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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 10 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea (CEE) convennero nell'adottare un sistema comune dell'IVA, che rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali. Una parte dell'IVA percepita contribuisce, inoltre, ad alimentare il bilancio dell'Unione europea. La legislazione che regolamenta tale imposta è adottata a livello europeo e applicata a livello nazionale. Il regime attualmente in vigore è tutt'altro che soddisfacente ed è oggetto di numerose critiche da parte degli Stati membri e delle altre parti interessate, tra le quali figurano in particolare le imprese e i consumatori;
    per questo la Commissione europea, nel dicembre 2010, ha pubblicato il Libro verde sul futuro dell'IVA contenente 33 quesiti, su cui è stata avviata una consultazione pubblica destinata a singoli contribuenti, imprese, amministrazioni pubbliche e altri organismi per ottenere la loro opinione in merito a una rivisitazione complessiva del sistema IVA europeo, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze collegate alla costruzione del mercato unico. In particolare, la Commissione europea intende conseguire il rafforzamento della coerenza tra il regime dell'IVA e il mercato unico; l'incremento del gettito dell'imposta attraverso una più efficace lotta contro i fenomeni fraudolenti; la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per imprese e contribuenti; l'adeguamento della disciplina dell'IVA ai cambiamenti dell'ambiente economico e tecnologico;
    dopo un'ampia consultazione pubblica che ha visto più circa 1700 contributi pervenire ai tecnici comunitari, e che affrontavano le molteplici questioni aperte, il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM (2011) 851) sul futuro dell'IVA, nell'ambito della quale vengono delineati gli interventi da porre in essere per modificare la disciplina dell'IVA verso un sistema più semplice ed efficace, evidenziando come le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo troppo oneroso per la complessità dei diversi sistemi vigenti e per l'incertezza giuridica che caratterizza il tema. Le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano pertanto ad intraprendere attività transfrontaliere. La disciplina IVA vigente a livello europeo, infatti, risulta in contrasto con il principio di proporzionalità, si caratterizza per un'eccessiva complessità degli oneri amministrativi per i soggetti passivi e non tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci;
    la crisi economica degli ultimi anni ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche, soprattutto in termini di orientamento verso la fiscalità indiretta rispetto a quella diretta: l'incidenza dell'IVA sul totale delle entrate segna una tendenza all'aumento in tutti i Paesi dell'Unione europea, legata a politiche generalmente orientate verso il rafforzamento della competitività attraverso la riduzione dell'imposizione sul reddito da lavoro e delle imprese. Tuttavia, l'aumento delle aliquote IVA, non sempre accompagnato da analoga riduzione delle imposte dirette, ha costituito un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori;
    in Italia, in particolare, la normativa sulle aliquote IVA è stata oggetto negli ultimi due anni di ripetuti interventi legislativi, volti a incrementare il gettito di tale imposta per fare fronte alle impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica nella fase più acuta della crisi che ha investito il mercato dei titoli di Stato italiani;
    in particolare, l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, ha determinato l'innalzamento al 21 per cento dell'aliquota IVA cosiddetta «ordinaria», precedentemente fissata al 20 per cento, a decorrere dal 17 settembre 2011; inoltre, l'articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, come risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, aveva previsto un ulteriore aumento, entro il 31 dicembre 2012, di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, che sarebbero state nuovamente incrementate dello 0,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2014;
    successivamente, l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, modificando ulteriormente il medesimo articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, ha prorogato al 1o luglio 2013 l'incremento di due punti delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento, stabilendo inoltre che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le predette aliquote fossero fissate, rispettivamente, all'11 ed al 22 per cento;
    l'articolo 1, comma 480, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), sostitutivo del citato articolo 40, comma 1-ter, del decreto-legge n. 98 del 2011, sia pure ridimensionando le prospettive di crescita del prelievo previste dalle norme appena ricordate, ha comunque stabilito un'ulteriore innalzamento della predetta aliquota al 22 per cento dal 1o luglio 2013, aumento prorogato a decorrere dal 1o ottobre 2013 con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
    tali interventi normativi, pure comprensibili in un contesto di emergenza della finanza pubblica ed alla luce degli stringenti vincoli imposti dal rispetto del Patto di stabilità europeo, hanno determinato effetti recessivi ampiamente riconosciuti sulla dinamica del prodotto interno lordo nazionale, soprattutto per il diretto impatto negativo che l'incremento del carico fiscale ha comportato sulle vendite di beni e le prestazioni di servizi, ma anche per l'effetto disincentivante sulle attività economiche che tali continui aggiustamenti del regime IVA hanno avuto, soprattutto in un contesto economico recessivo caratterizzato da un bassissimo tasso di fiducia dei consumatori e delle imprese;
    i recenti aumenti, che hanno ulteriormente accresciuto il differenziale rispetto all'aliquota media europea, hanno contribuito in misura significativa ad un clima di sfiducia e di mancata ripresa dei consumi e della domanda interna e, più in generale, hanno inciso negativamente sulle già debolissime prospettive di crescita dell'economia nazionale, dando purtroppo ai consumatori ed agli operatori economici interni ed internazionali un segnale negativo circa la reale intenzione del Governo di avviare un percorso di concreta riduzione della pressione tributaria,

impegna il Governo:

   ad adottare quanto prima ogni iniziativa necessaria a:
    a) porre rimedio all'incremento al 22 per cento dell'aliquota IVA, evitando di reperire le risorse finanziarie necessarie alla copertura di tale misura attraverso manovre dal lato delle entrate;
    b) assicurare stabilità di lungo periodo alla disciplina delle aliquote IVA, escludendo il ripetersi di continui interventi legislativi in materia, che hanno già determinato nelle famiglie e nelle imprese una condizione di incertezza particolarmente nociva per le prospettive di ripresa dell'economia nazionale;
   ad operare, dando il proprio fattivo contributo, affinché, nel dar seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa:
    a) siano tenute nel debito conto le esigenze delle piccole imprese, allo scopo di ridurre i costi operativi a loro carico e gli oneri amministrativi per le amministrazioni;
    b) sia evitata qualsiasi ipotesi di aumento delle aliquote IVA nella direttiva quadro, poiché questo implicherebbe, tra l'altro, un onere supplementare insostenibile per i lavoratori e i consumatori, a maggior ragione a fronte di timidi segnali di ripresa economica;
    c) siano approfondite le potenzialità di strumenti quali la generalizzazione del metodo dell'IVA per cassa in luogo di quello per competenza di fatturazione o del metodo del reverse charge nelle transazioni «business to business» (b2b);
    d) si prosegua con maggiore incisività nell'azione di contrasto ai fenomeni dell'evasione e della frode fiscale in materia di IVA che costituisce un rilevante elemento di sperequazione tra i soggetti passivi dell'imposta.
(1-00338) «Capezzone, Sandra Savino, Garnero Santanchè, Laffranco, Palese, Galati, Latronico, Milanato, Prestigiacomo».

Risoluzioni in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la direttiva (2011/24/Ue), approvata nel mese di marzo 2011 dal Parlamento di Strasburgo e dal Consiglio dell'Unione europea ha stabilito che i cittadini dell'Unione potranno curarsi liberamente anche in Stati diversi da quello di residenza;
    gli Stati membri dell'Unione avrebbero avuto due anni di tempo per recepire la norma e rendere attuative, a livello nazionale, le disposizioni europee;
    le persone bisognose di cure, potranno richiedere, tramite il proprio Paese di residenza, assistenza sanitaria a un qualunque Stato membro dell'Unione europea. Questo per garantire ai cittadini un'ulteriore protezione della salute, soprattutto nei casi di estrema necessità, laddove il proprio Paese di residenza non riesca a soddisfare specifiche richieste di cura ad esempio per mancanza di strutture, di macchinari adeguati, o per la presenza di lunghe liste d'attesa che possano mettere a repentaglio la salute delle persone;
    la revisione dei piani sanitari in Italia è sempre stata attuata a danno degli utenti, a favore delle grandi strutture, impoverendo territori spesso già sofferenti e garantendo solo in parte minimale i servizi alla persona, «barricandosi», il Governo e le amministrazioni regionali, dietro lo slogan della spending review;
   con l'applicazione della stessa direttiva (2011/24/Ue):
    a) si garantisce la libera circolazione delle persone. Può capitare, infatti, che per motivi geografici la struttura sanitaria più vicina e idonea al trattamento di una malattia si trovi al di là del confine in cui il cittadino risiede;
    b) si assicura ai pazienti maggiore vicinanza alla famiglia. È il caso delle persone che decidono di curarsi nel Paese dell'Unione dove vivono i familiari;
    c) si può accedere a nuovi metodi di cura. In questo modo il cittadino avrà la possibilità di ricevere un tipo di cura diverso da quello previsto dal proprio Stato di residenza;
    d) si garantiscono ai cittadini elevati standard di cura e protezione della salute. Ciò significa che gli Stati membri sono tenuti, sul loro territorio, a prestare ai cittadini un'assistenza sanitaria sicura, di qualità elevata, efficiente e quantitativamente adeguata;
   la direttiva è tesa a garantire anche e soprattutto i principi qui di seguito elencati:
    a) qualità. Tutti i sistemi sanitari dell'Unione europea cercano di offrire un'assistenza adeguata. Ciò attraverso: la formazione continua del personale sanitario (medici, infermieri, specialisti), l'innovazione e la ricerca di nuovi metodi di cura, il monitoraggio costante della qualità delle strutture e del personale preposto alle cure;
    b) sicurezza. Prima di essere assegnate alle persone, le cure, sono sottoposte a rigidi controlli che evidenziano eventuali fattori di rischio. Tutti i prodotti per la tutela della salute, quali ad esempio i farmaci, sono inoltre svincolati da qualunque forma di pubblicità ingannevole che induca in errore o crei inutili aspettative;
    c) accessibilità. Gli Stati membri dell'Unione europea garantiscono parità di accesso alle cure, assicurando un trattamento equo di tutti i pazienti, indipendentemente dalla nazionalità. Le priorità dell'assistenza sanitaria sono fissate in modo da raggiungere un equilibrio fra i bisogni delle singole persone e le risorse finanziarie disponibili per le cure dell'intera popolazione. Gli Stati non possono inoltre accordare priorità a un paziente, se questo reca danno ad altri, creando ad esempio un allungamento dei tempi di attesa;
    d) coinvolgimento del paziente. Tutti i sistemi sanitari dell'Unione europea mettono al centro le persone. Ciò significa che i cittadini devono sentirsi coinvolti nel loro percorso di cura e non diventare semplice «bersaglio passivo» di trattamenti medici e sanitari. Alla gente bisognerebbe ad esempio offrire, per quanto possibile, libertà di scelta riguardo la struttura sanitaria o lo specialista a cui affidarsi per il trattamento della propria malattia. E a ciascun cittadino dovrebbero essere esposti in maniera chiari i diritti di cui avvalersi in caso di spostamento da uno Stato membro all'altro;
    e) risarcimento. Le persone dovrebbero aver diritto a un risarcimento qualora si verifichino eventi negativi. Ciò include la possibilità di avvalersi di una procedura di ricorso equa e trasparente e di disporre di informazioni chiare sulle responsabilità e sulle forme specifiche di risarcimento. In linea di massima è lo Stato di residenza a risarcire eventuali danni causati al paziente a seguito di un trattamento;
    f) riservatezza. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e le diverse leggi nazionali vigenti nei singoli Stati riconoscono il diritto di tutti i cittadini alla riservatezza dei dati personali. In questo modo si tutelano i dati cosiddetti «sensibilissimi», relativi cioè allo stato di salute, da eventuali appropriazioni indebite. Il diritto alla riservatezza consente a questi dati di circolare tra uno Stato membro e l'altro nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona;
   alcune regioni hanno già dato avvio autonomamente, vedasi il Friuli Venezia Giulia, ad accordi transfrontalieri con i Paesi viciniori al fine di tutelare quanto più possibile il paziente,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per dare attuazione immediata alla direttiva (2011/24/Ue);
   a supportare sin da subito le azioni di cooperazione messe in atto dalle regioni;
   ad incentivare azioni autonome delle regioni considerato anche il fatto che 3 regioni confinarie su 7 sono a statuto autonomo;
   ad assumere iniziative volte a valorizzare anche pro futuro l'autonomia nelle materie di competenza delle regioni a statuto speciale senza svilirne, in nessuna occasione o riforma il ruolo e la specialità.
(7-00258) «Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Cecconi, Dieni, Dadone, Cozzolino, Toninelli, Businarolo, Ciprini, Sorial, Battelli, Basilio, Rizzo, Alberti, Pesco, Villarosa».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    le risorse comunitarie a sostegno dell'agricoltura rappresentano un contributo indispensabile allo sviluppo delle potenzialità del settore primario del nostro Paese che vanta la leadership mondiale dei prodotti agroalimentari di qualità nonostante le difficoltà di una crisi economica che penalizza questo comparto più di ogni altro;
    la riforma della politica agricola comune, nell'intento di superare le criticità che hanno caratterizzato le precedenti programmazioni e, in particolare, la concessione di sostegni a soggetti che solo occasionalmente, o marginalmente, hanno svolto attività agricola, le aziende cosiddette «senza terra», attribuisce rilevanza particolare alla definizione della figura dell'agricoltore attivo al fine di individuare nell'agricoltore «professionista» sia esso piccolo o grande, il beneficiario effettivo dell'aiuto;
    l'articolo 9 del regolamento (Ue) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori, stabilisce una serie di requisiti comuni, consentendo agli Stati membri di determinare, anche in base alle caratteristiche nazionali e regionali, ulteriori elementi atti a ritenere «in attività» un agricoltore;
    a norma del suddetto articolo 9 è attivo il soggetto che mantenga la superficie ammissibile all'aiuto in uno stato idoneo al pascolo o alla conservazione e che svolga su di essa un'attività minima la cui definizione è demandata agli Stati membri; escludendo poi i casi, purtroppo frequenti, dei gestori di aeroporti o servizi immobiliari percettori di contributi a titolo PAC, è attivo colui che dimostra di ricevere un importo annuo di pagamenti diretti almeno pari al 5 per cento dei proventi derivanti da attività non agricole, oppure le cui le attività agricole non sono insignificanti, oppure la cui attività principale o l'oggetto sociale è l'esercizio di una attività agricola; al fine di salvaguardare, ancorché con minori importi, i tanti agricoltori che con il loro lavoro, anche part-time, contribuiscono alla conservazione e alla vitalità delle zone rurali si considerano attivi gli agricoltori che nell'anno precedente hanno ricevuto pagamenti diretti non superiori ad un importo da stabilirsi dagli Stati membri nella misura non superiore a 5000 euro;
    al fine di evitare oneri eccessivi dovuti alla gestione di pagamenti di piccole entità, il cui importo è spesso superiore all'aiuto e tale quindi da vanificare il beneficio ricevuto, l'articolo 10 del succitato regolamento dispone che non si concedano pagamenti diretti di importo inferiore a 100 euro o qualora la superficie ammissibile sia inferiore ad un ettaro, fatta salva, in ragione della diversità delle strutture agricole dei diversi Stati membri, la possibilità di applicare ulteriori soglie minime che per l'Italia sono 400 euro per quanto riguarda i pagamenti diretti e 0,5 ettari per quanto concerne la superficie;
    preso atto delle criticità del comparto primario, in relazione all'aumento dei costi di produzione, alla concorrenza sleale, alle sempre più frequenti avversità atmosferiche di carattere eccezionale, sarebbe opportuno concedere pagamenti diretti agli agricoltori che svolgono attività agricola con obiettivi commerciali e il cui impatto in termini di occupazione e creazione di valore aggiunto sia realmente significativo;
    considerato che, da elaborazioni su dati forniti da AGEA e riferiti all'anno 2013, risultano 491.664 percettori di contributo PAC di importo inferiore a 500 euro, 226.624 percettori di contributo PAC di importo compreso tra 500 e 1000 euro e 494.739 percettori di contributo PAC di importo superiore a 1000 euro, e posto che il costo medio per la predisposizione di una pratica amministrativa necessaria ad accedere al pagamento è di circa 250-300 euro, al fine di massimizzare l'impatto delle risorse comunitarie, sarebbe opportuno concentrare gli aiuti sui percettori di importi significativamente superiori agli oneri amministrativi;
    fissando a 1000 euro la soglia di cui al paragrafo 4 dell'articolo 9 del regolamento sopracitato ed escludendo la concessione di pagamenti diretti di importo inferiore a 400 euro, si genera un recupero di circa 130 milioni di euro che può essere riutilizzati per gli agricoltori attivi,

