Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 3 dicembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    sport ricopre un ruolo sociale fondamentale, riconosciuto anche dal libro bianco sullo sport dell'11 luglio 2007 presentato dalla Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo COM(2007)391 che ha messo al centro il tema dell'inclusione, della sostenibilità, delle pari opportunità per lo sport per tutti;
    il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1o dicembre 2009 ha riconosciuto lo sport come un settore di competenza dell'Unione europea (UE) in cui essa può sostenere, coordinare e integrare le attività dei suoi Stati membri. Promuovendo una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva, nonché la creazione di posti di lavoro, lo sport contribuisce anche al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Esso ha inoltre effetti positivi sull'inclusione sociale, l'istruzione e la formazione, nonché sulla salute pubblica e l'invecchiamento attivo;
    lo sport nei Paesi europei è cambiato ed è cambiata la domanda di pratica sportiva da parte delle donne;
    nel 1985 l'Unione italiana sport per tutti (Uisp), associazione di sport che ha l'obiettivo di estendere il diritto allo sport a tutti i cittadini, in quanto lo sport per tutti è un bene che interessa la salute, la qualità della vita, l'educazione e la socialità e per questo deve essere meritevole di riconoscimento e di tutela pubblica, ha presentato la Carta dei diritti delle donne nello sport, per promuovere le pari opportunità tra uomini e donne nella pratica sportiva;
    nel 1987 il Parlamento di Strasburgo ha fatto propria la Carta dei diritti delle donne nello sport per invitare i Paesi europei a mettere in atto azioni per la promozione dello sport tra le donne e nel contempo diversi comuni e province hanno approvato una propria Carta dei diritti delle donne nello sport, per cercare di mettere in pratica azioni concrete per le pari opportunità;
    la Carta dei diritti delle donne ha avuto uno sviluppo e una rivisitazione, grazie al lavoro di Uisp e di altre associazione europee, per evidenziare la trasformazione, i cambiamenti della domanda di sport e per includere le esigenze di una Europa allargata ad altri Paesi e culture;
    la nuova proposta di Carta dei diritti delle donne nello sport elaborata dalla Uisp in collaborazione con altri partner europei nell'ambito del progetto «Olympia – Equal opportunities via and within Sport» è indirizzata da tutti gli operatori sportivi, alle associazioni ed organizzazioni sportive, alle istituzioni, ai Paesi della Unione europea, tifoserie e media, ed è stata presentata al Parlamento europeo il 25 maggio 2011;
    a tutt'oggi, la nuova Carta non è stata ancora approvata dal Parlamento europeo, nonostante l'interesse e l'impegno di diverse parlamentari italiane e non solo;
    a distanza di quasi 30 anni dalla presentazione della prima Carta, nonostante i progressi e l'incremento della partecipazione delle donne nella pratica sportiva e motoria, permangono delle differenze in termini di pari opportunità, sia per quanto riguarda il coinvolgimento delle donne in ambito dirigenziale, di «leadership» nelle società sportive, nelle federazioni, nelle associazioni, sia per quanto riguarda la persistenza di stereotipi di genere nella pratica sportiva;
    i più recenti dati Istat disponibili (indagine Multiscopo 2011 utilizzati da TANGOS Tavolo nazionale per la governance nello sport) evidenziano che rispetto agli anni ’90 la quota di praticanti è cresciuta tra le donne, ma che l'aumento della pratica femminile è sostanzialmente dovuto alle bambine di 6-10 anni, alle donne tra i 45 e i 54 anni e a quelle nella fascia tra i 60 e i 64 anni. Prendendo i dati dei praticanti in modo continuativo nella fascia di età tra i 20 e i 44 anni le sportive sono intorno al 20 per cento contro l'oltre 30 per cento dei coetanei maschi. Il divario massimo di circa il 24 per cento è nella fascia tra i 20 ed i 24 anni;
    la stessa indagine evidenzia che i sedentari, cioè coloro che non svolgono alcuna attività sportiva ma nemmeno una qualche attività fisica nel tempo libero sono il 39,8 per cento tra gli uomini e ben il 44,4 per cento tra le donne;
    utilizzando un'altra fonte, i dati dell'Eurobarometro del 2010, è interessante osservare come le donne italiane (dai 15 ai 54 anni) citino la «mancanza di tempo» quale causa della mancata pratica sportiva in misura maggiore rispetto alla media europea;
    la Carta riconosce: i diritto delle donne e degli uomini ad avere le stesse opportunità di praticare sport in tutte le età, condizioni, senza distinzioni di provenienza sociale e culturale, in ambienti sani e che rispettino la dignità umana; il diritto di donne e di uomini ad avere pari opportunità nella partecipazione ai processi dirigenziali a tutti i livelli delle associazioni e federazioni e ad essere rappresentati in maniera equa nei diversi organismi dirigenziali e in tutti i ruoli decisionali e di potere del mondo dello sport; il diritto di donne e uomini a praticare diversi sport a qualsiasi età e sviluppare competenze nell'ambito dello studio dello sport e della pratica motoria, affinché senza distinzione di genere sia possibile ad entrambi sviluppare il proprio impegno sportivo durante tutto l'arco della vita; il diritto di donne e uomini ad un pari trattamento a tutti i livelli e in ogni campo delle scienze sportive affinché possano diventare membri delle comunità scientifiche e influenzare teorie, metodi e sistemi di ricerca anche nel mondo dello sport; il dovere degli insegnanti di educazione fisica, degli educatori sportivi, degli allenatori e delle altre figure educative che lavorano nelle diverse sedi e agenzie formative di combattere le discriminazioni di genere nello sport e di adottare ed implementare i principi dell'uguaglianza di genere e di valorizzazione delle differenze. Donne e uomini, nell'esprimere la propria attitudine sportiva ai massimi livelli, devono avere le stesse opportunità, anche attraverso un'equa distribuzione delle risorse, degli investimenti e degli incentivi economici destinati alla promozione dello sport di alto livello; donne e uomini devono, inoltre, avere le stesse opportunità nel manifestare ed esprimere la propria passione sportiva di tifose e tifosi e partecipare alla vita associativa dei gruppi organizzati di tifoserie. Il tifo femminile deve essere rispettato e le donne devono avere l'opportunità di ricoprire ruoli di responsabilità nei gruppi e non essere considerate semplicemente spettatrici, anche attraverso una rappresentazione da parte dei media rispettosa delle differenze e che attribuisca ai risultati delle atlete una visibilità equa rispetto a quelli conseguiti dai colleghi maschi;
    nel mese di dicembre 2013 è in programma a Vilnius un appuntamento europeo promosso dalla Commissione europea cultura e sport per fare il punto sull'attività sportiva delle donne nei Paesi della Unione europea. Obiettivo della conferenza è discutere una proposta relativa a una strategia specifica sulla parità di genere e lo sport per il 2015-2020 da prepararsi a cura di un gruppo di esperti delle organizzazioni sportive governative e non governative. La conferenza si concentrerà su temi quali la parità di genere nelle posizioni di responsabilità, sulle modalità per promuovere la partecipazione delle ragazze e delle donne allo sport, sulla prevenzione della violenza e delle molestie sessuali nello sport nonché sull'eliminazione degli stereotipi di genere a valenza negativa,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in tutte le sedi istituzionali europee affinché la nuova Carta europea delle donne nello sport presentata il 25 maggio 2011 sia al più presto approvata;
   a recepire nell'ordinamento italiano la Carta dei diritti delle donne nello sport approvata nell'ambito del progetto «Olympia» e presentata al Parlamento europeo il 25 maggio 2011 predisponendo tutte quelle iniziative economiche e normative necessarie affinché vi sia una effettiva promozione delle pari opportunità nella pratica sportiva, nella fruizione paritaria degli impianti sportivi, nella ricerca di strumenti utili a promuovere la partecipazione femminile alle varie discipline sportive e ai processi decisionali attraverso l'inclusione delle donne nelle posizioni di dirigenza degli organismi federali delle varie discipline sportive.
(1-00273) «Roberta Agostini, Beni, Massimiliano Bernini, Centemero, Coccia, Coscia, Fossati, Fragomeli, Molea, Nicchi, Sarti, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema agroalimentare italiano è una eccellenza riconosciuta a livello mondiale e la tutela dei prodotti agroalimentari è condizione indispensabile non solo alla difesa delle nostre produzioni ma anche alla conservazione e promozione delle identità dei territori e delle sapienti tecniche di produzione strettamente legate alle aree geografiche di provenienza;
    il contrasto alla contraffazione è uno degli elementi essenziali della strategia di difesa delle produzioni tipiche e passa necessariamente attraverso l'informazione ai consumatori, posto che l'agropirateria è uno degli aspetti maggiormente lesivi della competitività internazionale dei prodotti italiani di qualità, e che circa tre prodotti su quattro sono venduti come made in Italy pur essendo ottenuti da materia prima straniera;
    l'uso ingannevole di nomi, denominazioni, immagini e loghi allo scopo di falsificare l'identità merceologica degli alimenti è ormai un'emergenza in continuo aumento unitamente al dilagare di pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti, in particolare per quanto concerne la reale origine geografica degli ingredienti utilizzati;
    al fine di contenere tale fenomeno assume un'importanza vitale la questione dell'etichettatura d'origine dei prodotti alimentari. L'indicazione in etichetta del luogo di origine o di provenienza delle materie prime utilizzate e dell'eventuale impiego di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati è infatti l'unica informazione che garantisca sicurezza e trasparenza ai consumatori;
    la legge 3 febbraio 2011 n. 4, disponendo l'obbligo di riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, e prevedendo adeguate sanzioni in caso di violazione degli obblighi prescritti, è un riferimento normativo essenziale a limitare e contrastare i fenomeni di contraffazione e pirateria commerciale, ancorché la sua effettiva applicazione risulti al momento sospesa in attesa della emanazione dei decreti ministeriali di attuazione;
    sarebbe inoltre opportuno che i suddetti decreti disponessero, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica;
    particolarmente allarmante è, inoltre, il fenomeno della contraffazione on-line posto che la rete offre anonimato, costi bassi e possibilità di una veloce e facile scomparsa dal mercato; dati aggiornati evidenziano che il commercio on-line nel settore alimentare risulta quello in maggior crescita, tanto che si stima, per il 2013, un balzo del 18 per cento;
    tale situazione genera ancor più preoccupazione alla luce delle nuove iniziative che potrebbero essere intraprese a breve dalla società americana ICANN, ovvero l'Autorità che genera il rilascio dei suffissi internet che ha attivato le procedure per assegnare, dietro pagamento, a soggetti privati indipendentemente se siano – ad esempio viticoltori – o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni, domini di primo livello generico tra i quali: «wine» e «vin», oltre a «food» e «organic»;
    i titolari dei suddetti domini potrebbero infatti, attraverso l'abbinamento a domini di secondo livello, registrare indirizzi come «baroloclassico.wine» o anche «prosciuttodiparma.food» e sovrapporli agli indirizzi dei prodotti originali generando totale confusione nelle piattaforme di commercio elettronico con danni incalcolabili per il sistema di qualità agroalimentare italiano;
    è indispensabile assicurare che l'assegnazione di nomi generici, accordati in via esclusiva a privati e senza particolari garanzie, quali domini di primo livello, sia improntata al rispetto delle norme dell'OMC posto che il loro utilizzo, peraltro esclusivo, ha implicazioni commerciali, di relazioni tra Paesi e di immagine con effetti devastanti in ambito commerciale internazionale e in grado di attivare infiniti e costosi contenziosi;
    il 19 giugno 2013 il dipartimento della salute britannico ha annunciato l'introduzione di un nuovo sistema volontario di etichettatura nutrizionale basato sulla colorazione «semaforica» del packaging dei prodotti alimentari sulla base del contenuto di sale, zucchero, grassi e grassi saturi presente in 100 grammi di prodotto. Lo schema inglese si basa sulla schedatura degli alimenti: verde uguale cibo «buono», rosso uguale cibo «cattivo», mettendo a rischio i prodotti di qualità e non considerando il fatto che non esistono cibi «buoni» o «cattivi» ma solo regimi alimentari corretti o scorretti;
    l'etichettatura agroalimentare è regolamentata a livello europeo dal regolamento (UE) 1169/2011, attraverso il quale la Commissione europea ha razionalizzato e armonizzato la legislazione sulle informazioni al consumatore, al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno. Alla luce di ciò lo schema britannico – per il quale il Governo italiano ha formalmente espresso la propria posizione contraria – appare in palese contrasto con gli obiettivi di armonizzazione del suddetto regolamento dell'Unione europea e rappresenta un pericoloso precedente che potrebbe preludere alla proliferazione di una molteplicità di differenti schemi nazionali,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima urgenza i decreti ministeriali di attuazione dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n.4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera e a prevedere, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica;
   ad intervenire con determinazione nelle competenti sedi internazionali e prioritariamente in ambito GAC (Government Advisory Committee), anche in collaborazione con gli altri Stati membri interessati e con la Commissione europea, per bloccare l'introduzione di nomi generici a domini internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità italiano;
   a promuovere, a livello di unione europea, un'azione comune a difesa della posizione della «non concedibilità» dei nomi generici e della necessità rivedere la governance di Internet con la definizione di regole condivise a livello internazionale;
   ad assumere tutte le iniziative di competenza affinché la Commissione europea, avvii una rapida verifica sulla compatibilità del sistema di etichettatura inglese con la normativa europea relativa alle indicazioni nutrizionali degli alimenti, così come previste dal regolamento UE 1169/2011, nonché sul rispetto da parte del Governo britannico dell'obbligo di previa notifica previsto per l'introduzione di nuove regolamentazioni in materia di etichettatura;
   a tutelare l'immagine e il valore economico dell’export agroalimentare (come il contrasto all’italian sounding) dei prodotti made in Italy, evitando che i sistemi di etichettatura volontaria siano utilizzati a fini discriminatori e distorsivi del mercato nei confronti delle imprese agricole e agroalimentari italiane;
   a diffondere tramite puntuali campagne informative, l'importanza di una dieta varia ed equilibrata insieme ad una regolare attività fisica esprimendo contrarietà a qualsiasi sistema di etichettatura alimentare basato su approcci che tendono a confondere i consumatori;
   a sostenere progetti per la promozione del consumo di prodotti agroalimentari italiani nella ristorazione italiana all'estero, attraverso la predisposizione di un documento di reciproci impegni e garanzie tra imprese agroalimentari, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e ristoranti interessati.
(1-00274) «Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Gagnarli, Massimiliano Bernini, Benedetti, Villarosa, Brugnerotto, D'Incà, Castelli, Fico».


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale congiuntura economica rende necessario sostenere una strategia di politica abitativa, intesa a favorire l'accesso alla proprietà della prima casa da parte di famiglie, spesso monoreddito ed anziane, che specialmente negli ultimi anni si trovano a patire l'enorme crescita dei prezzi d'acquisto degli immobili (dal 91 al 376 per cento già nelle zone periferiche delle principali città) e dei canoni delle locazioni (dal 96 al 221 per cento già nelle zone semicentrali delle principali città), nonché l'impossibilità di poter disporre del diritto di prelazione, a causa della vendita o del conferimento di interi edifici da parte degli enti e delle casse di previdenza ed assistenza, soggetti giuridici sottoposti, tra l'altro, alla vigilanza dei Ministeri competenti e della Corte dei conti, nonché iscritti nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato;
    si tratta di un intervento di particolare rilievo sociale, che esprime la volontà di recuperare un ruolo di indirizzo e di regolazione del mercato immobiliare, finalizzato, tra l'altro, anche a favorire una ripresa del mercato dell'edilizia residenziale lontano da fini speculativi;
    in base agli atti della XVI legislatura della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, si tratta di immobili vetusti, che hanno la necessità, tra l'altro, di continue e costose manutenzioni straordinarie;
    naturale corollario di un simile intervento è un effetto trainante per molteplici settori dell'economia nazionale, nonché un sensibile effetto di equità e di normalità nel mercato immobiliare, con conseguenti riflessi positivi per tutte le parti coinvolte, dando una soluzione equa ad un forte e sentito problema sociale, soprattutto nei grandi centri urbani;
    si tratta, in concreto, dell'alienazione di alcune centinaia di unità abitative di vecchia costruzione (oltre 40 anni) ad un prezzo equo, tenendo conto, da un lato, del lungo tempo per il quale l'ente proprietario ha avuto la possibilità di ben remunerare il proprio investimento, peraltro avendo ammortizzato l'investimento e goduto dei benefici di legge al momento di acquisto dell'immobile, e, dall'altro, dei significativi obiettivi di politica sociale che si intendono perseguire. Le unità abitative in parola, negli ultimi quindici anni, hanno già consentito ai soggetti proprietari di realizzare ulteriori buoni margini di profitto accentuati dalle locazioni con contratti a patto libero indicizzato, frequentemente derivanti dalla trasformazione dei canoni sociali;
    si consente in tal modo di consentire l'accesso alla proprietà dei beni in questione unicamente a coloro che ne abbiano diretto ed effettivo interesse (senza altra proprietà libera e idonea nell'ambito dello stesso comune), neutralizzando, a sua volta, eventuali intenti speculativi da parte dell'acquirente,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché gli enti e le casse di previdenza e assistenza, comunque denominati, degli ordini e dei collegi professionali iscritti nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato procedano all'alienazione in favore dei conduttori delle unità abitative, anche se già cartolarizzate o conferite a fondi immobiliari chiusi, qualora siano costruite antecedentemente al 1o gennaio 1973 e non classificate di pregio artistico o storico, prive delle caratteristiche delle abitazioni di lusso e ad uso esclusivo di abitazione del titolare del contratto di locazione, facendo sì che, nell'ambito del processo di alienazione di tali unità abitative, il cui prezzo di vendita non potrà essere comunque superiore al valore della rendita catastale moltiplicato per il coefficiente di centocinque, il conduttore non possa procedere all'acquisto dell'unità abitativa se il medesimo, il coniuge o altro familiare convivente siano proprietari di altra unità abitativa libera e idonea nell'ambito dello stesso comune o se risultino morosi per oltre sei mensilità del canone o degli oneri condominiali;
   ad assumere iniziative per prevedere che l'immobile acquistato secondo quanto sopra riportato non possa essere alienato, locato o comunque reso oggetto di cessione a titolo oneroso per almeno dieci anni dall'acquisto (ridotto a cinque anni per soggetti ultrasettantacinquenni), a pena di nullità del relativo contratto.
(1-00275) «Santerini, Dellai, Marazziti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   nella notte compresa tra il 30 novembre e il 1o dicembre 2013 l'Italia meridionale è stata colpita da una eccezionale ondata di maltempo;
   piogge torrenziali, oltre 150 millimetri in poche ore, hanno interessato i territori della Calabria, della Basilicata e della Puglia estendendosi poi anche al Molise e all'Abruzzo, regione dove si registra una vittima;
   particolarmente colpito è stato il Golfo di Taranto, da Castellaneta a tutta la fascia jonica metapontina della Basilicata fino a giungere ai comuni di Crotone e Catanzaro;
   questa zona, peraltro, era stata già particolarmente colpita nel mese di ottobre 2013 precisamente tra il 7 e l'8 ottobre quando persero la vita quattro persone travolte dal fango;
   importanti arterie stradali come la strada statale 106 jonica, la strada statale 407 Basentana sono chiuse a tratti, un treno è deragliato lungo la tratta Potenza-Melfi provocando quattro feriti e il tratto ferroviario tra Rossano e Catanzaro Lido è stato chiuso;
   centinaia di famiglie sono state evacuate nei comuni di Policoro, Scanzano Jonico, Pisticci, Ginosa Marina, Castellaneta; un intero quartiere, villaggio Alcyone, è stato evacuato a Pescara per timore di esondazione di un corso d'acqua e medesime precauzioni sono state assunte in molti comuni del crotonese e del catanzarese;
   la boa di Crotone della Rete ondametrica nazionale, servizio ufficiale dell'ISPRA, ha misurato un'onda alta 11,8 metri, dopo che altre numerose onde avevano superato i 10 metri di altezza;
   il deflusso dei corsi d'acqua che vanno verso lo Jonio, risulta particolarmente critico a causa del forte vento di scirocco che sbarra la strada alle piene respingendole verso terra; i litorali jonici lucani e calabresi già fortemente colpiti dal fenomeno dell'erosione sono stati letteralmente «inghiottiti» dalle mareggiate in atto;
   si registra, a tutt'oggi, la fase di piena emergenza in quanto i bollettini meteo parlano di altre 36 ore di criticità per i versanti jonici della Puglia, della Basilicata e della Calabria;
   la conta dei danni, che andrà ad aggiungersi a quella ancora in atto per l'ondata di maltempo dei primi giorni di ottobre 2013, non è quindi ancora quantificabile;
   purtroppo i tempi per il riconoscimento e l'indennizzo dei danni è quanto mai lungo; basti pensare che solo con l'ordinanza n. 124 del 21 novembre 2013, il dipartimento della protezione civile ha sbloccato i fondi destinati a fronteggiare i danni dell'emergenza relativa all'alluvione che ha colpito la fascia jonica nel marzo 2011;
   il territorio in questione vede oltre il 90 per cento dei comuni interessati dal rischio di dissesto idrogeologico –:
   se il Governo intenda riconoscere immediatamente lo stato di emergenza e il conseguente stato di calamità in favore dei territori colpiti dall'eccezionale ondata di maltempo di questi giorni.
(2-00320) «Speranza, Antezza, Mongiello, Capone, Scalfarotto, D'Incecco, Bellanova, Castricone, Mariano, Venittelli, Censore, Stumpo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori socialmente utili impiegati negli istituti scolastici in Puglia sono circa 3500 e circa 800 sul territorio salentino. Questi lavoratori, frutto di un progetto sociale condiviso nel 2001 con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e altri Ministeri interessati che ha permesso tempo addietro a 28.000 persone di essere stabilizzate dopo anni di precariato, sono in questi giorni in forte agitazione sul territorio salentino e pugliese;
   sono numerose le manifestazioni di protesta da parte degli ex LSU addetti alle pulizie nelle scuole sul territorio salentino. I lavoratori insieme alle organizzazioni sindacali lamentano il rischio che dal 1o gennaio 2014 si dia avvio ad una cospicua riduzione del reddito, si parla di oltre il 50 per cento, a loro carico a causa di una «gara che il MIUR, attraverso Consip, ha aggiudicato a Dussman col ribasso del 60 per cento, generando anche una discriminazione rispetto alle altre regioni»;
   la gara europea esperita da Consip spa, in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze è stata suddivisa in 13 lotti geografici. Di questi, la Puglia è compresa nel lotto 11, per un valore stimato di circa 194.300.000 euro. Tra i criteri di aggiudicazione sembrerebbe esserci anche quello dell'offerta più vantaggiosa, e a meno della metà del valore stimato. Sembrerebbe si sia aggiudicata l'appalto l'unica azienda partecipante;
   risulta all'interrogante che ciò che è stato considerato corretto, in merito alla gara che ha interessato la regione Puglia e dunque la presenza di una sola offerta, sarebbe stato poi eccepito per il lotto n. 6, quello relativo alle province di Napoli e Salerno;
   il reddito percepito da questi lavoratori, a fronte di 35 ore settimanali è stato finora pari a circa 800 euro al mese, non per tutti però. Il dato reale in questo contesto è variegato, con redditi che vanno dai 450 euro ai 700 euro al mese. Ridurli di oltre la metà comporterebbe, come è facile intuire, effetti devastanti su famiglie in molti casi monoreddito e con figli;
   l'eventuale taglio sul monte ore rappresenterebbe una condizione critica non solo per la vita di queste persone, ma anche per il buon mantenimento delle condizioni igienicosanitarie dei plessi scolastici –:
   se il Governo non ritenga opportuno, alla luce di quanto sopra esposto, convocare un tavolo interministeriale per acquisire ogni elemento utile a non penalizzare i lavoratori pugliesi e salentini;
   se il Governo non ritenga utile bloccare la gara Consip anche alla luce delle motivazioni riportate dalle organizzazioni sindacali e che hanno visto aggiudicare una gara pubblica con un ribasso del 60 per cento, penalizzando fortemente la regione Puglia e i suoi lavoratori. (5-01635)

