Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 28 novembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la semplificazione normativa costituisce – nelle sue diverse declinazioni – una delle questioni fondamentali da affrontare nella prospettiva della modernizzazione e dello sviluppo del Paese;
    in base alle analisi condotte dall'OCSE la complicazione burocratica è una delle prime cause dello svantaggio competitivo nel contesto europeo e globale. Pertanto, le politiche di semplificazione rappresentano un fattore cruciale per la competitività e lo sviluppo del Paese, in ogni suo settore produttivo e commerciale, nonché per il pieno godimento dei diritti di cittadinanza;
    i temi della semplificazione normativa ed amministrativa sono da tempo al centro dell'attenzione della politica, delle istituzioni e dei mass media, anche se i risultati raggiunti non sono all'altezza delle aspettative;
    tanto più utile l'opera di semplificazione si potrà rivelare quanto più sarà finalizzata anche ad una semplificazione delle stesse procedure normative e degli oneri burocratici che pesano sui cittadini e sulle imprese;
    in questa prospettiva, occorre una visione unitaria della semplificazione normativa ed amministrativa, sulla quale innestare un'analisi della legislazione vigente che potrebbe articolarsi in più fasi: la prima fase, del tutto preliminare, dovrebbe consistere in una ricognizione della legislazione vigente nei singoli settori, procedendo anche alla elaborazione di testi unici compilativi, a norma dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400; la seconda fase dovrebbe consistere nella ricognizione degli oneri amministrativi derivanti dalle disposizioni vigenti; la terza fase dovrebbe essere volta ad una semplificazione nel contempo normativa ed amministrativa, che elimini il più possibile o per lo meno alleggerisca gli oneri amministrativi a carico dei cittadini e delle imprese;
    nella prima fase, finalizzata ad organizzare la legislazione vigente nei distinti ambiti delle politiche pubbliche, si potrebbe fare ricorso – senza necessità di conferire al Governo specifiche deleghe – ai testi unici compilativi, previsti dal citato articolo 17-bis della legge n. 400 del 1988;
    in base a tale articolo, i testi unici compilativi devono individuare puntualmente il testo vigente delle norme; effettuare una ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; provvedere al coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la coerenza logica e sistematica della normativa; procedere, infine, alla ricognizione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore;
    l'elaborazione dei testi unici compilativi sarà agevolata, rispetto al passato, dall'utilizzazione della banca dati pubblica e gratuita dei testi normativi (www.normattiva.it), nata con la duplice finalità «di facilitarne la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei cittadini, nonché di fornire strumenti per l'attività di riordino normativo»;
    i testi unici compilativi potrebbero essere accompagnati da regolamenti emanati a norma dell'articolo 17, comma 4-ter della citata legge n. 400 del 1988, mediante i quali «si provvede ai periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all'espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete»;
    si tratta di un'operazione del tutto propedeutica ai successivi obiettivi della semplificazione, che consentirebbe di fare chiarezza nella galassia della stratificata e ramificata legislazione italiana, intanto individuando le normative effettivamente vigenti nei singoli settori e le disposizioni che risultino implicitamente abrogate;
    a quest'opera potrebbe dare il suo fondamentale contributo anche il Consiglio di Stato, al quale, a norma del richiamato articolo 17-bis potrebbe essere demandata anche la redazione degli schemi dei testi unici;
    sarà fondamentale l'apporto delle organizzazioni rappresentative del mondo delle attività produttive, del commercio, delle professioni, dei lavoratori, nonché dei cittadini e consumatori;
    si potrebbe inoltre studiare il coinvolgimento nell'operazione di un nucleo di stagisti, reclutati – eventualmente in base ad una norma ad hoc – tra gli operatori dei diversi settori e tra i laureati ed i laureandi nelle diverse discipline, per assicurare un approccio interdisciplinare, che metta insieme le indispensabili competenze giuridiche con le necessarie competenze settoriali;
    infine, nell'operazione potrebbe essere coinvolto il mondo dell'università e della ricerca, che potrebbe lavorare in sinergia con i singoli Ministeri;
    in questo modo, si potrebbe costruire e realizzare un vasto programma di semplificazione, in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati e di offrire un'opportunità formativa ai giovani,

impegna il Governo

a realizzare tutti gli sforzi possibili per mettere in atto una vasta opera di semplificazione legislativa ed amministrativa, a partire dalla predisposizione di testi unici compilativi per ciascun settore delle politiche pubbliche, eventualmente avvalendosi – oltre che del Consiglio di Stato – di stagisti specificamente reclutati per l'attuazione del programma di semplificazione e degli apporti del mondo dell'università e della ricerca.
(1-00265) «Tabacci, Ferrari, Taranto, Taricco, Di Gioia, Monchiero, Covello, Gelli, Tartaglione, D'Ottavio, Lavagno, Pisicchio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BINETTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno umanitario delle accoglienze di bambini bielorussi – di cui sono motore famiglie italiane, di qualsiasi estrazione sociale e colore politico – è unico al mondo, ed è ben sotto gli occhi e i riflettori dell'opinione pubblica;
   grazie all'azione di cooperazione delle stesse, diffusa capillarmente nel Paese, molti altri cittadini vengono, ogni anno, a contatto con questi bambini e «ragazzi di Chernobyl», perfettamente integrati nella nostra realtà;
   il rispetto di consolidati rapporti umanitari rappresenta la cartina di tornasole della serietà di un Paese, su cui costruire serie basi della cooperazione sociale e della collaborazione economica tra Stati;
   la Bielorussia ha dimostrato nei fatti – con il riesame, a partire dal 2010, di oltre 500 pratiche adottive in sospeso – la sua volontà di riaprire le adozioni solo con l'Italia, in virtù di tale rapporto di cooperazione. Tant’è che già nel 2010 (da statistiche CAI) sono stati adottati 99 minori, 146 nel 2011, 46 nel 2012. Questo dato non può essere ignorato dalla Commissione adozioni internazionali che, si auspica, operi, al fine di individuare le strade più opportune di sviluppo delle adozioni e non come è avvenuto nel periodo 2008-2012 con le pratiche per la Bielorussia, ove ha ritenuto di bloccare il deposito di nuove domande di adozione;
   in questi ultimi anni, la politica internazionale dell'Italia si è mostrata poco attenta alle adozioni internazionali, nonostante «il boom» delle stesse, registrato dalla Commissione suddetta, considerando il blocco di pratiche di adozione per decine di migliaia di famiglie italiane, con decreto di idoneità già ottenuto e in attesa di aprire la propria famiglia all'affetto di un minore;
   il boom delle adozioni dimostra la grande disponibilità delle coppie italiane all'adozione, che attendono 4-5 anni per raggiungere il risultato sperato. Tra quelle in attesa, ci sono appunto le famiglie adottanti in Bielorussia, che hanno un legame ben individuato con un minore che, il più delle volte, ha espresso la volontà chiara di essere adottato da una famiglia identificata;
   nel corso della riunione di insediamento in Commissione adozioni internazionali, il Ministro Kyenge ha posto l'attenzione sul dramma bielorusso dei circa 200 dossier già depositati e vagliati a Minsk; purtroppo, di fronte ad una difficile trattativa con le autorità della capitale (che dovrebbe essere volta anche alla ricerca di soluzioni definitive) il Ministero degli affari esteri sembra al momento porre estreme difficoltà e veti a qualsiasi tipo di rapporto con il Presidente bielorusso, temendo ripercussioni europee, pur essendo la questione di natura prettamente umanitaria –:
   se non ritengano opportuno promuovere una profonda riforma della Commissione delle adozioni internazionali, affinché non solo rappresenti un mero organo di controllo degli enti per le adozioni internazionali, ma sostenga anche il processo di espansione delle stesse, viste le sempre maggiori richieste di adozione da parte di coppie italiane, posto che tale azione raggiungerebbe il duplice obiettivo di efficacia ed efficienza, derivante dal porre sotto la medesima guida del Ministro degli affari esteri sia la Commissione per le adozioni internazionali sia il braccio operativo delle ambasciate, rappresentanti dello Stato italiano nel mondo. (4-02722)