impegna il Governo

  in attuazione degli articoli 4, 9 e 10 del regolamento comunitario di cui in premessa:
   a) considerare «minima» l'attività di lavoro agricolo diretto svolta per almeno 900 ore l'anno;
   b) non concedere pagamenti diretti nel caso in cui l'importo totale degli stessi in un dato anno civile, prima dell'eventuale applicazione dell'articolo 63 del regolamento, è inferiore a 400 euro;
   c) non concedere pagamenti diretti nel caso in cui la superficie ammissibile dell'azienda per la quale sono richiesti, prima dell'eventuale applicazione dell'articolo 63 del regolamento, è inferiore ad 1 ettaro;
   d) stabilire in 1000 euro l'importo massimo del pagamento diretto di cui al paragrafo 4 dell'articolo 9 del regolamento di cui in premessa e considerare quindi attivi, a prescindere da altre condizioni che non siano lo svolgimento dell'attività minima e il mantenimento della superficie in uno stato idoneo al pascolo e alla conservazione, le persone fisiche o giuridiche e loro associazioni, che nell'anno precedente hanno ricevuto pagamenti diretti per un importo compreso tra 400 e 1000 euro.
(7-00259) «Gallinella, Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    i regimi di aiuto agli agricoltori previsti dalla politica agricola comune per il periodo 2014-2020, conformemente agli obiettivi principali della riforma, si articolano in diverse componenti attraverso le quali la Commissione europea intende erogare un sostegno adeguato a sostenere la redditività delle aziende agricole nazionali, salvaguardando al contempo il lavoro dei tanti piccoli agricoltori che contribuiscono alla conservazione e alla vitalità delle zone rurali;
    come noto, la riforma della politica agricola comune ha disposto il passaggio dai titoli storici ai titoli uniformi, introdotto nuove tipologie di pagamenti diretti, quali il greening e il pagamento ridistributivo e mantenuto, ancorché in via facoltativa per lo Stato membro, alcuni regimi già esistenti come il pagamento accoppiato;
    l'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, prevede la facoltà per gli Stati membri di concedere un pagamento accoppiato per settori agricoli che rivestono particolare importanza per ragioni economiche, ambientali e sociali e solo nella misura necessaria ad incentivare il mantenimento degli attuali livelli di produzione;
    la previsione di un sostegno accoppiato è estremamente importante posto che un sistema esclusivamente disaccoppiato, e pertanto commisurato soltanto alla superficie agricola, configura una impalcatura degli aiuti funzionale alla rendita e come tale del tutto estranea alle esigenze delle imprese agricole;
    in ragione delle peculiarità del sistema agricolo nazionale e in considerazione delle risorse disponibili, stimate in un massimale di circa 550 milioni di euro, al fine di evitare la concessione di contributi in settori nei quali l'impatto degli importi risulterebbe irrilevante, sarebbe opportuno accordare il pagamento accoppiato alle produzioni di qualità, a quelle che favoriscono l'occupazione e il recupero delle aree abbandonate e il ripristino delle sostanze organiche del terreno;
    ammettendo al pagamento accoppiato il solo grano duro, ad esempio, a fronte del minor lavoro per ettaro impiegato in questa coltura, si produrrebbe un beneficio trascurabile e di nessun impatto significativo sull'occupazione; stessa considerazione può farsi per il settore lattiero: sulla base dei dati riferiti alla precedente programmazione, si stima che, erogando risorse a tutto il comparto, il beneficio per azienda sarebbe irrilevante, mentre concentrando il sostegno sul solo latte di montagna e su quello proveniente da filiera corta, l'importo per litro erogato sarebbe considerevole;
    ulteriori comparti nei quali i benefici derivanti dal sostegno accoppiato sarebbero considerevoli sono l'allevamento estensivo, il settore ovicaprino, l'olio di oliva a denominazione protetta e tutti quei settori colturali in grado di generare una ripresa della mangimistica e il ripristino dei suoli, oltre alle colture arboree storiche e di pregio paesaggistico,

impegna il Governo:

   ad attivare il pagamento accoppiato di cui all'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, nella misura massima del 13 per cento del massimale nazionale annuo, fermo restando il soddisfacimento delle condizioni di cui all'articolo 53 del citato regolamento;
   ad accordare pagamenti accoppiati ai seguenti comparti e colture:
    a) al settore lattiero-caseario di montagna e al latte crudo; proveniente da filiera corta;
    b) al settore degli ovicaprini al fine di incentivare la pastorizia e la zootecnia di montagna ed evitare l'ulteriore spopolamento delle aree rurali e la riduzione del presidio territoriale;
    c) al settore della carne bovina IGP;
    d) al settore degli oli di oliva DOP e IGP per contribuire a sostenere i volumi produttivi di alcune delle eccellenze che rappresentano una significativa quota del prodotto interno lordo nazionale;
    e) a colture proteoleaginose e a culture miglioratrici;
    f) a colture arboree storiche e di pregio paesaggistico.
(7-00260) «Gallinella, Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 13 settembre 2012, i Ministri per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, presentarono alla stampa l'iniziativa «Giovani del no profit per lo sviluppo del Mezzogiorno»;
   l'iniziativa, articolata in due bandi «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici» e «Giovani per il sociale», era volta a promuovere e sostenere i progetti per il rafforzamento della coesione sociale ed economica del Sud, mediante il recupero di spazi comuni, la valorizzazione di beni pubblici, l'inclusione, il coinvolgimento e il sostegno di giovani in condizioni di disagio, con l'obiettivo di dare impulso all'imprenditoria giovanile, all'occupazione sociale e di promuovere la cittadinanza attiva e la solidarietà;
   le azioni progettuali avevano come beneficiari diretti i giovani di età compresa tra i 14 e i 35 anni, in linea con le indicazioni dell'Unione europea sul rafforzamento degli interventi diretti ai giovani, finalizzati all'inclusione sociale e alla crescita personale;
   le risorse programmate per l'attuazione dell'intervento nel quadro degli obiettivi del Piano di Azione e Coesione ammontavano a 23.709.000 euro per il bando «Giovani per il sociale» e 12.763.000 euro per «Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici»;
   il 28 febbraio 2013, il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale ha reso note le proposte progettuali che, in assenza dei preliminari requisiti formali di ricevibilità, sono state escluse dalla valutazione progettuale affidata ad un'apposita Commissione;
   ad oggi, però, non risultano ancora pubblicate le graduatorie dei progetti ammessi di entrambi gli avvisi pubblici;
   sono molte le associazioni e gli enti che aspettano risposte dal Governo per sapere se e come saranno finanziati i progetti presentati per poter attuare gli interventi individuati a favore della coesione sociale e della valorizzazione dei beni pubblici –:
   quali siano le ragioni del ritardo nella pubblicazione delle graduatorie di merito di entrambi gli avvisi pubblici in parola;
   considerando la perdurante crisi e le difficoltà occupazionali del Mezzogiorno, quali urgenti iniziative intendano attivare al fine di dare risposte concrete alle tante realtà coinvolte in tale lodevole iniziativa, per rendere attuabili i progetti volti alla valorizzazione delle risorse latenti, allo sviluppo di imprese sociali, creativo-culturali giovanili e di reti di sussidiarietà tra organizzazioni di terzo settore, enti pubblici e imprese profit eticamente sostenibili. (4-03521)


   DI GIOIA e MONGIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   un largo fronte di amministrazioni locali, raccogliendo le richieste dei cittadini del territorio, ha inviato, il 27 gennaio 2014, una lettera al Presidente del Consiglio e ai Ministri interessati, un appello nel quale si richiede di rivedere le posizioni in merito ai programmi di insediamento degli impianti eolici offshore nel mare del golfo di Manfredonia e del Gargano;
   le aree maggiormente interessate sono quelle prospicienti i comuni di Zapponeta e di Margherita di Savoia;
   le associazioni del territorio contrarie a questa opera hanno già raccolto migliaia di firme nella loro petizione;
   il numero di sindaci, firmatari dell'appello, si è ulteriormente allargato nel corso di questi ultimi giorni;
   in tale istanza, i sindaci non disconoscono la necessità di ridurre l'uso di combustibili fossili per produrre energia, ciò nonostante fanno presente che nel decidere dove collocare gli impianti eolici offshore non si può non tener conto delle peculiarità dei territori interessati;
   in tal senso, non si può non evidenziare la naturale vocazione turistica delle aree interessate che potrebbero subire danni enormi, in termini ambientali ed economici, con le relative ricadute negative sul fronte occupazionale;
   non a caso, a fronte del parere favorevole della commissione di VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispetto a due dei progetti interessati (quello della Trevi Energy spa e della Gargano Sud) vi è stato il parere negativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   in materia di collocazione di parchi eolici le direttive dell'Unione europea sono estremamente chiare nella parte che riguarda la compatibilità degli stessi con la conservazione della natura e la difesa dell'assetto paesaggistico, elementi questi che, evidentemente, non sono garantiti nella situazione in esame, visto che una parte degli impianti dovrebbe essere addirittura collocata nell'area protetta del parco nazionale del Gargano –:
   se non si ritenga fondamentale preservare la sostenibilità economica, sociale e ambientale dei territori interessati dai progetti in questione proteggendone l'ecosistema marino, le risorse naturali, la vocazione turistica del territorio;
   se non si ritenga, di conseguenza, necessario, alla luce di quanto sopra esposto e viste le giuste proteste delle amministrazioni e dei cittadini dei territori coinvolti, sospendere qualsiasi decisione in merito alla collocazione degli impianti eolici offshore nel mare del golfo di Manfredonia e del Gargano convocando, al contempo, un tavolo di confronto con i rappresentanti delle comunità interessate al fine di arrivare a soluzioni condivise. (4-03524)


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le ulteriori e recenti novità del Governo indiano sulla vicenda due Marò italiani trattenuti in India, da quasi due anni, confermano a giudizio dell'interrogante, lo stato di confusione e di indeterminatezza da parte delle autorità indiane, nel gestire e risolvere in via definitiva un avvenimento dai risvolti grotteschi, se si considerano i rinvii continui, le dichiarazioni contraddittorie e le successive smentite da parte delle medesime autorità di New Delhi;
   l'interrogante evidenzia che se è stato dichiarato che per i due marinai italiani non sarà prevista la pena capitale, risulta inaccettabile processare i medesimi sulla base di una legge antiterrorismo internazionale, che prevede addirittura dieci anni di reclusione;
   le dichiarazioni contraddittorie che giungono dall'India da parte degli organi d'informazione internazionali, in questi giorni, non rendono chiara la situazione attuale, nell'ambito delle decisioni definitive che il Governo indiano intende adottare;
   se le intenzioni da parte delle autorità indiane sono quelle di allungare i tempi per deliberare definitivamente quali saranno le decisioni per i nostri connazionali, a dopo le elezioni politiche di maggio, l'interrogante evidenzia come tale scelta sia strumentale oltre che inaccettabile –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, nell'ambito delle rispettive competenze;
   se siano in possesso di ulteriori informazioni sulle sorti dei due marinai italiani, bloccati in India da un periodo di tempo ormai esagerato, rispetto a quelle confuse pubblicate e diffuse dagli organi di informazione nazionale e, in caso affermativo, se non ritengano opportuno fornire chiarimenti sulle novità eventuali;
   quali iniziative urgenti e necessarie intendano intraprendere al fine di dirimere definitivamente la vicenda internazionale, per far rientrare definitivamente i due marinai italiani nel nostro Paese, posto che la situazione, a seguito dell'arresto, si sta rivelando a giudizio dell'interrogante, preoccupante e intollerabile se si valuta l'andamento delle indagini da parte delle autorità preposte indiane.
(4-03525)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI LELLO e PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel parco delle colline metropolitane di Napoli che si estende nel quartiere di Chiaiano vi sono decine di cave e vari anfratti naturali, molte delle quali oggetto nel corso degli anni di attività illecite di sversamenti abusivi di materiali di risulta;
   come si può osservare in rete dal video presente su «Fan Page» a cura del giornalista Antonio Musella, il geologo Franco Ortolani, dell'Università di Napoli Federico II, avrebbe scoperto che una di queste cave è letteralmente scomparsa in quanto sarebbe stata riempita in tutta la sua profondità da materiali di cui non si conosce l'origine;
   alcuni amministratori e consiglieri di municipalità hanno avanzato il fondato sospetto che possa essere avvenuto uno sversamento continuato di rifiuti visti i precedenti della zona, dove si ricordano numerosi episodi di sversamento di rifiuti pericolosi nelle cave dalla fine degli anni novanta fino a tempi recenti;
   nel servizio tv si può riscontrare come alcuni esponenti istituzionali, nonché cittadini e ambientalisti, siano entrati nelle cave e nelle grotte della Selva di Chiaiano trovandovi ogni sorta di rifiuto;
   la evidente preoccupazione porta ad interrogarsi su cosa può esserci nel sottosuolo e anche sotto le cave scomparse tra i rifiuti;
   il vicesindaco e assessore all'ambiente del comune di Napoli, Tommaso Sodano, ad una domanda posta da «Fan Page» ha affermato di essere a conoscenza del fenomeno, ma di non avere avuto modo di verificare cosa è accaduto in relazione alle denunce circostanziate presenti nel servizio;
   il quartiere di Chiaiano è nelle statistiche tra i territori della città di Napoli quello con la più alta mortalità per tumore –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se e come intenda intervenire, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, perché sia fatta chiarezza sulla situazione ambientale dei territori del parco delle colline metropolitane e del quartiere di Chiaiano di Napoli e siano monitorate la gravità e la vastità del fenomeno denunciato al fine di restituire la serenità ai cittadini dei territori interessati. (4-03513)


   CORDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a ridosso della Valle dei Ciclamini, in località Calancoi, ubicata a nord-est della città Sassari, sorge un'estensione di centomila metri quadrati (10 ettari), utilizzata in origine come cava da cui si estraeva tufo per l'edilizia;
   Calancoi è divenuta discarica nel 1983 ed ha funzionato come tale fino al 1997. Per 14 anni su di essa si sono riversati rifiuti di ogni genere, da quelli solidi urbani a inerti pericolosi, ceneri da inceneritore, fanghi da inceneritore e rifiuti speciali;
   le attività minerarie sono caratterizzate, come noto, dall'avere un forte impatto sul territorio che subisce modificazioni sia morfologiche sia dal punto di vista dei processi ambientali. In particolare, questi ultimi portano ad una serie di problematiche che interessano tutte le matrici ambientali – suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria – compromettendo inoltre la biodiversità e l'identità dei luoghi. Nel passato, per di più, la gestione delle attività minerarie prescindeva dall'obiettivo della tutela dell'ambiente e, piuttosto, le modalità di messa in dimora dei materiali di scarto erano improvvisate ed ispirate alla massima economicità e rapidità. Inoltre, i bacini di accumulo erano generalmente realizzati nei compluvi naturali con la messa in opera di sbarramenti a carattere temporaneo. Nel tempo tali cumuli di materiale, ancora ricchi di minerali, sono stati esposti all'azione erosiva dello scorrimento superficiale delle acque determinando una contaminazione da metalli pesanti nelle diverse matrici ambientali;
   queste considerazioni e le difficoltà nel realizzare gli interventi di messa in sicurezza e/o bonifica risolutivi delle problematiche di quest'area, hanno indotto alla redazione del piano di bonifica delle aree minerarie dismesse del Sulcis-Iglesiente-Guspinese il cui obiettivo principale era il risanamento ambientale delle aree prioritarie di intervento (perimetrate attraverso l'ordinanza commissariale n. 2 del 23 febbraio 2008 ed illustrate negli allegati 1 e 2 del piano) nonché la predisposizione dei cronoprogrammi delle attività di bonifica da porre in essere;
   a tale scopo, il piano commissariale ha individuato delle macro-aree a cui vengono ricondotte le aree minerarie caratterizzate da analoghi problemi ambientali, così da individuare possibili soluzioni comuni ed uscire, in tempi quanto più brevi possibile, dall'emergenza ambientale;
   i criteri di individuazione di tali macro-aree, indipendenti o concomitanti, vengono selezionati in:
    primario interesse di recupero produttivo o turistico dell'area;
    rilevanti dimensioni dell'attività mineraria (coltivazione e trattamento);
    rilevanti dimensioni del fenomeno di inquinamento derivato dall'attività mineraria;
    ubicazione nel medesimo bacino idrografico o in piccoli bacini idrografici costieri adiacenti;
    concorso di diverse aree minerarie all'inquinamento di singole matrici ambientali;
    collegamento diretto con il medesimo centro di trattamento mineralogico;
   sono svariati gli interventi intrapresi negli anni da parte delle autorità locali, qui di seguito elencati:
    nel 1999 è avvenuto il primo finanziamento da parte della regione Sardegna a favore del comune di Sassari per far fronte ai primi interventi di progettazione ed esecuzione di bonifica per un importo, espresso in lire, di un miliardo e trecentomilioni (ovvero euro 671.393,97), stanziati in modo seguente: per l'anno 1999 trecento milioni e per l'anno 2001 un miliardo;
    nel mese di giugno 2003 è stato consegnato all'amministrazione comunale il progetto di caratterizzazione dell'area, eseguita in base alla vecchia normativa ambientale costituita dal decreto ministeriale n. 471 del 1999, meglio noto come «decreto Ronchi». Nel mese di settembre la Giunta comunale di Sassari ha approvato il progetto e nel mese di dicembre è stata indetta la gara d'appalto;
    nel 2005 l'amministrazione comunale ha fatto richiesta di inserimento di Calancoi nel sito di interesse nazionale, a cui è seguita la consegna, da parte dei tecnici, di due elaborati titolati «rapporto conclusivo delle indagini previste dal piano di caratterizzazione» e «progetto preliminare di bonifica»; il sito di bonifica «Aree industriali di Porto Torres» è stato inserito nell'elenco dei siti d'interesse nazionale dall'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179. L'area potenzialmente inquinata è stata perimetrata, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998, con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 febbraio 2003. L'area perimetrata ha una superficie totale di oltre 4.600 ettari. Con decreto ministeriale del 3 agosto 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 219 del 20 settembre 2005, è stata altresì inserita nella perimetrazione del sito di interesse Nazionale di Porto Torres, compresa la discarica di Calancoi;
   le principali criticità ambientali, per quel che riguarda il suolo ed il sottosuolo, che si riscontrano nell'area riguardano una compromissione connessa specialmente alla presenza di attività industriali in esercizio nonché di discariche non controllate di rifiuti tossico-nocivi e industriali speciale contaminazione da metalli pesanti BTEXS, idrocarburi Leggeri e pesanti, IPA, alifatici clorurati cancerogeni. Per quel che concerne, invece, le acque di falda, l'area marino costiera e le aree fluviali, si evidenzia una contaminazione di tipo diffuso da metalli, BTEXS, solventi clorurati, IPA, idrocarburi e clorobenzeni, con presenza di notevoli spessori di prodotto surnatante; talvolta è stata rinvenuta anche la presenza di sottonatante. La qualità delle acque dell'area marina risulta compromessa in quanto fortemente condizionata dai reflui industriali e civili. Inoltre, il Rio Mannu a causa dei numerosi processi produttivi industriali ed agricoli della zona, dei diversi scarichi di reflui urbani nonché dello scarico a mare di materiale di dragaggio del porto industriale, risulta fortemente contaminato;
   il 13 dicembre 2013 sono stati avviati i lavori relativi al risanamento ambientale e sistemazione naturale, con un primo intervento di messa in sicurezza, grazie al progetto redatto dall'RTP (Raggruppamento temporaneo di professionisti), costituito dalla Montana spa e dagli ingegneri Antonio Fraghì e Roberto Mura;
   un milione di euro è la cifra stabilita per l'intervento che verrà eseguito dall'RTI, il raggruppamento temporaneo di imprese costituito da due ditte locali: la nuova Prima srl e la Rina srl, a seguito di un'apposita gara ad evidenza pubblica, espletata anche per la scelta dei progettisti. I lavori, finanziati nell'ambito del POR 2007-2013, mirano a mettere in sicurezza il sito, intervenendo su vari aspetti: in particolare, l'intervento riguarderà la stabilità dei pendìi e la verifica dei rischi connessi a possibili incendi o a contaminazioni della falda;
   l'intervento dovrebbe consentire la realizzazione di nuovi pozzi sia per l'aspirazione del biogas ancora presente, sia per l'estrazione dei percolati. Dovrebbe essere inoltre messa in opera una torcia mobile dotata di biofiltro per il trattamento del biogas, prima dell'emissione in atmosfera. I lavori prevedono inoltre il monitoraggio dei comparti ambientali limitrofi: le sorgenti delle acque dei pozzi idrici situati nel raggio di un chilometro, le acque superficiali e i sedimenti fluviali del rio Bunnari;
   si ritiene altresì necessario migliorare il sistema di gestione dei rifiuti, promuovendo la prevenzione, la riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti prodotti, la raccolta differenziata, nel rispetto della normativa comunitaria, al fine di conseguire gli obiettivi percentuali previsti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, il riuso, il riciclaggio e il recupero di materia e di energia, minimizzando il conferimento in discarica dei rifiuti in applicazione di quanto disposto dal decreto legislativo n. 36 del 2003, elevando la sicurezza dei siti per lo smaltimento e favorendo lo sviluppo di un efficiente sistema di imprese e assicurando la piena attuazione delle normative di settore attraverso la pianificazione e la realizzazione di un sistema integrato di gestione dei rifiuti su scala di ambiti territoriali ottimali; è inoltre necessario introdurre innovazioni di processo nei sistemi di gestione dei rifiuti promuovendo la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti prodotti e favorendo il recupero energetico, in particolar modo dei rifiuti biodegradabili inclusi tra le fonti di energia rinnovabili ai sensi della difettiva 2001/77/CE;
   i sopracitati interventi dovrebbero realizzarsi solo se vi è la certezza delle risorse finanziarie. A fronte quindi dell'inaridirsi delle risorse finanziarie pubbliche per le bonifiche e della persistenza di un quadro normativo che sembrerebbe favorire l'inazione, piuttosto che la soluzioni dei problemi ambientali e sanitari causati dalle aree contaminate, non si è trovato di meglio che proporre l'ennesima sanatoria con la legge n. 13 del 2009, che in particolare all'articolo 2 riduce la complessa gestione degli interventi di bonifica e della pianificazione del futuro delle aree interessate a un «condono tombale»:
   l'assessorato all'ambiente del comune di Sassari ha inviato all'Arpas una richiesta di esito in merito agli esami di laboratorio effettuati durante il sopralluogo del mese di dicembre 2013 –:
   quale sia lo stato attuale dei lavori dell'area di Calancoi. (4-03519)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il comma 8 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ha disposto l'applicazione in ambito IMU dell'esenzione ICI prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre, 1992, n. 504, in relazione agli immobili degli enti non commerciali destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;
   il Governo Monti, attraverso l'articolo 91-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, come successivamente integrato dal comma 6 dell'articolo 9 del decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174, ha circoscritto l'esenzione IMU agli immobili nei quali tali attività sono svolte «con modalità non commerciali», delegando a norme di rango secondario sia il disciplinare dei presupposti della nozione di commercialità, sia i contenuti della dichiarazione che gli enti sono chiamati ad assolvere nei casi di utilizzo «misto» degli immobili (per attività a contenuto commerciale e non), allo scopo di richiamare a tassazione solo la quota-parte alle prime riferita;
   la delega circa la definizione del rapporto di proporzionalità tra attività commerciali e non, il cui termine era previsto al 23 maggio 2012, è stata assolta sei mesi dopo, con la pubblicazione del decreto ministeriale 19 novembre 2012 n. 200;
   tale decreto ha disciplinato il presupposto dell'esercizio commerciale declinandolo sulla base di criteri che non hanno trovato riscontro nella norma originaria mutuata dall'ICI che aveva disciplinato, per quasi un ventennio, la tassazione degli immobili devoluti alle attività istituzionali degli enti non profit;
   la nozione di commercialità, da cui dipendono i presupposti di applicabilità del tributo, risulta avulsa dal contesto legislativo consolidato in materia di reddito e di iva, essendo stato disarticolato il piano di approccio alla tassazione di ciò che il legislatore intende per commerciale, in termini tra loro contraddittori e rendendo di fatto impossibile un corretto assolvimento del tributo;
    nel decreto, inoltre, il trattamento del rapporto tra socio e associazione è stato equiparato de facto a quello tra ente e terzo non-socio, giustapponendo per tale via le logiche, viceversa distinte, del corrispettivo e dell'autofinanziamento, l'una espressione della concorrenza e del mercato, l'altra delle scelte interne di autodeterminazione democratica e partecipativa degli aderenti, pertanto non influenzata dalle regole dell'economia «esterna», bensì guidata dalla mission dell'ente e dalla programmazione delle attività giudicate necessarie e sufficienti ad attuarla;
   infine, tale decreto nel prevedere una nozione di commercialità vincolata al criterio del «corrispettivo simbolico» per le associazioni culturali, ricreative e sportive, non ha emanato disposizioni esplicative in merito alla determinazione dei parametri di confronto, necessaria per l'obiettivo apprezzamento del carattere di simbolicità, generando ulteriori incertezze;
   lo stato di confusione e la paralisi applicativa derivati dalla complessità del meccanismo, dall'assenza di parametrazioni precise, dall'estraneità del modello legale delineato rispetto a quello più generale che interessa le attività commerciali degli enti non profit, e dall'assimilazione delle attività rivolte al mercato con quelle più strettamente mutualistiche e solidali impongono, di fatto, la necessità di attivare nell'immediato iniziative tese a ristabilire la certezza del diritto e a sanare le contraddizioni che incrinano la linearità dalla disposizione, consentendo agli enti di accedere ad uno strumento semplificato di assolvimento dell'imposta;
   le contraddizioni poste in essere dalla farraginosità del meccanismo di tassazione delineato dal citato decreto, se non sanate tempestivamente, rappresenterebbero un grave danno per le migliaia di organizzazioni non profit e di quanti beneficiano delle loro attività e servizi;
   per tutti questi motivi il Governo, accogliendo nella seduta della Camera del 18 giugno 2013 l'ordine del giorno n. 9/1012-A/6, presentato dal primo firmatario del presente atto, si è impegnato a valutare la possibilità di una revisione della normativa IMU relativamente agli enti non commerciali e del modello di tassazione previsto dal decreto sopracitato –:
   se non ritenga che tale situazione di incertezza normativa in materia di imposizione imu per gli enti non commerciali possa generare occasione di contenzioso, con grave nocumento tanto per gli enti interessati quanto per l'Erario stesso –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di rendere esecutivi gli impegni assunti dal Governo con l'accoglimento dell'ordine del giorno richiamato in premessa, affinché gli enti non commerciali siano tenuti al pagamento dell'IMU solo per gli immobili (o porzioni di essi) effettivamente destinati ad attività commerciali e con modalità coerenti con i presupposti della tassazione delle attività svolte dai medesimi enti in ambito di reddito e di IVA.
(2-00404) «Beni, Baruffi, Giacobbe, Miotto, Bindi, Martella, Tullo, Iori, Bargero, Realacci, Ginefra, Manzi, Maestri, Incerti, Lenzi, Montroni, De Maria, Gnecchi, Bobba, Carnevali, Capone, Cuperlo, Biondelli, Petitti, Arlotti, Tidei, Impegno, Misiani, Fabbri, Ermini, Murer, D'Incecco, Grassi, Patriarca, Giuseppe Guerini, Causi».

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 444 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dispone l'alienazione straordinaria dei veicoli giacenti nelle depositerie autorizzate, senza dettare alcuna previsione in ordine ai tempi di pagamento delle spese di custodia dei veicoli oggetto del provvedimento amministrativo di alienazione;
   l'emanando decreto dirigenziale, d'intesa tra Ministero dell'interno e Agenzia del demanio, dovrà stabilire anche le modalità ed i tempi di pagamento delle spese di custodia;
   in sede di attuazione del decreto n. 35 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ritenuto di destinare alcuna risorsa a favore degli operatori nel settore del soccorso stradale e custodia giudiziaria;
   nonostante le reiterate richieste, non risultano previsioni di impegno di spesa tese a garantire un costante flusso di liquidità a favore delle imprese che operano in un settore che occupa circa 50.000 addetti e che invece sono costrette ad una serie costante di adempimenti tributari e di gestione insostenibili;
   il ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione per le spese di custodia, sia nell'ambito della disciplina ordinaria che a seguito della individuazione del custode acquirente ai sensi dell'articolo 214-bis del Codice della Strada, ha raggiunto ormai livelli intollerabili e rischia di determinare la chiusura di molte imprese che svolgono compiti indispensabili per la sicurezza stradale e di ausilio alle forze di Polizia –:
   quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di venire incontro alle giuste richieste di una categoria che risulta fortemente penalizzata dai ritardi pagamento delle spese di custodia fin qui maturate e che auspica l'inserimento nel decreto dirigenziale di attuazione di un termine per il pagamento delle spese stesse. (3-00627)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI, INCERTI, PETITTI, DE MARIA, MARCHI, BARUFFI, LENZI e CARLO GALLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011 il Governo italiano, per far fronte all'emergenza profughi in fuga dalla guerra civile in Libia (cosiddetta Emergenza Nord Africa), ha chiesto la collaborazione di regioni ed enti locali per organizzare l'accoglienza;
   in particolare, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3933/2011 è stato nominato il Capo dipartimento nazionale di protezione civile commissario delegato, il quale a sua volta ha individuato i soggetti attuatori nei vari ambiti territoriali;
   questi soggetti attuatori hanno provveduto ad organizzare la logistica ed i servizi necessari per assicurare l'accoglienza dei 18.500 profughi accolti in Italia, attraverso gestioni dirette in economia ovvero per il tramite dell'associazionismo, del privato o del privato sociale;
   1.765 sono stati i profughi accolti nella sola regione Emilia Romagna, dove il soggetto attuatore è stata l'Agenzia regionale di protezione civile che ha provveduto ad attivare accordi con soggetti pubblici e privati al fine di ospitare i migranti in 135 comuni di tutte le province della regione, in 236 strutture di accoglienza;
   a emergenza ormai superata e a due anni e mezzo di distanza risulta che lo Stato abbia trasferito le sole risorse dovute per l'anno 2011, mentre nulla sia ancora stato liquidato ai comuni ed ai soggetti privati coinvolti per gli anni 2012 (per il tramite dell'Agenzia regionale di protezione civile) e 2013 (per il tramite delle prefetture);
   nella sola regione Emilia Romagna, le risorse non ancora trasferite dallo Stato sulla specifica contabilità speciale intestata al soggetto attuatore — direttore dell'Agenzia regionale di protezione civile — per far fronte alle spese sostenute nel 2012 dai comuni e dai soggetti privati, per l'allestimento e la gestione del piano di accoglienza emergenza Nord Africa, ammonta a 11 milioni di euro, distribuiti fra 19 strutture private e 62 enti locali;
   il contratto che i comuni hanno sottoscritto con l'Agenzia regionale di protezione civile prevede che la liquidazione delle somme dovute avvenga solo dopo l'effettivo trasferimento economico da parte dello Stato –:
   in quali tempi si preveda di completare i pagamenti agli enti locali e ai privati, che si sono fatti carico dell'organizzazione dell'accoglienza dei profughi del Nord Africa, anticipando per conto dello Stato tutte le spese necessarie. (5-02100)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano il Corriere della Sera, l'8 febbraio 2014, l'istituto di ricerca Eures, ha predisposto un documento, risalente a qualche mese fa, in cui è emerso che nell'ambito delle diverse categorie di lavoratori, soggette ad evasione fiscale quella dei docenti che svolgono attività di ripetizione in forma privata, risulta essere la tipologia che in percentuale (nove volte su dieci), non emette alcuna ricevuta fiscale;
   il dato rilevato dal suddetto istituto di ricerca, avallato anche dall'Associazione nazionale dei consumatori Codacons, sebbene ritenuto non «scientifico», in considerazione del fatto che tutto ciò che riguarda l'economia cosiddetta «sommersa» sfugge oggettivamente ad ogni livello di misurazione precisa, evidenzia tuttavia l'ammontare complessivo dell'evasione fiscale del fenomeno, quantificato in circa 850 milioni di euro, analogamente allo stesso giro d'affari del settore dell'olio di oliva;
   il medesimo articolo riporta inoltre come, nonostante i dati numerici di evasione del suddetto fenomeno socioeconomico, possano risultare esagerati, rileva tuttavia come il problema esista, aggiungendo fra l'altro che il meccanismo dei voucher, che rappresentano i buoni lavoro prepagati che dal 2012 e che può essere utilizzato per saldare, regolarmente, lavori disparati fra cui anche le ripetizioni private per gli studenti, si sia rivelato deludente anche per una scarsa conoscenza generale;
   gli stessi voucher, dal valore di dieci euro, ricorda l'articolo del Corriere della Sera, devono essere acquistati dai datori di lavoro, ovvero dai genitori, presso l'Inps o nelle tabaccherie per consegnarli agli insegnanti che svolgono attività d'insegnamento in forma privata;
   all'interno degli stessi tagliandi, sono compresi i contributi previdenziali Inps e dell'infortunistica Inail, ma non le tasse da pagare all'erario, anche perché per l'utilizzo dei buoni vi è un tetto di 5 mila euro l'anno per ogni singolo lavoratore;
   lo Snals Confsal uno dei sindacati degli insegnanti, aveva proposto nel recente passato, una soluzione del problema legato all'evasione fiscale, utilizzando il sistema dell’intra moenia, sperimentato dai medici che lavorano in ospedale;
   si tratta di un'ipotesi che tuttavia è rimasta tale in considerazione del fatto che gli sconti fiscali previsti all'interno della proposta intra moenia, potrebbero determinare problemi nell'ambito della disciplina di finanza pubblica e della tenuta dei conti pubblici, nonché in relazione alle consuete diffidenze a livello comunitario;
   l'articolo-dossier conclude supponendo che la sperimentazione intra moenia da parte degli insegnanti direttamente a scuola, sebbene possa determinare alcune problematiche legate alla concreta attuazione, così come si è verificato per gli ospedali, potrebbe tuttavia costituire una valida soluzione, rispetto al persistente e attuale fenomeno dell'evasione fiscale degli insegnanti che svolgono attività didattica in forma privata –:
   quali orientamenti intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa, nell'ambito delle rispettive competenze;
   se siano a conoscenza del fenomeno legato all'evasione fiscale dei docenti che svolgono attività didattica in forma privata e, in caso affermativo, quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, al fine di fronteggiare tale forma di evasione fiscale nel nostro Paese, il cui ammontare così come riportato dal quotidiano il Corriere della Sera ed esposto in premessa, risulterebbe essere pari a circa 850 milioni di euro. (4-03523)


   OTTOBRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sulla stampa locale, nelle ultime settimane, è apparsa più volte la notizia che l'Agenzia delle entrate intende chiudere l'ufficio di Riva del Garda entro il 2014;
   i decreti-legge n. 87 del 2012 e n. 95 del 2012 — quest'ultimo convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (cosiddetta spending review) — dispongono la riduzione del numero di uffici statali da individuare, prioritariamente, fra quelli con meno di trenta dipendenti ed in locazione passiva;
   l'Agenzia delle entrate ha quindi comunicato, finora, la chiusura di un totale di 58 uffici entro 2014 tra cui quello di Riva dei Garda;
   nell'elenco degli uffici da chiudere, datato 1o ottobre 2013, si trova anche quello di Riva del Garda, il cui ambito territoriale comprende l'Alto Garda, per un totale di sei comuni, per un totale ci circa 53.000 abitanti;
   dal 2012 ad oggi il comune di Riva non ha ritenuto di eliminare la locazione passiva, limitandosi solo a dichiarazioni di intento;
   il territorio dell'Alto Garda rappresenta una realtà di grande operatività economica, in particolare, ma non solo, nel settore del turismo e che i servizi erogati gratuitamente dall'ufficio entrate di Riva del Garda, a cittadini ed operatori economici, sono a disposizione non solo dei residenti in Trentino ma anche dei cittadini ed operatori economici delle comunità di Malcesine e Limone;
   l'ufficio entrate di Riva del Garda è il secondo ufficio, su sette totali presenti in Trentino, dopo quello di Trento, come quantità di atti trattati (atti pubblici e scritture private autenticate);
   la legge di stabilità recentemente approvata (articolo 1, comma 515) prevede il trasferimento alla provincia autonoma di Trento delle funzioni statali relative alle Agenzie fiscali –:
   se non intenda assumere iniziative affinché l'Agenzia delle entrate sospenda le procedure di chiusura sul territorio provinciale nelle more che, a seguito del trasferimento di funzioni, sia la provincia a determinare le modalità di erogazione e la distribuzione dei servizi degli uffici delle entrate. (4-03530)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FABBRI, DE MARIA, CARLO GALLI e LENZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i trasferimenti delle risorse statali ai comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuite negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni di euro determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
   in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari», che pone anacronisticamente a carico dei comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari, che poi sono rimborsate dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo, mai, integrale;
   tale previsione normativa che mette a carico dei comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della Carta costituzionale che per ora assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari (ed anticipate dai bilanci dei comuni) pari a 315 milioni di euro annui, negli ultimi 3 anni il contributo versato dallo Stato ai comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60 e l'80 per cento delle spese effettivamente sostenute e gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero sono iscritti per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro, mentre le spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 sono di oltre 300 milioni di euro già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
   nello specifico le spese sostenute per il mantenimento degli uffici giudiziari dal comune di Bologna solo dal 2010 al 2012 ammontano ad oltre 40 milioni di euro. Per il 2010 la quota di mancato rimborso da parte dello Stato è pari a 1.849.005,18, per il 2011 8.096.929,93, per il 2012 14.515.137,63 (l'intero ammontare delle spese annue);
   i rimborsi non solo avvengono con crescente ritardo, ma coprono percentuali via via decrescenti degli effettivi costi sostenuti, con il rischio di scaricare ulteriori oneri su cittadini e imprese locali;
   il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   a ciò si aggiunge che, nei comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a fioccare nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive e ulteriori comprese tra il 15 e il 110 per cento rispetto all'anno precedente;
   tali risorse sono state impiegate dai comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale –:
   quali provvedimenti ed iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per garantire il ristoro delle spese e il superamento di una situazione così problematica a carico dei bilanci comunali;
   a quanto ammontino le risorse iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero per l'anno 2012 al fine di corrispondere il contributo ai comuni, se siano state decurtate e a quanto ammonti tale diminuzione rispetto all'anno precedente;
   quali iniziative intenda intraprendere, anche con carattere d'urgenza, al fine di assicurare la copertura delle spese già sostenute dai comuni nel 2012, per garantire il rispetto della legge;
   quali iniziative siano in corso, anche con carattere d'urgenza, al fine di garantire la copertura delle spese per l'erogazione del servizio della giustizia sull'intero territorio nazionale per gli anni 2013 e 2014;
   se non ritenga opportuno superare questo sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari promuovendo l'abrogazione della legge 24 aprile 1941, n. 392, e ponendo a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese in modo da garantire responsabilità ed efficacia. (5-02099)


   VALIANTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il provvedimento di revisione della geografia giudiziaria, di cui al decreto legislativo n. 155 del 2012, emanato a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011, ha previsto, tra le altre, la soppressione del tribunale di Sala Consilina, in provincia di Salerno, accorpandolo a quello di Lagonegro, in provincia di Potenza;
   tale scelta è stata oggetto di significative critiche, in un primo tempo riferite alla ubicazione del tribunale e alle caratteristiche della struttura prescelta, segnalate anche tramite interrogazioni e lettere indirizzate al Ministro interrogato e agli uffici competenti dello stesso dicastero. In particolare, nella risposta fornita alle interrogazioni 5-01029 e 5-00952 in Commissione Giustizia della Camera dei deputati nella seduta del 10 ottobre 2013, il Sottosegretario delegato ha confermato la decisione del Governo di sopprimere il tribunale di Sala Consilina, rimandando a future valutazioni la eventuale necessità di interventi correttivi, ma tenendo nel massimo conto i contributi delle forze politiche e di tutti i soggetti interessati;  
   i contributi che l'interrogante, rappresentanti del comune di Sala Consilina e operatori interessati hanno personalmente portato all'attenzione del Ministero, anche nel corso di audizioni sull'attuazione dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, non sembrano aver prodotto alcun esito soddisfacente di valutazione ulteriore e di cambiamenti conseguenti;
   invero, nello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative, correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai menzionati decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, tese ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari, l'allegato I, che sostituisce la tabella A del decreto legislativo n. 155 del 2012, non apporta i necessari cambiamenti richiesti sul ripristino del tribunale di Sala Consilina;
   nel parere approvato dalla Commissione II Giustizia della Camera dei deputati nella seduta dell'11 dicembre 2013, la stessa Commissione ha osservato come il Governo non abbia ancora inteso intervenire su quelle criticità della riforma che sono state evidenziate, anche con significative forme di protesta, non solo da parte di parlamentari, di rappresentanti di enti locali e di operatori del diritto, quali magistrati ed avvocati, che operano nelle diverse sedi giudiziarie soppresse, e, da ultimo dalla Commissione giustizia del Senato in data 3 dicembre 2013, ma soprattutto dall'ordine del giorno 9/1248-B/29, approvato dall'Assemblea della Camera in data 8 agosto 2013, che impegnava il Governo a «tenere conto delle diverse criticità del nuovo assetto territoriale dei tribunali legate alla specificità del bacino di utenza e alla dimensione territoriale, alla situazione infrastrutturale e soprattutto alla presenza di criminalità organizzata, nonché delle criticità legate al trasferimento logistico delle sezioni distaccate presso i tribunali»;  
   il predetto ordine del giorno non si limita ad evidenziare le criticità, ma prefigura anche delle soluzioni, come l'istituzione di presidi di giustizia con le stesse funzioni di sezioni distaccate laddove siano stati soppressi i tribunali, così da evitare ogni rischio di desertificazione giudiziaria e di accorpamenti non funzionali alle esigenze di efficienza delle procedure e dell'attività giudiziaria;
   le diverse criticità della soppressione del tribunale di Sala Consilina sono ben note al Ministro della giustizia, non solo per il tramite del gruppo di lavoro, istituito il 19 settembre 2013, con il compito di monitorare lo stato di realizzazione della riforma della geografia giudiziaria, rilevare eventuali criticità, proporre idonee soluzioni organizzative e normative, verificare sulla base di criteri oggettivi tutte le segnalazioni pervenute e quindi trovare delle soluzioni che rispondano ad una serie di esigenze quali quelle legate all'efficienza ed alla funzionalità degli uffici giudiziari nonché al diritto di ogni persona di poter accedere alla giustizia senza essere sottoposto a sacrifici che trasformano tale diritto in una mera petizione di principio, ma anche per il tramite di documentazione personalmente fornita dall'interrogante agli uffici ministeriali competenti;
   nel parere approvato richiamato, la citata Commissione giustizia, anche in ragione del medesimo ordine del giorno, ha sottolineato l'esigenza che, prima che siano presentati nuovi decreti correttivi, il Ministro della giustizia riferisca alla Commissione al fine di consentire una verifica parlamentare dei risultati del lavoro del predetto gruppo, considerato che spetta comunque alla politica effettuare le scelte finali sulla base di dati oggettivi e secondo la delicata ponderazione degli interessi coinvolti;
   il medesimo parere ha inoltre osservato che, nonostante lo schema di decreto abbia volutamente un contenuto più ristretto rispetto alla necessità di correggere tutte le criticità determinate dalla soppressione di sedi giudiziarie, resta confermata la necessità per il Governo di intervenire in maniera celere e senza ritardi al fine di sanare tutte quelle criticità territoriali che, qualora non siano trovate a breve delle soluzioni, potrebbero trasformarsi in un gravissimo vulnus per la giustizia italiana e, più in particolare, per tutti gli utenti ed operatori del servizio giustizia;
   nel caso di specie, il servizio giustizia risulta una risorsa molto limitata, atteso che gli uffici giudiziari della Basilicata non sono in grado, anche ad organico pieno, di sopportare il peso di un contenzioso accresciuto dall'accorpato circondario di Sala Consilina –:
   alla luce di quanto evidenziato in premessa, quali siano le intenzioni del Ministro interrogato circa la necessità di porre rimedio tempestivamente al problema rappresentato, adottando ogni iniziativa utile a sanare le criticità derivanti dalla soppressione del tribunale di Sala Consilina e a rivedere questa scelta. (5-02102)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale del Veneto con deliberazione n. 92 del 28 giugno 2012 relativa alla mozione n. 151 dal titolo «Linea AV/AC Mestre-Portogruaro: la Regione esprima una scelta chiara a garanzia dei territori interessati» ha dato incarico al presidente della regione Veneto di esprimere nelle sedi istituzionali competenti formale contrarietà al progetto di tracciato cosiddetto basso-litoraneo, di scegliere l'attuale corridoio infrastrutturale di ferrovia e autostrada A4 come la sede più idonea per ospitare l'opera infrastrutturale prevista e di attivare ogni utile azione per reperire le risorse necessarie al rafforzamento dell'attuale linea ferroviaria per sfruttarne al massimo le potenzialità;
   il 19 settembre 2013 la commissione ministeriale di valutazione d'impatto ambientale ha indetto un vertice con le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia per esaminare il progetto preliminare della linea dell'alta velocità/alta capacità (AV/AC) Venezia-Trieste (tratta Mestre-Portogruaro: cosiddetto tracciato basso o litoraneo) presentato nel 2010 da Italfer;
   al vertice non ha partecipato alcun rappresentante della regione Veneto e in tale sede la commissione ministeriale ha chiesto ad Italfer di presentare entro poche settimane le integrazioni al suindicato progetto, ignorando la proposta alternativa di valorizzazione della linea ferroviaria esistente, elaborata e trasmessa alla regione Veneto nel 2012 dal commissario straordinario ministeriale Mainardi e sulla quale gli enti locali interessati si sono favorevolmente espressi;
   la giunta regionale del Veneto, disattendendo di fatto un preciso mandato del consiglio regionale, ha approvato solo il 3 ottobre 2013 l'atto di indirizzo 1808 con il quale si «richiede a Rfi spa, nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale in corso, di procedere con l'alternativa progettuale in affiancamento alla linea ferroviaria esistente Venezia-Trieste, ponendo particolare attenzione sotto il profilo ambientale all'attraversamento dei centri abitati, per consentire una comparazione, con lo stesso livello di approfondimento, col progetto preliminare già sviluppato per il tracciato in nuova sede posto più a sud»;
   non più tardi del 28 gennaio 2014 la giunta regionale, a precisa interrogazione, ha esclusivamente ribadito di aver «chiesto a Rfi di procedere ad approfondire, a livello di progettazione preliminare, l'alternativa progettuale in affiancamento alla linea ferroviaria» –:
   quale sia il tracciato in esame da parte della commissione ministeriale di valutazione d'impatto ambientale, ed in particolare se sia stato avviato l'approfondimento sull'alternativa progettuale in affiancamento alla linea ferroviaria;
   quale sia lo stato di avanzamento di questa/e istruttorie;
   se e in quale modo nella scelta dei due tracciati si terrà conto, oltre alle valutazioni tecniche ed economiche, del pronunciamento degli enti locali e dei soggetti istituzionali coinvolti, che hanno espressamente «bocciato» il cosiddetto tracciato litoraneo. (5-02098)


