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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 23 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    è stato attivato il procedimento di istituzione di una zona franca urbana (ZFU) a fiscalità di vantaggio nei 23 comuni della provincia di Carbonia Iglesias (zona del Sulcis Iglesiente);
    il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato in data 13 dicembre 2013 il decreto che approva il modello delle istanze di accesso alla zona franca urbana, la tempistica della loro presentazione nonché le risorse a disposizione;
    l'esclusione del comune di Teulada e delle sue imprese, che insistono sullo stesso territorio e ne condividono il medesimo stato di crisi economica e sociale, costituisce fonte di estrema preoccupazione per i risvolti pratici che esso comporterà;
    le imprese operanti a Teulada dovranno fare fronte a situazioni di concorrenza e questa situazione, di fatto, produrrà un effetto di distorsione del mercato tale da compromettere la reale possibilità di sopravvivenza delle aziende stesse;
    lo scenario che si prospetta è drammatico, tale da minare nel concreto un tessuto socio-economico già di per sé debole e con esso lo sviluppo di una intera comunità che ha dato e dà ancora tanto, ospitando la base militare di Capo Teulada, che occupa un terzo del territorio comunale (7.200 ettari);
    è quanto meno paradossale che lo Stato si «dimentichi» del comune di Teulada quando si tratta di attuare misure volte ad alleviare condizioni di crisi economica ed occupazionale, non inserendolo tra i beneficiari della zona franca urbana,

impegna il Governo

a includere il comune di Teulada all'interno della zona franca urbana di Carbonia Iglesias al fine di evitare il declino di una comunità che deve ricevere dallo Stato segnali di riconoscenza ed un adeguato sostegno.
(7-00229) «Sandra Savino, Cicu».


   La X Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge 6 agosto 2013, n. 97, «legge europea 2013» prevede la possibilità di esercitare la professione di guida turistica su tutto il territorio italiano anche per le guide abilitate in altri Stati europei operando in regime di libera prestazione di servizi senza necessità di autorizzazione o di abilitazione;
    la suddetta legge applica alle guide turistiche la direttiva servizi 2006/123/CE anziché la direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali;
    permettere alle guide di altri Stati membri di esercitare la propria professione sull'intero territorio nazionale del nostro Paese è dequalificante in quanto si tende a mettere sullo stesso piano due figure professionali diverse, quali sono la guida turistica e l'accompagnatore turistico, che richiedono una competenza e una specializzazione diversa limitata ad un territorio più ristretto e determinato (area-specific qualification);
    ciò comporta una perdita inaccettabile di PIL per l'economia nazionale nonché una riduzione di entrate fiscali e previdenziali oltre che dequalificare anche il patrimonio culturale nazionale dal momento che per la ricchezza di beni culturali presenti sul territorio, è impossibile per una guida turistica padroneggiare approfonditamente tutte le conoscenze teoriche e la logistica di tutti gli itinerari;
    la libera circolazione delle guide europee è già prevista da anni in Italia in base alla direttiva 2005/36/CE e la modifica prevista dall'articolo, 3 della legge europea 2013 non può essere imposta all'Italia visto che in materia di professioni e di beni culturali vige il principio di sussidiarietà che lascia allo Stato membro il potere di decidere come disciplinare l'accesso e l'esercizio della professione sul territorio;
    la Corte di giustizia Europea con la sentenza del 26 febbraio 1991 ha stabilito che la corretta illustrazione del patrimonio culturale è parte integrante della sua tutela e rappresenta una restrizione della libera prestazione dei servizi oltre che stabilire che i musei e i monumenti storici richiedono l'intervento di una guida specializzata;
    la suddetta sentenza è stata poi recepita dal decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1995 che ha stabilito che, ai fini di una migliore fruizione del valore del patrimonio storico e artistico nazionale, i siti che possono essere illustrati ai visitatori solo da guide specializzate, siano definiti dalle regioni, com’è poi avvenuto con delibere regionali nel 1996;
    applicando la legge europea del 2013 si privano gli italiani di opportunità di lavoro nell'ambito dell'illustrazione del patrimonio culturale nazionale favorendo i cittadini degli Stati europei e dequalificando il nostro Patrimonio culturale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a far salvo il principio di sussidiarietà lasciando inalterate le caratteristiche essenziali della professione di guida turistica richieste dalle leggi nazionali;
   ad intervenire nelle sedi decisionali dell'Unione europea allo scopo della corretta applicazione della direttiva sulle qualifiche professionali, eliminando l'erronea supposizione della violazione da parte dell'Italia della normativa interna a quella europea nell'ambito della procedura EU Pilot di pre-infrazione;
   ad assumere in tempi brevi una iniziativa normativa di riordino organico e complessivo riguardante la professione di guida turistica prevedendo per quelle straniere la necessità di una specifica competenza differenziata a seconda della rilevanza dei siti culturali del nostro Paese;
   ad assumere iniziative normative dirette a sospendere, in attesa di una nuova disciplina normativa della materia, l'efficacia dell'articolo 3 della legge europea n. 97 del 2013, permettendo l'applicazione della previgente legislazione statale e regionale.
(7-00228) «Abrignani, Polidori».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO, ZANIN, BLAZINA, BRANDOLIN, COPPOLA e MALISANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   Electrolux è un'azienda svedese che detiene il 25 per cento del mercato mondiale nel settore degli elettrodomestici e ha dislocato sul territorio europeo 22 impianti di produzione, di cui quattro in Italia per una occupazione totale nel nostro Paese, di 5715 unità: lo stabilimento di Porcia (Pordenone) che impiega 1200 lavoratori circa, lo stabilimento di Susegana (Treviso) che occupa 1000 operai circa, lo stabilimento di Solaro (Milano) che dà lavoro a 900 persone circa, e lo stabilimento di Forlì dove sono occupate 800 unità circa;
   la multinazionale ha annunciato un ingente taglio della propria forza lavoro a causa dei risultati deludenti che già nel terzo trimestre 2012 avevano evidenziato un calo del 29 per cento dell'utile, e ha preannunciato la chiusura di una fabbrica in Australia e una riduzione degli organici in Europa, dove l'Italia (per livelli produttivi e numero di occupati) rappresenta il Paese dove la società è maggiormente presente;
   gli intendimenti della società sono quelli, più volte manifestati, di procedere a numerosi esuberi in Italia, al termine dei periodi di cassa integrazione straordinaria autorizzati: sarebbero 1600 i licenziamenti in tutto il territorio nazionale, e a tale obiettivo è mirato l'azione di investigazione della multinazionale sugli stabilimenti italiani;
   ravvisata l'importanza della vertenza, a seguito di un incontro avvenuto presso la prefettura di Trieste, è stato convocato un tavolo ministeriale presso il Ministero dello sviluppo economico di cui, però, il primo confronto fissato per il 20 gennaio ha subito un dannoso rinvio;
   a parere dell'interrogante, è quanto mai urgente che si avviino le trattative con la proprietà della società svedese anche al fine di impedire che l'azienda prosegua anche in queste settimane il processo mirato all'espulsione degli addetti dello stabilimento di Porcia;
   sarebbe necessaria, vista l'importanza della vertenza, che il tavolo con la società svedese fosse convocato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, così da coinvolgere tutti i Ministeri interessati allo sblocco della situazione dei quattro siti produttivi Electrolux –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda convocare, presso la Presidenza del Consiglio, un tavolo di trattative con la proprietà Electrolux al fine di scongiurare gli esuberi preannunciati e al fine di fermare il processo di espulsione dei lavoratori in atto nello stabilimento di Porcia;
   in che tempi il Governo ritenga di poter convocare la proprietà della multinazionale svedese al sopra richiamato tavolo. (4-03282)


   D'INCÀ, BRUGNEROTTO, COZZOLINO, DA VILLA, BUSINAROLO, ROSTELLATO, TURCO, BENEDETTI, SPESSOTTO e FANTINATI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la nevicata del 26 dicembre 2013 nel bellunese, preannunciata dal meteo, pur non trattandosi di un evento eccezionale, ha provocato problemi alle linee elettriche di 30 comuni della provincia e un black out elettrico;
   tale black out, che ha coinvolto 56.000 utenze lasciandole isolate, alla data del 29 dicembre 2013 non era ancora risolto, determinando così danni ingenti alle attività commerciali, ai singoli cittadini e al territorio «basti pensare alla caduta di 800 alberi in uno solo dei 30 comuni coinvolti»;
   la delibera ARG/elt 198/11 prevede, per i mancati ripristini delle forniture di energia elettrica dopo 8, 12 o 16 ore, un indennizzo fino a 300 euro per utenti domestici;
   il pagamento del rimborso non presuppone di per sé l'accertamento della responsabilità in ordine alla causa dell'interruzione;
   i rimborsi per interruzioni prolungate della fornitura di energia elettrica sono previsti in tutti i casi, esclusi quelli in cui l'interruzione abbia avuto inizio in periodi di condizioni perturbate o sia dovuta ad eventi naturali, eccezionali per i quali sia stato dichiarato lo stato di calamità dall'autorità competente;
   la stima dei danni, per singoli cittadini rimasti senza corrente per quasi 60 ore, è superiore ai 300 euro di risarcimento previsti dall'AEEG per le utenze domestiche. Si parla al momento di danni sia diretti che indiretti, per milioni di euro complessivi, che coinvolgono privati, imprese e attività turistiche –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra descritto;
   se e quali azioni intenda intraprendere nei confronti di Terna e Enel responsabili rispettivamente delle linee di alta tensione, delle linee di distribuzione e delle aree limitrofe alle linee elettriche aeree;
   se sussistano i presupposti per dichiarare lo stato di calamità per evento naturale eccezionale, consapevoli che questo esclude a priori i rimborsi forfettari da parte del fornitore/gestore per interruzioni prolungate della fornitura di energia elettrica;
   se intenda, alla luce di quanto accaduto nel bellunese, rivedere la politica energetica nazionale basata su sistemi obsoleti di distribuzione primaria, favorendo ad esempio sistemi di «smart grids» con linee di distribuzione corte, più efficienti, con meno dispersioni e che consentono l'allacciamento dei piccoli impianti di autoconsumo;
   se intenda far rivedere i contratti in essere con Terna e chiedere la revisione dei nuovi progetti di potenziamento/nuova realizzazione delle linee di alta tensione italiane, imponendo l'interramento delle linee elettriche, che porterebbe un risparmio di centinaia di milioni all'anno per il sistema elettrico italiano e potrebbe scongiurare il pericolo di black out come quello del 2003. (4-03283)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 20 aprile 2010 il signor Flavio Sidagni, cittadino italiano originario di Crema (CR) e dirigente dell'Eni in servizio in Kazakistan, veniva tratto in arresto nella propria casa da funzionari della polizia kazaka, con l'accusa di possesso e spaccio di droghe leggere;
   dopo due gradi di giudizio e la condanna definitiva a sei anni di detenzione, il signor Sidagni veniva rinchiuso nel carcere di Atyrau in Kazakistan, nel quale sta tuttora scontando la sua pena;
   il giorno 8 novembre 2013 è stato firmato ad Astana il Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakistan sul trasferimento delle persone condannate –:
   quali iniziative il Ministero stia assumendo sia per garantire la verifica periodica delle condizioni psicofisiche del signor Flavio Sidagni e la sua protezione riguardo a tutte le forme di assistenza previste dal nostro ordinamento, oltre che la puntuale informazione ai famigliari sulla sua situazione medico-sanitaria e in merito ad un eventuale trasferimento in Italia;
   se il Governo non intenda procedere tempestivamente al deposito alle Camere del proprio disegno di legge di ratifica del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakistan.  (5-01971)


