Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 27 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    nei territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito con modificazioni dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, a distanza di circa venti mesi le conseguenze del terremoto sono ancora pesanti;
    nel corso del tempo sono emerse le fragilità della ripresa post emergenza, a causa delle difficoltà di tenuta di mercato delle imprese; del peso dei costi crescenti dovuti alla riorganizzazione dei cicli di produzione e alla ridefinizione dei layout produttivi e logistici; della depressione dei consumi interni locali che colpiscono in particolare le attività commerciali e dei servizi e della fragilità delle imprese nuove nate la cui probabilità di superare il secondo anno di attività si attesta poco sopra il 50 per cento;
    i tempi della ricostruzione stessa degli edifici non corrispondono alle aspettative iniziali e le domande presentate per accedere al contributo per la ricostruzione sono attualmente meno del trenta per cento degli aventi diritto, e ciò a seguito prevalentemente delle difficoltà dovute al peso burocratico delle ordinanze commissariali;
    il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, conosciuto anche come ecobonus, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2013, prevede, all'articolo 15, di estendere il meccanismo delle detrazioni fiscali al 65 per cento anche agli interventi di adeguamento antisismico su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 della classificazione sismica (alta e media sismicità); i comuni emiliani, interessati dal terremoto, rientrano, sulla base dell'attuale classificazione, in zona 3, ovvero in area a sismicità medio-bassa;
    lo  studio Ance-Cresme: «Rischio sismico e rischio idrogeologico: la sfida italiana», del 2012, ha evidenziato come il territorio italiano sia caratterizzato da un forte rischio naturale; le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale e interessano il 36 per cento dei comuni (2.893), oltre il 60 per cento degli edifici del Paese (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974);
    nel 2006 viene pubblicata (OPCM 3519/2006) la nuova mappa di pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale (MPS04), elaborata dall'INGV secondo i criteri dell'Allegato 1 dell'OPCM n. 3274/2003; nel 2008 vengono approvate dal Governo, con il decreto ministeriale 14 settembre 2008, le nuove norme tecniche per le costruzioni (NTC 2008);
    la regione Emilia-Romagna è impegnata da alcuni anni in studi sull'assetto sismo-tettonico dell'Appennino emiliano-romagnolo e della pianura padana per comprendere i reali fenomeni sismici e arrivare alla realizzazione di una nuova mappa di pericolosità sismica; con i terremoti del maggio 2012, in una area classificata a bassa sismicità, i limiti della classificazione sono apparsi in tutta la loro evidenza;
    l'oggettiva iniquità che esclude i cittadini del «cratere sismico» dalla possibilità di usufruire della detrazione fiscale del 65 per cento per gli intervenni di messa in sicurezza sismica degli edifici è stata oggetto di diversi interventi sia in sede parlamentare sia sotto forma di atti di indirizzo, in entrambe le Camere;
    sia la Camera dei Deputati che il Senato della Repubblica hanno accolto un ordine del giorno, durante la discussione sul decreto-legge Ecobonus, che impegna il Governo, tra l'altro, ad «adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative volte ad estendere la misura agevolativa del 65 per cento anche ai Comuni colpiti da eventi sismici» e, in particolare: «ad estendere tali interventi di adeguamento sismico per le costruzioni site nei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012»;
    l'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna ha deliberato con voto unanime una risoluzione (Prot. n. 36196 dell'11 settembre 2013) in cui si chiede al Governo di estendere, a livello nazionale, la maggiorazione dell'Ecobonus per le ristrutturazioni anche a quelle aree che, seppur non ricadenti nelle zone 1 e 2 della classificazione sismica, sono state interessate dallo stato di emergenza;
    gli edifici adibiti ad abitazione, ancora inagibili a causa del sisma, non permettono il rientro nelle proprie case  di un numero considerevole di cittadini, i nuclei famigliari che stanno beneficiando del Cas (contributo per l'autonoma sistemazione), per il pagamento degli affitti di appartamenti occupati perché costretti a trasferirsi, sono circa 10 mila; sono complessivamente 760 i moduli prefabbricati abitativi allestiti in ambito urbano, che ospitano circa 2.300 persone, a questi si aggiungono circa 200 moduli abitativi collocati in area rurale;
    la situazione occupazionale è stata pesantemente aggravata dal sisma: sono 4.800 i posti di lavoro persi imputabili in modo più o meno diretto all'effetto terremoto, di cui 2.779 solo all'interno del cosiddetto cratere, al 30 giugno 2013 l'uso degli ammortizzatori sociali con «causale sisma» è stata pari a 3,7 milioni di ore;
    avere la propria abitazione distrutta o lesionata, comunque inagibile, gravata da mutuo, e magari aver subito, anche sotto l'aspetto del reddito famigliare, le conseguenze del sisma, sta creando una forte difficoltà economica in tanti cittadini interessati;
    dai dati della Camera di commercio di Modena risulta che le imprese coinvolte dal terremoto siano state oltre 25.000, la maggior parte con meno di 5 addetti, per una quota di PIL che è di oltre un terzo del complessivo totale provinciale; oltre la metà di queste aziende ha dichiarato di aver subito danni;
    nei 10 comuni maggiormente danneggiati, Camposanto, Cavezzo, Concordia sulla Secchia, Finale Emilia, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, San Felice sul Panaro, San Possidonio, San Prospero, le imprese registrate sono passate da 10707 nel 2011 a 10560 nel 2012 con un saldo negativo di -147 (-1,4 per cento), mentre a livello provinciale la variazione delle imprese registrate è stata del -0,1 per cento in questi comuni, nel quarto trimestre 2012, la produzione ha visto un calo di -6,1 per cento e il fatturato una diminuzione del -5,7 per cento);
    dai dati elaborati dall'istituto di ricerche economiche e sociali (IRES), il sisma ha comportato un danno diretto di circa 6 miliardi di euro, a cui si aggiunge il danno indotto sull'intera economia regionale stimato in 8,25 miliardi di euro di fatturato;
    la ricostruzione ha avuto ed ha due diverse velocità: quella delle grandi imprese, magari multinazionali come quelle del settore biomedicale, ripartite dopo il sisma in relativamente poco tempo perché meglio patrimonializzate e coperte magari da polizze assicurative, e quella della piccola e media impresa, costretta in tanti casi a delocalizzare, oppure alle prese con una difficile ricostruzione di edifici e per il ripristino dell'efficienza produttiva o nella condizione di aver dovuto cessare la stessa attività;
    vi è una forte richiesta da parte del mondo imprenditoriale, in particolare di quello rappresentativo proprio della piccola e media impresa, di avere una fiscalità di vantaggio nell'area interessata dal sisma, al fine di superare alla grave situazione in cui ci si trova, favorire la ripresa delle attività produttive e la tenuta del tessuto economico complessivo;
    il decreto-legge n. 162 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 601 del 2008, ha concesso alle imprese che hanno subito danni diretti alle calamità naturali che hanno colpito Marche ed Umbria nel 1997, Molise e Puglia nel 2002 ed Abruzzo nel 2009, una riduzione al 40 per cento del carico tributario e contributivo sospeso dopo gli eventi calamitosi, da restituire in n. 120 rate mensili, senza sanzioni ed interessi;
    nella mattinata di domenica 19 gennaio 2014, l'argine del fiume Secchia, in località San Matteo, lungo via Canaletto, ha ceduto aprendo una falla a circa 3 chilometri a valle della città di Modena, l'argine ha ceduto per problemi strutturali, l'acqua fuoriuscita ha invaso il territorio circostante;
    migliaia di sfollati, un disperso, 1.800 aziende che hanno interrotto la produzione, oltre 5.000 addetti senza lavoro, 2.500 ettari di produzioni agricole invasi dall'acqua, milioni di euro di danni al momento non ancora perfettamente quantificabili;
    è stato creato un tavolo istituzionale per affrontare l'emergenza idraulica nel modenese e chiedere una verifica da parte dei tecnici AIPO (Agenzia interregionale per il fiume Po) delle arginature dei fiumi Secchia, Panaro e Naviglio, a partire dalle zone interessate dagli allagamenti provocati dalla falla creatasi nei giorni scorsi, la mancanza di manutenzione, da parte di AIPO, è stata ripetutamente segnalata e denunciata, soprattutto negli ultimi due anni, da agricoltori, cittadini e da alcuni sindaci;
    è stato aperto dalla procura di Modena un fascicolo conoscitivo, ancora senza indagati, per risalire alle eventuali responsabilità del disastro avvenuto e sulle reali cause di cedimento degli argini;
    il  territorio interessato dall'evento è in parte all'interno del cosiddetto cratere sismico, conseguente ai terremoti del maggio 2012, il susseguirsi di eventi calamitosi sta mettendo in ginocchio l'economia del territorio modenese, con il crescere dell'esasperazione degli imprenditori e dei cittadini, molti dei quali già vittime dirette del sisma;
    l'alluvione che ha investito l'area a nord est della provincia di Modena, provocando danni per ora difficilmente quantificabili, rischia di dare il colpo di grazia a tante piccole e medie imprese; quello che si profila è l'affossamento dell'intera economia di questa provincia, se le istituzioni non interverranno;
    come affermato congiuntamente da tutto il mondo imprenditoriale locale, in particolare da «Rete imprese» (Ascom Confcommercio Fam, Confesercenti, Cna e Lapam Confartigianato), si ritiene assolutamente urgente e necessario prevedere da subito misure per il credito agevolato: c’è necessità di risorse immediate per far ripartire le aziende, gli impianti e macchinari di produzione debbono essere rimessi in funzione al più presto, si debbono ricostituire le scorte, per questo occorre uno sforzo finanziario che deve essere assolutamente sostenuto dal sistema creditizio, con costi azzerati, come in occasione del sisma, occorre inoltre sospendere immediatamente le rate in scadenza di tutti i mutui in corso;
    è altrettanto urgente un'immediata proroga delle scadenze fiscali, così come debbono essere rese disponibili le adeguate risorse per l'indennizzo dei danni, diretti ed indiretti, per imprese e cittadini, tutte le risorse necessarie devono essere rese disponibili attraverso sistemi semplificati e non gravati da quell'enorme carico burocratico che sta ora ostacolando la ricostruzione post sisma;
    vi è l'urgenza, ormai improrogabile, di individuare per questo territorio un sistema di fiscalità di vantaggio che possa incoraggiare gli imprenditori ad affrontare anche questa ennesima sfida, oltre che a dare un impulso ad una economia stremata da anni di crisi e da catastrofi di portata storica,

impegna il Governo:

   a predisporre un programma di prevenzione ambientale di medio e lungo termine, attraverso una normativa specifica nazionale di messa in sicurezza del territorio;
   ad assumere le necessarie iniziative normative per il pieno riconoscimento della detrazione fiscale del 65 per cento anche per gli adeguamenti antisismici sugli edifici civili e produttivi delle imprese dei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza – e preferibilmente in tutti i comuni ricadenti in zona sismica 3;
   a promuovere a livello nazionale un confronto tecnico-scientifico tra le regioni, il Dipartimento nazionale di protezione civile e l'istituto nazionale di geofisica per la verifica della revisione della mappa della pericolosità, non solo in base a criteri sismologici, ma anche in base alle condizioni geologiche strutturali e con criteri di massima salvaguardia della sicurezza dei cittadini;
   ad assumere iniziative normative per prolungare la sospensione delle rate dei mutui e dei finanziamenti di qualsiasi genere per immobili di edilizia abitativa fino al completo ripristino delle agibilità degli edifici stessi, così come previsto dall'articolo 8 comma 1, numero 9) del decreto-legge n. 74 del 2012;
   ad autorizzare i commissari delegati di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, ad impiegare fino ad un massimo di euro 3 milioni del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2 del medesimo decreto-legge, per il pagamento dei maggiori interessi maturati a carico dei soggetti che hanno contratto tali mutui o finanziamenti e che usufruiscono della sospensione delle rate;
   a riconoscere lo stato di calamità naturale per affrontare, con le necessarie risorse, l'emergenza venutasi a creare nei territori del modenese interessati dall'esondazione;
   ad assumere iniziative per disporre, in tempi rapidi, la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo danneggiati dall'evento, in relazione al danno effettivamente subito, in misura sufficiente a coprire integralmente le spese occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione degli immobili danneggiati;
   ad adottare iniziative per concedere indennizzi alle attività produttive danneggiate dagli eventi calamitosi, per il ripristino delle scorte andate distrutte o per il ristoro di danni derivanti dalla perdita di beni mobili strumentali all'esercizio delle attività;
   ad assumere iniziative finalizzate ad escludere dal patto di stabilità interno relativo agli anni 2014 e 2015 le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalla provincia e dai comuni nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale e alle conseguenti opere di ripristino;
   ad adottare iniziative per sospendere i termini di pagamento e gli adempimenti tributari in scadenza per i contribuenti residenti nelle aree colpite dall'evento, nonché la sospensione del pagamento delle rate di adempimenti contrattuali, compresi mutui e prestiti, per l'anno 2014;
   ad intervenire urgentemente presso il Commissario delegato al fine di prorogare la data di scadenza del 31 gennaio 2014 per la presentazione delle domande per ricevere i contributi almeno per altri 12 mesi nei territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012;
   a predisporre per i territori dei comuni interessati dal sisma del maggio 2012 e dalla recente alluvione, misure di agevolazione fiscale, in applicazione del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), articolo 107, paragrafo 2, lettera b) e coerentemente al Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, incaricando il CIPE ed il Ministro dello sviluppo economico affinché assumano le iniziative necessarie all'individuazione ed alla perimetrazione di zone franche urbane, ai sensi dell'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni sulla base di parametri fisici e socio-economici rappresentativi degli effetti provocati dagli eventi calamitosi sul tessuto economico e produttivo.
(1-00323) «Ferraresi, Dell'Orco, Sarti, Paolo Bernini, Dall'Osso, Mucci, Spadoni, Villarosa, Luigi Di Maio, Zolezzi».