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una nota recentemente diffusa, dell'agenzia statunitense Standard & Poor's ha comunicato la propria decisione di mettere sotto osservazione, con implicazioni negative, il merito di credito di nove compagnie di assicurazione in Europa e Africa, a seguito di un aggiornamento della metodologia di assegnazione del giudizio di rating, tra le quali figura anche il gruppo Generali, unico operatore italiano;
   la suindicata informazione, peraltro pubblicata anche dal quotidiano Il Corriere della Sera sabato 30 novembre 2013, rileva inoltre che la stessa agenzia americana il 19 novembre, ha proceduto ad una rivisitazione dei criteri utilizzati ai fini della valutazione del giudizio del merito del credito delle società e di aver pertanto avviato degli stress test legati alla nuova metodologia, aggiungendo inoltre che in attesa di queste valutazioni, alcune compagnie assicurative sono state pertanto poste sotto osservazione;
   tra i nuovi parametri di valutazione adottati da Standard & Poor's, che si applicano a tutte le società alle quali è stato attributo un rating superiore a quello del proprio Paese di appartenenza, nel caso in cui abbiano un'esposizione complessiva a tale Paese pari o superiore al 25 per cento del totale investimenti, o anche inferiore, nei casi in cui l'agenzia ritenga che la società possa non superare lo stress test, si attribuisce una particolare attenzione all'esposizione delle società al suddetto Paese, inclusa quella al debito sovrano;
   il superamento degli stress test è legato alla capacità di reazione delle imprese ad un eventuale default del Paese di riferimento, e, relativamente al settore assicurativo, alla dotazione di capitale sufficiente a superare il default;
   l'esito negativo degli stress test comporterebbe pertanto il declassamento del rating della società al livello di quello del Paese di appartenenza;
   il Gruppo Generali rappresenta, com’è noto, il primo operatore assicurativo italiano ed è inoltre uno dei più importanti investitori istituzionali del Paese, con circa 55 miliardi di euro di titoli di Stato italiani nel proprio portafoglio di investimenti;
   un eventuale declassamento comporterebbe per il Gruppo un forte svantaggio competitivo nei confronti dei principali competitor europei, legato a fattori esogeni alla gestione delle proprie attività, con possibili riflessi occupazionali, in un contesto globale di crisi economica;
   l'interrogante evidenzia come l'abbassamento del rating di un operatore di primo piano anche sulla scena internazionale determinerebbe gravi conseguenze su tutto il sistema Paese, causando inevitabilmente una perdita di fiducia da parte degli investitori istituzionali italiani ed esteri, con ripercussioni sulla capacità di finanziamento del debito pubblico, attraverso il collocamento di titoli di Stato;
   l'interrogante evidenzia altresì come la sistematicità dei giudizi ostili che le agenzie riversano sugli Stati dell'eurozona ed in particolare nei riguardi del nostro Paese, che sono bersaglio nell'attuale periodo di particolare vulnerabilità finanziaria, unitamente alla consapevolezza professionale dei vertici responsabili del peso delle loro stesse dichiarazioni rivolte ai mercati finanziari nelle ore di attività, ha determinato il rinvio a giudizio nel recente passato, di tre agenzie di rating per la serie di reati di varia natura ipotizzati dalla magistratura a prova dell'attività criminosa che da tempo veniva ipotizzata;
   la sequenza dei reati non costituisce soltanto una violazione di legge fine a sé stessa, ma esprime il sottostante danno patrimoniale arrecato al nostro Paese e in particolare al settore bancario e assicurativo, i quali a causa delle dichiarazioni hanno subito ingiustificati ribassi, tali da accumulare una perdita complessiva che è costata all'Italia circa 120 miliardi di euro;
   le motivazioni speculative di tale comportamento sul prevedibile andamento di borsa da parte di professionisti qualificati e quindi responsabili sostanzialmente e formalmente delle conseguenze delle loro dichiarazioni hanno fatto emergere le sottostanti ipotesi di reato per le quali sono adesso inquisiti dalla magistratura;
   si tratta, come è noto, di alcune agenzie internazionali di rating proprio come Standard & Poor's i cui vertici manageriali sono stati messi sotto inchiesta dalla procura di Trani per la responsabilità patrimoniale oggettiva delle agenzie rappresentate e per la personale attività, consumata in concorso tra loro, con l'evidente risultato di colpire il mercato italiano con una caduta speculativa al ribasso;
   la violazione di legge messa in essere da queste agenzie riguarda non solo l'Italia ma l'Unione europea per violazione di precise norme internazionali, divulgando notizie allarmistiche e suggestive che per l'inevitabile emotività collettiva di borsa hanno causato un generalizzato ribasso –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali ricadute possono determinarsi per il sistema finanziario ed economico per l'Italia, nel caso in cui il declassamento da parte dell'agenzia di rating Standard & Poor's, nei riguardi del Gruppo Generali, fosse confermato in particolare nei confronti dell'esposizione dei titoli di Stato italiani;
   quali iniziative intendano intraprendere al fine di tutelare il sistema economico-finanziario italiano da possibili fenomeni di speculazione finanziaria o di alterazione iniqua degli equilibri di mercato, che potrebbero compromettere i tentativi di ripresa economica del Paese;
   se infine siano a conoscenza di eventuali progressi in sede comunitaria, nella fase organizzativa dell'Esma – European Rating Platform, registro in cui verranno inseriti tutti i rating prodotti dalle 28 agenzie registrate presso l’authority di vigilanza, per fornire agli investitori un quadro chiaro e completo dei prodotti presenti sui mercati, il cui avvio è previsto per il 2015. (4-02790)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SALTAMARTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in occasione dell'incontro di calcio tra il Legia Varsavia e la Lazio del 28 novembre 2013, valido per la competizione dell'Europa League, ben 120 cittadini italiani, donne e bambini compresi, sono stati ingiustamente sottoposti a fermo dalla polizia locale e trattenuti in condizioni indegne senza alcuna valida motivazione –:
   quali siano le azioni fin qui intraprese dal Governo al fine di accertare la verità sull'accaduto;
   quali siano modalità e tempi di intervento da parte dell'ambasciata italiana;
   quali iniziative siano state adottate per assicurare il rientro degli italiani trattenuti a Varsavia a seguito della nota vicenda;  
   se sia stato rispettato il diritto fondamentale della libera circolazione delle persone dell'Unione europea, sancito e garantito da una specifica direttiva europea;
   quale sia il motivo per cui il Ministero degli affari esteri non abbia prontamente attivato un'unità di crisi per seguire più da vicino lo svolgimento di questi fatti incresciosi. (4-02780)


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 29 novembre 2013, a Varsavia in occasione dell'incontro di calcio disputato tra le squadre della Lazio e del Legia Varsavia si sono registrate prima e durante la partita tensioni tra le rispettive tifoserie;
   secondo numerose testimonianze la polizia polacca avrebbe dato luogo ad una vera e propria retata di massa contro persone accusate in larga parte di schiamazzi e di cori contro la tifoseria avversaria, cosa che d'altro canto avviene tutte le volte che i sostenitori di una squadra si avvicinano allo stadio;
   si sarebbero verificati alcuni fenomeni di intemperanza nei confronti delle forze dell'ordine polacche e queste ultime, per individuare i tifosi responsabili, hanno tenuto in prigione per quarantotto ore giovani, ragazzi, padri di famiglia, a quanto consta all'interrogante senza dare loro da mangiare e rivolgendosi agli stessi con i gesti vista l'assenza di interpreti;
   a questo proposito deve essere stigmatizzato il comportamento della Farnesina e dell'ambasciata italiana in Polonia: quest'ultima, infatti, contattata dai parenti dei fermati (per lo più giovani e giovanissimi) ha dapprima assicurato il sostegno ai ragazzi coinvolti salvo poi – secondo le denunce dei genitori – disinteressarsene;
   risulta ad avviso dell'interrogante ancor più esecrabile il comportamento del Ministero degli affari esteri, in quanto – secondo moltissime segnalazioni arrivate – nessuno avrebbe risposto al numero dell'unità di crisi previsto per la gestione dell'emergenza. Addirittura i pochi genitori che hanno avuto la fortuna di parlare con il Ministero si sono sentiti rispondere in modo assolutamente evasivo;
   attualmente sono ventidue i cittadini italiani ai quali è stato confermato lo stato di fermo in Polonia in attesa del giudizio dopo le tensioni avvenute tre giorni fa –:
   se fosse a conoscenza dei fatti citati, ed in particolare dell'atteggiamento tenuto dai soggetti preposti alla tutela dei cittadini italiani che si trovano all'estero, e quali tempestive iniziative intenda adottare al fine di garantire l'incolumità dei concittadini italiani tuttora ristretti nelle carceri polacche e la difesa dei diritti civili dei connazionali coinvolti. (4-02781)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge finanziaria dello Stato per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) ha previsto all'articolo 2, comma 240, lo stanziamento di un fondo di 1 miliardo di euro per l'attuazione di un programma nazionale di interventi finalizzato alla «programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico»;
   il programma è stato avviato con la stipula di venti accordi di programma tra le singole regioni ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   l'accordo relativo alla regione Marche è stato stipulato tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il presidente della giunta regionale delle Marche il 25 novembre 2010;
   l'accordo tipo è formato da un articolato che disciplina e regola le modalità di gestione a cura di un commissario straordinario nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e da tabelle attuative in cui sono individuati gli interventi da eseguire; l'accordo con la regione Marche segue lo standard di tutti gli accordi siglati dalle altre regioni, fatte salve alcune specificità;
   per quanto riguarda l'accordo con la regione Marche, esso prevede una quota a carico dello Stato – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pari a 35.900.000,00 milioni di euro, ed una quota a carico della regione Marche pari ad euro 20.527.838,75;
   inoltre è stata prevista una fase programmatica, da sostenere con eventuali risorse aggiuntive, per ulteriori euro 4.650.000,00;
   successivamente alla stipula dell'accordo si sono verificate due circostanze operative significative:
    il primo commissario straordinario nominato per la gestione dell'accordo per le Marche è stato sostituito con un secondo commissario (dottor Antonio Senni), che ha potuto quindi avviare le proprie attività soltanto in un tempo posticipato rispetto agli altri commissari;
    il Ministero ha richiesto a tutte le regioni di proporre la riduzione del 10 per cento della quota Stato (euro 3.590.000,00) in quanto il 10 per cento dell'intero stanziamento statale era stato nel frattempo destinato a finalità diverse, ancorché similari ed urgenti, da quelle originarie;
   allo stato attuale l'accordo per la regione Marche è in attuazione molto avanzata, pur nei limiti delle risorse sinora rese disponibili:
    per la parte «quota Stato» sono in corso di utilizzo sia una prima dotazione di euro 5.130.626,62, sia un secondo finanziamento di euro 13.600.000,00, per un totale di euro 18.730.626,62. Alcuni lavori sono conclusi, molti altri sono in procinto di essere aggiudicati, in limitati casi sono in via di risoluzione le insorte difficoltà di tipo amministrativo-procedurale;
    per la parte «quota regione» gli interventi previsti sono stati realizzati per il 67 per cento in via accelerata secondo le fasi previste in via ordinaria (programmazione antecedente alla stipula dell'accordo); a tale soluzione si è pervenuti sia per l'urgenza di fronteggiare ove possibile gli effetti anche potenziali valutabili dopo gli eventi alluvionali del marzo 2011, sia perché la decorrenza delle attività commissariali non ha consentito il rapido inserimento di tali interventi nella gestione del commissario medesimo;
    per quanto riguarda il restante 33 per cento del programma quota regione, gli interventi previsti non risultano più attuabili per le mutate condizioni di disponibilità dei soggetti privati coinvolti (sia per il mancato completamento dei finanziamenti quota Stato connessi a tale coinvolgimento, sia per oggettive condizioni di difficoltà di mercato degli operatori interessati);
   al momento le prospettive di completamento del programma sono molto incerte e, certamente quanto ottimisticamente, attuabili solo nel medio-lungo periodo;
   infatti, a fronte del previsto ulteriore contributo di fonte regionale (su fondi già stanziati, iscritti a bilancio e parzialmente impegnati) di euro 6.000.000,00, la residua parte del programma (euro 13.600.000,00 + euro 3.590.000,00 di cui è stata richiesta la riduzione) sul quale con la stipula dell'accordo lo Stato ha assunto formale impegno a proprio carico non appare di prossima finanziabilità, essendo esaurito il fondo statale stanziato con l'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 –:
   quando e in che termini il Governo intenda onorare l'impegno assunto con la regione Marche anche adottando iniziative che consentano di escludere dal patto di stabilità la quota di cofinanziamento posta a carico della regione stessa con l'accordo sottoscritto il 25 novembre 2010. (4-02785)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2013, a seguito di alcuni crolli avvenuti nell'area archeologica di Pompei, è stato presentato dalla prima firmataria del presente atto e dal gruppo M5S un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea (numero atto: 3/00240) per ricevere chiarimenti in merito; il quesito riguardava anche i ritardi nella fase di assegnazione degli appalti che avrebbero dovuto portare avanti la realizzazione del cosiddetto grande progetto Pompei;
   nel suo intervento, il Ministro, ha ammesso che le difficoltà intrinseche alla vastità dell'area archeologica, in uno con altri fattori di degrado, avevano effettivamente causato altri episodi di crolli, dopo quello tristemente famoso della Schola Armatorum del novembre 2010, a seguito del quale, si citano testualmente le sue parole, «è stato avviato un lavoro di monitoraggio dello stato di conservazione delle strutture archeologiche, attivando lavori di messa in sicurezza che, tra il 2011 e l'anno corrente, con risorse ordinarie della Soprintendenza, hanno riguardato oltre 100 punti a rischio della città»;
   nella stessa sede, il Ministro, ha, inoltre, assicurato che, in relazione alla attribuzione degli appalti, si cita ancora testualmente, «Le risorse ci sono, i progetti sono pronti, e le gare sono in corso, con la garanzia, che dovremo sempre di più assicurare, del protocollo di legalità con la prefettura. Si potrebbe, certo, fare ancora di più e più velocemente, ma di questo sono sicuro e mi sento di rassicurare gli onorevoli interroganti: io, personalmente, e, sono certo, anche il Governo ce la metteremo tutta»;
   purtroppo le cronache restituiscono di nuovo uno scenario desolante; in particolare, nei giorni scorsi uno dei custodi dell'area ha scoperto altri crolli, questa volta nella Casa del Torello di Bronzo, dove si sono staccati parte degli stucchi ed è parzialmente crollato un muretto ed è comparso uno squarcio in una delle mura delle Terme Centrali;
   l'8 dicembre 2013 è la data ultima, così dispone il decreto-legge «valore cultura», n. 91 del 2013, convertito dalla legge n. 112 del 2013 per nominare il direttore generale di progetto che sarà posto al di sopra dello stesso sovrintendente e del segretario generale del MIBACT e sarà responsabile della realizzazione del grande progetto Pompei e del programma straordinario, oltre che il vice direttore con funzioni vicarie del direttore generale;
   il 28 dicembre scadrà l'incarico triennale dell'attuale sovrintendente Cinquantaquattro; pertanto, entro quella data dovranno essere nominati i soprintendenti di Pompei e Napoli;
   secondo le stesse parole, del Ministro, entro il 31 dicembre saranno appaltati 50 dei 105 milioni di euro relativi al progetto; tuttavia, ad oggi sono aperti solo 5 dei cantieri sui 39 previsti –:
   come intenda fronteggiare la situazione di nuovo critica delle dimore in stato precario, resa ancor più delicata dal maltempo;
   quali siano le determinazioni del MIBACT in ordine alla nomina del direttore generale, del vice direttore e dei soprintendenti, nonché i tempi previsti per gli insediamenti, visto che ad oggi nulla è stato deciso e rimangono meno di dieci giorno per provvedere alle nomine;
   quale sia l'effettiva percentuale di somme ad oggi appaltate e quale sia la previsione per la fine dell'anno, visto che sono stati anche presi precisi impegni con l'UNESCO;
   quali siano le ragioni dei ritardi nella realizzazione del grande progetto Pompei e nelle nomine delle nuove figure dirigenziali.
(2-00322) «Di Benedetto, Simone Valente, Luigi Gallo, Marzana, Vacca, Battelli, D'Uva, Brescia, Busto, Daga, Segoni, Mannino, Terzoni, De Rosa, Zolezzi, Fantinati, Da Villa, Prodani, Crippa, Mucci, Vallascas, Della Valle, Petraroli, Colonnese, Pinna, Nesci, Carinelli, Spessotto, Vignaroli, Fico, Luigi Di Maio».

