Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 novembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati Istat, in Italia è diabetico il 4,8 per cento degli italiani, con una leggera prevalenza delle donne rispetto agli uomini. Attualmente si calcola che ci siano almeno 2.900.000 persone diabetiche, a cui probabilmente andrebbe aggiunto circa un milione di pazienti che non sa di esserne affetto. Numeri che segnano un considerevole aumento rispetto all'indagine multiscopo del 1999-2000, secondo cui era diabetico il 3,7 per cento degli italiani. A distanza di 10 anni il rapporto «Il diabete in Italia 2000-2011», realizzato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), fornisce una fotografia dettagliata dell'evoluzione del diabete nel nostro Paese. Nel periodo 2000-2011, il numero delle persone con diabete è aumentato in Italia, passando da 2.149 milioni nel 2000 a 2.939 milioni nel 2011. In 30 anni si parla di un aumento del 300 per cento;
   per quanto riguarda la distribuzione geografica, la prevalenza è più alta nel Sud e nelle Isole, con un valore del 5,5 per cento. Seguono il Centro con il 4,9 per cento e il Nord con il 4,2 per cento;
   la prevalenza del diabete aumenta con l'età fino ad arrivare al 18,9 per cento nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni. La situazione è ancora più drammatica se si osservano i dati dell'obesità infantile: nel nostro Paese un bambino su tre è obeso e si parla di soggetti che rischiano di sviluppare il diabete in età adolescenziale. In prospettiva, il diabete va assumendo le caratteristiche di una pandemia: 10 anni fa i malati nel mondo erano 120 milioni, oggi sono 270 milioni e di questo passo nel 2020 saranno 400 milioni; in pratica, ci sono due nuovi casi ogni 10 secondi;
   i fattori di rischio più comuni per lo sviluppo del diabete sono risultati essere l'obesità e la sedentarietà. Se complessivamente, nel 2011, nella popolazione adulta la prevalenza di diabete era pari al 5,8 per cento, tra gli adulti obesi la frequenza della malattia raggiungeva il 15,2 per cento, in crescita di cinque punti rispetto al 2001; tale quota cresceva ulteriormente all'aumentare dell'età, fino a raggiungere il 29,9 per cento tra gli anziani di 75 anni e più, in aumento, rispetto al 2001, di otto punti. Nel 2010, più di un ragazzo su quattro, fra i 6 e i 17 anni, era obeso o in sovrappeso, proporzione analoga a quella rilevata nel 2000;
   nel 2011, l'8,1 per cento delle persone di età superiore ai tre anni che non praticava attività fisica era affetto da diabete. In tutte le fasce d'età, a eccezione delle bambine e delle giovani donne fra i 3 e i 24 anni, i comportamenti sedentari erano molto più diffusi fra i soggetti diabetici rispetto alla popolazione generale;
   dal rapporto ISTAT, «Il diabete in Italia 2000-2011», emerge che nel 2011 l'obesità triplicava il rischio di diabete, rispetto alla condizione di peso nella norma; nei soggetti con un titolo di studio di primo o secondo livello il rischio era 1,7 volte più alto, rispetto a persone con un diploma o una laurea, l'inattività fisica lo accresceva del 35 per cento, rispetto a una regolare attività, per chi risiedeva al Sud il rischio aumentava del 50 per cento rispetto ai residenti al Nord;
   poiché il diabete, come emerge dai dati, è una minaccia per tutto il mondo, è stata istituita nel 1991 dall’International Diabetes Federation e dall'Organizzazione mondiale della sanità la giornata del diabete che viene celebrata in tutto il mondo il 14 novembre di ogni anno e l'ONU in data il 21 dicembre 2006 ha siglato una risoluzione che designa il 14 novembre come giornata delle Nazioni Unite per il diabete, nella quale si richiede a tutti gli Stati membri di promuovere una politica per la prevenzione e la sensibilizzazione volta ad informare sui rischi del diabete e le relative cure; in Italia l'evento è organizzato dal 2002 grazie al supporto volontario di medici e infermieri diabetologi, dietisti, associazioni di pazienti e altri operatori sanitari; cuore delle giornate saranno i controlli della glicemia, del peso, della pressione e del colesterolo. Variabili importanti che permettono di scoprire anche i casi di diabete non diagnosticato e fare una stima del rischio di sviluppare la malattia. Anche agli immigrati che non si sono mai rivolti ai centri diabetologici è offerta in tal modo l'opportunità di consultare gli specialisti e di essere diagnosticati per tempo qualora diabetici. Grazie a queste iniziative che si sono estese in tutte le città italiane vengono così individuati molti pazienti che non sapevano di avere già glicemie elevate tali da determinare un vero e proprio scompenso metabolico;
   la legge italiana di riferimento per la tutela della persona col diabete risale al 1987: è la legge del 16 marzo 1987, n. 115. Il 6 dicembre 2012 invece il PND (piano nazionale diabete) viene recepito come un accordo tra Stato e regioni; esso si pone come obiettivo quello di garantire un livello di cura omogeneo su tutto il territorio nazionale, per questo motivo è importante che tutte le regioni, oltre a sottoscriverlo, si impegnino per farlo funzionare concretamente, trasformando in realtà servizi migliori e più efficienti senza lasciarli riposare sulla carta delle buone intenzioni: i numeri di questa malattia sono in crescita ed è più che mai necessario agire vicino alle famiglie. Uno degli obiettivi del piano è, infatti, quello di migliorare i servizi di assistenza e ridurre l'impatto del diabete nella vita del malato e della sua famiglia, potendo così garantire uno stile di vita migliore, più semplice. Per riuscirci però, è impensabile trascurare la prevenzione e la diagnosi precoce. Con una più efficiente e migliore continuità assistenziale il numero dei malati dovrebbe stabilizzarsi, scendere, come i costi per la sanità pubblica, diretti e indiretti causati dal diabete, assicurando meno sprechi e interventi davvero mirati e utili sul lungo periodo;
   le regioni devono adottare modelli di assistenza omogenei, efficaci e appropriati, come previsto nel piano nazionale diabete, il documento redatto dal Ministero della salute, approvato in febbraio dalla Conferenza Stato-regioni, ma in realtà solo 9 regioni hanno recepito ufficialmente il piano nazionale diabete, nemmeno 5 hanno intrapreso passi significativi per metterlo in pratica. Le differenze fra l'assistenza erogata nelle varie regioni si sta ampliando;
   il diabete comporta costi molto elevati: i dati mostrano infatti come il 6,7 per cento dell'intera spesa sanitaria nazionale, pubblica e privata sarà assorbita dalla popolazione diabetica; una persona affetta da diabete grava sulla sua famiglia e le condizioni socio-economiche sono fortemente correlate alla gestione della malattia; anche per questo il decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, con il quale è stato adottato il «Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», ha riconosciuto il diabete mellito quale patologia che dà diritto «all'esenzione dalla partecipazione al costo per le correlate prestazioni sanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124»; «Parlando di diabete – spiega il Presidente dell'Associazione di diabetologia italiana – la prevenzione è tutto. Prevenire questa malattia permette alla sanità pubblica un grande, risparmio sul piano economico, ma è ancor più importante per la sicurezza delle persone: per la loro vita e per la loro qualità di vita. È importante assumere uno stile di vita sano con cui poter evitare il diabete o ridurne i danni in tempo nel caso in cui fosse già diagnosticato». Una dieta equilibrata è uno dei principali obiettivi. Anche l'attività fisica è un elemento essenziale nella cura e terapia del diabete. I trenta minuti di camminata a passo veloce hanno dimostrato essere in grado di ridurre di oltre il 50 per cento il rischio di sviluppare la malattia;
   in Italia ci sono 15.000 bambini con diabete di tipo 1. Per affrontare la situazione il nostro Paese, il primo nell'Unione europea, ha adottato un documento per l'accoglienza a scuola dei bambini diabetici. Il documento contiene indicazioni ad hoc per garantire le necessarie attenzioni negli istituti scolastici ai bambini e sostenere famiglia e scuola nella gestione quotidiana. L'iniziativa è nata dalla collaborazione tra il Coordinamento tra associazioni italiane di aiuto a bambini e giovani con diabete (Agdi Italia) e i Ministeri della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il diabete di tipo 1 è dovuto ad una reazione autoimmunitaria che distrugge le betacellule del pancreas dove viene prodotta l'insulina. Con l'aumento dell'obesità infantile il diabete di tipo 2, fino a qualche anno fa di pertinenza solo dell'adulto, sta diventando una patologia emergente. Tuttavia la forma di diabete più frequente da 0 a 14 anni è il diabete di tipo 1, il cui sviluppo non dipende da errati comportamenti alimentari e sedentarietà, ma è associato ad una predisposizione genetica. Se su un fronte è necessario ritoccare lo stile di vita sin da bambini, sull'altro fronte, quello genetico, è invece fondamentale riconoscere in tempo i sintomi. La diagnosi precoce è fondamentale. Il 18 per cento dei bambini è obeso già prima di compiere otto anni. Più diffuso il problema del sovrappeso, sfiora il 25 per cento: arrivano bambini con valori alterati di colesterolo, trigliceridi e insulina, pari a quelli di un adulto;
   la forma più frequente di diabete, il diabete di tipo 2, si manifesta dopo i 40 anni, soprattutto in persone soprappeso-obese. La sua evoluzione è lenta e priva di sintomi. Gradatamente la persona perde la capacità di controllare l'equilibrio della sua glicemia. Questa forma, definita diabete dell'anziano o alimentare è di gran lunga la più comune con milioni di casi in Italia, anche a causa della diffusione dell'obesità e dell'invecchiamento della popolazione. Rappresenta circa il 90 per cento dei casi di questa malattia; la prevalenza del diabete di tipo 2 a livello mondiale è destinata a salire e nel 2030 si stimano circa 370 milioni di persone affette da tale patologia; studi accreditati stimano che entro il 2030, nei Paesi industrializzati, il diabete di tipo 2 possa diventare la quarta causa di morte: tra le persone affette da diabete, infatti, le patologie cardiovascolari sono da due a quattro volte più frequenti rispetto ai soggetti non diabetici di pari sesso ed età; alla base del diabete di tipo 2 vi sono, principalmente, una ridotta ed alterata produzione di insulina e la resistenza agli effetti biologici della stessa: è stato dimostrato che un controllo glicemico ottimale riduce le complicanze croniche di tale patologia ed i costi ad esse associati; se trascurato, il diabete può causare vere e proprie disabilità come cecità (il diabete infatti ne è la causa principale), ictus, infarti e anche amputazioni. Tra le cause scatenanti ci sono una cattiva alimentazione (per il tipo 2, non per il mellito), predisposizione genetica, sedentarietà e stress;
   secondo studi recenti il diabete di tipo 2 (non insulino-dipendente) favorirebbe l'insorgenza del morbo di Alzheimer, come rivela lo studio di GM Pasinetti, pubblicato su «Diabetes», prestigiosa rivista scientifica internazionale. «Il nostro studio – spiega Pasinetti, tra i maggiori scienziati al mondo nel campo delle malattie neurodegenerative come il Parkinson, l'Alzheimer e la Sla – prospetta per la prima volta una serie di meccanismi attraverso i quali il diabete di tipo 2 può provocare alcuni cambiamenti nel cervello e influenzare in maniera significativa lo scatenarsi della malattia di Alzheimer»; la relazione tra diabete di tipo 2 e malattia di Alzheimer è ancora poco chiara. Non tutti i soggetti con diabete di tipo 2 sono affetti da morbo di Alzheimer e, allo stesso modo, non tutti i malati di Alzheimer sono diabetici. Tuttavia, negli ultimi anni, l'evidenza epidemiologica indica che rispetto a soggetti anziani sani la popolazione della stessa età alle prese con il diabete di tipo 2 ha più probabilità di sviluppare un deterioramento cognitivo e una maggiore sensibilità alla insorgenza della malattia di Alzheimer;