Risoluzioni in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    le malattie cardiovascolari costituiscono un problema sanitario ed economico di prioritaria importanza per il nostro Paese e la loro elevata e crescente prevalenza incide sia sulla salute pubblica, sia sulle risorse sanitarie ed economiche. Tali patologie sono state individuate come priorità sanitaria dall'organizzazione mondiale della sanità (OMS) e negli ultimi anni sono stati attivati programmi di monitoraggio e fornite indicazioni atte a promuovere programmi di prevenzione;
    con «Ictus» (o «stroke») si intende quella malattia cerebrovascolare causata dall'interruzione del flusso sanguigno al cervello prolungata nel tempo, tale da determinare una sintomatologia che si protrae oltre le 24 ore. L'ictus emorragico (meno frequente) è dovuto alla rottura di un'arteria cerebrale mentre l'ictus ischemico (più frequente) è dovuto all'ostruzione di un'arteria cerebrale in genere causata da un trombo;
    l'ictus rappresenta uno dei maggiori problemi socio-sanitari, come terza causa di morte, prima causa di invalidità e seconda causa di demenza con perdita dell'autosufficienza a livello mondiale. Secondo dati forniti dal Ministero della salute (Quaderni del Ministero della salute «Organizzazione dell'assistenza all'ictus: le Stroke Units» n. 2, marzo-aprile 2010) in Italia si verificano 200.000 nuovi casi/anno di ictus, di cui circa l'80 per cento è rappresentato da casi ischemici e di questi un quarto da recidive. Per l'ictus ischemico la mortalità nelle prime 4 settimane è del 20 per cento, che sale al 30 per cento entro i primi 12 mesi;
    l'ictus è responsabile per il 10-12 per cento di tutti i decessi per anno, maggiori anche all'infarto del miocardio;
    solo il 25 per cento dei pazienti sopravvissuti a un ictus ischemico guarisce completamente. Più del 37 per cento sopravvive con deficit invalidanti, tali da perdere l'autosufficienza e da essere, in alcuni casi, costretti a vivere in istituzioni per degenti cronici;
    l'incidenza dell'ictus aumenta con l'età e i casi/anno sono destinati ad aumentare a causa del progressivo invecchiamento della popolazione;
    il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5 per cento, leggermente più alto negli uomini (7,4 per cento) rispetto alle donne (5,9 per cento);
    tuttavia ogni anno si verificano circa 10.000 casi in pazienti con età inferiore ai 55 anni, incidenza destinata a crescere (life style);
    stando ai dati del Ministero della salute del 2011 ogni anno si registrano circa 95.000 casi con DRG riconducibili a ictus (014,559). Solo il 5 per cento dei casi presenta indicazioni per il trattamento con trombolisi venosa, mentre solo <2 per cento arriva in tempo (entro le 4.5h) ed è candidabile per questa terapia (IV-rtPA);
    i dati epidemiologici contrastano fortemente con lo scarso rilievo che fino ad oggi è stato dato a tale problema sanitario e fanno comprendere quanto questo sia rilevante in termini di assorbimento di risorse per la cura delle varie fasi della malattia (fase acuta, riabilitazione post-acuta e supporto socioassistenziale alla disabilità acquisita);
    nonostante si sia registrata una maggiore attenzione da parte delle istituzioni negli ultimi anni (istituzione del tavolo specifico per l'ictus celebrale, pubblicazione e implementazione delle linee guida italiane per il trattamento dell'ictus «Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion – SPREAD», diffusione capillare nelle Regioni delle Stroke Unit), ancora oggi siamo di fronte alla mancanza di una strategia globale di gestione delle malattie cardiovascolari, imputabile all'assenza di una base normativa uniforme sul territorio nazionale;
    è dimostrato che il ricovero in unità specializzate, le «Stroke Unit», anziché in reparti convenzionali, migliora la sopravvivenza e l'indipendenza nella vita quotidiana dei pazienti con ictus cerebrale. Lo studio «PROSIT», promosso dal Ministero della salute e dalla regione Lombardia, condotto su 11 mila casi nel gennaio 2007, ha dimostrato che il ricovero nelle unità rispetto al reparto convenzionale riduce il numero di decessi ospedalieri (11 per cento contro 15 per cento) ed aumenta il numero di pazienti vivi ed indipendenti a 2 anni (47 per cento contro 38 per cento). Il miglioramento del processo assistenziale comporta inoltre una riduzione delle giornate di degenza e conseguentemente un risparmio in termini di posti letto;
    i dati dello studio «PROSIT», riferiti a un'indagine su 667 ospedali che ricoverano almeno 50 ictus per anno, dimostrano inoltre che meno del 10 per cento degli ospedali è dotato di una Stroke Unit;
    in Italia la presenza di stroke unit è <60 per cento del fabbisogno (1: 200.000 abitanti), assolutamente disomogenea tra i nord e il sud;
    a fronte dell'attuale offerta assistenziale, ancora inadeguata e che registra un numero di pazienti che ha accesso alla terapia trombolitica molto basso, si fa ancora più urgente l'esigenza di un quadro normativo solido e sostenibile sulla materia;
    ad aggravare la situazione sono i costi dell'ictus, estremamente elevati, che pesano sia sulle famiglie dei pazienti che sul Servizio sanitario nazionale;
    la fibrillazione atriale (F.A.) è l'anomalia del ritmo cardiaco più diffusa tra le persone adulte e chi ne soffre ha un rischio di stroke 7 volte maggiore;
    la fibrillazione atriale è responsabile dell'85 per cento degli ictus da aritmie cardiache e di oltre il 50 per cento delle forme cardioemboliche e il numero complessivo di casi da fibrillazione atriale raddoppierà entro il 2050, con conseguente ripercussioni sulle condizioni dell'intera collettività, sia sulla spesa sanitaria;
    le terapie per la fibrillazione atriale gravano sui bilanci dei Paesi europei per circa 6,2 miliardi di euro ogni anno. Ciò che impatta maggiormente non è la terapia farmacologica ma i costi relativi al trattamento ospedaliero;
    al fine di assicurare una diagnosi tempestiva e un adeguato trattamento clinico, è importante incentivare l'implementazione di dispositivi medici innovativi per la cura e prevenzione di tali malattie. Le odierne tecnologie innovative disponibili sui dispositivi impiantabili, garantiscono infatti un percorso di prevenzione e cura qualitativamente migliore (per esempio attraverso la telemedicina), evitando accertamenti inutili e inadeguati, che producono costi sanitari onerosi;
    è inoltre necessario assicurare un percorso di prevenzione e di continuità assistenziale nella riabilitazione del paziente con ictus, attraverso il coordinamento delle diverse strutture (Pronto soccorso, Stroke Unit, reparti riabilitazione e lungodegenza);
    allo stato attuale dalle normative regionali in materia di ictus cerebrale, emerge un panorama variegato, sia nella tipologia e nelle modalità di redazione delle delibere sia, soprattutto, in rapporto alla loro attuazione;
    per la sua elevata incidenza, l'ictus cerebrale costituisce un problema assistenziale, riabilitativo e sociale di grandi dimensioni e la domanda assistenziale è difficilmente quantificabile, se non come assorbimento di risorse;
    per tali motivi appare assolutamente necessario che il Governo emani direttive generali per la realizzazione di una efficace rete assistenziale sul territorio nazionale e per favorire percorsi diagnostici e terapeutici ottimali per la cura delle patologie cardiovascolari,

impegna il Governo:

   a incoraggiare la prevenzione e la diagnosi delle malattie cardiovascolari, altamente rischiose e gravemente invalidanti;
   ad assumere iniziative normative che consentano di favorire percorsi terapeutici e pratiche sanitarie ottimali nella gestione del paziente, prevedendo anche facilitazioni per l'accesso ai farmaci e ai dispositivi biomedicali che curano tali patologie e agli strumenti utili alla loro prevenzione e diagnosi;
   a sostenere campagne di informazione ed educazione sanitaria rivolte alla popolazione in cui siano resi organici e fruibili tutti i dati scientifici, medici e statistici sul tema delle malattie cardiovascolari, atte a migliorare la consapevolezza e le corrette modalità di approccio alla loro prevenzione e cura;
   a promuovere percorsi di sensibilizzazione degli operatori sanitari in materia di prevenzione e informazione e della pubblica opinione sull'importanza di uno stile di vita salubre, per prevenire e combattere le malattie cardiovascolari;
   a definire interventi in ambito sanitario, volti a garantire una omogenea copertura delle stroke unit (SU) in riferimento alla domanda assistenziale territoriale e la disponibilità di adeguati reti/percorsi predefiniti e organizzati nelle strutture deputate alla diagnosi e alla terapia;
   ad assumere iniziative per una corretta e più efficiente individuazione e organizzazione sul territorio dei pazienti all'interno delle stroke unit (SU I, II e III livello) ed affinché in esse siano applicati percorsi diagnostico-terapeutici (e vengano dotate degli strumenti) atti a garantire il livello massimo di assistenza in linea con il trattamento precoce del paziente;
   a promuovere l'affiancamento di nuove opzioni terapeutiche, quali la telemedicina e l’«ictus network», al fine di ridurre la mortalità e il livello di disabilità dei pazienti, assicurando un contenimento dei costi del trattamento in acuto e post-acuto delle malattia.
(7-00230) «Rondini».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il settore ovicaprino rappresenta una delle eccellenze del made in Italy ed è, con un fatturato complessivo di circa 650 milioni di euro (450 per il latte e 200 per la carne), un segmento di primo piano per il comparto agricolo nazionale;
    il comparto ovino è oggi però tra i settori zootecnici maggiormente esposti e colpiti dalla crisi economica come attestato dal continuo aumento dei prezzi di produzione delle aziende zootecniche, a partire dalle materie prime e dei costi aziendali;
    tale stato di crisi, che è esploso in forme drammatiche in alcune realtà nazionali come la Sardegna, è motivo di forte preoccupazione ed allarme anche nelle altre regioni italiane in cui è diffusa l'attività della pastorizia, in particolar modo Toscana, Lazio, Abruzzo, Calabria e Sicilia;
    nel 2012, secondo i dati Ismea, si è verificato un incremento dei costi di produzione per gli allevamenti ovini del 4 per cento rispetto al 2011 (anno che aveva già registrato un aumento del 9 per cento rispetto al 2010);
    per quanto riguarda le materie prime (dati Ismea) i mangimi hanno rappresentato una delle voci che ha inciso maggiormente con un incremento medio annuale pari al 6,5 per cento, insieme ai prezzi dei prodotti energetici (aumento del 10,6 per cento);
    va inoltre segnalato il crollo dei prezzi del latte alla stalla: le aziende zootecniche producono latte ovino spesso in perdita poiché un litro di latte viene pagato non oltre 80 centesimi, a fronte di costi di produzione che possono arrivare anche a 115 centesimi di euro al litro;
    tale situazione è quindi diventata ormai insostenibile e sta mettendo seriamente in discussione l'esistenza stessa di migliaia di aziende di produttori di latte ovino;
    attraverso il sostegno specifico previsto dall'attuale politica agricola comune, l'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73 del 2009, consente di finanziare cinque tipologie di misure tra le quali due sono specifiche per la zootecnia estensiva (vacche nutrici, ovicaprini) e il sostegno delle realtà agropastorali in zone vulnerabili dal punto di vista economico e ambientale, l'Italia ha la possibilità di decidere l'allocazione di risorse importanti attraverso l'attuazione di una politica nazionale coraggiosa in grado di fare scelte virtuose, evitando le erogazioni a pioggia;
    tuttavia nonostante la crisi del settore il Governo nel ripartire le risorse ex articolo 68, ha destinato alla zootecnia ovicaprina pochissime risorse, pari a soli 10 milioni di euro su un plafond di circa 316,5 milioni di euro, non sufficienti nemmeno per affrontare la fase emergenziale;
    il regolamento n. 1307/2013 del 17 dicembre 2013 che ha riformato la politica agricola comune per quanto concerne il nuovo regime dei pagamenti diretti per gli agricoltori, prevede (articoli 52-55) la possibilità per lo stato membro di utilizzare (a partire dal 2015) fino al 13 per cento (+un 2 per cento per le colture proteiche) delle risorse nazionali a valere sul sostegno accoppiato alla produzione (ex articolo 68 Regolamento (CE) n. 73 del 2009);
    quanto sopra riportato si traduce per il nostro Paese in un plafond finanziario di circa 550 milioni di euro: un aumento consistente di risorse nazionali (circa il doppio rispetto alla dotazione attuale) da poter destinare ad una serie di settori previsti dalla nuova Pac tra cui rientrano sia il latte e i prodotti derivati sia la carne ovicaprina;
    la ripartizione delle risorse previste nel citato sostegno accoppiato della nuova Pac dovrà essere approvata dagli stati membri entro il 1o agosto 2014 con possibilità di revisione delle scelte entro il 1o agosto 2016;
    inoltre, la dotazione finanziaria per il sostegno accoppiato assume un'importanza ancora più strategica a livello settoriale se si considera il fatto che, rispetto a quanto accade oggi, dal 2015 la componente destinata alle assicurazioni sarà trasferita nell'ambito della politica di sviluppo rurale liberando così risorse preziose per il sostegno della filiera ovicaprina;
    accanto a ciò, sempre nell'ambito della riforma della politica agricola comune, il regolamento (UE) n. 1308/2013 del 17 dicembre 2013 recante la nuova organizzazione comune dei mercati, prevede (articolo 17) la reintroduzione del formaggio (Dop, Igp e stagionato) nella lista dei prodotti ammissibili all'aiuto dello stoccaggio privato;
    in base alla nuova normativa sopra citata, la commissione europea può concedere aiuti allo stoccaggio privato a favore dei prodotti ammissibili (tra cui i formaggi) tenendo conto «dei prezzi medi di mercato rilevati nell'unione, delle soglie di riferimento e dei costi di produzione dei rispettivi prodotti, e/o della necessità di rispondere tempestivamente a una situazione di particolare difficoltà del mercato o agli sviluppi economici aventi un notevole impatto negativo sui margini nel settore»;
    per quel che concerne invece la prossima programmazione di sviluppo rurale, le regioni sono attualmente impegnate nella definizione dei nuovi programmi al cui interno la valorizzazione del comparto ovicaprino può rappresentare un settore particolarmente strategico nelle dinamiche di sviluppo territoriale delle realtà a vocazione produttiva;
    il gruppo di lavoro sulla crisi del comparto ovicaprino, istituito a fine 2010 e a cui hanno partecipato, oltre ai rappresentanti del ministero, i rappresentanti delle regioni Sardegna, Toscana, e Lazio, l'Agea e il Consorzio del pecorino romano, non ha proposto interventi concreti e significativi per risolvere lo stato di crisi, ad eccezione del ritiro dal mercato di una quota di pecorino giacente nei magazzini per destinarlo agli indigenti a partire dai primi mesi del 2011;
    la Commissione occupazione e affari sociali del Parlamento europeo ha approvato il 18 dicembre 2013 un accordo informale con il Consiglio, che prevede il mantenimento del fondo europeo per l'aiuto agli indigenti a 3,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, ovvero la stessa cifra del periodo 2007-2013;
    rispetto all'attuale programmazione, il suddetto fondo non sarà gestito in seno alla Pac ma farà capo alle politiche sociali e quindi oltre agli aiuti alimentari finanzierà l'assistenza materiale di base e misure di inclusione sociale per i cittadini più indigenti dell'unione europea;
    in passato, l'Agenzia per le agevolazioni in agricoltura (Agea) ha disposto il ritiro dal mercato di quote di formaggio pecorino a denominazione di origine da destinare, insieme ad altri prodotti lattiero-caseari, agli aiuti per i soggetti indigenti, un'operazione analoga è stata effettuata anche nel corso del 2010 con un ritiro di circa 13.000 quintali (valore 9.3 milioni di euro) per la dop pecorino romano e circa 2.500 quintali (valore 1,7 milioni di euro) per la dop pecorino toscano;
    la crisi del comparto ovicaprino è stata inoltre rimarcata da alcune associazioni di categoria, che hanno anche avanzato la richiesta, al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di convocare in tempi brevi un tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera;
    in questo contesto va inoltre aggiunto che sta per essere oggetto di iniziativa governativa un disegno di legge contenente disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività del settore agricolo, agroalimentare e della pesca (collegato alla legge di stabilità per il 2014),

impegna il Governo:

  ad adottare, nell'ambito della fase di implementazione nazionale delle nuove regole previste dalla riforma della Pac – Politica agricola comune, tutti gli interventi e le iniziative immediate e concrete al fine di salvaguardare e valorizzare il settore ovicaprino, in particolare:
    a) nell'ambito del regime dei pagamenti diretti che entrerà in vigore nel 2015 a destinare al settore risorse adeguate sul capitolo del sostegno accoppiato sufficienti a minimizzare gli effetti negativi della crisi e a rilanciare lo sviluppo competitivo dell'intera filiera produttiva;
    b) nell'ambito della prossima programmazione di sviluppo rurale a verificare e controllare l'operato delle autonomie regionali affinché al settore ovicaprino siano garantite risorse e opportunità di sviluppo;
    c) nell'ambito degli strumenti di mercato (organizzazione comune di mercato) ad adoperarsi in sede di implementazione comunitaria affinché tra i formaggi beneficiari dell'aiuto allo stoccaggio privato possano rientrare i prodotti di qualità del settore ovicaprino nonché a verificare e monitorare costantemente nel tempo le condizioni e le variabili economiche del settore necessarie all'attivazione dell'aiuto;
   ad adoperarsi in ambito interministeriale affinché, come accaduto in passato e qualora si verificassero le condizioni, anche per la prossima programmazione dell'Unione europea (2014-2020) si possa attivare l'opzione del ritiro dal mercato dei formaggi ovicaprini da destinarsi al programma degli aiuti alimentari agli indigenti;
   a inserire tra le misure, preannunciate dal Governo per la competitività del settore agroalimentare, specifiche disposizioni a sostegno del settore ovinocaprino.