   FRACCARO e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 6 giugno 2013, il Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano ha approvato una legge sulla democrazia diretta, al fine di regolamentare referendum e iniziativa popolare, dal titolo «Partecipazione civica in Alto Adige», pubblicata sul Bollettino regionale il 25 giugno 2013;
   nell'estate 2013, ai sensi dell'articolo 47 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, è stata depositata una richiesta di referendum confermativo di tale legge, sia dai cittadini, sia dai consiglieri provinciali. Un comitato composto da 58 cittadini e sostenuto da quasi 40 associazioni, tra le quali Iniziativa per Più Democrazia, ha raccolto 17.633 firme. Due ulteriori richieste sono state depositate dai consiglieri provinciali. Contestualmente alla richiesta di referendum confermativo, il comitato promotore ha depositato il testo di una nuova iniziativa popolare supportato da circa 18.000 firme;
   la richiesta di referendum confermativo depositata dal Comitato di 58 cittadini è stata valutata negativamente dalla Commissione per i procedimenti referendari istituita presso il Consiglio provinciale e solo successivamente ritenuta valida dal Tribunale di Bolzano; invece, le due richieste presentate dai consiglieri provinciali sono state dichiarate procedibili;
   presso la Provincia di Bolzano è in corso di svolgimento la procedura referendaria che si concluderà con il referendum confermativo del 9 febbraio 2014 sui contenuti di tale legge;
   il testo della legge che sarà oggetto di referendum confermativo non rispecchia la volontà popolare manifestata attraverso numerose iniziative popolari che vi sono state in passato e non rispetta le indicazioni contenute nel Code of good practice for referendums (Codice delle buone pratiche in materia di referendum) redatto dalla Commissione di Venezia e approvato dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa nel marzo 2007;
   in Europa è in atto un processo di rafforzamento degli strumenti di democrazia diretta per una più ampia partecipazione democratica, mentre in Italia, lo stato di diritto è sempre più soggetto e minacciato dagli interessi della finanza, dalle gerarchie dei partiti e da un'informazione distorta e i cittadini possono solo assistere passivamente al continuo degrado del Paese;
   la Commissione europea per la Democrazia attraverso il diritto, nota come Commissione di Venezia, è un organo consultivo del Consiglio d'Europa che svolge un ruolo chiave in relazione al rispetto degli standard del patrimonio costituzionale europeo. Essa contribuisce in modo significativo alla sua diffusione, elaborando norme e consigli in materia costituzionale e svolgendo altresì un ruolo essenziale nell'ambito delle riforme istituzionali;
   ai sensi dell'articolo 3 dello Statuto della Commissione di Venezia, adottato dal Comitato dei ministri il 21 febbraio 2002, «la Commissione può emettere dei pareri, nell'ambito del suo mandato, su richiesta del Comitato dei Ministri, dell'Assemblea Parlamentare, del Congresso dei Poteri Locali e Regionali d'Europa, del Segretario Generale, su richiesta di uno Stato, di un'organizzazione internazionale, o di un organismo internazionale che partecipa ai lavori della Commissione»;
   richiedere il parere della Commissione di Venezia in merito alla legge «Partecipazione civica in Alto Adige», nonché in ordine alla consultazione popolare indetta nella Provincia di Bolzano per il 9 febbraio 2014, offrirebbe l'opportunità di raccogliere un parere qualificato, terzo e imparziale sullo stato della democrazia locale come ad esempio negli anni recenti hanno fatto Paesi Bassi (1999), Slovenia (2011), Svizzera e Spagna (2013), il quale, peraltro, risulterebbe utile ad arricchire la qualità del dibattito sul federalismo in Italia –:
   se sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e se ritenga opportuno interessare la Commissione di Venezia in ordine alla legge «Partecipazione civica in Alto Adige», nonché alla consultazione popolare indetta nella Provincia di Bolzano per il 9 febbraio 2014 al fine di valutare il rispetto delle regole minime destinate ad assicurare il funzionamento del referendum secondo i princìpi enunciati nel Codice delle buone pratiche in materia di referendum e negli altri documenti redatti dalla Commissione di Venezia. (5-01980)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELL'ORCO, FERRARESI, PAOLO BERNINI, DALL'OSSO, MUCCI, SARTI, SPADONI, BUSTO, NICOLA BIANCHI, CATALANO, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio 2014 a seguito di abbondanti piogge si è verificato il cedimento di un tratto dell'argine destro del fiume Secchia, che ha causato l'alluvione dei comuni a nord di Modena; la disastrosa alluvione che si è abbattuta nello stesso giorno anche in Liguria dimostra che le cause del dissesto idrogeologico sono da imputare anche al fattore umano;
   la regione Emilia-Romagna negli ultimi anni è stata sottoposta a uno stato di emergenza continua: a partire dalle alluvioni di dicembre 2009 e giugno 2011, la nevicata del febbraio 2012, la siccità estiva del 2012 e le frane primaverili del 2013, il maltempo di aprile e il tornado nel maggio 2013 e subito dopo, il nubifragio su nota località balneare giugno 2013, l'emergenza caldo a luglio per finire con l'alluvione degli ultimi giorni. Un'emergenza continua, per le quali si proclama lo «stato di calamità naturale», ma che scompare ogni qual volta c’è da approvare un nuovo progetto di costruzione: da ricordare, ad esempio, un precedente nella variante di valico, i cui lavori per la realizzazione del tratto autostradale hanno causato il franare del paese di Ripoli con conseguente evacuazione degli abitanti e una frana che continua tuttora a muoversi;
   considerato che ha ceduto un argine nei pressi del viadotto del TAV MI-BO, a una distanza di circa duecento metri dai piloni dell'infrastruttura e che, come riportato dalla stampa, dalle prime ricostruzione tecniche, sembrerebbe che il cedimento sia avvenuto in una fase di «criticità ordinaria idraulica», ossia in una fase di piena notevole ma non al massimo dell'onda di piena, e che dunque gli stessi tecnici abbiano dubbi sulla tipologia dei controlli post-sismici della tenuta dell'argine nonché sul dissesto che i piloni potrebbero aver creato sul lungo periodo;
   la stessa procura di Modena ha aperto un fascicolo conoscitivo senza indagati (modello 45) per risalire alle eventuali responsabilità del disastro idrogeologico nonché alle reali cause di cedimento degli argini;
   a poche centinaia di metri dall'argine del fiume Secchia che ha subito al rottura e adiacente all'infrastruttura TAV passa anche il gasdotto «Poggio Renatico-Cremona» di Snamprogetti (Gruppo Eni) i cui lavori sono stati portati avanti nel 2011;
   il principio di precauzione introdotto dal trattato di Maastricht (poi ripreso dalla Costituzione europea articolo III-233) e attualmente enunciato all'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, stabilisce che la politica dell'Unione in materia ambientale «è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente e sul principio “chi inquina paga”». In base a questo principio, ormai troppo spesso formula svuotata, qualsiasi decisione venga presa in materia ambientale e/o ingegneristica non può prescindere dall'identificazione dei potenziali rischi, né da una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo sulla base di tutti i dati esistenti. Gli accertamenti prima di far partire un progetto devono tenere conto delle situazioni di emergenza e delle conseguenze di eventuali e probabili calamità naturali sul territorio di cui si vanno ad alterare gli equilibri –:
   se esista una correlazione fra i lavori di interramento del gasdotto realizzati nel 2011 e il cedimento degli argini;
   se esistano eventuali correlazioni fra i lavori di scavo del TAV e il crollo degli argini in quel tratto;
   in fase di approvazione del progetto dei lavori per l'alta velocità, siano state prese in considerazione da Trenitalia le conseguenze che avrebbero potuto avere gli scavi per la posa dei piloni in caso di alluvione, terremoto e dissesto idrogeologico e se siano state prese le precauzioni necessarie relative al terreno in cui si andava a costruire e quali sia stato nel merito il parere della commissione di valutazione di impatto ambientale;
   cosa si intenda fare per interrompere questo ciclo di «emergenza continua», e per istituire una politica di difesa del territorio che prevenga anziché rimediare e quanto sia stato speso complessivamente negli ultimi 5 anni per rimediare alle suddette «emergenze». (4-03284)


   FERRARESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Finale Emilia (MO) è in esercizio un impianto di recupero mediante compostaggio di rifiuti organici, dal 27 dicembre 2011 tale impianto di trattamento dei rifiuti è in gestione alla ditta AIMAG S.p.A., con sede legale a Mirandola (MO), via Maestri del lavoro 38;
   l'impianto di trattamento dei rifiuti si trova all'interno di una Zona di protezione speciale (ZPS), denominata: «Le Meleghine» (codice sito: IT4040018), all'interno del sito ricade l'Oasi per la protezione della fauna «Le Meleghine», nelle immediate vicinanze vi sono le zone umide della ZPS IT4040014 «Biotopi e ripristini ambientali di Mirandola»;
   l'impianto è considerato al punto 7 e 8, lettera t) dell'allegato IV del decreto legislativo n. 152 del 2006: «impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno mediante operazioni di cui all'Allegato C, lettere da R1 a R9, della Parte Quarta del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» e «modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato III o all'allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente»; il trattamento di rifiuti con annessa messa in riserva attualmente autorizzato riguarda un quantitativo massimo annuo di rifiuti pari a 30.000 tonnellate;
   il 30 giugno 2011 è stato depositata, da AIMAG S.p.A., presso la sede della regione Emilia Romagna, la documentazione relativa ad un progetto di variante che prevede di aumentare il quantitativo di rifiuti trattati, portandolo da 30.000 a 40.000 t/anno, la realizzazione di due nuovi edifici e di una nuova tettoia;
   la regione, con la delibera di giunta del 19 marzo 2012, decide di escludere il progetto di variante dalla procedura di valutazione di impatto ambientale «in considerazione dei limitati impatti attesi»;
   la direttiva CEE 92/43 del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, prevede l'obbligo della valutazione di incidenza sui Siti Comunitari della Rete Natura 2000; l'articolo 6, paragrafo 3 stabilisce: «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di un'opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito»;
   tale direttiva è stata recepita in Italia in particolare con il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e con il decreto del Presidente della Repubblica del 12 marzo 2003, n. 120, che all'articolo 6, sulla Valutazione di incidenza, introduce il concetto di «proposto sito», zona nella quale si applica, agli interventi, la valutazione di incidenza: «Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione»;
   la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 dicembre 2011, ha sancito il principio generale, vincolante per tutti gli Stati membri, della necessità di limitare e controllare, sin dalla fase della presentazione e della redazione, i possibili impatti ambientali che taluni progetti possono provocare sull'ambiente, attraverso lo strumento della VIA;
   tale direttiva in materia di valutazione di impatto ambientale prevede un preciso obbligo per gli Stati membri di assoggettare a VIA i progetti indicati all'allegato III il quale prevede espressamente che tra i criteri per selezionare i progetti da sottoporre a valutazione vi sia la loro collocazione geografica, in particolare in zone di protezione speciale, in base alla direttiva CEE 92/43; in tal senso si è espressa, con sentenza del 22 maggio 2013, n. 93, la Consulta, che ha dichiarato incostituzionale la legge numero 3 del 26 marzo 2012, della regione Marche;
   l'esclusione di un progetto da valutazione di impatto ambientale o di incidenza prevede comunque una apposita informativa in sede europea: sempre la Direttiva 2011/92/UE, tra i considerati, (23): «Peraltro, può risultare opportuno in casi eccezionali esonerare un progetto specifico dalle procedure di valutazione previste dalla presente direttiva, a condizione di informarne adeguatamente la Commissione e il pubblico interessato»;
   la disciplina della VIA, come già più volte affermato dalla Corte Costituzionale, deve essere ricondotta, in via prevalente, alla materia della tutela dell'ambiente, di competenza esclusiva statale, in quanto riguarda «procedure che valutano in concreto e preventivamente la sostenibilità ambientale» (sentenza n. 225 del 2009); pertanto, le regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli omogenei di tutela dell'ambiente posti dallo Stato, per altro verso, devono «mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell'ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA» (sentenza n. 186 del 2010, sentenza n. 227 del 2011);
   non vi è alcun dubbio, ad avviso dell'interrogante che un impianto di trattamento di rifiuti comporti un impatto rilevante sull'ambiente, tanto più all'interno di una Zona di protezione speciale, e che le modifiche sostanziali richieste, come l'aumento di 10.000 tonnellate/anno di rifiuti, non possano essere considerate «...dai limitati impatti attesi», come deliberato dalla regione Emilia Romagna;
   la mancata sottoposizione di tale progetto, sia in termini di rifiuti trattati che di aree edificate, ad apposita valutazione di impatto ambientale, può essere lesiva dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, che gravano allo stesso modo sul legislatore regionale e su quello statale;
   tale situazione può comportare, da parte della Commissione delle Comunità europee, causa contro la Repubblica Italiana presso la Corte di giustizia europea, con il presupposto di condanna per inadempienza, per essere venuta meno agli obblighi ad essa imposti dalla Direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, con conseguente pagamento di spese –:
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di evitare il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione in sede europea in relazione a quanto rappresentato in premessa e quali eventuali interventi intenda assumere per garantire la piena tutela della Zona di protezione speciale (ZPS), denominata «Le Meleghine» (codice sito: IT4040018). (4-03289)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI, PELUFFO, QUARTAPELLE PROCOPIO, MAURI e CIMBRO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'area ex Alfa di Arese, all'interno dell'ex stabilimento Alfa Romeo, vi è un museo dedicato ad automobili, locomotive, trattori, che ospita anche foto d'epoca e manifesti promozionali, raccolti dai Centro documentazione storica, racconta il passato di un territorio e la storia di un marchio che ha fatto grande l'Italia nel mondo e che ancora oggi gode di un prestigio che pochi altri nomi hanno;
   dall'inizio del 2011 il museo è stato chiuso al pubblico, mentre la volontà delle amministrazioni comunali è quella di ottenerne una riapertura, come confermano i comuni di Arese e Rho, anche a seguito di una serie di incontri avuti con i rappresentanti di Fiat, nel rispetto del vincolo della Sovrintendenza dei beni culturali sull'area a tutela del patrimonio e della sua localizzazione;
   in vista di Expo 2015 il museo potrebbe rappresentare la storia industriale della Lombardia e dell'Italia e sarebbe in grado, con una giusta riqualificazione, di diventare polo di attrazione turistica e di sviluppo per l'area interessata. La sua riapertura potrebbe essere una grande occasione per rilanciare la tradizione industriale del made in Italy, oltre a rappresentare il potenziale volano della riqualificazione dell'area ex Alfa Romeo, intorno alla quale ricostruire un nuovo e virtuoso sistema territoriale;
   Fiat si è dichiarata assolutamente disponibile e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sta valutando le prescrizioni in materia di rispetto delle caratteristiche storico-artistiche del sito –:
   quali iniziative di competenza i Ministri intendano intraprendere a sostegno di tale progetto, oltre a garantire che le relative procedure presso la soprintendenza possano essere portate al più presto a termine affinché si possa arrivare alla riapertura del museo in tempo utile per l'avvio di Expo 2015. (4-03279)