   la ricerca sul diabete negli ultimi dieci anni ha avuto degli sviluppi importantissimi, come per esempio i sensori glicemici, in grado di monitorare il paziente 24 ore su 24, tuttavia la cura, come altre, non solo non è inserita nelle prestazioni a tariffario dei livelli essenziali di assistenza, ma può accadere che, all'interno della stessa regione, venga concessa gratuitamente a seconda dell'azienda sanitaria locale di riferimento; inoltre, i presidi per l'autocontrollo della glicemia, pur fondamentale per la cura e la gestione del diabete, non si possono detrarre dalla dichiarazione dei redditi, in quanto non considerati farmaci, ma vengono concessi in modo differenziato e carente dal servizio sanitario nazionale rispetto alle effettive necessità del paziente; ad oggi diverse prestazioni per la cura e la prevenzione delle complicanze connesse alla patologia del diabete non sono incluse nei livelli essenziali di assistenza, come il cosiddetto «piede diabetico», il quale comporta una cura non solo molto dolorosa, ma anche complessa, lunga, costosa, e soggetta a ticket; sono altresì esclusi gli esami ematochimici, gli esami strumentali, l'educazione terapeutica, ed anche, paradossalmente, le dichiarazioni e/o attestazioni di idoneità alla guida di autoveicoli per il rinnovo della concessione della patente, così come molte altre prestazioni;
   l'insulina è uno dei capisaldi della terapia del diabete. Ha ancora il limite di dover essere somministrata attraverso iniezioni sottocutanee, anche se ora è in fase di sperimentazione una nuova soluzione: la cosiddetta «insulina intelligente». In pratica si tratta di un'insulina racchiusa in sostanze particolari, dei polimeri, che hanno la capacità di «sentire» la glicemia. Quando la glicemia si alza, i polimeri si aprono e fanno uscire l'insulina, mentre se la glicemia scende, i polimeri lo avvertono e si richiudono impedendo l'entrata in circolo dell'insulina;
   fino a poco tempo fa, la terapia farmacologica del diabete tipo 2, prima di passare alla terapia insulinica, era basata in via quasi esclusiva sulla metformina, sui secretagoghi (sulfoniluree e glinidi) e sui glitazoni (oggi solo pioglitazone). Il ricorso a queste terapie ipoglicemizzanti però è stato limitato dalla comparsa di eventi avversi, quali ipoglicemia, aumento di peso e scompenso cardiaco. Di recente, si è diffusa una nuova classe di farmaci, le cosiddette incretine e le gliptine (inibitori della dipeptil-peptidasi 4 – DPP4), che esercitano un effetto favorevole sul peso corporeo, un rischio praticamente assente di ipoglicemia, un effetto positivo sul profilo di rischio cardiovascolare ed una incidenza di effetti collaterali decisamente poco frequente. Le favorevoli ripercussioni sulla qualità della vita del paziente, sul compenso metabolico e sulla sua progressione nel tempo, hanno indotto le società scientifiche endocrino-diabetologiche internazionali ad inserire tali farmaci negli algoritmi terapeutici. I farmaci sono stati autorizzati all'immissione in commercio in Italia e ad essi è stato riconosciuto dall'AlFA lo status di farmaci innovativi potenziali e per i primi due anni, sono stati sottoposti ad uno stretto monitoraggio da parte dell'Agenzia regolatoria. Tuttavia ad essi, dopo ben 2 anni di positivo monitoraggio, non è stato riconosciuto alcun trattamento di miglior favore rispetto alla categoria generale dei farmaci antidiabetici;
   è sempre più evidente il ricorso alla compartecipazione privata attraverso forme assicurative, che di fatto gravano sul privato, alleggerendo il settore pubblico, ma snaturando la ratio della legge istitutrice del Servizio sanitario nazionale e il diritto all'accesso alle cure; la politica sanitaria tende ad un ampliamento della platea degli aventi diritto e ad una riduzione del livello delle prestazioni erogate a carico del Servizio sanitario nazionale,

impegna il Governo:

   a garantire l'accesso alla cura e alle prestazioni per i pazienti diabetici in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, inserendo, in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione, la gratuità degli esami ematochimici, degli esami strumentali, dell'educazione terapeutica e di tutte le prestazioni connesse alla gestione del diabete e delle relative complicanze, in sede di revisione dei livelli essenziali di assistenza ormai fermi al lontano 2001;
   a prevedere una campagna d'informazione e di prevenzione, in linea con gli obiettivi posti dall'Organizzazione mondiale della sanità di riduzione dell'incidenza del diabete di tipo 2, mettendo l'accento sull'importanza di stili di vita corretti, attraverso un'adeguata attività fisica e una corretta alimentazione, nonché sull'importanza del test glicemico;
   ad adottare forme di family learing socio-sanitario (FLSS), come modello innovativo di educazione terapeutica che consiste nella creazione di un percorso guidato e mediato cui partecipano, da un lato il paziente ed i suoi familiari, dall'altro i professionisti sanitari e sociali del territorio, posto che si tratta di un processo di apprendimento integrato e condiviso tra il paziente, la famiglia e il sistema dei servizi sanitari e sociali che va ad incidere positivamente sia sul decorso della malattia che sulla qualità di vita dei pazienti;
   ad adottare le misure necessarie al fine di garantire ai pazienti diabetici di tipo 2, che ne abbiano bisogno, la piena disponibilità dei farmaci innovativi, anche alla luce della nota dell'Associazione medici diabetologi e della società italiana di diabetologia trasmessa all'AIFA in data 12 dicembre 2011, nonché delle raccomandazioni e delle linee guida diffuse a livello internazionale, e a riconsiderare il tetto di spesa per questa tipologia di farmaci adeguandolo a quanto previsto in altri Paesi europei;
   ad assumere iniziative per creare un registro nazionale delle persone con diabete, basato su registri regionali, per avere dati certi sui quali fondare valutazioni e previsioni, considerato che i dati relativi al diabete segnalano che nel 2011 erano 3 milioni le persone colpite da questa malattia, mentre un milione e mezzo (si tratta di una stima) potrebbe esserne affetto senza saperlo, a causa della mancanza di informazioni e una prevenzione adeguata.
(1-00240) «Binetti, Vargiu, Fitzgerald Nissoli, Vecchio, Antimo Cesaro, Fucci, Piccoli Nardelli, Picchi, Nesi, Rabino, Monchiero, Librandi, Calabrò, Cesa, Cera, Buttiglione, Preziosi, Adornato, Causin, Marti, Fauttilli, Andrea Romano, Sberna, Mazziotti Di Celso, Sottanelli, Palese, Dorina Bianchi, Abrignani, Catania, Polidori, De Mita, Antonio Martino, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    la revisione del Titolo V della Costituzione, in particolare l'articolo 119, ha rafforzato l'autonomia finanziaria delle regioni, prevedendo che sia le regioni che gli enti locali abbiano autonomia finanziaria di entrata e di spesa, mediante l'adozione di un modello costruito sul principio che ogni funzione attribuita da parte dei diversi livelli di governo sia finanziata integralmente. L'articolo 119 prevede, altresì, che gli enti territoriali e locali hanno un proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato;
    dalla sopra citata modifica costituzionale del 2001 il legislatore è stato inerte e non ha provveduto all'attuazione dell'autonomia delle regioni e degli enti locali;
    nella XVI legislatura, con l'approvazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 nel 2009, è stato autorizzato il Governo ad attuare il federalismo fiscale mediante l'adozione di decreti delegati. Obiettivo prioritario del nuovo assetto federale è consentire il superamento del tradizionale criterio della spesa storica per il finanziamento di regioni ed enti locali, in favore di un sistema che preveda l'assegnazione delle risorse in base al parametro del «fabbisogno standard» e del «costo standard»;
    si rileva che l'approvazione della legge n. 42 del 2009, d'iniziativa del Governo Berlusconi, ha avuto un iter parlamentare caratterizzato dalla condivisione e dal confronto fra l'allora maggioranza e opposizione, per addivenire ad un testo condiviso;
    a distanza di tre anni il percorso legislativo non si è concluso. Oggi, con l'insediamento del Governo cosiddetto delle «larghe intese», sono coinvolte nell'attività esecutiva entrambe le forze politiche che si sono già confrontate nel 2009 sul tema dell'attuazione del federalismo fiscale. Pertanto, non si ravvedono particolari motivazioni per non procedere nella conclusione dell'attuazione della legge delega n. 42 del 2009, dopo il periodo di sospensione correlato al Governo tecnico Monti;
    il modello delineato dalla legge n. 42 del 2009 conferma la centralità del superamento dei criteri di spesa storica ed è finalizzato a creare un sistema in cui regioni ed enti locali possano attingere alle entrate provenienti dal proprio territorio per finanziare lo svolgimento delle funzioni essenziali a loro attribuite, ma con i limiti di spesa dettati dall'individuazione di livelli essenziali da garantire ai cittadini nel rispetto di costi e fabbisogni standard da rispettare nell'esercizio del potere di spesa;
    la responsabilizzazione di ciascun livello istituzionale nell'esercizio del potere di spesa abbinato all'autonomia impositiva, da cui si attende la razionalizzazione della spesa a livello territoriale e la riduzione dell'indebitamento degli enti, consentirebbe ai cittadini di poter valutare e giudicare l'operato e l'efficienza dei propri amministratori locali. La legge n. 42 del 2009 prevede, altresì, interventi perequativi per salvaguardare la solidarietà fra gli enti locali, compensando le differenze tra i territori con diversa capacità fiscale;
    un'aspettativa importante era riposta nell'attuazione della legge delega n. 42 del 2009, ossia nell'applicazione dei costi standard nel settore sanitario, come strumento di razionalizzazione della spesa sanitaria nelle regioni e strumento di contrasto alle inefficienze in un settore delicato, che deve garantire livelli essenziali di assistenza accettabili su tutto il territorio nazionale e superare gli sprechi, che hanno comportato il disavanzo sanitario di importanti regioni, a danno della tutela e della cura della salute dei cittadini;
    ad oggi, nonostante l'entrata in vigore del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», ancora non c’è l'intesa fra il Governo e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome sull'individuazione dei «costi standard»;
    è auspicabile, in occasione dell'emanazione dei decreti mancanti e dei decreti correttivi, un monitoraggio degli effetti prodottisi in termini di una migliore ed efficiente gestione delle risorse finanziarie a livello territoriale, affinché le nuove forze politiche in Parlamento possano esprimere un giudizio di condivisione del nuovo assetto federale dello Stato;
    è necessario anche valutare le ripercussioni sull'efficacia del nuovo assetto federale nel contesto di grave crisi economica, che può incidere in modo rilevante sui risultati attesi, in quanto le riforme rilevanti sono di difficile realizzazione nei momenti in cui l'economia è in flessione. Si alterano gli equilibri e le decisioni sono condizionate da priorità più impellenti;
    si rileva, altresì, la necessità di attivare la Commissione parlamentare bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, la cui composizione è stata già determinata, ma non è stato ancora nominato il presidente,

impegna il Governo:

   a proseguire l'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, adottando tempestivamente tutti i provvedimenti attuativi mancanti, al fine di attivare il nuovo assetto istituzionale e verificare gli effetti in termini di migliore e controllata gestione delle risorse finanziarie a livello territoriale;
   a presentare al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della riforma federale per una ricognizione degli effetti economici e finanziari espletati dai provvedimenti già vigenti;
   a valutare l'opportunità, in sede di adozione dei decreti legislativi integrativi e correttivi, di individuare e correggere le problematiche attuative per armonizzare la normativa in ragione del mutato contesto economico e finanziario caratterizzato dalla fase recessiva dell'economia e per coordinare le nuove relazioni finanziarie fra i differenti livelli di governo, affinché il prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti né aumenti né peggiori in termini di maggiori adempimenti;
   ad accelerare i tempi per conseguire l'intesa con le regioni sull'individuazione e sull'applicazione dei costi standard nel settore sanitario, aprendo un tavolo di confronto, al fine di consentire l'applicazione dei costi standard già a decorrere dall'anno 2014.