   REALACCI, RUBINATO e GINATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe da articoli apparsi sulla stampa locale, sui social media (www.vicenzapiu.com), da comunicati stampa di Legambiente Veneto e da altri comitati di liberi cittadini costituitisi per contestare la realizzazione della «Superstrada Pedemontana Veneta», che sia stata negata dall'ingegner Silvano Vernizzi, commissario straordinario per lo stato di emergenza socio economico-ambientale determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nei territori delle province di Treviso e Vicenza, la visione e la «pubblicità» della convenzione economica e del piano economico-finanziario per la realizzazione della pedemontana tra il detto commissariato e l'ATI Consorzio Stabile SIS – società consortile per azioni e Itinere Infraestructuras S.A.;
   detta convenzione economica pare non essere nemmeno disponibile sul sito www.commissariopedemontana.it;
   l'ingegner Vernizzi, già amministratore delegato di Veneto Strade e commissario per il passante di Mestre fu nuovamente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Berlusconi, con propria ordinanza n. 3802 del 15 agosto 2009, commissario del Governo e delegato per il superamento dell'emergenza traffico nelle province di Vicenza e Treviso, attraverso la realizzazione del progetto di superstrada a pedaggio denominata Pedemontana Veneta, progetto che fu approvato dal CIPE con delibera n. 96 del 29 marzo 2006;
   assieme alle cariche sopraccitate l'ingegner Silvano Vernizzi assomma perciò tre ruoli: presidenza della commissione regionale di Valutazione impatto ambientale, commissario per la Pedemontana Veneta e amministratore delegato di Veneto Strade;
   detto progetto di Superstrada Pedemontana Veneta consta di un un'arteria di collegamento tra Montecchio Maggiore (VI) e Spresiano (TV), passando per il distretto industriale di Thiene-Schio, per Bassano del Grappa e nel territorio a nord di Treviso, interconnettendosi a 3 autostrade – da ovest: l'A4, l'A31 e l'A27. Sarà lunga 94,747 chilometri e sarà, ad oggi, la prima superstrada italiana soggetta a pedaggio. L'infrastruttura è realizzata in «finanza di progetto» dall'ATI SIS SCpA – Itinere SA che gestirà l'opera e ne riscuoterà il pedaggio per 39 anni ed, avrà un costo superiore ai 2,3 miliardi di euro. Inoltre, a far data del 2013, a questo ingente ammontare va aggiunto un sovrapprezzo di 330 milioni di euro tra progetto preliminare ed esecutivo dovuto ad opere accessorie pretese e ottenute da comuni attraversati dalla superstrada, per migliore il raccordo con la viabilità esistente;
   è altresì fortemente prevedibile che a fronte di un costante calo del traffico commerciale e privato dovuto non solo alla crisi ma a diverse scelte di mobilità sostenibile, come certificato da Anas S.p.A. e AISCAT anche nel Nordest d'Italia per il 2013, vi sarà parallelamente un sensibile incremento del costo del pedaggio che andrà necessariamente a remunerare l'investimento del Consorzio ATI – SIS in «finanza di progetto»;
   è poi noto che la Pedemontana veneta insisterà in un territorio già fortemente antropizzato, ad altissimo rischio idrogeologico, in parte già colpito dall'alluvione in Veneto nel 2010;
   il progetto definitivo, a quanto consta agli interroganti, non recepisce nemmeno la prescrizione del CIPE che stabiliva come: «il progetto definitivo debba “studiare una nuova soluzione del tracciato”, la quale “eviti l'attraversamento in corrispondenza della Villa Agostini Tiretto, nel comune di Giavera del Montello (TV) – bene storico tutelato dalla normativa nazionale e regionale – sulle aree sottoposte alla disciplina del decreto legislativo n. 42 del 2004” (delibera CIPE 29 marzo 2006, n. 96)»;
   se non fosse verificata e garantita a tutti la pubblicità della convenzione tra «commissario per la Pedemontana Veneta» e consorzio SIS si contravverrebbe alla normativa nazionale e comunitaria sulla pubblicità degli appalti pubblici. E ciò in palese contrasto con le linee guida per la trasparenza e la pubblicità negli appalti pubblici approvate nel 2013 dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome che rappresentano una chiara guida operativa a uso delle stazioni appaltanti per la corretta applicazione delle norme sulla trasparenza e sulla pubblicità delle gare di lavori, servizi e forniture disciplinate dal codice dei contratti e degli appalti pubblici (decreto legislativo 163 del 2006). Trasparenza ampiamente dovuta visto che, come si riscontra nella stampa locale e nazionale, anche alcuni appalti della Pedemontana Veneta parrebbero toccati dalle indagini su gravi irregolarità, corruzione, peculato e truffa ai danni dello Stato perpetrate dal «Sistema Baita», già amministratore delegato della Mantovani S.p.A, le cui indagini e il cui iter giudiziale sono ancora in corso –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti, se essi corrispondano al vero e quali iniziative urgenti intenda assumere per accertare la regolarità formale dell'attuale progetto di Pedemontana Veneta;
   se il Presidente del Consiglio dei Ministri ritenga che la presidenza della commissione regionale della valutazione di impatto ambientale del Veneto sia compatibile con quella di commissario governativo sulla Pedemontana Veneta e di amministratore delegato di Veneto Strade, anche alla luce della risposta n. E-007368/2012 ad un interrogazione alla Commissione europea da parte del commissario Janez Potocnik che rimanda alla competenti autorità italiane;
   se non intenda attivarsi presso il commissario governativo Vernizzi affinché renda subito pubblica, anche attraverso il sito del commissario straordinario delegato per lo stato di emergenza socio economico-ambientale nei territori delle province di Treviso e Vicenza, la convenzione economica e il piano economico-finanziario al fine di approfondire e verificare lo stato degli appalti in Veneto a garanzia della trasparenza dell'impiego degli investimenti e delle ingenti risorse dello Stato, garantite dal decreto «sblocca cantieri» del Governo Letta, destinate anche alla realizzazione della Pedemontana Veneta;
   se non intenda interessare il CIPE e la Corte dei conti al fine di fare chiarezza relativamente alla correttezza e alla congruità della spesa anche a fronte di un sensibile calo del traffico commerciale e privato dell'ultimo biennio, come certificato dall'Anas, e dello «spopolamento industriale e artigianale» delle aree che sarebbero servita da questa arteria come evidenziato anche dal rapporto dell'Osservatorio «Ambiente e Legalità» elaborato da Legambiente Veneto;
   se il Ministero per i beni e le attività culturali, anche per tramite dell'ufficio territorialmente competente, non intenda far rispettare il vincolo di tutela storica artistica del prezioso immobile pre-Palladiano di Villa Agostini Tiretta attraverso una radicale revisione del tracciato che interessa la sopraddetta area nel comune di Giavera del Montello;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda rendere noto, dopo le opportune verifiche, se la regione Veneto abbia ottemperato all'obbligo annuale di informazione al Ministero dell'ambiente previsto dall'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, «codice dell'ambiente» circa i provvedimenti di valutazione di impatto ambientale «adottati e i procedimenti di valutazione in corso» della Regione.
(4-02723)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   TIDEI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 24 giugno 2013, la Knesset, il Parlamento israeliano, ha approvato il cosiddetto piano Prawer-Begin, che così come approvato rappresenterebbe la più vasta land grab (letteralmente sottrazione di terreni) messa in atto da Israele dal 1948 sui territori del deserto di Al-Naqab (Negev). L'applicazione di tale piano comporterebbe la rimozione di oltre 35 villaggi non riconosciuti e l'espulsione forzata di oltre 70.000 beduini palestinesi;
   la comunità internazionale e importanti ong hanno ripetutamente richiamato Israele a sospendere l'attuazione del piano Prawer;
   fonti giornalistiche hanno riportato la dura condanna espressa dall'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay: «In quanto cittadini israeliani, i beduini palestinesi hanno gli stessi diritti alla proprietà e ai servizi pubblici di tutti gli altri. Il governo deve riconoscere e rispettare i diritti delle comunità beduine, compreso il riconoscimento della proprietà delle terre. Israele è colpevole dell'implementazione di una politica discriminatoria di trasferimento forzato. Se il disegno di legge sarà approvato – ha proseguito la Pillay – porterà alla demolizione di intere comunità beduine, forzandole a lasciare le loro case e a distruggere il loro tradizionale stile di vita. Il rispetto dei diritti delle minoranze è un elemento fondamentale di una democrazia»;
   il Parlamento europeo, con la risoluzione sulla politica dell'Unione europea in Cisgiordania e a Gerusalemme Est 2012/2964 (RSP): «viste la sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 29 settembre 2011 sulla situazione in Palestina, del 16 febbraio 2012 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione della convenzione regionale sulle norme di origine preferenziali paneuromediterranee e del 9 settembre 2010 sulla situazione del fiume Giordano, con particolare riferimento alla regione del Basso Giordano; viste le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 14 maggio 2012, del 23 maggio 2011 e dell'8 dicembre 2009; visto il discorso sugli ultimi sviluppi in Medio Oriente e in Siria pronunciato dal vicepresidente/alto rappresentante Catherine Ashton durante la seduta plenaria del Parlamento europeo del 12 giugno 2012; viste le dichiarazioni del vicepresidente/alto rappresentante Catherine Ashton, in particolare quelle dell'8 giugno 2012 sull'espansione degli insediamenti, del 25 aprile 2012 sulla decisione delle autorità israeliane riguardo allo status degli insediamenti di Sansana, Rechelim e Bruchin nei territori palestinesi occupati, e del 22 febbraio 2012 sull'approvazione degli insediamenti israeliani; vista la relazione dei capimissione dell'UE su Gerusalemme Est del gennaio 2012; vista la relazione dei capimissione dell'UE sull'Area C e la costruzione dello Stato palestinese del luglio 2011; vista la quarta Convenzione di Ginevra sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra del 1949; vista la Carta delle Nazioni Unite; viste le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, in particolare la risoluzione 181 (1947) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e le risoluzioni 242 (1967), 252 (1968), 338 (1973), 476 (1980), 478 (1980), 1397 (2002), 1515 (2003) e 1850 (2008) del Consiglio di sicurezza; viste le dichiarazioni del Quartetto per il Medio Oriente e in particolare quelle dell'11 aprile 2012 e del 23 settembre 2011; visto il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 9 luglio 2004 sulle conseguenze giuridiche della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati; vista la sentenza della Corte di giustizia dell'unione europea del 25 febbraio 2010 nella causa C-386/08, Brita GmbH contro Hauptzollamt Hamburg-Hafen; visto l'accordo provvisorio sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza del 18 settembre 1995; visti gli accordi di Oslo (dichiarazione dei principi riguardanti progetti di autogoverno ad interim) del 13 settembre 1993; visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento» ha chiesto la protezione delle comunità beduine arabe che vivono nei territori palestinesi occupati e nel Negev (Naqab), che sia immediatamente posto fine a qualsiasi atto di trasferimento forzato, espropriazione o demolizione nei confronti di questo popolo e che siano forniti alle comunità beduine servizi adeguati nelle loro terre ancestrali, migliorando così le loro condizioni di vita ed ha esortato, il Governo israeliano a ritirare il piano Prawer;
   anche Amnesty International ha duramente condannato l'azione israeliana nel deserto del Negev; Philip Luther, direttore del programma Africa del Nord e Medio Oriente di Amnesty International ha dichiarato: «Le demolizioni ripetute ad al-’Araqib e in altri villaggi mostrano che il piano Prawer-Begin viene attuato sulla terra, nonostante il fatto che il disegno di legge è ancora in corso alla Knesset e che le comunità che saranno interessate ancora non sono state davvero consultate. Il piano discrimina i beduini arabi, fornendo meno protezione per la propria terra e il diritto alla casa rispetto ad altri cittadini israeliani. La comunità internazionale deve esercitare pressioni sul governo israeliano perchè rispetti i suoi obblighi dei diritti umani all'interno dei suoi confini, così come nei territori palestinesi occupati. [...] Le autorità israeliane devono fermare le demolizioni in queste comunità e cambiare rotta completamente per garantire il diritto a un alloggio adeguato di tutti i cittadini» –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti riportati in premessa;
   se non ritenga, alla luce di quanto premesso, che si renda necessaria una forte presa di posizione del nostro paese al fianco del Parlamento europeo, dell'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite e delle organizzazioni umanitarie internazionali per intraprendere un serrato dialogo diplomatico con Israele al fine di scongiurare l'attuazione del piano Prawer. (3-00485)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIGNAROLI e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2013, la discarica di Malagrotta, in cui sono stati smaltiti i rifiuti di Roma, Città del Vaticano, Ciampino e Fiumicino, veniva dichiarata chiusa senza che siano state aperte nuove discariche od impianti;
   l'area di Malagrotta, come noto, contiene al suo interno diversi impianti a rischio di incidente rilevante e dunque è soggetta ai vincoli previsti dal decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 (cosiddetta legge Seveso II), così come anche l'intero quadrante della Valle Galeria;
   nel complesso industriale continuano a lavorare due impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) i cui dati quantitativi e soprattutto qualitativi sono ad oggi sconosciuti, sia in ingresso quanto in uscita. Altrettanto misterioso sapere dove vengano collocati od inviati dal gestore, gli scarti, la Fos ed il Cdr. Tale mancanza, tra le altre cose, inficia la conoscenza reale degli impatti ambientali ed odorigeni relativi ad i macchinari in questione;
   il decreto legislativo n. 36 del 2003 che ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 99/31/CE, determina le procedure che regolano la gestione post mortem delle discariche. In particolare l'articolo 12, comma 3 dispone: «La discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'articolo 10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura. L'esito dell'ispezione non comporta, in alcun caso, una minore responsabilità per il gestore relativamente alle condizioni stabilite dall'autorizzazione. Anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post-operativa per tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l'ambiente.» Ed ancora, l'articolo 13, al comma 1, prescrive: «nella gestione e dopo la chiusura della discarica devono essere rispettati i tempi, le modalità, i criteri e le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione e dai piani di gestione operativa, post-operativa e di ripristino ambientale di cui all'articolo 8, comma 1, lettere g), h) e l), nonché le norme in materia di gestione dei rifiuti, di scarichi idrici e tutela delle acque, di emissioni in atmosfera, di rumore, di igiene e salubrità degli ambienti di lavoro, di sicurezza, e prevenzione incendi; deve, inoltre, essere assicurata la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica.»; ai sensi dell'articolo 15, gli oneri inerenti la chiusura della discarica ed il conseguente ripristino ambientale e messa in sicurezza dei luoghi, sono compresi nella tariffa pagata al gestore. Ed infatti con il decreto commissariale 26/2005 veniva reso operativo il piano d'adeguamento della discarica di Malagrotta ai sensi del decreto legislativo 36/2003;
   successivamente con il decreto commissariale 36/2008, l'allora commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio, dottor Piero Marrazzo, approvava il «progetto esecutivo opere chiusura discarica (capping)»;
   considerando la lunga vita dell'invaso di Malagrotta, iniziata antecedentemente alla storica direttiva 99/31/CE, tenendo altresì in conto, le innumerevoli proroghe susseguitesi nel corso degli anni, anche successive all'approvazione del progetto del capping, si ritiene necessario, per potere individuare le migliori metodologie e tecniche di riqualificazione e bonifica dell'ex discarica, attivare una caratterizzazione delle matrici ambientali delle aree in oggetto, onde verificarne lo stato attuale d'inquinamento;
   con nota prot. n. 244 del 2 settembre 2013 il Colari informava: «la discarica di Malagrotta alla data del 1° ottobre disporrà ancora di volumetrie residue per circa 250.000 metri cubi. L'utilizzazione delle medesime fino al naturale esaurimento della messa a dimora della Fos e dei residui di lavorazione dei Tmb di Malagrotta 1 e Malagrotta 2 consentirà di armonizzare gli interventi di chiusura della discarica che prevede la realizzazione dei pozzi del biogas e relative linee di convogliamento agli impianti, per la raccolta e lo sgrondo delle acque meteoriche secondo il progetto approvato», «prima di procedere alla realizzazione del capping e del successivo impianto delle specie arboree e vegetali previste (bosco)». Ed inoltre «l'utilizzo di queste volumetrie consentirà ancora per alcuni mesi di ricevere e trattare, come detto, i residui di lavorazione e gli scarti dei Tmb di Malagrotta»;
   da quanto suesposto, si evinceva chiaramente il «tentativo» del Colari di volere continuare con le attività della discarica attraverso l'abbancamento della frazione organica stabile, cosiddetta Fos. Come noto la Fos è un vero e proprio rifiuto che, seppur trattato, nulla ha a che vedere con il capping finale di una discarica, non garantendo sicurezza alcuna sotto il profilo ambientale e sanitario giacché con indubbia facilità i processi fermentativi potrebbero riattivarsi in presenza di precipitazioni meteoriche. A dimostrazione di ciò, al Colari veniva negata la proroga per l'utilizzo delle volumetrie residue di Malagrotta;
   preso atto del diniego delle autorità competenti, in data 1° ottobre 2013 il presidente del Colari, avvocato Manlio Cerroni, inviava al Commissario delegato dottor Goffredo Sottile, una lettera nella quale tra le altre cose dichiarava: «Per parte nostra, ci troviamo tutti fortemente impegnati per venire a capo del problema e per scongiurare l'emergenza a Roma ed è appunto quello che stiamo alacremente facendo (speriamo bene). A questo proposito, per meglio corrispondere alle esigenze operative di trasferire in impianti esterni autorizzati FOS e scarti di lavorazione, abbiamo predisposto la realizzazione in un tempo di 60 giorni di un deposito provvisorio logistico di circa 2000 mq tra Malagrotta 1 e Malagrotta 2, come da planimetria allegata»;
   rispetto a tale richiesta, ad oggi, non è dato sapere se tale permesso sia stato o meno concesso;
   ad oggi, nonostante la dichiarata chiusura della discarica, molti cittadini residenti, il primo firmatario del presente atto, preoccupati dal livello d'inquinamento atmosferico raggiunto nel quadrante di Castel Malnome, Massimina, Ponte Galeria, Piana del Sole, Monte Stallonara, Casal Lumbroso e Fiumicino, comprovato anche da numerosi studi, continuano a percepire miasmi ed esalazioni nauseabonde (che molto fanno temere per la loro salute senza considerare i problemi psicologici e sociali che tale situazione comporta). Per dette ragioni, i cittadini, denunciavano tali fatti alle autorità competenti;
   all'indomani della chiusura dell'invaso venivano inoltrate al Colari varie richieste di poter visitare la discarica e gli impianti di Malagrotta, alle quali il Colari rispondeva negando l'accesso in applicazione di un preciso e predefinito indirizzo gestionale «volto ad evitare strumentalizzazioni da parte del sistema mediatico che tanto pregiudizio hanno già arrecato alle imprese di questo gruppo»;
   è bene evidenziare che la discarica di Malagrotta a tutt'oggi è oggetto di una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea (2011/4021). Tale ammonimento, a marzo del 2013, ha comportato il deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia europea. I richiami di Bruxelles dunque evidenziano senza dubbio alcuno, che la situazione di gestione dei rifiuti a Roma sia ancora lontana da una soluzione organica ed anche per questo si era richiesto di ispezionare l'area. Nonostante tali urgenti motivazioni, ed in assenza a tutt'oggi della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e del relativo potere ispettivo dei suoi componenti, visto il diniego del presidente del Colari, non è stato possibile rendersi conto di persona della reale situazione del sito –:
   almeno per l'anno 2013 quali siano i dati quantitativi espressi in tonnellate, nonché quelli qualitativi degli impianti di trattamento meccanico biologico denominati Malagrotta 1 e Malagrotta 2;
   se la richiesta del Colari per la costruzione di un deposito provvisorio logistico sia stata accolta dal commissario delegato dottor Goffredo Sottile e se tale deposito sia stato costruito ed in tal caso che cosa contenga al suo interno;
   se il deposito deputato ad accogliere «temporaneamente» quanto precedentemente (nei mesi da aprile a settembre 2013) veniva sversato nell'invaso, possa costituire paradossalmente una sorta di appendice della ex discarica tale da rendere possibile un inasprimento dell'infrazione da parte della Commissione europea oltre costituire l'ennesima beffa ai danni dei cittadini residenti che continuano ad essere invasi da miasmi nauseabondi;
   dove siano smaltiti attualmente e senza il supporto del costruendo capannone, la Fos e gli scarti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico biologico Malagrotta 1 e Malagrotta 2;
   dove sia incenerito il combustibile derivato dai rifiuti prodotto dagli impianti di trattamento meccanico biologico Malagrotta 1 e Malagrotta 2;
   se si è avviato ed in quale modo, l'intervento di recupero ambientale e di riqualificazione dell'aerea e se il monopolista Manlio Cerroni, sia attenzionato dal Governo per il rispetto degli obblighi ed oneri che le norme di legge prescrivono a suo carico e che costui più volte nel corso di decenni, ha impunemente violato;
   se intenda verificare l'origine, la provenienza ed infine la causa dei cattivi odori che lasciano presagire tristemente, come ancora una volta, l'alea sia mal gestita. (5-01611)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Ge.Se.N.U. è una società per azioni a capitale misto pubblico-privato tra il comune di Perugia (45 per cento) e il gruppo Sorain Cecchini (55 per cento);
   la Ge.Se.N.U. si occupa di progettazione e gestione di servizi di igiene urbana e complementari compresa la gestione di discariche, impianti di selezione, riciclaggio e compostaggio di qualità, impianti di depurazione reflui e stazioni ecologiche;
   la società, unitamente al comune di Perugia, è proprietaria e gestisce un impianto in Ponte Rio (nelle vicinanze di Perugia) per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti solidi urbani e per la selezione meccanica dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata multimateriale nonché trattamento biologico dei reflui urbani e dei reflui non canalizzati;
   l'impianto sito in Ponte Rio sorge alle porte della città di Perugia che offre, a chi accede a Perugia dalla superstrada E45 da Ponte Felcino, la vista delle mura e della parte antica della città, immersa in un paesaggio di rara bellezza;
   l'impianto negli ultimi anni ha intensificato la propria attività ed è collocato nelle vicinanze del centro abitato di Ponte Rio che subisce gli effetti dell'attività di smaltimento e di lavorazione dei rifiuti;
   i cittadini del vicino centro abitato di Ponte Rio segnalano cattivi odori provenienti dall'impianto che raggiungono le abitazioni di Ponte Rio e sono avvertiti dagli abitanti della zona e da chiunque da Ponte Felcino si trova ad accedere alla città dalla via del Bulagaio;
   l'attività dell'impianto si svolge con una certa intensità anche per la frequenza del transito dei mezzi che trasportano rifiuti diretti allo stabilimento anche nelle ore della sera e sono fonte di disagi alla popolazione del vicino centro abitato;
   la carta dei servizi della Gesenu, oggetto di presa d'atto dell'amministrazione comunale con delibera G.C. n. 548 del 27 ottobre 2005, prevede che – tra gli obiettivi della Gesenu posti a tutela dell'ambiente – «L'efficienza dei mezzi e degli impianti quotidianamente usati, nonché il costante controllo delle emissioni e dispersioni sul suolo, nell'aria e nell'acqua sono azioni che l'azienda assume come regola inderogabile nel proprio agire» e che «i cittadini, le associazioni che li rappresentano e il Comune di Perugia hanno il diritto di conoscere i dati quantitativi e statistici riguardanti le attività di servizio»;
   le attività di gestione dell'impianto di riciclaggio e trattamento dei rifiuti costituiscono un servizio di pubblica utilità ed è dovere anche degli interroganti, al fine di tutelare i diritti del cittadino e dell'ambiente, porre in essere ogni iniziativa volta alla verifica del rispetto delle norme comunitarie e nazionali in materia;
   è necessario che il Governo intervenga per fare chiarezza sulle cause di talidisagi anche sollecitando gli organi di vigilanza a ciò preposti –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta;
   se intenda promuovere una verifica, anche avvalendosi del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, in ordine all'origine, alla provenienza e alla causa dei cattivi odori provenienti dall'impianto. (4-02725)


   RICCIATTI, SCOTTO, MIGLIORE, GIANCARLO GIORDANO, FERRARA e RAGOSTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la desecretazione della seduta del 7 ottobre 1997 della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite, nel corso della quale è stato audìto il pentito di camorra Carmine Schiavone, ha rivelato la vastità e sistematicità dell'attività di inquinamento causato dai clan della camorra;
   dalle dichiarazioni raccolte in quella audizione è emerso quanto ramificate e capillari fossero le influenze dei clan criminali nella formazione delle amministrazioni locali (verbale della seduta del 7 ottobre 1997, pagine 21-22) e quanto stretto fosse il legame con alcune industrie (ibidem, pagina 12 e seguenti);
   dalla audizione è emerso come i clan avessero organizzato una complessa filiera per lo smaltimento illegale dei rifiuti che consisteva, in molti casi, nel ricevere i rifiuti speciali da smaltire da discariche autorizzate. I clan provvedevano all'occultamento dei rifiuti, mentre le discariche autorizzate, al termine delle operazioni, rilasciavano alle aziende «committenti» bolle di accompagnamento con la registrazione di conferimenti come fossero stati effettuati legalmente;
   da un articolo pubblicato dal settimanale L'Espresso (22 novembre 2013, versione digitale) emerge come tra le aziende che si avvalevano di questo sistema di smaltimento dei rifiuti c'era la Indesit Merloni, la quale attraverso due suoi dirigenti avrebbe avuto rapporti diretti con l'avvocato Chianese, dominus delle attività di smaltimento illegali per il clan dei Casalesi;
   ad oggi, nonostante sia delineata con chiarezza la gravità del fenomeno, non vi è ancora una mappa particolareggiata delle zone interessate, così come non sono state individuate le responsabilità ed i coinvolgimenti delle «imprese committenti» e degli amministratori coinvolti;
   i senatori Romano e Romani hanno presentato nel settembre del 2013 un dossier dove si evince che in Campania la mortalità è risultata in eccesso significativo per gli uomini nel 19 per cento dei comuni della provincia di Caserta e nel 43 per cento dei comuni della provincia di Napoli; per le donne nel 23 per cento dei comuni della provincia di Caserta e nel 47 per cento dei comuni della provincia di Napoli. Le patologie più gravi sono risultate essere tumori allo stomaco, al rene, al fegato, alla trachea, ai bronchi, ai polmoni, alla pleura e alla vescica nonché malformazioni e difetti congeniti –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare per individuare le aree interessate dal fenomeno di occultamento dei rifiuti tossici;
   se non ritengano opportuno, data la gravità degli effetti per la salute dei cittadini e delle istituzioni democratiche, intraprendere con urgenza tali iniziative. (4-02727)