   ROTTA, DAL MORO, D'ARIENZO e ZARDINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Arsenale di Verona, ormai da anni abbandonato al degrado, fu costruito a metà ’800, è considerato un importante esempio di architettura militare asburgica (il secondo al mondo dopo quello di Vienna), che fece parte della linea difensiva denominata Quadrilatero, comprendendo anche la vicina Mantova, Pastrengo e Legnago. È costituito da nove corpi di fabbrica distinti e da ampie corti alberate. L'Arsenale è posizionato, inoltre, vicino a Castelvecchio, anch'esso adibito, sotto il dominio austriaco, a caserma. Il sito si trova tuttora in una posizione tattica, in quanto facilmente raggiungibile e a pochi passi dal centro storico e dall'Arena di Verona. Negli anni, da quando il sito è stato lasciato dai militari che vi risiedevano, si è parlato molto delle possibilità di recupero, ma tuttora non si è giunti a nessuna conclusione;
   nel marzo 2012 il consorzio di imprese Contec Rizzani De Eccher ha presentato, tramite un project financing, un piano per la concessione per 99 anni di 2/3 dell'Arsenale per l'inserimento di negozi, bar, ristoranti e centri direzionali con possibilità di cessione a terzi e usufruire da subito dei 12 milioni di euro che ilcomune possiede per questo sito, per evitare un peggioramento dei suo stato e metterlo in sicurezza;
   nel luglio e nell'agosto del 2012 il dirigente Estimo beni pubblici architetto Stefano Tarasco con due note rigettava la congruità economica del project financing del suddetto consorzio. In particolare l'architetto Tarasco considerava «totalmente da rigettarsi» l'indicazione di valore degli immobili prospettata dal comune di Verona tale da configurare per la società aggiudicataria la possibilità di una plusvalenza di 15 milioni di euro in un triennio, ciò a causa del basso valore attribuito all'Arsenale e fondato sull'atto di provenienza del bene (1985) adeguato agli attuali valori Istat. Il dirigente scriveva che: «saremmo cioè di fronte a una, sia pur interessante, operazione immobiliare nella quale il proponente privato cerca del tutto legittimamente di acquistare a buon prezzo il costruito e lo ristruttura e lo rivende poi ad un prezzo che terrà conto del nuovo stato d'uso, ma anche dell'ubicazione, dell'accessibilità, del prestigio degli immobili, consentendogli di realizzare un'adeguata plusvalenza». In pratica, secondo il dirigente, l'intero progetto profila uno «sbilancio di valori a sfavore del comune di Verona». In pratica la parte pubblica «svenderebbe» un bene a cui vanno ad aggiungersi i 12 milioni di euro come corrispettivo all'aggiudicatario;
   il comitato Arsenale di Verona ha presentato dodici domande all'amministrazione comunale, trasformate poi in un'interrogazione consiliare, alle quali ha risposto il vicesindaco con delega ai lavori pubblici Stefano Casali;
   il vicesindaco ha confermato altresì la scelta dell'amministrazione di utilizzare lo strumento della finanza di progetto, con relativo diritto di alienazione a terzi da parte del privato aggiudicatario, in luogo della concessione di lavori pubblici che manterrebbe la destinazione pubblica del bene. Nonostante questa evidente differenza nella risposta all'interrogazione consiliare il vicesindaco avrebbe continuato a parlare di concessione pur delineando l'utilizzo di alienazioni con diritto di superficie e quindi un uso privato del bene;
   secondo il vicesindaco la soprintendenza ai beni culturali competente avrebbe dato il proprio nulla osta in sede conferenza di servizi del 29 novembre 2012. Risulta al Comitato per l'Arsenale che in data 17 settembre 2008 la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto avrebbe espresso il proprio nulla osta all'alienazione per permuta con comune di Verona mettendo in evidenza la destinazione pubblica, di natura culturale e sociale, a suo tempo indicate dallo stesso comune –:
   se gli atti della conferenza di servizi, alla quale è intervenuta la soprintendenza, che ha autorizzato l'operazione, siano secretati come denunciato dal professor Salvatore Settis;
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto al nulla osta della soprintendenza e se non ravveda una contraddizione tra il parere espresso all'atto della permuta e l'attuale nulla osta per una privatizzazione di fatto di circa il 59 per cento della superficie coperta dell'Arsenale, senza alcuna garanzia sulla destinazione pubblica e la valorizzazione del bene a vantaggio della collettività, e quali siano le motivazioni dell'assenso della soprintendenza;
   se non ritenga, vista la presenza di progetti alternativi per l'utilizzo dell'arsenale, che ne tutelano la natura pubblica, di promuovere, nel pieno rispetto delle competenze degli enti locali, l'apertura di un tavolo di confronto per la tutela e la valorizzazione dell'arsenale nel rispetto della originaria destinazione pubblica e ai fini della tutela del patrimonio architettonico e culturale rappresentato dall'arsenale. (4-03290)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   Fastweb, dal 2007 parte del gruppo Swisscom, è un operatore di telecomunicazioni di rete fissa, con circa 1,91 milioni di clienti in Italia, che ha sviluppato una rete nazionale in fibra ottica per fornire servizi di connessione alle famiglie ed alle imprese italiane;
   le «Frecce Tricolore», il cui nome per esteso è pattuglia acrobatica nazionale, costituiscono il 313o gruppo addestramento acrobatico dell'Aeronautica militare, e sono una delle pattuglie acrobatiche più apprezzate al mondo;
   in data 4 gennaio 2014, Fastweb ha lanciato due spot pubblicitari, della durata rispettivamente di 15 e 30 secondi, visibili sulle reti nazionali, sulle reti satellitari e del digitale terrestre, nonché disponibili su internet, che hanno per protagonisti i piloti delle «Frecce Tricolore», insieme a circa cento uomini e donne del 313o gruppo addestramento acrobatico;
   la campagna, realizzata presso la base delle Frecce a Rivolto di Udine, è stata ideata dall'agenzia «Take» e realizzata da BRW Film;
   per le attività in volo è stato utilizzato materiale video di repertorio reso disponibile dall'Aeronautica militare, mentre per le attività a terra le immagini sono state girate nella base aerea di Rivolto di Udine, sede del 313o gruppo addestramento acrobatico;
   stando a quanto riportato dal «Corriere della Sera», il generale di brigata aerea Claudio Salerno, capo dell'ufficio generale per la comunicazione dell'Aeronautica militare, ha dichiarato che «la cessione dell'uso del marchio “Frecce Tricolore” rappresenta un nuovo aspetto dell'autofinanziamento», e che i proventi della sponsorizzazione saranno incassati dalla società «Difesa servizi SpA», che li girerà alle Forze Armate, che a loro volta li impiegheranno per finanziare progetti in atto, quali il restauro dei propri palazzi ed edifici;
   non si tratta della prima collaborazione tra Fastweb e la pattuglia: già nel 2010, in occasione del cinquantennale delle «Frecce Tricolore», la compagnia aveva offerto la copertura di rete alla manifestazione che si era svolta alla base di Rivolto;
   è tuttavia la prima volta che le «Frecce Tricolore» utilizzano lo strumento della cessione del proprio marchio per autofinanziarsi;
   la società «Difesa Servizi Spa», di cui all'articolo 535 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è la struttura di cui il Ministero della difesa si avvale, in qualità di concessionario o mandatario, per la gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali che non siano direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate;
   con decreto del Ministro della difesa, in data 7 luglio 2011 è stato approvato il contratto di servizio tra il Ministero stesso e la società Difesa Servizi spa;
   ai sensi dell'articolo 1 del suddetto contratto, le strutture del Ministero, tra cui l'Aeronautica militare, sono competenti a stipulare convenzioni, sottoposte alla previa approvazione del Ministro della difesa, sentiti il Capo di Stato maggiore od il segretario generale della difesa, che abbiano per oggetto la realizzazione dei programmi di gestione economica finalizzata al reperimento di risorse finanziarie, relativamente ai beni, ai servizi e, più in generale, alle capacità tecniche di propria competenza;
   ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del contratto di servizio, «la realizzazione di tutti i programmi di gestione economica è perseguita dalla Società nel rispetto dei principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità, come prescritto all'articolo 2, comma 2, dell'Atto di indirizzo (decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 19 maggio 2011). In particolare, la Società è tenuta all'osservanza della disciplina relativa agli appalti pubblici, sia quando agisce come centrale di committenza, ai sensi dell'articolo 535, comma 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sia quando approvvigiona, con consistenze finanziarie tratte dall'attività di valorizzazione svolta in favore del Ministero, beni o servizi da destinare alle Forze Armate»;
   come specificato sul sito web http://www.difesaservizi.it tra i programmi di valorizzazione di «Difesa Servizi S.p.A.» vi è la gestione economica dei marchi, delle denominazioni, degli stemmi, degli emblemi e dei segni distintivi delle Forze Armate, attraverso la concessione in uso temporaneo a terzi, a titolo oneroso –:
   se non ritenga opportuno fare chiarezza circa le finalità di tale partnership tra un corpo pubblico ed un'azienda privata;
   se non consideri opportuno rendere noto il valore del corrispettivo pagato da Fastweb ai fini dell'utilizzo di immagini di repertorio relative alla «Frecce Tricolore» all'interno del proprio spot pubblicitario, nonché fare maggiore chiarezza sull'impiego dei fondi così reperiti da parte delle Forza armate;
   se non intenda chiarire le modalità attraverso le quali Fastweb abbia potuto aggiudicarsi tale partnership, verificando in particolare se siano state rispettate le procedure ed i principi di trasparenza, efficienza, efficacia ed economicità di cui all'articolo 4, comma 2, del citato contratto di servizio, nonché se imprese private altre rispetto a Fastweb abbiano manifestato il proprio interesse o presentato la propria candidatura.
(2-00382) «Tinagli, Andrea Romano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO BERNINI, RIZZO, ARTINI, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   lo studio «Overseas Basing of U.S. Military Forces – An Assessment of Relative Costs and Strategic Benefits» realizzato nel 2013 dalla RAND Corporation per conto del Dipartimento della difesa statunitense confronta, tra l'altro, i contributi diretti e indiretti di alcuni Stati a fronte dei costi di stazionamento delle forze armate statunitensi in quei Paesi;
   se per Germania, Corea del Sud e Giappone la ricerca fornisce dati quantitativi piuttosto precisi e analitici (ad esempio il contributo tedesco agli Stati Uniti è stimato in 830,6 milioni di dollari l'anno), per l'Italia non viene data alcuna informazione in termini monetari per mancanza di dati aggiornati;
   le ultime informazioni relative la nostro Paese si riferiscono all'anno 2002 e sono riportate nel documento del Dipartimento della Difesa americano «Allied Contributions to the Common Defense»;
   da questo documento si evince che nel 2002 il contributo italiano agli Usa per il mantenimento delle loro basi sul nostro territorio fu pari a 366,6 milioni di dollari, equivalente al 41 per cento del costo sostenuto dagli Stati Uniti stessi per le basi italiane, percentuale ben superiore al 33 per cento di contributo tedesco e al 27 per cento di quello inglese, sempre citati dal documento;
   dallo studio della RAND Corporation si evince che l'Italia continua a sostenere costi diretti relativi alla gestione delle infrastrutture, reti di trasporto, sicurezza, manutenzione, compensazioni per danni, rimborsi alle comunità locali, e costi indiretti per affitti, dazi doganali, imposte sul reddito e altri non meglio specificati benefici di natura personale;
   in particolare, dalla ricerca RAND risulta che la partecipazione italiana alle spese relative alle installazioni (terreni, edifici, eccetera) riduce significativamente i costi sostenuti dagli Stati Uniti per la costruzione e il mantenimento delle loro infrastrutture in Italia e cita, ad esempio, circa 200 milioni di euro spesi dall'Italia per la viabilità della base di Aviano e 210 milioni di euro per la realizzazione della base statunitense di Vicenza sul sedime dell'aeroporto Dal Molin, ceduto gratuitamente a Washington;
   secondo i dati pubblicati dal sito del Defense Manpower Data Center, alla data del 31 luglio 2013 in Italia si trovavano 11.963 militari statunitensi e 5.631 civili in servizio nelle basi americane, facendo dell'Italia il secondo Paese europeo per numero di personale dopo la Germania e, solo caso in Europa, in cui il personale delle stesse basi è aumentato negli ultimi anni per cui è da ritenere che il dato del 2002 di 366,6 milioni di dollari spesi dall'Italia sia oggi notevolmente superiore –:
   quali siano le tipologie di contributi diretti e indiretti dell'Italia allo stazionamento delle forze armate statunitensi nel nostro Paese e in quali capitoli di spesa del bilancio dello Stato sono inseriti;
   in virtù di quali disposizioni o accordi questi contributi o facilitazioni vengano concessi;
   quali siano di conseguenza i costi diretti e indiretti sostenuti dall'Italia per il mantenimento delle basi statunitensi sul territorio nazionale. (5-01979)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROTTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa (l'Arena 24 dicembre 2013) l'interrogante apprende che dalla data del 27 gennaio 2014 l'ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate nel comune di Caprino Veronese (VR) cesserebbe ogni funzione e servizio che verrebbero contestualmente trasferiti nel capoluogo di provincia a oltre 30 chilometri di distanza;
   l'ufficio territoriale di Caprino Veronese copre come competenza territoriale i comuni di Bardolino, Brentino Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Cavaion Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo, Garda, Lazise, Malcesine, Rivoli Veronese, San Zeno di Montagna, Torri del Benaco;
   i cittadini di Caprino Veronese e dei comuni che si riferiscono al detto ufficio territoriale si troverebbero, nel caso di conferma della chiusura, a non poter usufruire di semplici servizi come la registrazione dei contratti di locazione, il rilascio dei codici fiscali, la presentazione a sportello di atti cartacei non trasmissibili telematicamente e altro;
   la legge 27 dicembre 2013, n. 147 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)», prevede all'articolo 1, comma 278, lo stanziamento per l'anno 2014 di 110 milioni euro da assegnare all'Agenzia delle entrate quale contributo integrativo alle spese di funzionamento delle Agenzie delle entrate –:
   se corrisponda al vero la notizia della chiusura dell'ufficio territoriale di Caprino Veronese e quali siano le motivazioni alla base di tale decisione;
   se il Ministro interrogato non ritenga, per contemperare le esigenze di contenimento della spesa pubblica con la tutela dei servizi ai cittadini e ove non fosse possibile mantenere operativo il detto ufficio territoriale, di utilizzare parte delle risorse di cui all'articolo 1, comma 278, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per predisporre dei servizi alternativi affinché nei comuni già sede di uffici territoriali i contribuenti possano continuare almeno in parte a usufruire dei servizi attualmente erogati. (4-03281)