Interrogazioni a risposta immediata:


   BRUNETTA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2012, in relazione alla programmata chiusura della discarica di Malagrotta e alla conseguente necessità di individuare soluzioni alternative per lo smaltimento dei rifiuti;
   tra le diverse soluzioni rientra l'ipotesi di realizzare una discarica per rifiuti urbani in località Falcognana, all'interno del quadrante Ardeatina-Laurentina, che per gran parte è sottoposto dal gennaio 2010 a vincolo paesaggistico con la «dichiarazione di notevole interesse pubblico», emessa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010;
   nell'area sono presenti, inoltre, siti di altissimo pregio, come l'area monumentale del Santuario del Divino Amore (a circa un chilometro di distanza dal sito individuato per la discarica), luogo di culto famoso in tutto il mondo, che attira giornalmente migliaia di pellegrini ed è sottoposto a vincolo monumentale, nonché aree archeologiche e dimore storiche di straordinario valore;
   gran parte della località Falcognana è, inoltre, ricompresa all'interno del parco regionale di Decima-Malafede, istituito con la legge regionale 6 ottobre del 1997, n. 29;
   in data 17 settembre 2013, il Ministro interrogato, rispondendo ad un'interpellanza dell'interrogante, ha dichiarato che l'area dove dovrebbe sorgere la discarica per rifiuti urbani, quale trasformazione di un preesistente impianto per lo smaltimento dei rifiuti derivanti da rottamazione delle auto, è definita «paesaggio agrario di rilevante valore, in quanto caratterizzato, ai sensi dell'articolo 12 delle prescrizioni d'uso allegate al decreto, da una notevole vocazione agricola, di grande estensione, profondità e omogeneità, con un rilevante valore paesistico per l'eccellenza dell'assetto percettivo, scenico e panoramico». Le citate prescrizioni prevedono, in tali casi, il rispetto di una serie di vincoli con riferimento al recupero e ampliamento delle discariche già esistenti;
   in particolare, il Ministro interrogato in quella occasione ha ricordato che la tabella B del citato articolo 12 delle prescrizioni d'uso consente, con riferimento alle discariche collocate in tale perimetro, la possibilità di procedere ad interventi modificativi e di recupero delle stesse solo previa valutazione di compatibilità con i valori riconosciuti del paesaggio agrario e subordinatamente alla realizzazione di misure ed opere di miglioramento della qualità paesaggistica del contesto e, viceversa, che la realizzazione di nuove discariche non è consentita;
   ogni opera modificativa, pertanto, deve essere sottoposta a preventiva valutazione di compatibilità paesaggistica, alla stregua dei valori paesaggistici tutelati e di tutti i criteri definiti nel vincolo citato del 2010. Valutazione che dovrà esprimersi nei provvedimenti autorizzativi del competente soprintendente, ai sensi dell'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   nel sito individuato in località Falcognana sono in corso da diverse settimane lavori di ampliamento e di sbancamento delle aree utilizzate per lo smaltimento del fluff automobilistico;
   secondo quanto riportato da recenti notizie di stampa, ad esempio sul quotidiano la Repubblica del 2 dicembre 2013, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in una lettera inviata a regione, comune e IX municipio, ha richiesto la sospensione dei lavori nella discarica di Falcognana, in quanto sono in corso opere di adeguamento non provviste delle necessarie autorizzazioni e in contrasto con i vincoli di tutela del paesaggio e dei beni archeologici e architettonici –:
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in atto al fine di garantire l'immediata sospensione di lavori non autorizzati, nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie, con particolare riferimento alla tutela del paesaggio e dei beni archeologici e architettonici, e di ottenere, ove ne ricorrano i presupposti, anche attraverso il ricorso alle autorità preposte, il sequestro dell'area e dell'impianto di smaltimento.
(3-00493)


   RAMPI, PICCOLI NARDELLI, COSCIA, ASCANI, BLAZINA, BONAFÈ, BOSSA, CAROCCI, COCCIA, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, RACITI, ROCCHI, ZAMPA, ZOGGIA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, ha previsto la disapplicazione e la diversa modulazione di alcune misure di riduzione dei costi agli enti e agli organismi vigilati dal Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo, segnando, dopo diversi anni, un'importante inversione di tendenza tra le azioni a sostegno del settore;
   il sopra citato articolo ha disposto con riferimento all'articolo 8, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, la riduzione dal 10 per cento all'8 per cento dei costi per consumi intermedi, che, prioritariamente, avviene attraverso un ridimensionamento dei trasferimenti statali;
   nonostante tale riduzione, per i diciassette teatri stabili, il cuore del sistema teatrale nazionale, «restituire» allo Stato una cifra annuale corrispondente all'8 per cento dei cosiddetti consumi intermedi ha avuto un impatto negativo sui bilanci;
   negli ultimi dieci anni i teatri stabili hanno assorbito, nella gestione dei propri bilanci, tagli consistenti dei finanziamenti pubblici: -23 per cento del fondo unico per lo spettacolo e riduzioni maggiori da parte di comuni, province e regioni, senza considerare la crisi economica, con la conseguente contrazione del mercato teatrale, delle sponsorizzazioni private e una diminuita predisposizione ai consumi da parte dei cittadini che si ripercuote anche sugli incassi da botteghino;
   come dimostrano gli ultimi dati del 2012, i teatri stabili non hanno prodotto deficit e hanno investito su 170 spettacoli di teatro d'arte con 3.613 recite, delle quali 2.154 di autori contemporanei italiani o europei; hanno dato lavoro a personale artistico e tecnico per 190.591 giornate lavorative, impiegando 859 giovani artisti e tecnici under 35 –:
   quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato intenda adottare a sostegno del settore, contemplando anche l'opportunità di prevedere l'esclusione totale degli enti e degli organismi, anche aventi personalità giuridica di diritto privato – inclusi i teatri stabili – che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, dalle norme di cui in premessa in materia di riduzione delle spese per i consumi intermedi. (3-00494)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo esercita le funzioni di indirizzo e controllo rispetto alla società Promuovi Italia s.p.a.;
   attualmente detta società versa in una condizione critica, soprattutto a causa dell'esiguità del portafoglio lavori e delle sue necessità economico-finanziarie e di ricapitalizzazione;
   l'attuale consiglio di amministrazione, che si è molto speso negli ultimi mesi con un'attenta politica di moralizzazione e contenimento dei costi e ai cui componenti sono stati tenuti nascosti i conti e molti documenti aziendali, avrebbe già avviato azioni di responsabilità contro i responsabili dell'attuale situazione in cui versa la società –:
   se sia informato di quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare l'azienda e i suoi bilanci, al contempo garantendo la tutela dei diritti di tutti i lavoratori impiegati, nonché al fine di rilanciarne l'attività, anche sostenendo l'azione di trasparenza già intrapresa dalla stessa. (3-00495)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero della difesa n. 306, dell'11 ottobre 2011, è stato bandito un concorso per titoli ed esami per il reclutamento di 3756 volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1) in servizio, anche in rafferma annuale, o in congedo per fine ferma; di cui 2900 nell'esercito: 1450 nella I immissione, 1450 nella II immissione;
   al termine delle prove di selezione, e dopo la pubblicazione delle graduatorie di merito, il Ministero ha proceduto a dichiarare vincitori i soli primi 1375 candidati idonei delle graduatorie stesse, adducendo ad una generica necessità di contenimento della spesa che avrebbe motivato una riduzione dei posti messi a concorso;
   nonostante la necessità di contenimento della spesa indicata nel provvedimento di riduzione del numero di candidati vincitori, il Ministero ha bandito per l'anno immediatamente successivo, una nuova procedura concorsuale per il reclutamento di uno stesso contingente di volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1);
   si evidenzia, a parere dell'interrogante, una contraddizione nei comportamenti del Ministero, che ha ridotto il numero di vincitori nel concorso 2012 – peraltro a graduatorie già pubblicate – ed ha successivamente bandito un nuovo concorso nell'anno 2013, senza in via preliminare far ricorso alle graduatorie già vigenti, nelle quali vi erano molti dei candidati vincitori (posizione in graduatoria dal n. 1376 al n. 2900) «tagliati» a seguito della citata riduzione dei posti a concorso;
   risulta all'interrogante che alcuni dei candidati vincitori penalizzati dal provvedimento di riduzione dei posti a concorso abbia impugnato l'atto di fronte alla magistratura amministrativa, la quale in primo grado si è pronunciata accogliendo detto ricorso, ritenendolo fondato sotto il profilo di censura del difetto di motivazione; 
   secondo il tribunale amministrativo, infatti, «...la riduzione dei posti messi a concorso è stata disposta facendo generico riferimento ad esigenze di contenimento della spesa nello stesso esercizio finanziario in cui non solo era stata autorizzata l'assunzione di un numero di militari pari ai posti messi a concorso, ma era stato addirittura disposto l'incremento di suddetti posti; nonché rispetto alla decisione, successiva, di indire nel 2013 un nuovo bando rimettendo a concorso i medesimi posti già oggetto di tagli»;
   l'assenza di una motivazione dettagliata e di un comportamento nell'anno successivo coerente con le motivazioni esposte, si rendono ancora più gravi, a parere dell'interrogante, alla luce della circostanza che il taglio è stato fatto quando ormai erano stati resi noti i nomi dei vincitori;
   si ribadisce, in questa sede, che le norme prevedono la validità delle graduatorie per un periodo di tre anni, sia per dare garanzie ai candidati che superano difficili prove selettive (ed in particolare per tutelare i candidati vincitori), sia per ragioni di economicità e di razionalità delle spese dell'amministrazione, visti i costi necessari per sostenere lo svolgimento di nuovi concorsi –:
   come, anche alla luce della condanna in primo grado, il Ministro interrogato intenda tutelare i candidati vincitori del concorso 2012 per il reclutamento di volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP 4) nell'Esercito, nella Marina militare e nell'Aeronautica militare, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP 1), di cui in premessa. (4-02776)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con una nota recentemente diffusa, l'agenzia statunitense Standard & Poor's indica di aver rivisto il 19 novembre 2013 i criteri per valutare il giudizio sul merito del credito delle società per legarlo maggiormente all'esposizione sui titoli di Stato e di aver avviato degli stress test volti a verificare la reazione di tali società all'eventualità di un default del Paese sul quale sono maggiormente esposte, misurandone la vulnerabilità;
   in attesa dei risultati dei citati stress test, Standard & Poor's ha inoltre dichiarato di aver posto diverse compagnie assicurative sotto osservazione, tra le quali il gruppo italiano Generali;
   relativamente al comparto assicurativo, i nuovi parametri di valutazione adottati da Standard & Poor's si applicano a tutte le compagnie alle quali è stato attributo un rating superiore a quello del proprio Paese di appartenenza (mercato domestico), nel caso in cui abbiano un'esposizione complessiva a tale Paese pari o superiore al 25 per cento del totale degli investimenti;
   il superamento degli stress test è legato alla capacità di reazione delle imprese ad un eventuale default del Paese di riferimento, e, relativamente al settore assicurativo, alla dotazione di capitale sufficiente a superare il default;
   l'esito negativo degli stress test comporterebbe il declassamento del rating della società al livello di quello del Paese di appartenenza;
   nell'ambito dell'iniziative volte a rafforzare la regolamentazione dei mercati finanziari in risposta alle lacune evidenziate dalla crisi economica, le istituzioni dell'Unione sono intervenute a più riprese sulla disciplina delle agenzie di valutazione del credito;
   la direttiva 2013/14/CE impone agli investitori istituzionali l'obbligo di non affidarsi esclusivamente o meccanicamente ai rating del credito o di non utilizzarli come unico parametro ai fini della valutazione del rischio insito negli investimenti da essi realizzati;
   la Consob, la Banca d'Italia e l'IVASS in data 22 luglio 2013, attesa la situazione di incertezza sui mercati finanziari, hanno adottato un comunicato congiunto (avente natura ricognitiva di obblighi di comportamento già esistenti) sui doveri di trasparenza e correttezza dei gestori collettivi e sui giudizi delle agenzie di rating richiamando l'attenzione dei gestori sull'obbligo di adottare, nell'interesse degli investitori e dell'integrità dei mercati, opportune misure che limitino l'utilizzo esclusivo o meccanicistico dei giudizi di rating nelle decisioni di investimento e disinvestimento dei gestori collettivi, e sull'obbligo del gestore collettivo di adottare corretti, trasparenti e adeguati processi interni di valutazione del merito di credito;
   da ultimo l'articolo 4 del disegno di legge di delegazione europea 2013 – «secondo semestre» presentato il 22 novembre, (AC 1836) reca i principi e i criteri direttivi specifici per il recepimento nell'ordinamento nazionale della nuova disciplina europea in materia di agenzie di rating del credito, contenuta nella citata direttiva 2013/14/UE e nel regolamento (UE) n. 462/2013;
   in particolare, il legislatore, all'atto del recepimento, dovrà prevedere il ricorso alla disciplina secondaria, al fine di ridurre l'affidamento esclusivo o meccanico ai rating del credito emessi da agenzie di rating del credito. Dovranno inoltre essere apportate alle norme vigenti le modificazioni opportune per assicurare il miglior coordinamento con le nuove disposizioni, per applicare correttamente e integralmente la disciplina europea sulle agenzie di rating del credito e per ridurre l'affidamento esclusivo o meccanico ai rating emessi da tali agenzie, garantendo un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria;
   il gruppo Generali è il primo operatore assicurativo italiano ed è uno dei più importanti investitori istituzionali del Paese, con circa 55 miliardi di euro di titoli di Stato italiani nel proprio portafoglio di investimenti;
   secondo alcuni analisti, a fronte dell'ipotesi di una perdita di valore dei titoli governativi avanzata da Standard & Poor's, per evitare il declassamento, la compagnia italiana necessiterebbe di una ricapitalizzazione consistente;
   un eventuale declassamento comporterebbe per il gruppo un forte svantaggio competitivo nei confronti dei principali concorrenti europei, legato a fattori esogeni alla gestione delle proprie attività, con possibili riflessi occupazionali, in un contesto globale di crisi economica;
   l'abbassamento del rating di un operatore di primo piano anche sulla scena europea e internazionale avrebbe gravi conseguenze su tutto il sistema Paese, causando inevitabilmente una perdita di fiducia da parte degli investitori istituzionali italiani ed esteri, con ripercussioni sulla capacità di finanziamento del debito pubblico attraverso il collocamento di titoli di Stato –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di tutelare il sistema economico-finanziario italiano da possibili fenomeni di speculazione finanziaria o di alterazione iniqua degli equilibri di mercato, che potrebbero compromettere il percorso di ripresa economica del Paese.
(2-00323) «Causi, Martella, Giampaolo Galli, Ginato, Fiano, Amendola, Peluffo, Marchi, Bratti, Coscia, Bellanova, Lenzi, De Micheli, Cenni, Guerra, D'Ottavio, Bargero, Baruffi, Cani, Cinzia Maria Fontana, Cominelli, Cova, Mauri, Mazzoli, Rughetti, Velo, Fregolent, Moscatt, Mariastella Bianchi, Villecco Calipari, Garavini, Fragomeli, Gutgeld, Petrini, Bobba, Rosato, Fanucci».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 3, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 195 del 2008, tutti i soggetti che trasportano fuori dal territorio nazionale verso l'Italia una somma pari o superiore a 10 mila euro (inclusi strumenti negoziabili al portatore, traveller's cheques e assegni firmati ma privi del nome del beneficiario) sono tenuti a comunicarlo ai funzionari delle dogane con una dichiarazione conforme al modello disponibile sul sito dell'agenzia delle dogane;
   le sanzioni amministrative pecuniarie applicabili in caso di violazione dell'obbligo di comunicazione dei trasferimenti di denaro contante eccedenti i 15.000 euro sono fissate, secondo le modifiche apportate dal decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, nelle misure seguenti: dal 10 per cento al 30 per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di 10.000 euro, se tale valore non è superiore a 10.000 euro; dal 30 per cento al 50 per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di 10.000 euro, se tale valore è superiore a 10.000 euro;
   l'articolo 39 della legge dello Stato della Città del Vaticano n. CXXVII, emanata il 30 dicembre 2010 e concernente la prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo, prevede che: «ogni persona fisica che entra o esce dallo Stato trasportando denaro contante di importo pari a quello stabilito dalla disciplina vigente (10.000 euro) nell'ordinamento europeo deve dichiarare tale somma in forma scritta all'Autorità di informazione finanziaria (AIF), che effettua controlli sul rispetto degli obblighi previsti dal presente Capo e irroga, in caso di loro violazione, sanzioni amministrative pecuniarie»;
   nella sua ultima relazione relativa al 2012, l'Autorità di informazione finanziaria ha comunicato che le dichiarazioni in uscita in Vaticano presentate nel 2012 sono state 1782, mentre nel 2011 erano state 1894;
   a fronte di questi dati, secondo quanto sostenuto da Il Fatto Quotidiano in data 26 ottobre 2013, risulterebbe che le dichiarazioni in entrata presentate alle dogane italiane siano invece state pochissime, quando non addirittura nessuna e che dunque sussista un disallineamento totale tra il numero delle dichiarazioni in uscita in Vaticano e le dichiarazioni in entrata in Italia, a testimonianza del mancato rispetto dell'obbligo parallelo di dichiarazione previsto dalla nostra legislazione vigente;
   inoltre, sempre secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, cui sono attribuiti poteri di accertamento sull'evasione dell'obbligo di dichiarazione, si sarebbe a più riprese rifiutata di fornire dati precisi in merito al numero delle dichiarazioni in entrata in Italia di somme provenienti dalla Città del Vaticano pari o superiori a 10 mila euro –:
   se sia a conoscenza delle problematiche evidenziate in premessa;
   se, anche al fine di fare chiarezza su potenziali fenomeni di riciclaggio, non ritenga opportuno richiedere che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli fornisca l'elenco preciso di dichiarazioni in entrata di somme provenienti dal Vaticano pari o superiori a 10 mila euro, per avere finalmente contezza dei flussi in contante tra lo Stato della Città del Vaticano e l'Italia.
(2-00324) «Chimienti, Rostellato, Tripiedi, Cominardi, Bechis, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto, Cecconi, Di Vita, Baroni, Dall'Osso, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Lupo, Benedetti, Gagnarli, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Parentela, Gallinella, Turco, Sarti, Colletti, Bonafede, Ferraresi, Agostinelli, Businarolo, Micillo».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 3010 dispone il blocco degli stipendi per il triennio 2011-2013 per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 8 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;
   l'articolo 4, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012 dispone il blocco degli stipendi per il biennio 2013-2014 per tutti i dipendenti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, con esclusione di quelle che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica, delle società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché delle società di cui all'articolo 23-quinquies, commi 7 e 8, dello stesso decreto, e delle società finanziarie partecipate dalle regioni, ovvero di quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, individuate, in relazione alle esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, nonché all'esigenza di assicurare l'efficacia dei controlli sulla erogazione degli aiuti comunitari del settore agricolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro o dei Ministri aventi poteri di indirizzo e vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2013 ha stabilito che sono società che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, nei cui riguardi ricorrono esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, sia Equitalia spa che le società di riscossione dalla stessa controllate, escludendole in via espressa dal blocco degli stipendi per il biennio 2013-2014 stabilito dal decreto-legge n. 95 del 2012;
   relativamente all'anno 2013, si verifica una sovrapposizione tra il blocco degli stipendi a suo tempo stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2010 e quello identico successivamente riproposto dal decreto-legge n. 95 del 2012;
   l'espressa esclusione di Equitalia spa e delle società di riscossione dalla stessa controllate, dal blocco degli stipendi stabilito per il 2013 e 2014 dalla disposizione più recente non può che implicare, quanto meno relativamente all'anno 2013 per cui si verifica la sovrapposizione, anche il venir meno dell'identico blocco stabilito dalla normativa precedente;
   ciò nonostante, a tutt'oggi i vertici di Equitalia spa continuano ad applicare ancora sul 2013 il blocco degli stipendi nei confronti di tutti i dipendenti;
   si rischia di replicare anche per il successivo anno 2014 la sovrapposizione già evidenziata per il 2013 –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato al fine di assicurare ai dipendenti di Equitalia spa e relative controllate l'applicazione della stessa disciplina che, fin dal primo blocco degli stipendi disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010, è stata applicata ai dipendenti delle società Sogei (Società generale d'informatica spa – società posseduta al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze) e Consip spa (società posseduta al 100 per cento dal Ministro dell'economia e delle finanze), in accordo alle finalità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 2013.
(2-00326) «Zanetti, Sottanelli, Dellai».

