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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    appare necessario definire con maggiore precisione gli indirizzi politici dell'Unione europea, in particolare, con riferimento all'individuazione dei settori strategici su cui investire con decisione al fine di rilanciare politiche di sviluppo per l'intera Unione. In questo senso, non è oramai più sostenibile limitarsi a scelte di carattere prevalentemente finanziario finalizzate al solo controllo degli obiettivi di finanza pubblica, certamente fondamentali, ma che non possono rimanere l'unica bussola delle politiche europee;
    insieme alle politiche di rigore dei conti pubblici, servono scelte finalizzate allo sviluppo e alla crescita, per le quali è opportuno mettere in campo la stessa determinazione che si richiede sulle politiche finanziarie e di bilancio. La qualità delle produzioni, la sua difesa e promozione può e deve diventare una leva fondamentale per il rilancio dell'economia europea, in particolare, nel settore agroalimentare che ha enormi potenzialità di crescita;
    in questo quadro è fondamentale precisare che non può esistere qualità senza chiarezza e trasparenza che devono, quindi, essere entrambe affermate e perseguite con forza. Assumere il principio della qualità come modello di sviluppo è una scelta strategica centrale per il futuro dell'intera Europa. Una scelta questa che in particolare il nostro Paese ha il dovere di avanzare e sostenere con la massima determinazione in campo europeo, e il Governo, anche in previsione del prossimo semestre di presidenza europea, deve assumersi appieno questa responsabilità;
    è necessario ricordare che il sistema agroalimentare italiano garantisce al nostro Paese, da anni, un costante incremento dell’export, nel 2013 è stato dell'8 per cento raggiungendo l'importo record di 34 miliardi di euro. Si tratta di una risorsa fondamentale, che deve essere tutelata e salvaguardata adeguatamente. Ciò è possibile solo attraverso interventi mirati a salvaguardare la promozione della qualità, della tracciabilità degli alimenti lungo tutta la filiera e fino al consumatore finale;
    il made in Italy agroalimentare si caratterizza per le sue eccellenze in termini di maggior valore aggiunto per ettaro in Europa, livello di sicurezza e sistema dei controlli alimentari, prodotti a denominazione e produzioni biologiche. La crescita costante dell'export testimonia l'indiscutibile ruolo dell'agroalimentare del nostro Paese e del valore attribuito al marchio made in Italy. L'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo e registra complessivamente un fatturato nazionale di 245 miliardi di euro, di cui oltre 52 provengono dal settore prettamente agricolo;
    l'industria alimentare italiana che insieme ad agricoltura, indotto e distribuzione rappresenta la prima filiera economica del Paese è una delle principali ambasciatrici nel mondo del made in Italy ed il 76 per cento dell’export alimentare è costituito da prodotti industriali di marca;
    se la difesa della qualità non dovesse diventare un patrimonio dell'intera Unione europea, ebbene deve restare, comunque, un patrimonio del nostro Paese, dell'Italia, un patrimonio che il Governo ha il dovere di difendere con la massima fermezza;
    fenomeni come l’italian sounding e la contraffazione dei prodotti alimentari made in Italy provocano a molte imprese italiane costanti perdite economiche cui consegue la perdita di migliaia di posti di lavoro, non sostenibile in un periodo di grave crisi economica come quello attuale;
    il danno per le possibili esportazioni del nostro Paese si evidenzia con particolare gravità soprattutto nei mercati emergenti, dove spesso la contraffazione assume dimensioni estremamente preoccupanti;
    il sistema agroalimentare italiano è un'eccellenza riconosciuta a livello mondiale e la tutela dei prodotti agroalimentari è condizione indispensabile non solo alla difesa delle nostre produzioni, ma anche alla conservazione e promozione delle identità dei territori e delle sapienti tecniche di produzione strettamente legate alle aree geografiche di provenienza. Il contrasto alla contraffazione è uno degli elementi essenziali della strategia di difesa delle produzioni tipiche e passa necessariamente attraverso l'informazione ai consumatori, posto che l'agropirateria è uno degli aspetti maggiormente lesivi della competitività internazionale dei prodotti italiani di qualità; non a caso si valuta che il giro d'affari della criminalità organizzata nel settore raggiunga i 14 miliardi di euro, con un incremento pari al 12 per cento rispetto a due anni fa;
    in Europa continua a sopravvivere un'impostazione generica che tende a ritenere incompatibile con le regole del mercato unico la difesa della qualità collegata in particolare alla individuazione e localizzazione della zona di origine del prodotto o delle parti qualificanti del suo processo produttivo. Infatti, ad eccezione delle regole che sono state fissate per alcune denominazioni di origine, per tutti gli altri prodotti si è preferito affermare un principio di carattere differente, per cui l'indicazione obbligatoria è resa tale solo nel caso in cui la sua omissione possa indurre il consumatore in errore circa l'effettiva provenienza del prodotto alimentare così come delineato dall'articolo 3 della direttiva 2000/13/CE, principio confermato dal regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011;
    appare necessario riflettere sulla necessità di superare tale impostazione, anche alla luce del fatto che tutelare la qualità e l'origine del prodotto alimentare coincide nel caso italiano con la doverosa rivendicazione di tutela di un patrimonio storico e culturale unico al mondo;
    il Parlamento ha approvato la legge 3 febbraio 2011, n. 4, sull'etichettatura, con la finalità di difendere e promuovere il sistema produttivo italiano, per il quale la qualità è una caratteristica fondamentale collegata intrinsecamente alle origini territoriali del prodotto, che proprio per questo legame indissolubile devono essere correttamente e chiaramente comunicate al consumatore. Ma resta particolarmente complesso il coordinamento tra l'obbligo stabilito in Italia e quelle norme europee che invece prevedono, al riguardo, principalmente regimi facoltativi;
    appare necessario che il Governo si impegni affinché questa dicotomia venga superata affermando in Europa il necessario rigore sulla tutela della qualità;
    recentemente in seguito alla proposta inglese di «etichettatura semaforica», si è creato un ulteriore dannoso elemento di confusione. Appare necessario al riguardo stigmatizzare l'infondatezza scientifica di tale sistema d'informazione al consumatore e sottolineare come questo possa provocare effetti distorsivi sul mercato per prodotti italiani di sicura genuinità e salubrità se assunti in combinazioni dietetiche idonee e tradizionali;
    alla luce di questa nuova dannosa causa di confusione, è fondamentale ribadire e sottolineare la necessità di predisporre un quadro di misure organico nell'ambito del quale definire una puntuale articolazione e un maggiore dettaglio del sistema di etichettatura, da adottare ai sensi dell'articolo 39 del citato regolamento (UE) n. 1169/2011. Ai fini di una maggiore tutela della qualità esiste infatti la possibilità di utilizzare le «ulteriori disposizioni» richiamate proprio dall'articolo 39 del regolamento (UE) n. 1169/2011, in particolare per ciò che attiene alla tutela delle denominazioni di origine controllate e delle indicazioni di provenienza dei prodotti agroalimentari nonché alla repressione di fenomeni diffusi di concorrenza sleale;
    solo poche settimane fa l'Unione europea, anche a seguito dell'impegno profuso dal Governo, ha deciso di introdurre una nuova etichetta per fare chiarezza sull'origine o sulla provenienza di carne fresche, refrigerate o congelate, di maiale, pecora, capra e pollame. Questo è certamente un importante successo nella grande battaglia che l'Italia porta avanti per ottenere l'origine dei prodotti; finalmente sarà obbligatorio introdurre in etichetta il luogo dell'allevamento e della macellazione, mentre l'origine potrà apparire su base volontaria se la carne è ottenuta da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese,

impegna il Governo:

   ad adottare, compatibilmente con la normativa europea, i decreti ministeriali di attuazione dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e a prevedere, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica;
   ad intervenire con determinazione nelle competenti sedi internazionali e prioritariamente in ambito GAC (Government Advisory Committee), anche in collaborazione con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione europea, per bloccare l'introduzione di nomi generici a domini internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità italiano e comunque a promuovere, a livello di Unione europea, un'azione comune a difesa della posizione della «non concedibilità» dei nomi generici e della necessità di rivedere la governance di Internet con la definizione di regole condivise a livello internazionale;
   a sollecitare la Commissione europea affinché, nel quadro di quanto stabilito nel regolamento (UE) n. 1169/2011, l'Unione europea si doti di norme efficaci, rigorose, chiare e trasparenti in materia di origine dei prodotti, prevedendo l'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine dei prodotti anche per quei settori attualmente non contemplati dalla regolamentazione vigente;
   a farsi promotore presso le sedi europee competenti di una decisa iniziativa in merito alla necessità che, nell'ambito dell'etichettatura dei prodotti agroalimentari, venga garantita la massima trasparenza, chiarezza e comprensibilità delle informazioni, ivi compresa, in primo luogo, quella di origine;
   ad intraprendere, anche nelle competenti sedi europee, tutte le occorrenti iniziative volte a rafforzare la tutela della denominazione made in Italy nel campo delle produzioni agroalimentari, dando particolare priorità all'attivazione di misure dirette a contrastare l'utilizzo della stessa denominazione in maniera falsa o ingannevole relativamente alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti agroalimentari di origine italiana;
   ad attivarsi affinché, a tutti i livelli, nazionale, comunitario e internazionale, si attivi una chiara e rigorosa politica di difesa delle produzioni italiane, al fine di contrastare con maggiore determinazione ed efficacia il fenomeno dell’italian sounding;
   a prevedere, compatibilmente con la vigente normativa europea, l'adozione, anche per le carni suine e per tutte le altre produzioni importate, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   ad adottare le idonee iniziative normative volte ad introdurre sanzionabilità accessoria per rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente o scorrette, finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati;
   a fornire alle competenti autorità di controllo indicazioni operative finalizzate a fare applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy;
   a sostenere con riferimento al latte e ai suoi derivati in sede europea norme idonee ad assicurare l'accessibilità alle informazioni e ai dati sulle importazioni e sui relativi controlli;
   ad adottare le opportune iniziative finalizzate ad una più intensa ed efficace politica della promozione e diffusione in Italia e all'estero dei prodotti agroalimentari italiani, con un incremento delle risorse finanziarie attualmente destinate e con una maggiore attenzione rivolta alla qualità dei prodotti, favorendo la semplificazione degli oneri burocratici per le imprese e per le amministrazioni;
   a valutare l'opportunità di rivedere la normativa vigente in materia di contraffazione, in particolare quella relativa ai prodotti agroalimentari, al fine di assicurare maggiore trasparenza e la sicurezza in tutti i passaggi della filiera;
   a predisporre tempestive iniziative volte alla sensibilizzazione dei consumatori, con particolare riguardo all'attenzione per i prodotti da consumare, alla presa in considerazione dell'origine dei prodotti, alle modalità di produzione e alla conservazione degli alimenti;
   ad assumere tutte le iniziative di competenza affinché la Commissione europea avvii una rapida verifica sulla compatibilità del sistema di etichettatura inglese con la normativa europea relativa alle indicazioni nutrizionali degli alimenti, così come previste dal citato regolamento (UE) n. 1169/2011, nonché sul rispetto da parte del Governo britannico dell'obbligo di previa notifica previsto per l'introduzione di nuove regolamentazioni in materia di etichettatura, anche al fine di valutarne la sospensione in relazione alla possibilità di una turbativa del mercato;
   a promuovere in sede di Unione europea il rispetto del termine del 13 dicembre 2014, imposto dal richiamato regolamento (UE) n. 1169/2011, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento al latte ed ai prodotti lattiero-caseari, alle carni suine fresche, refrigerate o congelate e ad altre produzioni interessate dal suddetto regolamento;
   ad adottare le opportune iniziative volte a difendere e tutelare giuridicamente il valore indisponibile e immateriale della «dieta mediterranea» quale patrimonio dell'umanità, così come dichiarato nel 2010 dall'Unesco;
   ad assumere le opportune iniziative anche in sede europea al fine di predisporre modalità di etichettatura facoltativa per gli alimenti per i quali non sono stati utilizzati organismi geneticamente modificati in nessuna delle fasi della filiera.
(1-00311) «Sani, Rondini, Gallinella, Mongiello, Franco Bordo, Zaccagnini, Faenzi, Bosco, Catania, Schullian, Malisani, Antezza».


   La Camera,
   premesso che:
    sin dal 1992 il Trattato di Maastricht richiede agli Stati membri dell'Unione europea il rispetto di due regole di bilancio: un rapporto indebitamento netto/prodotto interno lordo inferiore al 3 per cento e un rapporto debito/prodotto interno lordo inferiore al 60 per cento o, comunque, tendente a questo;
    con il Patto di stabilità e crescita (Psc), sottoscritto nel 1997, la governance europea si è strutturata maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio;
    con successive revisioni, prima nel 2005, poi nel 2011 con il cosiddetto six pack e nel 2012 con il cosiddetto two pack, l'Unione europea ha stabilito con maggiore dettaglio il modo con cui le norme previste dal Trattato debbano essere attuate, definendo obiettivi e procedure delle regole di bilancio richieste agli Stati membri;
    la crisi finanziaria del 2008 e la recessione dell'economia globale del 2009 hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei e hanno riproposto con forza il problema del governo economico dell'Europa, attivando un ciclo di modifiche della governance europea;
    le azioni intraprese hanno mirato a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;
    la crisi economica e finanziaria, ma soprattutto la crisi del debito pubblico, che negli ultimi anni ha severamente colpito i Paesi dell'Unione Europea e, in particolare, dell'Eurozona, proprio nel momento in cui si concludeva un quasi decennale processo di modifica dei trattati con l'entrata in vigore della Strategia di Lisbona, ha evidenziato con chiarezza non solo la debolezza strutturale del modello di unione economica e monetaria, le carenze del sistema di governance dell'euro e i limiti dei meccanismi di controllo ex ante ed ex post della moneta unica (così come erano stati disegnati con il Trattato di Maastricht, con il Patto di stabilità e crescita e successivamente con il Trattato di Lisbona), la consapevolezza del rischio di destabilizzare l'intera area dell'euro, ma anche la necessità di introduzione di nuovi sistemi di sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio, di adozione di nuovi strumenti e procedure volti a garantire un maggiore coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri, una maggiore convergenza delle loro economie e un meccanismo di salvataggio dei Paesi economicamente più deboli;
    la riforma della governance mira a prevenire il formarsi degli squilibri macroeconomici, introducendo un meccanismo in grado di affrontare le debolezze dell'area monetaria, di favorire una crescita equilibrata nei diversi Paesi e di impedire il formarsi di dinamiche divergenti di costi e produttività;
    il nuovo sistema di governance economica si articola in un complesso di misure di natura legislativa e non legislativa che mirano, da un lato, a rafforzare i vincoli di finanza pubblica introdotti sin dalla creazione, nel 1993, dell'unione economica e monetaria e, dall'altro, a introdurre una cornice comune anche per le politiche economiche degli Stati membri e, in particolare, per le misure finalizzate alla crescita e all'occupazione;
    tale sistema si articola in sette principali assi di intervento:
     a) un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali, mediante un ciclo di procedure e strumenti europei e nazionali concentrato nel primo semestre di ogni anno (cosiddetto semestre europeo, operativo già dal 2011);
     b) il patto «Euro Plus», che impegna gli Stati membri dell'area euro e altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica, il cui eventuale inadempimento non comporta l'adozione di sanzioni;
     c) il trattato per il coordinamento delle politiche di bilancio (cosiddetto fiscal compact, entrato in vigore il 1o gennaio 2013);
     d) le modifiche al patto di stabilità (in parte introdotte con il cosiddetto six pack e in parte con il cosiddetto two pack);
     e) la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici (già applicata in base a due regolamenti del cosiddetto two pack);
     f) i meccanismi di stabilizzazione dell'Eurozona;
     g) il patto per la crescita (cosiddetto growth pact, accordo non vincolante stipulato dal Consiglio europeo di giugno 2012);
    l'introduzione della procedura del «semestre europeo» è un primo passo nella direzione di un maggiore coordinamento ex ante delle politiche economiche europee e un'adeguata sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio nell'Eurozona e nell'Unione europea a 27 da parte del Consiglio Europeo, su impulso della Commissione europea, requisiti essenziali per il buon funzionamento di un'area monetaria: esso prevede un ciclo di programmazione comune a tutti i Paesi dell'Unione europea, volto a garantire la coerenza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, da approvare nella seconda metà dell'anno con le rispettive leggi di bilancio, con le raccomandazioni e gli indirizzi approvati dalle istituzioni dell'Unione europea nella prima metà dell'anno;
    l'esigenza di salvaguardare la stabilità finanziaria dell'area dell'euro, a seguito dell'aggravarsi delle tensioni sui mercati in alcuni Paesi, ha spinto verso la creazione di protezioni di ultima istanza (tale funzione è stata esercitata a partire dal 2010 su base temporanea tramite il sostegno finanziario alla Grecia, all'Irlanda e al Portogallo) e, dopo la creazione di meccanismi temporanei di gestione delle crisi finanziarie, è stata ridefinita l'architettura della vigilanza su intermediari e mercati, istituendo il Comitato europeo per il rischio sistemico, al quale sono state affidate funzioni di vigilanza macroprudenziale, e tre autorità di vigilanza europee, cui sono attribuiti compiti di vigilanza microprudenziale in coordinamento con le autorità nazionali, nonché un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi che si è concretizzato nel Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism - Esm), istituito da un Trattato sottoscritto dai Paesi membri dell'area euro nel febbraio 2012, che può assistere Paesi in difficoltà con varie forme di interventi: prestiti diretti a Paesi nell'area dell'euro a rischio di default, acquisti sui mercati secondari di titoli del debito pubblico di Paesi ugualmente a rischio di default, linee di credito precauzionale e interventi di ricapitalizzazione di banche;
    la strategia europa 2020, definita dal Consiglio europeo nelle riunioni di marzo e giugno 2010, delinea gli obiettivi e gli strumenti dell'Unione europea e degli Stati membri in materia di crescita e di occupazione per il decennio 2011-2020 e si articola in cinque obiettivi principali: portare il tasso di disoccupazione al 75 per cento, migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20 per cento, migliorare i livelli di istruzione, riducendo i tassi di dispersione scolastica, promuovere l'inclusione sociale attraverso la riduzione della povertà;
    il Patto per la crescita e l'occupazione, approvato dal Consiglio europeo di giugno 2012, costituisce il quadro generale (ma non vincolante giuridicamente) per l'adozione di misure di stimolo della crescita, di natura legislativa e non legislativa, a livello nazionale, di area euro e dell'Unione europea a 27. In particolare, tale patto prevede l'aumento del capitale versato dalla Banca europea per gli investimenti allo scopo di accrescere la capacità totale di prestito, l'avvio della fase pilota relativa ai prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti infrastrutturali nei settori dei trasporti, dell'energia e delle infrastrutture a banda larda, la riprogrammazione dei fondi strutturali non spesi, l'ampliamento dell'intervento del fondo europeo per gli investimenti, il completamento del mercato unico digitale e del mercato interno dell'energia, il rafforzamento dello Spazio europeo della ricerca, il consolidamento della politica fiscale al risanamento di bilancio e alla crescita, lo sviluppo del commercio internazionale;
    la riforma del Patto di stabilità e crescita, adottata con i sei provvedimenti legislativi (cinque regolamenti e una direttiva) noti come «six pack» (approvati nel novembre 2011) e successivamente con altri due regolamenti destinati ai soli membri dell'euro, è stata caratterizzata per alcune importanti novità: la prima è la previsione di maggiori automatismi nei meccanismi decisionali delle procedure per deficit eccessivi e la previsione di sanzioni finanziarie più pesanti che intervengono fin dalle fasi preliminari delle procedure per deficit eccessivi e per debiti eccessivi, la seconda caratteristica è l'attenzione specifica al tema del debito pubblico, con la previsione di procedure per quei Paesi con un debito al di sopra del 60 per cento del prodotto interno lordo e con la possibilità di richiedere piani di rientro nei parametri, nonché con la creazione di una nuova procedura di sorveglianza multilaterale sugli squilibri eccessivi, che dovrebbe consentire di tenere sotto controllo le dinamiche di evoluzione dei tassi di competitività dei sistemi Paese;
    il cosiddetto two pack (entrato in vigore nel maggio 2013) ha completato e rafforzato il six pack, rendendo più efficaci sia la procedura del semestre europeo sia la parte preventiva e correttiva del Patto di stabilità e crescita, attraverso un regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che affrontano o sono minacciati da serie difficoltà per la propria stabilità finanziaria nell'Eurozona e un regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell'Eurozona, prevedendo la sorveglianza automatica per i Paesi che ricevono aiuti finanziari dai fondi salva Stati costituiti a livello sovranazionale, così come previsti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria e dal Meccanismo di stabilità;
    il Patto di stabilità e crescita, oltre ad essere stato riformato mediante il six pack e il two pack, è stato rafforzato dal Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (cosiddetto fiscal compact), firmato da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, ad eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca, in occasione del Consiglio europeo dell'1o-2 marzo 2012, che incorpora e integra in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche, in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governante economica europea;
    i punti principali del Trattato, entrato in vigore il 1o gennaio 2013, riguardano:
     a) l'impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la «regola aurea» per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo;
     b) qualora il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo superi il 60 per cento, le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediante 1/20 all'anno per la parte eccedente tale misura, tenendo tuttavia conto di alcuni fattori rilevanti quali la sostenibilità dei sistemi pensionistici e il livello di indebitamento del settore privato;
     c) qualsiasi parte contraente che consideri un'altra inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio potrebbe adire la Corte di giustizia dell'Unione europea;
     d) le parti contraenti possono fare ricorso alle cooperazioni rafforzate nei settori essenziali per il buon funzionamento dell'Eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno;
    il 17 aprile 2012 è stata approvata la legge costituzionale n. 1 del 2012, volta ad introdurre nella Costituzione italiana il rispetto dei vincoli sul pareggio di bilancio derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea; tale legge modifica gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, incidendo sulla disciplina di bilancio dell'intero aggregato delle pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali;
    la legge n. 243 del 2012 ha successivamente disciplinato i principi e le regole di bilancio del complesso delle amministrazioni pubbliche che riguardano, in particolare, la definizione dell'equilibrio di bilancio e le norme in materia di sostenibilità del debito pubblico, disciplinando specifiche deroghe al principio dell'equilibrio, nonché i necessari meccanismi correttivi da adottare in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, l'istituzione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente per le analisi di finanza pubblica, la cui operatività è prevista decorrere dal gennaio 2014;
    per garantire coerenza e compiuta integrazione del settore finanziario, nonché per spezzare il circolo vizioso che si è spesso determinato tra debito sovrano e debito bancario, nel settembre del 2012, su impulso del Consiglio europeo, la Commissione europea ha prospettato la creazione di un'unione bancaria basata su quattro pilastri: un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario incentrato sulla Banca centrale europea; un quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi; un sistema armonizzato di garanzia dei depositi bancari; un meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie nell'area euro e per gli altri Paesi aderenti al sistema di vigilanza unico;
    allo stato attuale, è stato portato a compimento soltanto il primo pilastro (sistema unico di vigilanza), che prospetta l'attribuzione alla Banca centrale europea di compiti specifici di vigilanza prudenziale degli enti creditizi stabiliti negli Stati membri la cui moneta è l'euro, mantenendo le competenze residue in capo alle autorità nazionali di vigilanza, l'istituzione di un comitato di sorveglianza (supervisory board) per assicurare che le funzioni di politica monetaria e quelle di vigilanza prudenziale siano rigorosamente separate, la responsabilità della Banca centrale europea per i compiti ad essa attribuiti dinanzi al Parlamento europeo, la rigorosa separazione dei compiti di politica monetaria da quelli di vigilanza per scongiurare potenziali conflitti di interesse. L'entrata in vigore del sistema unico di vigilanza bancaria consentirà la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del Meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, Esm),

impegna il Governo:

   a perseguire le priorità dell'Unione europea su una credibile ed efficace strategia per la crescita e lo sviluppo, nel rispetto delle decisioni e degli impegni assunti in materia di disciplina di bilancio, di contenimento della spesa pubblica e di riduzione di deficit e debiti pubblici;
   a garantire che le politiche di consolidamento dei conti pubblici e le misure di attuazione dell'equilibrio di bilancio, inclusi i meccanismi di coordinamento tra i diversi livelli amministrativi e la definizione di meccanismi di correzione e delle clausole di salvaguarda, siano conformi al diritto dell'Unione europea;
   ad attivarsi affinché tutte le decisioni relative al rafforzamento dell'Unione economica e monetaria siano adottate sulla base del trattato sull'Unione europea;
   a far sì che, nel corso del riesame dei provvedimenti in materia di governance economica da parte della Commissione europea per il 2014, sia concessa una maggiore flessibilità degli obiettivi di bilancio a medio termine, per tenere conto del ciclo economico;
   a favorire la costituzione di un fondo europeo di remissione del debito (debt redemption fund) e di strumenti di debito europeo a breve termine (eurobills);
   a portare a compimento gli interventi per la creazione di un'unione bancaria, monitorando la fase di messa a punto della vigilanza bancaria unica e di costruzione del meccanismo di risoluzione delle crisi, per evitare scelte e indirizzi contrari all'interesse del Paese, in particolare in materia di valutazione dei titoli pubblici posseduti dalle banche e dalle assicurazioni e di metodi di vigilanza sulle piccole banche territoriali;
   ad assicurare una maggiore coordinamento ex ante dei progetti di riforma importanti degli Stati membri dell'Unione Europea;
   a promuovere nelle sedi europee l'introduzione di meccanismi asimmetrici e anticiclici incardinati nel bilancio europeo per il finanziamento dei sussidi alla disoccupazione e per il sostegno dell'occupazione, in particolare giovanile;
   a sostenere l'estensione della golden rule in modo da permettere lo scomputo di alcune voci di spesa per investimenti che possano esercitare un impatto a breve positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione dai parametri finanziari rilevanti nel processo europeo di coordinamento dei bilanci pubblici nazionali.
(1-00312) «Zanetti, Andrea Romano, Sottanelli, Librandi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nella regione Lazio ha frequentemente trovato applicazione l'istituto del commissariamento in materia rifiuti. Tale istituto, fu abbandonato solo nel 2008, periodo in cui dopo ben nove anni, l'assunzione delle funzioni di programmazione, attuazione e controllo ritornarono in capo agli enti competenti ovvero regione, province e comuni. Il giudizio su questi nove anni di commissariamento fu ben espresso nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio. Il testo redatto dalla commissione bicamerale il 2 marzo del 2011 riportava quanto segue: «[...] Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l'urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell'emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d'urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Infatti la formale cessazione dell'emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale. È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all'ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco-umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al TMB (trattamento meccanico biologico). [...]». Il regime ordinario, attinente all'area geografica di Roma e provincia, durò solo fino all'estate del 2011;
   il 17 giugno 2011, la Commissione europea riavviò la procedura d'infrazione 2011/4021 nei confronti dell'Italia per la non conformità del tipo di smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta, in violazione della direttiva 1999/31/CE, in quanto accertato che nell'invaso veniva da anni smaltito rifiuto cosiddetto «tal quale». Tale ammonimento, a marzo del 2013, ha comportato il deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia europea. V’è da aggiungere inoltre che tale conferimento illegale in discarica non riguarda solamente l'invaso della Valle Galeria, tanto è vero che la Commissione europea nel parere motivato inviato all'Italia nel maggio del 2012 puntò il dito anche contro altre discariche del Lazio;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, venne dichiarato lo stato d'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre del 2012 e si rese necessario dopo oltre 35 anni di vita dell'invaso di Malagrotta ed infinite proroghe, trovare un sito alternativo;
   con Opcm 3963 del 6 settembre 2011, il presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, nominava il Prefetto di Roma, dottor Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale di cui al su richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011. Al commissario il Governo, attribuì il gravoso compito, che evidentemente la politica non intendeva avocare a sé, di garantire l'individuazione, progettazione e successiva realizzazione attraverso l'utilizzo di poteri derogatori e straordinari di una o più discariche «provvisorie» nonché l'ampliamento di discariche preesistenti ed infine la costruzione di un nuovo impianto di TMB;
   con successivo provvedimento del 24 ottobre 2011, il commissario delegato individuò, quali invasi alternativi a Malagrotta, i siti di Corcolle e Riano, «ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» (doc. 882/1);
   con mozione del 22 febbraio 2012 il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) espresse ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pure temporanea, in località Corcolle, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e, come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione;
   in data 8 marzo 2012 fu indetta la conferenza di servizi per l'approvazione del progetto preliminare della discarica in località «CORCOLLE» (doc. 1163/1, 1163/2, 1163/3), affidata alla CIDIEMME Engineering Srl. Alla conferenza parteciparono, su convocazione del commissario Pecoraro, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il comune di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, la provincia di Roma capitale, l'autorità di bacino del fiume Tevere, l'ACEA, l'ingegnere Luigi Sorrentino in qualità di consulente del Commissario ed infine gli ingegneri Morett e De Candia della CIDIEMME Engineering Srl. Nel corso della conferenza di servizi furono formulati da più parti pareri decisamente negativi in merito al progetto di Corcolle; in particolare in detta occasione l'autorità di bacino espresse parere negativo in merito al contesto idrogeologico del sito che ritenne «da valutarsi permeabile ed estremamente vulnerabile»;
   a seguito degli esiti della conferenza di servizi fu richiesto, da Pecoraro, l'interessamento del Ministro pro tempore Clini, che convocò, nel mese di marzo 2012, la allora governatrice del Lazio Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il commissario Giuseppe Pecoraro, chiedendo loro una effettiva collaborazione per acquisire e valutare tutti i dati relativi alle problematiche presenti in ciascun sito individuato dalla regione Lazio, in modo tale da mettere in evidenza i vincoli, le deroghe necessarie e la fattibilità della realizzazione degli impianti;
   il 25 maggio 2012, il commissario Pecoraro, oramai noto alle cronache come l'uomo che voleva aprire una discarica nei pressi di Villa Adriana, dopo appena otto mesi dall'assunzione dell'incarico, rassegnava le sue dimissioni a seguito degli innumerevoli profili di inadeguatezza emersi sulle aree di Corcolle e Riano, da lui individuate nell'ambito di sette siti inclusi nello studio di analisi preliminare realizzato della regione Lazio. Entrambi i siti vennero considerati dal Ministro Clini inidonei a divenire discariche;
   il 31 maggio 2012 la Commissione europea inviò all'Italia un parere motivato rispetto alla procedura d'infrazione su Malagrotta. Un documento durissimo che, punto per punto, evocava le tante questioni irrisolte. Innanzitutto si contestavano alla Polverini le inutili ordinanze di proroga alla discarica di Malagrotta, atti fotocopia che con il passare dei mesi non avevano mutato minimamente la situazione. Si disapprovava, inoltre, la mancata messa a regime dei quattro impianti di trattamento meccanico biologico e la non costruzione di quegli impianti di trito-vagliatura che, anche se non riconosciuti dalla Commissione europea, avrebbero comunque permesso un impatto ambientale minore. Infine, veniva confermato il giudizio secondo il quale nel Lazio non esisteva una rete integrata ed adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti;
   il 3 luglio del 2012 la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvava la sua seconda relazione sul Lazio. L'organismo parlamentare puntò il dito contro la gestione dei rifiuti a Roma, denunciando diverse questioni. Innanzitutto, affermando come le diverse amministrazioni succedutesi negli anni non avessero agito concretamente per avviare un ciclo dei rifiuti degno di questo nome, il che aveva contribuito e consolidato il potere di alcuni che a loro vantaggio avevano fruttato la mancanza della politica per ingrassare esclusivamente il proprio business. L'emergenza era, dunque, al centro delle critiche della commissione Ecomafie, che contestava come la situazione a Roma e nel Lazio non fosse affatto imprevista. La presunta emergenza era evidente da tempo a tutti gli attori istituzionali. L'organismo parlamentare d'inchiesta esaminò nel particolare anche il decreto di nomina del commissario straordinario, al quale era attribuito il compito di «garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani necessari a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza, di cui alla citata ordinanza, per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio, del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti». In sostanza la commissione evidenziava come il prefetto di Roma avesse compiuto le sue scelte affidandosi in via prioritaria solo al documento di Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi redatto dalla Regione Lazio. Il siting, quindi, svolgeva un ruolo centrale nelle scelte di Pecoraro, nonostante la mancanza di un'attività istruttoria degna di questo nome. Basti pensare che non si registrarono né verifiche scientifiche né sopralluoghi sul campo. Il tutto venne rinviato dal prefetto ad un momento successivo, motivo per cui la commissione bocciava inesorabilmente l'operato di quest'ultimo;
   con decreto dei Presidente del Consiglio dei ministri del 27 maggio 2012, l'ex prefetto Goffredo Sottile, già commissario delegato all'emergenza rifiuti nella regione Calabria con esiti, ad avviso degli interpellanti, non proprio felici, fu nominato dal Governo commissario delegato ai rifiuti per la provincia di Roma;
   il primo atto del nuovo commissario Sottile fu quello di proporre quale sito idoneo per la realizzazione della discarica temporanea, sostitutiva di Malagrotta, l'invaso di Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio). Il sito ubicato formalmente nel territorio del comune di Roma, distava solo pochi metri dall'invaso di Quadro Alto a Riano, già ritenuto inidoneo da un punto di vista idrogeologico dal ministro Clini, così come l'invaso di Corcolle; a seguito della notizia, i cittadini di Riano occuparono per ben 12 giorni la via Tiberina;
   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 203 del 27 giugno 2013 veniva prorogata la nomina del dottor Goffredo Sottile a commissario delegato per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino alla data del 7 gennaio 2014 ai sensi del comma 358 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012. Con tale decreto ministeriale incredibilmente venivano ampliati enormemente i poteri commissariali;
   il 10 agosto 2012, con nota 157, acquisita al protocollo della regione Lazio n. 56098 del 14 agosto 2012, veniva presentata dal Consorzio Colari, di proprietà dell'avvocato Cerroni, l'istanza per la realizzazione e messa in esercizio di una nuova discarica per rifiuti speciali sita in località Monti dell'Ortaccio, nel comune di Roma e a pochi metri dalla discarica di Malagrotta;
   in data 23 agosto 2012, con nota n. 145, il commissario delegato Goffredo Sottile, disponeva che l'ufficio commissariale assumesse la competenza in ordine al procedimento di autorizzazione integrata ambientale (AIA) relativo alla realizzazione, in località Monti dell'Ortaccio nel comune di Roma Capitale, di un impianto di discarica di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'istanza presentata dal Consorzio Colari e indiceva la conferenza dei servizi istruttoria con le amministrazioni competenti. Il Commissario decideva pertanto di indicare l'invaso di Monti dell'Ortaccio, ubicato all'interno della Valle Galeria, come sito idoneo ad ospitare la nuova discarica di Roma. Ciò nonostante i pareri negativi già espressi su tale sito, in particolare dalla precedente gestione commissariale;
   con note del 6 settembre 2012, prot. n. 170/u-I-P.C.M/E.A. del 6 settembre 2012 prot. n. 191/u e del 18 settembre 2012, prot. n. 262/u, veniva convocata per il giorno 24 settembre 2012, la conferenza di servizi istruttoria, finalizzata all'esame dell'autorizzazione. Gli enti interpellati in conferenza di servizi erano: la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il Ministero per i beni e le attività culturali, la provincia di Roma dipartimento IV, il comune di Roma Capitale, il comune di Roma XV municipio, l'Asl Roma D, la sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma, la sopraintendenza per i beni archeologici di Roma, l'Autorità di bacino del fiume Tevere, la Terna spa – rete elettrica nazionale, l'Enac spa ed infine l'Enav spa; detti enti, resero pareri scritti negativi in merito alle soluzioni progettuali relative al sito di Monti dell'Ortaccio, fornite dal consorzio Co.La.Ri;
   ciò nonostante il 27 dicembre del 2012, il commissario Goffredo Sottile, firmava l'Aia autorizzando in tal modo il sito di Monti dell'Ortaccio a divenire nel breve periodo la nuova discarica di Roma;
   le non superate osservazioni emerse in conferenza di servizi costringevano Sottile, ad imporre nell'Aia diverse prescrizioni. Tra tutte, quella di subordinare il conferimento dei rifiuti nella discarica alla presentazione di un modello idrogeologico redatto da una università e/o ente pubblico di ricerca, su di un'area, comprendente l'impianto, sufficientemente vasta da includere i corpi idrici recettori e tutte le fonti di inquinamento potenziali in atto, evidenziandone inoltre i possibili impatti, dai quali risultasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
   è bene rammentare inoltre che in virtù dello stato d'emergenza dichiarato nell'intera provincia di Roma ed in deroga dunque alle norme vigenti in materia (possibilità che purtroppo l'abusato e disastroso istituto del commissariamento prevede) l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), veniva rilasciata dal commissario delegato senza aver superato la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA);
   viste le inevitabili, giuste osservazioni e rimostranze da parte degli attenti cittadini residenti nell'area della Valle Galeria, che da molti anni vedono calpestato impunemente il loro diritto alla salute, e considerando la procedura anomala con la quale veniva rilasciata l'Aia per il sito di Monti dell'Ortaccio, alcun senatori del M5S, chiedevano in data 17 settembre 2013 di audire in Commissione ambiente del Senato, il commissario Sottile per conoscere la recondita ragione della scelta di un sito già ampliamento dichiarato inidoneo. Durante detta audizione peraltro registrata da Radio Radicale, Sottile ammetteva candidamente: «Dei 7 siti indicati dalla regione Lazio dei quali io dovevo tenere prioritariamente conto, l'unico sito che alla fine delle nostre sia rapide istruttorie ci sembrò idoneo alla scopo è stato quello di Monti dell'Ortaccio, che non ha incontrato l'adesione di alcun Ente territoriale. È stata una decisione che io ho preso in solitaria e debbo dire che quella decisione non ha dato i frutti sperati perché l'Aia concessa era subordinata alla presentazione da parte del proponente che era il Consorzio CoLaRi, cioè l'avvocato Cerroni, alla presentazione di un modello idrogeologico che ancora non è pervenuto». Identica dichiarazione il commissario rilasciava nel corso dell'audizione dei 18 settembre 2013 venutasi presso la Commissione ambiente del Consiglio regionale del Lazio;
   da organi di stampa, nei mesi successivi alle inaccettabili dichiarazioni del commissario, si veniva a conoscenza che delle associazioni di cittadini, avevano impugnato innanzi al Tar, l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) emessa il 27 dicembre del 2012, nella quale il conferimento dei rifiuti veniva subordinato alla redazione del citato studio idrogeologico che certificasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
   sempre dalla stampa si apprendeva che lo studio, nonostante le autorità preposte dichiarassero inspiegabilmente di non esserne a conoscenza in realtà esisteva ed era persino giunto a conclusione. Addirittura, la redazione di tale studio risaliva al mese di agosto 2013. Detto studio, condotto dal dipartimento DICEA dell'università La Sapienza di Roma, incaricato dal privato proprietario della discarica, per quanto non abbia analizzato, per stessa ammissione da parte dell'università, le conseguenze di tutti le possibili fonti di inquinamento, spinse gli autori a concludere che non si poteva affermare, inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda acquifera attorno all'erigenda discarica;
   dunque ancora una volta, quanto più volte denunciato alle autorità competenti dalle associazioni dei cittadini con foto e video trovava conferma;
   questa lunga ma doverosa cronistoria degli eventi succedutesi nel corso degli ultimi tre anni dimostra senza ombra di dubbio che la gestione commissariale sia stata sempre fallimentare oltre che particolarmente onerosa per i contribuenti ed inoltre che la scellerata gestione del ciclo dei rifiuti abbia sempre favorito e protetto il monopolista Cerroni;
   il 9 gennaio 2014, i militari del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, coordinati dalla procura della Repubblica di Roma, hanno dato esecuzione all'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Massimo Battistini nell'ambito del P.P. 7449/2008 R.G.N.R, procedimento in cui convergono diversi filoni di indagine sviluppati dal N.O.E. e dalla sezione operativa centrale dal 2008 sino ad ogni, ed a cui ha collaborato anche la procura della Repubblica di Velletri;
   con tale ordinanza viene stabilita la misura cautelare dell'arresto per 7 persone. Tra gli arrestati, l'avvocato Manlio Cerroni, monopolista nella gestione del pattume sia nella capitale che nel Lazio e patron del consorzio Colari, Francesco Rando, uomo di fiducia di costui e gestore della Pontina Ambiente, nonché della E.giovi srl, Pino Sicignano direttore della discarica di Albano Laziale ed infine Piero Giovi;
   i reati contestati a costoro sono molteplici e gravi: associazione per delinquere (articolo 416 codice penale), attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 decreto legislativo n. 152 del 2006), attività di gestione dei rifiuti non autorizzata (articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006), frode nelle pubbliche forniture (articolo 556 codice penale), truffa in danno di enti pubblici (articolo 640 codice penale), falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici (articolo 479 codice penale), deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi (articolo 632 codice penale), deturpamento e imbrattamento di cose altrui (articolo 639 codice penale), truffa (articolo 640 codice penale), realizzazione di opere urbanistiche in assenza di permesso a costruire (articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
   sempre dall'ordinanza si viene a conoscenza anche della denuncia a piede libero di ben 14 persone, tra cui molti dirigenti regionali;
   i principali profili illeciti emersi dall'inchiesta della magistratura sono riconducibili:
    a) alla gestione dell'impianto di raccolta e trattamento rifiuti di Albano Laziale:
     infatti, il progetto autorizzato dalla Pontina ambiente prevedeva la seguente produzione a seguito del trattamento dei rifiuti in ingresso: 43 per cento C.D.R, (combustibile derivato dai rifiuti), 22 per cento scarti di lavorazione, 13 per cento Fos (frazione organica stabilizzata), 17 per cento perdita di processo, 4 per cento materiali ferrosi, 1 per cento alluminio. Tuttavia, la percentuale di C.D.R. effettivamente avviata al recupero energetico (presso l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro), si attestava intorno al 15 per cento, mentre la restante parte veniva avviata in discarica come sovvallo; inoltre, una parte di R.S.U. (rifiuti solidi urbani) in ingresso non veniva neppure trattata, ma era invece smaltita nella discarica di Pontina Ambiente, provocando così sia il superamento delle volumetrie disponibili che un ingiusto profitto per l'impresa, profitto derivante dalla differenza tra l'importo tariffario percepito (per il trattamento dei rifiuti) e quanto effettivamente speso, e stimato in circa 11 milioni di euro dal 2006 al 2012;
    b) al termovalorizzatore di Albano Laziale:
     l'Amministrazione del commissario straordinario per l'emergenza rifiuti della regione Lazio metteva il Consorzio CO.E.MA. nato dall'unione tra Pontina Ambiente (riconducibile a Cerroni), ed Ecomed, composta da Ama ed Acea, nelle condizioni di costruire e porre in esercizio un impianto di termovalorizzazione su un terreno della Pontina Ambiente, nonché di usufruire, nell'ambito della gestione di tale impianto, dei contributi pubblici denominati «CIP 6» (contributi erogati ad aziende produttrici di energia da fonti energetiche rinnovabili o assimilate). Tutto ciò avveniva nonostante già fosse operante un impianto di termovalorizzazione ovvero quello di Colleferro, non appartenente all'avvocato Cerroni; nonostante il Piano gestione rifiuti regionale del 2002 prevedesse per tale tipo di impianto la collocazione in una diversa area geografica (ovvero nell'area Fiumicino-Ciampino e non nell'area dei Colli Albani) e nonostante il contributo «CIP 6» non potesse essere erogato al CO.E.MA., perché questo, nei tempi previsti, non aveva né presentato il progetto dell'impianto, né poi lo aveva realizzato. Tale condotta veniva posta in essere dall'amministrazione pubblica, in particolare da Arcangelo Spagnoli (deceduto), De Filippis, Bargagna, Fegatelli e dall'ex governatore Marrazzo, attraverso molteplici condotte contrarie ai doveri d'ufficio ed illecite, quali abusi d'ufficio e falsi, volte a favorire le aziende del Cerroni;
    c) alla realizzazione di un invaso per un discarica in località Monti dell'Ortaccio:
     infatti, il gruppo Colari realizzava, in località Monti dell'Ortaccio, l'invaso di una futura discarica, ponendo così in essere una incisiva trasformazione urbanistica in assenza di qualunque autorizzazione, smaltendo inoltre illecitamente circa 3 milioni di metri cubi di rocce e terre da scavo. Questa operazione ha generato un profitto per le casse della E. Giovi stimato in non meno di 8 milioni di euro. Al fine di procurarsi tale ingiusto profitto, gli scavi venivano condotti illecitamente al punto di abbassare la quota di fondo di scavo della cava Monti del Lumacaro al di sotto dei limiti consentiti, determinando così la illecita deviazione della falda acquifera sotterranea, appartenente al demanio idrico. Anche in questo caso, Cerroni ha trovato valida collaborazione nell’entourage composto dai dirigenti e dai collaboratori delle aziende a lui riconducibili: per la vicenda risultano pertanto indagati Vitali, Muratori, Bellu, Scaglione, Risciutti e Rando;
    d) alla attribuzione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze regionali sullo smaltimento dei rifiuti nei comuni di Anzio e Nettuno:
     infatti, Cerroni ed il suo storico collaboratore Landi, con la complicità di funzionari della pubblica amministrazione, ponevano in essere una serie di condotte illecite volte ad impedire alla società Rida Ambiente srl, concorrente del Colari, di operare. In particolare, l'amministrazione ometteva di determinare la tariffa in ingresso dei rifiuti per l'impianto di Rida Ambiente, cosa che impediva alla predetta di contrattare con le amministrazioni pubbliche locali l'eventuale accettazione di R.S.U. nei suoi impianti. In tal modo, veniva intenzionalmente procurato alle società Pontina Ambiente ed Ecoambiente un ingiusto profitto patrimoniale consistente nella possibilità di gestire senza concorrenti i rifiuti provenienti dai comuni della zona. Oltre a ciò, la pubblica amministrazione rallentava di proposito l’iter di revisione tariffaria per il conferimento dei rifiuti a società del gruppo Cerroni. I funzionari regionali indagati, a vario titolo, per le predette vicende sono Fegatelli, De Filippis, Giovannetti e Marotta;
   l'ordinanza coercitiva ricostruisce in dettaglio i comportamenti illeciti degli arrestati, qualificandoli come «fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività» e mette in luce l'esistenza, almeno dal 2008, di una stabile struttura organizzativa «informale» sovrapposta a quella formale delle società relative al gruppo imprenditoriale guidato da Manlio Cerroni, avente un indeterminato programma criminoso e un assetto variabile secondo le attività svolte, le vicende della vita o i cambiamenti all'interno dell'apparato politico-amministrativo. Inoltre Cerroni viene definito dall'ordinanza coercitiva come promotore, organizzatore e dominus incontrastato del sodalizio criminale;
   la macroscopica distorsione del sistema di gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio determinata dal «modello Cerroni» era evidente ben prima del provvedimento della magistratura dei giorni scorsi: le denunce e le azioni di cittadini, associazioni e comitati avevano già messo in luce le profonde anomalie che si celavano nel regime monopolistico che, complice l'incapacità o la connivenza dello istituzioni, si era instaurato; le Commissioni parlamentari di inchiesta hanno espresso giudizi molto netti sulle anomalie riscontrate, evidenziando – ad esempio – l'esistenza di una gestione monopolistica del settore dei rifiuti e la presenza di «una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione»; il quadro impietoso delineato dalla trasmissione Report – di cui ampi stralci sono stati ripresi proprio nel dispositivo dell'ordinanza del GIP di Roma;
   sempre nel provvedimento della magistratura viene effettuata una ricostruzione «storica», a partire dagli anni ’60, della gestione dei rifiuti nella Capitale, evidenziando in modo chiaro il singolare «raccordo pubblico-privato a tutto vantaggio del secondo»; preoccupa che gli amministratori e le forze politiche che si sono succeduti per decenni non si siano resi conto della gravità di una situazione che ha portato la regione Lazio ad essere una delle meno virtuose nel campo della gestione dei rifiuti, con risultati – per quanto concerne la percentuale di raccolta differenziata – ben distanti dagli obiettivi imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale –:
   alla luce di quanto emerso dall'indagine penale di cui in premessa, in che modo il Governo intenda affrontare il gravissimo problema evidenziato e se intenda assumere iniziative dirette a rinnovare lo stato di emergenza per la provincia di Roma e dunque nominare un nuovo commissario ovvero riconfermare il dottor Sottile;
   se il Governo sia in grado di dire quanto sia costata al cittadino contribuente l'inefficiente struttura commissariale dal giugno del 2011 al gennaio del 2013;
   come intenda agire affinché l'attività degli impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti (TMB) sia comunque garantita, onde evitare la definitiva condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia europea nell'ambito della procedura d'infrazione 2011/4021 per l'illegittimo smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta di rifiuto cosiddetto «tal quale» in violazione della direttiva 1999/31/CE (cosiddetta direttiva «discariche»);
   come intenda agire il Governo italiano rispetto ai fatti riportati nell'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Battistini, innanzitutto in merito al danno ambientale e morale che molti cittadini del Lazio hanno dovuto subire a causa di un sistema marcio e scellerato, dovuto ad enormi responsabilità delle amministrazioni locali e regionali e che la gestione commissariale dei rifiuti non solo non è stata in grado di risolvere, ma che sembra avere addirittura peggiorato;
   se sia noto quali siano le ragioni per le quali le copiose richieste di accesso agli atti non abbiano avuto esito positivo con gli enti gestori che si sono spesso trincerati dietro un inaccettabile quanto arrogante silenzio;
   se il Governo intenda fornire dettagliati e circostanziati elementi sul sistema dei rifiuti romano e laziale, sia attraverso un quadro delle aree e degli impianti riconducibili al gruppo Cerroni, sia cercando di quantificare il danno economico ed ambientale che le scelte sulla gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio hanno causato all'intera collettività.
(2-00368) «Vignaroli, Daga, Busto, De Rosa, Terzoni, Mannino, Segoni, Zolezzi, Baroni, Massimiliano Bernini, Di Battista, Frusone, Grande, Cristian Iannuzzi, Lombardi, Ruocco, Dadone, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Turco, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Ferraresi, Sarti, Micillo, Luigi Di Maio, Fico».

