame, «una progressione di malattia», il trattamento deve essere giudicato inefficace e dovrebbe essere sospeso anche se in altre sedi la malattia è regredita;
   ancora sugli organi di stampa si rileva come il percorso che ha portato alla decisione del tribunale del lavoro di Lecce sia analogo «a quello della vicenda Stamina, nella quale più giudici del Lavoro hanno autorizzato strutture pubbliche a infusioni di cellule ottenute con il cosiddetto protocollo Stamina. In entrambi i casi si tratta di terapie che non hanno mai superato i livelli di evidenza di efficacia secondo i criteri in uso in tutto il mondo scientifico. Nel caso specifico della MDB poi l'inefficacia è stata anche sancita nel 1999 sulla base degli esiti della sperimentazione clinica condotta sotto l'egida del Ministero della salute (Ministro R. Bindi);
   contestualmente, sono riemersi prepotentemente i timori dal mondo scientifico, e sono state espresse preoccupazioni anche dallo stesso Ministro che ha sostenuto l'importanza di «costruire dei sistemi di difesa del Servizio sanitario nazionale» nei quali «il metodo scientifico e il rigore siano riconosciuti da tutti, per rafforzare le istituzioni mediche, che devono avere l'ultima parola»;
   sul caso in questione è intervenuto anche il professor Massimo Federico, oncologo di fama internazionale, che su un organo di stampa territoriale, pur comprendendo le ragioni che hanno spinto la paziente a rivolgersi al tribunale, ha pur tuttavia evidenziato: «il MDB non può e non deve essere a carico del Ssn senza preventiva approvazione da parte della autorità competente, che in questo caso va individuata nella Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) alla quale lo Stato ha già assegnato il compito delicatissimo di vigilare sul corretto uso dei farmaci. E bisogna ricordare che a tutt'oggi l'Aifa non ha rilasciato alcuna autorizzazione all'immissione in commercio del MDB»;
   nello stesso intervento, inoltre, evidenziando come la decisione assunta dal Ministero della salute nel 1999 fosse giunta a seguito di uno studio condotto in numerosi e qualificati Centri italiani e di una indagine svolta dall'Associazione italiana dei registri tumori, e sottolineando come, nel caso di specie «le sostanze assunte dalla paziente sono state prescritte in modo non conforme ai criteri di rimborsabilità», lo stesso oncologo rileva: «La sentenza del tribunale di Lecce pone un ulteriore interrogativo: a chi spetta il compito di stabilire il corretto uso dei farmaci in commercio? Al SSN, come credo, o alla magistratura? A quest'ultima il compito di controllare, ma non certo di sostituirsi al Ssn»;
   sempre in questi giorni la Società italiana di farmacologia (Sif), a proposito del deposito, presso la regione Sicilia, di un disegno di legge che prevede uno stanziamento di 5 milioni per somministrare la MDB a pazienti malati di tumore ha evidenziato come tra il metodo Di Bella e quello Stamina ci sia una comune «metodologia» caratterizzata dall'assenza assoluta del rigore scientifico necessario in qualsiasi sperimentazione clinica, che deve essere sempre controllata e prospettica e sottoposta al vaglio di esperti. Infine, quasi a contraltare della sentenza dei giudici di Lecce, emerge quella della corte d'appello di Bologna che nel marzo 2013 ha ribaltato la sentenza di primo grado con cui i giudici avevano dato ragione a una donna affetta da mieloma multiplo condannando l'Asl a un risarcimento di 30 mila euro e al pagamento delle cure rivenienti dal MDB, viceversa condannando stavolta la donna alla restituzione di 113mila euro all'Asl –:
