Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 novembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in solo sette anni, dal 2005 al 2012, il numero degli italiani che vivono in povertà assoluta è raddoppiato. Nel 2012, anno a cui risalgono gli ultimi dati dell'Istat le famiglie che versavano in una condizione di povertà assoluta erano un milione e 725 mila (il 6,8 per cento delle famiglie residenti) per un totale di oltre 4,8 milioni di persone (l'8 per cento della popolazione), di questi poco più di 2,3 milioni erano residenti al Sud;
    la perdurante crisi economica ha prodotto l'impoverimento di un'ampia parte della popolazione ma non ne ha impedito la fruizione dei beni e dei servizi essenziali, a differenza di chi non raggiunge «uno standard di vita minimamente accettabile» calcolato dall'Istat e legato a un'alimentazione adeguata, a una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti;
    dal 2013, infatti, secondo il Food Security Risk Index (mappa che evidenzia le zone a rischio di tutto il mondo, aggiornata ogni anno dagli esperti della Maplecroft utilizzando i dati sulla sicurezza alimentare forniti dalla Fao), il nostro Paese non è più considerato «a basso rischio fame» ma «a rischio medio» e, a rendere la situazione ancora più instabile, si aggiunge un tasso di inattività tra i 15 e 64 anni pari al 36,6 per cento, dato che si attesta tra i più alti d'Europa;
    si stima che la ripresa potrà ridurre l'attuale percentuale di povertà assoluta ma non di molto, dato che la sua maggiore presenza è un fenomeno strutturale, così come il suo nuovo profilo, non concentrandosi più esclusivamente nel Meridione e tra le famiglie numerose (con almeno tre figli) anche se queste rimangono le realtà dove risulta maggiormente presente;
    negli ultimi anni, infatti, si è assistito, ad un incremento sempre più crescente di tale fenomeno in segmenti della popolazione prima ritenuti immuni: il Nord – dove le persone in povertà assoluta sono aumentate dal 2,5 per cento (2005) al 6,4 per cento (2012) – e le famiglie con due figli (dal 4,7 per cento al 10 per cento);
    a comportare un maggiore rischio di povertà è anzitutto l'allargamento familiare: avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8 per cento, e nel Sud questo valore sale al 42,7 per cento. Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento;
    è cresciuta anche l'insicurezza delle famiglie italiane di non essere in grado di far fronte a eventi negativi, come per esempio, una improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare, o l'instabilità del rapporto di lavoro, o gli oneri finanziari sempre maggiori;
    la diffusione del precariato fra le giovani generazioni rende questa categoria tra quelle a maggior rischio di povertà, rinviando le possibilità ed il desiderio di una vita in coppia e di procreare, con riflessi negativi sul tasso di natalità;
    per fronteggiare questa situazione, l'impegno dei comuni e delle tante realtà non profit impegnate nel territorio o dei conoscenti o ad altri, non è sufficiente ed i grandi numeri della povertà di oggi fanno sì che, nella maggior parte dei casi, chi sperimenta questa condizione debba innanzitutto contare sulle proprie forze;
    l'Italia è l'unico Paese dell'Europa a 15, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale a sostegno di chi si trova in questa condizione;
    anche se con differenze, le legislazioni degli altri Paesi membri dell'Unione europea prevedono fondamentalmente un contributo economico per affrontare le spese primarie accompagnato da servizi alla persona (sociali, educativi, per l'impiego) che servono ad organizzare diversamente la vita di queste persone aiutandole a cercare di uscire dalla povertà;
    si tratta, null'altro, che della messa in opera del patto di cittadinanza tra lo Stato e il cittadino in difficoltà: chi è in povertà assoluta ha diritto al sostegno pubblico e il dovere d'impegnarsi a compiere ogni azione utile a superare tale situazione;
    alcune delle misure messe in atto dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, a partire dalla «social card», non hanno sortito gli effetti desiderati: si è trattato di «provvedimenti tampone» che non hanno intaccato il problema strutturalmente e contrastato adeguatamente i disagi derivanti dalla condizione di povertà assoluta;
    in uno Stato moderno la spesa sociale dovrebbe svolgere una funzione di perequazione delle differenze in termini di dotazione di servizi tra i territori, operando in particolare una redistribuzione delle risorse in base ai rischi specifici dei diversi comparti quali la povertà, le condizioni di salute per la sanità, il disagio per l'assistenza sociale e l'investimento in capitale umano per l'istruzione;
    recentemente sono state elaborate alcune iniziative per contrastare questo fenomeno tra le quali si distinguono quella elaborata da un gruppo di lavoro insediato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, presieduto dal Vice-Ministro Guerra, volte all'introduzione di una nuova misura di contrasto alla povertà, il SIA (sostegno all'inclusione attiva) e quella elaborata dalle Acli e Caritas che hanno proposto il REIS (reddito di inclusione sociale) fino ad arrivare all'elaborazione del piano nazionale contro la povertà propugnato da Alleanza contro la povertà in Italia, un insieme di soggetti sociali che ha deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese;
    il piano nazionale contro la povertà, da avviare nel 2014, conterrebbe le indicazioni concrete affinché venga gradualmente introdotta una misura nazionale, rivolta a tutte le persone in povertà assoluta nel nostro Paese, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell'intervento;
    sin dal 2014, la misura consisterebbe nel diritto ad una prestazione monetaria accompagnato dall'erogazione dei servizi necessari ad acquisire nuove competenze e/o organizzare diversamente la propria (servizi per l'impiego, contro il disagio psicologico e/o sociale per esigenze di cura e altro);
    in via sperimentale si procederebbe al varo di una «nuova social card» (12 grandi comuni), della «carta per l'inclusione sociale» (8 regioni Sud) oltre dalla carta acquisti tradizionale (quella introdotta nel 2008);
    l'avvio della nuova misura sulla lotta alla povertà assoluta non dovrà considerarsi in alcun modo sostitutivo del necessario rifinanziamento del fondo nazionale politiche sociali e del fondo per la non autosufficienza, oggetto peraltro negli anni recenti di tagli radicali;
    evidenziare la necessità del finanziamento statale non significa assolutamente svilire tutto quello che è già stato realizzato nel territorio contro la povertà che, al contrario, dovrà essere valorizzato e confluire nella riforma, mentre dovranno rimanere comunque destinate alla spesa sociale per le famiglie in condizione disagiata le risorse attualmente impiegate nella lotta alla povertà a livello regionale e territoriale;
    allo stesso modo, tutto il patrimonio di esperienze maturate a livello territoriale, da parte di enti locali, terzo settore e organizzazioni sociali, dovrà essere valorizzato nella costruzione della riforma e confluire in essa;
    nel progetto del piano nazionale contro la povertà si prevede che l'apporto finanziario di donatori privati possa svolgere un ruolo di rilievo, con funzione complementare rispetto al necessario finanziamento statale del livello essenziale;
    occorre evitare che la povertà estrema diventi povertà strutturale, coinvolgendo anche le generazioni successive,

impegna il Governo:

   a promuovere adeguate iniziative condivise ed efficaci contro la povertà assoluta nel nostro Paese, considerandole un obiettivo primario della politica del Paese, nella direzione indicata nelle premesse favorendo il pieno coinvolgimento delle organizzazioni sociali e del terzo settore con le istituzioni interessate, sia nella programmazione che nella progettazione e gestione degli interventi relativi;
   a individuare adeguate risorse aggiuntive rispetto a quelle previste per il finanziamento dei fondi attualmente esistenti e destinati alla spesa sociale da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali, incoraggiando e facilitando anche l'impegno finanziario di donatori privati;
   sin dalle prossime iniziative normative ad assicurare il finanziamento del piano nazionale contro la povertà.
(1-00254) «Gigli, Sberna, Sereni, Dellai, Marazziti, Albanella, Amato, Amoddio, Basso, Bazoli, Beni, Binetti, Biondelli, Borghi, Braga, Bruno Bossio, Buttiglione, Capodicasa, Capone, Carra, Casati, Casellato, Cenni, Cimmino, Colaninno, Cominelli, Coccia, Coscia, Covello, D'Agostino, D'Incecco, De Menech, De Mita, Marco Di Maio, Fauttilli, Gadda, Galperti, Grassi, Iacono, Lodolini, Marguerettaz, Mariani, Molea, Moscatt, Piccoli Nardelli, Fitzgerald Nissoli, Patriarca, Pellegrino, Piepoli, Giuditta Pini, Preziosi, Quartapelle Procopio, Rampi, Realacci, Rigoni, Santerini, Schirò, Senaldi, Terrosi, Vaccaro, Venittelli, Vargiu, Ventricelli, Vezzali».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi decenni il settore dei piccoli birrifici si è fortemente sviluppato nel nostro Paese, quale realtà artigianale di alto livello qualitativo che registra crescite annuali maggiori del 20 per cento ed una partecipazione all'intero mercato della birra pari a circa il 2 per cento in termini di volume, con punte di export che si attestano intorno al 10 per cento del volume di vendita;
   attualmente, le imprese attive sul territorio nazionale sono circa seicento, con una media di circa tre dipendenti ed un fatturato medio di trecentomila euro annui;
   le dimensioni ridotte delle imprese comportano elevati costi, sui quali la liquidazione delle accise – peraltro tra le più alte d'Europa – ha un impatto assai significativo;
   l'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, cosiddetto «Semplificazioni fiscali», convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha introdotto metodi semplificati di accertamento dell'accisa sulla birra per i microbirrifici, ossia fabbriche con produzione annua non superiore ai 10.000 ettolitri;
   la stessa disposizione ha imposto che il prodotto finito venga obbligatoriamente confezionato nella stessa fabbrica di produzione e detenuto ad accisa assolta. Ciò rappresenta una significativa criticità per i piccoli stabilimenti, poiché la disposizione limita fortemente l'operatività del singolo produttore, creando un contrasto con analoghe situazioni produttive presenti in molti Paesi europei. Tale obbligo implica infatti che i piccoli produttori di birra non possano mettere in atto economie di scala, derivanti ad esempio dalla condivisione di impianti di imbottigliamento o infustamento fra più birrifici, né consente la possibilità di realizzare ricette particolari come blend fra birre di diversa provenienza, pratica estremamente diffusa in tutto il mondo birrario artigianale europeo;
   a seguito dell'introduzione di questa norma, i microbirrifici italiani hanno visto aggravarsi il gap competitivo esistente nei confronti dei concorrenti internazionali operanti nel medesimo settore – già fortemente avvantaggiati da un regime fiscale agevolato e da costi di produzione meno pesanti – soprattutto in una fase in cui è alta l'attenzione del mercato birrario internazionale nei confronti della produzione italiana;
   tale disposizione, anche alla luce degli assetti dei depositi fiscali stabiliti dalla determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane, ex articolo 2, comma 12, del decreto-legge n. 16 del 2012, non comporterebbe alcun vantaggio per l'Agenzia stessa,

impegnano il Governo

a promuovere ad una revisione della norma prevedendo la soppressione dell'obbligo di confezionamento della birra nella stessa fabbrica di produzione, al fine di rimuovere gli ostacoli alla concorrenza che si sono di fatto prodotti a sfavore dei microbirrifici italiani a seguito dell'approvazione dell'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16.
(7-00175) «Vignali, Pagano».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    negli ultimi anni, il settore RCA è stato interessato da diversi interventi di carattere legislativo e regolamentare finalizzati alla rimozione degli ostacoli ad un maggior sviluppo concorrenziale e all'incremento di un più efficace confronto competitivo, a vantaggio dei consumatori finali;
    nonostante vi sia una graduale diminuzione del numero di incidenti e di mortalità a seguito di sinistro stradale e una costante diminuzione della gravità degli stessi, i costi delle polizze per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada subiscono continui rincari;
    le compagnie di assicurazione cercano di addossare la causa dell'aumento dei premi delle polizze al costo delle riparazioni quando invece, come evidenziato da una indagine di alcune associazioni bresciane, pare che i danni di carrozzeria incidano solamente per il 10 per cento del costo complessivo, il 60 per cento è da imputare alle lesioni e interventi legali ed un ulteriore 25 per cento invece è a carico dei costi di gestione;
    per contenere i costi delle riparazioni, le compagnie assicurative, a detta di molti danneggiati, stanno adottando inspiegabili comportamenti per svincolarsi dall'applicazione dell'istituto che consente la cessione del credito, spingendo gli assicurati, in caso di sinistro, a recarsi presso le strutture convenzionate, pena il non completo risarcimento del danno;
    sulla questione è recentemente intervenuta la Corte di cassazione che, con sentenza 22601, del 3 ottobre 2013, ha ribadito la liceità e la legittimità del ricorso all'istituto della cessione del credito, ex articolo 1260 e seguenti del codice civile, per il risarcimento del danno non patrimoniale derivato da sinistro stradale;
    al danneggiato dovrebbe essere sempre garantita, in linea anche con gli orientamenti comunitari, la libertà di scelta in merito alle riparazioni del proprio veicolo, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 2058 del codice civile, il quale prevede che sia facoltà del danneggiato richiedere o meno il risarcimento in «forma specifica»;
    il risarcimento in «forma specifica» consente alle compagnie assicurative di offrire al danneggiato una prestazione di riparazione presso officine convenzionate, rendendo la scelta più appetibile con l'applicazione di uno sconto sulla polizza assicurativa; è evidente che tale prassi alimenta una forma di concorrenza sleale nei confronti delle imprese artigiane indipendenti, alterando la libera concorrenza nel mercato dell'autoriparazione e limitando al contempo la libertà di scelta dell'assicurato;
    i rincari applicati sui premi assicurativi sono strettamente collegati al fenomeno, sempre più preoccupante, sopratutto nelle zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative. Se pur è stato dimostrata la forte incidenza del peso delle frodi sui costi delle polizze, questa non può tuttavia rappresentare un elemento di giustificazione dell'incremento delle stesse, a danno degli assicurati;
    nella scorsa legislatura, gli interventi nel settore delle assicurazioni sono stati operati con il decreto-legge n. 1 del 2012 (il cosiddetto decreto liberalizzazioni) e con il decreto-legge n. 179 del 2012 (cosiddetto decreto crescita). Con il decreto-legge n. 1 del 2012, in particolare, sono stati previsti diversi interventi di riforma del settore volti a renderlo maggiormente concorrenziale e trasparente al fine di ridurre il costo delle polizze, anche attraverso il contrasto delle frodi;
    l'insieme degli interventi adottati non sembra aver avuto effetti decisivi rispetto all'obiettivo del contenimento dei costi delle polizze a beneficio dei consumatori, anche perché necessitano di diversi regolamenti attuativi, non ancora emanati;
    l'articolo 32, introduce la possibilità per le imprese assicurative di richiedere l'ispezione volontaria del veicolo prima della stipula del contratto, prevedendo in tal caso una riduzione delle tariffe, nonché la possibilità di installare, con il consenso dell'assicurato, meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo, e ne consentano il monitoraggio (cosiddetta scatola nera);
    con particolare riferimento all'impiego della «scatola nera» dovrebbe essere chiaramente specificato, nell'ambito della normativa di regolamentazione, che ai fini del riconoscimento dello sconto sul premio annuo, l'impiego di tale dispositivo non condiziona la scelta degli automobilisti incidentati di ricorrere o meno alla rete delle carrozzerie convenzionate della compagnia assicuratrice; sarebbe altresì da scongiurare l'eventualità che l'assicurato possa venire tracciato nel suo stile di guida;
    al fine di garantire una maggiore concorrenza nel settore assicurativo è necessario evitare la canalizzazione dei veicoli incidentati verso la rete delle carrozzerie convenzionate, che potrebbe verificarsi attraverso il dispositivo della scatola nera, impedendo la nascita di un vero e proprio oligopolio di compagnie assicurative;
    dovrebbe essere sempre garantita la possibilità di ricorrere all'istituto della «cessione del credito» nel settore RC auto,

impegna il Governo:

   ad adottare specifiche iniziative normative affinché venga scoraggiata l'eventuale adozione da parte delle compagnie assicurative di comportamenti tendenti a limitare o a negare la libertà di scelta del cittadino automobilista oltre alla possibilità di ricorrere all'istituto della «cessione del credito» nel settore RCA;
   a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative finalizzate all'introduzione dell'obbligo del ripristino dell'efficienza del veicolo, qualora il danno determini tale necessità in termini di sicurezza e tutela dell'ambiente e salvaguardia del parco veicolare circolante;
   ad adottare misure più efficaci ed incisive per favorire la riduzione del costo dei premi relativi alla copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada a carico degli assicurati.
(7-00176) «Busin, Caparini».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    prendendo spunto dal comunicato stampa del 21 giugno 2013 a firma delle industrie del settore saccarifero congiuntamente ai sindacati dei lavoratori, con cui sia l'industria saccarifera nazionale e sia le organizzazioni sindacali chiedevano al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, precisi impegni da assumere in seno al Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea del 24 e 25 giugno 2013, in particolare di assumere decisioni che permettessero anche per i prossimi anni una produzione saccarifera nazionale adeguata grazie al mantenimento delle quote zucchero fino al 2020, è stata presentata l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-00434, che tra l'altro chiedeva al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed al Ministro per gli affari europei, di fare proprie le richieste poste dalle rappresentanze industriali e sindacali del settore bieticolo saccarifero e di difenderle in sede comunitaria, oltre che di assumere iniziative in favore del sistema bieticolo saccarifero nazionale ed in particolare per assicurare le capacità di approvvigionamento della raffineria di Brindisi e più in generale il mantenimento ed il potenziamento degli impianti delle regioni del Sud Italia;
    il 6 novembre 2013, il Governo, per il tramite del proprio rappresentante, il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, ha risposto all'atto di sindacato ispettivo di cui sopra facendo presente che «in relazione al comparto bieticolo-saccarifero, la Commissione europea ha annunciato, con la proposta di riforma della Politica agricola comune (PAC) dell'ottobre del 2011, la cessazione del regime delle quote settoriali a partire dal 30 settembre del 2015 e lo smantellamento di tutti gli strumenti gestionali correlati;
    in altre parole, l'intenzione della Commissione europea è portare il comparto alle regole di libero mercato e questo significa che, in futuro, le aziende agricole e le imprese di trasformazione dello zucchero dovranno operare seguendo le dinamiche globali della domanda e dell'offerta senza poter contare sui meccanismi di protezione, con l'unica eccezione degli interventi per fronteggiare le crisi contingenti e le situazioni di pericolo per la sicurezza dei rifornimenti e la tutela dei consumatori, come peraltro già previsto negli altri settori agricoli;
    le negoziazioni in favore del comparto bieticolo-saccarifero nazionale non sono state semplici e non era scontato il risultato ottenuto con l'accordo politico del 27 giugno 2013 tra Stati membri ed istituzioni comunitarie, in ordine allo slittamento del termine del 30 settembre 2015 al 30 settembre 2017 per la cessazione dell'attuale regime delle quote;
    ciò significa avere assicurato al comparto ancora quattro anni di regime protetto;
    l'azione del Governo italiano, nelle trattative precedenti l'accordo, è stata incentrata a difendere tutte le possibili iniziative rivolte ad assicurare l'adeguato approvvigionamento alle «raffinerie» attive in Europa, quindi non soltanto agli stabilimenti nazionali cui si riferiscono gli interroganti, ma anche a quelli degli altri Paesi comunitari, richiedendo altresì l'aggiornamento dei meccanismi di gestione del settore quali il dazio ridotto e il plafond dei contingenti;
    in particolare, la richiesta esplicitata dall'Italia, supportata da altri Stati membri, consisteva nel prolungamento del periodo di validità dei titoli di importazione per le raffinerie «a tempo pieno», attualmente fissata a tre mesi;
    nello specifico, si evidenzia che tali titoli sono rilasciati unicamente a raffinerie «a tempo pieno», a condizione che i quantitativi non superino quelli che possono essere importati nell'ambito del fabbisogno tradizionale di approvvigionamento;
    da tale risposta si evince, purtroppo, che quanto proposto dalla filiera agricola ed agroindustriale saccarifera nazionale non sembra essere stato soddisfatto, neppure come impegno politico da riprendere nelle fasi successive di esame della regolamentazione sulla PAC 2014-2019;
    va ricordato che la riforma dell'OCM e la ristrutturazione dell'industria europea dello zucchero hanno avuto un grande impatto per il settore bieticolo-saccarifero in Italia;
    con la riforma dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero del 2006, infatti, l'Unione europea dispose l'erogazione, per un quinquennio, di aiuti comunitari e nazionali a favore degli operatori del settore bieticolo-saccarifero, a fronte dell'impegno da parte dell'Italia di ridurre almeno del 50 per cento la quota di produzione nazionale di zucchero (articolo 36 del regolamento (CE) n. 318/2006). In tale ambito, l'Italia, nel rispettare gli impegni assunti, pervenne ad una riduzione del 67 per cento la propria quota di produzione, attraverso la chiusura di 15 stabilimenti sui 19 operanti sull'intero territorio nazionale;
    il nostro Paese ha rinunciato a 1.049.064 tonnellate di quota zucchero, passando da 1.557.443 tonnellate prima della riforma alle attuali 508.379 tonnellate di quota, usufruendo dei relativi aiuti alla ristrutturazione. Contestualmente gli zuccherifici sono passati da 19 a 4 con la chiusura di ben 15 stabilimenti; di conseguenza, le superfici a barbabietola sono scese da 250 mila a circa 50-60 mila ettari;
    la quota di produzione dell'Italia nell'Unione europea è passata dall'8,6 per cento al 3,8 per cento ed oggi l'Italia produce circa il 30 per cento del suo fabbisogno di zucchero;
    la riforma, ad ogni modo, ha contribuito ad accrescere la competitività della filiera grazie ad una razionalizzazione e una concentrazione dei mezzi di produzione, nonché ad investimenti sostanziali, che hanno elevato le prestazioni del settore agendo su fattori quali il prolungamento della campagna di trasformazione delle barbabietole, la diminuzione dei costi di trasporto delle barbabietole verso la fabbrica di trasformazione attraverso la riduzione della tara terra, la realizzazione di interventi tecnologici per potenziare l'efficienza energetica nei processi industriali di trasformazione;
    ritornando alla decisione iniziale dell'Unione europea di abolire le quote zucchero a decorrere già dal 2015, si sottolinea che tale scelta aveva trovato la netta opposizione anche dei bieticoltori e degli industriali europei secondo i quali la liberalizzazione del mercato espone il settore bieticolo-saccarifero europeo alla destabilizzazione a causa del divario di competitività con i produttori di canna da zucchero a livello mondiale. Per queste ragioni, la Cibe (Confederazione europea dei bieticoltori) e, in Italia, l'Anb (Associazione nazionale bieticoltori) avevano chiesto al Parlamento europeo e al Consiglio agricolo di mantenere l'attuale assetto dell'Ocm zucchero, con le quote zucchero almeno fino al 2020. Anche il documento degli Assessori regionali all'agricoltura si è posta sulle stesse posizioni;
    per il settore bieticolo saccarifero nazionale è necessario che le politiche comunitarie garantiscano l'equilibrio del mercato, limitando il più possibile l'impatto delle importazioni anche perché lo zucchero prodotto in Italia assicura qualità oltre il rispetto di tutte le norme in materia di tutela dei lavoratori e dell'ambiente, fattore indispensabile per garantire i cittadini che ricercano un consumo eticamente responsabile;
    in effetti, la quota zucchero assegnata ai bieticoltori attraverso i diritti di fornitura offre agli agricoltori una possibilità di diversificazione stabile della rotazione delle colture, con ciò favorendo anche il consolidamento di un noto apporto positivo della coltivazione della barbabietola alla tutela dell'ambiente essendo la bieticoltura da sempre un modello di sostenibilità ambientale. La barbabietola, infatti, grazie alla sua radice fittonante, migliora la struttura del suolo e riduce la compattazione e l'erosione del suolo concorrendo alla riduzione dell'uso di pesticidi, di concimi chimici e di altri prodotti tecnici di cui si auspica nel futuro una più sostanziale limitazione;
    stando alla attuale versione del testo consolidato del progetto di regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (regolamento OCM unica), come definito a seguito dell'accordo politico raggiunto da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il 24 settembre 2013, il regime delle quote di zucchero da barbabietola dovrebbe cessare il 30 settembre 2017 (articolo 101 comma 3 e articolo 165 comma 3);
    esistono ancora molte opportunità di migliorare la competitività della filiera barbabietole/zucchero del nostro paese e dell'Unione europea intera sui mercati internazionali dopo il 2020, in particolare continuando ad accrescere la resa delle barbabietole attraverso la selezione varietale, ma si potrà raggiungere quest'obiettivo soltanto fra una decina di anni e non certamente già dal 1o ottobre 2017 (il 30 settembre 2017 dovrebbe terminare il regime delle quote e da quella data si applicheranno le pratiche contrattuali libere), ma anche a condizione di intensificare gli sforzi di ricerca e di ottimizzare gli strumenti industriali con il concorso delle istituzioni regionali e governative;
    come ben evidenziato anche al Parlamento italiano nel corso di un convegno svolto l'8 ottobre presso il Senato della Repubblica dalla Cooperativa produttori bieticoli società cooperativa agricola, il comparto bieticolo saccarifero nazionale rappresenta una filiera virtuosa che storicamente aggrega la produzione agricola con la trasformazione industriale e che vuole andare oltre per coinvolgere a valle distribuzione e industria alimentare per sviluppare una logica di programmazione e solidarietà proiettate nel tempo che consentano a tutti gli attori di difendersi dalla volatilità dettata dalle speculazioni internazionali;
    bisogna ancora evidenziare che mentre ci si appresta ad avviarsi al nuovo regime dell'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, sul versante degli aiuti nazionali al settore bieticolo-saccarifero nel nostro Paese vi è ancora da concludere definitivamente il pagamento dell'importo di 86 milioni di euro posti a copertura degli aiuti previsti dall'articolo 36 del regolamento (CE) n. 318/2006 per la campagna di commercializzazione 2009-2010, essendo stata sbloccata dal CIPE, il 20 gennaio 2012, solo una quota di 35 milioni di euro;
    su tale questione giova ricordare che in seno alla programmazione del taglio delle quote di produzione di zucchero decise nel 2006, fu anche accordata l'erogazione per un periodo pari ad un quinquennio di aiuti comunitari e nazionali (articolo 36 del regolamento (CE) n. 318/2006) a favore degli operatori bieticolo-saccariferi attivi negli Stati ove fosse stata ceduta una quota produttiva superiore al 50 per cento. Il quinquennio di validità dell'aiuto decorre dall'anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50 per cento, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013-2014. Ai fini dell'erogazione degli aiuti nazionali, il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha istituito con l'articolo 2, comma 4, il fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione del settore bieticolo-saccarifero;
    lo stesso decreto-legge n. 2 del 2006 ha attribuito a tale fondo una dotazione finanziaria pari a 65,8 milioni di euro;
    ulteriori rifinanziamenti per il prosieguo dell'erogazione degli aiuti nei successivi anni del quinquennio indicato dai regolamenti comunitari sono stati disposti dall'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall'articolo 2, comma 122, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
    ai fini dell'effettiva erogazione di tali aiuti nazionali per le due campagne produttive del 2009 e del 2010, per una misura pari a circa 86 milioni di euro, su richiesta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il CIPE – stanziando una quota parte pari a 65 milioni di euro – ha adottato la delibera del 16 novembre 2010, da cui la predetta decisione del 20 gennaio 2012 di pagare la quota di 35 milioni di euro. Manca quindi l'ulteriore pagamento di 51 milioni di euro;
    da ultimo, nel disegno di legge di stabilità, attualmente in corso di esame presso il Senato della Repubblica (S. 1120), il Governo ha disposto il finanziamento della quarta annualità del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione del comparto bieticolo-saccarifero (articolo 9, comma 19). L'importo previsto ammonta a 5 milioni di euro, derivanti da riassegnazione per corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 12 della legge n. 910 del 1996, riguardante la meccanizzazione in agricoltura, ma pare siano destinati alla impegni alla riconversione degli stabilimenti;
    in ragione dei buoni esiti conseguiti, andrebbe mantenuta l'applicazione, in favore della barbabietola da zucchero, dell'articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009, recante norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, ai sensi del quale si è concesso un aiuto per i coltivatori di barbabietola da zucchero che utilizzano semente certificata e confettata. Tale aiuto, circa 14 milioni di euro a titolo di plafond a copertura della misura, ha costituito un sostegno non indifferente per il comparto saccarifero che, a seguito del processo di ristrutturazione del settore iniziato nel 2006, ha attraversato particolari momenti di difficoltà, caratterizzati dalla chiusura di un numero consistente di zuccherifici,