Interrogazione a risposta orale:


   MARTELLA, MOGNATO, ZOGGIA, MURER, MORETTO, RUBINATO, PASTORELLI, MIOTTO e CASELLATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 147 del 2013, la cosiddetta legge di stabilità, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 prevede all'articolo 1 comma 748 al fine di consentire di risolvere i problemi occupazionali connessi alla gestione dei servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative statali e degli enti locali, fino al 28 febbraio 2014, nei territori e nelle sedi presso le quali non è ancora attiva la convenzione CONSIP, l'acquisto tali servizi dalle imprese che li assicurano al 31 dicembre 2013, alle stesse condizioni economiche e tecniche in essere a detta data;
   nei territori in cui, alla data del 31 dicembre 2013, la convenzione con la CONSIP è già attiva, le istituzioni scolastiche ed educative acquistano servizi ulteriori avvalendosi dell'impresa aggiudicataria della gara CONSIP, al fine di effettuare servizi straordinari di pulizia e servizi ausiliari individuati da ciascuna istituzione fino al 28 febbraio 2014;
   all'acquisto dei servizi di cui al presente comma si provvede, in deroga al limite di spesa di cui all'articolo 58, comma 5, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, entro il limite di euro 34,6 milioni, a valere sui risparmi di spesa di cui al medesimo articolo 58, comma 6, ripartito tra i territori in proporzione alla differenza tra la spesa sostenuta per i servizi nel 2013 e il citato limite di spesa;
   per raggiungere l'obiettivo sopra descritto nel comma frutto di un emendamento espressamente voluto dal Governo è stata esplicitamente stabilita l'attivazione immediata di un tavolo da parte dell'Esecutivo con tutti i Ministeri e gli enti locali interessati, unitamente all'organizzazioni sindacali, che entro il 31 gennaio 2014 dovrà produrre le soluzioni definitive al problema in questione;
   è evidente che la norma inserita in legge di stabilità aveva come obiettivo quello di assicurare la continuità del servizio in attesa di una riforma complessiva del settore che vede coinvolte circa 24 mila unità lavorative su tutto il territorio nazionale e che deve coinvolgere tutti i livelli istituzionali;
   su tutto il territorio nazionale sia nei territori presso i quali sono già operative le convenzioni Consip sia in quelli presso i quali suddetta convenzione non c’è, si stanno già riscontrando tensioni e preoccupazioni circa il futuro sia del servizio che di questi lavoratori;
   va detto che tale acquisto di servizio è costato alla scuola un taglio di circa 11 mila posti di collaboratori scolastici negli anni trascorsi;
   progressivamente la scadenza degli appalti e i subentri delle ditte stanno creando già notevoli criticità;
   le imprese di pulizia, infatti, stanno già applicando nei confronti di questi lavoratori e lavoratrici drastiche riduzioni dell'orario di lavoro e conseguentemente della retribuzione che già era bassa;
   lo stato d'agitazione degli addetti alle pulizie che denunciano condizioni di lavoro e contrattuali non sostenibili è già in atto in diverse aree del territorio nazionale;
   particolarmente critica è la situazione in Veneto, dove i lavoratori sono circa 1800, e si è già registrata la chiusura dell'istituto comprensivo Grimani di Marghera, dell'istituto Leopardi di Mira e della mensa dell'istituto comprensivo Maria Alpi di Favaro Veneto;
   il rischio chiusura e la situazione d'emergenza, solo per quanto riguarda il Veneto, interessa nel complesso 151 scuole: di cui la maggior parte, 62, in provincia di Venezia, 36 trevigiane, 17 veronesi, 13 rodigine e padovane e 10 vicentine;
   l'obiettivo posto dal tavolo da convocarsi con la massima urgenza è quello di razionalizzare la spesa e contemporaneamente conseguire risparmi mantenendo invariati i livelli occupazionali;
   si tratta di un obiettivo non semplice ma da raggiungere in tempi molto rapidi onde evitare che sulla scuola italiana si abbatta una ulteriore tegola che vedrebbe messa a rischi l'igiene stessa dei locali, con conseguenze ampiamente prevedibili sulla salute dei bambini e degli adulti che vi trascorrono molte ore della giornata –:
   se e quali iniziative il Ministro, e il Governo nella sua collegialità, considerata la complessità e delicatezza della situazione, intendano adottare, ben prima del 31 gennaio 2014, per convocare il tavolo previsto dalla legge e assicurare il servizio di pulizia nelle scuole e i livelli occupazionali e retributivi per i lavoratori attualmente impegnati in tali mansioni. (3-00548)

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   le recenti notizie pubblicate dagli organi di stampa la scorsa settimana, secondo le quali il Governo indiano si appresterebbe a ricevere il consenso da parte del Ministero degli esteri indiano, attraverso un rapporto della polizia investigativa locale, che prevederebbe gli estremi per applicare una norma che stabilisce la pena di morte per i due marò italiani trattenuti in India da circa due anni, non possono che destare a giudizio dell'interrogante sconcerto e incredulità;
   l'incontro avuto a Palazzo Chigi la scorsa settimana tra il Presidente del Consiglio dei ministri Letta, il Ministro interrogato e il Guardasigilli Cancellieri, evidenzia come la situazione relativa all'incolumità dei due militari italiani, stia sprofondando verso scenari negativi e allarmanti, dalle conseguenze imprevedibili;
   l'azione diplomatica avviata nel corso degli oltre 500 giorni trascorsi dall'arresto dei marinai italiani, sia dal precedente Governo Monti, che dall'attuale Esecutivo, si è dimostrata, a giudizio dell'interrogante, debole, scarsamente incisiva e confusa nell'avviare una condotta politico-diplomatica lineare e convincente in grado di risolvere positivamente ciò che è diventato un incidente diplomatico fra i due Paesi;
   l'interrogante evidenzia inoltre, le diverse rassicurazioni che il Governo italiano a più riprese, ha ricevuto dal Paese indiano, sull'esito positivo di una vicenda che sta diventando grave e inaccettabile, ma ciononostante la situazione sembrerebbe evolversi negativamente –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non ritengano opportuno intervenire nelle sedi europee ed internazionali anche coinvolgendo la massima organizzazione intergovernativa internazionale, l'ONU, al fine di adottare le opportune iniziative volte a ripristinare i diritti umani e la sicurezza dei militari italiani;
   se siano in possesso di informazioni ulteriori rispetto a quanto pubblicato dalla stampa italiana ed internazionale sulla vicenda che conferma evidenti rischi e in caso affermativo, se non ritengano urgente e necessario fornire ogni elemento in merito all'evolversi della situazione;
   se, ove fossero confermate le notizie pubblicate dagli organi di stampa, in considerazione del comportamento ambiguo e di scarsa correttezza da parte del Governo indiano, non ritengano infine opportuno valutare l'opportunità di sospendere i negoziati di libero scambio tra Italia e India, al fine di rafforzare le iniziative italiane, anche sul versante commerciale, nei riguardi di un Paese che non rispetta i diritti umani. (4-03127)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da vari organi di stampa è riportato che nei porti sardi: Porto industriale di Oristano e Porto di La Maddalena; Olbia-Tempio, a fine gennaio, potrebbe arrivare un primo carico di armi chimiche siriane, già partito dalla Siria dal porto di Latakia, a bordo di una nave cargo della Danimarca; sempre da fonti di stampa, si apprende che Sigrid Kaag, diplomatica olandese presso le Nazioni Unite, responsabile del coordinamento della missione congiunta dell1 ONU con l'Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) per la distruzione delle scorte siriane di armi chimiche, ha comunicato che a garantire la sicurezza per il carico altamente tossico partito dalla Siria, ci saranno navi da guerra di Russia, Cina, Danimarca e Norvegia e che esso sarà trasferito, in acque internazionali, sulla nave Usa Cape Ray, equipaggiata con macchine speciali, per distruggere il veleno chimico a bordo;
   la scelta dello scalo in cui salperà la Cape Ray spetta all'Opac, in conformità a criteri di pescaggio, capienza e distanza dai centri abitati;
   da indiscrezioni dei media, i porti candidati a ricevere le armi di Damasco, finora maggiormente citati, da un'analisi degli standard di sicurezza, potrebbero essere Augusta o Santo Stefano che, già nel passato, per oltre 30 anni, sono stati base per i sommergibili nucleari statunitensi, perché, lo scalo siciliano offre il «vantaggio» di un molo off limits, già utilizzato per il rifornimento dei sistemi d'arma, munizioni e carburanti per la VI Flotta della Us Navy, per la Nato e per la Marina italiana, invece, il porto di Santo Stefano può contare su un deposito praticamente inattaccabile nel quale stoccare temporaneamente le armi chimiche: le gallerie sottoroccia di «Guardia del Moro»;
   la Cape Ray ha un pescaggio di nove metri e per questo, la scelta del porto potrebbe ricadere proprio su Santo Stefano, poiché davanti al deposito di «Guardia del Moro», per decenni sono rimaste ormeggiate le navi appoggio per i sommergibili nucleari con un pescaggio simile, non riscontrando nessun problema di fondale;
   per le ragioni sopra esposte, i cittadini italiani e, in particolare gli abitanti della Sardegna, che potrebbero essere direttamente coinvolti, hanno il diritto alla tutela della salute e, quindi, devono essere informati in anticipo, sia sul luogo dove potrebbe avvenire la distruzione del veleno chimico, sia sui modi con cui esso sarebbe trattato –:
   se il Ministro degli affari esteri, qualora le indiscrezioni fossero confermate, non ritenga opportuno bloccare l'arrivo delle armi chimiche nel Porto di Santo Stefano;
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se sia sua intenzione intervenire urgentemente per bloccare tutte le iniziative che potrebbero creare danni d'immagine all'isola, per la quale il turismo è una delle principali fonti dell'economia;
   se corrisponda al vero che dal veleno nucleare potrebbero sprigionarsi gas nocivi per la salute e per l'ambiente e se siano state intraprese le precauzioni necessarie. (4-03135)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIGNAROLI, DAGA, SEGONI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Malagrotta veniva chiusa il 30 settembre 2013;
   da un articolo pubblicato il 10 dicembre 2013, dal quotidiano online Roma Report.it (http://romareport.it/1109/malagrotta-e-chiusa-ma-il-percolato-scorre-fiumi), si apprendeva di uno sversamento notevole di percolato proveniente da una canalina di scolo, che costeggia la via degli Oleodotti in adiacenza alla discarica, nell'area dichiarata a rischio d'incidente rilevante Lampogas ed al gassiflcatore;
   nel canale scorre acqua di falda tutto l'anno, affiorante all'interno delle aeree della discarica e questa intercetta il percolato proveniente da un tratto del versante nord dell'invaso su cui non insiste un impianto di recupero. Ciò che preoccupa è inoltre che le acque di questo canale, sversando direttamente nel Rio Galeria, affluente del Fiume Tevere, finiscono senza depurazione in mare;
   da quello che si evince dalle denunce dei cittadini, è palese che gli impianti di recupero del percolato a Malagrotta non sarebbero dotati di strumentazioni di misura in entrata e in uscita così come prevede la normativa vigente. Inoltre l'unica documentazione esistente in merito, viene prodotta dal gestore Colari che documenta altresì le quantità trasportate ai centri di smaltimento autorizzati;
   i cittadini non fidandosi delle autorità locali, hanno inviato foto e video dimostranti detti fatti suesposti alla Commissione europea;
   inoltre, già nell'anno 2006, medesimi fatti venivano denunciati alle autorità competenti, da alcuni rappresentanti del Comitato cittadino di Malagrotta. A seguito di ciò, in data 2 ottobre 2006 venne disposta un'ispezione in loco dell'Arpa Lazio, su impulso della regione Lazio. Da quanto si evince dalla copia del rapporto informativo, protocollo n. 0002805 del 31 gennaio 2007, l'allora ispettore TPALL, Mario Spoletini, dichiarava di avere effettuato un sopralluogo presso l'area della discarica di Malagrotta e accertato lungo la cunetta stradale in calcestruzzo che costeggia la via degli Oleodotti, la presenza diffusa di pozze d'acqua misto a materiale sedimentato. Oltre ciò a seguito di una nuova ispezione avvenuta in data 11 dicembre 2006, l'ispettore scoprì anche una tubazione nascosta, predisposta per l'evacuazione del percolato direttamente nel canale delle acque piovane e ed eventualmente monitorare nel Rio Galeria;
   sempre dal verbale si viene a conoscenza che per lo scarico nella cunetta stradale delle acque meteoriche di ruscellamento, non è stata rilasciata alcuna autorizzazione, in violazione dell'articolo 124, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   dunque è evidente che tale situazione d'illegalità sia conosciuta sia dall'Arpa Lazio che dal Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente sin dall'anno 2006. E ciò che risulta davvero grave è che detti enti abbiano taciuto in merito a tali notizie, permettendo al consorzio Colari di continuare a perpetuare violazioni delle norme in merito –:
   se il ministro sia a conoscenza dello sversamento del percolato nel Rio Galeria e quali iniziative, nei limiti di competenza, intenda porre in essere in relazione a quanto riportato in premessa. (4-03131)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con legge 14 gennaio 2013, n. 10, è stato istituito il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico;
   con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è provveduto alla nomina dei componenti del comitato;
   la legge n. 10 del 2013, all'articolo 3, stabilisce che il Comitato provvede a predisporre una relazione, da trasmettere alle Camere entro il 30 maggio di ogni anno, recante i risultati del monitoraggio e la prospettazione degli interventi necessari a garantire la piena attuazione della normativa di settore;
   la legge n. 10 del 2013, all'articolo 4, stabilisce che in allegato alla relazione citata al punto precedente, un rapporto annuale sull'applicazione nei comuni italiani delle disposizioni relative alle quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
   la stessa legge prevede che i comuni inadempienti rispetto alle norme di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e, in particolare, sulle quantità minime di spazi pubblici riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali e produttivi, approvano le necessarie varianti urbanistiche per il verde e i servizi entro il 31 dicembre di ogni anno;
   mancano pochi mesi al termine stabilito, entro il quale devono essere trasmesse alle Camere la documentazione di cui all'articolo 3 e in particolare la relazione sullo stato delle dotazioni urbanistiche dei comuni italiani;
   la piena conoscibilità delle informazioni in campo ambientale e la rendicontazione costante, con indicatori di risultato di chiara e semplice lettura, delle azioni pubbliche di governo del territorio non costituiscono, soltanto, un obbligo sempre più stringente dettato dalle Convenzioni internazionali e dalle direttive della Commissione europea, ma il requisito indispensabile di politiche pubbliche per l'ambiente appropriate ed efficaci –:
   se e in che modo, il Comitato abbia cominciato ad acquisire dai comuni italiani le informazioni concernenti la consistenza delle dotazioni urbanistiche, di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968, e l'efficacia giuridica delle previsioni urbanistiche finalizzate all'individuazione delle aree riservate alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, stante la vigenza quinquennale dei vincoli preordinati all'espropriazione disposta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001. (4-03136)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PAGANO e MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la risoluzione del 27 gennaio 2006, n. 19, l'Agenzia delle entrate, rispondendo ad un'azienda agricola che chiedeva quali aliquote IVA dovessero applicarsi alle cessioni di origano immesso sul mercato, previa essiccazione, in buste sigillate a rametti o sgranato e alle cessioni di una miscela di erbe aromatiche composte da salvia, rosmarino, alloro e timo, richiamava il parere dell'Agenzia delle dogane che, con nota n. 137 dell'11 gennaio 2006, ha ritenuto che l'origano in rametti o sgranato debba «essere classificato alla voce NC 1211 9097, con riferimento alle Note esplicative sistema Armonizzato al capitolo 9, considerazioni Generali, lettera D), con le quali si evidenzia l'esclusione dell'origano e del rosmarino dal capitolo 9 pur potendo essere utilizzati come spezie»;
   a seguito di tale parere, l'Agenzia riteneva che l'origano immesso sul mercato previa essiccazione potesse essere qualificato analogamente a basilico, rosmarino e salvia, prodotti freschi destinati all'alimentazione, e assoggettato, pertanto, all'aliquota IVA ridotta del 4 per cento, ai sensi del numero 12-bis) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, mentre per la miscela di erbe aromatiche, dovendosi far rientrare tale bene nella voce «spezie», si dovesse applicare l'aliquota IVA ridotta del 10 per cento, ai sensi del n. 25 della tabella A, parte III, allegata al predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   successivamente la stessa Agenzia delle entrate, con risoluzione del 27 gennaio 2006, n. 19/E, interpellata nuovamente sulla questione, ha rivisto la sua precedente posizione stabilendo che, ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 4 per cento, il numero 12-bis) della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, deve intendersi nel senso che solo alle cessioni di «basilico, rosmarino e salvia, freschi destinati all'alimentazione sia applicabile l'aliquota IVA del 4 per cento»;
   l'Agenzia ha evidenziato come l'origano non sia stato letteralmente menzionato dal legislatore al citato numero 12-bis) della Tabella A, pur convenendo che «da un punto di vista tecnico-merceologico, appartiene alla stessa voce doganale del basilico, rosmarino e salvia»: per tale motivo alle cessioni di origano, immesso sul mercato in buste sigillate a rametti o sgranato, si deve applicare l'aliquota IVA ordinaria;
   all'origano, quale pianta agricola aromatica, dovrebbe invece essere applicata la stessa aliquota IVA del 4 per cento applicabile a basilico, salvia e rosmarino, ai sensi del numero 12-bis della Tabella A, Parte II, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   la diversa tassazione di simili piante aromatiche rischia, infatti, di costituire una ingiustificata incongruenza nel trattamento fiscale di uno degli alimenti aromatici più apprezzati ed importanti, anche in termini produttivi, soprattutto nel meridione d'Italia –:
   se intenda valutare l'opportunità di porre in essere ogni atto di propria competenza volto a ripristinare uniformità dell'aliquota IVA per tutte le tipologie di piante agricole aromatiche, con particolare riguardo all'origano, in rametti o sgranato. (5-01863)


   ZANETTI e SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il tema delle nomine dirigenziali in seno all'Agenzia delle entrate è già da tempo all'onore delle cronache giudiziarie;
   in particolare, già nel 2011 il TAR del Lazio, con sentenza n. 07636 aveva bloccato le nomine a dirigenti, presso diversi uffici delle Agenzie delle Entrate, nei confronti di numerosi funzionari che non avevano svolto il concorso previsto per legge e, quindi, erano privi dei relativi titoli a dirigenti: in pratica, secondo il TAR del Lazio, ben 767 funzionari su 1.143 totali (più della metà) erano stati nominati in modo illegittimo;
   con l'articolo 8, comma 24, della legge 26 aprile 2012 n. 44 è stata nella sostanza disposta una sanatoria ex post di questi incarichi affidati senza concorso pubblico e, in attesa dell'espletamento delle nuove procedure concorsuali, è stata pure autorizzata l'attribuzione «diretta» di ulteriori incarichi dirigenziali a funzionari delle stesse Agenzie;
   il 18 novembre 2013, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5451, ha però disposto il rinvio alla Corte costituzionale della norma di cui alla legge n. 44 del 2012, ritenendo non infondate le eccezioni di costituzionalità eccepite in relazione alla medesima;
   slegato dalla vicenda ancora pendente, ma sempre concernente la materia delle posizioni dirigenziali in seno alle Agenzie fiscali e quindi anche all'Agenzia delle entrate, si pone poi il disposto dell'articolo 23-quinquies, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ai sensi del quale la riorganizzazione degli organici deve essere «tale che il rapporto tra personale dirigenziale di livello non generale e personale non dirigente sia non superiore ad 1 su 40 ed il rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale sia non superiore ad 1 su 20 per l'Agenzia delle entrate»;
   sempre il citato articolo 23-quinquies, comma 1, stabilisce che «Per assicurare la funzionalità dell'assetto operativo conseguente alla riduzione dell'organico dirigenziale delle Agenzie fiscali, possono essere previste posizioni organizzative di livello non dirigenziale, in numero comunque non superiore ai posti dirigenziali coperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed effettivamente soppressi, e in ogni caso non oltre 380 unità complessive, nei limiti del risparmio di spesa conseguente alla riduzione delle posizioni dirigenziali, detratta una quota non inferiore al 20 per cento, e in ogni caso in misura non superiore a 13,8 milioni di euro, da affidare a personale della terza area che abbia maturato almeno cinque anni di esperienza professionale nell'area stessa; l'attribuzione di tali posizioni è disposta secondo criteri di valorizzazione delle capacità e del merito sulla base di apposite procedure selettive» –:
   ad oggi, quanti di questi «incarichi non dirigenziali sostitutivi» sono stati attribuiti e, in particolare, quanti di questi incarichi, da attribuire «secondo criteri di valorizzazione delle capacità e del merito sulla base di apposite procedure selettive», sono stati conferiti agli stessi soggetti cessati dalla posizione dirigenziale per effetto della riorganizzazione degli organici imposta dalla medesima disposizione normativa. (5-01864)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa nazionali (Il Sole 24 ore del 7 gennaio 2014) riportano la notizia secondo la quale ad Ancona è stato segnalato il paradossale caso di un proprietario di un alloggio, affittato nel 2010 con contratto a canone concordato, su cui il comune applica una aliquota Imu dello 0,76 per cento;
   per una serie di motivazioni legate, presumibilmente, alla crisi economica, l'inquilino ha smesso di pagare l'affitto, e nonostante il proprietario abbia già ottenuto a marzo del 2013 lo sfratto esecutivo con risoluzione del contratto, l'immobile risulti oggi ancora occupato, e lo sgombero fissato per maggio 2014;
   come riportato dal medesimo organo di stampa, i funzionari comunali avrebbero comunicato alla proprietaria dell'immobile che, in ragione del fatto che il contratto con l'inquilino tecnicamente non esiste più, la casa debba essere tassata come se fosse sfitta, applicando perciò l'aliquota dell'1,06 per cento la quale non corrisponde tanto ad un vero rincaro, ma piuttosto alla più puntuale applicazione della aliquota ordinaria che vale per tutte le situazioni non regolate diversamente, comprese ad esempio le case affittate a canone libero;
   la vicenda descritta determina un minor incasso per il proprietario, dovuto al mancato pagamento da parte dell'inquilino dell'affitto, e un maggior onere, sempre a suo carico, dovuto all'applicazione dell'aliquota IMU standard, fissata allo 1,06 per cento, in ragione della più bassa aliquota 0,76 per cento precedentemente applicata –:
   se non ritenga opportuno verificare la vicenda sopra descritta e, qualora la stessa risulti confermata specificare chiaramente, all'interno della prima iniziativa normativa utile che sugli immobili sottoposti a procedimento di sfratto esecutivo nei quali continua a dimorare l'inquilino insolvente, si applica l'aliquota dell'imposta municipale propria stabilita per gli immobili locati. (5-01865)


   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 139, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), attraverso una novella all'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, ha da ultimo prorogato al 31 dicembre 2014 le detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio, nella misura del 50 per cento per un ammontare massimo di spesa di 96 mila euro e nella misura del 40 per cento per il 2015;
   l'articolo 30, comma 1, lettera a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha rivisto la definizione di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, eliminando il riferimento alla sagoma all'articolo 3, comma 1, lettera d);
   la suddetta modifica ha pertanto ricompreso negli interventi di ristrutturazione edilizia rientranti nel regime delle agevolazioni fiscali ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche il ripristino e/o la ricostruzione di edifici crollati o demoliti, con la stessa volumetria di quelli precedenti, anche se con variazioni della sagoma –:
   se possa rientrare nel regime delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, ai sensi del nuovo articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, anche la ricostruzione di un edificio, con la stessa volumetria di quello precedente, ma con uno spostamento di lieve entità dell'immobile rispetto al sedime originario. (5-01866)


   FRAGOMELI e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha disposto l'abolizione della prima rata dell'IMU per il 2013 per le abitazioni principali e assimilate (escluse quelle classificate nelle categorie catastali A1, A8, A9), conseguentemente, con l'articolo 8 del medesimo provvedimento normativo è stato prorogato al 30 novembre 2013 il termine per l'approvazione del bilancio di previsione per l'anno 2013 degli enti locali;
   in molti casi, l'applicazione di talune imposte comunali ad esempio la cosiddetta «mini-Imu», determina il pagamento di un importo di esigua entità i cui costi di gestione, da parte degli enti locali potrebbe ricadere sui contribuenti costretti a sopportare oneri talvolta superiori all'imposta dovuta;
   ai sensi dell'articolo 1, comma 168, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), gli enti locali, nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, (Finanziaria 2003), stabiliscono la soglia minima per l'esigibilità di ciascun tributo locale; in caso di inottemperanza, si applica la disciplina di cui al medesimo articolo 25 della legge n. 289 del 2002, che fissa la soglia minima per la riscossione dei tributi erariali locali a 12 euro;
   l'articolo 1, comma 736, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (stabilità 2014), modificando l'articolo 3, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha eliminato il riferimento all'importo minimo per gli accertamenti comunali;
   i cittadini, nel mese di gennaio, saranno tenuti a pagare sia la cosiddetta mini-Imu, sia la maggiorazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi – Tares, relativo al 2013 creando non poche complicazioni procedurali e burocratiche per i contribuenti;
   in alcuni comuni, a pochi giorni dalla scadenza, non sono ancora pervenuti i bollettini di pagamento della maggiorazione Tares e il modulo F24 relativo ai «Servizi indivisibili»;
   AMA Spa, che è il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali, ha comunicato che sta provvedendo ad inviare, per il comune di Roma, le ultime 250 mila comunicazioni di pagamento, delle complessive 1 milione e 500 mila già postalizzate, contenenti il bollettino della terza rata di saldo della Tares e il modulo F24 relativo ai «Servizi indivisibili»; tuttavia c’è il rischio che il bollettino di pagamento non arrivi prima della scadenza fissata –:
   se il Governo intenda, per il futuro, al fine di ridurre gli adempimenti burocratici per i cittadini tenuti al versamento di importi minimi di tributi e tariffe comunali, permettere agli enti locali, attraverso modifiche legislative, di stabilire, nell'ambito della propria autonomia finanziaria, l'importo minimo per gli accertamenti e se non ritenga opportuno chiarire che non saranno comunque applicate le sanzioni e gli interessi per i pagamenti effettuati in ritardo a causa del mancato ricevimento del bollettino del saldo Tares 2013 e del modulo F24 relativo ai «Servizi indivisibili». (5-01867)