   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto della transazione fiscale (articolo 182-ter legge fallimentare) rappresenta una particolare procedura «transattiva» tra il Fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo (articolo 160 legge fallimentare) o di accordi di ristrutturazione dei debiti (articolo 182-bis legge fallimentare);
   esso costituisce una deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell'amministrazione finanziaria, consentendo all'impresa che versa in uno stato di crisi di concordare con l'erario, alle condizioni e nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, una vera e propria operazione finanziaria di ristrutturazione dei debiti fiscali, sia privilegiati che chirografari, attraverso la fissazione di nuove scadenze più dilatate nel tempo (cosiddetta transazione fiscale dilatatoria) oppure, nei casi di crisi finanziaria più grave, mediante una decurtazione del loro ammontare (cosiddetta transazione fiscale remissoria);
   la transazione rappresenta, dunque, uno strumento giuridico che concorre a rendere possibile la conservazione dell'impresa qualora vi siano concrete possibilità di un suo risanamento. Tale previsione risulta, dunque, in sintonia con i principi che hanno ispirato l'intera riforma della legge fallimentare la quale mira a tutelare, oltre gli interessi dei creditori, la sopravvivenza dell'impresa, dalla quale dipendono interessi costituzionalmente garantiti quali appunto il mantenimento dei livelli occupazionali ivi presenti;
   una delle principali criticità dell'istituto, che negli ultimi tempi è stata oggetto di un attento esame da parte dei tribunali e, da ultimo, anche della Corte di cassazione, è rappresentata dalla delicata questione del carattere obbligatorio o facoltativo del ricorso alla transazione fiscale nei casi in cui l'impresa in crisi proponga, in sede di concordato preventivo, la falcidia e/o la dilazione dei debiti fiscali;
   la predetta obbligatorietà è fermamente sostenuta dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 40/E del 2008 e la risoluzione n. 3/E del 2009. In base a tali circolari, appunto, il concordato preventivo sarebbe inammissibile in assenza di richiesta di transazione fiscale, la quale, come specificato al punto 5.1 della prima chiarisce le modalità di presentazione della domanda il cui onere di assolvimento rileva come requisito di ammissibilità alla transazione stessa. L'Agenzia specifica, sempre nella stessa circolare, la domanda di transazione fiscale deve essere redatta nel modo il più possibile analitico ed esauriente, in analogia con le regole che disciplinano la redazione della proposta di concordato preventivo di cui agli articoli 160 e successivi legge fallimentare;
   la stessa Agenzia, infine, osserva che, essendo la presentazione della domanda di transazione contestuale al deposito in tribunale del piano di concordato, quest'ultimo potrà tener conto della transazione con il fisco soltanto in termini ipotetici e condizionati al perfezionamento della transazione stessa, potendo quest'ultima essere respinta dall'Agenzia o modificata a seguito delle trattative intercorse con l'impresa proponente;
   nel ribadire poi il carattere obbligatorio della transazione, l'Agenzia, con specifico riferimento alla valutazione della proposta transattiva formulata dal debitore, precisa che la transazione fiscale non si presenta come un istituto autonomo;
   essa deve essere, infatti, sempre inquadrata, anche sotto il profilo degli obiettivi, nel più ampio contesto della procedura in cui è inserita. Ne deriva che l'amministrazione finanziaria, ai fini della valutazione della proposta transattiva, non deve considerare soltanto la possibilità di una migliore soddisfazione del credito in sede di transazione rispetto alle entrate ottenibili a seguito dell'instaurarsi di una successiva procedura concorsuale quale il fallimento, ma deve considerare anche gli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi dell'impresa debitrice, quali il salvataggio dell'azienda e, quindi, dei posti di lavoro da essa garantiti;
   in tale valutazione è, fra l'altro, coinvolta anche la direzione regionale delle entrate, il cui parere è vincolante ai fini del perfezionamento dell'accordo transattivo in esame;
   l'adesione o il diniego alla proposta di concordato è espresso, mediante voto favorevole o contrario, dall'ufficio e dall'Agente della riscossione (quest'ultimo su indicazione del direttore dell'ufficio), ciascuno per la parte di tributi di propria competenza, in sede di adunanza dei creditori;
   sulla delicata questione del carattere obbligatorio o facoltativo della transazione fiscale nei casi in cui l'impresa in crisi proponga, con il piano di cui all'articolo 160 legge fallimentare, la falcidia e/o la dilazione dei debiti fiscali, si è espressa di recente la Corte di cassazione;
   con due pronunce consecutive, i giudici della Corte di Cassazione hanno invece statuito la facoltatività della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo;
   con le sentenze 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932, anche la Corte di cassazione se da un lato enuncia, in linea generale, la facoltatività (e quindi l'autonomia) dell'istituto della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo, dall'altro viene apertamente enunciata l'intangibilità dell'IVA indipendentemente dall'opzione del debitore in ordine alla presentazione o meno della proposta di transazione fiscale, e quindi, anche con riferimento alla proposta di concordato preventivo senza transazione;
   il contribuente potrà, quindi, presentare una domanda di ammissione al concordato che preveda il pagamento non integrale dei crediti tributari e contributivi senza la necessità di attivare il complesso procedimento disciplinato dall'articolo 182-ter legge fallimentare, purché la falcidia sia conforme alla generale disciplina del pagamento parziale dei crediti privilegiati prevista dall'articolo 160, comma 2, legge fallimentare;
   in sostanza, secondo la Corte suprema, nell'ambito del concordato preventivo non è obbligatorio effettuare la transazione fiscale con l'Agenzia delle entrate per i debiti erariali, anche se, in ogni caso, l'IVA non può essere oggetto di falcidia;
   le predette pronunce rappresentano il primo intervento dei giudici di legittimità sulla controversa questione dell'obbligatorietà della transazione fiscale da parte delle imprese che intendono accedere al concordato preventivo;
   i giudici di legittimità hanno dunque sostanzialmente confermato un orientamento maggioritario non in linea con l'Agenzia, evidenziando però che la problematica non può essere risolta solo alla stregua del mero dettato letterale della norma (articolo 182-ter legge fallimentare) secondo cui, in estrema sintesi, il contribuente può – e non deve – proporre all'amministrazione finanziaria il pagamento in misura parziale o dilazionato dei vari tributi –:
   quali informazioni in merito al ricorso a tale istituto da parte delle imprese siano a conoscenza del Ministro interpellato con particolare riferimento al dato regionale relativo alla Sardegna;
   sempre con riferimento alla regione Sardegna quante siano le domande presentate e quelle effettivamente accolte e le eventuali motivazioni che hanno portato al diniego;
   quali ulteriori informazioni siano state fornite da parte dell'Agenzia in merito al carattere obbligatorio o facoltativo dell'istituto soprattutto alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione. (4-03286)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la laurea in urbanistica e pianificazione territoriale nasce nel 1970 presso le facoltà di Architettura in Italia e fino all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001, era una professione non regolamentata senza obbligo di iscrizione ad un ordine professionale, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001, la professione del pianificatore territoriale è stata regolamentata dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica 328 in maniera del tutto sommaria ed in maniera superficiale rispetto alle competenze degli altri ordini professionali;
   a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001 nel campo della pianificazione territoriale e urbanistica, ha apportato modifiche della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, si è passati da una professione non regolamentata ad una professione regolamentata, e più precisamente all'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, sezione A, settore pianificazione territoriale per i laureati quinquennali e magistrali; sezione B, settore pianificazione per i laureati triennali;
   la professione di pianificatore territoriale e urbanista è di competenza del laureato in tale disciplina iscritto all'Ordine APPC di competenza dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 328/2001;
   le competenze attribuite dal decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001 che non sono esaustive o quantomeno non dettagliate, è opportuno fare chiarezza e regolamentare le competenze agli iscritti all'ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, sia nella sezione A, settore pianificazione territoriale, che all'iscritto alla sezione B, settore pianificazione, anche con circolare del MIUR ed in sub ordine con decreto il seguente chiarimento:
   ai laureati in Pianificazione territoriale e urbanistica spettano tutte le competenze riguardanti la pianificazione territoriale e urbanistica a tutte le scale e nelle varie direzioni che dalla Legge Urbanistica Nazionale del 1942 arrivano fino a quelle delle recenti leggi, compreso quelle regionali, comprese tutte le attività di pianificazione a queste assimilabili quali: Piani di Scala Vasta (piani territoriali regionali, piani per il paesaggio, piani territoriali provinciali, piani metropolitani); piani regolatori comunali PRC (piani strategici, piani di assetto del territorio PAT, piani di Governo del territorio PGT, piani strutturali, piani operativi, regolamenti urbanistici, piani degli interventi, ecc.); piani urbanistici attuativi PUA (piani di lottizzazione, piani per l'edilizia economica e popolare, piani per gli insediamenti produttivi, piani particolareggiati, comunque denominati, ai piani di recupero ecc.); piani e programmi di settore (piani e programmi di sviluppo, piani del verde, piani dei servizi, piani del traffico, piani urbani della mobilità, piani di bonifica, piani di protezione civile, piani di gestione dei rifiuti, piani di gestione del patrimonio rurale, piano territoriale delle opere pubbliche, piani e programmi di gestione urbana, piani di risanamento ambientali, piani strategici ecc.);
   ai laureati in pianificazione territoriale e urbanistica spettano la progettazione urbanistica dei piani urbanistici attuativi delle opere infrastrutturali, spazi verdi, parcheggi ecc., progettazione urbanistica all'interno degli strumenti dei piani complessi. Progettazione all'interno di piani urbanistici di piani attuativi comunque denominati, ivi compresi accordi negoziali, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 all'articolo 22 comma 3 lettera c) e c) (interventi subordinati al rilascio della dichiarazione di inizio di attività); gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica quando disciplinati da Piani Attuativi comunque denominati, compreso gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengono precise disposizioni piano-volumetriche, tipologie, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o ricognizione di quelli vigenti; gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni piano-volumetriche;
   ai laureati in pianificazione territoriale e urbanistica spetta competenza tutte le valutazioni ambientali (VIA e similari), valutazione di incidenza ambientali (VINCA e similari), valutazione ambientale strategica dei piani e programmi sull'ambiente (Autorizzazione integrata ambientale e similari);
   ai laureati in pianificazione territoriale e urbanistica spettano tutte le competenze acquisite per similitudine in quanto il laureato può iscriversi:
   all'Ordine degli Architetti sezione pianificazione;
   all'Albo dei geometri laureati;
   all'Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali;
   nella fattispecie è opportuno fare chiarezza che se il laureato in pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale, può sostenere l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione del geometra (tralasciando quella del dottore agronomo, in quanto molto complessa e di dubbia capacità dovuta dal percorso studiorum), debbono essere ricomprese tutte le competenze del Geometra per i laureati alla classe L21, mentre per i laureati alla classe LM48 si possono attribuire tutte le competenze dell'architetto junior, o in alternativa quelle del Geometra. Questo è giustificabile dal fatto che il laureato in urbanistica e pianificazione territoriale ha perfezionato il proprio percorso formativo con una laurea triennale o magistrale, e per i motivi di cui sopra, stante la normativa vigente può sostenere l'esame di Stato all'albo dei geometri o all'ordine dei dottori agronomi;
   il problema che riscontrano i diplomati geometri è quello che conseguendo un diploma di laurea o una laurea magistrale in pianificazione territoriale urbanistica e ambientale, sta nel fatto che se sostengono l'esame di Stato per l'iscrizione all'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, sezione pianificazione territoriale sezione A o B, secondo il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001, non hanno alcuna competenza in progettazione edilizia, estimo e topografia. La norma vigente consente la doppia iscrizione sia all'albo dei geometri che a quello degli architetti PPC sezione pianificazione territoriale, in questo caso le competenze sono fatte salve, ovviamente con aggravio di spese relative alla Cassa di Previdenza, contabilità separate e altro, tutto questo è risolvibile iscrivendosi all'ordine degli architetti PPC, avendo le competenze acquisite, il tutto anche finalizzato ad avere una figura professionale ben definita o riconosciuta nel mondo delle professioni tecniche;
   in ultimo necessità la modifica, o meglio la definizione di figure professionali attraverso la ridefinizione del titolo professionale, al fine di meglio identificare il professionista, ed avere la possibilità per la comunità di rivolgersi a specialisti di settore, ad esempio prendiamo gli ingegneri, al loro interno abbiamo:
    a) ingegnere civile;
    b) ingegnere meccanico;
    c) ingegnere nucleare;
    d) ingegnere idraulico;
    e) ingegnere ambientale;
   in questa ottica anche per gli appartenenti all'ordine degli architetti PPC, che raccoglie 4 figure professionali ben distinte di specialisti, non è utopia definire le seguenti figure professionali in:
   a) architetto civile;
   b) architetto civile junior;
   c) architetto urbanista (o Pianificatore) junior;
   d) architetto urbanista (o Pianificatore territoriale);
   e) architetto paesaggista junior;
   f) architetto paesaggista;
   g) architetto conservatore junior;
   h) architetto conservatore;
   tutti hanno effettuato il percorso universitario presso università di architettura ed hanno sostenuto esami di Stato presso facoltà di architettura;
   se intendano risolvere la problematica illustrata, e, eventualmente, se intenda intervenire con apposita circolare interpretativa (auspicabile per semplicità e brevità di attuazione, senza intraprendere un percorso legislativo), o con modifica al decreto del Presidente della Repubblica 328 del 2001, ferma restando l'urgenza di adempiere in merito alla definizione delle competenze, sia per i laureati, che per gli studenti. (4-03288)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO e TARICCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Colle della Maddalena è un valico internazionale che si trova nelle Alpi Occidentali unendo la valle Stura in Italia con la val d'Ubaye in Francia e segnando il confine tra i due Stati;
   il citato collegamento, insieme al Colle di Tenda, unisce il basso Piemonte, in modo particolare il territorio della provincia di Cuneo, con la Francia in uno storico legame di relazioni economiche e sociali;
   il Colle della Maddalena è chiuso dal 24 dicembre 2013 restringendo, di fatto, la libera circolazione di persone e merci e obbligando a lunghi e improduttivi percorsi alternativi attraverso il Colle di Tenda o altri valichi del Torinese;
   questa situazione di prorogata chiusura ha determinato forti e condivisibili prese di posizione da parte di varie associazioni di categoria che lamentano un enorme danno economico e sono pronte a una denuncia per vedere riconosciuti i propri legittimi diritti alla libertà di circolazione;
   il blocco di questo collegamento ha creato disagi particolari alle aziende del cuneese che, spesso, puntano proprio sul l’export delle merci per migliorare i propri conti in questo difficile tempo di crisi –:
   quali siano i motivi che hanno causato questo ritardo intollerabile nel rendere agibile il collegamento internazionale del Colle della Maddalena;
   se non si ritenga opportuno avviare procedure più celeri per evitare il ripetersi di situazioni di questo tipo, eventualmente predisponendo tempi certi per la consultazione della preposta Commissione valanghe finalizzata alle successive operazioni di sgombero neve operate dall'ANAS;
   se, infine, non si ritenga doveroso in futuro evitare situazioni di questo tipo, che ingigantiscono sempre di più la scarsa fiducia dei cittadini nel funzionamento dello Stato, troppo spesso considerato, in molti casi non a torto, come una gigantesca macchina burocratica che non tiene conto delle esigenze dei cittadini e delle categorie produttive. (5-01973)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la dirigente di Trenitalia spa Barbara Morgante ha giustamente evidenziato in una intervista la scelta sbagliata di prevedere una serie infinita di fermate nella relazione ferroviaria tra Pescara e Roma che finiscono con il portare il tempo di percorrenza a livelli inaccettabili e non competitivi con il mezzo su gomma che può contare sull'autostrada;
   fino a qualche anno fa invece esisteva una relazione rapida che partendo da Pescara per Roma effettuava fermate solo a Chieti, Sulmona, Avezzano e consentiva di arrivare alla stazione Termini in 3 ore, risultando così proponibile rispetto al mezzo su gomma;
   inoltre, il rapido era dotato anche di un minimo di servizi in grado di migliorare la condizione di viaggio degli abruzzesi che sceglievano il treno;
   non avere l'alta velocità per motivi facilmente comprensibili su una linea ancora ferma ad un secolo fa, non significa però rinunciare ad utilizzare le possibilità esistenti di velocizzare la linea e farla tornare appetibile sia sul versante dei costi che della qualità del servizio, dei tempi di percorrenza e del materiale rotabile –:
   se non ritenga di operare affinché Trenitalia possa ripristinare un collegamento veloce e con poche fermate tra Pescara e Roma. (4-03278)