   quali iniziative il Ministro voglia intraprendere dinanzi a episodi così delicati sotto il profilo terapeutico e drammatici dal punto di vista umano, anche al fine di evitare che argomenti di natura così complessa come le cure di particolari patologie debbano essere decisi nelle aule di giustizia e non nei luoghi deputati, a salvaguardia della salute e del diritto di cura di ogni cittadino, e al contempo a salvaguardia del ruolo e dell'autorevolezza del Servizio sanitario nazionale. (5-02144)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione del comma 1 dell'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (Misure urgenti per la crescita del Paese) è stato emanato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, 5 aprile 2013;
   il succitato decreto all'articolo 2 definisce le imprese a forte consumo di energia quelle «per le quali, nell'annualità di riferimento, si sono verificate entrambe le seguenti condizioni: a) abbiano utilizzato, per lo svolgimento della propria attività, almeno 2,4 gigawattora di energia elettrica oppure almeno 2,4 gigawattora di energia diversa dall'elettrica; b) il rapporto tra il costo effettivo del quantitativo complessivo dell'energia utilizzata per lo svolgimento della propria attività, (...), e il valore del fatturato, (...), non sia risultato inferiore al 3 per cento»;
   la deliberazione 467/2013/R/Com dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (Prima applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni relative agli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia elettrica) prevede che: «gli oneri per il riconoscimento delle agevolazioni (...) siano esplicitati in una nuova componente di tipo parafiscale AE, nell'ambito della rideterminazione degli oneri generali di cui al decreto legge 83/12, a carico di tutte le utenze non beneficiarie delle medesime agevolazioni»;
   ne consegue che il costo delle agevolazioni alle imprese cosiddette energivore verrà ripartito sotto forma di una componente tariffaria in bolletta tra gli utenti non agevolati, e quindi a pagare saranno le famiglie e le piccole-medie imprese che non rientrano della definizione di imprese a grande consumo di energia –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
   considerata la forte crisi economica in atto, quali iniziative, anche normative, i Ministri intendano adottare al fine di impedire che il sistema per le agevolazioni per le imprese a grande consumo di energia penalizzi le piccole e medie imprese e famiglie. (4-03552)


   FITTO, PALESE e MARTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, stando alle dichiarazioni apparse sulla stampa locale, ha «bocciato» la richiesta di cassa integrazione straordinaria per gli operai del calzaturificio Filanto dei Cesarano, per il periodo agosto-dicembre 2013, poiché non conforme alle disposizioni normative vigenti;
   la comunicazione, pervenuta da parte del Ministero, sembrerebbe interessare solo l'azienda Tecnosuole che conta ben 126 dipendenti, ma si teme che la stessa sorte, potrebbe riguardare Labor e Zodiaco che contano complessivamente oltre 244 lavoratori;
   da quanto si apprende la bocciatura da parte del Ministero è scaturita da un'incongruenza tra le cause di richiesta relative al 2013 e 2014, poiché fino al 2013 la richiesta di cassa integrazione straordinaria si basava sulla «cessazione di attività», mentre oggi, a fronte di istanza di concordato preventivo presentata dalle stesse società, si richiede la cassa integrazione per «procedura concorsuale»;
   la regione Puglia il 3 gennaio 2014 ha dichiarato che «arriva la cassa integrazione straordinaria anche per i dipendenti di Tecnosuole, Labor e Zodiaco. Da oggi, dunque, tutti i lavoratori del gruppo Filanto potranno beneficiare di 24 mesi di cassa integrazione straordinaria»;
   se le mensilità del agosto-dicembre 2013 non dovessero effettivamente essere trasferite ai lavoratori, ciò provocherebbe pesanti risvolti sociali per l'ampia platea di lavoratori che già vivono una situazione economica molto difficoltosa –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire con urgenza per trovare una celere e proficua risoluzione per i lavoratori del gruppo Filanto, nonché di avviare da subito ogni azione necessaria per la re-industrializzazione dell'area.