   CANCELLERI, BARBANTI, ALBERTI, PESCO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in una democrazia, al contrario delle satrapie e dei regimi dispotici, è elemento fondante il patto tra Stato e cittadini in materia di equità fiscale, relativa alla applicazione delle norme tributarie senza alcuna distinzione di carica, ruoli, appartenenza a elites o a congreghe dei singoli contribuenti;
   l'equità fiscale imparziale deve pertanto essere garantita e controllata stringentemente e continuativamente dallo Stato;
   Equitalia è la Società, pubblica al 100 per cento, incaricata dallo Stato dell'esercizio della riscossione dei tributi dei cittadini italiani;
   la riscossione dei tributi fu affidata, dalla legge n. 248 del 2005, di riordino del sistema riscossivo, al pubblico dopo decenni di inefficienze, ingiustizie e inadempienze degli esattori privati e delle banche;
   pertanto la gestione pubblica avrebbe dovuto garantire efficienza, giustizia e trasparenza;
   al di là dell'approfondimento della natura talvolta vessatoria delle norme della riscossione tributaria, fin dai primi mesi della gestione pubblica, prima con Riscossione Spa, poi Equitalia Spa, si sono succeduti scandali, vicende e indagini che hanno messo in luce la differenza di trattamento dei cittadini tra soggetti protetti e non protetti, laddove i protetti sono corruttori di taluni funzionari di Equitalia ovvero amici di amici;
   è utile ricordare un banale anche se non completo elenco di fatti, eventi o indagini su Equitalia;
   nel 2008 la procura della Repubblica di Trento ha avviato una indagine su un «factotum» locale che riusciva ad alterare le cartelle esattoriali anche nella sede romana di Equitalia Gerit, dove era implicato un dipendente Gerit Equitalia Spa;
   nel febbraio 2009 numerosi dirigenti e funzionari di Equitalia Napoli furono indagati per abuso d'ufficio;
   nel luglio 2009 furono indagati 13 tra quadri e funzionari di Equitalia di Frosinone, 1/6 del totale dei dipendenti per la sospensione fittizia e fraudolenta di decine di cartelle esattoriali;
   il 10 marzo 2010 il quotidiano La Stampa riporta il caso di un'indagine giudiziaria romana, appartenente al famigerato filone Mokbel/Phuncard, dove si dà notizia che soggetti privi di incarichi in Equitalia o in società da essa controllate svolgevano le loro funzioni di importanti mediatori illegali, per esempio l'avvocato Di Girolamo, con la complicità di alcuni dipendenti: l'indagine per la parte Equitalia risulta, ad avviso degli interrogati inopinatamente, archiviata;
   nell'aprile 2010 la trasmissione RAI Report rivelava che esistono dei contribuenti per Equitalia più uguali degli altri e il quotidiano Il Fatto fa alcuni nomi dei protetti: Christian De Sica, Panatta, Schicchi, Bobo Craxi, Antinori; nonostante la puntata di Report abbia avuto milioni di ascoltatori, nessuna procura della Repubblica risulta che abbia aperto indagini al riguardo, tanto meno quella di Roma;
   nel febbraio 2011 numerosi dirigenti e funzionari di Equitalia Genova furono indagati in relazione ad un pignoramento e successiva vendita di un immobile a prezzo stracciato, appartenente a un malato di Alzheimer;
   nel febbraio 2013 furono indagati dal pubblico ministero romano Amelio faccendieri e funzionari di Equitalia che operavano su Roma e Frosinone per alterare le cartelle esattoriali a favore dei loro clienti;
   nel settembre 2013 impiegati di Equitalia che facevano capo ad Aversa e Tivoli bloccavano le procedure tributarie in cambio di soldi;
   il Messaggero dell'8 gennaio 2014 scrive «Un archivio con report su politici, imprenditori e alti ufficiali. È il nuovo capitolo dell'inchiesta su Paolo Oliverio, il commercialista con frequentazioni che vanno dalla politica alla malavita, accusato di riciclaggio e finito in carcere (...). Ma a riservare sorprese sono state le perquisizioni: nel computer del commercialista e in alcune chiavette Usb sono state trovate schede su affari, politici, imprenditori e alti ufficiali. Oltre a un software per intercettare. Il sospetto è che Oliverio avesse rapporti con i servizi segreti e mettesse in atto una serie di ricatti. Un business gestito attraverso rapporti illeciti con politici, uomini delle forze di polizia, banchieri, esponenti politici che sostenevano il modus operandi dell'organizzazione nelle illecite operazioni bancarie con utilizzazione di canali esteri. Da Paolo Berlusconi a Ernesto Diotallevi a Finmeccanica. Le relazioni di Oliverio vanno dalla criminalità alla politica alla finanza. Il commercialista coinvolto nelle inchieste Sme e P3, fino al caso Maruccio (l'ex capogruppo di Italia dei valori alla Regione Lazio che aveva sottratto fondi) finora è uscito indenne dalle indagini. Il Gico ha verificato i suoi rapporti con Paolo Berlusconi, quelli stretti con Marco Carboni e suo padre, Flavio, il faccendiere che faceva affari con il boss Pippo Calò ed è sotto processo per la P3. Maria. Quindi Mario Diotallevi, figlio di Ernesto, esponente della banda della Magliana. (....) Ma c’è il clero: era stato l'ordine dei Camilliani a nominarlo commissario dell'ospedale di Casoria, dove Oliverio gestiva appalti milionari. E gli inquirenti non hanno dubbi: arrivava anche ad Equitalia. Il sospetto è che riuscisse anche a “controllare” le cartelle» –:
   quali siano stati i risultati delle attività, tipiche di un paese democratico, di controllo di audit da parte del Ministero dell'economia e delle finanze sulla propria agenzia riscossiva, Equitalia, in merito alle garanzie di assoluta trasparenza, equità, indifferenza di status dei cittadini contribuenti quando devono essere sottoposti a procedure di riscossione. (5-01868)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   la situazione degli 8 istituti carcerari abruzzesi è estremamente grave: a fronte di una capienza complessiva di 1.533 detenuti, ve ne sono oggi 1.935 con una eccedenza di 402 detenuti, che sarebbe ancora più grave se non vi fossero 77 posti vacanti nelle strutture carcerarie di Vasto e L'Aquila;
   nel dettaglio la situazione delle carceri abruzzesi è la seguente: TERAMO 393 detenuti al posto dei 229 previsti; SULMONA 471 al posto di 306; LANCIANO 273 al posto di 196; AVEZZANO 71 al posto di 51; CHETI 111 al posto di 83; PESCARA 282 al posto di 271; VASTO 170 al posto di 204; L'AQUILA 138 al posto di 191;
   nel corso del 2013 nelle carceri abruzzesi si sono verificati 118 casi di grave autolesionismo, 31 tentativi di suicidi e 1 suicidio;
   da evidenziare che nel carcere di Sulmona negli ultimi 10 anni ci sono stati ben 13 suicidi a testimonianza di una triste e intollerabile situazione;
   il sovraffollamento delle carceri abruzzesi richiede un intervento urgente non solo sul piano della edilizia penitenziaria, ma soprattutto sull'adozione di scelte politiche e amministrative che raccolgano i contenuti del recente Messaggio al Parlamento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano –:
   quali iniziative intenda assumere per contrastare il fenomeno del sovraffollamento delle carceri in Abruzzo nel quadro della grave situazione di emergenza nazionale che contraddistingue la condizione dei detenuti italiani.
(2-00364) «Melilla».

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCHULLIAN, GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER e OTTOBRE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 139, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ha modificato l'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, nel senso di riconfermare – anche se con decorrenza differita – la nullità dei contratti di compravendita immobiliare in assenza dell'attestato di prestazione energetica;
   tale nullità era stata, però, recentemente soppressa dall'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, entrato in vigore il giorno successivo e in attesa di conversione in legge, sostituendo la nullità con una sanzione amministrativa;
   a seguito dei recenti interventi legislativi sulla stessa materia sembra, pertanto, di dover dedurre che i contratti di vendita, gli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o i nuovi contratti di locazione che siano sprovvisti dell'allegato contenente l'attestato di prestazione energetica saranno nulli, anche se con decorrenza differita alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di adeguamento previsto dall'articolo 6, comma 12, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, dal momento che l'articolo 1, comma 139, lettera a), della legge di stabilità 2014 è entrato in vigore il 1o gennaio 2014, mentre la norma che ha previsto la soppressione della nullità è da considerarsi precedente, in quanto contenuta nell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, entrato in vigore il 24 dicembre 2013 –:
   se intenda chiarire quale sia il reale intento del Governo sul regime giuridico degli attestati di prestazione energetica con riferimento ai contratti di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione e come si coordinino le disposizioni dell'articolo 1, comma 139, lettera a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, con quelle del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145.
(3-00557)


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con la finalità di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza, l'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 ha delegato il Governo a rivedere la geografia giudiziaria, in modo da realizzare una riduzione complessiva degli uffici giudiziari presenti sul territorio del nostro Paese;
   in esercizio della delega, il Governo ha adottato due distinti decreti legislativi concernenti rispettivamente: la nuova distribuzione degli uffici del giudice di pace e la nuova organizzazione sul territorio degli uffici di tribunale e del pubblico ministero;
   la revisione delle circoscrizioni giudiziarie sta provocando disagi organizzativi e sta determinando forti problematiche in ordine al buon funzionamento degli uffici;
   è necessario, quindi, prestare sollecita attenzione al monitoraggio degli effetti dei primi mesi di applicazione della riforma e proporre soluzioni organizzative e normative per superare le eventuali criticità presenti nelle disposizioni approvate attraverso decreti legislativi correttivi –:
   se il Governo ritenga di predisporre atti normativi previsti dalla legge delega alla luce del monitoraggio effettuato e delle criticità emerse nei primi mesi di applicazione della riforma. (3-00558)

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sistema penitenziario è da tempo interessato da un grave stato di emergenza, a causa del gravissimo sovraffollamento delle carceri e, infatti, la Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), dell'8 gennaio 2013, ha condannato il nostro Paese, secondo la procedura della sentenza pilota, la violazione dell'articolo 3 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali», sentenza divenuta definitiva il 28 maggio 2013, data in cui è stata respinta l'istanza di rinvio alla Grande Chambre della Corte, presentata dall'Italia;
   nonostante la gravità della situazione carceraria italiana, in occasione del suo recente intervento in Commissione Giustizia della Camera, il 17 ottobre 2013, il Ministro della giustizia, nel riferire in ordine alla grave situazione penitenziaria ed alla complessità del sistema penitenziario, nelle sue diverse articolazioni, ha indicato, come criticità di tale sistema, la circostanza che «Attualmente si contano 395 Dirigenti a fronte di un organico previsto di 441» e nel contempo ha paventato la «possibile applicazione di ulteriori tagli a seguito della spending review» nei confronti della dirigenza penitenziaria;
   il Si.Di.Pe. – Sindacato dei Direttori Penitenziari – già a suo tempo al precedente governo, ed all'allora Ministro della giustizia, aveva rappresentato le allarmanti conseguenze che sarebbero discese per il sistema penitenziario nel caso di applicazione all'Amministrazione penitenziaria della «Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni» prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (Spending review);
   le preoccupazioni del Si.Di.Pe. e dei dirigenti penitenziari erano state autorevolmente avallate anche dalla Commissione giustizia del Senato, che aveva espresso parere favorevole all'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 solo a condizione che si fosse escluso il personale dell'amministrazione penitenziaria dalle ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche;
   il Capo del dipartimento Giovanni Tamburino aveva rappresentato, con lettera del 13 luglio 2012, la grande apprensione dell'amministrazione penitenziaria per gli effetti che l'applicazione dei tagli di organico statuiti nel decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 produrrebbero sull'organizzazione dell'amministrazione, più in particolare precisando che tale ulteriore riduzione rispetto alle precedenti comprometterebbe la tenuta del sistema penitenziario, sottolineando nel contempo che l'esecuzione della pena e delle misure cautelari detentive contribuisce ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica, in tal senso costituendo il sistema penitenziario nel suo insieme articolazione appartenente alla complessiva struttura di sicurezza dello Stato, come comunicato alle organizzazioni sindacali, con nota GDAP-0276479-2012 del 25 luglio 2012;
   il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, inoltre, aveva segnalato agli organi competenti la grave destabilizzazione del sistema che conseguirebbe all'applicazione dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 95 del 2012, evidenziando che l'Amministrazione penitenziaria per essere amministrazione di sicurezza è implicitamente inserita dalla dizione della norma tra quelle destinatarie dell'esclusione di cui all'articolo 2, comma 7 del medesimo decreto-legge;
   l'espressione utilizzata dal comma 7 del precitato articolo 2 decreto-legge n. 95 del 2012 «Sono escluse dalla riduzione del comma 1 le strutture e il personale del comparto sicurezza (...)» già evidenzia ex se che il legislatore ha inteso escludere dalla riduzione degli organici non solo il personale del Corpo di polizia penitenziaria ma anche il personale penitenziario e, comunque di certo, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria (dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna), come d'altra parte dovrebbe ritenersi ovvio. Infatti i dirigenti penitenziari rientrano pienamente nell'ambito del Comparto Sicurezza e, in tal senso è noto che:
    a) in capo il Direttore dell'istituto penitenziario, in base all'Ordinamento penitenziario, al Regolamento di esecuzione e al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 svolge funzioni di garanzia dell'ordine e della sicurezza;
    b) il personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 rientra pienamente nell'ambito del comparto sicurezza essendo destinatario del trattamento giuridico ed economico del personale dirigente della Polizia di Stato. E difatti il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è destinatario degli assegni una tantum destinati al personale del Comparto sicurezza, per gli anni 2011-2012-2013, in applicazione del decreto del Ministro 17 novembre 2011;
    c) il direttore si avvale del personale di polizia penitenziaria e ne è superiore gerarchico, così come il restante personale della carriera dirigenziale penitenziaria al quale ai sensi del decreto legislativo n. 63 del 2006 sono attribuiti anche gli altri incarichi di cui al comma 1 dell'articolo 9, legge 15 dicembre 1990, n. 395 «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria»;
   al riguardo è intervento, all'epoca, persino un ordine del giorno, il n. 9/5389/53, approvato, nella precedente legislatura, dalla Camera dei deputati il 7 agosto 2012 e accettato dall'Esecutivo del tempo, che impegnava il Governo «a interpretare l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nel senso che sono esclusi dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche i dirigenti penitenziari ed in tal senso interpretare anche la deroga prevista per le forze di polizia già dal precedente provvedimento normativo (articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con legge 14 settembre n. 148)»;
   per l'attuazione di tale impegno dell'allora Governo numerosi furono i Parlamentari che presentarono specifiche interrogazioni parlamentari e in relazione ad una delle interrogazioni parlamentari l'allora Ministro della giustizia, per bocca di un suo Sottosegretario, si espresse nel senso «che il sistema penitenziario costituisce nel suo insieme una struttura dello Stato deputata a contribuire al mantenimento della sicurezza pubblica ed è, quindi, parte integrante delle strutture di sicurezza della Repubblica», rendendo noto che il 4 ottobre 2012 aveva chiesto all'allora Ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione un'interpretazione che escludesse il personale penitenziario dalle nuove riduzioni di organico (cfr. intervento del 29 novembre 2012 del sottosegretario alla Giustizia relativo all'interrogazione a risposta immediata in Commissione Giustizia n. 5-08488, nella seduta della Camera dei Deputati n. 721 del 21 novembre 2012);
   per le conseguenze che sarebbero discese da un'applicazione della spending review all'amministrazione Penitenziaria il Si.Di.Pe., e tutte le altre organizzazioni sindacali dei dirigenti penitenziari, con un comunicato congiunto dell'11 febbraio 2013, dichiararono lo stato di agitazione;
   a seguito di ciò e delle numerose lettere del Si.Di.Pe., anche al Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca, l'esecutivo dell'epoca decise di non portare avanti nessuna ipotesi di riduzione del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, che si sarebbe voluta effettuare attraverso un'evidente errata interpretazione ed applicazione dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 sulla spending review. E, in effetti, entro il termine di decadenza del 28 febbraio 2013, non fu esercitata la facoltà di operare la riorganizzazione del Ministero della giustizia, che si sarebbe potuta effettuare ai sensi del comma 10-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, attraverso una proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri al Presidente del Consiglio dei ministri;
   le riduzioni già previste ma non ancora attuate ai sensi del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con legge 14 settembre n. 148, determinerebbe una dotazione organica pari a 343 dirigenti penitenziari, con un esubero di 20 dirigenti penitenziari, cosicché l'applicazione della ulteriore riduzione discendente dai criteri previsti dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, legge 7 agosto 2012, n. 135) comporterebbe un organico di soli 20 dirigenti generali e 274 dirigenti penitenziari (del ruolo di direttore di istituto penitenziario e del ruolo di esecuzione penale esterna);
   la riduzione ulteriore dei dirigenti penitenziari finirebbe con il privare ulteriormente molte carceri del suo direttore in sede, situazione questa gravissima perché il direttore è il primo garante dei principi di legalità nell'esecuzione penale, essendo armonizzatore delle esigenze di sicurezza e di quelle trattamentali in quanto responsabile dell'ordine e della sicurezza penitenziaria ma anche del trattamento rieducativo dei detenuti;
   per effetto della sola riduzione di unità di personale della carriera dirigenziale penitenziaria del ruolo di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna conseguente alla collocazione a riposo, senza sostituzioni, di coloro che ne maturano di volta in volta i requisiti, considerando che l'ultima immissione in ruolo di detto personale risale a sedici anni or sono, ossia all'anno 1997, il già assolutamente inadeguato e drammaticamente insufficiente numero di dirigenti penitenziari, determinerà l'impossibilità gestionale delle carceri e degli uffici di esecuzione penale esterna;
   il Governo sta curando la realizzazione di nuove carceri e la realizzazione di molti nuovi padiglioni detentivi (attraverso il cosiddetto «Piano carceri») e sono de iure condendo progetti di riforma destinati ad aumentare anche il ricorso alle misure alternative (in data 9 ottobre 2013 la Commissione Giustizia del Senato, in sede referente, ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 925 contenente «Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili», già approvato dalla Camera dei deputati) ma, in assenza di dirigenti penitenziari, nel cui ruolo l'ultima immissione risale al lontano 1997 ed i cui pensionamenti non trovano rimpiazzo, determinerà l'impossibilità di garantire la copertura delle sedi penitenziarie e l'attuazione delle misure alternative;
   il Si.Di.Pe. (Sindacato Direttori Penitenziari) – che è l'organizzazione sindacale che raccoglie il maggior numero dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico ex decreto legislativo n. 63 del 2006 (del ruolo di istituto penitenziario e di quello di esecuzione penale esterna) ha più volte espresso tanto al Ministro della giustizia quanto ai vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la forte preoccupazione per disastrose conseguenze discenderebbero per il sistema penitenziario nel caso di applicazione all'amministrazione penitenziaria della «Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni» prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (Spending review) ed ha evidenziato la necessità che il personale della carriera dirigenziale penitenziaria sia escluso dalle riduzioni di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 –:
   se il Governo, alla luce delle premesse illustrate, in particolare della pacifica appartenenza al comparto sicurezza del personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63, anche alla stregua del trattamento giuridico ed economico applicato nonché dei compiti, ruoli e funzioni la cui natura è propria di quelli del menzionato comparto non ritengano, pertanto:
    a) di applicare al predetto personale della carriera dirigenziale penitenziaria l'esclusione dalla riduzione delle dotazioni organiche, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
    b) ed in tal senso di applicare al medesimo personale della carriera dirigenziale penitenziaria anche la deroga già prevista per le forze di polizia dall'articolo 1, comma 5, decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con legge 14 settembre n. 148. (3-00546)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, ha dettato una serie specifica di principi cui gli ordinamenti professionali devono uniformarsi. Tra questi principi vi è l'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione permanente;
   in attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 138 del 2011, il Governo ha emanato il decreto del Presidente della Repubblica del 7 agosto 2012, n. 137. Il regolamento riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve le specificità di quelle sanitarie;
   è, certamente vero che la formazione obbligatoria continua per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, assume un ruolo di garanzia per la collettività in quanto l'aggiornamento delle proprie competenze professionali è imprescindibile ed essenziale, ma appare, altresì, una misura eccessiva quella che prevede la violazione dell'obbligo di formazione continua come un illecito disciplinare mentre finora i singoli ordini si limitavano a sanzioni indirette;
   è, senza dubbio, molto difficoltoso raggiungere i crediti richiesti per tutti i professionisti per cui è obbligatoria la formazione professionale, così come appare non congrua la contestazione dell'illecito disciplinare in caso di mancanza di rispetto dei crediti formativi –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per una revisione della disciplina dei crediti formativi considerando la possibilità di prevedere un numero minore di crediti obbligatori;
   se il Governo intenda valutare una forma agevolativa di conseguimento dei crediti formativi per i liberi professionisti;
   se, infine, intenda valutare l'opportunità di rivedere il meccanismo della sanzione disciplinare per coloro che non raggiungano il minimo di crediti formativi obbligatori. (4-03132)


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 16 gennaio 2013 la sentenza del giudice di Ortona sanciva il diritto all'oblio su una vicenda giudiziaria del 2008 per lesioni gravissime su cui è in corso un processo che si trascina da anni con un recente rinvio a novembre 2014;
   a distanza di un anno dalla suddetta sentenza di condanna di Primadanoi.it in 1 grado (in attesa di appello) i componenti della famiglia coinvolta nel processo per lesioni gravissime hanno avviato la esecuzione della sentenza, sfociata nel pignoramento dell'unico bene intestato al giornalista direttore di Primadanoi.it, Alessandro Biancardi, un motociclo del valore di mille euro;
   racconta Alessandro Biancardi su un articolo di stampa: «...il processo per lesioni gravissime di cui si è occupato Primadanoi.it dopo quasi 6 anni è alla fase preliminare del dibattimento rinviato di anno in anno...nel frattempo invece la loro azione giudiziaria nei nostri confronti è stata fulminea...» –:
   se non ritenga di assumere un'iniziativa normativa al fine di evitare che la tutela del diritto all'oblio possa comportare una limitazione eccessiva del diritto di informazione e di stampa. (4-03142)


   VEZZALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio dell'ordine degli avvocati di Camerino, riunito in seduta straordinaria il giorno 10 gennaio 2014, denuncia che, a quattro mesi dalla entrata in vigore della legge sulla nuova geografia giudiziaria e dall'accorpamento del tribunale di Camerino a quello di Macerata, non è stato avvertito alcun miglioramento nell'efficienza dell'amministrazione della giustizia, come invece aveva preannunciato più volte il Ministro Cancellieri;
   al contrario le cause provenienti dal tribunale di Camerino hanno spesso subito differimenti, rallentamenti e in qualche caso rinvii puri e semplici, anche all'anno 2015, mentre gli utenti, nonostante gli sforzi e la cortesia del personale dell'ufficio accorpante, hanno dovuto spesso assoggettarsi a udienze sovraffollate e interminabili, a lunghe code agli sportelli e altri disagi, con cause calendarizzate al 2015;
   gli avvocati del Foro di Camerino ancora invitano ripetutamente il Ministro della giustizia e il Governo a prendere in considerazione la proposta di mantenere il tribunale e la procura della Repubblica di Camerino, previo ampliamento della circoscrizione con l'ex mandamento della pretura di Fabriano e con alcuni comuni dell'alto maceratese, in attuazione del progetto presentato a suo tempo al Ministero, in base al quale il tribunale di Camerino potrebbe amministrare una popolazione superiore a quella di molti tribunali subprovinciali che sono stati mantenuti, come ad esempio quelli di Lanusei, Urbino, Larino, Sciacca;
   il consiglio regionale delle Marche ha deciso di unirsi alle altre regioni italiane che hanno chiesto il referendum abrogativo della legge sulla nuova geografia giudiziaria auspicando che la Corte Costituzionale, alla prossima udienza del 15 gennaio 2014 voglia accogliere la richiesta –:
   se non ritenga opportuna una nuova revisione geografica giudiziaria, al fine di non penalizzare l'utenza ed evitare ulteriori lungaggini per lo svolgimento processuale anche tenuto conto del fatto che Camerino è sede universitaria con una facoltà di giurisprudenza prestigiosa. (4-03143)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il 14 novembre del 2012, oltre un anno fa dunque, l'amministratore unico dell'Anas, Pietro Ciucci, a Bruxelles, nella sala JAN 6Q1 del Parlamento europeo, intervenendo alla conferenza organizzata dal Centro studi Meseuro, aveva annunciato che tutti i cantieri dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria sarebbero stati completati entro fine 2013;
   un impegno che l'amministratore unico dell'Anas Ciucci ha più volte ribadito, per ultimo a giugno 2013, durante la firma di un protocollo d'intesa sulla sicurezza stradale a Napoli, quando asserì che i cantieri attivi dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria sarebbero stati completati entro fine 2013;
   ad oggi, gli annunci e le rassicurazioni dell'amministratore unico dell'Anas Ciucci sono state ampiamente smentite dai fatti, stante la circostanza che i cantieri finanziati ed avviati sono tuttora aperti;
   ai ritardi ricordati, segue una lievitazione dei costi nella realizzazione dell'opera;
   ad oggi, non sono mai pervenute esaustive informazioni in ordine alla conduzione delle relazioni industriali tra Anas e general contractor e alle ragioni tecniche e modalità giuridiche che hanno guidato i diversi atti di contenzioso e riserve sfociate in remunerativi lodi arbitrali;
   è altissimo il prezzo che il Mezzogiorno e la Calabria hanno dovuto pagare in termini di immagine e di mancato sviluppo, con ripercussioni anche sulle imprese locali che, a differenza dei lucrosi vantaggi per le grandi imprese del Nord, sono state destinatarie delle briciole e spesso utilizzate come pretesto per giustificare gli elevatissimi costi non preventivati e i notevoli e ingiustificati ritardi;
   i cantieri perennemente aperti, oltre a trasmettere all'Italia e al mondo l'immagine di una Calabria degli sprechi e dell'inefficienza, hanno fortemente compromesso e impedito il decollo e lo sviluppo delle aree interessate;
   la necessità di un forte e netto segnale di discontinuità amministrativa e politica per chiudere i cantieri;
   nonostante le rassicurazioni dell'amministratore unico dell'Anas, per il completamento definitivo dell'infrastruttura bisogna reperire ancora 3 miliardi e 100 milioni di euro;
   è chiara l'esigenza di andare oltre i reclami e le rassicurazioni per far sì che la crescita non rimanga una semplice enunciazione propagandistica;
   per completare il complesso mosaico delle grandi opere pubbliche, costellato da atavici ritardi, ognuno è chiamato a fare il suo, perché il completamento delle opere infrastrutturali, che al sud del Paese rappresentano spesso l'emblema del ritardo del meridione, non può più aspettare –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra denunciato;
   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto per concretizzare quanto in premessa, assumendo impegni concreti finalizzati a definire, in tempi brevi, l’iter conclusivo dei lavori della Salerno-Reggio Calabria, nell'esclusivo interesse del Mezzogiorno e della Calabria che da tanti anni aspettano l'agognata modernizzazione infrastrutturale e un segno di attenzione che possa diventare un viatico per fatti più concreti, legati a circostanze reali e tangibili;
   se il Governo intenda indicare puntualmente l'entità delle risorse finanziarie che sono state impegnate nell'ultimo decennio per corrispondere gli importi richiesti dal saldo di atti transattivi, lodi arbitrali, sentenze extragiudiziali, contenziosi e riserve intentati dalle imprese appaltatrici nella conduzione dei lavori di competenza dell'Anas nel territorio calabrese.
(2-00367) «Censore, Bruno Bossio, Del Basso De Caro, Grassi, Magorno, Mazzoli, Manciulli, Ferro, Culotta, Lauricella, Battaglia, Villecco Calipari, Stumpo, Cuperlo, D'Attorre, Covello, Capodicasa, Bargero, Bruno, Causin, Fiorio, Amendola, Di Gioia, Lattuca, Bonomo, Moretti, Paolucci, Paola Bragantini, Leva, Argentin, Garavini, Borghese, Costantino, Nicchi, Ragosta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   diversi cittadini segnalano al deputato interrogante l'incresciosa situazione di disservizio a cui sono sottoposti i pendolari ferroviari della tratta Caserta-Cassino;
   secondo tali cittadini le ragioni di questi disservizi sono da ricercarsi nelle pessime condizioni dei convogli e della linea, laddove la motivazione ufficiale sarebbe invece legata a non meglio precisati furti di cavi di rame tra le stazioni di Teano e Vairano Scalo;
   a tale furto – sempre secondo quanto segnalano alcuni pendolari – sarebbero seguiti ipotetici e mai provati ripristini del materiale mancante. Tuttavia, alla luce del protrarsi dei pesanti ritardi, è lecito che sorga il dubbio che il materiale non sia mai stato sostituito o che la reiterazione dei furti sia causata da una cattiva sorveglianza degli impianti o, peggio ancora, ad una organizzazione dedita alla continua sottrazione di tali cavi;
   peraltro, occorre segnalare che l'inconferenza tra i fatti e la motivazione ufficiale è ulteriormente dimostrata dalla circostanza per cui i ritardi non sono omogenei, ma casuali (ad esempio il treno X viaggia con cinque minuti, il treno Y con due ore ed il treno Z in perfetto orario, pur circolando nella stessa fascia oraria sullo stesso percorso);
   nonostante gli impegni e l'elevato numero di pendolari, la sensazione dei cittadini è che si provveda a «stancare» gli utenti per costringerli ad adottare mezzi privati alternativi ed inquinanti, ben consci che né la regione Campania né la regione Lazio, a differenza di altri enti territoriali, chiederanno mai il pagamento delle dovute penali o impugneranno i contratti di servizio a causa dell'interruzione immotivata dei servizi stessi e di una gestione allegra degli orari –:
   quali siano i progetti per il pubblico servizio di trasporto passeggeri della rete ferroviaria tra le stazioni di Caserta e Cassino a vantaggio degli utenti dell'area denominata Terra di Lavoro (famosa anche per gli interramenti di materiale tossico);
   se, in considerazione del fatto che Trenitalia avrebbe annunciato l'intenzione di dismettere la tratta al fine di favorire la linea tirrenica AV, sia possibile avviare subito le procedure per l'individuazione di gestore alternativo per il servizio pubblico ferroviario in Terra di Lavoro;
   quale sia la destinazione a bilancio delle somme che Trenitalia recupera dalla soppressione di treni sulla tratta Caserta-Cassino;
   quali ulteriori informazioni sulla vicenda siano in possesso del Ministro interrogato e quali ulteriori intenzioni abbia il Governo, per quanto di sua competenza, al fine di migliorare le condizioni di viaggio di migliaia di cittadini pendolari.
(4-03129)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 1992 è entrata in vigore la legge per gli «Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa», legge n. 211 del 1992;
   nel 2000/2001 è stato completato il progetto preliminare dell'intera Linea C della metropolitana di Roma, con la definizione delle Tratte T1 e T2, da Tor di Quinto a Colosseo, il prolungamento della Tratta T6 a Tor Vergata (con annesso deposito intermedio di Tor Vergata), la diramazione C1 (da Teano a Ponte Mammolo) e la previsione dell'utilizzazione, come tratta T7, della ferrovia Roma-Pantano dal bivio di Torrenova a Pantano (con annesso deposito generale di Graniti);
   nel dicembre 2001 il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha disposto l'inserimento della Linea C nel 1° Programma delle infrastrutture strategiche, in base alla cosiddetta «Legge Obiettivo» (legge n. 443 del 2001);
   nel dicembre 2002 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il presidente della regione Lazio e il sindaco di Roma hanno sottoscritto l'atto aggiuntivo all'accordo procedimentale del maggio 2002, che prevedeva sia l'affidamento in gara (in un unico lotto) a contraente generale del cosiddetto tracciato fondamentale della Linea, individuato allora nelle tratte da T2 a T6, sia la copertura finanziaria – in aggiunta alle risorse già assentite sulle Tratte T4 e T5 – del costo di realizzazione delle Tratte T2, T3 e T6, per gli adempimenti di cui alla «Legge Obiettivo», al quale si prevedeva che concorressero per il 70 per cento il Governo nazionale, per il 18 per cento il comune di Roma, e per il 12 per cento la regione Lazio;
   nel luglio 2004 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il presidente della regione Lazio e il sindaco di Roma hanno stipulato il II atto aggiuntivo all'accordo procedimentale del 29 maggio 2002, con il quale hanno trovato definizione tutte le problematiche, relative all'intera Linea C, emerse nel corso dell'istruttoria effettuata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi del decreto legislativo 190/2002;
   nella seduta del 20 dicembre 2004 il CIPE, con delibera n. 105/2004, ha approvato in via definitiva il progetto della tratta fondamentale della Linea C (da Clodio/Mazzini a Pantano);
   nel maggio 2005 il consiglio comunale di Roma ha approvato un'apposita deliberazione, di rimodulazione di precedenti atti, che prevedeva un impegno complessivo pluriennale del finanziamento a proprio carico per complessivi 754,661 milioni di euro;
   nel maggio 2006, a poco più di un anno dalla pubblicazione del bando di gara, e ad appena due mesi e mezzo dall'aggiudicazione definitiva dell'opera, sono partiti i primi cantieri per sondaggi archeologici, che interessavano ben 34 siti, soprattutto nel centro storico della Capitale;
   in data 22 luglio 2010, a seguito della conferenza dei servizi del 23 ottobre 2009 e dell'istruttoria con tutti i soggetti interessati, il CIPE ha approvato, con delibera in corso di formalizzazione, il progetto definitivo della Tratta T3, da Colosseo a S. Giovanni, redatto dal contraente generale, prevedendo un ulteriore contributo statale per 84,2 milioni di euro, e che la giunta della regione Lazio ha approvato in data 24 luglio 2010 il finanziamento della propria quota di partecipazione per la Tratta T3;
   sembrerebbe che i costi per la realizzazione della Linea C abbiano subito, negli anni, un aumento notevolissimo, che allo stato ammonterebbe al 6,4 per cento rispetto alle cifre inizialmente previste –:
   a quanto ammonti ad oggi il costo dell'intera opera infrastrutturale e se non si intendano accertare sia i costi effettivi sostenuti per la esecuzione dell'intera tratta, sia i motivi che hanno causato la lievitazione degli stessi;
   quali siano i tempi previsti per il termine della realizzazione dei lavori;
   se non intenda porre in essere tutte le iniziative necessarie all'adempimento degli atti, al fine di analizzare l'effettiva possibilità dei soggetti interessati di ultimare l'opera, di grande utilità per la città, nei tempi previsti e senza ulteriori aggravi di costo a carico della collettività.
(4-03130)


   DI GIOIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di trasporto pubblico locale è sempre più carente e sottopone gli utenti a continui disagi e, nonostante gli interventi finanziari da parte dello Stato, la situazione in molte regioni italiane non sembra affatto migliorata;
   con l'articolo 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) è stato istituito il fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito, derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina;
   tale fondo si aggiunge al Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale;
   la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 273 del 2013, ha fatto chiarezza sul tema del trasferimento dallo Stato alle regioni delle risorse destinate al funzionamento dei servizi di trasporto pubblico locale, mettendo in evidenza gli obblighi che istituzioni ed enti hanno nei confronti del servizio di trasporto pubblico e delle aziende che lo erogano;
   i giudici della Corte hanno infatti riconosciuto che il vincolo di destinazione è lo strumento con cui lo Stato assicura il diritto alla mobilità dei cittadini che è un diritto tutelato dalla Costituzione;
   nella sentenza si afferma, inoltre, che il trasporto pubblico locale è un servizio essenziale per i cittadini, così come quello della sanità;
   tali premesse rendono incomprensibili e inaccettabili le giuste lamentele che, da più parti in Italia, si sollevano sull'inadeguatezza del servizio pubblico locale;
   ultima denuncia, in ordine di tempo, è quella di un folto gruppo di viaggiatori pendolari, per motivi di lavoro o di studio, che fanno presente le condizioni di estremo disagio che sono costretti a subire lungo la tratta Foggia-Campobasso;
   raccolte di firme, denunce pubbliche (riprese dalla stampa locale) non sono riuscite a sortire, sino a questo momento, alcun cambiamento;
   questa tratta collega tre regioni: la Puglia, la Basilicata e il Molise e rappresenta una direttrice strategica con un potenziale di utenti molto vasto;
   attualmente l'unico servizio di trasporto pubblico che serve questa tratta è part-time: funziona solo nei giorni feriali con sole due corse (una che arriva alle 8.00 e una che parte alle 14.10);
   la mancanza di una qualsiasi corsa serale costringe gli utenti a utilizzare il mezzo proprio o a risiedere presso il luogo di lavoro o di studio;
   questo accade soprattutto per gli studenti universitari che, pur potendo tornare a casa propria se ci fosse un servizio efficiente, sono costretti a soggiornare a Campobasso con la relativa maggiorazione dei costi per le famiglie –:
   se non si ritenga, nell'ambito delle proprie competenze e stante anche la sentenza della Corte costituzionale in merito ai diritti dei cittadini tutti di avere assicurato un servizio di trasporto pubblico locale efficiente, fare in modo che situazioni, come quelle dei pendolari della tratta Foggia-Campobasso, non abbiano più a ripetersi e che a questi cittadini, come ai pendolari di tutta Italia, sia destinato un servizio pubblico di trasporto locale degno di questo nome. (4-03138)


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in questi anni abbiamo assistito al progressivo degrado delle condizioni di viaggio su rotaie, con riferimento in particolare ai treni regionali: tempi di percorrenza sempre più lunghi, numero dei treni sempre più ridotto, aumento delle tariffe, deterioramento della qualità, dell'igiene e della sicurezza dei treni;
   è evidente che il rinnovo del parco macchine dei treni destinati al trasporto dei pendolari sia stato sacrificato per privilegiare scelte aziendali volte a potenziare lo sviluppo dell'alta velocità, motivo di vanto peraltro di una gestione manageriale che risulta fallimentare sotto tutti i punti di vista;
   al mancato rinnovo del parco macchine si somma la recente riprogrammazione degli orari e delle tratte che sta causando diverse problematiche sollevate dai pendolari; la criticità della situazione è ormai di dominio pubblico: in Toscana, a titolo di esempio, un quotidiano ha addirittura creato un blog sul quale sta raccogliendo quotidianamente ritardi e disservizi segnalati dagli stessi viaggiatori;
   in particolare sulla tratta Firenze-Roma, sono stati segnalati diverse criticità, tra cui le più preoccupanti sono:
   a) tratta Roma-Firenze:
    IC 581, 592 e 596 presentano materiali ormai vetusti, scarsa o spesso nulla pulizia, impianti di climatizzazione mal funzionanti;
   b) tratta Firenze-Roma:
    il regionale veloce 2305 in partenza da Firenze SMN alle 6:40, che impiegava meno di 4 ore per arrivare a Roma Termini, con il nuovo orario in vigore dal 15.12.2013 impiega 4h e 4 minuti per arrivare a Tiburtina dove interrompe la sua corsa, non proseguendo più per la stazione Termini e provocando quindi un ritardo permanente che rende impossibile ai lavoratori pendolari raggiungere per tempo il proprio luogo di lavoro senza inficiare la produttività lavorativa e le clausole contrattuali;
   il regionale sopracitato, oramai soprannominato dai pendolari «treno lumaca», da Orte a Roma impiega attualmente oltre un'ora in quanto viene instradato sulla vecchia linea dietro un regionale lento che ferma in tutte le stazioni e costringe il «regionale veloce» 2305, che a regime potrebbe raggiungere una velocità massima di 160 km/ora, a viaggiare a 50 km orari;
   il suddetto convoglio è utilizzato da centinaia di pendolari che dalla Toscana si recano nella capitale per motivi di lavoro e di studio, molti dei quali sono costretti ad usare mezzi alternativi al treno, in quanto a parità di orari disporrebbero solo delle frecce che, tuttavia, non effettuano fermate intermedie tra Firenze e Roma ed hanno costi proibitivi per un normale stipendiato o studente –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato rispetto a quanto espresso in premessa e se non ritenga necessario intervenire per favorire urgentemente, in collaborazione con la regione Toscana, un piano di risanamento del trasporto pendolari;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative perché il servizio ferroviario si svolga in condizioni normali, con la certezza degli orari, nel pieno rispetto del diritto alla mobilità, eventualmente condizionando lo stanziamento di risorse al rispetto di standard qualitativi. (4-03141)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   secondo dati della Divisione Analisi Sezione Minori della Direzione Centrale della Polizia di Stato, in Italia, al 30 giugno 2013, risultano 2.663 minori scomparsi, di cui 381 tra gli 0 e i 10 anni, 177 tra gli 11 e i 14 anni, 1.726 tra i 15 e i 17 anni. Di questi 674 sono italiani (181 tra gli 0 e 10 anni, 106 tra gli 11 e 14 anni, 288 di età compresa tra i 14 e i 17 anni), 1.979 sono stranieri (210 tra gli 0 e 10 anni, 332 tra gli 11 e 14 anni, 1.437 di età compresa tra i 14 e i 17 anni);
   il suddetto fenomeno va letto con attenzione: da fonti di polizia giudiziaria risulta che la maggior parte dei bambini che «scompaiono» rientra nella categoria dei cosiddetti allontanamenti volontari o delle sottrazioni operate dai genitori stessi; tale fenomeno è ovviamente differente da quello in cui un minore viene sequestrato o scompare nel nulla; sempre secondo fonti di polizia, circa il 20 per cento delle segnalazioni ricevute ogni anno rimane attuale;
   tale dato risulta comunque preoccupante: si tratterebbe di circa 200 minori effettivamente scomparsi nel 2012, e di circa 140 minori nei primi sei mesi del 2013;
   vi è un alto rischio che i suddetti minori siano oggetto di sequestri, omicidi, violenze e crimini aberranti, tanto più gravi se si considera che sono compiuti nei confronti di bambini;
   il Parlamento italiano prima, e il dipartimento della pubblica sicurezza poi, hanno assunto delle misure per contrastare il fenomeno: in particolare, nel 1996, a seguito dell'approvazione della legge n. 66 del 1996, il dipartimento della pubblica sicurezza ha avviato una serie di misure a tutela dei minori; in particolare, con il «Progetto Arcobaleno», sono state creati degli «uffici minori», presso le divisioni anticrimine di ogni questura, con compiti di «pronto soccorso» per le esigenze dei minori e delle famiglie in difficoltà, in stretto raccordo con altri enti ed organismi interessati (il tribunale per i minorenni, i servizi sociali dei comuni, le istituzioni scolastiche, gli enti e le associazioni di volontariato); nel 1998, con la legge n. 269 del 1998, presso le squadre mobili sono state istituite le sezioni specializzate nelle indagini sui reati in danno di minori; a livello centrale, è stata istituita una apposita unità organizzativa, collocata nell'ambito della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato – servizio centrale operativo, con il compito di monitorare le fenomenologie criminali nelle quali sono coinvolti i minori, sia vittime che autori di reato, le violenze sessuali e domestiche, la scomparsa e la tratta di minori, nonché le mutilazioni genitali femminili, con lo scopo di elaborare, successivamente, incisive strategie di contrasto; la sezione minori gestisce anche il sito www.bambiniscomparsi.it che pubblica le foto di bambini scomparsi, dietro richiesta dei o del genitore (o chi ne fa le veci) e l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria;
   in aggiunta a questo, in Italia è attivo da qualche anno il numero 116000, una linea telefonica del Ministero dell'interno gestirà da Telefono Azzurro, dedicata a chiunque voglia segnalare una situazione di scomparsa di un bambino o adolescente italiano o straniero;
   compito del 116000 è di rispondere 24 ore su 24 alle segnalazioni provenienti dal territorio nazionale relativamente a situazioni di scomparsa di minori e supportare le indagine delle autorità competenti attraverso accordi e procedure che Telefono Azzurro ha definito con le forze di polizia;
   in altri Paesi del mondo, sono stati creati dei sistemi innovativi particolarmente efficaci per il ritrovamento dei bambini scomparsi; tra questi l'Amber Alerte, esteso in tutto il territorio degli Stati Uniti a partire dal 2002 sotto la gestione del National Centre for Missing and Exploited Children (NCMEC), quindi adottato nel 2006 dalla Francia, nel 2008 dai Paesi Bassi, nel 2009 dall'Irlanda. Il sistema prende il nome dal caso di una bambina di 9 anni, Amber Hagerman che fu rapita ed uccisa dal suo sequestratore in Texas. Si tratta di una procedura computerizzata in virtù della quale si diffonde sul territorio nazionale l'informazione relativa alla scomparsa di un minore attraverso tutti i media elettronici disponibili: il sistema radio-televisivo, di telefonia mobile e la segnaletica stradale elettronica, comunicazione che potrebbe essere implementata estendendola alle praline elettroniche dei bus, nei timetable elettronici degli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, nelle comunicazioni pubblicitarie elettroniche scorrevoli di stadi o altri luoghi pubblici –:
   quali misure ulteriori il Ministero dell'interno intenda assumere per aumentare il ritrovamento dei minori scomparsi e se non ritenga opportuno valutare l'introduzione, anche, in Italia, dell’Amber Alert.
(2-00365) «Boccadutri, Aiello, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Migliore, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

Interrogazione a risposta orale:


   PIAZZONI, PILOZZI e ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine coordinata nell'ottobre scorso dalla dottoressa Barbara Sargenti, sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Roma contro un sodalizio di narcotrafficanti attivi in S. Basilio ha visto emergere il ruolo importante, come fornitori dello stupefacente, di elementi del clan ’ndranghetista Greco- Alvaro, stanziato in Ardea;
   da una recente inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Roma si legge, infatti, che: «È stato accertato, con costanti e specifici servizi, come la permanenza abituale del GALLACE Bruno nelle località del litorale pontino (territorio compreso tra Anzio-Nettuno e Ardea), per effetto della presenza massiva e ramificata di numerose famiglie appartenenti al medesimo “locale” costituito da diverse ’ndrine, garantisca una sorta d'immunità e tranquillità “ambientale” per la gestione degli affari illeciti»;
   la città di Ardea (Roma) è storicamente caratterizzata da infiltrazioni mafiose, poiché già negli anni Cinquanta vi si era insediato il boss Francesco Paolo Coppola, detto «Frank Tre Dita», e, tra la fine degli anni Novanta e il 2000, diverse indagini della procura distrettuale hanno individuato pericolose organizzazioni di narcotrafficanti che comprendevano anche esponenti della ’ndrangheta ivi residenti (vedasi le relazioni della Commissione parlamentare antimafia dall'XI alla XIV legislatura);
   la relazione annuale della DNA 2007 riferiva quanto segue: «Va inoltre segnalato che il Prefetto di Roma con decreto notificato il 22 febbraio 2006 istituiva una Commissione di accesso al comune di Ardea per verificare condizionamenti dell'amministrazione locale da parte della criminalità organizzata. Il 9 giugno 2006 la Commissione concludeva la sua attività, evidenziando una grande vulnerabilità dell'amministrazione locale nei settori di maggiore rilievo e la presenza sul territorio di soggetti contigui alla criminalità organizzata, ma non accertava il condizionamento dell'ente locale da parte di tali elementi;
   il prefetto pro-tempore di Roma, con lettera indirizzata al sindaco dell'epoca, 2 agosto 2006, affermava: «A seguito dell'attività svolta dalla commissione d'accesso, sono emersi concreti elementi di giudizio relativi alla percorribilità dell'ipotesi dello scioglimento di codesto ente locale, ex articolo 141 C1, lettera A del testo unico enti locali, (...) in particolare l'attività d'accesso ha evidenziato la convergenza di una pluralità di valutazioni su uno stato di perdurante illegalità dell'ente»;
   la missiva in questione faceva riferimento anche all'assenza nel comune di un P.R.G., strumento urbanistico che ancora oggi non risulterebbe in vigore;
   in relazione alla presenza della criminalità organizzata nel contesto territoriale in oggetto è opportuno ricordare inoltre che: la notte tra il 29 e il 30 maggio 2011 venivano assassinati, a colpi di pistola, in località Cecchina di Albano, Fabio Giorgi di Ardea e Rabii Baridi di Roma, nell'agguato rimanevano feriti anche altri soggetti; le indagini della procura distrettuale antimafia di Roma individuavano gli autori della strage in alcuni soggetti contigui al clan Santapaola da anni attivi tra Ardea e Pomezia; il 31 agosto 2011, venivano sequestrati, su richiesta della procura distrettuale di Reggio Calabria, numerosi beni al dottor Marcello Fondacaro, già condannato in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso in quanto sodale del clan calabrese dei Molè;
   il consigliere comunale di Ardea Luca Fanco (PdL), durante la seduta del consiglio comunale del 25 novembre 2013, leggeva quanto segue: «Le bugie hanno le gambe corte e a conferma di ciò si rammentano le telefonate e gli incontri dove venivano raccontati gli interessi tra l'attuale Sindaco Luca Di Fiori, dove in passato ricopriva la carica di Consigliere comunale e Presidente della Commissione Urbanistica e il Sig. Marcello Fondacaro, noto alle cronache per l'appartenenza alle cosche calabresi in relazione al maxi sequestro operato dall'antimafia in relazione alle stesse cosche presenti proprio nel territorio di Ardea. Si ricorda, Sindaco, del Residence del Fondacaro alla Nuova Florida?»;
   nella città di Ardea, negli anni passati, sono stati compiuti eclatanti delitti che sembrerebbero di stampo mafioso: in particolare, il 17 giugno del 2007 veniva assassinato il pregiudicato siciliano Michele Di Grazia e il 4 gennaio del 2008 veniva assassinato il pregiudicato Alessandro Tomi, già coinvolto nelle indagini per il delitto di Mario Guzzon; tra il 2009 e il 2010 venivano compiute numerose intimidazioni ai danni dei consiglieri del PdL Franco Marcucci e Nicola Tedesco nonché nei confronti del bar ristorante B Palace; nella notte tra il 6 e il 7 ottobre del 2012 un grave incendio distruggeva l'ufficio tecnico comunale; il 10 luglio 2013 la vettura del giornalista Luigi Centore di Ardea subiva un grave incendio doloso (si tratta del secondo episodio intimidatorio nei confronti del Centore), secondo quanto apparso dalla stampa nelle settimane precedenti venivano incendiate altresì le auto del sindaco di Ardea, Luca Fiori e del consigliere del PdL, Marcucci; la notte del 15 luglio 2013, due autovetture appartenenti a consanguinei del giornalista Luigi Centore sono state oggetto di incendi dolosi da parte di ignoti; nell'ottobre del 2013 veniva colpita da un nuovo attentato incendiario l'auto del presidente del consiglio comunale di Ardea e l'auto dell'ex comandante della stazione del CC di Tor San Lorenzo, Giustini; nel dicembre del 2013 il consigliere del PD Abate riceveva una lettera minatoria che lo invitava a dimettersi; nella notte tra l'11 e il 12 gennaio 2014 si è verificato un nuovo atto incendiario ai danni dell'automobile del consigliere Franco Marcucci –:
   se il Ministro in indirizzo sia al corrente di tali gravi fatti e se il prefetto di Roma intenda insediare una commissione d'accesso in seno al Comune di Ardea per verificare, ai sensi della normativa vigente, la presenza di condizionamenti da parte della criminalità organizzata. (3-00547)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO e SANTERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul web è attualmente attivo un sito denominato «radio islam» nel quale gli autori dopo essersi ambiguamente auto-definiti come «un'associazione apolitica, che agisce per promuovere maggiori e migliori relazioni tra l’“occidente” e il mondo arabo e islamico», e come un'associazione «contro tutti i tipi e forme di razzismo, contro ogni discriminazione basata sul colore della pelle, la fede religiosa e il gruppo etnico», affermano che «il sionismo internazionale, oggi, costituisce l'ultima ideologia razzista ancora vivente e lo stato sionista d'Israele l'ultimo luogo rimasto di «apartheid» nel mondo» e che Israele costituisce, per la sua sola esistenza, una completa provocazione ad ogni principio, regola e legge internazionale, e il razzismo ebraico una violazione di ogni etica e morale conosciuta dall'uomo»;
   ancor più gravi sono poi i contenuti del sito, dove si possono ravvisare delle vere e proprie liste di proscrizione di una serie di persone ritenute «ebrei influenti italiani», comprendenti coloro che secondo gli autori del sito rappresenterebbero il monopolio ebraico nei mass media in Italia, o i giornalisti e scrittori italiani che eserciterebbero un'influenza sionista nei media italiani, una lista di attori e registi dello spettacolo, nonché una lunga lista di professori universitari, definiti come «sayanim» ossia «persone liete di servire Israele, pur vivendo in uno Stato diverso da quello ebraico» secondo la traduzione offerta dal medesimo sito;
   il sito ospita altresì manifesti come quelli pubblicati anche da un altro sito, holywar.org, che a loro volta indicano una serie di persone che vengono definite come i «nazisti-ebrei, membri della cupola mafiosa ebraica italiana», e additati letteralmente come «gli schiavi di satana che vogliono la distruzione della chiesa cattolica» e contro i quali verrà condotta una guerra santa, essendo considerate «persone potenzialmente pericolose»;
   in generale, appare inaccettabile che su un sito web possano essere liberamente additati i nomi e cognomi di moltissimi cittadini italiani, ebrei e non, impegnati nel mondo della comunicazione, della politica, o semplicemente nella società italiana, perché «ritenuti persone potenzialmente pericolose»;
   in Parlamento è già stata depositata una proposta di legge, a prima firma dell'onorevole Santerini, che introduce una nuova normativa specifica per il linguaggio d'odio sul web;
   i contenuti di tale sito, secondo la valutazione del Governo secondo l'interrogante, possano essere riconducibili alle fattispecie previste dalla legge n. 205 del 25 giugno 1993, e successive modificazioni, cosiddetta legge Mancino, in particolare all'articolo 1 di tale legge, che si occupa della discriminazione per motivi, razziali, etnici o religiosi –:
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite della polizia postale intenda assumere in relazione al caso descritto in premessa;
   se e quali iniziative normative intenda assumere il Governo per sanzionare con maggior efficacia quelle ipotesi di reato già contemplate dalla cosiddetta legge Mancino, ma commesse attraverso il web. (5-01861)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'area dell'ex distilleria Romano, situata nel comune di Pomigliano d'Arco (Napoli) in corrispondenza dell'incrocio tra via san Giusto e via P.E. Imbriano, è una struttura in disuso da anni, ma è da tempo adibita a sito di discarica abusiva da parte di ignoti, così come più volte denunciato dal «Comitato abitanti» alle autorità locali (sindaco di Pomigliano d'Arco, Comando vigili urbani di Pomigliano d'Arco, Ufficio ambiente del comune di Pomigliano d'Arco, Ufficio igiene e sanità presso l'ASL di Pomigliano d'Arco, Comando dei carabinieri del comune di Pomigliano d'Arco);
   in particolare, all'interno di quest'area venivano nel tempo denunciati: a) lo sversamento illecito di rifiuti all'esterno della struttura, nello spazio antistante al cancello d'ingresso. Tuttavia, in seguito alle denunce, la società SNAM provvedeva con interventi mirati allo smaltimento degli stessi e al ripristino del decoro del luogo; b) la violazione della proprietà privata da parte di ignoti, che, rimuovendo sistematicamente catene e lucchetti apposti dalle autorità, si introducevano nella struttura asportandone tutto ciò che si poteva asportare al punto che, apparentemente, sono sopravvissute solo le strutture murarie; c) incendi all'interno dell'area per alcuni dei quali è stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco;
   nonostante l'impegno profuso dalle autorità, vi è comunque una fortissima preoccupazione nella cittadinanza, legata al fatto che le sopracitate pratiche illecite vengono reiterate e, anzi, l'area in questione è frequentata da personaggi poco raccomandabili. Ciò, evidentemente, ingenera negli abitanti della zona una sensazione di pesante insicurezza;
   peraltro, con una certa frequenza la popolazione nota automezzi entrare nella struttura stessa e scaricare rifiuti, materiali ingombranti e calcinacci che potrebbero contenere e nascondere rifiuti tossici o, comunque, essere pericolosi per l'ambiente e per le persone –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, sulla base delle rispettive competenze, di interessarsi affinché vengano adottate nuove misure idonee ed efficaci affinché atti vandalici ed illegali non possano più verificarsi, in particolare assumendo iniziative per impedire l'accesso all'interno dell'area dell'ex distilleria Romano a personaggi dediti ad attività illecite. (4-03128)


