Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 21 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la Società italiana degli autori ed editori (Siae) è, ai sensi della legge 9 gennaio 2008, n. 2, ente pubblico economico a base associativa. L'articolo 1, comma 3, prevede che l'attività di vigilanza sulla Siae sia esercitata dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri e che tale attività sia svolta di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per le materie di sua specifica competenza;
    in Italia la normativa che regolamenta il tema dei diritti d'autore risale di fatto al 1941: è nel 1941 che, infatti, viene adottata la legge che disciplina la Siae, l'unico organismo in Italia autorizzato a raccogliere i proventi che derivano dalle produzioni culturali e a destinarli poi ai produttori di cultura;
    com’è noto, e come preannunciato già nel luglio 2012 dal Commissario europeo per il mercato interno, Michel Barnier, giungerà all'attenzione del Parlamento una direttiva europea volta alla modernizzazione e ad una maggiore efficienza delle società di «collecting» in Europa. Barnier ha sostenuto che «in Europa abbiamo bisogno di un mercato digitale unico, al servizio dei creatori, dei consumatori e dei fornitori di servizi. Il miglioramento del funzionamento delle società che assicurano la gestione collettiva dei diritti d'autore permetterebbe ai fornitori di servizi di realizzare più facilmente servizi accessibili oltre le frontiere, cosa che è nell'interesse dei consumatori europei e della diversità culturale». Obiettivo principale dell'Unione europea è, quindi, quello di un «mercato unico» che faciliti l'acquisizione dei diritti da parte degli operatori che lavorano a livello comunitario. Si verrebbe, quindi, a creare una sorta di «licenza unica europea» per la gestione dei diritti;
    la proposta ha due obiettivi complementari: promuovere una maggiore trasparenza e migliorare la «governance» delle società di gestione collettiva, introducendo obblighi di informazione più rigorosi e rafforzando il controllo delle loro attività da parte dei titolari di diritti e incoraggiare e agevolare la concessione di licenze di diritti d'autore multi-territoriali per l'impiego di opere musicali on-line nei Paesi dell'Unione europea. Il Commissario europeo ha aggiunto: «i bisogni attuali sono differenti da quelli del passato e le società di collecting devono adattarsi al cambiamento. La domanda on-line cresce a ritmi incredibili, così come la rinnovata richiesta di governance e trasparenza. In passato i produttori di dischi compravano i diritti e poi vendevano prodotti; oggi se iTunes vuole mettere on-line un brano in tutta Europa, deve ottenere l'autorizzazione di ben 27 Paesi, senza menzionare i detentori di diritti. Questo complesso meccanismo è quello che noi vogliamo semplificare.»;
    la proposta di direttiva rientra nel contesto dell'Agenda digitale europea e della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Nell'Atto per il mercato unico la Commissione europea ha individuato nella proprietà intellettuale uno degli ambiti in cui è necessario intervenire e ha sottolineato che, nell'era di internet, la gestione collettiva deve essere in grado di evolvere verso un carattere più transnazionale, eventualmente con modelli di concessione di licenze a livello di Unione europea che si estendono al territorio di più Stati membri;
    nella sua «comunicazione sui contenuti del mercato unico digitale» la Commissione europea ha annunciato che proporrà un quadro giuridico per la gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi. L'importanza di tale proposta legislativa è stata sottolineata anche nel quadro dell’«Agenda europea dei consumatori»della Commissione europea;
    l'Unione europea deve tenere conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge, in particolare al fine di rispettare e promuovere la diversità delle sue culture. La tecnologia, la rapida evoluzione della natura dei modelli di business digitali e la crescente autonomia dei consumatori on-line richiedono di valutare costantemente se la normativa in vigore in materia di diritti d'autore preveda i giusti incentivi e consenta ai titolari dei diritti, agli utilizzatori dei diritti e ai consumatori di trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle tecnologie moderne;
    la proposta è importante ai fini della protezione dei diritti d'autore e dei diritti connessi. La convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, la convenzione di Roma per la protezione degli artisti, interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, l'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio dell'Organizzazione mondiale del commercio, il trattato sul diritto d'autore dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale e il trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale sono strumenti internazionali fondamentali in questo ambito;
    la convenzione sulla protezione e la promozione delle espressioni culturali dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, che estende gli obblighi dell'Unione europea a livello internazionale, sottolinea altresì l'importanza della proprietà intellettuale;
    il mercato delle collecting society è già aperto in numerosi Paesi dell'Unione Europea. Si ricorda che già nel 2010 il mercato della musica digitale è cresciuto, in Europa, del 22 per cento, a fronte di un modesto + 4 per cento degli Stati Uniti;
    anche in Italia, pertanto, è certamente opportuno preferire il pluralismo competitivo rispetto all'attuale impostazione. Occorre allinearsi alle nuove disposizioni comunitarie, senza tuttavia dimenticare il primario compito affidato allo Stato di vigilare, mediante il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulle attività e sul ruolo svolto dalla Società italiana degli autori ed editori,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di intervenire, anche mediante opportune iniziative normative, volte ad implementare la nascita di nuove società di gestione collettiva dei diritti d'autore, al fine di diffondere una maggior cultura, salvaguardando comunque il personale ed il know how maturato nel settore dell'intermediazione dei diritti d'autore dalla Siae.
(1-00320) «Palese, Bergamini, Galan, Lainati, Palmieri».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il castagno riveste una considerevole importanza in Italia, sia a livello economico, che in ambito sociale e ambientale, in considerazione anche della tradizione agricola, che ricopre in molte regioni e delle fonti di reddito non trascurabili nei riguardi degli agricoltori;
    il settore della castanicoltura costituisce infatti, un segmento dell'economia agricola interessante e dinamico, per il nostro Paese, essendo tra i principali produttori ed esportatori mondiali e secondo, per quantità scambiate dopo la Cina, anche grazie alla variegata qualità delle produzioni che si distinguono per le elevate caratteristiche organolettiche;
    in alcuni areali, la produzione rappresenta, una risorsa economica essenziale con positivi effetti, sebbene indiretti, sulla tutela del paesaggio e del territorio, in considerazione anche della componente boschiva, che ha acquisito un ruolo importante, a volte centrale, in molto ambiti del Paese;
    le caratteristiche geo-economiche del comparto, interessano infatti intense aree collinari e montane nazionali, che svolgono un ruolo essenziale per la produzione dei frutti, alcuni tutelati con il riconoscimento della denominazione d'origine e del ruolo multifunzionale che ne deriva, nonché dalla funzione di presidio del territorio e della salvaguardia dell'assetto ambientale e idrogeologico;
    dal punto di vista ambientale, strutturale, tecnico ed economico, la castanicoltura italiana si presenta inoltre differenziata; le rese unitarie dipendono in gran parte dalle varietà e dalla loro rispondenza alle caratteristiche pedoclimatiche locali, spesso legate le problematiche commerciali;
    in Italia sebbene predomini la coltivazione di varietà di Castanea sativa, sono state introdotte nel corso degli ultimi anni, diverse varietà di ibridi euro-giapponesi, diffusesi in particolare nella regione Piemonte che successivamente si sono estese in altri areali italiani;
    l'intensa concorrenza internazionale, in corso da anni ed il calo della produzione in termini di quota percentuale sulla produzione mondiale, anche a causa dell'aumento della produzione cinese hanno tuttavia minato la competitività delle imprese italiane;
    alle suddette criticità, si associano inoltre una serie di disfunzioni emerse nel corso degli anni, che hanno scalfito la salubrità di interi areali produttivi del settore castanicolo, determinate dalle emergenze fitosanitarie, la cui estensione di parassiti e insetti di varie specie, hanno prodotto evidenti danni sul piano economico e occupazionale per l'intera filiera;
    le commistioni di tali fattori negativi, hanno innestato un processo di graduale abbandono delle colture, con gravi alterazioni per il tessuto economico, sociale e paesaggistico, determinando una riduzione sia del numero delle aziende agricole, sia della superficie investita;
    in particolare, tra il 2000 e il 2003 vi è stata una drastica ristrutturazione dei castagneti coltivati, che ha portato alla riduzione del 50 per cento del numero delle aziende e del 30 per cento delle superfici;
    la diffusione del cinipede Gallieno, che ha infestato la maggior parte delle aree castanicole italiane, rappresenta da alcuni anni un'emergenza per la coltivazione del castagno e una seria minaccia per l'abbandono dei relativi territori;
    contro l'insetto letale è stato avviato un controllo biologico capillare del cinipide attraverso lo sviluppo e l'accurata diffusione dell'insetto Torymus sinensis, che si è rivelato un antagonista naturale;
    alla dannosità del cinipide in continua crescita, si associano aspetti economici negativi e sfavorevoli, che hanno contribuito a rendere più fragile il settore castanicolo italiano, il cui fatturato risalente a qualche anno fa, raggiungeva gli oltre 65 milioni di euro, realizzato da oltre 5 mila aziende agricole impegnate nella produzione e da 25 imprese per la trasformazione;
    le iniziative legislative presentate nel corso della scorsa e della presente legislatura e gli interventi da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, per fronteggiare la crisi in cui tuttora si trova il comparto sempre più acuita, attraverso l'istituzione di un tavolo di filiera del settore castanicolo, sebbene abbiano sviluppato un azione di coordinamento e di azioni prioritarie a livello nazionale, anche attraverso il coinvolgimento delle regioni, risultano tuttora non adeguate, per superare i livelli di criticità in precedenza esposti in particolare con riferimento alle emergenze fitosanitarie;
    tra i rilievi evidenziati dal medesimo Ministero all'interno di un documento redatto a proposito della crisi del comparto, emerge inoltre la necessità di prevedere iniziative amministrative volte a inserire il settore castanicolo tra le superfici monitorate dall'Istat, i cui dati statistici sono richiesti dall'Unione europea per consentire al nostro Paese di accedere agli aiuti comunitari in materia;
    azioni in grado di intensificare il contrasto alle contraffazioni e le frodi immesse sul commercio italiano, la cui presenza di castagne cinesi è aumentata del 640 per cento, rappresenta inoltre un ulteriore esigenza fortemente richiesta dall'intera filiera;
    la necessità di sostenere l'attività dei castanicoltori in considerazione della contrazione della produzione nazionale e della forte crescita delle importazioni (Castenea mollissima) dai Paesi terzi, in particolare dall'area asiatica, attraverso interventi anche in sede europea e consentire al settore interessato un recupero dei livelli di competitività e di crescita, costituisce un'urgenza a cui il legislatore deve intervenire per migliorare le prospettive della castanicoltura italiana;
    le suesposte considerazioni e le caratteristiche delle criticità in precedenza evidenziate, per un settore multifunzionale, sollecitano pertanto la promozione di interventi di recupero e salvaguardia dei castagneti dei territori collinari e montani, il cui miglioramento potrà risultare un elemento trainante, per favorire la commercializzazione del prodotto,

impegna il Governo:

   a definire con le regioni, un Piano nazionale volto a potenziare il sistema di prevenzione e di controllo sulle aree castanicole nazionali, attraverso l'utilizzo delle metodologie applicabili, nell'ambito dell'emergenza cinipide del castagno, che sta determinando gravissime conseguenze per l'intero ecosistema ambientale, ove è presente la coltivazione delle castagne e per l'economia produttiva delle imprese interessate;
   a prevedere iniziative urgenti volte a inserire il settore castanicolo tra le superfici monitorate dall'Istat, al momento non disponibili, al fine di consentire l'accesso degli aiuti comunitari previsti;
   a predisporre d'intesa con le regioni, campagne informative in grado di coinvolgere gli operatori del settore, per l'attivazione di interventi di lotta biologica al cinipide del castagno (Dryocosmus cirphilus), attraverso l'allevamento dell'insetto Torymus sinensis, antagonista naturale del Cinipide del castagno;
   ad intervenire in sede europea, affinché nella fase di definizione delle scelte nazionali di applicazione della nuova politica agricola comunitaria, relativamente alle misure del primo e del secondo pilastro (aiuti diretti ed aiuti accoppiati), sia riservata una adeguata attenzione ai produttori di castagne, il cui reddito è messo in forte pericolo dal cinipide del castagno (Dryocosmus coriphilus);
   a prevedere iniziative volte a rafforzare la tutela e la salvaguardia della castanicoltura italiana, i cui livelli qualitativi sono fortemente compromessi dalla considerevole presenza di castagne cinesi, le cui proprietà organolettiche sono nettamente inferiori a quelle italiane;
   ad introdurre infine nel corso dei prossimi provvedimenti legislativi, misure finanziarie volte a sostenere le imprese castanicole, i cui livelli di crescita e competitività, rischiano di essere ridimensionati a causa della imponente presenza nel mercato europeo e italiano di prodotti cinesi e coreani.
(7-00225) «Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   è previsto a breve l'arrivo nel porto di Gioia Tauro della nave danese Ark Futura che trasporta 60 container con 560 tonnellate di armi chimiche siriane. Si tratta di 560 tonnellate di agenti chimici (delle 1290 tonnellate dell'intero arsenale tra armi, componenti e altro materiale) identificate dal piano Onu-Qpac di «priorità 1», e cioè i più pericolosi. Si tratta principalmente di gas mostarda e sarin, che verranno imballati e sigillati secondo procedure internazionali;
   il mercantile danese salperà quindi presto alla volta di Gioia Tauro, scortato da navi militari di Russia, Cina, Danimarca, Norvegia alle quali si aggiungerà anche una della Gran Bretagna. Da fonti dell'Opac intanto si apprende che la nave americana «Cape Ray», che dovrà imbarcare le armi chimiche siriane nel porto di Gioia Tauro, partirà in data 22 gennaio 2014 dagli Stati Uniti e arriverà nel Mediterraneo tra circa dieci giorni;
   all'operazione di trasbordo delle armi chimiche siriane avrebbero rinunciato sia la Fancia che l'Albania; l'Italia ha, invece, dato risposta positiva alla richiesta americana;
   fonti del Governo hanno evidenziato che non è la prima volta che il porto di Gioia Tauro affronta il passaggio di sostanze pericolose. Pare che negli anni 2012-2013 il porto di Gioia Tauro abbia movimentato 3.048 container contenenti sostanze tossiche, per un totale di 60.168 tonnellate. In particolare: 28.075 tonnellate nel 2012 e 29.802 tonnellate nel 2013 sono state trasbordate da nave a nave; 817 tonnellate nel 2012 e 827 tonnellate nel 2013 sono state sbarcate; 264 tonnellate nel 2012 e 382 tonnellate nel 2013 sono state imbarcate;
   i sindaci del comprensorio gioiese hanno protestato in merito al loro mancato coinvolgimento nell'operazione, che non è stata preventivamente comunicata dal Governo nazionale a nessun ente locale calabrese. Il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha convocato solo alla fine della scorsa settimana una riunione sul tema per il giorno 21 gennaio 2014: all'incontro, tenutosi a Palazzo Chigi, hanno partecipato, oltre al Premier Letta, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, i sindaci di Gioia Tauro e San Ferdinando e le autorità portuali;
   nella giornata del 20 gennaio 2014, i sindaci dei comuni della Piana di Gioia Tauro avevano deciso di ribadire unitamente l'opposizione incondizionata all'arrivo delle armi chimiche nel porto di Gioia Tauro ed alle conseguenti operazioni di trasbordo. La decisione era maturata dopo una seduta dell'assemblea di Città degli Ulivi, organismo che unisce i 33 sindaci della Piana, tenutasi nelle sale del comune di San Ferdinando, dove ricade il 75 per cento dell'area portuale. L'assemblea dei primi cittadini aveva dato quindi mandato ai sindaci di San Ferdinando e Gioia Tauro (presenti all'incontro a Palazzo Chigi programmato per il 21 gennaio) di ribadire il dissenso di tutta la popolazione della Piana al progetto di trasbordo delle armi chimiche siriane nel porto calabrese;
   dalle dichiarazioni rese a organi di stampa subito dopo l'incontro del 21 gennaio a Palazzo Chigi, sembra che il Presidente del Consiglio si sia impegnato ad aprire un tavolo nelle pressime settimane per studiare le strategie per un vero rilancio del porto di Gioia Tauro; ad ogni modo, rimane contraria la posizione dei sindaci del comprensorio interessato dall'operazione, preoccupati per i rischi che questa comporta, e affatto rassicurati dalle informazioni ricevute dal Governo –:
   quali siano le ragioni che hanno spinto il Governo a dare disponibilità al passaggio del carico di armi chimiche siriane per un porto situato sul proprio territorio, e quali le motivazioni che hanno determinato la scelta del porto di Gioia Tauro;
   quali siano, nello specifico, i tempi, le modalità e i costi dell'operazione di passaggio nel porto di Gioia Tauro, e delle successive fasi di distruzione e smaltimento degli agenti chimici;
   se si sia proceduto a calcolare e mappare ogni tipo di rischio (in particolare per la popolazione e per l'ambiente) dell'operazione, e se esista un piano di evacuazione e sicurezza per i cittadini del comprensorio; in tal caso, quali siano le principali caratteristiche del piano, e se questo sia stato concordato con i comuni interessati dall'operazione;
   se il Governo intenda assumere iniziative, in accordo con gli amministratori calabresi, per una corretta informazione dei cittadini in merito ad una operazione così delicata.
(2-00378) «Santelli, Brunetta, Galati».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi abbondanti precipitazioni hanno colpito le regioni Liguria, Emilia Romagna e Toscana creando ingenti danni al territorio;
   particolarmente critica si presenta la situazione in provincia di Modena, ove si registrano più di 600 persone di sfollati, un disperso, strade bloccate da frane e smottamenti, abitazioni e campi allagati, evacuati i comuni di Bastiglia, Bomporto, San Prospero, Medolla;
   intere aziende sono finite sott'acqua con stalle allagate e animali nel fango, coltivazioni di frutta e verdura distrutte, serre sommerse, trattori e attrezzature fuori uso, vigneti doc allagati, piante di olivo travolte dalle frane e dagli smottamenti;
   secondo la Coldiretti si contano oltre duemila ettari di coltivazioni sommerse con grano e altri cereali spazzati via dalla furia delle acque che hanno invaso anche le stalle dove si lavora per mettere in salvo gli animali; nelle campagne manca anche la corrente elettrica nelle abitazioni, nelle cantine e negli stabilimenti di frigoconservazione con il rischio di perdita dei raccolti;
   l'esondazione del Secchia ha colpito la culla del Lambrusco di Sorbara doc e delle pere dell'Emilia Romagna igp, una delle zone dove si ottengono le produzioni di maggior pregio dell'agricoltura locale e regionale;
   i disagi per la popolazione sono enormi nonostante la prontezza degli amministratori, delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, dei volontari e dell'intero sistema della protezione civile;
   inoltre, in questo mese sono particolarmente consistenti le scadenze fiscali a cui diventa problematico far fronte da parte della popolazione colpita dalle alluvioni;
   secondo le prime stime, sono state colpite circa 1.800 aziende dagli allagamenti nel modenese per circa 5.200 addetti provenienti dal commercio, dai servizi, dal manifatturiero, dall'edilizia, dall'agricoltura;
   si tratta di milioni e milioni di euro di danni, ad attrezzature, strutture di produzione e fabbricati;
   i maggiori danni sono stati causati dall'esondazione del fiume Secchia, per cedimento degli argini, e ciò, secondo le agenzie ANSA, a fronte di una piena significativa ma non eccezionale del fiume; per questo la popolazione chiede chiarezza su eventuali inadempienze, mancanze di manutenzione del fiume o negligenze;
   occorrono interventi a carattere strutturale per la prevenzione del rischio idrogeologico e per la manutenzione del territorio per far fronte ad episodi del genere generati da eventi climatici che ormai non sono più l'eccezione, bensì la regola, ogni anno, ma, nell'immediato, occorre dichiarare lo stato di emergenza di carattere nazionale per far fronte ai danni delle proprietà private e procedere alla ricostruzione del territorio devastato del Nord Modenese, nonché lo stato di calamità per far fronte ai danni provocati alle aziende agricole –:
   quali interventi nell'immediato intende assumere il Governo per far fronte alle calamità naturali che negli ultimi giorni hanno colpito le regioni del Nord ed in particolare la provincia di Modena, prima di tutto assumendo iniziative per sospendere tutte le scadenze fiscali per la popolazione colpita, e se intenda dichiarare lo stato di emergenza di carattere nazionale, per far fronte agli ingenti danni alle proprietà private e procedere alla ricostruzione del territorio danneggiato, nonché lo stato di calamità, per far fronte ai danni provocati dalle alluvioni alle aziende agricole e agroalimentari.
(4-03226)


   PAGLIA, LAVAGNO, ZARATTI, ZAN e PELLEGRINO. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel giorno 19 gennaio 2014 a seguito dell'apertura di una falla sull'argine del fiume Secchia, in una fase di piena del fiume stesso, il territorio della provincia di Modena ha subito una fortissima inondazione, che coinvolge attualmente i centri abitati di Bastiglia e Bomporto, e una vasta area comprendente insediamenti agricoli e industriali;
   è possibile stimare sin d'ora come ingenti i danni, soprattutto al settore agricolo, data la vocazione della zona a produzioni ad alto valore aggiunto e l'ampiezza del territorio interessato;
   questa nuova calamità insiste su una provincia già provata dal terremoto del 2012, con una parziale coincidenza dei territori interessati –:
   se il Governo intenda dare immediata e positiva accoglienza alla richiesta di stato di emergenza avanzata dalla regione Emilia Romagna;
   quali iniziative intenda assumere in termini di sospensione degli adempimenti fiscali per le imprese colpite e per i cittadini residenti, in particolare in riferimento agli oneri IUC, e quindi di interventi di indennizzo dei danni diretti e indiretti;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per provvedere al ripristino delle infrastrutture pubbliche danneggiate dall'evento. (4-03227)


   GIUSEPPE GUERINI, LAFORGIA, PASTORINO e SCANU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 ottobre 2013 l'ufficio per il servizio civile nazionale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato — in forza della legge n. 64 del 2001 (recante «Istituzione del servizio civile nazionale») e del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (recante: «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 legge n. 64 del 2001») — il «Bando per la selezione di n. 8.146 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero»;
   l'articolo 3 del citato bando prevede come primo requisito ai fini della partecipazione alla selezione quello di «essere cittadini italiani»;
   tale prescrizione appare chiaramente discriminatoria nei confronti dei cittadini comunitari e non comunitari regolarmente residenti in Italia, precludendo loro qualsiasi possibilità di accedere alle selezioni;
   a tale proposito, giova segnalare che già in seguito alla pubblicazione del precedente Bando per il servizio civile (settembre 2011) era stata da più parti sollevata la medesima contestazione ed erano stati inoltre instaurati due procedimenti innanzi a due distinti tribunali (Brescia e Milano) da parte di cittadini extracomunitari che si dolevano della discriminatorietà del predetto bando in parte qua;
   il tribunale di Milano aveva dichiarato il carattere discriminatorio del bando 2011, con sentenza successivamente confermata sul punto anche da parte della corte d'appello del capoluogo lombardo;
   i ricorrenti avevano inoltre richiesto un parere all'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR), che in data 12 dicembre 2011 aveva concluso auspicando che «il legislatore italiano, con sollecitudine, rimedi alla lacuna normativa, riformando la legge attuale nella parte in cui limita la fruibilità dell'esperienza ai soli cittadini italiani estendendola ai cittadini comunitari ed ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti secondo la previsione di cui all'articolo 41 T.U.I.» e che di conseguenza «venga accolta l'eccezione di illegittimità costituzionale formulata in entrambi i giudizi per la valutazione dell'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 decreto legislativo n. 77 del 2002»;
   ciononostante, si è segnalato come il legislatore nell'emanare il bando del servizio civile per l'anno 2013 abbia riproposto il medesimo requisito tassativo della cittadinanza italiana;
   le richieste di ammissione alla selezione vanno inoltrate entro il 4 novembre 2013 e pertanto si rende necessario ed urgente un intervento che modifichi i requisiti di ammissione, onde impedire il perpetuarsi di un'odiosa ed intollerabile discriminazione ed evitare il prevedibile contenzioso giudiziario che verosimilmente ne scaturirà –:
   quali iniziative intenda assumere per garantire la parità di accesso alle selezioni dei volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero anche ai cittadini comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. (4-03239)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella frazione triestina di Trebiciano, sul Carso, è stata in funzione tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta una discarica di rifiuti solidi urbani a cielo aperto. In pratica doline, grotte e depressioni carsiche sono state riempite con rifiuti per circa 15 anni;
   ad oggi non trova una spiegazione razionale la scelta per questo luogo come discarica, infatti già dalla fine dell'800 era noto come i terreni carsici non avessero alcun potere filtrante sulle acque di percolazione;
   l'area interessata, completamente stravolta visto che oggi si presenta come una collina, copre circa 120.000 metri quadrati e ha accolto almeno 600.000 metri cubi di rifiuti di ogni tipo. In alcune zone lo spessore dei rifiuti supera i 20 metri di profondità;
   alla dismissione della discarica ha fatto seguito un'operazione di bonifica approssimativa, con la copertura della zona ricorrendo a un manto di riporti provenienti dalle opere di demolizione e scavo effettuate nella città di Trieste. L'acqua di ruscellamento, nel tempo, ha asportato buona parte della copertura terrosa e i rifiuti sono ricomparsi;
   l'ex discarica di Trebiciano per l'elevata carsificabilità dell'area e per la mancanza di impermeabilizzazione del fondo, costituisce una grave fonte di inquinamento non solo per il terreno ma anche per le acque sotterranee carsiche;
   a circa 500 metri dall'ex discarica si trova l'Abisso di Trebiciano, una delle grotte visitabili più note della zona, nelle cui profondità scorre il fiume sotterraneo Timavo che drena le acque filtrate dalla zona sovrastante ed alimenta poi le sorgenti di S. Giovanni di Duino, nei pressi del mare;
   negli ultimi anni, a causa di prolungati periodi di siccità, è stato necessario attingere alle sorgenti del Timavo per rifornire d'acqua la provincia di Trieste;
   le grotte e cavità naturali del Friuli Venezia Giulia costituiscono un patrimonio naturale di estrema importanza che va tutelato con determinazione, come ricordato dall'interrogazione 4-02693 del presentante, considerato lo stato in cui versano;
   dal 1990, infatti, il Gruppo grotte del Club alpinistico triestino (CAT) ha avviato una campagna d'informazione sulle grotte inquinate, ostruite e distrutte di cui ha regolarmente aggiornato l'elenco, inviato successivamente al catasto competente;
   secondo i dati raccolti dal CAT, nel 2000 erano ben 383 le cavità sotterranee che presentavano situazioni di degrado di vario tipo, ridotte oggi a 359 (sul versante del Carso triestino) grazie a vari interventi volontari delle associazioni speleologiche locali;
   i 359 ipogei naturali versano in uno stato di degrado allarmante: 52 risultano inquinati, 54 presentano rifiuti, 236 sono ostruiti e 17 addirittura distrutti;
   attualmente il catasto regionale delle grotte comprende circa 7.500 cavità censite e rilevate, 25 delle quali assoggettate a tutela paesaggistica in virtù delle eccezionali caratteristiche di interesse geologico, preistorico e storico, ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 1999 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali). Alcune di queste 25 cavità sono prossime alla ex discarica di Trebiciano;
   sul regolare funzionamento delle discariche regionali si è interessata, il 3 luglio del 2000, la Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti che, in missione a Trieste, ha ascoltato in audizione rappresentanti delle autorità locali e delle imprese interessate. Tra gli altri, sono intervenuti il prefetto, il questore, il procuratore distrettuale antimafia e i rappresentanti delle forze dell'ordine del capoluogo giuliano;
   nel corso delle audizioni sia il prefetto che il questore hanno ridimensionato il fenomeno di infiltrazioni delinquenziali nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, anche se il procuratore distrettuale antimafia, Nicola Maria Pace, ha dichiarato che «la zona di Gorizia, così come quella di Trieste e il Carso in generale, per la loro conformazione geologica costituiscono un luogo ideale per forme di smaltimento clandestine»;
   nel novembre del 2002 una delegazione della Commissione, ricostituita nella XIV Legislatura, è giunta di nuovo a Trieste e ha ascoltato rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e delle associazioni ambientaliste;
   «durante le audizioni – si legge nel documento finale della Commissione – è stato osservato sia dai componenti della Commissione parlamentare, sia da associazioni ambientaliste il grave inquinamento delle cavità naturali dell'altopiano carsico della provincia di Trieste. L'assessore all'ambiente della provincia di Trieste, in merito, ha evidenziato la determinazione dell'amministrazione nell'affrontare, in modo responsabile, questa delicata emergenza ambientale, ribadendo che, effettivamente, esistono delle vere e proprie discariche nelle grotte del Carso. Negli scorsi decenni, nelle grotte carsiche, è stato scaricato di tutto, dall'olio combusto, durante il periodo del governo militare alleato, a materiale di ogni tipo, anche di natura bellica. [....] Con la Regione l'amministrazione provinciale ha attivato le necessarie procedure amministrative per definire specifiche convenzioni, anche con associazioni di speleologi per acquisire ulteriori elementi di valutazione sul reale stato di inquinamento che consentano gli indifferibili interventi mirati, che comunque non potranno prescindere dal diretto coinvolgimento del Ministero dell'ambiente» –:
   se il Ministro interrogato, in necessario raccordo con gli enti locali, intenda promuovere un monitoraggio del sito di Trebiciano, tenendo presente che trattandosi per lo più di terreno carsico dovrebbe essere controllato con particolare attenzione per le ripercussioni sulle falde acquifere sotterranee. (5-01930)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 19 gennaio 2014 il fiume Secchia ha rotto il proprio argine, inondando i comuni di Bastiglia e Bomporto, e la frazione Albereto del comune di Modena, ed oggi vi è la massima allerta nei comuni di Sorbara e Camposanto;
   attualmente ci sono più di seicento sfollati e una persona risulta essere dispersa, a testimonianza di una situazione molto grave che ha colpito una popolazione ed un territorio già duramente messi alla prova da un evento sismico appena diciotto mesi prima, in seguito al quale ancora non sono potuti tornare alla normalità;
   lo stesso territorio è, inoltre, esposto ad ulteriori rischi a causa della forte probabilità che esondi anche il fiume Panaro;
   da 40 anni aspetta di essere finita un'importante opera pubblica quale le casse di espansione del Panaro, che nonostante gli oltre trenta milioni di euro spesi e un'inaugurazione fatta nel 1998, ad oggi risulta non essere mai stata messa in funzione per la mancanza del collaudo –:
   a cosa sia dovuta la rottura dell'argine del fiume Secchia, che ha provocato gli ingenti danni nei citati territori, quale fosse la situazione di pulizia del letto di tale fiume, e a chi competa il controllo di questo aspetto;
   come mai a fronte di piogge non eccezionali nella quantità e nella durata si sia venuta a creare una situazione di tale gravità, e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare che situazioni simili possano verificarsi nuovamente;
   quali iniziative il Governo intenda assumere in favore delle popolazioni colpite dall'alluvione e, in particolar modo, rispetto agli sfollati, nonché ai danni alle abitazioni civili;
   se sia a conoscenza della situazione delle casse di espansione del fiume Panaro, di chi siano le eventuali responsabilità in merito ad essa, e come valuti il mancato collaudo dell'opera. (4-03224)


   OLIARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Sestri è di nuovo emergenza a causa dei troppi liquami provenienti dalla maxidiscarica di Scarpino;
   in merito alla situazione di collasso del sito della discarica di Scarpino causa le forti piogge le vasche di decantazione che raccolgono il percolato hanno tracimato nel Rio Cassinelle e Chiaravagna coprendo l'acqua con schiuma e odore irrespirabile creando il panico tra i residenti che già nei giorni precedenti a causa della abbondanti piogge avevano avvertito esalazioni di ammoniaca e disturbi come nausee, occhi rossi e gole irritate;
   l'assessore comunale all'ambiente Valeria Garrotta ha convocato nel suo ufficio i responsabili dell'igiene della Asl Tre, mentre il pm Cotugno ha chiesto una relazione ai vigili dell'ambiente;
   solo venerdì 17 gennaio 2014 nelle vasche erano arrivati 4 mila metri cubi di percolato in 24 ore, contro i 25 metri cubi che vengono raccolti in condizioni di normalità;
   come riporta la stampa locale, è stata data l'autorizzazione a riversare le acque sporche nei torrenti;
   tale situazione si è creata in seguito alle piogge prolungate e di notevole intensità che hanno colpito il territorio in questi giorni e che continueranno anche nei prossimi;
   Arpal sta effettuando altri accertamenti nel Rio Cassinelle per sapere quanto sia inquinato –:
   quali iniziative si ritenga opportuno assumere al fine di verificare, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, tale situazione di emergenza ambientale che le precipitazioni previste per i prossimi giorni rendono drammatica. (4-03231)


   PETRAROLI, CRIPPA, SEGONI, TERZONI, DE ROSA, BUSTO, DAGA e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il lago di Varese, uno dei più bei laghi d'Italia con interessi storico-culturali e ambientali, vede la presenza di un isolotto con reperti archeologici unici nel suo genere. Il lago di Varese sta morendo, anno dopo anno, per il nefasto processo di eutrofizzazione da imputarsi alle grandi quantità di fosforo presenti nelle sue acque la cui concentrazione è pari a circa 100 mg/m3 nei periodi invernali quando si ha la piena circolazione delle acque; nei periodi di stratificazione si arriva ad avere, nelle parti vicino ai sedimenti, concentrazioni pari a 700-800 mg/m3 (università degli Studi di Milano; sesto forum agenda 21 laghi). Una concentrazione pari a 100 mg/m3, secondo i parametri dell'OECD, definisce il lago inquinato, ponendolo nella categoria di lago ipertrofico, mentre dovrebbe essere mesotrofico, secondo la morfologia e tipologia del lago, con valori di concentrazione di fosforo nelle acque pari a 15-20 mg/m3 (quaderno 3- applicazione autorità del bacino del Po). Pure i sedimenti superficiali presentano elevate concentrazioni di fosforo pari ad un valore di 0,15 per cento (centro comune di ricerche della Commissione europea);
   tale situazione si ripercuote da alcuni decenni ed ha provocato uno sconvolgimento nella flora e fauna del lago;
   infatti, si è persa una importante molteplicità di specie riducendo drasticamente la biodiversità. Si susseguono morie di pesci (l'ultima in ordine di tempo è del 12 ottobre 2012, La Provincia, ASL Varese) ed abnormi fioriture algali nei mesi che vanno da maggio a luglio. In tali periodi le acque del lago si colorano di verde; tale eccessiva fioritura porta alla proliferazione di alghe tossiche e nocive per la salute della vita nel corpo idrico (università dell'Insubria Varese, water research) e, in alcuni casi, anche dei cittadini (ASL, ARPA Varese);
   inoltre la perdita di biodiversità (università dell'Insubria, ARPA Varese centro comune di ricerche della Commissione europea) ha innescato processi di selezione innaturale nel corpo vivente, vegetale e animale, del lago dove specie alloctone hanno il sopravvento aumentando a dismisura il danno ambientale; un esempio lampante è dato dalla pianta acquatica Ludvigia che sta invadendo le sponde del lago (Trans Insubria Bionet, Dario Galli commissario della provincia di Varese);
   le amministrazioni che si sono susseguite negli ultimi venti anni hanno speso senza alcun profitto milioni di euro senza risolvere minimamente il problema; i fondi spesi sono stati elargiti da regione Lombardia, provincia di Varese e comune di Varese –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa e alle azioni che si intendano promuovere per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente a fronte della sempre più grave situazione che emerge sullo stato delle acque del lago di Varese, e se intendano assumere iniziative, anche tramite il Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di acquisire ulteriori elementi al riguardo. (4-03233)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 15 gennaio 2014, l'agenzia di stampa ANSA ha riportato le dichiarazioni dell'assessore al turismo della regione Emilia Romagna, Maurizio Melucci, membro del consiglio di amministrazione dell'Enit, che ha duramente contestato la «resistenza all'innovazione da parte del ministero della Cultura»;
   secondo Melucci «il passaggio del turismo dal Ministero degli affari regionali come era con il Ministro Gnudi, al Ministero della cultura (MIBACT), sia per lungaggini di carattere burocratico ma anche per un prevalente atteggiamento culturale ha ritardato la soluzione dei problemi. Le regioni avrebbero preferito che il turismo fosse collocato nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico. I beni culturali sono strategici ma nel turismo continuiamo a perdere quote di mercato»;
   l'assessore ha poi ricordato che «abbiamo un appuntamento irripetibile, l'Expo, non è pensabile che a fronte di questa vetrina mondiale il settore non sia nella condizioni di agire al meglio» e che quindi «è urgente e non più rinviabile un'azione del Governo sulle politiche del turismo»;
   queste dichiarazioni di Melucci appaiono condivisibili visto che l'Esecutivo presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri Letta finora, a giudizio dell'interrogante, non si è interessato seriamente al comparto turistico, volano per la ripresa economica del Paese, avendo esso contribuito nel 2012 al prodotto interno lordo (Pil) con oltre 130 miliardi di euro e con circa 2,2 milioni di persone occupate;
   il Governo in carica, infatti, si è limitato a trasferire, con l'articolo 1 della legge n. 71 del 2013 di conversione del decreto «omnibus» sull'emergenza ambientale (n. 43 del 2013), le funzioni del dipartimento del turismo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero per i beni e le attività culturali (commi 2-8), congelando di fatto l'operatività amministrativa del dipartimento stesso;
   quest'intervento ha causato la paralisi delle attività, come confermato dall'assessore Melucci, per le complesse procedure di trasferimento al Ministero delle risorse umane, strumentali e finanziarie del Dipartimento. I tempi del trasferimento, infatti, sono estremamente lunghi e tutte le risorse allocate al Dipartimento dovranno essere versate al Ministero dell'economia e delle finanze che successivamente dovrà ritrasferirle agli altri dicasteri sui quali ricadranno le azioni pianificate dal Dipartimento;
   la lentezza burocratica determinata dal provvedimento governativo rischia di bloccare per mesi oltre 100 milioni di euro di trasferimenti alle regioni per progetti di eccellenza, 8 milioni per le reti d'impresa, 10 milioni per i progetti innovativi degli enti locali, circa 5 milioni per gli ultimi 2 anni di contributi ad enti locali e associazioni per la promozione del turismo, quasi 5 milioni per i buoni vacanze, 3 milioni per circa 2000 pratiche di rimborso ai consumatori per il fondo di garanzia, 6 milioni per l'alta formazione professionale e 10 milioni per la programmazione di fondi strutturali –:
   quali iniziative urgenti saranno adottate a supporto del settore turistico, duramente provato dalla crisi economica in corso e per il quale il cambio di competenze istituzionali ha paradossalmente causato ulteriori problemi invece di risolverli. (5-01921)


   OLIVERIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 18 gennaio 2013 le acque del fiume Grati invasero l'area archeologica di Sibari sommergendo di fango l'intero sito della Magna Grecia;
   le immagini di quel disastro colpirono l'opinione pubblica e le istituzioni furono incalzate per assumersi le proprie responsabilità al fine di evitare che un patrimonio di valore inestimabile rimanesse seppellito per l'incuria e la scelleratezza della mano dell'uomo;
   l'allora Ministro per la coesione territoriale, Luciano Barca, effettuò un sopralluogo e il Governo stanziò 21 milioni di euro;
   a distanza di un anno un significativo editoriale apparso il 29 dicembre 2013 sul Corriere della sera ha evidenziato come la situazione del sito archeologico di Sibari si trovi ancora in una situazione di drammatica criticità e con una potenzialità inespressa per la mancata realizzazione degli interventi di messa in sicurezza che si sarebbero dovuti effettuare;
   stesso discorso vale per l'alluvione che in autunno ha colpito il sito archeologico di Metaponto in Basilicata dove l'esondazione di Bradano e Basento ha sommerso un altro dei luoghi simbolo della Magna Grecia, la quinta alluvione in quattro anni, e anche qui per mancata messa in sicurezza del territorio;
   la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale di siti come quelli di Sibari e Metaponto rappresentano una delle opportunità di rilancio del Mezzogiorno –:
   quale sia lo stato dei lavori e il cronoprogramma per gli interventi in favore del sito archeologico di Sibari, se siano altresì previsti interventi anche per il sito di Metaponto e se da parte del Ministero vi sia l'intenzione di promuovere un più ampio progetto di valorizzazione dell'antica Magna Grecia in considerazione dell'inestimabile valore culturale dei siti in questione e della loro capacità di fungere da attrattori per un sud che cambia.
(5-01922)

Interrogazione a risposta scritta:


   ORFINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Calabria ed il comune di San Floro hanno autorizzato la costruzione di una discarica di grandi dimensioni in località Battaglina, su un terreno di proprietà demaniale del comune di Borgia;
   la regione Calabria, con decreto del Presidente della Giunta Regionale (n. 41 del maggio 2013), ha autorizzato lo smaltimento diretto in discariche private dei rifiuti solidi urbani senza il preventivo trattamento e, quindi, senza l'inertizzazione prevista dalla legge italiana e comunitaria;
   le associazione ambientaliste ed i sindaci del comprensorio sottolineano che diversi comuni della provincia utilizzano l'acqua proveniente da tale località e che non risulta vi sia stata una verifica sulla qualità delle acque sotterranee (pur risultando una delle prescrizioni nel decreto AIA);
   dai verbali della conferenza dei servizi che ha istruito la pratica risulta che la provincia di Catanzaro è intervenuta rilasciando nulla-osta a porzione del progetto, mentre è mancata la partecipazione della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici; ed il Comitato «No discarica Battaglina» denunzia che il nulla osta idrogeologico rilasciato alla ditta costruttrice potrebbe riferirsi ad area diversa da quella destinata alla discarica;
   il Comitato «NO discarica Battaglina» ha inoltrato istanza a tutte le autorità competenti sostenendo, tra l'altro, che diverse irregolarità e vizi sul procedimento amministrativo riguarderebbero l'inesistenza agli atti della prescritta valutazione di impatto ambientale, la cui acquisizione preventiva è obbligatoria e propedeutica all'autorizzazione; l'inesistente preventiva e prescritta autorizzazione paesaggistica per tutto il progetto presentato, rilasciata dal competente servizio provinciale per conto dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, che non ha partecipato né espresso alcun parere in merito; mancherebbe inoltre l'indagine preliminare sui corsi d'acqua sotterranei, per escludere fenomeni di inquinamento della acque, a garanzia dei LEA (livelli essenziali di assistenza ai cittadini da parte del Servizio sanitario regionale);
   l'area interessata alla realizzazione della discarica è oggetto di vincolo per la sussistenza di usi civici (i beni gravati da usi civici sono per legge inalienabili, inusucapibili e soggetti a vincolo di destinazione e il diritto di esercizio degli usi civici in capo ai cittadini è imprescrittibile) e di vincolo tutorio paesaggistico ambientale nonché di vincoli assoluti a causa degli incendi del 7 agosto 2007 (le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere mutazione di destinazione rispetto a quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni e sono inoltre sottoposte a vincolo assoluto di inedificabilità per almeno dieci anni dall'evento); di vincolo sismico, essendo classificata come zona a rischio di livello 1; inoltre nell'area insiste un vincolo idrogeologico di tipo inibitorio –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda intraprendere a tutela del paesaggio con specifico riferimento ai vincoli di carattere paesaggistico che connotano l'area. (4-03237)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   CAUSIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dopo due anni è sempre più forte la preoccupazione in merito alla vicenda dei due marò italiani, accusati della morte di due pescatori indiani, avvenuta durante una sparatoria al largo delle coste del Kerala, in India;
   la Corte suprema di New Delhi ha rinviato, lunedì 20 gennaio 2014, la sua udienza sul caso dei due marò italiani. Secondo i media indiani, la suprema giurisdizione dell'India ha deciso, in una veloce seduta, di aggiornare l'udienza al 3 febbraio 2014, sollecitando l'Esecutivo di Delhi a risolvere il conflitto di vedute al suo interno;
   l'inviato del Governo italiano per i marò, Staffan de Mistura, rientrando in Italia ha riferito – durante il vertice della scorsa settimana a Palazzo Chigi con i rappresentanti del Ministero degli affari esteri, della difesa e della giustizia – che «i nostri avvocati insisteranno fortemente perché si accelerino i tempi», mentre il Ministro Mauro ha evidenziato che «sono state disattese le richieste della Corte indiana che indicava dei tempi e dei limiti sul giudizio del Tribunale non rispettati, e che per questo si chiede che i nostri soldati tornino a casa»;
   purtroppo il ricorso da parte dell'Italia di fronte alla Corte suprema indiana potrebbe comportare una tacita forma di riconoscimento della competenza giurisdizionale dell'India sull'intera vicenda, in tal modo compromettendo una equa e rispettosa soluzione del diritto internazionale per l'Italia;
   in base alle norme della Convenzione delle Nazioni Unite, la competenza a decidere se i due marò, che esercitavano un'attività di difesa di una nave italiana contro la pirateria in acque internazionali, siano o meno colpevoli spetterebbe all'Italia –:
   quali urgenti iniziative intenda attuare e quali siano gli aggiornamenti in merito alla vicenda e alla luce dei nuovi fatti emersi, garantendo, per quanto di propria competenza, il rispetto delle norme internazionali e impedendo che vengano ulteriormente procrastinati i termini per il rilascio dei due militari.
(3-00571)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   CAUSI e RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa;
   l'articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010 stabilisce che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi ai procedimenti di mediazione finalizzati alla conciliazione delle controversie civili e commerciali sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura;
   il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, all'articolo 10, ha modificato a decorrere dal 1o gennaio 2014 l'aliquota in tema delle imposte di registro, ipotecarie e catastale relative ai trasferimenti immobiliari e, contestualmente, al comma 4 del citato articolo 10 ha stabilito che, in relazione ai trasferimenti indicati all'articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al Testo unico registro, sono soppresse «tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali», ciò che comporterà, in luogo degli attuali regimi incentivanti l'imposizione proporzionale nella misura del 9 per cento o del 12 per cento;
   l'ampia formulazione del citato comma 4 dell'articolo 10 pone il problema di stabilire quali tra le disposizioni previste da leggi speciali ed aventi ad oggetto gli atti indicati nell'articolo 1 della Tariffa, Parte prima, siano qualificabili come le «esenzioni e agevolazioni tributarie» a cui si riferisce il legislatore, tanto che il 27 novembre 2013, in risposta all'interrogazione 5-01523 presentata dall'onorevole Renate Gebhard, il Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze, Pier Paolo Baretta, assicurava che «Sarà cura dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con il Dipartimento delle finanze, nell'ambito della propria attività istituzionale di interpretazione delle norme tributarie, fornire in tempo utile chiarimenti in merito all'applicazione delle nuove disposizioni»;
   ad oggi l'Agenzia delle entrate non ha ancora emanato alcuna circolare esplicativa per chiarire l'ambito di applicazione della nuova normativa, nel frattempo già entrata in vigore, chiarimento che è di fondamentale importanza per assicurare certezza, tra l'altro, per la definizione degli assetti patrimoniali della famiglia in occasione di procedimenti di separazione o di divorzio, nonché nei procedimenti di mediazione e conciliazione, nei quali le esenzioni ed agevolazioni previste favoriscono la deflazione del contenzioso giudiziario;
   il Consiglio del notariato, nello studio tributario n. 1011 approvato il 13 dicembre 2013, ha avuto modo di evidenziare che, ferma restando l'applicabilità di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie riferite ad atti non riconducibili all'ambito applicativo dell'articolo 10 (ovvero non riconducibili ad atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di immobili), «la soppressione non dovrebbe riguardare, allora, quelle disposizioni aventi un ambito più ampio, funzionali a particolari “istituti” o al perseguimento di determinati fini o interessi rispetto ai quali il trasferimento di beni non costituisce l'oggetto dei regimi di favore e che potrebbero trovare applicazione anche (ma non solo) rispetto ai trasferimenti immobiliari, a prescindere dalla loro natura onerosa o gratuita»;
   a parere del notariato, non è ragionevole infatti ritenere che la soppressione operi con taglio «lineare» travolgendo «quei regimi fiscali agevolati fondati su situazioni di particolare meritevolezza sul piano dei principi e delle guarentigie costituzionali, pena la possibile sospetta “irragionevolezza”» della previsione soppressiva, tra i quali rilevano in modo particolare «il regime agevolato dettato per la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi separati o tra ex-coniugi, fondato come è noto sulla tutela e sulla semplificazione della difesa in ambito giudiziale dei diritti riconosciuti a quei soggetti, (cfr. articolo 24 Cost.), riguardati nella particolarità dello “status” personale ed affettivo in cui versano per effetto di un procedimento giurisdizionale afferente la loro unione o ex-unione», e «analogamente (e per raffronto al medesimo articolo 24 Cost.) per il regime agevolato in ambito di mediazione, conciliazione giudiziale e predibattimentale»;
   il notariato ricorda altresì «che si tratta di una soppressione e non già di un'abrogazione il che avvalora la tesi per cui la ricomposizione del quadro disciplinare all'esito della novella deve avvenire avuto riguardo alla finalità di “sopprimere” discipline derogatorie rispetto a quella che si vuole assumere come tassazione ordinaria dei trasferimenti di beni immobili a titolo oneroso», senza «voler alterare le scelte stratificatesi nel tempo in ordine alle finalità perseguite dal legislatore, anche in termini di tutela di beni interessi e di raggiungimento di canoni di civiltà giuridica (tutela della famiglia e del diritto di difesa, deflazione del contenzioso, ricomposizione fondiaria, riqualificazione del territorio, eccetera)»;
   quanto ai procedimenti di separazione e divorzio, l'interpretazione che esclude l'intervenuta soppressione delle agevolazioni tributarie è sostenuta anche da autorevoli studiosi, sulla base dell'ulteriore considerazione che l'esenzione prevista dall'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 riguarda una tipologia di trasferimenti immobiliari effettuati «senza corrispettivo», non solo da un coniuge all'altro, ma anche a favore dei figli, dunque, non a titolo oneroso e come tali esclusi dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 23 del 2011 –:
   se non ritenga di sollecitare l'Agenzia delle entrate affinché quanto prima fornisca chiarimenti in ordine alla interpretazione della norma di cui al comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011 nel senso di escludere dall'intervenuta soppressione delle esenzioni ed agevolazioni tributarie i trasferimenti, immobiliari effettuati nell'ambito di procedimenti di separazione e divorzio ex articolo 19 della legge n. 74 del 1987 e dei procedimenti di mediazione e conciliazione ex articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010. (5-01927)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio 2014, seguito dell'apertura di una falla sull'argine del fiume Secchia, in una fase di piena del fiume stesso, il territorio della provincia di Modena ha subìto una fortissima inondazione, che tutt'oggi coinvolge i centri abitati di Bastiglia e Bomporto, oltre ad una vasta area comprendente insediamenti agricoli e industriali;
   sono oltre 600 gli sfollati in conseguenza dell'evento, e risultano difficilmente agibili, nonostante il miglioramento delle condizioni meteo e ambientali, viabilità e servizi pubblici, senza che sia possibile prevedere un ritorno alla normalità nei prossimi giorni;
   il 24 gennaio 2014 è il termine di numerose scadenze fiscali da ottemperare tramite bollettini e modelli F24, il rispetto delle quali potrebbe essere molto difficile per tutti quei contribuenti residenti nei comuni interessati in tutto o in parte dall'alluvione e per i quali è stato richiesto, dalla regione Emilia Romagna, lo stato di emergenza –:
   se il Governo non ritenga opportuno differire, adottando iniziative normative, il suddetto termine al fine di far onorare ai contribuenti di cui in premessa gli obblighi fiscali senza incorrere in sanzioni.
(5-01928)


   CANCELLERI e BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) agisce, su mandato del Governo, per accrescere la competitività del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo dell'economia;
   in particolar modo, la richiamata Agenzia Invitalia, prevede la concessione di finanziamenti a tasso agevolato, di contributi a fondo perduto e di servizi di assistenza tecnica per tre tipologie di iniziative: «lavoro autonomo, microimprese e franchising»;
   le agevolazioni concesse in materia di «microimpresa» sono rivolte alle persone che intendono avviare un'attività imprenditoriale di piccola dimensione in forma di «società di persone», risultando escluse «le ditte individuali, le società di capitali, le cooperative, le società di fatto e le società aventi socio unico»;
   l'articolo 2 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, l'articolo 44 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, l'articolo 9 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99 – hanno introdotto delle semplificazioni per le «società a responsabilità limitata», facilitando la costituzione delle medesime e riducendo i costi per l'avvio di attività d'impresa;
   sarebbe proficuo estendere le agevolazioni anche ad altre fattispecie societarie e, in particolar modo, alle suddette «società a responsabilità limitata»;
   non è chiaro se nella quota del 10 per cento del totale dell'investimento, riservato alle spese di ristrutturazione, siano annoverabili anche le spese sostenute per l'acquisto di pannelli solari, impianti di geotermia e condizionatori;
   l'utilizzo di pannelli solari, di impianti di geotermia e condizionatori consente alle imprese di ridurre i costi di gestione;
   l'Agenzia «Invitalia» risulta essere un valido ed efficace strumento di finanziamento alle imprese e di sviluppo dell'economia, utile, altresì, alla ripresa dell'economia nazionale;
   a seguito dell'interpellanza urgente n. 2-00341, il Sottosegretario Vicari in qualità di rappresentante del Governo, ha rimandato al Ministro dell'economia e delle finanze alcune risposte evidenziando in particolare come alcune questioni affrontate in quella sede riguardino le competenze dell'Agenzia delle entrate –:
   se il Ministro interrogato intenda, per quanto di propria competenza, assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, al fine di estendere le agevolazioni previste per le «microimprese» anche alle ditte individuali, alle società a responsabilità limitata, alle cooperative, alle società di fatto ed alle società a responsabilità limitata aventi socio unico e ricomprendere nella quota del 10 per cento del totale dell'investimento, riservato alle spese di ristrutturazione, anche l'acquisto di pannelli solari, impianti di geotermia e condizionatori. (5-01929)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri del 26 giugno 2012 ha esaminato il testo dell'Accordo sullo scambio di informazioni sottoscritto in data 13 marzo 2012 dall'Italia e dal Jersey;
   l'Accordo, non ancora in vigore, potrebbe rappresentare un significativo passo verso una maggiore e più effettiva trasparenza fiscale nei rapporti tra i due Paesi. Accordi analoghi sono stati sottoscritti anche con Bermuda e le Isole Cook;
   l'Accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Jersey è stato negoziato e sottoscritto, in data 13 marzo 2012, sulla base del modello di tax information exchange agreement, approvato dall'OCSE nel 2002;
   scopo del modello 2002 è la promozione della cooperazione internazionale in materia fiscale. Esso è stato elaborato dal global forum working group on effective exchange of information, costituito da rappresentanti degli Stati membri dell'OCSE e da delegati di Aruba, Bermuda, Bahrain, Isole Cayman, Cipro, Isola di Man, Malta, Mauritius, Antille olandesi, Seychelles e San Marino;
   il modello 2002, non avente carattere vincolante («is not a binding instrument»), è allo stesso tempo uno strumento multilaterale e un modello per la conclusione di agreement bilaterali in materia di scambio di informazioni. La versione bilaterale rappresenta lo standard universalmente accettato per la negoziazione e conclusione di agreement sullo scambio di informazioni;
   la lotta dell'OCSE e della comunità internazionale nei confronti dei paradisi fiscali ha portato, soprattutto negli ultimi anni, ad un significativo allineamento agli standard internazionali di trasparenza e scambio di informazioni, da parte dei Paesi cosiddetti «non cooperativi». Molti di questi, per effetto della sottoscrizione di accordi specifici sullo scambio di informazioni sulla base del modello 2002, sono ora inclusi nella cosiddetta «white list» dell'OCSE, la quale comprende le giurisdizioni che hanno effettivamente implementato i principi di trasparenza fiscale;
   Jersey risulta incluso nella cosiddetta «white list» già nell'aprile 2009, quando l'OCSE, in concomitanza con il meeting del G20 di Londra, ha pubblicato il primo «Progress Report on the jurisdictions surveyed by the Global Forum in implementing the internationally agreed tax standards»;
   l'entrata in vigore dell'Accordo di cui sopra, sarebbe uno strumento utile in questo particolare momento per far chiarezza sulla problematica che riguarda i fondi trasferiti in quel Paese relativi all'Ilva spa, poiché pare che i Riva lì possiedano una holding che detiene una significativa quota della predetta società;
   anche con l'ultimo decreto-legge n. 136 del 10 dicembre 2013 si prevede la messa a disposizione di somme sequestrate per l'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale e per l'adozione delle misure previste dal piano industriale far fronte alle problematiche di natura ambientale sanitaria;
   ulteriori ritardi aggraverebbero le già «accertate violazioni delle prescrizioni in materia di tutela ambientale e sanitaria» attribuibili all'Ilva spa –:
   quali iniziative concrete i Ministri interrogati abbiano intenzione di porre in essere al fine di rendere operativo l'accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale sottoscritto in data 13 marzo 2012 dall'Italia e dall'isola di Jersey. (4-03219)