impegna il Governo:

   a porre il massimo impegno in sede europea per tutelare la produzione bieticola saccarifera nazionale ed in tale ambito ad attivarsi affinché si possa prevedere per il regime delle quote dello zucchero, uno slittamento, possibilmente fino al 2020, della durata del regime transitorio previsto dagli attuali articoli da 101 a 101p del progetto di regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (regolamento OCM unica), come definito a seguito dell'accordo politico raggiunto da Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il 24 settembre 2013,
   ad intraprendere le occorrenti iniziative affinché siano definitivamente erogati anche i 51 milioni di euro degli aiuti nazionali in favore degli operatori del settore bieticolo-saccarifero aventi diritto e relativi alle due campagne produttive del 2009 e del 2010, dal momento che con la delibera CIPE del 20 gennaio 2012 sono stati erogati solo 35 milioni a fronte dell'importo di 86 milioni di euro originariamente previsti per tali scopi;
   a fare in modo che il sostegno specifico agli agricoltori del settore bieticolo attualmente accordato ai sensi dell'articolo 68 del Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, sia mantenuto anche per gli anni di applicazione della nuova PAC 2014-2019, se del caso incrementandone l'importo;
   ad adottare specifici provvedimenti in grado di assicurare il mantenimento ed il potenziamento degli impianti delle regioni del Sud Italia, in particolare quello di Termoli.
(7-00174) «Oliverio, Mongiello, Venittelli, Ferrari, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   PICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il progetto ITH-Italia ha per scopo la realizzazione di una piattaforma digitale unica di sistema atta a supportare l’import-export e l'internazionalizzazione delle imprese attraverso la facilitazione dell'informazione e dei processi collegati a dette attività; è promosso dal Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione ed ha preso avvio dalla firma del protocollo d'intesa tra il Ministro dello sviluppo economico e l'ABI (Associazione bancaria italiana) nel febbraio 2011;
   successivamente, con l'atto di indirizzo firmato il 5 agosto 2011 dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore il progetto è stato formalmente riconosciuto di valenza strategica per la crescita dell'Italia nei triennio 2012-2014 (Tra le priorità per favorire la crescita dell'Italia, infatti, veniva esplicitata quella tendente a «favorire un migliore accesso delle imprese italiane ai mercati internazionali, per quanto riguarda l’export di beni e servizi e gli investimenti...» grazie a strategie di promozione dirette, tra l'altro, «a sviluppare, attraverso l’International Trade Hub-Italia, soluzioni di sistema che garantiscano agli operatori del commercio estero informazioni sui mercati, razionalizzazione degli adempimenti amministrativi, velocizzazione delle pratiche d’import/export.);
   autorevoli studi OCSE ed ONU – nonché l'esperienza di rilevanti Paesi esportatori nel mondo che stanno già realizzando analoghe piattaforme informatiche (Corea del Sud, Singapore, Hong Kong) – dimostrano come tali nuovi strumenti permettano la facilitazione di accesso ad informazioni e processi (Trade Facilitation) e contribuiscano anche all'instaurarsi di un ambiente favorevole ad attrarre gli investimenti nel Paese;
   sviluppato, dal punto di vista tecnico, in attuazione delle raccomandazioni dell'UN/CEFACT e delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale, l'ITH-Italia costituisce l'unico interlocutore di coloro che sono interessati a compiere un'operazione di import-export che possono, tramite un unico accesso, evadere tutti gli adempimenti richiesti e beneficiare degli ulteriori servizi a valore aggiunto;
   gli enti istituzionali coinvolti nel commercio internazionale, pur preservando il proprio ruolo e le specifiche competenze tecniche, trovano nell'ITH-Italia uno strumento per operare quali elementi di un unico sistema integrato e coordinato, scevro di duplicazioni ed impostato alla massima efficienza ed efficacia operativa;
   fornendo le informazioni in un'unica soluzione ed in via telematica, la piattaforma digitale ITH consente agli operatori di svolgere tutti gli adempimenti informativi ed amministrativi legati alle iniziative di commercio estero, ed è predisposta per connettersi al single window doganale, attualmente in fieri da parte dell'Agenzia delle dogane per l'effettuazione delle operazioni di sdoganamento;
   essendo il concetto di International Trade Hub un'estensione del concetto di Single Window, ITH integra, oltre alle fasi procedurali relative ai processi amministrativi, anche quelle di supporto al marketing internazionale (informazioni, ricerca controparti, contrattualistica, agevolazioni nazionali e sovranazionali, strumenti finanziari, e altro), alle fasi di gestione degli impegni economici e dei flussi finanziari delle operazioni attraverso i rapporti con istituti bancari, alle fasi di promozione dei prodotti Italiani all'estero; esso garantisce infine una gestione documentale sicura e centralizzata per tutte le operazioni eseguite (import-export, ma non solo), a garanzia degli enti pubblici e degli operatori economici, grazie ad uno specifico archivio elettronico (il Trade document repository). Concettualmente questa integrazione si esplica nel fatto che le imprese trovano in ITH un «sistema esperto in commercio estero» capace di ricercare tutte le informazioni in possesso di tutte le banche dati appartenenti al sistema pubblico ed interpretare la normativa vigente, sulla base di pochissime informazioni (prodotti, tipo di operazione con l'estero); fornire tali informazioni in una sequenza logica aderente alle fasi in cui si esplica l'attività con l'estero (fase marketing, business plan, amministrativa, finanziaria, logistica); consentire il collegamento diretto dalla sequenza delle informazioni alle procedure operative informatizzate messe a disposizione dagli enti coinvolti, ottenendo la «linearizzazione dei processi»; consentire il tracking (stato di avanzamento) delle proprie pratiche, tutto senza spostamenti dell'imprenditore dal proprio posto di lavoro informatizzato (un semplice PC);
   ad oggi i partner formalmente coinvolti sono 17. Oltre ai firmatari del protocollo d'intesa del febbraio 2011 (Ministero dello sviluppo economico e associazione bancaria italiana), hanno successivamente aderito e si stanno impegnando a collaborare ai fini dell'implementazione della piattaforma: Ministero affari esteri, Guardia di finanza, ICE-agenzia, SIMEST, SACE, regione Marche (in quanto responsabile dell'internazionalizzazione nel tavolo Stato-regioni), Confindustria, Confcommercio, Consorzio CBI-ABI, Confapi, Invitalia, Assocamerestero, Associazione italiana commercio estero, Retitalia internazionale, Credimpex-Italia. Non hanno ancora formalmente aderito, pur avendo da tempo manifestato l'intendimento di collaborare, l'Agenzia delle dogane ed Unioncamere. Quest'ultima tuttavia, in linea con quanto indicato dalla terza riunione della Cabina di regia sull'internazionalizzazione delle imprese italiane nel luglio 2013 – e cioè la necessità di «definire una matrice tra le fonti delle informazioni e i meccanismi di aggiornamento, con l'obiettivo di poter disporre delle stesse informazioni in contemporanea sui diversi canali di accesso» e a tal fine «rilanciare il gruppo di lavoro a supporto dei sistemi di internazionalizzazione per stabilire un processo condiviso di aggiornamento delle informazioni e per evitare duplicazioni e disallineamenti – negli ultimi mesi sta partecipando attivamente ai tavoli tecnici di lavoro per la piena integrazione telematica tra ITH-Italia e la piattaforma digitale del sistema camerale («Worldpass»);
   sul fronte internazionale, il progetto ITH Italia è stato presentato all'ONU di Ginevra dalla delegazione italiana nel febbraio 2012 in occasione della 18a Assemblea plenaria del centro delle Nazioni Unite per la facilitazione del commercio internazionale e il business elettronico (UNCEFACT), organismo intergovernativo della Commissione economica per l'Europa dell'ONU (UNECE), che elabora raccomandazioni e standard per la semplificazione, armonizzazione delle procedure di commercio internazionale, su cui si basa il progetto ITH Italia. A seguito dell'accoglienza molto favorevole, l'UNCEFACT ha deliberato di inserire il progetto ITH Italia al punto 5 nell’Addendum del Programme of Work 2013-2014. L'interesse internazionale per il progetto è stato anche molto recentemente ribadito in occasione del XXII Forum UNCEFACT (Cagliari, 14-18 ottobre 2013);
   è previsto un crono-programma di iniziative tecnico-istituzionali tra i partner coinvolti che ha l'obiettivo di completare l'implementazione del progetto e presentarlo ufficialmente al pubblico entro il termine del 2013;
   sono progrediti con successo gli incontri ufficiali tra i tecnici dei diversi enti (Ministero degli affari esteri, ICE Agenzia, Unioncamere, Assocamerestero) per l'integrazione funzionale dei diversi sistemi;
   dal punto di vista finanziario, a seguito del protocollo Ministero dello sviluppo economico-ABI e degli studi preliminari prodotti, il Ministro dello sviluppo economico a gennaio 2012 ha reso disponibile un primo apporto finanziario a valere sui fondi straordinari Made in Italy 2011-2012 (in corso di utilizzo per la realizzazione dei processi centrali e per l'integrazione dei processi degli enti partner e partecipanti); successivamente, il 6 dicembre 2012, con la firma di una seconda convenzione con la società esecutrice della piattaforma, Retitalia internazionale, il Ministero dello sviluppo economico/DGPIPS, ha stanziato una seconda tranche di apporto a valere sugli utili Simest 2011: infine, ai primi del 2013 è stato approvato un terzo stanziamento a valere sui fondi straordinari Made in Italy 2012-2013;
   con l'atto di indirizzo per il triennio 2014-2016 firmato dal Ministro Flavio Zanonato il 5 settembre 2013, tra le priorità politiche sono state confermate quella intesa a «favorire un migliore accesso delle imprese italiane ai mercati internazionali, migliorando le iniziative di promozione in mercati strategici. Rafforzare altresì il volume degli investimenti diretti esteri in Italia.» (priorità III) e quella intesa a «Promuovere servizi avanzati nel settore digitale per adeguare l'assetto dei servizi a quelle che sono le esigenze di un'economia matura, in cui rapidità ed efficienza si combinano, per realizzare una società meglio attrezzata che stia al passo con i dettami del mercato globale.» (Priorità IV). Ciò in linea con l'atto di indirizzo firmato il 5 agosto 2011 dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore (Passera) che aveva già formalmente riconosciuto il progetto ITH di valenza strategica per la crescita dell'Italia nel triennio 2012-2014. Tra le priorità per favorire la crescita dell'Italia, infatti, veniva già all'epoca esplicitata quella tendente a «favorire un migliore accesso delle imprese italiane ai mercati internazionali, per quanto riguarda l’export di beni e servizi e gli investimenti...» grazie a strategie di promozione dirette, tra l'altro, «a sviluppare, attraverso l’International Trade Hub-Italia, soluzioni di sistema che garantiscano agli operatori del commercio estero informazioni sui mercati, razionalizzazione degli adempimenti amministrativi, velocizzazione delle pratiche Import/Export;
   lo stesso Ministro interrogato, in linea con gli atti di indirizzo sopra citati ha inteso convalidare l'opportunità di questo impegno strategico pubblico ricordando in più occasioni che «... è venuto infine il tempo di dotare il nostro Paese di una finestra unica di accesso ai mercati internazionali, capace di semplificare e soprattutto di accelerare i tempi e ridurre i costi legati alle procedure per l'importazione e l'esportazione delle merci. Esistono ancora diversi vincoli non tariffari che rendono troppo complicate, lunghe e onerose molte procedure di sdoganamento» (discorso all'Assemblea Pubblica di Confindustria del 23 maggio 2013). Concetto ribadito all'ICE Agenzia in occasione della presentazione del rapporto annuale sul commercio estero lo scorso 17 luglio 2013 –:
   se sia vero che il Vice Ministro Calenda competente per delega abbia prima deciso il rinvio dell'evento di presentazione inizialmente previsto e preparato dagli uffici competenti per il giugno 2013 e perché non si proceda a fissare la nuova data che, secondo la convenzione firmata dal Ministro dello sviluppo economico, dovrebbe comunque intervenire entro la fine del 2013;
   se un'indagine preventiva di mercato, voluta dallo stesso Calenda nel luglio-agosto di quest'anno, realizzata tramite i principali enti attivi nel comparto del commercio estero (ICE, Unioncamere, Confindustria, ABI-CBI, Confcommercio, ANCE, Credimpex) abbia dato esiti positivi circa il potenziale interesse delle aziende ai servizi offerti dalla piattaforma ITH;
   se sia stato affidato un incarico di valutazione e revisione delle attività in corso relative al progetto ITH-Italia, a chi, in base a quale titolo e dietro quale compenso;
   se la valutazione delle attività del progetto si sia limitata ai soli aspetti tecnici di gestione di progetti informatici o abbia riguardato anche aspetti di utilità del servizio per l'utenza delle imprese e la sua eventuale sostenibilità economica;
   se il progetto possa ritenersi economicamente sostenibile qualora aperto alle aziende come utenti finali (dietro corrispettivo di euro 120 annui) o se invece si ritenga la piattaforma ITH-Italia «cedibile» dalla parte pubblica ad operatori privati (o semiprivati come il sistema camerale) perché questi ultimi potrebbero più efficacemente gestirne i servizi nei confronti degli utenti finali;
   se un'eventuale «cessione» non debba avvenire nel rispetto di procedure pubbliche di gara come richiesto dalla legislazione italiana ed europea per l'alienazione di beni pubblici. (3-00465)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'INCÀ, GRILLO, LOMBARDI, SILVIA GIORDANO, TERZONI, DA VILLA, D'AMBROSIO, COZZOLINO, LOREFICE, NICOLA BIANCHI, BUSINAROLO, CECCONI, DE LORENZIS, MUCCI, TOFALO, BECHIS e BRUGNEROTTO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   relativamente ai numerosi e importanti istituti ed enti pubblici italiani, è stabilito che per le nomine dei relativi presidenti e vicepresidenti, i proponenti, e quindi il Presidente del Consiglio dei ministri, il Consiglio dei ministri ed i singoli Ministri, devono richiedere il parere parlamentare così come previsto dalla legge 24 gennaio 1978, n. 14, recante «Norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici»;
   frequentemente non vi è nessuna correlazione fra la carriera professionale, seppur spesso importante, dei nominati e l'incarico che dovrebbero ricoprire;
   alcuni di questi enti non hanno una fondamentale utilità sociale, mentre altri rivestono funzioni di particolare importanza;
   è pressoché impossibile informarsi sul numero di tali enti di cui alla legge n. 24 del 1978 –:
   se esista un elenco consultabile e aggiornato presso la Presidenza del Consiglio di tutti gli enti di nomina governativa per i quali è previsto il parere parlamentare, stante la legge n. 24 del 1978, con le relative scadenze dei mandati delle presidenze e vicepresidenze;
   come avvengano le selezioni dei candidati e se chiunque possa concorrere inviando il proprio curriculum vitae, e, in caso affermativo, come;
   se sia prevista una qualche forma di pubblicità della scadenza dei mandati delle cariche suddette;
   quali siano i criteri di stima per le indennità di carica previste per i presidenti e vicepresidenti di tali enti ed istituti. (5-01517)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANNI FARINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il noto regista e sceneggiatore Giuseppe Ferrara, autore di moltissimi film di impegno civile, sociale e politico, da: Il sasso in bocca, a Cento Giorni a Palermo, I banchieri di Dio, a Guido che sfidò le Brigate rosse, solo per citarne qualcuno, all'età di 81 anni versa in una situazione di difficoltà economica che la sua modesta pensione non gli consente di risolvere, costringendolo di conseguenza, a non poter più pagare l'affitto della modesta casa in cui abita con la moglie e pertanto, a causa della morosità, il 12 dicembre 2013 dovrà uscire di casa per sfratto;
   nel maggio scorso Giuseppe Ferrara ha fatto domanda alla Presidenza del Consiglio dei ministri onde poter usufruire dei benefici della legge 440 dell'8 agosto 1985, meglio nota come legge «Bacchelli», finalizzata a consentire di vivere dignitosamente gli ultimi anni di vita a chi ha dato lustro alla nostra nazione, come proprio nel caso dello stesso Ferrara;
   molti attori, registi, produttori, critici cinematografici, giornalisti, uomini di cultura e gente comune, hanno firmato una petizione a favore di G. Ferrara, tra cui, Carlo Lizzani, che ormai non è più tra noi, Ettore Scola e Dacia Maraini;
   la prefettura ha espletato, su mandato della Presidenza del Consiglio, un'istruttoria sulla questione, che ha dato esito favorevole;
   tutta la documentazione è stata trasferita alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, viste le precarie condizioni di salute e di disagio economico di Giuseppe Ferrara, sarebbe opportuno accelerare una decisione, per concedergli finalmente i benefici della legge Bacchelli –:
   se e quando al regista Giuseppe Ferrara saranno concessi i benefici della legge Bacchelli. (4-02583)


   GIULIETTI e MARCHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'eccezionale ondata di maltempo che ha colpito nei giorni 10/11/12 novembre 2013 le province di Perugia (con particolare riferimento a Gubbio, Gualdo, comuni Fascia Appenninica) e Pesaro-Urbino;
   numerosi danni sono stati provocati alla viabilità (a cominciare dalla chiusura causa smottamenti della strada statale 452 «della Contessa» che collega la provincia di Perugia con quella di Pesaro e rappresenta per l'Umbria Nord la viabilità di accesso alla Costa Adriatica), alle infrastrutture, ai beni pubblici e privati e alle attività produttive;
    la suddetta strada statale n. 452 «della Contessa» è attualmente ancora chiusa totalmente al traffico e si prevedono tempi non certo brevi per la sua riapertura, con i conseguenti disagi di mobilità per aziende e cittadini;
   la situazione del nostro territorio è ad elevato rischio di frane e smottamenti che potrebbero avere l'apice nelle prossime settimane;
   le difficoltà delle amministrazioni locali a far fronte all'emergenza maltempo con risorse e dotazioni umane e strumentali adeguate hanno portato le stesse a fare richiesta dello stato di calamità –:
   se il Governo sia disponibile ad intervenire con mezzi e risorse adeguate per affrontare l'emergenza e per la prevenzione del rischio idrogeologico del territorio che in parte si è già manifestato in tutta la sua gravità, attivando un tavolo di coordinamento con regioni, province e comuni;
   se vi sia la disponibilità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al passaggio della strada statale 452 «della Contessa» ad arteria di competenza dell'ANAS sgravando le amministrazioni locali che ad oggi ne hanno la gestione;
   se intenda garantire che si riconosciuto lo stato di calamità dei nostri territori e se intenda assicurare che vengano messe le risorse economiche necessarie per il finanziamento delle attività di protezione civile. (4-02586)


   BERGAMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   dopo ben quattro anni parte il processo relativo al disastro ferroviario più grave che sia mai avvenuto nel nostro Paese: il 29 giugno del 2009 un convoglio merci carico di GPL ha deragliato in prossimità della stazione della città di Viareggio, in pieno centro città, causando distruzione e la morte di 32 persone, tra le quali alcuni bambini;
   in occasione dell'udienza di apertura del processo tenutasi il 13 novembre 2013 l'avvocato dello Stato che rappresenta la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'interno ha annunciato che lo Stato non si costituirà parte civile;
   l'avvocato dello Stato ha motivato tale decisione con il fatto che è in fase di definizione una transazione tra lo Stato e le assicurazioni di FS e Gatx (la società proprietaria del convoglio che deragliò);
   i cittadini e le istituzioni della città si attendono che il Governo, al contrario, si costituisca parte civile dimostrando così la propria vicinanza alle vittime –:
   se non ritenga opportuna la costituzione di parte civile da parte dello Stato nel processo in corso per la strage di Viareggio al fine di garantire ai familiari delle vittime un sostegno non solo materiale, ma anche morale, manifestando altresì ad essi in modo concreto il dovuto sostegno dello Stato e dando loro quella giustizia e verità che, con dignità e rispetto nonostante il tremendo lutto subito, chiedono. (4-02592)


   RAMPI, PESCO, GRIMOLDI, DANIELE FARINA, MANFREDI, RACITI, TRIPIEDI e CURRÒ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   notizie insistenti danno come fondata l'ipotesi di cessione della di partecipazione in STMicroelectronics Holding N.V. in capo al Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se si intendono fornire urgenti informazioni in merito volte a rassicurare rispetto a questo strategico presidio che non deve essere dismesso ma va valorizzato come elemento strategico di politiche industriale, in particolare nel campo dell'innovazione tecnologica e se si intenda valutare attentamente il contenuto delle quote riferite ad altre cessioni che non vanno dismesse se possono risultare strategiche per lo sviluppo dello sistema Paese.
(4-02597)


   BELLANOVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 19 novembre 2013 un violento nubifragio si è abbattuto sul Salento provocando ingenti danni e forti disagi che, ancora oggi, continuano a persistere. Ad essere maggiormente colpiti, da quanto emerge sulla stampa, oltre il capoluogo leccese anche diversi comuni salentini tra i quali Monteroni di Lecce, Porto Cesareo, Copertino, Leverano, Nardo, Squinzano, Galatone, Ugento e soprattutto la città di Gallipoli;
   una fortissima tromba d'aria proveniente dal mare si è scagliata sulla «città bella» ed ha investito dapprima il lungomare trasportando con se oggetti come «fumaioli, insegne, lampioni, arredi di abitazione, pezzi di caldaie ed altri oggetti che turbinavano in aria e si avvicinavano pericolosamente al suolo» scaraventati poi su auto e abitazioni. La stessa si è poi spostata verso le strade centrali della città ed ha provocato oltre ai numerosissimi danni alle cose, anche due feriti;
   la furia del vento misto a grandine ha investito inizialmente darsene, porticcioli turistici e cantieri navali, sradicando i gazebo presenti nelle strutture e facendo rovesciare e colare a picco diverse imbarcazioni. A crollare anche il muro di recinzione della ferrovia. Il centralissimo corso Roma è stato investito di calcinacci, detriti, plance divelte e alberi spezzati. Ad essere colpiti dalla tromba d'aria anche due istituti scolastici di piazza Carducci che hanno riportato numerosi danni e sempre nella stessa piazza il maltempo ha distrutto uno dei colonnati artistici della fontana centrale;
   lo scenario che sin da subito si è presentato agli occhi dei vigili del fuoco, dei rappresentanti dell'amministrazione comunale di Gallipoli e della protezione civile pare essere apocalittico, come, peraltro dimostrano anche alcuni scatti pubblicati on line –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere, attraverso gli uffici competenti, per il riconoscimento, in considerazione degli eventi esposti in premessa, dello stato di calamità naturale in favore del comune di Gallipoli e di eventuali altre zone salentine colpite duramente dal maltempo. (4-02603)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRANDE. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Iran, a seguito delle controversie relative al programma nucleare, è da tempo sottoposto a pesantissime sanzioni, pur rappresentando uno dei principali produttori mondiali di petrolio e gas;
   si tratta di sanzioni che, allo stato dell'arte, incidono assai pesantemente sulla stabilità economica di un Paese che – come noto – si regge per l'80 per cento sulle esportazioni di idrocarburi e che per puro paradosso puniscono pure quei partner commerciali (anche di vecchia data, proprio come l'Italia) che dipendono, in parte più o meno significativa, dagli approvvigionamenti energetici. In particolare, in base agli ultimi dati ISTAT disponibili, nei primi sette mesi del 2012, le importazioni dell'Iran dall'Italia hanno registrato una diminuzione del 19,83 per cento rispetto l'analogo periodo del 2011, per un valore di 835,42 milioni di euro. Le esportazioni iraniane hanno anche esse mostrato una diminuzione del 30 per cento, per un valore di 2,19 miliardi di euro: dati allarmanti per la zoppicante economia italiana che aveva pur tuttavia registrato, di converso, il triplicarsi dell'interscambio da 2 a 7 miliardi di euro nel periodo 1999-2011, cioè negli anni che hanno preceduto il divieto dell'Unione europea che ha di fatto determinato il blocco di tutti i trasferimenti tra banche europee e società iraniane e il congelamento degli asset di 34 aziende legate alla Repubblica islamica; va considerato che la dimensione del mercato iraniano e la configurazione del tessuto industriale presentano un elevato potenziale di crescita in grado di assorbire settori importanti dell'offerta italiana, soprattutto in presenza di una popolazione giovanile di età inferiore a 18 anni pari al 50 per cento del totale (fonte Italian Embassy in Teheran); va tenuto conto dello stato asfittico in cui versa l'economia italiana –:
   alla luce degli eventi di questi giorni (colloqui 5+1 a Ginevra) e dovendo partire dall'assunto che si possano raggiungere dei risultati politicamente soddisfacenti, quali siano le linee strategiche che il nostro Paese intende porre in essere al fine del recupero, in tempi auspicabilmente brevi, delle quote commerciali italiane con l'Iran; in particolare, volendo partire dalla necessità di dover allentare la morsa – oggettivamente troppo stretta – delle sanzioni, se sia possibile predisporre autonome ed incisive azioni, sia pure in un quadro prudenziale che il Ministro ha recentemente indicato nei confronti delle aperture della nuova dirigenza politica iraniana, di sostegno alle nostre aziende che necessitano in ogni caso di un concreto stimulus politico da parte del nostro Governo, considerato che, diversamente, con l'indebolimento della proposta italiana in un mercato per il quale è da prevedersi una grande espansione e verso cui l'Italia è sempre stata un valido ed apprezzato interlocutore, presto il nostro Paese si ritroverà a parlare di un'ulteriore, grande «occasione persa», vedendosi costretto a registrare l'ennesimo penoso regresso. (5-01528)

Interrogazione a risposta scritta:


   PORTA, LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI e GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha stipulato una serie di convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione e l'elusione fiscale;
   le convenzioni per evitare le doppie imposizioni sono trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l'esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti;
   nell'area dell'America latina l'Italia ha stipulato convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali solo con l'Argentina, il Brasile, l'Ecuador e il Venezuela ma non lo ha ancora fatto con il Cile, il Perù, l'Uruguay, la Colombia, il Costarica, la Bolivia e la Repubblica Dominicana, Paesi questi ultimi dove risiedono decine di migliaia di italiani e da dove sono giunti in Italia migliaia di immigrati;
   l'assenza di convenzioni bilaterali con i Paesi succitati non solo crea problemi di potestà impositiva e di doppia tassazione per le numerose collettività di emigrati, lavoratori e pensionati, che si spostano dall'America latina in Italia e viceversa, ma può compromettere e limitare anche l'avvio di attività economiche e finanziarie di imprese italiane e latino americane che rischiano un'applicazione incerta o penalizzante di norme che se invece fossero regolate da una convenzione eliminerebbero le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti e contrasterebbero l'elusione e l'evasione fiscale;
   anche se è vero che il pericolo della doppia imposizione viene mitigato dalla normativa interna di alcuni Paesi — l'Italia, ad esempio, esclude da tassazione gli interessi attivi prodotti dai non residenti sui depositi bancari o postali, e per i redditi prodotti all'estero il Tuir concede un credito a fronte delle imposte pagate all'estero — non è tuttavia scontato che simili disposizioni siano presenti nella normativa interna di altri Paesi o che comunque, in mancanza di accordo bilaterale, la normativa interna sia sufficiente per escludere la doppia tassazione o impedire elusione ed evasione –:
   quali siano i motivi per cui non sono state ancora stipulate convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali con Paesi dell'America latina con i quali l'Italia ha stabilito e avviato rapporti politici, economici, finanziari e migratori come l'Uruguay, il Cile, il Perù, la Colombia, il Costarica, la Bolivia e la Repubblica Dominicana, e come mai nei casi di negoziati già avviati da tempo, come quello con l'Uruguay, non si riesca a stipulare la convenzione;
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per venire incontro alle pressanti richieste delle collettività italiane residenti nei Paesi dell'America latina ancora non convenzionati e di quelle latino americane residenti in Italia, e delle migliaia di imprese italiane interessate a svolgere un'attività economica in America latina, che beneficerebbero, senza costi per l'erario italiano, dalla stipula delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali. (4-02600)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del 7 agosto 2013, recante misure per l'applicazione della formula del calcolo dell'efficienza energetica degli impianti di incenerimento in relazione alle condizioni climatiche, influisce sulle modalità e sui limiti potenziali di incenerimento dei rifiuti;
   tale norma tecnica può avere come effetto la possibilità di rendere ammissibili incrementi dello smaltimento dei rifiuti presso determinati impianti di incenerimento ponendo problemi di coordinamento tra tale disposizione e quanto previsto dai piani provinciali dei rifiuti;
   ad esempio nel territorio della provincia di Rimini il piano provinciale dei rifiuti prevede, con specifico riferimento all'impianto di Coriano, che «presso l'inceneritore verranno trattati solo rifiuti provenienti dall'ambito provinciale» e che altresì, l'autorizzazione integrata ambientale vigente (Provvedimento n. 13 del 28 gennaio 2009) afferma, altrettanto chiaramente, che «l'inceneritore potrà trattare rifiuti provenienti esclusivamente dall'ambito territoriale della provincia di Rimini»;
   peraltro il piano provinciale di Rimini per la gestione dei rifiuti urbani e speciali ha consentito di fare della provincia di Rimini un territorio virtuoso, con il 60 per cento dei rifiuti differenziati e recuperati e di conseguenza con una necessità di incenerimento inferiore rispetto a quanto previsto in origine;
   essendo astrattamente possibile che la nuova formula renda ammissibile l'incenerimento di quantità maggiori di rifiuti potrebbe accadere (come del resto già accaduto con riferimento al citato impianto di Coriano) che le società di gestione (nel caso di specie la Herambiente SpA, società del gruppo HERA che gestisce tutti gli impianti di smaltimento in provincia di Rimini ivi compresi gli inceneritori) domandino l'estensione dei quantitativi di rifiuti da incenerire fino al quantitativo massimo autorizzato previsto nelle autorizzazioni integrate ambientali chiedendo anche una riqualificazione dei loro impianti come impianti di termovalorizzazione per operazioni di recupero R1;
   dal punto di vista interpretativo l'interrogante ritiene che non sia comunque possibile che una normativa tecnica possa automaticamente superare i limiti previsti dalle autorizzazioni ambientali e dal piano provinciale dei rifiuti e che le amministrazioni competenti mantengano piena discrezionalità nella decisione –:
   se nell'ambito dell'istruttoria del decreto ministeriale 7 agosto 2013 si sia preso in considerazione il possibile effetto di favorire l'aumento dei quantitativi di rifiuti che potranno essere astrattamente inviati all'incenerimento;
   se il Ministro interrogato possa confermare l'interpretazione dei rapporti tra le diverse disposizioni amministrative e tecniche proposta in premessa. (5-01508)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   l'interpellante lo scorso 27 settembre ha già presentato, insieme ad altri colleghi, una interpellanza, la n. 2-00232, vertente sulla stessa tematica della presente, alla quale non è ancora stata data risposta;
   in tale atto di sindacato ispettivo, si ripercorreva l'incresciosa storia delle vicende del Forum delle culture che si sarebbe dovuto svolgere nell'anno 2013 a Napoli;
   nella serata di lunedì 18 novembre si è tenuta la cerimonia inaugurale del Forum presso il teatro San Carlo. Il costo di tale evento, rispetto alle previsioni di spesa originali di centinaia di migliaia di euro da più parti denunciate, è stato fortemente ridimensionato, coinvolgendo tra l'altro le realtà culturali d'eccellenza del territorio campano (per l'evento inaugurale sono stati stanziati circa 40.000 euro destinati al Teatro San Carlo, a fronte delle centinaia di migliaia di euro per gli artisti africani precedentemente previsti);
   tuttavia, è il caso di porre l'accento su alcune criticità che potrebbero interessare l'organizzazione del Forum nei prossimi mesi;
   occorre innanzitutto ribadire e sottolineare come gli enti territoriali interessati (in particolare il comune di Napoli e la regione Campania) non siano stati in grado – pur avendo a disposizione ben 6 anni e ponendo in essere quello che gli interpellanti giudicano un vergognoso mix di incapacità e pessima amministrazione – di organizzare nei tempi previsti (ovvero entro l'anno 2013) un evento di tale rilevanza internazionale esponendo la città di Napoli, e l'Italia più in generale, ad una gigantesca figuraccia sul piano internazionale: si tratta di un miserevole fallimento che dovrebbe condurre alle dimissioni amministratori assennati;
   l'interpellante, inoltre, rileva come l'organizzazione del Forum delle Culture sia ormai ad esclusiva gestione politica, in quanto il direttore artistico non è mai più stato nominato e il comitato scientifico che doveva valutare i progetti dei vari bandi, è stato sostituito da un tavolo inter-assessorile (ovvero composto dagli assessori comunali);
   pertanto, si manifesta seria preoccupazione per i prossimi passi dell'organizzazione del Forum, i quali proprio per l'alta influenza politica potrebbero essere suscettibili di scelte non inerenti al merito, ma piuttosto la vicinanza politica a questa o a quella forza politica. Si ricorda, infatti, che i due principali creditori del Forum delle Culture sono enti vicini al sindaco De Magistris e all’ex assessore Oddati. Entrambi vantano 350.000 euro l'uno dal Forum per attività svolte prima dell'inaugurazione. Il primo è Rotte Clandestine appartenente al socio del fratello del sindaco Luigi De Magistris (Claudio, il quale per un certo periodo è stato anche in odore di nomina per la direzione artistica del Forum). Il secondo è la fondazione Cives che gestisce il MAV (Museo archeologico virtuale di Ercolano) di cui l'assessore alla cultura del comune di Napoli, Nino Daniele, è presidente (con un palese e gigantesco conflitto d'interessi) e di cui Oddati, oltre ad essere consulente, ha tra l'altro ricoperto l'incarico di Presidente del Forum fino all'elezione di De Magistris;
   nella giornata di lunedì 18 novembre 2013, in concomitanza con la cerimonia inaugurale del Forum, il commissario Puca (unico referente della fondazione Forum delle Culture) ha presentato al sopra indicato tavolo inter-assessorile le cosiddette «schede tecniche», che il tavolo dovrà approvare. Le schede tecniche rappresentano in sostanza le linee guida per la costituzione dei bandi per i progetti e segnano il solco entro il quale far muovere i finanziamenti del forum nel prossimo anno. Se tali schede fossero ispirate a criteri di merito, trasparenza e oggettività, potrebbero rappresentare un'opportunità per tutti gli enti culturali meritevoli del territorio;
   a parere dell'interpellante, si può supporre che il rinvio sine die della valutazione di queste schede tecniche e dell'approvazione delle linee guida possa determinare logiche emergenziali nel periodo natalizio, quando ipoteticamente la giunta comunale, preso atto del ritardo nell'approvazione delle schede tecniche, potrebbe procedere d'urgenza ad assegnare i fondi per progetti ad associazioni individuate in maniera a quel punto totalmente discrezionale. Occorre ricordare come la discrezionalità in questi anni ha dato sempre luogo a metodi di selezione clientelari e personalistici;
   infine, è necessario sottolineare il fatto che, anche nel caso in cui invece si dovessero approvare le linee guida, bisognerebbe ispirarle a criteri di trasparenza e partecipazione. Risulta, infatti, piuttosto inquietante che quello che doveva essere un Forum con a capo un direttore artistico e un comitato scientifico (composto da artisti) per condurre l'iniziativa e valutare i progetti (in maniera terza), ora è praticamente in mano alla politica, con un tavolo inter-assessorile composto esclusivamente da cariche politiche e un commissario che deve rispondere ad esso. Per tali ragioni sarebbe auspicabile in ogni caso l'approvazione di linee guida stringenti, che mirino a valutare gli stanziamenti di fondi attraverso determinati parametri oggettivi, così da evitare la solita valutazione discrezionale che nei progetti culturali ormai è diventata prassi, laddove le schede tecniche prevedono maglie troppo larghe o addirittura bandi cuciti su misura per vincitori decisi preventivamente;
   anche la notizia apparsa in queste ore sulla stampa locale, secondo la quale il sindaco De Magistris avrebbe indetto per il 6 e 7 dicembre una «assemblea pubblica aperta a tutti i cittadini che raccoglierà idee e anche indicazioni sulla scrittura dei bandi» cui far decidere il 75 per cento dei progetti, rientra pienamente nella logica dilatoria appena illustrata: a due settimane dalle festività natalizie si convoca una assemblea pubblica nel corso della quale raccogliere idee su come scrivere i bandi relativi a iniziative che dovrebbero partire sin dai primi giorni del gennaio 2014. È del tutto evidente come non si stia facendo altro che creare le premesse per le logiche emergenziali cui si è fatto in precedenza riferimento –:
   quali ulteriori elementi il Governo sia in grado di fornire all'interpellante sulla clamorosa e scandalosa vicenda e quale sia l'opinione del Ministro in merito;
   se il Governo non ritenga opportuno, doveroso e urgente attivare tutti i poteri in suo possesso cercare di porre in qualche modo rimedio alla colossale «figuraccia» internazionale cui l'Italia sembrerebbe andare incontro;
   se il Ministro degli affari esteri non ritenga di dover intervenire per cercare di evitare che le vicende illustrate creino ulteriore nocumento alla credibilità internazionale del nostro Paese.
(2-00313) «Luigi Di Maio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Barletta è sita la zona archeologica di Canne della Battaglia comprensiva dell'area collinare nota come «Monte di Canne» e delle aree dei cosiddetti «Sepolcreti Annibalici» in contrada Fontanella e Pezza La Forbice;
   la sopracitata area collinare, corrispondente in catasto alla part. 2354 del Fg. 43 è stata acquisita dal comune di Barletta con delibera comunale del 26 giugno 1937, in rapporto col grande interesse suscitato nella comunità cittadina dagli esiti degli scavi condotti dall'allora direttore del museo di Bari, professor Michele Gervasio, negli anni 1936-1938;
   nel corso dei suddetti scavi si misero in evidenza strutture murarie pertinenti all'impianto urbanistico della cittadella romano-medievale, nonché edifici e sepolcreti dell'abitato dauno e delle fasi di occupazione medievale;
   nel 1952 con fondi della Cassa per il Mezzogiorno si avviò, la costruzione dell'Antiquarium sito ai piedi della collina e che lo stesso fu inaugurato nel 1958 a cura della soprintendenza delle antichità della Puglia e del Materano;
   a seguito dell'ampliamento delle aree di scavo ed in rapporto con la progettazione del parco archeologico di Canne vennero acquisite dal comune di Barletta nel 1959 le particelle 285-286-287-288-289-290-291-293-274-272 del Fg. 43, mentre entrarono a far parte del demanio pubblico del demanio dello Stato le particelle 506-615 e 732 del Fg. 43;
   la gestione dei servizi del parco archeologico si è avvalsa dal 1958 di personale e mezzi della soprintendenza delle antichità della Puglia e del Materano e dell'attuale ufficio periferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, soprintendenza archeologica della Puglia;
   la necessità evidenziatasi nel tempo di acquisire ulteriori spazi coperti ha portato nel 1974 alla chiusura dell'Antiquarium, per lavori di consolidamento e adeguamento alle norme di sicurezza;
   l'amministrazione comunale ha successivamente acquisito l'area archeologica di Canne Antenisi, provvedendo alla recinzione della stessa e ad opere di manutenzione e che le relative particelle 15-801-802 del Fg. 44, appaiono distinte dal parco archeologico di Canne, pur rientrando nello stesso progetto di valorizzazione;
   gli interessi congiunti per la valorizzazione della zona archeologica di Canne hanno indirizzato risorse e iniziative della soprintendenza archeologica della Puglia e dell'amministrazione comunale di Barletta nell'attivazione di fondi per il miglioramento della struttura e valorizzazione delle caratteristiche culturali e turistiche del parco;
   la «gestione mista» del parco da parte del comune di Barletta e della sopraintendenza archeologica della Puglia ha impedito, almeno sino al 1999, la riscossione del biglietto d'ingresso nonché l'individuazione degli spazi per la creazione di servizi aggiuntivi e la gestione degli stessi;
   la riapertura dell'Antiquarium è stata consentita dall'accessibilità a finanziamenti straordinari delle leggi n. 449 del 1997 e n. 143 del 1992;
   il 27 febbraio 1999 viene siglato un protocollo d'intesa tra il comune di Barletta e il Ministero per i beni e le attività culturali per la gestione del parco archeologico ambientale di Canne della Battaglia;
   nell'anno 2009, la legge regionale n. 44, provvede all'allargamento della perimetrazione del parco dell'Ofanto (istituito precedentemente con legge regionale n. 37 del 2007);
   nell'anno 2001 la gestione del parco archeologico e dell'Antiquarium viene affidata mediante gara d'appalto a NOVAMUSA PUGLIA società consortile a responsabilità limitata, appalto scaduto nel primo semestre 2010;
   a ottobre 2006, il comune di Barletta si aggiudica un finanziamento, pari a 750 mila euro, previsto nel Por Puglia 2000-2006. Il bando prevede che il comune affidi i lavori entro il 31 dicembre 2010;
   il 3 febbraio 2011 il comune di Barletta affida i «Lavori di riqualificazione dei sistemi di fruizione del Parco archeologico di Canne della Battaglia: completamento, sistemazione e valorizzazione dell'Antiquarium», per un importo di 376.205,42 euro all'impresa edile Dicorato Giuseppe; il contratto è perfezionato il 7 giugno 2011;
   per superamento dei termini di affidamento appalto dei lavori, da parte del comune di Barletta, il finanziamento previsto nel Por Puglia 2000-2006, viene revocato;
   nel novembre 2011, il comune di Barletta rescinde il contratto con l'impresa edile Dicorato Giuseppe a cui aveva appaltato i «Lavori di riqualificazione dei sistemi di fruizione del Parco archeologico di Canne della Battaglia: completamento, sistemazione e valorizzazione dell'Antiquarium» e, come previsto in un articolo del contratto fra il comune e la ditta, il primo paga a quest'ultima una sorta di penale pari a 25.768 euro;
   il 28 novembre 2011, la regione Puglia approva la legge regionale n. 31 per la «Valorizzazione e divulgazione dei luoghi e della storia relativi alla Battaglia di Canne», entrata in vigore con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 188 del 2 dicembre;
   al momento si evidenzia una cattiva o pressoché assente manutenzione, scarsa valorizzazione del sito, mancanza di finanziamenti che garantiscano quanto meno la tutela di ciò che finora è venuto alla luce;
   è evidente l'importanza storico-archeologica e turistica del Parco Archeologico di Canne e vi è la possibilità della creazione di un itinerario storico-archeologico nel territorio di Barletta;
   appare necessario rivedere il protocollo d'intesa stipulato fra comune di Barletta e soprintendenza archeologica della Puglia in data 27 febbraio 1999 per definire correttamente le norme in termini di collaborazione tra pubblico e privato per l'uso del parco archeologico di Canne, nonché per garantire la gestione e la valorizzazione del parco archeologico ambientale ed aree limitrofe a diretta cura comunale;
   è inoltre necessario adeguare la struttura agli standard internazionali per la fruizione dei beni di interesse archeologico, con la creazione di servizi per la produzione e la vendita di cataloghi e materiali informativi nonché di servizi di caffetteria e ristorazione;
   occorre promuovere in tempi brevi i sopraccitati servizi aggiuntivi, rispondendo alle attese del pubblico e garantendo operazioni di immagine in un'area sprovvista di punti di ristoro;
   sono infine evidenti le necessità di conservazione, manutenzione periodica e catalogazione ad uso scientifico e divulgativo del materiale archeologico di scavo proveniente dal sottosuolo di Canne della Battaglia –:
   se si intenda sottrarre, per quanto di competenza, il parco archeologico di Canne della Battaglia e l'annesso Antiquarium all'attuale stato di degrado ed incuria e quali interventi si intendano mettere in campo. (4-02595)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 novembre 2013 andava in onda su RAI3 il servizio denominato «tangenti e parenti» all'interno del programma Report;
   in particolare si faceva riferimento al responsabile amministrativo del «polo museale romano» coinvolto in una storia di tangenti per l'affidamento di lavori da una delle ditte interessate;
   gli stessi titolari della predetta ditta, nello stesso servizio, riferivano dell'esistenza di una «parentopoli» all'interno della Soprintendenza, confermata dalle affermazioni riportate della giornalista di Report di una dirigente della stessa Soprintendenza, circa l'esistenza di «contratti da 15.000 euro a favore di parenti di due direttori»;
   la ditta che ha denunciato pare non aver più ricevuto affidamento di lavori –:
   quali siano stati gli approfondimenti e quindi gli esiti relativi alla situazione evidenziata dalla trasmissione Report nel servizio denominato «tangenti e parenti» andato in onda su RAI3 il 18 novembre 2013. (4-02601)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARTINI, BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI, FRUSONE, TOFALO e RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 novembre la società Alenia-Aermacchi del gruppo Finmeccanica ha annunciato la firma di un contratto con l'Aeronautica Militare italiana per lo sviluppo del velivolo armato MC-27J Praetorian il cui primo esemplare dovrebbe essere consegnato alla forza armata il 31 marzo 2014;
   il comunicato dell'azienda, che è stato necessariamente approvato e concordato con il committente, cioè l'Aeronautica militare, specifica inoltre che il nuovo sistema d'arma verrebbe «testato in scenario operativo nel primo semestre del 2014»;
   il contratto prevederebbe, secondo quanto riportato da varie agenzie di stampa, anche la successiva fornitura, di sei esemplari del velivolo, di cui tre completi di sistemi di missione, apparati C3-IISR e sistemi di supporto/ingaggio al fuoco pallettizzati e tre velivoli predisposti ad accogliere gli stessi sistemi;
   secondo la rivista specializzata on line Analisi Difesa il valore del contratto sarebbe di circa 100 milioni di euro, escludendo i sei velivoli che verrebbero sottratti alla flotta di aerei da trasporto C-27J già in servizio con l'Aeronautica Militare, così riducendo del 50 per cento le capacità di trasporto di tale linea di velivoli;
   il velivolo MC-27J Praetorian è anche definito una «cannoniera volante» essendo dotato di sistemi d'arma, in particolare cannoni Atk GAU-23 Bushmaster da 30 millimetri, per l'attacco contro obiettivi areali al suolo;
   con questa acquisizione, l'Italia diventerebbe la seconda forza aerea al mondo, dopo quella statunitense, a dotarsi di questo tipo di arma, nota per essere stata impiegata per la prima volta durante la guerra del Vietnam e successivamente utilizzata in molti teatri operativi dalle forze speciali statunitensi in situazioni di guerra asimmetrica e non convenzionale in teatri quali l'Iraq e l'Afghanistan;
   non risulta che il Ministro abbia sottoposto il programma al previsto parere parlamentare –:
   se il Ministro confermi la sottoscrizione del contratto e, nel caso, quali siano i termini dello stesso;
   se in particolare corrisponda a verità che l'importo dello stesso sia di circa 100 milioni di euro;
   che cosa significhi che «l'aereo sarà testato in scenario operativo», come riportato dal comunicato dell'azienda;
   quali siano le motivazioni operative che inducono l'Aeronautica militare a dotarsi di una tipologia di sistema d'arma non convenzionale sinora utilizzato esclusivamente dalle forze armate statunitensi;
   per quale motivo infine il programma non sia stato sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti, così come previsto dalla legge e nonostante il contratto sia stato già firmato, come confermato anche dal Capo di stato maggiore dell'Aeronautica in alcune dichiarazioni alle agenzie di stampa. (5-01531)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BUSIN e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 85 del 2010, attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, ha delineato un percorso di attribuzione, a titolo gratuito, ai diversi livelli di governo, di beni immobili, demaniali o patrimoniali, di proprietà dello Stato, e il processo di trasferimento si articola in fasi distinte che prevedono, a seconda della natura dei beni trasferibili o da escludere dal trasferimento, un decreto di ricognizione ovvero un decreto di previa individuazione dei beni da trasferire successivamente, su domanda agli enti territoriali con un ulteriore provvedimento;
   ad oggi, tuttavia, lo schema di decreto del direttore dell'Agenzia del demanio, recante l'elenco dei beni esclusi dal trasferimento, di cui all'articolo 5, comma 3, ancora non è stato emanato, in ragione del fatto che il processo di individuazione e di attribuzione comporta il coinvolgimento non solo dell'Agenzia del demanio, ma di tutte le amministrazioni che attualmente curano la gestione dei vari beni;
   alla luce di ciò, il legislatore ha in taluni caso emanato, nell'ambito di provvedimenti di urgenza, norme che hanno interessato singole tipologie di beni (quali, ad esempio, i beni culturali), al fine di accelerarne il trasferimento;
   l'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 (decreto-legge del Fare), relativamente al trasferimento, a titolo non oneroso, agli enti territoriali di taluni beni dello Stato, mobili e immobili, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso, ha precisato i beni esclusi dal processo di trasferimento e la tempistica per il trasferimento degli immobili non esclusi;
   in merito a quest'ultima, il provvedimento stabilisce che dal 1o settembre 2013 e fino al 30 novembre 2013, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni che intendono acquisire la proprietà di tali beni presentano all'Agenzia del demanio, con le modalità tecniche da definire a cura dell'Agenzia medesima, una richiesta di attribuzione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente che identifica il bene, ne specifica le finalità di utilizzo e indica le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo;
   il comma 4 del medesimo articolo 56-bis disciplina il caso di richiesta di assegnazione dello stesso immobile da parte di più livelli di Governo territoriale, disponendone l'attribuzione in via prioritaria ai comuni, alle città metropolitane e subordinatamente alle province e alle regioni;
   il comune di Roncà (Verona), ha in queste ultime settimane formulato richiesta di attribuzione di quattro edifici appartenenti allo Stato ricadenti sul proprio territorio comunale ed attualmente abbandonati; mentre per alcuni di questi non dovrebbe sussistere alcun problema, per altri sussiste la difficoltà che essi ricadono parzialmente su territorio di altro comune, in un caso anche di altra provincia, e che la loro unitarietà è un elemento imprescindibile;
   gli altri enti locali interessati dalla vicenda non manifestano tuttavia alcuna volontà di ottenere i beni, nemmeno in acquisizione, così che si rischia di vedere vanificata la possibilità di valorizzare questi immobili;
   il medesimo comune di Roncà ha ricevuto in questi giorni la comunicazione da parte dell'Agenzia del demanio nella quale si esprime parere negativo rispetto alla possibilità di attribuire all'ente comunale uno dei beni richiesti; tale immobile, pur non figurando nell'elenco dell'applicativo messo a disposizione dall'Agenzia dell'entrate per la richiesta di attribuzione di cui al citato articolo 56-bis, era tuttavia originariamente presente nel primo elenco collegato al decreto legislativo n. 85 del 2010;
   sul medesimo immobile, il comune di Roncà ha in essere con l'Agenzia del demanio un contratto di locazione d'uso, e lo stesso ente, proprio in ragione di detto contratto di locazione ed a mezzo di una cooperativa locale, ha già iniziato da tempo lavori di recupero volti a valorizzare l'area in questione;
   a fronte di ciò, non sono chiare le ragioni per le quali l'ente comunale ora dovrebbe essere privato della possibilità di accedere interamente all'immobile, tanto più che il rischio, qualora non si concretizzasse il trasferimento, sarebbe quello di prolungare l'attuale stato di abbandono del bene, chiuso ed inutilizzato dal 1995, ponendo così tale scelta in antitesi con le medesime finalità che il decreto legislativo sul federalismo municipale invece si pone –:
   se non ritenga opportuno, all'interno del processo di assegnazione dei beni demaniali agli enti locali, così come previsto dal decreto legislativo n. 85 del 2010, e pur mantenendo fermi i principi di territorialità e sussidiarietà, concedere gli enti locali che ne fanno richiesta la possibilità di ottenere la porzione di immobile ricadente sul territorio di un ente diverso, purché il medesimo ente non manifesti interesse alcuno per il suo utilizzo, e se non ritenga opportuno permettere ai comuni la possibilità di accedere al trasferimento dei beni inseriti all'interno dell'originario elenco collegato al decreto legislativo n. 85 del 2010 e sui quali, proprio in ragione di tale classificazione, sono sorti istituti contrattuali o pianificati lavori per il loro recupero. (5-01522)