   ZARATTI, PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Aprilia (LT) registra un radicamento della criminalità organizzata come attesta – ex multis – la sentenza di condanna emessa dal tribunale di Latina il 16 novembre del 2012 a carico di Pasquale Noviello, per aver costituito un'associazione a delinquere di stampo mafioso riferibile al clan dei casalesi ed operativa tra Nettuno, Aprilia e zone limitrofe; secondo la mappa stilata dall'Osservatorio tecnico scientifico per la sicurezza e la legalità della regione Lazio sulla presenza dei principali clan criminali nel Lazio, risultano operanti sul territorio di Aprilia la ’Ndrina Alvaro e la ’Ndrina Nirta-Strangio; le relazioni della commissione parlamentare antimafia della decima, undicesima e quattordicesima legislatura, rilevavano la grave situazione della criminalità organizzata nella cittadina in oggetto in particolare nella relazione conclusiva del 2006 era scritto: «Sempre più evidente risulta la diffusione della criminalità nelle zone di Aprilia, Anzio e Nettuno in cui le radicate presenze di soggetti appartenenti a gruppi criminali di origine meridionale hanno rappresentato un fattore importante nella crescita della capacità criminale di aggregazioni locali dedite alle estorsioni e al traffico internazionale di sostanze stupefacenti»;
   il 16 settembre 2011 veniva data alle fiamme la vettura del direttore generale della Multiservizi di Aprilia Fabio Biolcati Rinaldi e il garage del direttore del personale della stessa azienda Ilvo Silvi; la notte del 30 marzo del 2012 veniva lanciata una bottiglia incendiaria contro il pub Beautiful Monster in Via Nettunense; il 19 agosto 2012 venivano esplosi diversi colpi di fucile contro l'abitazione dell'imprenditore Tesei e nel mese di luglio dello stesso anno veniva colpita da numerosi colpi di arma da fuoco l'auto del costruttore Pieralisi; nel gennaio del 2013 venivano date alle fiamme alcune auto della concessionaria Citroen Prezioso sita in Via Nettunense; il 6 novembre del 2013 veniva aggredito a colpi di spranga il consigliere comunale Pasquale De Maio, davanti alla sede municipale in piazza dei Bersaglieri ed il 23 dello stesso mese venivano esplosi diversi colpi d'arma da fuoco verso un bar gestito dal figlio del Consigliere comunale Giorgio Nardin; il 20 dicembre del 2013 venivano rinvenuti 10 proiettili calibro 9 x 19 mm innanzi all'abitazione dell'assessore alle finanze del comune d'Aprilia Antonio Chiusolo, la cui autovettura era stata fatta oggetto già il 26 agosto dello stesso anno, insieme a quella del coordinatore provinciale di Libera, di incendio doloso; in seguito a tali episodi di intimidazione l'Assessore alle finanze del Comune di Aprilia ha rassegnato le sue dimissioni dall'incarico –:
   quali iniziative siano state avviate o si intendano intraprendere per contrastare lo sviluppo e il radicamento delle organizzazioni criminali presenti nel territorio del comune di Aprilia e più in generale nella provincia di Latina;
   se non ritenga opportuno prendere provvedimenti atti a potenziare gli organici, le capacità e gli strumenti degli organi inquirenti e delle forze dell'ordine nella città di Aprilia e più in generale nella provincia di Latina con l'obiettivo di aumentare il controllo del territorio e implementare le attività di contrasto delle organizzazioni criminali. (4-03140)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 marzo 2013, n. 81 che ha modificato il decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, è stato istituito il percorso formativo abilitante speciale – PAS (TFA Speciale) per consentire l'accesso al corso, senza superamento di prove di selezione, a docenti precari con almeno tre anni di servizio ma sprovvisti della relativa abilitazione;
   successivamente, con decreto del Dirigente generale del dirigente generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 25 luglio 2013, n. 58, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – concorsi ed esami – il 30 luglio 2013, sono stati attivati i corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento e aperti i termini per la presentazione della domanda;
   la domanda di partecipazione ai percorsi formativi speciali, a pena di esclusione, deve essere inoltrata per una sola regione, a scelta dell'aspirante per una sola tipologia di posto o classe di concorso di cui alle tabelle A, C e D del decreto ministeriale n. 39 del 1998 e del decreto ministeriale 6 agosto del 1999, n. 201 (classe di concorso A077). L'istanza doveva essere trasmessa all'Ufficio scolastico regionale della regione prescelta attraverso la piattaforma Istanze on line http://archivio.pubblica.istruzione.it/istanzeonline/ del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2 al 29 agosto 2013 (salvo proroghe);
   tuttavia, nonostante il chiaro dettato delle norme sopraindicate, la situazione riguardo all'attivazione da parte delle università dei percorsi formativi abilitanti speciali appare non solo confusa ma anche disomogenea a livello territoriale;
   in tal senso, solo per citare alcuni esempi, in Liguria, l'università degli studi di Genova nell'anno accademico 2013/2014 sono a disposizione solo 185 sui 625 totali previsti nel triennio e per alcune classi di concorso i corsi saranno erogati solo nell'anno accademico 2015/2016;
   nel Lazio alcuni dipartimenti dell'università La Sapienza di Roma hanno chiaramente specificato attraverso avvisi pubblici che «alla Sapienza non saranno attivati i “PAS”, percorsi abilitanti speciali, noti anche come “TFA speciali”»;
   inoltre, la maggior parte delle università si sono dette non disponibili ad attivare i PAS per la scuola dell'infanzia, primaria, per le lingue ed i corsi di riconversione sul sostegno per le classi di concorso in esubero;
   la conferenza dei Direttori di Conservatorio ha avanzato dubbi sulla liceità del decreto che istituisce il PAS, e ha chiesto chiarimenti al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ad oggi, tali chiarimenti non risultano essere arrivati, pertanto l'attivazione dei PAS per la classe A77 è stata sospesa;
   sui PAS per le classi di concorso A31/32 non ci sono dubbi di liceità, ma avendo questi, alcune attività formative in comune con il PAS per la classe A77 si è preferito sospendere anche questi;
   vi sono docenti risultati idonei a partecipare ad un PAS per una specifica classe di concorso che non potranno parteciparvi nella propria regioni di appartenenza perché per quella specifica classe non è stato attivato il corso;
   gli uffici dell'USR Lombardia sono stati inondati oggi da reclami sulla mancata valutazione del servizio relativo all'anno scolastico 2012/13. L'USR ha quindi indicato in maniera ufficiale l'indirizzo al quale presentare il reclamo, per controllare le segnalazioni;
   quanto rilevato descrive uno stato di estrema incertezza e di disomogeneità tra ambiti territoriali nonché tra ambiti disciplinari, stato che ostacola gravemente la rapida applicazione di norme. Si rammenta, per altro, che, in vista dell'aggiornamento delle GI, ulteriore ritardo nell'avvio delle procedure, produrrebbe nuova incertezza e possibili contenziosi –:
   come intenda intervenire per affrontare tali posizioni di dilazione e indisponibilità al fine di garantire al personale scolastico interessato il diritto ad avere i citati corsi indispensabili per i loro percorsi professionali, ottemperando peraltro alle norme vigenti (Decreto ministeriale n. 81 del 2013 e nota 2352 del 30 ottobre 2013, DD n. 7/4/2012 e decreto-legge n. 104 del 2013);
   se non ritenga opportuno vigilare sul rispetto delle norme indicate e garantire ai lavoratori interessati gli indispensabili percorsi abilitanti senza ulteriori confusioni e incertezze assicurando una corretta gestione delle procedure con pari diritti in tutto il Paese.
(2-00366) «Carocci, Malpezzi, Raciti, D'Ottavio, Coscia, Coccia, Rampi, Piccoli Nardelli, Manzi, Ghizzoni, Nardella, Malisani, Orfini, Zoggia, Zampa, Gnecchi, Fioroni, Rotta, Manfredi, Rubinato, Sanga, Rughetti, Sbrollini, Narduolo, Rocchi, Rostan, Scanu, Vazio, Lodolini, Civati, Capozzolo, Carnevali, Murer, Fragomeli, Fabbri, Mariani, Bratti, Damiano, Cassano, Senaldi, Richetti, Epifani, Carrescia, Giacomelli, Dallai, Bellanova».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (U.N.A.R.), ente governativo istituito all'interno del Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ha approvato in data 29 aprile 2013 il documento denominato «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» (2013-2015);
   il documento, che contiene le linee guida per l'applicazione dei princìpi contenuti nella Raccomandazione CM/REC (2010) 5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o l'identità di genere, è stato adottato successivamente alle dimissioni del Governo Monti ed in regime di ordinaria amministrazione, senza essere stato sottoposto alla valutazione e al dibattito parlamentare, dopo, peraltro, che il precedente Governo, a guida Berlusconi, aveva espressamente ritenuto di non assumere alcun provvedimento per 31 marzo 2010;
   il documento è stato, inoltre, adottato omettendo la consultazione di tutte le parti sociali interessate, con specifico riguardo ai genitori ed ai docenti, violando secondo gli interpellanti in tal modo non solo il principio ribadito all'interno dello stesso documento (pagina 16) e relativo alla necessità di un coinvolgimento di «tutti gli attori della comunità scolastica, in particolar modo le seguenti categorie: gli studenti, i docenti e le famiglie», ma anche il principio previsto nella stessa Raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, – di cui è emanazione –, nella parte in cui invita espressamente gli Stati membri a «tenere conto del diritto dei genitori di curare l'educazione dei propri figli» nel «predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d'azione per promuovere l'uguaglianza e la sicurezza e garantire l'accesso a formazioni adeguate o a supporti e strumenti pedagogici appropriati per combattere la discriminazione» (Allegato VI Istruzione, n. 31); in realtà, come si evince dal decreto di costituzione del Gruppo nazionale di lavoro emanato in data 20 dicembre 2012 nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta, mentre si è ritenuto di limitare la partecipazione al gruppo di lavoro a ben ventinove associazioni LGBT;
   il medesimo documento contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1. Asse Educazione e Istruzione) per diffondere la teoria del gender nelle scuole, attraverso anche iniziative volte ad offrire ad alunni e docenti l'elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere; tutto questo attraverso l'attuazione di misure, che devono comprendere «la comunicazione di informazioni oggettive sull'orientamento sessuale e l'identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere»;
   il documento dell'UAR prevede espressamente, tra l'altro, l'obiettivo strategico di «ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT», di «garantire un ambiente scolastico sicuro e gay friendly», di «favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni», nonché di «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all'orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali», anche attraverso:
    a) la «valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT in merito alla formazione e sensibilizzazione dei docenti, degli studenti e delle famiglie, per potersi avvalere delle loro conoscenze» anche per «rafforzare il legame con le reti (LGBT) locali»;
    b) «la consultazione delle associazioni LGBT, così come avviene per il tema del contrasto della violenza sulle donne»;
    c) il «coinvolgimento degli Uffici scolastici regionali e provinciali sul diversity management per i docenti»;
    d) la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali», un probabile riferimento, ai tentativi di sostituire l'indicazione della paternità e maternità con i termini di genitore 1 e 2;
    e) l’«accreditamento delle associazioni LGBT, presso il Ministero dell'istruzione dell'Università e della Ricerca, in qualità di enti di formazione»;
    f) l’«arricchimento delle offerte di formazione con la predisposizione di bibliografie sulle tematiche LGBT e sulle nuove realtà familiari, di laboratori di lettura e di un glossario dei termini LGBT che consenta un uso appropriato del linguaggio»;
    g) la «realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT sullo sviluppo dell'identità sessuale nell'adolescente, sull'educazione affettivo-sessuale, sulla conoscenza delle nuove realtà familiari», formazione che «dovrà essere rivolta non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente della scuola (personale amministrativo, bidelli eccetera)»;
   dal canto suo, infine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aderendo alle sollecitazioni dell'UAR, ha avviato una campagna informativa attraverso la pubblicazione di sussidi didattici come quello «Tante diversità. Uguali diritti: Omofobia», l'attivazione del sito www.noisiamopari.it all'interno del sito del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltre che l'attivazione già nel 2013 di percorsi formativi sulle tematiche LGBT destinati alle figure apicali delle amministrazioni centrali (Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e USR) e locali;
   ad avviso degli interpellanti il citato documento e le modalità con le quali è attuato, non appaiono rispettosi delle «Linee di Indirizzo sulla partecipazione dei Genitori e Corresponsabilità Educativa», diramate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 22 novembre 2012, laddove prevedono il diritto dei genitori alla «corresponsabilità educativa» e costituiscano violazione delle disposizioni dell'articolo 30 della Costituzione italiana che garantisce e tutela il diritto dei genitori ad educare i propri figli, espropriando di fatto la famiglia – ambito privilegiato e naturale di educazione – del compito di formazione in campo sessuale e disconoscendo il fatto che la stessa famiglia rappresenti l'ambiente più idoneo ad assolvere l'obbligo di assicurare una graduale educazione della vita sessuale, in maniera prudente, armonica e senza particolari traumi;
   sempre ad avviso degli interpellanti sia il documento che la sua modalità di attuazione si pongono in palese contrasto con l'articolo 18 e con l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: il primo garantisce la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, i propri valori religiosi nell'educazione, mentre il secondo attribuisce ai genitori il diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli –:
   se non intenda approfondire l'effettiva conformità del citato documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)» e delle azioni messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto alla ratio del quadro costituzionale e normativo richiamato in premessa.
(2-00369) «Gigli, Dellai, Sberna».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 240 del 2010 il Parlamento ha riformato la materia dell'organizzazione delle università, del personale accademico e del relativo reclutamento, delegando il Governo ad emanare misure per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario;
   nelle intenzioni del legislatore il principio informatore della riforma è la promozione del merito, intesa sia come promozione della singola università in termini di ricerca competitiva sia, conseguentemente, come reclutamento del personale accademico;
   questi principi, mutuati dalla migliore esperienza internazionale, si sono tradotti in una profonda riforma dei sistemi di reclutamento del personale accademico;
   in primo luogo è stato abbandonato il cosiddetto localismo accademico indotto dalla previgente normativa, che – prevedendo l'indizione da parte di ogni singolo ateneo di concorsi universitari – permetteva il proliferare di ben noti fenomeni di «nepotismo»;
   in luogo dei concorsi locali è stato, quindi, previsto un sistema di abilitazione scientifica nazionale, che – una volta conseguita – permette ai singoli abilitati di prendere parte ai concorsi per chiamata indetti dai singoli atenei;
   in questo contesto è evidente che, se da un lato l'abilitazione scientifica certifica l'idoneità del candidato, dall'altro il singolo ateneo ne risulta responsabilizzato nella fase di reclutamento, atteso che alla scelta più felice conseguirà l'accrescimento del prestigio dell'ateneo stesso nel mondo scientifico e della ricerca anche in termini di capacità di attrarre finanziamenti pubblici e privati;
   questo spiega – a differenza di quanto previsto nel previgente sistema – l'espressa previsione di ricorrere nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale a parametri oggettivi e universalmente accettati dal mondo scientifico internazionale, quali gli indicatori bibliometrici;
   il decreto ministeriale 7 luglio 2012, n. 76, emanato in attuazione della delega di cui all'articolo 16 della legge n. 240 del 2010, prevede espressamente questi indicatori bibliometrici e aggiunge che «ottengono una valutazione positiva dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all'abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno due indicatori (...)»;
   su questi presupposti normativi, con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 20 luglio 2012, n. 222, è stata indetta la procedura per conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia per numerose aree disciplinari;
   con deliberazione dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) 13 agosto 2012, n. 64, sono state deliberate le mediane per la valutazione dei candidati;
   tuttavia, in spregio a tutto quanto fin qui considerato con riguardo all'oggettività della valutazione e del merito dei candidati, successivamente all'indizione delle procedura, con la circolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 11 gennaio 2013, n. 754, è stata data indicazione alle commissioni esaminatrici nel senso opposto alla ratio normativa riformatrice; la circolare, infatti, specifica che anche i canditati privi di indicatori bibliometrici superiori alle mediane avrebbero potuto conseguire l'abilitazione e, viceversa, non conseguirla candidati titolari di indicatori superiori alle mediane;
   la circolare, in sostanza, ha vanificato i principi informatori della riforma, accordando alle commissioni un potere discrezionale del tutto sganciato dai parametri oggettivi, quali sono gli indicatori bibliometrici;
   le improvvide indicazioni contenute nella circolare, non rispondenti alle previsioni di legge, ripristinano quelle discriminazioni, quelle incongruenze e, soprattutto, quei fenomeni nepotistici che la riforma intendeva debellare;
   in particolare, si deve rilevare che, con riferimento agli esiti della tornata 2013 per l'area concorsuale E/06, si registrano dati oggettivamente inspiegabili:
    a) su 96 candidati a professore di prima fascia, solo 28 (il 29 per cento) candidati sono risultati abilitati;
    b) su 193 candidati a professore di seconda fascia, solo 72 (il 37 per cento) candidati sono risultati abilitati;
    c) dei soggetti non risultati abilitati, 29/68 (il 43 per cento) di coloro i quali non hanno conseguito l'abilitazione in prima fascia e 40/121 (il 30 per cento) di coloro i quali non hanno conseguito l'abilitazione in seconda fascia erano titolari di indicatori bibliometrici superiori a tutte e tre le mediane concorsuali. D'altro canto, dei soggetti risultati abilitati, 5/28 (il 18 per cento) degli abilitati in prima fascia e 10/72 (il 14 per cento) degli abilitati in seconda fascia presentavano uno o due indicatori bibliometrici inferiori alle mediane concorsuali;
    d) in numerosi casi non risultano abilitati candidati altamente accreditati scientificamente a livello internazionale, titolari di indicatori bibliometrici quasi dieci volte superiori alle mediane concorsuali;
   il che risulta vieppiù inspiegabile sol che si consideri che gli stessi commissari avrebbero dovuto essere selezionati per il sol fatto di godere di indicatori bibliometrici superiori alle mediane concorsuali per professori di prima fascia;
   consta, inoltre, che quanto verificatosi nell'area concorsuale citata si sia replicato in varie altre aree concorsuali;
   vi è – in sostanza – qualcosa di più di un fondato timore che la nota circolare citata abbia legittimato un operato da parte delle commissioni esaminatrici tutt'altro che trasparente ed imparziale, gravemente dannoso per il futuro delle università italiane, considerandosi che quantomeno per i prossimi quattro anni (periodo di validità dell'abilitazione) buona parte della ricerca nazionale, così come accreditata e riconosciuta dal mondo scientifico internazionale, non potrà partecipare ai concorsi per chiamata dei diversi atenei, lasciando il campo libero a candidati pressoché ignoti alla comunità scientifica e della ricerca –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa per ristabilire i criteri di selezione dei docenti universitari legati effettivamente al merito e ad indicatori oggettivi accettati dalla comunità scientifica a fronte di rischi di arbitrarietà e nepotismo emersi, a parere degli interroganti, anche in queste procedure, specificando quali strumenti di indagine intenda adottare il Governo per accertare se l'operato delle commissioni esaminatrici nelle procedure di abilitazione anzidette sia stato improntato effettivamente ad incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario. (3-00549)


   LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, VACCA, D'UVA, BATTELLI, DI BENEDETTO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha prorogato fino al 31 dicembre 2013 le disposizioni recate dall'articolo 9, comma 23, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalle legge 30 luglio 2010, n. 122, comportando, di fatto, non solo il blocco degli automatismi stipendiali per il personale del comparto scuola, ma anche la restituzione forzosa della quota relativa agli automatismi di cui sopra, percepiti dagli aventi diritto a decorrere dal 2 gennaio 2013;
   la restituzione forzosa sancita dal decreto del Presidente della Repubblica di cui sopra è stata palesemente smentita solo per gli insegnanti, a mezzo stampa, dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'economia e delle finanze, ma non risulta chiaro come si procederà per le restanti categorie lavorative del comparto scuola;
   con nota del 7 gennaio 2014, protocollo 0000002, il dipartimento per l'istruzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca informa i direttori generali degli uffici scolastici regionali del blocco dell'erogazione del beneficio economico e del recupero delle somme erogate per la liquidazione del beneficio con decorrenza 1o settembre 2011, ed annualità successive, relative al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ata) di prima e seconda posizione economica;
   alla stessa stregua della vicenda riguardante i docenti prima menzionata, anche se determinata da norme differenti, la vicenda che coinvolge il personale amministrativo, tecnico e ausiliario manifesta una palese violazione degli articoli 2, 3 e 53 della Costituzione, in quanto si impone la restituzione forzosa di un diritto quesito, in quanto si tratta di una quota retributiva già entrata a far parte del patrimonio del lavoratore in qualità di corrispettivo relativo a prestazioni già rese, nell'ambito di un rapporto lavorativo già espletato;
   il Ministro interrogato, sulla vicenda del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, ha riferito agli organi di stampa che «anche il personale ata può stare tranquillo» –:
   con quali modalità normative e con quale tempistica il Ministro interrogato intenda risolvere le questioni riguardanti il personale docente e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto scuola sin qui descritti. (3-00550)