   TERROSI, GUERRA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012 e successive modificazioni e integrazione l'Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori, servizi e forniture (AVCP), ha istituito il sistema AVCpass (articolo 2, punto 1, lettera b));
   tale sistema, ai sensi dell'articolo 2, punto 2, lettere a) e b), della sopra citata deliberazione consente:
    «a) alle stazioni appaltanti/enti aggiudicatori, attraverso una interfaccia web e le cooperazioni applicative con gli Enti Certificanti, l'acquisizione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per l'affidamento dei contratti pubblici»;
    «agli operatori economici, tramite l'apposita area dedicata, di inserire a sistema i documenti la cui produzione è a proprio carico ai sensi dell'articolo 6-bis, comma 4, del Codice. L'operatore economico può utilizzare tali documenti per ciascuna delle procedure di affidamento alle quali partecipa entro il periodo di validità del documento, così come dichiarato dall'operatore medesimo»;
   l'obiettivo finale dell'Autorità è quello da un lato di sveltire le procedure inerenti gli appalti pubblici, dall'altro di rendere tali procedure trasparenti e tracciate;
   nel corso del 2013 l'Autorità di vigilanza, su sollecitazione di ANCI, ha svolto attività di formazione cui si è aggiunto un seminario online organizzato da ANCI e IFEL a seguito della insoddisfazione dichiarata dai comuni che avevano partecipato all'attività formativa, ma, ciononostante, soltanto poche decine di stazioni appaltanti si sono registrate nella piattaforma informatica;
   obbligatoriamente il sistema AVCpass deve essere utilizzato a partire dal 1o gennaio 2014 per la verifica online dei requisiti di partecipazione alle gare pubbliche di lavori, servizi e forniture;
   tuttavia molte risultano essere le difficoltà riscontrate: ad esempio l'acquisizione degli OEPass rallenta notevolmente i lavori così come risulta estremamente difficoltosa l'attivazione di una PEC personale per ogni RUP;
   nei giorni scorsi, l'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) e l'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) si sono rivolti al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti evidenziando i problemi emersi nell'applicazione di tale sistema;
   le stesse associazioni hanno sottolineato come il sistema AVCpass nonché l'utilizzo della centrale unica di committenza per i comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, rischiano di paralizzare i nuovi programmi infrastrutturali promossi dal Governo tra cui il progetto «6000 campanili», così come gli interventi per la messa in sicurezza delle scuole e dei territori;
   complessivamente, pertanto, il sistema AVCpass ancora oggi risulta farraginoso ed il rischio grave che incombe nel Paese è un blocco delle gare d'appalto e quindi degli investimenti e questo contraddice sia la volontà di snellimento e velocizzazione delle procedure amministrative sia la necessità di investimenti e di rilancio dell'economia –:
   se non intenda istituire tempestivamente un tavolo di lavoro al quale chiamare i soggetti interessati all'utilizzo del predetto sistema, al fine di individuare puntualmente le criticità poste dal suo utilizzo e le modalità operative più idonee da mettere in atto per rimuoverle.
(5-02104)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIOIA e MONGIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sulla stampa locale, si apprende che i lavori dell'alta capacità sulla tratta Foggia-Ponte Bovino, fermi già da alcuni mesi, rischiano di determinare il licenziamento di 250 lavoratori delle ditte subappaltatrici;
   una parte consistente di questi lavoratori sono residenti nel territorio e tale ipotesi non farebbe che aggravare una situazione già drammatica sul fronte occupazionale;
   RFI s.p.a., infatti, sarebbe intenzionata a ritirare l'appalto alla ditta appaltatrice «Rabbiosi», attualmente in amministrazione straordinaria e sull'orlo del fallimento;
   tale situazione determinerebbe, appunto, i licenziamenti e, contemporaneamente, il blocco per un lungo periodo dei lavori di un'opera strategica per l'intera area della Capitanata;
   è inaccettabile che, per l'ennesima volta, il territorio della provincia di Foggia, sia penalizzato con nuovi licenziamenti e opere pubbliche bloccate –:
   se non si ritenga necessario ed urgente intervenire, insieme alle istituzioni locali, affinché i lavori dell'alta capacità nella tratta Foggia-Ponte Bovino possano riprendere immediatamente al fine di terminare, nei tempi previsti, un'opera fondamentale per lo sviluppo economico del territorio della Capitanata già enormemente penalizzato da un sistema di infrastrutture totalmente inadeguato;
   cosa si intenda fare affinché siano tutelati i 250 lavoratori che, da mesi senza stipendio, rischiano di essere definitivamente licenziati, e sia garantita loro la continuità lavorativa. (4-03522)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANDE. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la RAI ha recentemente trasmesso nella nota trasmissione televisiva «Chi l'ha visto» un servizio relativo alla presunta scomparsa di due dei tre figli della famiglia siriana Hazima, Ahmad e Mohammad, naufragata nel Mediterraneo in uno dei ben noti attraversamenti per fuggire dall'orrore della guerra e confidare in un avvenire più sereno. I fatti riportati tuttavia, se da un lato rassicurano sulla circostanza che i genitori ed il terzo fratello sono stati tratti in salvo dalla guardia costiera maltese e che successivamente gli stessi hanno trovato ospitalità in Svezia, di converso aprono uno scenario di completa incertezza sulla sorte dei due fratelli minori. Testimoni asseriscono infatti che Ahmad e Mohammad sono stati soccorsi da una nave italiana e portati a Lampedusa;
   la scomparsa risale all'11 ottobre 2013 e da allora i genitori non ne hanno notizia. Si parla di due bambini di 8 e 12 anni che non conoscono la lingua italiana e la cui sorte appare allo stato della conoscenza ignota e tale da ingenerare anche sospetti sulla possibilità che, qualora non riparati nelle struttura di accoglienza possano anche essere stati oggetto di attenzione di soggetti di cui la cronaca è purtroppo oggigiorno piena delle loro inqualificabili azioni;
   si auspica tuttavia che Ahmad e Mohammad siano sani e salvi da qualche parte in Italia e magari nel centro di accoglienza di Lampedusa –:
   se il Governo intenda porre in essere tutte le azioni atte ad accertare se gli stessi siano presenti a Lampedusa ed, in tale caso, quali siano lo stato del ricongiungimento familiare e le tempistiche di avviso degli omologhi svedesi per informare la famiglia;
   se il Governo intenda accertarsi delle condizioni psico-fisiche dei bambini e assicurare la riapertura di un immediato canale di comunicazione tra i bambini e la famiglia;
   se il Governo intenda attivare tutte le procedure di competenza per ricongiungere la famiglia il prima possibile.
(4-03526)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Terradileuca s.r.l. è operante nel comune di Acquarica del Capo, beneficiaria di un accordo di programma sottoscritto a Bari il 30 gennaio 2001. Sembrerebbe che a seguito di tale accordo la società Terradileuca abbia costruito su un suolo agricolo uno stabilimento oleario e secondo l'accordo sopra citato la società si impegnava, tra le altre cose, ad assumere almeno dieci unità lavorative per un periodo di cinque anni;
   la stessa società partecipa, poi, al bando indetto dalla regione Puglia, approvato con determina del dirigente del settore agricoltura il 3 agosto 2001 n. 512 – BUR Puglia n. 135 del 5 settembre 2001 – «POR Puglia 2000-2006 – Complemento di programmazione – Misura 4.5 – Miglioramento delle strutture di trasformazione di prodotti agricoli – approvazione delle modalità di presentazione delle domande per l'ammissione al finanziamento»;
   con determinazione del dirigente del settore agricoltura del 27 maggio 2003, n. 400, è stata approvata e pubblicata la graduatoria finale e la società Terradileuca s.r.l. è risultata essere prima cumulando il massimo dei punti in ogni categoria di punteggio. Con determinazione del dirigente del settore agricoltura n. 504 del 6 giugno 2003 è stato poi concesso dalla regione Puglia un contributo economico alla società Terradileuca s.r.l pari a 766.041,12 euro, pari al 50 per cento del costo totale del progetto ritenuto ammissibile. Nella stessa determina sono elencati 26 punti inerenti «gli obblighi a carico dell'impresa beneficiaria, la cui inosservanza può essere motivo di revoca del contributo con conseguente restituzione di somme eventualmente riscosse aumentate degli interessi maturati». Tra gli obblighi sottoscritti figura, sempre a pena di decadenza, anche quello di assumere oltre 20 nuovi addetti per un periodo di cinque anni con la possibilità, concessa alla ditta, di avere tre anni di tempo prima di andare a regime;
   la società ha iniziato ad operare nella stagione olearia 2005/2006 e gli obblighi relativi alle assunzioni nel caso dell'accordo di programma scadevano nel 2010/2011, mentre quelli imposti dal contributo regionale, dati i tre anni concessi per l'entrata a regime, scadrebbero nella stagione olearia 2013/2014;
   i consiglieri comunali di opposizione del comune di Acquarica del Capo, raccogliendo le preoccupazioni di diversi cittadini, con nota del 21 dicembre 2012 chiedevano al segretario generale del comune, all'ufficio tecnico e a quello di polizia urbana se la società avesse adempiuto agli impegni assunti e soprattutto in merito al capitolo sulla nuova occupazione – che nel bando era quantificato in oltre 20 unità per una acquisizione di 20 punti. Gli stessi, inoltre, invitavano gli uffici sopra citati ad avviare procedimenti di verifica in merito, qualora non fossero in possesso delle informazioni richieste;
   sempre i consiglieri di opposizione, non vedendosi fornire risposte utili, in data 16 luglio 2013, hanno presentato una interrogazione al sindaco nella quale chiedevano le motivazioni delle mancate verifiche da parte degli uffici preposti e conseguentemente chiedevano al sindaco di dare disposizioni in merito. Nell'interrogazione dei consiglieri comunali di opposizione in merito alle motivazioni ostative per le quali non si dava avvio a puntuali verifiche, si legge «se è possibile che ciò sia doluto al fatto che la società Terradileuca s.r.l. annoveri tra i suoi soci importanti amministratori in carica». In data 27 agosto 2013 gli uffici comunali trasmettevano una nota con la quale facevano sapere che la società di cui in premessa si è opposta alla richiesta dei consiglieri per l'accesso agli atti;
   il prefetto di Lecce con nota n. 0077674 del 27 settembre 2013 chiedeva notizie in merito alla questione segnalata. In data 30 ottobre 2013 arriva la risposta all'interrogazione dei consiglieri comunali di opposizione che però non soddisfa affatto le richieste poste;
   gli uffici comunali nonostante le ripetute sollecitazioni del gruppo consiliare d'opposizione continuano a non avviare alcuna azione di verifica in merito –:
   se e quali elementi di informazione abbia ricevuto il prefetto in risposta alla nota di cui in premessa e quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere in merito. (5-02105)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LA RUSSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Augusta è la seconda città per popolazione della provincia di Siracusa, nonché sede di un polo petrolchimico e di un porto commerciale e militare tra i più importanti del Mediterraneo;
   stando a notizie riferite dagli organi di stampa, la città potrebbe essere destinata ad ospitare un centro di accoglienza per immigrati;
   nel frattempo, il comune starebbe realizzando una struttura temporanea per ospitare i migranti che arrivano nello scalo megarese, attraverso l'utilizzo di un container da sistemare all'interno del porto commerciale;
   il territorio di Augusta è già in stato di grande sofferenza a causa dell'inquinamento, della disoccupazione e della criminalità organizzata, e la realizzazione nella cittadina di una struttura permanente che ospiti i migranti desta preoccupazione nelle comunità locali –:
   se corrisponda al vero quanto riportato in premessa, e, se del caso, se non si intenda sottoporre tale decisione ad una più approfondita valutazione, anche considerata la vicinanza della cittadina con Siracusa, che già ospita un centro di accoglienza permanente. (4-03514)


   MONGIELLO e DI GIOIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   durante la sera del 31 gennaio 2014, verso le ore 20,30, un ordigno esplosivo, per la precisione una bomba carta, è esplosa presso l'abitazione sita in San Marco in Lamis (FG), del maresciallo del Corpo forestale dello Stato, Antonio Villani;
   ignoti hanno posizionato sulla finestra al piano terra dell'abitazione del maresciallo Villani, un potente ordigno esplosivo che ha mandato in frantumi il davanzale e scaraventato all'aria infissi e persiane. Ci sono stati danni anche all'interno dell'appartamento tanto da sbriciolare il camino ed alcuni pensili della cucina;
   la gran parte delle notizie susseguitesi nell'immediato dell'evento dinamitardo hanno riferito che l'episodi abbia avuto il segnale di un attentato contro il maresciallo Antonio Villani, comandante della stazione del Corpo forestale dello Stato di San Marco in Lamis;
   sembrerebbe in tal senso che al maresciallo Villani si sia voluto lanciare un messaggio, un avvertimento, avendo preso di mira la sua abitazione in pieno centro storico che notoriamente è sottoposta a vigilanza da parte telecamere;
   lo stesso maresciallo Villani, fortemente provato alla vista dell'accaduto, ha riferito che il fatto «Poteva essere una carneficina e che per fortuna in casa a quell'ora non c'era nessuno altrimenti sarebbe andata diversamente»;
   all'interrogante risulta che il Corpo forestale dello Stato operante in tale territorio sia stato più volte fatto oggetto di intimidazione e che l'episodio del 31 gennaio possa considerarsi di fatto come un innalzamento della violenza di tali atti. Non è la prima volta, infatti, che il comandante del Corpo forestale di San Marco in Lamis ed i suoi uomini subiscono attentati del genere. Proprio a seguito di un attentato avvenuto tre anni fa, sempre a danno del comandante Villani, fu decisa l'installazione di alcune telecamere a guardia del nucleo abitativo più antico del paese, la Padula;
   il comandante Villani non avrebbe dubbi sui motivi dell'attentato. Si tratterebbe di un avvertimento per tentare di allentare la morsa contro l'attività operativa condotta dagli agenti in forza alla caserma di Borgo Celano, che negli ultimi anni si è intensificata verso il contrasto agli abusi edilizi e la lotta al taglio indiscriminato dei boschi del territorio;
   appare doveroso e urgente fare chiarezza ed individuare gli artefici dell'attentato subito dal comandante del Corpo forestale dello Stato di San Marco in Lamis e nell'immediato mettere in essere tutte le misure di protezione che siano capaci di garantire l'incolumità del comandante, dei suoi famigliari e dell'intero personale che opera presso la stazione del Corpo forestale di San Marco in Lamis –:
   quali informazioni possano riferire, per le parti competenza, in merito ai fatti esposti in premessa;
   se non intendano con estrema urgenza assumere gli occorrenti provvedimenti volti a garantire l'incolumità e la sicurezza del comandante del Corpo forestale dello Stato Antonio Villani;
   se non intendano provvedere a rafforzare l'operatività e la consistenza della stazione del Corpo forestale dello Stato di san Marco in Lamis in maniera da renderne più efficace e sicura l'azione che sta portando contro gli abusi edilizi, i disboscamenti e tutte le altre illegalità che vengono perpetrate a danno di questo territorio e della sua collettività. (4-03517)