   DAGA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, DE ROSA, ZOLEZZI, SEGONI e GRILLO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Il diritto alla abitazione rientra nella categoria dei diritti fondamentali inerenti alla persona, in forza dell'interpretazione desumibile da diverse pronunce dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) e nelle sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, che delineano i rapporti tra ordinamento interno e diritto sovranazionale. In forza di tale interpretazione il diritto all'abitazione rientra a pieno titolo tra i diritti fondamentali, dovendosi ricomprendere tra quelli individuabili ex articolo 2 della Costituzione, la cui tutela «non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'articolo 2 Cost., ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana ...» (Cass., SS.UU civ., 11 novembre 2008 n. 26972/75 cit.); Il diritto all'abitazione è, quindi, protetto dalla Costituzione entro l'alveo dei diritti inviolabili ai cui all'articolo 2 Cost. «(Corte cost. 28 luglio 1983, n. 252; Corte cost. 25 febbraio 1988, n. 217; Corte cost. 7 aprile 1988, n. 404; Corte cost. 14 dicembre 2001, n. 410; Corte cost. 21 novembre 2000, n. 520; Corte cost. 25 luglio 1996, n. 309)»;
   la costituzionalità di un decreto-legge deve essere verificata anche in funzione del disposto dell'articolo 77 della Costituzione, secondo cui il decreto-legge deve essere emanato dal Governo in casi di necessità ed urgenza;
   quella abitativa è una questione urgente in Italia dove una famiglia su 10 si trova in condizione di povertà relativa mentre una famiglia su 20 si trova in povertà assoluta e circa il 57 per cento del totale detiene un reddito inferiore alla media;
   nel nostro Paese negli ultimi 20 anni le politiche abitative non hanno avuto cambiamenti strutturali ed ora si ricercano soluzioni all'emergenza che abbiamo di fronte; un Paese dove è alta la percentuale delle famiglie italiane proprietarie di casa, ha invece relegato, a lungo, la questione abitativa ai margini delle agende politiche, nazionali e locali;
   da qualche anno, però, la questione abitativa ha assunto una nuova centralità. Il mercato immobiliare, infatti, risponde con sempre maggiore difficoltà ai fabbisogni, non solo delle fasce sociali più deboli, ma investe una sempre più ampia «fascia grigia»: persone sole, nuclei familiari monogenitori, giovani coppie, lavoratori precari, immigrati, studenti, anziani soli, e altri;
   quindi quella che viene definita come emergenza abitativa è sempre più determinata, così, non tanto dalla domanda di alloggi di chi non ha una casa in cui vivere, ma da chi ha una casa e paga, con sempre maggiore difficoltà, un canone di affitto (o una rata di mutuo). Al progressivo aumento dei costi per l'acquisto e l'affitto delle case si è associato un generale impoverimento delle famiglie, con la conseguenza che è cresciuto il numero di quanti incontrano difficoltà nel sostenere le spese per il mantenimento della propria abitazione;
   Il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante: «Disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici», è stato convertito in legge lo scorso 28 ottobre 2013;
   l'articolo 6 del citato decreto-legge «Misure di sostegno all'accesso all'abitazione e al settore immobiliare» prevede:
   1. All'articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 7, è aggiunto il seguente: «7-bis. Fermo restando quanto stabilito al comma 7, la Cassa depositi e prestiti S.p.A., ai sensi del comma 7, lettera a), secondo periodo, può altresì fornire alle banche italiane e alle succursali di banche estere comunitarie ed extracomunitarie, operanti in Italia e autorizzate all'esercizio dell'attività bancaria provvista attraverso finanziamenti, sotto la forma tecnica individuata nella convenzione di cui al periodo seguente, per l'erogazione di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali da destinare all'acquisto dell'abitazione principale, preferibilmente appartenente ad una delle classi energetiche A, B o C, e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica, con priorità per le giovani coppie, per i nuclei familiari di cui fa parte almeno un soggetto disabile e per le famiglie numerose. A tal fine le predette banche possono contrarre finanziamenti secondo contratti tipo definiti con apposita convenzione tra la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e l'Associazione Bancaria Italiana. Nella suddetta convenzione sono altresì definite le modalità con cui i minori differenziali sui tassi di interesse in favore delle banche si trasferiscono sul costo del mutuo a vantaggio dei mutuatari. Ai finanziamenti di cui alla presente lettera concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. alle banche, da destinare in via esclusiva alle predette finalità, si applica il regime fiscale di cui al comma 24.»;
   nell’Home Page del sito ufficiale di Cassa depositi e prestiti si legge in primo piano: «Al via le misure a sostegno del mercato immobiliare residenziale: A meno di un mese dalla conversione in legge del decreto-legge 102 del 2013, al via il Plafond Casa, destinato a favorire l'accesso delle persone fisiche ai mutui per l'acquisto di immobili ad uso abitativo e per interventi di ristrutturazione con accrescimento dell'efficienza energetica e attivato il programma di acquisti di obbligazioni bancarie garantite e altri titoli emessi a fronte di mutui residenziali»;
   come in altri strumenti, una specifica Convenzione tra CDP e l'Associazione bancaria Italiana regola le linee guida e le regole applicative per l'utilizzo delle risorse;
   il Plafond CASA è destinato al finanziamento, tramite mutui garantiti da ipoteca, dell'acquisto di immobili residenziali, con priorità per le abitazioni principali, preferibilmente appartenenti ad una delle classi energetiche A, B o C e/o di interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica, con priorità per le giovani coppie, per i nuclei familiari di cui fa parte almeno un soggetto disabile e per le famiglie numerose;
   Beneficiari dello strumento sono le persone fisiche che accedono ai mutui concessi dalle Banche aderenti;
   l'accesso al plafond è regolato «a sportello», fino ad esaurimento dello stesso;
   nella fase di avvio, una quota del 30 per cento del Plafond è riservata alle Banche del Sistema del Credito Cooperativo e delle banche piccole e minori;
   il Plafond Casa: prevede in base al decreto sopra riportato lo stanziamento di 2 miliardi di euro di provvista agli istituti di credito per favorire l'accesso ai mutui da parte di soggetti privati, per l'acquisto e la ristrutturazione con efficientamento energetico di immobili residenziali.
   sempre nel sito di Cassa depositi e prestiti si legge che:
    «La Convenzione CDP-ABI ha previsto un apposito Modello di «richiesta Finanziamento Beneficiario», che i soggetti privati devono utilizzare per attivare presso le Banche aderenti l'istruttoria creditizia. La Banca può, a propria discrezione, integrare il Modello, con ulteriori elementi di approfondimento istruttorio.
    termini e condizioni dei Finanziamenti Beneficiario sono negoziati e determinati dalle Banche nella loro autonomia. I procedimenti istruttori e di delibera interni non sono in alcun modo influenzati o monitorati da CDP. L'utilizzo della provvista CDP deve portare a un miglioramento delle condizioni finanziarie offerte ai Beneficiari rispetto a quelle normalmente praticate dalla Banca nell'erogazione di finanziamenti della medesima specie erogati con provvista diversa.
    le banche esaminano le richieste e decidono l'eventuale concessione del credito, assumendone il rischio. Spettano alle Banche tutti gli adempimenti di natura regolamentare derivanti o connessi alla concessione dei Finanziamenti Beneficiario (antiriciclaggio, identificazione della clientela, obblighi di trasparenza e in materia di legge sull'usura, ecc.). La Banca esamina con priorità le domande di mutuo formulate dai Beneficiari Prioritari, individuati dalla normativa.
    ciascuna Banca deve fornire adeguata e diffusa pubblicità all'iniziativa, sia nelle proprie filiali che attraverso la diffusione cartacea e/o via web di appositi spazi informativi in modo da consentire un'immediata differenziazione del Plafond casa, rispetto ad altri prodotti standard. Inoltre, a fronte delle richieste di finanziamento formulate dai beneficiari, le banche sono tenute ad informare la clientela dell'esistenza e delle condizioni dei prodotti che si avvalgono della provvista CDP. le Banche garantiscono l'accesso ai propri processi di istruttoria a tutti i beneficiari su tutto il territorio nazionale, senza alcuna discriminazione;
    in ciascun contratto relativo ai finanziamenti beneficiario deve essere specificato che l'operazione è stata realizzata utilizzando la provvista messa a disposizione dalla CDP, indicandone il relativo costo e durata, nonché il vantaggio riconosciuto al Beneficiario in termini di riduzione del tasso annuo nominale (TAN), espresso in punti percentuali annui o in basis point annui, prendendo a riferimento le condizioni standard come determinate, alla data di stipula del finanziamento beneficiario, dai vigenti fogli informativi relativi a finanziamenti con provvista diversa, ma aventi analoga natura, finalità, durata e tipologia di tasso (fisso o variabile). Purtroppo nel sito non vi è traccia della lista delle banche contraenti e al cittadino appare solo una breve comunicazione nella quale si afferma che la Cassa Depositi e Prestiti pubblicherà e terrà costantemente aggiornato l'elenco delle banche contraenti il Plafond CASA, man mano che i singoli istituti bancari aderiranno all'iniziativa. Ma a quasi tre mesi dalla conversione in legge del Decreto questo elenco non è stato ancora pubblicato e quindi il cittadino che desideri usufruire di tale Plafond non sa a quale istituto bancario potersi rivolgere;
    Cassa depositi e prestiti dalla sua nascita e sino al 2003 aveva funzioni ben precise: era un ente dello Stato, con il compito di raccogliere il risparmio postale dei cittadini e dei lavoratori e di tutelarlo attraverso un interesse basso – trattandosi di risparmio «a vista», ovvero ritirabile in qualsiasi momento – ma garantito dallo Stato. Contemporaneamente, l'insieme del gettito raccolto veniva convogliato ad un unico scopo: finanziare a tassi calmierati gli investimenti degli enti locali. Si trattava a tutti gli effetti di una doppia funzione pubblica e sociale, fuori da logiche di mercato;
   Nel 2003, Cassa Depositi e Prestiti viene trasformata in Spa e le fondazioni bancarie entrano nel suo capitale sociale (con il 30 per cento, oggi ridotto al 18 per cento). Da quel momento e progressivamente, Cassa depositi e prestiti muta strutturalmente la propria funzione che, da pubblica, diviene privatistica, ovvero finalizzata alla produzione di dividendi per gli azionisti (Ministero del Tesoro e fondazioni bancarie). Nel contempo assume sempre più funzioni, alcune per conto dello Stato, altre come soggetto operante a tutto campo nell'economia del Paese a sostegno di puri interessi privati;
   infine, l'articolo 6 «Misure di sostegno all'accesso all'abitazione e al settore immobiliare» prevede inoltre:
    b) dopo il comma 8-bis, è aggiunto il seguente: «8-ter. Fermo restando quanto previsto dai commi precedenti, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. può acquistare obbligazioni bancarie garantite emesse a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali e/o titoli emessi ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali.».
  2. La dotazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, istituito dall'articolo 2, comma 475 della Legge n. 244 del 2007, è incrementata di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 la cui destinazione abbia particolare riguardo nei confronti delle famiglie numerose;
  3. All'articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'articolo 2, comma 39, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, concernente l'istituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari mono genitoriali con figli minori, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «A decorrere dall'anno 2014, l'accesso al Fondo è altresì consentito anche ai giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico di cui all'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92; a tal fine si applica la disciplina prevista dal decreto interministeriale di cui al precedente periodo. La dotazione del Fondo e'incrementata di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.».
  4. Al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, recante «Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo», è assegnata una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
  5. È istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Le risorse del Fondo possono essere utilizzate nei Comuni ad alta tensione abitativa che abbiano avviato, entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, bandi o altre procedure amministrative per l'erogazione di contributi in favore di inquilini morosi incolpevoli. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le risorse assegnate nei provvedimenti comunali che definiscono le condizioni di morosità incolpevole che consentono l'accesso ai contributi. Le risorse di cui al presente comma sono assegnate prioritariamente alle regioni che abbiano emanato norme per la riduzione del disagio abitativo, che prevedano percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto, anche attraverso organismi comunali. A tal fine, le prefetture-uffici territoriali del Governo adottano misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto.
  6. All'articolo 2, comma 23, primo periodo, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni». –:
   se sia stato predisposto l'elenco delle banche contraenti il plafond CASA e, in caso affermativo, per quale ragione, a quasi tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del Decreto Legge n. 102, non sia stato ancora pubblicato sul sito della Cassa depositi prestiti e su altri siti istituzionali, vista l'importanza che tali informazioni hanno per i cittadini;
   in che modo il Governo intenda porre rimedio a questo incomprensibile ritardo;
   come si stiano adoperando, il Governo e i Ministeri interrogati, rispetto all'attuazione degli altri commi dell'articolo 6 del decreto legge n.102 relativo alle «Misure di sostegno all'accesso all'abitazione e al settore immobiliare». (4-03230)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   una parte significativa delle risorse umane per il trattamento penitenziario è rappresentata da psicologi e criminologi penitenziari, quali esperti ai sensi del comma 4 dell'articolo 80 dell'Ordinamento penitenziario (legge n.  354 del 1975) reclutati, a partire dal 1978, tramite selezione pubblica «per titoli è per esame» ed inseriti in specifici elenchi di idoneità;
   gli psicologi ed i criminologi convenzionati con l'amministrazione penitenziaria, nel corso dei trentacinque anni trascorsi, hanno garantito tutti gli interventi necessari a favore dei detenuti quali il sostegno, l'osservazione della personalità e il trattamento per favorire il cambiamento e combattere la recidiva, svolgendo un lavoro delicato, che richiede una lunga esperienza, con forti ricadute sulla sicurezza sociale e sulla salute dei detenuti e che è stato disciplinato con contratti precari (annuali e rinnovati per decenni), con retribuzioni minimali per circa 20 ore mensili in media;
   nel 2005 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha sottoscritto con il Consiglio nazionale ordine psicologi (CNOP) e all'Associazione unitaria psicologi italiani (AUPI) un protocollo di intesa in cui si sancivano aspetti importanti quali:
    il riconoscimento del ruolo professionale;
    l'impegno ad una rideterminazione degli organici (e monte ore più adeguato);
    la previsione di un servizio o presidio anche attraverso proposte normative (una migliore organizzazione dell'intervento);
    l'impegno a rivedere i compensi orari (tenendo conto, ovviamente, delle risorse disponibili) per renderli adeguati rispetto alle previsioni dell'Accordo Collettivo Nazionale per gli psicologi ambulatoriali (che non comporta un regime di dipendenza);
    l'impegno a promuovere un rapporto di lavoro «a qualsiasi titolo» a tempo indeterminato;
    la determinazione a non disperdere la professionalità di settore e «non vanificare le legittime aspettative di futura stabilizzazione» e favorire la continuità delle convenzioni annuali;
   nel 2007 il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per trovare una soluzione definitiva, propose un intervento normativo sostenendo che: «(...) l'apporto fornito dagli esperti psicologi e dai criminologi, di cui all'articolo 80 dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), è di fondamentale importanza e favorisce, in un quadro di necessario rapporto sinergico con le altre professionalità presenti negli istituti, una compiuta conoscenza delle problematiche personologiche e psicologiche alla base dei comportamenti devianti dei detenuti, indispensabile per la formulazione dei giudizi prognostici, propedeutici al progetto di recupero sociale cha occorre definire prima dell'avvio di misure alternative alla detenzione» (...) «per le considerazioni espresse, si reputa necessario stabilizzare almeno una parte dei suddetti professionisti in modo da consolidare sempre più di allineare la detenzione a quei livelli di civiltà imposti dalla normativa nazionale ed internazionale. A tale riguardo, pertanto, nasce l'esigenza di proporre l'allegato emendamento al disegno di legge 118 recante» Disposizioni par la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge Finanziaria 2008, che preveda, in favore di questo Dipartimento, uno stanziamento di 7 milioni di euro finalizzato all'acquisizione di n. 189 esperti ex articolo 80 O.P., mediante stabilizzazione ai sensi dell'articolo 1, comma. 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296” (DAP, Relazione tecnica illustrativa);
   nel 2008 il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria si era opposto al passaggio al Sistema sanitario nazionale (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008) consentito solo ai pochi psicologi dipendenti, ritenendo indispensabile per l'Amministrazione il loro lavoro degli esperti (giudicato di natura «non sanitaria»);
   nonostante quanto espresso con le dichiarazioni di attenzione e interesse rispetto alla figura di psicologi e criminologi penitenziari esperti ex articolo 80 O.P. nel 2005, nel 2007 e nel 2008, quegli impegni non si sono mai tradotti in provvedimenti legislativi e addirittura si è verificata una progressiva riduzione delle ore di lavoro medie mensili, che si è interrotta solo nel 2012;
   la condizione lavorativa di psicologi e criminologi penitenziari è drammaticamente precipitata con l'emanazione della circolare n. 3645/6095 dell'11 giugno 2013 del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che ha cancellato i precedenti elenchi di idoneità, stabilito che i nuovi elenchi avranno durata di solo quattro anni, confermato che l'accordo di lavoro rimarrà annuale e non rinnovabile per più di quattro anni, introdotto l'incompatibilità delle funzioni;
   le nuove modalità di selezioni previste dalla circolare, già attivate da gran parte dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria, non prevedono la valutazione dei titoli maturati prima del 2005, non considerano il lavoro svolto in ambito penitenziario, ma solo eventuali tirocini/stage, in molti casi non viene assegnato alcun punteggio al colloquio previsto per il riconoscimento dell'idoneità;
   in base alla circolare citata, quindi, ogni quattro anni dovranno essere cambiati tutti gli psicologi e criminologi esperti ex articolo 80 O.P. che non potranno operare in un istituto per più di quattro anni e mette fine all'esperienza maturata negli ultimi 35 anni;
   pur registrando, in senso positivo, la soluzione raggiunta per i «39 vincitori di concorso» (in realtà sono 36 gli assunti a seguito dei rispettivi loro ricorsi), la cui immissione in servizio era stata sospesa, si rileva che l'esperienza maturata nell'ambito dello speciale progetto «Mare Aperto», finanziato dalla Cassa delle ammende e ritenuta essenziale per l'efficacia del servizio, non è stata presa in considerazione nella assegnazioni di sede, destinando 18 psicologi a prestare servizio presso case di reclusione medie e piccole e che in particolare in alcune regioni come Abruzzo, Basilicata, Molise, Friuli e Trentino non sono previsti posti di funzione, come non ne sono previsti per gli Uffici territoriali per l'esecuzione penale esterna nelle regioni Marche, Toscana, Umbria e Veneto;
   tale distribuzione dei posti darà vita anche ad una ulteriore situazione di incertezza per gli esperti psicologi e criminologi già convenzionati con contratti precari nelle 18 case di reclusione individuate ove operano da molti anni –:
   se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative immediate per garantire la continuità del lavoro degli «esperti» che ha maturato una importante esperienza in decenni di attività, con una proroga delle convenzioni per l'anno 2014 e con una moratoria di un anno della applicazione della circolare e delle relative selezioni effettuate, in corso, o da avviare;
   se il Ministro non ritenga necessario che la recentissima assunzione dei vincitori di concorso debba servire a mantenere il servizio già garantito dagli psicologi con il progetto «Mare Aperto» negli uffici per l'esecuzione penale esterna ed evitare, così, una riduzione dei posti di psicologi e criminologi esperti già convenzionati nella case di reclusione di destinazione;
   se il Ministro non ritenga di adottare, nell'ambito di una'analisi complessiva delle risorse umane, provvedimenti finalizzati: ad una riorganizzazione dell'intervento di psicologi e criminologi penitenziari che tenga conto della necessità di una maggiore presenza di queste figure negli istituti penitenziari e negli uffici dell'esecuzione penale esterna; all'instaurazione di un contratto stabile per garantire le condizioni di lavoro e la continuità della presenza di queste figure professionali; a garantire l'amministrazione penitenziaria da futuri contenziosi senza ricorrere alla eliminazione delle convenzioni con chi è in servizio da molti anni; ad una organizzazione di un'area «funzionale» di psicologia/criminologia penitenziaria, per migliorare l'efficacia degli interventi trattamentali nei confronti dei detenuti. (5-01923)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARRONI e GOZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella XIV legislatura il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza la legge 8 febbraio 2006, n. 54, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, la cui principale portata innovativa di questo testo, in linea con l'orientamento dei Paesi dell'Unione Europea, risiede nel riconoscere che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale»;
   un rapporto, dunque, non ideale e astratto, ma chiamato ad avere concretezza nel riconoscimento al figlio di pari opportunità nel riferirsi ai due genitori – gravati da identiche responsabilità genitoriali – anche nella loro frequentazione, di principio paritetica, tanto che qualsiasi riferimento a un solo genitore «convivente», «collocatario», «domiciliatario» e simili è stato accuratamente cassato dal legislatore e che alcune sentenze già iniziano a stabilirne il doppio domicilio (ad esempio, ordinanza TO Firenze, 4 aprile 2012);
   all'interno della stessa logica, per iniziativa al femminile, all'interno della nuova legge quadro per le pari opportunità per la donna e sull'esempio del Belgio, il Senato francese in data 17 settembre 2013 approva la «residence partagée paritaire», che prevede un uguale impegno per i genitori nei confronti del figlio, che ospitano in ugual misura:
   questa previsione di legge e queste visibili e uniformi tendenze del diritto di famiglia europeo hanno trovato per ora un non adeguato riscontro nella giurisprudenza italiana che in prevalenza continua a promuovere il modello monogenitoriale, investendo una figura non prevista dalla legge, il «genitore collocatario», del compito di provvedere a tutto, ricevendo dall'altro del denaro quale unico contributo alle necessità dei figli, a dispetto delle sopra ricordate prescrizioni, ma anche del più generale diritto del minore alla bigenitorialità, enunciato a parole, ma non accolto nella sostanza;
   queste disfunzioni, ripetutamente segnalate al Parlamento, sono già divenute oggetto di iniziative di legge ordinaria, sia nella precedente legislatura che nella attuale, e sono stati acquisiti gli importanti contributi di decine di soggetti esperti della materia, fino al punto di elaborare e approvare in Commissione giustizia del Senato (XVI Legislatura) emendamenti migliorativi del testo attuale, in grado di garantire al minore i diritti riconosciutigli dalla legge n. 54 del 2006;
   a dispetto di tutto quanto premesso, il decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154, dal significativo titolo «Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219», attiva una quantità di interventi a modifica degli articoli del codice civile in materia di affidamento dei figli di genitori separati, che, se non adeguatamente interpretati, rischiano di introdurre, o legittimare, applicazioni distorte delle norme già vigenti, ripercuotendosi in modo ulteriormente riduttivo e penalizzante sul regime di vita di minori;
   prescindendo da non trascurabili perplessità sulla fedeltà al mandato ricevuto – si trattava di armonizzare e riordinare norme attinenti alla filiazione, non di riscrivere norme attinenti alla separazione e all'affidamento, oltre tutto appartenenti a una riforma pensata e scritta in maniera già rispettosa della unicità della filiazione – che potranno eventualmente trovare espressione in altra sede, purtroppo con i relativi lunghi tempi, preoccupa non poco gli interroganti che alcune tra le modifiche introdotte possano avere negative ripercussioni ad effetto immediato;
   in questo senso si segnala l'intervento sull'articolo 155 terzo comma che nella versione novellata aggiunge agli obblighi della coppia separata quello di concordare la «residenza abituale» dei figli, termine utilizzato tipicamente nel contesto della sottrazione di minore (Convenzione dell'Aja, 1980) e che per valutazione unanime della dottrina (ex multis G. De Marzo, in «Minori oltre confine», Milano, Wolters Kluwer Italia, 2009) non ha carattere di concetto giuridico, ma solo di nozione di fatto, con tutte le relative ambiguità. Dunque definizione non univoca, ma soggettiva, che comporta la valutazione del «luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione» (Cass. Civ. 22507, del 19 ottobre 2006). Visione costantemente condivisa e confermata dalla Suprema Corte, in particolare con l'ordinanza a sezioni unite n. 3680 del 17 febbraio 2010, mentre il grado di opinabilità e incertezza che ne discende può essere esemplificato dalla giustapposizione tra Cass. 3798/2008 e Cass. 13936/2009, che valutano con criteri opposti il radicamento della prole (review in N. Di Lorenzo, «La nozione di residenza abituale del minore vittima di sottrazione internazionale», Quaderni Europei, Univ. Catania, Online working paper n. 50, marzo 2013).
   conseguenza della introduzione dell'obbligo di cui al decreto legislativo, ove inteso nel contesto di cui sopra, sarebbe quella che nel codice civile lo stesso termine, residenza, sia da intendere in modo diverso da un articolo all'altro, visto che la «residenza» così come definita all'articolo 43 è indubbiamente quella anagrafica. D'altra parte, sostenere che è la presenza dell'attributo di «abituale» a cambiarne il senso significa concludere che l'ascendente, per individuare il giudice al quale rivolgersi per far rispettare il suo diritto di contatto con i nipoti (articolo 317-bis novellato) debba prendersi la responsabilità di valutare una situazione di fatto, in modo del tutto aleatorio, anziché giovarsi del dato anagrafico certo, visto che anche tale articolo fa riferimento alla residenza abituale;
   in particolare, come osservato in dottrina (M. Maglietta, in «Quotidiano del Diritto», 14 gennaio 2014, in allegato), una applicazione dell'articolo 337-ter comma 3 che volesse far prendere impegni sulla base di situazioni «di fatto» presenterebbe probabili profili di incostituzionalità in aggiunta a ingestibili difficoltà operative. Per queste seconde, non si vede come individuare criteri certi nell'identificare il «radicamento» del figlio nel caso usuale della separazione tra cittadini italiani che semplicemente avranno due abitazioni diverse in genere nella medesima città, in assenza di frontiere e confini di stato. Non sarebbe chiaro presso quale genitore si dovrebbe pensare radicato un bambino che dorma prevalentemente a casa della madre – semplicemente perché a lei è stata assegnata la casa familiare – ma trascorra i pomeriggi prevalentemente presso il padre, che lo segue nello studio e nello sport: né è comprensibile l'obbligo imposto a una coppia in separazione, e spesso in lite, di assumere concordemente una decisione ove questa rappresenti ben più di un atto amministrativo, reversibile in qualunque momento, come l'iscrizione all'anagrafe, ma un impegno di fondo, dando carattere di stabilità ad una opzione che, proprio perché la famiglia si è appena disgregata, ha di per sé i caratteri dell'incertezza. Questo per i problemi applicativi e di logica giuridica;
   mentre sul piano della costituzionalità è da rammentare l'articolo 45 comma 3, che recita: «Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i genitori sono separati ... o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive.» Un articolo compatibile con il diritto alla bigenitorialità introdotto dall'affidamento condiviso se, essendo il figlio affidato a entrambi i genitori con i quali ha equilibrati contatti, senza «genitori collocatari», ne segue semplicemente che ha doppio domicilio. Non così se si obbligano i genitori – ai sensi dell'articolo 337-ter – a indicare una «residenza abituale». In questo caso verrebbe stabilito a priori un rapporto privilegiato di appartenenza, che non potrà ovviamente riferirsi ai luoghi – che nelle situazioni ordinarie non sono portatori di particolari valenze di tradizione e cultura – ma alle persone. In altre parole, verrà stabilito quale sarà il «genitore collocatario»: uno solo, contro il diritto alla bigenitorialità, riconosciuto al minore dalla legge n. 54 del 2006 quale diritto indisponibile, che gli discende dall'articolo 30 della Costituzione;
   a tale primario sospetto di incostituzionalità va ad aggiungersi quanto scritto a commento dell'articolo 316, ove si introduce la «residenza abituale», lo stesso decreto legislativo si propone esplicitamente di rispettare il diritto del minore a un rapporto simmetrico con i genitori, operando «nel pieno rispetto della bigenitorialità». Pertanto la Commissione, avendo come obiettivo la bigenitorialità sarebbe caduta in contraddizione imponendo che al momento della rottura del legame di coppia ci si debba accordare affinché un genitore solo sia il riferimento del figlio. La soluzione logica è, all'opposto, la doppia domiciliazione, pur stabilendo per motivi amministrativi che il figlio sia registrato all'anagrafe in un sol luogo. Obbligare i genitori a indicare un unico luogo, ovvero genitore, presso il quale il figlio sia radicato affettivamente e concretamente, non corrisponde pertanto alla volontà del legislatore;
   occorre, dunque, prendere atto di una insuperabile incompatibilità del concetto di residenza abituale – ove gli si voglia dare il senso previsto dalla Convenzione dell'Aja, ovvero quello indicato dalla Suprema Corte (3680/2010) – con l'articolo 30 della Costituzione, per la incoerenza con il rilievo sistematico centrale che nell'ordinamento dei rapporti di filiazione, fondato su detta norma costituzionale, assume l'esigenza di protezione dell'interesse dei minori, e a maggior ragione dei loro diritti, così come descritti dalla legge n. 54 del 2006. Può tuttavia evitarsi di chiedere che la Consulta ne dichiari l'incostituzionalità, anche a prescindere dal probabile eccesso di delega, se ne viene data una interpretazione costituzionalmente orientata;
   in secondo luogo, si rileva come la possibilità per il giudice di valutare se l'ascolto del minore è utile o «manifestamente superfluo», di cui agli articoli 336-bis e 337-octies appaia contraria all'interesse del minore, nonché al suo diritto ad essere sentito in ogni questione che lo riguardi, sancito da convenzioni internazionali come, in particolare, la Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti di fanciulli, ratificata dall'Italia con legge 20 marzo 2003 n. 77;
   sotto l'aspetto sostanziale, pur riconoscendo la bontà dello scopo di evitare al minore una situazione di disagio psicologico, si nota infatti che il giudice non ha elementi per giudicare che l'ascolto sia superfluo prima di averlo effettuato;
   né può giovare quale efficace filtro la condizione dell'accordo raggiunto dai suoi genitori, ben potendosi ipotizzare situazioni di conflitto di interessi con essi;
   dovendosi pure aggiungere a quanto sopra il ruolo di «parte del processo» di separazione in senso sostanziale più volte riconosciuta ai figli, anche minori (recentissimamente, gennaio 2014, una ordinanza della sezione, IX del TO Milano, est. Buffone). Si rammenta, inoltre, la pronuncia della Corte Costituzionale n. 1 del 16 gennaio 2002, la quale, con riferimento all'articolo 37, comma 3, della legge 26 aprile 2001, n. 149, così si esprimeva: «Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore, anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge». Da cui si deduce come essa presupponga che entrambi i genitori (ed il minore) siano «parti» del procedimento di cui all'articolo 336 codice civile, e in quanto «parti» abbiano diritto di avere notizia del procedimento e di parteciparvi;
   non a caso le soluzioni adottate a livello internazionale per disciplinare tale diritto lo configurano diversamente, senza lederne la sostanza. Ad esempio, il codice civile francese all'articolo 388.1 afferma l'obbligatorietà dell'ascolto nel caso in cui il minore ne faccia domanda, mentre nel caso in cui il minore rifiuti di essere sentito il giudice potrà valutare la bontà delle sue ragioni –:
   se non ritenga opportuno provvedere ad assumere iniziative per sanare le suddette disfunzioni affermando, quale interpretazione autentica del decreto legislativo n. 154 del 2013, che «residenza abituale», per i motivi sopra esposti, ha ovunque nel codice civile – e comunque sicuramente agli articoli 316, 317-bis e 337-ter – il mero significato di residenza anagrafica, assumendo iniziative per escludere esplicitamente dalla possibilità che possano avere rilievo in sede giudiziaria, in relazione ai profili descritti nelle premesse, i concetti di «collocazione privilegiata», «domiciliazione prevalente» e conseguentemente dei concetti di «genitore convivente» o «collocatario», o «domiciliatario» e simili;
   se non ritenga opportuno superare, o evitare, quella che gli interroganti giudicano una violazione di diritto, assumendo iniziative per fornire una interpretazione autentica del decreto legislativo che affermi che la facoltà del giudice di non ascoltare il minore non abbia effetto nel caso in cui il minore faccia richiesta di essere sentito. (4-03235)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   le autorità portuali in Italia, sono state istituite con la legge n. 84 del 28 gennaio 1994. Inizialmente l'articolo 6, istituiva quelle di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Salerno, Savona, Taranto, Trieste, Venezia. Successivamente, ne sono state istituite altre sino ad arrivare ad un totale di 24 autorità portuali;
   in base alla legge vigente, l'autorità portuale, ha compiti di «indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza anche in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tale attività»;
   l'autorità portuale è costituita dai seguenti organi: il presidente, nominato con Decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti e della navigazione, previa intesa con la regione interessata (articolo 12 legge n. 84 del 28 gennaio 1994), che rimane in carica quattro anni e può essere confermato solo una volta, il comitato portuale, il segretario generale e il collegio dei revisori dei conti. Il presidente, così come sancito dalla legge, deve essere nominato nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio competenti territorialmente. La terna è comunicata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. L'atto conclusivo di nomina della presidenza dell'autorità portuale è il voto in sede parlamentare nelle Commissioni competenti sia alla Camera e al Senato;
   la gestione patrimoniale e finanziaria è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministero dell'economia. Così come si evince dalle relazioni della Corte dei conti, gli emolumenti dei soggetti delle autorità sono molto elevate. Ad esempio, il presidente dell'autorità portuale di Genova nel 2011 ha percepito 308.653,00 euro, quello di Civitavecchia 228.508,00 euro, quello di Napoli 223.091,00. Solo per la retribuzione dei presidenti delle 24 autorità portuali, il costo per ognuna si aggira mediamente intorno ai 250.000 euro, con un una cifra totale di circa 6 milioni di soldi pubblici. A questo bisogna aggiungere anche i costi dei revisori dei conti e del comitato portuale, nonché dei segretari generali e di tutta una serie di dirigenti che fa lievitare il costo delle autorità;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, il 26 novembre 2013, ha nominato commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari l'ex parlamentare di Forza Italia Piergiorgio Massidda. Lo stesso Ministro il giorno 30 novembre 2013 su «La Nuova Sardegna» ha anche dichiarato che «Massidda è in possesso delle capacità e delle competenze per assumere l'incarico di commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari»;
   il neocommissario, Massidda, era stato già precedentemente nominato come presidente della medesima autorità cagliaritana il 21 dicembre 2011 ed aveva annunciato le proprie dimissioni dall'incarico di Senatore a causa dell'incompatibilità tra il ruolo parlamentare e quello di presidente affidatogli dall'allora Ministro Altero Matteoli;
   subito dopo la nomina del 2011, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso presentato dal professor Massimo Deiana, docente di diritto della navigazione all'università di Cagliari, con sentenza del 26 settembre 2013 n. 04768 aveva stabilito che il dottor Massidda non era in possesso delle competenze per svolgere il ruolo ricoperto all'autorità portuale sarda, annullando la precedente sentenza del Tar n. 00520 del 2012 che invece aveva lasciato Massidda a capo dell'autorità;
   dopo il 26 settembre 2013, Massidda era stato estromesso dalla guida dello scalo per poi essere rinominato commissario straordinario, come precedentemente detto, il 30 novembre dal Ministro Lupi;
   a detta degli interpellati la nomina del Ministro dello sviluppo economico Lupi non segue alcun criterio logico e normativo dato che la sentenza del Consiglio di Stato recita chiaramente che il dottor Massidda «per la sua storia personale, non poteva avere certo conseguito la massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuali ed era carente in radice del requisito prescritto dalla legge, per cui doveva probabilmente la sua nomina alle sue capacità politico-relazionati (di deputato, senatore e consigliere provinciale, ecc.). In sostanza – continua la sentenza – il soggetto prescelto non solo possedeva titoli di studio del tutto estranei alla materia, ma nella sua pur pluriennale esperienza parlamentare si era sempre interessato delle materie direttamente o indirettamente affini alle sue capacità professionali e alle sue specifiche competenze mediche»;
   la stessa sentenza (26 settembre 2013 n. 04768) sancisce ancora che «la designazione nelle terne e la successiva nomina di un soggetto privo dei requisiti culturali e di esperienza professionale prescritti in misura massima deve perciò ritenersi irrimediabilmente illegittima»;
   a fronte di ciò, va nuovamente sottolineato come l'articolo 8 della Legge n. 84 del 28 gennaio 1994 prevede che il Presidente, e di conseguenza il Commissario straordinario chiamato a ricoprire analoghe funzioni, venga nominato «nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale»;
   il giorno 15 gennaio 2014, in Commissione trasporti è terminata la discussione della risoluzione n. 202 presentata dal deputato Nicola Bianchi avente come oggetto la revoca della nomina di commissario dell'autorità portuale di Cagliari. In tale data, non si è svolta la votazione finale poiché, su proposta del Governo, la discussione della risoluzione è stata spostata in Assemblea, in base al comma 3 dell'articolo 117 del regolamento della Camera che recita: «alla fine della discussione, il Governo può chiedere che non si proceda alla votazione di una proposta di risoluzione e che di questa sia investita l'Assemblea»;
   a parere dell'interpellante, il modus operandi del Ministro Lupi è inaccettabile, sia alla luce della sentenza del Consiglio di Stato e sia perché in forte contrasto con i principi di trasparenza e meritocrazia che devono contraddistinguere la scelta di chi ricopre i ruoli in un amministrazione al servizio del cittadino;
   l'interpellante aggiunge che, da quando la legge n. 84 del 1994 è entrata in vigore, si sono susseguiti diversi tentativi volti a nominare presidenti che non rispettano le caratteristiche non sono rispondenti alla qualificazione richiesta dalla legge (annullati da Tar e Consiglio di Stato) solo con lo scopo, evidentemente, di collocare ex-politici;
   a titolo di esempio rispetto a quanto accaduto nella presente legislatura, sono state proposte e votate le nomine di Riccardo Villari come Presidente dell'autorità portuale di Napoli e Lorenzo Forcieri come presidente dell'autorità portuale di La Spezia, anch'esse fonte di enormi perplessità in quanto, privi di comprovata esperienza tecnica nel settore, ma preferiti in quanto probabilmente personalità politiche che non hanno a che vedere con la gestione del settore portuale;
   la nomina di Villari è stata oggetto di accesa discussione in sede di Commissione Trasporti. Infatti Villari, medico di professione, ha lavorato in commissioni che si occupavano di cultura, lavori pubblici e comunicazioni, sanità e criminalità organizzata, che nulla hanno a che vedere con la gestione di un porto. La commissione trasporti della Camera il 23 ottobre 2013 ha dato parere negativo alla nomina di Riccardo Villari alla presidenza dell'Autorità portuale di Napoli anche in virtù della sentenza del Consiglio di Stato sul caso Massidda;
   altra nomina priva dei requisiti richiesti dalla legge, è quella conferita il 6 settembre 2013 al commissario straordinario dell'autorità portuale del Nord Sardegna. La nomina riguarda l'ex senatore Fedele Sanciu, definito «persona idonea a garantire la gestione dell'Ente fino al perfezionamento della nomina del Presidente» così come si legge nel decreto di nomina. Tale nomina è stata oggetto di interrogazione parlamentare presentata il 23 settembre 2013 (n. 5-01051) in cui è stata sottolineata la mancanza totale di competenze inerenti le materie portuali, oltre che di titoli di studio qualificanti, in quanto Sanciu possiede solamente la licenza media;
   la succitata interrogazione ha ricevuto risposta dal Governo il 5 dicembre 2013 in cui si legge che: «la sua candidatura alla nomina di Presidente dell'Autorità portuale da parte degli enti locali interessati costituisce la riprova che lo stesso è dotato delle caratteristiche previste dal menzionato articolo 8 per la nomina presidenziale in parola». A detta dell'interpellante tale risposta non fa altro che perpetuare la totale non curanza della sentenza del Consiglio di Stato del 26 settembre 2013 n. 04768;
   nel corso di una conferenza stampa tenuta a Napoli nella sede dell'ente autonomo Volturno il 2 dicembre 2013, in riferimento alla gestione dei Porti il Ministro Lupi ha dichiarato che «dobbiamo avere il coraggio del cambiamento. Non ha più senso avere 24 Autorità portuali»;
   a tal proposito, si ricorda che l'autorità portuale di Manfredonia è stata istituita, senza alcuna verifica dei requisiti richiesti dal comma 8 dell'articolo 6 legge n. 84 del 1994, con la legge 350/2003 (Legge finanziaria 2004) che ha modificato il comma 1 dell'articolo 6 legge n. 84 del 1994, inserendo il porto di Manfredonia nell'elenco dei porti sedi di Autorità portuale. Tale procedura anomala ha eluso nei fatti il coinvolgimento del Ministero dei trasporti e della regione Puglia la quale, con la riforma del titolo V della Costituzione, è chiamata a svolgere un ruolo significativo in materia di portualità, anche al fine di assicurare l'integrazione tra gestione del sistema portuale e assetto territoriale generale –:
   se il Ministro intenda revocare la nomina di commissario dell'autorità portuale di Cagliari al dottor Piergiorgio Massidda posto che le funzioni di commissario sono analoghe a quelle di Presidente e pertanto la nomina viola l'esecutività di una sentenza del Consiglio di Stato che si è espressa in maniera palese contro l'idoneità del medico cagliaritano a ricoprire il ruolo affidatogli dal Ministro Lupi;
   se il Ministro interpellato intenda porre in essere quanto dichiarato pubblicamente, procedendo alla massiccia riduzione delle autorità portuali, soprattutto quelle che non possiedono i requisiti previsti dalla legge;
   se intenda – nel rispetto della trasparenza, della meritocrazia e in virtù delle sentenze del Consiglio di Stato e della legge vigente – rivedere i criteri di nomina delle autorità portuali al fine di garantire una maggiore competenza e capacità gestionale dei porti, scongiurando il rischio di nomine fatte secondo logiche clientelari e politiche che rischiano di minare efficienza, produttività e gestione.
(2-00375) «Liuzzi, Nicola Bianchi, Catalano, De Lorenzis, Dell'Orco, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Alberti, Artini, Barbanti, Basilio, Benedetti, Paolo Bernini, Cecconi, Colonnese, Corda, Crippa, Da Villa, Dall'Osso, Del Grosso, Della Valle, Manlio Di Stefano, Fantinati, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, L'Abbate, Mantero, Mucci, Vallascas».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni, e le norme collegate hanno consentito un significativo insediamento nei maggiori porti italiani dei terminalisti, i quali, anche attraverso gli investimenti realizzati, hanno contribuito in modo determinante al recupero di efficienza ed economicità nell'erogazione degli essenziali servizi di handling portuale, che la legge affida ai medesimi, nonché, in un contesto altamente concorrenziale, al consistente recupero di traffici (di merci e passeggeri), del pari importanti per le risorse che generano ed alimentano in misura considerevole le entrate delle autorità portuali (in termini di canoni e diritti portuali) e dell'erario (diritti doganali, iva e altre imposte);
   allo stato attuale non è stato emanato il decreto interministeriale previsto dal comma 1 del citato articolo 18 della legge n. 84 del 1994 che, nel determinare la durata massima delle concessioni, i poteri di vigilanza e controllo delle autorità concedenti, le modalità di rinnovo della concessione, ovvero di cessione/subentro degli impianti al nuovo concessionario, avrebbe potuto ben indicare criteri, ovvero linee guida in ordine alle procedure da seguire in casi di eventuali rinegoziazioni e proroghe di queste concessioni a seguito di nuovi investimenti operati dal terminalista, ovvero per altri casi ritenuti meritevoli di considerazione;
   nel periodo decorrente dalla applicazione della legge ordinamentale n. 84 del 1994 ad oggi risulta siano stati affrontati e risolti da parte delle autorità portuali diversi situazioni sia di rinnovo sia di proroga di concessioni ai terminalisti, seguendo in via prevalente le regole previste dal Codice della navigazione (articolo 36 e segg.) e dal regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione e, solo in qualche caso, invece, ricorrendo a gare, in similitudine a quanto previsto per le ben diverse fattispecie di appalti di opere e di servizi da parte delle pubbliche autorità;
   pur in previsione di prossime scadenze di importanti concessioni di banchine e piazzali ai terminalisti, il Governo non ha tuttora valutato la necessità di adottare il regolamento previsto dall'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, ovvero l'opportunità di almeno indicare una linea di indirizzo per dettare criteri e procedure validi nelle varie casistiche di cui sopra, che abbiano riguardo da un lato alla tutela degli interessi di un mercato competitivo ed internazionale qual è quello in argomento, che si confronta con regimi più semplici di altri Paesi europei per l'uso e la locazione del territorio e dei beni pubblici portuali, e dall'altro ai legittimi interessi degli operatori terminalistici, i quali abbiano ben operato ed effettuato investimenti sul demanio, utili altresì per lo sviluppo dell'economia portuale e per l'intera Nazione;
   è, come noto, in discussione al Senato il disegno di legge n. 370 di riforma della legislazione in materia portuale, che, tra l'altro, nel prevedere, una rivisitazione dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, non affronterebbe in modo soddisfacente e compiuto le problematiche sopra evidenziate;
   nell'esaminare la questione si deve tenere soprattutto conto delle esigenze di continuità di erogazione dei servizi di handling al mercato e della necessità di salvaguardare sia gli investimenti effettuati e previsti dai privati concessionari sul demanio marittimo, dei quali il porto abbisogna (specie in presenza di scarse risorse pubbliche), sia le qualificate risorse umane impiegate dai terminalisti;
   al fine di non penalizzare nuovi investimenti del privato terminalista sul demanio portuale, da realizzarsi per rispondere ad esigenze del mercato servito, ma pure a beneficio del porto, e delle indotte attività, negli anni a ridosso di scadenza della durata della concessione, andrebbe assicurato almeno il normale ammortamento degli investimenti medesimi, rinegoziando tra autorità portuale e terminalista la scadenza della concessione –:
   se, nelle more dell'approvazione di una legge di riforma dell'ordinamento portuale, non ritenga opportuno emanare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il decreto previsto dal comma 1 dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, che tra l'altro determina i criteri per i casi di proroga delle concessioni a fronte di nuovi investimenti da parte dei terminalisti, seguendo le procedure previste dal regolamento al codice della navigazione, titolo II, capo I, le quali consentono l'osservanza di trasparenza e pubblicità, o, in subordine, adottare un atto di indirizzo che fornisca simili indicazioni.
(5-01931)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ARIENZO, ZARDINI e ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Veneto Strade spa, società che ha per oggetto la progettazione, la costruzione e la gestione di infrastrutture e servizi d'interesse vario nonché la gestione della rete stradale di interesse regionale, in condivisione con gli enti locali del territorio veronese, ha inviato all'ANAS il progetto preliminare della variante alla SS 12 nella parte che collega l'area del comune di Buttapietra a quello del capoluogo per un investimento pari a 118 milioni di euro;
   l'attuale percorso della strada statale in questione non è più in grado di sostenere il rilevante traffico in transito che consta di circa 26.000 veicoli al giorno e si immette in Verona in una zona ormai fragilissima nell'ambito della quale insistono numerosi insediamenti residenziali, commerciali e industriali;
   la proposta di progetto inviata da Veneto Strade spa, però, non indica una soluzione specifica, ovvero contiene due opzioni diverse e, per gli effetti conseguenti sul territorio, due scenari di fatto alternativi tra loro;
   entrambe le medesime si pongono ad ovest del casello autostradale dell'A/4, ma l'innesto in città preferito dal comune di Verona (zona Alpo) si colloca ad una distanza tale che rischia di rendere la variante meno efficace rispetto all'altra soluzione condivisa da Veneto Strade spa e dalla provincia di Verona (zona Genovesa). Per le seguenti ragioni:
    a) quanto più ci si allontana dall'attuale ingresso in città della strada statale 12, più è alto il rischio che il pendolarismo automobilistico non sfrutti pienamente la nuova opportunità di collegamento;
    b) è palese la difficoltà che si creerebbe nel collegamento tra la variante e il casello A/4 di Verona Sud, in assenza di una viabilità preferenziale tra i due (di fatto, si attraversa un quartiere cittadino);
    c) la variante preferita dal comune immette il traffico veicolare di ingresso in un'area che non ha una viabilità adeguata a sopportare le migliaia di auto presumibili in transito. Infatti, da quel punto ci si immette in città con strade di quartiere già gravate dal traffico determinato dalla Fiera di Verona e dalle numerose attività industriali presenti nella Zona agricola industriale a ridosso di quell'uscita;
   giova non trascurare la concreta possibilità che la variante riesca ad attrarre l'ingente traffico che oggi attraversa la SP 25, pari a circa 23.000 auto al giorno, appesantita in quanto via di fuga per l'elevato traffico esistente sulla strada statale 12. Di fatto, la variante alla strada statale 12 potrebbe essere utilizzata da circa 50.000 veicoli al giorno;
   al contrario, la soluzione preferita da Veneto Strade spa e provincia di Verona, immette la variante in un'area nella quale in futuro saranno realizzati il nuovo casello di Verona Sud sull'A/4, un enorme parcheggio scambiatore e il deposito, quindi, un capolinea, dell'azienda di trasporto pubblico locale. Inoltre, appare migliore la funzionalità stante la centralità rispetto all'ingresso attuale in Verona dal casello di Verona Sud e più baricentrica rispetto ai poli attrattivi quale il vicino ospedale e clinica universitaria di Borgo Roma –:
   se per le ragioni espresse, poiché la scelta tra le due opzioni è stata di fatto rimessa all'ANAS, il Ministro ritiene di chiedere ad ANAS una riflessione attenta del contesto territoriale e progettuale in parola affinché gli elementi fattuali esposti siano compiutamente valutati;
   se il Ministro ravvisi la necessità di far effettuare uno o più sopralluoghi nell'area in questione;
   se il Ministro non ritenga oltremodo urgente individuare e conseguentemente impegnare le risorse necessarie per un'opera infrastrutturale dai rilevanti e positivi benefici economici e sociali per il veronese. (4-03238)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
    nelle giornata di lunedì 13 gennaio 2014, il senatore Stefano Esposito, da sempre in prima linea nel denunciare le violenze di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav, ha trovato sul pianerottolo di fronte alla propria abitazione tre bottiglie molotov, accompagnate da un biglietto a lui diretto con la minaccia esplicita circa la possibilità di essere ucciso qualora non fosse tornato a svolgere la professione di prefetto;
   nel medesimo biglietto rivendicativo si faceva riferimento al fatto che la sua scorta non fosse in grado di proteggerlo, e si offriva prova del fatto che il senatore è costantemente pedinato attraverso un riferimento esplicito ad un incontro ai giardinetti con il giornalista della Stampa, Massimo Numa – anche lui da anni oggetto della rabbia di alcuni esponenti del cosiddetto movimento No Tav – che nell'ottobre 2013 si è visto recapitare un pacco bomba e che recentemente ha scoperto di essere pedinato e filmato sin dall'estate del 2011;
   contemporaneamente un presunto esponente del sopracitato movimento, Oscar Wolf, avrebbe minacciato di morte via facebook, i sindaci di Susa e Chiomonte, favorevoli alla Tav, e avrebbe definito le Brigate Rosse come «un associazione che si batteva per il bene del mondo»;
   il tribunale della Libertà ha frattanto confermato le accuse contro quattro No Tav arrestati per aver partecipato ad un assalto al cantiere di Chiomonte, e secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, avrebbero avallato la tesi dei pubblici ministeri in merito al fatto che si sarebbe trattato non di semplice violenza, ma di veri e propri atti di terrorismo;
   in occasione della manifestazione che si è tenuta a Roma nel mese di novembre 2013 si era già assistito ad una vera e propria aggressione da parte di cosiddetti militanti No Tav alla sede nazionale del Pd, in via sant'Andrea delle Fratte, e successivamente presso il circolo Pd in via dei Giubbonari a Roma, mentre è della scorsa settimana la notizia circa l'aggressione e gli atti vandalici compiuti ai danni di sette circoli del Partito democratico di Milano;
   l'articolo 49 della Costituzione prevede che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, e pertanto l'attacco ad una sede di partito equivale ad un attacco dell'intera democrazia del nostro paese, che fa degenerare il legittimo diritto all'espressione pacifica di un dissenso politico in un inaccettabile aggressione fisica e verbale a danno di semplici cittadini, solo perché militanti di un partito politico;
   a fronte di questa preoccupante escalation di violenze e minacce ad opera di esponenti del cosiddetto movimento No Tav, le dichiarazioni rese dallo stesso Senatore Pd oggetto degli attacchi – il quale avrebbe dichiarato di voler valutare con la sua famiglia un suo eventuale ritiro dalla vita politica – sollevano inquietanti e angosciose domande, e di fatto ribadiscono in questo momento la necessità che tutte le forze politiche contribuiscano ad isolare e respingere ogni forma di violenza, separando il diritto al dissenso dal respingimento di ogni traccia di eversione –:
   se il Ministro interpellato non ritenga che i fatti riportati, sulla base alle loro gravità e frequenza, siano l'indice dell'esistenza di un vero e proprio disegno eversivo strutturato contro politici, giornalisti, partiti, e lo stesso Stato di competenza, quale sia il livello di articolazione e di pericolosità di questi nuclei e quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire che tutti i cittadini, qualunque professione, abbiano ancora il diritto di esprimere democraticamente le proprie opinioni, di fare informazione e di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare liberamente la politica nazionale.
(2-00380) «Fiano, Roberta Agostini, Bargero, Mariastella Bianchi, Bindi, Bini, Blazina, Boccuzzi, Michele Bordo, Boschi, Borghi, Paola Bragantini, Bressa, D'Ottavio, Damiano, Faraone, Fiorio, Fregolent, Gentiloni Silveri, Giachetti, Ginefra, Giorgis, Gribaudo, Lorenzo Guerini, Gullo, Lauricella, Marantelli, Pierdomenico Martino, Mogherini, Morani, Morassut, Mosca, Naccarato, Picierno, Pollastrini, Portas, Rosato, Rossomando, Francesco Sanna, Sereni, Taricco, Tullo».