(7-00231) «Sani, Terrosi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa (nota dell'agenzia ADNkronos delle ore 21,40 del 23 gennaio e dal Fatto Quotidiano Lavoro) che l'editore dell'agenzia ADNkronos ha inviato una comunicazione al comitato di redazione con cui annuncia la riduzione del personale nella misura di 23 unità operative, di cui 20 giornalisti e 3 poligrafici e che stanno per iniziare le relative procedure di mobilità;
   l'assemblea dei lavoratori, giornalisti e poligrafici, ha deciso una immediata azione di mobilitazione deliberando 5 giornate di sciopero cui aderiscono in segno di solidarietà anche le altre redazioni del gruppo;
   il sindacato di categoria qualifica l'azione dell'azienda come un «intollerabile atto ritorsivo, illegittimo e fuori da ogni regola che disciplini qualsiasi rapporto di lavoro» –:
   se sia al corrente della crisi apertasi all'ADNkronos e delle gravi ripercussioni che la stessa può pesantemente esercitare sia sui lavoratori che vedono messo in discussione il posto di lavoro, che più in generale sul settore dell'informazione che lamenta sempre più spesso l'attacco ai propri spazi di libertà e quali iniziative il Governo intenda adottare, attraverso gli interventi che gli sono propri, per favorire la ripresa del dialogo tra le parti e l'avvio a soluzione dell'intera vicenda. (4-03314)


   RUOCCO, NICOLA BIANCHI, MANNINO, LOREFICE, MASSIMILIANO BERNINI e DAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione della linea metropolitana METRO C, consiste in 26 chilometri di percorso con 30 stazioni che si articola nel tracciato da T2 a T7 e ricomprende quindi aree e monumenti, di altissimo valore storico ed archeologico e oggetto di vincolo di cui ai provvedimenti protocollo 32804 del 18 ottobre 2002 e n. 7366 del 22 ottobre 2009 della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, e ricadenti nelle aree riconosciute patrimonio dell'umanità dall'UNESCO;
   l'aggiudicazione definitiva della gara per l'affidamento della realizzazione del progetto per la realizzazione della linea metropolitana METRO C, è stata sancita dopo il voto del Consiglio di amministrazione di Roma Metropolitane che si è riunito il 28 febbraio 2006. L'aggiudicatario definitivo è stata l'allora costituenda ATI composta da Astaldi Spa – Vianini Lavori Spa – Consorzio Cooperative Costruzioni – Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari Spa, e attualmente Metro C S.C.P.A composta da Vianini Lavori Spa, Ansaldo STS Finmeccanica, Consorzio Cooperative Costruzioni, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi (delibera CIPE 60/2010);
   il quadro economico del tracciato fondamentale, approvato con delibera CIPE n. 24 del 2012, prevede un costo complessivo di 3.486,864 milioni di euro con fonti di finanziamento così ripartite: il 70 per cento a carico dello Stato, il 18 per cento a carico di Roma Capitale, e il 12 per cento a carico della regione Lazio per le tratte T2, T3, T6A, T7 e deposito; il 70 per cento a carico dello Stato e il 30 per cento a carico di Roma Capitale per le tratte T4 e T5;
   le opere che comportano un notevole impatto ambientale, quali la realizzazione della Metro C, una delle maggiori infrastrutture attualmente in corso di realizzazione in Italia, necessitano della valutazione di impatto ambientale (VIA) che, ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo 152 del 2006 costituisce presupposto e parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione del progetto definivo, e della valutazione ambientale strategica (VAS) di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della regione (articolo 23 del decreto legislativo 152 del 2006, Elenco A All. III, lettera 7a), p.to 7 lettera c) – linee ferroviarie locali e regionali);
   in data 17 giugno 2003, la VIA per il progetto di realizzazione della Metro C, è stata acquisita dall'area valutazione impatto ambientale della regione Lazio e quindi in sede di progettazione preliminare (di cui al verb. della conferenza dei servizi del 23 ottobre 2009 sul progetto definitivo della Metro C), mentre per il progetto definitivo non è stata mai richiesta, in contrasto quindi con l'articolo 40, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che prevede la cessazione di efficacia del procedimento di valutazione ambientale trascorsi 5 anni dalla sua emanazione (nella fattispecie ne sono passati 10);
   in base all'articolo 20 del codice dei beni culturali «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico tali da recare pregiudizio alla loro conservazione»; pertanto il Ministero dei beni culturali può autorizzare interventi solo se non siano tali da distruggere o deteriorare beni culturali, gli alberi, che sono pertinenze dei beni culturali e quindi beni culturali essi stessi, sono vincolati ope legis assieme alle relative piazze e agli spazi aperti, ed ugualmente sono vincolati ope legis ai sensi della lettera f) dello stesso articolo 10, comma 4 del decreto legislativo n. 42 del 2004;
   la Rampa del Clivio Acilio, struttura di Antonio Muñoz, e il Belvedere Cederna che ricadevano nelle aree vincolate da un decreto, in vigore, del 20 dicembre 2001 dell'allora soprintendente regionale Architetto Ruggero Martines, sono stati rasi al suolo;
   a fine settembre 2013 sono stati abbattuti numerosi platani e pini secolari del parco di Via Sannio, parco completamente raso al suolo, e di P.le Ipponio, agendo in aperto contrasto con quanto previsto dallo stesso piano regolatore per la realizzazione della Metro C (A4, ex articolo 39 N.T.A) vigente, il quale riconosce al tratto Sannio-Metronio valore strategico ambientale e archeologico;
   in data 14 ottobre 2013, presso la procura della Repubblica al tribunale ordinario di Roma, è stata depositata una denuncia-querela con istanza di sequestro preventivo ex articolo 321 del codice di procedura penale, con protocollo proc. pen. R.G. 52042/2013/B nei confronti delle istituzioni, contestando loro vari reati (abuso d'ufficio, omissioni di atti d'ufficio, disastro doloso e danneggiamento aggravato per l'omessa attivazione della nuova valutazione impatto ambientale e strategica richiesta dal decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché per danneggiamento aggravato di beni culturali e paesaggistici sottoposti a vincolo, per il mancato rispetto dell'obbligo di conservazione delle bellezze naturali, salvo altri) –:
   se la Presidenza del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative intenda adottare per qualificare e quantificare i danni arrecati alle aree suddescritte, cantierizzate per la realizzazione della linea metropolitana Metro C e renderli noti ai cittadini;
   quali iniziative intenda adottare, atteso che vi è certo pericolo che la libera disponibilità delle aree monumentali ed archeologiche uniche al mondo, già cantierizzate della linea metropolitana Metro C in particolare quelle ricomprese nella tratta T3 ovvero Colosseo, Villa Rivaldi, Piazzale Ipponio, Via Sannio, Celio, possa aggravare i danni e quindi le responsabilità a carico dei diversi soggetti istituzionali;
   quali iniziative intenda adottare, atteso che secondo il cronoprogramma di realizzazione della linea metropolitana Metro C sarebbe prevista la distruzione del parco storico afferente alla cinquecentesca Villa Rivaldi, recentemente cantierizzata, e vari abbattimenti di alberi secolari attorno al Colosseo (solo per la tratta T3 sarebbero previsti oltre 75 abbattimenti), quando dalla lettura del parere reso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ad ottobre 2009 sul progetto definitivo di realizzazione della linea metropolitana Metro C, emerge chiaramente che la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici non ha autorizzato tagli di alberi secolari né le demolizioni messe in opera.
(4-03324)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 5 ed il 6 maggio 1998 i territori di Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e San Felice a Cancello nelle province di Salerno, Avellino e Caserta furono colpiti da gravi eventi franosi che raserò al suolo intere frazioni causando morte e devastazione, in quest'immane tragedia molti persero la vita e molti tutti i loro averi;
   dopo soli due giorni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, venne dichiarato lo stato di emergenza idrogeologica e l'allora presidente della giunta regionale della Campania venne nominato commissario delegato per la gestione dell'emergenza;
   il 7 settembre 2001, con ordinanza del commissario di Governo n. 1887 vennero stabiliti i criteri e le modalità di erogazione dei contributi ai privati ai fini della ricostruzione;
   in particolare, la normativa appena richiamata demandava la cura della fase istruttoria in capo ad una commissione tecnica presieduta dal commissario di Governo e formata tra l'altro da dipendenti dei comuni interessati e la fase liquidatoria in capo allo stesso commissario di Governo, fino a quando con O.P.C.M. n. 3681 del 2008 le competenze relative alla liquidazione, per la chiusura delle attività in corso, sono state trasferite all'A.R.CA.DI.S. – l'Agenzia regionale campana difesa suolo;
   sono passati ormai quindici anni dagli eventi appena descritti e risulta che numerose famiglie colpite, pur avendo completato favorevolmente l’iter procedimentale, ottenuto l'approvazione del contributo di ricostruzione da parte della commissione ed in alcuni casi ricostruito integralmente a proprie spese lamentano ancora la mancata elargizione dei sussidi previsti per la ricostruzione;
   l'Agenzia regionale cui compete solo l'erogazione dei fondi stanziati, trattandosi di provvidenze pubbliche, sostiene che tali fondi stanziati ai fini della ricostruzione sarebbero esauriti, tuttavia secondo il comune di Sarno, ente a cui spetta la fase istruttoria di tutte le pratiche, in sede di liquidazione dei contributi si sarebbero verificate considerevoli economie rispetto alle somme formalmente assegnate ai beneficiari;
   il comune di Sarno resta tutt'oggi inadempiente, non solo a tutte le pratiche approvate e non finanziate, ma anche al decreto-legge 14 marzo 2013 n. 33 che riguarda il «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» –:
   se risulti, sulla base degli atti depositati, quale fosse la situazione relativa ai fondi disponibili per la chiusura delle attività in corso relative alla vicenda descritta in premessa nonché in merito ai soggetti beneficiari individuati all'atto della conclusione della gestione commissariale e se risulti se la gestione commissariale abbia trasferito ai competenti organi regionali eventuali residui di gestione a destinazione vincolata o meno. (4-03331)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMENDOLA, QUARTAPELLE PROCOPIO e CHAOUKI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da fine novembre 2013 l'Ucraina è teatro di manifestazioni contro la decisione del Presidente Viktor Yanukovich di non sottoscrivere l'accordo di associazione con l'Unione europea e di siglare invece un'intesa economica con Mosca;
   le recenti leggi approvate dal Parlamento ucraino che prevedono pene severe per i partecipanti a manifestazioni non autorizzate e lo status di «agente straniero» per le organizzazioni non governative con finanziamenti esteri sono state la causa di una fortissima reazione da parte delle opposizioni che ha condotto a scontri di piazza;
   il bilancio degli scontri scoppiati nelle strade di Kiev è stato di 5 morti e 300 feriti, tra polizia e manifestanti e sta sollevando critiche a livello internazionale;
   le forze dell'ordine dichiarano di non aver utilizzato armi da fuoco, anche se alcuni dimostranti sostengono che a sparare sarebbero stati i cecchini delle forze speciali Berkut, la polizia anti-sommossa e gli stessi medici confermano l'uso di armi da fuoco;
   a seguito dei questi avvenimenti il Presidente della Commissione dell'Unione europea José Manuel Barroso ha dichiarato: «Siamo scioccati dalle ultime notizie dall'Ucraina, deploriamo nei termini più forti possibili l'uso della forza e della violenza e chiediamo a tutte le parti di astenersi immediatamente e di prendere provvedimenti che aiutino a calmare la situazione»;
   Barroso non esclude — come riportato sulla stampa — il varo di sanzioni contro il regime di Yanukovich. Prosegue rispondendo ai giornalisti: «se c’è una sistematica violazione dei diritti umani, come sparare sui manifestanti pacifici o gravi attacchi alle libertà fondamentali allora dobbiamo ripensare le nostre relazioni con l'Ucraina e forse ci saranno delle conseguenze»;
   il Commissario dell'Unione europea per l'allargamento Stefan Pule si recherà a breve nuovamente a Kiev e anche il Partito socialista europeo ha deciso di inviare una delegazione nella capitale ucraina;
   il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha usato toni duri sostenendo che le nuove norme sono «antidemocratiche e violano le norme dell'Ocse e dell'Ue». L'Unione europea chiede all'Ucraina di porre immediatamente fine agli episodi di violenza che stanno causando vittime nel Paese. L'Ambasciata Usa ha revocato i visti di diversi ucraini. La lista è confidenziale ma sembra essere incluso il nominativo del Ministro dell'interno ucraino e altri funzionari;
   «Ci appelliamo alla comunità internazionale» ha dichiarato il capogruppo del partito di Timoshenko Patria, Arseni Iatseniuk «il regime del presidente Viktor Yanukovich e del partito delle Regioni ha completamente annientato il poter statale in Ucraina. Questo non è niente altro che un rovesciamento dell'ordine costituzionale e una presa di potere nel Paese»;
   il Presidente ucraino Yanukovich, ieri per la prima volta, ha preso dei primi contatti al fine di incontrare i leader delle opposizioni che chiedono elezioni anticipate e il Parlamento ucraino è stato convocato per discutere delle dimissioni del Governo;
   il movimento di protesta che sta scuotendo l'Ucraina in questi mesi nasce dall'aspirazione della maggioranza popolare a riunirsi alla famiglia europea –:
   quali azioni politiche e diplomatiche intenda adottare il nostro Governo nei confronti dell'Ucraina, sia autonomamente che in sede europea al fine di garantire una soluzione politica alla crisi interna di quel Paese nel quadro del rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle aspirazioni del popolo ucraino.