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dall'inizio degli anni Ottanta nel territorio della regione Toscana, tra le montagne pistoiesi, ha cominciato a svilupparsi e diffondersi la comunità dei cosiddetti Elfi;
   sin dalle prime fasi del loro insediamento alcuni «elfi» si sarebbero dimostrati contrari a rispettare leggi e normative nazionali, tra le quali l'obbligo scolastico per i propri figli;
   risulterebbe che la regione Toscana, in collaborazione con il comune di Sambuca e UNCEM, e grazie ai fondi derivanti dalla gestione del PAFR, partecipi al progetto «Comunità abitativa degli Elfi e della Valle dei Burroni»;
   da recenti notizie di stampa (il Tirreno, 6 dicembre 2013) si è appreso che nel corso di una operazione di pubblica sicurezza denominata operazione Arianna, che ha portato all'arresto di sei persone per traffico di stupefacenti, sono stati arrestati anche due componenti della suddetta comunità, che avevano precedenti penali nell'ambito del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti;
   l'interrogazione presentata in sede regionale dal Gruppo Fratelli d'Italia (n. 978 del 27 agosto 2013) ha ricevuto la risposta dell'assessore al welfare e alle politiche per la casa Allocca, nella quale si affermava che si era: «proceduto con una prima verifica rispetto alla presenza o meno della comunità degli Elfi tra le comunità socio educative che accolgono minori, che hanno affidamenti, e che quindi sono censite annualmente nell'ambito del monitoraggio regionale sui minori. L'accertamento ha così consentito di constatare l'esclusione di questa realtà da quelle che per operare sono soggette, in base alla normativa vigente regionale al rilascio di autorizzazione, al funzionamento e al relativo accreditamento e che come tali risultano pienamente inserite nella rete territoriale dei servizi sociali e socio educativi. Non sono presenti e non sono oggetto di procedure di affidamento. Di fatto quindi a livello regionale è preclusa ogni possibilità di attingere ad informazioni dirette sulle condizioni specifiche delle famiglie che vivono in quella comunità. Nel passaggio successivo si è contattato il referente zonale per l'area minori di Pistoia per avere informazioni il quale, non conoscendo direttamente la comunità, ci ha indirizzato al comune di Sambuca Pistoiese. Le domande contenute nell'interrogazione sono state girate al sindaco del comune di Sambuca Pistoiese che ha fornito le informazioni che di seguito riporto. Sul numero dei presenti la comunità conta circa duecento appartenenti dislocati in quattro zone del comune di Sambuca Pistoiese che sono quindi residenti permanenti. Nel periodo estivo la comunità aumenta leggermente essendoci qualche visita di amici ma non va oltre le duecentocinquanta persone. I minori di diciotto anni residenti sono circa ottanta, di questi abbiamo notizia precisa che 6 frequentano la scuola dell'infanzia a Trebbio, 20 la primaria a Trebbio, 4 le medie e 3 la scuola materna. Il comune non è a conoscenza di denunce di abusi su minori all'interno della comunità; non vi sono episodi conosciuti così come non ce ne sono rispetto a denunce di spaccio di traffico e di uso di sostanze. C’è da tenere presente che le persone residenti, come tutti gli altri, fanno fronte ai pagamenti delle tasse comunali. Vi è comunque da tener presente che la comunità è residente nei demanio della regione Toscana con regolare comodato»;
   inoltre, in merito alla medesima comunità, il garante regionale dei minori, Maria Grazia Sestini, aveva formulato una richiesta di chiarimenti al sindaco, la cui risposta, tuttavia, non è apparsa soddisfare compiutamente le necessità espresse dal garante –:
   se il Ministro disponga di informazioni circa il numero esatto di persone che attualmente vivono nei vari villaggi appartenenti alla comunità degli Elfi e in ordine a quanti tra queste siano minori;
   se i minori che vivono all'interno della comunità frequentino o abbiano frequentato regolarmente la scuola dell'obbligo;
   se siano mai state presentate denunce di abusi su minori all'interno della comunità;
   se siamo state presentate denunce per spaccio o traffico di sostanze stupefacenti a carico di soggetti appartenenti alla comunità. (4-03529)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   VACCA, BATTELLI, SIMONE VALENTE, BRESCIA e MARZANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in data 14 settembre 2011, con decreto del Presidente della Repubblica n. 222, è emanato il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari;
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 7 giugno 2012 ha emanato il decreto n. 76, concernente il «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei commissari ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222»;
   con il decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012 è stata avviata la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento dell'abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;
   con il decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012, è stata avviata la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;
   il 27 luglio 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale per la I e II fascia dei professori universitari tornata 2012;
   l'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, stabilisce che le commissioni sono tenute a concludere i propri lavori entro cinque mesi dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale; inoltre, prescrive che, se i lavori non sono conclusi nel termine di cui al primo periodo, il competente direttore generale del Ministero assegna un termine non superiore a sessanta giorni per la conclusione degli stessi e, decorso anche tale termine, avvia la procedura di sostituzione della commissione;
   visti i ritardi nella procedure concorsuali e non potendo rispettare i termini stabiliti dall'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, sopraggiunge una norma aggiuntiva ai sensi del comma 389 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012 n. 228, che proroga il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale, costituite ai sensi del decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fino al 30 giugno 2013;
   in forza della nuova proroga stabilita per legge, il termine per la conclusione dei lavori di ciascuna commissione è stabilito con decreto direttoriale, nel rispetto del termine 30 giugno 2013, tenendo conto delle domande presentate dai candidati all'abilitazione nel corrispondente settore concorsuale;
   con decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013 viene stabilita la proroga del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale costituite, ai sensi del decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012 del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, ad eccezione di quelle delle commissioni dei settori concorsuali appartenenti all'area disciplinare 12-scienze giuridiche;
   con decreto direttoriale n. 343 del 25 febbraio 2013, viene stabilita la proroga del termine per la conclusione dei lavori delle commissioni dei settori concorsuali appartenenti all'area disciplinare 12-scienze giuridiche, nonché una ulteriore proroga delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale già prorogate con decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013. I termini di conclusione dei lavori delle rimanenti commissioni sono rideterminati secondo il seguente criterio: per i settori concorsuali con un numero di domande fino a 500 candidato il termine conclusivo dei lavori è stabilito alla data del 31 maggio 2013, mentre per i settori concorsuali con oltre 500 candidati il termine ultimo è il 30 giugno 2013;
   nonostante le sopraggiunte proroghe stabilite ai sensi dell'articolo 1, comma 389, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, con decreto direttoriale n. 1263 del 28 giugno 2013 vengono decisi nuovi termini per la conclusione dei lavori delle commissioni; tali scadenze sono rideterminate secondo il seguente criterio: per i settori concorsuali con un numero di domande fino a 250 candidati il termine conclusivo dei lavori è stabilito alla data del 23 settembre 2013, mentre per i settori concorsuali con oltre 250 candidati il termine ultimo è il 30 settembre 2013;
   questa ulteriore proroga appare agli interroganti in contrasto con l'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011 n. 222 in quanto superiore ai 60 giorni rispetto al termine ultimo del 30 giugno 2013;
   nonostante le sopraggiunte proroghe e l'evidente scadenza dei termini per la conclusione dei lavori delle commissioni, il direttore generale non risulta agli interroganti che abbia attivato la procedura di sostituzione della commissione secondo quanto stabilito dall'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, ma ha emanato un ulteriore decreto che proroga i lavori delle commissioni al 30 novembre 2013;
   con decreto direttoriale n. 2746 del 13 dicembre 2013, a termini già scaduti viene prevista una ulteriore proroga alla data del 30 dicembre 2013 per la fine dei lavori della commissione del settore concorsuale 12/C1 – diritto costituzionale;
   dal 15 gennaio 2014 vengono emanati decreti direttoriali di proroga dei lavori delle commissioni che hanno richiesto l'esercizio del potere di autotutela per procedere alla correzione di alcuni giudizi relativi ai seguenti settori concorsuali: Decreto Direttoriale 89 – proroga lavori per interventi in autotutela – 11/A3; Decreto Direttoriale 90 – proroga lavori per interventi in autotutela – 02/B1; Decreto Direttoriale 160 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/C1; Decreto Direttoriale 161 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/E1; Decreto Direttoriale 162 – proroga lavori per interventi in autotutela – 10/N3; Decreto Direttoriale 163 – proroga lavori per interventi in autotutela – 04/A2; Decreto Direttoriale 164 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/D1; Decreto Direttoriale 165 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/D3; Decreto Direttoriale 166 – proroga lavori per interventi in autotutela – 11/A5; Decreto Direttoriale 167 – proroga lavori per interventi in autotutela – 11/C4; Decreto Direttoriale 205 – proroga lavori per interventi in autotutela – 13/A2; Decreto Direttoriale 206 – proroga lavori per interventi in autotutela – 08/B2; Decreto Direttoriale 208 – proroga lavori per interventi in autotutela – 01/A2; Decreto Direttoriale 209 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/F4; Decreto Direttoriale 210 – proroga lavori per interventi in autotutela – 12/B1; Decreto Direttoriale 211 _ proroga lavori per interventi in autotutela – 06/M1; Decreto Direttoriale 213 – proroga lavori per interventi in autotutela – 11/E3; Decreto Direttoriale 221 – proroga lavori per interventi in autotutela – 06/L1; Decreto Direttoriale 240 – proroga lavori per interventi in autotutela – 05/F1 –:
   se siano legittime le numerose proroghe decretate dal direttore generale competente;
   quali iniziative intenda avviare il Ministro per correggere quelle che agli interroganti appaiono delle evidenti criticità della procedura concorsuale di cui in premessa. (3-00626)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano investe ancora molto, tramite il sistema di istruzione pubblico, nell'educazione dei giovani;
   la maggior parte dei laureati in materie scientifiche abbandona la ricerca prematuramente o si sposta all'estero senza fare più ritorno in Italia; affinché il sistema rimanga in equilibrio una buona parte di chi ha completato la sua formazione professionale all'estero dovrebbe essere messo in condizione di tornare e mettere a frutto nel suo Paese quello che ha imparato altrove;
   tuttavia è noto che nelle università italiane le borse di ricerca finanziate sono poche e spesso sono oggetto di concorsi interni che si svolgono con procedure poco chiare che vanno a premiare non sempre i più meritevoli;
   gli ERC Consolidator Grant sono finanziamenti molto prestigiosi e competitivi attribuiti dall'Agenzia europea della ricerca (ERC) dove i ricercatori italiani sono secondi nel numero di finanziamenti vinti (46 contro i 48 della ben più popolosa Germania o i 33 della Francia); eppure 26 di questi vincitori svolgeranno le loro ricerche fuori dall'Italia. Questo delinea chiaramente che il capitale umano a disposizione dell'Italia è ancora vastissimo e può essere recuperato ed impiegato correttamente –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   cosa intenda fare il Ministro, per quanto di competenza, per creare le condizioni in Italia affinché i ricercatori possano rientrare a lavorare nel nostro Paese;
   se non si intenda legare i finanziamenti alla ricerca nelle università ai risultati conseguiti e alla capacità di vincere bandi internazionali e attrarre investimenti non statali;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative per creare agenzie preposte alla gestione e all'allocazione dei finanziamenti per la ricerca su basi competitive;
   se non si intenda rivedere il metro di valutazione dei professori universitari calcolando anche la produttività scientifica e creando una distinzione tra il personale docente che effettua ricerca e chi è dedito solamente all'insegnamento. (4-03528)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, BALDASSARRE, RIZZETTO, CIPRINI, CHIMIENTI e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto dell'8 luglio 2013 sono stati costituiti un Comitato scientifico interistituzionale per l'indirizzo dei metodi e delle procedure per il monitoraggio della riforma del mercato del lavoro e un Comitato tecnico incaricato di fornire il supporto metodologico per l'implementazione delle azioni e la produzione di indicatori;
   con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 74121 del 12 novembre 2013 è stato istituito il capitolo n. 1221 «Spese per il funzionamento dei Comitati scientifico e tecnico per l'indirizzo dei metodi e delle procedure per il monitoraggio della riforma del lavoro»;
   in base all'articolo 4 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 dicembre 2013, la partecipazione al Comitato scientifico e al Comitato tecnico, sopra menzionati, è a titolo gratuito e il rimborso delle eventuali spese di missione graverà sul capitolo n. 1221, di cui sopra;
   nel mese di gennaio 2014 è stato pubblicato il «Quaderno n. 1 — gennaio 2014» dal titolo «Il primo anno di applicazione della legge 92/2012» –:
   se ad oggi vi siano state movimentazioni del capitolo n. 1221 e quali sia l'entità di tali movimentazioni;
   quale sia il rendiconto analitico delle eventuali spese di missione. (4-03515)


   BECHIS, COMINARDI, TRIPIEDI, BALDASSARRE, RIZZETTO, CIPRINI, CHIMIENTI e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 6 novembre 2013 è stata costituita la struttura di missione, secondo quanto previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 76 del 28 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 9 agosto 2013;
   ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 6 novembre 2013 ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del capitolo 1220 «Spese di funzionamento della struttura di missione istituita per l'attuazione della garanzia per i giovani e per la ricollocazione dei lavoratori destinatari degli ammortizzatori in deroga»;
   in base all'articolo 5 del decreto-legge n. 76 del 28 giugno 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 9 agosto 2013, la partecipazione alla struttura di missione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti o indennità di alcun tipo ma soltanto al rimborso di eventuali e documentate spese di missione;
   in data 30 dicembre 2013 è stata pubblicata l’«INDAGINE SUI SERVIZI PER L'IMPIEGO 2013» –:
   se ad oggi vi siano state movimentazioni del capitolo n. 1220 e quale sia l'entità di tali movimentazioni;
   quale sia il rendiconto analitico delle eventuali spese di missione. (4-03516)


   DA VILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Pansac International S.r.l. era un'impresa molto attiva nel settore degli imballaggi plastici (pellicole e film in polietilene per i settori alimentare, igienico-sanitario ed industriale) con sede a Mira, in provincia di Venezia;
   con sentenza n. 989/2011, del 12 dicembre 2011, il tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza della società, nominando, il dottor Ciampi, giudice delegato, e l'avvocato Marco Cappelletto, commissario giudiziale;
   a seguito della relazione predisposta dal commissario giudiziale, ai sensi dell'articolo 28 decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, il tribunale di Milano ha espresso parere favorevole alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto n. 1 del 2011, con parere conforme del Ministero dello sviluppo economico;
   con decreto del 10 febbraio 2012, infatti, il Ministero dello sviluppo economico ha nominato l'avvocato Cappelletto commissario straordinario;
   l'impresa, a partire dal 12 dicembre 2011 ha beneficiato, pertanto, della cassa integrazione guadagni straordinaria, ai sensi dell'articolo 7 comma 10-ter, della legge n. 236 del 1993, per tutta la durata dell'attività del commissario e relativamente a 731 lavoratori;
   la suddetta Cassa integrazione guadagni straordinaria è stata erogata fino al 21 settembre 2013;
   per quanto riguarda il periodo successivo, compreso tra il 22 settembre e il 12 dicembre 2013 (data di chiusura della attività commissariale e cessazione dell'amministrazione straordinaria), è stata avanzata, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, specifica richiesta di proroga della Cassa integrazione guadagni straordinaria;
   purtroppo i tempi di verifica dei presupposti di ammissibilità dell'istanza appaiono inspiegabilmente lunghi nonostante si tratti di una mera proroga. Le organizzazioni sindacali hanno stimato in circa 5-6 mesi il tempo di attesa;
   il 14 gennaio 2014 è stato peraltro siglato un nuovo verbale d'intesa tra la società e le organizzazioni sindacali presso gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, al fine di ottenere una nuova proroga del periodo di applicazione degli ammortizzatori sociali a far data dal giorno 12 dicembre 2013. Anche in tal caso si può ragionevolmente prevedere un tempo d'attesa di almeno 5-6 mesi ulteriori che si aggiungeranno o si sovrapporranno a quelli di cui sopra;
   il risultato di queste lungaggini burocratiche è che più di 500 famiglie non ricevono alcun sostegno al reddito da almeno cinque mesi con le gravi ed evidenti conseguenze sotto il profilo sociale, umano, economico e di ordine pubblico;
   a causa delle more nel pagamento degli ammortizzatori sociali, da parte dell'INPS, molti lavoratori hanno cercato di ottenere da alcuni istituti di credito un'anticipazione (operazione di sconto bancario) sugli emolumenti di Cassa integrazione guadagni straordinaria, che saranno successivamente loro versati, ma finora hanno riscontrato difficoltà procedurali e costi elevati;
   l'ABI (Associazione bancaria italiana) ha sottoscritto insieme a Confindustria ed a tutte le principali sigle sindacali, in data 15 aprile 2009, una «Convenzione in tema di anticipazione sociale dell'indennità di Cassa integrazione guadagni straordinaria, anche in deroga» con valenza sino al 31 dicembre 2011, poi prorogata fino al 31 dicembre 2015;
   tale convenzione opera per adesione volontaria degli istituti di credito, nel rispetto della libera concorrenza tra gli stessi, ed ha lo scopo di promuovere, appunto, l'anticipo della Cassa integrazione guadagni straordinaria «con condizioni di favore al fine di evitare aggravio di oneri, in coerenza alla finalità ed alla valenza sociale dell'iniziativa». Poi però si aggiunge che «a tal fine, le parti auspicano l'attivazione da parte delle autonomie locali di “fondi di garanzia” dei debiti relativi alle anticipazioni, ovvero di “fondi” in conto interessi sulle anticipazioni medesime»;
   insomma, si tenta di ovviare, con un'iniziativa apprezzabile, all'incapacità dell'imprenditore di anticipare gli ammortizzatori sociali e alle more dell'INPS. Al tempo stesso però si cerca di addossare i costi (ulteriori) dell'altruismo al settore pubblico. A tal proposito, occorre ricordare le iniziative di alcuni enti locali mossisi in tale direzione (provincia di Parma, provincia di Siena, regione Toscana e regione Liguria);
   il Governo ha dimostrato quegli che agli interroganti appaiono ottimi rapporti dialettici con il settore bancario, a beneficio del quale è stato adottato l'ultimo provvedimento legislativo di aumento «forzoso» del valore delle azioni di Banca d'Italia S.p.A. –:
   se, e con quali modalità, si intenda intervenire con la massima urgenza per accelerare i tempi di erogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria a seguito della domanda di proroga presentata nel mese di dicembre, almeno per coprire il periodo finale del 2013, con l'obiettivo di tamponare l'emergenza e assicurare un minimo di sostegno per i lavoratori e le loro famiglie nonché di procedere comunque ad una velocizzazione dei tempi anche per quanto riguarda il periodo oggetto del verbale siglato nella giornata del 14 gennaio 2014;
   se, e con quali mezzi, il Governo abbia intenzione di promuovere presso il sistema creditizio italiano, senza la spendita di denaro pubblico, l'adesione alla convenzione ABI che disciplina l'operazione di «anticipazione bancaria» del credito per Cassa integrazione guadagni straordinaria vantato nei confronti dell'INPS da moltissimi lavoratori danneggiati da situazioni di dissesto aziendale (nel solo 2012 i lavoratori interessati dalla Cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, sono stati poco più di 2 milioni per 1,1 miliardi di ore). (4-03520)