   DI GIOIA e MONGIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo piano nazionale degli Aeroporti, presentato il 17 gennaio 2014 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, prevede 11 aeroporti strategici e 26 restanti aeroporti di interesse nazionale;
   per individuare gli scali strategici, il territorio nazionale è stato ripartito in 10 bacini di traffico e per ciascuno è stato identificato un aeroporto strategico, con l'eccezione del Centro-Nord, dove ce ne sono due;
   nel bacino di traffico Mediterraneo/Adriatico è strategico Bari, mentre sono di interesse nazionale Brindisi e Taranto, morfologicamente le tre città formano un triangolo;
   l'esclusione dell'aeroporto Gino-Lisa della città di Foggia rischia di compromettere le potenzialità di sviluppo del territorio di Capitanata;
   in ciascuna delle predette aree sovraregionali sono stati individuati dei bacini di traffico omogeneo con distanza massima di 2 ore di percorso in auto da un aeroporto strategico; l'aeroporto di Foggia dista da quello strategico, Bari, 122 chilometri, che tradotti in tempo necessario per raggiungere lo scalo, portano ad 1 ora e 20 minuti; un lasso di tempo maggiore rispetto a quello occorrente per tutti gli altri aeroporti ed inseriti tra quelli di interesse nazionale, in particolare quello di Brindisi che dista da Bari 116 chilometri, e Taranto-Bari la cui distanza in automobile non eccede i 95,1 chilometri;
   lo scalo di viale Aviatori è inoltre compreso nella lista degli aeroporti collocati lungo le direttrici della rete di sviluppo europea TenT, nella configurazione «core» e «comprehensive» network. Nel piano nazionale lo scalo Gino-Lisa è escluso dall'elenco degli aeroporti di interesse nazionale;
   14 milioni di euro degli ex fondi Fas, sono già stati stanziati per i lavori di allungamento della pista di volo 15/33 dell'aeroporto Gino-Lisa e il cui bando, oggetto di errate interpretazioni dei regolamenti comunitari in materia di libera concorrenza, era stato prima sospeso da parte di Adp, società a controllo regionale, e poi riavviato con nuova procedura di gara; la regione Puglia ha inoltre ottenuto da Bruxelles altri 80 milioni di euro per riqualificare i suoi scali aeroportuali;
   lo sviluppo a vocazione turistica, agroalimentare, nonché religioso del territorio della provincia di Foggia, è individuabile nelle località del Gargano, con i suoi oli pregiati, rosmarino e nell'area protetta del parco nazionale, San Giovanni Rotondo, una delle località religiose più importanti del mondo, il santuario dell'arcangelo Michele a Monte Sant'angelo, iscritto recentemente tra il patrimonio dell'Unesco;
   lo scalo foggiano soddisferebbe, inoltre, le necessità di continuità territoriale con le regioni e le province limitrofe di Potenza, Campobasso, Avellino, nonché di altre province della Basilicata –:
   se non si ritenga necessario rivedere i criteri di identificazione del piano nazionale aeroporti per i sistemi aeroportuali di interesse nazionale, in particolare per il bacino Mediterraneo/Adriatico, riconsiderando l'aeroporto Gino-Lisa di Foggia di interesse nazionale;
   come si intenda operare con le istituzioni comunali e regionali, affinché non naufraghino le speranze di un territorio che prova ad emergere rilanciando il settore turistico e produttivo locale. (4-03280)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i PRUSST sono programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio promossi dal Ministero dei lavori pubblici (decreto ministeriale 8 ottobre 1998) con l'obiettivo di realizzare, all'interno di quadri programmatici organici, interventi orientati all'ampliamento e alla riqualificazione delle infrastrutture, all'ampliamento e alla riqualificazione del tessuto economico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell'ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati;
   in virtù del PRUSST 7/93 denominato «La città lineare della costa» approvato dalla regione Abruzzo, finanziato dal Ministero per i lavori pubblici, ubicato nell'ambito del piano regolatore territoriale del consorzio industriale Chieti/Pescara, oggetto dell'accordo di programma dell'11 aprile 2002, ratificato dal consiglio comunale di Chieti con deliberazione 7 giugno 2002, n. 227 e approvato con decreto del Presidente della regione Abruzzo del 17 luglio 2001, n. 179, in località Santa Filomena di Chieti, in un'ansa del fiume Pescara, terreno alluvionale e cassa di espansione del fiume stesso, utilizzata in precedenza per attività di cava, è stato realizzato il centro commerciale MEGALÒ, con opere strutturali e infrastrutturali neppure sottoposte a preventiva valutazione VIA, per via di una esenzione stabilita dall'articolo 36 della legge regionale n. 7 del 2002, come poi modificata dall'articolo 184 della legge regionale 26 aprile 2004, n. 15, abrogata appena quattro mesi dopo dalla legge regionale n. 32 del 2004, ma comunque a giudizio dell'interrogante non applicabile, essendo in contrasto con la normativa statale e comunitaria;
   tale realizzazione ha aumentato il potenziale pericolo esondazione a danno di territori della Val Pescara (Chieti, Spoltore, Cepagatti, San Giovanni Teatino, Pescara) densamente abitati e con numerose attività produttive;
   attualmente, sulla base dello stesso PRUSST, sono attivati due diversi procedimenti da parte di SIRECC srl e di «Pinti Carmen e altri ora AKKA srl» per la realizzazione ciascuno di ulteriori altri 5 edifici, per un totale di 10 edifici, sempre nell'area golenale del fiume Pescara;
   l'eventuale attuazione di queste altre colate di cemento aggraverebbe sia l'impatto ambientale su un territorio fragile sia il rischio in caso di eventi meteorici avversi. È appena il caso di sottolineare la estrema pericolosità che può derivare da scelte imprudenti: si vedano, ad esempio, le alluvioni che negli ultimi anni sono state causa di lutti e di ingenti danni in varie regioni d'Italia e si ricordi l'alluvione dello stesso fiume Pescara nel 1992: allora ci furono notevoli danni e la cassa di espansione naturale non era stata occupata da Megalò e non c'era quindi l'attuale restringimento del fiume. Una eventuale nuova alluvione della dimensione del 1992 avrebbe effetti molto più gravi;
   a conferma di quanto affermato il 17 gennaio 2014 è arrivata un'ordinanza di cessazione dei lavori da parte del Genio civile che fa seguito ad un parere negativo dell'autorità di bacino;
   nel documento si richiamano all'ordine anche due comuni, Chieti e Cepagatti (Pescara), per aver rilasciato i permessi a costruire con «scarsa attenzione» verso l'alto rischio esondazione di quella vasta area davanti al parcheggio del centro commerciale Megalò;
   è stata notificata innanzitutto al presidente della giunta regionale, Gianni Chiodi, al prefetto Fulvio Rocco De Marinis, all'assessore regionale alla protezione civile, ai sindaci di Chieti e Cepagatti, alla Forestale, al Consorzio industriale e, naturalmente, alla società Sirecc che, da qualche giorno, aveva mandato ruspe e operai sul posto per iniziare i lavori;
   è del tutto inaccettabile che un programma finanziato dal Ministero venga stravolto nei suoi obiettivi ad avviso dell'interrogante per favorire la cementificazione della zona di esondazione del più grande fiume d'Abruzzo con gravissimi danni ambientali e con aumento del rischio esondazioni a monte e a valle –:
   se non intenda attivarsi per verificare la situazione ed eventualmente superare un PRUSST che rischia di danneggiare il territorio anziché riqualificarlo. (4-03292)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ZACCAGNINI e GRANDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre, è stata diramata la notizia dell'arresto, da parte della polizia italiana a Milano, di Bahar Kimyongür, militante antimperialista belga di origini turche, giunto in Italia per assistere a una conferenza internazionale sulla Siria. La polizia l'ha arrestato appena sceso dall'aereo. Dopo essere stato interrogato dalle autorità giudiziarie, Kimyongür è stato imprigionato a Bergamo, secondo un mandato d'arresto emesso nei suoi confronti dalle autorità di Ankara, che continuamente ne chiedono l'estradizione. Già a giugno venne arrestato a Cordoba, in Spagna, ma i giudici lo rilasciarono su cauzione in attesa di una decisione dell'Audiencia Nacional. Da mesi Bahar Kimyongür, che collabora da tempo con il gruppo di giornalisti del sito belga di Michel Collon, denuncia il crescente ruolo dello Stato turco nel conflitto in Siria;
   in data 22 novembre 2013, la testata web Globalist, a firma di Giorgia Pietropaoli, riportava il seguente articolo dal titolo: «Chi è Kimyongür, l'attivista arrestato in Italia Bahar Kimyongür, giornalista turco impegnato a denunciare il coinvolgimento del governo Erdogan nella guerra siriana, è stato arrestato ieri al suo arrivo in Italia.» nel quale si narrava come «Ieri mattina – 21 novembre –, è atterrato all'aeroporto di Milano Bahar Kimyongür. È stato immediatamente prelevato dalla Digos e condotto in carcere a Bergamo. L'attivista, che collabora da tempo con il gruppo di giornalisti del sito belga di Michel Collon, era arrivato in Italia per una serie di conferenze sulle vicende siriane. La persecuzione politica da parte del regime turco contro Kimyongür (ci sono state anche ripetute richieste di estradizione) va avanti ormai da anni. Arrestato prima in Belgio, poi in Spagna, Bahar era stato portato in giudizio sulla base della legislazione anti-terrorismo del Belgio con l'accusa di far parte di un gruppo terrorista. Era stato condannato in primo grado di giudizio nel febbraio 2006 e in appello nel novembre 2006, per poi essere assolto nel 2007 e nel 2009 in seguito alle sentenze di Cassazione.». In data 25 novembre 2013 la giornalista Giorgia Pietropaoli, firmava un nuovo articolo sul caso di Bahar Kimyongür, nel quale si descriveva come: «Bahar resta in carcere [...], è stato raggiunto da un mandato di cattura turco del 2006, diffuso dall'INTERPOL. Un mandato vecchio, che la sentenza di un tribunale (quello olandese) ha ritenuto essere basato su accuse infondate. Eppure Bahar continua ad essere perseguitato dal governo di Erdogan che vorrebbe far tornare il giornalista in terra turca dove probabilmente sarà imprigionato e torturato. L'avvocato nominato dalla famiglia, il penalista Federico Romoli, ha dichiarato che l'udienza di oggi era soltanto un proforma previsto dalla procedura per la richiesta di estradizione. “Oggi la Corte d'Appello di Brescia doveva chiedere a Bahar se volesse essere estradato in Turchia oppure no. La risposta era scontata, da parte di Bahar. Il nodo importante da sciogliere sarà quello legato alla sua liberazione e l'udienza si terrà lunedì prossimo. Ho già cominciato a preparare la memoria per chiedere al giudice una misura cautelare meno restrittiva, come gli arresti domiciliari, per esempio. Mi ha confortato, in parte, che il giudice conoscesse Bahar e la sua storia, il suo attivismo e il suo impegno per i diritti umani. Questo non ci dà la certezza che il mio assistito sarà liberato ma possiamo ben sperare. Al momento la Corte non ha nemmeno un dossier o un solo foglio mandato dalla Turchia, esiste solo il verbale d'arresto”, ha raccontato il penalista. “Voglio sottolineare il fatto che lunedì non si deciderà sull'estradizione ma soltanto sulla liberazione di Bahar. La procedura di estradizione durerà qualche mese”»;
   in data 25 novembre 2013, dalla testata web Globalist la giornalista Giorgia Pietropaoli riportava l'intervista realizzata da Maïté Cardon, all'avvocato Selma Benkhelifa, specializzata in diritto degli stranieri «Che cos’è l'INTERPOL e che ruolo gioca questa organizzazione internazionale? L'INTERPOL è un'organizzazione intergovernativa di cooperazione di polizia e di contrasto del crimine internazionale. Quando un Paese vuole arrestare un sospetto o una persona condannata in contumacia – che quindi non si trova sul suo territorio – l'INTERPOL spicca un mandato di arresto internazionale e si incarica di diffonderlo in 190 Paesi diversi. Tutti i servizi di polizia del mondo – o quasi – possono arrestare colui o colei che è oggetto del mandato. La politica dell'INTERPOL è molto opaca e poco democratica. L'organizzazione si vanta – cito: “di facilitare la cooperazione internazionale di polizia, anche se non esiste alcuna relazione diplomatica tra i Paesi interessati”. Ora, in generale, è con i Paesi non democratici che non si ha alcuna relazione diplomatica. L'organizzazione è quasi inaccessibile alle persone e non esiste una procedura per far annullare il mandato, né esiste la possibilità di accedere al dossier. I diritti della difesa sono inesistenti. Tutt'al più, si può leggere sul sito dell'INTERPOL, che essa agisce nel rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, di cui tutti sanno che questa non consacra che dei diritti teorici. [...] I Paesi Bassi hanno preso una decisione giudiziaria indicando molto chiaramente che il mandato turco era fondato su accuse di carattere politico, escluse da tutte le legislazioni relative all'estradizione e dallo stesso statuto dell'INTERPOL. Tuttavia, se il giudice olandese poteva rifiutarsi di eseguire il mandato d'arresto nei Paesi Bassi, non aveva alcun potere in relazione al mandato stesso. In Spagna, allo stesso modo, il giudice ha compreso immediatamente che l'istituzione si era allontanata dal suo scopo, al fine di perseguire un oppositore politico. Ad ogni modo, fino a quando l'INTERPOL non elimina il mandato, Bahar continuerà ad essere arrestato ogni volta che passerà una frontiera.»;
   l’International criminal police organization, più nota come Interpol, è un'organizzazione che si occupa di coordinare l'attività di polizia internazionale tra gli Stati che ne fanno parte e di contrastare le reti mondiali della criminalità organizzata;
   con i suoi 190 stati membri, l'Interpol è la seconda più grande organizzazione intergovernativa esistente, dopo le Nazioni Unite: il suo quartier generale è in Francia, a Lione, ma il suo Segretariato ha sette uffici regionali in Argentina, Camerun, Costa d'Avorio, El Salvador, Kenia, Thailandia e Zimbabwe;
   fu istituita nel 1923, il ruolo dell'Interpol è prettamente coordinativo, di supporto nelle comunicazioni e nell'assistenza specifica (preparazione di rapporti, fornitura di database, corsi di formazione). Ciascuno dei paesi membri possiede un ufficio centrale di polizia internazionale, che opera costantemente tanto in connessione con i suoi omologhi negli altri stati, quanto in coordinamento con le rispettive polizie nazionali per perseguire i colpevoli di reati commessi all'estero e per contrastare i traffici e le attività internazionali del crimine organizzato;
   nel rispetto del principio di neutralità politica che la sua Carta costitutiva esplicita, l'Interpol non ha competenza in materia di crimini politici, militari e religiosi: le principali aree dove invece l'organizzazione interviene ed è attiva sono la pubblica sicurezza, il contrasto al terrorismo e la criminalità organizzata, la lotta contro la pirateria, i traffici illeciti di droga, di esseri umani e armi, e ancora il riciclaggio di denaro, la pornografia minorile, la corruzione, i crimini informatici e quelli ambientali;
   la guida amministrativa dell'Organizzazione spetta a un Segretariato generale, alla cui testa si trova un segretario eletto ogni cinque anni – con possibilità di rinnovo – dall'Assemblea generale. Proprio questa è invece il più importante organo deliberativo dell'Interpol: composta da un delegato per ciascuno dei Paesi membri, l'Assemblea generale si riunisce una volta l'anno e prende decisioni (a maggioranza semplice) sulle guide generali da intraprendere nei programmi e nelle attività da mettere in campo, sulle risorse necessarie e sui metodi di lavoro. Tra i suoi compiti figura anche quello di eleggere i 13 membri del Comitato esecutivo, che completa l'organigramma dell'Interpol e che svolge tutti i compiti esecutivi all'interno dell'Organizzazione, ne supervisiona il funzionamento e prepara l'agenda dei lavori –:
   se i ministri siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritengano opportuno farsi promotori di iniziative di revisione delle attuali procedure internazionali di coordinamento fra le forze di polizia al fine di evitare fatti come quelli narrati, il cui paradosso è che a fronte di un mandato di cattura dell'Interpol sono vanificate sentenze emesse da altri Stati membri e considerato che appare evidente l'esigenza di rivedere le procedure, al fine di consentire annullamento del meccanismo di automatismo, che ad oggi obbliga uno Stato membro a dar seguito ad un mandato INTERPOL procedendo alla privazione della libertà con la carcerazione, pur in presenza di elementi che dimostrano l'infondatezza dell'accusa;
   se non reputino opportuno sottolineare, in sede INTERPOL, come attraverso l'emissione di questo mandato di cattura sia stato violato l'atto costitutivo della stessa INTERPOL che nega la competenza dell'organismo internazionale in presenza di crimini politici, militari e religiosi.
(3-00585)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno ha pubblicato la graduatoria dei 260 ammessi al corso il 23 dicembre 2013 ed il corso dovrebbe iniziare la prossima primavera;
   una peculiarità di questo concorso è la necessità di un'ulteriore selezione durante il corso, oltre a quella già fatta con il concorso: su 260 borsisti dovranno essere iscritti all'albo 200 segretari. Sessanta persone quindi, dopo un concorso bandito nel 2009 ed un successivo corso di un anno che verosimilmente terminerà nel 2015, non saranno iscritte all'albo. Peraltro, anche la stessa iscrizione all'albo, non comporterà per i 200 una automatica assunzione in servizio presso un comune o una provincia, per via della speciale normativa riguardante i segretari, che devono necessariamente essere nominati da un sindaco, con ciò determinando una prevedibile e ulteriore dilatazione circa i tempi di immissione in servizio –:
   quali iniziative intenda adottare, alla luce del fatto che l'assunzione è tutt'altro che certa, a tutela dei dipendenti pubblici che partecipano al concorso per garantire la collocazione di diritto in aspettativa su domanda e la garanzia della conservazione dell'attuale posto di lavoro. (5-01972)