(1-00241) «D'Incà, Villarosa, Nuti, Castelli, Sorial, Brugnerotto, Cecconi, Dadone, Spessotto, Cozzolino, Turco, Rostellato, Businarolo, Lorefice, L'Abbate, Manlio Di Stefano, Da Villa, Terzoni».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto in via definitiva e permanente che il termine per deliberare le variazioni dei regolamenti riguardanti le entrate tributarie è stabilito entro la data di approvazione del bilancio di previsione, con effetto dal 1o gennaio dell'anno di riferimento del bilancio di previsione;
    l'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha disposto la proroga al 30 novembre 2013 del termine ultimo per l'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno in corso;
    il comma 2 del medesimo articolo ha, inoltre, stabilito che le deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni, nonché i regolamenti dell'imposta municipale propria, acquistano efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione nel sito istituzionale di ciascun comune, che deve avvenire entro il 9 dicembre 2013 e deve recare l'indicazione della data di pubblicazione; in caso di mancata pubblicazione entro detto termine, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente;
    in considerazione dell'eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, l'articolo 56-bis, comma 11, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha previsto che sia destinato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall'alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente;
    nella seduta n. 59 del 24 luglio 2013 la Camera dei deputati ha approvato l'ordine del giorno 9/01248-AR/17, con il quale si impegnava il Governo, nell'applicazione del citato articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, a limitare la sfera di applicazione del comma 10 esclusivamente ai beni oggetto di trasferimento dallo Stato agli enti territoriali;
   il citato decreto-legge n. 102 del 2013 è intervenuto altresì con puntuali modifiche per l'anno 2013 sia sulla disciplina dell'imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare (IMU), sia sull'applicazione del tributo dei rifiuti e dei servizi (TARES), in particolare disponendo che:
     a) limitatamente alla definizione della seconda rata dell'imposta municipale propria, i comuni possano equiparare all'abitazione principale, ai fini dell'applicazione della suddetta imposta, le unità immobiliari e relative pertinenze, escluse quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale; ciascun comune definirà i criteri e le modalità per l'applicazione dell'agevolazione ivi compreso il limite dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al quale subordinare la fruizione del beneficio (articolo 2-bis);
     b) in deroga a quanto stabilito dall'articolo 14, comma 46, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il comune, con provvedimento da adottare entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione, possa determinare i costi del servizio e le relative tariffe sulla base dei criteri previsti e applicati nel 2012 con riferimento al regime di prelievo in vigore in tale anno, fatti comunque salvi la maggiorazione prevista dal citato articolo 14, comma 13, nonché la predisposizione e l'invio ai contribuenti del relativo modello di pagamento; nel caso in cui il comune continui ad applicare, per l'anno 2013, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) in vigore nell'anno 2012, la copertura della percentuale dei costi eventualmente non coperti dal gettito del tributo è assicurata attraverso il ricorso a risorse diverse dai proventi della tassa, derivanti dalla fiscalità generale del comune stesso (articolo 5);
    autorevoli organi di stampa hanno, recentemente, annunciato l'imminente emanazione di una risoluzione del Ministero dell'economia e delle finanze, tesa a specificare l'inapplicabilità del citato articolo 5 del decreto-legge n. 102 del 2013 ai comuni che hanno approvato il bilancio di previsione 2013 prima dell'entrata in vigore della norma in questione, i quali potranno rivedere soltanto i criteri di commisurazione delle tariffe esclusivamente nell'ambito del regime giuridico della TARES senza poter tornare al regime della TARSU o della TIA, diversamente dai comuni che, dovendo ancora approvare il bilancio di previsione, possono beneficiare di tutte le facoltà previste dall'articolo 5;
    è necessario ridurre il più possibile l'impatto finanziario sugli enti locali di normative tributarie introdotte in prossimità della chiusura dell'esercizio finanziario e, al contempo, lasciare agli stessi enti spazi di autonomia impositiva e regolamentare;
    appare del tutto illogico penalizzare e limitare l'attività dei comuni che, adempiendo ai dettati normativi, non si siano avvalsi delle reiterate proroghe rispetto alle originarie scadenze di legge,

impegna il Governo:

   ad evitare disparità di trattamento tra gli enti locali, consentendo anche ai comuni che abbiano già approvato il bilancio di previsione 2013 di continuare ad applicare anche per l'anno in corso la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), ovvero la TIA, in vigore nell'anno 2012 e, in ogni caso, di poter effettuare variazioni di bilancio entro il 30 novembre per tenere conto delle innovazioni normative introdotte dal decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, e da altri provvedimenti legislativi recenti;
   a provvedere con la massima urgenza all'emanazione di risoluzioni esplicative finalizzate a consentire il rispetto delle scadenze relative all'IMU;
   a coniugare, nel quadro della disciplina dei tributi comunali, l'obiettivo di ridurre l'indebitamento dello Stato con l'esigenza imprescindibile degli enti territoriali di trattenere le risorse finanziarie per consentire loro il rispetto del patto di stabilità interno e la riduzione del tasso di indebitamento.
(7-00165) «Fragomeli, Causi, Bargero, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fregolent, Ginato, Lorenzo Guerini, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga, Guerra, Pastorino, Marchetti, Sottanelli, Busin, Paglia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'agente di riscossione Equitalia continua ad operare attraverso un sistema che paralizza la situazione finanziaria dei contribuenti, deprimendo lo spirito imprenditoriale e le aspettative di crescita economica;
   le imprese ed i contribuenti non sono in grado di far fronte al pagamento delle somme dovute anche a causa del sistema di computo degli interessi di mora, delle sanzioni e dei costi aggiuntivi che, attraverso un vortice di opachi balzelli moltiplica in modo esponenziale il debito iniziale, portandolo a lievitare oltre ogni ragionevole misura;
   le pesanti misure di riscossione hanno immobilizzato ulteriormente la situazione finanziaria dei contribuenti sardi, che scontano in modo particolare il peso della grave crisi nazionale ed internazionale, al quale si somma il rilevante divario insulare;
   la riscossione coatta presso le imprese, operata attraverso il blocco dei pagamenti dei crediti che le aziende vantano dalla pubblica amministrazione, ed il conseguente pignoramento presso terzi, che tra l'altro esula da un controllo preventivo del tribunale, continua ad essere causa di perdita di posti di lavoro;
   chiunque subisca misure cautelari da parte di Equitalia è soggetto alla segnalazione in centrale rischi della Banca d'Italia e Crif, con l'elevata possibilità di revoca dei fidi bancari ed il diniego al credito;
   il fenomeno delle misure cautelari applicate in Sardegna riguarda ormai un numero di atti impositivi che coinvolgono migliaia di famiglie e imprese, con un aumento del 25 per cento del gettito nel 2013, ed il fallimento di ulteriori 1.000 aziende dall'inizio dell'anno;
   Equitalia Spa è una società per azioni incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi e contributi, che applica alle rateazioni non i tassi di interesse legale bensì i tassi di mercato, perseguendo quindi scopi di lucro sulla riscossione delle imposte statali;
   Equitalia Spa adotta piani di rateizzazione con l'ammortamento «alla francese», sconveniente per il contribuente che voglia estinguere anticipatamente il debito, che determina un tasso nascosto elevato, non indicato nel piano di rateizzazione, che può essere desunto solo da un accurato esame tecnico del piano d'ammortamento;
   il meccanismo di applicazione degli interessi ha delle conseguenze rilevanti perché fa lievitare l'Indice sintetico di costo, a valori di gran lunga superiori al Tasso soglia di usura, con superamenti che vanno dai 35 ai 50 punti percentuali oltre il tasso applicabile, senza peraltro che sia indicato il termine TAN (tasso annuo nominale) utile a fare capire al contribuente moroso come la rateazione è trattata dall'ente di riscossione;
   l'articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112 stabilisce un controllo di vigilanza sui concessionari della riscossione, che fino ad oggi non è mai intervenuto;
   a decorrere dal 1o maggio 2013, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono aumentati nella misura del 15 per cento passando dal 4,55 per cento al 5,2233 per cento in ragione annuale, in attuazione dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che prevede una rivalutazione annuale del tasso di interesse da applicare per il pagamento effettuato dopo i sessanta giorni dalla data di notifica della cartella esattoriale, compiendo quindi un passo indietro rispetto ad ottobre 2012, quando il tasso era stato abbassato dal 5,0243 per cento al 4,5504;
   nel decreto-legge n. 69 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, erano contenute numerose misure finalizzate principalmente ad agevolare i contribuenti che si trovassero in difficoltà o in momentanea carenza di liquidità; tali misure si sono di fatto concretizzate unicamente nella possibilità di rateizzazione del debito in 10 anni (120 rate mensili), aumentando quindi di fatto l'esborso del contribuente in termini di interessi, sanzioni e spese;
   Equitalia Spa pretende per la concessione del pagamento rateale un pagamento iniziale immediato, da corrispondere in un'unica soluzione, di una somma misteriosamente calcolata;
   alla data odierna non sono ancora stati emessi i decreti attuativi più urgenti in merito alle disposizioni per la riscossione mediante ruolo di cui dall'articolo 52 del decreto legge n. 69 del 2013, in relazione a: vendita del bene pignorato (comma 1, lettere b, c, l), pignoramento dei beni strumentali (comma 1, lettera d), pignoramenti presso terzi (comma 1, lettera e), pignoramenti di stipendi (comma 1, lettera f), espropriazione immobiliare ed ipoteca (comma 1, lettere g, h); efficacia e pubblicità delle operazioni di vendita (comma 1, lettere i, l, m), fermo dei veicoli (comma 1, lettera m-bis), compensi di riscossione (comma 2);
   per quanto attiene i compensi di riscossione, l'aggio applicato da Equitalia S.p.A., società per azioni, rappresenta un trattamento di vantaggio rispetto alle altre imprese concorrenti che svolgono attività di riscossione, e può essere considerato pertanto aiuto di Stato, di conseguenza incompatibile con diritto comunitario e con quanto previsto dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   l'aggio applicato da Equitalia rappresenta un compenso incostituzionale perché senza alcun limite alla sua commisurazione, e quindi contrario al principio di ragionevolezza previsto nell'articolo 3 della Costituzione, nonché del principio di buon andamento della pubblica amministrazione richiamato dall'articolo 97 della Costituzione;
   il decreto-legge n. 69 del 2013, prevedeva che entro il 30 settembre 2013 dovessero essere adottati i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze con la previsione del calcolo annuale del rimborso che spetta agli agenti della riscossione per i costi sostenuti nell'attività di recupero dei crediti pubblici –:
   se non si ritenga, alla luce della drammatica situazione economica ed occupazionale che sta attraversando il sistema economico sardo, già agonizzante ed in continuo pericolo per via della crisi e dell'altissima disoccupazione, di dovere intervenire con misure finalizzate alla tutela dei contribuenti, anche attraverso l'istituzione di un organismo di controllo, come previsto all'articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 essendo assurdo e inverosimile che in un periodo di crisi devastante e nel quale le imprese non vengono pagate neanche dalle pubbliche amministrazioni, gli interessi di mora applicati da Equitalia s.p.a. continuino a crescere, e se non ritenga pertanto opportuno ed impellente proporre adeguate soluzioni volte alla diminuzione degli stessi;
   se non si intenda affrontare con urgenza il problema dell'illegittimità dell'aggio corrisposto ad Equitalia, in contrasto con i principi di diritto comunitario ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europee, revisionando il meccanismo di rimborso dei costi fissi in base a una serie di parametri, in attuazione del decreto-legge n. 69 del 2013 che prevedeva tali modifiche di spese a carico del contribuente già dal 30 settembre 2013;
   se non si ritenga che il sistema dell'applicazione degli aggi attualmente in vigore, oggi eseguito mediante la maggiorazione dell'8 per cento delle imposte, delle sanzioni e degli interessi di mora, sia incostituzionale ed conflitto con il principio di ragionevolezza insito nell'articolo 3 della Costituzione, in quanto non è ragionevole che al contribuente siano imputati oneri eccessivi che oltrepassino a dismisura il costo delle procedure, esponendolo a pretese di rimborso di costi non giustificati, indimostrati ed esorbitanti;
   se non si consideri anomalo riconoscere ad un soggetto terzo, Equitalia Spa, un importo a titolo di interessi su somme da quest'ultimo non anticipate né sborsate, e se non intenda pertanto assumere ogni iniziativa di competenza volta ad una verifica ed eventuale abolizione degli stessi;
   se non si intenda avviare le urgenti iniziative in linea con gli impegni assunti nel richiamato decreto-legge n. 69 del 2013, non essendo più ammissibile alcun tipo di rinvio, per dare risposta ai contribuenti e nello specifico al sistema economico sardo, che da tempo attende soluzioni legate al rilancio economico;
   se non si consideri opportuno disporre una moratoria fiscale di 12 mesi ai sensi dell'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, prevista quando si verificano situazioni eccezionali che alterano gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti.
(2-00300) «Pili».