Interrogazione a risposta orale:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 gennaio 2014, gli uomini del reparto GICO della Guardia di Finanza hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei imprenditori appartenenti a due ditte edili, la Ggf e la Pdp, entrambe con sede in San Giovanni Valdarno, provincia di Firenze;
   le ditte citate, vicine al clan camorristico dei Casalesi, erano riuscite ad aggiudicarsi i lavori di ristrutturazione in subappalto al polo museale degli Uffizi per un importo di 150.000 euro, oltre ad altri lavori di committenti privati in altre zone della regione Toscana;
   dalle indagini della Guardia di finanza, è chiaramente emerso che le due società edili toscane hanno potuto contare su consistenti fatture che certificavano la somministrazione di manodopera in realtà mai avvenuta, così creando costi fittizi da inserire nei bilanci e frodare il fisco;
   in particolare, si è scoperto che tra il 2007 ed il 2012 il sistema escogitato avrebbe permesso di evadere imposte per 3,1 milioni di euro;
   a procurare le fatture, per un totale complessivo di 10 milioni di euro, sono state due ditte con sede nel Casertano e nel Modenese, risultate nel corso delle indagini come due «prestanome» collegate al clan camorristico dei Casalesi;
   gli emittenti delle false fatture hanno potuto incassare il 4 per cento degli importi fatturati trovandosi così in condizione, grazie all'evasione fiscale messa in atto, di potersi affacciare sul mercato edilizio con prezzi più bassi rispetto alle ditte concorrenti, garantendosi l'aggiudicazione di subappalti sia pubblici che privati;
   l'intestazione delle imprese edilizie a dei prestanome non solo impediva ai committenti di conoscere la contiguità delle ditte con il clan camorristico, ma permettevano alle imprese medesime di ottenere le certificazioni antimafia necessarie per partecipare alle gare d'appalto;
   il rilascio delle certificazioni antimafia costituisce un elemento fondamentale per garantire la trasparenza delle ditte edili all'interno del mercato, evitando infiltrazioni di esponenti legati alla criminalità organizzata, in grado di alterare il corretto funzionamento del mercato stesso e di evadere il fisco per miliardi di euro –:
   se fosse a conoscenza dei fatti emersi dalle indagini condotte dal reparto del GICO della Guardia di finanza, che hanno dimostrato come la criminalità organizzata sia riuscita ad infiltrarsi anche negli appalti pubblici;
   se non sia opportuno assumere iniziative per rivedere, allo scopo di renderle più severe e stringenti, le procedure di rilascio delle certificazioni antimafia onde evitare che anche attraverso il sistema dei prestanome, esponenti legati alla criminalità organizzata possano aggiudicarsi appalti pubblici e privati, con rilevanti danni all'erario pubblico e nocumento al corretto svolgimento delle gare di aggiudicazione degli appalti. (3-00570)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto di criminologia Transcrime di emanazione dell'Università Cattolica di Milano in base a numeri attinti dal Ministero interrogato, ha diffuso i risultati di un'analisi secondo la quale, i furti nelle abitazioni commessi nel nostro Paese nel 2012, sono avvenuti con un ritmo pari a uno ogni minuto e pochi secondi;
   tra il 2004 e il 2012, la crescita è aumentata a livelli esponenziali raggiungendo la percentuale del 114 per cento, contro un aumento dei furti in generale del 4 per cento;
   i dati emersi dal suddetto rapporto, evidenziano un fenomeno di autentico allarme sociale, oltre che criminale, sfociato principalmente nel Nord-Italia, dove i malviventi colpiscono con maggiore durezza, con reazioni da parte dei cittadini di vario stampo: quelle violente (la caccia culminata con l'uccisione del ladro avvenuta a dicembre a Serie, nel Bresciano, le ronde di cittadini armati di asce e bastoni nella zona del lago di Como) ma anche quelle di indignazione civile (un corteo spontaneo dei derubati di una settimana fa per le vie di Tirano, in Valtellina);
   lo studio del suddetto Istituto Transcrime prosegue rilevando che i numeri indicano che l'impennata è proseguita anche nel 2013: nei primi 6 mesi dell'anno, secondo una ricerca dell'associazione di proprietari immobiliari Confabitare, a Bologna i furti sono aumentati del 30,3 per cento, a Milano del 29, a Torino del 26 e a Roma del 25;
   l'allarme provocato del fenomeno criminale, che ha raggiunto livelli di estrema pericolosità è causato principalmente oltre che da una situazione sociale ed economica divenuta insostenibile che ha determinato una situazione di disoccupati nel nostro Paese, che non si registrava dal 1977, anche dalla scarsa attenzione, a giudizio dell'interrogante, nel monitorare il fenomeno dell'immigrazione clandestina all'interno del quale vi sono soggetti che delinquono senza alcun timore;
   la legge di stabilità per il 2014, ha previsto ingenti risorse a sostegno del comparto sicurezza e delle forze dell'ordine, che troppo spesso nel corso degli ultimi anni, hanno subito, a giudizio dell'interrogante, ingiustificati e inaccettabili riduzioni di fondi che invece sarebbero dovuti essere aumentati, in considerazione dei livelli di sicurezza con cui operano nell'esercizio della loro professione, scarsi e inadeguati –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di potenziare i livelli di sicurezza e di tutela dei cittadini all'interno delle proprie abitazioni, le cui condizioni di estrema pericolosità come esposto dal rapporto Transcrime riportato in premessa, evidenziano una situazione gravissima e allarmante;
   se non ritenga opportuno prevedere, nell'ambito dei fondi stanziati all'interno della legge di stabilità per il 2014, misure specifiche volte a potenziare il sistema dei controlli e della sorveglianza nei riguardi delle abitazioni private, il cui numero dei furti come riporta l'analisi esposta in premessa ha raggiunto livelli intollerabili.
(4-03218)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso da fonti di stampa («la Sicilia.it», «Visione di oggi.it», «quotidiano di Sicilia», «il Fatto Nisseno») anche in Sicilia la cosiddetta «Terra dei fuochi» non è lontana: come dalle dichiarazioni desecretate del pentito di camorra Carmine Schiavone — che hanno descritto le rotte del male in terra campana — anche la Sicilia potrebbe rientrare nel novero delle regioni destinatarie degli scarti inquinanti dell'industria, così come confermato dai dati annuali sul traffico illecito di rifiuti nell'isola;
   come già detto nell'interrogazione a risposta scritta 4-01650, si può ipotizzare che l'area mineraria dismessa tra le province di Enna e Caltanissetta, a causa della totale mancanza di vigilanza, possa essere identificata come l'area finale dello stoccaggio illegale dei rifiuti speciali;
   infatti sia nel comune di San Cataldo che in quello di Serradifalco la situazione non è cambiata: il percolato che fuoriesce dalle discariche dismesse minaccerebbe di «inquinare i terreni limitrofi e le falde acquifere della zona, con danno biologico e moria di capi di bestiame»;
   anche l'assessore ai rifiuti della regione siciliana, Nicolò Marino, non smentisce l'ipotesi che la Sicilia possa essere terra di traffici illeciti. Dichiara infatti che: «Al di là dei luoghi, potenzialmente quasi infiniti, dove possano finire i rifiuti tossici, se ci limitiamo alle discariche in Sicilia il sistema è molto permeabile, oltre che non nella diretta disponibilità della Regione» — continuando dicendo che — «Nella nostra isola il 90 per cento delle discariche sono controllate da un oligopolio privato e quindi non potremo mai avere la certezza di quello che vi viene depositato. E i pochi controlli effettuati hanno evidenziato anche alcune incongruenze sui dati ufficiali. Anche nelle strutture gestite male dal pubblico può sorgere più di un dubbio»;
   da studi specifici dell'Arpa, emergono dati preoccupanti sull'inquinamento nelle vecchie discariche;
   la presenza delle discariche e l'incapacità legata allo smaltimento dei rifiuti, danneggiano l'immagine di una regione così naturalmente bella e ricca di arte, storia e cultura, caratterizzata dall'immenso potenziale turistico, com’è la Sicilia –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di tutelare l'intero territorio nazionale ed in particolare quello siciliano, al fine di garantire un adeguato stile di vita ai cittadini, intervenire sulla gestione dei rifiuti da parte del malaffare e agevolare la ripresa del settore turistico. (4-03220)