   GRANDE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – permesso che:
   la società ENEL produzione spa – di seguito Enel – è proprietaria e gestisce nel comune di Civitavecchia (RM) la centrale termoelettrica Torrevaldaliga Nord. La centrale ha una potenza installata di 1.980 Mw distribuiti su tre gruppi da 660 Mw alimentati a carbone, con accensioni e fasi di combustione instabile alimentate a gas naturale;
   nell'esposto alla Unione europea, presentato nel mese di febbraio 2013 dall'Associazione italiana medici per l'ambiente (ISDE) e dal MoVimento 5 Stelle riguardante inadempimenti del diritto comunitario in merito alle opere di compensazione previste per la centrale elettrica di Torrevaldaliga Nord, veniva già puntualizzato come in un'articolo pubblicato recentemente sulla nota rivista internazionale AP Joumal of Cancer prevention si evidenziasse che vivere in prossimità di linee elettriche ad alta tensione aumenta il rischio di ammalarsi di leucemia linfatica acuta;
   il decreto di valutazione impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e delle tutela del territorio e del mare 680 del 4 novembre 2003 ha prescritto al gestore la calendarizzazione e la realizzazione di opere compensative, intesi come «progetti la cui realizzazione da parte di Enel sarà considerata vincolante per la prosecuzione dei lavori di realizzazione e l'esercizio della centrale», quali la «variante in ambito urbano del tratto finale della linea a 150 kV 5. Lucia-Civitavecchia di proprietà della società TERNA, prima della sottostazione elettrica di Fiumaretta, con innesto nella adiacente stazione FF.SS. e con lo smantellamento del tratto di linea dismesso», «interramento del tratto finale della linea a 150 kv Vigna Turci-Civitavecchia di proprietà della società Enel distribuzione, in corrispondenza del quartiere San Liborio», «interramento del tratto iniziale della linea a 150 kv Civitavecchia-Santa Marinella, di proprietà della società Enel distribuzione, in corrispondenza del quartiere San Gordiano», «realizzazione del Parco dei serbatoi, della pista ciclabile e del porticciolo, da diporto». Tali progetti dovevano essere trasmessi anche al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, individuando le modalità atte ad anticipare almeno parte della loro realizzazione prima della chiusura del cantiere della centrale;
   nella lettera del Ministero dello sviluppo economico protocollo n. 0004890 – 7 marzo 2011 si dichiara che vista l'impossibilità di realizzazione del porticciolo da diporto si rende necessaria l'individuazione di interventi di egual valore dal punto di vista della compensazione ambientale, atti ad ottemperare alla prescrizione di cui trattasi;
   nel parere n. 1099 del 30 novembre 2012, della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale viene espresso un orientamento positivo rispetto alla realizzazione nell'area ex parco serbatoi di una zona verde di 40 ettari. Inoltre, secondo tale parere, se l'area fosse contaminata, il gestore dovrà effettuare una indagine per accertare il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per il suolo, il sottosuolo e le falde acquifere in relazione alla destinazione d'uso;
   nel decreto di autorizzazione integrata ambientale per la centrale Enel di Torrevaldaliga Nord, prot. n. 0000114 del 5 aprile 2013, è stato attestato che «possono concretizzarsi esposizioni lungo le linee elettriche di collegamento dell'impianto alla rete nazionale. Le linee di collegamento appartengono alla società Terna, i campi elettrici e magnetici derivanti dall'esercizio di queste linee non sono quindi sotto il diretto controllo del Gestore –:
   quale sia, nel dettaglio, lo stato dei lavori di interramento per le linee elettriche di proprietà Terna e quali siano i tempi previsti per il completamento;
   con quale compensazione ambientale si pensi di sostituire il porticciolo da diporto previsto in valutazione di impatto ambientale;
   quale sia il cronoprogramma dettagliato comprensivo delle eventuali attività di bonifica o caratterizzazione delle matrici ambientali delle aree coinvolte per il completamento delle suddette opere previste in valutazione impatto ambientale. (4-02730)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   PISANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con articolato decreto del 15 novembre 2013 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno, ha disposto «il sequestro preventivo di tutti i lotti funzionali e comunque di tutte le parti... in corso di realizzazione, dell'edificio denominato CRESCENT, nonché delle aree di sedime su cui è prevista la realizzazione del predetto edificio», intervento in corso nel comune di Salerno;
   il provvedimento cautelare è stato adottato nell'ambito del complesso procedimento penale n. 13095/09/21 – riguardante la cementificazione della vasta superficie compresa tra la spiaggia di S. Teresa (anch'essa, insieme ad un lembo di mare, in parte interessata dall'edificazione) ed il centro storico cittadino – instaurato presso la Procura della Repubblica di Salerno a seguito di numerosi esposti presentati da cittadini privati e soprattutto dal cosiddetto Comitato «No Crescent» e dall'Associazione «Italia Nostra Onlus;
   l'area interessata, già demaniale, è sottoposta a numerosi vincoli consecutivi tra cui – per quanto attiene specificamente ai compiti istituzionali del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – al vincolo paesaggistico di cui alla parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), per effetto dell'articolo 142, comma 1, lettera a), in quanto compresa nei 300 metri dalla battigia e lettera c), perché ricadente nella fascia di 150 metri dal torrente Fusandola, classificato come «acqua pubblica» con regio-decreto 7 maggio 1899, la cui tutela fu ulteriormente rafforzata, «dallo sbocco all'origine», con il decreto ministeriale 5 agosto 1957, emanato a seguito della devastante alluvione che investì Salerno nel 1954, causando oltre cento morti ed ingentissimi danni;
   allo stato, oltre al Viceministro e sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, risultano indagate 30 persone, a vario titolo coinvolte nella vicenda, tra cui due Soprintendenti ed un funzionario della Soprintendenza di Salerno;
   in particolare, è indagato per fattispecie gravissime l'architetto Giuseppe Zampino, all'epoca dei fatti soprintendente di Salerno che, peraltro, risulta aver ottenuto il patrocinio legale dall'Avvocatura dello Stato, con difesa affidata all'avvocato Giuseppina Buongiorno;
   la pluralità di vincoli posti a tutela dell'area avrebbe dovuto garantirne l'integrità ed il pubblico godimento;
   a dispetto di tale cogente situazione vincolistica, le opere in corso di realizzazione (oggi sequestrate) hanno già determinato la parziale costruzione di un mastodontico edificio privato («Crescent»), alto circa 30 metri e lungo circa 300 e di una smisurata piazza pubblica di circa 35.000 metri quadri, sopraelevata ai circa 3 metri dal livello del mare, ed è ancora prevista l'edificazione di ulteriori e non meno devastanti volumetrie, con conseguente stravolgimento della stessa morfologia della costa e perdita degli irrinunciabili elementi identitari della città;
   come peraltro riconosciuto anche dalla competente direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania (che aveva chiesto modifiche riduttive), le opere sono del tutto incongrue con il contesto vincolato situato direttamente sul mare e punto di cerniera – anche visuale – tra il centro storico di Salerno e la costiera amalfitana;
   l'oggettivo impatto determinato dalle costruzioni, l'irreversibile alterazione dello skyline urbano, la perdita di elementi identitari della città e delle visuali di pubblico godimento, fa ritenere che vi sia stato un deturpamento delle bellezze naturali –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se e quali iniziative intenda assumere per contrastare la devastazione della costa salernitana, garantendo l'effettiva tutela dell'area vincolata;
   se – in qualità di massimo responsabile politico del competente dicastero – non ritenga necessario costituirsi parte civile nel procedimento penale in argomento;
   se non ravvisi evidenti conflitti di interessi tra la posizione di parte lesa dell'amministrazione dei beni culturali e quella dell'ex soprintendente architetto Giuseppe Zampino a cui, ad onta delle gravi provvisorie imputazioni contestategli e dei danni paesaggistici prodotti – è stato incredibilmente assicurato il patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato. (4-02726)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il tema del riconoscimento come ONLUS delle comunità ebraiche – riconoscimento che ha dirette ricadute sulla possibilità di accesso al 5 per mille – è assai controverso. Infatti, le direzioni regionali delle entrate hanno assunto posizioni tra loro divergenti, facendo venir meno ogni certezza del diritto e creando evidenti sperequazioni tra regione e regione. In tempi recenti, le comunità ebraiche di Ancona e di Milano sono state cancellate dall'elenco delle ONLUS con provvedimento della competente direzione generale delle entrate. La comunità di Milano è stata anche sottoposta ad ispezioni da parte della medesima Agenzia;
   mentre il ricorso presentato dalla comunità di Milano è stato parzialmente accolto dalla commissione tributaria di Milano, che ha disposto la reiscrizione della Comunità nell'anagrafe unica delle ONLUS per la parte relativa all'assistenza sociale e socio-sanitaria agli anziani, il ricorso presentato dalla comunità di Ancona è stato respinto eppure, l'articolo 10, comma 9, del decreto legislativo n. 460 del 1997, recante «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» appare chiaro: «Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sono considerati ONLUS limitatamente all'esercizio delle attività elencate alla lettera a) del comma 1; fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi enti e associazioni si applicano le disposizioni anche agevolative del presente decreto, a condizione che per tali attività siano tenute separatamente le scritture contabili previste all'articolo 20-bis del decreto del Presidente delle Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'articolo 25, comma 1»;
   dalla disposizione sopra riportata discende in maniera molto chiara che gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose che hanno stipulato un'intesa con lo Stato (è il caso dell'unione delle comunità ebraiche, con la legge n. 101 del 1989) sono riconosciuti di diritto come ONLUS parziali. Le comunità ebraiche, da questo punto di vista, sono senz'altro assimilabili agli enti ecclesiastici;
   in quanto enti ecclesiastici, le comunità ebraiche – al pari degli enti ecclesiastici cattolici e di altre confessioni con intesa – non devono avere la finalità esclusiva di solidarietà sociale, che riguarda solo gli enti Onlus non di diritto. Il riconoscimento come «ONLUS parziali» discende proprio dal fatto che il loro scopo non è esclusivamente di solidarietà sociale; anzi, per gli enti ecclesiastici la legge impone che abbiano uno scopo «costitutivo ed essenziale di religione e di culto»: quello di solidarietà sociale è solo eventuale. Ciò esclude comunque che lo scopo di solidarietà sociale possa essere esclusivo: al massimo potrebbe essere concorrente. In ogni caso l'argomento dovrebbe essere superato dal fatto che la legge stessa stabilisce, appunto, che siano Onlus (sebbene, nella specie, parziali);
   il riconoscimento ex lege dovrebbe risultare assorbente rispetto ad altre problematiche: per esempio si è ritenuto che lo statuto dell'Unione delle comunità ebraiche dovrebbe enunciare la «esclusiva finalità di solidarietà sociale» delle Comunità che invece, in quanto enti ecclesiastici, non devono avere, per legge, questa sola finalità. Inoltre, si è sostenuto che dovrebbe essere esplicitata nello statuto non soltanto l'assenza di ogni fine di lucro ma anche la impossibilità di distribuire eventuali utili tra gli iscritti. Si fa peraltro presente che gli enti ecclesiastici non sono nemmeno tenuti ad avere uno statuto o un regolamento, come è disposto da un Accordo diplomatico interpretativo (aprile 1997, nella «Gazzetta ufficiale» in data 15 ottobre 1997, n. 241), che deve applicarsi a tutte le confessioni religiose che hanno siglato un'intesa con lo Stato, al fine di evitare evidenti discriminazioni;
   si potrebbe anche ritenere che dal riconoscimento della sola Unione delle comunità discenda automaticamente il riconoscimento di tutte le sue articolazioni (le singole comunità), pur dotate di autonoma personalità giuridica;
   il provvedimento di cancellazione della comunità di Milano parte dal fatto che quest'ultima ha dichiarato di svolgere la propria attività nell'ambito dell'assistenza sociale e socio-sanitaria e dell'istruzione. Esclude che nel campo dell'istruzione sia soddisfatto il requisito della solidarietà sociale (con un ragionamento invero che pare non condivisibile, laddove asserisce che l'attività di istruzione degli enti ebraici debba essere trattata alla stregua di tutte le altre attività di istruzione privata) e quindi ne esclude il carattere di ONLUS;
   appare francamente singolare supporre che le attività Onlus debbano essere tutte Onlus; anche se il ragionamento condotto dalla direzione generale delle entrate della Lombardia fosse corretto, allora si dovrebbe dire che l'ente è Onlus limitatamente alle attività assistenziali e non anche di istruzione. Sarebbe quindi pur sempre un ente Onlus parziale (non a caso la disposizione richiamata vuole solo che si tengano contabilità separate fra le attività Onlus e le altre, quindi ammettendo che vi sia concorso tra attività «Onlus e non Onlus»);
   il presidente della disciolta Agenzia per il terzo settore, rispondendo ad alcuni quesiti postigli dal presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna, aveva confermato questa stessa linea interpretativa;
   appare necessario – al fine di superare le divergenti linee di condotta assunte dalle Agenzie delle entrate – che il Ministro dell'economia e delle finanze assuma un indirizzo univoco, auspicabilmente nel senso precisato dall'interrogante –:
   quali iniziative intenda urgentemente assumere per chiarire la natura di ONLUS parziali delle comunità ebraiche. (5-01606)

Interrogazione a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   73 lavoratori della ex società Getek Ict Srl (prima Gepin spa), sede legale a Roma, e sito operativo del contract center Inps/Inail a Crotone sono stati assunti ed hanno lavorato sulla mono-commessa «progetto front office poste», per svolgere il servizio informativo Inps/Inail, rispondendo al numero verde nazionale 803164;
   nel 2010 la società Transcom Worldwide spa, con sede legale a L'Aquila, si aggiudica la gara per svolgere il servizio informativo del contact center Inps/Inail;
   a seguito di tale gara tutti i lavoratori dei vari siti vengono assorbiti nella nuova commessa, tranne gli operatori di Crotone, i quali, nonostante la riconosciuta professionalità da parte degli stessi enti Inps/Inail, a causa del mancato inserimento, all'interno del bando di gara, della relativa clausola di salvaguardia dei posti di lavoro, si ritrovano, a partire dal mese di settembre 2010, in Cassa integrazione guadagni ordinaria per un anno;
   nonostante le rassicurazioni fornite dal direttore generale dell'Inps dottor Mauro Nori, durante un incontro con i lavoratori delle Getek Ict Srl, organizzato il 14 aprile 2011, avvalorate da un imminente ed inevitabile incremento dei servizi offerti tramite help-desk, a partire dal mese di ottobre 2011 i citati lavoratori vengono posti in Cassa integrazione guadagni straordinaria e dall'ottobre 2012 in mobilità ordinaria;
   nel mese di dicembre 2011, mentre i citati lavoratori erano in Cassa integrazione guadagni straordinaria in un altro sito sono stati formati ed assunti 250 nuovi operatori per svolgere il servizio Inps/Inail;
   il 21 gennaio 2013 l'Inps ha comunicato il raddoppio dei numeri a disposizione dei cittadini per chiamare il contact center multicanale Inps/Inail;
   il 1° giugno 2013 è partito un unico contact center telefonico Inps multicanale, comprendente anche gli assicurati e pensionati ex Enpals ed ex Inpdap;
   il 30 luglio 2013 è stata attivata la convenzione tra Inps, Inail ed Equitalia SpA per la gestione integrata dei servizi di contact center –:
   quali iniziative do competenza il Governo intenda adottare per garantire, anche alla luce dell'implementazione dei servizi sopra citati, il rientro nel proprio posto di lavoro di tutti i 73 lavoratori della ex società Getek Ict Srl. (4-02720)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRISTIAN IANNUZZI, TOFALO, DE LORENZIS, COLONNESE, TERZONI, FRUSONE, NICOLA BIANCHI, MANNINO, CARIELLO, TURCO e TRIPIEDI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Gennaro Ciliberto, nella sua trascorsa attività lavorativa è stato dirigente responsabile della sicurezza nei cantieri della Carpenfer Roma srl, impresa realizzatrice della costruzione e della manutenzione di varie opere autostradali in subappalto da Autostrade per l'Italia spa, Pavimental spa, Impregilo spa ed Anas;
   come si apprende da numerosi organi di stampa, interviste, documenti e testimonianze stesse di Ciliberto, l'impresa Carpenfer Roma srl è connessa alla famiglia Vuolo di Castellammare di Stabia, a sua volta legata ai clan della camorra D'Alessandro. Lo stesso Pasquale Vuolo ha già varie condanne tra le quali associazione mafiosa con l'aggravante dell'articolo 7 del decreto-legge 152 del 1991;
   Ciliberto denuncia la messa in atto di gravi delitti tra i quali: corruzione nell'aggiudicazione di lavori, infiltrazioni mafiose ed anomalie costruttive che hanno già causato crolli in ambito autostradale e che tuttora costituiscono un grave pericolo per l'incolumità pubblica come nel caso del crollo della pensilina di stazione di Cherasco sull'autostrada Asti-Cuneo, il crollo del portale della segnaletica autostradale sul tratto A1 Santa Maria Capua Vetere, il crollo della pensilina di stazione dell'uscita autostradale di Rosignano ed altre strutture segnalate dal Ciliberto tra cui la passerella ciclopedonale sulla strada statale 36 in Cinisello Balsamo;
   Ciliberto, da cittadino incensurato di sua spontanea volontà e per alto senso civico ha sporto a proprie spese numerose denunce e reso copiose testimonianze presso la direzione investigativa antimafia di Milano, la direzione investigativa antimafia di Firenze, la direzione investigativa antimafia di Torino, la direzione distrettuale antimafia di Napoli, la direzione distrettuale antimafia di Campobasso e le procure della Repubblica di Roma, di Alba, di Trento e di Santa Maria Capua Vetere;
   ad oggi, grazie alle denunce del Ciliberto risultano avviati già vari procedimenti che vedono molteplici indagati ed il 4 dicembre 2013 avrà inizio il primo processo presso il tribunale di Monza dove il Ciliberto risulta persona offesa per le minacce patite dal pluripregiudicato Pasquale Vuolo. Tuttora è l'unico testimone oculare e denunciante e continua la sua collaborazione con la procura della Repubblica di Roma;
   sono tre anni che subisce gravissime minacce di morte ed atti intimidatori di vario genere, tutte denunciate all'autorità giudiziaria, ed è obbligato a vivere in uno stato di isolamento. Fin dalla prima denuncia in Milano è stato costretto a non rientrare in località di origine dovendo abbandonare il nucleo familiare e nascondersi, per tutto il territorio nazionale, senza protezione né sostentamento alcuno, avendo perso il lavoro, né potendo trovarsene un altro. Lo stesso da circa tre anni è affetto da una forma di diabete scompensato e non avendo oggi nessuna fissa dimora è impossibilitato nel ritiro ed assunzione di farmaci ed insulina necessari ed indispensabili per la patologia;
   in questi giorni il Ciliberto sta mettendo in pratica uno sciopero della fame davanti la sede del Ministero dell'interno in piazza del Viminale a Roma, dormendo in macchina e trovandosi in precarie condizioni fisiche aggravate dal diabete. Tale situazione lo ha costretto al ricovero ospedaliero in Roma prima al policlinico Umberto I e successivamente al policlinico Luigi di Liegro;
   il Ciliberto, con lo sciopero della fame e con le decine di comunicazioni alle varie autorità, tenta di sollecitare la definizione di tanti procedimenti in corso dopo le sue denunce e far sì che finalmente, dopo anni di sofferenze paure e traversie varie, gli si riconosca un livello di protezione adeguato ad una esistenza dignitosa e gli si garantisca la possibilità di essere assistito stabilmente nella cura del diabete –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   se e quali misure di competenza intendano mettere in atto per salvaguardare l'incolumità del Ciliberto. (4-02724)


   NESCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   presso il Tribunale di Vibo Valentia è in corso il procedimento penale denominato Poison, che vede imputate 12 persone accusate d'aver concorso, sia fra loro che singolarmente, a provocare un gravissimo disastro ambientale;
   il predetto disastro è avvenuto per causa dell'illecita gestione di circa 127 mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi, provenienti quasi per intero dalla centrale termoelettrica di Brindisi e poi finiti illegalmente, dal maggio del 2000 a settembre 2007, nella discarica degli impianti della «Fornace tranquilla srl» a San Calogero (Vibo Valentia);
   la delicatezza del procedimento in parola è rafforzata dal fatto che, per quanto riportato dai mezzi di informazione, il giro d'affari al centro del processo si aggirerebbe attorno 18 milioni di euro, importo corrispondente a un regolare smaltimento dei rifiuti delle centrali Enel di Brindisi, Priolo Gargallo (Siracusa) e Termini Imerese (Palermo), da cui provenivano quelli abusivamente riversati nel territorio vibonese;
   come riportato dalla stampa (non soltanto calabrese), nei giorni scorsi il tribunale monocratico vibonese, presieduto da giudice non togato, ha rinviato al 13 ottobre del 2014 il suddetto processo, per il quale deve esserci necessariamente un giudice togato come presidente;
   nel mese di maggio 2013, con propria lettera, l'interrogante segnalava al Capo dello Stato, in quanto Presidente del Consiglio superiore della magistratura, gravi carenze di organico presso il tribunale di Vibo Valentia, sul punto evidenziando, quale preoccupazione, un «grave nocumento per quanti attendono il riconoscimento dei propri diritti»;
   il suindicato rinvio processuale comporta il rischio che intervenga la prescrizione per gli imputati, con l'effetto che per il succitato grave disastro ambientale non si possano stabilire eventuali responsabilità penali –:
   se siano a conoscenza dei fatti qui riassunti;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire il corretto funzionamento del tribunale di Vibo Valentia, anche con la copertura di tutti i posti, contemplati dalla pianta organica, che dovessero risultare vacanti;
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare, anche promuovendo un'indagine epidemiologica da parte dell'istituto superiore di sanità, al fine di controllare gli effetti sulla popolazione del territorio dello smaltimento illecito di cui in premessa. (4-02728)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BIASOTTI e LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la tratta ferroviaria Taranto-Metaponto-Potenza-Salerno-Roma è un asse di importanza fondamentale per i collegamenti tra la regione Basilicata e i grandi snodi delle dorsali adriatica e tirrenica con le connessioni alla rete dell'alta velocità e la presenza dei porti di Taranto e Salerno;
   la tratta presenta, però, problematiche divenute oramai strutturali: ritardi quotidiani e tempi di percorrenza lunghi, anche determinati dal tratto a binario unico da Battipaglia a Potenza, disservizi, guasti motrici e convogli privi di comfort e carenti di servizi a bordo, trascuratezza e scarsa manutenzione dei mezzi, tanto da risultare secondo il rapporto «Pendolaria 2012» tra le dieci peggiori d'Italia;
   le inefficienze della tratta precitata scoraggia l'uso del trasporto ferroviario costituendo per molte fasce d'utenza un aggravio di costi e di tempo per raggiungere non solo città del Nord Italia ma anche destinazioni come le città di Potenza, Salerno, Taranto, Napoli, Roma, Bari, città in cui sono presenti servizi importanti (università, ospedali, uffici pubblici) e siti produttivi (porti, attività industriali);
   il quadro di sistematiche inefficienze è la conferma dello svantaggio infrastrutturale in cui si realizzano i servizi ferroviari nel territorio lucano;
   la Basilicata resta fanalino di coda nel sistema del trasporto ferroviario che penalizza i suoi abitanti e impedisce lo sviluppo economico e turistico della regione;
   la Basilicata, con il suo potenziale di offerta turistica ricettiva e la presenza di numerose realtà produttive, non può non avvalersi di un trasporto ferroviario di qualità, efficiente, e rapido, che attivi connessioni comode con i grandi snodi –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sulla vicenda descritta in premessa e se ritenga che la tratta ferroviaria Taranto-Metaponto-Potenza-Salerno-Roma sia resa adeguata ed efficiente;
   se ritenga necessario attivare un tavolo istituzionale con la regione Basilicata e Trenitalia affinché siano garantiti collegamenti ferroviari rapidi ed efficaci con la rete ferroviaria nazionale ed in particolare le connessioni alla rete dell'alta velocità. (5-01601)


   FRAGOMELI, MAURI e TENTORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del comune di Bellano (LC), oltre a rappresentare un importante snodo viabilistico per il traffico su gomma tra le province di Lecco e di Sondrio, è attraversato dalla linea ferroviaria Lecco-Colico-Tirano: la gestione del passaggio a livello ivi presente, oltre ad essere da tempo fonte di considerevoli disagi per il traffico locale, è anche potenziale fonte di rischi ancora più seri per la sicurezza dei cittadini;
   la frequenza funzionale di detto passaggio a livello – con tempi di attesa che raggiungono anche i dieci minuti – è causa di una situazione assolutamente insostenibile per la viabilità dell'intera zona e dà origine alla formazione di code di autoveicoli – lunghe anche diversi chilometri – a seguito dell'innesto della strada provinciale della Valsassina n. 62 (collegata alla strada statale n. 36 del Lago di Como e dello Spluga) con la strada provinciale del lago n. 72;
   tali vie sono le arterie principali di collegamento tra due province che fanno della vocazione turistica – non solo nei mesi estivi ma per tutto il corso dell'anno – una fondamentale risorsa economica e occupazionale: la prospettiva di code e di attese interminabili può essere perciò causa di un sensibile calo del flusso turistico e di un conseguente impoverimento di tutto il settore;
   il quadro raggiunge picchi di criticità soprattutto in caso di chiusura per manutenzione della strada statale n. 36: ciò è già accaduto in passato e, soprattutto, avverrà nuovamente in ragione di altri lavori già in programma;
   è di assoluta gravità la questione dei ritardi causati ai mezzi di soccorso in caso di emergenze mediche o a seguito di richieste di intervento alla protezione civile o ai vigili del fuoco. La situazione è resa ancor più problematica dal fatto che la sede dell'automedica è ora dislocata nella frazione Bonzeno, ovvero a monte della ferrovia e tutte le operazioni che interessano la fascia lago sono quindi costrette a subire i ritardi causati dal passaggio a livello;
   la predisposizione di un passaggio a livello dotato della più recente tecnologia eviterebbe la costruzione di un sottopasso (già peraltro in fase di studio) – la cui realizzazione comporterebbe ingenti spese e tempi di esecuzione molto prolungati – e risparmierebbe al territorio di Bellano un intervento assolutamente invasivo e dalle pesanti ripercussioni di carattere ambientale ed urbanistico;
   a partire dal novembre 2011, il sindaco del comune di Bellano, Roberto Santalucia, ha ripetutamente segnalato a RFI Spa – Rete ferroviaria italiana, alla provincia di Lecco (nella persona del presidente Daniele Nava) e alla regione Lombardia (nella persona del consigliere Ugo Parolo, componente V commissione territorio) tale questione. Le Ferrovie, con una nota del 20 gennaio 2012, si sono inizialmente impegnate a curare «...la funzionalità del sistema PL con frequenze minori rispetto a quelle fissate dalla vigente normativa, al fine si evitare anomalie che potrebbero comportare maggiori disagi al PL in esame»; tuttavia, da allora non c’è stato alcun miglioramento di fatto e, al contrario, i tempi di attesa si sono ulteriormente allungati nonostante il sindaco abbia nuovamente e più volte sollecitato l'intervento sia di RFI spa che di regione e provincia –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza affinché RFI spa assuma una maggiore consapevolezza rispetto a tale questione sollecitando una razionalizzazione del sistema ed un adeguamento tecnologico del passaggio a livello di Bellano al fine di limitare una fonte di potenziali rischi per la sicurezza dei cittadini e di ridurre la criticità dei ritardi nei collegamenti sulla rete viaria in provincia di Lecco (Alto Lago) e verso la provincia di Sondrio, con possibili ripercussioni negative per il comparto turistico delle medesime province.
(5-01605)


   MARIANI, BRAGA e FONTANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha impegnato 140 milioni di euro per il fondo immobiliare per l'abitare (FIA) con il cosiddetto piano casa Berlusconi (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009);
   la Cassa depositi e prestiti (CDP) ha istituito il fondo immobiliare per l'abitare con propria delibera del 16 ottobre 2009, sottoscrivendo 1 milione di euro;
   la Banca di Italia con propria delibera n. 167 dell'11 marzo 2010, ha approvato il regolamento di gestione del fondo;
   al 30 maggio 2012, dopo ben cinque closing, risultano sottoscritte partecipazioni da privati per 888 milioni di euro da parte di banche, assicurazioni e istituti di presidenza privata;
   la finalità del fondo immobiliare per l'abitare è l'investimento nel settore dell'edilizia privata sociale per contribuire a incrementare l'offerta di alloggi sociali, a integrazione delle politiche di settore dello Stato e delle regioni attraverso la partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliari a livello locale e gestite da altre società di gestione del risparmio (SGR);
   con delibera fondo immobiliare per l'abitare del 16 aprile 2013, il limite di partecipazione del fondo immobiliare per l'abitare alle società di gestione del risparmio per le finalità dell’housing sociale è stato portato ad massimo dell'80 per cento rispetto all'iniziale 40 per cento;
   è evidente, già da una prima lettura dei dati pubblici forniti dalla Cassa depositi e prestiti, una difficoltà del fondo immobiliare per l'abitare non solo operativa ma anche strategica vista la crisi del mercato immobiliare e la difficoltà delle famiglie a pagare i canoni di affitto ancorché a costi inferiori del mercato che fa venire meno quell'effetto leva (o moltiplicatore) auspicato con l'intervento pubblico dello Stato sia diretto che attraverso Cassa depositi e prestiti;
   tale difficoltà è stata in un qualche modo certificata anche dalla sentenza (gennaio 2012) della Corte dei conti che ha definito il piano casa «un fallimento per antieconomicità, inefficienza e mancata tempestività»;
   da quanto ad oggi è dato di sapere:
   Cdpi Sgr, per conto del fondo immobiliare per l'abitare, ha assunto delibere di investimento preliminari non vincolanti per 478,5 milioni di euro in 14 fondi locali gestiti da 8 società di gestione del risparmio immobiliare; in 12 fondi di questi 14, Cdpi Sgr ha preso delibere definitive di sottoscrizione per 270 milioni, relative a 67 interventi immobiliari, per la costruzione di soli 4.486 alloggi;
   pochi sono gli interventi cantierizzati e ancora meno gli alloggi sociali in affitto consegnati. Emblematico è il caso di Parma: una operazione per la costruzione di 852 alloggi sociali in locazione e vendita su 7 aree nel comune. Il solo costo dei terreni ha assorbito tra il 40 per cento e il 50 per cento dei costi dell'intervento con la conseguenza che per garantire il rendimento dei fondo si renderà necessario aumentare il numero degli alloggi in vendita diminuendo il numero degli alloggi in affitto –:
   quali sia le iniziative di social housing a cui il fondo immobiliare per l'abitare partecipa ad oggi, con quali quote sottoscritte, e per quanti alloggi sociali costruiti o in costruzione;
   quanti siano i costi ad oggi sostenuti per la gestione del fondo e per quale natura; quali siano i costi che sono gravati sui fondi locali partecipati dal fondo immobiliare per l'abitare e di quale natura siano, con particolare riferimento fondo Polaris di Parma;  
   se trovi conferma che Banca d'Italia non operi più la vigilanza sui fondo immobiliare per l'abitare e sulle società di gestione del risparmio partecipate dal fondo ed in tal caso per quale decisione assunta;
   se non ritenga, di fronte alla sempre più drammatica crisi abitativa e all'esplodere delle tensioni sociali che questa comporta, che sia il caso di affiancare allo strumento del fondo immobiliare per l'abitare iniziative totalmente pubbliche, coinvolgendo le regioni ed i comuni, attraverso gli enti pubblici preposti, in grado di garantire le stesse finalità, anche attraverso il recupero, e valorizzazione, del patrimonio pubblico inutilizzato, ed applicando canoni più sostenibili rispetto l'attuale crisi economica. (5-01612)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, TERZONI, NICOLA BIANCHI, MANNINO e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   risulterebbe agli interroganti che vi sarebbero forti disservizi all'interno del dipartimento per i trasporti terrestri (motorizzazione civile) in Sardegna;
   gli uffici provinciali di Oristano, Nuoro, Sassari e Cagliari, che servono l'intero territorio regionale, registrerebbero, negli ultimi anni, un calo di personale;
   i disagi sarebbero stati in parte compensati avvalendosi della collaborazione di tecnici abilitati ad eseguire operazioni quali esami patenti, operazioni di collaudo e revisioni;
   risulterebbe agli interroganti che, in occasione degli incontri tra lavoratori e direttori provinciali, sarebbe stato dichiarato che la spending review ha imposto un blocco delle assunzioni e dei concorsi interni per abilitare personale;
   in particolare, risulterebbe agli interroganti che in provincia di Nuoro, a partire dal mese di febbraio non sarà garantito l'espletamento degli esami patenti;
   il pubblico registro automobilistico, istituito con regio decreto n. 439 del 1927, costituisce una voce di costo considerevole, motivo per il quale è stata valutata, negli anni, una possibile abrogazione con proposta di referendum nel 1995, dichiarato inammissibile dalla Corte costituzionale, e in seguito con decreto-legge n. 7 del 2007;
   la motorizzazione civile ed il pubblico registro automobilistico sono preposti, sostanzialmente, alle medesime funzioni, con conseguente dispendio di risorse;
   è necessario eliminare le duplicazioni esistenti nella documentazione e nelle procedure automobilistiche con la fissazione di un unico archivio automobilistico (archivio nazionale veicoli) tenuto dal CED del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   a fronte dei disservizi negli uffici del dipartimento per i trasporti terrestri succitati si registra, in quelli presenti in altre parti di Italia, personale in esubero –:
   se ciò corrisponda al vero;
   se non intenda intervenire per colmare il divario occupazionale succitato;
   se non si intenda valutare un trasferimento di personale dal pubblico registro automobilistico alla motorizzazione civile. (4-02716)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è di qualche giorno fa la notizia, riportata su quotidiani locali e nazionali, che ha fatto riemergere l'annosa questione dei gravi disservizi sulla tratta ferroviaria Nocera-Cava De’ Tirreni-Salerno: la storia infinita del caos e dei disagi provocati dalla soppressione dei treni, dai ritardi continui e dalle riduzioni di carrozza;
   in particolare, nella stessa giornata di mercoledì 6 novembre il convoglio delle 7,21, costituito da un'unica carrozza, sarebbe arrivato e partito con ritardo, mentre il treno delle 7,40 sarebbe stato inspiegabilmente soppresso per il secondo giorno consecutivo;
   tra i tanti episodi di questi ultimi mesi, oltre ai disagi e ai rischi che i pendolari corrono ogni giorno per la mancanza di sicurezza sui convogli, anche quello della scomparsa del treno Minuetto 8181 dopo l'estate e della sua sostituzione con due vecchi vagoni;
   la stampa riferisce, infatti, che, proprio al mattino, quando si registra il flusso maggiore di studenti e lavoratori, le condizioni e l'affollamento dell'unica carrozza messa a disposizione da Trenitalia per la tratta in questione sono vergognose e si assiste quotidianamente a comportamenti poco rispettosi del prossimo per accaparrarsi il posto sul treno, con i connessi rischi alla pubblica sicurezza;
   le petizioni e le proteste non hanno sortito alcun effetto, né Trenitalia sembra essere sensibile alle reali esigenze degli utenti;
   la situazione è diventata insostenibile ed è, pertanto, indispensabile dare al problema una soluzione immediata e decisiva, non solo a tutela dei diritti dei cittadini, ma anche del turismo e della valorizzazione del territorio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, ritenuta la gravità e urgenza degli stessi, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per risolvere definitivamente l'annosa e atavica questione dei treni che percorrono la tratta Nocera-Salerno, evitando così disagi legati alla mobilità, oltre che all'ordine pubblico. (4-02717)


   TARICCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Cuneo-Ventimiglia-Nizza è una storica ferrovia transfrontaliera, realizzata all'inizio del ’900, distrutta dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, ripristinata nel 1979, a seguito di una convenzione Italia-Francia sottoscritta nel 1970;
   è indubbio il suo valore strategico nei rapporti fra l'Italia occidentale e la Francia meridionale, nella sua estensione più complessiva, e la funzione di collegamento ferroviario diretto tra l'area metropolitana del capoluogo piemontese, nella quale vivono oltre due milioni di persone e operano migliaia di imprese, e Nizza, secondo centro urbano della regione francese Provence-Alpes-Cote d'Azur, che può essere ulteriormente rafforzato;
   sono altrettanto evidenti le peculiari potenzialità che essa riveste per i collegamenti turistici e che può assumere per il mondo sportivo, collegando località in cui sorgono rilevanti impianti di sport invernali, di canoa e di altre attività atletiche;
   non a caso con la costituzione nel 2007 del gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) che ha sostanziato il processo di costruzione dell'Euroregione Alpes-Mediterranée, costituita dalla regione autonoma della Valle d'Aosta, dalla regione Liguria, dalla regione Piemonte, dalla regione Provence-Alpes-Cote d'Azur, dalla regione Rhone-Alpes, nel 2008 è stata firmata una dichiarazione d'intenti fra la regione PACA e le regioni Piemonte e Liguria, finalizzata a scongiurare l'abbandono della linea e a rimarcare, viceversa, i vantaggi economici che il suo mantenimento e il suo rilancio possono determinare per i territori interessati;
   nel recente vertice italo-francese di Roma del 20 novembre 2013 questa importanza è stata ribadita nella dichiarazione congiunta finale che recita: «I due Governi si impegnano a proseguire i negoziati sull'attualizzazione della Convenzione franco-italiana del 1970, relativa alla linea ferroviaria Torino-Cuneo-Breil-Ventimiglia-Nizza e a stabilire un meccanismo istituzionale di condivisione delle responsabilità ben equilibrato riguardante il futuro della linea sia da un punto di vista operativo che del finanziamento»;
   allo stato attuale Cuneo e Ventimiglia sono collegati da un treno ogni due ore in andata ed altrettanti in ritorno con una media di almeno sei treni al giorno;
   il nuovo orario valido dal 15 dicembre 2013, reso pubblico in questi giorni, prevede due sole corse al giorno in andata e altrettante in ritorno, rischiando di renderne non più funzionale e conveniente l'utilizzo, rischiando in attesa degli investimenti in manutenzione e della definizione del nuovo accordo italo-francese di disincentivarne l'utilizzo;
   la linea è gestita da Trenitalia in accordo con la regione Piemonte, ma essendo un collegamento internazionale è comunque di interesse nazionale –:
   se il Governo, alla luce delle considerazioni suesposte, non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per scongiurare scelte sulla linea che potrebbero danneggiare le popolazioni locali e i collegamenti con la Francia, soprattutto in una prospettiva di una imminente ridefinizione degli accordi del 1970 relativamente alla sua gestione. (4-02721)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, MATTIELLO, FREGOLENT, BIONDELLI e FAMIGLIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da anni gravi problemi di carenza di personale assillano la polizia stradale della provincia di Cuneo, problemi che recentemente si sono ulteriormente aggravati, e la cronica insufficienza di organico, nonostante l'oneroso impegno degli agenti a preservare, comunque e con grandi sacrifici personali, il servizio di vigilanza autostradale, sta purtroppo rendendo evidente il problema;
   recentemente l'organizzazione sindacale di polizia CONSAP ha denunciato agli organi di stampa la spiacevole e gravosa situazione in cui, con grave rammarico da parte loro, i dipendenti del distaccamento polizia stradale di Ceva e della sezione di Cuneo sono costretti a lavorare con conseguenti gravi disagi e carenze nei servizi per i cittadini della provincia;
   anche gli spostamenti di organico tra le varie aree della provincia faticano a colmare le insufficienze, ad esempio negli ultimi tempi e specialmente nell'ultimo anno, le pattuglie del distaccamento di Ceva e di Saluzzo e della sezione di Cuneo, sono state sovente riversate sulla viabilità autostradale in A/6 TO-SV per colmare le lacune di organico della sottosezione di Mondovì, ovviamente presidiando molto meno il territorio di loro competenza;
   l'aumento del traffico e la diminuzione delle pattuglie in ambito extra autostradale comportano tra l'altro un grave disservizio e disagio per l'intera popolazione della zona e viene, inoltre, meno la possibilità per i cittadini di rapportarsi con le pattuglie della polizia nonché di ricevere il loro aiuto in caso di bisogno soprattutto in occasione di traffico intenso e congestionato o nell'eventualità di sinistri stradali;
   le onerose condizioni di lavoro degli agenti hanno, tra l'altro, causato, oltre che limiti al servizio su strada succitati, anche rischi di gravi conseguenze sull'incolumità del personale –:
   se e quali iniziative il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere per affrontare la situazione sopra descritta, e non ritenga opportuno intervenire con urgenza affinché l'amministrazione centrale della polizia stradale si attivi per rispondere alle aspettative e alle legittime richieste del territorio cuneese e degli agenti di polizia stradale stessi, che fino ad ora con un impegno supplementare e spirito di servizio hanno tamponato le emergenze, e per consentire loro di effettuare il servizio in maggiore serenità economica ed ambientale, e con una maggiore presenza sui territori loro assegnati.
(5-01602)


   TARICCO, MATTIELLO, FREGOLENT, BIONDELLI e FAMIGLIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto delle guardie particolari giurate trova riconoscimento nelle norme di pubblica sicurezza: si tratta del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) e del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, Regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
   in questo settore opera una grande varietà di tipologie di aziende, con diversificate nature societarie, anche cooperative, che gestiscono con modalità difformi questo importante servizio per le aziende pubbliche e private;
   in questi ultimi anni purtroppo si sono verificati fallimenti aziendali, in alcuni casi purtroppo anche con episodi di pesante penalizzazione dei lavoratori e anche di mancati pagamenti agli stessi degli stipendi;
   i lavoratori in questo settore sono circa 40.000 tra armati e non armati, a cui viene applicato il contratto della vigilanza: non tutte le aziende però applicano il contratto sottoscritto dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative e questo provoca oltre ad un danno per i lavoratori del settore anche una concorrenza sleale tra le imprese;
   è ormai evidente la necessità di una nuova regolamentazione del settore che definisca in particolare quali siano i requisiti minimi di sicurezza e qualità per le imprese che operano in questo settore e anche le garanzie minime per i lavoratori anche eventualmente prevedendo esplicito riferimento ai CCNL sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative –:
   quali iniziative il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere nell'ambito delle sue competenze per meglio definire il quadro normativo del settore e per qualificare e tutelare maggiormente il lavoro delle guardie giurate, anche valutando la possibilità di prevederne l'utilizzo in settori alle stesse oggi preclusi, ed anche, eventualmente, con il riconoscimento di compiti che comportino esercizio di pubbliche funzioni. (5-01603)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO e COSTANTINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni in tutta Italia si susseguono mobilitazioni degli studenti delle scuole e delle università contro le politiche sull'istruzione proposte dall'attuale Governo;
   in particolare, nella provincia napoletana diversi istituti sono stati occupati per protestare contro i tagli all'istruzione operati dal Governo, i trasferimenti di alcune sedi scolastiche ed accorpamenti come quello che ha coinvolto il liceo d'arte Boccioni;
   tra queste mobilitazioni rientra anche l'occupazione, da parte degli studenti, del liceo ginnasio classico statale A. Genovesi di Napoli;
   tale occupazione è iniziata circa due settimane fa, il 13 novembre 2013, per portare avanti una protesta contro un sistema scolastico pubblico sempre più schiavo di una politica economica che limita o sopprime la libertà, la sovranità decisionale e l'autonomia degli studenti;
   nella notte tra il 25 ed il 26 novembre 2013 all'albeggiare, verso le ore 05:30, le forze dell'ordine hanno fatto irruzione al Genovesi, sgomberandolo e denunciando i quattordici studenti che trascorrevano la notte nell'istituto sito in piazza del Gesù;
   gli studenti in questione sono stati denunciati per occupazione di edificio pubblico ed interruzione di pubblico servizio;
   non appena allontanatesi le forze dell'ordine, verso le ore 11:00, l'assemblea pubblica convocata dagli studenti all'esterno dell'istituto ha deciso di rioccupare l'edificio, dove nel frattempo la preside Giuseppina Buonaiuto aveva riunito i docenti per fare il punto della situazione;
   gli studenti, intervistati da diversi organi di stampa, hanno respinto le accuse di aver vandalizzato la scuola ed hanno dichiarato di voler mantenere l'edificio occupato fino al 1o dicembre, come deciso dall'assemblea studentesca all'inizio della prima occupazione;
   intanto i docenti e la preside hanno incontrato il sottosegretario all'istruzione, dell'università e della ricerca Marco Rossi Doria ed il direttore scolastico Diego Bouché;
   la preside Buonaiuto ha dichiarato alla stampa di aver ricevuto rassicurazioni da parte del sottosegretario e del direttore scolastico, e che questi ultimi chiederanno alle forze dell'ordine di far cessare l'occupazione della scuola;
   lo sgombero del Genovesi arriva sulla scia di una serie di interventi delle forze dell'ordine, che negli scorsi giorni avevano già sgomberato gli istituti Boccioni e Margherita di Savoia, oltre a numerosi altri nella provincia napoletana;
   l'unico effetto ottenuto da questa forma di intervento rischia di essere solo quello di alimentare le tensioni presenti, invece di ricercare quelle forme di dialogo e mediazione indispensabili in una fase complessa e delicata come questa;
   a dimostrazione di ciò vi sono le affermazioni degli studenti del Genovesi che considerano l'irruzione da parte delle forze dell'ordine nell'istituto un motivo ulteriore per continuare nella protesta;
   il Genovesi è diventato in questa fase sede della rete dei collettivi studenteschi napoletani e scenario di assemblee molto partecipate ed a cui è stata consentita la partecipazione dei genitori degli studenti, anche di quelli contrari all'occupazione;
   i fatti narrati sono riportati anche nell'articolo pubblicato dall'edizione locale de La Repubblica del 27 novembre 2013, dal titolo «Alta tensione al liceo Genovesi – sgomberato e rioccupato in 7 ore denunciati quattordici studenti», e nell'articolo intitolato «Napoli, la polizia sgombera nella notte il Genovesi: gli studenti lo rioccupano» pubblicato il 26 novembre 2013 dall'edizione online del quotidiano Il Mattino –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se ritengano che l'operato delle forze dell'ordine sia stato adeguato rispetto al contesto;
   se non ritengano opportuno cercare forme di dialogo e mediazione con gli studenti e le studentesse che in tutta Italia protestano in difesa del diritto allo studio. (4-02714)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 novembre 2013 si e svolta a Roma una manifestazione, con la quale migliaia di persone, tra cui anche malati gravi che aspirano ad accedere al metodo Stamina, hanno protestato contro il blocco della terapia;
   una delegazione di manifestanti, tra cui lo stesso presidente della Stamina Foundation (il professore Davide Vannoni) e i fratelli Marco e Sandro Biviano in presidio permanente a piazza Montecitorio dal 23 luglio, sono stati ricevuti dal prefetto di Roma, dottore Pecoraro, il quale si è fatto garante delle loro istanze presso il Governo;
   in particolare, detta delegazione ha chiesto provvedimenti d'urgenza da parte del Governo che possano sbloccare la lista d'attesa dei pazienti presso gli Spedali Civili di Brescia, in modo da attuare le ordinanze favorevoli emesse dai giudici ed evitare che muoiano altri pazienti in lista; a tal fine, si potrebbero utilizzare strutture pubbliche delle regioni che hanno mostrato sensibilità verso la vicenda Stamina;
   la delegazione ha altresì insistito sull'adozione di provvedimenti che garantiscano la libertà di cura dei cittadini in conformità alla disciplina del decreto ministeriale sulle cure compassionevoli del 5 dicembre 2006, che, va ricordato, prescinde da qualsiasi fase di sperimentazione come si evince dall'inciso «al di fuori di ogni sperimentazione clinica»;
   si ricorda che sono coinvolti per lo più malati affetti da patologie mortali e in rapida progressione, ai quali vanno garantiti i canoni della trasparenza e dell'urgenza; inoltre, per questi malati non è accettabile un blocco di terapie, in più occasioni rivelatesi salva-vita (come nei casi della piccola Sofia De Barros, di Mattia Fagnoni, Federico Mezzina e altro), giustificato solo in base a motivazioni paternalistiche secondo le quali bisogna preservare i malati terminali dal rischio di false speranze;
   si auspica, quindi, che alle richieste dei malati facciano seguito iniziative concrete, dalle quali emerga un reale interesse nei loro confronti che finora purtroppo non è trapelato. Invero, la sperimentazione mai iniziata perché bocciata a priori da un comitato scientifico costituito da membri che appaiono all'interrogante in evidente conflitto di interessi, le continue morti dei malati in attesa della cura Stamina, la violazione della libertà della scelta terapeutica e della disciplina sulle cure compassionevoli rischiano di accrescere ulteriormente l'indignazione e la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni e danno un'immagine, certo, non esaltante per un Paese come il nostro che pretende d'essere uno Stato di diritto –:
   se il prefetto, che si è fatto garante delle istanze dei malati, intenda comunicare in tempi celeri le risposte del Governo in merito alla vicenda Stamina.
(4-02718)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 novembre 2013, nel comune di Albano Laziale ha avuto luogo una manifestazione di piazza indetta da alcune sigle facenti riferimento all'area politica della sinistra, tra le quali, in particolare, il partito «Sinistra Ecologia e Libertà», il «Partito della Rifondazione Comunista», ma anche l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI) e il Coordinamento Democratico Antifascista Albano Laziale;
   stando al volantino di lancio della manifestazione, pubblicato sul sito dell'ANPI, l'iniziativa aveva lo scopo di reagire al passaggio della salma di Erich Priebke sul territorio comunale, considerato dai manifestanti una provocazione, e di «dare una risposta chiara, democratica e fortemente unitaria, nei confronti di coloro che hanno la memoria dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine e di tutte le donne, uomini e ragazzi che sono stati barbaramente uccisi dal ventennio fascista e dall'occupazione nazista»;
   stando a quanto riportato dagli organi di informazione, alla protesta avrebbero partecipato anche alcune autorità, tra le quali il sindaco di Albano Laziale Nicola Marini, rappresentanti delle amministrazioni comunali di Genzano e Castel Gandolfo, e alcuni esponenti del partito Sinistra Ecologia e Libertà;
   durante la manifestazione i manifestanti hanno fatto mostra di alcune magliette inneggianti all'odio e alla violenza, e, in particolare, recanti scritte apologetiche nei confronti del massacro di civili avvenuto presso il nostro confine orientale negli anni successivi alla seconda guerra mondiale;
   in particolare, come è possibile notare dalle fotografie pubblicate sugli organi di stampa, un ragazzo ostentava una maglietta sulla quale era scritto «I love foiba», ignorando, forse, che nelle foibe finirono anche tantissimi antifascisti e partigiani;
   il massacro delle foibe è una tragedia nazionale, in ricordo della quale è stato addirittura istituito, con la legge 30 marzo 2004, n. 92, il «Giorno del ricordo», che cade il 10 febbraio di ogni anno, sia «al fine di conservare e rinnovare la memoria» della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, nonché dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, sia per tributare ad essi il dovuto rispetto –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa, e quali opportune iniziative intenda assumere per esprimere la più ferma condanna del Governo di fronte ad atteggiamenti inneggianti alla violenza, nonché rispetto all'apologia di una tragedia nazionale quale è stato il massacro delle foibe, e come intenda agire in futuro al fine di prevenire episodi simili. (4-02729)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010 è stato disposto lo scioglimento del consiglio comunale di Gricignano di Aversa, in provincia di Caserta, «a seguito di attività giudiziarie ed investigative che hanno evidenziato situazioni di diffusa illegalità riconducibili a forme di condizionamento e di infiltrazione delle locali consorterie nei confronti degli amministratori dell'ente»;
   in particolare, in base alla relazione prefettizia, erano state riscontrate «forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata, che compromettono la libera determinazione e l'imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica»;
   al termine della gestione commissariale, e in seguito alla costituzione della nuova giunta comunale, il neoeletto sindaco Andrea Moretti, su richiesta della commissione straordinaria, ha prorogato nell'incarico di capo dell'ufficio tecnico l'ingegnere Ernesto Palermiti, con un contratto di collaborazione della durata iniziale di dodici mesi, poi ridotti a sei, poi dimessosi in data 17 giugno 2013 per contrasti con il sindaco ed il vicesindaco;
   Palermiti ha dichiarato di aver subito alcune pressioni, riferendo, tra l'altro, di una gestione amministrativa, con molti lati oscuri;
   nell'ambito del processo «il principe e la scheda ballerina», il pentito Orlando Lucariello, ex capozona dei Casalesi a Gricignano, Succivo e Orta di Atelia, ha svelato alcuni retroscena riguardanti la politica gricignanese a partire dal 1993, spiegando che i due sindaci che si sono alternati nel corso degli anni, ovvero Andrea Moretti (attualmente in carica) ed Andrea Lettieri, fossero indicati da lui e stessero a sua completa disposizione;
   secondo quanto riportato da diversi organi d'informazione, Lucariello durante le sue deposizioni avrebbe esplicitamente dichiarato: «Moretti e Lettieri sono da sempre i politici cui faccio riferimento. Se governano da tanti anni, è perché li ho fatti sempre votare per ottenere appalti. Sono di sinistra ma a noi non è mai interessato il colore, ma solo che fossero a nostra disposizione»;
   inoltre il pentito avrebbe fornito dettagli circa l'assegnazione di appalti ad alcune ditte collegate a famiglie camorristiche della zona –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, alla luce delle citate dichiarazioni, con riferimento alla gestione del comune di Gricignano di Aversa, se del caso disponendo l'invio di una commissione di accesso agli atti, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico degli enti locali. (4-02737)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, BATTELLI, BRESCIA, D'UVA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la circolare n. 593 del 7 marzo 2013 e quella del 20 marzo 2013 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a seguito di numerose polemiche sul problema del contributo volontario delle famiglie, chiariscono in maniera netta che il contributo nelle scuole è volontario e non può essere in alcun modo imposto;
   affermano altresì che il contributo non può riguardare lo svolgimento di attività curricolari, e che «qualunque discriminazione ingiustificata a danno degli studenti derivante dal rifiuto di versamento del contributo in questione, sia in termini di valutazione che disciplinari, risulterebbe del tutto illegittima e gravemente lesiva del diritto allo studio dei singoli»;
   il dipartimento dell'istruzione ritiene auspicabile che le scuole acquisiscano il contributo volontario non attraverso comportamenti vessatori e poco trasparenti, bensì facendo leva sullo spirito di collaborazione e di partecipazione delle famiglie;
   la circolare n. 5259/B15-B17b dell'istituto comprensivo statale Pescara 5 avente come oggetto l'assicurazione responsabilità civile (RC) e infortuni alunni e attività di ampliamento e di arricchimento dell'offerta formativa azione POF 2013/2014 recita che «al fine di consentire alla Scrivente di attivare, anche per il corrente anno scolastico, le attività e di procedere alla stipula della polizza di l'assicurazione responsabilità civile (RC) e infortuni alunni, invito le signorie loro, secondo il deliberato del consiglio di istituto, come appresso:
    A) I genitori degli alunni di tutte le sezioni di scuola dell'infanzia. Verseranno il contributo annuo di euro 40,00 comprensivo di assicurazione infortuni RCT pari a euro 6,30. La causale del contributo è Ampliamento dell'offerta formativa e assicurazione as 2013-2014 erogazione liberale;
    B) I genitori degli alunni di tutte le classi di scuola primaria. Verseranno il contributo annuo di euro 60,00 comprensivo di assicurazione infortuni RCT pari a euro 6,30. La causale del contributo è Ampliamento dell'offerta formativa e assicurazione as 2013-2014 erogazione liberale;
   da quanto esposto risulta evidente che l'istituto lega secondo gli interroganti erroneamente e in maniera poco chiara il versamento dell'assicurazione infortuni a quello del contributo volontario sull'ampliamento dell'offerta formativa includendo anche la somma sull'assicurazione di euro 6,30 nella erogazione liberale e, quindi, legando una spesa facoltativa per le famiglie ad una obbligatoria;
   nel piano dell'offerta formativa dell'istituto comprensivo, statale Pescara 5 sono compresi un progetto di educazione al suono e alla musica e un progetto di educazione motoria rivolti a tutti gli alunni di scuola dell'infanzia e primaria da svolgersi in orario scolastico per un'ora alla settimana ciascuno e per cui è previsto un modico contributo annuo delle famiglie;
   dalle segnalazioni pervenute dalle famiglie degli alunni dell'istituto comprensivo statale Pescara 5 sembrerebbe che le attività suddette siano rivolte esclusivamente a chi versa il contributo;
   i progetti di educazione al suono e alla musica e di educazione motoria, svolgendosi in orario scolastico, nel caso in cui venissero rivolti solo a chi versa il contributo volontario, potrebbero provocare un meccanismo che diversifica gli alunni che partecipano ai progetti rispetto a quelli che non partecipano, con evidenti ripercussioni sulla socializzazione degli stessi in quanto discriminerebbe, in una scuola pubblica, alcuni alunni rispetto agli altri per motivazioni economiche;
   svolgere progetti con contributo volontario annuo delle famiglie legati alle azioni del POF in orario scolastico di fatto aprirebbe la strada alla nascita di percorsi formativi a pagamento e privati inclusi nel piano dell'offerta formativa, oltre ad avere un risvolto pedagogico negativo –:
   se il Ministro intenda individuare dei criteri che impediscano la nascita di corsi diversificati a pagamento in orario curricolare finanziati con il contributo facoltativo delle famiglie;
   se e come il Ministro intenda sanzionare una volta per tutte quegli istituti scolastici che, nonostante le circolari ministeriali, continuano ad avere un atteggiamento ambiguo e non conforme alle indicazioni riguardo alla richiesta di contributi volontari alle famiglie. (3-00489)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da un articolo a firma di Marco Moussanet, pubblicato sul Il Sole-24 ore in data 27 novembre 2013, nel rapporto dell'Ocse sull'Italia, presentato sui modelli previdenziali dei 34 Paesi dell'organizzazione, il nostro Paese corre il rischio di avere un innalzamento del tasso di povertà delle persone anziane;
   secondo il rapporto suddetto l'Italia passerà da una spesa pubblica per le pensioni pari al 15,3 per cento del prodotto interno lordo al 14,7 per cento nel 2050 e al 14,3 per cento nel 2060;
   dal rapporto Ocse di evince: «Sono quindi essenziali politiche per promuovere l'occupabilità e migliorare la capacità delle persone di avere carriere più lunghe»;
   dal rapporto Ocse si desume che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro dei 55-64 anni rimane nettamente al di sotto della media Ocse di circa 15 punti percentuali;
   dal rapporto Ocse risulta: «Oltre alla sostenibilità finanziaria, l'adeguatezza dei redditi pensionistici e la lotta contro il rischio povertà degli anziani dovranno rimanere temi centrali dell'agenda politica. Perché con il passaggio al contributivo i lavoratori con carriere intermittenti, occupazioni precarie e mal retribuite saranno più vulnerabili alla povertà durante la vecchiaia. Tanto più che l'Italia non ha pensioni sociali in grado di attenuare questo rischio» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti e quali urgenti e mirate iniziative intenda mettere in atto per arginare il rischio «povertà» delineato dal rapporto Ocse. (5-01604)