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Il quotidiano Libero del 12 novembre 2013 riporta una lettera di un cittadino che esprime la propria amarezza per un episodio avvenuto sabato 9 novembre 2013, in un ristorante in Toscana; chi scrive racconta di un pranzo in un tavolo accanto, dove erano presenti il Ministro Saccomanni, sua moglie, ed altre due coppie di loro amici, «anch'essi noti»;
   secondo quanto riportato, per una buona mezz'ora i commensali al tavolo del Ministro Saccomanni hanno commentato, a voce alta e senza alcuna discrezione, la compagna del Presidente Berlusconi, le mogli di vari altri politici, e tutte le «colpe» del PdL;
   tra i vari, il commento più offensivo pronunciato ad alta voce è stato: «Che bello vedere che a Berlusconi e ai suoi amici gli stanno facendo un c... come una capanna», seguito da risate compiaciute da parte degli altri commensali –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero, vista la non smentita del Ministro dell'economia e delle finanze;
   se si ritenga opportuno, in tal caso, che un membro del Governo si renda protagonista di un fatto così increscioso, che tende a colpire, ridicolizzare e demolire l'immagine del leader di una delle forze che sostengono il medesimo Governo, nonché l'intero partito del «Popolo della Libertà» e, di conseguenza, tutti i suoi elettori;
   quali interventi intenda adottare il Presidente del Consiglio, nell'ambito della sua responsabilità in merito alla tutela dell'unità dell'indirizzo e politico amministrativo del Governo, per stigmatizzare tale comportamento, ove confermato, e per impedire che episodi del genere si verifichino in futuro. (3-00450)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NARDUOLO e RACITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale giovani è un ente di diritto pubblico, vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea, creata in attuazione della decisione 1719/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per la gestione, nel nostro Paese, del programma comunitario «Gioventù in Azione», in scadenza il prossimo 31 dicembre 2013;
   l'intensa e proficua attività svolta dall'Agenzia nazionale giovani dal 2007 ad oggi, volta a promuovere la cittadinanza attiva dei giovani e una comune cultura di cittadinanza europea, la solidarietà e l'integrazione culturale, la mobilità transnazionale dei giovani, il sostegno alle organizzazioni e alle politiche nel settore della gioventù, ha visto un sempre crescente interesse da parte dei giovani, delle organizzazioni e degli enti che in questi anni hanno moltiplicato il numero di progetti presentati;
   tali progetti hanno contribuito, in particolare, a rispondere alle esigenze dei giovani nella prospettiva di creare maggiori opportunità nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro, ma anche con l'intento di promuovere l'impegno attivo e una maggiore coesione sociale;
   i fondi concessi dalla Commissione europea all'Agenzia sono passati dagli iniziali 7 milioni di euro negli anni 2007-2010, ai 9,9 milioni di euro nel 2012, fino ai quasi 12 milioni di euro per il 2013;
   l'Agenzia è diventata in questi anni, inoltre, un importante punto di riferimento in Italia per la formazione non formale, ovvero per quella forma di apprendimento e accrescimento delle competenze utili a favorire una maggiore occupabilità dei giovani;
   dal 29 luglio 2013 l'Agenzia nazionale è priva di direttore generale, ovvero di una sua compiuta delega di poteri;
   tale vacatio ha comportato un rallentamento delle attività dell'Agenzia, peraltro proprio in vista della scadenza del programma «Gioventù in Azione» e dell'avvio del nuovo programma europeo «Erasmus plus»;
   la situazione determinatasi si traduce nell'impossibilità per l'Agenzia di stipulare i contratti, in assenza di potere di firma, relativi all'avvio dei progetti già approvati e per i quali sono state stanziate, dunque già disponibili, le risorse economiche europee;
   il 6 novembre 2013 è stata inviata dalla RSU dell'Agenzia una nota al Ministro Kyenge, al Capo dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale e all'ufficio per le politiche giovanili, per evidenziare le difficoltà esposte e la grave assenza dell’«organo decisionale» che impedisce il corretto funzionamento dell'Agenzia e, soprattutto, l'avvio dei progetti da essa gestiti –:
   per quale motivo in questi quattro mesi non si sia provveduto a nominare il nuovo direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani, lasciando detta struttura nell'impossibilità di operare correttamente rispetto alle proprie finalità istituzionali;
   se non si intenda procedere con celerità per rimuovere le cause dell'immobilismo di un ente così importante per i giovani e le politiche giovanili. (4-02498)


   CIPRINI, GALLINELLA, BECHIS, ROSTELLATO, RIZZETTO, GAGNARLI, L'ABBATE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, BALDASSARRE, COMINARDI e TRIPIEDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che a maggio del corrente anno sono iniziati i negoziati sugli accordi di libero scambio tra USA e EU, la cosiddetta Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP);
   la ripresa dei negoziati era prevista a Bruxelles il 7 ottobre 2013 ma il Federal shut down del Governo statunitense ha fatto slittare i negoziati a questi giorni;
   da un rappresentante del commercio americano, si apprende infatti che proprio in questi giorni (11-15 novembre) sono ripresi i negoziati;
   la notizia riguardo questi importanti eventi sui media italiani non ha ricevuto il doveroso risalto, evidentemente perché troppo concentrata a fare «informazione» su sterili e certamente meno importanti vicende di politica interna;
   eppure la TTIP, in quanto a rilevanza, è da considerarsi alla stregua del Trattato di Maastricht che portò all'avvento dell'euro;
   gli accordi sul libero scambio sono destinati a portare cambiamenti di carattere epocale nell'economia mondiale, europea ed italiana;
   a giudizio dell'interrogante, appare necessaria una capillare azione di informazione e divulgazione sulle trattative in atto, sugli impatti e sugli scenari futuri per l'Italia, stante la rilevanza fondamentale dell'argomento che dovrebbe, essere oggetto di approfondimento e di dibattito, avendo una importanza strategica per gli equilibri economici e politici;
   nello specifico, si ricorda che gli USA fanno già parte dell’American Free Trade Agreement (NAFTA) e del Central America Free Trade Agreement (CAFTA) e hanno già avviato i negoziati per due nuovi accordi: la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) con l'Unione europea e la Trans-Pacific Partnership (TPP) con vari paesi dell'Asia;
   grazie a questi trattati gli USA si troveranno al centro di una vasta zona di libero scambio che renderà vantaggioso per le aziende estere spostare la produzione negli Stati Uniti, sia per alimentare l'enorme mercato interno, sia per riesportare in tutti quei Paesi che hanno accordi di libero scambio con gli USA;
   pertanto, per le imprese potrebbe diventare vantaggioso produrre negli USA e poi esportare nel resto del mondo. Il rischio per l'Italia e per altri Paesi europei è di perdere quote di export o peggio, vedere le proprie imprese delocalizzare buona parte della loro capacità produttiva negli Stati Uniti, e non più nell'est Europa come avviene oggi;
   si rileva altresì che molte aziende straniere hanno già delocalizzato parte della loro capacità produttiva per sfruttare i vantaggi offerti dal sistema economico statunitense. Alcuni esempi: Rolls-Royce, che fabbrica componenti per motori a reazione in Virginia e poi li spedisce verso Europa e Asia; Siemens che produce turbine industriali a Charlotte, in North Carolina, e poi le invia in Arabia Saudita e Messico; Airbus che sta costruendo uno stabilimento a Mobile, in Alabama per produrre aerei sia per il settore civile che militare;
   vi sono anche aziende italiane che hanno compreso che il futuro del manifatturiero è «made in USA». La più famosa è FIAT-Chrysler, ma ce ne sono molte altre, piccole e medie e meno conosciute, che hanno scelto di investire per produrre o assemblare in negli USA. Alcuni esempi: MXSolar, assembla pannelli solari (da Monza a Somerset New Jersey); Cavanna, costruisce macchine per il packaging (da Prato a Duluth in Georgia); Spanesi, produce attrezzature per le carrozzerie (da Padova a Naperville Illinois) –:
   quale posizione e ruolo abbia assunto il Governo italiano in seno ai sopra detti negoziati USA-Unione europea nonché all'interno della cornice europea;
   se il ruolo assunto dall'Italia sia svolto in un'ottica di contrattazione attiva, avendo come priorità il bene primario del Paese o se piuttosto i margini di contrattazione releghino l'Italia ad un ruolo di secondo piano;
   se sia in corso una analisi degli impatti e degli scenari circa le ricadute positive e negative sul sistema economico, produttivo, imprenditoriale e occupazionale italiano, anche alla luce del piano destinazione Italia che il Governo sta per promuovere;
   se sia intenzione del Governo promuovere in seno ai negoziati iniziative per valorizzare e rilanciare l'imprenditoria in Italia ed in particolare il made in Italy prodotto in Italia;
   se il Governo intenda avviare un azione di informazione e divulgazione sul tema a favore della cittadinanza italiana.
(4-02500)


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia spaziale Italiana – ASI – è un ente governativo italiano, creato nel 1988, che ha il compito di predisporre e attuare la politica aerospaziale italiana. Dipende direttamente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e utilizza i fondi ricevuti dal Governo italiano per finanziare il progetto, lo sviluppo e la gestione operativa di missioni spaziali, con obiettivi scientifici e applicativi;
   l'ASI gestisce missioni spaziali in proprio o in collaborazione con i maggiori organismi spaziali internazionali, prima di tutto l'Agenzia spaziale europea di cui è il terzo maggior contribuente;
   si evince, da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 12 novembre 2013, che sulla nuova sede dell'ASI nel quartiere di Tor Vergata, nel comune di Roma, si sarebbero secondo l'avviso dell'interrogante, perpetrate a danno dell'Erario gravi irregolarità;
   per la realizzazione della sede dell'Agenzia spaziale italiana, si è passati dai 12 milioni di euro inizialmente previsti alla fine del 2000 agli 84,4 milioni certificati da una dettagliata e severa relazione dell'Autorità per gli appalti pubblici. Si aggiunga che, paradossalmente essendo sede di una delle agenzie punta di diamante del sistema di ricerca scientifica nazionale, il predetto complesso edilizio non si è dotato dei necessari e obbligatori impianti energetici ad alta efficienza, come ad esempio di un impianto fotovoltaico, seppur previsti per gli edifici pubblici di nuova costruzione dalla normativa nazionale e da una delibera del Comune di Roma Capitale e senza peraltro godere dei previsti incentivi economici;
   è necessario poi sottolineare che sulle procedure di appalto per la nuova sede ASI stanno indagando i magistrati della Corte dei conti, anche in merito alla segregazione per supposte ragioni di sicurezza dell'appalto poi affidato al Provveditorato lavori pubblici del Lazio già diretto da Angelo Balducci, già noto alle cronache giudiziarie legate alla «Cricca» per gli appalti del terremoto dell'Aquila –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di loro competenza, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Presidente del Consiglio dei ministri vogliano mettere in campo per rendere pubbliche le procedure di appalto della sede ASI di Tor Vergata, a suo tempo segretate dall'ex presidente Sergio Vetrella e se non ritengano altresì di chiarire se nella revisione della procedure di appalto possano effettuarsi risparmi e recupero di fondi illegittimamente allocati da impiegarsi nell'efficientamento energetico del complesso edilizio dell'ASI. (4-02507)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'11 ottobre 2013, alle ore 01:00, una motovedetta libica, con bandiera berbera, ha avvicinato un peschereccio partito la sera prima da Zuwarah, a bordo del quale risultavano esservi tra i 100 e i 150 bambini con i loro genitori, molti dei quali medici e professori universitari di Aleppo, tutti in fuga dalla guerra civile in Siria;
   nelle ore successive la motovedetta libica ha continuato ad inseguire il peschereccio;
   quattro o cinque uomini a bordo, con abiti civili e armati di Kalashnikov, chiedevano ai profughi di tornare in Libia ed attendere sul peschereccio fuori del porto di Zuwarah;
   si trattava con ogni probabilità di uno stratagemma per rapinare i passeggeri;
   un ventunenne tunisino, con il telefono satellitare, a quel punto ha chiamato l'organizzatore del viaggio, un boss di Zuwarah, facendosi confermare l'ordine di proseguire;
   nel frattempo dalla motovedetta sparavano raffiche di mitra in aria e contro la cabina di comando, nel tentativo di uccidere lo scafista, mentre alcuni profughi sollevavano da sotto le ascelle i loro bimbi più piccoli per mostrarli agli uomini armati, supplicandoli di non sparare;
   ciononostante, i militari a bordo continuavano a sparare raffiche di mitra per almeno venti volte, nel corso della notte, prima contro lo scafo e poi sotto la linea di galleggiamento;
   all'albeggiare la motovedetta libica ha fatto ritorno verso le coste libiche, mentre i dottori a bordo iniziavano a medicare i passeggeri feriti dai colpi di mitra (tra i passeggeri vi erano, tra gli altri, un famoso neurochirurgo siriano, Khaled Al Awad, e un ex consigliere del ministro della Salute, Omram Raslan, capo dipartimento della sanità privata, anche loro in fuga con le mogli e i bambini);
   verso le ore 11:00 uno dei passeggeri, ovvero Mohanad Jammo, 40, primario dell'unità di terapia intensiva e anestesia dell'ospedale Ibn Roshd di Aleppo, oltre che direttore del servizio di anestesia e anti rigetto del team per i trapianti di rene e manager della clinica francese in Siria «Claude Bernard», verificato che dalle pareti dello scafo entrava molta acqua, chiamava il numero italiano per le emergenze in mare, supplicando per ottenere un intervento immediato perché la piccola nave piena di profughi stava affondando;
   a Jammo in tale frangente sono stati chiesti il nome, il numero di passeggeri, la provenienza e la posizione del peschereccio, conosciuta dall'anestesista perché a bordo seguivano il viaggio sugli schermi di uno strumento Gps professionale e di alcuni smartphone che fornivano coordinate tra di loro coincidenti, e quindi attendibili;
   nelle ore successive il dottor Jammo chiamava altre due volte il numero italiano, ed alla fine l'unico aiuto ricevuto si rivelava essere l'informazione secondo cui il peschereccio si trovava in un'area sotto la responsabilità di Malta;
   il dottor Jammo telefonava alla centrale operativa di Malta, che non era stata ancora avvertita dall'Italia dell'emergenza in corso;
   alle 15:00 la centrale operativa di Malta comunicava finalmente che la posizione del peschereccio era stata identificata, e che i soccorsi sarebbero arrivati in 40 o 45 minuti;
   nel frattempo il peschereccio continuava a imbarcare acqua;
   tra le 15:45 e le 16:00 Mohanad Jammo richiamava, e gli viene spiegato che servono un'altra ora a dieci minuti per far arrivare i soccorsi sul posto;
   verso le 16:30 sopraggiungeva un aereo a elica del servizio di ricerca e soccorso maltese, quando la stiva del peschereccio è ormai ricoperta da almeno 75 centimetri di acqua;
   Jammo richiamava a quel punto la centrale operativa di Malta e supplicava i maltesi di ordinare all'equipaggio dell'aereo di lanciare giubbotti di salvataggio e canotti gonfiabili per cominciare al più presto l'evacuazione della piccola nave, senza ottenere però nulla;