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli ordini dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di quasi tutte le regioni italiane denunciano l'attuale situazione venutasi a determinare, in prossimità delle scadenze fiscali e tributarie di fine anno, sia nell'ambito degli adempimento locali, che nazionali, di assoluta gravità con riferimento alle norme incerte legate alle scadenze che mutano costantemente;
   le mutevoli decisioni in particolare relative alla tassazione immobiliare e dei trasferimenti agli enti locali, il calcolo delle aliquote dell'imposta, i nuovi tributi legati ai servizi locali di cui non si comprendono per quali finalità siano previsti, stanno determinando notevoli problemi e disordini nell'ambito dell'organizzazione del lavoro degli studi professionali dei commercialisti e una serie di problematiche legate ai sistemi di software che devono essere costantemente aggiornati; 
   tra le proroghe scaglionate per gli acconti e l'introduzione di ogni nuovo adempimento tributario, i commercialisti evidenziano come le condizioni venutesi a determinare da qualche mese, causano gravi danni sia nei confronti dei propri clienti e contribuenti, che della stessa amministrazione finanziaria, oltre che della qualità del servizio reso in qualità di professionisti e di esperti in materia fiscale e tributaria;
   sul fronte legislativo, i commercialisti rilevano inoltre i sistematici ritardi nell'emanazione dei decreti di attuazione delle norme primarie a cui si aggiungono le difficoltà nell'orientarsi nell'insidioso labirinto della normativa tributaria;
   l'interrogante evidenzia inoltre come i suesposti profili di criticità determinano inevitabili conseguenze anche nei confronti del ritorno economico legato alle prestazioni professionali, con la riscossione delle parcelle che risulta sempre più difficoltosa –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere per migliorare nel complesso l'ordinamento fiscale e tributario del nostro Paese, al fine di rendere più semplici e trasparenti gli adempimenti e le scadenze dei tributi per i contribuenti e conseguentemente l'attività dei dottori commercialisti costretta ad affrontare una serie di difficoltà operative senza precedenti. (4-02782)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   su proposta del Ministro della salute, con decreto-legge varato il 22 marzo 2013, il Consiglio dei ministri ha rinviato al 1° aprile 2014 la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, strutture che ricalcano le orme dei vecchi manicomi e che ospitano ben 1.550 individui;
   il decreto-legge, nel disporre la proroga del termine, sollecita gli interventi strutturali dovuti alle regioni per il superamento di fatto degli ospedali psichiatrici giudiziari, invitando inoltre i servizi di salute mentale ad incrementare «la realizzazione di percorsi terapeutici riabilitativi» e a favorire l'adozione da parte dei magistrati di «misure alternative all'internamento»;
   resteranno quindi aperti fino ad aprile 2014 cinque luoghi definiti «di tortura» dal Consiglio d'Europa, di autentico orrore indegno di un Paese civile e qualificati dalla commissione Marino (della passata legislatura) come luoghi nei quali è calpestata ogni forma di dignità umana;
   a causa del ritardo accumulato nel corso di quest'anno nell'emanazione di provvedimenti funzionali alla messa a punto delle strutture sanitarie ed alla sostanziale inerzia della maggior parte delle regioni e dei servizi di salute mentale tutto ancora è fermo in vista della data di chiusura prevista dal decreto-legge;
   nonostante i richiami da parte del Ministro della giustizia alle regioni sin dal gennaio 2013, la maggior parte di esse non ha ancora inviato uno specifico programma di utilizzo delle risorse, con l'indicazione dell'organizzazione dei progetti e dei luoghi riabilitativi, pur conoscendo i criteri ed i parametri strutturali dall'ottobre scorso –:
   se trovi conferma che il termine del 1° aprile 2014 potrebbe essere superato ancora una volta rendendo necessaria un'ulteriore proroga dei termini del percorso che porti alla chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari;
   quali iniziative siano state intraprese dal Ministro affinché sia completato su tutto il territorio nazionale il programma definitivo di dimissioni degli internati dagli ospedali psichiatrici giudiziari con la presentazione dei progetti entro il termine previsto. (4-02773)


   POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (da ora DAP) da più di un decennio ha posto il problema di chi debba curare, dopo il giudizio con rito direttissimo, la traduzione di persone nei cui confronti sia emesso un provvedimento di arresti domiciliari o per le quali, a seguito di giudizio direttissimo, sia pronunciata condanna a pena detentiva con trasferimento presso un istituto penitenziario;
   come ampiamente evidenziato dall'UGL polizia penitenziaria in una nota del 14 maggio scorso consegnata all'allora vice capo vicario dottoressa Matone, il problema è stato affrontato presso gli uffici giudiziari di Roma sin dal 2001 con apposite direttive inoltrate agli organi giudiziari della capitale, riassumendo le competenze della polizia penitenziaria in materia di traduzioni ed accogliendo in parte la tesi del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, fondata sul principio generale secondo cui la traduzione compete alla polizia penitenziaria a condizione che il soggetto abbia fatto ingresso in carcere e sia stato assunto in carico matricolare da un istituto penitenziario, così da poter acquisire formalmente e giuridicamente lo status di detenuto;
   l'assetto normativo del servizio traduzioni e piantonamenti del Corpo di polizia penitenziaria è stato profondamente rivisto con il decreto ministeriale 8 febbraio 2012, istitutivo dell'ufficio centrale della sicurezza e delle traduzioni nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, e poi con la circolare DAP 14 marzo 2013, n. 3643/6093, recante il nuovo modello operativo delle traduzioni, la cui entrata in vigore comporta anche la contestuale abrogazione del vecchio modello (circolare DAP 30 luglio 1998, n. 3433/5933) e di tutte le disposizioni in materia, incompatibili con il nuovo modello operativo;
   il paragrafo 3 del Nuovo modello operativo del servizio traduzioni, sviscerando sostanzialmente quanto già deducibile dalla normativa primaria (articolo 42-bis, legge n. 354 del 1975, recante l'ordinamento penitenziaria) e secondaria vigente (articolo 84, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, inerente il nuovo regolamento di esecuzione dell'Ordinamento penitenziario e 51, decreto del Presidente della Repubblica n. 82 del 1999, recante il regolamento di servizio del Corpo di polizia penitenziaria), ha chiarito in modo inequivoco le competenze della polizia penitenziaria in materia di traduzioni e piantonamenti, riconoscendo «quale principio di carattere generale, la competenza della polizia penitenziaria in materia di traduzioni e piantonamenti nei confronti dei soggetti che siano preventivamente assunti in carico da un istituto penitenziario mediante l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 7 del Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale (decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334). Criterio determinativo della competenza, in tutti quei casi che possono sollevare perplessità in ordine alla forza di Polizia tenuta ad eseguire la traduzione, dovrà pertanto essere considerato quello della preventiva immatricolazione»;
   al fine di evitare equivoci, poi, sempre il citato § 3 afferma che «Il servizio traduzioni dei detenuti e degli internati è stato diversamente regolamentato per le categorie dei soggetti di seguito elencati», tra i quali si annoverano anche i «(...) f) soggetti nei cui confronti, a seguito della convalida dell'arresto senza dibattimento contestuale, siano stati disposti gli arresti domiciliari, ovvero tradotti direttamente dal Palazzo di Giustizia al domicilio: la traduzione è effettuata dalla autorità di polizia che ha operato l'arresto; g) soggetti condannati con giudizio direttissimo alla pena detentiva da espiare presso un istituto penitenziario: la traduzione è effettuata dalla autorità di polizia che ha operato l'arresto»;
   si ritiene che la nuova disciplina delle traduzioni contrasti con la prassi adottata sin dal 2001 presso vari uffici giudiziari e quindi con l'espletamento di attività non previste dal nuovo modello operativo, imponendo alla polizia penitenziaria l'esecuzione di traduzioni di detenuti di fatto non dovute;
   l'esecuzione delle traduzioni in questione pone a rischio la salute degli operatori e i soggetti arrestati poiché questi ultimi sono privi di nulla osta sanitario (v. l'articolo 83, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, recante il regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario) che sancisca l'idoneità del soggetto ad essere tradotto con i furgoni per il trasporto detenuti del Corpo di polizia penitenziaria;
   l'emanazione della legge n. 9 del 2012 (cosiddetta legge svuotacarceri) avrebbe dovuto, deflazionare gli ingressi presso gli istituti penitenziari, limitando il fenomeno delle cosiddette porte girevoli, e quindi riducendo il carico di lavoro dei nuclei traduzioni e piantonamenti della polizia penitenziaria;
   a fronte dell'adozione del citato provvedimento normativo, e con riferimento agli uffici giudiziari di roma, l'UGL polizia penitenziaria ha evidenziato che nel 2012, su 6893 arrestati transitati dalle camere di sicurezza del tribunale di Roma in composizione monocratica, sono stati accompagnati presso i penitenziari della capitale n. 1097 soggetti arrestati (di cui n. 653 destinati alla casa circondariale di Regina Coeli; n. 386 diretti alla casa circondariale di Rebibbia e n. 58 da tradurre alla casa circondariale Femminile di Rebibbia), con un trend che non accenna a diminuire durante il 2013;
   l'organizzazione dei giudizi direttissimi pesa in modo notevole sull'organizzazione del servizio dei nuclei traduzioni di Roma, impedendo una ordinaria programmazione del servizio, con una evidente antieconomicità dell'attività operativa, riconducibile al dispendio di personale, di lavoro straordinario e di riposi revocati, sopportati dalla polizia penitenziaria;
   l'UGL polizia penitenziaria segnala, altresì, la prassi invalsa presso alcuni uffici giudiziari della Penisola di ordinare al Corpo di polizia penitenziaria la traduzione di soggetti internandi –:
   se intenda assumere iniziative per quanto di competenza affinché il Corpo di polizia penitenziaria esegua solo le traduzioni previste dal nuovo modello operativo del servizio (decreto ministeriale 8 febbraio 2012 e circolare DAP 14 marzo 2013, n. 3643/6093) e non anche quelle dei soggetti arrestati che debbono essere condotti dal tribunale agli istituti penitenziari, per effetto di ordinanze di custodia cautelare in carcere o per provvedimenti di immediata condanna, ovvero dei soggetti internandi e affinché siano eseguite solo le traduzioni previste dal nuovo modello operativo, evitando quelle di soggetti non in carico agli istituti penitenziari;
   se intenda assumere un'iniziativa normativa affinché il principio sub § 3 del nuovo modello operativo del servizio (circolare DAP 14 marzo 2013, n. 3643/6093), nella parte in cui si afferma «la competenza della polizia penitenziaria in materia di traduzioni e piantonamenti nei confronti dei soggetti che siano preventivamente assunti in carico da un istituto penitenziario mediante l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 7 del regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale (decreto ministeriale 30 settembre 1989, n. 334). Criterio determinativo della competenza, in tutti quei casi che possono sollevare perplessità in ordine di polizia tenuta ad eseguire la traduzione, dovrà pertanto essere considerato quello della preventiva immatricolazione» sia recepito nella legislazione primaria. (4-02778)


   LODOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 novembre 2013 una delegazione del Partito Democratico guidata dall'interrogante ha fatto visita alla casa circondariale di Ancona Montacuto, accertando alcune criticità inerenti, in particolare, alle carenze strutturali e di personale di tale istituto;
   risulta insufficiente la dotazione organica effettiva della polizia penitenziaria: il personale di polizia penitenziaria presente è di n. 131 unità su un organico previsto di n. 188 unità, come da decreto del Ministero della giustizia, a firma del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, recante la data del 5 ottobre 2012;
   la necessità di assegnare un'adeguata dotazione organica del Corpo di polizia penitenziaria presso la casa circondariale di Ancona Montacuto, che ad oggi ospita n. 218 detenuti dal momento che l'istituto è in fase di ristrutturazione ma a lavori terminati la capienza si attesterà attorno ai 250 detenuti circa;
   la mancanza di personale di polizia penitenziaria comporta aggravio dei carichi di lavoro, stress psicofisico, ricorso al lavoro straordinario, ed alimenta il malcontento fra gli agenti;
   particolarmente grave risulta altresì la carenza di organico per il personale educativo che presenta solo 3 operatori e 1 psicologo che non possono adeguatamente far fronte ai detenuti presenti –:
   quali iniziative urgenti di competenza si intendano intraprendere al fine di consentire in tempi brevi il potenziamento della dotazione organica attuale del corpo di polizia penitenziaria e l'assegnazione di altre unità dell'area socio-educativa presso la casa circondariale di Ancona Montacuto. (4-02786)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'intervento «Accessibilità a Malpensa (collegamento tra la strada statale n. 11 “Padana Superiore” a Magenta e la tangenziale ovest di Milano, con variante di Abbiategrasso e adeguamento in sede del tratto della strada statale n. 494 da Abbiategrasso fino al nuovo ponte sul Ticino») si inquadra nelle opere di adeguamento e potenziamento della viabilità di connessione con l'aeroporto di Malpensa;
   lo sviluppo complessivo di tale opera comprende la variante Abbiategrasso, in nuova sede su strada statale 494 e riqualifica in sede del tratto Abbiategrasso Vigevano, con esclusione del ponte sul Ticino (con cui l'intervento si accorda, ma oggetto di altro progetto);
   tale opera infrastrutturale è stata inclusa, con delibera del Cipe n. 121 del 2001 nell'ambito del «corridoio plurimodale padano – sistemi stradali e autostradali – accessibilità Malpensa», nonché nell'intesa generale quadro tra il Governo e la regione Lombardia, sottoscritta l'11 aprile 2003, e l'ANAS è soggetto aggiudicatore;
   il Cipe con la delibera n. 8 del 31 gennaio 2008 ha approvato il progetto preliminare con prescrizioni e raccomandazioni per un costo complessivo dell'intervento pari a 281 milioni euro e la copertura finanziaria è stata assicurata a valere sulle risorse della legge n. 345 del 1997, nonché su quelle regionali di cui alla legge n. 41 del 2004; ed ha inoltre assegnato, in via programmatica, un contributo di 6 milioni di euro per 15 anni a valere sui fondi di cui all'articolo 1, comma 257, della legge n. 244 del 2007, con decorrenza dal 2009;
   successivamente con decreto interministeriale del 16 novembre 2012 n. 405 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, preso atto del mancato deposito del progetto, ha revocato il finanziamento dell'opera ai sensi dell'articolo 32 del decreto-legge n. 98 del 2011;
   la mancata realizzazione della superstrada da Vigevano ad Albairate, e poi da Albairate verso Malpensa – da un lato – e verso Milano – dall'altro – genera ogni anno rilevanti danni particolarmente significativi al sistema locale per quanto concerne l'economia, l'ambiente, la sicurezza, la qualità della vita della popolazione;
   in base ad uno studio commissionato ad un gruppo di ricerca dell'università di Pavia nel 2011, il costo stimato per la popolazione nel caso in cui l'intervento previsto non sia portato a termine è significativamente maggiore dell'investimento necessario – seppur ingente – per l'effettiva realizzazione dell'opera e l'apertura al pubblico: «La stima prende in considerazione tanto costi diretti, ossia direttamente sopportati dagli utenti della nuova strada, quanto indiretti, ossia a carico dall'intero sistema locale a prescindere dal suo utilizzo. In altre parole, si può concludere che – sulla base di questa stima orientativa – la non realizzazione della superstrada costa al territorio non meno 109 milioni di euro all'anno (differenza fra quota ammortamento costruzione superstrada e costi sopportati in assenza di essa). Un valore che può addirittura arrivare a circa 150 milioni di euro nel caso in cui si voglia considerare anche i costi supplementari sopra richiamati.»;
   in assenza di interventi di questo tipo, appare difficile attivare un percorso di sviluppo sociale (aumento della popolazione) ed economico (rilancio del tessuto imprenditoriale) per un sistema locale che, nonostante le difficoltà derivanti dalla crisi in atto, presenta grandi potenzialità;
   la costruzione della superstrada concorre a sanare un'altra carenza del territorio relativa alla mancanza di un casello autostradale nelle immediate vicinanze di un polo industriale che continua a ricoprire un ruolo importante per il territorio –:
   se non ritenga strategica la costruzione di una variante stradale, quale è la variante Abbiategrasso Vigevano, che si raccorda ad un ponte, che senza alcun collegamento si trasformerà ineluttabilmente in una nuova «cattedrale nel deserto»;
   se non intenda fornire chiarimenti in merito alle modalità e alle motivazioni della revoca del finanziamento;
   se non intenda assicurare che il distretto industriale di Vigevano, privo di una «superstrada», non rimanga di fatto isolato e privo di collegamenti efficienti con il nord della Lombardia e tagliato fuori dalle arterie del trasporto principale;
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di permettere il rifinanziamento di quest'opera che è ancora oggi inclusa nel programma per le infrastrutture strategiche da realizzare in modo «indifferibile» (allegato «0» della delibera del Cipe 136 del 21 dicembre 2012).
(2-00325) «Mazziotti Di Celso, Dellai».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'intero settore del trasporto aereo si trova in grossa difficoltà, a causa della crisi economica generale, che ha comportato una consistente diminuzione del traffico passeggeri e merci;
   il traffico aereo nell'aeroporto delle Marche, «Raffaello Sanzio», di Ancona-Falconara Marittima sta subendo un forte ridimensionamento del numero dei voli a causa della riorganizzazione nei collegamenti e delle tratte da parte delle compagnie aeree, come ad esempio Ryanair;
   la crisi del settore aereo ha colpito anche diversi aeroporti limitrofi e simili a quello delle Marche, come ad esempio Forlì e Rimini, decretandone, di fatto, la chiusura come nel caso di Forlì;
   l'aeroporto «Raffaello Sanzio» è l'unico aeroporto delle Marche ed un'importante realtà per il territorio marchigiano, da quello imprenditoriale a quello turistico. Per questo è necessario espandere il traffico merci a sostegno della manifattura marchigiana e del sistema turistico della regione, al fine di potenziare il tessuto sociale produttivo: la piccola industria, l'artigianato, il turismo, la piattaforma logistica delle Marche;
   l'aeroporto delle Marche rientra nell'ambito del riassetto nazionale degli aeroporti italiani, tra gli scali di interesse nazionale soprattutto per il segmento cargo ed è un avamposto commerciale rispetto ai Paesi e ai mercati dell'Est;
   tale aeroporto ha ottenuto dall'Enac la concessione di trentacinque anni, che permette perciò di traguardare su lunghi periodi politiche e strategie di sviluppo nell'ambito del trasporto aereo;
   occorre quindi un piano industriale vero per il rilancio dell'aeroporto nell'ambito della strategia europea e mondiale, con sani strumenti di pianificazione volti alla crescita delle Marche e del Paese;
   è importante un rilancio dei voli verso la Germania, Roma, Milano, e Londra, ma per far ciò serve strategia, pianificazione, strumenti, e governance capace di coinvolgere le istituzioni locali, i comuni, le province, le camere di commercio, le istituzioni, e le imprese;
   la società Aerdorica spa, che è responsabile di tutte le attività operative dell'aeroporto di Ancona-Falconara, è attualmente priva del direttore generale, in quanto Marco Morriale risulta essere indagato per peculato ed è quindi stato sospeso dalla regione;
   nel mese di ottobre 2013 si è dimesso il presidente della società, Cleto Sagripanti, e dopo la Presidenza pro tempore di Paolo Costanzi, nei primi giorni di novembre la regione Marche ha nominato, in tutta fretta, quale nuovo presidente, Giovanni Belluzzi, un professore commercialista demandato a stabilizzare i conti;
   la società Aerdorica spa si trova in una situazione finanziaria difficile, a causa di mala gestione e pesanti indebitamenti creatisi nel corso degli anni;
   le difficoltà finanziarie di Aerdorica spa hanno costretto la società stessa, nell'arco degli ultimi anni, a politiche di risparmio e riorganizzazione, nonché a interventi sul personale medesimo come contratti di solidarietà e cassa integrazione;
   nell'ambito di tali politiche, Aerdorica ha reinternalizzato alcune lavorazioni appaltate a terzi, come il carico e scarico bagagli appaltato ad alcune cooperative, con la conseguenza di una perdita di circa quindici posti di lavoro;
   i dipendenti di Aerdorica spa non ricevono stipendi da mesi e molti lavoratori indiretti hanno perso il lavoro;
   l'aeroporto è privo di qualsiasi strumento di riscaldamento, pertanto sia i lavoratori sia i passeggeri sono al freddo;
   nonostante la precarietà in cui vivono i dipendenti, la regione Marche ha proposto un aumento di capitale di oltre 2 milioni di euro –:
   se sia a conoscenza della grave situazione in cui versa l'aeroporto «Raffaello Sanzio», nonché la società Aerdorica spa che gestisce l'aeroporto delle Marche;
   se una strategia coerente e mirata che punti all'espansione del traffico merci e di quello passeggeri affidata a un nuovo consiglio di amministrazione e ad un consolidamento anche finanziario possa migliorare le condizioni della società aeroportuale;
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, per il futuro di Aerdorica spa e a favore dei suoi dipendenti che da mesi non percepiscono lo stipendio e vivono in condizioni precarie. (5-01636)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Enav, la società che gestisce il controllo del traffico aereo, dal primo gennaio (o dal primo marzo) 2014 declasserebbe l'Aeroporto D'Abruzzo abbassando l'operatività da 24 ore al giorno a 16 ore. Per lo scalo pescarese, che ha già subito l'azzeramento del traffico commerciale e la cancellazione del volo postale, si prospetta l'ennesimo ridimensionamento;
   attualmente il controllo del traffico aereo è garantito per l'intera giornata solare, per 24 ore. Il piano prospettato dal l'Enav prevede che detto presenziamento si riduca a 16 ore giornaliere, cioè nemmeno lo stretto indispensabile per garantire gli attuali voli;
   la regione Abruzzo dovrebbe fare del trasporto aereo uno dei principali volani per la ripresa di una economia legata al turismo e alle attività commerciali;
   per questo non è possibile accettare il progetto di ridimensionamento dell'aeroporto regionale d'Abruzzo di Pescara;
   i sindacati hanno dichiarato che questo atto potrebbe essere un colpo mortale per il futuro dell'aeroporto pescarese e chiedono, in subordine, di ragionare su una riduzione del presenziamento che però non può scendere sotto le 18 ore giornaliere, unitamente a programmi di reperibilità del personale –:
   se non intenda intervenire per salvaguardare l'operatività dello scalo, mantenendo l'attività H 24, evitare di mettere a rischio il futuro dell'aeroporto D'Abruzzo e garantire un servizio efficiente ai cittadini e alle imprese abruzzesi. (4-02775)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILVIA GIORDANO, LUIGI GALLO, COLONNESE, FICO e TOFALO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 novembre 2013 i carabinieri ed il personale della DIA hanno effettuato ben 11 arresti, su provvedimento emesso dal tribunale di Napoli dal giudice delle indagini preliminari Iaselli su richiesta del pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia Landolfi. Le accuse vanno dalla turbativa d'asta, con l'aggravante dell'articolo 7 (metodo mafioso), al concorso esterno in associazione mafiosa alla concussione;
   destinatari degli arresti sono politici, vertici dell'asl ed esponenti della camorra. Secondo quanto scrive il giudice, il direttore generale dell'asl Caserta 1, Alfonso Bottino, in concorso con Angelo e Giuseppe Grillo, avrebbe compiuto diversi atti illegittimi nell'ambito di assegnazione di appalti per il servizio di pulizie di presidi ospedalieri e strutture territoriali dell'ASL Caserta 1;
   dal 20 aprile 2005 al dicembre 2010, il servizio sarebbe stato affidato alla ditta New Splash, per un importo annuo di euro 4.760.016,00 in violazione dell'articolo 4 del decreto-legge n. 490 del 1994 e successive modificazioni, dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 e dell'articolo 91 del decreto-legge n. 159 del 2011 che prevedono la preventiva richiesta alla prefettura delle informazioni antimafia, ovvero in violazione delle nome contemplate nel codice degli appalti che prevedono l'aggiudicazione di contratti pubblici mediante procedura negoziata con pubblicazione di bando di gara;
   sempre secondo la ricostruzione del giudice, con delibera n. 566 del 4 novembre 2008, il suddetto direttore generale avrebbe avviato il procedimento di recesso unilaterale del suddetto contratto proprio per cause interdittive (antimafia), ma tale procedimento si sarebbe concluso solo il 3 marzo 2009, con la delibera n. 118 dell'Asl di Caserta, provocando intenzionalmente un ennesimo ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nel pagamento del servizio di pulizia prestato dalla ditta New Splash fino alla risoluzione del contratto;
   in questo scenario, moralmente degenerato, si sarebbe aggiunta anche la vicenda della gara aggiudicata nel 2006, per 27 milioni di euro alla Co.lo Coop. Di Milano e all'Ati composta dalla Derichbourg multiservizi e dal Consorzio Consep, in maniera del tutto arbitraria da parte dei pubblici ufficiali che avrebbero, quindi, operato attraverso plurime violazioni di legge e false attestazioni rispetto ai loro doveri di economicità, efficienza, imparzialità, trasparenza, con l'aggravante di agevolare l'organizzazione camorristica clan Belforte –:
   di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative ai sensi del combinato disposto degli articoli 143 e 146 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-02791)


   REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la triste e tangibile catastrofe ambientale, sanitaria ed economica che da anni interessa le province di Napoli, Caserta, in particolare la «terra dei fuochi» – area compresa tra i comuni di Qualiano, Giugliano, Villaricca, Casal di Principe, Villa Literno – la Baia Domizia, i territori a nord di Napoli è, da tempo, tristemente nota all'Unione europea, al Governo italiano, all'amministrazione regionale della Campania, all'opinione pubblica nazionale ed internazionale; questo «ecocidio» dato dallo sversamento e trattamento illegali di rifiuti e quasi sempre legati alla criminalità organizzata, come lamentano le più importanti associazioni ambientali nazionali come Legambiente, ha interessato anche territori limitrofi alla Campania e anche altre zone d'Italia;
   il comune di Giugliano in Campania (Napoli) è stato sciolto ex lege per infiltrazioni mafioso-camorristiche nell'aprile del 2013; l'attuale commissario prefettizio è rappresentato dal dottor Fabio Giombini;
   da verbali trasmessi dal commissario delegato Mario De Biase alle competenti autorità, quali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Campania e presentati anche nel corso di un'audizione informale, il 27 novembre 2013, dal detto Commissario alla VIII Commissione della Camera dei deputati, si evince che nel comune di Giugliano in Campania insistono tre pozzi privati fortemente inquinati e tuttora utilizzati per irrigare campi dedicati alla produzione agricole ad alimentazione umana;
   nello stesso territorio comunale esistono poi campi coltivati con percentuali altissime e fuori norma di inquinanti per cui non è stata ancora emessa ordinanza commissariale di sequestro e divieto alla coltivazione da parte dell'amministrazione straordinaria di Giugliano in Campania;
   si manifestano altresì nei citati verbali descrizioni di atteggiamenti che appaiono all'interrogante dilatori da parte degli uffici dell'amministrazione comunale nel rendere effettive le ordinanze di sequestro di pozzi e terreni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e se essi trovino riscontro e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere al fine della tutela dell'ambiente e della salute pubblica. (4-02792)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   BRESCIA, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, VACCA, DI BENEDETTO, MARZANA, D'UVA e BATTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a causa delle politiche messe in atto negli ultimi anni, le università italiane hanno subito un rilevantissimo taglio dei finanziamenti e molte di queste non hanno potuto sostituire il proprio personale docente che progressivamente è andato in pensione;
   tale situazione, oltre a comportare inevitabilmente un impoverimento dell'offerta formativa, può condurre a conseguenze rovinose nel tempo, dato che la possibilità di offrire corsi universitari è anche legata al numero dei docenti di cui si dispone;
   l'emanazione del decreto ministeriale 9 agosto 2013, n. 713, il cosiddetto decreto di distribuzione dei punti organico, ha generato ulteriore malcontento in molte università;
   particolarmente critica è la situazione di 21 atenei, che, pur soddisfacendo i requisiti del decreto legislativo n. 49 del 2012, in termini di indice di efficienza e di rapporto fondo per il finanziamento ordinario delle università/spese personale, hanno subito una riduzione del 20 per cento dei punti organico spettanti;
   il sopra citato decreto ministeriale ha penalizzato, soprattutto, il sistema universitario meridionale, comportando una riduzione da 114,7 a 91,2 punti organico nelle università del Mezzogiorno e, dunque, penalizzandone 19 su 23;
   le 23 università meridionali avranno a disposizione complessivamente nel 2013 un numero di punti organico inferiore alle tre sedi del Nord più favorite (Bologna, Milano, Politecnico di Milano);
   appare più che mai urgente porre rimedio alle conseguenze create dall'applicazione delle nuove norme intervenute senza tener conto delle peculiarità delle singole realtà territoriali e con criteri assolutamente discrezionali;
   uno dei pochi istituti ad aver tratto beneficio dalle nuove disposizioni in materia di punti organico, passando addirittura da 0,57 a 5,71 punti organico, è la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, di cui è stato rettore fino a qualche mese fa il Ministro interrogato –:
   come intenda intervenire per evitare che molte prestigiose università meridionali, già penalizzate dall'assenza di investimenti strategici di settore, siano lasciate all'inevitabile declino e al rischio reale di chiusura, non solo di interi corsi di laurea, ma anche degli atenei stessi. (3-00496)


   GIGLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 ottobre 2013, il Governo aveva accolto come raccomandazione l'ordine del giorno a firma Gigli e Calabrò, presentato in occasione della conversione in legge alla Camera dei deputati del decreto-legge n. 104 del 2013;
   nell'ordine del giorno si raccomandava al Governo:
    a) «di valutare l'opportunità di istituire un osservatorio nazionale con lo scopo di monitorare ogni dato utile per un'analisi attenta delle previsioni di fabbisogno sanitario nei prossimi anni, unitamente a una rivalutazione del fabbisogno di specialisti nelle diverse discipline, anche in relazione al mutamento dei dati epidemiologici, alle innovazioni tecnico-scientifiche e organizzative, e ai flussi pensionistici per le diverse discipline nei ruoli del servizio sanitario nazionale»;
    b) «di programmare gli accessi in modo da ridurre progressivamente, nell'arco di non più di un quinquennio, il gap esistente fra gli ingressi nelle facoltà di medicina e il conseguente numero di laureati e le possibilità di ingresso nelle scuole di specializzazione e nei corsi di formazione in medicina generale, con lo scopo di prevenire fughe all'estero – causa di sperpero di importanti risorse finanziarie, investite dal nostro Paese nell'impegno didattico per la formazione dei nuovi medici – e di evitare ai neo-laureati condizioni avvilenti di disadattamento o di impieghi dequalificanti»;
   non è possibile nel nostro Paese accedere ad alcun ruolo nell'ambito del servizio sanitario nazionale senza il possesso di un diploma di specializzazione o di un diploma di formazione in medicina generale;
   nel corso degli ultimi cinque anni si è assistito, altresì, ad un progressivo incremento, su richiesta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso, del numero di iscritti ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, saliti da 7.547 per l'anno accademico 2008/2009 a 10.173 per il 2012-2013;
   in controtendenza rispetto alle immatricolazioni a medicina, i contratti di formazione specialistica sono stati ridotti nel 2012 da 5.000, peraltro già insufficienti, a 4.500 e che i contratti per i corsi di medicina generale sono stati ridotti da 981 a 924 –:
   quale sia il numero dei contratti previsti per l'anno accademico 2012/2013 e se sia sufficiente a coprire le carenze di organico previste sulla base del fabbisogno regionale e dei flussi di pensionamento attesi. (3-00497)


   DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta dell'Assemblea del 31 ottobre 2013, in relazione all'atto Camera n. 1574, divenuto legge n. 128 del 2013, concernente «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», il Governo ha accolto gli ordini del giorno presentati dai deputati socialisti onorevole Marco Di Lello e onorevole Pia Locatelli;
   per garantire continuità nell'erogazione del servizio scolastico ed educativo e conferire il maggior grado possibile di certezza nella pianificazione degli organici della scuola, tali ordini del giorno impegnavano il Governo a verificare l'opportunità di prevedere, nelle more dell'aggiornamento triennale delle graduatorie di istituto che i docenti inseriti nella III fascia delle predette graduatorie che abbiano conseguito il titolo di abilitazione, attraverso il tirocinio formativo attivo ordinario, e quello da conseguire attraverso i percorsi abilitanti speciali, fossero scelti prioritariamente rispetto agli iscritti privi del suddetto titolo;
   tali ordini del giorno impegnavano, inoltre, il Governo a verificare l'opportunità di prevedere, nelle more del decreto di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento disposte ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da disporre per il triennio 2014-2017, che fosse consentita la presentazione della domanda di inserimento, in quarta fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento, ai docenti che hanno conseguito l'abilitazione al termine dei corsi universitari attivati ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, nonché agli iscritti a Scienze della formazione primaria, ai sensi dell'articolo 10 del decreto ministeriale del 14 giugno 2012 n. 53, estendendo tale valore concorsuale alle tre prove selettive di accesso;
   in occasione del previsto aggiornamento, l'ordine del giorno richiedeva che dovesse essere consentita la presentazione della domanda di inserimento nella quarta fascia, altresì, ai docenti che sono stati inseriti nelle graduatorie di merito compilate a seguito dell'espletamento del concorso a cattedra bandito con decreto del direttore generale n. 82 del 24 settembre 2012, facendo scorrere queste ultime, anche oltre i posti messi a bando, fino ad esaurimento delle stesse, oppure fino all'espletamento del concorso successivo;
   nell'ordine del giorno si impegna il Governo affinché tutti i docenti vincitori ed idonei presenti nelle graduatorie di merito concorsuali, all'espletamento del prossimo concorso, siano inseriti nella quarta fascia delle graduatorie ad esaurimento, ove fossero già presenti nella terza fascia delle stesse;
   a tutti gli idonei, qualora non abilitati, l'ordine del giorno impegnava a riconoscere, con effetto immediato, il titolo abilitante e, a tal fine all'articolo 5 del decreto interministeriale 24 novembre 1998 n. 460, a sostituire le parole «la vincita del concorso» con le parole «il superamento di tutte le prove concorsuali e la relativa idoneità»;
   al titolo di abilitazione conseguito tramite tirocinio formativo attivo si chiedeva, infine, con l'ordine del giorno, che fosse riconosciuto, ai fini dell'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, il valore di prova concorsuale, ai sensi del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 240 –:
   con quali modalità e in che tempi il Ministro interrogato intenda dar seguito agli ordini del giorno citati in premessa.
(3-00498)


   MATARRELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con un decreto del mese di novembre 2013 il Ministro interrogato ha autorizzato la sperimentazione di un progetto di innovazione metodologico-didattica a partire dal prossimo anno scolastico, che prevede l'abbreviazione del percorso scolastico da 5 a 4 anni per alcune scuole superiori;
   in merito alla sperimentazione non si riscontrano chiarezza e trasparenza perché nulla è stato comunicato alle scuole preventivamente ed ufficialmente, né si conosce ad oggi l'effettivo numero di scuole coinvolte nel progetto –:
   su quali basi metodologico-didattiche siano state concesse le sperimentazioni dopo la recente e controversa «riforma Gelmini» e se non si ritenga necessario lo slittamento della sperimentazione, affinché tutte le scuole siano messe in grado di conoscere criteri, parametri e vincoli della sperimentazione, per operare un'attenta analisi e un'accurata riflessione in materia, considerata la sua ricaduta sugli ordinamenti scolastici, nonché quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito all'impatto in termini di posti di lavoro, concernente tutto il personale della scuola, derivante dalla sperimentazione e dalla messa a regime dell'accorciamento dell’iter scolastico. (3-00499)


   COSTA, VIGNALI, CALABRÒ, DORINA BIANCHI, ROCCELLA e TANCREDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di novembre 2013 è stato sollevata pubblicamente, da tutte le organizzazioni giovanili rappresentative, mediche e non, la grave situazione che rischia di profilarsi riguardo al finanziamento dei contratti di specializzazione per i laureati in medicina;
   nel 2012 i relativi finanziamenti hanno permesso di sostenere 4.500 contratti;
   ogni anno alle facoltà di medicina si iscrivono circa diecimila matricole;
   il numero dei posti di accesso alla facoltà di medicina, ultimamente, ha registrato un leggero aumento, raggiungendo quota 12.000; al contempo, la riduzione delle borse di studio per i contratti di formazione specialistica ha reso la situazione paradossale: una sorta di imbuto che priva metà degli studenti iscritti della chance di spendere la propria formazione universitaria, poiché, allo stato attuale dei fatti, dopo la laurea, la specialità è un passaggio obbligato;
   di fatto, è impossibile lavorare nel servizio sanitario nazionale senza aver conseguito un diploma di specializzazione;
   per il 2013 lo stanziamento previsto sarebbe sufficiente per finanziare appena 2.800 candidati;
   tagliare ulteriormente questi contratti significa assumersi consapevolmente il rischio di rendere presto disoccupati migliaia di studenti per i quali lo Stato e le famiglie hanno investito per ben sei anni;
   questo ingiustificato taglio non è appena un problema della «sanità», ma anche del sistema universitario e del suo rapporto con il mondo del lavoro;
   il 22 ottobre 2013, all'unanimità, il Consiglio nazionale degli studenti universitari ha chiesto l'implementazione del capitolo di spesa relativo ai contratti di specializzazione per coprire 6.000 borse di studio, il numero minimo e indispensabile;
   per chiedere un intervento urgente del Parlamento si sono mobilitate anche le associazioni dei medici specializzandi, come l'associazione «Giovani medici», che insieme a «Federspecializzandi» ha realizzato una petizione on line (www.giovanemedico.it) e ha dato vita a manifestazioni di protesta, come il sit-in del 7 novembre 2013 davanti a Palazzo Montecitorio. Altre iniziative sono previste per i prossimi mesi –:
   se e come il Ministro interrogato intenda risolvere, e in tempi strettissimi, questa incresciosa circostanza, in particolare se intenda assumere iniziative in tempi rapidi, affinché si possa garantire ai giovani laureati in medicina la possibilità, di fatto necessaria e indispensabile, di poter proseguire il proprio percorso universitario con la formazione specialistica.
(3-00500)