   CAPARINI e BORGHESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il recepimento del regolamento (UE) n. 258/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, risalente al 14 marzo 2012, emanato con l'intento di armonizzare le normative dei singoli Stati dell'Unione, alcuni dei quali non sufficientemente strutturati dal punto di vista normativo e in materia di controlli, sta imponendo alle imprese del comparto armieri del nostro Paese un sensibile aggravio degli oneri burocratici;
   in particolare, a causa dell'errato recepimento delle nuove normative europee, la già complessa istruttoria aziendale delle pratiche è passata da 16 ad 86 pagine, caricando di ulteriore inutile lavoro amministrativo non solo le strutture d'impresa all'uopo deputate, ma altresì gli uffici delle questure e del Ministero dell'interno;
   tali gravami burocratici hanno ingiustificatamente dilatato i tempi necessari all'ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie, rallentato la produzione, aumentato l'esposizione bancaria dei produttori, drasticamente diminuito l'efficienza del comparto ed inferto un duro colpo alle esportazioni;
   non risulta che tutti gli Stati membri dell'Unione Europea abbiano dato attuazione immediata al regolamento (UE) n. 258/2012, né, tanto meno, che lo abbiano fatto con la medesima severità del nostro Paese, con l'effetto ultimo di aumentare il già elevato svantaggio competitivo delle imprese italiane –:
   quali iniziative il Governo ritenga immediatamente adottare per salvaguardare la competitività del settore armiero minacciato dalla crescita del gravame burocratico imposto alle imprese del comparto dalla normativa di recepimento del regolamento (UE) n. 258/2012;
   in quali tempi si preveda di assumere iniziative normative per definire nuove regole che rimuovano gli ostacoli all'esportazione e i gravi danni economico-finanziari generati dal recente recepimento.
(4-03228)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   le istituzioni scolastiche hanno l'obbligo di appoggiarsi ad una banca cassiera alla quale confluiscono le entrate derivanti dai contributi volontari dei genitori e dai contributi degli enti locali;
   prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 i conti bancari dove confluivano tali somme erano normalissimi conti correnti nei quali i fondi rimanevano nella disponibilità delle scuole e non vi era alcun costo per la tenuta di tali conti;
   le banche erano motivate ed interessate alla gestione di tali conti e spesso offrivano piccoli incentivi economici per ottenere l'incarico;  
   il decreto-legge n. 95 del 2012 ha cambiato tale sistema;
   ora, le scuole hanno l'obbligo di versare ogni 15 giorni, mediante la banca cassiera, tutti i fondi presenti nel proprio conto corrente alla Banca d'Italia;
   non è più conveniente quindi per le banche offrire alle scuole questo tipo di conto e soprattutto ce ne sono sempre meno disposte a farlo;
   fino allo scorso anno il conto tesoreria degli istituti scolastici era a costo zero, anzi, la banca offriva anche un piccolo contributo alle scuole;
   dall'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012 il costo del conto è diventato molto gravoso, 2000/3000 euro annui, e tali somme vengono necessariamente detratte dai fondi per il funzionamento delle scuole già insufficienti a coprire le spese indispensabili, che vanno dall'acquisto di materiale per la segreteria ai detergenti per la pulizia delle scuole, alla famosa carta igienica;
   il risultato è, per ogni scuola di ordine e grado, un notevole esborso di denaro che ricade ingiustamente sulle scuole stesse, sempre più impoverite dai continui tagli e costrette a far fronte a tali spese attraverso i versamenti volontari dei genitori;
   tecnicamente la strada dei consorzi, suggerita dalla circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non è una soluzione percorribile a breve, poiché i contratti in essere tra istituti bancari e scuole non scadono tutti allo stesso momento, non è assolutamente sicuro che poi le banche assicurino condizioni molto più convenienti in caso di consorzi, e se diverse scuole che hanno fondi di entità molto diversa tra loro li facessero confluire in un unico conto corrente si originerebbero problemi pratici e contabili di ogni tipo che porterebbero al caos –:
   quali iniziative, anche di tipo normativo, si ritengano necessarie per eliminare un costo gravoso ed inutile per le scuole di ogni ordine e grado e consentire la stipula di nuove convenzioni di cassa con le banche che riducano al minimo i costi di gestione al fine di non incidere più sulle loro già scarsissime risorse.
(2-00374) «Galgano, Andrea Romano».

Interrogazioni a risposta orale:


   BINETTI. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'abilitazione scientifica nazionale è stata istituita con legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», che all'articolo 16, comma 2, recita che «Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti... sono disciplinate le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell'abilitazione...» e al comma 3, che «I regolamenti di cui al comma 2 prevedono...» l'indizione obbligatoria, con frequenza annuale inderogabile, delle procedure per il conseguimento dell'abilitazione»;
   il citato «Regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240», all'articolo 3, comma 1, recita: «Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione sono indette inderogabilmente con cadenza annuale con decreto del competente Direttore generale del Ministero, per ciascun settore concorsuale e distintamente per la prima e la seconda fascia dei professori universitari»; il medesimo articolo, al comma 2, stabilisce: «Il decreto di cui comma 1 è adottato nel mese di ottobre di ogni anno e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e dell'Unione europea, nonché sui siti del Ministero, dell'Unione europea e di tutte le Università italiane. Il decreto stabilisce le modalità per la presentazione delle domande e della relativa documentazione. Le domande sono presentate nel termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale». Lo stesso articolo 3, al comma 4, prescrive: «Il mancato conseguimento dell'abilitazione preclude la partecipazione alle procedure di abilitazione indette nel biennio successivo per il medesimo settore concorsuale della medesima fascia ovvero della fascia superiore»;
   la prima tornata di abilitazioni è stata indetta con decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie concorsi, del 27 luglio 2012 n. 58, e la scadenza della presentazione delle domande è stata fissata, dall'articolo 2 dello stesso, alle ore 17 del 20 novembre 2012;
   l’«Agenda» pubblicata sul sito ufficiale della abilitazione scientifica nazionale (http://abilitazione.miur.it consultata in data 18 gennaio 2013) per quanto riguarda i bandi per le candidature indica per il 2014: «Bando previsto per il mese di giugno 2014 con candidature dal 1° luglio 2014 al 31 ottobre 2014» e per il 2015 «Bando previsto per il mese di gennaio 2015 con candidature dal 15 febbraio 2015 al 31 ottobre 2015»;
   la tempistica indicata esplicitamente nel regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011) è stata di fatto sinora disattesa, per cui non è chiaro se per il 2014 si intenda seguire la tempistica indicata nella «Agenda» pubblicata sul sito ufficiale della abilitazione scientifica nazionale, continuando a non applicare la tempistica indicata esplicitamente nel regolamento –:
   se il bando per il mese di giugno 2014 – di fatto in contrasto con il vigente regolamento – sarà precluso ai candidati risultati non idonei al bando 2012, e se, pertanto, il dettato dell'articolo 3, comma 4, del regolamento debba essere inteso nel senso che coloro che non hanno conseguito l'abilitazione nella tornata indetta con decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012 non possono partecipare a procedure di abilitazione indette nel biennio successivo, cioè fino al 20 luglio 2014, o se invece sarà loro consentito di presentare la propria candidatura. (3-00566)


   VEZZALI e MOLEA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   risulta esserci una riduzione al 30 per cento dei fondi per lo sport scolastico (da 60 a 20 Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sugli scatti di anzianità. Conseguentemente a questo drastico taglio, si sono ridotte le attività motorie e sportive extrascolastiche e si annulleranno tutte le attività sportive nelle loro fasi provinciali, regionali e internazionali;
   gli interroganti si riferiscono precisamente alla pratica di avviamento allo sport nelle scuole secondarie di primo e secondo grado e alla fine dei Giochi sportivi studenteschi, dopo 20 anni di attività;
   saranno oltre 20 milioni di genitori che dovranno pagare centinaia di euro per far fare attività sportiva ai loro figli perché la scuola non offre più la possibilità di praticare sport a scuola e i docenti di scienze motorie alla luce degli accordi tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e organizzazioni sindacali, denunciano l'ingiustificato disinteresse nei confronti dello sport scolastico;
   risulta infatti evidente come, a fronte di proclami ufficiali da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministro per gli affari regionali e del Presidente del Consiglio, a favore del potenziamento dello sport scolastico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia ancora una volta mortificato l'attività sportiva scolastica, riducendo i fondi specifici disponibili andando contro quanto espressamente voluto dall'Unione europea in sede di strategie programmatiche 2014-2020 in materia di sport;
   la riduzione dei fondi, comporta mediamente soltanto 20 ore annue di attività a docente, a fronte di un programma che invece avrebbe addirittura necessità di implementazione di ore;
   alla luce di quanto sopra esposto, considerati i pochi fondi disponibili, che non garantiscono un'adeguata preparazione, ci troveremo a coinvolgere sempre meno studenti nelle diverse attività sportive per tutto l'anno –:
   come intenda adoperarsi per concentrare gli sforzi in pochi interventi già condivisi da Governo nazionale, per finanziare in giusta misura la necessaria promozione dell'attività sportiva nella scuole e mettere in pratica il progetto tecnico dei campionati studenteschi, onde evitare di essere il fanalino di coda in Europa in materia di sport, ed evitare la drastica limitazione delle attività sportive da parte dei docenti di scienze motorie a danno soprattutto di molti alunni per i quali tale attività rappresenta l'unica possibilità di partecipazione a competizioni organizzate per l'incapacità del Governo di trovare i fondi necessari. (3-00569)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMPANA e META. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   presso il conservatorio di musica Licinio Refice di Frosinone, alcuni studenti che hanno conseguito la laurea triennale del corso di «popular music» stanno attendendo da oltre due anni l'attivazione da parte del Ministro interrogato l'attivazione del biennio per completare il ciclo di studi;
   nella seduta del 13 febbraio 2013, il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), organo interno al Ministero, esprime parere favorevole all'attivazione del biennio di popular music, come si evince dal verbale n. 59;
   l'organismo decade assieme al Governo Monti ed è ad oggi ancora in attesa ricostituirsi;
   in data 10 giugno 2013, il Ministero invia al conservatorio un documento in cui «boccia» il piano di studi rivisto e corretto dal conservatorio Licinio Refice, affermando che «Il formato elettronico del corso di Popular Music, trasmesso ai fini della pubblicazione, differisce da quello a suo tempo valutato e per il quale è stato acquisito il parere favorevole del CNAM», chiedendo una nuova valutazione da parte del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale di prossima costituzione;
   considerata la legge recante norme sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990, articolo 6, ad avviso degli interroganti, la dottoressa Clelia Caiazza responsabile del procedimento avrebbe potuto chiedere l'integrazione della documentazione al fine di superare le criticità emerse, anziché lasciare decine di studenti con un percorso formativo a metà –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se e quando il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale verrà ricostituito;
   se e quali siano le ragioni per cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca autorizzi corsi di laurea solo parzialmente;
   se il Ministro non intenda intervenire con procedura d'urgenza al fine di sbloccare la pratica del conservatorio di Frosinone al fine di non far perdere un altro anno accademico agli studenti già laureati in attesa dell'attivazione del biennio, fondamentale per l'ingresso nel mondo dell'insegnamento. (4-03222)


   LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, FICO, TOFALO e MICILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è ormai prassi in tante scuole pubbliche italiane che si tenti un prelievo, paragonabile ad una ulteriore, illegale gabella, alle famiglie, oltre alla tassa prevista dalla legge per le classi IV e V degli istituti superiori di II grado, attraverso la richiesta di un contributo, all'atto dell'iscrizione, che oscilla tra i 20 e i 150 euro;
   nel modello di iscrizione che le famiglie devono compilare, all'interno del quale si trova la voce «contributo» con la relativa somma da versare senza che venga aggiunta la parola «volontario» e senza che venga specificata la destinazione della somma richiesta e con l'aggravante che si cerca di far credere che l'iscrizione dei propri figli sia condizionata al versamento del contributo richiesto;
   con la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 312 del 20 marzo 2012 si invitavano i dirigenti scolastici a non fare alcuna pretesa all'atto dell'iscrizione, ma solo successivamente la possibilità di chiedere a titolo volontario versamenti di contributi per progetti formativi di cui dare trasparenza nella rendicontazione;
   nonostante l'invito espresso nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, n. 312 del 20 marzo 2012, le scuole hanno continuato a reiterare questo abuso, tanto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emesso, l'anno successivo, una nuova circolare (protocollo, n. 593 del 7 marzo 2013), segnalando ancora irregolarità ed abusi nella richiesta di contributi scolastici;
   lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ritiene che simili comportamenti, oltre a danneggiare l'immagine dell'amministrazione scolastica, si configurano come vere e proprie lesioni al diritto allo studio costituzionalmente garantito;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sancito e reiterato nella circolare il principio di obbligatorietà e gratuità dell'istruzione che, previsto dall'articolo 34 della Costituzione, è stato esteso dall'attuale normativa fino a ricomprendere i primi tre anni dell'istruzione secondaria superiore. In tutte le istituzioni scolastiche statali, pertanto, la frequenza della scuola dell'obbligo non può che essere gratuita, mentre, per le sole classi 4° e 5° della scuola secondaria di secondo grado, fatto salvi i casi di esonero, essa è subordinata esclusivamente al pagamento delle tasse scolastiche erariali.
   nessun'altra imposizione economica viene riconosciuta dall'ordinamento in favore delle istituzioni scolastiche, facendo riferimento all'articolo 23 della Costituzione secondo cui: «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alle leggi» –:
   se non ritenga necessario e improcrastinabile adottare ulteriori azioni, strumenti e iniziative efficaci affinché siano evitati, in futuro, comportamenti, atti o iniziative da parte di scuole pubbliche, che, in contrasto con il dettato costituzionale, altro non fanno che alimentare il fenomeno della dispersione scolastica e che danneggiano l'immagine dell'intera amministrazione scolastica;
   se non intenda necessario introdurre elementi di maggior trasparenza, obbligando gli istituti scolastici alla pubblicazione dei bilanci scolastici con evidenza delle spese effettuate attraverso i fondi raccolti in modalità volontaria presso le famiglie degli alunni effettuati esclusivamente per il miglioramento dell'offerta formativa e al suo ampliamento al di là dei livelli essenziali. (4-03223)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   a causa della difficile situazione economica del Paese, le imprese interessate da interventi di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria, in deroga e da procedure di mobilità non sempre sono in grado – anzi quasi mai – di anticiparne il trattamento ai lavoratori;
   per le procedure previste dalla normativa vigente, le erogazioni ai lavoratori dei trattamenti di sostegno al reddito da parte dell'Inps avvengono con tempistiche che, in assenza di anticipazione da parte dell'impresa, possono determinare serie difficoltà finanziarie per i lavoratori e le rispettive famiglie, i quali si ritrovano per mesi senza alcuna entrata economica;
   a tal fine è stato contemplato, a livello locale, la possibilità di intervenire con forma di anticipazione del trattamento economico spettante al lavoratore da parte degli istituti di credito disponibili a sottoscrivere accordi con la provincia per prepagare ai lavoratori la somma che gli stessi vantano dall'Inps come ammortizzatore sociale;
   purtroppo, però, al fine di evitare il rischio di anticipare somme a lavoratori che poi non beneficeranno degli ammortizzatori sociali perché la relativa domanda non sarà accolta dagli organismi competenti, le banche attendono comunque la firma del decreto di autorizzazione, il che significa per i lavoratori rimanere sempre per mesi senza alcuna copertura reddituale;
   a parere degli interpellanti, un intervento più che valido per ovviare ai problemi connessi alle lungaggini normative e burocratiche per l'erogazione degli ammortizzatori sociali è stato l'istituto dell'anticipazione introdotto dall'articolo 7-ter, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2009 (convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33), in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 e prorogato per gli anni 2011 e 2012 dalle leggi di stabilità 2011 (articolo 1, comma 31, della legge n. 220 del 2010) e 2012 (articolo 33, comma 22, della legge n. 183 del 2011);
   tale intervento prevedeva appunto – limitatamente alla cassa in deroga – che in attesa dell'emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di integrazione salariale in deroga con richiesta di pagamento diretto, l'Inps potesse anticipare i relativi trattamenti sulla base della domanda corredata dagli accordi conclusi dalle parti sociali e dell'elenco dei beneficiari –:
   quali siano i motivi della mancata proroga del predetto «istituto dell'anticipazione» anche per gli anni successivi al 2012 e se non ritenga opportuno – alla luce del perdurante stato di crisi economica e sociale del Paese, adottare celermente le iniziative di propria competenza atte a consentire l'anticipazione del trattamento di integrazione salariale per i lavoratori cassintegrati ordinari, straordinari e in deroga, per i mobilitati ordinari e in deroga e per i lavoratori interessati da contratti di solidarietà prima dell'emanazione del relativo provvedimento di autorizzazione.
(2-00376) «Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Stefano Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in seno all'INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) è in atto una profonda riorganizzazione sull'intero territorio nazionale anche al fine di adempiere alle riduzioni di personale ex legibus 148 del 2011 e 135 del 2012 e quindi determinate numericamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 gennaio 2013 – tabella 31;
   il Presidente dell'INAIL, con propria determinazione n. 196 del 2 agosto 2013 e successive modifiche, ha approvato il documento relativo al nuovo modello organizzativo che prevede anche il declassamento di alcune sedi territoriali;
   tra le sedi territoriali oggetto di declassamento è presente anche la sede di Ferrara;
   occorre considerare che il territorio della provincia di Ferrara si caratterizza per particolare estensione e per notevole lontananza dei centri periferici più estremi rispetto al centro capoluogo e, non da ultimo, nell'anno 2012 la provincia di Ferrara è stata interessata dal sisma che ha colpito duramente il tessuto industriale e visto vittime del lavoro, feriti ed una notevole attività da parte della Sede territoriale competente;
   si aggiunga che il potenziale e paventato declassamento della sede di Ferrara comporterebbe due effetti immediati:
    il primo, la dipendenza funzionale e gerarchica dalla sede di Ravenna, distante territorialmente e certamente non afferente;
    lo svuotamento dell'importante e caratterizzante funzione prevenzione, propria di una Sede INAIL, che ha rappresentato negli anni un elemento di forza e precipuo dell'istituto anche alla luce del contingente momento storico per il quale la sicurezza sul lavoro e le relative misure costituiscono una priorità sociale;
    la perdita di un'unità socio sanitaria complessa, che gestisce una totale presa in carico del lavoratore infortunato, al fine di reintrodurlo dignitosamente nella vita quotidiana e lavorativa;
    la sede INAIL di Ferrara gestisce circa 22.000 posizioni assicurative, oltre 12.300 infortuni, rendite e malattie professionali e 31.000 DURC;
   pare infine opportuno ricordare la delibera del consiglio di indirizzo e vigilanza INAIL del 30 aprile 2013 «Linee guida e criteri generali per la riorganizzazione» laddove individua fra gli elementi utili ad accreditare la nuova funzione ed utilità dell'Istituto, il principio di sussidiarietà nonché l'impiego delle risorse umane verso il territorio e si ribadisce, ancora una volta che tali risorse debbano essere valorizzate in modo fondamentale –:
   quali criteri siano stati utilizzati nell'individuazione delle sedi da declassare;
   se i Ministri interrogati ritengano siano state congruamente considerate le particolarità sopra esposte in ordine a territorio, terremoto, qualità e quantità del lavoro;
   se nella redistribuzione delle dotazioni organiche e nelle strategie future saranno evitate sperequazioni fra strutture territoriali e fra strutture territoriali e quelle centrali. (5-01919)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI, CIPRINI, LUPO, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la patata rossa di Colfiorito è uno dei 69 prodotti agroalimentari tradizionali della regione Umbria, la cui coltivazione, particolarmente adatta alle condizioni climatiche e ambientali degli altopiani della zona di Foligno, trova il consenso di tutti gli agricoltori locali, che hanno ormai abbandonato la produzione della nostrana patata bianca;
   i fattori di tipicità della patata rossa di Colfiorito sono in evidente relazione alle caratteristiche antropiche, ambientali e climatiche dell'area di produzione ed è ormai dimostrato che la sua tipicità è data esclusivamente dallo stretto legame con il territorio;
   posto che le caratteristiche chimiche ed organolettiche, nonché la qualità, fanno dalla patata di Colfiorito un prodotto agricolo riconoscibile e con una reputazione caratterizzante, l'Associazione patata rossa di Colfiorito ha presentato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali istanza di riconoscimento comunitario della indicazione geografica protetta ai sensi del Regolamento (UE) 1151/2012;
   nell'ottobre 2010 la regione Marche e la regione Umbria, entrambe interessate dalla coltivazione del prodotto in parola, hanno espresso parere favorevole al Ministero che, come disposto dalla procedura, ha proposto uno schema di disciplinare di produzione;
   ad oggi tuttavia l’iter per il riconoscimento della indicazione geografica protetta per la patata rossa di Colfiorito risulta interrotto, né alcuna convocazione della riunione di pubblico accertamento del disciplinare appare all'ordine del giorno –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritenga urgente sbloccare l’iter procedurale necessario al riconoscimento IGP della patata rossa di Colfiorito prodotto d'eccellenza di una importante area del Paese e volano di crescita di territori montani per i quali questa produzione rappresenta una risorsa preziosa. (5-01925)