(5-01990)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   SPADONI, DALL'OSSO, DELL'ORCO, TERZONI, LOREFICE, PAOLO BERNINI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, DE ROSA e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione degli indirizzi programmatici del Governo regionale Emilia Romagna 2010-2015, la giunta ha adottato, con propria deliberazione n. 1147/2012, gli «Indirizzi per l'elaborazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR)», dando di fatto avvio al processo di elaborazione del piano;
   tale strumento di pianificazione settoriale, in piena sintonia con le politiche europee, si pone come obiettivo primario la prevenzione e la riduzione della produzione, seguito dalla valorizzazione del rifiuto come risorsa attraverso il recupero di materia e dal progressivo calo dello smaltimento;
   in attuazione delle politiche europee e nazionali, il Piano regionale dovrà mirare alla riduzione dell'uso di risorse attraverso l'applicazione di una gerarchia di gestione dei rifiuti che pone al primo posto la prevenzione seguita dalla preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero di energia e, per ultimo, lo smaltimento in discarica;
   gli obiettivi da perseguire nell'arco temporale di validità del Piano (2014-2020) dovrebbero essere: la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti prodotti; il raggiungimento di un target minimo per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio; l'incremento della qualità e della quantità della raccolta differenziata; la valorizzazione del recupero di materia rispetto al recupero di energia; l'autosufficienza per lo smaltimento nell'ambito regionale, mediante l'utilizzo ottimale degli impianti esistenti;
   il Piano regionale deve attuare il «principio di prossimità», tenendo conto del contesto geografico e della necessità di impianti specializzati per determinate tipologie di rifiuti, nonché della effettiva presenza di un consolidato mercato del recupero;
   per raggiungere tali obiettivi devono collaborare in modo coordinato tutti i soggetti coinvolti, dall'Agenzia territoriale dell'Emilia-Romagna per i servizi idrici e i rifiuti alle province, dai comuni alle società pubbliche o miste di gestione e infine ai cittadini;
   gli obiettivi attuali del PRGR sono da considerare decisamente insufficienti, se si vuole andare oltre la gestione dei rifiuti basata sull'incenerimento;
   è stato più volte dichiarata la sovra-capacità di impianti presenti in Emilia Romagna;
   gli enti pubblici devono avere massima libertà decisionale nella pianificazione senza subire influenze delle aziende private;
   il comune di Parma condivide i contenuti del documento proposto dalle province di Piacenza, Reggio Emilia, Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini, Ferrara e sta lavorando per contribuire con proprie osservazioni al miglioramento del Piano entro il termine previsto del 10 giugno;
   IREN Emilia ha gestito in maniera inadeguata il problema in molti comuni delle province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia in cui opera, considerate le numerose e continue problematiche relative ai rifiuti e alla gestione di una raccolta differenziata che è sempre più problematica, soprattutto nei giorni festivi;
   nel nuovo piano rifiuti potrebbe essere previsto l'utilizzo degli inceneritori della regione per bruciare anche rifiuti provenienti da ogni parte d'Italia;
   recentemente è stato revocato l'incarico all'assessore all'ambiente Sabrina Freda, che, attualmente, il presidente della regione non ha ritenuto opportuno sostituire, mantenendo la delega, sebbene attualmente in Emilia Romagna vi sia una situazione di emergenza ambientale;
   tutta l'Emilia Romagna, ed in particolare Parma, costituisce una zona a rischio dove l'aria è tra le più inquinate al mondo;
   Parma e molti comuni si oppongono agli inceneritori presenti sui loro territori attraverso politiche virtuose sui rifiuti, portando purtroppo le società come Iren a riempire quegli inceneritori facendo arrivare rifiuti da altri luoghi d'Italia in emergenza;
   è ancora senza risposta la lettera di protesta inviata a dicembre al Ministro interrogato ed al presidente Errani da parte di tutti i sindaci dei comuni capoluogo dell'Emilia Romagna, preoccupati dal piano governativo che liberalizza totalmente i flussi dei rifiuti –:
   se il Ministro intenda spiegare le ragioni della mancata risposta alla lettera sopra citata dello scorso dicembre, rivolta anche al presidente della regione Emilia Romagna, da parte di tutti i sindaci dei comuni capoluogo emiliano romagnoli;
   se non ritenga utile promuovere al più presto, nei limiti delle sue competenze, un dibattito aperto alla cittadinanza e alle istituzioni locali e se ci sia a livello generale la concreta possibilità di promuovere politiche dirette a spostare risorse dallo smaltimento e dall'incenerimento verso la riduzione, il riuso e il riciclo e di contrastare il ricorso crescente alle pratiche di smaltimento dei rifiuti distruttive dei materiali;
   se intenda intervenire sulla politica di gestione dei rifiuti, anche attraverso iniziative normative per incentivare forme di cooperazione tra comuni per la raccolta porta a porta e la filiera di trattamento al fine di sviluppare l'occupazione locale in bacini di piccola-media dimensione, che favoriscano le attività di produzione e commercializzazione di materiali e prodotti derivati da riciclo e recupero di materia. (4-03329)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Sulmona (L'Aquila) è per quanto riguarda il sovraffollamento il peggiore in termini assoluti tra gli 8 istituti penitenziari dell'Abruzzo;
   ha una capienza massima di 306 detenuti, ma ne ospita 473 con una eccedenza di 167 detenuti costretti a vivere in condizioni inaccettabili per la loro dignità di persone con conseguenze inevitabili anche rispetto alla funzione rieducativa della loro pena, come prescrive la Costituzione italiana;
   l'indice di sovraffollamento è pari al 54,6 per cento e ciò è particolarmente grave se si pensa che in questo carcere negli ultimi 10 anni si sono tolte la vita 13 persone, nell'ultimo anno ci sono stati 4 tentati suicidi e 12 atti del autolesionismo gravi;
   il personale di polizia penitenziaria è costretto a subire questa situazione con un netto peggioramento delle proprie condizioni di lavoro;
   l'Italia è stata sanzionata a livello europeo per le condizioni inaccettabili dei detenuti –:
   se non intenda prendere iniziative per superare rapidamente questa situazione di sovraffollamento del carcere di Sulmona. (3-00591)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASELLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Procuratore Capo di Treviso, Michele Dalla Costa, nell'inaugurare l'anno giudiziario, ha affermato, come riportato dagli organi di stampa, che «a Treviso si registra una carenza di magistrati del 20 per cento e di personale amministrativo del 22 per cento, che tra l'altro ha un'età media superiore ai 50 anni con tutte le problematiche che ne conseguono. Concorsi non ce ne sono stati, ne sono in programma. Chi va in pensione non viene rimpiazzato, e chi rimane non è motivato non avendo alcuna prospettiva di carriera. È tutto bloccato e l'andamento sul lavoro non può che risentirne»;
   il tribunale di Treviso ha registrato nel solo 2013 una mole di oltre 9 mila notizie di reato, che si traducono in oltre un migliaio di fascicoli per ciascuno degli otto sostituti procuratori in servizio;
   attraverso gli organi di stampa il presidente del tribunale di Treviso, Aurelio Gatto ha affermato che: «Mancano sei magistrati civili, rispetto a una pianta organica già ridotta. Tra poco ne arriveranno tre, ma uno se ne andrà. La carenza per assistenti e cancellieri è del 20 per cento. Vista la scarsa possibilità di far carriera mancano anche le motivazioni.»;
   il tribunale di Treviso è considerato una piccola realtà, ma in realtà ha un bacino d'utenza di quasi 900 mila abitanti;
   c’è un pubblico ministero ogni 26 mila abitanti, quando la media nazionale è di 12.700, con picchi di realtà di un pubblico ministero ogni 5 mila, con il risultato che i magistrati sono costretti a rinviare udienze e processi, allungando i tempi della giustizia;
   a livello regionale la giustizia penale registra 92.400 notizie di reato (esclusi quelli per i minorenni che sono in aumento del 20 per cento), con un 1 per cento in più rispetto al 2012. Le cause civili nel 2013 sono state 238 mila, un numero quasi eguale a quelle andate a sentenza smaltendo il 135 per cento di un arretrato che resta pesantissimo;
   lo scorso novembre anche i sindacati confederali avevano evidenziato la gravità della situazione, soprattutto per quanto riguarda il diritto del lavoro. Si legge in una nota unitaria di novembre di CIGL, CISL e UIL «dei tre giudici del lavoro a ruolo nel 2011 fra due mesi ne resterà solo uno. Rispetto alla crescita esponenziale delle cause del lavoro, anche a causa delle criticità e dei fenomeni legati al mercato occupazionale emersi in questi anni di crisi, la Sezione Lavoro del Tribunale di Treviso si trova con un organico ridotto all'osso. Infatti, se già l'assenza di uno dei tre giudici a ruolo nel 2011, e mai sostituto, ha creato enormi problemi e ritardi, tant’è che le cause in capo a questo giudice non sono ancora state riassegnate e dopo oltre due anni restano ancora ferme, la mole di lavoro per i due giudici rimasti è notevolmente aumentata, facendo trascorrere un tempo anche di quattro anni prima che le parti abbiano la possibilità di comparire in udienza la prima volta. Inoltre, il primo febbraio 2014 uno dei due giudici rimasti lascerà il ruolo a Treviso» –:
   se siano allo studio del Ministro soluzioni volte a sanare la grave e certificata carenza di organico del tribunale di Treviso, e se, più in generale, siano già previste eventuali disposizioni per nuovi concorsi o turnover più strutturato del personale, tanto più necessario anche in considerazione della razionalizzazione derivata dal riordino della geografia giudiziaria. (5-01991)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Teramo ha un indice di sovraffollamento della popolazione carceraria del 72,50 per cento, infatti ha una capienza massima di 229 detenuti, ma ne ospita 395, cioè 166 in più;
   questo sovraffollamento determina condizioni di detenzione inaccettabili e contrarie alla funzione rieducativa della pena, come impone la Costituzione italiana, e alla normativa europea;
   nell'ultimo anno vi sono stati 9 casi di tentativi di suicidio e 34 atti di grave autolesionismo;
   il personale di polizia penitenziaria lavora in condizioni disagiate e con carichi pesanti –:
   se non intenda assumere rapidamente iniziative volte a superare questa situazione di grave sovraffollamento del carcere di Teramo. (4-03326)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il codice della strada del 1992 e successive modificazioni, ha mantenuto quasi inalterata la disciplina in materia di requisiti fisici per la patente e accertamento degli stessi, confermando i principi contenuti nella direttiva 80/1263/CE, recepita in Italia con la legge 11 marzo 1988 n. 111, apportando solo qualche correttivo di tipo per lo più procedurale;
   i requisiti fisici per il rilascio della patente sono stati riprodotti nelle norme del regolamento del codice della strada (articoli da 319 a 331) riprendendo testualmente l'elencazione contenuta nelle disposizioni del decreto ministeriale 263/88, emanato in attuazione della suddetta legge n. 111 del 1988, che individuava una serie di patologie limitative per la concessione e il rinnovo della patente di guida;
   la normativa a seguito delle modifiche introdotte con decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 610 (Appendice II articolo 320 del «Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada»), elenca le malattie ed affezioni che condizionano il rilascio del certificato di idoneità alla guida. Prevedendo, in particolare, alla lettera H dell'Appendice II che la patente di guida per chi soffre di insufficienza renale grave, può essere rilasciata o confermata limitatamente per le categorie A e B, quando l'insufficienza renale risulti positivamente corretta a seguito di trattamento dialitico o di trapianto;
   le disposizioni regolamentari richiamate prevedono sia per persone dializzate sia per le persone trapiantate, di ottenere il rilascio o la conferma della patente solo a seguito di certificazione, della commissione medico locale (CMO) presente – nella generalità delle province – nel solo comune capoluogo di provincia;
   a seguito di correzione introdotta dalla Direttiva 2009/112/CE recante modifica della direttiva 91/439/CEE, per il rilascio o rinnovo della patente in presenza di alcune patologie (ad esempio diabete) è sufficiente un certificato del medico specialista senza ricorrere alla Commissione medica locale, e che il giudizio d'idoneità e la durata di validità siano commisurati allo stato di salute delle singole persone;
   ai candidati affetti da insufficienza renale, dializzati o trapiantati, il rilascio o la conferma della patente è limitato alle sole patenti delle categorie A, B, con validità non superiore a due anni;
   a fronte di tale normativa, in considerazione degli evidenti limiti e contraddittorietà, non mancano casi in cui – per le persone trapiantate – la Commissione competente riconosce la patente per periodi superiori a due anni, con conferme anche della patente di categoria C;
   la normativa in vigore per l'invalidità civile (Decreto del Ministero della sanità 5 febbraio 1992 — supplemento 43 alla Gazzetta Ufficiale del 26.02.92) prevede per le patologie renali, una invalidità dal 91 al 100 per cento (per i nefropatici in trattamento dialitico permanente) e una invalidità del 60 per cento (per i trapiantati);
   la significativa differenza di percentuale d'invalidità tra dializzati e trapiantati trova fondamento nel fatto che le persone trapiantate – anche in considerazione degli avanzamenti significativi ottenuti sul piano scientifico – sono ricondotte ad un regime di vita che le avvicina significativamente alla condizione di «normalità»;
   l'attuale normativa – peraltro di fonte regolamentare e come tale di competenza amministrativa – non tiene in alcun conto queste significative differenze e che sussiste una differenza di regimi normativi tra patologie (in particolare tra diabetici e trapiantati di rene) che appaiono superati e anacronistici;
   già in passato numerose associazioni tra cui l'Associazione nazionale emodializzati – dialisi e trapianto – Onlus (Aned) hanno sollevato la questione innanzi al Ministero della sanità e al Ministero dei trasporti –:
   se non ravvisino la necessità di intervenire sulla normativa per il rilascio o il rinnovo della patente alle persone trapiantate di reni, per giungere ad una differente e più adeguata normativa per quanto riguarda la competenza medica da assegnare al medico specialista, la conferma della categoria C e la durata in relazione alla reale condizione di salute, come previsto in generale dalla normativa europea;
   se non ritengano di doversi adoperare affinché siano assunte tutte le iniziative idonee per la soluzione positiva della problematica esposta in premessa. (3-00590)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   quasi ogni giorno sulla stampa si leggono le cronache di incidenti stradali mortali dovuti quasi sempre a imprudenza (soprattutto nei casi in cui le condizioni meteorologiche indurrebbero maggiore attenzione), guida sotto l'effetto di sostanze psicotrope (alcol o droghe) o sonnolenza;
   talvolta, tuttavia, tra le cause di tali incidenti è possibile anche annoverare l'età o troppo giovane o troppo avanzata del guidatore. Nel primo caso, infatti, giovani inesperti e scarsamente consapevoli dei rischi e dei propri limiti utilizzano impropriamente i veicoli di cui sono alla guida. Nel secondo caso, accade che un fisiologico rallentamento dei riflessi e il conseguente affievolimento delle facoltà di guida mettano a repentaglio la pubblica incolumità;
   in effetti, per quanto riguarda i neopatentati, sono previste limitazioni con riferimento alla cilindrata massima e al peso totale del veicolo, mentre nulla a riguardo è previsto per i patentati oltre una certa età anagrafica –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivarsi affinché siano introdotti nel Codice della strada limiti di potenza e dimensioni del veicolo per gli ultrasettantenni analoghi a quelli previsti per i neopatentati ai sensi dell'articolo 115 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, così come modificato dall'articolo 16 della legge 29 luglio 2010, n. 120.