   CENTEMERO, CRIMI, LAINATI, PALMIERI, SANTELLI e PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il rettore dell'Università di Sassari, Attilio Mastino, nei giorni scorsi ha dichiarato a mezzo stampa il proprio appoggio incondizionato al candidato alla carica di governatore del Partito democratico alle prossime elezioni amministrative, Francesco Pigliaru;
   mediante frasi riportate da tutti i media, del seguente tenore: «sostengo con convinzione la candidatura di Francesco Pigliaru» e «lavorerò per mettere al sicuro il risultato elettorale», un rettore di un ateneo pubblico, frequentato da decine di migliaia di giovani studenti, ha pubblicamente messo da canto le funzioni di indirizzo, d'iniziativa e coordinamento delle attività scientifiche e didattiche, nonché la responsabilità del perseguimento delle finalità dell'ateneo di promozione del merito, per lanciarsi in una campagna elettorale che non dovrebbe certo rientrare tra le competenze di un'istituzione accademica;
   come se non bastasse, il sito istituzionale dell'ateneo di Cagliari, retto dal professor Giovanni Melis, con un link in evidenza sulla propria homepage www.unica.it, dedica addirittura una pagina intera a Francesco Pigliaru, trasformando, di fatto, un sito istituzionale in uno strumento di campagna elettorale e di rassegna stampa quotidiana dedicata al candidato di centrosinistra;
   non sarà sicuramente necessario ricordare ai magnifici rettori quanto statuito dalla normativa nazionale sul rispetto di equità, imparzialità e correttezza in materia di diffusione di opinioni politiche da parte di enti di pubblico servizio. Solo a titolo esemplificativo, si ricorda, tra gli altri, l'articolo 5 della legge n. 28 del 2000, che chiede particolare rigore nella tutela del pluralismo, dell'imparzialità, dell'indipendenza e dell'obiettività e contro situazioni di vantaggio per alcuna delle parti in competizione, anche mediante l'irrogazione (ex articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249) di sanzioni amministrative pecuniarie –:
   se il Ministro interrogato non reputi opportuno difendere l'onorabilità e l'imparzialità delle istituzioni accademiche sarde ed italiane in generale, se del caso coinvolgendo anche la competente autorità giudiziaria e comunque assumendo seri e definitivi provvedimenti nei confronti dei rettori Attilio Mastino e Giovanni Melis, che con i loro comportamenti ad avviso degli interroganti hanno, di fatto, abusato dei propri poteri per condurre una campagna elettorale tuttora in corso. (3-00551)


   SANTERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 della legge 4 novembre 2005, n. 230, prevede la figura del professore straordinario a tempo determinato «per realizzare specifici programmi di ricerca sulla base di convenzioni con imprese o fondazioni, o con altri soggetti pubblici o privati, della durata massima di tre anni, rinnovabili sulla base di una nuova convenzione», escludendo, quindi, la didattica e riconoscendo loro il medesimo trattamento giuridico ed economico dei professori ordinari con eventuali integrazioni economiche, ove previste dalla convenzione. L'articolo stabilisce, altresì, che i soggetti non possessori dell'abilitazione nazionale non possono partecipare al processo di formazione delle commissioni, né farne parte, e sono esclusi dall'elettorato attivo e passivo per l'accesso alle cariche di preside di facoltà e di rettore;
   alcune università – in particolare quelle telematiche – hanno utilizzato questa disposizione per assumere figure il cui curriculum non corrisponde al profilo prescritto dalla legge e ne hanno poi autorizzato, con delibere dei consigli di facoltà, l'impiego per la didattica;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base delle evidenti violazioni, ha vietato tale pratica, ma le università telematiche si sono opposte presentando il ricorso al tribunale amministrativo regionale;
   attualmente vi sono in servizio ben oltre 150 professori di questo tipo e pochissimi i docenti di chiara fama. Più precisamente, sarebbero 138 in atenei non statali (ma nessuno in Cattolica, Bocconi, Iulm, San Raffaele, Lumsa e Suor Orsola Benincasa), tra cui anche alcuni rinomati atenei non statali della capitale. Solo 19 in atenei statali –:
   quali urgenti iniziative, anche di tipo normativo, intenda adottare per porre fine ad una pratica che risulta in violazione delle disposizioni vigenti e rischia di penalizzare gli studenti, fornendo una didattica non all'altezza delle loro aspettative e non corrispondente agli standard di qualità garantiti da docenti che hanno ottenuto l'abilitazione nazionale. (3-00552)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COCCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 104 del 1992, all'articolo 42, ha stanziato fondi per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, in base agli importi qui di seguito riportati:
  «6. È autorizzata la spesa di lire 120 miliardi per l'anno 1992 e di lire 150 miliardi a decorrere dal 1993, da ripartire, per ciascun anno, secondo le seguenti finalità:
    c) lire 4 miliardi per il potenziamento dei servizi di istruzione dei minori ricoverati di cui all'articolo 12;
    d) lire 8 miliardi per le attrezzature per le scuole di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b);
    e) lire 2 miliardi per le attrezzature per le università di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b);
    f) lire 1 miliardo e 600 milioni per l'attribuzione di incarichi a interpreti per studenti non udenti nelle università di cui all'articolo 13, comma 1, lettera d);
    g) lire 4 miliardi per l'avvio della sperimentazione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera e);
    h) lire 19 miliardi per l'anno 1992 e lire 38 miliardi per l'anno 1993 per l'assunzione di personale docente di sostegno nelle scuole secondarie di secondo grado prevista dall'articolo 13, comma 4;
    i) lire 4 miliardi e 538 milioni per la formazione del personale docente prevista dall'articolo 14;
    l) lire 2 miliardi per gli oneri di funzionamento dei gruppi di lavoro di cui all'articolo 15;
   i suddetti fondi sono stati esclusivamente finalizzati all'integrazione scolastica, e riguardano un finanziamento permanente annuale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge;
   la legge n. 69 del 2000 ha stanziato ulteriori fondi, pari a circa 10 milioni di euro, per la formazione dei docenti e per progetti di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, con vincolo di destinazione per le finalizzazione appena dette;
   tali fondi stanziati dalla legge n. 69 del 2000, erano confluiti nell'ambito dello stanziamento previsto dalla legge n. 440 del 1997, con vincolo di destinazione all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità;
   l'articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, ha abrogato l'articolo 2 della legge n. 440/1997 concernente le priorità ed i criteri di ripartizione delle somme, fissati nell'annuale direttiva del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che pertanto i fondi per l'arricchimento dell'offerta formativa delle scuole sono rifluiti nel capitolo di bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca destinato al funzionamento delle istituzioni scolastiche;
   tuttavia, tale norma nulla dice circa i fondi della legge n. 69 del 2000 che è una norma speciale, la quale fissa un preciso vincolo di destinazione e che non può essere abrogata da una norma generale;
   inoltre, nulla risulta innovato per quanto concerne la legge n. 104 del 1992 ed i fondi da essa destinati agli alunni con disabilità ed agli interventi ad essi collegati;
   ciononostante, nel bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, negli anni 2012 e 2013, non compaiono più detti fondi rivenienti dalla legge n. 69 del 2000 né dalla legge n. 104 del 1992 e non si rilevano corrispondenti voci di bilancio relative alle finalità sopradette;
   le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari temono che con ciò si verifichi un arresto pericolosissimo nel processo di integrazione scolastica del nostro Paese –:
   quali siano le ragioni per le quali, con un mero atto amministrativo, sono stati cancellati dal bilancio fondi fissati per legge, a tutela del diritto costituzionalmente garantito all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità e cosa intenda fare per ripristinare detti fondi con predetto vincolo di destinazione. (5-01862)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'interno dell'istituto tecnico industriale L. Cobianchi di Verbania è organizzato un corso di studio della scuola superiore SUS (scienze umane e sociali) che dalla sua istituzione nel 1973 risulta essere un percorso formativo di eccellenza per tutto il territorio della provincia del Vco;
   l'offerta formativa di tale corso ha saputo negli anni formare professionisti nel campo del welfare, tanto da richiamare studenti anche al di fuori del territorio provinciale, specificatamente dalla provincia di Varese;
   il richiamato corso di studi ha sviluppato grazie alla sinergia tra il corpo docente e la dirigenza scolastica numerosi progetti innovativi e di spessore culturale, tra i quali occorre ricordare il progetto Cobipad presentato a Roma nel 2012;
   gli ultimi anni scolastici hanno registrato un notevole incremento delle iscrizioni all'istituto Cobianchi, anche in ragione dell'elevata qualità formativa garantita;
   nelle scorse settimane l'amministrazione provinciale del Verbano Cusio Ossola ha deliberato per lo spostamento delle classi prime del richiamato corso di studi in altra struttura (specificatamente all'interno del Liceo Cavalieri) per un massimo di 7 aule, in contrasto con le indicazioni pervenutegli dagli organismi scolastici preposti ed in assenza del coinvolgimento del comune di Verbania (peraltro oggetto di commissariamento prefettizio);
   tale spostamento è stato giustificato con la necessità di affrontare la problematica del sovraffollamento dell'istituto Cobianchi;
   il corpo docenti è concorde nell'affermare che tale misura individuata dalla provincia del Verbano Cusio Ossola, oltre a non incidere minimamente sulla problematica del sovraffollamento mette a forte rischio la continuità formativa del corso che si troverebbe a partire dal mese di settembre diviso in due strutture diverse, con notevoli disagi sia per quanto riguarda l'organizzazione logistica che la possibilità di dare continuità a progetti innovativi ed importanti quali ad esempio Cobipad;
   in questi giorni si sono raccolte sul territorio della provincia del Verbano Cusio Ossola più di 3.000 firme contro questo spostamento, con la contestuale formazione di un comitato comporto da docenti, studenti e famiglie legate al corso SUS –:
   se ritenga di intervenire predisponendo una verifica volta a fare chiarezza sulla scelta intrapresa affinché possa essere garantito il necessario diritto allo studio degli alunni del corso SUS del Cobianchi di Verbania mantenendo inalterati gli elevati livelli formativi fino ad oggi garantiti all'interno della struttura del cobianchi;
   se, anche per il tramite dell'ufficio scolastico regionale, possa convocare un tavolo di confronto tra le parti interessate dal richiamato provvedimento volto a favorire una rapida e positiva risoluzione della vicenda. (4-03133)


   BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 dicembre 2013, facendo seguito alle richieste di numerosi cittadini, l'interrogante si è recato personalmente a Castellaneta (TA) per verificare le condizioni dei principali edifici scolastici cittadini. La situazione che ha riscontrato è stata alquanto preoccupante:
    a) nel plesso «Mater Christi», nato per ospitare un asilo nido ma ancora oggi inadeguato alle esigenze di una scuola d'infanzia, mancano sia una mensa che bagni all'interno delle sezioni;
    b) nella scuola dell'infanzia «Spineto Montecamplo», in alcune aule, cadono gocce d'acqua piovana e calcinacci dal soffitto mentre in altre sono presenti evidenti danni strutturali su tutte le pareti;
    c) l'interrogante ha anche visitato strutture fatiscenti o abbandonate come l'istituto «Collodi». Tale istituto è stato inspiegabilmente devastato da un incendio solo qualche giorno dopo la visita;
   la realtà di una sola città è citata per denunciare la tristemente nota situazione disastrosa dell'edilizia scolastica nel nostro Paese;
   solo pochi giorni fa (7 gennaio) uno studente di 17 anni, originario di Campi Salentina e residente a Veglie, in provincia di Lecce, ha trovato la morte a scuola, dopo un volo di quindici metri dopo aver messo i piedi su una copertura che non ha retto al suo peso lasciandolo precipitare per oltre 15 metri;
   episodio che si aggiunge all'altrettanto tristemente noto crollo di un controsoffitto al Liceo classico «Dettori» di Cagliari del novembre 2013 –:
   quali provvedimenti urgenti di propria competenza il Ministero stia programmando per risolvere definitivamente l'annosa problematica dell'edilizia scolastica italiana. (4-03137)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   TINAGLI, ANTIMO CESARO e ANDREA ROMANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 dicembre 2013, nel corso del Consiglio dei ministri è stata presentata l'informativa inerente «Interventi urgenti a sostegno della crescita», in cui sono previste misure di accelerazione dell'utilizzo delle risorse della politica di coesione;
   lo scopo della manovra, così come dichiarato dal Ministro per la coesione territoriale è quello di accelerare la spesa delle diverse politiche di coesione territoriale legate al ciclo dei fondi europei 2007-2013. Essa consente, da un lato, di ridurre i rischi di perdita delle risorse europee la cui spesa va certificata entro il 31 dicembre 2015 e, dall'altro, di dare impulso a misure antirecessive e di promozione dello sviluppo nelle regioni del Mezzogiorno, particolarmente colpite dalla crisi economica e occupazionale;
   nella riprogrammazione delle risorse sono previsti 700 milioni di euro che serviranno per la decontribuzione a sostegno dell'occupazione giovanile, femminile e dei lavoratori più anziani. Inoltre, verrà sperimentata una misura per il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali anche in deroga, compresi i lavoratori socialmente utili;
   300 milioni di euro saranno destinati alle famiglie in grave stato di povertà attraverso il rafforzamento dello strumento per l'inclusione attiva (sia), che prevede forme di sostegno del reddito e politiche attive volte a favorire l'inserimento scolastico dei minori e l'inserimento lavorativo degli adulti;
   nell'ambito delle misure a sostegno all'occupazione per il rafforzamento della misura di decontribuzione per l'occupazione giovanile l'importo programmato è pari a 150 milioni di euro, mentre per il rafforzamento degli interventi per l'occupazione femminile e per i lavoratori più anziani l'importo programmato è pari a 200 milioni di euro. Per evitare il prolungarsi della permanenza dello stato di disoccupazione di individui che hanno perso da tempo una precedente occupazione è stato programmato – sempre nell'ambito dei 700 milioni di euro del piano di azione e coesione – un importo di 350 milioni di euro in favore della ricollocazione di lavoratori disoccupati (inclusi i beneficiari di ammortizzatori sociali e lavoratori socialmente utili) –:
   attraverso quali misure e strumenti il Ministro interrogato intenda utilizzare l'importo programmato in favore della ricollocazione di lavoratori disoccupati e se non ritenga urgente destinare una quota cospicua al neonato fondo per le politiche attive del lavoro e intraprendere, quanto prima, le misure necessarie per attivare e diffondere lo strumento del contratto di ricollocazione. (3-00553)


   BUONANNO, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo costituisce il finanziamento per la realizzazione di progetti di accoglienza da parte degli enti locali in seno al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati: vi possono accedere comuni, unioni di comuni, province - anche in forma di consorzio - in partenariato con le realtà del privato sociale. Questo fondo copre le spese finalizzate ad accogliere i rifugiati presenti nel nostro Paese che godono di protezione umanitaria. Il costo sostenuto dallo Stato per ogni rifugiato ammonta a ben 35 euro al giorno, circa 1.000 euro al mese;
   la crisi economica che ha investito il nostro Paese ha fatto emergere in tutta la sua gravità le profonde criticità nella gestione pubblica delle risorse finanziarie. È palese come sia inaccettabile che lo Stato spenda per la protezione umanitaria dei rifugiati politici presenti nel nostro Paese circa 35 euro al giorno, mentre le persone affette da grave disabilità hanno un sostegno economico che ammonta a meno di 15 euro giornalieri;
   se, da un lato, l'accoglienza è da sempre peculiarità dei popoli europei e può essere declinata in uno dei valori fondamentali sui quali si fonda la nostra tradizione, dall'altro lato è inaccettabile, in particolar modo in questo periodo di congiuntura economica, che i cittadini realmente bisognosi di aiuti vengano completamente abbandonati dallo Stato e nel migliore dei casi riescano a sopravvivere solo grazie alle proprie famiglie –:
   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare al fine di aumentare le risorse finanziare destinate alla presa in carico delle persone diversamente abili, anche, là dove necessario, stornando le risorse necessarie da quelle destinate all'assistenza dei rifugiati che godono di protezione umanitaria. (3-00554)


   VELO, BELLANOVA, GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, PARIS, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni - contrassegnati da una profonda e duratura crisi economica, che ha comportato gravi ricadute sui livelli occupazionali del Paese - i contratti di solidarietà hanno rappresentato un efficace, anche se limitato, strumento di preservazione di attività produttive a rischio di chiusura e di salvaguardia dei posti di lavoro;
   tali contratti, infatti, costituiti da accordi stipulati tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali, hanno ad oggetto la diminuzione dell'orario di lavoro e della retribuzione al fine di evitare procedure di licenziamento; questa particolare forma di ammortizzatore sociale costituisce una preziosa risorsa di tutela del reddito, che merita di essere sostenuta al fine di attenuare la portata di una congiuntura economica negativa, che solo ora mostra i primi segnali di rallentamento e che sta ancora riversando i suoi effetti sul mondo del lavoro;
   gli interventi legislativi adottati dal 2009 a oggi hanno tenuto conto di questa esigenza, stabilendo – oltre al finanziamento della misura – che l'ammontare del trattamento di integrazione salariale dei contratti di solidarietà fosse incrementato nella misura del 20 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario: il contributo erogato veniva conseguentemente aumentato dal 60 per cento all'80 per cento;
   l'articolo 1, comma 186, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), recentemente entrata in vigore, ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
   la disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato – nella misura del 10 per cento – che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
   tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
   si rende necessario un ulteriore intervento in materia di contratti di solidarietà, con l'obiettivo di incrementarne l'ammontare del trattamento di integrazione salariale, con particolare riferimento a quello dei lavoratori con redditi più bassi –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare il reddito dei lavoratori interessati dai contratti di solidarietà, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale, tengano conto delle esigenze dei lavoratori con redditi bassi. (3-00555)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'amianto è stato utilizzato fino agli anni ’80 prioritariamente nella coibentazione di edifici, tetti, navi e treni e come materiale da costruzione per l'edilizia, utilizzato per fabbricare tegole, pavimenti, tubazioni, vernici o canne fumarie;
   in seguito all'accertamento della sua natura altamente nociva e cancerogena si sono costituite numerose imprese impegnate nella bonifica dall'amianto e nello smaltimento dello stesso;
   in Italia la produzione e la lavorazione dell'amianto sono state dichiarate fuori legge all'inizio degli anni ’90, quando la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha stabilito le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto;
   la legge 27 marzo 1992, n. 257, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all'estrazione e alla lavorazione dell'asbesto, ha previsto le prime disposizioni in favore dei lavoratori esposti all'amianto, introducendo diversi benefici per essi, consistenti sostanzialmente in una rivalutazione contributiva del 50 per cento ai fini pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale nocivo;
   in particolare, tale beneficio è stato previsto: per i lavoratori di cave e miniere di amianto, a prescindere dalla durata dell'esposizione, per i lavoratori che abbiano contratto una malattia professionale asbesto-correlata in riferimento al periodo di comprovata esposizione e per tutti i lavoratori che siano stati esposti per un periodo superiore ai 10 anni;
   i danni derivanti dall'esposizione all'amianto, tuttavia, hanno colpito anche lavoratori molto giovani, che non avevano ancora maturato il citato requisito di dieci anni di esposizione, ma sui quali i danni sono ancora peggior, perché sono in parte stati resi inabili al lavoro, rimanendo al contempo esclusi dai benefici per l'accesso pensionistico previsti dalla citata legge;
   sarebbe opportuno valutare l'introduzione di un criterio che permetta di calcolare il requisito temporale dell'esposizione all'amianto differentemente a seconda dell'età del lavoratore –:
   quali iniziative intenda assumere rispetto alle tematiche esposte in premessa e se non ritenga opportuno valutare una modifica normativa al fine di introdurre un criterio di riequilibrio rispetto al mero requisito temporale, prevedendo che esso sia legato all'età anagrafica del lavoratore.
(3-00556)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2012 sono stati captati abusivamente stralci di conversazioni a casa dell'onorevole Nunzia De Girolamo;
   della persona che si è resa responsabile di tali abusive registrazioni viene sottolineato lo «spessore delinquenziale» ed evidenziato il pericolo che lo stesso «metta la sua esperienza amministrativo delinquenziale al servizio di altre persone e ai danni di enti pubblici» da parte del giudice che ne ha disposto la misura cautelare per il delitto di peculato e per una pluralità di truffe e tentativi di truffa ai danni della ASL; tale soggetto potrebbe avere manipolato gli stralci delle registrazioni effettuate al fine di alzare una cortina fumogena che potesse celarne le malefatte;
   tale vicenda risulta gravissima sotto il profilo etico e giuridico e costituisce una palese lesione del diritto alla riservatezza tutelato dalla Carta Costituzionale;
   il comportamento posto in essere ai danni dell'onorevole De Girolamo risulta ancora più grave alla luce del fatto che, pur non emergendo alcun profilo penalmente rilevante a carico del Ministro, molti organi di informazione hanno riversato nelle loro colonne trascrizioni di frasi decontestualizzate abusivamente captate dando luogo a pesanti strumentalizzazioni politiche –:
   come il Ministro interpellato intenda tutelare non solo la sua immagine ma, e soprattutto, le basi dello stato di diritto, nei confronti del soggetto che ha posto in essere la condotta di cui in premessa.
(2-00370) «Costa».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni, la pubblicazione di intercettazioni ambientali non autorizzate, a seguito di una inchiesta sulla ASL di Benevento che coinvolge l'ex direttore amministrativo della Asl Felice Pisapia, ora sottoposto a un provvedimento di dimora obbligatoria a Salerno, ha rivelato l'esistenza di una serie di incontri in cui l'attuale Ministro, Nunzia De Girolamo, all'epoca deputato e responsabile provinciale del PDL, con i vertici dell'azienda sanitaria locale e persone di sua fiducia, affrontava alcune questioni riguardanti l'appalto per il servizio 118, l'ubicazione di presidi e strutture della Asl e i controlli da effettuare in alcuni ospedali;
   Felice Pisapia è indagato per truffa e peculato per centinaia di migliaia di euro sottratti dalle casse dell'azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori; con le registrazioni clandestine, Pisapia vorrebbe dimostrare di essere stato solo un ingranaggio di un sistema;
   sebbene, ad oggi, gli investigatori della guardia di finanza sottolineano che dagli atti non emerga nulla di penalmente rilevante a carico del Ministro De Girolamo, è tuttavia evidente che laddove le circostanze messe in luce dalle registrazioni venissero confermate da successive indagini, queste mostrerebbero comportamenti decisamente inopportuni dal punto di vista politico e rivelerebbero da parte del Ministro una gestione sconveniente di un ufficio territoriale della Asl, vale a dire un presidio di sanità pubblica;
   del resto lo scenario descritto dal gip Flavio Cusani parla dell'esistenza di «un direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni forma di legge che si occupava in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell'Asl»;
   peraltro negli scorsi mesi il Parlamento attraverso le competenti Commissioni parlamentari ha in più di una occasione, con atti formali, richiamato il Ministro ad un forte impegno istituzionale per riordinare le modalità organizzative e operative delle strutture ministeriali, degli enti e delle società controllate, attraverso la valorizzazione delle risorse interne e il contenimento degli incarichi e delle consulenze a soggetti esterni all'amministrazione; da ultimo tale orientamento è stato espresso nel parere che la Commissione Agricoltura della Camera dei deputati ha reso sul disegno di legge di assestamento 2013 in relazione allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   in particolare i parlamentari hanno chiesto al Ministro di attenersi ad una stringente applicazione della spending review tenendo conto della situazione generale del Paese ed in particolare della crisi che attanaglia il comparto agricolo ed agroalimentare, tale da non consentire alcuno spreco;
   anche le notizie di stampa confermerebbero una moltiplicazione degli incarichi negli enti e nelle società vigilate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e una discutibile gestione dei commissariamenti dei medesimi enti –:
   quali siano le valutazioni del Ministro interpellato sulla vicenda descritta e quali siano state le motivazioni che hanno determinato il suo intervento poco trasparente nelle specifiche questioni, esposte in premessa, contribuendo ad orientare importanti decisioni di interesse pubblico riguardanti l'organizzazione dell'Asl di Benevento;  
   quali interventi urgenti e tempestivi il Ministro interpellato intenda adottare per adeguarsi agli standards richiesti dallo stesso Governo per attuare la spending review e per valorizzare il personale interno del Ministero evitando nomine pletoriche e arbitrarie.
(2-00371) «Oliverio, De Maria, Anzaldi, Fiorio, Taricco».