   CARELLA, GASBARRA, META, MORASSUT, TIDEI, FERRO e GREGORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi due anni sull'asse della provincia di Roma, Ardea-Pomezia si sono verificati numerosi attentati ad esponenti politici locali, imprenditori ed esponenti delle forze dell'ordine;
   i più recenti sono stati la gambizzazione dell'imprenditore Renato Dipietrantonio davanti alla sua abitazione e l'assalto a suon di molotov alla casa dell'ex consigliere comunale di Pomezia Fiorenzo D'Alessandri;
   questi ultimi due attentati sono stati preceduti da altri episodi simili, quali quello che ha visto l'ufficio tecnico del comune di Ardea dato alle fiamme, l'incendio dell'auto del presidente del consiglio comunale di Ardea, Massimiliano Giordani, nonché quello dell'auto dell'ex comandante della stazione di Tor San Lorenzo, da ultimo le minacce di morte ricevute dal consigliere comunale Antonino Abate;
   il territorio di Ardea e Pomezia, terra di confine, ha visto l’escalation della criminalità con l'arrivo, in soggiorno obbligato negli anni sessanta del boss mafioso Frank Coppola, quella che era malavita «di campagna» fece un salto di qualità, fino ad arrivare a far pressione sulle amministrazioni locali: sei anni fa il consiglio comunale della vicina Nettuno venne sciolto per mafia –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questi gravi episodi e se e quali iniziative stia predisponendo al fine di contrastare in maniera sempre più efficace l’escalation di aggressività della criminalità organizzata nel territorio di Ardea e Pomezia e se non ritenga, inoltre, proprio a questi fini, necessario intensificare l'attività investigativa per porre fine a questa serie di attentati e stabilirne la matrice. (5-01975)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI e BALDASSARRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha modificato e abrogato il decreto legislativo n. 626 del 1994 introducendo importanti disposizioni nel quadro della normativa italiana in materia di sicurezza sul posto di lavoro e di tutela della salute dei lavoratori, con le quali il nostro Paese si è uniformato alle direttive emanate dall'Unione europea;
   gli interroganti, secondo quanto segnalato dal sindacato di polizia COISP segreteria provinciale di Arezzo attraverso il proprio blog «coisparezzo.altervista.org», sono venuti a conoscenza di una serie di situazioni che pregiudicano la sicurezza del personale in servizio presso la sottosezione autostradale di Battifolle (AR);
   durante la visita ispettiva del 14 dicembre 2013, il COISP di Arezzo ha potuto constatare numerose situazioni irregolari tra cui:
    a) presenza di intonaci cadenti ed una serie di impalcature e ponteggi vari abbandonati;
    b) presenza di teloni di copertura che – secondo quanto esposto da alcuni operatori – servirebbero per porre rimedio alle infiltrazioni presenti in alcune camere degli «alloggi collettivi» di cui usufruisce il personale;
    c) uffici di dimensione inadeguata a fronte del personale che vi deve svolgere servizio;
    d) completa assenza di qualsiasi tipo di cartellonistica di sicurezza, come previsto dall'articolo 162 e successivi del decreto legislativo n. 81 del 2008, ad esempio quello relativo alle vie di uscita;
    e) assenza di adeguate misure di prevenzione incendi ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del predetto decreto, con estintori assenti o posizionati in luoghi difficilmente visibili;
    f) servizi igienici in condizioni di scarsa manutenzione con cassette di scarico guaste ed impianti di aerazione anneriti;
    g) scale che conducono al piano inferiore prive del materiale anti-sdrucciolo;
    h) fotocopiatrici guaste ed altre posizionate in ambienti scarsamente areati contrariamente alle indicazioni consigliate dal costruttore per un corretto utilizzo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle motivazioni di tale stato di degrado e se possa fornire ulteriori chiarimenti in relazione ad eventuali responsabilità da parte della dirigenza provinciale e/o del compartimento polizia stradale per la Toscana;
   quali urgenti e mirate misure il Ministro intenda mettere in atto per arginare la situazione suddetta e tutte le situazioni analoghe, al fine di garantire la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e la facilitazione del corretto svolgimento del servizio da parte dei soggetti che usufruiscono delle strutture interessate. (4-03287)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TIDEI, ORFINI e IORI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 2013, n. 147, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 302 (supplemento ordinario n. 87) il 27 dicembre 2013, al comma 393 dell'articolo 1 stabilisce che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca da adottare entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della summenzionata legge, debbono essere individuati i beni immobili, appartenenti all'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, da trasferire all'Agenzia del demanio per la successiva dismissione;
   attualmente il decreto attuativo della disposizione normativa di cui al comma 393 della legge di stabilità 2014 non è stato ancora emanato dall'Amministrazione individuata ex lege;
   la dismissione del patrimonio rientra tra gli obiettivi del Governo finalizzati al reperimento delle risorse necessarie per il rilancio dell'occupazione e della crescita economica –:
   essendo trascorsi più di dieci giorni dalla data di entrata, in vigore della legge di cui in premessa, quali siano le ragioni della mancata adozione da parte del Ministro interrogato del decreto previsto dal comma 393 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014);
   se non si ritenga opportuno destinare, prioritariamente, le risorse liberate dalla dismissione dei suddetti immobili al bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (5-01968)


   MARTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nonostante gli interventi di edilizia scolastica siano un obiettivo dichiaratamente prioritario per il Governo, le regioni e gli enti locali, come noto, da troppi anni, nonostante l'impegno finanziario, peraltro non sempre adeguato, i risultati concreti in termini di impatto sul patrimonio edilizio sono stati al di sotto delle attese in termini di forniture e manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché di adeguamento e messa a norma, anche a fronte della vetustà di numerose strutture e dell'aumento del rapporto alunni/docenti;
   dai dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pubblicati nel maggio 2012, in Italia le istituzioni scolastiche sono 10.219 dislocate in circa 42.000 edifici scolastici, di questi il 4 per cento è stato costruito prima del 1900, il 44 per cento è stato costruito tra il 1961 e il 1980, il 33,5 per cento non possiede un impianto idrico antincendio, il 50,7 per cento non possiede una scala esterna di sicurezza, il 38,5 per cento non ha un impianto elettrico a norma;
   il rapporto di Legambiente «Ecosistema scuola 2013», pubblicato in data 8 gennaio 2014, ha preso in esame 5.301 edifici scolastici di competenza di 94 comuni capoluoghi di provincia, rilevando che: il 62 per cento degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974, quindi non in linea con l'attuale normativa sismica della legge n. 64 del 12 febbraio 1974 e successive modifiche, il 38,4 per cento si trova in aree a rischio sismico, il 4,8 per cento è stato costruito tra il 2001 e il 2002, solo l'8,8 per cento invece è stato costruito con criteri antisismici, il 37,6 per cento necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40 per cento è privo del certificato di agibilità, il 60 per cento non ha il certificato di prevenzione incendi. La verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,3 per cento degli edifici, mentre nei comuni che si trovano in area a rischio sismico e idrogeologico, solo il 21,1 per cento degli edifici ha compiuto tale verifica;
   il dossier di Legambiente segnala anche la disparità degli investimenti per la manutenzione straordinaria e ordinaria: nel 2012 l'investimento medio per la manutenzione straordinaria per edificio scolastico è stato di 30,345 euro contro i 43,382 del 2011. Abruzzo, Sicilia e Lombardia hanno registrato, ad esempio, un calo di investimenti nonostante vi sia un'esigenza di manutenzione straordinaria rispettivamente nel 94,5 per cento, 57,5 per cento e 49,1 per cento degli edifici;
   il decreto cosiddetto «del fare», decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», all'articolo 18, comma 8, prevede che l'INAIL, nell'ambito del piano di impiego dei fondi disponibili, destina, per il triennio 2014-2016, uno stanziamento di 100 milioni di euro annui finalizzati a interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e di costruzione di nuovi edifici scolastici, da realizzare anche con gli strumenti previsti dall'articolo 53, comma 5, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, in materia di semplificazioni;
   il comma 8-bis del citato decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, autorizza la spesa di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, per l'individuazione di un modello di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico al fine di predisporre il piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici;
   il comma 3-bis, dell'articolo 10 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito dalla legge n. 128 del 2013 dell'8 novembre 2013, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», novella l'articolo 18, comma 8-bis, del citato decreto-legge n. 69 del 2013, e prevede che con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano programmate le attività per l'individuazione di un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico al fine di predisporre il piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, nonché gli istituti cui sono affidate tali attività;
   il decreto-legge n. 74 del 2012, convertito dalla legge n. 122 del 1o agosto 2012, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, ha stanziato risorse destinate specificatamente alla ricostruzione degli edifici scolastici danneggiati dal sisma. In particolare l'articolo 5, comma 1-bis, del predetto decreto n. 74 del 2012 ha previsto che il 60 per cento dei 98 milioni di euro debbano essere destinati alla messa in sicurezza o alla ricostruzione degli edifici scolastici danneggiati o resi inagibili dal sisma. In data 24 aprile 2013, previa intesa con i presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, è stato firmato il decreto di riparto di tali risorse per un ammontare pari a 60 milioni di euro. Il decreto è stato registrato dagli organi di controllo in data 8 novembre 2013. Lo stesso riparto percentuale è adottato anche per il trasferimento alle tre regioni della restante somma di 70 milioni di euro previsto dall'articolo 5, comma 1, del medesimo decreto-legge per le finalità di ricostruzione o messa in sicurezza degli edifici scolastici –:
   al fine di ottimizzare al meglio l'assegnazione delle risorse per la ricostruzione messe a disposizione dei territori colpiti dal terribile sisma del maggio 2012, se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative volte a monitorare la gestione dei fondi al fine di meglio coordinare gli strumenti messi a disposizione dal decreto 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, dal decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, e dal decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito dalla legge 1o agosto 2012, n. 122;
   se non sia, altresì, necessario, sulla scorta della proroga al 31 dicembre 2014 dello stato di emergenza conseguente agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, assumere iniziative per allentare i vincoli del patto di stabilità e permettere agli enti locali deputati alla realizzazione delle opere di ripristino di attuare interventi immediati per le ristrutturazioni e i ripristini finanziati dalle coperture assicurative. (5-01974)