   CAMPANA e BOSSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i servizi dell'aeroporto Capodichino sono gestiti da Gesac, società di gestione aeroportuale, la cui maggioranza azionaria è in mano al gruppo spagnolo Ferrovial e al gruppo italiano F2i SGR-Fondi Italiani per le infrastrutture;
   all'interno dell'aeroporto di Capodichino (Napoli) operano diverse società tra cui Autogrill, con ben sei punti vendita e ottanta dipendenti. Dopo la presentazione del piano industriale i lavoratori di Autogrill hanno ricevuto una lettera di licenziamento con un ipotetico passaggio a una società costituita il 23 dicembre del 2013, una società a responsabilità limitata con capitale sociale di circa 10 mila euro, di cui solamente 2.000 versati. I lavoratori preoccupati hanno denunciato questo passaggio ad una società a responsabilità limitata che sembra sia collegata a Sebeto, altro marchio leader nel gruppo della ristorazione. Il gruppo Sebeto, interpellato, disconosce rapporti con Autogrill per questo subentro prima della scadenza del contratto di Autogrill che è fissata per il 2016;
   nel piano di tagli è coinvolto anche il 20 per cento del personale addetto alle pulizie dello scalo che pochi giorni fa hanno minacciato di darsi fuoco cospargendosi di benzina –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto espresso in premessa;
   se presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali siano stati attivati i tavoli di concertazione con Autogrill che a quanto apprendono gli interroganti sta dismettendo anche altri punti ristoro lungo la rete autostradale italiana;
   cosa si intenda fare a tutela dei posti di lavoro attualmente a rischio in un territorio già duramente colpito dalla crisi. (4-03527)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA, CENNI, OLIVERIO e ANTEZZA. —Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la malattia vescicolare del suino (SVD, Swine Vesicular Disease) è stata osservata per la prima volta in Italia nel 1966. Negli anni settanta e nei primi anni ottanta, focolai di malattia si sono manifestati in diversi Paesi europei e dell'Estremo oriente. A partire dal 1992 la SVD è riapparsa sporadicamente in alcuni Paesi europei (Portogallo), mentre persiste in Italia dove viene segnalata regolarmente al Sud (Campania e Calabria) e occasionalmente al Centro-nord con rare ondate epidemiche rapidamente estinte;
   l'accreditamento aziendale e regionale di indennità da malattia vescicolare suina consente la possibilità di movimentazione degli animali e delle carni, ma la persistente presenza di alcuni focolai in Italia impedisce la commercializzazione di carne suina e sottoprodotti di carne suina verso alcuni Paesi, procurando grave danno alle aziende suinicole italiane e alle aziende agroalimentari di trasformazione con una perdita stimata tra i 250 e i 300 milioni di euro di mancate esportazioni;
   secondo uno studio compiuto dal gruppo di esperti scientifici sulla salute e il benessere degli animali (gruppo AHAW) su richiesta della Commissione europea, l'impatto della SVD sulla salute degli animali e sulla produzione è limitato. Il rapporto caso-fatalità della SVD è trascurabile e, per la scarsa mortalità, la bassa morbilità e le perdite molto lievi di produzione riferite in condizioni reali, l'importanza e l'impatto della SVD sono considerati bassi. Il motivo principale del basso impatto osservato è la sua caratteristica di malattia a carico di singoli box d'animali, tant’è che la diffusione da un reparto ad un altro può anche non verificarsi in assenza di spostamento di animali o attrezzature contaminate e di sistemi di drenaggio dei reflui aperti e comuni. Questo è il motivo per cui la SVD può essere considerata malattia di reparto più che una malattia di azienda;
   ne consegue che la corretta applicazione, sia in azienda che in fase di trasporto, di pratiche gestionali e di misure igienico sanitarie basate sui principi di profilassi diretta (biosicurezza), può offrire garanzie sanitarie sufficienti per evitare l'introduzione dell'infezione in un'azienda ed assicurare il mantenimento dello status di indennità SVD;
   il Ministero della salute ha elaborato un piano di sorveglianza nazionale regolamentato dalle ordinanze ministeriali 12 aprile 2008 su «Identificazione dei suini e allevamenti di suini» e «Misure sanitarie di eradicazione della malattia vescicolare del suino e di sorveglianza della peste suina classica»;
   le operazioni di contenimento dell'infezione e di risanamento scattano immediatamente a seguito della conferma di focolaio di SVD e prevedono il censimento degli animali presenti, l'abbattimento e la distruzione di tutti i suini presenti in allevamento (stamping out) nonché l'applicazione di severe restrizioni alle movimentazione di animali sensibili alla malattia, prodotti, veicoli e persone;
   nel caso di insorgenza di una malattia animale e conseguente applicazione delle misure di controllo, lo Stato italiano con la legge n. 218 del 1988 ha stabilito la possibilità di indennizzare i danni diretti ed indiretti ricadenti sulle attività di allevamento zootecnico;
   la Commissione europea, con la decisione 2009/470/CE, in materia di spese nel settore veterinario, ha stabilito la possibilità di contribuzione finanziaria da parte comunitaria per le attività di sorveglianza, monitoraggio ed eradicazione delle malattie animali, per alcune delle quali, tra l'altro, è prevista la copertura finanziaria per l'applicazione delle necessarie misure di controllo in caso d'emergenza –:
   se trovino conferma i dati esposti in premessa sulla attuale presenza, localizzata in alcune zone d'Italia, della malattia vescicolare suina e, in caso affermativo, quali siano i motivi che, ancora oggi, non hanno consentito l'eradicazione definitiva dei focolai di infezione presenti;
   se vi siano stati ritardi o inadempienze da parte degli organismi competenti nell'esecuzione degli interventi necessari, poiché il basso impatto della malattia, la relativa facilità di controllo della stessa e la sua presenza in zone limitate e circoscritte del territorio nazionale sono circostanze che avrebbero dovuto consentire di debellarla da tempo, evitando così il grave danno economico che colpisce l'intero settore e le relative esportazioni a livello nazionale;
   in che misura e con quali modalità siano state promosse tra tutti i soggetti interessati la conoscenza e l'applicazione dei principi di biosicurezza, essenziali per ridurre la diffusione della SVD fra i diversi gruppi di animali;
   se, infine, allo stato attuale risultino attivati i meccanismi previsti dalla legislazione nazionale ed europea per garantire un adeguato indennizzo agli operatori danneggiati dalla SVD e a quanto ammontino le risorse destinate a tal fine dal bilancio dello Stato. (5-02103)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante già nell'atto n. 5-01752 del 19 dicembre 2013 poneva l'impellenza di una verifica puntuale per la situazione che interessava le aziende del gruppo Filanto, in particolare per tecnosuole, Labor e Zodiaco; 
   dagli organi di stampa locale si apprende che il Ministero del lavoro ha bocciato la richiesta di cassa integrazione straordinaria da agosto a dicembre 2013, poiché formulata, da quanto si legge, contro le previsioni di legge;
   la comunicazione da parte del Ministero sembrerebbe interessare al momento solo l'azienda Tecnosuole che conta ben 126 dipendenti. Si teme la stessa sorte, dato che sembrerebbe sia stata utilizzata la medesima formula poi contestata dal Ministero, anche per le aziende Labor e Zodiaco. Un effetto domino, questo, che andrebbe ad incidere sulle sorti di altri 244 lavoratori;
   da quanto si apprende la bocciatura da parte del Ministero della richiesta di sussidio è scaturita da una incongruenza circa la causale che per l'anno 2013 recava «cessazione di attività», mentre per il 2014 era per «procedura concorsuale»;
   dal breve resoconto dei media si legge che fino all'anno 2013 i lavoratori delle tre aziende hanno goduto della cassa integrazione straordinaria con la motivazione di «cessazione di attività». Le tre aziende, poi, hanno presentato istanza di concordato preventivo e congiuntamente richiesta di cassa integrazione per «procedura concorsuale». In questo contesto a marzo 2013 la Guardia di finanza di Bari ha emesso ordinanza di sequestro e le istanze di concordato furono ritirate, a fine settembre, poi, fu riformulata una nuova richiesta di ammortizzatori sociali con causale «riorganizzazione aziendale per complessità connesse alle ricadute occupazionali»;
   le aziende hanno poi ripresentato le istanze di concordato preventivo e hanno rinviato una nuova richiesta di cassa integrazione straordinaria con motivazione «procedura concorsuale»;
   essendo stato accordato il concordato preventivo le aziende molto probabilmente potranno godere solo per l'anno 2014 della cassa integrazione, perdendo così il sussidio per il 2013;
   il 3 gennaio 2014 sulla stampa si leggeva una dichiarazione dell'Assessore al lavoro della regione Puglia nella quale rassicurava dichiarando che «arriva la cassa integrazione straordinaria anche per i dipendenti di Tecnosuole, Labor e Zodiaco. Da oggi, dunque, tutti i lavoratori del gruppo Filanto potranno beneficiare di 24 mesi di cassa integrazione straordinaria»;
   se le mensilità del 2013 non dovessero effettivamente trovare copertura si determinerebbe un danno enorme a carico di un'ampia platea di lavoratori che già vivono una situazione economica difficilissima –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire con urgenza per trovare una celere e proficua risoluzione per i lavoratori del gruppo Filanto affinché non si determini una gravissima penalizzazione a carico di persone che hanno già pagato ampiamente la crisi del settore manifatturiero salentino. (5-02101)

Interrogazione a risposta scritta:


   PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la «Pimkie Modisti» è una multinazionale dell'abbigliamento con sede in Francia, presente in 26 Paesi del mondo, inclusa l'Italia, dove possiede circa ottanta punti vendita e alcuni magazzini;
   secondo quanto riportato dalla stampa nazionale (agenzia «AGIELLE» in data 4 febbraio 2014; articolo su «Il Giorno» del 7 febbraio 2014 a firma Roberta Rampi), e da un comunicato sindacale congiunto di Filcams Cgil, Uiltucs Uil e Fisascat Cisl, l'azienda ha annunciato la chiusura del magazzino di via Monzoro a Cornaredo (MI) e il suo trasferimento in Germania e, conseguentemente, settanta licenziamenti. I licenziamenti riguardano donne dall'età media superiore ai 40 anni che si troveranno improvvisamente disoccupate;
   sempre secondo quanto riportato dall'articolo de Il Giorno, l'iniziativa aziendale giunge dopo un anno in cui azienda e sindacati avevano trovato un'intesa per concedere ai lavoratori un contratto di solidarietà al fine di scongiurare il pericolo dei licenziamenti;
   ora, a un solo anno dal precedente accordo, l'azienda rimette in discussione i risultati raggiunti annunciando una radicale e definitiva chiusura del magazzino –:
   se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e se siano stati rispettati i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali sul comparto lavorativo afferente al settore industriale interessato e al sito nel quale è presente il magazzino Pimkie, dove i lavoratori hanno acconsentito a riduzioni di orario e di stipendio al fine di salvaguardare i livelli occupazionali rischiando ora, per la seconda volta in pochi mesi, di trovarsi senza sostentamento e senza la possibilità di fare affidamento sulle passate e future trattative sindacali. (4-03518)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Ferraresi n. 1-00323, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 160 del 27 gennaio 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    nei territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito con modificazioni dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, a distanza di circa venti mesi le conseguenze del terremoto sono ancora pesanti;
    nel corso del tempo sono emerse le fragilità della ripresa post emergenza, a causa delle difficoltà di tenuta di mercato delle imprese; del peso dei costi crescenti dovuti alla riorganizzazione dei cicli di produzione e alla ridefinizione dei layout produttivi e logistici; della depressione dei consumi interni locali che colpiscono in particolare le attività commerciali e dei servizi e della fragilità delle imprese nuove nate la cui probabilità di superare il secondo anno di attività si attesta poco sopra il 50 per cento;
    i provvedimenti per il sisma sono stati perfezionati in circa 34 atti di livello nazionale ed oltre 250 atti di emanazione del commissario straordinario a cui andrebbero aggiunti anche quelli regionali. Una mole impressionante di decreti, leggi, delibere, convenzioni, circolari, protocolli e ordinanze in cui è difficile districarsi non solo per il semplice cittadino ma anche per le stesse amministrazioni. Considerato dunque che il modo di procedere del Governo nelle occasioni di interventi di emergenza dovute a calamità naturali avanza secondo i firmatari del presente atto di indirizzo per approssimazioni ed è spesso troppo lento e farraginoso e soprattutto che si rilevano estreme difformità di trattamento concesse negli anni tra i vari territori, sarebbe importante ai fini della sicurezza, della trasparenza e della tempestività di azione e della semplificazione delle procedure individuare linee di indirizzo unitarie ed emanare un provvedimento organico sulla gestione delle grandi emergenze che, garantendo i diritti dei cittadini, definisca con chiarezza procedure e risorse in caso di eventi calamitosi uguali per tutti;
    i tempi della ricostruzione stessa degli edifici non corrispondono alle aspettative iniziali e le domande presentate per accedere al contributo per la ricostruzione sono attualmente meno del trenta per cento degli aventi diritto, e ciò a seguito prevalentemente delle difficoltà dovute al peso burocratico delle ordinanze commissariali;
    il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, conosciuto anche come ecobonus, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2013, prevede, all'articolo 15, di estendere il meccanismo delle detrazioni fiscali al 65 per cento anche agli interventi di adeguamento antisismico su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 della classificazione sismica (alta e media sismicità); i comuni emiliani, interessati dal terremoto, rientrano, sulla base dell'attuale classificazione, in zona 3, ovvero in area a sismicità medio-bassa;
    lo studio Ance-Cresme: «Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana», del 2012, ha evidenziato come il territorio italiano sia caratterizzato da un forte rischio naturale; le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni (2.893), oltre il 60 per cento degli edifici del Paese (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974);
    nel 2006 viene pubblicata (OPCM 3519/2006) la nuova mappa di pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale (MPS04), elaborata dall'INGV secondo i criteri dell'Allegato 1 dell'OPCM n. 3274/2003; nel 2008 vengono approvate dal Governo, con il decreto ministeriale 14 settembre 2008, le nuove norme tecniche per le costruzioni (NTC 2008);
    la regione Emilia-Romagna è impegnata da alcuni anni in studi sull'assetto sismo-tettonico dell'Appennino emiliano-romagnolo e della pianura padana per comprendere i reali fenomeni sismici e arrivare alla realizzazione di una nuova mappa di pericolosità sismica; con i terremoti del maggio 2012, in una area classificata a bassa sismicità, i limiti della classificazione sono apparsi in tutta la loro evidenza;
    l'oggettiva iniquità che esclude i cittadini del «cratere sismico» dalla possibilità di usufruire della detrazione fiscale del 65 per cento per gli interventi di messa in sicurezza sismica degli edifici è stata oggetto di diversi interventi sia in sede parlamentare sia sotto forma di atti di indirizzo, in entrambe le Camere;
    sia la Camera del deputati che il Senato della Repubblica hanno accolto un ordine del giorno, durante la discussione sul decreto-legge Ecobonus, che impegna il Governo, tra l'altro, ad «adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative volte ad estendere la misura agevolativa del 65 per cento anche ai Comuni colpiti da eventi sismici» e, in particolare: «ad estendere tali interventi di adeguamento sismico per le costruzioni site nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012»;
    l'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna ha deliberato con voto unanime una risoluzione (Prot. n. 36196 dell'11 settembre 2013) in cui si chiede al Governo di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione dell'Ecobonus per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono state interessate dallo stato di emergenza;
    gli edifici adibiti ad abitazione, ancora inagibili a causa del sisma, non permettono il rientro nelle proprie case di un numero considerevole di cittadini, i nuclei familiari che stanno beneficiando del Cas (contributo per l'autonoma sistemazione), per il pagamento degli affitti di appartamenti occupati perché costretti a trasferirsi, sono circa 10 mila; sono complessivamente 760 i moduli prefabbricati abitativi allestiti in ambito urbano, che ospitano circa 2.300 persone, a questi si aggiungono circa 200 moduli abitativi collocati in area rurale;
    la situazione occupazionale è stata pesantemente aggravata dal sisma: sono 4.800 i posti di lavoro persi imputabili in modo più o meno diretto all'effetto terremoto, di cui 2.779 solo all'interno del cosiddetto cratere, al 30 giugno 2013 l'uso degli ammortizzatori sociali con «causale sisma» è stata pari a 3,7 milioni di ore;
    avere la propria abitazione distrutta o lesionata, comunque inagibile, gravata da mutuo, e magari aver subito, anche sotto l'aspetto del reddito familiare, le conseguenze del sisma, sta creando una forte difficoltà economica in tanti cittadini interessati;
    dai dati della Camera di commercio di Modena risulta che le imprese coinvolte dal terremoto siano state oltre 25.000, la maggior parte con meno di 5 addetti, per una quota di PIL che è di oltre un terzo del complessivo totale provinciale; oltre la metà di queste aziende ha dichiarato di aver subito danni;
    nei 10 comuni maggiormente danneggiati, Camposanto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Finale Emilia, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, San Felice sul Panaro, San Possidonio, San Prospero, le imprese registrate sono passate da 10.707 nel 2011 a 10.560 nel 2012 con un saldo negativo di -147 (-1,4 per cento), mentre a livello provinciale la variazione delle imprese registrate è stata del -0,1 per cento in questi comuni, nel quarto trimestre 2012, la produzione ha visto un calo di -6,1 per cento e il fatturato una diminuzione del -5,7 per cento;
    dai dati elaborati dall'istituto di ricerche economiche e sociali (IRES), il sisma ha comportato un danno diretto di circa 6 miliardi di euro, a cui si aggiunge il danno indotto sull'intera economia regionale stimato in 8,25 miliardi di euro di fatturato;
    la ricostruzione ha avuto ed ha due diverse velocità: quella delle grandi imprese, magari multinazionali come quelle del settore biomedicale, ripartite dopo il sisma in relativamente poco tempo perché meglio patrimonializzate e coperte magari da polizze assicurative, e quella della piccola e media impresa, costretta in tanti casi a delocalizzare, oppure alle prese con una difficile ricostruzione di edifici e per il ripristino dell'efficienza produttiva o nella condizione di aver dovuto cessare la stessa attività;
    vi è una forte richiesta da parte del mondo imprenditoriale, in particolare di quello rappresentativo proprio della piccola e media impresa, di avere una fiscalità di vantaggio nell'area interessata dal sisma, al fine di superare alla grave situazione in cui ci si trova, favorire la ripresa delle attività produttive e la tenuta del tessuto economico complessivo;
    il decreto-legge n. 162 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 601 del 2008, ha concesso alle imprese che hanno subito danni diretti alle calamità naturali che hanno colpito Marche ed Umbria nel 1997, Marche e Puglia nel 2002 ed Abruzzo nel 2009, una riduzione al 40 per cento del carico tributario e contributivo sospeso dopo gli eventi calamitosi, da restituire in n. 120 rate mensili, senza sanzioni ed interessi;
    per portare a termine velocemente la ricostruzione risulta estremamente importante il ruolo degli enti locali, pertanto sarebbe importante conferire agli stessi ulteriori risorse. Non è possibile infatti chiedere a questi comuni, gravati insieme dal sisma e dall'alluvione del 19 gennaio 2014 per l'esondazione del Secchia, di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei e necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio. Secondo una simulazione IFEL, i comuni colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 subiranno a partire dal 2014 un taglio complessivo delle risorse di 2.250.000.000,00 ai sensi del decreto-legge n. 95 del 2012. Sarebbe inoltre necessario sbloccare il patto di stabilità per i comuni terremotati almeno per i prossimi 3 o 4 anni aumentando le risorse per il 2014 e azzerando il patto anche per il 2015, mettendo così in condizione gli enti locali anche di pagare le imprese che lavorano alla ricostruzione e di compensare i minori introiti da IMU e Tares;
    l'articolo 1, comma 356, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha disposto la sospensione delle rate scadenti nell'esercizio 2013 e 2014 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. ai comuni di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o giugno 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 2012, e successive modificazioni, e all'articolo 67-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni. Questa misura, pur auspicata, rischia comunque di mettere in difficoltà le amministrazioni se non accompagnata da una rimodulazione del finanziamento, in quanto prevede che il rimborso delle rate che sono state rinviate avvenga in un solo anno, il primo dopo la scadenza;
    per quanto riguarda i servizi primari garantiti dalle multiutility del cratere, quali AIMAG e SORGEA e in misura minore anche da Hera, i comuni evidenziano che le minori entrate registrate nel 2012 rischiano di generare un aumento delle tariffe. Sarebbe necessario un provvedimento analogo a quello previsto dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 350, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) che ha destinato risorse straordinarie per garantire l'equilibrio finanziario degli enti territoriali del cratere de L'Aquila e per evitare ripercussioni sulla continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
    per quanto riguarda invece il funzionamento degli apparati amministrativi dei comuni, la normativa sul contenimento della spesa pubblica (decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, decreto-legge n. 95 del 2012 convertito dalla legge n. 135 del 2012) ha disciplinato la materia delle gestioni associate delle funzioni fondamentali e, nel corso dell'esame della legge di stabilità, è stata approvata una proroga sino al 1o luglio 2014 del termine per la gestione associata obbligatoria per i Comuni con meno di 5.000 abitanti o 3.000 appartenenti a comunità montane. Tale obbligo riguarderebbe almeno quattro comuni del cratere che si troverebbero, in un momento così delicato, a dover affrontare una rivoluzione amministrativa complessa da gestire rischiando di creare nuovi ostacoli alla ricostruzione. Sarebbe importante dunque per questi comuni operare una deroga almeno fino al 31 dicembre 2014;
    nella mattinata di domenica 19 gennaio 2014, l'argine del fiume Secchia, in località San Matteo, lungo via Canaletto, ha ceduto aprendo una falla a circa 3 chilometri a valle della città di Modena, l'argine ha ceduto per problemi strutturali, l'acqua fuoriuscita ha invaso il territorio circostante;
    migliaia di sfollati, un disperso, 1.800 aziende che hanno interrotto la produzione, oltre 5.000 addetti senza lavoro, 2.500 ettari di produzioni agricole invasi dall'acqua, milioni di euro di danni al momento non ancora perfettamente quantificabili;
    è stato creato un tavolo istituzionale per affrontare l'emergenza idraulica nel modenese e chiedere una verifica da parte dei tecnici AIPO (Agenzia interregionale per il fiume Po) delle arginature dei fiumi Secchia, Panaro e Naviglio, a partire dalle zone interessate dagli allagamenti provocati dalla falla creatasi nei giorni scorsi, la mancanza di manutenzione, da parte di AIPO, è stata ripetutamente segnalata e denunciata, soprattutto negli ultimi due anni, da agricoltori, cittadini e da alcuni sindaci;
    è stato aperto dalla procura di Modena un fascicolo conoscitivo, ancora senza indagati, per risalire alle eventuali responsabilità del disastro avvenuto e sulle reali cause di cedimento degli argini;
    il territorio interessato dall'evento è in parte all'interno del cosiddetto cratere sismico, conseguente ai terremoti del maggio 2012, il susseguirsi di eventi calamitosi sta mettendo in ginocchio l'economia del territorio modenese, con il crescere dell'esasperazione degli imprenditori e dei cittadini, molti dei quali già vittime dirette del sisma;
    l'alluvione che ha investito l'area a nord est della provincia di Modena, provocando danni per ora difficilmente quantificabili, rischia di dare il colpo di grazia a tante piccole e medie imprese; quello che si profila è l'affossamento dell'intera economia di questa provincia, se le istituzioni non interverranno; come affermato congiuntamente da tutto il mondo imprenditoriale locale, in particolare da «Rete imprese» (Ascom Confcommercio Fam, Confesercenti, Cna e Lapam Confartigianato), si ritiene assolutamente urgente e necessario prevedere da subito misure per il credito agevolato: c’è necessità di risorse immediate per far ripartire le aziende, gli impianti e macchinari di produzione debbono essere rimessi in funzione al più presto, si debbono ricostituire le scorte, per questo occorre uno sforzo finanziario che deve essere assolutamente sostenuto dal sistema creditizio, con costi azzerati, come in occasione dei sisma, occorre inoltre sospendere immediatamente le rate in scadenza di tutti i mutui in corso;
    è altrettanto urgente un'immediata proroga delle scadenze fiscali, così come debbono essere rese disponibili le adeguate risorse per l'indennizzo dei danni, diretti ed indiretti, per imprese e cittadini, tutte le risorse necessarie devono essere rese disponibili attraverso sistemi semplificati e non gravati da quell'enorme carico burocratico che sta ora ostacolando la ricostruzione post sisma;
    vi è l'urgenza, ormai improrogabile, di individuare per questo territorio un sistema di fiscalità di vantaggio che possa incoraggiare gli imprenditori ad affrontare anche questa ennesima sfida, oltre che a dare un impulso ad una economia stremata da anni di crisi e da catastrofi di portata storica,

impegna il Governo:

   a predisporre un programma di prevenzione ambientale di medio e lungo termine, attraverso una normativa specifica nazionale di messa in sicurezza del territorio;
   ad assumere le necessarie iniziative normativa per il pieno riconoscimento della detrazione fiscale del 65 per cento anche per gli adeguamenti antisismici sugli edifici civili e produttivi delle imprese dei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, e preferibilmente in tutti i comuni ricadenti in zona sismica 3;
    a promuovere a livello nazionale un confronto tecnico-scientifico tra le regioni, il Dipartimento nazionale di protezione civile e l'istituto nazionale di geofisica per la verifica della revisione della mappa della pericolosità, non solo in base a criteri sismologici, ma anche in base alle condizioni geologiche strutturali e con criteri di massima salvaguardia della sicurezza dei cittadini;
    ad assumere iniziative normative per prolungare la sospensione delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere per immobili di edilizia abitativa fino al completo ripristino delle agibilità degli edifici stessi, così come previsto dall'articolo 8 comma 1, numero 9) del decreto-legge n. 74 del 2012;
   ad autorizzare i commissari delegati di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, ad impiegare fino ad un massimo di euro 3 milioni del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del medesimo decreto-legge, per il pagamento dei maggiori interessi maturati a carico dei soggetti che hanno contratto tali mutui o finanziamenti e che usufruiscono della sospensione delle rate;
   a riconoscere lo stato di calamità naturale per affrontare, con le necessarie risorse, l'emergenza venutasi a creare nei territori dei modenese interessati dall'esondazione;
   ad assumere iniziative per disporre, in tempi rapidi, la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo danneggiati dall'evento, in relazione al danno effettivamente subìto, in misura sufficiente a coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili danneggiati;
   ad adottare iniziative per concedere indennizzi alle attività produttive danneggiate dagli eventi calamitosi, per il ripristino delle scorte andate distrutte o per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all'esercizio delle attività;
   ad assumere iniziative finalizzate ad escludere dal patto di stabilità interno relativo agli anni 2014 e 2015 le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalla provincia e dai comuni nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino;
   ad adottare iniziative per sospendere i termini di pagamento e gli adempimenti tributari in scadenza per i contribuenti residenti nelle aree colpite dall'evento, nonché la sospensione del pagamento delle rate di adempimenti contrattuali, compresi mutui e prestiti, per l'anno 2014;
   ad intervenire urgentemente presso il Commissario delegato al fine di prorogare la data di scadenza del 31 gennaio 2014 per la presentazione delle domande per ricevere i contributi almeno per altri 12 mesi nei territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012;
   a predisporre per i territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012 e dalla recente alluvione, misure di agevolazione fiscale, in applicazione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), articolo 107, paragrafo 2, lettera b) e coerentemente al Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, incaricando il CIPE ed il Ministro dello sviluppo economico affinché assumano le iniziative necessarie all'individuazione ed alla perimetrazione di zone franche urbane, ai sensi dell'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni sulla base di parametri fisici e socioeconomici rappresentativi degli effetti provocati dagli eventi calamitosi sul tessuto economico e produttivo;
   ad assumere iniziative normative sulla gestione delle grandi emergenze che, garantendo i diritti dei cittadini, definisca con chiarezza procedure, tempistiche e risorse in caso di eventi calamitosi;
   ad assumere iniziative per un aumento delle risorse stanziate per azzerare il patto di stabilità per l'anno 2014 e anche per il 2015;
   ad assumere iniziative per esentare almeno per il 2014 i comuni terremotati e alluvionati dai tagli previsti dalla cosiddetta spending review;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo di compensazione per i mancati introiti da imposizione fiscale (IMU e TARES) per tutti i comuni del cratere;
   ad assumere iniziative per prorogare, per i comuni del cratere, fino al 1o gennaio 2015 il termine di entrata in vigore dell'obbligo di gestione associata obbligatoria delle funzioni comunali previsto per tutti i comuni con meno di 5.000 abitanti o 3.000 se appartenenti a comunità montane;
   ad assumere iniziative per prevedere una rimodulazione dei mutui contratti dai comuni con Cassa depositi e prestiti s.p.a, che garantisca un periodo di ammortamento delle rate sospese nel 2013 e 2014 più lungo rispetto a quanto è stato previsto con l'articolo 1, comma 356, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
   a garantire ai comuni un contributo straordinario, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, per assicurare la continuità dei servizi primari garantiti dalle multiservizi del cratere.
(1-00323)
(Nuova formulazione) «Ferraresi, Dell'Orco, Sarti, Paolo Bernini, Dall'Osso, Mucci, Spadoni, Villarosa, Luigi Di Maio, Zolezzi».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Rondini n. 4-01783 dell'11 settembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Labriola n. 4-03363 del 29 gennaio 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Beni n. 5-01834 del 9 gennaio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03521.