   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), consente a coloro che acquistano un immobile ad uso abitativo, a titolo personale e non nell'esercizio di arti e professioni, di pagare le imposte di registro, ipotecarie e catastali sul valore catastale rivalutato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, indipendentemente dal prezzo pattuito nell'atto di compravendita;
   il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, all'articolo 10 modifica le aliquote dell'imposta di registro a decorrete dal 1o gennaio 2014 e, contestualmente, al comma 4 sopprime «tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali» in materia;
   tale ultima formulazione è molto generica e solleva diversi dubbi interpretativi su quali siano tutte le esenzioni e agevolazioni a cui si riferisce il comma 4 nelle intenzioni del legislatore –:
   se possa chiarire quali siano le esenzioni e le agevolazioni tributarie da considerarsi soppresse a decorrere dal 2014, in tale ambito se debba ritenersi soppresso anche l'articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 e se invece ritenga opportuno prevedere una proroga dell'entrata in vigore dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale. (5-01523)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   tutti gli indicatori sull'andamento del credito ci segnalano un aumento delle posizioni deteriorate, con le note conseguenze, in termini di capacità del sistema bancario, di erogare nuovi finanziamenti;
   tale situazione, come segnalato da tutti i dati statistici e gli indicatori economici a disposizione, si riflette in termini negativi sull'economia reale, limitandone la possibilità di ripresa;
   il peggioramento del quadro congiunturale registratosi negli ultimi due anni richiederà l'adozione da parte degli intermediari creditori di idonee politiche mirate al controllo del rischio ed alla sostenibilità del debito;
   sarebbe pertanto utile conoscere in dettaglio quali siano le tipologie di linea di credito maggiormente esposte a situazioni «d'incaglio», al fine di adottare opportuni interventi normativi mirati –:
   se sia a conoscenza di quanti siano i crediti deteriorati, e quanti di questi in sofferenza, limitatamente a quelli assistiti da ipoteca su immobili di tipo residenziale, con dato disaggregato per territorio e per tipologia di debitore (famiglia o impresa). (5-01524)


   SOTTANELLI, MATARRESE, ZANETTI, SBERNA e LIBRANDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la detrazione IRPEF del 36 per cento, per spese di ristrutturazione, originariamente introdotta dall'articolo 1 della legge n. 449 del 1997, è adesso prevista a regime per l'importo massimo di 48.000 euro per unità immobiliare, in conseguenza di quanto disposto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011;
   l'articolo 11 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, in relazione alle spese per le ristrutturazioni edilizie sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, ha previsto un innalzamento della detrazione dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro; il medesimo articolo ha altresì previsto una detrazione del 55 per cento per le spese di riqualificazione energetica degli edifici sostenute dal 1o gennaio al 30 giugno 2013;
   l'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 90 del 2013, ha esteso tali maggiori benefici alle spese effettuate per ristrutturazioni edilizie entro il 31 dicembre 2013;
   oltre alla proroga al 31 dicembre 2013, il citato articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013 ha introdotto, per i contribuenti che usufruiscono della detrazione per ristrutturazioni edilizie, la possibilità di detrarre dall'Irpef, sempre nella misura del 50 per cento, su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro, anche le spese sostenute per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione;
   per gli interventi di riqualificazione energetica di edifici già esistenti, l'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 ha stabilito inoltre una detrazione del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2013;
   nel corso della conversione del decreto-legge n. 63 del 2013 è stato aggiunto all'articolo 16 il comma 1-bis, che ricomprende tra gli interventi ammessi alla detrazione del 65 per cento, fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare, quelli relativi all'adozione di misure antisismiche sugli edifici che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità; tale disposizione assume una certa rilevanza nelle politiche di prevenzione in un territorio ad elevato rischio sismico e idrogeologico come l'Italia;
   queste agevolazioni fiscali rappresentano un importante strumento di rilancio dell'economia in questa fase di perdurante crisi economica, sia per i cittadini e le imprese che ne beneficiano, sia per lo Stato che vede aumentare le sue entrate tributarie –:
   quali siano i dati relativi agli interventi effettuati negli anni 2011, 2012 e 2013 sui quali si è beneficiato delle predette detrazioni d'imposta, al fine di valutare l'effettivo impatto di tali misure sullo sviluppo e sull'occupazione. (5-01525)


   RIBAUDO, CAUSI, CULOTTA, MOSCATT e TARANTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Riscossione Sicilia spa svolge in Sicilia le medesime funzioni espletate a livello nazionale da Equitalia spa in quanto soggetto istituito ex lege quale componente della struttura dell'Amministrazione fiscale e quindi istituzione organizzativa deputata al settore delle politiche fiscali e del sistema tributario, atteso che, pur nelle peculiarità autonomistiche, il finanziamento della regione Siciliana risulta fondato sulla fiscalità statale di cui costituisce parte integrante;
   deve infatti considerarsi che il «magazzino» ruoli consegnati a Riscossione Sicilia (già SERIT) sino al 31 dicembre 2012 si compone delle seguenti voci: Erario (diretti ed indiretti) circa 26 miliardi di euro; Previdenziali (INPS, INAIL etc.) circa 9 miliardi di euro; Enti vari (comuni, province, enti pubblici etc.) circa 6 miliardi di euro;
   l'Agenzia delle entrate opera in modo esclusivo a livello nazionale l'accertamento fiscale dei tributi, la cui sola riscossione è poi demandata alla società regionale;
   è superfluo evidenziare che anche le somme relative agli enti previdenziali e ai cosiddetti enti vari finiscono con l'avere refluenze immediate sulla fiscalità statale;
   per tale ragione, già in passato l'Agenzia delle entrate aveva espresso positivo nulla osta alle istanze con le quali Riscossione Sicilia aveva richiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di accedere alla piattaforma SOGEI, sottolineando da ultimo che la valutazione positiva dell'ingresso di Riscossione Sicilia nella piattaforma della fiscalità avrebbe costituito un miglioramento in termini di efficienza assicurando l'unitarietà del sistema informativo degli agenti della riscossione;
   infatti, già dal 2011, con pressante urgenza si era chiesto di potere accedere alla struttura tecnologica della SOGEI spa, anche in considerazione della fuoriuscita della banca Monte dei Paschi dal capitale azionario e alla necessitata cessazione delle forme di collaborazione con tale Istituto: le richieste, più volte reiterate nel 2012 e nel 2013, sia dalla società di riscossione sia dalla stessa regione siciliana;
   invero, al fine di assicurare l'ottimizzazione delle funzioni svolte, nonché di garantire il massimo efficientamento del servizio anche sotto il profilo dei costi fissi sottesi, appare certamente auspicabile che la suddetta società venga inclusa nella piattaforma informatica della fiscalità e quindi venga autorizzata a stipulare un proprio contratto esecutivo del contratto quadro con la Sogei per l'intera attività di riscossione svolta, in modo da garantire senza soluzioni di continuità l'attività stessa in una cornice di coerenza con le iniziative di Equitalia spa, in linea con quanto previsto dal disegno di legge delega sul sistema fiscale approvato dalla Camera lo scorso 27 settembre 2013;
   attraverso le sinergie in tal modo conseguibili potrebbe realizzarsi quella auspicabile unitarietà ed efficacia alle azioni strategiche messe in atto per il sistema della Riscossione – interamente fondato sulla fiscalità statale di cui la componente regionale è solo parte –, anche attraverso l'interoperabilità dei sistemi, il riuso delle soluzioni e l'integrazione delle tecnologie, foriere di virtuosi percorsi in termini di potenziamento del servizio atti a garantire un contenimento complessivo dei «costi» anche di natura non squisitamente economica;
   la possibilità di avvalersi delle competenze sviluppate a livello nazionale dalla Sogei, società strumentale deputata alle attività tecnologiche per il «sistema fiscale» a supporto del Ministero dell'economia e delle finanze, consentirebbe a Riscossione Sicilia di accedere a soluzioni informatiche avanzate e ad un ingente infrastruttura tecnologica, inserendosi quale interlocutore qualificato e paritario nell'interazione tra le pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, rimanendo al passo con il continuo aggiornamento delle metodologie e dei processi nel contesto delle attività esattoriali, caratterizzato da elevata complessità gestionale;
   le evidenti economie derivanti dall'auspicato ingresso di Riscossione Sicilia nella piattaforma SOGEI consentirebbero nell'attuale critica congiuntura di mettere in atto una importante misura di contenimento e razionalizzazione dei costi;
   nell'ultimo decennio il Servizio riscossione tributi ha sofferto di una cronica criticità strutturale di carattere economico; dal 1999 i ricavi dell'agente della riscossione non hanno coperto i relativi costi, tanto che il legislatore, sino al 2008, aveva previsto un intervento finanziario annuale definito «clausola di salvaguardia», in ragione del quale le società di riscossione mantenevano un equilibrio economico con margini positivi di redditività;
   a seguito della soppressione di tale meccanismo di «copertura dei costi», il legislatore ha riconosciuto, sin dal 2009, la necessità di modificare il preesistente sistema di remunerazione (basato sull'aggio) del servizio reso dagli agenti della riscossione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1999, introducendo la previsione, a partire dal 1o gennaio 2013, di un «rimborso dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato ...», sistema che tuttavia è subordinato all'emanazione di un decreto ministeriale non ancora adottato per l'annualità in corso, con le inevitabili ripercussioni di carattere economico;
   la mancata individuazione delle risposte normative per la copertura dei costi fissi ha determinato una situazione di incertezza aggravata dalla contrazione dei flussi in entrata determinata dalla previsioni del cosiddetto «Decreto del fare» alla quale la Società di riscossione non può autonomamente ovviare, atteso che la linea di credito esistente ha già pressocché raggiunto il limite di utilizzo e non è ipotizzabile allo stato l'accensione di nuove linee di credito;
   l'interlocuzione tecnica in atto con il Ministero, pur essendo essenzialmente volta ad evidenziare le peculiari condizioni economiche e finanziarie di Riscossione Sicilia S.p.A. e il loro precario attuale equilibrio, al pari di quanto si registra sul piano nazionale per Equitalia, allo stato risulta ancora in una fase prodromica e non consente la individuazione di esiti certi sui quali parametrare un attendibile piano industriale atto a consentire una prospettica continuità aziendale;
   pertanto è divento più che mai urgente definire al tavolo tecnico aperto dal Ministero dell'economia e delle finanze sul tema, lo spaccato dei costi fissi che, redatto secondo le linee condivise anche con Equitalia indichino, quantomeno un ordine di grandezze al quale potersi rifare –:
   quali siano le motivazioni della mancata autorizzazione all'accesso al sistema Sogei piattaforma tecnologica da parte di Riscossione Sicilia spa e se non ritenga opportuno riaprire il tavolo tecnico per la definizione dei costi fissi, adottando al più presto l'atteso decreto ministeriale.
(5-01526)


   PESCO, BARBANTI, RUOCCO, ALBERTI, PISANO, CANCELLERI e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere, premesso che:
   l'articolo 13 del decreto-legge 201 del 2011 richiama le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, escludendo dall'Imposta municipale unica (IMU) gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di determinate attività: «assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di attività di religione o di culto, ovvero dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed all'educazione cristiana»;
   l'articolo 91-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 ha specificato che la suddetta esenzione opera solo ove le predette attività siano svolte con modalità «non commerciali»: in caso contrario, dal 2013, è prevista l'applicazione dell'IMU sperimentale;
   il comma 2 del suddetto articolo 91-bis prevede, quando non sia possibile individuare gli immobili o le porzioni di immobili adibiti esclusivamente ad attività di natura non commerciale, che l'esenzione si applica solo sulla frazione di unità in cui tale attività si svolge; il comma 3, altresì, prevede che, qualora non sia possibile l'individuazione di cui al richiamato comma 2, l'esenzione si applica in proporzione all'utilizzazione non commerciale dell'immobile risultante da apposita dichiarazione;
   la definizione delle modalità e delle procedure relative alla predetta dichiarazione, nonché degli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate in uno stesso immobile, sono state demandate ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
   il Consiglio di Stato, con il parere del 4 ottobre 2012 n. 04180 del 2012, aveva rilevato alcune carenze nella normativa primaria: per tale motivo, con l'articolo 9 del decreto-legge n. 174 del 2012 è stata affidata alla disciplina regolamentare il compito di individuare i presupposti per qualificare le attività in oggetto come attività «non commerciali»;
   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2012, n, 200, reca le definizioni: di ente non commerciale; delle attività svolte (previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, istituzionali, ecc.); delle modalità non commerciali di esercizio delle attività (modalità di svolgimento delle attività istituzionali prive di scopo di lucro che, conformemente al diritto dell'Unione europea, per loro natura non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che tale scopo perseguono e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà) e dell'utilizzazione mista; in particolar modo, l'articolo 3 indica i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali, nonché ulteriori requisiti per lo svolgimento di attività assistenziali ed attività sanitarie, di attività didattiche, di attività culturali ed attività ricreative, ed infine di attività sportive;
   la risoluzione del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, n. 1 del 2012, ha chiarito alcuni aspetti problematici relativi al suddetto decreto, in particolare concernenti l'applicabilità dello stesso agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, e la decorrenza delle norme che definiscono lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali;
   la Commissione Unione europea, nel dicembre 2012, ha ritenuto che l'IMU risulti conforme alle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, in quanto limita chiaramente l'esenzione agli immobili in cui enti non commerciali svolgono attività «non commerciali»; inoltre, la nuova normativa prevede una serie di requisiti che gli enti non commerciali devono soddisfare per escludere che le attività svolte abbiano natura «commerciale»: a parere della Commissione Unione europea, tali salvaguardie garantiscono che le esenzioni dal versamento dell'IMU concesse agli enti non commerciali non comportino aiuti di Stato;
   la risoluzione del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze n. 1 del 2013 reca precisazioni sui termini per le dichiarazioni IMU relative alla fruizione delle richiamate agevolazioni –:
   quale sia il valore delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione della prima rata 2013 dell'Imposta municipale unica sperimentale agli immobili commerciali precedentemente esentati e quale sia, se è possibile determinarla, la previsione del valore delle maggiori entrate derivanti dal pagamento dell'IMU sperimentale sulle strutture frazionabili tra porzioni di unità immobiliare adibite ad attività non commerciali e porzioni adibite ad attività commerciali. (5-01527)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, BINDI, CENSORE, COVELLO, D'ATTORRE, MAGORNO, MONGIELLO, IACONO, LAURICELLA, ANTEZZA, AMENDOLA, STUMPO, CARBONE, BURTONE, GELLI, FREGOLENT, FAMIGLIETTI, SANI, MARROCU, LOSACCO, LATTUCA, LODOLINI, PELUFFO, PELILLO, SALVATORE PICCOLO, MONACO, PAGANI, PATRIARCA, MARZANO, MICCOLI e GULLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria per il 2005), al comma 180 dell'articolo unico, prevede in capo alle regioni in squilibrio economico la necessità di procedere ad una ricognizione delle cause che lo determinano ed alla elaborazione di un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio;
   l'articolo 22, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2009, data la necessità ed urgenza di assicurare l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza ed il risanamento, il riequilibrio economico-finanziario e la riorganizzazione del sistema sanitario nella regione Calabria, ha stabilito che la regione medesima predisponga un Piano di rientro contenente misure di riorganizzazione e di riqualificazione del servizio sanitario regionale, e che il relativo Piano è stato approvato con delibera di giunta regionale n. 845 del 16 dicembre 2009;
   l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, prevede e disciplina la nomina, da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di un commissario ad acta per l'intero periodo di vigenza del singolo Piano di rientro;
   la disposizione appena richiamata consente anche la nomina, con le stesse modalità, anche dopo l'inizio della gestione commissariale, al fine di assicurare la puntuale attuazione del Piano di rientro, di uno o più subcommissari di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell'incarico commissariale;
   essa prevede anche che il commissario possa avvalersi dei subcommissari anche quali soggetti attuatori e che possa motivatamente disporre, nei confronti dei direttori generali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e delle aziende ospedaliere universitarie, fermo restando il trattamento economico in godimento, la sospensione dalle funzioni in atto, che possono essere affidate a un soggetto attuatore, e l'assegnazione ad altro incarico fino alla durata massima del commissariamento ovvero alla naturale scadenza del rapporto con l'ente del servizio sanitario;
   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010 il presidente pro tempore della regione Calabria è stato nominato commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro, ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 159 del 2007;
   con deliberazioni del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2010 e 31 maggio 2011 sono stati conferiti gli incarichi di sub-commissari al dottor Luciano Pezzi e al dottor Luigi d'Elia;
   il nuovo Piano operativo per il triennio 2013-2015 prevede, con riferimento al programma 1 «Governance del P.O.», approvato esclusivamente dal commissario ad acta, che «Il Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie sovraintende all'attuazione del P.O. con il supporto della struttura commissariale», vale a dire che i due commissari sono funzionalmente sottordinati al dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie;
   a seguito di tale previsione, in data 16 ottobre 2013 i due sub-commissari si sono autosospesi, con effetto immediato, dall'esercizio delle loro funzioni, ritenendo le previsioni stesse in contrasto, oltre che con i princìpi di sana amministrazione – l'organo commissariale dello Stato non può essere di supporto agli uffici amministrativi del dipartimento ma dovrebbe verificarsi il contrario –, anche con le citate delibere consiliari di conferimento dei relativi incarichi nonché con il disposto normativo di cui al citato articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007;
   successivamente il subcommissario dottor Luigi D'Elia si è dimesso ed è stato immediatamente sostituito con il dottor Andrea Urbani;
   il Rapporto ministeriale sui risultati della verifica degli adempimenti ha accertato che in Calabria non sono garantiti i livelli essenziali di assistenza (LEA) e che per tale inadempienza le quote finanziarie destinate alla Calabria dal Fondo sanitario nazionale saranno ridotte del 3 per cento;
   i dati (Fonte informativa SDO – mortalità intraospedaliere) fanno registrare un sensibile aumento dei decessi in Calabria: nell'anno 2012 i decessi sono 4866 a fronte dei 4266 del 2010 con un incremento di circa il 15 per cento e pari, quindi, a 600 decessi in più;
   nonostante il piano di rientro abbia determinato una riduzione del numero dei posti letto per acuzie rispetto allo standard nazionale con una previsione del 2,5 per cento ogni 1000 abitanti in Calabria a fronte della media nazionale del 3,2 per cento i posti effettivamente attivati risultano essere solo dell'1,8 per cento con percentuali altissime di non attivazione nonostante le determinazioni dei decreti commissariali negli ospedali Spoke e Hub. Esemplificativo è il caso dell'ospedale Spoke di Castrovillari che a fronte di 223 posti letto assegnati con D.P.R.C n. 103 del 2012 risultano essere attivi solo 114 posti letto;
   il protrarsi del blocco del turn over, come sanzionamento dovuto per il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano di rientro ha comportato una diffusa e sensibile riduzione del numero degli operatori sanitari con la conseguenza che molti reparti e presidi ospedalieri sono privi dei requisiti di legge previsti a garanzia dei livelli di qualità e sicurezza delle prestazioni sanitarie;
   nonostante siano stati chiusi e dismessi 17 ospedali non si è provveduto all'attivazione di nessuna delle 13 «Casa della Salute» o Centri di assistenza primaria territoriale previsti dalla programmazione commissariale –:
   se i Ministri interrogati, nel rispetto delle competenze regionali in materia, intendano verificare la regolarità delle procedure seguite in relazione al programma 1 del Piano operativo per il triennio 2013-2015 per la regione Calabria, approvato esclusivamente dal commissario ad acta, nella parte in cui prevede che il dipartimento tutela della salute sovrintenda all'attuazione del Piano con il supporto della struttura commissariale;
   se i Ministri interrogati, anche in considerazione del livello di ingovernabilità e di fallimento degli obiettivi di risanamento e riorganizzazione sanitaria, ritengano che questo programma risponda alle esigenze della drammatica condizione della sanità calabrese ed in particolare della tutela della salute dei cittadini e dei livelli essenziali di assistenza (come più volte evidenziato anche con numerosi atti di sindacato ispettivo) e quali iniziative intendano assumere per porre fine alla lunga ed infruttuosa esperienza commissariale della sanità in Calabria, incapace di assicurare efficaci percorsi strutturali di riforma. (4-02607)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, BUSINAROLO e FERRARESI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di luglio 2013, il dottor Fabrizio Cinquini, medico chirurgo di Pietrasanta (Lucca), è detenuto presso il carcere di Massa per il reato di coltivazione di cannabis punito dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 9 ottobre 1990 (Testo Unico sugli stupefacenti);
   la coltivazione di cannabis rientra nell'attività di ricerca sulle proprietà terapeutiche delle piante che il chirurgo toscano conduce da anni e per la quale è stato più volte arrestato;
   il dottor Cinquini è affetto da epatite C, contratta nel 1998 mentre operava in emergenza a bordo dell'ambulanza, ed a causa del suo stato di salute potrebbe attendere il giudizio agli arresti domiciliari;
   secondo quanto riportato dal suo avvocato difensore, il medico ha infatti diritto di lasciare il carcere in virtù della legge n. 199 del 26 novembre 2010, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a dodici mesi»;
   tuttavia, l'istanza di scarcerazione — che proprio per ragioni di urgenza è stata inviata via e-mail al tribunale di sorveglianza — è andata perduta. Nel passaggio tra i diversi uffici dell'amministrazione penitenziaria qualcuno non l'ha letta o si è dimenticato di inoltrarla;
   a causa di questo inaccettabile disguido, il dottor Cinquini continua a trascorrere i suoi giorni in carcere anziché presso la sua abitazione, come avrebbe diritto –:
   se il Ministro della giustizia, anche alla luce della sensibilità dimostrata nei confronti dei detenuti in condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario, intenda attivarsi tempestivamente perché il dottor Fabrizio Cinquini possa fare ritorno a casa, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. 199 del 2010;
   se il Ministro intenda altresì accertare ed, eventualmente, sanzionare la condotta negligente degli uffici deputati alla ricezione e all'inoltro dell'istanza di scarcerazione a suo tempo presentata dal dottor Cinquini. (5-01519)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DISTASO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i trasferimenti delle risorse statali ai comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuite negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni di euro determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
   in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» che pone anacronisticamente a carico dei comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari che poi sono rimborsate dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale;
   tale previsione normativa che mette a carico dei comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della Carta costituzionale che assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari – ed anticipate dai bilanci dei comuni – pari a 315 milioni di euro annuo, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60-80 per cento delle spese effettivamente sostenute e gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro, mentre le spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 sono di oltre 300 milioni di euro, già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
   il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   a ciò si aggiunge che nei comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a fioccare nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive e ulteriori comprese tra il 15 per cento e il 110 per cento rispetto all'anno precedente;
   tali risorse sono state impiegate dai comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire il ristoro delle spese e il superamento di una situazione così problematica a carico dei bilanci comunali ed in particolare;
   a quanto ammontino le risorse iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2012 al fine di corrispondere il contributo ai comuni, se siano state decurtate e a quanto ammonti tale diminuzione rispetto all'anno precedente;
   quali siano le iniziative che il Governo stia intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di assicurare la copertura delle spese già sostenute dai comuni nel 2012, per garantire il rispetto della legge;
   quali siano le iniziative che il Governo sta intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di garantire la copertura delle spese per l'erogazione del servizio della giustizia sull'intero territorio nazionale per gli anni 2013 e 2014;
   se non sia opportuno superare questo sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari assumendo iniziative per abrogare la legge 24 aprile 1941, n. 392, e ponendo a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese in modo da garantire responsabilità ed efficacia. (4-02581)


   DI VITA, GRILLO, BONAFEDE, LOREFICE, MANTERO, NUTI, AGOSTINELLI, CASTELLI e COLONNESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il carcere di Favignana si trova in una condizione emergenziale dovuta alla carenza di personale e al sovraffollamento delle celle: un problema atavico e mai risolto;
   è dei giorni scorsi la notizia che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (D.A.P.) ha emesso un provvedimento che dispone il rientro in sede di n. 24 poliziotti penitenziari, dal 2011 distaccati sull'isola, ritenuti in esubero;
   ciò nonostante, ad oggi, il personale suddetto risulta ancora operativo sull'isola; apparentemente, dunque, sembrerebbe che il provvedimento citato, per ragioni che si ignorano, sia stato temporaneamente sospeso;
   in conseguenza del malcontento generato da detto provvedimento, gli agenti di polizia penitenziaria dell'isola, sostenuti dal sindacato Uil, hanno proclamato lo stato di agitazione;
   il coordinatore regionale della Uil penitenziari Sicilia, Gioacchino Veneziano, assieme al segretario provinciale Uil penitenziari Fabio Adragna e al componente della segreteria Michele Soldano, ha incontrato il direttore delle carceri isolane, il quale avrebbe affermato, in dissonanza rispetto al provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che «le 24 unità di personale non sono affatto in esubero, ma essenziali al corretto funzionamento della struttura di detenzione secondo gli standard di sicurezza»;
   il 16 settembre 2013 il sindaco di Favignana, Giuseppe Pagoto, e il presidente del consiglio comunale, Ignazio Galuppo, hanno chiesto al Ministero della giustizia, al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al provveditore regionale per la Sicilia, la revoca del provvedimento che ha disposto il rientro in sede dei 24 agenti, considerando lo stesso grave, perché incide notevolmente sul già precario stato economico dell'isola, che seppur incentrato prevalentemente sul turismo, nel periodo invernale si sviluppa attorno all'istituto penitenziario, per non parlare del disagio imposto alle famiglie degli stessi agenti;
   alla richiesta avanzata dall'amministrazione comunale dell'isola non è però seguito, ad oggi, un riscontro concreto e risolutivo da parte delle autorità interpellate;
   nel carcere eguseo sono attualmente impiegati 113 poliziotti penitenziari, di cui 18 fanno parte della base navale per cui non possono essere utilizzati in attività all'interno del carcere, motivo per cui se si andassero a togliere 24 poliziotti la pianta organica sarà costituita, dunque, da appena 71 persone, troppo poche – ritengono i rappresentanti sindacali – per garantire gli standard di sicurezza –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa;
   quale sia l'attuale dotazione di personale di cui dispone il carcere di Favignana;
   quali siano nel dettaglio, i motivi per cui il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha emesso il suddetto provvedimento di riduzione del personale;
   quali siano i motivi che apparentemente avrebbero determinato la sospensione di tale provvedimento;
   se e quando, con certezza, il personale suddetto verrà trasferito ad altra sede;
   se non si ritenga opportuno, data la già precaria situazione economica dell'isola, nonché quella emergenziale dello stesso carcere, procedere alla revoca definitiva del provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di cui in premessa. (4-02584)