(4-03318)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il raccordo Salerno-Avellino rappresenta un collegamento stradale di importanza nazionale e non soltanto campana;
   tale raccordo oltre a collegare tra di loro due capoluoghi di provincia, collega anche le autostrade A30 Caserta-Salerno con A3 Salerno-Reggio Calabria e A16 Napoli-Canosa con A3 Salerno-Reggio Calabria;
   tale raccordo è indispensabile per i collegamenti con il campus dell'università di Salerno, situato nel comune di Fisciano, con il porto e le località turistiche di Salerno e della costiera amalfitana, e con le numerose aziende ospedaliere del comprensorio, e pertanto è interessato quotidianamente da un enorme volume di traffico;
   lo stato dei luoghi sul raccordo Salerno-Avellino versa in condizioni assolutamente inadeguate, paralizzando spesso la circolazione e mettendo anche in pericolo gli utenti che usufruiscono dell'arteria, negli ultimi anni numerosi sono stati gli incidenti stradali anche mortali;
   l'insufficienza della sede stradale e la sua ristrettezza, con sole due corsie per senso di marcia e senza corsie di emergenza, è la causa principale della pericolosità del raccordo in questione;
   l'ANAS, che ha in gestione il raccordo, ha indetto nel 2002 una gara per la progettazione dell'ampliamento della sede stradale;
   il tratto compreso tra Salerno e la galleria di Solofra è stato aggiudicato alla società bonifica Core di Roma;
   il primo e il secondo lotto, da Salerno ad Avellino, hanno bisogno di un finanziamento stimato in 246 milioni di euro, dei quali ne sono già stati assegnati e resi disponibili 123 milioni per la tratta Salerno-Mercato S.Severino (primo lotto);
   bisogna considerare, inoltre, che detti finanziamenti facevano parte della Programmazione relativa ai Fondi ex FAS e quindi spettano, per così dire, di diritto a quel territorio;
   sembra che l'ultima ed unica causa ostativa all'inizio dei lavori per il primo lotto consiste nel fatto che la regione Campania non ha ancora fornito la documentazione utile all'attuazione dell'Accordo di programma quadro (APQ) o meglio non lo ha ancora sotto scritto –:
   in che tempi e con quali provvedimenti il Governo intenda assegnare i fondi necessari alla copertura di tutto il finanziamento previsto per la realizzazione del primo lotto di lavori per l'adeguamento del raccordo Salerno-Avellino;
   se il Governo preveda di finanziare i lotti successivi e in che tempi;
   in che modo il Governo intenda adoperarsi affinché l'affidamento e l'inizio dei lavori nei lotti successivi (da Mercato San Severino ad Avellino), superi tutte le criticità e i dannosi rinvii e ritardi che ci sono stati fin ora per il primo lotto.
(4-03328)


   MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, L'ABBATE, GAGNARLI, VIGNAROLI, GALLINELLA, CRISTIAN IANNUZZI e BENEDETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada provinciale SP 493, via Braccianese Claudia, collegamento principale per il comune di Bracciano, versa da tempo in una situazione di assoluta precarietà: il fondo stradale è caratterizzato da numerosi dislivelli, dossi, avvallamenti e buche determinati sia dall'usura che dalle intemperie, oltre che da lavori realizzati molto spesso non a «regola d'arte»; la segnaletica orizzontale è carente e l'illuminazione notturna praticamente inesistente;
   è evidente che le condizioni succitate — che si acuiscono in caso di maltempo — possono essere pericolose per gli automobilisti che percorrono quel tratto di strada, elevando esponenzialmente il rischio di incidenti;
   da quanto appreso dagli interroganti, le riparazioni dei dissesti stradali citati avvengono attraverso l'utilizzazione di asfalto detto «a pronta presa» o «adesivo» che è raramente pressato con le apposite macchine a rullo, risultando privo di efficacia quando è impiegato su strade ad alta percorrenza;
   le denunce relative agli incidenti e ai danni provocati da questa grave ed incresciosa situazione, sono all'ordine del giorno, costituendo, altresì, un aggravio sulle casse delle P.A. e, di conseguenza, per le «tasche» del contribuente –:
   se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze non intenda intraprendere iniziative urgenti per rafforzare i presidi di polizia stradale al fine di proteggere l'incolumità dei cittadini;
   se intenda valutare la possibilità di istituire un indice di pericolosità di tutto il sistema viario italiano che tenga conto anche del numero di incidenti che avvengono e delle relative cause, utile a pianificare da parte degli enti preposti, interventi a garanzia della sicurezza stradale sul territorio nazionale assumendo iniziative dirette a coinvolgere tutti gli enti gestori;
   se non intenda avviare una verifica sull'adeguatezza e sulle condizioni delle misure di sicurezza sulle principali reti stradali e autostradali, con particolare attenzione per gli assi viari ad elevata incidentalità;
   se non ritenga opportuno prevedere un aumento delle risorse destinate alla sicurezza delle infrastrutture stradali e di utilizzarle in parte al fine di monitorare la qualità e l'efficacia degli interventi realizzati negli ambiti di propria competenza.
(4-03332)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDI, DADONE, COZZOLINO, TONINELLI, D'AMBROSIO, DIENI, FRACCARO e NUTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo edifici di culto (istituito dalla legge 20 maggio 1985, n. 222) è un ente dotato di personalità giuridica e l'origine del suo patrimonio deriva da leggi della seconda metà del 1800, con le quali lo Stato italiano si appropriò di gran parte dei beni della Chiesa cattolica;
   è amministrato dal Ministero dell'interno attraverso la direzione centrale per l'amministrazione del Fondo edifici culto, affiancata da un apposito consiglio di amministrazione;
   a livello provinciale è amministrato dai prefetti e il fine istituzionale del Fondo è costituito dalla conservazione e dalla valorizzazione delle chiese di proprietà;
   il 14 giugno 2013, l'ex prefetto Francesco La Motta – responsabile del FEC dal 2006 – è stato arrestato con l'accusa di peculato e falso ideologico, per aver distratto dal Fondo edifici di culto, durante il periodo della sua amministrazione, circa 10 milioni di euro, versati in istituti bancari svizzeri;
   il decreto legislativo n. 33 del 2013, «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», garantisce chiarezza nell'operato della pubblica amministrazione e assicura ai cittadini la possibilità di verificare l'impiego delle risorse pubbliche;
   l'articolo 46 del suddetto decreto sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni prevede che «L'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente o la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili»;
   fino ad oggi, nessun dato contabile (appalti, spese, e altro) è visibile, né sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, né su quello del Ministero dell'interno, che si limita alla pubblicazione di una pagina in cui sono riportate solo le competenze del FEC ed un mero elenco di «elementi di patrimonialità» (senza nemmeno l'indicazione del valore economico);
   risultano pertanto ad avviso degli interroganti violati gli obblighi di pubblicazione, contenuti nel suddetto decreto, concernenti l'uso delle risorse pubbliche;
   il Ministro dell'interno Angelino Alfano ha già chiarito che il Viminale «è parte lesa nei crimini e nelle responsabilità che vengono addebitate al prefetto Francesco La Motta e si augura che la magistratura vada fino in fondo»;
   l'attuale direttore del FEC prefetto Lucia Di Maro, risulterebbe coinvolta nelle indagini che portarono all'arresto dell'ex prefetto La Motta –:
   quali iniziative il Ministro dell'interno e il Ministro dell'economia e delle finanze – ognuno per la parte di propria competenza – intendano avviare per l'applicazione delle normative vigenti in materia di trasparenza della pubblica amministrazione e se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per individuare eventuali responsabilità da parte di quei dirigenti e/o funzionari che non hanno applicato le norme sugli obblighi di pubblicazione degli atti della pubblica amministrazione, sanciti dalla legge.
(4-03317)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come reso noto dalle agenzie di stampa e dai media locali del 23 gennaio 2014, per opera di ignoti, durante la notte dello scorso 22 gennaio 2014, è stata incendiata l'autovettura, una Mercedes classe A, di proprietà del vicesindaco del comune di Strongoli, Simona Mancuso, una giovane donna dell'età di 24 anni;
   la vettura, che era parcheggiata sotto la dimora della vicesindaco, nel centro storico di Strongoli, è andata completamente distrutta;
   seppure nell'immediato non si sarebbero trovati riscontri, gli inquirenti propenderebbero per l'ipotesi di un incendio doloso;
   la vicesindaco Simona Mancuso è stata eletta, nel maggio dello scorso anno, nella lista del Partito Democratico ed attualmente oltre a ricoprire la carica di vicesindaco esercita anche le deleghe alle attività produttive ed all'agricoltura;
   sull'accaduto hanno attivato fin da subito le necessarie indagini i carabinieri della Compagnia di Cirò Marina;
   sulla vicenda sono intervenuti i maggiori esponenti delle istituzioni locali e i colleghi del Partito Democratico;
   l'interrogante, consapevole della gravità del presunto, vile, atto intimidatorio e delle gravi ripercussioni che può arrecare alla tranquillità ed alla sicurezza della vicesindaco oltre che delle persone che le stanno accanto, a nome personale e del Partito Democratico della provincia di Crotone ha già espresso vicinanza alla signora Mancuso e condanna allo spregevole accadimento minaccioso;
   come purtroppo spesso accade a chi si prodiga per la crescita democratica e per il rafforzamento della cultura della legalità, della coesione e della giustizia in Calabria, ancora una volta si è costretti a registrare l'ennesimo gravissimo avvertimento intimidatorio contro chi in tale regione è chiamato ad amministrare la cosa pubblica;
   di fronte ad un fatto criminoso come quello di cui è stata vittima, la vicesindaco di Strongoli, tutte le istituzioni e segnatamente il Governo, devono reagire con la massima energia e determinazione per stroncare sul nascere la spirale della violenza e dell'intimidazione con cui le forze criminali puntano a condizionare ed a inquinare la vita pubblica calabrese;
   ad avviso dell'interrogante, accadimenti talmente gravi come quello occorso alla vicesindaco di Strongoli, Simona Mancuso, non possono e non devono essere sottovalutati, soprattutto in conseguenza dei riverberi negativi che potrebbero ripercuotersi a danno della diretta destinataria e dell'intera collettività –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare a salvaguardia del buon vivere della comunità strongolese, già esposta negli anni precedenti a particolari atteggiamenti intimidatori, e a tutela dell'incolumità della vicesindaco di Strongoli, Simona Mancuso.
(4-03319)


   RICCIATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'incedere della crisi economica, le Marche stanno diventando un fertile terreno per fenomeni criminali quali le infiltrazioni mafiose ed il riciclaggio del denaro sporco;
   il 9 giugno 2012 il presidente della corte di appello di Ancona, dottor Paolo Angeli, in occasione di un convegno sulla legalità, organizzato dalla CNA e dalla associazione «Libera», ha dichiarato che le infiltrazioni mafiose nelle Marche presentano un andamento in crescita;
   di analogo avviso l'allora procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso, il quale nell'ottobre del 2012, nel corso di un convegno tenutosi al Teatro Nuova Fenice di Osimo (Ancona), ebbe a sottolineare come «le Marche sono, per ricchezza e tranquillità, una preda ambita per gli investimenti delle mafie», ribadendo l'allarme sulle crescenti ramificazioni della criminalità organizzata nel territorio marchigiano;
   le Marche sono, inoltre, state lambite negli ultimi anni da inchieste ed operazioni di polizia, che hanno interessato diverse aree del territorio nazionale, volte a contrastare il riciclaggio di denaro sporco e le infiltrazioni mafiose, come ad esempio le operazioni denominate Titano e Vulcano, ampiamente riportate dalla stampa;
   la stampa riporta anche della recente operazione della DNA e delle DDA di Napoli, Roma e Firenze che ha portato all'arresto di novanta persone legate al clan Contini ed al sequestro di quote azionarie di società che gestiscono locali lungo la riviera marchigiana e romagnola –:
   quali misure intenda adottare il Ministro interrogato per rafforzare i controlli sulle attività economiche e prevenire i fenomeni del riciclaggio e dell'infiltrazione mafiosa nel territorio marchigiano.