(4-03555)


   BONAFEDE, COLLETTI e BUSINAROLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con bilanci falsi per 14 miliardi di euro, il crack Parmalat, scoperto alla fine del 2003, è stato il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiottaggio mai perpetrato da una società privata in Europa;
   a partire dal dicembre 2003, Parmalat e numerose altre società del gruppo furono ammesse alle procedure di amministrazione straordinaria. Durante tale periodo vengono predisposti il piano di ristrutturazione del gruppo Parmalat ed il concordato con i creditori, parte integrante del piano. Il concordato (ex legge Marzano – decreto-legge n. 347 del 23 dicembre 2003 convertito dalla legge 18 febbraio 2004) ha previsto la costituzione di una distinta persona giuridica, la «nuova» Parmalat spa, nella quale a partire dal 1o ottobre 2005 confluirono 16 società del vecchio gruppo Parmalat. Il 6 ottobre 2005 la «nuova» Parmalat spa si quotò alla Borsa di Milano ed il 9 luglio 2011 venne acquistata dal gruppo alimentare francese Lactalis;
   ai tempi del suddetto concordato, tutte le posizioni attive della Parfin-Parmalat Finanziaria spa, da intendersi come «vecchia» Parmalat, confluirono dunque nella «nuova» Parmalat spa, la quale – tuttavia – allargò la partecipazione societaria solo ai precedenti obbligazionisti del gruppo Parmalat omettendo di inserire nella compagine sociale della «nuova» Parmalat i piccoli azionisti, ovvero coloro che avevano acquistato titoli della Parfin come piccoli investimenti azionari, fiduciosi della garanzia all'epoca offerta dal nome Parmalat;
   a tutt'oggi, come risulterebbe da visura camerale aggiornata al 17 dicembre 2013, Parmalat Finanziaria, di cui i detti piccoli risparmiatori sono azionisti, non è fallita e le azioni di tale società sono tuttora presenti nel portafoglio titoli dei piccoli risparmiatori, anche se non ammesse alla negoziazione e quindi azzerate di fatto nel proprio valore;
   risulta altresì che Parmalat Finanziaria (la vecchia società) abbia attualmente quattro amministratori in carica nominati dal commissario straordinario, e possegga tuttora un capitale sociale di 1,8 miliardi di euro;
   il commissario straordinario del gruppo Parmalat – il dottor Enrico Bondi – unitamente e/o disgiuntamente alla nuova Parmalat, ha gestito tutto il contenzioso civilistico relativo alle posizioni creditorie delle società del gruppo stesso (fra le quali anche la Parfin-Parmalat Finanziaria spa), concludendo – nel corso degli anni – transazioni ed accordi con i debitori del gruppo, e così incamerando introiti riferibili anche alla Parfm-Parmalat Finanziaria spa;
   le ricordate attività societarie sono state poste in essere in virtù del suddetto concordato Parmalat la cui proposta venne firmata dal dottor Enrico Bondi in rappresentanza di ben tre parti: quale commissario straordinario, quale presidente del consiglio di amministrazione di Parmalat spa e quale presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Creditori Parmalat;
   nel 2004 il tribunale fallimentare di Parma ha sentenziato che gli azionisti di minoranza di Parmalat Finanziaria (la vecchia società) esclusi dall'insinuazione al passivo (del concordato) avevano il diritto di soddisfare le loro posizioni (nascenti dalle azioni Parfin possedute) una volta chiuse le operazioni del concordato;
   nel 2009 Parmalat Spa (la Nuova Parmalat) e stata citata in class action da azionisti (grandi e piccoli) internazionali presso il tribunale di New York (Case 1:04-md-01653-LAK-H, giudice Lewis Kaplan) e nell'ambito di questa azione legale Parmalat spa (Nuova Parmalat) ha accettato, in accordo extragiudiziale, di corrispondere agli investitori azionisti internazionali un risarcimento pari al controvalore di 10,5 milioni di azioni, mentre, nell'ambito di una simile azione legale promossa dai piccoli azionisti della «vecchia» Parmalat al tribunale di Parma la stessa società Parmalat spa (Nuova Parmalat) ha invece rifiutato ogni responsabilità nei confronti dei risparmiatori azionisti italiani di Parmalat Finanziaria;