   BUSIN, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GIANCARLO GIORGETTI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 29 novembre 2013 i mezzi di comunicazione hanno reso noto che, in seguito ad accertamento delle autorità competenti, nel Lazio il 62 per cento delle autocertificazioni degli studenti universitari sulla propria situazione economica per ottenere le facilitazioni previste dal diritto allo studio, quali le borse di studio, gli alloggi e l'accesso gratuito alle mense, sono risultate false; inoltre, si è saputo che tra gli oltre 7.000 stranieri iscritti nelle università del Lazio il 90 per cento ha fatto richiesta di benefici, e fra questi il 15 per cento ha dichiarato un reddito inferiore ai mille euro, senza tuttavia che un accertamento possa verificare l'attendibilità di tali dati; risulta, inoltre, che più del 50 per cento degli studenti che hanno diritto alle residenze universitarie nel Lazio sono extracomunitari, arrivando in alcune strutture all'80-90 per cento dei residenti;
   il dettato dell'articolo 34 della Costituzione afferma il principio per cui vanno rimossi gli ostacoli che impediscono a chi è capace e meritevole, anche se privo di mezzi, di usufruire del diritto al raggiungimento del più elevato livello di studio;
   ogni anno in Italia vengono presentate 250.000 domande di aiuto finanziario, e di queste circa il 70 per cento viene giudicato legittimo: ma si assiste al fenomeno per cui gli studenti dichiarati idonei e iscritti nelle università settentrionali ottengono la forma di sostegno richiesta, mentre uno su tre di coloro che sono iscritti nelle università meridionali non lo ottiene per mancanza di fondi regionali destinati allo scopo;
   in seguito alla piena entrata in vigore di quanto previsto dalla riforma del titolo V della Costituzione, saranno sempre più le regioni a dover farsi carico del diritto allo studio, con conseguente squilibrio determinato dalla differenza di disponibilità di risorse stabilito da regione a regione;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2001, «Uniformità del trattamento sul diritto agli studi universitari», non modificato in questo dal decreto legislativo n. 68 del 2012, stabilisce che, agli iscritti per la prima volta al primo anno dei corsi di studio, i benefici del diritto allo studio siano attribuiti valutando il solo requisito relativo alla condizione economica e producendo un'unica graduatoria degli idonei definitiva in ordine crescente sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee);
   il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sancisce, inoltre, che gli studenti stranieri accedono, a parità di trattamento con gli studenti italiani, ai servizi ed agli interventi per il diritto allo studio determinando gli indicatori isee ed ispe con le medesime modalità;
   l'applicazione di dette norme determina la produzione di due graduatorie degli studenti iscritti al primo anno idonei ai benefici del diritto allo studio: una relativa agli studenti appartenenti all'Unione europea ed una relativa agli studenti appartenenti ai Paesi extra Unione europea. In entrambe le graduatorie appare evidente come il livello economico del Paese di origine determini, di fatto, la posizione in cui collocare lo studente risultato idoneo ai benefici;
   ne consegue che gli studenti provenienti da Paesi con redditività molto bassa, o poco accertabile, occupano le prime posizioni della graduatoria di riferimento, impedendo, di fatto, l'accesso ai benefici a coloro che, certificando redditi decisamente bassi nel contesto occidentale, possiedono un indicatore isee molto elevato; mentre è vero che la condizione di disagio economico nel Paese di residenza non permette soluzione alcuna, scegliere di recarsi in un Paese dove le risorse proprie valgono meno che in patria è espressione di volontà;
   il primo degli ostacoli da rimuovere è senza dubbio il disagio economico, che, se non correttamente valutato ed interpretato, cioè nell'ambito economico e sociale dove il reddito è prodotto e dove la famiglia di origine vive, rischia di compromettere il prosieguo degli studi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative per reintrodurre i coefficienti di rivalutazione del reddito precedenti al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 aprile 1997, nonché, per quanto di competenza, se non ritenga di promuovere, come nell'ambito della sanità, un sistema di compensazione interregionale della mobilità studentesca.
(3-00501)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI e COSCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, come da ultimo modificato dall'articolo 7, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, stabilisce che i regolamenti delle università statali riguardanti le tasse e i contributi per gli studenti iscritti devono rispettare i principi di equità, progressività e redistribuzione, e devono tener conto degli eventuali anni di ritardo rispetto alla durata normale del corso di studio, del reddito familiare ISEE (indicatore della situazione economica equivalente), del numero di studenti iscritti appartenenti al medesimo nucleo familiare e della specifica condizione di studente lavoratore;
   la grande maggioranza delle università statali, anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012, hanno adottato regolamenti nei quali la determinazione delle tasse e contributi dovuti da ciascuno studente si basa principalmente sul reddito familiare ISEE, da autocertificarsi in base alla normativa vigente da parte dell'interessato;
   nei medesimi regolamenti sono sempre previste forme di verifica delle autocertificazioni prodotte e sanzioni per quelle risultate mendaci, spesso con forme di preventivo avviso bonario agli studenti affinché possano correggere eventuali errori, spesso involontari e dovuti all'inserimento dei dati nei moduli telematici, resi disponibili in rete;
   il regolamento vigente presso l'Università di Roma «Sapienza» (http://www.uniroma1.it/node/5927) stabilisce invece che «lo studente che fa una falsa autocertificazione:
    a) decade dal beneficio della riduzione delle tasse e deve pagare per l'anno di verifica l'importo delle tasse nella misura ordinaria;
    b) deve pagare una sanzione pari a 3 volte il doppio della differenza tra l'importo delle tasse da versare relative alla fascia Isee accertata dagli uffici e le tasse pagate in base alla fascia Isee dichiarata in Infostud per l'anno accademico in cui la dichiarazione si è dimostrata non veritiera (Delibera N. 8/13 del 22 gennaio 2013). Le sanzioni si applicano anche se l'importo dichiarato è di poco discordante dall'importo verificato, in quanto la legge prevede solo il caso di dichiarazione falsa o veritiera, a prescindere dall'entità della differenza»;
   in seguito al controllo delle autocertificazioni degli studenti iscritti all'Università di Roma «Sapienza» per l'anno accademico 2010/11 è risultato, come riportato da molti organi di stampa tra cui i quotidiani «Repubblica» e «Corriere della Sera», che centinaia di studenti sono stati sanzionati per autocertificazione non veritiera;
   tra gli studenti sanzionati sono stati scoperti casi di macroscopica e scandalosa evasione fiscale della famiglia di appartenenza, che richiederanno anche l'intervento dei tribunali, ma si sono anche verificati casi di errori minuscoli o involontari;
   a tutti gli studenti individuati come autori di autocertificazioni mendaci è stato richiesto di pagare, come stabilito dal regolamento di ateneo, il valore massimo della tassa di iscrizione più una multa pari a sei volte l'importo delle tasse dovute e non pagate, indipendentemente dall'entità dell'errore commesso e dalla fascia di reddito ISEE di effettiva e documentata appartenenza;
   può quindi accadere che, per studenti provenienti da famiglie con reddito ISEE certificato molto basso, la cifra totale da pagare è superiore a duemila euro, anche nei casi in cui la tassa effettivamente evasa sia dell'ordine di qualche euro o decina di euro;
   il mancato pagamento della sanzione blocca la carriera degli studenti interessati e risulterebbe che alcuni di loro stanno già abbandonando gli studi per l'impossibilità di pagare quanto richiesto dall'ateneo;
   è pienamente condivisibile la scelta dell'ateneo di perseguire con estrema severità coloro che, dichiarando redditi e condizioni patrimoniali molto inferiori al reale, accedono a benefici riservati agli studenti meno abbienti e sottraggono fraudolentemente risorse all'università;
   d'altra parte occorre prestare molta attenzione a singoli casi in cui la sanzione comminata può risultare sproporzionata rispetto al beneficio indebitamente ottenuto e potrebbe addirittura causare la conclusione forzata degli studi universitari per studenti provenienti da famiglie veramente poco abbienti –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché sulla base dei principi enunciati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, le pur irrinunciabili sanzioni per autocertificazioni mendaci siano maggiormente commisurate alla tipologia e all'entità dell'errore effettivamente commesso e delle somme sottratte all'università e all'erario. (5-01637)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI SALVO e BOCCADUTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la normativa sui prepensionamenti dei dipendenti iscritti alla gestione INPGI ha subito rilevanti modifiche introdotte dalle leggi n. 2 del 2009, n. 14 del 2009 e n. 33 del 2009;
   possono beneficiare della possibilità del prepensionamento i giornalisti professionisti dipendenti dai periodici, da agenzia di stampa e da quotidiani a diffusione nazionale;
   per effetto di tali disposizioni, dall'anno 2009, l'onere dei prepensionamenti è stato posto a carico del bilancio dello Stato, e non più dell'Istituto, per un importo annuo pari a 20 milioni di euro;
   è stato inoltre previsto un contributo aggiuntivo del 30 per cento riferito al costo complessivo dell'anticipo del trattamento rispetto all'età prevista per la pensione di vecchiaia, a carico dei singoli datori di lavoro, per ciascun prepensionamento effettuato;
   tale fondo dovrebbe servire anche per coprire le ulteriori richieste di prepensionamento che sforino la somma stanziata di 20 milioni di euro –:
   quali società editrici, per quali testate, per quali importi e per quanti prepensionamenti abbiano usufruito dei fondi in questione per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e parzialmente per il 2013. (5-01633)


   D'INCECCO, LENZI, CAPONE, CASATI, CARNEVALI, SBROLLINI e IORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il tasso di occupazione femminile in Italia, fotografato da dati Censis 2012, è sensibilmente inferiore rispetto alla media europea, essendo pari al 46,7 per cento a fronte del 58,2 per cento dell'intera Unione con percentuali ancora più alte nel Nord Europa;
   a determinare tale grave situazione di ostacolo all'ingresso e alla permanenza della popolazione femminile nel mercato del lavoro contribuisce in maniera rilevante l'assenza di servizi di supporto alla maternità, a seguito della quale difficilmente è possibile per una donna tornare al precedente posto di lavoro;
   a fronte di tale difficoltà, l'istituzione in seno alla legge n. 92 del 2012 del voucher per i servizi di babysitting e asilo nido pubblici o privati in favore delle madri lavoratrici ha costituito un passo in avanti. L'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge medesima introduce infatti in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo di 300 euro mensili per l'acquisto dei servizi di cui sopra. La legge istitutiva della misura ha garantito 20 milioni di euro a copertura dell'operazione per il triennio sopra indicato, capace di soddisfare, per l'anno 2013, una domanda di 11.111 contributi di importo pieno secondo quanto riportato nella relazione tecnica al provvedimento;
   l'articolo 4, comma 24, lettera b) della succitata legge prevede che la madre debba richiedere detti voucher al datore di lavoro; tuttavia, il decreto del Ministero del lavoro del 22 dicembre 2012 di applicazione della predetta misura prevede all'articolo 6 che la madre presenti la domanda lei stessa presso i canali telematici istituiti dall'INPS caricandosi di tutta la fase burocratica e amministrativa conseguente, a giudizio degli interroganti, in palese contrasto con quanto previsto dalla legge. Inoltre, lo stesso decreto prevede che come sistema di voucher vengano utilizzati i buoni per il lavoro accessorio previsti dalla cosiddetta «Legge Biagi»;
   come conseguenza di ciò, all'avvio sul campo della misura il contributo ha riscosso pochissimo successo come sottolineato da un articolo del Sole24ore del 28 luglio 2013 e come testimoniano le poche richieste pervenute. Ci si aspettava un «click day» e risorse esaurite in poche ore, ed invece rispetto ai potenziali 11.111 beneficiari, solo 3.762 lavoratrici, secondo dati INPS, sono state ammesse al beneficio, mentre dal punto di vista delle strutture accreditate per il servizio, secondo quanto si apprende dallo stesso articolo di stampa sopra citato, meno di un terzo degli asili pubblici o privati nazionali si sono convenzionati con lo Stato;
   se aiuti a costo zero per i beneficiari restano inutilizzati, soprattutto in tempi di difficoltà economica come quello attuale, significa che qualcosa non ha funzionato. Fra i vari profili di criticità emerge senz'altro la difficile fruizione dello strumento, principalmente riconducibile a tre ragioni:
    complessità generale della procedura di domanda sul sito INPS, che risulta totalmente a carico della madre anziché del datore di lavoro, unita alla difficile accessibilità alla piattaforma appositamente predisposta da INPS; in secondo luogo, emerge la difficoltà di trovare una struttura di servizi per l'infanzia convenzionata probabilmente anche a causa dei possibili ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione a cui gli operatori sarebbero soggetti e che disincentivano la convenzione; infine la scarsa pubblicizzazione dell'iniziativa lasciata soltanto a comunicati stampa e siti internet, senza una adeguata promozione sui luoghi di lavoro e senza coinvolgimento di sindacati e associazioni datoriali;
   l'utilizzo dei buoni di lavoro accessorio, in luogo di altri voucher specifici già utilizzati con successo in molte regioni ed enti locali (come la dote scuola lombarda, il bonus bebé di regione Piemonte e Lazio, e altro) non permette il controllo e la tracciabilità della spesa, potendo essi essere utilizzati anche per prestazioni diverse da quelle di babysitting senza possibilità di limitazione da parte dei beneficiari del voucher e non garantendo che le somme stanziate dalla pubblica amministrazione siano spese effettivamente per lo scopo richiesto;
   il bonus è previsto anche nel 2014 e nel 2015, l'obiettivo non può che essere quello di un salto di qualità per i due anni rimanenti –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per rendere maggiormente efficienti le procedure di assegnazione e fruizione del contributo, dati anche i finanziamenti già previsti e come si intenda utilizzare la quota stanziata e non spesa nell'annualità in corso;
   se lo strumento del buono per il lavoro accessorio non debba essere sostituito dal voucher — come del resto è previsto espressamente dalla legge — che garantisce la finalizzazione soltanto per l'utilizzo presso le babysitter o i servizi per l'infanzia, come già avviene da anni in molte regioni ed altre realtà nazionali;
   quali iniziative intenda adottare per garantire una maggior facilità di utilizzo, fruibilità e spesa da parte dei beneficiari;
   quali iniziative intenda adottare per aumentare la capillarità degli istituti convenzionati e garantire il coinvolgimento del cosiddetto «privato sociale». (5-01634)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 4 novembre scorso si è registrata la diciottesima vittima di infortunio mortale sul lavoro nella provincia di Brescia dall'inizio dell'anno, la quinta delle ultime due settimane: secondo fonti di stampa, un operaio di 53 anni, Giorgio Maccarinelli di Mazzano, è morto in una cava nel quartiere di Santa Eufemia, cadendo all'interno di un macchinario che tritura i massi;
   le cosiddette «morti bianche» rappresentano nel nostro Paese una vera e propria strage che è ancora gravemente sottovalutata: negli ultimi cinque anni in Italia ben settemila lavoratori hanno perso la vita mentre svolgevano semplicemente il loro lavoro, lasciando settemila famiglie italiane senza quella che spesso è l'unica risorsa economica per il nucleo familiare;
   i dati dell'Osservatorio indipendente di Bologna sui morti sul lavoro delineano un'autentica carneficina: dall'inizio dell'anno 516 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro, (1.050 se si aggiungono i morti su strade e itinere), mentre nel 2012 sarebbero morti circa 1.180 lavoratori di cui 625 sui luoghi di lavoro (tutti documentati);
   sebbene negli ultimi rapporti INAIL si parli di un trend in calo negli ultimi anni del fenomeno delle morti sul lavoro, bisogna considerare, prima di tutto che numerose categorie di lavoratori regolarmente occupati non rientrano in queste statistiche poiché gli incidenti di cui parla l'INAIL sono esclusivamente quelli ufficialmente dichiarati a questo istituto e ad esso iscritti per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, inoltre, poi, il direttore regionale stesso dell'INAIL ha spiegato che il calo dei decessi è strettamente legato alla crisi economica in atto nel nostro Paese e va letto dunque alla luce di due tendenze molto gravi: la diminuzione della forza lavoro e l'aumento del fenomeno del lavoro nero;
   secondo l'Istat il numero di disoccupati arriva a toccare quota 3 milioni 194 mila e se se si considera la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni, emerge che meno di due giovani su 10 lavorano; l'occupazione complessiva è costantemente calata negli ultimi anni: sempre secondo i dati ISTAT, nel 2008 si sono registrati 128.000 occupati in meno rispetto all'anno precedente, nel 2009 altri 204.000 occupati in meno; la tendenza è rimasta invariata sino al quarto trimestre 2012, visto che il numero degli occupati è diminuito di altre 148.000 unità rispetto a un anno prima;
   in seguito alle ultime vittime sul lavoro a Brescia, i sindacati Cgil, Cisl e Uil di Brescia hanno chiesto di non parlare più di fatalità o sfortuna, e dichiarato che il tema delle «morti bianche» e della prevenzione sarà al centro della loro futura iniziativa di mobilitazione per richiedere ad ogni livello di responsabilità competente, interventi opportuni verso una prevenzione reale nei luoghi di lavoro;
   in seguito ad una petizione alla Commissione europea di un operaio metalmeccanico fiorentino, Marco Bazzoni, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, per denunciare le inefficienze italiane nella prevenzione delle morti sul lavoro, Bruxelles ha risposto che il nostro Paese non ha ancora recepito le normative comunitarie per la sicurezza sul lavoro, e ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia: la procedura n. 2010/4227 del 30 settembre 2011 (parere motivato del 21 novembre 2012), ai sensi dell'articolo 258 del Trattato, per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
   la Commissione europea è tornata il 26 giugno 2013 ad ammonire l'Italia per non corretto recepimento della direttiva 89/391/CEE «Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1989 concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro», con la procedura d'infrazione n. 2013/4117;
   la politica, dimostrando scarsa attenzione ad un problema di così grandi dimensioni, con il decreto legislativo 106/09, che andava a modificare il testo unico per la sicurezza sul lavoro voluto dal Governo Prodi (decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008), sembra essere andata in tutt'altra direzione rispetto alle «prescrizioni minime» contenute nelle succitate direttive europee, come sottolineato anche dalla «Nota sulle modifiche» di FIOM e CGIL;
   tanto per citare alcune modifiche introdotte in tal senso: riduzione della responsabilità e sanzioni e pene dimezzate a datori di lavoro, dirigenti e preposti; autocertificazione della valutazione dei rischi per le aziende fino a 10 dipendenti; riduzione degli obblighi connessi al contratto di appalto;
   in Italia nessuna legge obbliga l'azienda a fermare gli impianti in caso di incidenti mortali, e la normativa antisismica del 2005 non obbliga costruttori ed aziende a mettere a norma i prefabbricati costruiti in epoca precedente: i prefabbricati sono a rischio, ma agibili e in regola, contraddizione per la quale nessuna legge potrà trovare dei responsabili per i 17 lavoratori morti sotto i crolli dei capannoni industriali in Emilia in seguito ai terremoti del 20 e 29 maggio 2012;
   in tutti questi anni poco o nulla sembra essere stato fatto per aumentare i controlli per la sicurezza sul lavoro; a ciò si unisce il blocco dell'assunzione dei tecnici della prevenzione dell'Asl, che sono gli unici titolati a fare i controlli per la sicurezza e salute sul lavoro, blocco che naturalmente causa una diminuzione dei controlli per la sicurezza sul lavoro, perché il personale è scarso e molti tecnici sono andati in pensione, senza essere sostituiti –:
   se i Ministri interessati siano a conoscenza della gravità della situazione descritta e non ritengano dunque opportuno intervenire per promuovere una maggiore sicurezza sul posto di lavoro facendo in modo che le norme per la sicurezza sul lavoro vengano rispettate dai datori di lavoro, ma ancor prima, siano potenziate nell'ambito di un intervento organico, coerente e non occasionale a livello di legislazione nazionale;
   se non considerino urgente attivarsi nei modi che gli sono propri, affinché venga attuato con urgenza, nel rispetto delle compatibilità di finanza pubblica, un monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro a partire dai comparti lavorativi più a rischio, coordinando tutte le risorse umane disponibili (ispettorati del lavoro delle ASL dell'INPS dell'INAIL, e altri);
   se non ritengano necessario adoperarsi e in che modo, per una sensibilizzazione sul tema e una riqualificazione della figura del lavoratore, svilita ormai a generica ed impersonale «forza lavoro», rivolta a tutti i cittadini ma specialmente rivolta agli imprenditori e ai datori di lavoro in generale che, di fronte alla prospettiva dei profitti, soprattutto in questo momento di crisi economica, a volte sottovalutano le norme di sicurezza e i loro obblighi in relazione alle misure di attenuazione dei rischi sul posto di lavoro, mettendo in pericolo la vita dei loro dipendenti. (4-02784)


   NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   alla fine degli anni ’70 Poste italiane commissionava alla ditta Elsag-Gruppo Finmeccanica (oggi confluita nella Selex ES a partecipazione statale) l'appalto per la manutenzione degli impianti automatizzati dei centri di meccanizzazione postale di smistamento posta, a sua volta subappalta a diverse società di servizio;
   a partire dal 2007 Selex-Elsag decide, avendone facoltà, di affidare il subappalto a sole due ditte: Stac Italia srl, per il centro nord e Logos spa per il centro sud, isole comprese, in tutto il territorio nazionale;
   sempre nel 2007 un accordo ministeriale, impegnava le due ditte subentranti ad assumere il personale già applicato nei vari centri dalle precedenti aziende rispettando i livelli occupazionali, economici e di anzianità;
   circa un mese prima della scadenza del bando di gara europeo (marzo 2013) promosso da Poste italiane, la Selex-Elsag ha deciso unilateralmente di disdire, con effetto immediato, gli appalti assegnati alle due società in subappalto, senza prevedere alcuna tutela per i circa 300 tecnici e manutentori occupati nei vari centri;
   dal 1o novembre 2013 i lavoratori di Logos e Stac sono in regime di ammortizzatori sociali;
   i lavoratori esprimono molte perplessità in ordine ai contenuti economici della proposta delle vincitrici della gara, Selex-Elsag e PH Facility, in quanto si prefigura una riduzione degli attuali organici di circa il 30 per cento con la chiusura di alcuni Centri di meccanizzazione, contravvenendo agli impegni assunti con l'accordo ministeriale del 2007 e con lo stesso obiettivo del bando di gara di Poste italiane SpA che prevedevano il mantenimento dei livelli occupazionali;
   la scelta di Selex di concorrere con un partner differente non può essere pagata dai lavoratori che fino ad oggi hanno garantito quel servizio;
   è di questi giorni la notizia che la Selex sta mettendo in atto un comportamento antisindacale, sostituendo i lavoratori in sciopero con altre persone, in aperto contrasto con il diritto a scioperare a difesa del proprio posto di lavoro che la Costituzione garantisce a tutti lavoratori, e che la società PH Facility sta facendo accordi con i singoli lavoratori sottraendosi ad un accordo con le parti sociali –:
   quali azioni concrete intendano assumere i Ministri interrogati per far rispettare alla Selex, azienda a partecipazione statale, l'accordo ministeriale del 2007, per garantire l'occupazione e la salvaguardia dei diritti per tutti i lavoratori già dipendenti di Stac e Logos e affinché Poste italiane collabori alla soluzione del problema sociale contribuendo alla collocazione del personale eccedente. (4-02789)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   in data 31 ottobre 2013 è stato reso pubblico da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e dalla Rete rurale nazionale, il Rapporto relativo alla «Programmazione finanziaria, all'avanzamento del bilancio comunitario e alla spesa pubblica effettivamente sostenuta in merito ai Programmi di sviluppo rurale 2007-2013»;
   il rapporto mette in evidenza:
    a) l'avanzamento della spesa pubblica e della corrispondente quota del Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale, Fondo europeo agricolo di sviluppo regionale, nell'arco temporale che va dal 16 ottobre 2013 al 31 ottobre 2013;
    b) la spesa pubblica (stimata) e la corrispondente quota Fondo europeo agricolo di sviluppo regionale cumulate dal 1o gennaio 2007 al 31 ottobre 2013;
    c) la spesa pubblica (stimata) e la corrispondente quota Fondo europeo agricolo di sviluppo regionale a rischio disimpegno, «N+2»;
   complessivamente, lo Stato italiano a fronte di un importo comunitario stanziato per il periodo 2007-2011 pari a 6.121,63 milioni di euro, ha utilizzato 5.254,38 milioni di euro, cui occorre aggiungere 580,44 milioni di euro a titolo di anticipo del 7 per cento sviluppando una spesa pubblica complessiva pari a 10.467,9 milioni di euro;
   il 31 dicembre 2013 scadrà la dotazione finanziaria comunitaria, (Programmi di sviluppo rurale 2007-2013) prevista nel Fondo europeo agricolo di sviluppo regionale pari a euro 17.661.697.937,00 di cui euro 10.245.312.737,00 afferiscono alle regioni «Obiettivo Competitività» e 7.333.465.434,00 afferiscono alle regioni «Obiettivo Convergenza» e, pertanto, tutti gli importi stanziati che non saranno spesi entro quella data dalle regioni saranno automaticamente disimpegnati;
   al 31 ottobre 2013 le regioni che risultano aver speso per intero la dotazione finanziaria prevista sono: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto e le province autonome di Bolzano e di Trento;
   alla stessa data, secondo le stime della «Rete rurale nazionale» del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le seguenti regioni hanno ancora potenzialità di spesa, indicata in parentesi, sia in termini assoluti che percentuali sul totale loro assegnato, da spendere entro fine anno:
    a) in «Obiettivo Competitività»:
     Abruzzo (euro 8.156.408,71 – 4,24 per cento dei fondi assegnati);
     Friuli Venezia Giulia (euro 4.525.255,10 – 3,78 per cento dei fondi assegnati);
     Lazio (euro 25.420.152,93 – 8,06 per cento dei fondi assegnati);
     Liguria (euro 4.641.245,05 – 4,05 per cento dei fondi assegnati);
     Marche (euro 19.324.717,33 – 8,88 per cento dei fondi assegnati);
     Molise (euro 8.455.836,34 – 9,10 per cento dei fondi assegnati);
     Toscana (euro 11.756.273,52 – 3,02 per cento dei fondi assegnati);
     Sardegna (euro 58.877.016,05 – 10,30 per cento dei fondi assegnati);
    b) in «Obiettivo Convergenza»:
     Basilicata (euro 42.922.598,07 – 11,16 per cento dei fondi assegnati);
     Calabria (euro 45.268.354,76 – 6,96 per cento dei fondi assegnati);
     Campania (euro 99.006.247,33 – 8,91 per cento dei fondi assegnati);
     Puglia (euro 69.629.513,88 – 7,50 per cento dei fondi assegnati);
     Sicilia (euro 94.900.574,40 – 7,46 per cento dei fondi assegnati);
   inoltre, risultano ancora disponibili fondi per la Rete rurale nazionale (euro 4.330.087,39 – 10,44 per cento dei fondi assegnati);
   per cui, al 31 ottobre 2013 i fondi comunitari a rischio disimpegno sono stimati in euro 497.214.280,87 pari al 5,53 per cento del totale nazionale assegnato –:
   quali siano le motivazioni per cui una così ingente quantità di fondi comunitari assegnati all'Italia non sia ancora stata utilizzata a poche settimane dalla loro scadenza e quali azioni di propria competenza il Ministro intenda assumere, direttamente e presso le regioni interessate, al fine di determinare l'utilizzo di tutti i fondi comunitari entro il termine ultimo del 31 dicembre 2013, scongiurandone così il disimpegno automatico.
(2-00321) «Franco Bordo, Migliore».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale va riconosciuta con riferimento alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della così detta terra dei fuochi, suscita, pertanto, una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare;
   la terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo  smaltimento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella regione;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   occorre ristabilire la fiducia tra i consumatori, reprimendo quegli atteggiamenti discriminatori ed egoistici che rischiano di compromettere l'immagine di un Paese compatto e determinato a spegnere quei focolai della illegalità che contribuiscono a diffondere la criminalità organizzata, a gettare discredito sulla produzione italiana e a creare confusione e diffidenza nella collettività;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta più del 17 per cento del prodotto interno lordo e provengono dal settore agricolo oltre 53 miliardi di euro;
   il made in Italy agroalimentare è la leva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese;
   il settore agricolo, considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore, riveste una particolare importanza per l'economia nazionale ed assume un ruolo fondamentale nella custodia del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre 1 milione di controlli l'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di cinque volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);
   dai dati elaborati da ISMEA nel rapporto «La competitività dell'agroalimentare italiano» del 2012, emerge che la fase agricola è fortemente penalizzata dalle repentine e intense variazioni dei prezzi alla produzione, variazioni che invece non si trasmettono immediatamente sui prezzi nelle fasi più a valle, né per tempistica, né per intensità;
   sulla base dei risultati definitivi pubblicati dall'Istat e secondo quanto certificato dal 6o censimento generale dell'agricoltura, la bassa remunerazione dell'imprenditore agricolo, in diminuzione nell'ultimo decennio, è uno degli elementi a cui viene collegata la fuoriuscita dal settore di quasi 800 mila aziende agricole;
   l'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza sull'indicazione di origine di diversi prodotti, che rischia di creare confusione tra i prodotti di provenienza nazionale – che assicurano, tra l'altro, elevati standard di sicurezza e qualità – ed i prodotti di importazione che invece, spesso, presentano minori garanzie per il consumatore;
   l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disciplinare le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed agroalimentari, vieta condotte commerciali sleali al fine di impedire che un contraente con maggiore forza commerciale possa abusarne, imponendo condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per la controparte più debole –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio, al fine di dare piena attuazione all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui vieta pratiche commerciali sleali che possano determinare, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, il riconoscimento di prezzi palesemente inferiori ai costi di produzione medi sostenuti;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda promuovere al fine di contrastare pratiche commerciali sleali poste in essere ai danni degli agricoltori, in violazione della disciplina di cui all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ed al relativo regolamento di attuazione (decreto ministeriale 19 ottobre 2012, n. 199), anche al fine di ripristinare la fiducia dei consumatori nei confronti della qualità e della sicurezza dei prodotti agroalimentari.
(5-01639)


   VALIANTE e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della così detta terra dei fuochi, suscita, pertanto, una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare;
   la terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo sversamento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella regione;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   occorre ristabilire la fiducia tra i consumatori, reprimendo quegli atteggiamenti discriminatori ed egoistici che rischiano di compromettere l'immagine di un Paese compatto e determinato a spegnere quei focolai della illegalità che contribuiscono a diffondere la criminalità organizzata, a gettare discredito sulla produzione italiana e a creare confusione e diffidenza nella collettività;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b), del regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria, rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare in sede europea al fine di promuovere il rispetto del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per provvedere alla tutela del vero «made in Italy» agroalimentare, con il fine di ristabilire la fiducia dei consumatori rispetto alla qualità e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari locali.
(5-01640)


   VALIANTE e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della cosiddetta Terra dei Fuochi, suscita una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare, universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva «ad alto valore aggiunto» per lo sviluppo del Paese;
   la terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo sversamento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella regione;
   il fenomeno dell'inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque, che interessa le zone comprese nella terra dei fuochi dovrà essere affrontato con azioni strategiche miranti, oltre che a sanare le situazioni di emergenza ambientale in agricoltura, anche a superare le criticità che hanno fatto crollare il mercato dei prodotti agricoli e agroalimentari, nel tentativo di recuperare il danno di immagine e di reputazione che l'intero settore ha accusato a livello campano;
   deve essere ricordato, infatti, che l'agroalimentare made in Italy registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro, anche grazie e sopra tutto, alla produzione della regione Campania, e rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo;
   l'agricoltura italiana, con un totale di circa 820 mila aziende, rappresenta circa il 15 per cento del totale delle imprese attive italiane;
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale non è legato solo alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   nonostante le difficoltà in cui versa l'intera economia italiana ed il deciso rallentamento del prodotto interno lordo nazionale registrato nel corso degli ultimi anni, secondo i dati Istat relativi ai primi sette mesi dell'anno, nel 2013 l'Italia ha fatto segnare il record nel valore delle esportazioni agroalimentari, arrivato a 34 miliardi di euro;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari, la contraffazione e la pirateria, garantisce la solidità delle imprese agricole italiane e tutela l'immagine ed il valore del made in Italy;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   occorre, allora, ristabilire la fiducia tra i consumatori, reprimendo quegli atteggiamenti discriminatori ed egoistici che rischiano di compromettere l'immagine di un Paese compatto e determinato a spegnere quei focolai della illegalità che contribuiscono a diffondere la criminalità organizzata, a gettare discredito sulla produzione italiana e a creare confusione e diffidenza nella collettività;
   il mercato interno deve prevenire e contrastare l'usurpazione e la denigrazione del made in Italy, ponendosi come garante della qualità, della salubrità, delle caratteristiche e dell'origine dei prodotti alimentari italiani, in quanto elementi funzionali a garantire la salute ed il benessere dei consumatori ed il loro diritto ad una alimentazione sana, corretta e fondata su scelte di acquisto e di consumo consapevoli;
   l'omissione delle informazioni sull'origine di un prodotto agroalimentare ed una pubblicità che suggerisca un legame inesistente tra un prodotto ed un territorio aumentano in modo significativo il rischio di confusione;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono pregiudica l'immagine del patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b), del regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, impone come obbligatoria l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza per una serie di prodotti, fissando alla Commissione il termine del 13 dicembre 2013 per adottare le disposizioni di attuazione dell'obbligo –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio con l'estero al fine di prevenire le pratiche fraudolente o ingannevoli, ai danni del made in Italy o, comunque, ogni altro tipo di operazione o attività commerciali in grado di indurre in errore i consumatori e, ancora, la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi e l'effettiva rintracciabilità degli alimenti nazionali;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare in sede europea al fine di promuovere il rispetto del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento n. 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza;
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per l'adozione di un sistema analogo a quello previsto dall'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine dei prodotti, nonché assicurare l'accesso ai relativi documenti da parte dei consumatori, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche. (5-01642)


   VALIANTE e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della così detta terra dei fuochi, suscita una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare, universalmente riconosciuto come straordinaria leva competitiva «ad alto valore aggiunto» per lo sviluppo del Paese;
   la terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo sversamento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella regione;
   il fenomeno dell'inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque, che interessa le zone comprese nella terra dei fuochi dovrà essere affrontato con azioni strategiche miranti, oltre che a sanare le situazioni di emergenza ambientale in agricoltura, anche a superare le criticità che hanno fatto crollare il mercato dei prodotti agricoli e agroalimentari, nel tentativo di recuperare il danno di immagine e di reputazione che l'intero settore ha accusato a livello campano;
   deve essere ricordato, infatti, che l'agroalimentare made in Italy registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro, anche grazie e sopra tutto, alla produzione della regione Campania, e rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo;
   l'agricoltura italiana, con un totale di circa 820 mila aziende, rappresenta circa il 15 per cento del totale delle imprese attive italiane;
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale non è legato solo alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   nonostante le difficoltà in cui versa l'intera economia italiana ed il deciso rallentamento del prodotto interno lordo nazionale registrato nel corso degli ultimi anni, secondo i dati Istat relativi ai primi sette mesi dell'anno, nel 2013 l'Italia ha fatto segnare il record nel valore delle esportazioni agroalimentari, arrivato a 34 miliardi di euro;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari, la contraffazione e la pirateria, garantisce la solidità delle imprese agricole italiane e tutela l'immagine ed il valore del made in Italy;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   occorre ristabilire la fiducia tra i consumatori, reprimendo quegli atteggiamenti discriminatori ed egoistici che rischiano di compromettere l'immagine di un Paese compatto e determinato a spegnere quei focolai della illegalità che contribuiscono a diffondere la criminalità organizzata, a gettare discredito sulla produzione italiana e a creare confusione e diffidenza nella collettività;
   il mercato interno deve prevenire e contrastare l'usurpazione e la denigrazione del made in Italy, ponendosi come garante della qualità, della salubrità, delle caratteristiche e dell'origine dei prodotti alimentari italiani, in quanto elementi funzionali a garantire la salute ed il benessere dei consumatori ed il loro diritto ad una alimentazione sana, corretta e fondata su scelte di acquisto e di consumo consapevoli;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   l'usurpazione e la denigrazione del made in Italy minacciano la solidità e provocano gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali determinazioni si intendano assumere, in particolare, tramite il Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy, tenuto anche conto della necessità di ripristinare un dialogo di fiducia con i consumatori rispetto alla qualità e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari. (5-01643)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale va riconosciuta con riferimento alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta più del 17 per cento del PIL e provengono dal settore agricolo oltre 53 miliardi di euro;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese;
   il settore agricolo, considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore, riveste una particolare importanza per l'economia nazionale ed assume un ruolo fondamentale nella custodia del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre 1 milione di controlli l'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di cinque volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);
   il settore suinicolo rappresenta una voce importante dell'agroalimentare italiano. La suinicoltura italiana, infatti, occupa il 7o posto in Europa per numero di capi mediamente presenti: in Italia nel 2012 la consistenza è stata di 9,279 milioni di capi, preceduta da Germania (28,1 milioni), Spagna (25,2 milioni), Francia (13,7 milioni), Danimarca (12,4 milioni), Olanda (12,2 milioni) e Polonia (11,9 milioni di capi);
   i dati del censimento dell'agricoltura 2010 indicano in 26.197 il numero delle aziende suinicole in Italia (74,1 per cento rispetto al 2007), 4.900 delle quali allevano più di 50 suini;
   le regioni maggiormente vocate per l'allevamento di suini sono Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, ma anche Calabria, Umbria e Sardegna;
   rispetto a 73,5 milioni di cosce suine consumate in Italia, 57,3 milioni sono di importazione, 24,5 milioni sono di produzione nazionale e 8,3 milioni vengono avviate all'esportazione;
   dai medesimi dati emerge che i principali Paesi fornitori di carne suina in Italia sono la Germania, l'Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca;
   dai dati elaborati da ISMEA nel rapporto «La competitività dell'agroalimentare italiano» del 2012, emerge che la fase agricola è fortemente penalizzata dalle repentine e intense variazioni dei prezzi alla produzione, variazioni che invece non si trasmettono immediatamente sui prezzi nelle fasi più a valle, né per tempistica, né per intensità;
   sulla base dei risultati definitivi pubblicati dall'ISTAT e secondo quanto certificato dal 6o censimento generale dell'agricoltura, la bassa remunerazione dell'imprenditore agricolo, in diminuzione nell'ultimo decennio, è uno degli elementi a cui viene collegata la fuoriuscita dal settore di quasi 800 mila aziende agricole;
   nel mercato del settore suinicolo, l'andamento dei prezzi riconosciuti agli allevatori mostra valori inferiori ai costi di produzione;
   secondo analisi ed elaborazioni ANAS (Associazione nazionale allevatori suini), riferiti al primo semestre 2013, il valore dell'allevamento riconosciuto nella fase della distribuzione è stato del 17,28 per cento;
   dalle stesse elaborazioni si rileva che il costo medio di produzione del suino pesante (peso medio 160/170 chilogrammi) è di 1,56 euro al chilogrammo;
   i medesimi dati evidenziano che il prezzo medio riconosciuto all'allevatore per il suino pesante (peso medio 160/170 chilogrammi) è stato di 1,4 euro al chilogrammo;
   l'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza sull'indicazione di origine delle carni suine, che rischia di creare confusione tra i prodotti di provenienza nazionale – che assicurano, tra l'altro, elevati standards di sicurezza e qualità – ed i prodotti di importazione che invece, spesso, presentano minori garanzie per il consumatore;
   l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disciplinare le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed agroalimentari, vieta condotte commerciali sleali al fine di impedire che un contraente con maggiore forza commerciale possa abusarne, imponendo condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per la controparte più debole –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, con specifico riferimento al settore del commercio nel settore delle carni suine, al fine di dare piena attuazione all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui vieta pratiche commerciali sleali che possano determinare, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, il riconoscimento di prezzi, agli allevatori, palesemente inferiori ai costi di produzione medi da essi sostenuti;
   quali azioni il Ministro intenda promuovere, con specifico riferimento al commercio delle carni suine, al fine di contrastare pratiche commerciali sleali poste in essere, ai danni degli allevatori, in violazione della disciplina di cui all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ed al relativo Regolamento di attuazione (decreto ministeriale 19 ottobre 2012, n. 199). (4-02771)


   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerata la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del Made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere affinchè le autorità di controllo e, in particolare, il Corpo forestale dello Stato, applichino, in modo corretto, la definizione precisa dell’effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del Made in Italy. (4-02772)


   VEZZALI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il «made in Italy» agroalimentare costituisce un valore del territorio e un bene collettivo da salvaguardare a tutto campo. Per garantire la tutela effettiva di queste produzioni è necessaria un'azione di vigilanza e denuncia costante;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   i dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS) ci dicono che l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   secondo alcuni recenti articoli di stampa europei l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo;
   tuttavia, dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   in questo modo il made in Italy è costantemente minacciato provocando gravi danni alle nostre aziende agricole e ai nostri prodotti agricoli –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, o abbiano già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti Made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02777)


   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del Regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo – tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate – rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere il rispetto, in sede europea del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine. (4-02779)


   CAPELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy, che registra un fatturato nazionale superiore ai 266 miliardi di euro, rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo ed è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto»;
   il made in Italy agroalimentare si caratterizza per suoi primati in termini di maggior valore aggiunto per ettaro in Europa, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, prodotti a denominazione protetta e produzioni biologiche;
   la crescita costante dell’export testimonia l'indiscutibile ruolo dell'agroalimentare nazionale e del valore attribuito al marchio «Italia», con un territorio ed una produzione ammirati ed imitati nel mondo;
   in Italia la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno e sono oltre 26.200 gli allevamenti di suini concentrati, prevalentemente, in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna;
   in Italia, nel 2012, la produzione nazionale di suini è stata stimata in 245.620 tonnellate, le importazioni in 572.987,42 tonnellate ed il consumo di cosce in 734.749,31 tonnellate;
   i dati relativi alla distribuzione delle importazioni di cosce fresche per paese di origine riportano percentuali altissime riferite alla provenienza di prodotti dalla Germania e dall'Olanda;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS) risulta che l'Italia nel 2012 ha importato, solo dalla Germania, il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   da articoli apparsi sulla stampa europea è emerso che l'efficienza dell'industria della carne suina in Germania è basata su prodotti a basso costo, operai sottopagati, falde acquifere inquinate, tecniche di allevamento non sostenibili e con gravi ripercussioni sulla salute dei consumatori legate all'eccessivo impiego di antibiotici;
   l'istituto sviluppo agroalimentare (ISA-spa) è la società finanziaria, con socio unico il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF), che promuove e sostiene progetti di sviluppo agroindustriale che comportano, come ricaduta indotta, un miglioramento strutturale dei livelli di reddito dei produttori agricoli;
   attraverso specifici strumenti di legge, ISA-spa supporta le imprese operanti nella fase di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli;
   molti controlli operati nel settore delle carni suine hanno già evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del Made in Italy provoca gravi distorsioni della concorrenza, condiziona il funzionamento del mercato e viola il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa –:
   quali iniziative intende assumere al fine di verificare quali controlli vengano effettuati da ISA-spa prima di assicurare il supporto alle imprese o la partecipazione in specifiche iniziative con riferimento agli obiettivi sociali ed alla garanzia di perseguimento di finalità non contrastanti con la tutela e la valorizzazione dei prodotti e delle imprese nazionali;
   quali iniziative ha intenzione di assumere al fine di verificare se ISA-spa partecipi o abbia concesso investimenti ad imprese coinvolte nel mondo nella produzione di finto Made in Italy, alimentare e non, introducendo fattori di concorrenza sleale per le imprese italiane e pregiudicando gli interessi dei cittadini e dei consumatori. (4-02787)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE e DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'allarmismo mediatico sollevato di recente intorno all'annosa vicenda della cosiddetta Terra dei fuochi, suscita, pertanto, una serie di preoccupazioni per i gravi danni d'immagine che esso provoca sul nostro ricco e pregiato Made in Italy e, in particolare, su quello agroalimentare;
   la Terra dei fuochi individua un'area della Campania che comprende 57 comuni (di cui 33 in provincia di Napoli e 24 in provincia di Caserta), con una popolazione residente di 2.405.754 abitanti, che rappresenta il 42 per cento dell'intera popolazione regionale, e una superficie territoriale pari a 1.071 chilometri quadrati, equivalente all'8 per cento di quella regionale (13.595 chilometri quadrati);
   in poco più di un anno, la zona è stata interessata da 6.034 roghi di rifiuti (materiali plastici, pneumatici fuori uso, scarti di lavorazione del pellame, stracci) e dall'intensificarsi di forme di inquinamento ambientale dovute all'abusivo smaltimento e all'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non;
   lo sversamento illegale dei rifiuti da parte delle organizzazioni criminali non solo aumenta esponenzialmente il rischio di danni alla salute e alla sicurezza delle persone, ma lede in maniera ingiusta e sproporzionata anche l'immagine commerciale dell'intero settore agroalimentare regionale, ingenerando sfiducia e preoccupazioni, oltremodo amplificate sull'onda mediatica;
   l'inquinamento deve e può essere risolto con azioni di presidio e di isolamento delle terre compromesse, evitando che l'immagine negativa riservata al quadrilatero compreso tra il litorale domitio, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, possa procurare ulteriori danni economici alle imprese agricole presenti nella regione;
   altrettanto pregiudizievoli e preoccupanti per l'immagine e la ripresa economica del nostro Paese, sono le recenti iniziative assunte da alcune imprese italiane dirette a screditare la produzione campana attraverso campagne pubblicitarie chiaramente denigratorie e svilenti ai danni di tutti quegli imprenditori agricoli che per generazioni hanno contribuito a rendere la mozzarella di bufala campana, il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino, i limoni della costiera amalfitana o i vini prodotti in diverse province e comuni campani, vere e proprie opere d'arte esportate in tutto il mondo;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento del totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiane che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per l'adozione, anche per gli altri prodotti agroalimentari di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati;
   quali iniziative il Governo intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori rispetto alla qualità e alla sicurezza dei prodotti agroalimentari. (5-01641)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento del totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti Made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02774)


   GIULIETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Sensibilità chimica multipla (MCS) è una patologia organica molto complessa, una sindrome immuno-tossica infiammatoria simile, per certi versi all'allergia, pur non essendo tale, molto spesso scambiata con essa, poiché i sintomi appaiono e scompaiono con l'allontanamento dalla causa scatenante, ma le sue dinamiche e il suo decorso sono completamente diversi, ovvero si perde per sempre la capacità di tollerare gli agenti chimici;
   è una sindrome multisistemica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche, può colpire vari organi e apparati del corpo umano, le sostanze chimiche danneggiano gli organi emuntori (fegato e rene), il sistema immunitario sopprimendo la mediazione di cellule (linfociti) che controllano il modo in cui il corpo si protegge dagli agenti estranei (xenobiotici); i sintomi si verificano in risposta all'esposizione di molti composti di natura petrolchimica, presenti nell'ambiente e indipendenti tra loro;
   la MCS può colpire a qualsiasi età e classe sociale ed è causa di moltissime patologie disabilitanti che interessano vari sistemi ed apparati: sistema renale; sistema neurologico; epatico; sistema muscoloscheletrico ed endocrino-immunitario; tegumentario; apparato respiratorio; apparato digerente; cardiocircolatorio; le cause possono essere genetiche oppure acquisite dovute, a un esposizione acuta e/o cronica, a sostanze chimiche volatili (VOC) e/o particolato fine, il corpo va in tilt e non sopporta più qualsiasi piccola particella di sostanza di sintesi nell'ambiente: fumi di scarico di autovetture, disinfettanti, farmaci allopatici, anestetici, vernici, insetticidi, diserbanti, formaldeide, materiali plastici, materiali dell'edilizia, profumi, deodoranti in genere, igienizzanti, solventi, preservanti e impregnanti del legno, mobili nuovi, moqueth, carta stampata, toner, inchiostri, fumi di stufe e/o camini, tessuti e stoffe nuove, colle, prodotti catramosi, detersivi, ammorbidenti, sbiancanti ottici, conservanti, coloranti, quindi tutto ciò che è di derivazione petrolchimica;
   per quanto di nostra conoscenza la MCS è irreversibile, progressiva e non esiste, al momento, una terapia per il ritorno allo stato di tolleranza, viene compromesso il sistema di detossificazione; nell'arco di pochi anni dalla manifestazione MCS, se la diagnosi non avviene precocemente, in assenza di un adeguato supporto e/o cure sbagliate i sintomi si cronicizzato, la sindrome può manifestare anche conseguenze molto gravi sino a provocare, intus, infarti, emorragie, collassi, mutazioni genetiche, alta incidenza di tumori e leucemie;
   peggiorando nel tempo, in proporzione all'entità delle esposizioni chimiche e alla loro frequenza, si diventa allergici anche a molte sostanze naturali; l'aggravamento della sensibilizzazione MCS induce il paziente all'isolamento forzato dalla vita sociale e di relazione, egli può vivere solo in ambiente bonificato, uscire di casa solo indossando una maschera di protezione, le barriere chimiche sono un ostacolo insormontabile, ad esso è vietato accedere in tutti gli ambienti chiusi aperti al pubblico;
   l'invalidità da MCS riconosciuta handicap motorio, è molto più grave del paziente in carrozzella, le barriere architettoniche si possono abbattere; le barriere chimiche sono ovunque insormontabili, si possono abbattere solo stravolgendo lo stile di vita quotidiano;
   la situazione dei malati è veramente insostenibile e drammatica; essi non possono rivolgersi ad alcuna struttura sanitaria poiché la mancanza di ambienti adeguati e di competenze assistenziali del personale medico e sanitario comportano il rischio vita per il paziente;
   allo stato attuale i malati ottengono l'invalidità civile per MCS sulla base della gravità delle numerose patologie scatenate dalle esposizioni chimiche, ma manca qualsivoglia assistenza sanitaria specifica;
   la MCS è una patologia in progressiva evoluzione, anche nella regione Umbria vi sono numerose diagnosi accertate clinicamente, riconosciuta l'invalidità fisica dalle commissioni mediche e sul tema la regione Umbria ha già avviato un confronto con le famiglie e i pazienti –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere per il riconoscimento della patologia «Sensibilità chimica multipla», come malattia fisica invalidante e quali intervenni intenda assumere il Governo per sostenere economicamente le persone colpite da Sensibilità chimica multipla affinché abbiano la possibilità di potersi curare con farmaci e integratori adeguati al proprio stato di salute cioè, privi di sostanza di natura petrolchimica, spese che attualmente gravano esclusivamente sulle scarse risorse economiche delle pazienti. (4-02783)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) è una banca multilaterale a vocazione esclusivamente sociale e una delle più antiche istituzioni finanziarie internazionali europee. Quando venne creata, sulla base di un Accordo parziale tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa, il 14 aprile del 1956, lo scopo prioritario era quello di fornire aiuti finalizzati e risolvere i problemi dei rifugiati. Da allora il suo campo d'azione si è progressivamente esteso ed oggi contribuisce in modo significativo al rafforzamento della coesione sociale in Europa;
   la CEB è uno strumento chiave della politica di solidarietà europea, che, attraverso prestiti partecipa al finanziamento di progetti sociali, risponde a condizioni di emergenza, concorre al miglioramento delle condizioni di vita e alla coesione sociale nelle regioni meno avvantaggiate del continente europeo. La Ceb accorda i suoi prestiti in Europa, e opera aiutando gli Stati membri – attualmente quaranta – a perseguire una crescita sostenibile ed equa, finanziando progetti di investimento sociale suddivisi in tre ambiti, stabiliti nel 2006 dal consiglio d'amministrazione dell'istituzione: il rafforzamento dell'integrazione sociale, la gestione ambientale e il sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale. Per la sua attività la CEB non riceve aiuti o sovvenzione dagli Stati membri e basa la propria attività su fondi e riserve propri;
   in particolare, interviene in favore dei 21 Paesi d'Europa centrale, orientale e del sud-est che costituiscono, conformemente agli orientamenti strategici del piano di sviluppo 2010-2014, un obiettivo «prioritario». Nel decennio 2002-2011 sono stati approvati progetti per oltre 21 miliardi di euro ed erogati oltre 16 miliardi di prestiti. Tra i principali paesi beneficiari vi sono la Polonia, l'Ungheria e la Romania. L'interlocutore della Banca è comunque sempre uno Stato membro, mai direttamente le imprese ed opera attraverso gli istituti bancari dei singoli Stati;
   forte è la cooperazione della CEB con la Commissione europea e con altre banche regionali e istituzioni finanziarie multilaterali, come la Banca europea per gli investimenti (BEI), il Western Balkans Investment Framework (WBIF), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), la Banca mondiale, la Nordic Investment Bank e la Banca KFW;
   di fronte alle difficili sfide dell'attuale contesto economico e finanziario internazionale, che implicano una crescita importante della domanda di prestiti da parte degli Stati membri, la CEB è chiamata a uno sforzo straordinario volto ad assicurare da un lato il contenimento dei profili di rischio e dall'altro il completo rispetto del mandato statutario-sociale;
   il 4 febbraio 2011 il consiglio di direzione della CEB, con la risoluzione n. 386, ha approvato il sesto aumento di capitale della Banca, finalizzato a sostenere i principali campi d'intervento, che ha portato il capitale totale sottoscritto da 3,3 miliardi di euro a 5,5 miliardi di euro;
   con la legge n. 117 del 6 luglio 2012, l'Italia ha aderito a tale aumento di capitale, per un importo complessivo di 366.078.000 euro, comprendenti l'incorporazione di riserve nel capitale liberato per 40.964.000 euro e la sottoscrizione di nuovi titoli per 325.114.000 euro, con conseguente incremento della quota di capitale detenuta fino all'ammontare di 915.770.000 euro, senza obbligo di versamento immediato, in quanto la sottoscrizione di una quota di capitale «a chiamata» non comporta esborsi finanziari effettivi;
   con tale sottoscrizione l'Italia ha mantenuto la misura attuale di partecipazione e di diritto di voto e continua a svolgere un ruolo centrale nel processo decisionale: in quanto azionista della CEB, l'Italia partecipa alle riunioni degli organi di governo della Banca stessa, con rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri;
   l'Italia assieme a Francia e Germania è il maggior azionista della Banca, al 31 dicembre 2012 il nostro Paese deteneva il 16,77 per cento del capitale sottoscritto, in una quota superiore rispetto alla partecipazione ad altri organismi multilaterali di intervento finanziario;
   nel decennio 2002-2011 il Consiglio d'amministrazione della CEB ha approvato prestiti a favore dell'Italia per un volume totale di 1,9 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi già erogati, principalmente a favore di piccole e medie imprese, per interventi di ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, nel campo dell'istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture locali, ma anche a favore di interventi in favore del patrimonio storico, l'edilizia sociale ed aiuti a favore di rifugiati e migranti. Tuttavia, l'ultimo progetto di sviluppo della Banca in Italia risale al biennio 2007-2009;
   nel 2011, su 2,11 miliardi di euro di progetti approvati, nessuno coinvolgeva l'Italia e su 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati, 16 milioni (0,9 per cento) riguardavano il nostro Paese. Analogamente, dei 28 progetti approvati nel 2012 dal consiglio di amministrazione della CEB, per un totale di 1.798 milioni di euro, nessuno riguardava l'Italia;
   tra il 2011 e il 2013 sono stati approvati 11 progetti (per 515 milioni di euro) a favore di altrettante sussidiarie banche italiane (Intesa Sanpaolo e Gruppo Unicredit) in Europa centrale, orientale e sudorientale (quindi, non in Italia);
   nel primo quadrimestre del 2013 sono state approvate undici richieste di finanziamento, per un importo complessivo di 613,9 milioni di euro. Di questi progetti due terzi (399 milioni) sono volti a potenziare la coesione sociale e tre a supporto di infrastrutture pubbliche con fini sociali (scuole, centri di ricerca, carceri). Anche in questo caso non si registrano progetti provenienti dal nostro Paese;
   nel novembre 2013 è stato approvato un progetto di soli 6 milioni di euro a favore di PerMicro, intermediario finanziario attivo a livello nazionale con 13 agenzie in 10 regioni e specializzato nel microcredito a favore di immigrati;
   il dato di fatto evidente è che negli ultimi anni il nostro Paese non ha usufruito dei prestiti provenienti dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, al cui finanziamento contribuisce in maniera sostanziosa;
   la questione della coesione sociale e del suo rafforzamento all'interno dell'Unione europea è uno dei temi centrali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
   la Commissione europea, il 20 febbraio 2013 nella comunicazione «Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020» (COM (2013) 83) ha elencato le sfide che la politica sociale dell'Unione dovrà affrontare nei prossimi;
   tra gli obiettivi fondamentali da perseguire attraverso una piena integrazione tra utilizzo dei fondi europei, azioni ricomprese nella Strategia Europa 2020 e programmi nazionali di riforma, viene ricompreso l'utilizzo con la massima efficacia dei fondi europei. In particolare, gli Stati membri sono invitati a ricercare i modi per integrare le risorse dell'Unione europea mediante finanziamenti provenienti dalla Banca mondiale, dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e dal gruppo della Banca europea degli investimenti;
   pare quanto mai necessario promuovere una migliore conoscenza della CEB in Italia, al fine di incentivare e accrescere l'utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione degli Stati aderenti, in particolare attraverso idonei strumenti di orientamento e supporto dei soggetti interessati ai finanziamenti;
   i potenziali settori di intervento riguardano infatti aree che rispondono ad esigenze su cui l'attenzione è particolarmente alta in questo momento nel nostro Paese: su tutti, il tema della prevenzione di catastrofi naturali e di protezione del territorio, ed interventi di ricostruzione; azioni in favore di rifugiati e migranti; istituti penitenziari; salvaguardia e protezione del patrimonio storico e culturale;
   alla luce del mutato quadro europeo negli ultimi anni, in una situazione internazionale particolarmente complicata, di fronte a una crisi economico-finanziaria di portata mondiale, bisognerebbe altresì rivedere la strategia di intervento della stessa CEB, che ha sempre privilegiato obiettivi calibrati su determinate aree geografiche, senza procedere invece per specifiche aree tematiche di azione;
   in data 3 dicembre 2013 è stato audito, presso la delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea del Consiglio d'Europa, il professor Nunzio Guglielmino, Vice Governatore della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, che ha svolto in merito alcune dichiarazioni ed osservazioni –:
   quali siano le ragioni per cui negli ultimi due anni la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa non ha finanziato progetti di investimento sociale in Italia;
   quali azioni intenda intraprendere per incentivare e accrescere l'utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione dalla CEB in Italia, e, in particolare per rimuovere ogni possibile ostacolo amministrativo e burocratico che possa aggravare o ostacolare le procedure di intervento della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa nel nostro Paese;
   quali iniziative intenda adottare per promuovere presso la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa un cambio di rotta nella strategia di azione, incentivando, a partire dal 2014, programmi di intervento trasversali basati su specifiche aree tematiche, e non su obiettivi territoriali;
   se intenda avviare approfondimenti con la Banca di sviluppo del Consiglio di Europa, al fine di verificare la possibilità di interventi straordinari in Italia rivolti in particolare all'edilizia scolastica e carceraria, alla salvaguardia del patrimonio storico e culturale e alla prevenzione di catastrofi naturali e protezione del territorio;
   se intenda agire per incentivare, presso la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, politiche di sostegno e finanziamenti diretti ad istituzioni ed enti pubblici, senza ricorrere all'intermediazione degli istituti bancari privati.
(2-00327) «Bergamini, Brunetta, Abrignani, Brambilla, Giammanco, Biancofiore, Crimi, Galan, Antonio Martino, Centemero, Sandra Savino, Milanato, Garnero Santanchè, Polverini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COVELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le eccezionali precipitazioni piovose di questi giorni hanno causato ingenti danni alle comunità pugliesi, lucane e calabresi;
   tra gli innumerevoli danni va segnalata la rottura di una traversa d'argine lungo il fiume Sarmento in territorio di San Giorgio Lucano in provincia di Matera che ha portato alla messa a nudo del metanodotto che serve i comuni di San Giorgio Lucano in Basilicata, di Oriolo, Nocara e Canna in provincia di Cosenza con conseguente interruzione della fornitura di gas per queste comunità;
   la Cosvim società di gestione della rete di distribuzione del gas ha provveduto ad inviare dei carri bombolai che hanno tamponato questa fase emergenziale;
   considerato che si è all'inizio della stagione invernale e che il costo dei carri ammonta a circa 25 mila euro al giorno diventa indispensabile porre immediatamente rimedio a questa situazione che rischia di penalizzare le popolazioni di questi comuni già disagiati –:
   se e quali iniziative siano state assunte o si intendano attivare per riparare la rete compromessa dalla furia delle acque e far sì che possa essere ripristinata al più presto la distribuzione del gas metano in favore di questi comuni.
(5-01638)

Interrogazione a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   «Il teleriscaldamento è un sistema di riscaldamento collaudato e sfruttato in Europa centrosettentrionale, in America del Nord e in Giappone; inoltre è ampiamente diffuso anche in Cina e nei Paesi dell'Est. (...) La città di Brescia, nel 1971, fu una tra le prime ad introdurre questo servizio in Italia, attualmente Brescia, Torino e Reggio Emilia sono i maggiori poli urbani italiani all'avanguardia nel settore del teleriscaldamento. Le regioni italiane che usufruiscono maggiormente di questa forma di riscaldamento sono quindi la Lombardia, il Piemonte, l'Emilia Romagna, il Veneto e l'Alto Adige (vista la sua ampia disponibilità di biomassa per l'alimentazione delle centrali), con le città di Brescia, Torino, Milano, Verona, Forlì, Mantova, Imola, Cremona, Ferrara, Bologna, Lodi, Legnano e Brunico» (www.teleriscaldamento.eu);
   il teleriscaldamento, diffusosi dunque anche in Italia considerati i diversi vantaggi che offrirebbe rispetto ad altri sistemi di riscaldamento, ha tuttavia suscitato non poche polemiche;
   a Rimini, ad esempio, ci sono stati casi di bollette talmente «salate» da aver indotto i comitati a fare ricorso al Tar. Partendo proprio dal caso riminese il Garante della concorrenza e del mercato ha anche avviato un'indagine conoscitiva sul settore del teleriscaldamento in Italia – provvedimento numero 23184 – (Il Fatto Quotidiano, Rimini, 30 gennaio 2012);
   altre contestazioni si sono verificate anche a Bergamo, e a Cinisello Balsamo, dove addirittura una palazzina avrebbe deciso di rompere il rapporto con l'azienda che gestisce il teleriscaldamento a causa del rincaro delle bollette del 91 per cento (milanotoday.it del 18 giugno 2013);
   anche a Cremona il teleriscaldamento è al centro di accese polemiche legate ad alti costi di gestione, dispersioni di calore ed inefficienze riscontrate dagli utenti. Alcuni inquilini delle case popolari avrebbero ricevuto bollette di oltre mille euro a bimestre, con conseguente aggravio della loro condizione economica già fortemente disagiata;
   sempre a Cremona all'interrogante risulta vi siano casi di invalidi e famiglie disoccupate con minori che non possono usufruire né del teleriscaldamento né dell'acqua calda sanitaria;
   in proposito il Comitato acqua pubblica ha dichiarato che «Il teleriscaldamento doveva essere la soluzione migliore per le nostre case: più ecologico, più economico e più efficiente; invece a Cremona come altrove il sistema sta dimostrando di essere non solo ben poco ecologico, ma anche di avere costi a volte insostenibili, soprattutto per chi abita in complessi di edilizia popolare, che hanno impianti mal funzionanti e inadeguati per condomini mal coibentati e non costruiti secondo criteri di efficienza energetica (...)»;
   tali polemiche hanno portato l'azienda che ha in gestione il sistema di teleriscaldamento di Cremona (AEM Gestioni srl) ad intervenire sulla questione con un comunicato confermando che la rete di teleriscaldamento «non è solo perfettamente funzionante, ma anche rispetta i migliori parametri di sicurezza e di efficienza del settore»;
   all'interrogante risulta tuttavia che proprio a Cremona un esperto in gestione dell'energia accreditato (EGE) incaricato da oltre 200 famiglie, avrebbe dimostrato la scarsa convenienza del teleriscaldamento. Inoltre, a suo avviso, le bollette sarebbero poco chiare, senza l'indicazione delle unità di misura, e quindi indecifrabili per l'utente normale –:
   se il Governo sia in possesso di dati circa l'effettiva economicità ed efficienza del sistema di teleriscaldamento e se intenda promuovere, per quanto di competenza, studi o ricerche sull'argomento.
(4-02788)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02698, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo  e altri n. 4-02699, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02700, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.

  L'interrogazione a risposta scritta Franco Bordo e altri n. 4-02704, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pellegrino.

  L'interrogazione a risposta scritta Mongiello e altri n. 4-02731, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Faraone, Naccarato, Miotto, Narduolo, Casellato.

  L'interrogazione a risposta scritta Mongiello e altri n. 4-02732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Faraone, Naccarato, Miotto, Narduolo, Casellato.

  L'interrogazione a risposta scritta Mongiello e altri n. 4-02733, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Faraone, Naccarato, Miotto, Narduolo, Casellato.

  L'interrogazione a risposta scritta Mongiello e altri n. 4-02734, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Faraone, Naccarato, Miotto, Narduolo, Casellato.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Matarrelli n. 4-02362 del 31 ottobre 2013;
   interpellanza Chimienti n. 2-00304 del 18 novembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Franco Bordo n. 4-02715 del 28 novembre 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta D'Incecco e altri n. 4-02272 del 24 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01634.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Naccarato e altri n. 4-02745 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 128 del 29 novembre 2013.
  Alla pagina 7485, seconda colonna, dalla riga trentasettesima alla riga quarantesima deve leggersi: «autotutela delle delibere indicate –:» e non «autotutela delle delibere indicate, mentre risulta che attingendo a quella graduatoria il comune di Galzignano abbia effettivamente assunto un dipendente –:», come stampato.