(4-03327)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle «Indicazioni nazionali» per i licei (DM 211/10), che accompagnano il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 di riordino dell'istruzione superiore liceale, a proposito dell'insegnamento della letteratura italiana per il quinto anno, relativamente al pieno Novecento, su 17 autori non è citato nessun meridionale o autore nato a sud di Roma e solo un'autrice donna (Elsa Morante);
   da tre anni un movimento culturale, promosso dal Centro di documentazione sulla poesia del sud, che opera in provincia di Avellino, e che ha visto il sostegno di quattro regioni (ordini del giorno del consiglio regionale della Campania del 16 maggio 2012, del consiglio regionale della Calabria del 28 maggio 2012, intervento del presidente del consiglio regionale del Molise del luglio 2012, dell'assessore all'istruzione della Basilicata del settembre 2012), nonché l'interrogazione parlamentare a risposta scritta 4-15677 (Camera dei Deputati) del 12 aprile 2012, primo firmatario Ugo Maria Gianfranco Grimaldi, l'interrogazione a risposta orale 3-02216 del 18 aprile 2012 (Camera dei Deputati), primo firmatario Giovanni Burtone, l'interrogazione con richiesta di risposta scritta al Senato di Vincenzo Maria Vita del 17 aprile 2012, quindi numerosi interventi giornalistici di autorevoli intellettuali e studiosi di Letteratura italiana (tra cui Alberto Asor Rosa, in «Corriere del Mezzogiorno» del 29 marzo 2012, pagina 17, e di Paolo Di Stefano, in «Corriere della Sera» del 21 marzo 2012, pagina 35), come documentato nel libro Faremo un giorno una carta poetica del Sud. Restituiamo la letteratura meridionale ai Licei, Introduzione di Alessandro Quasimodo, a cura di Alessandro Di Napoli, Giuseppe Iuliano, Alfonso Nannariello, Paolo Saggese, Delta 3 edizioni, Grottaminarda, Av, 2012;
   nella risposta interlocutoria all'interrogazione Burtone da parte del Sottosegretario all'istruzione Marco Rossi-Doria del 5 giugno 2012, quest'ultimo dichiarava che «in via personale» stava «esaminando con attenzione la questione», e che da allora non c’è stato nessun ulteriore pronunciamento del Ministero;
   il testo delle «Indicazioni» sembra essere rimasto invariato e che è il seguente: «Dentro il XX secolo e fino alle soglie dell'attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un'adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio, Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, ...). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealista ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, P. Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello ...). Raccomandabile infine la lettura di pagine della migliore prosa saggistica, giornalistica e memorialistica»;
   è vero che nelle righe precedenti sono citati Verga e Pirandello relativamente alla letteratura tra Ottocento e Novecento, ma che tutto ciò non compensa le numerose esclusioni dei poeti e scrittori meridionali (ad esempio, Quasimodo, Vittorini, Gatto, Scotellaro, Sinisgalli, Sciascia, Silone, Bodini, Cattafi, Piccolo, Tommasi di Lampedusa, Jovine, Alvaro, Rea, Prisco, Pomilio, eccetera) del Novecento, come anche di altre regioni del Centro d'Italia;
   in tal modo sono «rappresentate» in questa «geografia» della letteratura italiana quasi soltanto le regioni settentrionali, la Toscana e in parte l'Emilia Romagna e il Lazio;
   sarebbe opportuno e doveroso arricchire l'elenco con autrici donna, che hanno segnato la storia del Novecento;
   le «Indicazioni» non sono prescrittive, ma «indicano» ai docenti una «traccia» da seguire, e perciò, nonostante l'autonomia scolastica e la libertà di insegnamento, condizionano le case editrici nel momento in cui realizzano i libri di testo per tutti i licei italiani;
   in tal modo si realizzerà una sorta di «canone ministeriale», che causerà indirettamente una «damnatio memoriae» della letteratura del Sud e la non presenza di autrici donna nei piani di studio annuali –:
   se il Ministero intenda provvedere — come del resto previsto dall'articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 — ad una revisione delle «Indicazioni», che dovrebbe prevedere l'aggiunta, ai 17 autori elencati, di poeti e scrittori di altre regioni d'Italia e di autrici donna, e che testimoniano idealmente ed esteticamente un altro modo di scrivere e di rappresentare la nostra storia;
   se, alternativamente, il Ministero intenda provvedere ad eliminare l'elenco esemplificativo, così come del resto si è fatto nelle «linee guida» per i tecnici e i professionali — dove non compaiono nomi di autori —, e in tal modo non «condizionare» i libri di testo e ridurre la libertà d'insegnamento, nonché penalizzare fortemente una parte della cultura della nazione, posto che d'altra parte, l'intento di chi propone una revisione delle «Indicazioni nazionali» non è di esasperare contrapposizioni già lancinanti, ma di contribuire a creare dei «ponti», ad avvicinare le «diversità» e a dare forza ad una nazione, che deve rappresentare — come ha fatto in passato — avanguardia di cultura e civiltà. (5-01993)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'ordine del giorno 9/01574-A/014, accolto il 31 ottobre 2013 in sede di esame del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, il Governo si è impegnato «a valutare l'opportunità di rivedere l'assetto complessivo della dirigenza dell'Accademia nazionale di danza, al fine di prevederne l'eventuale azzeramento e procedere alla nomina di un Commissario straordinario, che provveda ad un rapido riordino dell'istituzione, onde consentire il ritorno al regolare svolgimento dell'attività didattica ed al rinnovo degli organi dirigenti secondo le regole previste per legge»;
   in data 13 novembre il Ministro interrogato con proprio decreto (prot. 000092) ha proceduto alla nomina di un Commissario straordinario dell'Accademia Nazionale di Danza fino al 31 ottobre 2014, nella persona del professor Bruno Carioti, con i poteri degli articoli 5, 6 e 8 dello Statuto dell'Accademia (presidente, direttore e consiglio accademico);
   la premessa del decreto rileva che:
    «1) sussiste presso l'Accademia Nazionale di Danza una situazione di palese conflittualità tra gli Organi monocratici e collegiali che è causa di oggettive disfunzioni nella complessa gestione dell'istituzione;
    2) tali disfunzioni sotto il profilo dell'organizzazione dei corsi di studio, e le gravi carenze strutturali segnalate, hanno comportato una rilevante protesta studentesca, e la sospensione delle attività per un lungo periodo, ampiamente riportate anche dagli organi di stampa;
    3) numerose interpellanze parlamentari intese a stigmatizzare le gravi difficoltà gestionali e didattiche dell'Accademia Nazionale di Danza, oggetto anche di indagini della Procura della Repubblica;
    4) dalla relazione finale degli ispettori emergono gravi irregolarità nella gestione dell'attività didattica, del percorso degli studi effettuati da alcuni studenti con inevitabili ricadute anche sul rilascio dei titoli di studio finali, nonché sulla carenza nella programmazione didattico artistica;
    5) dalle predette relazioni emergono gravi irregolarità amministrative e contabili soprattutto con la presenza di debiti fuori bilancio, evidenziati anche nelle relazioni dei revisori dei conti;
    6) sotto il profilo della gestione amministrativa sono state riscontrate irregolarità, con particolar riferimento agli aspetti interconnessi alla funzionalità della didattica e alla produzione artistica»;
   risulta agli interroganti, da fonti interne all'istituzione che il direttore rimosso con il commissariamento, Margherita Parrilla, ai vertici dell'Istituzione sia come presidente che come Direttore sin dal 1996 e di fatto coinvolta, se non direttamente responsabile, della situazione esposta nella premessa del decreto, invece di essere allontanata, in attesa della definizione delle sue responsabilità, potrebbe essere incaricata, dal Commissario medesimo di ruoli interni di rilievo;
   giova osservare che consentire il permanere di soggetti rimossi nell'ambito dell'Istituzione dalla quale sono stati rimossi, comporta il rischio di interferenza nell'operato del Commissario e di inquinamento delle prove in materia di irregolarità amministrative e contabili;
   inoltre tale situazione comporta anche il perdurare delle situazioni di tensione tra corpo docente – studenti ed ex direttore che il decreto di commissariamento dovrebbe sanare; giova ricordare che la ex direttrice Parrilla ha denunciato per fatto personale, e cioè per danno alla sua immagine, un Gruppo di docenti e studenti tra quelli che hanno partecipato alle manifestazioni contro il degrado dell'Accademia nazionale di danza, chiedendo la sua rimozione –:
   se non ritenga opportuno intervenire presso il Commissario straordinario dell'Accademia Nazionale di Danza, professor Bruno Carioti, chiedendogli di mettere in aspettativa e allontanare dalla sede e dagli uffici dell'Accademia la ex direttrice Margherita Parrilla, per le ragioni esposte in premessa, anche al fine di evitare possibili riflessi giudiziari che rischierebbero di colpire il buon nome del Commissario medesimo. (4-03321)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZARATTI, PILOZZI e PIAZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il regio decreto n. 264 del 1933, l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro degli addetti ai trasporti per mare e alla pesca, venne assegnata a tre casse marittime: Cassa Adriatica, Cassa Meridionale, Cassa Giuliana;
   le casse, oltre all'assistenza per gli infortuni e le malattie, per quasi mezzo secolo hanno erogato anche l'assistenza sanitaria ai lavoratori marittimi, a quelli amministrativi e alla gente dell'aria, fino alla costituzione del Servizio sanitario nazionale del 1978;
   con il decreto legislativo n. 479 del 1994, venne disposta la fusione delle tre casse menzionate al posto delle quali venne istituita l'IPSEMA, l'istituto di previdenza per il settore marittimo;
   il compito principale dell'IPSEMA, rispetto a quello degli altri enti previdenziali di settore, come l'ENPALS per il settore dello spettacolo ad esempio, non era solo quello di riscuotere i contributi dai datori di lavoro, ed erogare le prestazioni previdenziali, ma anche quello di tutelare i lavoratori contro gli infortuni o malattie riferibili alla vita su mare;
   infatti, nonostante la generalità dei lavoratori pubblici e privati siano assicurati contro gli infortuni e le malattie professionali presso l'INAIL, per i soli dipendenti del settore marittimo, anche se iscritti in compartimenti esteri, tale assicurazione avveniva presso l'IPSEMA;
   tale particolarità, era dovuta alla peculiarità delle attività svolte dai lavoratori di questo settore e alle particolarità dello stesso contratto di lavoro. Quest'ultimo infatti, è da sempre sottoposto al Codice della navigazione, viene effettuato con atto pubblico di arruolamento ed è sottoposto ad una sezione speciale del Sistema delle comunicazioni obbligatorie, gestito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   con il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni della legge n. 122 del 30 luglio 2010, l'IPSEMA è stata soppressa e le relative funzioni, con decorrenza dal 31 maggio 2010, sono state attribuite all'INAIL;
   sulla base di successive norme, dal 1o gennaio 2014 è stata trasferita all'INPS la gestione diretta delle attività inerenti all'accertamento e alla riscossione dei contributi e all'erogazione delle prestazioni previdenziali relative all'indennità di malattia, maternità, disabilità per i lavoratori assicurati presso l'ex-Ipsema;
   tale trasferimento all'Inps è stato disciplinato nel dettaglio attraverso la circolare n. 179 del 23 dicembre 2013 dell'Inps, che fornisce le istruzioni operative. La circolare prevede una fase transitoria durante la quale gli uffici Inps sono chiamati a gestire le pratiche relative ai lavoratori del mare secondo le modalità già in uso presso l'Inail-settore navigazione;
   come sancito anche dalla circolare citata, è ben evidenziata la necessità che questo periodo transitorio venga dedicato alla formazione del personale INPS, così da prepararlo a gestire una nuova tipologia di pratiche;
   questa fase di transizione, con il passaggio all'Inps, ha avuto però come effetto principale, a quanto risulta agli interroganti, quello di bloccare il pagamento delle indennità di malattia agli assistiti per un periodo non meglio precisato, cosa che ha generato comprensibile sconcerto e preoccupazione da parte dei lavoratori del mare –:
   se sia a conoscenza del fatto che l'Inps, in attesa di completare la fase di formazione dei dipendenti preposti, ha disposto la sospensione del pagamento delle indennità di infortunio e malattia in favore dei lavoratori del mare;
   quali iniziative intenda prendere per porre termine al disagio sofferto da tale categoria di lavoratori in seguito al passaggio all'Inps della gestione delle pratiche di infortunio e malattia dei lavoratori del mare. (4-03315)


   ALBANELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 giugno 2012, n. 92, recante «interventi in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», ha introdotto, all'articolo 4, commi da 1 a 7-ter, alcune disposizioni volte a facilitare l'uscita anticipata di lavoratori vicini al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento;
   il comma 1 dell'articolo dispone che nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all'INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento. La stessa prestazione può essere oggetto di accordi sindacali nell'ambito di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero nell'ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria;
   il comma 2 stabilisce che i lavoratori interessati debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro;
   la circolare n. 24 del 19 giugno 2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con riferimento alle gestioni pensionistiche interessate dalla norma, ne individua la riferibilità ai soggetti le cui prestazioni pensionistiche debbano essere liquidate a carico di qualsiasi gestione dell'Inps, ivi comprese quelle confluite in Inps a seguito della incorporazione di Inpdap ed Enpals di cui all'articolo 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni in legge 22 dicembre 2011, n. 214;
   successivamente, la circolare Inps n. 119 del 1o agosto 2013, ha definito le modalità di attuazione della norma, specificando che l'illustrazione riguarda esclusivamente i soggetti i cui trattamenti di pensione debbano essere liquidati a carico delle gestioni pensionistiche dell'INPS, con esclusione delle gestioni ex Inpdap ed ex Enpals, confluite recentemente in INPS, per le quali si fa riserva di successive indicazioni;
   l'assenza di indicazioni, da parte dell'Inps, relative alle modalità di applicazione delle norme in oggetto per le gestioni dei dipendenti pubblici e dei lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico, pone gli interessati in gravi difficoltà, poiché non consente loro di beneficiare di disposizioni che, soprattutto nell'attuale contesto economico e sociale, garantirebbero una sicurezza economica altrimenti minacciata dal protrarsi della crisi;
   si segnala, più specificamente, la condizione di disagio in cui versano i dipendenti delle emittenti televisive e radiofoniche – provocata dal crollo del mercato pubblicitario e dalle operazioni di ammodernamento tecnologico compiute dalle aziende a seguito del passaggio al digitale terrestre – sottoposti ovunque a procedure di riduzione di personale;
   l'interrogante ritiene indispensabile un intervento governativo finalizzato a sanare questa lacuna –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire l'immediata emanazione da parte dell'Inps delle modalità di attuazione delle norme di cui in premessa per le gestioni ex Inpdap ed ex Enpals, al fine di evitare un pregiudizio dei diritti dei dipendenti pubblici e dei lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico. (4-03323)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2014 è stata riconosciuta dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la dichiarazione dello stato di eccezionali avversità atmosferiche relative ad alcuni eventi calamitosi che hanno colpito le regioni Puglia, Emilia Romagna, Toscana e Basilicata;