   la Vecchia Parmalat (Parmalat Finanziaria) si è costituita in giudizio nello stesso ricordato procedimento americano, rifiutando di aderire alla transazione proposta nella ricordata class action, e tale società, insieme ad altri circa 970 investitori, figura nella lista di soggetti che si sono esclusi dalla transazione raggiunta tra Parmalat spa e la class action di investitori americani, non riconoscendo la congruità di detto accordo e mantenendo il diritto ad ulteriori azioni legali di risarcimento in differenti tribunali, dentro e fuori gli USA;
   i detti azionisti di minoranza, di fatto, sono piccoli risparmiatori, titolari comunque di quote del capitale sociale di una delle società del gruppo, oggi «confluito» nella nuova Parmalat spa e tuttavia continuano ad essere esclusi da ogni contatto diretto con i vertici della nuova Parmalat spa, nonché esclusi da ogni forma di reintegra delle singole posizioni azionarie;
   tale indebita esclusione ha provocato e provoca anche un danno economico rilevante, per la mancata regolarizzazione della loro partecipazione azionaria e per la conseguente loro mancata partecipazione alle divisioni degli utili sino ad oggi avvenute in relazione alla produttività ed agli aumenti di capitale del nuovo complesso aziendale;
   le istituzioni devono, secondo gli interroganti, incoraggiare, ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione, un impegno di trasparenza e responsabilità sociale da parte delle aziende (in particolar modo quelle quotate) ed il rispetto di tutti gli operatori economici, compresi quelli più deboli come i piccoli risparmiatori;
   ad oggi, solo i risparmiatori che avevano investito nei bond dell'azienda hanno ricevuto un parziale risarcimento, mentre i piccoli azionisti hanno subito l'azzeramento del proprio patrimonio –:
   se non ritenga di dover verificare, anche a tal fine attivandosi presso il commissario straordinario nominato dal Governo nel dicembre 2003 e tuttora in carica, per quale motivo, questi, non avendo nel frattempo chiuso l'amministrazione straordinaria di Parfin, non abbia ritenuto di dovere inviare, come risulta agli interroganti, idonee informative ai soci di minoranza;
   se possa chiarire, in quanto la gestione di Parmalat Finanziaria (la vecchia società) è passata alla «nuova» Parmalat per effetto del concordato, di cosa si stanno occupando i ben quattro amministratori, a che titolo ed a carico di chi costoro sono retribuiti ed a quanto ammonta la loro retribuzione;
   se intenda comunicare quale sia il compenso liquidato, in questi anni, al commissario straordinario, e chi sia materialmente il soggetto che ha effettuato tali liquidazioni di compensi;
   quale sia il motivo per cui il commissario straordinario nominato dal Governo non faccia opportuna chiarezza sullo stato patrimoniale di Parmalat Finanziaria (la vecchia società) attraverso, ad esempio, la pubblicazione di un elenco di entrate e uscite, la valorizzazione di eventuali assett e partecipazioni e il controvalore delle azioni legali di risarcimento in essere;
   se, stante la citata visura camerale dalla quale si evince che Parmalat Finanziaria (la vecchia società) ha tuttora un capitale sociale di 1,8 miliardi di euro, in base a quale norma di legge la Parmalat spa abbia incamerato il capitale sociale di Parmalat Finanziaria (la vecchia società) e, allo stesso tempo, per quale motivo il commissario straordinario non abbia posto in essere alcuna azione in favore degli azionisti di Parmalat Finanziaria (la vecchia società), che in detto capitale sociale sono rappresentati;