Interrogazione a risposta scritta:


   MAESTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 29 marzo 1886 la Giunta municipale del comune di Sala Baganza (Parma) approvò il primo regolamento dell'asilo d'infanzia che il sindaco Guglielmo Campana affidò alla tutela delle Suore Figlie della Croce;
   l'asilo venne inaugurato nell'aprile 1886 anche grazie all'opera caritatevole della famiglia Carrega e della marchesa Emilia Balbi. Per queste ragioni la scuola è oggi denominata «Balbi-Carrega»;
   fino ad oggi l'asilo d'infanzia «Balbi-Carrega» è stato l'unico punto di riferimento per l'educazione dei bambini tra i tre ed i sei anni che risiedono nel comune di Sala Baganza. Oggi la scuola, giuridicamente paritaria in quanto di proprietà e gestita direttamente dalle Suore Figlie della Croce, consta di 5 sezioni ed accoglie circa 140 bambini;
   con delibera di Consiglio Comunale n. 69 del 1997 il comune di Sala Baganza ha approvato una convenzione con la Congregazione delle Suore Figlie della Croce per la gestione della scuola dell'infanzia, attraverso la quale il comune si è impegnato a sostenere finanziariamente l'ente gestore sulla base delle spese riportate nel conto consuntivo annuale al fine di contenere le rette e ad erogare un contributo straordinario di 150.000.000 di lire per la ristrutturazione dell'edificio che ospita la scuola;
   con una lettera inviata al sindaco di Sala Baganza il 12 novembre 2013 la Congregazione delle Figlie della Croce ha comunicato di voler interrompere la gestione e la direzione della scuola paritaria «Balbi-Carrega» a decorrere dal 1o agosto 2014;
   la chiusura della scuola rischia non solo di precludere l'accesso al servizio ai cittadini salesi ma anche di sovraccaricare di richieste di iscrizione le scuole dei comuni limitrofi, causando il formarsi di liste di attesa;
   al fine di scongiurare la chiusura della scuola dell'infanzia, unica sul territorio comunale, l'Amministrazione Comunale, di concerto con l'Ufficio scolastico Provinciale e Regionale, l'Amministrazione Provinciale, la regione Emilia-Romagna, i comuni limitrofi e l'istituto Comprensivo territorialmente competente, ha avanzato al Ministero interrogato la richiesta di statalizzazione della struttura con l'impegno ad assumere direttamente l'onere di acquisizione della struttura –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga di valutare con attenzione e celerità, dato l'imminente avvio delle iscrizioni, l'opportunità di accogliere la richiesta di statalizzazione avanzata dal comune di Sala Baganza al fine di scongiurare la chiusura di un servizio fondamentale per le famiglie del territorio. (4-03285)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende a mezzo stampa che il giudice del lavoro del tribunale di Vasto (CH) ha dichiarato il fallimento della Silda Invest sancendo così la chiusura dell'azienda ma anche quello della precedente riconversione;
   il nuovo progetto stenta a ripartire dato che a tutt'oggi risulta esserci un solo imprenditore disposto a rilevare una parte dell'azienda assumendo dalle 60 alle 80 persone: gli altri 230 lavoratori resterebbero così senza occupazione;
   il 18 gennaio 2014 c’è stata una forte mobilitazione dei lavoratori davanti all'azienda della Val Sinello in cui i sindacati hanno lanciato l'ennesimo appello per tutelare i 230 lavoratori e l'intera area industriale;
   i sindacati in una nota sottolineano come sia importante la sentenza di fallimento che garantisce che la Silda non potrà portare via nulla di quello che è custodito nel capannone, ma allo stesso tempo conferma come la precedente operazione di riconversione seguita dalla Wollo e l'affidamento della ex Golden Lady alla Silda e alla New Trade non sia stata la scelta migliore;
   l'auspicio di tutti è che la magistratura si pronunci accertando eventuali responsabilità su chi ha prodotto il fallimento di un progetto che avrebbe dovuto dare lavoro a centinaia di persone e rilanciare l'intera area industriale della Val Sinello;
   infine, i sindacati annunciano che entro fine febbraio 2014 è previsto un incontro a Roma al Ministero dello sviluppo economico al fine di trovare una soluzione per l'ex Golden Lady e nuove opportunità di rilancio dell'area industriale di Gissi –:
   se non ritenga doveroso promuovere una iniziativa con le parti sociali e gli enti locali per cercare soluzioni produttive e occupazionali e scongiurare questo dramma occupazionale. (5-01967)


   MOLTENI e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la signora I.M., nata ad Erba il 7 aprile 1958 ed ivi residente con il marito e la figlia, ha lavorato per 35 anni come operaia e assistente ASA, 3 dei quali in mobilità finita nel maggio 2012;
   nel 2010 le viene diagnosticato un melanoma ed in seguito subisce l'amputazione sopra il ginocchio della gamba destra. A decorrere dal giugno 2012 le viene riconosciuta l'invalidità civile al 100 per cento e dal gennaio 2013 l'indennità di accompagnamento per un totale di euro 719 + 499 mensili;
   nel novembre 2013, l'interessata avanza all'Inps domanda di pensione di vecchiaia nella gestione lavoratori dipendenti, ma l'Istituto la respinge perché le è stata riconosciuta un'invalidità superiore all'80 per cento da novembre 2013, informandola che potrà andare in pensione con decorrenza dicembre 2014;
   a seguito di ottenimento di protesi, infatti, l'Inps ha proceduto ad una riduzione d'ufficio dal 100 per cento all'83 per cento di invalidità, che a seguito di una visita Asl di verifica le viene ridotta ulteriormente al 73 per cento. Dall'incrocio dei dati INPS e Asl ne è conseguito per l'interessata la perdita del diritto alla pensione di invalidità e all'assegno di accompagnamento;
   inoltre, dopo questo cambio di scenario, anche il marito che fa l'operaio giardiniere non può usufruire dei permessi ex legge n. 104 del 1992 per accudire la moglie, alla quale nonostante la protesi permane un'autonomia parziale e molto limitata, ed è comunque costretta ad utilizzare per buona parte della giornata la carrozzina avuta in uso dall'Asl di Como;
   è palese la disperazione della signora: è nella situazione di non percepire più assegno di invalidità né indennità di accompagnamento, non ha ancora diritto alla pensione di vecchiaia per età anagrafica, né più a quella di anzianità per età contributiva, né può tornare a lavorare date le sue condizioni fisiche;
   il caso della signora M. è esempio di centinaia di migliaia di casi similari, persone troppe giovani per accedere alla pensione di vecchiaia, troppo disabili per poter lavorare ma troppo poco invalidi per avere diritto all'assegno di invalidità e/o a quello di accompagnamento –:
   se il Ministro intenda far luce sul caso esposto in premessa e chiarire come sia possibile che, in assenza di un certificato di guarigione dal melanoma e senza alcuna verifica/accertamento di effettivo miglioramento fisico dovuto alla protesi – peraltro ancora «corpo estraneo» – le sia stata ridotta l'invalidità in modo da escluderla dal diritto di percepire una pensione d'invalidità che le consenta di vivere una vita dignitosa;
   se il caso esposto in premessa rientra nei controlli a campione sulle invalidità civili operati dall'Inps, le quali, pur riconoscendone la necessità, hanno ovvie falle giacché spesso sono i veri invalidi – e non già i falsi – a subire le sanzioni dell'istituto ed a pagarne le conseguenze;
   se e quali provvedimenti di propria competenza il Governo intenda adottare per continuare nelle azioni di contrasto al fenomeno dei falsi invalidi ma al contempo nella tutela e salvaguardia dei diritti dei veri invalidi. (5-01976)

Interrogazione a risposta scritta:


   BONAFEDE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2011, a Barletta (BA), morirono, assieme alla quattordicenne Maria Cinquepalmi, quattro operaie tessili, Matilde Doronzo, di 32 anni; Giovanna Sardaro, di 30 anni; Antonella Zaza, di 36 anni, sepolte vive dal crollo della palazzina sovrastante il seminterrato che ospitava il maglificio nel quale stavano lavorando, in turni anche di 12-14 ore al giorno, senza alcuno standard di sicurezza e di legalità, senza regolare contratto, per una paga di 3 euro e 95 centesimi l'ora;
   tale tragedia, rinominata «la strage delle operaie» – che venne paragonata, per impatto simbolico ed emotivo, alla storica protesta dell'8 marzo 1908 delle operaie della Cotton di New York finita in un rogo mortale – mosse il Presidente della Repubblica ad inviare un messaggio di cordoglio al sindaco di Barletta, ai feriti ed ai parenti delle vittime sottolineando in particolare che «l'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora, impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e di vigilanza»;
   ad oltre due anni dalla ricordata tragedia, in data 15 gennaio 2014, il magazine di approfondimento di La7, «La Gabbia», ha trasmesso, tornando a Barletta, un servizio dedicato alla crisi del settore tessile spesso articolato in una «filiera lunga», a sua volta suddivisa in numerosi subappalti al fine di abbattere i costi di produzione, che genera lo strangolamento economico dei fornitori, terzisti e lo sfruttamento dei lavoratori degli stessi, dando luogo a paradossi economici per cui un pantalone pagato 1.000 euro può essere confezionato da operaie retribuite 3,5 euro l'ora;
   durante il citato servizio giornalistico è inoltre emerso con ogni evidenza che la gravissima situazione di sfruttamento sul lavoro al di fuori di qualsiasi regola e tutela – prevalentemente nei confronti delle donne –, che ha tragicamente segnato quel 3 ottobre del 2011, non è solo perdurata ma si è aggravata, come dimostrato dalla stessa inviata del programma, la quale, fintasi disoccupata presso le maglierie di Barletta, ha ricevuto offerte per lavori irregolari retribuiti con paghe di uno o due euro l'ora per giornate di 14 ore;
   ancora più grave, nel corso dello stesso servizio, le ex-operaie tessili «in nero» di una maglieria chiusa per via della crisi economica, intervistate, hanno denunciato che mai, nel corso degli anni, avevano avuto notizia di avvenuti sopralluoghi da parte degli ispettori del lavoro sui laboratori pronto moda della città. Fatto indirettamente confermato dagli stessi titolari di maglierie che, intervistati con telecamera nascosta, nel proporre stipendi irrisori a fronte di inesistenti contratti di lavoro, mostravano assoluto disinteresse per l'eventualità, evidentemente remota, di subire controlli;
   la situazione descritta, per quanto emblematica di un'accettabile diffusa condizione di sfruttamento di operaie all'interno di laboratori di confezioni, è stata al tempo affrontata quasi esclusivamente sul versante dell'emergenza urbanistica connessa ad eventuali ulteriori crolli di vecchie palazzine del centro storico di Barletta, ignorando l'evidente questione dei diritti negati dietro a quelle morti bianche, minimizzandone il tema, come si evince anche dalle parole del sindaco di Barletta, il quale dichiarò di non sentirsi di «criminalizzare chi in un momento come questo viola la legge, assicurando, però, lavoro». Considerazioni tradottesi inevitabilmente, ad oggi, in un nulla di fatto in favore di maggiori tutele per i lavoratori del comparto confezioni moda;
   nella notte del 1° dicembre 2013, nell'area del Macrolotto di Prato (PO), sono morti sette operai di nazionalità cinese nel rogo di una fabbrica tessile all'interno della quale stavano lavorando, in violazione a qualsiasi norma di sicurezza, in condizioni assimilabili alla schiavitù;
   così come nel caso di Barletta, tale recente tragedia, oltre ad aver riproposto il rituale, sterile pellegrinaggio ad uso mediatico delle principali cariche istituzionali sul luogo del disastro, ha drammaticamente esplicitato l'inadeguatezza delle norme nazionali regolanti il mercato del lavoro di fronte alle dinamiche della globalizzazione, che sta conducendo il Paese, attraverso il progressivo sgretolamento del sistema di tutele e garanzie solo formalmente vigenti, verso l'adozione di un modello industriale di tipo asiatico, in cui i bassissimi costi di produzione vengono scaricati unicamente sui diritti dei lavoratori –:
   se alla luce di quanto emerso durante il servizio giornalistico realizzato dalla trasmissione «La Gabbia» del 15 gennaio 2014, dove si è constatata una continua ed inaccettabile condizione di assoluta inosservanza dei diritti sul lavoro previsti dalla legge in danno dei lavoratori del comparto confezioni moda, patologia che si percepisce essere ampiamente diffusa e completamente fuori controllo da parte della autorità, non ritiene di dover svolgere un'accurata e puntuale indagine sul piano nazionale tesa ad individuare: la consistenza del fenomeno ed; innovative strategie di contrasto dello stesso basate sul coinvolgimento e responsabilizzazione degli enti locali e regionali;
   se non ritenga altresì di dover dar luogo ad una verifica, sul piano nazionale e, in particolare, nella provincia di Bari, sia sull'adeguatezza numerica del personale ministeriale dedicato alla funzione di ispettore del lavoro, sia sull'efficienza ed efficacia di tale essenziale strumento di legalità verificando a tal fine il numero e la frequenza dei controlli e delle ispezioni effettuate negli ultimi due anni. (4-03293)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA, BARUFFI, OLIVERIO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 19 e 20 gennaio 2014, diversi comuni della provincia di Modena sono stati colpiti da fortissime precipitazioni piovose che hanno determinato l'esondazione del fiume Secchia;
   com’è apparso dagli organi di informazione locali e nazionali, le comunità di cui sopra hanno subito gravi e pesanti danni in ragione di questo evento alluvionale;
   le dichiarazioni pubbliche rilasciate da esponenti delle associazioni di rappresentanza del mondo agricolo e da funzionari dell'Aipo fanno comprendere che potrebbe esserci una qualche relazione tra la rottura degli argini del fiume Secchia e la invasiva presenza, in quegli stessi territori, della nutria;
   com’è noto, la nutria realizza vere e proprie perforazioni negli argini, mettendo a rischio la sicurezza idraulica delle popolazioni rivierasche –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per contenere, il più possibile, la proliferazione della nutria in modo tale da garantire la assoluta sicurezza idraulica per i cittadini. (5-01969)