   poco dopo le 17:00 il peschereccio si rovesciava con tutto il suo carico di bambini e adulti a bordo, e solo successivamente dall'aereo lanciavano due grosse sacche piene di giubbotti di salvataggio e un canotto gonfiabile;
   Malta nel frattempo aveva avvertito le autorità italiane del naufragio, e la segnalazione era stata passata a Lampedusa;
   un elicottero decollato da una nave militare maltese lanciava a quel punto altri giubbotti e canotti di salvataggio, ma non erano numericamente sufficienti per tutti;
   solo alle ore 17:32 partiva da Lampedusa la prima motovedetta della guardia costiera italiana, e circa venti minuti dopo il pattugliatore delle forze armate maltesi P61 raggiungeva il punto del naufragio;
   successivamente da Lampedusa partivano la seconda motovedetta della guardia costiera e poco dopo un veloce pattugliatore della guardia di finanza, ma ormai era tardi per impedire il bilancio di almeno 268 morti, tra i quali più di sessanta bambini;
   ad un mese di distanza è uscito il primo documento ufficiale in merito delle «Armed forces of Malta», le Forze armate maltesi, ovvero una fotografia che indica con una «X» tracciata a sud di Lampedusa il punto da cui il peschereccio attendeva inutilmente l'arrivo dei soccorsi;
   la fotografia riproduce la mappa del Mediterraneo con la posizione della «capsized migrant boat», la barca dei migranti rovesciata;
   si tratta della stessa immagine tracciata sullo schermo della centrale operativa maltese quando, alle 13:00 dell'11 ottobre, le forze armate della Valletta raccoglievano il disperato S.O.S. lanciato da Mohanad Jammo;
   l'immagine prodotta dalle «Armed forces of Malta» è coerente con quanto dichiarato a l'Espresso anche dal dottor Jammo, ovvero col fatto che il peschereccio si trovava molto più vicino a Lampedusa che a Malta: la costa italiana distava 61,40 miglia nautiche, equivalenti a 113 chilometri, mentre Malta era invece a 118 miglia nautiche, 218 chilometri;
   per questo il medico di Aleppo, seguendo la normale logica, aveva chiamato l'Italia e non Malta;
   se la centrale italiana avesse mobilitato già alle 11 del mattino (orario del primo contatto telefonico col peschereccio) i mezzi della guardia costiera da Lampedusa, le motovedette d'altura come la Cp302, con la loro velocità di crociera di 30 nodi (55,6 chilometri orari), avrebbero raggiunto i profughi in due ore, ed i due pattugliatori di classe «Zara» della guardia di finanza, sempre da Lampedusa, con la loro velocità di 40 nodi (74,1 chilometri all'ora), sarebbero potuti arrivare in un'ora e mezzo;
   calcolando il tempo necessario a verificare la posizione fornita con certezza da Mohanad Jammo, il trasbordo dei bambini con i loro genitori sarebbe potuto cominciare tra le 13:00 e le 13.30;
   anche se Malta avesse chiesto aiuto all'Italia soltanto alle 13:00, quando ha ricevuto la richiesta di soccorso di Mohanad Jammo rifiutata fino a quel momento dagli italiani, da Lampedusa i mezzi della guardia costiera e della guardia di finanza sarebbero potuti essere sul punto tra le 14:30 e le 15:00;
   persino considerando come primo momento utile per far partire i concorsi l'ora in cui Malta aveva avuto conferma della posizione del peschereccio, le 15:00, una partenza dei mezzi sopra citati da Lampedusa avrebbero ancora potuto salvare gran parte dei passeggeri, giacché il peschereccio, che stava affondando dalle 11:00 del mattino per i fori nello scafo provocati dalle raffiche di mitra sparate da una motovedetta libica, si è rovesciato solamente alle 17:10 circa;
   il pomeriggio di venerdì 11 ottobre le motovedette bianche e rosse della guardia costiera erano ancora impegnate nelle operazioni di recupero dei corpi dei 363 profughi eritrei annegati la notte del 3 ottobre 2013 a ottocento metri da Lampedusa, mentre i veloci pattugliatori della guardia di finanza erano in porto, ormeggiati al molo Favaloro, come mostrano diverse fotografie scattate quel pomeriggio;
   secondo notizie raccolte da l'Espresso, la richiesta di intervento è stata finalmente segnalata a Lampedusa soltanto alle 17:20, ovvero dieci minuti dopo il rovesciamento del peschereccio, al quale hanno assistito senza potere fare nulla i piloti di un aereo di ricerca e soccorso maltese, e le motovedette della guardia costiera sono partite rispettivamente alle 17:32 ed alle 17:52, più o meno alla stessa ora del pattugliatore della guardia di finanza;
   in questo modo i mezzi sono arrivati sul punto solo dopo le 18:30, con sette ore e mezzo di ritardo sulla prima richiesta di soccorso;
   tale ritardo ha di fatto condannato a morte i profughi in fuga dalla guerra civile in Siria;
   i fatti in questione sono narrati dall'articolo intitolato «Lasciati affogare, ecco le prove – La mappa che conferma le accuse», pubblicato nell'edizione online de l'Espresso dell'11 novembre 2013 –:
   se i Ministri, per quanto di competenza, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali azioni siano state intraprese per verificare se i dati forniti dalle Forze armate maltesi siano corretti;
   quali misure si intendano prendere per verificare eventuali responsabilità in merito al mancato intervento che avrebbe potuto evitare il disastro. (3-00449)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono state attribuite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di ambiente e di tutela del territorio;
   la legge 9 dicembre 1988, n. 426, istituisce il sito di bonifica di interesse nazionale di Pieve Vergonte;
   nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 27 ottobre 2011, sono individuati gli interventi necessari per la bonifica del sito di interesse nazionale di Pieve Vergonte nonché i soggetti obbligati alla loro realizzazione;
   secondo le vigenti disposizioni in materia, i soggetti così individuati hanno l'obbligo di adempiere alle prescrizioni stabilite dall'amministrazione precedente;
   con decreto direttoriale il direttore generale ad interim, dottor Renato Grimaldi, ha decretato di «approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 27 ottobre 2011»;
   l'articolo 14-ter, commi 6-bis e 9, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, prescrive l'adozione del provvedimento finale del provvedimento conformemente alle determinazioni conclusive della citata conferenza dei servizi;
   il progetto operativo di bonifica del sito di Pieve Vergonte (VB) presentato da Syndial è stato già oggetto di valutazione da parte della giunta regionale della regione Piemonte con delibera n. 28-5712;
   la legge n. 426 del 1998 all'articolo 1, definendo le modalità di adozione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, identifica tra i primi interventi di interesse nazionale quello di Pieve Vergonte;
   l'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che i progetti di bonifica riguardanti siti di interesse nazionale siano approvati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentito il Ministero delle attività produttive, ora sviluppo economico;
   la lunghezza dell’iter autorizzativo legato alla procedura di bonifica (iniziato nel 1996) fa rilevare l'estrema importanza che tale intervento di bonifica possa essere realizzato nel più breve tempo possibile;
   a seguito di numerosi incontri tra Syndial ed i comuni interessati dalla bonifica, si è giunti alla formulazione di una serie di opere complementari concertate con gli enti locali;
   all'interno di tali opere complementari concordate sono ricomprese opere essenziali per la sicurezza e la salvaguardia dei cittadini che abitano nei comuni interessati, quali ad esempio il rifacimento e potenziamento delle difese spondali nei comuni di Vogogna, Pieve Vergonte e Pallanzeno, opere che vista la criticità in cui versa l'alveo del Fiume Toce non sono più differibili –:
   quale sia lo stato delle procedure amministrative necessarie per dare concreto avvio alle opere di bonifica del sito inquinato di Pieve Vergonti con particolare riferimento all'emanazione del prescritto decreto ministeriale (articolo 252 codice ambientale) di approvazione bel progetto di bonifica. (5-01445)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI e TOFALO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 ottobre 2008 il comune di Tarquinia ed Enel hanno sottoscritto l'accordo che disciplina i reciproci rapporti tra l'amministrazione comunale e Enel spa;
   l'accordo si inserisce nel più ampio ambito definito «Accordo quadro relativo alle iniziative per la tutela della salute, dell'ambiente e dello sviluppo territoriale nell'area» del 4 luglio 2008, tra regione Lazio, province di Roma e Viterbo, comuni di Civitavecchia, Allumiere, Santa Marinella, Tarquinia, Tolfa ed Enel;
   lo studio aveva una durata complessiva di cinque anni e doveva svolgersi, secondo le modalità definite nell'allegato tecnico, dal Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA), Ente nazionale di ricerca e sperimentazione nel settore agricolo, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   l'Enel doveva predisporre, in accordo con il comune e con l'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura della regione Lazio (ARSIAL), un adeguato programma per la valorizzazione ed il sostegno delle produzioni agricole tipiche del territorio;
   era prevista l'istituzione di un comitato tecnico formato da rappresentanti del comune, Enel, CRA e ARSIAL con lo scopo di monitorare l'andamento delle attività, verificare gli adempimenti contrattuali e approvare i rapporti tecnici;
   l'obiettivo dell'attività proposta mirava alla realizzazione di biomonitoraggio dell'area adiacente la centrale di Civitavecchia, che è stata sottoposta alla conversione da olio combustibile a carbone, al fine di verificare a lungo termine l'eventuale impatto legato al fall-out di elementi contaminanti sui suoli agricoli e sulle relative produzioni vegetali –:
   se il Ministro sia al corrente dell'esito del biomonitoraggio, il cui scopo è di definire i valori di fondo/fondo antropico dei metalli/metalli pesanti, preesistenti nei suoli e nei prodotti agricoli coltivati, prima dell'avvio della centrale convertita a carbone, nonché i medesimi valori dall'avvio della conversione della centrale ad oggi e resi pubblici per mezzo dall'apposito Comitato tecnico formato da rappresentanti del comune di Tarquinia, Enel, CRA e ARSIAL con lo scopo di monitorare l'andamento delle attività, come previsto da contratto, e, in caso affermativo, in che modo intenda, nell'ambito delle sue competenze, avvalersi dei dati così ottenuti – anche attraverso eventuali ulteriori indagini – per disporre di un quadro aggiornato delle possibili conseguenze ambientali della conversione della centrale Enel di Civitavecchia. (5-01446)


   PELLEGRINO, ZAN e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nello scorso mese di giugno in alcuni comuni della provincia di Pordenone è stato seminato del mais utilizzando sementi geneticamente modificate del tipo MON810, in assenza del provvedimento autorizzativo prescritto dall'articolo 1 del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212;
   i promotori delle semine suddette hanno ritenuto di avvalersi della pronuncia della Corte di giustizia europea dell'8 maggio 2013 (causa C-542/12) per aggirare l'obbligo di ottenere preventivamente l'assenso dell'autorità nazionale competente;
   in data 12 luglio 2013 il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto un decreto che vieta in via cautelativa, sull'intero territorio nazionale, la coltivazione del mais geneticamente modificato MON810, provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 34 del regolamento (CE) 1829/2003 che consente agli Stati membri di adottare misure d'emergenza qualora sia manifesto che prodotti geneticamente modificati possano comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente;
   nonostante il citato decreto interministeriale del 12 luglio 2013 abbia stabilito il divieto di coltivazione e nonostante il rischio di danno ambientale e contaminazione delle colture agricole prefigurato nelle ricerche condotte da enti pubblici citate a supporto del decreto stesso, le coltivazioni di mais MON810 in provincia di Pordenone non sono state soggette, nel periodo intercorso dalla semina al 23 settembre 2013, ad alcun provvedimento restrittivo o cautelativo da parte delle autorità regionali e locali;
   relativamente a quanto suesposto, i responsabili del Corpo forestale della regione hanno pubblicamente affermato che: «dai sopralluoghi e dalle analisi effettuate riteniamo che vi sia in atto una contaminazione nelle aree circostanti e la tracciabilità non è stata rispettata»;
   il 6 novembre scorso, nel corso di un'audizione sul tema che si è tenuta alla Camera, il capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, ha confermato che in provincia di Pordenone è in corso un grave episodio di contaminazione delle produzioni agricole a seguito delle semine non autorizzate di mais transgenico MON810. Nel documento consegnato da Cesare Patrone si afferma, fra l'altro, che l'inquinamento genetico dei campioni di mais convenzionale raccolti in aree limitrofe «arriva anche al 10 per cento»;
   se una sola semina transgenica ha prodotto tale livello di contaminazione è evidente che ci troviamo di fronte ad un grave rischio di inquinamento ambientale e per la filiera alimentare –:
   se, ravvisandosi inadempienze da parte della regione, non si ritenga indispensabile intervenire con sollecitudine, nell'ambito delle proprie competenze, per mettere in sicurezza l'area, e per procedere ai sensi del 152 del 2006, all'accertamento del danno ambientale e al conseguente assoggettamento dei responsabili alle conseguenze di legge. (5-01447)


   DORINA BIANCHI e LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società Syndial ha l'onere di procedere alla messa in sicurezza e di bonifica del sito contaminato ex Pertusola ed ex Fosfotec di Crotone, questione portata dall'interrogante all'attenzione del Governo anche con apposita interrogazione n. 5-01030;
   la società Syndial è stata condannata, con sentenza passata in giudicato, dal tribunale di Milano, Decima Sezione Civile n. 2536 del 28 febbraio 2012 a liquidare il danno derivante dall'inquinamento del sito di Crotone, determinando di conseguenza la somma da risarcire;
   ai sensi delle legge 9 agosto 2013, n. 98, su proposta del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato nominato un commissario straordinario per la progettazione e l'effettuazione dei lavori di bonifica, facendo affluire i fondi da utilizzare per risarcire il danno in una apposita contabilità intestata al Commissario medesimo –:
   quali siano le esatte modalità di impiego da parte del succitato commissario straordinario delle risorse destinate alla bonifica del sito di Crotone, con particolare attenzione all'area archeologica antica Kroton, nonché se vi sia la possibilità che il commissario stesso entro 6 mesi dall'inizio dei lavori sull'andamento della bonifica e della messa in sicurezza dell'area, fornisca elementi al riguardo. (5-01448)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SEGONI, DAGA, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il rischio idrogeologico è una conclamata emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche, fatti di cronaca e prese di posizione pubbliche da parte di politici e ministri, come affermato per esempio dal Ministro interrogato poche settimane fa in Commissione Ambiente: «La lotta contro il dissesto idrogeologico è una grande emergenza nazionale e rappresenta il più grande investimento infrastruttura che il nostro Paese ha in questo momento il dovere di compiere. Le stime dei costi degli interventi da realizzare per la mitigazione di questi rischi ci danno numeri allarmanti: solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero circa 11 miliardi;