   se possa chiarire perché la società Parmalat Finanziaria (la vecchia società), condotta dal commissario straordinario di nomina governativa, abbia agito per via legale contro Parmalat spa (la nuova società) nella class action promossa nel 2009 presso il tribunale di New York, e per quali motivazioni, nello stesso procedimento, la stessa Parmalat Finanziaria si sia poi esclusa dall'accordo transattivo raggiunto tra le parti, e alla data odierna risulti ancora nella lista option out di 970 soggetti che hanno mantenuto il diritto di agire successivamente per via legale contro Parmalat spa (la nuova società);
   se intenda verificare il motivo per cui, per iniziativa del commissario governativo, Parmalat Finanziaria (la vecchia società) sia al momento attuale in lite con Parmalat spa (la nuova società) e per quale pretesa;
   se non ritenga di dover intraprendere iniziative affinché non possano ripetersi pratiche oggettivamente pregiudizievoli sul piano della corretta compensazione degli interessi concorrenti, quali quelle avvenute in occasione della proposta di concordato per la questione del crack Parmalat, laddove questa è stata sottoscritta da Enrico Bondi in rappresentanza di tre gruppi a giudizio degli interroganti in conflitto di interessi ovvero: commissario straordinario delle imprese Parmalat in dissesto; presidente del consiglio di amministrazione della Parmalat spa; presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Creditori Parmalat;
   se intenda verificare presso il commissario straordinario di nomina governativa di Parmalat Finanziaria (la vecchia società), quali siano state le procedure, nonché la correttezza delle stesse, per le quali le somme per risarcimenti raccolti in nome e per conto dei creditori e dei soci di minoranza Parmalat Finanziaria (la vecchia società) siano finite nelle casse di Parmalat spa (la nuova società), poi acquisita da Lactalis, senza alcun tipo di riconoscimento verso i soci di Parmalat Finanziaria, che al momento non fanno parte del capitale di Parmalat spa;
   se, ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione e nell'esclusivo interesse di favorire un sistema economico-finanziario virtuoso basato anche su di una gestione trasparente e responsabile delle aziende quotate ed improntato al rispetto di tutti gli operatori economici, compresi quelli più deboli come i piccoli risparmiatori, non ritenga di dover intraprendere risolutive iniziative, per quanto di competenza, volte al positivo chiarimento della vicenda che ha visto coinvolti i piccoli azionisti di Parmalat Finanziaria (la vecchia società), di modo che possano rientrare in possesso delle somme inizialmente investite ovvero veder convertite le azioni in loro possesso, e sospese dalla negoziazione, afferenti Parmalat Finanziaria (la vecchia società), in azioni della «nuova» Parmalat spa;
   se non ritenga, al fine di rendere concretamente efficace nel nostro Paese lo strumento della class action, di farsi promotore, anche sulla base delle proposte di legge presentate durante la presente legislatura sul tema, di una riforma di tale istituto tesa ad incrementarne l'efficacia a tutela dei cittadini. (4-03579)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Dorina Bianchi e Bernardo n. 1-00333, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piso.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Moretto e altri n. 7-00256, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zardini.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Vecchio e Andrea Romano n. 2-00406, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Salvatore Piccolo, Cimmino, Bossa, Nicola Bianchi, D'Agostino, Causi, Antimo Cesaro, Rabino, Fava, Zappulla, Manlio Di Stefano, Pelillo, Giorgio Piccolo, Buttiglione, Vargiu, Garofalo, Piso, Bosco, Attaguile.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-01355, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Petitti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-01732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lacquaniti.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Dorina Bianchi e altri n. 3-00632, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Leone.