   FERRARESI, BUSINAROLO, AGOSTINELLI, BONAFEDE, SARTI, TANCREDI, MICILLO, LUIGI DI MAIO, COLLETTI, BARBANTI, NESCI, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, DADONE, FRACCARO e PARENTELA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   agli interroganti risultano i fatti esposti;
   il detenuto Giuseppe Rotundo, ora agli arresti domiciliari, è stato vittima di un presunto pestaggio all'interno della casa circondariale di Lucera (Foggia);
   al signor Rotundo è stato notificato il decreto di citazione diretta a giudizio dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Lucera in qualità di persona offesa dal reato a seguito della querela sporta contro alcuni agenti della polizia penitenziaria in servizio presso tale casa circondariale;
   l'azione penale è stata esercitata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Lucera a seguito dell'esito e della conclusione delle indagini preliminari relative al procedimento penale n. 331/2011 iscritto in data 27 gennaio 2011 nei confronti del sovrintendente Pasquale De Gennaro, dell'assistente capo Francesco Benincaso e dell'assistente capo Vincenzo Leone, tutti appartenenti alla polizia penitenziaria ed in servizio presso la casa circondariale di Lucera;
   nell'ambito del citato procedimento penale, attualmente pendente in sede dibattimentale presso il tribunale, i capi di imputazione a carico dei 3 agenti di polizia penitenziaria appaiono particolarmente gravi essendo tutti ritenuti responsabili dei delitti previsti e puniti dagli articoli 110, 571, 608, 582 e 61 n. 9 del codice penale;
   i tre agenti avrebbero abusato dei mezzi di correzione o disciplina in danno al detenuto Rotundo, affidato loro per ragioni di vigilanza o di custodia, il quale sarebbe stato dapprima portato in una cella di isolamento e costretto a spogliarsi e poi più volte percosso con pugni in faccia ed alla nuca e calci in varie parti del corpo, facendolo cadere a terra in uno stato di incoscienza, con lesioni riscontrate (ematoma avambraccio destro, emitorace sinistro con graffi, vistoso ematoma ginocchio, gamba e caviglia destra, ematoma regione periorbitale bilaterale, emorragia oculare e orbitale bilaterale, tumefazione regione frontale destra, ematoma regione mandibolare sinistra, eccetera) guaribili in 40 giorni;
   numerose sarebbero le certificazioni mediche esibite dal Rotundo, riferibili ai danni subiti, tra cui quella in cui il Servizio sanitario penitenziario di Lucera che attesta che il detenuto presentava lesioni personali al volto e dolenzia al braccio destro, rifiutava ostinatamente e categoricamente la visita medica, le cure e la medicazione di dette lesioni, o quella successiva effettuata nella infermeria del carcere che evidenziava: ematoma nella regione frontale destra, ematoma nella regione zigomatica sinistra, ferita lacero-contusa alla radice del naso ed abrasioni sul dorso della mano sinistra, con dolenzia all'avambraccio destro, consigliandosi ulteriori accertamenti specifici: radiografia del braccio sinistro e radiografia del cranio;
   negli atti del fascicolo del pubblico ministero, vi sarebbero alcune testimonianze assunte durante le indagini preliminari che confermerebbero quanto denunciato dal detenuto Giuseppe Rotundo alla procura della Repubblica di Lucera ed, in particolare, le informazioni riferite dalla psicologa clinica dell'Asl di Foggia Roberta Natale e dall'assistente sociale Giovanna Vinciguerra;
   in merito a detti fatti, in data 22 gennaio 2011, su esplicita richiesta della procura della Repubblica di Lecce (procedimento penale n. 431/2011/44 R.G.N.R.), sarebbero stati svolti degli accertamenti specialistici da parte del personale della questura di Foggia; è intervenuta la procura di Lecce in quanto l'avvocato Elvia Belmonte, del Foro di Lecce, difensore di fiducia del detenuto Rotundo (nel frattempo trasferito alla Casa circondariale di Foggia), a tale procura si è rivolta per competenza territoriale;
   il personale di polizia giudiziaria, in servizio presso il gabinetto di polizia scientifica della Questura di Foggia, su disposizione della procura della Repubblica di Lecce e del dirigente della Squadra Mobile, eseguiva i rilievi fotografici sulla persona del Rotundo, alla presenza di altro personale della squadra Mobile della suddetta questura e del comandante della polizia penitenziaria della casa circondariale; i rilievi sono stati eseguiti presso un locale dell'infermeria ed hanno evidenziato: leggere tracce di ematoma in via di dissoluzione ad entrambe le regioni periorbitali, leggere tracce di emorragia oculare destra, leggerissime tracce di emorragia oculare sinistra, residui di leggera tumefazione nella regione frontale destra, ematoma all'avambraccio destro nella regione interna ed esterna e gomito, leggera tumefazione sul dorso della mano destra, alcuni graffi all'emitorace sinistro, ematomi sul ginocchio e sulla gamba destra, ematoma sulla caviglia, sul collo del piede e nella regione plantare dorsale del piede destro, leggeri graffi alla gamba sinistra superiormente al polpaccio;
   risulta agli interroganti che il procedimento penale, n. 157/2011 del RGNR della procura della Repubblica presso il tribunale di Lucera, contro il detenuto Giuseppe Rotundo incardinato su denuncia degli Agenti di polizia penitenziaria per i reati previsti e puniti dagli articoli 81, 337, 585, 576, primo comma, numeri 1, e 61, primo comma, numero 2, del codice penale, perché avrebbe usato violenza e minaccia per opporsi ai pubblici ufficiali, a loro volta imputati dei fatti delittuosi sopra descritti, compiuti mentre svolgevano un atto del loro ufficio all'interno della casa circondariale di Lucera, e tali da cagionare lesioni personali con l'aggravante delle lesioni recate con nesso teleologico, sia stato unificato al Procedimento Penale n. 331/2011;
   l'ordinamento penitenziario di cui alla legge n. 354 del 1975 stabilisce, all'articolo 33, che l'isolamento negli istituti penitenziari è ammesso: a) quando è prescritto per ragioni sanitarie, b) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune, c) per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria; l'articolo 38 stabilisce che nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la contestazione dell'addebito all'interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe e, comunque, che l'esecuzione delle sanzioni debba avvenire nel rispetto della personalità; l'articolo 41 prevede che non è consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti se non per validi motivi e che il personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica nei confronti dei detenuti, deve immediatamente riferirne al Direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso; l'articolo 64 delle regole penitenziarie europee adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa prevede che il personale penitenziario non deve usare la forza contro i detenuti tranne per autodifesa o in casi di tentata evasione o di resistenza attiva o passiva ad un ordine legittimo, e sempre come ultima risorsa; la quantità di forza usata deve sempre essere quella minima necessaria e deve essere applicata per il tempo strettamente necessario;
   nel caso oggetto del presente atto, il detenuto Giuseppe Rotundo, secondo l'impianto accusatorio e gli accertamenti finora esperiti, sarebbe stato dapprima picchiato presso l'ufficio del preposto e poi condotto presso una cella di isolamento con l'uso della forza, dove sarebbe stato ripetutamente picchiato e lasciato nudo a terra sul pavimento, in pieno inverno, senza materasso e senza coperte e, quindi, senza rispetto della sua personalità; non risulta che tale sanzione fosse stata disposta dal Consiglio di disciplina, così come specificatamente previsto dall'ordinamento penitenziario;
   attualmente nella casa circondariale di Lucera, a fronte di una capienza regolamentare di 156 reclusi, nonostante i diversi lavori di ristrutturazione nelle diverse aree detentive, sono ospitate circa 250 persone;
   in tale istituto risulta che si siano verificati 5 ferimenti, 11 colluttazioni, 8 atti di autolesionismo, 3 tentati suicidi, 9 scioperi della fame, 1 fenomeno di violenza, resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, 3 manifestazioni di percussione rumorosa dei cancelli;
   il personale di polizia penitenziaria sarebbe composto da 104 unità di cui 6 unità femminili (senza che vi sia un reparto detentivo femminile);
   risultano segnalazioni su gravi limiti in termini di sicurezza, in violazione della normativa prevista dal decreto legislativo n. 81 del 2008, sia per le scale di ingresso ai reparti detentivi che negli altri posti di servizio dell'Istituto –:
   se e di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti descritti in premessa;
   se intenda, appurata la fondatezza delle notizie, verificare se vi siano ulteriori precise responsabilità di singoli agenti o funzionari dell'Amministrazione penitenziaria, oltre a quelle sino ad ora rilevate dalla competente autorità giudiziaria, con particolare riferimento a coloro i quali abbiano autorizzato o tollerato la conduzione con la forza, ed il relativo eventuale pestaggio, del detenuto presso una cella di isolamento in spregio a quanto prescrive l'ordinamento vigente e, se del caso, quali provvedimenti disciplinari intenda adottare nei confronti dei responsabili;
   cosa il Ministro interrogato intenda fare per riportare urgentemente la popolazione detenuta ai livelli di ricettività legali e per rimuovere le strutturali non conformità alla legge della casa circondariale di Lucera, in considerazione del fatto che queste ultime possano mettere in pericolo l'incolumità personale dei detenuti e del personale penitenziario operante;
   a quando risalga e cosa sia scritto nell'ultima relazione della competente azienda sanitaria locale in merito alle condizioni strutturali della casa circondariale di Lucera, anche sotto il profilo igienico-sanitario e di sicurezza sui luoghi di lavoro. (4-02590)


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da diversi quotidiani, il 18 novembre si è svolta a Sequals (PN) una fiaccolata a cui hanno partecipato più di 150 persone tra adulti e bambini che hanno sfilato dall'albergo Belvedere fino al centro del paese in piazza Pellarin, con cartelli e striscioni recanti scritte quali «No alla violenza», «Noi non dobbiamo pentirci di nulla», «La legge è uguale per tutti»;
   tale manifestazione, infatti, è stata organizzata dai cittadini per manifestare contro la violenza e gli ultimi gravissimi episodi che hanno scosso la comunità, da parte di un 30enne, inserito in un progetto di protezione per i collaboratori di giustizia da parte dello Stato e inviato nella piccola realtà friulana;
   alla fiaccolata di protesta si sono uniti anche il sindaco Lucia D'Andrea, il vice sindaco Matteo Moretto, i volontari della Protezione civile e le forze dell'ordine;
   al termine del corteo, in piazza, il gruppo ha effettuato un giro attorno all'area verde, e, fermatosi, ha poi continuato la raccolta delle firme, avviata nella mattinata, a sostegno della petizione con cui i cittadini chiedono l'adozione di opportune misure affinché tali episodi non si verifichino più;
   in particolare, come recita la petizione «Negli ultimi giorni la comunità di Sequals è stata profondamente turbata da un grave fatto che ha avuto come protagonista un collaboratore di giustizia inviato in soggiorno protetto nel nostro comune. Come cittadini, che vivono onestamente e rispettando le leggi e le istituzioni, chiediamo che le autorità competenti prendano tutte le opportune misure affinché siano evitati simili episodi e considerino il fatto che la nostra cittadina non è in grado di accogliere persone che dovrebbero rimanere nell'anonimato, comportandosi di conseguenza»;
   come risulta da notizie di stampa il 30enne, inserito nel programma di protezione da parte dello Stato, il 14 novembre ha provocato un violento litigio al bar con una donna durante la visione in Tv della partita Catania-Udinese e, quattro giorni dopo, ferito il fidanzato della donna con un coltello;
   tale gravissimo episodio è accaduto nel pomeriggio, a Sequals, di fronte alla scuola materna;
   nonostante pare il collaboratore di giustizia sia stato adesso definitivamente allontanato da Sequals, tuttavia permane non la gravità dell'accaduto ma il fatto che lo Stato non sia in grado di garantire la legalità e la sicurezza a maggior ragione quando presenti persone già note alle forze dell'ordine e all'autorità giudiziaria, nonché in particolari condizioni giuridiche;
   il comportamento e le aggressioni del collaboratore di giustizia ospitato nella comunità di Sequals mal si conciliano, altresì, con le finalità del programma di protezione nel quale lo stesso era inserito;
   il paese di Sequals è troppo piccolo per essere un luogo di soggiorno protetto per collaboratori di giustizia, alloggiati per lunghi periodi in un residence;
   l'invio al Nord di soggetti pericolosi e con gravi precedenti penali ha sempre avuto come effetto quello di minare la sicurezza delle comunità locali nelle quali venivano inseriti, e veicolo per esportare fenomeni criminosi in realtà precedentemente del tutto estranee –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto accaduto a Sequals in particolare degli accadimenti sopra riportati, se non reputi quanto accaduto grave e non compatibile con il programma di protezione al quale è sottoposto l'autore dei fatti criminosi esposti;
   quali provvedimenti siano stati presi nei confronti del collaboratore di giustizia a seguito anche dei fatti commessi;
   quali misure intenda assumere affinché non accadano altri episodi simili a quelli accaduti a Sequals per tutelare la sicurezza dei cittadini. (4-02599)


   RUSSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi tre anni i trasferimenti delle risorse statali ai comuni sono diminuiti di circa 6 miliardi e 450 milioni di euro a causa di varie manovre finanziarie che hanno reso insostenibile la situazione per tali enti;
   appare all'interrogante anacronistico in questo quadro il persistere delle disposizioni della legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari», che pongono a carico dei comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari, successivamente rimborsate dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale; tale normativa, d'altro canto, è sorta in una fase antecedente alla nascita della Repubblica e all'approvazione della Carta costituzionale che assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali e degli uffici giudiziari – anticipata dai comuni – pari a 315 milioni di euro, negli ultimi tre anni i trasferimenti statali a titolo di rimborso sono stati compresi tra il 60 e l'80 per cento delle spese effettivamente sostenute; gli acconti e i saldi, inoltre, sono stati spesso erogati con gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   è emblematico che nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro, mentre le spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 sono di oltre 300 milioni di euro;
   a seguito della riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale, le spese si sono concentrate maggiormente nei comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012,  n. 155; nei comuni interessati dall'accorpamento delle sedi soppresse, si profilano nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali, per traslochi, realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza delle nuove sedi, nuove utenze, nuovi servizi di vigilanza e gestione ordinata degli immobili; la richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive è compresa tra il 15 per cento e il 110 per cento rispetto a quella dell'anno precedente;
   le spese sostenute dai comuni sono finalizzate a garantire un servizio di diretta gestione statale –:
   di quali informazioni disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire il rimborso delle spese e la rapida e positiva soluzione di una situazione critica che pesa sui bilanci comunali;
   a quanto ammontino le risorse iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2012 al fine di corrispondere il contributo ai comuni, se abbiano subito decurtazioni e a quanto ammontino tali diminuzioni rispetto all'anno precedente;
   quali iniziative, anche urgenti, il Governo abbia assunto o intenda assumere al fine di assicurare la copertura delle spese dei comuni per il servizio giustizia con riferimento sia a quelle già sostenute nel 2012 sia a quelle relative agli anni 2013 e 2014;
   se non sia opportuno promuovere una revisione della normativa vigente al fine di superare il sistema attuale di copertura dei costi degli uffici giudiziari, assumendo iniziative per abrogare la legge 24 aprile 1941, n. 392, e porre a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese in modo da garantire responsabilità ed efficacia.
(4-02612)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 ottobre 2013 è stato pubblicato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un bando di concorso per Capo struttura tecnica di missione per l'anno 2014 (prot. 0052424);
   all'articolo 7 (Compenso) dell'avviso pubblico relativo al bando suddetto, si legge che: «Per l'incarico oggetto del presente avviso, il compenso sarà determinato in base alle risorse disponibili al momento del conferimento dell'incarico, cui aggiungere l'iva ed il contributo per la cassa di previdenza, se dovute, al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali nelle misure previste dalla legge. In ogni caso, sarà corrisposto un compenso parametrato alla professionalità del collaboratore come risultante dalle valutazioni della Commissione nonché dall'impegno ed alla presenza garantita» –:
   al di là di un linguaggio burocratico non immediatamente comprensibile, a quanto ammonti il compenso per l'incarico suddetto e quali siano i criteri (auspicabilmente prossimi all'oggettività) con i quali viene determinato. (5-01515)


   CULOTTA e RIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 luglio 2005, veniva inaugurato l'ultimo tratto di autostrada Tusa-Pollina per completare definitivamente la A20 Palermo-Messina;
   il lotto 31-bis, del tratto Tusa-Pollina, adiacente allo svincolo di Pollina Castelbuono, interferiva con le strade «Regia trazzera Palermo-Messina» e «Regia Trazzera delle Marine». Per tale motivo sono state previste nel progetto di realizzazione del lotto autostradale delle stradelle di raccordo;
   relativamente ai lavori di dette stradelle, risultano essere stati realizzati solamente le tracce e le cunette in conglomerato cementizio, causando grandi disagi e pericolo per i cittadini. Inoltre i mezzi pesanti utilizzati per i lavori di realizzazione dell'autostrada hanno distrutto, in parte, diversi tratti delle regie Trazzere sopra citate;
   diverse volte l'amministrazione comunale di Pollina ha sollecitato il Consorzio autostrade Sicilia di Messina ad intervenire per il completamento delle stradelle, per la regimentazione delle acque meteoriche e per la messa in sicurezza delle stesse, nel lotto in questione, senza ottenere però nessun risultato –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato assumere iniziative per l'immediato completamento delle opere lasciate incompiute, al fine di evitare disagi e pericoli agli utenti delle strade sopra citate.
(5-01516)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TIDEI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'approvazione da parte del Cipe della realizzazione della Orte-Mestre sarà per Civitavecchia e il suo porto un importante collegamento con i corridoi europei, in special modo in questo momento in cui il più grande scalo passeggeri del mediterraneo si appresta a sviluppare anche la sua componente container;
   Civitavecchia può vantare un primato di infrastrutture cielo-terra-mare per la vicinanza all'aeroporto di Fiumicino, la linea ferroviaria Roma-Ventimiglia il porto con rotte che si dipanano verso i paesi del Nord Africa e dell'Europa mediterranea e che accoglie navi turistiche e commerciali da tutto il mondo;
   nel programma del Cipe non sono stati inseriti i 18 chilometri mancanti per il collegamento tra Civitavecchia e Orte, tratto logistico che potrebbe essere cruciale per tutto il centro Italia, permettendo di collegare uno dei porti più importanti del paese con la futura arteria;
   fonti giornalistiche relative al 19 Ottobre 2013 riportano i fatti accaduti nella conferenza Ten- T Days svoltasi a Tallin: «...Il meeting è stato l'occasione per un incontro tra il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Maurizio Lupi, il commissario Kallas e lo stesso Monti, Presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia. Al termine della riunione, è stato firmato il documento che assegna fondi europei delle reti Ten-t all'Autorità Portuale di Civitavecchia e all'Anas per la progettazione del completamento della superstrada trasversale Civitavecchia-Orte, per un importo pari a 2 milioni di euro. Durante l'incontro, sono stati anche evidenziati il ruolo e l'importanza del porto di Civitavecchia nella logistica europea...»;
   è di tutta evidenza che i 18 chilometri incompiuti potrebbero provocare a Civitavecchia e a tutto il comprensorio un notevole danno di carattere socioeconomico, sanabile con uno sforzo nella direzione del completamento del tratto Civitavecchia-Orte, che da molti anni rappresenta una delle richieste più urgenti di tutto il litorale della provincia di Roma –:
   se il Ministro interrogato, dopo aver verificato la situazione descritta in premessa, non intenda convocare un incontro con l'Anas, la regione e gli enti locali interessati al fine di assicurate la copertura economica sufficiente al completamento del tratto Civitavecchia-Orte.
(4-02604)


   MISIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 7 novembre 2013, poco prima delle 10, al passaggio a livello di Pontida (Bergamo), un'ambulanza è stata investita dal treno regionale 5036 Bergamo-Lecco;
   secondo le prime ricostruzioni, l'incidente è da attribuire alla sbarra del passaggio a livello che si sarebbe alzata in anticipo;
   lo scontro ha provocato due morti – Umberto Pavesi (79 anni) e il figlio Claudio (49) – e sei feriti, di cui uno grave. A bordo del convoglio ferroviario vi era una ventina di passeggeri, nessuno dei quali ha riportato lesioni. Il macchinista del convoglio è rimasto ferito in modo non grave;
   a seguito dell'incidente la procura della Repubblica di Bergamo ha aperto un'inchiesta che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati del capostazione di Ambivere (Bergamo). RFI ha a sua volta costituito una commissione di inchiesta per stabilire l'esatta dinamica dell'incidente. Analoga iniziativa è stata annunciata dal presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni –:
   quali iniziative intende promuovere al fine di ricostruire l'esatta dinamica di questo grave incidente e garantire la massima sicurezza nei passaggi a livello ferroviari. (4-02605)


   PAOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la funivia Castellammare di Stabia-Monte Faito, è una struttura storica, inaugurata nel 1952, cui è demandata una funzione importante per lo sviluppo turistico dell'area del Faito che si trova a cavallo tra l'area stabiese e la penisola sorrentina;
   la gestione di questa infrastruttura è demandata, con un contratto di servizio all'EAV, holding dei trasporti della regione Campania. Per i costi di gestione la regione Campania ha riconosciuto all'EAV, fino al 2012, 700.000 euro all'anno;
   questa funivia trasportava sul Faito, nel periodo estivo degli scorsi anni, oltre 40mila persone, ovvero migliaia di auto private e moltissimi autobus, garantendo pertanto la fruizione turistica di quest'area di pregio senza impatti ambientali derivanti dal traffico su gomma;
   detta struttura, alla luce del significativo numero di persone che ha trasportato nel periodo estivo del 2012, è strategica in una politica di sviluppo turistico della regione Campania fondata sulla diversificazione delle offerte e la valorizzazione delle aree montane;
   la funivia Castellammare di Stabia-Monte Faito è stata sottoposta, fino al 2012, alle revisioni e alle manutenzioni ordinarie che ne hanno garantito il funzionamento;
   nel 2013 la regione Campania avrebbe dovuto stanziare i fondi necessari alla manutenzione straordinaria dell'infrastruttura, lavori già progettati dall'EAV, il cui importo complessivo ammonterebbe a poco meno di 2.000.000 di euro, nonché i 700.000 euro a copertura dei costi di gestione;
   la regione Campania non ha stanziato detti fondi e, pertanto, nella stagione estiva del 2013 la funivia del Faito non è stata attivata;
   appare, pertanto, quanto meno discutibile la scelta di non aver attivato la funivia del Faito per la stagione estiva del 2013, per gli impatti che questa scelta ha determinato sul traffico veicolare sia sul Monte Faito che sulla Sorrentina e a Vico Equense, unica strada di adduzione al Monte Faito che ha visto incrementare il traffico veicolare di circa 4.000 bus nel periodo estivo;
   l'eventuale mancata attivazione e manutenzione dell'infrastruttura negli anni a venire ne determinerà il deterioramento, rendendo pertanto sempre più onerosa la riattivazione;
   la riattivazione della funivia, collegata ad una seria politica di promozione turistica e di riqualificazione ambientale, è richiesta, con grande forza dagli operatori turistici, da numerose associazioni e dagli enti locali anche per invertire una tendenza al progressivo abbandono di uno dei luoghi potenzialmente più attrattivi del territorio regionale –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato con riferimento alla vicenda esposta in premessa e quali iniziative per il tramite del commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge n. 78 del 2010 intenda assumere al riguardo. (4-02609)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   CANCELLERI. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il caporalato è un fenomeno criminale diffuso in tutto il territorio nazionale, soprattutto nel Mezzogiorno, che ha ad oggetto lo sfruttamento della manodopera lavorativa, con metodi illegali;
   il «caporale» è un soggetto che, solitamente nelle primissime ore del giorno, adesca manodopera giornaliera non specializzata, per farla lavorare abusivamente ed illegalmente in diversi settori, tra questi l'agricoltura (lavoro nei campi) e l'edilizia (lavoro in cantieri edili abusivi);
   generalmente la manodopera è formata da fasce più deboli e disagiate della popolazione, come ad esempio i lavoratori immigrati;
   tale fenomeno riduce spesso i migranti clandestini e non solo, provenienti dall'Africa, dalla penisola balcanica, dall'Europa orientale e dall'Asia, in condizioni di schiavitù e dipendenza, cioè a lavorare in condizioni disumane nei campi, raccogliendo agrumi, pomodori, olive, e ortaggi vari, coltivati nelle campagne della Sicilia, della Puglia, con turni di lavoro a volte di 15 ore al giorno;
   questa pratica esiste da molto tempo, specie nelle aree agricole italiane, e ciò è documentato dalle cronache recenti e nel caso in contrada Erbe Bianche, a poche centinaia di metri dal centro abitato di Campobello di Mazara (TP), dove è stata allestita una vera e propria tendopoli per ospitare i numerosi extracomunitari giunti nel trapanese per lavorare come braccianti agricoli;
   la tendopoli, composta con allestimenti di cellophane, stracci e legno su un'instabile base di cemento (che è peraltro la medesima che ospitava le baraccopoli allestite a seguito del terremoto del 1968), rappresenta l'unico rifugio per gli extracomunitari che vengono ingaggiati per lavorare in campagna, quasi esclusivamente con il sistema del caporalato;
   nella tendopoli a causa delle pessime condizioni delle stesse, un ragazzo di 20 anni originario del Senegal di nome Ousmane Diallo, è morto domenica 27 ottobre 2013, in seguito all'incendio divampato all'interno di una delle tende nel campo improvvisato a Campobello di Mazara, e solo perché tentava di accendere un fornello a gas per riscaldare del cibo;
   l'articolo 12 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 ha introdotto nel codice penale italiano il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro –:
   quale sia l'effettivo status giuridico della tendopoli che è sorta in contrada Erbe Bianche, a poche centinaia di metri dal centro abitato di Campobello di Mazara (TP) peraltro privo dei servizi essenziali per accogliere i lavoratori e quali iniziative intenda assumere al riguardo;
   quali azioni intenda intraprendere al fine di controllare il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura ed il caporalato, e per contrastare il sorgere di «ghetti». (4-02589)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUOCCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 settembre 2013 sul quotidiano Corriere del Mezzogiorno è stata pubblicata una lettera aperta firmata dal questore di Napoli Luigi Merolla e indirizzata al direttore dal titolo «A Napoli sono aumentate le denunce non i reati» nella quale il questore fa riferimento ad un comunicato/denuncia del 22 settembre 2013 divulgato da una sigla sindacale di Polizia dal titolo «Se la polizia dice che non c’è sicurezza» che parlerebbe della grave escalation della criminalità nel quartiere di San Ferdinando-Chiaia di Napoli;
   nella sopracitata missiva pubblicata, il questore di Napoli Luigi Merolla attribuirebbe al sindacato una gestione delle potestà sindacali che andrebbe a suo dire, ad incidere sull'immagine dei tanti poliziotti, e che tali considerazioni vengano espresse da un sindacato dal ruolo «minoritario», ed infine alludendo che tale sindacato non svolgerebbe propriamente le potestà di tutore dei diritti di categoria –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, il Ministro intenda mettere in atto al fine di comprendere le motivazioni che avrebbero indotto il questore di Napoli ad esternare pubblicamente le affermazioni sopracitate. (4-02598)