   ZARDINI, ZAPPULLA e PASTORELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento ha approvato il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 2013, n. 125, il quale prevede all'articolo 7 una deroga a favore delle categorie protette, incluse le persone disabili, al divieto di nuove assunzioni nel caso in cui le amministrazioni pubbliche registrano una situazione di soprannumerarietà. Il comma 6 disciplina la rideterminazione del numero di assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote d'obbligo e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente, tenendo conto, ove necessario, della dotazione organica come rideterminata secondo la legislazione vigente ed il comma 7 assegna al dipartimento della funzione pubblica il compito di monitorare l'adempimento dell'obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni;
   la grave crisi economica e l'alto tasso di disoccupazione dell'Italia impegna il Governo a mettere in atto strategie che influenzino positivamente sul livello di crescita ed occupazionale del Paese, con particolare riguardo ai soggetti maggiormente coinvolti dall'emergenza sociale e tra questi i soggetti disabili, tutelati dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, avente la finalità di «promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro» (articolo 1). Il decreto in questione risponde a tali esigenze se attuato in tempi veloci e non con i tempi lunghi della burocrazia;
   la preoccupazione è quella di assistere a tempi troppo alti da parte della burocrazia pubblica per l'attuazione dell'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 101 del 2013 rispetto agli adempimenti da porre in essere ed alle esigenze ed aspettative delle categorie protette, le quali da molto tempo aspirano ad entrare nel mondo del lavoro;
   la nuova disposizione di legge dovrebbe concludere il processo di assunzione delle persone disabili promosso dall'Inps ed interrotto nella fase finale di reclutamento poiché la legislazione intervenuta nel frattempo non consentiva nuove assunzioni per le pubbliche amministrazioni che registravano personale eccedente o in soprannumero;
   l'Inps con determinazione n. 438 del 2 dicembre 2011 ha avviato il processo di reclutamento (approvazione dello schema di convenzione, autorizzazione ai direttori regionali dell'istituto di stipulare lo schema di convenzione con le provincie, piano di assunzione per 250 unità rispetto alla scopertura di 495 di disabili). Dopo la stipula delle convenzioni e lo svolgimento delle prove di selezione viene comunicato agli interessati l'idoneità della prova, il posizionamento utile per l'assunzione e la richiesta di presentare la documentazione per perfezionare l’iter dell'assunzione; a questo punto l'Inps in data 11 febbraio 2013 sospende l'ultima fase del processo di reclutamento 4 seguito dell'introduzione del principio generale del divieto di assumere in assenza di posti disponibili nella dotazione organica;
   nel caso dell'Inps i tempi lunghi del processo di reclutamento e selezione dei soggetti disabili non ha consentito l'assunzione dei soggetti interessati (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 gennaio 2013 successivo alla determinazione Inps n. 438 del 2 dicembre 2011) essendo intervenute alcune disposizioni di legge che vietano alle pubbliche amministrazioni che presentano una situazione di soprannumerarietà ed eccedenza della dotazione organica di effettuare nuove assunzioni –:
   se non reputi urgente accelerare il completamento del processo di reclutamento dei soggetti disabili da parte dell'Inps e di eventuali altre pubbliche amministrazioni al fine di procedere nel più breve tempo possibile all'assunzione dei soggetti interessati che hanno partecipato alla selezione, sono risultati idonei alle prove di selezione ed hanno ricevuto da parte del datore di lavoro pubblico la comunicazione del risultato di idoneità alle prove di selezione e la richiesta di invio della documentazione per perfezionare l’iter di assunzione;
   se non ritenga necessario intervenire affinché i datori di lavoro pubblici ed il dipartimento della funzione pubblica pubblichino nel proprio sito istituzionale i dati relativi alle quote d'obbligo scoperte a favore delle categorie protette posto che la trasparenza di tali informazioni mette nelle condizioni i cittadini di conoscere i comportamenti dei datori di lavoro pubblici riguardo lo stato di assunzioni delle categorie protette e le pubbliche amministrazioni di velocizzare gli adempimenti di cui all'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2013, n. 125;
   se non reputi urgente porre particolare attenzione ai tempi di attuazione degli adempimenti previsti dal decreto-legge in questione affinché le aspettative delle categorie protette non vengano disattesi da comportamenti dilatori e burocratici che non corrispondono alle esigenze delle persone interessate e del Paese ed alla volontà del Governo. (5-01607)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUONANNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da mesi i 50 dipendenti della ditta metalmeccanica Ivak di Crabbia di Valduggia sono in stato di agitazione per il futuro incerto dell'azienda e la preoccupazione della perdita del posto di lavoro;
   la produzione dell'azienda è ferma dalla fine di marzo, peraltro chiudendo l'attività senza preavviso: è stato interrotto l'allacciamento del gas;
   dalle notizie di stampa si apprende che l'unico interlocutore è Emanuele Visentin, socio della Ivak al 3 per cento, mentre Giulio Mantelli, che detiene il 97 per cento della proprietà si è reso irreperibile e la trattativa per l'acquisto della Ivak da parte dell'unica azienda interessata è sfumata perché l'acquirente non avrebbe dato sufficienti garanzie;
   al momento l'ipotesi di fallimento e chiusura definitiva dell'azienda sembra la più plausibile e l'unica certezza per i dipendenti è il passaggio dalla cassa integrazioni straordinaria, terminata il 10 agosto 2013, a quella in deroga, valida fino al 31 dicembre 2013;
   se è pur vero che ai dipendenti è stato concesso l'ammortizzatore sociale, risulta tuttavia all'interrogante che gli stessi stiano percependo poco o niente: da dicembre 2012 a marzo 2013 i dipendenti hanno percepito solo 2 bonifici per un totale di 550 euro; durante il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria solo 36 dipendenti hanno percepito un'anticipazione da Biverbanca a copertura di parte del periodo (maggio-10 agosto) –:
   se e quali iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda urgentemente adottare per salvare l'impianto produttivo di cui in premessa;
   quali siano le motivazioni del ritardo nella erogazione del trattamento di sostegno al reddito ai lavoratori interessati e, in particolare, per quale motivo ad oggi non sia stata erogata per intero la cassa integrazioni guadagni straordinari. (4-02712)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta orale:


   QUINTARELLI. —Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, altresì, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una lavorazione italiana che non possiedono, costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   se non ritenga opportuno intensificare i controlli sull'esatta origine e lavorazione delle carni suine in particolare e di tutta la filiera agroalimentare italiana in generale in applicazione di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del Made in Italy. (3-00487)


   QUINTARELLI. —Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del Regolamento CE 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo – tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate – rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative abbia intrapreso finalizzate a garantire il rispetto, da parte della Commissione europea, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal Regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   se, nel caso di scadenza del suddetto termine senza l'adozione da parte della Commissione dei dovuti provvedimenti, non intenda provvedere comunque all'approvazione, a livello nazionale, di disposizioni di attuazione dell'obbligo imposto dal Regolamento n. 1169/2011/CE per assicurare il regolare funzionamento del mercato e contrastare il fenomeno della contraffazione. (3-00488)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARI e FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 58 della legge n. 153 del 2012 istituisce «un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica italiana»; tale fondo gestito dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) prevede che le gli aiuti alimentari siano distribuiti «agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli, conformemente alle modalità previste dal Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007»;
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) è un ente di diritto pubblico non economico istituito con decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, modificato dal decreto legislativo 15 giugno 2000, n. 188, e dalla legge n. 441 del 21 dicembre 2001. È dotata di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, ma è sottoposta alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. All'Agea sonno affidate le funzioni di coordinamento e controllo dell'intero apparato di gestione dei finanziamenti della politica agricola comune (Pac) e dei finanziamenti nazionali, nonché la gestione degli aiuti nazionali agli indigenti e ai paesi in via di sviluppo;
   l'articolo 58 sopracitato dispone inoltre che «con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione», venga «adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il programma annuale di distribuzione»;
   il modello di distribuzione individuato dal Governo italiano è quello contenuto nel programma di aiuti agli indigenti finanziato dall'Unione europea, in base al regolamento (UE) n. 807/2010 (recante modalità d'esecuzione delle forniture di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento a favore degli indigenti nell'Unione);
   il numero dei cittadini indigenti in Italia è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni. Secondo i dati Istat il numero dei poveri «assoluti» è raddoppiato dal 2007 al 2012, passando da 2,4 a 4,8 milioni di individui. Sempre secondo fonti Istat, nel nostro Paese, nel 2012 le persone in povertà «relativa» sono oltre 9,5 milioni di persone, pari al 15,8 per cento della popolazione totale e con un incremento del 13,6 per cento rispetto al 2011;
   si tratta di un fenomeno che coinvolge l'intera Europa dove l'ultimo rapporto Eurostat segnala che un quarto della popolazione del continente (circa 120 milioni persone) è a rischio povertà;
   emerge quindi in tutta la sua drammaticità il problema della denutrizione che colpisce anche gli stati industrializzati, ed in particolar modo le famiglie numerose e le fasce di età più deboli come i bambini e gli anziani;
   va aggiunto, in questo contesto che lo spreco alimentare, anche nel nostro Paese, sta raggiungendo livelli elevati; recenti dati parlano di uno spreco di cibo di circa 108 chilogrammi all'anno per persona. Altre fonti stimano una dispersione di 5,5 tonnellate complessive ogni anno, per un valore di circa 13 miliardi di euro;
   obiettivo del fondo istituito dall'articolo 58 della legge n. 153 del 2012 è quindi quello di sostenere il diritto all'alimentazione dei cittadini europei indigenti ed al tempo stesso limitare lo spreco delle derrate alimentari lungo tutta la filiera;
   secondo quanto riportato dalla relazione di Agea sul «piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti 2013», il numero degli indigenti «assistiti» in Italia (al mese di gennaio 2013) ammonta a 4.068.250 persone con un trend annuale in aumento: 2.763.379 nel 2010, 3.380.220 nel 2011, 3.686.942 nel 2012. Tra il 2010 ed il 2013 gli indigenti sono quindi cresciuti del 47,2 per cento, pari a 1.304.871 persone. Entrando nel dettaglio emerge inoltre che nel 2013, tra gli indigenti «assistiti», i bambini tra gli 0 ed i 5 anni sono 428.587 e gli anziani oltre i 65anni sono 578.583;
   nello specifico il fondo istituito dall'articolo 58 della legge n. 153 del 2012 viene alimentato da finanziamenti comunitari, statali e privati;
   per quanto riguarda gli stanziamenti comunitari il regolamento n. 121/2012 del 15 febbraio 2012, prevede fondi di circa 500 milioni di euro l'anno a beneficio di circa 18-19 milioni di persone in 20 Stati membri;
   il fondo può essere inoltre incrementato da erogazioni liberali e donazioni di privati che godono di agevolazioni fiscali;
   nel mese di ottobre 2013 Agea ha inviato una nota informativa agli enti caritatevoli (individuati dall'articolo 58 della legge n. 153 del 2012) nella quale si comunicava, in riferimento alla distribuzione di prodotti per l'anno 2014 che «a far data del 31 dicembre 2013» il regolamento n. 807/2010 (recante modalità d'esecuzione delle forniture di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento a favore degli indigenti nell'Unione) perdeva efficacia; la nota Agea riportava inoltre che «nessun nuovo dispositivo comunitario, in capo all'agricoltura, è stato emanato in quanto la competenza sulla materia è passata ad altro settore (Fead)». «Laddove a questo Organismo Pagatore Agea – conclude la nota – fosse attribuita la responsabilità della gestione di nuove risorse comunitarie o nazionali destinate ad aiuti alimentari agli indigenti, non si mancherà di darne urgente informativa a codesti enti caritativi per l'organizzazione delle conseguenti attività» –:
   quale sarà l'ente preposto alla gestione delle derrate alimentari. (5-01610)


   RIGONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale è legato non solo alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   l'agricoltura italiana, con un totale di circa 820 mila aziende, rappresenta circa il 15 per cento del totale delle imprese attive italiane;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti;
   in questo contesto, la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno, con oltre 26.000 allevamenti diffusi in tutta Italia;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti ed offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   dai dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS) risulta che l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente oltre 1 milione di tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania;
   articoli recentemente apparsi sulla stampa europea hanno rivelato che l'industria tedesca della carne suina è a basso costo ed apparentemente efficiente, in quanto, alla base del modello produttivo, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici, con gravi rischi per l'ambiente e per la salute dei consumatori;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiane;
   la circolazione di alimenti ingannevoli rispetto all'origine costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari, la contraffazione e la pirateria garantisce la solidità delle imprese agricole italiane e tutela l'immagine ed il valore del made in Italy;
   il codice del consumo e la disciplina comunitaria in materia, attribuiscono ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e ad una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   va assicurata una adeguata azione di prevenzione e di contrasto contro l'usurpazione del made in Italy, ed il mercato interno deve essere garante della qualità, della salubrità, delle caratteristiche e dell'origine dei prodotti alimentari italiani, in quanto elementi funzionali a garantire la salute ed il benessere dei consumatori ed il diritto ad una alimentazione sana, corretta e fondata su scelte di acquisto e di consumo consapevoli;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b), del Regolamento CE 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, impone come obbligatoria l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza per una serie di prodotti, tra cui le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate, fissando alla Commissione il termine del 13 dicembre 2013 per adottare le disposizioni di attuazione dell'obbligo;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema finalizzato a rendere accessibili agli organi di controllo ed alle Amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   quali azioni i Ministri interrogati intendano promuovere, a tutela del vero made in Italy, al fine di prevenire, nello specifico settore del commercio con l'estero nel settore delle carni suine, pratiche fraudolente o ingannevoli, poste in essere ai danni delle imprese nazionali ed al fine di contrastare ogni altro tipo di attività che possa indurre in errore i consumatori;
   quali azioni i Ministri interrogati intendano adottare per garantire la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi, l'effettiva rintracciabilità degli alimenti nazionali ed il rispetto del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento n. 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   quali azioni i Ministri interrogati intendano adottare al fine di assicurare l'applicazione, da parte delle competenti autorità di controllo, della definizione dell'effettiva origine degli alimenti, sulla base di quanto disposto dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis della legge 24 dicembre 2003, n. 350 sulla tutela del made in Italy;
   se i Ministri interrogati non intendano assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per la filiera degli oli di oliva vergini, per garantire la completa accessibilità delle informazioni sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine, eventualmente prevedendo la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche. (5-01613)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 31 ottobre 2013 è stato reso pubblico da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dalla Rete rurale nazionale, il rapporto relativo alla «Programmazione finanziaria, all'avanzamento del bilancio comunitario e alla spesa pubblica effettivamente sostenuta in merito ai Programmi di Sviluppo rurale 2007-2013»;
   il rapporto mette in evidenza:
    a) l'avanzamento della spesa pubblica e della corrispondente quota del fondo europeo agricolo di sviluppo rurale, FEASR, nell'arco temporale che va dal 16 ottobre 2013 al 31 ottobre 2013;
    b) la spesa pubblica (stimata) e la corrispondente quota FEASR cumulate dal 1o gennaio 2007 al 31 ottobre 2013;
    c) la spesa pubblica (stimata) e la corrispondente quota FEASR a rischio disimpegno, «N+2»;
   complessivamente, lo Stato italiano a fronte di un importo comunitario stanziato per il periodo 2007-2011 pari a 6.121,63 milioni di euro, ha utilizzato 5.254,38 milioni di euro, cui occorre aggiungere 580,44 milioni di euro a titolo di anticipo del 7 per cento, sviluppando una spesa pubblica complessiva pari a 10.467,9 milioni di euro;
   il 31 dicembre 2013 scadrà la dotazione finanziaria comunitaria (programmi di sviluppo, rurale 2007-2013) prevista nel FEASR pari a euro 17.661.697.937,00 di cui euro 10.245.312.737,00 afferiscono alle regioni «obiettivo competitività» e 7.333.465.434,00 afferiscono alle regioni «obiettivo convergenza» e, pertanto, tutti gli importi stanziati che non saranno spesi entro quella data dalle regioni saranno automaticamente disimpegnati;
   al 31 ottobre 2013 le regioni che risultano aver speso per intero la dotazione finanziaria prevista sono: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto e le province autonome di Bolzano e di Trento;
   alla stessa data, secondo le stime della «Rete rurale nazionale» del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le seguenti regioni hanno ancora potenzialità di spesa, indicata in parentesi, sia in termini assoluti che percentuali sul totale loro assegnato, da spendere entro fine anno:
    a) in «obiettivo competitività»:
     Abruzzo (euro 8.156.408,71 – 4,24 per cento dei fondi assegnati);
     Friuli Venezia Giulia (euro 4.525.255,10 – 3,78 per cento dei fondi assegnati);
     Lazio (euro 25.420.152,93 – 8,06 per cento dei fondi assegnati);
     Liguria (euro 4.641.245,05 – 4,05 per cento dei fondi assegnati);
     Marche (euro 19.324.717,33 – 8,88 per cento dei fondi assegnati);
     Molise (euro 8.455.836,34 – 9,10 per cento dei fondi assegnati);
     Toscana (euro 11.756.273,52 – 3,02 per cento dei fondi assegnati);
     Sardegna (euro 58.877.016,05 – 10,30 per cento dei fondi assegnati);
    b) in «obiettivo convergenza»:
     Basilicata (euro 42.922.598,07 – 11,16 per cento dei fondi assegnati);
     Calabria (euro 45.268.354,76 – 6,96 per cento dei fondi assegnati);
     Campania (euro 99.006.247,33 – 8,91 per cento dei fondi assegnati);
     Puglia (euro 69.629.513,88 – 7,50 per cento dei fondi assegnati);
     Sicilia (euro 94.900.574,40 – 7,46 per cento dei fondi assegnati);
   inoltre, risultano ancora disponibili fondi per la Rete rurale nazionale (euro 4.330.087,39 –10,44 per cento dei fondi assegnati);
   per cui, al 31 ottobre 2013 i fondi comunitari a rischio disimpegno sono stimati in euro 497.214.280,87 pari al 5,53 per cento del totale nazionale assegnato –:
   quali siano le motivazioni per cui una così ingente quantità di fondi comunitari assegnati all'Italia non sia ancora stata utilizzata a poche settimane dalla loro scadenza e, quali iniziative di competenza, il Ministro intenda assumere al fine di agevolare l'utilizzo di tutti i fondi comunitari entro il termine ultimo del 31 dicembre 2013, scongiurandone così il disimpegno automatico. (4-02715)