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   DADONE, COZZOLINO e TONINELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   nella graduatoria stilata nel dicembre 2013 dall'associazione Transparency International, l'Italia è posizionata al sessantanovesimo posto su 175 con riguardo al Perception corruption index, una sorta di classifica mondiale della corruzione che sintetizza in un unico indicatore le valutazioni di 13 organismi indipendenti; prima del nostro Paese si sono classificati Stati quali Cuba, il Ghana, il Ruanda e la Namibia, solo per fare alcuni esempi. Tra gli Stati europei l'Italia risulta addirittura terzultima, a pari merito con la Romania e seguita esclusivamente da Bulgaria e Grecia;
   la corruzione in Italia, oltre che come fenomeno di malaffare e come elemento di discredito dell'immagine internazionale del nostro Paese, si configura sempre di più come uno dei fattori strutturali che rallenta la crescita economica del nostro PIL. La Corte dei conti ha stimato in circa 60 miliardi di euro annui il costo della corruzione, una cifra enorme che vale da sola come diverse leggi di stabilità e si traduce in una enorme zavorra che il nostro sistema economico e sociale subisce: nessuna economia può reggere un tale costo, che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;
   la lotta all'illegalità, alla corruzione, alla «mal amministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità;
   per contrastare i rilevanti fenomeni della corruzione nel nostro Paese, nel 2012 è stata approvata la legge n. 190, cosiddetta «anticorruzione» e istituito l'organo competente, la CIVIT; i tentativi di rimaneggiamento di quelle norme sono stati diversi, alcuni andati in porto, altri no, sta di fatto che la CIVIT, pur mutando l'acronimo in ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), ha mantenuto intatte le sue competenze; il decreto-legge n. 101 del 2013 ha stabilito, però, una nuova composizione dell'organo, 5 componenti, uno dei quali Presidente, in luogo dei 3 previsti per la «vecchia» CIVIT;
   la proposta di nomina del Presidente dell'organo spetta al Ministro interrogato, di concerto con i rappresentanti di altri due dicasteri, mentre la proposta di nomina dei componenti spetta esclusivamente al Ministro interrogato, in entrambi i casi è disposto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi;
   le proposte di nomina del Presidente e dei componenti avrebbero dovuto essere formulate entro lo scorso mese di novembre;
   secondo il rapporto stilato dall'ANAC medesima, il primo anno di vita della legge n. 190 mette in evidenza che l'applicazione della nuova normativa anticorruzione non è stata accompagnata da particolare solerzia all'interno delle le pubbliche amministrazioni, soprattutto con riguardo alle nomine, che languono, dei responsabili anticorruzione, intorno ai quali ruotano tutte le misure di prevenzione contro il malaffare e che devono predisporre e adottare i piani triennali anticorruzione, il cui termine risulterebbe essere la fine di questo mese –:
   quando intenda adempiere, per quanto di sua competenza, al disposto normativo citato in premessa. (5-01860)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MICHELI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le imprese che operano nel settore della preparazione dei lubrificanti, costituiscono un comparto molto dinamico che ha scommesso sul futuro dei prodotti che non impiegano materie prime derivate dal petrolio, sostenendo importanti investimenti in ricerca e sviluppo;
   l'articolo 81, comma 16, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successivamente modificato dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, prevede una addizionale IRES «di 6,5 punti percentuali per i soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro e che operano nei settori di seguito indicati:
    a) ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
    b) raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;
    c) produzione, trasmissione e dispacciamento, distribuzione o commercializzazione dell'energia elettrica;
    c-bis) trasporto o distribuzione del gas naturale»;
   nel caso di soggetti operanti anche in settori diversi da quelli di cui alle lettere a), b) e c), la predetta disposizione si applica qualora i ricavi relativi ad attività riconducibili a tali settori siano prevalenti rispetto all'ammontare complessivo dei ricavi conseguiti;
   si tratta della cosiddetta Robin Tax, una tassa sulla valorizzazione automatica delle scorte petrolifere in base alla quale i petrolieri sono tenuti a far emergere la plusvalenza realizzata dagli stock comprati a basso prezzo da sottoporre poi all'Ires, ovvero l'imposta proporzionale sul reddito delle società, che risulta così maggiorata;
   la nozione di «oli lubrificanti» non è univocamente definibile, in quanto esistono diverse categorie di lubrificanti di varia origine, minerali, naturali vegetali e animali, sintetici di varia natura, ed altri ancora;
   la sopra citata disciplina rischia, quindi, di colpire indistintamente tutti i produttori in quanto né il legislatore, né il Ministero competente hanno provveduto a fornire una definizione di «oli lubrificanti» puntuale o, ancor meglio, non hanno chiarito che sono ragionevolmente esclusi i cosiddetti prodotti «green» o quelli con una bassa percentuale di derivati dal petrolio –:
   se e quale iniziativa urgente intenda assumere al fine di chiarire che la disposizione indicata in premessa, nel citare i soggetti che operano nel settore della produzione o commercializzazione degli «oli lubrificanti» si riferisce esclusivamente agli «oli minerali lubrificanti» classificati con la tariffa doganale da codice 2710 19 81 a codice 2710 19 99. (5-01859)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2013 è stata diffusa la notizia della nomina del commissario straordinario della Casa Divina Provvidenza (CDP) di Bisceglie (BT), in Puglia, sede principale delle opere di Don Pasquale Uva, fondata nel 1922, con Unità Alzheimer, Centri di riabilitazione, residenze sanitarie e istituti ortofrenici;
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 60 del 10 aprile 2013, di concerto con il Ministero della giustizia, ha adottato il «Regolamento recante determinazione dei requisiti di professionalità ed onorabilità dei commissari giudiziali e straordinari delle grandi imprese»;
   il predetto decreto ministeriale all'articolo 2, secondo comma, prevede che: «I commissari straordinari sono scelti, secondo criteri di professionalità e di competenza, tra:
    a) persone iscritte da almeno cinque anni negli albi degli avvocati che hanno esercitato per uguale periodo l'attività professionale, maturando una specifica competenza nel settore delle procedure concorsuali, ovvero della programmazione, ristrutturazione o risanamento aziendale;
    b) persone in possesso di diploma di laurea in materie giuridiche che hanno maturato una esperienza complessiva di almeno cinque anni nell'esercizio di:
     1) funzione di amministrazione o di direzione presso imprese pubbliche o private aventi dimensioni comparabili con quelle dell'impresa insolvente;
     2) funzioni dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni aventi attinenza con il settore di attività dell'impresa insolvente e che comportano la gestione di rilevanti risorse economico-finanziarie;
     3) funzioni di curatore, commissario giudiziale, commissario liquidatore o commissario straordinario di procedure concorsuali che hanno comportato la gestione di imprese di dimensioni comparabili con quelle dell'impresa insolvente –:
   quale sia il metodo utilizzato dal Ministero per predisporre la «rosa di candidati» ed i requisiti per i quali è stato scelto l'attuale commissario straordinario della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie (BT). (4-03134)


   PASTORELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti, una società assicurativa, operante in Italia, denominata «Donau», a fronte di una negatività negli andamenti tra premi e sinistri, ha recentemente posto in essere una serie di iniziative gravemente pregiudizievoli degli interessi dell'utenza, oltreché degli intermediari assicurativi coinvolti;
   la compagnia, infatti, ha elaborato degli elenchi di polizze per le quali la compagnia indica agli agenti un divieto di rinnovo e/o stipulazione di nuovo contratto; tale fenomeno interessa diffusamente tutte le agenzie, con punte che raggiungono anche il 30/40 per cento dell'intero portafoglio;
   tale politica commerciale, con annessi divieti di assunzione, risulta esercitata in modo particolare nel meridione d'Italia;
   detta compagnia impone, dunque, ai propri agenti di allontanare una quantità particolarmente rilevante di subagenti e collaboratori, procedendo a chiusure di agenzie e a revoche di mandati agenziali in numeri, modi e metodi assolutamente lesivi dei diritti dei lavoratori;
   nei confronti degli agenti italiani detta compagnia sembrerebbe aver assunto condotte ed atteggiamenti antisindacali;
   tali condotte, peraltro, stanno arrecando un grave pregiudizio ai consumatori, privati arbitrariamente della possibilità di ottenere il rinnovo delle loro polizze, in aperta violazione di quanto stabilito dall'articolo 132 del codice delle Assicurazioni;
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa;
   se il Ministro, di concerto con le conferenti sigle sindacali, non ritenga opportuno chiarire con la stessa Donau la portata dei fatti di cui in premessa e verificare le condotte della società stessa alla luce di quanto descritto in premessa.
(4-03139)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Mongiello e altri n. 1-00276, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Amoddio.

  La mozione Martella e altri n. 1-00310, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Amoddio, Basso.

Pubblicazione di un testo riformulato, apposizione di firme e modifica dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

Si pubblica il testo riformulato della mozione n. 1-00308, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 150 del 13 gennaio 2014, che deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Dorina Bianchi, Cimmino, Buttiglione, Minardo, Vignali, Garofalo, Piso, Bosco e Pizzolante e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Benamati, Dorina Bianchi, Cimmino, Buttiglione, Martella, Basso, Bini, Cani, Civati, Del Basso De Caro, Donati, Folino, Galperti, Ginefra, Impegno, Mariano, Montroni, Nardella, Peluffo, Petitti, Portas, Senaldi, Taranto, Minardo, Vignali, Garofalo, Piso, Bosco, Pizzolante».

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi finanziaria, economica e successivamente industriale che ha coinvolto le principali economie occidentali negli ultimi cinque anni ha duramente provato il tessuto industriale e manifatturiero italiano;
    secondo il rapporto «Competitività» della Commissione UE (25 settembre 2013), l'Italia rischia un processo «di vera e propria deindustrializzazione», con l'indice della produzione industriale che «ha perso 20 punti percentuali dal 2007»; tale evoluzione è attribuita dalla Commissione sia alla riduzione dell'attività dovuta al rallentamento economico, sia alla chiusura di numerosi impianti in alcuni settori industriali di base (petrolchimica, siderurgia e biocombustibili);
    l'industria manifatturiera italiana rappresenta il 15,5 per cento del valore aggiunto complessivo generato nell'economia italiana, un dato leggermente al di sopra della media Ue (15,3 per cento), con forti presenze in settori dal profilo tecnologico più contenuto come l'abbigliamento, la metallurgia, il legno, mentre la quota dei settori più innovativi appare più ridotta rispetto a quella di altre economie europee;
    secondo dati Unioncamere sulla natalità e mortalità delle imprese, l'aumento dei fallimenti delle imprese, nel terzo trimestre del 2013, ha trascinato ai minimi da 10 anni il saldo tra aperture e chiusure di aziende;
    dal punto di vista dell'occupazione i dati complessivi sono i più alti degli ultimi trent'anni mentre particolarmente preoccupante resta il dato sulla disoccupazione giovanile superiore al quaranta per cento;
    se il processo di deindustrializzazione sta accelerando le prospettive di rischio irreversibile di decadenza economica del made in Italy, uno dei temi di maggiore impatto è quello della delocalizzazione delle nostre attività produttive: basti pensare ai numerosi trasferimenti o aperture di aziende o società italiane non solo in paesi dell'est Europa ma anche in Svizzera, scelta solo apparentemente contraddittoria, in quanto questo paese offre numerosi vantaggi strutturali che vanno dal carico fiscale contenuto (20 per cento circa sull'utile), al riconoscimento di tutti i costi aziendali giustificati; al costo del lavoro vantaggioso; all'organizzazione burocratica ed amministrativa semplice e snella; alla buona posizione strategica servita da autostrade, linee ferroviarie e aeroporti; alla strutturale predisposizione all'internazionalizzazione delle imprese;
    colpisce la sparizione dal mercato o il passaggio in mani estere di numerosi marchi storici del made in Italy nel comparto della moda e del lusso come dell'agroalimentare la cui proprietà è stata acquisita da imprenditori spagnoli, francesi, russi, cinesi e così via;
    anche le vicende Telecom, Alitalia e Finmeccanica sono gli ultimi tasselli di un processo di depotenziamento industriale che registra ritmi sempre più rapidi e che rischia di incidere profondamente sul complesso del sistema Italia;
    con il decreto-legge n. 21 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2012, si è intervenuti in materia di poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori strategici, al fine di adeguare le norme italiane alle indicazioni comunitarie; sulla base delle indicazioni della Commissione europea, tali poteri possono essere esercitabili se riguardanti taluni limitati settori strategici e fondati su motivi di interesse generale, quali l'ordine e la sicurezza pubblici; per quel che riguarda i movimenti di capitali e la tutela delle istituzioni finanziarie, le deroghe ammesse non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali;
    le nuove norme prevedono la facoltà di dettare specifiche condizioni o di impedire l'acquisto di partecipazioni e di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie; le disposizioni degli Stati devono rispettare un principio di proporzionalità, strettamente connesso all'obiettivo perseguito; tuttavia, la nuova disciplina prevede l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o pubbliche;
    per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea ha adottato una Comunicazione con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve, comunque, essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su «criteri obiettivi, stabili e resi pubblici» e se è giustificato da «motivi imperiosi di interesse generale». Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione europea ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico;
    il decreto-legge n. 21 del 2012 prevede, altresì, che la nuova disciplina sia attuata mediante decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Presidente della Repubblica, cui è demandato il compito di individuare le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali, individuare la tipologia di atti o operazioni infragruppo esclusi dall'ambito della nuova disciplina, le modalità di esercizio dei poteri speciali e l'individuazione di eventuali ulteriori disposizioni attuative;
    ad oggi sono stati adottati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 2012, n. 253, e il regolamento che individua le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza, mentre si sta procedendo alla redazione di tre schemi di decreto del Presidente della Repubblica, nei quali sono individuati le attività nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, da escludere, definendo le relative procedure per l'attivazione dei poteri speciali e sono individuate le procedure per l'attivazione dei poteri speciali nei settori della difesa e sicurezza nazionale;
    nel programma di Governo presentato dal Premier Enrico Letta sono centrali il rilancio della competitività e il sostegno alle imprese; tali impegni sono stati confermati nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri con le quali è stata chiesta e ottenuta la fiducia alle Camere l'11 dicembre 2013; il Governo ha chiesto alle forze che lo sostengono un patto per il 2014 volto ad attuare rilevanti obiettivi: il rilancio degli investimenti pubblici, la riduzione delle imposte, un clima favorevole agli investimenti e all'attrazione nel nostro Paese di capitali esteri; il taglio dei costi energetici, nuove politiche di competitività industriale a sostegno di imprese e piccole e medie imprese sempre più innovative, digitalizzate e internazionalizzate;
    un'ulteriore dato congiunturale è rappresentato dalla restrizione del credito delle banche verso il sistema produttivo; Confindustria ha segnalato una possibile ulteriore riduzione valutabile attorno al 10 per cento per il 2014; nel mese di ottobre 2013 è stato presentato il programma Cosme, il nuovo programma dell'Unione europea per la competitività e l'innovazione 2014-2020; con un bilancio di 2,3 miliardi; Cosme è uno strumento di finanziamento che continua in larga misura le attività dell'attuale programma quadro 2007/2013 per la competitività e l'innovazione (Cip). Il programma si rivolge a imprese, soprattutto piccole e medie imprese, che beneficeranno di credito e capitali di rischio che altrimenti non sarebbero riuscite a ottenere e ad aspiranti imprenditori che desiderano creare una propria impresa;
    anche nei fondi regionali europei 2014/2020 e nel programma per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione «Orizzonte 2020» vi saranno molti più fondi per il finanziamento delle piccole e medie imprese. Per il futuro la Banca centrale europea, che ha già aperto consistenti linee di credito a favore delle piccole e medie imprese, avrà un ruolo sempre maggiore, anche grazie alla ricapitalizzazione di 10 miliardi di euro attuata a marzo 2013, che consente un effetto di leva fino a 180 miliardi di euro di nuovi investimenti;
    pur in un quadro che rimane altamente problematico e negativo però, secondo le rilevazioni dell'Istituto Markit, nell'ultimo scorcio del 2013, il settore manifatturiero europeo ha chiuso ai livelli massimi da oltre due anni e in tale positivo contesto l'Italia ha giocato un ruolo importante nel trainare la ripresa;
    l'indice destagionalizzato Markit Eurozone Manufacturing Pmi, che raccoglie indagini svolte presso 3000 aziende considerando variabili su vendite, occupazione, scorte e prezzi è aumentato per il terzo mese consecutivo a dicembre attestandosi a 52.7, in salita da 51.6 di novembre;
    un risultato sopra la soglia di 50 punti indica una fase di espansione economica, che ha riguardato tutta la seconda metà dell'anno; per l'ultimo trimestre il settore ha registrato la performance migliore in due anni e mezzo, in linea col tasso di crescita trimestrale della produzione di circa lo 0.6 per cento;
    il miglioramento delle condizioni operative generali è stato stimolato dalla forte e più veloce crescita nei Paesi Bassi, in Germania, Irlanda e Italia;
    per quanto riguarda l'Italia, in particolare, l'indice, che ha raggiunto 53,3 punti da 51,4 e ha segnato il valore più alto da aprile 2011, testimonia il forte miglioramento dello stato di salute del settore manifatturiero, con un incremento più veloce dei nuovi ordini, le esportazioni che sono in crescita ad un tasso rimasto invariato rispetto a quello di novembre, il più alto in 32 mesi;
    non è peraltro un mistero che la tenuta del comparto manifatturiero italiano attraverso questa crisi pluriennale, ed in presenza di un mercato interno in forte contrazione di domanda, sia stata principalmente garantita dal settore che maggiormente opera verso l’ esportazione e che questo oggi guidi anche l'avvio di ripresa;
    l'ancora lieve tendenza alla ripresa costituisce un segnale importante per l'Italia se essa sarà in grado di guardarsi alle spalle senza infingimenti e vedere le disastrose conseguenze di quello che può essere considerato il primo vero grande processo di deindustrializzazione dell'economia nazionale, in quanto profondamente diverso per qualità e misura dalle molte crisi industriali, anche gravi, che il nostro Paese ha attraversato dal dopoguerra a oggi;
    analizzare quale Paese sia oggi l'Italia dopo tali possenti e radicali processi di destrutturazione dell'apparato produttivo, che ha funzionato per decenni come fulcro della crescita del Paese, è essenziale per fondare la crescita su nuovi, più moderni, tecnologicamente avanzati ed ecosostenibili assi di sviluppo;
    per fare ciò è indispensabile accedere in maniera sempre maggiore alle più avanzate ricerche e conoscenze in ambito scientifico e tecnologico valorizzando al contempo il capitale prezioso delle risorse umane soprattutto nel campo della formazione, quali serie premesse alla messa in campo di nuove politiche industriali e produttive all'altezza della sfida dei tempi che verranno;
    il manifatturiero, profondamente innovato e guidato dalle nuove generazioni che si affacciano alla guida di tutti i settori del nostro Paese, deve rimanere il perno dell'identità dell'Italia nel mondo;
    le imprese italiane possono e debbono essere messe in condizione di poter competere nel campo fertile della ricerca e della conoscenza, perché in esse viene effettuata la maggior parte della ricerca, di base e applicata, e perché lo stesso fare e produrre, propongono miglioramenti e soluzioni innovative nei processi e nei prodotti;
    la conoscenza, infatti, non rimane confinata dentro il settore manifatturiero, ma si diffonde all'intero sistema economico attraverso i rapporti tra imprese e il progresso tecnologico direttamente incorporato nei beni manufatti che vengono utilizzati negli altri settori come strumenti di produzione;
    le aziende italiane possono e debbono essere messe in condizione di continuare a competere efficacemente anche nei grandi settori della tradizione italiana, il gusto la moda e la qualità, proteggendole dai dilaganti fenomeni della contraffazione e delle pratiche commerciali scorrette che tanto affliggono i prodotti nazionali;
    per tutto questo serve una nuova politica industriale, basata su scelte strategiche di settori prioritari di intervento, su nuove e rafforzate politiche attive per il sistema manifatturiero (fra le misure più urgenti quelle per ampliare l'accesso al credito, per la riduzione del costo dell'energia, per rafforzare il processo di riduzione del carico fiscale sul costo del lavoro, per favorire l'internazionalizzazione) ma anche azioni di semplificazione burocratica tese a creare un ambiente più favorevole alla ripresa dell'attività economica e ad attrarre capitali dall'estero (azioni che vanno dalla riduzione degli adempimenti amministrativi, all'abbattimento delle cosiddette «tasse occulte», alla certezza dei tempi e delle procedure), nell'ottica più generale di una progressiva ripresa di competitività del nostro sistema industriale e del nostro paese;
    in questo quadro, quindi, risulta essere di assoluta rilevanza il ruolo del pubblico, sia con l'attività propulsiva del Governo, esercitabile mediante la politica industriale e l'intervento nelle situazioni di crisi aziendali, sia attraverso l'impresa direttamente partecipata dallo Stato da utilizzarsi non solo come mera presenza sociale ma anche come leva strategica in settori particolarmente rilevanti e di grande interesse nazionale;
    l'attuale Governo, sin dal suo insediamento, ha mostrato una particolare attenzione a queste tematiche, attraverso l'emanazione di numerosi provvedimenti in materia, l'ultimo dei quali è il decreto-legge n. 145 del 2013, cosiddetto «destinazione Italia», attualmente all'esame della Camera;

impegna il Governo

   a dare massima priorità a quanto previsto dal proprio programma in materia di rilancio della competitività, degli investimenti pubblici, di sostegno alle imprese, di riduzione delle imposte sulle imprese, del cuneo fiscale e dei costi energetici;
   ad attuare un programma nazionale di politica industriale che punti al rafforzamento del sistema produttivo ed all'innalzamento della competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali;
   a sviluppare ulteriori misure atte alla concessione di nuovo credito alle aziende ed a favorire percorsi di aggregazione e crescita societaria anche favorendo un graduale avvicinamento ai mercati ed alla quotazione da parte delle società e delle imprese;
   ad adottare tutte le misure necessarie per consentire il pieno utilizzo delle risorse comunitarie destinate al sostegno, al rilancio ed alla competitività delle imprese, in particolare tenendo conto delle possibilità offerte dal programma Cosme dell'Unione europea, avviato nell'ottobre 2013 e relativo al periodo 2014-2020 per la competitività e l'innovazione delle piccole e medie imprese;
   ad attuare la strategia energetica nazionale articolata sull'efficienza e sul risparmio energetico, sulla diversificazione delle fonti, su uno sviluppo coordinato che preveda la riduzione dell'uso dei combustibili fossili, e il contestuale sviluppo delle fonti rinnovabili, secondo modalità che non producano incrementi del costo dell'energia per famiglie e imprese, sul potenziamento delle infrastrutture, anche con la prospettiva del mercato unico europeo dell'energia, al fine di consentire una sensibile riduzione dei costi energetici per il sistema industriale;
   a procedere con decisione sulla via della semplificazione amministrativa, così da creare un clima favorevole per le imprese esistenti e incentivare la creazione di nuove e attrarre investimenti esteri;
   per quanto riguarda la tutela delle produzioni nazionali, a promuovere le iniziative necessarie in sede comunitaria per rafforzare le normative in materia di anti contraffazione e «made in» con una nuova norma che introduca l'obbligo di indicazione di origine per tutti i prodotti per i quali non esista già una regolamentazione specifica in materia;
   a rafforzare le misure di riduzione del costo del lavoro sulle imprese e sui lavoratori contenute nella legge di stabilità per il 2014, in modo da incrementare l'occupazione e i redditi disponibili;
   a realizzare politiche che consentano al sistema produttivo di recuperare competitività sui mercati internazionali, sviluppando nuove tecnologie, processi, prodotti, servizi e sistemi che possano offrire interessanti sbocchi occupazionali e di crescita economica;
   a riorganizzare il sistema degli incentivi alle imprese, orientando le risorse pubbliche verso la realizzazione di grandi progetti di ricerca e innovazione industriale, anche tramite importanti interventi di domanda pubblica innovativa;
   a rilanciare la competitività di alcuni attori strategici nazionali quali, ad esempio, Finmeccanica ed in particolare Ansaldo Breda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e Breda Menarini;
   ad operare nel caso di Alitalia, seppure con gli strumenti concessi dalla natura di soggetto privato della compagnia, affinché non venga meno un grande vettore aereo che ha nell'Italia la sua base logistica di riferimento e la cui presenza appare fondamentale per un Paese che ha nel turismo e nella manifattura due capisaldi della propria economia;
   a completare rapidamente l'attuazione del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 convertito con modificazioni dalla legge 11 maggio 2012 n. 56 così da esercitare i poteri speciali per tutelare l'interesse nazionale in caso di passaggio di proprietà straniera di importanti aziende italiane che possiedono reti strategiche, come nel caso di Telecom Italia, a tal fine anche valutando la possibilità di rivedere l'attuale disciplina dell'OPA, e garantendo in ogni caso che l'eventuale passaggio non costituisca un depauperamento del sistema economico e produttivo nazionale;
   a valutare la possibilità di modificare il Testo unico della finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) nel senso rafforzare i poteri di controllo della Consob nell'accertamento dell'esistenza di situazioni di controllo di fatto da parte di soci singoli o in concerto tra loro, tenendo conto delle indicazioni parlamentari già espresse con la mozione n. 1-00160, firmata da tutti i gruppi parlamentari e approvata dal Senato della Repubblica il 17 ottobre 2013.
(1-00308) (Nuova formulazione) «Benamati, Dorina Bianchi, Cimmino, Buttiglione, Martella, Basso, Bini, Cani, Civati, Del Basso De Caro, Donati, Folino, Galperti, Ginefra, Impegno, Mariano, Montroni, Nardella, Peluffo, Petitti, Portas, Senaldi, Taranto, Minardo Vignali, Garofalo, Piso, Bosco, Pizzolante».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Rondini n. 1-00227 del 30 ottobre 2013;
   mozione Gallinella n. 1-00274 del 3 dicembre 2013;
   mozione Mongiello n. 1-00276 del 5 dicembre 2013;
   mozione Franco Bordo n. 1-00277 del 6 dicembre 2013;
   mozione Zaccagnini n. 1-00278 del 9 dicembre 2013;
   mozione Faenzi n. 1-00279 del 9 dicembre 2013;
   mozione Dorina Bianchi n. 1-00280 del 9 dicembre 2013;
   mozione Dorina Bianchi n. 1-00302 del 13 gennaio 2014.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Busin n. 5-01815 dell'8 gennaio 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Binetti n. 5-01836 del 9 gennaio 2014.