   ZANIN, OLIVERIO, CARRA, TENTORI, CENNI e LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il programma europeo «Frutta nelle scuole», introdotto dal regolamento (CE) n. 1234 del Consiglio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, ha la finalità di promuovere l'aumento di consumo di frutta e verdura da parte dei bambini delle scuole elementari e di attuare iniziative a supporto di corrette abitudini alimentari;
   il principale obiettivo del programma europeo è la lotta all'obesità, fenomeno ormai incalzante nella società del XXI secolo. Gli strumenti previsti sono principalmente la distribuzione di prodotti ortofrutticoli nelle scuole e la promozione di campagne di formazione, finanziati entrambi attraverso aiuti comunitari e nazionali;
   l'Unione europea, a marzo del 2013, sulla base di una redistribuzione effettuata in proporzione all'assegnazione iniziale e attraverso un calcolo basato sull'utilizzo delle risorse assegnate e rendicontate nei due anni precedenti (il nostro Paese ha rendicontato nella quasi totalità della percentuale assegnata), ha assegnato all'Italia oltre 20 milioni e mezzo di euro per l'anno scolastico 2013-2014, che hanno permesso al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di continuare per il quinto anno di seguito la campagna di sensibilizzazione negli istituti scolastici di I grado di tutta Italia;
   inoltre, il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto 30 luglio 2013, n. 28, «Cofinanziamento nazionale dell'annualità 2013-2014 relativo al programma «Frutta nelle scuole» di cui all'articolo 103-octies bis del Regolamento (CE) n. 1234/2007, ai sensi della legge n. 183/1987» ha messo a disposizione 14.860.179,31 euro del Fondo di rotazione IGRUE a favore del programma in questione;
   i plessi scolastici risultati vincitori a seguito delle procedure di adesione online – attraverso la piattaforma di www.fruttanellescuole.gov.it – tenutesi tra il 10 aprile e il 10 maggio 2013 coinvolgono attualmente ben 1.050.001 bambini tra i 6 e gli 11 anni;
   a seguito degli stanziamenti finanziari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in data 9 agosto 2013, ha bandito l’«Invito a presentare offerte per la distribuzione, nell'ambito del programma frutta nelle scuole, di prodotti ortofrutticoli agli allievi degli istituti scolastici di primo grado ai sensi del Regolamento (CE) del Consiglio n. 1234 del 22 ottobre 2007, del Regolamento (CE) della Commissione n. 288 del 7 aprile 2009 e s. m. e i., del Regolamento (UE) della Commissione n. 34 del 18 gennaio 2011 – anno scolastico 2013-2014» (Prot. N. DG PQA n. 0035005 del 9 agosto 2013), contenente i requisiti di ammissibilità, i criteri di scelta e il sistema di monitoraggio per i distributori;
   l'unica notizia rinvenibile sulla gara bandita il 9 agosto 2013 è contenuta in un comunicato del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 20 dicembre 2013, in cui si legge: «Per il Programma »Frutta nelle scuole«, al fine di apportare varianti migliorative nell'ottica di una più efficace realizzazione delle finalità istituzionali, di assicurare una più ampia partecipazione al programma e un più ampio coinvolgimento di classi e di bambini all'interno dello stesso plesso scolastico, nonché la distribuzione di una più elevata quantità di prodotto per ciascun alunno e, contestualmente, assicurare un'efficace azione di controllo in piena coerenza con gli indirizzi comunitari, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha ritenuto di predisporre un nuovo bando di gara per l'annualità 2013-2014, che sarà pubblicato nei prossimi giorni. Sarà pertanto attivata una procedura d'urgenza che consentirà di attuare regolarmente il Programma, le cui attività di distribuzione dei prodotti sono previste per la seconda settimana del prossimo mese di marzo. L'Amministrazione sta già procedendo all'adeguamento delle procedure necessarie»;
   attualmente nessun nuovo bando di gara per la distribuzione è stato pubblicato;
   nel frattempo diverse segnalazioni sono giunte da parte di amministratori locali – ad esempio dal Friuli Venezia Giulia, dove gli alunni che risultano beneficiari della distribuzione di prodotti ortofrutticoli sono ben 12.353 – giustamente preoccupati dal fatto che il programma non abbia ancora trovato attuazione, rischiando da un lato di vanificare l'impegno di varie amministrazioni attraverso l'integrazione delle giornate di distribuzione della frutta, dall'altro di inficiare le finalità sostanziali di un importante progetto sull'educazione alimentare e alla salute con una distribuzione ridotta a un periodo esiguo dell'anno scolastico in corso –:  
   quali siano i motivi del ritardo nell'attuazione del programma europeo «Frutta nelle scuole» e se tale ritardo sia in relazione con l'annunciata predisposizione di un nuovo bando di gara – dopo quello del 9 agosto 2013 rispetto al quale non si sono più avute notizie – di cui ad oggi non si conoscono né la data di pubblicazione né i requisiti e i criteri di attribuzione e valutazione che verranno applicati nei confronti dei distributori;
   se, infine, il ritardo nell'attuazione del programma, che dovrebbe iniziare a metà marzo, oltre ad affievolire l'obiettivo di sensibilizzazione nei confronti degli alunni, dato che la distribuzione di prodotti ortofrutticoli avverrà per meno di tre mesi, comporterà il rischio di una incompleta rendicontazione dei cofinanziamenti europei, con la conseguente riduzione per il nostro Paese, sulla base dei criteri di redistribuzione tra i Paesi membri attuati in sede di Unione europea, della quota di stanziamento di fondi europei per il Programma «Frutta nelle scuole» per l'anno scolastico 2014-2015. (5-01977)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   ANTIMO CESARO, CIMMINO, D'AGOSTINO e SOTTANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno perdono la vita circa 60 mila persone, a volte anche adolescenti o bambini per arresto cardiocircolatorio. Senza una terapia d'urgenza solo il 5-10 per cento dei colpiti sopravvive all'arresto cardiaco improvviso. Tuttavia sono state raggiunte percentuali di sopravvivenza superiori al 50 per cento laddove sono stati implementati con successo programmi sull'uso del defibrillatore esterno automatico (DAE). Le percentuali possono aumentare ulteriormente se si interviene sul paziente entro tre minuti dall'arresto cardiaco;
   il defibrillatore automatico esterno è una piccola attrezzatura salvavita che può salvare molte persone colpite da arresto cardiaco, una piccola macchina che non ha cifre esorbitanti, ma che purtroppo sembrerebbe essere finito nel dimenticatoio, pur trattandosi di una macchina molto semplice da usare;
   il mancato utilizzo di questo presidio sanitario si è reso tragicamente evidente con la morte di uno studente diciannovenne di Caserta, che ha perso la vita all'interno della facoltà di ingegneria dell'università Federico II, stroncato da un infarto mentre affrontava un esame, senza gli opportuni e immediati soccorsi, in conseguenza della mancanza di un defibrillatore nella facoltà;
   il 24 aprile 2013 è stato emanato il decreto ministeriale, recante «Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita», in attuazione dell'articolo 7, comma 11, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 (cosiddetto «decreto Balduzzi»);
   il decreto ministeriale dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego da parte di società sportive sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita;
   nonostante l'obbligatorietà da parte dei centri sportivi di possedere un defibrillatore, si rileva l'adeguamento soltanto da parte di una piccola percentuale in Italia. Si tratta di un piccolo passo verso quella che dovrebbe diventare una distribuzione capillare sul territorio dei defibrillatori, non solo nei centri sportivi, ma anche in tutte le scuole, università, uffici pubblici, centri commerciali, nonché in tutti quei luoghi pubblici dove vi è una grossa affluenza di persone –:
   se sia operativo il «decreto Balduzzi» in merito all'obbligatorietà della dotazione da parte di società sportive di defibrillatori semiautomatici, e in caso contrario, quali siano i motivi del ritardo nell'applicazione della legge;
   se non ritenga urgente prevedere e sollecitare attraverso iniziative normative informative l'effettiva dotazione di defibrillatori automatici, nelle scuole, nelle università, nelle strutture commerciali e ricreative (cinema, teatri, discoteche), anche coinvolgendo i 118 locali in quanto enti abilitati al rilascio degli attestati. (3-00584)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, MANTERO, DI VITA, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, CECCONI e BARONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, riguardante il riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421:
  «1. Il collegio sindacale:
   a) verifica l'amministrazione dell'azienda sotto il profilo economico;
   b) vigila sull'osservanza della legge;
   c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di cassa:
   d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta di quest'ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando immediatamente i fatti se vi è il fondato sospetto di gravi irregolarità; trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una propria relazione sull'andamento dell'attività dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del comune capoluogo della provincia dove è situata l'azienda stessa.

  2.  I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di ispezione e controllo, anche individualmente.
  3.  Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero di grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali.
  4.  I riferimenti contenuti nella normativa vigente al collegio dei revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere si intendono applicabili al collegio sindacale di cui al presente articolo» –:
   quali siano i nominativi dei rappresentanti del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze nominati in qualità di membri dei collegi sindacali di ciascuna azienda sanitaria provinciale o diversamente denominato;
   se gli stessi siano stati nominati sulla base di determinati criteri di scelta e quali siano stati nonché quale sia stato l'organo responsabile della scelta e le modalità di lavoro eseguite;
   quale sia l'attività concreta dei collegi sindacali, quale sia il regime di pubblicità dei loro atti, quali comunicazioni siano effettuate e a quali organi e quali iniziative il Governo assuma in relazione alle comunicazioni eventualmente ricevute;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rendere quanto più trasparente e chiara l'organizzazione e il funzionamento di tali organi promuovendo la pubblicazione online degli atti più significativi e delle eventuali relazioni periodiche.
(5-01978)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRESCIA, DE LORENZIS, LOREFICE, L'ABBATE, NICOLA BIANCHI, SCAGLIUSI e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   apprendiamo dai mezzi di stampa che, lo scorso 16 gennaio 2014, una donna di Terlizzi (BA), è stata portata d'urgenza al pronto soccorso cittadino alle ore 23.30 per grave insufficienza respiratoria e aritmia cardiaca;
   giunti in ospedale sono stati effettuati tutti i controlli del caso e, dopo aver ricevuto gli esiti della TAC polmonare ed aver constatato la gravità della situazione, si è immediatamente riscontrata l'esigenza di un ricovero in una unità di terapia intensiva;
   alle ore 3:45 circa del mattino, dopo una lunga ricerca da parte degli addetti, si è individuata a Potenza la più vicina struttura con un posto libero in terapia intensiva. Destinazione verso la quale un'ambulanza si è avviata alle 4:30 circa;
   dopo circa 125 chilometri di strada, per gran parte sconnessa, alle ore 6:00 circa, l'ambulanza ha raggiunto la struttura lucana dove, purtroppo, la donna è deceduta tre ore dopo;
   il direttore generale della azienda sanitaria locale di terra di Bari, il chirurgo bitontino Domenico Colasanto, ha dichiarato a mezzo stampa che: «mancano i posti di unità di terapia intensiva respiratoria, semplicemente perché manca il personale medico e paramedico. Di conseguenza i pazienti con gravi problemi respiratori cronici occupano per periodi prolungati i posti di rianimazione»;
   è incredibile che, per trovare il posto più vicino di ricovero in una unità di terapia intensiva, gli addetti non abbiano utilizzato alcun supporto informatico ed abbiano dovuto procedere con una ricerca telefonica;
   non si comprende che sia possibile che nel 2014, una persona affetta da una problematica di tale urgenza ed entità debba essere trasportata in un'altra regione per oltre 125 chilometri per poter ricevere le necessarie cure mediche e non si sia neanche provveduto con un elisoccorso –:
   se il Governo non ritenga di dover accertare se in Puglia siano garantiti i livelli essenziali di assistenza con specifico riferimento ai servizi salvavita, alla luce della vicenda descritta in premessa.
(4-03291)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale farmaceutica Merck aveva annunciato, il 6 giugno 2013, la chiusura dello stabilimento produttivo di Pavia entro il 31 dicembre 2014, come avvio di uscita definitiva dal territorio nazionale:
   il Ministero dello sviluppo economico ha attivato un tavolo istituzionale per gestire la conseguente crisi occupazionale che coinvolgerebbe circa 270 lavoratori dipendenti e 150 dell'indotto;
   con interrogazione n. 5/01291 del 25 ottobre 2013 seduta n. 105 si chiedeva «quali ulteriori iniziative politiche, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per evitare che il nostro Paese venga privato di una realtà strategica quale quella rappresentata da Merck; il Ministero dello sviluppo economico aveva preannunciato una seduta del suddetto tavolo per lo scorso 19 novembre 2013, tavolo che non ha avuto luogo, neanche in dicembre;
   la suddetta azienda farmaceutica, come riportato da organi di stampa, sta in questi giorni avviando la procedura di dismissione dello stabilimento pavese con conseguente messa in cassa integrazione di 90 lavoratori;
   va tenuto conto della strategicità del settore farmaceutico in Italia, trainante anche rispetto alla ripresa industriale evidenziata dagli ultimi dati –:
   quali siano le ragioni che hanno impedito fino ad ora la convocazione del tavolo, se il Ministro intenda convocarlo al più presto e quali iniziative abbia in programma su questa importante vertenza aziendale. (5-01970)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Agostinelli e Businarolo n. 5-01449, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brugnerotto.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Bruno Bossio n. 4-03162 del 16 gennaio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Liuzzi e altri n. 2-00375 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 156 del 21 gennaio 2014. Alla pagina 8883, seconda colonna, dalla riga quarantottesima alla riga quarantanovesima, deve leggersi: «a detta degli interpellanti la nomina del Ministro interpellato» e non «a detta degli interpellati la nomina del Ministro dello sviluppo economico», come stampato.
  Alla pagina 8884, prima colonna, alla prima riga deve leggersi: «non segue alcun criterio logico e» e non «Lupi non segue alcun criterio logico e», come stampato.