   oppure quanto affermato dal Premier Letta durante le commemorazioni del 50esimo anniversario della tragedia del Vajont: «Bisogna lavorare perché il tema del dissesto idrogeologico trovi risposte, perché le trovi la montagna, perché le trovi il nostro territorio reso meno fragile con regole giuste ed un uso del suolo diverso rispetto al passato»;
   la Camera ha approvato in data 26 giugno 2013, nel corso della seduta n. 41, la mozione 1-00114, dopo che il Governo aveva espresso parere favorevole condizionato ad alcune riformulazioni;
   sono trascorsi più di quattro mesi dall'approvazione di suddetta mozione, è già iniziata la stagione piovosa, e si sono già verificati i primi eventi franosi ed alluvionali che annualmente flagellano il territorio italiano –:
   a quali parti del dispositivo della mozione 1-00114 il Ministro ritenga di aver già ottemperato ed in che misura; quali parti del dispositivo ritenga di aver valutato e giudicato non assolvibili; con quali tempi ed in quali termini intenda ottemperare alle parti del dispositivo non ancora realizzate. (5-01444)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la regione Puglia ha approvato di recente il piano dei rifiuti, il quale prevede la realizzazione di un centro di selezione e di una linea di biostabilizzazione con annessa discarica di servizio/soccorso nel Comune di Spinazzola (BT), località Grottelline;
   in data 14 ottobre 2013, il consiglio comunale di Spinazzola ha approvato una deliberazione che evidenzia le ricadute negative che avrebbe sul territorio la realizzazione di tale discarica e l'impatto sia sull'agricoltura che sull'attività zootecnica, sostanzialmente in linea con il parere sfavorevole espresso in precedenza dal comune di Poggiorsini;
   nell'area della Lama Grottelline nidificano diverse specie di interesse comunitario;
   l'area è zona ad interesse archeologico, storico e culturale, così come sostiene la stessa regione Puglia nel piano paesaggistico territoriale regionale;
   la lama di cui trattasi intercetta una fitta rete di alvei fluviali, i quali creano grandi accumuli idrici all'interno della stessa, con pericolo di inquinamento delle falde sottostanti e conseguenti danni ambientali;
   l'Autorità di bacino della Basilicata non esclude che l'area di che trattasi sia interessata da fenomeni di instabilità idrogeologica ed idraulica –:
   quali iniziative si intendano porre in essere, per quanto di competenza, a tutela della Lama ubicata in località Grottelline a Spinazzola (BT), inspiegabilmente individuati quale sito ove realizzare un centro di selezione e una linea di biostabilizzazione con annessa discarica di servizio/soccorso. (4-02503)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 7 ottobre 1997, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse della XIII Legislatura audiva il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone;
   nel corso della audizione, in risposta ad una precisa domanda del presidente della commissione riguardante la Puglia, in merito al traffico di rifiuti, l'audito affermava che «c'erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori, in base ai discorsi che facevamo negli anni fino al 1990-1991» e che, rispetto alla successiva domanda finalizzata a conoscere quali fossero state le aree interessate, affermava che «a mia conoscenza personale, nel Salento, ma sentivo parlare anche delle provincia di Bari e di Foggia»;
   tali affermazioni richiedono, a tutela della salute dei cittadini, monitoraggi ed indagini di riscontro da porre in essere anche tramite l'intervento della autorità giudiziaria;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, potrebbe supportare con mezzi, personale tecnico e risorse finanziarie i predetti monitoraggi e verifiche –:
   se si intenda, per quanto di competenza, supportare con mezzi, personale tecnico e risorse finanziarie monitoraggi ed indagini da porre in essere in Puglia, al fine di verificare le affermazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, anche effettuando le dovute comunicazioni all'autorità giudiziaria.
(4-02505)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   CESA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo», convertito nella legge 7 ottobre 2013 n. 112, impone la chiusura dei corpi di ballo all'interno degli enti lirici;
   in conseguenza di ciò, tutti i teatri si sono adeguati con la conseguenza di bloccare il rinnovo dei contratti ai ballerini e creare disoccupati in tutt'Italia;
   l'Opera di Roma ha ancora alcuni contratti in essere voluti dal maestro Muti, ma alla scadenza degli ultimi anche l'Opera resterà senza corpo di ballo;
   le conseguenze saranno l'arrivo di corpi di ballo stranieri dove forse qualche italiano avrà la possibilità di farsi assumere ma andando a vivere all'estero;
   insomma, si continua a vedere il corpo di ballo come un orpello costoso, inutile, invece che come elemento produttivo per la crescita culturale;
   il danzatore non è difatti solo mano d'opera, ma elemento essenziale del prodotto artistico. Non si tratta insomma di difendere solo posti di lavoro, ma soprattutto di un ricco potenziale artistico essenziale alla sopravvivenza del grande repertorio ballettistico –:
   quali iniziative si ritenga opportuno assumere al fine di sanare la situazione delle attività coreutiche che sono espressione e testimonianza della cultura e tradizione italiana. (3-00446)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sono di questi giorni gli ultimi accorati appelli di esponenti della società civile napoletana per scongiurare la chiusura della storica libreria Guida a Port'Alba. Rappresentanti del mondo della cultura, delle scienze, letterati, scrittori, artisti, professionisti di ogni disciplina cui si accompagnano gli esponenti più attenti della politica di Napoli sono mobilitati perché non abbia a disperdersi il luogo di incontro che ha segnato per decenni la vita culturale della città;
   non vi è dubbio che fra le cause della crisi della libreria e più in generale dell'intera editoria italiana si rintraccino la crisi del libro, la scarsa dedizione di larga parte della società alla lettura e la scarsa capacità attrattiva delle biblioteche, strutture non sempre all'altezza dal punto di vista della loro gestione e quasi sempre le prime a soffrire per i pesanti tagli alle loro risorse legati all'attuale crisi economica;
   la città di Napoli ha vissuto una lunga e splendida stagione quale capitale europea della cultura ove sono fioriti scrittori, musicisti, letterati, filosofi e altro di spessore universale e quanti la amano non si rassegnano al suo declino per nulla ineluttabile;
   in questo quadro la chiusura della libreria Guida rischia di privare la città di uno degli ultimi cenacoli letterari e luogo ove gelosamente viene custodito e «vive» il prezioso patrimonio di opere che ancora possiede;
   la vicenda che ha portato all'epilogo ha del paradossale se si tiene conto che la proprietà ha cercato di opporsi al fallimento rendendo disponibile l'edificio di quattro piani in cui risiede per fronteggiare le esposizioni debitorie e che, proprio in ragione del vincolo di destinazione all'uso sulle attività culturali e commerciali apposto sui locali in quanto beni di interesse nazionale, è stato ritenuto privo di valore e inefficace allo scopo;
   ad aggravare la situazione, come si apprende da Il Mattino, intervengono anche i curatori fallimentari, nominati dopo la deliberazione di fallimento da parte del tribunale di Napoli, che così scrivono «ed allo stato sono in corso le operazioni di inventariazione dei beni e che, pertanto a tutt'oggi, non consentono di effettuare alcuna svendita di merce di pertinenza del fallimento» con ciò limitando pesantemente l'operatività della libreria;
    ancora una volta si deve rimarcare l'assoluta assenza di una qualsiasi iniziativa del sindaco e della regione Campania a favore della libreria o per la definizione di un articolato programma di interventi da mettere in campo al fine di tutelare le «botteghe storiche» della città che molto conservano della sua storia e dei suoi costumi;
   con la chiusura della libreria Guida si verificherà un ulteriore sfregio al tessuto sociale e culturale della città di Napoli che invece potrebbe essere accompagnata verso una nuova fase di rinascimento se solo si intervenisse nella valorizzazione del suo immenso patrimonio artistico, culturale a archeologico –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda mettere in atto, anche attingendo a quanto disposto dal cosiddetto «decreto cultura» recentemente approvato dal Parlamento, per evitare che l'apposizione di un vincolo di «sito culturale di interesse nazionale» rappresenti un handicap anziché un motivo d'orgoglio per i proprietari e la comunità. (4-02510)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CALABRÒ e COSTA. — Al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 27 dicembre 2012 il Ministero per la coesione territoriale, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha pubblicato il documento di indirizzo «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei Fondi comunitari 2014-2020» con cui ha avviato un confronto pubblico con le parti interessate per la preparazione dell'accordo di partenariato 2014-2020 per l'interlocuzione formale con la Commissione europea. L'utilizzo dei fondi comunitari per la coesione 2014-2020, e del relativo cofinanziamento nazionale, avverrà infatti sulla base di un accordo di partenariato;
   nell’«obiettivo tematico 9 – inclusione sociale e lotta alla povertà (promuovere l'inclusione sociale, combattere la povertà e ogni forma di discriminazione)» risulta inclusa l'unica azione per il «Rafforzamento/migliore caratterizzazione delle figure professionali che operano nelle politiche sociali: Migliorare la presa in carico e la qualità dei servizi attraverso una migliore definizione dei profili professionali e la crescita delle competenze degli operatori. Azioni: Investimento formativo nel sistema degli operatori socio-sanitari (ASL e Enti Locali) per implementare le competenze necessarie ad agire in contesti di governance multilivello e all'interno di dinamiche inter-organizzative e inter-istituzionali»;
   numerose istanze in proposito sono state formalizzate sia da parte degli assessori che da parte delle associazioni degli specializzandi universitari delle regioni obiettivo convergenza (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria) ai Ministeri competenti, senza avere mai ricevuto riscontro;
   durante i tavoli di confronto Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca - Ministero della salute è stata formalmente rappresentata la richiesta di supportare la destinazione di borse per gli specializzandi medici e non medici, nonché per medici di famiglia (MMG) e pediatri di libera scelta (PLS);
   il fabbisogno delle professioni sanitarie è monitorato da appositi osservatori misti salute-università, con particolare riguardo alle regioni sottoposte a piano di rientro, dove sono previsti controlli stringenti anche sulle politiche per il personale per la totale corrispondenza dei fabbisogni formativi con il mercato del lavoro attraverso lo strumento dell'adozione delle piante organiche da parte delle aziende sanitarie;
   molte discipline risultano oggi in carenza di professionisti specializzati e l'accoglimento delle specializzazione su fondi FSE consentirebbe di qualificare l'offerta formativa e di elevare il capitale sociale delle future generazioni;
   la commissione di studio sulle scuole di specializzazione di area sanitaria istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con decreto ministeriale 3 luglio 2013, n. 598, riunitasi in data 17 ottobre 2013, si è espressa unanimemente a sostegno dell'iniziativa delle regioni volta all'autorizzazione da parte dei Ministeri competenti all'utilizzo dei finanziamenti del Fondo sociale europeo (FSE) – dotazione regioni «obiettivo convergenza» e regioni «obiettivo competitività» – per il finanziamento di contratti e borse di studio aggiuntivi per la formazione specialistica di medici e non medici –:
   se il Governo sia a conoscenza delle richieste e se abbia proposto ai tavoli di confronto per l'Europa l'utilizzo dei fondi FSE anche per la formazione dei medici specializzandi e delle altre figure non mediche, nonché per medici di famiglia e pediatri di libera scelta;
   se e come il Governo intenda prevedere la possibilità di finanziare anche interventi formativi post diploma e post laurea per le professioni sanitarie mediche e non mediche, nonché master post universitari a supporto dell'innovazione al fine di sostenere il cambiamento organizzativo. (4-02513)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI e BUSINAROLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ANAS spa è una società pubblica, interamente partecipata dallo Stato, inserita dall'ISTAT nell'elenco delle pubbliche amministrazioni rientranti nel bilancio consolidato dello Stato e, in quanto tale, obbligata al rispetto dei vincoli previsti dalla spending review anche in tema di contenimento della spesa pubblica;
   come risulta dal bilancio ANAS per l'esercizio 2012, trasmesso al Parlamento, la stessa ha costituito, in data 25 giugno 2012, la Società Anas International Enterprise spa, avente lo scopo della gestione delle commesse estere già acquisite da ANAS spa;
   come risulta agli interroganti, la predetta Anas international enterprise, per lo svolgimento delle proprie attività, oltre ad utilizzare il proprio personale, all'uopo assunto, si avvale anche del personale in forza alla controllante ANAS;
   la società Anas international enterprise spa, in quanto posseduta al 100 per cento da ANAS spa e presieduta dal presidente di ANAS, dottor Ciucci, è tenuta anch'essa al rispetto delle norme di contenimento della spesa pubblica sia di limitazione alle assunzioni di nuovo personale e sia dell'entità delle retribuzioni riconosciute;
   risulta agli interroganti che la maggior parte delle attività della società Anas international enterprise viene svolta dal personale in forza ad ANAS spa, che registra, peraltro un sovradimensionamento di personale proprio, sia per la riduzione di attività istituzionali (dal 1o ottobre 2012 non svolge più le attività di concedente sulla rete autostradale a pedaggio) e sia per il riassorbimento del personale della società Stretto di Messina spa attualmente in liquidazione. Personale che gode di trattamenti economico normativi superiori ai corrispondenti livelli di personale ANAS;
   risulta altresì che il presidente dell'ANAS, dottor Ciucci, nel corso della recente audizione svolta presso le competenti Commissioni della Camera dei deputati, ha lamentato ristrettezze di fondi pubblici, definiti insufficienti per la gestione della rete stradale nazionale –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se:
    a) la Società Anas international enterprise spa abbia rispettato le stringenti norme di contenimento della spesa pubblica e in particolare le norme in materia di nuove assunzioni di personale, del blocco degli aumenti retributivi nonché dei conferimenti di incarichi di consulenza a personale ANAS, attualmente in pensione;
    b) corrisponda al vero quanto risulta agli interroganti che le retribuzioni mensili di alcuni funzionari e dirigenti di ANAS spa – che svolgono prestazioni in favore di Anas international enterprise spa per la gestione di alcune commesse estere, in particolare Colombia e Quatar – per effetto del pagamento delle indennità di trasferta e di diaria, si siano nell'ultimo anno triplicate ed in alcuni casi quintuplicate;
   per quali motivi il personale ANAS non sia stato inquadrato nei ruoli della nuova società, operante stabilmente all'estero;
   se e quali provvedimenti intendano assumere, qualora venissero accertate le supposte irregolarità che di fatto avrebbero comportato secondo gli interroganti un ingiustificato sperpero di denaro pubblico, e proprio in un periodo di drammatica situazione sociale che il Paese sta attraversando. (5-01449)