   CENNI, OLIVERIO, MARIANI, TERROSI, VALIANTE, TENTORI, VENITTELLI, COVA, DAL MORO e CARRA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il materiale riproduttivo vegetale è il primo anello della catena alimentare la cui varietà e diversità rappresenta un fattore fondamentale per la tutela della biodiversità agricola e della qualità della produzione di alimenti e mangimi; tale varietà è oggi a rischio: la Fao ha stimato che in 100 anni si registrerà una perdita del 75 per cento della biodiversità agricola, a causa della diffusione globale di poche varietà vegetali;
   l'Unione europea sta lavorando da svariati anni ad una nuova legislazione per i semi con l'obiettivo dichiarato di uniformare, semplificare e rendere maggiormente omogenea la legislazione in materia negli Stati membri; quindi la Commissione europea il 6 maggio 2013 ha presentato la proposta di «Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale» (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale) COM (2013)262;
   la proposta in esame è finalizzata a sostituire e ad aggiornare dodici direttive attualmente in vigore che regolano la materia in oggetto ed è finalizzata inoltre a regolare l'iscrizione del materiale riproduttivo vegetale, in cui rientrano non solo le sementi, ma anche le piante e loro parti in grado di riprodurre piante intere, nei registri nazionali ed europeo, nonché la commercializzazione, l'etichettatura, gli imballaggi e i controlli post certificazione del medesimo materiale;
   anche se nella proposta di regolamento sono previste apposite deroghe relative «al materiale riproduttivo vegetale destinato a un mercato di nicchia», e regole specifiche per le «antiche varietà tradizionali» – sottratti agli iter di registrazione – esse non sembrano sufficienti a tutelare le specificità locali e la biodiversità agricola italiana; in particolare, il timore è che la nuova legislazione invece di migliorare le regole sulla commercializzazione dei semi aumenti in maniera significativa le difficoltà per gli agricoltori di costruire sistemi sementieri informali tra di loro mediante una circolazione dei semi fuori dai canali commerciali;
   la standardizzazione della regolamentazione del mercato dei semi potrebbe inoltre determinare effetti pesanti sulla biodiversità europea, producendo un livellamento della varietà delle sementi;
   tuttavia, tale omogeneità delle legislazioni sementiere produrrà, di certo, effetti positivi per il settore agroindustriale, mentre gli agricoltori potrebbero trovarsi a dover adempiere solo ad una attività di produzione secondo le logiche del mercato mondiale in cui i semi sono solo una merce qualsiasi, senza più assolvere alla funzione di conservazione, di selezione e di libero scambio del materiale riproduttivo vegetale;
   i cambiamenti climatici costringono a ridurre considerevolmente il consumo mondiale di energia. L'agricoltura industriale è uno dei settori che produce un alto consumo di combustibili fossili, utilizzati sia per i pesticidi sia per i concimi, i trasporti, l'industria della distribuzione e il lavoro meccanizzato della terra; tutto questo determina un enorme impoverimento del suolo e della biodiversità;
   gli alimenti venduti nei mercati sono per la quasi totalità prodotti dagli stessi semi industriali che forniscono un prodotto uniforme; in compenso tali semi non possono essere usati per la produzione di semi e, così, gli agricoltori diventano consumatori dei loro stessi semi, che devono compare ogni anno da società specializzate;
   il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, Olivier De Schutter nei propri rapporti evidenzia sistematicamente che l'unica soluzione per nutrire la popolazione mondiale in maniera costante è l'agricoltura mista su piccola scala, ecologica e locale;
   sulla questione delle sementi, quindi, non risulta opportuno procedere ad una legislazione che centralizzi ancora di più le decisioni e le procedure di cui beneficerà in massima parte il settore industriale a scapito degli agricoltori;
   nel mese di dicembre 2013 il Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, in una lettera inviata al quotidiano La Repubblica in risposta ad un articolo firmato da Carlo Petrini dal titolo «I semi non hanno padroni. I contadini d'Europa sfidano le multinazionali» afferma di «ritenere necessario chiarire la posizione del Parlamento europeo su un tema di grande rilievo come quello del regolamento sulla commercializzazione delle sementi e delle piante da propagazione» e precisa che «la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha già avuto modo di manifestare un profondo malessere che si è tradotto in oltre 1.000 emendamenti tra i quali spicca anche la richiesta di rigetto totale della proposta» (em. 93 sottoscritto anche dallo stesso presidente De Castro, Ndr);
   i motivi di tale malessere derivano «dalla sintesi forzata di temi differenti tra loro e complessi come la commercializzazione delle sementi e del materiale di propagazione che possono creare un fardello amministrativo inutile per gli agricoltori e limitare la scelta e la trasparenza per i consumatori»;
   in questo complesso contesto è necessario anche ricordare che la Corte di giustizia europea, il 12 luglio 2013, in merito alla controversia in materia di sementi di ortaggi tra due imprese francesi, un'associazione no-profit, la Kokopelli, e un produttore di sementi, Graines Baumaux Sas, ha ritenuto obbligatoria l'iscrizione ufficiale di una varietà vegetale prima della sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere già in vigore;
   pertanto è fondamentale evitare ogni ulteriore irrigidimento della legislazione in materia di semi con l'obiettivo di consentire la creazione di un modello in cui la produzione e la disponibilità di materiali riproduttivi vegetali di alta qualità fisica e sanitaria in tutta Europa siano coniugati ad una effettiva tutela della biodiversità;
   la proposta di regolamento è in fase di negoziato tra la Commissione, il Parlamento europeo ed il Consiglio e, anche se non risultano ancora iniziati i triloghi, è calendarizzata per la discussione in fase di prima lettura nella plenaria di Strasburgo ad aprile 2014 –:
   quale posizione abbia tenuto il Ministro interrogato nella fase iniziale della procedura legislativa e quali siano i suoi orientamenti sulle questioni esposte in premessa rispetto alla proposta di regolamento;
   se non intenda mettere in atto tutte le iniziative utili al fine di tutelare il libero scambio delle sementi tra gli agricoltori, anche in previsione del semestre di Presidenza italiano. (5-01926)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Governo con legge 4 giugno 2010, n. 96 (Legge comunitaria 2009) articolo 28, ha ricevuto delega per adottare uno o più decreto legislativi per il riassetto, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca ed acquacoltura;
   in attuazione al dettato della norma sopracitata il Governo ha emanato il decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, pubblicato in gazzetta Ufficiale n. 26 del 1o febbraio 2012 Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96;
   il comma 4 dell'articolo 28 prevede che entro 2 anni dalla entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega, possono essere emanate disposizioni correttive ed integrative;
   i due anni per gli interventi di cui sopra scadono il 2 febbraio 2014;
   nel frattempo sono state emanate nuove disposizioni comunitarie in materia di pesca professionale ed acquacoltura, non da ultime la riforma della Politica comune della pesca e la riforma dell'organizzazione comune dei mercati, che necessitano di interventi legislativi in ambito nazionale;
   il coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane (ACI) ha più volte ed in varie occasioni sollecitato il Governo ad intervenire sulla legislazione nazionale, chiedendo interventi legislativi volti alla modernizzazione del settore, alla semplificazione degli oneri burocratici, a valorizzare il ruolo multifunzionale delle imprese di pesca ed acquacoltura, ad armonizzare la normativa nazionale con quella comunitaria in materia di controlli ed ad assicurare la coerenza della pesca non professionale con le disposizioni comunitarie in materia;
   lo stesso coordinamento pesca dell'ACI ha più volte dichiarato la propria disponibilità ad una interlocuzione con il Governo e con l'amministrazione nazionale per superare gli ostacoli normativi esistenti;
   ad un mancato supporto legislativo per la modernizzazione del settore, occorre aggiungere un perdurante stato di crisi economica e sociale del settore che nell'ultimo decennio ha registrato un calo del personale imbarcato del 38,26 per cento, una riduzione della flotta del 28,1 per cento, una contrazione dei ricavi del 31 per cento, una riduzione delle catture del 48,84 per cento, ed un ridimensionamento dei fondi nazionali a disposizione per il settore del 77 per cento –:
   quali azioni il Ministro interrogato intenda promuovere per non perdere questa ulteriore occasione di revisione della normativa di settore, senza maggiori oneri per lo Stato. (4-03225)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSSI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014) impone un'interpretazione, definita «autentica» nella relativa relazione illustrativa, di disposizioni recate da provvedimenti destinati al personale del comparto sicurezza e difesa (articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, d'interesse delle Forze di polizia a ordinamento civile, e articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, d'interesse delle Forze armate, esclusa l'Arma dei carabinieri), omettendo peraltro di riferirsi esplicitamente all'omologa disposizione riservata alle Forze di polizia a ordinamento militare (articolo 28, comma 3, del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 170 del 2007);
   tale interpretazione, mirata a chiarire che la retribuzione a titolo di straordinario, per il personale chiamato, per sopravvenute inderogabili esigenze, a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, compete solo per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero, risulterebbe necessaria, fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato, in relazione all'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, che ha fin qui riconosciuto, nella fattispecie indicata, la spettanza di detta retribuzione senza porre il vincolo del superamento dell'ordinario turno di servizio giornaliero;
   le procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, in regime di diritto pubblico, sono sancite dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, il quale prevede che i relativi provvedimenti siano emanati con decreti del Presidente della Repubblica, a valere sulle risorse appositamente stanziate con legge, a seguito di contrattazione tra la delegazione di parte pubblica e la delegazione sindacale, per le Forze di polizia a ordinamento civile, e di contestuale concertazione tra le delegazioni delle amministrazioni interessate, alla quale partecipano le competenti articolazioni del Consiglio centrale di rappresentanza (COCER), per le Forze armate e le Forze di polizia a ordinamento militare;
   il perfezionamento delle menzionate procedure non comporta alcun intervento parlamentare e gli eventuali contrasti interpretativi di rilevanza generale insorti nel merito delle disposizioni discendenti, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del richiamato decreto legislativo n. 195 del 1995, devono essere definiti con direttive del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, contenenti gli opportuni indirizzi applicativi per tutte le amministrazioni coinvolte, in base all'orientamento espresso dalle delegazioni che partecipano alla contrattazione e alla concertazione –:
   quali iniziative intendano promuovere in merito alla problematica esposta in premessa anche al fine di evitare onerosi quanto inutili contenziosi per la pubblica amministrazione, tenuto conto che, sia in via logica che di legittimità, al Parlamento non può essere attribuita la competenza a fornire un'interpretazione «autentica» di disposizioni di natura «pattizia», così sostituendosi ai soggetti preposti, e peraltro al solo fine di superare l'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato in materia, con ciò potendosi configurare, a giudizio dell'interrogante, anche un manifesto conflitto con il potere giudiziario;
   quali minori oneri comporti, per le amministrazioni interessate, l'applicazione della norma in parola, e se non ritengano che le corrispondenti somme, in quanto oggettivamente discendenti dagli stanziamenti preordinati alla disciplina dei contenuti del relativo rapporto d'impiego, debbano essere immancabilmente reimpiegate in favore delle medesime categorie di personale destinatario dei relativi provvedimenti di contrattazione e concertazione, tenendo a tal proposito altresì ben presenti i dolorosi squilibri che la medesima legge di stabilità ha introdotto fra gli operatori della sicurezza, maggiormente considerati quelli della difesa;
   se ritengano che la norma in esame, che pretende di essere interpretativa, debba essere applicata con effetto retroattivo, cioè «ex tunc», e che quindi coerentemente, avuto riguardo ai termini prescrizionali, occorra verificare, come pesantissima conseguenza, che mal si concilia con i sacrifici sostenuti dagli appartenenti al comparto, i conteggi individuali riferiti al lavoro straordinario prestato negli ultimi cinque anni da ciascuno degli oltre 500.000 soggetti potenzialmente destinatari, ai fini della ripetizione delle somme indebitamente corrisposte, fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato, con ciò inducendo esplosive disparità di trattamento;
   in che misura vada quantificato, per il personale chiamato, per sopravvenute inderogabili esigenze, a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, l’«ordinario turno di servizio giornaliero» al di sotto del quale nella fattispecie non potrebbe essere corrisposta la retribuzione a titolo di straordinario, considerato che in realtà si tratta di attività lavorativa prestata quando non era ordinariamente previsto alcun turno di servizio. (4-03221)


   OLIVERIO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, stabilisce che: «Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati»;
   l'articolo 12 del codice dell'amministrazione digitale (decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) stabilisce che «Le pubbliche amministrazioni nell'organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese(...)». Tale articolo è entrato in vigore il 20 ottobre 2012;
   il decreto-legge n. 112 del 2008, all'articolo 27 «Taglia-carta» prevede che «1. Al fine di ridurre l'utilizzo della carta, dal 1o gennaio 2009, le amministrazioni pubbliche riducono del 50 per cento rispetto a quella dell'anno 2007, la spesa per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita gratuitamente od inviata ad altre amministrazioni, 2. Al fine di ridurre i costi di produzione e distribuzione, a decorrere dal 1o gennaio 2009, la diffusione della Gazzetta Ufficiale a tutti i soggetti in possesso di un abbonamento a carico di amministrazioni o enti pubblici o locali è sostituita dall'abbonamento telematico(...)»;
   l'articolo 32 della legge 16 giugno 2009, n. 69 «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile», stabilisce che «A far data dal 1o gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. La pubblicazione è effettuata nel rispetto dei principi di eguaglianza e di non discriminazione, applicando i requisiti tecnici di accessibilità di cui all'articolo 11 della legge 9 gennaio 2004, n. 4. La mancata pubblicazione nei termini di cui al periodo precedente è altresì rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili»;
   con legge regionale n. 11 del 6 aprile 2011, la regione Calabria ha istituito il Bollettino ufficiale telematico. Tuttavia, da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 17 gennaio 2014, a firma di Gian Antonio Stella, la pubblicazione esclusivamente online del suddetto bollettino a partire dal 1o gennaio 2012 non è mai avvenuta. Si legge, inoltre, che «la stampa della “gazzetta” regionale, a dispetto della legge votata tre anni fa, è proseguita per tutto il 2012 e poi per tutto il 2013 ed è già uscito il primo numero del 2014 minacciando di andar avanti all'infinito. Come mai ? (...) Forse perché, scommettono i maliziosi, la risposta va ricercata nella tipografia benedetta dalla fortunata commessa pubblica. E cioè “l'Azienda ‘Abramo Printing e Logistic’, di proprietà della famiglia del sindaco di Catanzaro Sergio Abramo”. Il quale, guarda caso, appartiene alla stessa maggioranza di destra che ha in pugno la Regione. E davanti alle denunce ha pensato bene di starsene zitto zitto, quatto quatto. Tanto, prima o poi, gli scandali passano. E gli appalti restano.»;
   il costo sostenuto dalla regione Calabria per la stampa del Bollettino — si legge sempre nel summenzionato articolo — sarebbe di oltre un milione di euro, una cifra considerevolmente più alta di quella spesa da altre regioni come il Veneto, citata nell'articolo;
   a tale articolo, la regione Calabria, nella persona di Umberto Nucara, dirigente generale dipartimento personale, ha replicato in data 20 gennaio 2014, sulla medesima testata, affermando che il ritardo è imputabile al processo di internalizzazione gratuito di un applicativo per la redazione e pubblicazione del Bollettino telematico regionale e che il Bollettino sarà pubblicato solo online a partire dal prossimo mese di febbraio –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali interventi intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per rendere effettivo da un lato, il risparmio di spesa derivante dalla digitalizzazione degli atti pubblici sulla base della legislazione nazionale e, dall'altro, per quanto di competenza per garantire ai cittadini, la piena conoscibilità degli atti pubblici nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione.
(4-03229)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   le recenti vicende relative alla Croce Rossa italiana sembrano confermare che l'ente si trovi in una situazione di profondo disordine organizzativo, contabile e finanziario;
   dal 1980, infatti, la Croce Rossa italiana è stata soggetta a lunghi periodi di commissariamento, durante il quale le mansioni di competenza degli organi ordinari sono state svolte da diversi commissari straordinari di nomina governativa e per lunghi periodi non sono stati presentati bilanci;
   solo negli ultimi anni la dirigenza ha provato a fornire un quadro più oggettivo della situazione finanziaria e patrimoniale dell'ente, che resta però fortemente lacunosa;
   il 27 gennaio 2013, Francesco Rocca ha assunto la nomina di presidente nazionale, in seguito alle elezioni svolte nell'Assemblea nazionale dell'organizzazione, chiudendo la fase di commissariamento;
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, si è sancito che, dal 1o gennaio 2014, le funzioni esercitate dall'Associazione italiana Croce Rossa (l'attuale CRI) passano alla costituenda Associazione della Croce Rossa Italiana, che diverrà a tutti gli effetti un soggetto di diritto privato;
   l'attuale CRI è pertanto posta in liquidazione dal 1o gennaio 2014;
   un articolo de Il Sole 240re, datato 5 febbraio 2013, ha messo in luce che la CRI si avvale dell'attività 150 mila volontari, che operano gratuitamente, mentre all'inizio del 2013 i dipendenti della CRI erano quantificati in 4.000 unità;
   ogni anno lo Stato italiano ha sorretto i conti dell'associazione umanitaria e di assistenza con circa 180 milioni di euro;
   nonostante i quasi 2 miliardi di euro immessi dallo Stato nei bilanci dell'ente dal 2005 a oggi, la Croce Rossa Italiana ha registrato un disavanzo di 14 milioni nel 2011 e di 9 milioni nel 2010;
   imponente è il buco della CRI della regione Lazio, dove il disavanzo è stato di 26 milioni nel 2011, dopo il buco di 16 milioni registrato l'anno prima;
   nel 2010 un'inchiesta di Report ha evidenziato la presenza di un patrimonio immobiliare sommerso della CRI: non si tratta solo di terreni edificabili di valore, ma anche edifici;
   in proposito, una funzionaria dell'ente ha in quel periodo affermato che esisterebbero almeno 68 immobili sottratti al fisco;
   c’è quindi il forte sospetto che i dati pubblicati sul sito della CRI non siano completi;
   il recente riordino organizzativo rischia di aprire una stagione di svendita del patrimonio della CRI, con l'unico scopo di far cassa –:
   quale sia l'entità della situazione debitoria aggiornata della Croce Rossa e quali i dati relativi al patrimonio immobiliare e al numero di volontari e dipendenti, suddivisi per regione e agli emolumenti del Comitato centrale dell'ente.
(2-00377) «Giancarlo Giorgetti, Rondini, Allasia, Attaguile, Stefano Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».

Interrogazioni a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia riguardante la situazione di caos all'Ospedale San Camillo di Roma, con barelle posizionate lungo i corridoi o addirittura materassi messi a terra per accogliere i pazienti a causa della penuria dei posti letto. Anche spostandosi alla periferia di Milano, lo scenario non si discosta di molto da quello descritto sulla stampa in questi giorni. Quanto accaduto al San Camillo di Roma non è purtroppo un fatto isolato. Situazioni simili vengono denunciate in tutto il Paese. Si tratta di una conseguenza del taglio progressivo dei letti ospedalieri e del blocco del turn over, senza che si sia dato vita a nuovi modelli di assistenza territoriale;
   in numerosi posti di pronto soccorso infatti le scene sono analoghe: code lunghissime per ottenere attenzione, caos e promiscuità tra pazienti, mancanza di privacy, superaffollamento con richiesta di assistenza che non rivestono carattere di urgenza, ma esprimono lo smarrimento di molti malati, anziani o immigrati per la maggioranza, che non sanno a chi rivolgersi;
   mancano infatti sul territorio risposte adeguate alle effettive necessità dei pazienti, che non possono ottenere risposte in tutto l'arco delle 24 ore se non rivolgendosi al pronto soccorso. Nei triage dei pronto soccorso quindi non si presentano solo i casi di «medicina di urgenza», quanto piuttosto un gran numero di persone che in mancanza di altri posti dove poter verificare la propria condizione fisica, in preda ad ansia e smarrimento, occupano gli spazi del pronto soccorso rimanendo «parcheggiati» in attesa dell'intervento del medico per ore ed ore;
   il «decreto Balduzzi» aveva cercato di dar via a quel processo di medicina del territorio che avrebbe potuto dar sollievo al sovraffollamento degli ospedali, ma non prevedendosi fondi per intraprendere questo processo, esso è rimasto ovunque inattuato. In questa fase è mancato l'impatto positivo della riorganizzazione della medicina territoriale attraverso la creazione e il potenziamento dei nuclei di medici di medicina generale associò in gruppo o in rete, perché li dove questo avviene si riduce il ricorso al pronto soccorso con vantaggi diffusi per tutti;
   dal rapporto Cergas-Oasi della Bocconi emerge chiaramente che mezza Italia è «sanitariamente al crack». L'austerità ha rimesso in ordine i conti, ma ha creato una crescente inadeguatezza dei servizi e ha accentuato il disagio nelle regioni del centro-sud, al punto che oggi il nostro è il Paese con maggiore disparità territoriale in Europa, in materia di sanità. I dati Oasi mostrano che i ricoveri degli over 65 sono ben oltre le esigenze reali, con una media che, dal 2006 al 2011, è passata dal 4,6 al 4,8. Lo conferma l'Anao Assomed;
   i piani di rientro imposti alle regioni con deficit (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia) hanno fatto in modo che «il disavanzo annuale del Servizio sanitario nazionale si sia notevolmente ridimensionato, ed è sceso dal 17,3 per cento del 2011 allo 0,9 del 2013. A tutto ciò però non corrisponde una migliore capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini nella erogazione dei servizi. I piani di rientro, finora non sono stati capaci di attivare processi di positiva evoluzione organizzativa. Quindi i conti sono migliorati, ma la riorganizzazione dei servizi non c’è stata e, anzi, questi sono peggiorati;
   inoltre, gli amministratori che si trovano a dover ridurre ulteriormente i posti letto, passando ad una media di 3,7 per mille abitanti e riorganizzando la rete ospedaliera, si trovano di fronte ad un paradosso ben esemplificato dal «caso» Lombardia. La regione dovrebbe chiudere 170 piccoli ospedali perché la riorganizzazione nazionale chiede di eliminare quelli con meno di 120 letti. Ma se ciò accadesse, la regione finirebbe con l'avere solo 2,59 posti per mille abitanti, al di sotto di quanto posto come obiettivo dallo stesso decreto –:
   quali iniziative intenda porre in essere per migliorare la condizione dei pronto soccorso attraverso il potenziamento della medicina territoriale e la riorganizzazione dei piccoli ospedali. (3-00565)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 38 del 2010 recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore» approvata il 15 marzo 2010 tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore e al comma 2 dell'articolo 1 afferma perentoriamente che: «È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza»;
   nonostante la legge n. 38, all'articolo 5, comma 2, contenga espliciti riferimenti al trattamento del dolore nei bambini, sempre più frequentemente viene sollevato il problema di una scarsa valutazione e di un insufficiente trattamento del dolore nel bambino;
   la letteratura conferma che il dolore non trattato, soprattutto in età pediatrica, determina numerosi effetti negativi sia attuali che a distanza. Il dolore inoltre è, fra tutti i sintomi, quello che più angoscia e preoccupa il paziente e la sua famiglia e se non trattato, ha un impatto fortemente negativo sul vissuto della malattia e sulla qualità della vita;
   è urgente quindi avere a disposizione strumenti che, in maniera semplice ed efficace, possano aiutare a valutare sia l'intensità del dolore nel bambino, soprattutto quando questi non è in grado di esprimersi, che il conseguente trattamento del dolore nel bambino stesso. Sono necessari strumenti che si possano adattare alle diverse patologie presentate dai bambini, alle diverse strutture ospedaliere, ma anche a livello domiciliare;
   sono ancora molti i bambini che durante la malattia lamentano dolori che non vengono trattati adeguatamente. È importante prestare una particolare attenzione ai bambini più fragili, quelli che per età, situazione o patologia, non riescono ad esprimere con chiarezza le loro necessità e le loro difficoltà, a partire dal dolore. Sono neonati, bambini con problemi neuromotori, piccoli con malattie molto gravi ricoverati in terapia intensiva. Per queste categorie, la percentuale di trattamento del dolore è frequentemente bassa e non supera il 40 per cento. Si potrebbe fare molto di più anche in situazioni meno gravi, quali i piccoli traumi, le infezioni respiratorie o il mal di pancia. In ogni caso occorre favorire una maggiore conoscenza e una migliore applicazione della legge n. 38 del 2010 –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire l'applicazione di una legge che richiede interventi sul piano della formazione specifica del personale medicoinfermieristico, e sul monitoraggio del consumo dei farmaci antidolorifici in particolare in età pediatrica per dare vita al progetto «ospedale-territorio senza dolore», come prevede l'articolo 6 della stessa legge. (3-00567)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   molte farmacie stanno lanciando un nuovo allarme: in modo sempre più frequente si aggrava nella Capitale il fenomeno della carenza di alcuni farmaci. Secondo il presidente di Federfarma, Franco Caprino, presidente della principale associazione dei titolari di farmacie romane, la responsabilità è del parallel trade. «Non è accettabile che farmaci necessari per la tutela della salute del cittadino non siano disponibili sul mercato nazionale e fuggano verso altri lidi»;
   Federfarma provinciale arriva addirittura a invocare misure radicali come il blocco temporaneo delle esportazioni parallele, «così da poter garantire la continuità terapeutica a migliaia di cittadini». Secondo Federfarma Servizi per fronteggiare e cercare di risolvere il problema i medicinali che servono nel nostro Paese dovrebbero avere un prezzo unico europeo ed, eventualmente, prevedere forme diverse di rimborso per il Sistema sanitario nazionale”;
   in ogni caso per controllare il fenomeno della «fuga dei farmaci» è necessario che Aifa estenda la tracciatura del farmaco anche a livello europeo, così da poter controllare esattamente dove le confezioni vengano realmente vendute. La tracciabilità europea consentirebbe, infatti, di avere un quadro chiaro e preciso dei movimenti dei farmaci in uscita dall'Italia, restituendo trasparenza ad un mercato che al momento presenta punti di oscurità da risolvere urgentemente;
   al fine di controllare che i farmaci commercializzati sul territorio italiano siano effettivamente distribuiti nel nostro Paese, si ritiene quindi fondamentale un maggior ruolo di controllo da parte delle autorità competenti su due fronti fondamentali: da un lato sull'industria che produce, affinché si renda evidente l'effettiva destinazione della sua produzione al mercato italiano; e dall'altro sulle farmacie che chiedono l'autorizzazione a fare distribuzione intermedia affinché posseggano tutti i requisiti previsti dal decreto legislativo n. 219 del 2006 –:
   come intenda assicurare una corretta disponibilità dei farmaci a cominciare dalla città di Roma per garantire una corretta tutela della salute dei cittadini. (3-00568)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da tempo ormai, come del resto riportano gli organi di stampa sia locali che nazionali, si registra un fenomeno inquietante, che purtroppo stanno provando sulla propria pelle decine e decine di persone affette da patologie gravi che necessitano di farmaci importanti quali ad esempio i salvavita, quelli per il dolore neuropatico e il disturbo d'ansia generalizzata, antidepressivi, antiepilettici fino a medicinali fondamentali per la cura di malattie degenerative, come il morbo di Parkinson, farmaci che però risultano introvabili sugli scaffali delle farmacie;
   la loro carenza costringe i farmacisti a penose quanto inutili «cacce al tesoro». E lo stesso vale per i malati, che poi ovviamente riversano la loro (giusta) ira sui professionisti. Un problema ben noto a tutti i livelli della sanità italiana, ma finora rimasto senza soluzioni e quello che è assurdo è che il fenomeno cresce e si sviluppa all'interno delle maglie della legalità;
   infatti, i farmaci scarseggiano perché i grossisti e altri rivenditori autorizzati, preferiscono rivenderli all'estero anziché in Italia in quanto sul territorio nazionale hanno un prezzo di mercato molto più basso come ad esempio un farmaco molto utilizzato per la malattia del Parkinson che costa alla farmacia in Italia 53,10 euro contro gli oltre 270 della farmacia in Germania;
   l'importazione parallela di un medicinale in Europa è una forma di scambio in seno al mercato interno fondata sull'articolo 28 del trattato CE del 1957 e, il mercato delle importazioni parallele dei farmaci è stimato rappresentare circa il 7 per cento del mercato farmaceutico europeo, pari a circa 14 miliardi di euro;
   di fronte a tale situazione le aziende produttrici contingentano i farmaci distribuiti, inviandone solo il quantitativo ritenuto sufficiente a soddisfare le richieste di mercato, ma considerata la difficoltà di individuare chi esporta, molti di questi farmaci vengono «distratti» e destinati all'esportazione parallela, causando così gravi carenze sul territorio;
   nonostante un primo intervento del Ministero della salute – che ha reso noto di avere già provveduto, nell'ambito del provvedimento di recepimento della direttiva 2011/62/UE che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale, a far approvare dal Consiglio dei ministri specifiche disposizioni dirette a garantire che i farmaci ritenuti essenziali e non sostituibili siano presenti sul territorio nazionale, e che, in particolare, è stato attribuito all'AIFA il potere di redigere specifici elenchi di farmaci dei quali sarà per tale via limitata l'esportazione, al fine di garantire il servizio pubblico sanitario e soddisfare le esigenze di tutti i pazienti – il fenomeno continua a persistere con grave danno per i malati –:
   quali iniziative urgenti e con quale tempistica il Ministro intenda adottare per porre fine, fin da adesso, alla carenza di farmaci importanti quali ad esempio i salvavita, quelli per il dolore neuropatico e il disturbo d'ansia generalizzata, antidepressivi, antiepilettici fino a medicinali fondamentali per la cura di malattie degenerative, come il morbo di Parkinson, sul territorio italiano garantendo così la salute dei cittadini italiani. (5-01924)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la testata il Resto del Carlino ha riportato nell'edizione del 18 gennaio 2014 la notizia di una ragazza residente in provincia di Fermo, che ha riportato gravi ustioni sul 30 per cento del corpo dovute alla rottura di una borsa d'acqua calda elettrica;
   questo prodotto, comunemente utilizzato per scaldare parti del corpo, coperte o indumenti, viene generalmente importato dalla Cina, anche se reca la marcatura CE;
   nel caso riportato dalla testata citata, la borsa d'acqua calda elettrica, utilizzata come scaldaletto, ha rilasciato nel corso della notte il liquido al suo interno, che non è acqua ma un ritrovato chimico in grado di trattenere il calore per tempi prolungati. Proprio il contatto con tale liquido ha causato gravi ustioni sul corpo dell'utilizzatrice;
   tale episodio, purtroppo non isolato, mette in luce un rilevante problema di sicurezza per molti prodotti importati dalla Cina, prodotti destinati al contatto diretto con i consumatori, come giocattoli, indumenti, prodotti per usi domestici, che non vengono sottoposti ad accurati controlli nei luoghi di produzione;
   l'importazione di tali prodotti causa, inoltre, ricadute rilevanti sul piano dell'economia e delle produzioni di molti territori italiani vocati al settore manifatturiero. I prodotti di importazione dalla Cina sono sottoposti a controlli e standard di sicurezza molto inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei. Circostanza che consente di mantenere più bassi i costi di produzione, generando, in tal modo, una concorrenza insostenibile per le aziende che operano sul territorio italiano, tenute al rispetto delle più stringenti norme di fonte comunitaria e nazionale –:
   quali misure intendano adottare i Ministri interrogati per rafforzare i controlli sulla sicurezza dei prodotti di importazione da Paesi extraeuropei;
   se non ritengano i Ministri interrogati di promuovere una revisione delle politiche di importazione, anche nelle competenti sedi comunitarie; per quanto di competenza, nel senso di un maggior controllo ed al fine di garantire un più alto standard di sicurezza per i consumatori;
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro dello sviluppo economico per calmierare gli effetti della concorrenza sleale dei prodotti di importazione extraeuropei, rispetto alle industrie che operano sul territorio italiano e che sottostanno alle leggi italiane e comunitarie. (4-03217)