   NACCARATO, ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Soveco spa, con sede a Verona in via Cà di Cozzi 41, è una società di costruzioni con capitale sociale di un milione e mezzo di euro ed è di proprietà di Sabina Colturato e di Francesco Urtoler;
   Soveco spa è una delle principali imprese operanti nel territorio di Verona e partecipa alla realizzazione del traforo delle Torricelle, del filobus, di tre impianti di biogas, di parcheggi e centri commerciali e della ristrutturazione dell'ospedale di Peschiera;
   Antonino Papalia, ex marito di Sabina Colturato, secondo notizie pubblicate dai quotidiani veronesi, si occuperebbe degli affari immobiliari della Soveco in Romania, anche mediante l'intervento di alcune società partecipate dalla stessa Soveco;
   Antonino Papalia è stato coinvolto nel 1989 in un'indagine per traffico di esplosivi dal sud al nord Italia e risulta avere precedenti penali;
   Secondo Michele Croce, ex presidente dell'Azienda gestione edifici comunali (Agec) del comune di Verona, la Soveco avrebbe come socio occulto Antonino Papalia e il fatto sarebbe riportato in un'informativa del nucleo di polizia tributaria di Verona: la numero 6164 del 16 luglio 2009;
   l'ex vicesindaco di Verona, Vito Giacino, dimessosi nei giorni scorsi a causa di un'indagine per il reato di corruzione ha acquistato nel 2011, tramite la moglie Alessandra Lodi, un immobile a Verona per un valore di 1,7 milioni di euro dalla Soveco spa;
   le notizie riportate dai quotidiani locali e le dimissioni di Giacino stanno sollevando notevoli preoccupazioni nell'opinione pubblica sul rischio che a Verona operi un'impresa in collegamento con esponenti della criminalità organizzata e che questa impresa abbia stabilito contatti e relazioni con l'amministrazione pubblica;
   queste notizie hanno sollevato grave allarme e grande clamore, specialmente perché seguono altri scandali riguardanti l'amministrazione di Verona e perché, se confermate, getterebbero nello sconcerto l'intera comunità, costretta ad assistere addirittura all'oscuro intreccio di interessi tra imprese, criminalità organizzata e la stessa amministrazione comunale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   se corrisponda al vero il fatto che l'informativa del nucleo di polizia tributaria di Verona numero 6164 del 16 luglio 2009 individua legami tra Antonino Papalia e la Soveco Spa;
   quali provvedimenti, di sua competenza, intenda adottare, anche attraverso la collaborazione degli uffici territoriali del Governo, per far luce sulle presunte relazioni tra l'impresa di costruzioni veronese e la criminalità organizzata.
(4-02606)


   PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Davide Cervia, sottufficiale della Marina Militare Italiana ed esperto di guerra elettronica, scompare a Velletri (Roma) il 12 settembre 1990 poche settimane prima dello scoppio della I guerra del golfo;
   le indagini compiute su denuncia della famiglia da parte della procura di Velletri e dai carabinieri della locale compagnia non hanno mai appurato le ragioni della scomparsa e gli eventuali soggetti coinvolti nella scomparsa;
   la famiglia Cervia ha da sempre sostenuto la tesi del rapimento del loro congiunto da parte di soggetti interessati ad utilizzare le competenze tecniche acquisite dal Cervia nell'ambito delle sue attività nella Marina Militare italiana;
   le indagini degli inquirenti si sono concluse, molti anni dopo, con l'archiviazione dei relativi procedimenti senza che dalle risultanze processuali fossero evidenziate le cause della scomparsa e gli eventuali soggetti coinvolti;
   i Cervia in questi anni, hanno denunciato una serie di depistaggi, ritardi ed omissioni che hanno condotto, a detta degli stessi, a nascondere la verità attorno all'episodio della scomparsa di Davide, ai motivi della scomparsa e ai soggetti coinvolti;
   tra i tanti episodi denunciati, quello di una esplosione avvenuta nell'abitazione dei congiunti del Cervia in data 12 ottobre 2012 che, nonostante secondo i familiari potesse essere ricondotta ad un evento doloso, venne considerata come incidente da parte delle autorità coinvolte;
   l'ultimo episodio in ordine di tempo è quello del 10 ottobre 2013, avvenuto presso il tribunale di Roma;
   la famiglia Cervia, in particolare la moglie Marisa e i figli Erica e Daniele, ha intrapreso una causa civile di risarcimento danni nei confronti dei Ministeri della giustizia e della difesa per denegata giustizia dopo che 23 anni di iniziativa non hanno condotto ad alcuna verità processuale in merito alla scomparsa di Davide;
   all'udienza civile del 10 ottobre innanzi alla sezione II, giudice dottoressa D'Ovidio, l'avvocatessa Licia D'Amico si recava con la famiglia Cervia per chiedere l'ammissione dei mezzi istruttori, composta da una corposa lista testimoniale;
   in attesa dinanzi alla porta della sala d'udienza, i Cervia notavano l'arrivo di due poliziotti in divisa accompagnati da una terza persona in borghese;
   dopo circa una mezz'ora di attesa, durante la quale i poliziotti attendevano di fronte ai Cervia e al loro procuratore, è stata chiamata la causa relativa a Davide Cervia e, all'esito dell'udienza, il giudice si riservava in relazione all'ammissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti;
   usciti dall'aula d'udienza i Cervia e gli avvocati dei Ministeri convenuti, i due poliziotti e la terza persona in borghese entravano immediatamente nell'aula, dove era rimasto il giudice;
   insospettiti dall'episodio, i Cervia attendevano innanzi l'aula unitamente all'avvocatessa Licia D'Amico e dopo circa 2 minuti i tre soggetti suindicati uscivano dalla sala udienza;
   fuori del tribunale, la famiglia Cervia notava la presenza di una volante dove erano presenti i poliziotti visti in precedenza. A quel punto la signora Marisa, moglie del Davide, si recava da loro per chiedere se la loro presenza fosse legata alla vicenda processuale del signor Davide e gli stessi, a detta della signora Marisa, non negavano la circostanza;
   la circostanza descritta, se fosse confermata, costituirebbe un grave episodio di ingerenza immotivata da parte delle forze dell'ordine nell'ambito di un processo civile, volto a valutare il diritto al risarcimento dei danni da parte della famiglia Cervia;
   non si capisce infatti il motivo della presenza dei poliziotti, se fosse legato alla causa dei Cervia, atteso che eventuali informazioni processuali sono facilmente reperibili tramite i procuratori dei Ministeri convenuti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno verificare se la presenza dei rappresentanti della polizia di Stato all'udienza del 10 ottobre 2013, innanzi al tribunale civile di Roma, Sezione II, giudice Dottoressa D'Ovidio, fosse legata alla causa di risarcimento danni promossa dalla famiglia Cervia nei confronti del Ministero della giustizia e del Ministero della difesa e verificare i motivi di quella presenza. (4-02610)


   ZARATTI, SCOTTO, ZAN e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, rilasciate nel corso di alcune interviste, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi hanno suscitato timore e sconcerto nelle comunità locali del basso Lazio;
   dalla desecretazione del verbale della Commissione bicamerale d'inchiesta presieduta all'epoca dall'onorevole Massimo Scalia, viene sostanzialmente confermato quanto affermato da Schiavone nelle varie interviste. Si riferisce tra l'altro della presenza a Formia di un deposito illegale di alcune migliaia di fusti, e che nell'aprile del 1997 all'interno dell'ex cava di Penitro, sita nel territorio del Comune di Formia, furono rinvenuti fusti di rifiuti speciali, con il conseguente sequestro dell'area. Sempre nelle campagne di Formia si fa riferimento alla presenza di un deposito illecito di rifiuti pericolosi;
   a distanza di anni e a seguito delle dichiarazioni di Schiavone, quel rinvenimento ha creato grande allarme e preoccupazioni nella comunità di Formia e del basso Lazio;
   le rivelazioni pur a circa venti anni di distanza, inquietano e preoccupano perché, se confermate, raccontano di un'ecomafia che avrebbe messo e mette in serio pericolo la vita delle comunità del basso Lazio –:
   se in passato, con riferimento al traffico e smaltimento illegale dei rifiuti che ha visto interessati anche i territori di cui in premessa, e anche alla luce delle dichiarazioni di Schiavone, siano stati coinvolti i prefetti, e i vertici della polizia, e se siano state effettuate delle indagini;
   quali iniziative immediate si intendano adottare per verificare l'effettiva esistenza nel basso Lazio di depositi e smaltimenti illegali di rifiuti come affermato dal pentito Schiavone, e conseguentemente se non si ritenga indispensabile monitorare, con le migliori e più aggiornate tecnologie disponibili, e con la collaborazione dell'Arpa regionale e delle ASL, i territori oggetto dei probabili sversamenti, onde accertare, in prima istanza, gli eventuali luoghi oggetto di inquinamento e quindi assumere iniziative per la bonifica delle aree che risultassero contaminate, e il controllo sanitario della popolazione e degli eventuali allevamenti. (4-02611)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale amministrativo della regionale Sicilia – sezione distaccata di Catania (sezione Seconda) – il 18 febbraio 2013 con Sentenza n. 523 sul ricorso numero di registro generale 1262 del 2012, proposto dai genitori di 2 alunni dell'ICS di Valverde (Catania), ha deliberato che l'adozione dell'orario delle lezioni distribuito su cinque giorni settimanali – dal lunedì al venerdì, in funzione del quale il monte ore settimanali è stato ridotto da 30 a 27 ore – non corrisponde a quanto previsto dal Piano dell'offerta formativa consegnato alle famiglie al momento dell'iscrizione dei bambini alla prima classe;
   peraltro, già il C.G.A. Palermo in data 5 settembre 2013, prima dell'inizio dell'anno scolastico 2012/2013, aveva concesso la sospensiva delle delibere impugnate con la seguente motivazione «le modifiche contestate non tengono conto adeguatamente delle esigenze formative degli alunni che sarebbero assoggettati da un orario eccessivamente lungo». Infatti, secondo quanto deliberato dal consiglio d'istituto coi provvedimenti impugnati, l'orario scolastico prevedeva che le classi dalle prime alle quarte elementari avrebbero effettuato lezione (a fronte di un monte ore settimanali immotivatamente ridotto da 30 a 27) dal lunedì al venerdì dalle 8.10 alle 13.40 (con unità oraria ridotta a 55 minuti); le quinte elementari e le scuole medie (con monte settimanale obbligatorio di 30 ore) sarebbero state organizzate dal lunedì al venerdì con orario dalle ore 8.10 alle ore 14.10, per un totale di 6 ore di lezione al giorno, consecutive, senza pausa pranzo. Una forzata «settimana corta» con attività scolastica solo antimeridiana;
   si è a conoscenza del fatto che successivamente alla citata sentenza del TAR Catania la dirigente scolastica dell'istituto in oggetto abbia decretato il ripristino dell'orario delle 30 ore settimanali solo ed esclusivamente per le due classi frequentate dai figli dei due genitori ricorrenti, anziché per tutte le classi intermedie, come da sentenza, e in più i genitori «non ricorrenti» hanno ottenuto dalla dirigente l'autorizzazione a prelevare i propri figli un'ora prima del dovuto;
   tale azione ha determinato il palesarsi di una grave ritorsione nei confronti dei minori – figli dei genitori ricorrenti – che, reintegrati nel loro diritto, sono stati costretti a rimanere isolati nelle rispettive classi e discriminati per una campagna di rivalsa offensiva del diritto e della deontologia professionale nonché degli obblighi del pubblico dipendente;
   i genitori ricorrenti hanno inteso tutelare il diritto alla formazione e all'istruzione degli alunni e che non possono per questo divenire oggetto di ritorsione né gli stessi genitori e meno che mai i loro figli;
   visto il rilievo della notizia è intervenuto anche il sindacato che attraverso la pubblicazione di un comunicato dello scorso 6 giugno 2013 ha dichiarato che «(...) Il pronunciamento del Tar rende evidente le forzature di un sistema scolastico siciliano che pur di ricorrere alla settimana corta, che prevede 30 ore settimanali, e non 40, è disposto a sacrificare ore di lezione fuori da quanto stabilito dalla legge, restringendole addirittura a 27. Tutto questo mentre gli alunni del centro e del nord d'Italia frequentano solitamente 40 ore a settimana; in cinque anni sarebbero 2.145 ore in meno e conseguenziali tagli di posti in organico in un ambito in cui i precari della scuola cercano, al contrario, nuove occasioni di lavoro»;
   il Tar ha obbligato la scuola a mantenere il monte delle trenta ore (e non delle 27 come era stato predisposto dall'istituto) a seguito del ricorso di due genitori che hanno scelto di non privare i propri figli, così come prevede la legge nel rispetto del diritto alla continuità, di preziose ore di studio, seppur condividendo la formula della settimana corta, che sfocia come in tante scuole nel sabato libero ma a fronte di necessari rientri pomeridiani, su cui distribuire le lezioni del sabato;
   l'organizzazione oraria dell'attività didattica è libera nell'esercizio dell'autonomia scolastica, va però esercitata all'interno di un quadro regolativo che ne stabilisce natura, scopi e limiti;
   tale fenomeno di libero arbitrio dell'esercizio dell'autonomia scolastica non è un fenomeno isolato ma interessa la quasi totalità delle scuole della regione Sicilia, generando un decadimento della qualità dell'offerta formativa, un inconfutabile peggioramento della qualità del rapporto insegnamento-apprendimento, il mancato rispetto dei naturali ritmi fisiologici e psicologici dei bambini;
   l'organizzazione oraria oggetto del ricorso al TAR Catania secondo l'interrogante per la riduzione del monte ore settimanale si pone in contrasto con il decreto interministeriale sugli organici, la circolare ministeriale n. 25 del 29 marzo 2012, che in presenza di risorse di organico sufficienti (come nel caso a mano), tutela e garantisce, assegnandogli priorità assoluta, il diritto al mantenimento dei quadri orari degli anni precedenti; per la riduzione dell'unità oraria non recuperata: il decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999 che all'articolo 4 comma 2/b prevede la definizione di unità d'insegnamento non coincidenti con l'unità oraria a fronte dell'utilizzazione degli spazi orari residui nell'ambito del curricolo obbligatorio. Tale recupero dovrebbe quindi essere previsto nel Pof; per l'assoggettamento dei bambini a sei ore di lezione consecutive senza pause pranzo e senza i necessari rientri pomeridiani: il decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999 che all'articolo 1, comma 2 specifica che l'autonomia si sostanzia nella progettazione e realizzazione di interventi adeguati alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti (nel caso bambini dai 5 ai 13 anni) con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento (6 ore al giorno non rappresentano un miglioramento dell'offerta formativa); e ancora il decreto del Presidente della Repubblica n. 89/2009 che all'articolo 5 comma 4 rende obbligatoria per le classi a tempo prolungato di 36 ore settimanali (come stabilito dal comma 3 del medesimo articolo) lo svolgimento di attività in fasce orarie pomeridiane, impedendo quindi di poter ricorrere a 6 ore consecutive su 6 giorni. Per evidente analogia non sono fattibili sei ore consecutive su 5 giorni come previsto dalla organizzazione oraria impugnata –:
   se il Ministro interrogato, in considerazione delle notizie succitate intenda verificare e richiamare al rispetto degli scopi dell'autonomia scolastica e del quadro normativo che la definisce, per assicurare il regolare avvio del prossimo anno scolastico nell'ICS di Valverde (Catania), come in tutte le scuole della regione Sicilia, nell'adempimento della pronuncia del Tar e nel rispetto del diritto allo studio degli alunni e della qualità dell'offerta formativa;
   se il Ministro interrogato non ravveda la necessità di monitorare gli effetti degli ulteriori tagli agli organici causati dal distorto esercizio dell'autonomia scolastica affinché a tutti gli studenti vengano garantite uguali opportunità di apprendimento, sia dal punto di vista qualitativo (adeguata distribuzione delle attività didattiche) sia sotto l'aspetto delle possibilità di scelta tra diverse organizzazioni orarie (settimana corta e settimana lunga).
(5-01509)


   CULOTTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'insegnamento della materia «Navigazione, arte navale ed elementi di costruzioni navali», (codice identificativo 56/A) negli istituti superiori ad indirizzo nautico è disciplinato dal decreto ministeriale n. 39 del 1998 e le sue successive rettifiche ed integrazioni, sancendo che i titoli di accesso per l'insegnamento della suddetta materia sono i seguenti:
    a) Laurea in Scienze Nautiche con un determinato piano di studi; congiuntamente a «Titolo Professionale di Ufficiale di Navigazione della Marina Mercantile»;
    b) Laurea in Ingegneria congiuntamente a «Titolo Professionale di Ufficiale di Navigazione della Marina Mercantile»;
    c) Qualsiasi laurea purché congiunta a «Titolo Professionale di Ufficiale di Vascello della Marina Militare»;
   tale disciplina al momento risulta insegnata da molti docenti che non risultano iscritti nelle «Graduatorie d'istituto», poiché la maggior parte degli aspiranti con la terza categoria di titoli (qualsiasi laurea congiunta a titolo professionale o titolo di ufficiale superiore della Marina Militare, ovvero – a titolo esemplificativo – il Patentino di Aspirante Capitano di lungo corso) sono in possesso di titoli congiunto affini al titolo previsto. Essi sono nominati dai capi d'istituto attraverso una domanda di disponibilità, in quanto non risultano esserci aspiranti nelle graduatorie in molte regioni d'Italia;
   quest'anomalia ha permesso a molti docenti che sono in possesso di titoli d'accesso con qualche difformità rispetto a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 39 del 1998 di insegnare ugualmente la disciplina;
   inoltre, da qualche mese risulta essere terminata la procedura di attivazione dei cosiddetti PAS, percorsi abilitanti speciali, riservati ai docenti non abilitati ma con un periodo d'insegnamento utile per l'accesso. Per la classe 56/A discipline nautiche) sono state inviate a livello nazionale 48 richieste a fronte di un fabbisogno previsto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno 2014/2015 di 104 unità. In Sicilia tale fabbisogno risulta essere di 41 unità a fronte delle 13 domande pervenute –:
   se intenda valutare la possibilità di ammettere agli imminenti percorsi abilitanti speciali, attraverso un'ordinanza ministeriale limitatamente alla classe di concorso 56/A, i docenti che, nonostante presentino dei titoli di accesso che si discostino dal decreto ministeriale n. 39 del 1998, abbiano prestato servizio d'insegnamento della disciplina per diversi anni per mancanza di aspiranti nelle rispettive graduatorie ad esaurimento. (5-01511)


   CAPUA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 38 del 10 gennaio 2002 ha disciplinato le scuole superiori per mediatori linguistici, nate dalla trasformazione delle preesistenti scuole superiori per interpreti e traduttori;
   si tratta di più di 30 realtà, considerate eccellenze formative, presenti su tutto il territorio nazionale, istituite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, al termine dei corsi triennali corrispondenti a 180 crediti formativi universitari, rilasciano titoli di studio equipollenti a tutti gli effetti ai diplomi di laurea rilasciati dalle università al termine dei corsi delle lauree universitarie in scienze della mediazione linguistica;
   giova ricordare che le suddette scuole non comportano alcun onere da parte dello Stato, non godono di alcun finanziamento pubblico, né percepiscono alcuna forma di sovvenzione da parte del Fondo ordinario annuale delle università;
   l'accesso alle scuole per mediatori linguistici avviene dopo aver conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, che presuppone anche una adeguata preparazione linguistica di base;
   tuttavia il suddetto regolamento non consente attualmente alle scuole di rilasciare anche il diploma magistrale di mediatore linguistico equipollente alle lauree magistrali rilasciate dalle università italiane che non consentono agli iscritti delle scuole superiori per mediatori linguistici il prosieguo degli studi in quanto sono una decina complessivamente nel territorio nazionale le lauree magistrali in interpretariato e traduzioni attivate, con pochissimi posti disponibili;
   ad oggi, con il diploma di mediatore linguistico è possibile accedere solo alla magistrale di interpretariato (classe di laurea LM-94) non consentendo ai propri iscritti il prosieguo dei percorsi universitari specialistici secondo le normative che disciplinano le classi di laurea L-12 (ex decreto ministeriale n. 270 del 2004) ovvero l'accesso a corsi di laurea magistrale secondo i regolamenti didattici previsti dalle singole autonomie universitarie;
   si rileva infine che la professione del mediatore linguistico comporta un continuo aggiornamento professionale scientifico e l'obbligo da parte dei professionisti di specializzarsi in alcune aree e settori strategici particolarmente richiesti dal mercato del lavoro, ma al momento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non autorizza le scuole abilitate ad offrire percorsi di alta formazione e aggiornamento professionale, indispensabili per la professione degli interpreti e traduttori e il mantenimento delle competenze professionali maturate –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad eliminare le criticità citate in premessa al fine di consentire ad un settore formativo particolarmente sensibile per professionisti di inserirsi in contesti lavorativi internazionali e dinamici. (5-01513)