  L'interrogazione a risposta scritta D'Incà e altri n. 4-03551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mucci.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Vecchio n. 2-00406, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 171 dell'11 febbraio 2014.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nel 2010, con il regolamento (UE) n. 913/2010, l'Unione europea ha introdotto dei corridoi merci (linee ferroviarie principali nazionali che collegano differenti Paesi senza interruzione, per agevolare il trasporto merci ferroviario tra le nazioni europee);
   per ognuno di questi corridoi l'Unione europea ha istituito una cabina unica, alla quale chi vuole organizzare un treno merci dovrà rivolgersi;
   con la risoluzione del 19 novembre 2013, i corridoi merci europei sono stati aggiornati. Il sud Italia sarà compreso nel corridoio merci numero 3 (Scandinavia-Mediterraneo) che dovrà essere istituito entro il 10 novembre 2015;
   l'Italia ha già nominato i propri rappresentanti della cabina di regia del corridoio merci numero 3, composta da un comitato esecutivo (rappresentanti dei Ministeri dei Paesi dell'Unione europea coinvolti) e da un comitato di gestione (rappresentanti dei gestori delle ferrovie);
   i container che transiteranno nei corridoi merci hanno altezze standard stabilite internazionalmente;
   allo scopo di migliorare il carico per singolo container si è diffuso l'uso, per il traffico marittimo, di un container definito «high cube», poco più alto del tradizionale. La percentuale di «high cube» che circola via mare è in crescita;
   le linee ferroviarie merci vengono classificate in base alle altezze delle gallerie in cui passano i container. Esistono linee PC22 e PC30 per il trasporto tradizionale di container, linee PC32 per casse mobili e semirimorchi, linee PC45 per il trasporto di «high cube» e linee PC60 e PC80 per l'autostrada viaggiante, cioè autotreni su carri ferroviari;
   la mappa delle linee, presente nel sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, mostra che da Nord arrivano sino a Napoli-Salerno linee molto alte (PC80), mentre a Sud da Villa a Gioia (Rosarno) troviamo la classificazione PC32, da Gioia a Paola PC45 e da Paola a Salerno la classificazione PC32;
   a Gioia Tauro, esistendo un importante porto, una certa quantità di container in arrivo è di tipo marittimo, cioè «high cube», e necessita di gallerie PC45; tuttavia, come sopra evidenziato, da Paola a Salerno i treni con container «high cube» non risultano passare dalle gallerie perché queste ultime sono troppo basse (classificazione PC32 invece di PC45);
   la Sicilia, regione nella quale si trovano diversi importanti porti tra cui quello di Augusta (classificato come «core»), non ha attualmente alcun percorso per i container «high cube» –:
   quali documenti ufficiali abbiano finora prodotto il comitato esecutivo e il comitato di gestione del corridoio merci numero 3;
   con riferimento al «registro infrastrutture», la banca dati recentemente istituita da Rete ferroviaria italiana, quanti siano i chilometri di gallerie del corridoio merci numero 3 al di sotto del parametro P45 (in particolare da Augusta a Napoli-Salerno);
   come transiteranno i container «high cube» dal porto di Augusta verso il Nord del corridoio merci numero 3, nonché i container «high cube» da Gioia Tauro a Napoli;
   cosa intenda fare il Governo per dotare i territori citati di adeguate infrastrutture atte ai trasporti del ventunesimo secolo.
(2-00406)
«Vecchio, Andrea Romano, Salvatore Piccolo, Cimmino, Bossa, Nicola Bianchi, D'Agostino, Causi, Antimo Cesaro, Rabino, Fava Claudio, Zappulla, Manlio Di Stefano, Pelillo, Giorgio Piccolo, Buttiglione, Vargiu, Garofalo, Piso, Bosco, Attaguile».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Santelli n. 2-00378 del 21 gennaio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Spessotto e altri n. 4-03349 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 161 del 28 gennaio 2014. Alla pagina 9181, prima colonna, alla riga quarantesima, deve leggersi: «dal livello P1 al livello P3 senza selezione» e non «dal livello P1 al livello P9 senza selezione», come stampato.

  Interpellanza urgente Morani e altri n. 2-00407 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 171 dell'11 febbraio 2014. Alla pagina 9686, seconda colonna, dalla riga cinquantesima alla riga cinquantunesima deve leggersi: «Carrescia, Carnevali, Cardinale, Campana» e non «Carrescia, Carnevali, Cardinale», come stampato.