   CENSORE e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 36 del 2004 «Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato» disciplina la natura giuridica, i compiti istituzionali, le funzioni, l'organizzazione ed i rapporti con le regioni e con gli enti locali del Corpo forestale, forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare. La molteplicità dei compiti affidati alla forestale affonda le radici in una lunga storia dedicata alla difesa dei boschi, evolutasi nel tempo fino a riguardare ogni attività di salvaguardia delle risorse agroambientali, del patrimonio faunistico e naturalistico nazionale;
   tra gli organismi del Corpo forestale vi sono gli uffici per la biodiversità, istituiti nel 2005, preposti alla tutela e alla salvaguardia delle riserve naturali statali riconosciute d'importanza nazionale e internazionale; nell'ambito dei propri compiti, gli uffici per la biodiversità si occupano di tutelare e salvaguardare le riserve naturali dello Stato e altre aree di interesse naturalistico, conservare e salvaguardare la biodiversità animale e vegetale, promuovere le attività di ricerca scientifica e i programmi finalizzati allo studio ed alla conservazione della biodiversità, nonché le attività di educazione ambientale e di comunicazione;
   la legge n. 124 del 1985, «Disposizioni per l'assunzione di manodopera da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali» ha consentito l'assunzione, per gli uffici territoriali per la biodiversità del Corpo forestale dello Stato, di operai a tempo determinato e indeterminato a supporto del Corpo forestale dello Stato per la manutenzione delle aree naturali protette e per assolvere ad ulteriori compiti istituzionali;
   l'articolo 1, commi 519 e 521, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha attuato la stabilizzazione di circa 1.000 operai, ma ha escluso 340 dipendenti, in tutta Italia, che non avevano maturato i requisiti di anzianità richiesti;
   si tratta di lavoratori ampiamente professionalizzati, dotati di qualificazione e competenze fondamentali, che hanno reso gli uffici dislocati in varie realtà italiane veri e propri laboratori e presidi a tutela della biodiversità, che, se venissero meno le unità oggi assegnate, rischierebbero di scomparire;
   alcuni di questi 340 operai sono stati poi assunti temporaneamente (per 5 mesi) nel corso dell'anno 2009, grazie ai finanziamenti stanziati con la legge numero 69 del 2009;
   con l'articolo 2, comma 250, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), e con il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in cui sono ripartite nel dettaglio le risorse assegnate, sono stati finanziati 3 milioni di euro per gli anni 2010, 2011 e 2012 per l'assunzione a tempo determinato di operai del Corpo forestale dello Stato, e in virtù di tali stanziamenti nell'anno 2010 sono stati assunti temporaneamente alcuni operai;
   l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge numero 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha disposto la riduzione del 50 per cento delle assunzioni di personale a tempo determinato per le amministrazioni dello Stato;
   questa disposizione non dovrebbe essere applicata agli operai che sono assunti con contratti di natura privatistica. Tale categoria di lavoratori subisce infatti l'anomalia di essere dipendente di un ente pubblico ma attraverso un contratto di natura privatistica: verrebbero quindi applicate le restrizioni previste per il pubblico impiego senza però riconoscere le tutele e le garanzie previste per i lavoratori di enti pubblici;
   i tagli introdotti dal decreto-legge n. 98 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 non hanno consentito, per gli anni 2011 e 2012, di procedere alla riassunzione dei 181 operai a tempo determinato impiegati nel 2010, ma solo di 81 unità per un periodo massimo di sei mesi;
   da quanto emerge dal bilancio 2012 del Corpo forestale dello Stato e dalla previsione di spesa per il 2013 e 2014, il totale dei tagli previsti per il 2013 e 2014 sarà di circa 3.660.000 euro, la maggior parte dei quali deriverà dalla riduzione totale dei fondi per la riassunzione degli operai a tempo determinato (circa 1.430.000). Per i prossimi due anni non sarebbe, quindi, attuata nessuna nuova stabilizzazione nonostante siano previsti circa un centinaio di pensionamenti tra gli operai a tempo indeterminato;
   da quanto risulta agli interroganti dal 2009 ad oggi il numero di operai a tempo determinato in servizio presso il Corpo forestale dello Stato si è ridotto di 320 unità passando da 400 a circa 80 unità;
   tale situazione di incertezza oltre a penalizzare fortemente il personale che da anni viene assunto, sia pure a tempo determinato, dal Corpo forestale dello Stato comporta criticità nella cura e nella salvaguardia di risorse naturali nazionali di valenza naturale, storica e culturale;
   si rende ormai improrogabile trovare una soluzione alla questione riguardante la contrattazione di secondo livello del personale assunto ai sensi della legge numero 124 del 1985;
   tale problematica è già stata oggetto, da anni, da interrogazioni parlamentari nella scorsa legislatura, a cui non è pervenuta risposta;
   la legge n. 36 del 2004 prevede il trasferimento di parte del patrimonio statale forestale alle regioni con relative maestranze e nelle regioni dove è stato operato tale trasferimento sono stati ottenuti buoni risultati di valorizzazione del patrimonio naturale assieme alla tutela dei livelli occupazionali preposti a tali mansioni –:
   se il Ministro sia al corrente della situazione descritta;
   se non ritenga di intervenire urgentemente per far fronte al problema della stabilizzazione degli operai a tempo determinato sia per salvaguardare la professionalità e i livelli occupazionali, sia per assicurare le risorse necessarie per una efficace e continua azione di salvaguardia del patrimonio dello Stato di competenza del Corpo forestale, anche considerato il numero esiguo di addetti e la rilevanza della loro mansione;
   se non ritenga urgente assumere un'iniziativa normativa per chiarire la qualificazione giuridica di tali lavoratori, per tutelarne i diritti e per evitare continue e contrastanti interpretazioni che rendono incerto il futuro di questi lavoratori e discontinuo il lavoro degli uffici.
(4-02719)


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA e CERA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma, anche, come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che, dietro questo sistema, ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'usurpazione del made in Italy minaccia la solidità e provoca gravi danni alle imprese agricole insediate sul territorio, violando il diritto dei consumatori ad alimenti sicuri, di qualità e di origine certa;
   il codice del consumo, recependo la disciplina comunitaria in materia, attribuisce ai consumatori ed agli utenti i diritti alla tutela della salute; alla sicurezza ed alla qualità dei prodotti; ad un'adeguata informazione e a una pubblicità veritiera; all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà; all'educazione al consumo; alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;
   la disciplina a tutela dei prodotti di origine italiani introduce norme specifiche per contrastare la contraffazione ed evitare qualunque fraintendimento nell'indagine di provenienza falsa e fallace;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione ed arreca danno al patrimonio agro alimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare e uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale –:
   quali indicazioni intenda diramare alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy. (4-02732)


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA e CERA. —Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale va riconosciuta con riferimento alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta più del 17 per cento del Pil e provengono dal settore agricolo oltre 53 miliardi di euro;
   il made in Italy agroalimentare è la leva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese;
   il settore agricolo, considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore, riveste una particolare importanza per l'economia nazionale ed assume un ruolo fondamentale nella custodia del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   sulla base dei dati Efsa, l'Italia risulta prima, nel mondo, in termini di sicurezza alimentare, con oltre 1 milione di controlli l'anno, il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento), con un valore inferiore di cinque volte rispetto a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte rispetto a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità);
   il settore suinicolo rappresenta una voce importante dell'agroalimentare italiano. La suinicoltura italiana, infatti, occupa il 7o posto in Europa per numero di capi mediamente presenti: in Italia nel 2012 la consistenza è stata di 9,279 milioni di capi, preceduta da Germania (28,1 milioni), Spagna (25,2 milioni), Francia (13,7 milioni), Danimarca (12,4 milioni), Olanda (12,2 milioni) e Polonia (11,9 milioni di capi);
   i dati del censimento dell'agricoltura 2010 indicano in 26.197 il numero delle aziende suinicole in Italia (74,1 per cento rispetto al 2007), 4.900 delle quali allevano più di 50 suini;
   le regioni maggiormente vocate per l'allevamento di suini sono Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, ma anche Calabria, Umbria e Sardegna;
   rispetto a 73,5 milioni di cosce suine consumate in Italia, 57,3 milioni sono di importazione, 24,5 milioni sono di produzione nazionale e 8,3 milioni vengono avviate all'esportazione;
   dai medesimi dati emerge che i principali Paesi fornitori di carne suina in Italia sono la Germania, l'Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca;
   dai dati elaborati da ISMEA nel rapporto La competitività dell'agroalimentare italiano» del 2012, emerge che la fase agricola è fortemente penalizzata dalle repentine e intense variazioni dei prezzi alla produzione, variazioni che invece non si trasmettono immediatamente sui prezzi nelle fasi più a valle, né per tempistica, né per intensità;
   sulla base dei risultati definitivi pubblicati dall'Istat e secondo quanto certificato dal 6o censimento generale dell'agricoltura, la bassa remunerazione dell'imprenditore agricolo, in diminuzione nell'ultimo decennio, è uno degli elementi a cui viene collegata la fuoriuscita dal settore di quasi 800 mila aziende agricole;
   nel mercato del settore suinicolo, l'andamento dei prezzi riconosciuti agli allevatori mostra valori inferiori ai costi di produzione;
   secondo analisi ed elaborazioni ANAS (Associazione nazionale allevatori suini), riferiti al primo semestre 2013, il valore dell'allevamento riconosciuto nella fase della distribuzione è stato del 17,28 per cento;
   dalle stesse elaborazioni si rileva che il costo medio di produzione del suino pesante (peso medio 160/170 chilogrammi) è di 1,56 euro al chilogrammo;
   i medesimi dati evidenziano che il prezzo medio riconosciuto all'allevatore per il suino pesante (peso medio 160/170 chilogrammi) è stato di 1,4 euro al chilogrammo;
   l'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza sull'indicazione di origine delle carni suine, che rischia di creare confusione tra i prodotti di provenienza nazionale – che assicurano, tra l'altro, elevati standard di sicurezza e qualità – ed i prodotti di importazione che invece, spesso, presentano minori garanzie per il consumatore;
   l'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nel disciplinare le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed agroalimentari, vieta condotte commerciali sleali al fine di impedire che un contraente con maggiore forza commerciale possa abusarne, imponendo condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per la controparte più debole –:
   quali azioni il Ministro intenda promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio nel settore delle carni suine, al fine di dare piena attuazione all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui vieta pratiche commerciali sleali che possano determinare, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, il riconoscimento di prezzi, agli allevatori, palesemente inferiori ai costi di produzione medi da essi sostenuti;
   quali azioni, per quanto di competenza, il Ministro intenda promuovere, con specifico riferimento al commercio delle carni suine, al fine di contrastare pratiche commerciali sleali poste in essere, ai danni degli allevatori, in violazione della disciplina di cui all'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ed al relativo regolamento di attuazione (decreto ministeriale 19 ottobre 2012, n. 199). (4-02733)


   MONGIELLO, PETRINI, GIULIETTI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA e CERA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare Made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, di cui oltre 53 miliardi di euro provengono dal settore agricolo;
   il successo dell'agroalimentare italiano nel mondo e l'accreditamento attribuito al marchio «Italia» non conoscono arretramenti, come dimostra la crescita costante dell’export, ma anche la diffusione dei fenomeni di imitazione e pirateria commerciale;
   il Made in Italy agroalimentare è la leva esclusiva per una competitività «ad alto valore aggiunto» e per lo sviluppo sostenibile del Paese, grazie ai suoi primati in termini di qualità, livello di sicurezza e sistema dei controlli degli alimenti, riconoscimento di denominazioni geografiche e protette e produzione biologica;
   il settore agricolo ha una particolare importanza non solo per l'economia nazionale – considerati la percentuale di superficie coltivata, il più elevato valore aggiunto per ettaro in Europa ed il maggior numero di lavoratori occupati nel settore – ma anche come naturale custode del patrimonio paesaggistico, ambientale e sociale;
   in agricoltura sono presenti circa 820 mila imprese, vale a dire il 15 per cento del totale di quelle attive in Italia;
   gli allevamenti italiani di suini, presenti prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna, sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti e offre occupazione, lungo l'intera filiera, a circa 105 mila addetti, di cui 50 mila nel solo comparto dell'allevamento;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia, nel 2012, ha importato complessivamente 1.020.425 tonnellate di suini vivi e carni suine, di cui il 52 per cento dalla Germania, pari a 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   molti controlli operati sul settore delle carni suine hanno evidenziato la violazione della disciplina in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari e condotte poste in essere in maniera ingannevole, fraudolenta e scorretta, allo specifico scopo di far intendere al consumatore che i prodotti acquistati sono di origine e di tradizione italiana;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del regolamento (CE) 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, prevede che l'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza è obbligatoria per le carni dei codici della nomenclatura combinata (NC) elencati all'allegato XI del regolamento medesimo – tra le quali sono contemplate le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate – rinviando l'applicazione della norma a successivi atti di esecuzione da adottare entro il 13 dicembre 2013 –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di assicurare il rispetto, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine. (4-02734)


   CECCONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura italiana, con un totale di circa 820 mila aziende, rappresenta circa il 15 per cento del totale delle imprese attive italiane;
   l'importanza del settore agricolo per l'economia nazionale non è legato solo alla produzione agroalimentare, ma anche alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale ed all'ingente numero di lavoratori occupati;
   nonostante le difficoltà in cui versa l'intera economia italiana ed il deciso rallentamento del prodotto interno lordo nazionale registrato nel corso degli ultimi anni, secondo i dati Istat relativi ai primi sette mesi dell'anno, nel 2013 l'Italia ha fatto segnare il record nel valore delle esportazioni agroalimentari, arrivato a 34 miliardi di euro;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari, la contraffazione e la pirateria, garantisce la solidità delle imprese agricole italiane e tutela l'immagine ed il valore del made in Italy;
   in questo contesto, la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno, con oltre 26.000 allevamenti diffusi in tutta Italia;
   dai dati ANAS (Associazione nazionale allevatori di suini) emerge che nel 2012 l'Italia ha importato dalla Germania più di 500.000 tonnellate tra suini vivi e carni suine, che rappresentano oltre il 50 per cento del totale delle importazioni di tali prodotti;
   recentemente, la stampa europea ha diffuso alcuni dati da cui emerge che l'industria della carne suina tedesca, efficiente e con prodotti a basso costo, è, di fatto, basata su tecniche produttive e di allevamento non sostenibili, in quanto pregiudizievoli per l'ambiente, la salute e la tutela del lavoro, con conseguenze sull'inquinamento delle falde acquifere e anche sulla salute, considerato l'impiego di eccessive quantità di antibiotici;
   nel settore delle carni suine i controlli effettuati hanno portato alla luce molteplici episodi di contraffazione e frode, spesso legati all'abusivo impiego, nella fase della pubblicità o della presentazione dei prodotti, di denominazioni, o simboli, o immagini evocative di prodotti e territori italiani;
   il mercato interno deve prevenire e contrastare l'usurpazione del made in Italy, ponendosi come garante della qualità, della salubrità, delle caratteristiche e dell'origine dei prodotti alimentari italiani, in quanto elementi funzionali a garantire la salute ed il benessere dei consumatori ed il loro diritto ad una alimentazione sana, corretta e fondata su scelte di acquisto e di consumo consapevoli;
   l'omissione delle informazioni sull'origine di un prodotto agroalimentare ed una pubblicità che suggerisca un legame inesistente tra un prodotto ed un territorio aumentano in modo significativo il rischio di confusione;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono pregiudica l'immagine del patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 26, comma 2, lettera b) del regolamento (CE) del 25 ottobre 2011, n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, impone come obbligatoria l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza per una serie di prodotti, tra cui le carni di animali della specie suina, fresche, refrigerate o congelate, fissando alla Commissione il termine del 13 dicembre 2013 per adottare le disposizioni di attuazione dell'obbligo –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere, con specifico riferimento al settore del commercio con l'estero nel settore delle carni suine, al fine di prevenire le pratiche fraudolente o ingannevoli, ai danni del made in Italy o, comunque, ogni altro tipo di operazione o attività commerciali in grado di indurre in errore i consumatori e, ancora, per garantire la più ampia trasparenza delle informazioni relative ai prodotti alimentari ed ai relativi processi produttivi e l'effettiva rintracciabilità degli alimenti nazionali;
   quali iniziative Ministri interrogati intendano adottare, in sede di Unione europea, al fine di assicurare il rispetto, del termine del 13 dicembre 2013, imposto dal regolamento n. 1169/2011/CE, per l'attuazione dell'obbligo di indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza con riferimento alle carne suine;
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto dall'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine, nonché assicurare l'accesso ai relativi documenti da parte dei consumatori, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche. (4-02736)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALLASIA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha previsto il blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici per gli anni 2011, 2012 e 2013, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti;
   tale blocco non è stato riservato al solo personale dirigenziale e/o civile, bensì anche a quello del comparto sicurezza e difesa, che per la sua specificità ne doveva restare escluso;
   nel mese di agosto 2013 il Consiglio dei ministri ha approvato un regolamento che proroga al 31 dicembre 2014 il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per tutti i dipendenti pubblici;
   il blocco dei rinnovi contrattuali, degli automatismi stipendiali e del tetto individuale salariale per tutti i lavoratori del comparto sicurezza ed anche agli appartenenti al corpo dei vigili del fuoco è stato oggetto di forti proteste da parte di rappresentanti e sindacati della categoria, che sono scesi in piazza per esprimere a gran voce la loro indignazione per un provvedimento che penalizza fortemente le forze di polizia, specie in un momento storico di forte tensione sociale, in cui gli scontri di piazza e le innumerevoli manifestazioni richiedono un loro maggiore impegno e presenza attiva sul campo –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo per restituire dignità e potere d'acquisto al personale delle forze di polizia, tenuto conto dell'esigenza di valorizzare la loro specificità rispetto al settore pubblico in generale. (5-01600)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   QUINTARELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013, citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti Made in Italy e i dati dei traffici illeciti accertati. (3-00486)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le 4 province dell'Abruzzo si trovano tutte nella metà nord della regione ed i capoluoghi di provincia Chieti e Pescara sono separate da una distanza di soli 20 chilometri;
   il riordino della rete ospedaliera dell'Abruzzo ha determinato la trasformazione degli ospedali di Gissi e Casoli in presidi territoriali di assistenza con conseguente trasformazione delle Unità operative di pronto soccorso in punti di primo intervento;
   la scelta di avere come ospedali di riferimento gli ospedali provinciali ha condizionato il disegno della rete di emergenza urgenza con i due ospedali hub Chieti e Pescara;
   contemporaneamente la regione Molise ha declassato gli ospedali di Agnone e Larino;
   ci sono nel territorio delle province di Chieti e Pescara due sezioni di emodinamica una nell'ospedale di Chieti e una nell'ospedale di Pescara, con evidente concentrazione di risorse in tal senso;
   nel territorio meridionale dell'Abruzzo, inteso in kmq come metà sud della regione non ci sono punti di cura adeguati ad emergenze cardio-vascolari e neuro;
   lo stato di dissesto delle strade e l'obsolescenza del parco ambulanze determina per le aree di confine sud e le aree interne tempi di intervento di gran lunga superiori alla golden hour;
   occorrerebbe la realizzazione tempestiva di una più adeguata «rete del cuore», tenendo conto che nel piano sanitario regionale 2007, mai superato, era prevista una sezione di emodinamica presso l'ospedale di Vasto, promessa negli anni anche dall'attuale governo regionale e a tutt'oggi ancora alla fase progettuale –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in merito a quanto esposto in premessa, in particolare, se nelle valutazioni dell'adeguatezza della rete ospedaliera dell'Abruzzo sia stata considerata la evidente mancanza di equità nelle risposte ai bisogni di salute delle popolazioni del sud e delle aree interne della regione conseguente alla scelta degli ospedali provinciali;
   se non ritenga che la rete di emergenza urgenza debba essere strutturata in relazione ai tempi di intervento reali e non attraverso coefficienti standard che non considerano la geografia territoriale;
   se sia a conoscenza che il territorio di confine tra Abruzzo e Molise ha, nonostante le molteplici segnalazioni ai livelli competenti da parte dei sindaci del territorio, una inadeguata risposta ai suoi bisogni di salute sia per l'emergenza urgenza, sia nella continuità assistenziale che per l'assistenza pediatrica e quali siano le iniziative di competenza che il Governo intende adottare. (5-01608)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le dimensioni della recente tragedia di Lampedusa hanno sollevato questioni basilari in merito alle condizioni di accoglienza dei migranti, inaccettabili rispetto a principi elementari di salute pubblica e d'igiene mentale e aventi un'azione patogena per i sopravvissuti;
   l'evento, nella sua tragicità, rischia di mettere in secondo piano la questione sanitaria che è altrettanto importante, e per la quale non sono ammessi alibi: non è possibile cercare giustificazioni nell'imprevedibilità degli eventi, nella mancata assistenza degli altri Paesi europei, nella malvagità dei trafficanti di esseri umani. Proteggere la salute di chi è riuscito a sbarcare vivo è una responsabilità del nostro Paese;
   la questione sanitaria può essere distinta in tre aree: 1. l'emergenza allo sbarco; 2. la prevenzione; 3. la protezione della salute psichica;
   i problemi clinici che i richiedenti asilo presentano al momento dello sbarco sono essenzialmente legati alle condizioni del loro percorso migratorio: le patologie più comuni sono colpi di calore, colpi di sole, assideramento (secondo le condizioni climatiche in cui avviene la navigazione), lesioni da decubito dovute alla posizione forzata senza possibilità di movimenti sui barconi, aggravata da agenti chimici quali l'acqua salmastra o il gasolio che spesso sporcano i luoghi in cui i naviganti si siedono. Le patologie più pericolose sono quelle dovute alla disidratazione, che hanno determinato ad esempio casi documentati di gravi insufficienze renali;
   le cronache ricordano che molte profughe approdano in stato di gravidanza o subito dopo aver partorito. Spesso sono donne vittime di gravidanze forzate, a seguito di stupri spesso ripetuti (ci sarebbero testimonianze di pazienti che hanno subito violenze per lunghi periodi durante le detenzioni in Libia). Queste situazioni richiedono presidi appropriati in grado di dare le risposte emergenziali necessarie. Devono essere predisposte soprattutto procedure di rapida evacuazione verso centri di riferimento altrove in grado di offrire le risposte cliniche più appropriate;
   gli sbarchi si susseguono da un ventennio, le informazioni riguardo alle condizioni di accoglienza di cui si dispone provengono essenzialmente da fonti giornalistiche e dalle testimonianze di pazienti dei centri accoglienza e parlano di ricoveri sovraffollati, con carenza di servizi igienici e di acqua corrente, protezione da agenti termici (caldo, freddo, pioggia) non appropriata;
   condizioni igieniche di questo tipo sono patogene, favoriscono patologie infettive delle vie respiratorie, infezioni gastro-intestinali e altri disturbi del tubo digerente, patologie muscolo-scheletriche e aggravano quadri clinici preesistenti. Esse creano le premesse per il diffondersi di epidemie. È fondamentale, per un'appropriata prevenzione, che una situazione del genere, del tutto inaccettabile sul piano sanitario, sia corretta immediatamente;
   non è accettabile che ancora non esistano collaudate procedure di rapida evacuazione dei richiedenti asilo in altri luoghi del territorio nazionale, in modo da offrire loro condizioni igieniche appropriate alla vita di esseri umani;
   molti richiedenti asilo che sbarcano a Lampedusa sono stati vittime di torture e altri eventi traumatici, che possono determinare specifici quadri clinici psichiatrici: disturbo post-traumatico da stress, crisi d'ansia, disturbi depressivi, disturbi della concentrazione, del pensiero e della memoria, disturbi somatoformi, suicidio;
   per soggetti in queste condizioni è fondamentale garantire un'assistenza clinica immediata per la gestione psichica dell'esperienza traumatica appena vissuta, con opportune procedure di debriefing (le stesse che sono applicate in caso di catastrofi naturali in Italia, e per le quali ci sono ampie competenze professionali nel nostro Paese) e offrire condizioni di vita che aiutino il recupero –:
   quali siano le iniziative previste a sostegno e al fine di un recupero di condizioni di salute e di vita adeguate per i migranti e con quali misure intenda intervenire per garantire l'applicazione delle linee guida predisposte dal Ministero della salute, «per la gestione di problematiche sanitarie connesse con l'afflusso di migranti sulle piccole isole», che vengono ad oggi, a quanto consta all'interrogante, pressoché del tutto disattese.
(5-01609)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BONAFEDE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 26 novembre 1999, presso il reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale civile di Locri, asl 9, oggi Asp 5 di Reggio Calabria, viene alla luce la piccola Maria Pia B., affetta da grave disabilità per effetto di complicazioni verificatesi durante il parto;
   la bambina, oggi quattordicenne, risulta sofferente di cerebropatia con ritardo cognitivo e di epilessia di tipo tetraplegico, patologie entrambe causate da un'asfissia perinatale con emorragia cerebrale procurata al parto dalla negligenza ed inottemperanza del personale medico. Negligenza accertata dal tribunale ordinario di Locri che, dopo oltre un decennio, con sentenza emanata in data 1o ottobre 2010, ha riconosciuto colpevoli per responsabilità professionale il medico ginecologo di turno e l'ostetrica, condannandoli, assieme all'Asp 5, al risarcimento del danno;
   nonostante tale sentenza fosse immediatamente esecutiva, ad oggi, dopo oltre tre anni, non è stata ancora eseguita, lasciando Maria Pia ed i suoi familiari privi del risarcimento loro spettante;
   la mancata erogazione del dovuto risarcimento sta rendendo, per i genitori – entrambi senza lavoro ed il padre malato di leucemia – impossibile far fronte alle continue e costose terapie riabilitative necessarie per la vita stessa della figlia –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-02711)


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA e CERA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare il made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento nel totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare e uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy e i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02731)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che, a livello europeo, ha colpito il settore della raffinazione ha avuto ricadute importanti sull'industria di raffinazione in Italia, generando gravi ricadute sul fronte dell'occupazione;
   rispetto ai principali competitor mondiali, il sistema della raffinazione in Italia appare estremamente debole e poco competitivo. L'industria presenta costi di produzione notevolmente alti a causa degli oneri connessi alle normative in favore dell'ambiente e della tutela del lavoro ed è sottoposta a pesanti oneri legati all'obsolescenza degli impianti, al trasporto, e alla complessità del sistema amministrativo;
   il settore è da tempo sottoposto alla forte concorrenza delle raffinerie statunitensi, mediorientali ed asiatiche, quest'ultime sempre più competitive perché prive di obblighi e vincoli ambientali, sottoposte a minori costi del lavoro e sussidiate direttamente dallo Stato;
   negli ultimi dieci anni, dal 2002 al 2012, i consumi di prodotti petroliferi italiani sono scesi di più del 30 per cento; contemporaneamente, sono aumentate le importazioni di prodotti petroliferi finiti e diminuite le esportazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti dove sembra siano in costruzione nuove raffinerie;
   l'Unione europea non ha adottato una strategia in merito alla salvaguardia del settore della raffinazione, limitandosi ad introdurre dazi all'importazione di biodiesel prodotto in Argentina ed in Indonesia per dumping;
   in questo scenario, molte raffinerie in Italia sono ormai prossime alla chiusura. È notizia di questi giorni dell'imminente chiusura dell'impianto IES di Mantova, che dal 1° gennaio 2014 si trasformerà in deposito petrolifero. I lavoratori occupati presso l'impianto sono circa 390 e secondo le prime stime, nel passaggio a deposito, si perderebbero circa 350 posti di lavoro;
   il sistema della raffinazione italiano è costituito da 16 raffinerie presenti sull'intero territorio nazionale per una capacità complessiva di poco superiore ai 100 milioni di tonnellate/anno. Da anni i profitti delle aziende che operano nel settore della raffinazione e distribuzione si sono notevolmente ridotti con gravi conseguenze per l'occupazione;
   l'industria della raffinazione in Italia impiega 100 mila addetti. Come confermato dallo stesso Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, in Italia gli impianti a rischio di chiusura sono quattro o cinque con il pericolo imminente di lasciare senza lavoro circa 8 mila addetti;
   le aziende di raffinazione rappresentano un punto di riferimento importante per l'economia locale dei territori che le ospitano e la loro chiusura avrebbe ripercussioni su tutto il territorio nazionale, privandolo di ricchezza e di occupazione;
   dall'indagine conoscitiva sulla crisi del settore della raffinazione in Italia, condotta nella scorsa legislatura, è emerso che il settore presenta un eccesso di capacità produttiva pari a circa 15-20 milioni di tonnellate che il mercato interno non riesce ad assorbire; da qui la proposta di un intervento che miri, da un lato a preservare un settore strategico dell'industria nazionale (connesso a molteplici comparti produttivi) e dall'altro a salvaguardare l'occupazione;
   la crisi dell'industria della raffinazione, senza l'adozione di efficaci interventi, potrebbe degenerare in un quadro ancora più drammatico, con conseguenze disastrose per il futuro dei lavoratori impiegati nel settore e delle loro famiglie;
   i processi di riconversione di impianti industriali non più competitivi potrebbero aprire la strada alla realizzazione di importanti progetti industriali ed occupazionali di grande impatto per l'economia del Paese;
   alcune regioni hanno sperimentato con successo l'adozione di accordi di sviluppo territoriale per favorire l'insedia- mento di nuove attività di impresa nelle aree industriali dismesse, realizzando diversi interventi, sia di carattere finanziario che di semplificazione amministrativa, per attrarre e mantenere sul territorio le attività e le risorse necessarie alla crescita e allo sviluppo dello stesso –:
   quali sia la strategia che il Governo intenda perseguire ai fini dell'adozione di un'organica politica industriale di rilancio della raffineria italiana, in primo luogo a garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali nel settore;
   se intenda concordare, con le regioni e gli enti locali, l'adozione di specifici percorsi, da attuare anche attraverso lo strumento dell'accordo di programma, per la riconversione industriale delle aree inquinate collegata con le attività di bonifica o messa in sicurezza delle stesse. (4-02713)


   AGOSTINELLI e BUSINAROLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Centrale a biomasse realizzata dal comune di Apiro è stata finanziata dalla regione Marche con fondi comunitari DOC.UP, OB 2 Marche, annualità 2000-2006, Asse 2, Misura 2,8;
   la richiesta di finanziamento risulta ammontare a euro 900.000,00 di cui la regione Marche ha finanziato, con fondi europei, la somma di euro 608.128,31. La restante somma risulta impegnata dal comune, di Apiro tramite accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti, per un importo di euro 291.871,69;
   la centrale a biomasse produce energia termica per alcuni edifici di proprietà comunale ed è stata progettata e dimensionata per una potenza termica di 1,39 Mw. L'impianto si colloca a circa 40 metri di distanza dal centro storico. L'impianto funziona nei mesi invernali, generalmente viene accesa nel mese di novembre per poi venire spenta nel mese di aprile;
   il sito ove è collocata la centrale a biomasse è interessato, da tempo, dalla presenza di frane che presentano aspetti significativi e gravi sia per quanto riguarda l'estensione che l'attività deformativa. L'area non è idonea all'edificazione se non tramite interventi specifici di contenimento e sostegno dei terreni. Anche la relazione geologica e geotecnica, allegata al progetto per la realizzazione della centrale e biomasse (2006), evidenzia e attesta che l'area di allocazione della centrale è in dissesto per frana;
   i residenti del centro storico e le abitazioni limitrofe si trovano per lo più con i fiumi diretti verso le proprie abitazioni (i venti dominanti spirano per lo più verso il centro storico) e questo crea un notevole disagio per i residenti a causa dei cattivi odori, bruciori e irritazioni alla gola, fastidi nella respirazione con notevoli disagi per le persone asmatiche. Si verificano inoltre depositi di particolato color grigio scuro nelle finestre, nei davanzali delle abitazioni adiacenti, negli abiti stesi ad asciugare, nei tetti delle macchine parcheggiate a ridosso della centrale. La salute delle persone risulta a rischio a causa delle sostanze tossiche emesse (particolato, polveri sottili, ultrasottili, nanoparticelle, diossine e furani) e sovente non è possibile la normale apertura delle finestre a causa del continuo getto dei fumi della centrale a biomasse (circa 0,7 me al secondo) verso le abitazioni del centro storico –:
   se il Governo possa disporre un'indagine anche per il tramite dell'istituto superiore di sanità per valutare i rischi per la salute e le condizioni igienico sanitarie visto che la centrale si colloca a ridosso del centro storico di Apiro, i venti dominanti spirano per lo più verso l'abitato e la bocca del camino è posta ad una quota inferiore rispetto alle abitazioni del centro storico, di circa 12 metri ed emette fumi tossici per circa 0,7 metri cubi al secondo. (4-02735)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Terzoni e altri n. 4-02653, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spadoni.

  L'interrogazione a risposta scritta Rosato e altri n. 4-02662, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00288 del 9 settembre 2013.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta Sibilia n. 4-02016 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 88 del 1o ottobre 2013. Alla pagina 5353, prima colonna, alla riga quinta, deve leggersi: «se il Ministro interrogato conosca» e non come stampato. Dalla riga nona alla riga decima, deve leggersi: «se, trovandosi la nave in acque internazionali, non giudica eccessiva» e non come stampato. Dalla riga tredicesima alla riga quindicesima, deve leggersi: «diritto internazionale e, in tal caso, quali iniziative intenda assumere nei confronti delle autorità russe;», e non come stampato. Dalla riga sedicesima alla riga diciassettesima deve leggersi: «quali iniziative abbia già posto in essere o intenda assumere per ottenere», e non come stampato.