   GINATO e SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 112 del 1998 sul decentramento amministrativo e sul trasferimento di funzioni dallo Stato agli enti territoriali ha suddiviso tra comuni e province funzioni amministrative in ambito scolastico, in precedenza a carico dello Stato; tale norma si ritiene stia producendo un effetto di frammentazione delle scelte che riguardano l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole rendendo difficile una programmazione organica, di ampio respiro e soprattutto condivisa dai soggetti interessati: enti locali, dirigenti scolastici, famiglie, studenti;
   in data 30 ottobre 2013 la commissione d'ambito distrettuale di Vicenza ha approvato a maggioranza, con il voto contrario del comune di Vicenza e del comune di Monticello Conte Otto, la proposta di dimensionamento scolastico che coinvolge sette istituti scolastici superiori della città di Vicenza (l'I.I.S.A. Canova, l'I.T.I.S. Rossi, l'I.I.S. Montagna, l'Ist A. Da Schio, l'I.T.A.S. Boscardin, l'I.T.C. Piovene, l'I.P.S.I.A. Lampertico);
   la proposta, ora all'esame della regione Veneto, prevede che: l'istituto Montagna diventi liceo artistico unificato, assorbendo i licei artistici del Boscardin e del Canova; l'istituto Boscardin assorba l'indirizzo tecnico costruzioni del Canova e aggiunga al biotecnologico anche l'indirizzo chimico-tecnico del Rossi e il chimico-professionale del Lampertico; l'istituto Da Schio perda l'indirizzo turismo che verrebbe trasferito all'istituto Piovene; l'istituto Lampertico acquisisca l'indirizzo socio-sanitario del Montagna; l'istituto Rossi perda l'indirizzo chimico tecnico;
   tale riorganizzazione, motivata dalla necessità di razionalizzare i costi e di reperire spazi per gli istituti in crescita, non prevede, all'esame della documentazione resa pubblica dalla provincia, una quantificazione dei risparmi reali;
   tale cambiamento verrebbe assunto anche per gli studenti che già hanno intrapreso un indirizzo di studio, prospettando il rischio di disagi e disorientamento negli studenti e nelle famiglie che al momento dell'iscrizione hanno stipulato con la scuola scelta un patto formativo basato su un determinato percorso, che tiene conto delle identità storiche e delle specificità didattiche dei singoli istituti; inoltre gli studenti dell'ultimo anno della scuola secondaria inferiore, che attualmente seguono percorsi di orientamento scolastico, vivono una situazione di ulteriore difficoltà costretti ad effettuare l'iscrizione alla scuola secondaria superiore senza poter avere piena conoscenza della dislocazione ed organizzazione degli istituti;
   il riordino implica una attenta valutazione delle dotazioni dei diversi edifici scolastici, in particolare i laboratori didattici specificamente destinati alle diverse specializzazioni, il cui spostamento ad altra sede necessita di spese per salvaguardare e ripristinare attrezzature e superfici, il tutto in tempi sufficientemente rapidi per garantire il regolare svolgimento delle attività scolastiche e assicurare la qualità dell'offerta formativa;
   la provincia di Vicenza, negli ultimi 10 anni, sembra non aver riservato investimenti all'edilizia scolastica degli istituti superiori della città e della provincia, i quali si trovano da tempo in una situazione di criticità a causa della ristrettezza degli spazi in proporzione al numero degli studenti iscritti, tale condizione imporrebbe un intervento della provincia affinché si costruissero nuovi plessi e si ristrutturassero quelli esistenti che non rispondono alle norme di sicurezza in vigore;
   la provincia di Vicenza è ora commissariata e priva di un organo di indirizzo politico legittimato ad assumere decisioni programmatorie di così radicale ed ampia portata –:
   se il Ministro ritenga tale proposta coerente con le linee guida fissate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relativamente agli istituti tecnici-professionali;
   se intenda attivarsi per verificare che le dotazioni per lo svolgimento dell'attività didattica siano garantite nel quadro di tale piano;
   se intenda attivarsi perché i tempi di realizzazione della riorganizzazione siano tali da garantire la necessaria progressività e il conseguente rispetto del patto formativo sottoscritto dalle famiglie e dagli studenti;
   se ritenga opportuno assumere un'iniziativa di riforma delle funzioni amministrative in ambito scolastico che vada nel senso della concentrazione nel quadro di una visione organica e omogenea, garantendo pienamente l'attività didattica, confrontandosi con i soggetti coinvolti.
(5-01529)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento europeo, visti gli articoli 6 e 165 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e l'articolo 123 del suo regolamento, considerando che il gioco degli scacchi è accessibile ai ragazzi di ogni gruppo sociale e può contribuire alla coesione sociale e a conseguire obiettivi strategici quali l'integrazione sociale, la lotta contro la discriminazione, la riduzione del tasso di criminalità e persino la lotta contro diverse dipendenze; che indipendentemente dall'età dei ragazzi, il gioco degli scacchi può migliorarne la concentrazione, la pazienza e la perseveranza e può svilupparne il senso di creatività, l'intuito e la memoria oltre alle capacità analitiche e decisionali; e che gli scacchi insegnano inoltre determinazione, motivazione e spirito sportivo; ha approvato la dichiarazione scritta n. 0050/2011 (GUCE 31 agosto 2013) sull'introduzione del programma «Scacchi a scuola» nei sistemi d'istruzione dell'Unione europea ed ha invitato gli Stati membri a incoraggiare l'introduzione del programma «Scacchi a scuola» nei sistemi d'istruzione;
   negli ultimi anni le attività di diffusione scacchistica nelle istituzioni scolastiche si sono moltiplicate in molte regioni italiane, dirigenti scolastici e docenti mostrano un grande interesse per la nostra disciplina, in relazione all'attività didattica propria delle varie scuole, ed in generale alla formazione degli studenti;
   molte recenti ricerche nel campo della didattica evidenziano il ruolo di attività che riescano a coinvolgere attivamente lo studente nei processi di apprendimento come quella scacchistica;
   una ricerca, denominata «Gli scacchi: un gioco per crescere», è stata realizzata presso otto classi terze di scuola primaria nel 2007 dal professore Roberto Trinchero, docente di pedagogia sperimentale presso la facoltà di scienze della formazione dell'università degli studi di Torino, ed ha rilevato come il gioco degli scacchi possa essere un valido ausilio per il potenziamento delle abilità cognitive degli alunni. Detta ricerca ha valutato l'efficacia degli istruttori della federazione scacchistica italiana e dei protocolli didattici da loro impiegati, permettendo di poter affermare che, quando impiegato come strumento pedagogico, il gioco degli scacchi può ben supportare il compito degli insegnanti;
   la pratica scacchistica, oltre alla naturale stimolazione delle competenze logiche, porta all'affinamento dell'intuizione e delle capacità gestionali di qualunque situazione, che produca la considerazione e l'accettazione dei propri limiti e degli eventuali insuccessi, consolidando tramite il gioco il rispetto delle regole e dell'avversario, l'esercizio della pazienza e della correttezza;
   gli scacchi possono rivelarsi un importante strumento didattico per la rimozione di alcuni ostacoli all'apprendimento sia sul piano comportamentale, motivando all'impegno verso un progetto strategico scelto autonomamente, sia su quello delle connessioni logiche, favorendo soprattutto i rapporti di causa-effetto e le aperture del pensiero divergente pur nell'applicazione del pensiero convergente. In particolare, si ritiene che questo tipo di interventi possano essere valido supporto per lo sviluppo di competenze matematiche come declinate nei programmi PISA, cioè connesse ad un uso più ampio e funzionale della matematica, dove si richiede una applicazione nel riconoscere e formulare problemi matematici in varie situazioni (PISA 2003);
   i risultati ottenuti ai test PISA suggeriscono che gli studenti italiani non sanno applicare le abilità costruite a scuola in contesti meno strutturati di quelli in cui sono soliti svolgere le loro attività scolastiche; essi mostrano difficoltà nei processi di riflessione, riproduzione e connessione delle conoscenze matematiche (Fonte UMI);
   questo tipo di difficoltà emergono soprattutto a causa di un pensiero non-scientifico. Gli studenti non sono abituati a pensare usando un rigoroso e coerente approccio scientifico, o meglio, non lo ritengono un riferimento essenziale in molte attività perché lo ritengono circoscritto ad ambiti ben delimitati. Tutte queste considerazioni sono frequentemente presenti nei progetti didattici che sono prodotti dagli istruttori e/o dai docenti impegnati nelle attività scacchistiche a scuola;
   si rileva però che, a fronte di questo lodevole impegno, non esiste un modo organico di approcciarsi a questo nuovo strumento della didattica e molti dei benefici possibili sono dispersi nei rivoli della poca esperienza nel coniugare dette istanze formative nei tempi e modi adeguati;
   attività di avviamento al gioco degli scacchi sono ormai diffuse su tutto il territorio nazionale; sovente questi progetti si sono sviluppati su base locale e a volte in modo sporadico, tramite associazioni scacchistiche le quali, supportando la richiesta degli istituti scolastici a loro vicini, possono fornire istruttori Federazione scacchistica italiana C.O.N.I., in grado di intervenire sulle classi in qualità di «esperti esterni», sia in orario curricolare che extra curricolare;
   la diffusione del gioco degli scacchi nelle scuole sembra quindi dovuta ad una brillante intuizione di un certo numero di docenti che però si scontra con le rigidità del sistema e con l'obiettiva difficoltà nell'introdurre le lezioni da parte degli istruttori Federazione scacchistica italiana C.O.N.I., quando richiesti come esperti, che non appartengono al mondo della scuola;
   è perciò molto importante per migliorare il sistema scolastico nazionale accogliere l'invito del Parlamento europeo ed introdurre il programma «Scacchi a scuola» nel sistema d'istruzione;
   sono necessarie azioni da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per motivare utilmente i docenti della scuola pubblica, affinché essi possano sentirsi adeguati nelle rispettive competenze tecniche, necessarie all'insegnamento del gioco degli scacchi, sapendo ben impiegare questo strumento pedagogico con le finalità sopra esposte;
   esistono già significative esperienze in Italia quale quella nella regione Piemonte dove tramite, il relativo Comitato regionale della federazione scacchistica italiana si è potuto avviare già dal 2005, in forma coordinata con l'ufficio scolastico regionale e il settore istruzione della regione Piemonte, il progetto «Scacchi a scuola in Piemonte», che per il livello qualitativo e quantitativo raggiunto è considerato un esempio di eccellenza nella diffusione scacchistica scolastica e si colloca tra i principali progetti in ambito internazionale;
   la Federazione scacchistica italiana ha elaborato numerose proposte per la diffusione dell'attività scacchistica e, nel settore scolastico, è quanto mai significativa quella denominata «Scacchi a scuola in Italia» che intende fornire un percorso di didattica scacchistica – scolastica alle classi della scuola primaria, in orario scolastico, della durata minima di 50 ore complessive (10 ore per anno) così articolato in varie fasi: a) psicomotricità su scacchiera gigante; b) formazione docenti scolastici; c) insegnamento agli alunni tramite l'utilizzo di internet/intranet; d) impiego degli istruttori federazione scacchistica italiana CONI;
   diversi Paesi hanno già varato programmi governativi che prevedono l'inserimento organico degli scacchi a scuola, tra cui la Cina, la Turchia e l'Egitto, tramite il loro relativo Ministero dell'istruzione. Rendere il gioco degli scacchi una materia scolastica, come appunto sta succedendo altrove, sarebbe ora poco pertinente alla nostra realtà nazionale, in quanto si può definire questo un momento di profonda innovazione strutturale della stessa scuola pubblica, con tutti i risvolti che ciò comporta;
   incoraggiare però l'introduzione del programma «Scacchi a scuola» verificando e attualizzando il protocollo d'intesa fra FSI e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 2008 e destinando risorse specifiche per gli istituti che partecipano al progetto può costituire un modo efficace per migliorare in tempi brevi il servizio scolastico offerto –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo, in attuazione della dichiarazione scritta n. 0050/2011 del Parlamento europeo, per promuovere ed incentivare l'introduzione del programma «Scacchi a scuola» nel sistema d'istruzione nazionale, se intende attualizzare il Protocollo firmato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con la FSI nel 2008 e quante risorse intende destinare a favore degli istituti che aderiscono a tale programma. (4-02585)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 19, 20 e 21 settembre 2013, a Lecce, si è tenuto l'annuale convegno dell'Associazione italiana di economia aziendale (AIDEA);
   in quell'occasione, come pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 15 novembre 2013 nella versione on line, «sono stati anticipati dai commissari i risultati dell'abilitazione scientifica nazionale (ASN) nel settore concorsuale 13 Organizzazione aziendale, che dovevano essere ufficializzati il prossimo 30 novembre, in violazione alle disposizioni amministrative e penali previste dall'ordinamento a tutela del segreto d'ufficio»;
   la notizia, come spiegato dal quotidiano, è stata segnalata da un aspirante idoneo, che, preferendo rimanere anonimo, ha tuttavia rivelato la propria identità all'organo di stampa in questione;
   il giovane racconta di aver scoperto, assieme ad altri, di non aver superato il concorso nel settore 13 B3-organizzazione aziendale in seguito all'anticipazione dei risultati, fatto che ben presto è diventato di pubblico dominio grazie ai mezzi messi a disposizione dalla moderna tecnologia;
   l'abilitazione scientifica nazionale, introdotta dalla cosiddetta «legge Gelmini» (n. 240 del 2011), costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia di docenza universitaria. Non è un concorso e la commissione deve stabilire soltanto se i candidati abbiano un curriculum che soddisfi specifici criteri di qualità. Quindi, con l'abilitazione, gli idonei ottengono solo il titolo che permetterà loro di partecipare alle procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università per l'attribuzione dei posti;
   le procedure di abilitazione prevedono: commissioni di abilitazione nazionale autorevoli, composte da 5 studiosi di elevata qualificazione scientifica di cui, per la prima volta, uno straniero o italiano attivo all'estero; il sorteggio dei commissari tra coloro che presentano un curriculum scientifico di qualità; l'informatizzazione delle procedure per consentire la più ampia partecipazione all'estero; l'abolizione dell'elezione dei commissari per evitare cordate e accordi interni; l'attribuzione dell'abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con decreto ministeriale, sulla base di pareri dell'ANVUR e del CUN;
   «il Regolamento pone fine ai concorsi truccati e introduce l'abilitazione nazionale secondo criteri meritocratici e di trasparenza, i principi cardine del ddl Gelmini che vuole così colpire baronie, privilegi e sprechi»: è quanto riferiva il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in un comunicato stampa del 21 gennaio 2011, all'indomani dell'approvazione del decreto attuativo in Consiglio dei ministri;
   nel corso del question time del 16 ottobre 2013, alla Camera dei deputati, il Ministro interrogato, ha chiesto alla comunità accademica italiana «di impegnarsi attivamente e con spirito di servizio perché tutte le procedure concorsuali avvengano con il massimo rigore, nel rispetto dei principi di etica pubblica, a tutela dei candidati e con la massima trasparenza. La reputazione delle comunità scientifiche dipende anche dalla capacità di gestire le selezioni e le scelte con autorevolezza e assoluta terzietà» –:
   se il Ministro interrogato intenda accertare la veridicità dei fatti esposti in premessa e, in caso di conferma, procedere con un provvedimento di sostituzione dei commissari per la prossima sessione selettiva al fine di ristabilire un clima di affidabilità e correttezza. (4-02591)


   DI GIOIA, MONGIELLO, MICHELE BORDO, SANNICANDRO, CERA e LEONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 9 agosto 2013 «Decreto criteri e contingente assunzionale delle Università statali per l'anno 2013» e la relativa distribuzione del contingente di risorse espresso in termini di Punti Organico, si è determinata, di fatto, un'evidente disparità di trattamento fra gli atenei;
   il CUN (Consiglio universitario nazionale) con una mozione, datata 23 ottobre 2013, ha evidenziato che la ripartizione dei PO 2013 favorisce «gli Atenei che si trovano in una situazione economico-finanziaria molto solida, andando però a penalizzare gli Atenei che si trovano in una situazione combinata di costo del personale e indebitamento comunque ritenuta positiva dalla normativa vigente (decreto legislativo n. 49 del 2012)»;
   tale decreto appare in netta contraddizione con il rapporto approvato dalla settima commissione del Senato il 30 ottobre 2013, ove «si auspica che la distribuzione delle poche risorse disponibili per il rimpiazzo delle cessazioni non penalizzi pesantemente intere aree del Paese aggravando gli squilibri territoriali proprio in un campo strategico come l'alta formazione e la ricerca»;
   i rettori delle università di Bari, del Politecnico di Bari, di Foggia, del Molise e del Salento hanno approvato una mozione nella quale si denuncia la grave violazione dei principi costituzionali di eguaglianza, di autonomia universitaria e di sussidiarietà, in quanto gli indicatori utilizzati per il computo dei punti organico, basati sul rapporto tra le entrate complessive delle università (tra cui, la contribuzione studentesca) e i costi fissi, sono logicamente molto condizionati dal contesto socio-economico di ubicazione dei singoli atenei;
   gli stessi continuano denunciando che «alla luce dei cospicui tagli al FFO già effettuati negli anni precedenti, non sarà più possibile garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale standard qualitativi per consentire ai cittadini di fruire dello stesso diritto all'istruzione e alla conoscenza» –:
   se non si ritenga necessario, tenuto conto che gli investimenti per le università non costituiscono un costo, ma un fondamentale volano per lo sviluppo socio-economico del Paese, prevedere:
    a) l'immediato ripristino della clausola di salvaguardia in piena conformità con la vigente normativa (articolo 7, comma 6, decreto legislativo n. 49 del 2012), con cui lo scorso anno è stato previsto, per ogni università, al massimo il 50 per cento dei punti organico relativi alle cessazioni dei rapporti di lavoro dell'anno precedente (articolo 2, comma 1, sub a), decreto ministeriale n. 297 del 2012);
    b) la rapida emanazione del decreto ministeriale per fissare il costo standard unitario di formazione per studente, da determinarsi anche in riferimento ai «differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera ogni singolo ateneo» (articolo 8, decreto legislativo n. 49 del 2012);
    c) l'applicazione delle finalità della disposizione, finora disattesa, prevista all'articolo 8, comma 11, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2001, con la previsione di quote aggiuntive per la parte di incentivazione del Fondo di finanziamento ordinario, tenendo conto dell'impegno degli atenei nelle politiche per il diritto allo studio (specie con riferimento all'incremento del numero degli esoneri totali rispetto all'anno accademico 2000/2001, all'esonero dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari degli studenti idonei non beneficiari di borsa di studio e dei contributi per la mobilità internazionale);
    d) l'introduzione della disposizione, già vigente in materia sanitaria dal 2004 al 2010, per effetto della quale le spese del personale docente e tecnico-amministrativo in regime convenzionale con il sistema sanitario nazionale sono state ricomprese solo per due terzi tra quelle fisse obbligatorie di ateneo (per il 2004, articolo 5, comma 2, decreto-legge n. 97 del 2004, convertito con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004);
    e) l'introduzione di un correttivo al riparto delle risorse, avendo riguardo agli imprescindibili indici di deprivazione sociale elaborati dall'Istat (percentuale di popolazione minore di 6 anni con licenza elementare o meno – cosiddetta deprivazione culturale), percentuale di popolazione disoccupata o in cerca prima occupazione (cosiddetta deprivazione di risorse di potere), indice di affollamento (numero di occupanti per 100 metri quadrati) e percentuale di abitazioni occupate in affitto, percentuale di famiglie monogenitoriali con figli dipendenti conviventi (che esprimono la mancanza di sostegno sociale);
   se non si ritenga indispensabile, su tali delicate questioni, arrivare ad un momento di confronto fattivo con il Consiglio nazionale universitario al fine di individuare possibili percorsi correttivi atti ad attenuare gli effetti drammaticamente sperequativi conseguenti all'applicazione dell'attuale modello di ripartizione. (4-02602)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NARDELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è attraversata da una crisi occupazionale tra le più drammatiche mai registrate negli ultimi decenni. Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 194 mila (dati Istat riferiti a settembre 2013), si attesta al 12,5 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese di agosto (2013) e di 1,6 punti nei dodici mesi;
   complessivamente nei primi nove mesi del 2013 sono state presentate 1.431.627 domande di cassa integrazione, con un aumento del 27,7 per cento rispetto al 2012 (Rapporto Inps 2013). Il rapporto Unioncamere registra, invece, la chiusura da gennaio a maggio 2013 di ben 5.334 aziende. La regione in cui si sono verificati più fallimenti è la Lombardia con ben 1.211 fallimenti, 95 in più dell'anno scorso, un dato allarmante che fa emergere la condizione di milioni di famiglie che si sono ritrovate improvvisamente senza reddito e prospettive;
   in un quadro così difficile la chiusura di un altro stabilimento e il licenziamento di 50 operai assume una rilevanza particolare specialmente se una sentenza della corte d'appello si è espressa a favore del loro reintegro. Lo stabilimento Alfa Romeo di Arese, aperto all'inizio degli anni sessanta era il più grande della casa automobilistica Alfa Romeo. L'impianto industriale ricopriva un'area molto ampia, interessando oltre al comune di Arese anche quelli di Rho, Lainate e Garbagnate Milanese. Dal 2011 la fabbrica è totalmente chiusa e attualmente in parte dismessa nell'insediamento di Arese rimane solo il museo storico Alfa Romeo chiuso al pubblico dal 2011 e la sede operativa del Customer Services Centre del gruppo Fiat;
   nel 1986 l'Alfa Romeo viene ceduta alla FIAT dall'IRI (Istituto per la ricostruzione industriale), i dipendenti sono 16.000 ma ad un anno dall'acquisto, per la procedura di risanamento aziendale in cassa integrazione guadagni si riducono a soli 6.000 operai per poi svuotarsi completamente negli anni successivi. Nel 2009 gli ultimi 70 operai dell'ex Alfa Romeo vengono assunti da Innova Service srl, la società che gestiva i servizi dell'area a seguito di un appalto quinquennale (2009-2014) stipulato con ABP Srl (AIG-Lincoln–FIAT) e altri proprietari dell'area dell'Alfa. A fine 2010 il contratto tra Innova Service e ABP viene anticipatamente risolto e gli operai licenziati nel febbraio del 2011;
   nel 2011 il tribunale di Milano, sezione del lavoro, con la sentenza n. 6420 si esprime a favore degli operai dichiarando illegittimi i licenziamenti. Con delibera della giunta regionale della Lombardia del 28 novembre 2012 n. IX/4467 viene stipulato il protocollo d'intesa tra Agenzia regionale per l'istruzione e il lavoro (ARIFIL), comune di Arese e Tea Spa (società che acquista l'area industriale da ABP srl) relativa alla situazione occupazionale area Fiat Alfa Romeo Arese;
   «Nell'ambito della costruzione, commercializzazione e apertura al pubblico di un nuovo insediamento in Arese (Milano), sulle aree dove sorgevano gli stabilimenti FIAT-Alfa Romeo, la società (Tea s.p.a.), titolare delle domande di autorizzazione amministrativa alla realizzazione, manifestava la volontà di intervenire a sostegno di una particolare situazione di criticità sociale generatasi per un gruppo di ex dipendenti Alfa Romeo ancora privi di un'occupazione stabile. La società Tea s.p.a. rese unilateralmente disponibile — pur sostenendo di non avere alcun vincolo o obbligo in tal senso — una somma di euro 2.200.000 al fine di sostenere un intervento straordinario di ricollocazione per questo gruppo, concedendo in alternativa un sostegno straordinario al reddito teso al raggiungimento dell'età pensionabile o al superamento di una momentanea situazione di disagio economico, comunque a fronte della rinuncia da parte di ciascun lavoratore interessato a qualsiasi pretesa o diritto nei confronti delle aziende che interverranno nella realizzazione del nuovo polo di insediamento». È quanto si legge nella delibera della giunta regionale n. IX/4467 del 28 novembre 2012;
   dopo un anno da tale accordo, non è stata erogata nemmeno una parte della somma stanziata, in quanto la società (Tea srl) precisa che essa è «sospensivamente condizionata all'effettivo rilascio delle autorizzazioni amministrative e tutti i permessi di costruire definitivi», che tra l'altro risultano rilasciati, tant’è che il comune di Arese ha improvvisamente detto di voler procedere. Ancora una volta a pagare sono stati i lavoratori che si sono ritrovati senza reddito né stipendio. La clausola di rinuncia da parte dei lavoratori interessati ad avanzare qualsiasi pretesa ed a rinunciare ad ogni diritto nei confronti delle aziende, tra cui ABP Srl ed i suoi aventi causa (tra cui Tea srl) che sarebbero intervenute nella realizzazione del nuovo polo di insediamento, non può pregiudicare l'applicazione di diritti acquisiti per legge e stabiliti in una sentenza;
   il 26 giugno 2013, infatti, con sentenza della corte d'appello registro generale n. 2157/2012 è stato riconosciuto agli appellanti il diritto ad essere reintegrati nel proprio o in un equivalente posto di lavoro e il risarcimento del danno corrispondente alle mensilità maturate dalla data del licenziamento alla reintegra;
   ad oggi i lavoratori, nonostante la sentenza in appello, a quanto consta all'interrogante, non sono stati reintegrati, non godono di alcun ammortizzatore sociale, non hanno beneficiato del sostegno al reddito promesso dalla regione Lombardia e, soprattutto, non vedono alcuna volontà di riassunzione nel rispetto di quanto disposto della corte d'appello di Milano, con le famiglie allo stremo e senza aiuti –:
   se i Ministri interrogati non ritengano urgente assumere ogni iniziativa di competenza a seguito della sentenza della corte di appello di Milano del 26 giugno 2013 registro generale del lavoro n. 2157/2012, che si è espressa in favore del reintegro dei lavoratori licenziati e del pagamento degli arretrati mensili, compresi gli oneri previdenziali dalla data del licenziamento, al fine di garantire a queste famiglie di poter tornare a vivere in una condizione di rispetto, oltre che dei diritti, della dignità dei lavoratori e delle loro famiglie. (5-01518)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la concessionaria automobilistica «Progetto 3000» sita a Muggia (TS) — con succursali a Staranzano (Monfalcone) e Cervignano del Friuli (Udine) — è fallita nel 2012 a causa di un passivo che ha superato i cinque milioni di euro di crediti vantati dalle banche;
   nonostante il perdurare della crisi del comparto automobilistico legata al crollo delle vendite la curatela fallimentare, su sollecitazione delle organizzazioni sindacali, ha determinato la scelta di fare ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per tutti i dipendenti legati all'industria e la cassa in deroga (CIG) per i dipendenti afferenti al commercio;
   dopo oltre sei mesi di trattativa, lo storico autosalone legato ai marchi Renault e Nissan è divenuto di proprietà della società udinese Autonord Fioretto, che nel capoluogo friulano commercializza da anni le due marche di autoveicoli summenzionati. La nuova dirigenza ha assunto il 50 per cento dei dipendenti con l'opzione di contrattarne altri al determinarsi del consolidamento del fatturato;
   la prima domanda di Cassa integrazione guadagni straordinaria — successivamente autorizzata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali — è stata presentata con un accordo sindacale sottoscritto presso la regione Friuli Venezia Giulia il 27 luglio 2012 ai sensi di dell'articolo 3, comma 1 della legge n. 223 del 1991 per un numero di 33 lavoratori (sui 70 totali) e per la durata di 12 mesi a decorrere dal 12 luglio 2012;
   al determinarsi delle condizioni per un ulteriore proroga della Cassa integrazione guadagni straordinaria, il 16 maggio 2013 le parti sociali hanno sottoscritto un nuovo accordo, presso la regione Friuli Venezia Giulia, per ulteriori 6 mesi a decorrere dal 12 luglio 2013, riferita a 19 lavoratori;
   ad oggi, dopo sei mesi dalla richiesta, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha ancora autorizzato la Cassa integrazione guadagni straordinaria, circostanza che aggrava la condizione economica dei lavoratori interessati –:
   se il Ministro interrogato intenda autorizzare al più presto la Cassa integrazione guadagni straordinaria ai 19 lavoratori della «Progetto 3000»;
   per quali motivi la richiesta di Cassa integrazione guadagni straordinaria non sia stata ancora evasa dopo sei mesi;
   se esistano ulteriori casi di ritardo nell'autorizzazione di Cassa integrazione guadagni e Cassa integrazione guadagni straordinaria, quali ne siano i motivi e con quali strumenti e tempistiche si intenda intervenire. (5-01521)


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di luglio 2011 il presidente e il direttore provinciale di Catania dell'Anfe sono stati raggiunti da avviso di garanzia per l'indagine relativa all'utilizzo dei fondi per il quinquennio 2005/2010;
   nel mese di settembre 2011 l'ente è stato commissariato dall'Anfe nazionale con la nomina del dottor Gaetano Calà quale commissario straordinario e rappresentante dell'ente;
   da allora è stato avanzato un piano di riorganizzazione con conseguente rideterminazione dell'organigramma, dell'adeguamento alle norme vigenti sulla sicurezza, del servizio reso ai cronisti;
   i dipendenti sostengono che risultano ampiamente disattesi tutti gli accordi stipulati e di essere in attesa di ben venti mensilità quasi due anni di stipendio;
   le indagini della magistratura riguardano il periodo 2005-2010 e quindi gli stipendi mancanti riguardano un periodo che è fuori dall'inchiesta;
   rimane tutta la necessità di procedere ad una riforma complessiva della formazione professionale;
   si è in piena emergenza per questi lavoratori e per le proprie famiglie che si sono indebitate e non riescono più a far fronte alle esigenze primarie –:
   se e quali iniziative per quanto di competenza, il Ministro intenda attivare con la massima urgenza in relazione alla situazione descritta in premessa. (5-01532)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAVAGNO e PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Venice Holdings s.r.l., ha firmato con il gruppo inglese Dixons un accordo di investimento dove verranno conferite nella newco comune l'intero capitale di Unieuro spa e Sgm Distribuzione s.r.l. (Marco Polo-Expert), azione intesa a dare vita a un nuovo progetto di industria nel settore del commercio al dettaglio di prodotti elettronici;
   la newco comune sarà partecipata da Venice Holdings all'85 per cento e dal gruppo Dixons al 15 per cento; la chiusura dell'accordo, prevista per la fine di novembre 2013, è comunque condizionata dalla decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che deve pronunciarsi sull'operazione;
   il fatturato di Unieuro spa e Sgm Distribuzione s.r.l., è stato superiore a 1,3 miliardi euro e vale circa il 10 per cento del mercato nazionale;
   nonostante il fatturato in attivo l'azienda ha annunciato oltre 200 esuberi nella sede di Piacenza per quanto riguarda gli uffici amministrativi e i magazzini che si occupano della logistica e 70 dipendenti Unieuro della sede di Monticello d'Alba (CN);
   Sgm Distribuzione s.r.l. ha informato i sindacati di non poter agire a favore del futuro dei lavoratori, sia per quanto concerne gli ammortizzatori sociali, sia per gli interventi di riqualificazione;
   il ridimensionamento perentorio delle strutture di Unieuro che non si occupano di vendita, con lo scopo di accorparle a quelle di SGM distribuzione, rischia di metter a repentaglio molti posti di lavoro, aumentando il rischio di accrescere le liste di mobilità e di disoccupazione impoverendo di fatto il polo logistico –:
   se siano a conoscenza delle problematiche esposte in premessa;
   quali azioni intendano intraprendere per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali;
   se non intenda aprire un tavolo nazionale di confronto con lo scopo di avviare un dialogo finalizzato a tutelare la continuità occupazionale. (4-02593)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, a causa di un violento nubifragio a sud di Salerno, si sono verificati numerosi danni nei territori del Cilento, in particolare nei comuni di Castellabate e di Laureana Cilento;
   il decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, come modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008, n. 82, consente che a favore delle aziende agricole danneggiate possano essere concessi i seguenti aiuti:
    a) contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile media ordinaria;
    b) prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio nell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso e per quello successivo;
    c) proroga delle rate delle operazioni di credito agrario in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso;
    d) contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte;
    e) il ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, con onere della spesa a carico del fondo di solidarietà nazionale –:
   in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire affinché siano individuate nell'immediato risorse straordinarie che possono soddisfare le più urgenti esigenze del territorio e dei suoi abitanti e che sappiano garantire il rilancio economico, sociale ed occupazionale del comparto agricolo salernitano;
   quali iniziative intenda assumere per integrare le somme necessarie a rimborsare i cittadini e le aziende agricole dei danni subiti, nonché per ottenere una proroga rispetto al pagamento dei mutui per le imprese agricole del comparto gravemente danneggiate;
   quali iniziative di competenza intenda attivare per la copertura del mancato reddito dei lavorati agricoli dei territori colpiti. (5-01510)


   SBROLLINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo comparso sul Giornale di Vicenza di mercoledì 6 novembre 2013, pagina 8, apprendo che dei 154 milioni di euro dovuti agli imprenditori agricoli del Veneto per il pagamento anticipato dei premi per la domanda unica 2013, mancano ancora all'appello circa 56 milioni di euro;
   la Commissione europea ha autorizzato tale pagamento anticipato; Avepa, l'agenzia regionale che si occupa dei pagamenti, ha avviato le procedure per il pagamento il 16 ottobre 2013. Tuttavia, Avepa non ha risorse a causa della mancata assegnazione dei fondi necessari da parte di Agea, l'agenzia nazionale per i pagamenti in agricoltura;
   risulta che Agea sia in attesa del reintegro di cassa da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Infatti, una volta esauriti i soldi in cassa a disposizione di Agea, quest'ultima deve attendere la successiva anticipazione ministeriale per poter continuare ad effettuare i pagamenti;
   sembra che il problema non riguarda solo la domanda unica, ma anche il pagamento delle domande relative al Psr-programma di sviluppo rurale per le quali l'Agenzia eroga una media di circa 14 milioni di euro al mese, e per cui bisognerà attendere l'assegnazione di nuove risorse da parte del Ministero;
   nonostante la puntualità nel richiedere le anticipazioni di cassa per essere tempestivi nei pagamenti, il meccanismo della tesoreria unica a livello nazionale mette in difficoltà gli organismi pagatori virtuosi e penalizza drammaticamente gli imprenditori agricoli;
   tale meccanismo costringe ad attendere lunghe e antieconomiche procedure burocratiche e non tende a garantire un sistema snello ed efficiente –:
   se i Ministri siano a conoscenza di quanto sopra;
   se e come intendano intervenire per sollecitare l'assegnazione delle risorse finalizzate al tempestivo pagamento anticipato dei premi per la domanda unica 2013;
   se non intendano mettere in atto politiche atte a sburocratizzare il meccanismo sopra esposto per valorizzare l'impresa rurale e renderla più efficiente. (5-01512)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, L'ABBATE, GAGNARLI, GALLINELLA e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il «fund rising» si sta indirizzando in maniera decisa sulle multinazionali americane dei settori food e digitale, come riportato sul Sole 24 Ore del 14 novembre 2013. Proprio gli Stati Uniti sono il paese che più di altri investirà nell'Expo 2015 con 35 milioni di euro, insieme a Cina, Germania e alla stessa Italia. Finora sono state contattate 70 aziende, tra le quali anche le grandi catene del food come la Coca Cola, McDonald's e Starbucks nonché le multinazionali impegnate nelle biotecnologie, come la Monsanto, partner di Aigacos (Associazione italiana per la gestione agronomica e conserviera del suolo) sviluppatrice del progetto «100 Km blu per l'Expo 2015 di Milano». Tra i sostenitori della Aigacos si annoverano, inoltre, la Basf e la Bayer per gli agenti agrochimici;
   il percorso che porterà Milano ad ospitare l'Esposizione universale nel 2015, sta attraversando negli ultimi giorni il terreno forse più determinante per la sua riuscita, ossia la ricerca degli sponsor che finanzieranno gran parte dell'evento;
   il tema scelto per la manifestazione sarà l’«alimentazione sostenibile», visto il continuo aumento demografico mondiale; con l'obiettivo del diritto ad un'alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta; centralizzazione del ruolo del territorio; genuinità del cibo; preservazione ed individuazione dei migliori strumenti di controllo e di innovazione;
   la Coca Cola è protagonista in diversi Paesi del Terzo Mondo, Africa in testa, del depauperamento delle risorse idriche al fine di produrre il prodotto finale, ritenuto da molti autorevoli nutrizionisti mondiali come «non salubre» e concausa dell'aumento della percentuale di obesità nella popolazione americana;
   il modello di nutrizione diffuso da multinazionali alimentari, quali appunto la McDonald's, non appare certo quello a cui vorrebbe puntare la manifestazione: animali che forniscono la carne per gli hamburger costretti a continue gravidanze ed imbottiti di antibiotici e farmaci sono il suo marchio di fabbrica;
   la Monsanto, è specializzata nella produzione di erbicidi, di ormoni di sintesi e di sementi geneticamente modificate, accusata di pressioni nel corso della Conferenza di Kyoto del 1997 affinché la Conferenza stessa non inserisse gli HFC (idrofluorocarburi, sostanze che contribuiscono in misura notevole all'effetto serra) fra i gas da ridurre –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se esista una linea per la ricerca degli sponsor internazionali dell'Expo 2015 Milano che avrà come tema «l'alimentazione sostenibile», in considerazione del fatto che le aziende già contattate o che risulta saranno contattate a breve nulla hanno a che fare con tale tema. (4-02587)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Food standards agency del Regno Unito ha assegnato il bollino rosso all'olio extra vergine d'oliva;
   nella Gran Bretagna è in vigore da qualche tempo un sistema grafico indicante la salubrità degli alimenti, gestito dalla Food standards agency. Dal colore verde al rosso, cioè dal più salubre e consigliato, al più malsano e da evitare, o quantomeno da utilizzare solo in maniera occasionale;
   la predetta agenzia inglese ha assegnato all'olio extra vergine d'oliva, re delle dieta mediterranea, il bollino rosso, catalogandolo sostanzialmente come un prodotto malsano;
   l'olio extra vergine di oliva è, come ricordato dal coordinatore dell'associazione «Città dell'olio» della regione Puglia, «alimento portante della nostra dieta mediterranea, recentemente riconosciuta patrimonio dell'umanità dall'Unesco»;
   tale classificazione quasi certamente produrrà una ricaduta negativa sulle esportazioni verso quel Paese, con danni per il settore olivicolo –:
   quali interventi urgenti si intendano porre in essere a difesa dell'olio extra vergine di oliva, prodotto dalle indiscutibili qualità nutrizionali e salutistiche, e del comparto olivicolo italiano. (4-02596)


   GAGNARLI, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, GALLINELLA e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la commissione del consiglio regionale della Toscana ha cominciato a discutere della proposta di aprire la caccia al lupo, come risoluzione del problema dei danni provocati alla zootecnia regionale;
   la legge regionale che in Toscana regola la materia è la n. 26 del 4 febbraio 2005 (tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione), che prevede il finanziamento di opere di prevenzione a tutela del patrimonio zootecnico, ed incentiva la stipula di contratti assicurativi per i danni causati al patrimonio zootecnico dall'attacco di animali predatori;
   ad oggi in Toscana qualsiasi analisi, verifica e messa in opera puntuale e monitorata di possibili attività di prevenzione non è stata effettuata e la legge regionale sopra indicata risulta ancora inapplicata;
   in Italia – spiega l'associazione ambientalista WWF nell'articolo pubblicato da greenreport.it – i danni da lupo (cioè quelli effettivamente provocati da questo predatore) corrispondono a poche centinaia di migliaia di euro all'anno, che dovrebbero correttamente essere rimborsati ai nostri allevatori;
   in Italia ad oggi, neanche grazie ai dati ISPRA, è possibile conoscere la puntuale distribuzione nazionale dei danni da fauna selvatica, quanti di questi sono ascrivibili ai lupi e quanti invece ad altre specie, tra cui gli «ibridi» lupo-cane ed i cani rinselvatichiti;
   sarebbe opportuno che le politiche locali incentivassero l'applicazione della legge n. 281 del 1991, che punta alla limitazione del randagismo e dell'abbandono dei cani padronali, e quindi dei danni commessi dai cosiddetti «ibridi» lupo-cane e dai cani rinselvatichiti; in questo contesto il Wwf è attivo con il progetto «Life Ibriwolf» per fronteggiare il problema dell'ibridazione cane-lupo, proprio in Toscana con la provincia di Grosseto;
   la convivenza tra la animali da allevamento e predatori è possibile – come dichiara Dante Caserta, presidente del Wwf Italia sulla base di dati scientifici e conoscenze puntuali – e deve basarsi su prevenzione, gestione adeguata della zootecnia e gestione dei cani randagi e vaganti, per eliminare il problema delle ibridazioni lupo-cane, piuttosto che affidarsi a soluzioni semplicistiche come quella di rendere cacciabile la specie;
   in data 29 maggio 2013, il M5S ha presentato una risoluzione n. 7-00024 in Commissione agricoltura della Camera dei deputati, ad esito del dibattito sulla quale è stata approvata il 19 giugno 2013 la risoluzione 8-00003, con la quale il Governo si è impegnato, tra le altre cose: «a proseguire iniziative di monitoraggio, di studio e di ricerca, coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali preposti e le associazioni interessate, per individuare una strategia di sistema su scala nazionale per gestire i problemi esposti in premessa;
   ad affidare all'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) il compito di definire un protocollo operativo e una banca dati per la raccolta a livello nazionale dei dati sui danni attribuiti alla fauna selvatica o inselvatichita riguardanti le attività agricole e zootecniche ed i relativi indennizzi;
   a concordare con le regioni le modalità di gestione operativa da seguire sulla base del protocollo operativo, al fine di portare l'entità dei danni diretti e indotti al di sotto di una soglia di sopportazione fisiologica, riconducendoli nei limiti del normale rischio di impresa e garantendo, da un lato, gli introiti economici di chi lavora nel settore e, dall'altro, il regolare funzionamento degli ecosistemi;
   a promuovere, pertanto, nell'ambito della programmazione – nazionale e regionale – dello sviluppo rurale, quelle misure di prevenzione e di sostegno per i danni diretti e indotti causati dalle specie protette, promuovendo specifici bandi nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale per investimenti non produttivi destinati ad interventi strutturali da parte delle aziende agricole per la prevenzione dei danni da fauna selvatica;
   ad adoperarsi al fine di favorire, nell'ambito della prossima programmazione della PAC 2014-2020, nei programmi di sviluppo rurale regionali una specifica misura per la prevenzione dei danni e per il cofinanziamento di strumenti di gestione del rischio (assicurazioni) anche per i danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica;
   a predisporre una adeguata procedura di verifica e di quantificazione del danno fondata su un protocollo basato su: una procedura standardizzata e rigorosa per la raccolta dati; personale tecnico specializzato, sottoposto a specifica formazione, incaricato dell'accertamento del danno da effettuare entro poche ore dalla predazione; a valutare l'opportunità di favorire lo sviluppo di un programma di erogazione di fondi per la conservazione dei grandi carnivori che riguardi anche l'aspetto dei danni diretti e indotti da questa eventualmente causati;
   con particolare riferimento alle iniziative di conservazione del lupo, ad assicurare l'integrità della specie e la salvaguardia della sua identità genetica dal pericolo di ibridazione e contestualmente la tutela delle attività agricole, mediante una gestione e pianificazione delle attività di pascolo che determini un contenimento del fenomeno degli attacchi al patrimonio zootecnico; a tal fine, si dia seguito ai piani di gestione già messi a punto dall'ISPRA – riportanti l'analisi dei danni, le misure di prevenzione, la regolamentazione del pascolo ed il risarcimento dei danni – da recepire e formalizzare con apposito atto;
   ad intervenire con urgenza presso le competenti istituzioni locali per approntare una efficace strategia per ridurre il fenomeno del randagismo e, stanziando le opportune risorse, per l'ormai improcrastinabile applicazione della legge n. 281 del 1991 recante «Norme per la tutela degli animali di affezione e la prevenzione del randagismo», la cui inadempienza è la causa del fenomeno dei cani inselvatichiti ovvero a procedere, laddove necessario, all'esercizio dei poteri sostituitivi, nonché al commissariamento delle regioni e dei comuni che persistano nella inadempienza alla stessa legge n. 281 del 1991;
   ad assumere in sede europea, previa verifica delle misure adottate da altri Paesi europei per fronteggiare problemi analoghi, le iniziative eventualmente necessarie per adeguare il quadro normativo vigente alle esigenze dell'agricoltura italiana, al fine di assicurare la sostenibilità delle attività agricole e zootecniche nel rispetto delle esigenza di tutela delle specie animali» –:
   cosa intende fare il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue prerogative, per dare concreta attuazione agli impegni presi con la risoluzione sopracitata, in particolare a quelli citati in premessa e con quale tempistica di programmazione. (4-02608)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, CECCONI, BARONI, DI VITA, LOREFICE, VILLAROSA, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge del 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia di sanità, successivamente convertito dalla legge n. 57 del 23 maggio 2013, al fine di accertare la validità della metodica, è stata prevista una sperimentazione clinica concernente terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, sul presupposto documentato dell'assenza di gravi effetti collaterali sui pazienti in cura presso gli Spedali Civili di Brescia come da protocollo della «Stamina Foundation». In particolare, in base al suddetto decreto la sperimentazione doveva durare 18 mesi e proprio per assicurare il suo svolgimento furono stanziati 3 milioni di euro;
   il 10 ottobre 2013 il Ministro interrogato ha comunicato la decisione di non proseguire la sperimentazione del metodo Stamina a seguito del parere negativo emesso dal comitato scientifico istituito dal decreto ministeriale 18 giugno 2013;
   il metodo scientifico per definizione consiste nella raccolta di dati tramite l'osservazione e l'esperimento. Tale giudizio appare viziato ab origine alla luce del fatto che tra i componenti del comitato scientifico solo un componente sembra esperto di staminali e altri hanno formulato giudizi negativi sui metodo Stamina già in periodi precedenti l'insediamento del comitato medesimo;
   il decreto ministeriale del 18 giugno 2013 aveva statuito che i compiti del comitato scientifico erano limitati alla: 1 – identificazione delle patologie da includere nella sperimentazione; 2 – definizione dei protocolli clinici per ciascuna delle patologie sottoposte a sperimentazione; 3 – identificazione delle officine di produzione da coinvolgere nella sperimentazione tra quelle autorizzate dall'AIFA a produrre prodotti per terapie cellulari e degli sperimentatori e delle strutture ospedaliere pubbliche e private nelle quali trattare i pazienti;
   tale normativa dunque non ha in alcun modo attribuito al comitato scientifico il potere di esprimere le suddette valutazioni. Tra l'altro, il decreto n. 24 del 2013 aveva già previsto un preciso iter di avvio e conclusione della sperimentazione stessa. È, dunque, ad avviso degli interroganti palese il contrasto con una legge approvata dal Parlamento;
   invero, il Ministro interrogato nel decretare il blocco di una sperimentazione prevista per legge si è posta secondo gli interroganti al di sopra della legislazione dello Stato e ha assunto determinazioni che potevano essere prese solo dal Parlamento. Infatti se mediante una legge è stato possibile autorizzare la sperimentazione, ogni modifica al riguardo deve essere apportata con una legge successiva e non a seguito di un atto ministeriale supportato da un parere non vincolante e viziato di imparzialità ab origine;
   solo successivamente al giudizio emesso dal comitato scientifico il Ministero «fuori tempo massimo» ha disposto l'acquisizione delle cartelle cliniche dell'ospedale di Brescia;
   pare irrituale che il Ministro decida unilateralmente una diversa destinazione dell'ingente somma indicata nella sua autonomia dal Parlamento in base al decreto n. 24 (3 milioni di euro per la sperimentazione) –:
   se non sia opportuno garantire i princìpi del buon andamento e dell'imparzialità, fin qui a giudizio degli interroganti già abbondantemente disattesi, nominando nuovi membri esperti della materia e super partes ovvero che non si siano già espressi in merito concordando una rosa di nomi anche con le associazione dei cittadini coinvolti;
   se non sia opportuno proseguire e concludere la sperimentazione secondo l’iter espressamente tracciato dal comma 2-bis, dell'articolo 2, del decreto-legge n. 24 del 2013, in particolare per i pazienti che hanno già ricevuto uno o più cicli di terapia staminale al fine di non interrompere il percorso curativo autorizzato dal Parlamento;
   se si ritenga quindi indispensabile un'adeguata valutazione del quadro clinico dei pazienti in cura presso l'ospedale di Brescia ed il prosieguo dei cicli, della cura Stamina per quei pazienti che abbiano già ricevuto in parte la cura medesima;
   se, ai fini di una valutazione corretta e completa del quadro clinico dei pazienti, si ritenga opportuna l'acquisizione non solo delle cartelle cliniche in possesso degli Spedali Civili di Brescia, ma anche quelle raccolte da altri ospedali e specialisti che hanno avuto in cura i pazienti potendo effettuare ogni tipo di esame diagnostico adeguato alla propria patologia. (4-02588)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il mercato elettrico è composto da liberi venditori di elettricità prodotta dalle centrali e da pubblici concessionari delle reti elettriche che prestano i loro rispettivi servizi al cliente finale;
   la bolletta del cliente finale è composta all'incirca per il 50 per cento dei costi di energia e per il 50 per cento da costi generali e di rete;
   i venditori sono costretti dai suddetti concessionari di reti a riscuotere dai clienti finali, per loro conto, i proventi dovuti ai concessionari, accollandosi il totale rischio credito, senza essere remunerati in alcun modo per questa attività;
   tale situazione sta conducendo l'intera categoria dei venditori a rischio di default per l'insostenibilità del lavoro svolto per conto dei concessionari senza alcuna remunerazione e senza copertura dal rischio credito;
   la grave situazione è nota al Ministero anche per la recente segnalazione che l'associazione dei venditori Alget sembra aver fatto allo stesso Ministero, per aprire un tavolo di trattative con i concessionari di rete –:
   se e quali misure il Ministro intenda assumere per intervenire in questo settore, al fine di modificare tale situazione che danneggia la qualità del servizio reso al cittadino e per garantire l'accesso al mercato finanziario ai venditori, oggi precluso a causa dei continui fallimenti dei venditori stessi. (5-01514)


   MUCCI e CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   Neven Mimica, commissario europeo per la tutela dei consumatori, durante la sua visita ufficiale in Italia, ha affermato che internet e le comunicazioni per via elettronica, compreso l’e-commerce sono una priorità strategica per l'Europa;
   il 31 gennaio 2014 si concluderà la consultazione pubblica indetta dalla Commissione europea, rivolta ai consumatori, alle associazioni e alle imprese e ai cittadini europei, relativamente alle azioni di indagine e di intervento al fine di scoprire e punire le infrazioni nonché determinare le sanzioni più adeguate e le iniziative per evitare frodi;
   in Europa, l'Italia ricopre l'ultimo posto per tasso di crescita a causa del ritardo infrastrutturale, culturale della pubblica amministrazione che non ha agevolato i cittadini nell'uso degli strumenti online, nonostante la forte crescita della diffusione degli smartphone ne richieda sempre di più la necessità;
   il mercato dell’e-commerce in Italia, secondo le stime attese, nel 2013, ha raggiunto gli 11 miliardi di euro, determinando un aumento di competitività sui prezzi dei prodotti a vantaggio dei clienti;
   gli operatori italiani, nonostante gli elevati livelli raggiunti in termini di attrattività e di qualità dei prodotti, presentano ancora molte difficoltà nell'approcciare mercati europei ed internazionali a causa della mancanza del know-how specifico relativamente a sistemi di pagamento, logistica distributiva, abitudini/comportamenti di acquisto, comunicazione online;
   la cabina di regia per l'Agenda digitale del Governo Monti aveva proposto incentivi fiscali sul fatturato aggiuntivo che le aziende avessero ottenuto grazie all’e-commerce, progetto rimosso nella testo finale del «decreto Crescita 2.0»;
   il «decreto crescita 2.0» stabilisce che a partire dal 2014 tutti gli esercizi devono consentire il pagamento con moneta elettronica ma a tutt'oggi non è stato emanato alcun decreto attuativo previsto –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se il Governo, per quanto di competenza, intenda intervenire con misure di monitoraggio affinché le aziende, nell'uso dell’e-commerce, assumano comportamenti in linea con le norme nazionali ed europee a tutela dei consumatori;
   se il Governo intenda promuovere la crescita delle relazioni digitali tra imprese, la presenza delle aziende nei portali di aggregazione dell’e-commerce attraverso voucher o incentivi sugli investimenti necessari nonché la fatturazione elettronica;
   quali iniziative, i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere al fine di incentivare l'uso delle carte di credito e di conseguenza l’e-commerce stabilendo come debbano essere calcolate le commissioni e con quali indici, favorendo commissioni ridotte per piccole transazioni e assicurando la trasparenza delle operazioni;
   se i Ministri interrogati intendano chiarire i tempi e le modalità di sviluppo del commercio elettronico promuovendo la nascita di distretti industriali dotati di banda larga adeguati al business, sostenendo la formazione delle imprese realizzata dalle università e dalle imprese, creando così ulteriori sinergie e infine diffondendo il bollino blu netcomm (certificazione creata dal Consorzio del commercio elettronico che garantisce l'affidabilità del sito e-commerce). (5-01520)


   ARLOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 2003 in Italia esistono i «codici di rete», insieme di regole e condizioni cui deve sottostare chiunque trasporti, immetta o estragga gas dalla rete nazionale di trasporto;
   dalla loro introduzione, i codici di rete prevedono, tra l'altro, che chiunque prelevi gas dalla rete debba indicare contrattualmente quella che tecnicamente viene menzionata come «Capacità giornaliera», ovvero il volume di gas massimo che l'utente si impegna a non superare giornalmente, pena l'applicazione di una sanzione che costituisce un onere particolarmente pesante per gli operatori;
   l'eventuale adozione da parte dell'utente di un livello di capacità giornaliera molto elevato (al fine di evitare sforamenti nei prelievi) determina per contro, un costo del gas per ogni metro cubo sensibilmente maggiore, pertanto il distributore che preleva gas dalla rete prenota una capacità in linea con il venduto del proprio impianto;
   molteplici, secondo i dati della Federazione nazionale distributori e trasportatori di metano (Federmetano), sono le situazioni problematiche che il limite della capacità giornaliera crea alla attività degli operatori e agli automobilisti che hanno scelto questo carburante;
   si viene a creare inoltre una situazione di impari concorrenza determinata dal rispetto di questo parametro nei confronti degli operatori che vendono carburanti liquidi (benzina gasolio GPL), per cui non esistono limiti o vincoli alla vendita;
   il decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 marzo 2012, all'articolo 17, comma 11, stabilisce che «l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, coerentemente con gli indirizzi del Ministro dello sviluppo economico stabiliti per la diffusione del metano per autotrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto adotta misure affinché nei codici di rete e di distribuzione di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, siano previste modalità per accelerare i tempi di allacciamento dei nuovi impianti di distribuzione di metano per uso autotrazione alla rete di trasporto o di distribuzione di gas, per ridurre gli stessi oneri di allacciamento, in particolare per le aree dove tali impianti siano presenti in misura limitata, nonché per la riduzione delle penali per i superi di capacita impegnata previste per gli stessi impianti»;
   nonostante le citate disposizioni di legge, nessun provvedimento (che darebbe slancio allo sviluppo della rete di distributori stradali eliminando uno dei tanti lacci che imbrigliano il desiderio di fare impresa) è stato ancora adottato –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro in relazione a quanto descritto e se siano stati adottati gli indirizzi di cui in premessa. (5-01530)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nonostante ci sia una graduale diminuzione del numero di incidenti e di mortalità a seguito di sinistro stradale e una costante diminuzione della gravità degli stessi, i premi assicurativi continuano ad aumentare;
   le compagnie di assicurazione cercano di addossare la causa dell'aumento dei premi delle polizze al costo delle riparazioni quando invece, come evidenziato da una indagine di alcune associazioni bresciane, pare che i danni di carrozzeria incidono solamente per il 10 per cento del costo complessivo, il 60 per cento è da imputare alle lesioni e interventi legali ed un ulteriore 25 per cento invece è a carico dei costi di gestione; 
   molti danneggiati lamentano di essere stati «obbligati» a recarsi presso le strutture convenzionate per la riparazione del veicolo, pena il non completo risarcimento dei danni, ritardi nei pagamenti e quant'altro;
   al danneggiato dovrebbe essere sempre garantita, in linea anche con gli orientamenti comunitari, la libertà di scelta in merito alle riparazioni del proprio veicolo, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 2058 del codice civile, il quale prevede che sia facoltà del danneggiato richiedere o meno il risarcimento in forma specifica;
   la funzione primaria delle assicurazioni è quella di adempiere al contratto risarcendo in denaro ed è diversa dall'offrire una prestazione di riparazione dato che il risarcimento «in forma specifica» alimenta a giudizio dell'interrogante la concorrenza sleale alterando la libera concorrenza nel mercato dell'autoriparazione e limitando al contempo la libertà di scelta dell'assicurato;
   con l'attuazione della disciplina che regola l'installazione della scatola nera a bordo del veicolo, ai sensi dell'articolo 32, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, dovrebbe essere chiaramente specificato che, ai fini del riconoscimento dello sconto sul premio annuo, l'impiego della scatola nera non condiziona la scelta degli automobilisti incidentati di ricorrere o meno alla rete delle carrozzerie convenzionate della compagnia assicuratrice;
   al fine di garantire una maggiore concorrenza nel settore assicurativo è necessario evitare la canalizzazione dei veicoli incidentati verso la rete delle carrozzerie convenzionate, che potrebbe verificarsi attraverso il dispositivo della scatola nera, impedendo la nascita di un vero e proprio oligopolio di compagnie assicurative;
   dovrebbe essere sempre garantita la possibilità di ricorrere all'istituto della «cessione del credito» nel settore responsabilità civile auto –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, il Ministro intenda adottare affinché venga scoraggiata l'eventuale adozione da parte delle compagnie assicurative di comportamenti tendenti a limitare o a negare la libertà di scelta del cittadino automobilista garantendo la possibilità di ricorrere all'istituto della «cessione del credito» nel settore responsabilità civile auto;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a modificare la disciplina relativa al settore delle assicurazioni RCA, finalizzata all'introduzione dell'obbligo del ripristino dell'efficienza del veicolo, qualora il danno determini tale necessità in termini di sicurezza e tutela dell'ambiente e salvaguardia del parco veicolare circolante. (4-02582)


   RAMPI, TRIPIEDI, PESCO, MANFREDI, DANIELE FARINA, GRIMOLDI, CORSARO e RACITI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sono state pubblicate preoccupanti notizie in merito alle scelte strategiche sui siti italiani (Agrate Brianza, Catania, Napoli) della multinazionale americana Micron, azienda leader mondiale nel settore della microelettronica;
   questa società, per voce del suo CEO, ha annunciato l'8 agosto di quest'anno diverse centinaia di esuberi a livello globale con particolare riferimento al nostro Paese;
   ad oggi nessuna ulteriore dichiarazione è seguita mentre nella pratica sono iniziati nei vari siti italiani processi di passaggi di consegna verso le sedi americane e la sostanziale diminuzione degli incarichi destinati alle lavoratrici ed ai lavoratori italiani;
   da subito sono stati attivati tavoli di trattativa con la direzione aziendale italiana della Micron presso il Ministero dello sviluppo economico, ma questi tavoli si sono rivelati infruttuosi a causa della scarsissima agibilità direzionale dei manager italiani, per loro stessa dichiarazione quasi del tutto estromessi dai passaggi decisionali dell'azienda statunitense –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato per porre urgentemente mano a questa gravissima situazione che desta preoccupazioni non solo di natura occupazionale ma di politiche strategiche per il Paese;
   se sia previsto un incontro del Ministro dello sviluppo economico con la direzione americana, a questo punto unico interlocutore attivo, per conoscere le reali intenzioni industriali della Micron in Italia e scongiurare la possibile dismissione di tutte le sue attività nel nostro Paese.
(4-02594)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  La interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-01138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scalfarotto.

  La interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-01139, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scalfarotto.

  La interrogazione a risposta scritta Di Lello n. 4-02460, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Impegno.

  La interrogazione a risposta orale Morani e altri n. 3-00447, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valiante.

  La interrogazione a risposta scritta Garavini e La Marca n. 4-02559, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fedi, Porta.

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
   interpellanza urgente Oliverio n. 2-00278 del 4 novembre 2013.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Sorial e altri n. 1-00194, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2013: è stata ritirata la firma del deputato: Rostellato.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Albanella n. 4-01081 del 1o luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01509;
   interrogazione a risposta scritta Grande n. 4-02547 del 15 novembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01528.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata in Assemblea Fossati e altri n. 3-00462 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 121 del 19 novembre 2013. Alla pagina 6999, prima colonna, dalla riga trentunesima alla riga trentatreesima deve leggersi: «esempio di interventi intimidatori di alcune tifoserie teso a condizionare svolgimento e risultati delle partite;» e non «esempio di interventi intimidatori delle tifoserie ultras teso a condizionare svolgimento e risultati delle partite;», come stampato.
  Alla pagina 6999, seconda colonna, dalla riga ventunesima alla riga ventiduesima deve leggersi: «vuoti e il calcio talvolta viene sequestrato dalla criminalità organizzata e dai tifosi violenti.» e non «vuoti e il calcio viene sequestrato dalla criminalità organizzata e dai tifosi violenti.», come stampato.