   CAMPANA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindacato degli infermieri Nursind ha denunciato, nei giorni scorsi, alcune aggressioni ai danni del personale che si sarebbero verificate a Roma, presso il pronto soccorso dell'ospedale San Camillo-Forlanini;
   in una nota stampa del 2 gennaio 2014 il sindacato scrive «non si contano più le aggressioni verbali e fisiche al personale sanitario del Pronto Soccorso del S. Camillo a distanza di qualche settimana dopo il naso rotto di un infermiere, il Nursind facendo seguito alle dichiarazioni di non mollare la presa sugli accadimenti incresciosi e incivili che hanno colpito il nosocomio romano, denunciano altre due aggressioni: M.B. e L.L rispettivamente colpita in pieno volto e travolta da una barella in pieno torace, mentre cercavano di proteggere i pazienti sulle barelle da un giovane ubriaco che dopo aver minacciato metà del personale e non volendosi neanche far assistere, ha pensato bene di scatenare la sua ira contro tutto e tutti», così in una nota la Segreteria dell'OS NURSIND San Camillo-Forlanini –:
   nella data odierna, 16 gennaio 2014, la stessa azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini ha confermato il numero di 120 (centoventi) pazienti presenti nel pronto soccorso (mobilizzando per questo persino un'unità di crisi aziendale) su un documento distribuito alla RSU nell'aula consiliare avente come oggetto «Situazione di grave sovraffollamento – provvedimenti provvisori ed urgenti», prendendo così coscienza delle criticità espresse dal sindacato –:
   se il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai deficit sanitari regionali, sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e come si intenda intervenire al fine di garantire al personale medico e paramedico di poter svolgere il proprio lavoro in piena sicurezza. (4-03234)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il servizio postale universale gestito da Poste italiane è organizzato in Centri di meccanizzazione postale che assolvono alla funzione fondamentale di smistamento della posta da distribuire ai cittadini;
   nello specifico sono presenti in Italia 19 centri di meccanizzazione postale (CMP) così distribuiti sul territorio nazionale: tre in Lombardia (Brescia, due a Milano), uno in Piemonte (Torino Romoli), uno in Liguria (Genova), tre in Veneto (Venezia, Verona e Padova), uno in Emilia Romagna (Bologna), uno in Toscana (Firenze), uno nelle Marche (Ancona), uno nel Lazio (Roma), uno in Abruzzo (Pescara), uno in Sardegna (Cagliari), uno in Campania (Napoli), uno in Calabria (Lamezia Terme), uno in Puglia (Bari), due in Sicilia (Palermo e Catania);
   i CMP sono suddivisi in due sezioni principali: il transito e lo smistamento. Nella sezione transito confluiscono i mezzi di trasporto per la corrispondenza in arrivo e partono i mezzi per la corrispondenza in uscita; nella sezione smistamento si lavora la posta in arrivo e in partenza proveniente dal transito;
   la corrispondenza meccanizzabile (il maggiore quantitativo della corrispondenza complessivamente lavorata) viene smistata attraverso l'utilizzo di impianti meccanizzati di particolare complessità, rispetto ai quali emerge immediatamente la delicatezza e l'importanza delle necessarie operazioni di manutenzione;
   alla fine degli anni ’70 Poste italiane ha esternalizzato il servizio di manutenzione degli impianti di smistamento dei CMP, attraverso l'affidamento dello stesso alla ditta Elsag del gruppo Finmeccanica (oggi confluita nella Selex ES, a partecipazione statale);
   dall'ottobre 2007 la ditta Elsag ha subappaltato il servizio di manutenzione alla Stac Italia srl per il centro-nord e alla Logos spa per il centro-sud e le isole, e a seguito di un accordo ministeriale tali ditte si erano impegnate ad assorbire il personale già presente, che contava complessivamente in 263 tecnici altamente professionalizzati;
   nel dicembre 2012 Poste italiane ha bandito una nuova gara d'appalto per il servizio di manutenzione, termine ultimo per la presentazione delle offerte marzo 2013. Nel giugno 2013, tra le due ATI che avevano partecipato alla gara, Selex ES/PH Facility e Siemens/Stac Italia, è risultata aggiudicataria la Selex ES/PH Facility, grazie al forte sconto applicato all'offerta. Stac si è appellata subito al TAR del Lazio che ha rigettato il ricorso e a settembre Poste italiane ha assegnato definitivamente l'appalto, in partenza il 1 novembre 2013, a Selex e PH Facility;
   si è appreso da fonti sindacali come fin da metà gennaio 2013, a pochi mesi dalla scadenza del contratto e ben prima che la gara fosse assegnata, il personale di Selex aveva comunicato ai lavoratori di Stac e Logos che sarebbe subentrata una nuova azienda nel subappalto (la PH Facility) e che per poter continuare a lavorare avrebbero dovuto rassegnare le dimissioni ed iscriversi alle liste delle agenzie interinali, per poi essere successivamente assunti dalla nuova azienda. L'operazione non è stata portata a termine grazie all'intervento delle organizzazioni sindacali e il subappalto alle ditte detentrici è proseguito regolarmente fino alla naturale scadenza;
   PH Facility è un'azienda operante nel campo dell'igiene e sanificazione e nel proprio sito aziendale riporta espressamente quanto segue: «Abbiamo affrontato il delicato settore delle manutenzioni specialistiche dei sistemi di automazione postale grazie alla straordinaria forza tecnologica di Selex ES, che ha progettato sistemi, aggiudicandoci insieme la gara indetta da Poste italiane». Si presume, a tal proposito, che la forza tecnologica di Selex ES annoveri anche la professionalità acquisita nel corso degli anni dai 263 tecnici specializzati;
   per poter garantire la continuità del servizio, PH Facility ha necessità di assumere personale delle ditte che l'hanno preceduta, perché nel campo della manutenzione tecnica non ha esperienza alcuna. Procede, in tal senso, alla proposta di assunzione di circa 170 dei 263 tecnici – dipendenti di Stac e Logos – adibiti alla manutenzione degli impianti dei CMP, non garantendo tuttavia i precedenti livelli occupativi e con la previsione di una serie di clàusole peggiorative rispetto alle precedenti condizioni contrattuali dei lavoratori, come l'applicazione del contratto multiservizi in luogo di quello metalmeccanico ed il mancato riconoscimento dell'anzianità di servizio;
   una minoranza dei lavoratori Stac e Logos (70) ha accettato le nuove condizioni contrattuali peggiorative, anche su pressione da parte di PH Facility (come si legge nel comunicato sindacale del 6 novembre 2013 della FIOM); tuttavia la maggior parte dei dipendenti ha ritenuto non dignitose le nuove condizioni proposte ed ha iniziato una protesta che ad oggi risulta ancora attiva con presidi agli ingressi dei CMP;
   a novembre 2013, fonti giornalistiche e sindacali cominciano a riferire di numerosi e diffusi disservizi derivanti dalla giacenza di tonnellate di posta nei vari Centri di meccanizzazione italiani (si parla di circa 1200 tonnellate su tutto il territorio nazionale). Disservizi direttamente imputabili alle carenze relative al servizio di manutenzione all'indomani dell'avvicendamento delle aziende di cui si tratta. Diverse sono anche le segnalazioni di ritardi nelle consegne arrivate direttamente a Poste italiane che ha risposto, anche a mezzo tv e stampa, che tutto procede secondo gli standard di servizio e che i controlli di qualità, effettuati secondo la norma, lo confermano. Ciononostante, in rete è disponibile, fra le altre cose, un filmato che spiega come il personale di Poste possa intercettare le lettere (chiamate «lettere civetta») dando loro un canale preferenziale e falsando così i dati relativi alla qualità del servizio;
   il sindaco di Angri (provincia di Salerno) all'inizio del mese di gennaio 2014 ha presentato un esposto alla procura della Repubblica in relazione ai fatti sopra esposti ed altri utenti hanno intenzione di seguire lo stesso esempio;
   Poste italiane, al fine di superare lo stallo dovuto allo stato di agitazione di un gran numero di tecnici, ha provveduto a dividere la corrispondenza tra diversi CMP. Per esempio, per tutto il mese di novembre, la posta del CMP di Roma è stata lavorata nei centri di Napoli e Bologna. Lo stesso si è verificato a Firenze, che ha trasferito la propria corrispondenza ai CMP di Padova e Verona. La situazione, ad oggi, risulta essere la seguente: impianti che lavorano «a singhiozzo», macchine ferme, una grande quantità di corrispondenza in giacenza e non ancora smaltita;
   appare evidente che PH Facility sia subentrata nei centri di meccanizzazione postale con personale insufficiente per garantire il servizio, nonostante Selex ES abbia inviato nei vari centri proprio personale per coprire le carenze organizzative di PH Facility, e la stessa PH abbia assunto personale proveniente da agenzie interinali, privo della adeguata formazione, e aumentato esponenzialmente il ricorso allo straordinario, mettendo in discussione i livelli minimi di sicurezza di fasi di lavoro svolte attraverso il meccanismo della turnazione;
   il 12 Novembre 2013 si è svolto un incontro al Ministero dello sviluppo economico, presenti le segreterie nazionali di FIM, FIOM, UILM e la direzione aziendale di Selex ES, per ricercare delle soluzioni alla gestione del servizio di manutenzione all'interno dei CMP, ma le posizioni delle parti sono risultate distanti;
   il 9 gennaio 2014 si è tenuto un secondo incontro al Ministero, anche questo concluso con un nulla di fatto, e al quale non si sono presentati Poste Italiane e PH Facility;
   i problemi e le carenze fin qui evidenziati riguardano molteplici aspetti: relativamente al personale, sia perché viene meno la garanzia di adeguati standard di sicurezza sul posto di lavoro, sia perché gli interventi richiesti ai tecnici sono diminuiti in termini di quantità e di efficacia; relativamente al servizio postale universale, così come rappresentato anche dalla Carta della qualità di Poste italiane; relativamente all'utenza, che con grave danno si vede recapitare la posta con molti giorni di ritardo. Tali disagi, se connessi ad attività commerciali, sono ancora più dannosi, dato che, ad esempio, chi riceve in ritardo la corrispondenza inerente fatturazioni deve pagarne la relativa mora, essendo infatti difficile dimostrazione il preciso momento di consegna della corrispondenza medesima –:
   se i Ministri interessati siano a conoscenza dell'intera situazione;
   quali iniziative intendano assumere per attuare tutte le procedure necessarie al fine di fare luce sui fatti sopra descritti, in particolare verificando per quanto di competenza che gli standard di qualità del servizio postale universale corrispondano a quanto previsto dalla normativa di legge in tema di servizi pubblici e siano rispettosi della Carta della qualità del servizio postale universale;
   quali iniziative si intendano assumere affinché il tavolo di confronto con Poste italiane, Selex ES, PH Facility, Logos, Stac e le organizzazioni sindacali, possa finalmente portare ad un protocollo d'intesa che salvaguardi tutte le unità lavorative del servizio di manutenzione dei centri meccanizzati postali, valutando la possibile riallocazione presso Poste italiane del personale considerato eccedente, ferma restando la verifica che il personale applicato alla manutenzione sia effettivamente in possesso dei requisiti necessari a svolgere con professionalità l'attività richiesta, e non risultino mere unità atte solo a garantire un numero minimo di personale occupato.
(2-00379) «Narduolo, Mura, Palma, Paolucci, Moscatt, Moretto, Pastorino, Mognato, Marrocu, Pes, Giovanna Sanna, Cani, Ventricelli, D'Arienzo, Mauri, Pastorelli, Mattiello, Gregori, Ribaudo, Galperti, Miccoli, Dal Moro, Marchi, Scuvera, Ginato, Lenzi, Berlinghieri, Gadda, Rigoni, Verini, La Marca, Lotti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   SOTTANELLI, ANDREA ROMANO, CIMMINO e ZANETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto la cosiddetta legge Sabatini bis, che, al fine di accrescere la competitività dei crediti al sistema produttivo, consente alle micro, piccole e medie imprese, comprese quelle agricole e del settore della pesca (come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003), di accedere ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti, anche mediante operazioni di leasing finanziario, in macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, software e tecnologie digitali (ict);
   in particolare, gli investimenti ammissibili devono riguardare creazione o ampliamento di un'unità produttiva, diversificazione della produzione, cambiamento del processo produttivo, acquisizione di asset per evitare la chiusura di uno stabilimento;
   i suddetti finanziamenti possono essere concessi, entro il 31 dicembre 2016, dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati all'esercizio dell'attività di leasing finanziario, purché garantiti da banche aderenti alla convenzione, e possono avere una durata massima di cinque anni dalla data di stipula del contratto, per un valore massimo complessivo non superiore a due milioni di euro per ciascuna impresa beneficiaria, anche frazionabile in più iniziative d'acquisto; il prestito può coprire fino al 100 per cento dei costi ammissibili;
   ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, saranno stabiliti: le condizioni di accesso al conseguente contributo spettante alla piccola o media impresa, rapportato agli interessi calcolati sul finanziamento ottenuto per l'acquisto del nuovo bene strumentale; la misura massima del contributo e le relative modalità di erogazione, prevista in più quote, in relazione alla durata effettiva del finanziamento; le attività di controllo e le modalità di raccordo con il finanziamento;
   la concessione dei suddetti finanziamenti può essere assistita dalla garanzia del fondo per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella misura massima dell'80 per cento dell'ammontare del finanziamento; il medesimo decreto attuativo dovrà definire, inoltre, le priorità di accesso e le modalità semplificate di concessione della garanzia del fondo su tali prestiti;
   l'industria dei macchinari industriali attende da diversi mesi, da quando è stato approvato il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (primo «decreto del fare»), elementi chiari e definitivi sul meccanismo che dovrebbe favorire l'acquisto o il leasing di beni strumentali mediante un contributo in conto interessi;
   molti hanno, pertanto, deciso di posticipare gli investimenti, confidando di contrarre la spesa quando la norma sarà a tutti gli effetti operativa;
   il decreto attuativo, che è stato finora firmato dal Ministro dello sviluppo economico e controfirmato, a fine novembre 2013, dal Ministro dell'economia e delle finanze, è attualmente fermo alla Corte dei conti per la registrazione, ultimo atto prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
   tale decreto interministeriale non è l'unico provvedimento di attuazione previsto dalle disposizioni relative alla «legge Sabatini bis»;
   infatti, il comma 8 del citato articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 ha stanziato un plafond per finanziamenti bancari di 2,5 miliardi di euro (incrementabili fino a 5 miliardi di euro in un'eventuale fase successiva) da gestire secondo una convenzione che il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'economia e delle finanze, deve stipulare con Abi e Cassa depositi e prestiti; la convenzione, in particolare, deve definire i criteri di attribuzione alle banche del plafond, i contratti tipo di finanziamento e le attività di monitoraggio sui risultati;
   i dati Unimu, l'associazione costruttori delle macchine utensili, segnalano la volontà delle piccole e medie imprese di tornare ad investire, ma qualsiasi velleità di ripresa è ostacolata dalla scarsa liquidità e dalla difficoltà di reperire risorse;
   pertanto, affinché le imprese formalizzino operazioni di acquisto in beni strumentali, è importante che le agevolazioni di cui possono usufruire diventino effettivamente operative –:
   al fine di sostenere il settore dei macchinari industriali e delle dotazioni ict per le imprese, oggetto della «legge Sabatini bis», quali iniziative intenda adottare affinché le agevolazioni previste dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 («decreto del fare») siano al più presto operative, dal momento che un aiuto al credito potrebbe restituire dinamismo al mercato interno, emancipando così l'industria dei beni strumentali dalla dipendenza dall’export, unico salvagente in questo periodo di crisi. (3-00572)


   CIPRINI, TERZONI, GALLINELLA, BALDASSARRE, BECHIS e COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2011 la Antonio Merloni spa in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari straordinari, ha ceduto, con effetto dal 1o gennaio 2012, alla J.P. Industries il ramo di azienda destinato allo svolgimento dell'attività di design, produzione e commercializzazione di elettrodomestici;
   la J. P. Industries spa acquistava al prezzo di 10 milioni di euro la proprietà degli stabilimenti della Merloni e subentrava nei contratti di lavoro con 700 dipendenti in forza presso la società cedente, impegnandosi al mantenimento dell'effettivo livello occupazionale e della prosecuzione dell'attività;
   nel settembre 2013 il tribunale di Ancona, su ricorso delle banche creditrici e del Comitato metalmeccanici umbri, ha dichiarato la nullità dell'atto di cessione del 27 dicembre 2011, accertando la macroscopica violazione dei criteri legali di determinazione del prezzo del complesso aziendale, tanto che il tribunale ha statuito che: «A fronte di un valore dell'azienda già prudenzialmente indicato in 54 milioni di euro, la cessione è avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, così che il valore di cessione si trova in un rapporto di 1 a 5,4 rispetto al valore di stima.»;
   a seguito della sentenza, gli interroganti presentavano un'interrogazione a risposta scritta (n. 4/01974) a cui il Ministro interrogato non ha dato ancora risposta;
   avverso il decreto di annullamento è stato proposto reclamo, tuttora pendente innanzi all'autorità giudiziaria di Ancona;
   risulta agli interroganti che in data 20, 21 e 23 dicembre 2013 i lavoratori del «Comitato lavoratori A. Merloni» hanno presentato querela all'autorità giudiziaria e alla Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta, poiché gran parte dei macchinari e/o attrezzature della (ex) Merloni sono stati venduti – come si legge in querela – «all'irrisorio prezzo di euro 1.000 cadauno, palesemente e notevolmente inferiore rispetto al reale valore di mercato di taluni cespiti (ad esempio, presse ed altro), con relativo grave pregiudizio per il ceto creditorio», così avallando l'ipotesi dello smantellamento di fatto e/o svendita dei macchinari dell'azienda e frustrando l'impegno assunto alla prosecuzione dell'attività produttiva e del mantenimento dei livelli occupazionali;
   con decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, in corso di conversione alla Camera dei deputati, all'articolo 9, ha previsto che «In caso di reclamo (...) ai commissari straordinari è attribuito il potere di regolare convenzionalmente con l'acquirente dell'azienda o di rami di azienda (...) modalità di gestione idonee a consentire la salvaguardia della continuità aziendale ed i livelli occupazionali nelle more del passaggio in giudicato del decreto che definisce il giudizio», riconsegnando, di fatto, l'azienda nelle mani dei commissari straordinari;
   è necessario che il Governo faccia chiarezza sulle modalità dell'operazione economica compiuta dai commissari nominati dal Ministero stesso e sulla vendita dei beni dell'azienda Merloni da parte della J.P. Industries, salvaguardando i diritti dei lavoratori che tuttora aspettano l'erogazione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria prorogato dal Governo –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per accertare le responsabilità dei commissari in merito alla vicenda descritta e, tenuto conto della sua gravità, revocare l'incarico loro conferito, adottando tutte le iniziative opportune per verificare la correttezza dell'intera operazione di cessione aziendale a fronte dello «smantellamento» dei beni e macchinari, venduti e inviati dalla J.P. Industries ad altri siti, salvaguardando in ogni caso i diritti dei lavoratori. (3-00573)


   PISICCHIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le piccole e medie imprese, secondo i dati più recenti (Istat 2010), costituiscono il 99 per cento delle imprese italiane, facendo registrare una netta prevalenza delle micro-imprese;
   la rete delle piccole e medie imprese rappresenta la spina dorsale dell'economia italiana, sia in termini di fatturato che in termini di occupazione, producendo circa il 54 per cento del totale dell’export ed impiegando il 66,9 per cento degli addetti nel settore;
   gli effetti della crisi economica hanno colpito le piccole e medie imprese più di altri comparti produttivi negli ultimi due anni, tanto che nel 2012 hanno chiuso 365.000 imprese, al ritmo, dunque, di mille al giorno, con pesanti conseguenze non solo economiche, ma anche e soprattutto sociali;
   il Garante per le micro, piccole e medie imprese ha presentato la relazione annuale contenente le proposte per il rilancio dell'imprenditoria piccola e media, che, pur dando atto al Governo di essere intervenuto positivamente su alcuni temi, come il cuneo fiscale, il fondo di garanzia, i finanziamenti agevolati per l'acquisto di macchinari, gli incentivi per l’e-commerce, ha messo in luce il fatto che resta ancora molto da fare per perseguire l'obiettivo prioritario di un pieno rilancio economico ed occupazionale nel settore, a partire da una fiscalità di vantaggio per incentivare le nuove assunzioni e favorire la buona occupazione, soprattutto di giovani e di figure di alta professionalità, per la semplificazione amministrativa, per un'imposizione tributaria meno opprimente capace di premiare le imprese che investano nell'innovazione –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per rendere possibile una nuova crescita, in termini numerici, di produzione, di fatturato e di occupazione, nel settore delle piccole e medie imprese.
(3-00574)


   BENAMATI, BASSO, BINI, BONAFÈ, CANI, CIVATI, DEL BASSO DE CARO, DONATI, FOLINO, GALPERTI, GINEFRA, IMPEGNO, MARIANO, MARTELLA, MONTRONI, PELUFFO, PETITTI, PORTAS, SENALDI, TARANTO, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 15 gennaio 2014 si è conclusa la missione del Ministro interrogato a Pechino finalizzata a creare le condizioni per intensificare la penetrazione delle aziende italiane in Cina, sollecitare investimenti cinesi in Italia e riequilibrare la bilancia commerciale;
   secondo i dati Ice, nel periodo compreso tra il gennaio e l'ottobre 2013, l'interscambio complessivo italo-cinese ammontava a 28 miliardi di euro: 8,1 miliardi di euro di esportazioni italiane verso Pechino e 19,8 miliardi di euro di importazioni di prodotti cinesi, dati che rendono evidente l'importanza di organizzare una presenza capillare e sistematica del nostro Paese in un mercato strategico per dimensioni e potenzialità di sviluppo;
   da fonti ufficiali di stampa si apprende che il Governo ha firmato un memorandum di intesa per la costituzione di un business forum Italia-Cina per aumentare le esportazioni italiane in Cina, con particolare riferimento ai prodotti di alta qualità e un memorandum per la cooperazione per le politiche industriali fra i due Paesi, che interesserà, in particolare, quattro settori: l'urbanizzazione, l'ambiente, l'agroalimentare e la sicurezza dei prodotti, la sanità e l'invecchiamento della popolazione, cui si aggiungerà anche l'aerospazio;
   particolare attenzione è stata dedicata nella serata di promozione di Expo Milano 2015 allo «Spazio Italia», vetrina pechinese della moda, del design, dell'industria e dell'agroalimentare italiani;
   altre occasioni di rafforzamento dei legami tra i due Paesi saranno il semestre italiano di presidenza dell'Unione europea e il viaggio di Stato dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, nella Repubblica popolare cinese –:
   quali siano gli accordi raggiunti a seguito della missione di sostegno dell'economia italiana nella Repubblica popolare cinese e quali importanti iniziative intenda intraprendere per rilanciare la presenza industriale e commerciale delle aziende italiane, soprattutto delle piccole e medie, nella Repubblica popolare cinese e tutelare il made in Italy, favorendo, al contempo, l'attrazione di investimenti cinesi in Italia. (3-00575)


   GUIDESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi, che, a livello europeo, ha colpito il settore della raffinazione, ha avuto ricadute importanti sull'industria di raffinazione in Italia, generando gravi ricadute sul fronte dell'occupazione;
   rispetto ai principali competitor mondiali, il sistema della raffinazione in Italia appare estremamente debole e poco competitivo. L'industria presenta costi di produzione notevolmente alti, a causa degli oneri connessi alle normative in favore dell'ambiente e della tutela del lavoro, ed è sottoposta a pesanti oneri legati all'obsolescenza degli impianti, al trasporto e alla complessità del sistema amministrativo;
   il settore è da tempo sottoposto alla forte concorrenza delle raffinerie statunitensi, mediorientali ed asiatiche, queste ultime sempre più competitive perché prive di obblighi e vincoli ambientali, sottoposte a minori costi del lavoro e sussidiate direttamente dallo Stato;
   negli ultimi dieci anni, dal 2002 al 2012, i consumi di prodotti petroliferi italiani sono scesi di più del 30 per cento; contemporaneamente sono aumentate le importazioni di prodotti petroliferi finiti e diminuite le esportazioni, sopratutto verso gli Stati Uniti, dove sembra siano in costruzione nuove raffinerie;
   l'Unione europea non ha adottato una strategia in merito alla salvaguardia del settore della raffinazione, limitandosi ad introdurre dazi all'importazione di biodiesel prodotto in Argentina ed in Indonesia per dumping;
   in questo scenario, molte raffinerie in Italia sono ormai prossime alla chiusura. È notizia di questi giorni dell'imminente chiusura dell'impianto Ies di Mantova, che dal 1o gennaio 2014 si trasformerà in deposito petrolifero. I lavoratori occupati presso l'impianto sono circa 390 e secondo le prime stime, nel passaggio a deposito, si perderebbero circa 350 posti di lavoro;
   il sistema della raffinazione italiano è costituito da 16 raffinerie presenti sull'intero territorio nazionale per una capacità complessiva di poco superiore ai 100 milioni di tonnellate all'anno. Da anni i profitti delle aziende che operano nel settore della raffinazione e distribuzione si sono notevolmente ridotti, con gravi conseguenze per l'occupazione;
   l'industria della raffinazione in Italia impiega 100 mila addetti. Come confermato dal Ministro interrogato, in Italia gli impianti a rischio di chiusura sono quattro o cinque, con il pericolo imminente di lasciare senza lavoro circa 8 mila addetti;
   le aziende di raffinazione rappresentano un punto di riferimento importante per l'economia locale dei territori che le ospitano e la loro chiusura avrebbe ripercussioni su tutto il territorio nazionale, privandolo di ricchezza e di occupazione;
   dall'indagine conoscitiva sulla crisi del settore della raffinazione in Italia, condotta nella XVI legislatura, è emerso che il settore presenta un eccesso di capacità produttiva, pari a circa 15-20 milioni di tonnellate che il mercato interno non riesce ad assorbire; da qui la proposta di un intervento che miri, da un lato, a preservare un settore strategico dell'industria nazionale (connesso a molteplici comparti produttivi) e, dall'altro, a salvaguardare l'occupazione;
   la crisi dell'industria della raffinazione, senza l'adozione di efficaci interventi, potrebbe degenerare in un quadro ancora più drammatico, con conseguenze disastrose per il futuro dei lavoratori impiegati nel settore e delle loro famiglie;
   i processi di riconversione di impianti industriali non più competitivi potrebbero aprire la strada alla realizzazione di importanti progetti industriali ed occupazionali di grande impatto per l'economia del Paese;
   alcune regioni hanno sperimentato con successo l'adozione di accordi di sviluppo territoriale per favorire l'insediamento di nuove attività di impresa nelle aree industriali dismesse, realizzando diversi interventi, sia di carattere finanziario che di semplificazione amministrativa, per attrarre e mantenere sul territorio le attività e le risorse necessarie alla crescita e allo sviluppo dello stesso –:
   quale sia la strategia che il Governo intende perseguire ai fini dell'adozione di un'organica politica industriale di rilancio dell'industria della raffinazione in Italia, a garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali nel settore, anche attraverso la promozione di specifici accordi con le regioni e gli enti locali, finalizzati alla riconversione industriale delle aree inquinate in concomitanza con le attività di bonifica o messa in sicurezza delle stesse. (3-00576)


   SCOTTO, MIGLIORE, GIANCARLO GIORDANO, RAGOSTA, LACQUANITI, FERRARA, MATARRELLI, DI SALVO, AIRAUDO, PLACIDO, QUARANTA e NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Firema trasporti è una società per azioni italiana del settore metalmeccanico che si occupa di progettazione, costruzione e riparazione di locomotive, elettrotreni, metropolitane e tram;
   Firema trasporti è in amministrazione straordinaria, con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 2 agosto 2010, con nomina dell'avvocato Ernesto Stajano in qualità di commissario straordinario e con sentenza di insolvenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 13 agosto 2010;
   il gruppo Firema attualmente dà lavoro a circa 600 persone, dislocate nei vari siti;
   quasi 360 persone lavorano per il gruppo Firema solo a Caserta, senza considerare il notevole indotto nella stessa provincia e regione;
   le origini dell'azienda attuale possono essere individuate nella costituzione, nel 1993, della Firema trasporti con la partecipazione al 49 per cento dell'Iri tramite Ansaldo spa e la fusione delle principali aziende private del settore riunite in Firema finanziaria srl;
   obiettivo dell'operazione era quello di poter mantenere competitività in un settore nel quale le piccole realtà produttive hanno ormai poca possibilità di sopravvivenza, considerato come il mercato sia aperto alla concorrenza straniera e caratterizzato dalla presenza di competitori mondiali quali Ansaldo Breda, Alstom, Bombardier e Siemens;
   l'attuale portafoglio di ordini da completare dello stabilimento casertano di Firema ricomprende 24 casse tsr (treno per servizio regionale) da completare per le Ferrovie Nord Milano, 40 motori per i treni Meneghino della metropolitana di Milano per conto di Ansaldo, 7 elettrotreni a singolo piano a due casse ALFA2 per Metro Campania Nord Est, 10 elettrotreni a singolo piano a due casse ALFA3 per Sepsa, 70 casse Vivalto per conto dell’Ansaldo Breda e 7 treni per la metropolitana di Genova per conto Ansaldo;
   a causa della scellerata gestione della proprietà, che ha portato all'amministrazione straordinaria dell'azienda e ad una perdita di credibilità nei confronti di creditori e clienti, i lavoratori della Firema si trovano a combattere una battaglia per la conservazione del posto di lavoro;
   per tutto il mese di agosto 2010 i lavoratori della Firema sono stati impiegati, anche senza retribuzione, in alcuni casi, per mettere in sicurezza lo stabilimento di Caserta sul versante dell'affidabilità produttiva;
   l'attuale capacità dello stabilimento di Caserta di effettuare consegne puntuali e di offrire costi competitivi è riconosciuta ed apprezzata da tutti, ed è figlia della volontà e dell'impegno delle maestranze e della determinazione del commissario Ernesto Stajano, che, non fermando le attività produttive, è riuscito a rendere Firema una società altamente produttiva;
   la Firema ha ricevuto cinque offerte d'acquisto, sia per la sola realtà produttiva di Spello e sia per l'intero gruppo;
   quest'ultima offerta è stata effettuata dalla T'Trans, società brasiliana, ma le prime valutazioni ufficiose in merito sembrano ritenerla non sufficientemente rassicurante sul fronte occupazionale e dei carichi di lavoro da mettere in atto;
   dopo oltre tre anni di amministrazione straordinaria e ben tre bandi di vendita, si è ancora al punto di partenza, anzi la situazione è diventata ancor più grave e rischiosa, poiché si avvicina, per la terza volta, la scadenza del mandato del commissario (prevista per il 17 marzo 2014), con relativa scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria;
   nel frattempo vi è stato un impoverimento del portafoglio ordini di lavoro e, inoltre, molti degli ordini rimasti sono in subfornitura di Ansaldo e, quindi, alla luce della volontà di Finmeccanica di svendere Ansaldo Breda, che non sta nemmeno acquisendo nuovi ordini, esiste il rischio reale e concreto di vedere ulteriormente compromessa la situazione di Firema;
   il 12 dicembre 2013 si è tenuta una riunione sulla questione Firema presso il Ministero dello sviluppo economico, a cui hanno partecipato il commissario straordinario, il responsabile dell'unità di gestione delle situazioni di aziende in crisi del Ministero dello sviluppo economico, i rappresentanti sindacali dei lavoratori dell'azienda ed il presidente della provincia di Caserta, ma non si segnalano significativi avanzamenti verso una soluzione della vertenza;
   i fatti narrati sono riportati anche dall'articolo «Vertenza Firema, Zinzi al Ministero dello sviluppo economico: “Quest'azienda non può fallire”», pubblicato dal quotidiano d'informazione on line «Caserta Prima Pagina», dall'articolo «Offerta per Firema, T'Trans chiede un incontro a Stajano», pubblicato da «Il Mattino», e dall'articolo «I lavoratori Firema Caserta tornano a protestare e attaccano i politici. Preferiscono i congressi e le candidature» –:
   se non si ritenga opportuno intervenire attivamente con il preciso ed imprescindibile impegno di preservare e mantenere in piena attività l'azienda Firema, punta di eccellenza nella produzione di veicoli ferroviari della provincia di Caserta e dell'intero comparto nazionale, nonché di sostenere il percorso di rilancio e di risanamento affidato al commissario straordinario per il gruppo Firema a livello nazionale, al fine di attivare un piano industriale in tempi rapidi e di individuare un acquirente o partner per dare continuità a Firema, tutelando e rilanciando le aziende italiane del settore ferroviario, valutando, altresì, l'opportunità di attuare una politica industriale di settore e di creare un unico soggetto industriale dei trasporti con la costituzione di un polo nazionale dei trasporti, a partire da Firema e Ansaldo. (3-00577)


   CARUSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il brevetto unico europeo, anche se con qualche ritardo, sarà operativo a fine 2014 secondo quanto riferito dal presidente dell'Ufficio europeo dei brevetti, Benoit Battistelli;
   con una sentenza del 16 aprile 2013, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso introdotto da Spagna e Italia, nel giugno del 2011, contro la decisione di autorizzare una cooperazione rafforzata per l'adozione di regolamenti che disciplinano il brevetto unitario «EU»;
   al momento, l'Italia non ha ancora aderito al nuovo sistema di brevetto unitario per l'Europa, anche se ha aderito all'accordo sul nuovo sistema giurisdizionale, che, oltre al futuro brevetto unitario, riguarderà anche l'attuale brevetto europeo;
   se il nostro Paese restasse fuori dal sistema del brevetto unitario, a subirne le conseguenze sarebbero le imprese italiane costrette a sostenere maggiori oneri, nonché a rinunciare ad una protezione aggiuntiva, con il conseguente disincentivo per le stesse ad investire in attività produttive, commerciali e di ricerca nel nostro territorio;
   nel mese di luglio 2013 il Senato della Repubblica si è espresso a favore dell'adesione alla cooperazione rafforzata, chiedendo al Governo di porre in essere tutte le azioni necessarie per procedere conseguentemente;
   secondo uno studio di Confindustria l'adesione al nuovo sistema consentirebbe alle imprese italiane di risparmiare a regime circa 14 milioni di euro all'anno: 9 milioni di euro derivanti dalla necessità di non ricorrere a due protezioni separate (italiana ed europea) e 5 milioni di euro recuperati dall'assenza di cause brevettuali parallele nel nostro Paese e nel resto dell'Europa;
   anche lo Stato conseguirebbe dei vantaggi, valutabili in 23 milioni di euro, derivanti dalla partecipazione alla divisione dei brevetti unitari che compenserebbero ampiamente la diminuzione degli introiti dei brevetti tradizionali in Italia;
   la mancata adesione rischierebbe di scoraggiare non solo le imprese innovative italiane, ma anche le multinazionali straniere che potrebbero decidere di non investire nel nostro Paese –:
   se non ritenga di porre in essere ogni utile iniziativa di propria competenza per potere giungere in tempi brevi all'adesione del nostro Paese al nuovo sistema di brevetto unico europeo, al fine di consentire alle imprese italiane e allo Stato medesimo di conseguire gli indubbi vantaggi che tale strumento comporta. (3-00578)


   DORINA BIANCHI, MINARDO, SALTAMARTINI e BERNARDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la ricerca applicata rappresenta il ponte tra la ricerca di base e quella industriale e ha lo scopo di verificare le implicazioni produttive delle scoperte che provengono dalla ricerca di base nei diversi settori sociali e industriali. La comunicazione efficiente tra ricerca di base e ricerca applicata è essenziale per la rapida applicazione delle nuove scoperte scientifiche;
   l'Italia è particolarmente debole proprio nella fase finale, quella dello sviluppo di prodotto e di processo, e l'attuale assetto della ricerca italiana incontra crescenti difficoltà ad adeguarsi ai ritmi dell'innovazione e alle nuove modalità di trasferimento tecnologico imposto dalla globalizzazione; è improcrastinabile la necessità di riorganizzare il sistema nel suo complesso a partire dagli enti pubblici, dando impulso alla collaborazione con il mondo produttivo nazionale;
   l'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (destinazione Italia) prevede un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo; la legge di stabilità ha introdotto un credito d'imposta per le imprese e le reti di impresa che investono direttamente in ricerca e sviluppo e affidano tale attività a università ed enti di ricerca; nell'ambito dell’industrial compact che sarà a breve presentato dall'Unione europea per rilanciare l'economia e la produttività degli Stati è presente il programma «Orizzonte 2020» volto a promuovere ricerca e innovazione, con una dotazione di 100 miliardi di euro da qui al 2020 –:
   quali siano i tempi di emanazione del decreto applicativo relativo al credito d'imposta per le imprese e le reti di impresa che investono direttamente in ricerca e sviluppo e come intenda coordinare e ottimizzare l'utilizzo dei diversi finanziamenti di fonte nazionale e comunitaria, destinati alla ricerca applicata.
(3-00579)


   ABRIGNANI e PALESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della discussione di alcune mozioni presentate in Assemblea la scorsa settimana riguardanti la deindustrializzazione, in particolare sulla questione della Telecom, il Governo ha ribadito la necessità della tutela dei livelli quantitativi e qualitativi dell'occupazione e degli investimenti che devono essere incrementati, reputando anche strategica la rete di telecomunicazioni, avviando in tal senso l’iter di approvazione dei decreti sul golden power;
   riguardo alla specifica vicenda di Alitalia Cai, il Governo ha ribadito in ogni circostanza, in modo chiaro, che non era assolutamente disponibile ad un intervento pubblico che si limitasse a ripianare i debiti, ma era disponibile alla ricerca di una soluzione orientata alla continuità aziendale, che consente la difesa dell'occupazione e la possibilità di alleanze forti in uno scenario di mercato nuovo;
   infine, per quanto riguarda la questione Finmeccanica e la cessione degli assetti civili di Finmeccanica, il Governo ha reso noto che la stessa è una società quotata in borsa, il cui capitale, circa il 70 per cento, è detenuto dai privati e che dunque l'Esecutivo è disposto a seguire con estrema attenzione i dossier relativi alla cessione di asset da parte di Finmeccanica, al fine di tutelare gli interessi generali, la continuità produttiva e lo sviluppo industriale;
   l'Italia sta attraversando una drammatica deindustrializzazione, esponendosi sempre più alle strategie degli altri Paesi, senza tuttavia sapersi difendere o prestare resistenza. Come evidenziato dalla Commissione europea nel suo rapporto sulla competitività industriale nei Paesi membri dell'Unione europea, nonostante la quota del settore manifatturiero, in termini di valore aggiunto totale nell'economia, resti leggermente al di sopra della media dell'Unione europea, il nostro Paese, tuttavia, ha subito una perdita di 20 punti percentuali nell'indice di produzione industriale rispetto al 2007, sia a causa della riduzione dell'attività dovuta al rallentamento economico, sia per la chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali di base (petrolchimica, siderurgia e biocombustibili). Ciò vuol dire che, in termini di costo unitario medio del lavoro, negli ultimi dieci anni si è perso competitività a causa di un aumento del salario lordo nominale combinato con una debole crescita della produttività. Nella produttività del lavoro nel settore industriale, l'Italia nel 2012 ha perso posizioni rispetto al 2007 ed è stata superata persino dalla Grecia, che nel 2007 era molto più indietro. È evidente anche una forte accelerazione della produttività del lavoro da parte della Spagna, che comunque era già più avanti dell'Italia nel 2007;
   la crisi italiana va ben al di là della crisi finanziaria globale scoppiata negli Stati Uniti nella primavera 2007. La ragione del declino economico dell'Italia è dovuta alla mancanza, da più di vent'anni a questa parte, di una pianificazione industriale a livello nazionale, cui si aggiunge un sistema capitalistico malato e portatore di moltissime anomalie ed asimmetrie economiche, oramai croniche nel sistema Italia;
   nel corso del 2013 si è raggiunto il record di aziende chiuse per fallimento. Secondo gli ultimi dati a disposizione ed analizzati da Cerved, nel corso del primo trimestre del 2013, infatti, sono stati avviate circa 3.500 pratiche di fallimento e solo tra gennaio e aprile 2013 si sono contate 4.218 chiusure di attività. Dal 2009, preso come anno zero dalle statistiche a disposizione, le aziende italiane che hanno chiuso sono state 45.280;
   negli ultimi anni molte aziende italiane sono state acquistate da concorrenti internazionali: Star, Carapelli, Bertolli e Riso Scotti sono state comprate da aziende alimentari spagnole; Gancia è passata in mano russa, mentre, sempre per rimanere in ambito culinario, Parmalat, Galbani, Locatelli ed Invernizzi sono state, una dopo l'altra, acquistate da compagnie francesi. Per quanto riguarda la moda, mondo che ha fatto grande il made in Italy, compagnie come LoroPiana, Gucci, Bulgari e Fendi sono state comprate da concorrenti francesi, mentre Valentino è passato in mano ad alcuni sceicchi del Qatar. Non dimentichiamoci altri nomi importanti dell'industria italiana, come Baci Perugina e Buitoni, oggi di proprietà Nestlé (Svizzera) e Fiorucci (Spagna). Quanto accaduto con Alitalia e Telecom è cosa nota a tutti;
   questi anni di svendita sono stati un colpo basso per l'economia del Paese, ma si è rimasti ad osservare il disfacimento della sua struttura industriale. Il problema della deindustrializzazione non è, quindi, da ricercarsi nello «straniero», ma è da attribuirsi in primis a noi stessi. Nel corso di questi ultimi decenni, infatti, moltissimi imprenditori sono stati capaci di fare investimenti ed essere innovativi, malgrado l'ambiente economico ostile;
   il problema maggiore è interno ai nostri confini perché, come sottolineato dal rapporto della Commissione europea cui si è già fatto riferimento, senza riforme per la produzione, la competitività e la produttività delle industrie saranno destinate a diminuire sempre più, lasciando gli italiani e l'Italia sempre più poveri, nonché emarginati dall'Europa che conta;
   il Consiglio europeo di febbraio 2014 sarà il primo dedicato all'industria e sarà un'occasione da non perdere per approntare un patto per l'industria che, nel quadro di «Europa 2020», consenta di accelerare il processo di riforme, sia a livello di Unione europea che nazionale, indispensabile per attirare nuovi investimenti industriali –:
   se e in che tempi il Governo intenda predisporre un piano di politica industriale, anche a livello internazionale, che dia le linee guida di una strategia economica del Paese tesa a recuperare una sana capacità manifatturiera, sia per la piccola e media impresa, sia in favore di realtà industriali più rilevanti, al fine di restituire all'Italia il ruolo che merita tra le potenze industriali europee, e che permetta una nuova regolazione del commercio in raccordo con l'Unione europea, attivando un confronto con le imprese multinazionali che operano in Italia e procedendo ad una modernizzazione vera del sistema strutturale, infrastrutturale e della logistica che non comporti la svendita delle aziende storiche di rilievo del nostro Paese. (3-00580)


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna è l'unica regione d'Italia – e, insieme alla Corsica, l'unica regione europea – a non essere ancora metanizzata;
   il rallentamento del progetto Galsi – cioè del progetto di metanodotto che avrebbe dovuto portare il gas dall'Algeria in Italia attraverso la Sardegna, che avrebbe dovuto essere completato nel 2014 e che è stato congelato in seguito all'approvazione dell'alternativo gasdotto TAP, per cui soltanto nel 2015 si prenderà una decisione definitiva sulla sua realizzazione – potrebbe presto diventare cancellazione;
   l'energia prodotta in Sardegna, invece, che non può essere stoccata e utilizzata nei periodi di maggiore necessità, viene venduta altrove, in particolare nel Centro-Sud Italia;
   tutto ciò fa sì che il costo dell'energia nell'isola, consumata soprattutto nel settore industriale, con il 53 per cento, rimane particolarmente elevato, soprattutto se confrontato con i prezzi che sopportano le altre regioni italiane per l'approvvigionamento energetico, risolvendosi in un danno non solo alle famiglie, ma anche alla competitività delle imprese;
   l'unica fonte energetica presente nell'isola che può essere messa a confronto con il metano è il gpl, che, tuttavia, ha un costo superiore di ben quattro volte, al netto delle imposte, rispetto al gas naturale;
   appare necessario ed urgente, pertanto, introdurre misure idonee a compensare i maggiori costi sopportati dagli utenti dell'isola, che potrebbe essere individuato in una compartecipazione dello Stato al costo del gpl nella regione, sino al momento in cui essa riceverà l'approvvigionamento metanifero –:
   quali iniziative intenda assumere in merito alla questione di cui in premessa, al fine di sostenere, in particolare, il tessuto produttivo della regione, ma anche di agevolare i singoli utenti, e se non ritenga di adottare la citata misura compensativa. (3-00581)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sulla edizione del 20 gennaio 2014 del Gazzettino cronache trevigiane è stata riportata una notizia di una certa gravità;
   una donna trevigiana di 43 anni per ottenere il referto medico su un proprio esame oncologico, dall'ospedale di Castelfranco Veneto, che le era stato spedito per posta è dovuta ricorrere ai Carabinieri di Mareno di Piave;
   l'assenza di portalettere presso il locale ufficio postale ha determinato il mancato recapito del suddetto referto il quale purtroppo riscontrava, per la donna, la presenza di un tumore;
   il referto risultava essere stato spedito dalla struttura sanitaria in data 27 dicembre ed è stato recapitato alla donna, a seguito dell'intervento dell'Arma, solo il 16 gennaio;
   questo ritardo ha comportato altresì anche il ritardo dell'avvio della chemioterapia per la donna;
   legittimamente, secondo quanto riportato dalla stampa locale, la donna avrebbe manifestato intenzione di adire alle vie giudiziarie contro PosteItaliane;
   i disservizi postali risultato una costante dovunque nel Paese, con ritardi che, come nel caso citato, comportano difficoltà pesanti per i cittadini, basti pensare a scadenze non rispettate, a notifiche e bollette non recapitate, ad atti che comportano a cascata di conseguenze negative per l'utenza;  
   è pertanto inaccettabile che un servizio pubblico fondamentale come quello postale venga gestito in siffatta maniera senza alcuna tutela per i cittadini;
   le stesse organizzazioni sindacali di categoria da tempo lanciano l'allarme sulle difficoltà che il personale di Poste italiane affronta quotidianamente in relazione alle carenze di organico presenti –:
   se e quali iniziative il Governo, di fronte ad un caso di cronaca come quello riportato in premessa, intenda adottare per ripristinare al più presto una condizione di efficienza nella gestione del servizio postale in considerazione della rilevanza pubblica del servizio che, tra l'altro, viene gestito in condizioni di monopolio.
(5-01917)


   SENALDI, BENAMATI, PELUFFO e GADDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   trenta sindaci di piccoli comuni dell'area cosiddetta «dei Laghi» nella parte settentrionale della provincia di Varese si sono incontrati sabato 18 a Brebbia, invitati dal primo cittadino Domenico Gioia, ed hanno discusso dei disservizi che da tempo si riscontrano nella consegna della corrispondenza;
   questa è solo l'ultima segnalazione di una lunga serie di lamentele da molti mesi regolarmente riportate dagli organi di informazione locali;
   il problema non è geograficamente circoscritto alla sola provincia di Varese; si può infatti constatare facilmente la distribuzione delle inefficienze su tutto il territorio nazionale. I ritardi afferiscono soprattutto ai piccoli centri che, per la conformazione del territorio, sono decentrati dai comuni limitrofi più grandi. I periodi in cui si disagio si acuisce e viene maggiormente avvertito sono ovviamente quelli delle festività, quando il personale è ridotto, e quelli subito seguenti, nei quali il carico di lavoro aumenta notevolmente per la ripresa delle attività –:
   se la situazione sia all'esame del Ministro interrogato e se si ritengano opportuni interventi mirati sia alla risoluzione di situazioni specifiche, sia alla definizione di criteri di maggiore efficienza tali da assicurare il rispetto degli obblighi contrattuali, ovvero la regolarità del servizio. (5-01918)


   BINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli operatori che operano nel settore dell'installazione e manutenzione di impianti di raffreddamento, climatizzazione e pompe di calore sono sottoposti al Regolamento CE 303/2008 in cui si stabilisce l'obbligo di formazione certificata per installare e manutenere gli impianti di condizionamento, introducendo l'obbligatorietà di formare il personale che opera su impianti di refrigerazione o che manipola i gas flurorati ad effetto serra (refrigeranti appunto) e di certificare le aziende che operano nello stesso settore;
   l'Italia ha recepito il citato Regolamento con ritardo, con il decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 2012, n. 43, e successivamente con il decreto legislativo 5 marzo 2013, n. 26, recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra;
   a seguito dell'entrata in vigore di tale normativa, nel periodo marzo 2013-giugno 2013, gli impiantisti si sono dovuti iscrivere ad un Registro telematico nazionale, che esiste solo in Italia, istituito presso le camere di commercio in seno ai capoluoghi di regione;
   tale iscrizione permette agli impiantisti, in un periodo di 6 mesi, di espletare i seguenti obblighi:
    a) formare il personale attraverso corsi specifici con esame finale tenuto da ente di certificazione accreditato da Accredia;
    b) certificare le aziende stesse;
   per quanto attiene la formazione del personale, le organizzazioni di categoria ed altri enti si sono adoperate per fornire tutti gli strumenti necessari alle imprese, per compiere il percorso al meglio, ma il tempo impiegato e le risorse necessarie sono stati veramente pesanti, migliaia di euro per addetto «patentato»;
   quanto, invece alla certificazione delle aziende il problema è grave, i sei mesi sono scaduti per quasi tutti gli operatori e le imprese certificate sono veramente poche, in virtù del fatto che gli enti di certificazione sono in estremo ritardo;
   inoltre i regolamenti che disciplinano le modalità di certificazione che le imprese devono seguire, sono in continuo cambiamento;
   nella situazione caotica che si è andata creando l'unica certezza è il citato decreto legislativo che istituisce le sanzioni a carico delle imprese, già operativo –:
   quali iniziative intenda assumere per prorogare il termine di sei mesi previsto per la certificazione delle aziende di cui in premessa. (5-01920)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI, RACITI e MANFREDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'annuncio da parte della società Micron nella giornata di ieri, in un incontro presso il Ministero stesso, di 421 esuberi in Italia distribuiti tra i siti di Catania (128), Agrate/Vimercate (223), Arzano (53) e Avezzano (17);
   l'azienda ha assunto un atteggiamento di chiusura totale verso il dialogo con le parti sociali e di assoluta indifferenza nei confronti delle istituzioni e dello stesso Ministero;
   è da luglio che il Ministero chiede di incontrare la dirigenza di Micron ma questa si nega, limitando le delegazioni ai soli rappresentanti italiani e senza alcun mandato e, nonostante le pressioni fatte dal Ministero per posticipare l'apertura della procedura di mobilità, la direzione aziendale ha rifiutato categoricamente la mediazione, ribadendo la propria volontà a far partire suddetta procedura dal 21 gennaio 2014;
   Micron nasce dalla vendita da parte di St del settore delle memorie –:
   quali iniziative questo Ministero ed il Governo intendano assumere per affrontare questa gravissima vicenda occupazionale in un settore innovativo, strategico e in una fase per nulla recessiva, ancora più deplorevole visti gli ottimi risultati finanziari che questa sta realizzando già dal 2013 e considerata la presenza di eccellenze lavorative, da tutelare, che hanno rappresentato il successo della società stessa in Italia e nel mondo;
   quali politiche attive intenda avviare anche attraverso la strategica quota azionaria di ST di cui Micron è un recente outsourcer con attività ancora fortemente connesse;
   quali relazioni, anche internazionali, intenda mettere in campo per poter attuare un confronto sulle diverse possibili alternative alla mobilità fino ad oggi non prese in considerazione dai vertici di Micron, per contrastare l'azione della multinazionale che di fatto ha acquistato una sua competitrice, l'ha spogliata di brevetti e del portafoglio clienti e ora dismette tutto a soli tre anni dall'acquisto, scaricando sulle spalle delle lavoratrici, dei lavoratori e della comunità, il peso sociale di tali scelte scellerate. (4-03232)


   PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Bodio Lomnago, comune in provincia di Varese, ha raggiunto un record: per molti cittadini vi è stata una prima interruzione di energia elettrica (ENEL) dalle ore 20,30 di domenica 10 novembre fino al mattino di lunedì; mercoledì 13 c’è stata un'altra interruzione dalle ore 14,30 circa fino alle 21,30;
   sembrano numeri da guinness dei primati;
   appare impossibile parlare con qualche dirigente per proporre soluzioni atte a migliorare l'organizzazione nella gestione dei disservizi;
   non esistono numeri telefonici accessibili ai clienti;
   da questo caso particolare si evidenziano alcune criticità di seguito elencate –:
    il servizio guasti di ENEL che risponde al n. 803500 è molto carente (lunghe attese, richiesta del n. POD, disco registrato con informazioni improbabili, oppure in modo aleatorio risposta di un operatore ubicato in sedi lontane dal disservizio e non in grado di informare circa la natura del guasto e di dare una previsione circa i tempi di riparazione dello stesso);
    non esiste la possibilità di una procedura atta ad interloquire con funzionari e/o dirigenti;
    per eventuali reclami esiste solo un numero di fax ovviamente non utilizzabile in caso di mancanza di corrente;
    in caso di danni provocati alle apparecchiature elettriche del cliente, non si sa con chi parlare e quali procedure adottare per eventuali risarcimenti dei danni;
    nel caso di interventi programmati con conseguente interruzione di corrente, non viene data sufficiente informazione preventiva (cartellonistica, informazioni ai comuni o altro) come la stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas indica e prevede (delibera n. 333/07, allegato A, articoli 41, 44 e 45 e tabelle 8 e 9) –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, anche alla luce della partecipazione azionaria dello Stato in Enel, per risolvere i problemi citati che giornalmente creano disturbi ai cittadini italiani;
   se intenda assumere iniziative normative al fine di imporre alle società che offrono servizi di pubblica utilità procedure trasparenti per i reclami del pubblico. (4-03236)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio e altri n. 5-01882, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Boccuzzi, Gasparini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Frusone e Artini n. 5-01898, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rizzo, Basilio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Realacci n. 5-01908, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariani.

Pubblicazione di un testo riformulato e apposizione di firma.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Vacca n. 4-03193, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 154 del 17 gennaio 2014, che deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Simone Valente.

   VACCA, BRESCIA, D'INCÀ, NUTI, LUIGI GALLO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, sul regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, stabilisce che le procedure per il conseguimento dell'abilitazione si svolgono presso le università individuate, mediante sorteggio effettuato, per ciascun settore concorsuale, nell'ambito di una lista di quelle aventi strutture idonee ad ospitare la Commissione di abilitazione e dotate delle necessarie risorse finanziarie;
   per ciascuna procedura di abilitazione l'università nomina, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, un responsabile del procedimento che ne assicura il regolare svolgimento nel rispetto della normativa vigente relative alle fasi della procedura successiva alla scelta della sede;
   per l'espletamento delle procedure dell'abilitazione scientifica nazionale è necessario costituire le commissioni nazionali, per ciascun settore, composte da cinque membri;
   con decreto, il direttore generale del Ministero costituisce un'apposita lista composta, per ciascun settore concorsuale, dai nominativi dei professori ordinari del settore concorsuale di riferimento, che hanno presentato domanda per esservi inclusi;
   quattro dei membri della commissione sono individuati mediante sorteggio all'interno della lista medesima;
   per la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per il settore concorsuale 14/D1 (sociologia dei processi economici, del lavoro, dell'ambiente e del territorio) è stato sorteggiato membro della commissione il professor Carlo Trigilia;
   il 28 aprile 2013 con decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 2013 il professor Trigilia è nominato Ministro senza portafoglio del Governo Letta;
   l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, stabilisce l'aspettativa obbligatoria dei professori universitari per situazioni di incompatibilità per la durata della nomina alla carica di Ministro;
   nello stesso articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, per quanto concerne l'esclusione dalla possibilità di far parte delle commissioni di concorso, stabilisce che «Per quanto concerne l'esclusione della possibilità di far parte delle commissioni di concorso sono fatte salve le situazioni di incompatibilità che si verifichino successivamente alla nomina dei componenti delle commissioni»; tale norma risulta molto ambigua in quanto si presta ad interpretazioni anche di significato opposto tra di loro;
   l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, riguardo la parte citata in precedenza, è frutto di una modifica apportata dall'articolo 5 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, che puntava ad una sostanziale incompatibilità tra la carica di parlamentare con quella di membro delle commissioni di concorso;
   durante la fase di discussione del provvedimento citato precedentemente è stata evidenziata la volontà di quanto si stava approvando, tant’è che il senatore Scoppola dichiarò: «Per questo è sembrato alla Commissione che il contemporaneo svolgimento di un mandato politico potesse creare una situazione di delicatezza e sostanzialmente di incompatibilità, in quanto non c’è dubbio che il professore che partecipa alla commissione di concorso, essendo parlamentare e magari facendo parte della Commissione pubblica istruzione, può far valere la sua presenza con un peso aggiuntivo che in qualche modo può turbare l'equilibrio e l'ordinato svolgimento dei lavori della commissione. Era sembrato quindi (e noi professori universitari che sediamo in questa Commissione eravamo d'accordo) che fosse un gesto di correttezza e di scrupolo quello di accedere ad una norma che precisava la incompatibilità in materia»;
   la esplicita volontà dei parlamentari dell'epoca di approvare una norma che sancisse una sostanziale incompatibilità tra la carica di parlamentare/Ministro con quella di membro della commissione di concorsi universitari è, altresì, confermato dal senatore Ulianich che dichiarava «non vorrei soffermarmi molto sulle argomentazioni prodotte dal senatore Scoppola in rapporto alle puntualizzazioni del senatore Del Noce perché le condivido in toto e perché rappresentano uno dei motivi ispiratori della nostra azione in Commissione e in Aula, quando se ne è presentata l'occasione, in modo da attenerci al massimo di pulizia nei confronti di professori ordinari divenuti parlamentari e in modo da togliere ad essi qualsiasi possibilità di cumulare potere politico e potere accademico. Quindi, mi pare che su questo punto vi sia una completa identità di vedute»;
   la presenza di un Ministro della Repubblica, quale membro della commissione per l'abilitazione scientifica nazionale, potrebbe alterare, anche involontariamente, gli equilibri e l'imparzialità della commissione pregiudicandone anche i giudizi sui concorrenti;
   la presenza del professor Trigilia ha anche, evidentemente, condizionato la scelta della sede in cui la commissione ha svolto la sua ultima riunione in quanto, come si evince dai verbali, il giorno 20 novembre 2013 si è riunita a Roma in Largo Chigi 19, anziché presso la sede dell'università di Macerata;
   non si può certamente considerare le sedi istituzionali del Governo come luogo neutro in cui svolgere la riunione ufficiale della commissione –:
   come sia possibile che un Ministro della Repubblica possa far parte della commissione di un concorso senza che si ravvisi una incompatibilità d'ufficio codificata da una norma in quanto, anche involontariamente, la propria presenza, in virtù dell'importante ruolo ricoperto, potrebbe pregiudicare la neutralità degli altri commissari;
   se non ritenga opportuno avviare un'iniziativa per modificare la norma che salva le situazioni di incompatibilità che si verificano successivamente alla nomina dei componenti delle commissioni dei concorsi. (4-03193)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Guidesi n. 4-02677 del 26 novembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Piazzoni n. 4-02964 del 17 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Scotto n. 4-03030 del 20 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Sottanelli n. 5-01891 del 16 gennaio 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Giuseppe Guerini e altri n. 5-01274 del 23 ottobre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03239.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Bianchi Nicola e altri n. 4-03183 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 153 del 16 gennaio 2014.
  Alla pagina 8724, seconda colonna, riga ventiduesima, deve leggersi «Pinna   4-03183 8773» e non «Nicola Bianchi   4-03183 8773», come stampato.
  Alla pagina 8773, seconda colonna, dalla riga trentesima alla riga trentunesima, deve leggersi «PINNA, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS e CORDA. — Al Ministro dello», e non «NICOLA BIANCHI, VALLASCAS, CORDA e PINNA. — Al Ministro dello», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Parentela e altri n. 4-03201 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 154 del 17 gennaio 2014. Alla pagina 8792, seconda colonna, dalla riga trentasettesima alla riga trentottesima deve leggersi: «2007 il comune di Borgia (Catanzaro) concedeva alla SIRIM Srl l'uso del suolo» e non «2007 il comune di Borgia (Cosenza) concedeva alla SIRIM Srl l'uso del suolo», come stampato.

  Alla pagina 8793, dalla prima colonna, dalla riga cinquantesima, alla seconda colonna, alla riga prima, deve leggersi: «in data 30 settembre 1996 con apposito verbale i suoli erano stati riconsegnati al Comune di Borgia (Catanzaro) con» e non «in data 30 settembre 1996 con apposito verbale i suoli erano stati riconsegnati al Comune di Borgia (Cosenza) con», come stampato.

  Alla pagina 8794, prima colonna, alla riga ottava, deve leggersi: «nel comune di San Floro (Catanzaro), come» e non «nel comune di San Floro (Cosenza), come», come stampato.