Interrogazione a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, recante norme per l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, le «graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili»;
   il decreto-legge n. 101 del 2013, relativo alla razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, convertito in via definitiva dalla legge n.125 del 2013, all'articolo 4, comma 3 stabilisce che: «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica:
   a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
   b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza» e ancora (comma 4) «L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2016»;
   nel bando di concorso degli ispettori allievi marescialli della Guardia di finanza all'articolo 21, comma 7, viene stabilito che ai sensi dell'articolo 43, comma 7, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, la graduatoria dei candidati risultati idonei ma non vincitori può essere utilizzata per l'ammissione ad analoghi e successivi corsi entro 18 mesi dall'approvazione della stessa;
   il comma 8 dell'articolo 21 dello stesso bando stabilisce che il comando generale della Guardia di finanza può avviare i candidati di cui al comma 7, nei limiti dei posti in programmazione, al successivo corso di formazione;
   il 14 novembre del 2012 è stata pubblicata la graduatoria finale di merito relativa al concorso degli ispettori allievi marescialli della Guardia di finanza la cui efficacia è pari a diciotto mesi, così come sancito dall'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, quindi attualmente ancora efficace;
   la sentenza del Consiglio di Stato n. 6560 del 20 dicembre 2012, nel richiamare la decisione dell'Adunanza plenaria n. 14 del 2011, ribadisce che il favore per l'utilizzazione degli idonei di concorso, in occasione di nuove assunzioni, è congruente con le misure di contenimento della spesa. Il nuovo concorso, pertanto, rappresenta, alla stregua delle considerazioni dell'alta magistratura, un'ipotesi cui ricorrere solo in presenza di differenze significative con la vecchia procedura concorsuale –:
   quali interventi il Ministro interrogato intenda adottare per chiarire le motivazioni che hanno portato il Corpo della guardia di finanza ad indire nuovo concorso per gli ispettori allievi marescialli relativamente all'anno 2013 e se, per il reclutamento degli ispettori allievi marescialli (dal 2013 in poi), il corpo della Guardia di finanza debba rispettare quanto stabilito dal decreto-legge n. 101 del 2013 convertito in via definitiva nella legge n. 125 del 2013 all'articolo 4, commi 3 e 4, senza indire nuovo concorso fino all'esaurimento delle graduatorie ancora vigenti degli idonei non vincitori;
   se, infine, accertata la possibilità di incremento organico in eccedenza ai posti previsti nel concorso 2013 (il bando infatti prevede il reclutamento di 297 ispettori allievi marescialli), il corpo della Guardia di finanza debba unire le due graduatorie efficaci di idonei non vincitori (anni 2012 e 2013) e conseguentemente attingere dalla stessa in base ai punteggi ottenuti dai candidati. (4-02508)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MORANI e CARRESCIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i trasferimenti delle risorse statali ai comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuiti negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni di euro, determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
   in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392 recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» che pone anacronisticamente a carico dei comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari che poi sono rimborsate dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale;
   tale previsione normativa che mette a carico dei comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della Carta costituzionale che assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari – ed anticipate dai bilanci dei comuni – pari a 315 milioni di euro annuo, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60-80 per cento delle spese effettivamente sostenute e gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro, mentre le spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 sono di oltre 300 milioni di euro, già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
   il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   a ciò si aggiunge che nei comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a fioccare nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive e ulteriori comprese tra il 15 per cento e il 110 per cento rispetto all'anno precedente;
   tali risorse sono state impiegate dai comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale –:
   quali informazioni e dati possa fornire in materia e quali provvedimenti ed iniziative urgenti intenda assumere per garantire il ristoro delle spese e il superamento di una situazione così problematica a carico dei bilanci comunali;
   a quanto ammontino le risorse iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2012 al fine di corrispondere il contributo ai comuni, se siano state decurtate e a quanto ammonti tale diminuzione rispetto all'anno precedente;
   quali siano le iniziative che il Governo sta intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di assicurare la copertura delle spese già sostenute dai comuni nel 2012, per garantire il rispetto della legge;
   quali siano le iniziative che il Governo sta intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di garantire la copertura delle spese per l'erogazione del servizio della giustizia sull'intero territorio nazionale per gli anni 2013 e 2014;
   se non sia opportuno superare questo sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari assumendo iniziative per l'abrogazione della legge 24 aprile 1941, n. 392, ponendo a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese in modo da garantire responsabilità ed efficacia. (3-00447)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MARGUERETTAZ, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i trasferimenti delle risorse statali ai comuni a seguito delle manovre finanziarie sono diminuite negli ultimi 3 anni di circa 6 miliardi e 450 milioni di euro determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
   in questo quadro di riduzione progressiva di trasferimenti si inserisce l'anomalia rappresentata dalla legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari» che pone anacronisticamente a carico dei Comuni le spese per la gestione degli uffici giudiziari che poi sono rimborsate dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo, mai integrale;
   tale previsione normativa che mette a carico dei comuni le spese degli uffici giudiziari è stata emanata nel 1941 cioè prima della nascita della Repubblica e dell'approvazione della Carta costituzionale che, assegna allo Stato le funzioni in materia di giustizia;
   a fronte di una spesa media annuale dei tribunali ed uffici giudiziari – ed anticipate dai bilanci dei comuni – pari a 315 milioni di euro annui, negli ultimi tre anni il contributo versato dallo Stato ai comuni a titolo di rimborso è stato compreso tra il 60-80 per cento delle spese effettivamente sostenute e gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro, mentre le spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 sono di oltre 300 milioni di euro, già anticipati dalle casse delle amministrazioni comunali;
   il processo di riorganizzazione delle sedi giudiziarie sul territorio nazionale ha, tra le inevitabili conseguenze, una maggiore concentrazione di spese sui comuni dove sono state accorpate le sedi giudiziarie soppresse dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155;
   a ciò si aggiunge che nei comuni accorpanti le sedi giudiziarie soppresse, iniziano a fioccare nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali che si esplicitano in spese per il trasloco, spese per la realizzazione, adeguamento e messa in sicurezza di nuove sedi, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive e ulteriori comprese tra il 15 per cento e il 110 per cento rispetto all'anno precedente;
   tali risorse sono state impiegate dai Comuni solo ed esclusivamente per garantire l'erogazione di un servizio di diretta gestione statale –:
   di quali informazioni e dati disponga in materia e quali provvedimenti ed iniziative urgenti intenda assumere per garantire il ristoro delle spese e il superamento di una situazione così problematica a carico dei bilanci comunali;
   a quanto ammontino le risorse iscritte nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2012 al fine di corrispondere il contributo ai comuni, se sono state decurtate e a quanto ammonti tale diminuzione rispetto all'anno precedente;
   quali siano le iniziative che il Governo sta intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di assicurare la copertura delle spese già sostenute dai comuni nel 2012, per garantire il rispetto della legge;
   quali siano le iniziative che il Governo sta intraprendendo, anche con carattere d'urgenza, al fine di garantire la copertura delle spese per l'erogazione del servizio della giustizia sull'intero territorio nazionale per gli anni 2013 e 2014;
   se non sia opportuno superare questo sistema di copertura dei costi degli uffici giudiziari assumendo iniziative per abrogare la legge 24 aprile 1941, n. 392, e ponendo a carico dell'amministrazione della giustizia la gestione diretta delle spese in modo da garantire responsabilità ed efficacia. (4-02501)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BONAFEDE e GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è frequente che i treni regionali trasportino migliaia di persone e nelle ore di punta siano sovraffollati rispetto alla presumibile capienza dei vagoni deducibile dai relativi certificati di omologazione;
   il sovraffollamento dei mezzi è spesso conseguenza di un uso di minor numero di carrozze di quanto ne occorrono e/o di un numero insufficiente di corse dei convogli, quando invece l'orario e la composizione dei treni nonché l'orario o il numero delle corse dovrebbero essere stabiliti in relazione alle esigenze del traffico, in modo che il servizio sia adeguato alla normale affluenza di viaggiatori;
   in data 23 gennaio l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie ha inviato una lettera, a firma del direttore ingegnere Alberto Chiovelli, alle imprese ferroviarie e a Rfi Spa ad oggetto «sovraffollamento della carrozze passeggeri»;
   il sovraffollamento dei mezzi impedisce la tempestività degli interventi a tutela del pubblico da parte del capotreno presente a bordo che dovrebbe invece poter passare tra i vagoni rapidamente specie in caso di emergenza, come ricordato e raccomandato dall'ANSF con lettera del 23 gennaio 2013;
   l'Agenzia spiega che sono giunte «numerose segnalazioni di condizioni di sovraffollamento dei treni viaggiatori soggetti a squilibrio tra la domanda di trasporto e la relativa offerta. Molti passeggeri effettuano il viaggio in piedi nei corridoi delle carrozze, nei vestiboli o addirittura negli spazi intercomunicanti tra le carrozze. Tali condizioni possono comportare potenziali criticità rispetto alla sicurezza della circolazione ferroviaria»;
   l'Agenzia ribadisce che: «Fermo restando che in ogni caso devono essere rispettati i parametri di carico massimo derivanti dalle caratteristiche tecniche dei veicoli definiti dal Costruttore, si fa presente che nella condizione ordinaria di marcia in sicurezza i passeggeri devono occupare esclusivamente gli spazi idonei al loro trasporto (posti a sedere o in conformità a quanto previsto dalla EN 15663 e nella misura da essa indicata anche in piedi) in modo da non ostacolare il personale di bordo nell'espletamento delle attività connesse con la sicurezza ad eventuali operazioni di evacuazione del treno in emergenza»;
   nella missiva si precisa: «Le imprese ferroviarie devono pertanto fornire indicazioni precise al proprio personale circa l'occupazione degli spazi a bordo delle carrozze da parte dei viaggiatori in ordine al numero ed all'allocazione dei passeggeri che possono essere trasportati in piedi al fine di fornire al personale di bordo una chiara e immediata indicazione circa l'insorgere della condizione di sovraffollamento rispetto alla capacità di trasporto di quel rotabile»;
   la comunicazione sottolinea che: «Inoltre i passeggeri dovranno essere informati della impossibilità di occupare le aree vietate dalla En 15663 sopra richiamata, in coerenza con il principio contenuto nella Decisione della Commissione Europea del 12 maggio 2011 concernente l’«operation and traffic management sub system of the trans-Europeanconventionalrailsystem» che al punto «Safety of passengers» incardina nell'impresa ferroviaria la responsabilità delle fasi di incarrozzamento e trasporto dei passeggeri. Collocazioni dei passeggeri difformi da quanto sopra ricordato non rientrano nella condizione canonica di trasporto e devono essere evitate ovvero governate, nei casi eccezionali, imprevedibili e inevitabili, con particolari azioni mitigative del rischio»;
   secondo i dati Censis, oggi i pendolari sono 14 milioni e 195 mila, pari al 23,4 per cento della popolazione oltre i 14 anni, con un incremento di un milione di viaggiatori negli ultimi cinque anni;
   libreriamo ha pubblicato i risultati di uno studio su abitudini, tic, manie, sogni, aspirazioni condotto su un campione di 800 pendolari, maschi e femmine, fra i 18 e i 60 anni dai quali emerge che il 58 per cento degli intervistati sia infastidito dai sovraffollamenti nei convogli;
   notizie di sovraffollamenti giungono da ogni parte d'Italia ormai da anni. A Firenze, il Comitato pendolari Valdarno Direttissima ha documentato quotidianamente il sovraffollamento dei convogli utilizzati dai lavoratori nelle ore di punta. Sono emerse anche situazioni eclatanti come quelle relative al regionale Vivalto 6604 delle 6.05 da Chiusi a Pistoia, continuamente sovraffollato, come segnalato da La Repubblica Firenze, Corriere Fiorentino, La Nazione di Firenze e Valdarnopost.it;
   sui convogli non solo toscani, non risulta essere recepita la disposizione di ANSF di comunicare ai passeggeri «l'impossibilità di occupare le aree vietate dalla En 15663» –:
   se siano state attuate forme di monitoraggio da parte ministeriale o della stessa Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie per verificare il sovraffollamento dei treni dei pendolari;
   se siano stati compiute indagini e ispezioni per verificare se le raccomandazioni in materia di sicurezza da parte dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie siano state recepite ed applicate e con quali modalità;
   se non ritenga necessario assumere iniziative per introdurre forti penalità e sanzioni per quelle imprese ferroviarie, a partire da Trenitalia, che non attuano le raccomandazioni sul sovraffollamento presentato dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie;
   se non reputi necessario una maggiore informazione per i viaggiatori a bordo dei treni sulla sicurezza dei convogli;
   quali siano le «particolari azioni mitigative del rischio» citate da Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e se siano regolarmente attuate sui treni utilizzati dai pendolari italiani;
   quali siano le iniziative e gli interventi consentiti che in caso di forte sovraffollamento un capotreno dovrebbe effettuare per garantire la sicurezza ai viaggiatori, quali lo sgombero dei viaggiatori dai vestiboli e dagli spazi intercomunicanti tra le carrozze oppure la richiesta di intervento della Polizia ferroviaria per consentire la discesa di viaggiatori in soprannumero o lo stop al treno in partenza senza condizioni di sicurezza;
   se non ritenga necessario prendere iniziative per impegnarsi maggiormente nella verifica e nella riduzione del sovraffollamento sui treni dei pendolari.