   tale riconoscimento permette agli agricoltori che a seguito di tali eventi hanno subito danni alle produzioni agricole, alle strutture aziendali ed alle scorte, di poter accedere alle provvidenze recate dal Fondo di solidarietà nazionale ai sensi di cui all'articolo 5 comma 6 del decreto legislativo n. 102 del 2004;
   oltre alle imprese agricole danneggiate, anche gli enti gestori potranno, sempre con oneri a carico del Fondo, ripristinare le infrastrutture a servizio delle attività agricole, danneggiate dagli stessi eventi;
   l'atto di riconoscimento adottato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali è da ritenere senz'altro molto positivo e pregevole, soprattutto per gli operatori rurali che si sono viste pregiudicare le rese agronomiche, e quindi il reddito, delle colture andate distrutte a causa degli eventi calamitosi eccezionali o che hanno subito danni alle strutture agricole;
   all'interrogante, ad ogni modo, desta meraviglia e sconcerto il fatto che il decreto del 24 gennaio 2014 riguardi solo le regioni Toscana, Puglia, Basilicata ed Emilia Romagna e in altra sede la Lombardia, mentre non contempli anche la regione Calabria;
   al riguardo si deve ricordare che la regione Calabria, negli ultimi mesi, è stata interessata in più riprese da eventi naturali calamitosi assolutamente eccezionali e di elevatissima intensità. Di tali circostanze è certamente consapevole anche il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali se non altro perché lo stesso Ministro ha accolto favorevolmente gli impegni volti a riconoscere lo stato di eccezionalità per gli eventi calamitosi che avevano colpito, tra l'altro e specialmente, anche la regione Calabria, contenuti in una pertinente risoluzione 7-00183 a prima firma dell'interrogante, parlamentare, la risoluzione n. approvata insieme ad altre analoghe risoluzioni, il 4 dicembre 2013 come risoluzione conclusiva di dibattito 8-00028;
   va ricordato che molti territori della regione Calabria sono stati colpiti nelle recenti settimane e negli ultimi mesi da violenti fenomeni precipitativi con particolare vigore nelle aree costiere ed interne ioniche della predetta regione Calabria, dove in particolare le province di Crotone e di Catanzaro hanno accusato ingenti danni alla popolazione, alle infrastrutture e alle aziende per esondazioni, smottamenti, frane e allagamenti;
   a seguito delle suddette avversità atmosferiche si sono registrate situazioni particolarmente critiche per il comparto primario, le cui aziende sono andate incontro a drastiche riduzioni delle rese, come denunciato dalle autorità locali;
   risulterebbe ad ogni modo che nelle circostanze critiche sopra ricordate, la giunta regionale della regione Calabria avesse avviato le procedure per la richiesta dello stato di emergenza e di calamità naturale. Basti ricordare, infatti, la prima deliberazione di meno di due mesi fa, la n. 417 del 20 novembre 2013;
   come detto, il Governo, a fronte di tale situazione si era impegnato a verificare con urgenza la necessità di adottare le occorrenti iniziative, in particolare anche per la regione Calabria, colpita dalle calamità atmosferiche verificatesi nel corso del 2012 e nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2013, ove necessario anche di natura straordinaria ed urgente — riconoscendo il carattere di eccezionalità a tutti gli eventi calamitosi per effetto dei danni alle strutture aziendali e alle infrastrutture connesse all'attività agricola nei territori rurali — assegnando adeguate e sufficienti risorse finalizzate a consentire il necessario sostegno finanziario alle imprese agricole danneggiate e per assicurare loro una rapida fuoriuscita dall'emergenza;
   anche in ragione di tale recentissimo atto di indirizzo parlamentare, desta oltremodo perplessità il fatto che per la regione Calabria non sia ancora stata riconosciuta l'eccezionalità per gli eventi calamitosi che fino ad oggi hanno colpito e danneggiato le imprese agricole dei territori coinvolti;
   qualsiasi possano essere i motivi di tale estromissione dal riconoscimento dello stato di emergenza (problematiche regionali che possono aver rallentato l’iter di richiesta da parte della regione Calabria, difficoltà burocratiche in seno alle amministrazioni competenti o altre problematiche di analogo tenore), appare discriminatorio e ingiusto non venire incontro alle esigenze di sostegno di cui dovrebbero beneficiare gli agricoltori e gli enti gestori calabresi colpiti dagli eventi calamitosi di cui trattasi. La normativa, di cui al citato decreto legislativo n. 102 del 2004 nel testo vigente, permette ancora e ad ogni modo di estendere le proprie provvidenze alla regione Calabria nonostante siano trascorse numerose settimane, o anche qualche mese, dal verificarsi degli eventi giudicati eccezionali;
   in effetti, l'articolo 6 del decreto legislativo n. 102 del 2004, dispone che al fine di attivare gli interventi di sostegno cui all'articolo 5 del decreto legislativo stesso, le regioni competenti, attuata la procedura di delimitazione del territorio colpito e di accertamento dei danni conseguenti, deliberano, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla cessazione dell'evento dannoso, la proposta di declaratoria della eccezionalità dell'evento stesso, nonché, tenendo conto della natura dell'evento e dei danni, l'individuazione delle provvidenze da concedere fra quelle previste dall'articolo 5 e la relativa richiesta di spesa. Il suddetto termine è prorogato di trenta giorni in presenza di eccezionali e motivate difficoltà accertate dalla giunta regionale –:
   per quali motivi non sia stata ancora dichiarata da parte del Ministro interrogato, l'esistenza del carattere di eccezionalità delle calamità naturali che negli ultimi mesi hanno colpito la regione Calabria;
   se quale che sia la causa di tali ritardi, non intenda ad ogni modo attivarsi nell'immediato e con spirito di collaborazione con la regione Calabria, affinché nel rispetto delle tempistiche e delle proroghe previste dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 102 del 2004 nel testo consolidato, sia riconosciuta l'esistenza del carattere di eccezionalità delle calamità naturali che hanno colpito le imprese agricole della stessa regione Calabria. (5-01992)

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli antibiotici sono farmaci impiegati sia nella medicina umana che in quella veterinaria indispensabili a curare molte infezioni causate da diversi agenti patogeni;
   tuttavia la crescente antibiotico-resistenza di alcuni batteri è un fenomeno estremamente preoccupante ed investe sia l'aspetto sanitario che quello inerente la sicurezza alimentare; attraverso lo scambio di materiale genetico, infatti, il meccanismo di resistenza può essere trasferito ad altri batteri, anche pericolosi per l'uomo, con il rischio di futura inefficacia degli antibiotici stessi. Nella sola Unione europea si calcola che i batteri resistenti agli antibiotici sono responsabili di 25 mila morti l'anno e costino circa 1 miliardo e mezzo di euro in spese sanitarie aggiuntive e perdita di produttività;
   come noto, l'utilizzo di antibiotici negli allevamenti, ammesso dall'Unione europea a scopo curativo, è sempre più frequente, posto che il sovraffollamento di esemplari li rende molto vulnerabili alle malattie; in seguito al trattamento con antibiotici, i batteri che vivono nel tratto gastrointestinale degli animali possono diventare resistenti ad un dato antibiotico e contaminare l'ambiente e il cibo che diventa in questo modo il veicolo di trasmissione della resistenza;
   in collaborazione con le associazioni di consumatori di Belgio, Spagna e Portogallo, la rivista Altroconsumo ha analizzato 250 campioni di petti di pollo acquistati in supermercati, mercati e macellerie. L'inchiesta in Italia ha riguardato le città di Roma e Milano. In laboratorio, le analisi hanno interessato alcuni particolari batteri della famiglia delle enterobatteriaceae, più inclini di altri a sviluppare un meccanismo di resistenza agli antibiotici. Questi batteri sono stati riscontrati nell'84 per cento dei 45 campioni italiani e in percentuali leggermente inferiori negli altri Paesi europei (Portogallo 74 per cento; Belgio 73 per cento; Spagna 72 per cento);
   i microrganismi appartenenti alla famiglia delle enterobatteriaceae hanno la capacità di produrre enzimi, le beta-lattamasi, che rompono la molecola di una classe molto vasta di antibiotici (tra i quali la penicillina) e li rendono inefficaci. Da ulteriori prove di laboratorio, durante l'inchiesta di Altroconsumo, è emerso che tutti i batteri isolati erano resistenti all'ampicillina, l'80 per cento alla cefotaxima, più del 30 per cento alla ciprofloxalina;
   anche alla luce delle ultime evidenze scientifiche, un sistema che lavori maggiormente sulla prevenzione delle malattie animali è in grado di diminuire l'uso degli antibiotici –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali azioni intendano intraprendere per migliorare il monitoraggio dell'uso degli antibiotici in ambito veterinario con sistemi di sorveglianza più severi a tutela dei consumatori e di tutti i cittadini;
   se non ritengano urgente adottare misure atte ad ammettere un uso più oculato degli antibiotici negli animali destinati al consumo umano ovvero affinché lo siano le loro produzioni cercando per quanto possibile di isolare l'agente patogeno e saggiando la sua sensibilità ai diversi antibiotici attraverso antibiogrammi individuando in tal modo quello più attivo a dosi più basse;
   se, per quanto riguarda l'uso di antibiotici a scopo profilattico, se non ritengano che dovrebbe essere limitato solo ai casi di effettivo bisogno (emergenze sanitarie) e comunque sotto stretto controllo del Sistema sanitario nazionale. (4-03325)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il diritto di accesso ai documenti amministrativi è stato espressamente introdotto e disciplinato nel nostro ordinamento al capo V, articoli 22 e seguenti, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dal regolamento di attuazione della disciplina, quale, da ultimo, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184;
   lo stesso disciplina quanto segue: «Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge.»;
   detto diritto ha ormai trovato ampio sostegno sia da parte della giurisprudenza sia dalla Commissione per l'accesso a documenti amministrativi, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento per il coordinamento amministrativo;
   il fine preposto è deflazionare il relativo contenzioso giurisdizionale e amministrativo, così da assicurare ai cittadini un riesame con valore di determinazione amministrativa in caso di diniego, tacito o espresso, all'accesso degli atti, da parte dell'amministrazione pubblica, atto ritenuto illegittimo se fuori dai casi previsti dalla legge succitata;
   il ricorso alla dematerializzazione degli atti della pubblica amministrazione costituisce un principio imprescindibile e ineludibile sia al fine di adeguare il settore pubblico al passo delle potenzialità telematiche esistenti, sia al fine di razionalizzare i costi delle stesse amministrazioni pubbliche, riducendo l'utilizzo del supporto cartaceo in favore di quello digitale;
   il diritto di accesso ai documenti amministrativi in modalità digitale è previsto anche da altre norme del nostro ordinamento: l'articolo 13, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 184 del 2006, secondo cui: «le pubbliche amministrazioni assicurano che il diritto d'accesso possa essere esercitato anche in via telematica»; l'articolo 4, primo comma, decreto legislativo n. 82 del 2005, che disciplina il «Codice dell'amministrazione digitale», prevede la possibilità che l'accesso agli atti a favore dei cittadini si eserciti con l'uso delle tecnologie telematiche; l'articolo 59, decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, che indica nel dettaglio le modalità esecutive di tale accesso in modalità digitale; l'articolo 3-bis, legge n. 241 del 1990 (quale introdotto dalla legge n. 15 del 2005), ai sensi del quale, per conseguire maggior efficienza nelle loro attività, le pubbliche amministrazioni incentivino l'uso della telematica;
   le succitate disposizioni non sono ancora pienamente attuate dalla Commissione per l'accesso a documenti amministrativi –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire all'inserimento nell'ordinamento giuridico di un'espressa norma precettiva volta a sancire l'obbligo di rilascio in modalità digitale degli atti oggetto di accesso, in presenza di espressa richiesta del cittadino interessato;
   quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda assumere per apportare un rafforzamento del principio di dematerializzazione degli atti della pubblica amministrazione attraverso la digitalizzazione dei medesimi e il progressivo definitivo abbandono della modalità cartacea. (4-03316)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 25 febbraio 1992 n. 210, integrata e modificata dalla legge 25 luglio 1997 n. 238, prevede la concessione di un indennizzo a favore di soggetti danneggiati irreversibilmente da complicanze infettive insorte a causa di trasfusioni di sangue, somministrazione di emoderivati e vaccinazioni obbligatorie;
   con sentenza n. 28/2009 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992 nella parte in cui non prevede che l'indennizzo spetti anche «ai soggetti che presentino danni irreversibili derivanti da epatite contratta a seguito di somministrazione di derivati del sangue», perché in caso contrario vi sarebbe stata una ingiustificata disparità di trattamento con coloro che hanno contratto infezioni da HIV, ai quali la legge n. 210 del 1992 riconosce l'indennizzo nel caso di contagio tanto da somministrazione di sangue (come già accadeva per i trasfusi), quanto di emoderivati;
   la pronuncia di incostituzionalità n. 28 del 2009 ha ormai fatto assumere alla norma del comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 210 del 1992 un contenuto che, ammettendo la spettanza del beneficio nel caso di contagio da emoderivati e, quindi, con riguardo ad una fattispecie che prescinde dal concetto stesso di «trasfusione», rende pienamente possibile come interpretazione costituzionalmente orientata (ed anzi doverosa sul piano costituzionale), un'esegesi della norma nel senso di comprendere una fattispecie di contagio da emodialisi, che si presenta con elementi di molto maggiore contiguità rispetto a quella originaria della norma, prima della declaratoria di incostituzionalità;
   la Corte di Cassazione sezione III civile, con sentenza 16 aprile 2013 n. 9148 ha precisato ché l'articolo 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992, a seguito della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 28 del 2009, deve essere interpretato, alla luce del complessivo significato che la norma ha assunto, anche per effetto della combinazione della nuova additiva con la precedente di cui a Corte Costituzionale n. 476 del 2002, ed alla stregua del criterio di esegesi che impone di intendere le norme in modo conforme a Costituzione, nel senso che il rischio per cui prevede l'indennizzo comprende anche l'ipotesi in cui il contagio sia derivato dalla contaminazione del sangue proprio del contagiato durante un'operazione di emodialisi, a causa di una insufficiente pulizia della macchina per emodialisi dalle sostanze ematiche lasciate da altro paziente, con la conseguenza che al contagiato compete l'indennizzo di cui alla norma –:
   quali iniziative siano state intraprese per consentire l'applicazione alla generalità degli aventi diritto dei principi statuiti con la sentenza e, nel caso in cui non fossero ancora state intraprese, quali iniziative verranno assunte sul piano normativo, affinché sia data piena operatività alla pronuncia sopra riportata, ponendo particolare attenzione alla necessità di adeguare la modulistica attualmente in uso. (3-00589)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI e LUPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Efsa ha pubblicato i risultati di uno studio scientifico secondo il quale i metodi attualmente in uso nella Comunità europea per scoprire la presenza di eventuali sostanze illecite nelle carni bovine non sono ottimali, e andrebbero integrati con nuove tecniche di analisi;
   i paesi della Comunità europea attuano ogni anno un «Piano nazionale residui» che prevede un certo numero di analisi. Il Piano, definito sulla base di precise Direttive comunitarie, stabilisce quali sostanze cercare e con quale metodo;
   secondo i risultati del Piano nazionale residui 2012, i campioni irregolari in Italia sono stati lo 0,15 per cento del totale. Le non conformità hanno riguardato soprattutto residui di farmaci e di contaminanti ambientali, mentre sono risultate minime le positività relative alle sostanze anabolizzanti;
   il Piano nazionale residui, secondo gli esperti Efsa, risulta poco flessibile perché stabilisce a priori le sostanze da ricercare senza tener conto che la situazione è in continuo cambiamento e dunque potrebbe accadere che non vengano cercate sostanze ritenute poco importanti. Ad esempio, sempre secondo lo studio scientifico Efsa, ci sarebbero due categorie di sostanze ritenute attualmente rischiose per la salute non incluse nel Piano nazionale residui:
    a) diossine, poli-cloro-bifenili simili alle diossine (DL-PCBs) e contaminanti ambientali, che tendono ad accumularsi nella catena alimentare e quindi anche nelle carni;
    b) elementi come: rame, selenio e zinco usati come integratori per l'alimentazione dei bovini che, se somministrati in eccesso, potrebbero accumularsi nel fegato;
   per quanto riguarda gli anabolizzanti, gli esami ufficiali eseguiti oggi sono di tipo chimico e vengono eseguiti su campioni di sangue o di urina degli animali. Questi test sono molto costosi, laboriosi, funzionano solo se il prelievo viene effettuato poco dopo la somministrazione all'animale della sostanza vietata, e solo per particolari concentrazioni della sostanza cercata, al di sotto della quale non rilevano nulla;
   per questo motivo si stanno facendo strada altri metodi analitici, per ora non riconosciuti a livello ufficiale, ma decisamente interessanti per quanto riguarda la capacità di individuare trattamenti fraudolenti con anabolizzanti. Si tratta dei metodi biologici, come l'esame istologico dei tessuti, o i test che prevedono l'analisi del corredo di geni (genomica), di proteine (proteomica) o di metaboliti vari (metabolomica) dell'animale;
   quando vengono utilizzate queste tecniche i risultati sono molto diversi rispetto ai dati rassicuranti che emergono dai vari piani nazionali. Secondo i dati riferiti dal Centro di referenza nazionale per le indagini biologiche sugli anabolizzanti animali, in Italia il 15 per cento dei campioni esaminati con metodo istologico mostrerebbe non conformità;
   l'Italia è tra i paesi più attivi in questo senso, tanto che da anni affianca al tradizionale Piano nazionale residui un monitoraggio parallelo con esami di tipo istologico. Questa tipologia di esame è stata fatta anche nel 2012, ma purtroppo i dati non sono disponibili;
   le catene di supermercati più attente richiedono agli allevatori certificati di effettuare le analisi basati su prove biologiche, le sole attualmente in grado di evidenziare i trattamenti illegali –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza, non ritenga opportuno intervenire nelle sedi comunitarie per far sì che i piani nazionali siano più flessibili in termini di tipologie di sostanze da ricercare, e che quindi possano includere quelle categorie di sostanze chimiche che volta per volta si ritiene possano rappresentare un rischio per la salute del consumatore;
   se il Ministro interrogato intenda pubblicare il quadro completo dei risultati relativi allo screening, istologico dei tessuti degli animali analizzati;
   se il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza, non ritenga opportuno richiedere di conoscere e divulgare la lista delle catene di supermercati operanti in Italia che richiede agli allevatori certificati di effettuare le analisi basati su prove biologiche. (4-03330)


   MIOTTO, LENZI, GELLI, BELLANOVA, AMATO, MURER, SCUVERA, PATRIARCA, FOSSATI, CASATI, CAPONE, SBROLLINI e BENI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in queste settimane in varie emittenti televisive viene trasmesso il seguente spot pubblicitario: «Se sei vittima di un caso di malasanità, hai 10 anni di tempo per reclamare quello che ti spetta. Con “Obiettivo Risarcimento” puoi far sentire la tua voce. Chiamaci ! Uno staff di esperti, avvocati e medici legali sarà a tua disposizione a zero anticipi e zero rischi. “Obiettivo risarcimento”. Alziamo la voce». Nel video compare un numero di telefono di Villorba di Treviso e l'indirizzo del sito internet di «Obiettivo Risarcimento» accompagnato dall'avviso che opera in una non meglio definita collaborazione con Veneto Banca;
   anche il sito internet è concepito con messaggi e linguaggio che tendono ad adescare possibili clienti, affermando esplicitamente: «non hai i soldi per tutto questo ? Non preoccuparti, ci paghi solo in caso di risarcimento ottenuto»;
   le vigenti norme prevedono che la pubblicità dei professionisti sia di carattere informativo e quindi riguardare le caratteristiche dello studio professionale e vietano messaggi equivoci, ingannevoli o denigratori;
   lo spot pubblicitario di «Obiettivo risarcimento» contiene invece elementi che tendono ad indurre nel consumatore medio la assunzione di una decisione che non avrebbe altrimenti preso, insinuando che ogni caso di malasanità dia diritto ad un risarcimento, ma soprattutto non specificando quando ricorrono le condizioni per ritenere di essere stati vittima di un caso di malasanità e quindi veicolando l'idea che ogni prestazione sanitaria non coronata da completa guarigione nasconda un caso di malasanità, e perciò sia fonte di facile risarcimento;
   inoltre il messaggio pubblicitario in argomento non è veritiero perché tende a far apparire come un diritto negato ciò che invece è il diritto di ciascun cittadino al risarcimento, in caso di danno cagionato, oltre al fatto che trasmette l'idea che solo «Obiettivo risarcimento» tuteli i diritti dei cittadini;
   ancora, appare eticamente discutibile che di fronte ad un evento che può addirittura essere tragico se si è verificato il decesso del paziente, venga sfruttata la condizione di evidente alterazione delle capacità di valutazione dei familiari per poter influenzare le decisioni in ordine all'avvio di una richiesta di risarcimento che peraltro — come afferma lo spot — riserva «zero costi e zero rischi» e fa balenare facili guadagni;
   numerose associazioni sindacali e società scientifiche del mondo medico e sanitario hanno segnalato la pericolosità di simili messaggi pubblicitari che finiscono per delegittimare il lavoro di migliaia di professionisti che si dibattono fra i rischi della professione e la facile scorciatoia della medicina difensiva;
   peraltro andrebbe condotta una verifica sulla correttezza di tale iniziativa pubblicitaria presso la competente Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   appare evidente che simili iniziative contribuiscono a congestionare la macchina della giustizia, incrementano il già diffuso contenzioso medico-legale che opprime larga parte del sistema di offerta delle cure sanitarie e finisce per allargare l'area di diffidenza e sfiducia fra medico e paziente –:
   quali iniziative di competenza il Ministro della salute abbia assunto o intenda assumere nel più breve tempo possibile, a fronte delle diffuse preoccupazioni che sono state espresse da numerose società scientifiche ed associazioni sindacali del mondo medico e sanitario in ordine alla disciplina e agli effetti del contenzioso medico-legale, e in ultima analisi al rischio di profonde alterazioni del rapporto medico-pazienti;
   se il Ministro della giustizia intenda avviare gli opportuni approfondimenti sulla vicenda, anche acquisendo elementi presso il Consiglio dell'ordine competente.
(4-03333)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto viene segnalato all'interrogante, in un Paese così devastato dal punto di vista idrogeologico, quale è l'Italia, i cittadini si trovano nell'impossibilità di assicurare gli immobili di proprietà contro le calamità naturali (terremoti, alluvioni, e altro);
   infatti, le compagnie assicurative attive e operanti in Italia rispondono negativamente a cittadini richiedenti copertura assicurativa contro catastrofi ambientali, adducendo come motivazione che il rischio di tale assicurazione è troppo alto;
   sempre secondo quanto viene segnalato all'interrogante, ciò sarebbe possibile in Francia secondo quanto disposto dall'articolo da L125-1 a L125-6 del Code des assurances;
   recentemente anche l'Unione europea ha predisposto un Libro verde sulle assicurazioni nell'ambito delle catastrofi naturali e di origine umana e, secondo quanto si legge sul sito web della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, tale «Libro verde pone una serie di quesiti circa l'adeguatezza e la disponibilità delle assicurazioni contro le catastrofi. Lo scopo è di sensibilizzare le persone a questo tema e valutare se, per migliorare il mercato delle assicurazioni in questo settore, è utile o legittimo intervenire a livello di Unione europea. Più in generale, poi, questa iniziativa apporterà nuove conoscenze e concorrerà a fare dell'assicurazione uno strumento di gestione delle catastrofi, contribuendo in tal modo a forgiare una cultura condivisa della prevenzione e della mitigazione dei rischi di catastrofe»;
   occorre segnalare anche come sia significativo che sul sito web della compagnia assicurativa Lloyds si legge che «l'Italia è molto esposta agli eventi catastrofali; i costi per lo Stato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ammontano a circa 245 milioni di Euro. Le statistiche nel 2010 confermano che in Europa, l'Italia è il secondo Paese più esposto dopo la Grecia, per sinistri legati a terremoti e il sesto per quanto riguarda le inondazioni. A differenza di altri Paesi come il Belgio, la Danimarca, la Spagna, la Francia, l'Ungheria, la Romania, la Turchia e la Gran Bretagna, l'Italia non ha una soluzione definita in grado di coinvolgere l'industria assicurativa. Lo Stato continua a pagare per le ricostruzioni ma la situazione non è certamente sostenibile, specialmente in questo periodo storico di crisi finanziaria dove le risorse pubbliche sono limitate. Sono in corso discussioni da diversi anni. Prima del terremoto in Emilia Romagna il Governo italiano aveva previsto in uno specifico decreto legislativo un regime di assicurazione obbligatoria per gli edifici privati. Tale previsione è stata però cancellata dal testo definitivo della norma» –:
   se il Ministro interrogato non intenda farsi portatore di una doverosa iniziativa normativa finalizzata all'introduzione di un obbligo, per le compagnie assicuratrici attive sul territorio nazionale, di stipulare contratti di assicurazione anche con riferimento alle catastrofi naturali. (4-03320)


   SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 20 gennaio 2013, durante un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, la Micron Semiconductor, consociata italiana del colosso americano Micron Technology, ha annunciato una massiccia riduzione del personale sul territorio italiano;
   nello specifico sono stati annunciati 419 esuberi, ovvero il 40 per cento dei circa 1.100 dipendenti in Italia della Micron Semiconductor;
   gli esuberi sono così ripartiti nei vari stabilimenti: 223 ad Agrate (su 507 dipendenti), 127 a Catania (dove operano 324 lavoratori), 52 tra i 131 dipendenti dello stabilimento di Arzano ed, infine, 17 ad Avezzano (su 92 dipendenti);
   ad oggi sono stati comunicati solo i numeri di questa riduzione del personale, ma non le persone o le funzioni che saranno colpite;
   i tagli riguarderanno comunque personale altamente specializzato, giacché si tratta perlopiù di ingegneri elettronici, ingegneri informatici, fisici e matematici;
   pur trattandosi di un'azienda economicamente florida e con i bilanci in attivo, tanto che, anche a seguito dell'acquisizione della giapponese Elpida e sfruttando la difficile contingenza economica internazionale, che ha naturalmente ridotto la concorrenza, nell'ultimo anno è passata dal decimo al quarto posto nella classifica mondiale delle società che si occupano di semiconduttori (piazzandosi dietro solo alla Samsung, alla Intel ed a Qualcomm), la Micron Technology sta già facendo partire le procedure di mobilità, a seguito di un'annunciata ristrutturazione sulle sedi italiane;
   la presenza di Micron Technology, che festeggia quest'anno i 35 anni di attività, sul territorio italiano nasce prima nel sito di Avezzano, dove venne rilevato lo stabilimento di Texas Instruments, poi a Padova con l'acquisizione della sede locale di Qimonda e ancora ad Agrate, Catania ed Arzano dal febbraio 2010, dopo l'acquisizione di Numonyx, partecipata di Intel e ST Microelectronics;
   nel gennaio del 2013 Micron contava in Italia circa 3.200 dipendenti: ora sono circa 1.100, un terzo rispetto a solo un anno fa, ed al termine dei tagli annunciati la cifra scenderà a poco più di 600, ovvero meno di un quinto dei lavoratori impiegati nel gennaio dell'anno scorso;
   la riduzione del personale operata della Micron Technology è avvenuta a seguito dell'acquisizione di Elpida: per lasciare invariato l’headcount dei dipendenti a livello mondiale nonostante l'iniezione di circa 6.000 dipendenti giapponesi, è stata annunciata una riduzione del personale di circa il 5 per cento, in pratica tra i 1.500 e i 2.000 su un totale di 33.500 distribuiti tra i quattro angoli del globo;
   a questa riduzione vanno aggiunti gli spin off di interi siti, come quello ex Intel in Israele o il plant di Avezzano, ceduto alla LFoundry;
   la Micron ha inoltre preso tecnologie all'avanguardia di microelettronica sviluppate o in sviluppo in Italia (come ad esempio PMC ed MMC) per spostarle poi verso i centri di ricerca e sviluppo statunitensi;
   si sta di fatto operando nel senso di un ulteriore atto di cancellazione dell'industria italiana, tagliando le risorse più professionalizzate che questo Paese poteva produrre e desertificando ulteriormente le prospettive di impiego in settori oggi strategici a livello mondiale;
   questa decisione decreta la volontà dell'azienda di abbandonare il territorio italiano nel prossimo futuro, smontando un altro pezzo di high technology del nostro Paese;
   i lavoratori della Micron in Italia hanno già dato vita ad una serie di mobilitazioni in difesa del loro posto di lavoro;
   i fatti narrati sono stati riportati anche dall'articolo «Micron: Vecchio (UGL), annunciati ulteriori 500 tagli», pubblicato dal sito d'informazione «AgenParl» il 20 gennaio 2014 e dall'articolo «Vertenze, la multinazionale Micron taglierà la metà del personale in Italia», pubblicato dall'edizione online de «Il Fatto Quotidiano» il 18 gennaio 2014 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali misure siano state già prese in merito e quali azioni si intenda intraprendere a riguardo;
   se non si ritenga opportuno intervenire attivamente con il preciso ed imprescindibile impegno di preservare il livello occupazionale attuale della Micron in Italia, trattandosi di una punta di eccellenza a livello mondiale nella produzione di semiconduttori. (4-03322)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in scritta Fiano e altri n. 4-03158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Zanin e altri n. 5-01977, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Rampelli n. 2-00383 del 24 gennaio 2014.