(5-01442)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO e ERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   una lettera firmata nel mese di ottobre di quest'anno, dai comuni della Provincia di Forlì-Cesena attraversati dalla strada statale n. 67 e da una serie di comunicazioni intercorse fra alcune amministrazioni della provincia di Firenze e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti trattava delle condizioni della strada statale n. 67;
   la strada statale 67 è una delle infrastrutture viarie più importanti che interessa sia la regione Emilia-Romagna che la regione Toscana perché collega Ravenna a Pisa. Nonostante questa arteria stradale possa essere considerata di importanza strategica, negli anni non ha ottenuto tutti gli adeguamenti infrastrutturali di cui ha bisogno né un'adeguata manutenzione ordinaria;
   la messa in sicurezza della strada statale 67 non è più rinviabile perché i disagi che sta procurando alla cittadinanza e agli operatori economici che abitano e operano nei centri urbani, attraversati dalla stessa, sono enormi. Basti ricordare in molti tratti degli abitati interessati dalla strada statale 67, l'assenza dei marciapiedi o l'insufficiente dimensionamento degli stessi rappresenta un motivo di pericolo non più sostenibile dalle stesse comunità;
   le condizioni di disagio riguardano anche lo stato del manto stradale che presenta buche e lesioni che rendono insicura la strada, soprattutto quando le condizioni meteo diventano avverse ed in assenza di manutenzione ordinaria;
   per ripristinare un livello minimo di sicurezza è necessario dare seguito ai progetti di manutenzione ed adeguamento del tracciato esistente e di realizzazione di viabilità pedonali alternative, concordate da tempo fra ANAS e amministrazioni comunali e provinciali, e provvedere alla manutenzione ordinaria intervenendo sull'asfaltatura, sugli scoli laterali e sul ripristino della segnaletica orizzontale e verticale in particolare nei tratti che ad oggi risultano essere più critici e pericolosi –:
   in quanto tempo il Ministero, attraverso ANAS, le autorità e gli enti competenti, ritenga di attivare gli interventi necessari e urgenti al fine di tutelare l'incolumità pubblica, consentire migliori condizioni di lavoro per gli operatori economici del versante romagnolo come di quello toscano e favorire lo sviluppo economico del territorio;
   quale sia lo stato di avanzamento del terzo lotto di variante alla strada statale 67 riferito al tratto compreso fra la fine del secondo lotto, in località San Francesco-Pelago (FI) e il comune di Rufina (FI);
   se non ritenga opportuno intervenire in maniera tempestiva per consentire un più sicuro flusso del traffico veicolare, nel tratto compreso tra i comuni di Dovadola, Rocca San Casciano e Portico e San Benedetto, pesantemente e ulteriormente danneggiato dagli ultimi eventi atmosferici;
   quando intenda predisporre, d'intesa con gli enti locali le province, le regioni, un piano complessivo di potenziamento di questa arteria stradale, al fine di renderla funzionale allo sviluppo dei due versanti, che altrimenti rischiano una inesorabile rassegnazione al declino. (4-02499)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BONAFEDE e GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, dal 2009 al 2013, il servizio ferroviario alta velocità è cresciuto notevolmente specialmente sulla linea cosiddetta «direttissima», Roma-Firenze, con i FrecciaRossa e i FrecciaArgento di Trenitalia e più di recente con gli Italo di Ntv, a regime con 25 coppie dal 30 marzo 2013;
   la linea direttissima, sulla tratta Firenze-Figline Valdarno, prevede anche le tracce e il passaggio quotidiano di alcune decine di treni regionali veloci che si riferiscono alle linee Firenze-Arezzo-Chiusi-Roma e Firenze-Arezzo-Terontola-Foligno. Tali treni regionali sono utilizzati ogni giorno da oltre 10.000 pendolari, provenienti in particolare dal Valdarno fiorentino e aretino, da Arezzo e Valdichiana;
   con l'aumento progressivo negli anni dei treni ad alta velocità è parimenti aumentata anche le criticità dei treni regionali nell'uso della linea direttissima, perché sono continue le interferenze, specialmente nelle ore di punta – fascia pendolare – con i treni AV, a cui RFI dà sempre la precedenza sui treni regionali, che sono costretti a sostare per 5-15 minuti ogni volta (in base al numero di Frecce e Italo in transito) prima di entrare nella direttissima, al bivio Valdarno Nord in andata e al bivio di Firenze Rovezzano al ritorno. Le frequenti interferenze causano conseguentemente ritardi ai treni regionali (ritardi poi recuperati nelle tratte successive per tempi di percorrenza ampi) e quindi alle migliaia di pendolari che li usano, sia per recarsi la mattina al lavoro o allo studio a Firenze che per ritornare il pomeriggio al proprio domicilio nel Valdarno o ad Arezzo;
   negli ultimi mesi c’è stato un salto di qualità con la sistematica espulsione dei treni regionali dalla linea direttissima, per permettere ai treni AV di avere la linea completamente libera e quindi recuperare in velocità eventuali ritardi. RFI procede così al dirottamento dei treni regionali sulla linea lenta aretina, per la stazione di Pontassieve e Valdarno, con conseguente allungamento della linea e ulteriore aumento dei tempi di percorrenza e dei ritardi per i pendolari;
   nel maggio 2012 la regione Toscana aveva aperto un tavolo di confronto con i vertici di RFI, responsabile della circolazione ferroviaria, tua le risposte, che dovevano arrivare in breve tempo, ancora non ci sono state, a distanza di oltre un anno e mezzo. La regione non può applicare sanzioni a RFI e non può neanche prendere iniziative tecniche, perché non esiste alcun contratto fra le parti;
   la sottoscrizione dell'atto «integrazione all'intesa quadro fra Governo e Regione Toscana sulle infrastrutture del 17 giugno 2011», prevede tra l'altro uno studio di fattibilità, da parte di RFI, sulla linea Firenze-Roma, nella tratta Firenze Rovezzano-Figline Valdarno, con il finanziamento di 1 milione di euro, per verificare l'incremento delle capacità ferroviarie della tratta e del mantenimento dei treni regionali esistenti;
   l'accordo per l'aggiornamento delle opere relative al nodo ferroviario AV di Firenze del 3 agosto 2011, sottoscritto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, RFI, regione Toscana, provincia e comune di Firenze, prevede all'articolo 5, «Modello di esercizio ed adeguamenti infrastrutturali del nodo ferroviario fiorentino», che «R.F.I. s.p.a. s'impegna, inoltre, a procedere, entro due anni dalla sottoscrizione del presente Accordo, ad una sperimentazione in esercizio di un sistema di distanziamento “a sezioni ridotte” che interessi la tratta “Rovezzano Campo di Marte” e precisa che “in particolare dovrà essere garantito il mantenimento dell'attuale offerta di servizi regionali in transito sulle tratte DD/AV fra Rovezzano e Valdarno Nord». Inoltre, si indica che «al fine di consentire il mantenimento sulla tratta Firenze-Figline Valdarno degli attuali servizi, sia in termini di quantità che qualità (instradamento, tempi di percorrenza), anche a seguito dell'entrata a regime del sistema complessivo dell'AV/AC si rende necessario studiare i possibili interventi per incrementare la capacità di tale tratta, valutando anche la possibilità di utilizzare treni regionali in grado di raggiungere velocità di 200 chilometri ora»;
   di recente l'amministratore delegato di Ferrovie Moretti ha annunciato il nuovo velocissimo Frecciarossa1000 che entro il 2014 dovrebbe andare sulla Roma-Milano, riducendo gli attuali tempi di percorrenza. Ma attualmente la rete AV italiana non permette velocità di crociera commerciali superiori ai 300 chilometri orari e la Firenze-Roma è stata concepita fin dall'inizio per i 250 chilometri orari: potrebbe essere convertita ai 300 solo parzialmente e solo a prezzo di investimenti significativi, che attualmente non sarebbero previsti;
   è sempre più crescente la protesta e la preoccupazione delle migliaia di pendolari del Valdarno per il futuro dei treni regionali interessati all'uso della direttissima, treni che rischiano di essere destinati a finire sempre più, o addirittura definitivamente, sulla linea lenta aretina –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, anche nei confronti di RFI, per garantire la riduzione progressiva ed eliminazione delle interferenze dei treni alta velocità con i treni interregionali e regionali sulla linea direttissima, sulla tratta Firenze-Figline Valdarno, evitando ritardi sempre maggiori o le deviazioni sulla linea lenta aretina e confermando gli impegni previsti anche in recenti atti e accordi fra Governo, RFI e regione Toscana;
   se da parte di RFI sia stato realizzato o sia intenzione di realizzare lo studio di fattibilità, previsto dall'integrazione all'intesa quadro fra Governo e regione Toscana sulle infrastrutture del 17 giugno 2011, sulla linea Firenze-Roma, nella tratta Firenze Rovezzano-Figline Valdarno, con il finanziamento di 1 milione di euro, per verificare l'incremento delle capacità ferroviarie della tratta e del mantenimento dei treni regionali esistenti;
   se da parte di RFI ci sia la volontà di progettare e realizzare una velocizzazione della linea lenta aretina, nella tratta Firenze Rovezzano-Incisa Valdarno, e con quali eventuali risorse finanziarie;
   se da parte di RFI sia in corso di sperimentazione in esercizio il sistema di distanziamento «a sezioni ridotte», che interessi la linea AV nella tratta fiorentina «Rovezzano Campo di Marte», e se siano già allo studio possibili interventi per incrementare la capacità di tale tratta, valutando anche la possibilità di utilizzare treni regionali in grado di raggiungere velocità di 200 chilometri ora, così come indicato nell'accordo per l'aggiornamento delle opere relative al nodo ferroviario AV di Firenze del 3 agosto 2011, sottoscritto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, RFI, regione Toscana, provincia e comune di Firenze;
   se in previsione dell'arrivo nel 2014 del nuovo Frecciarossa 1000 sia prevista la conversione ai 300 chilometri orari della linea AV Roma-Milano e, in caso affermativo, con quali tempi di intervento per le opere e i relativi costi di investimento. (4-02504)


   ARTINI, SEGONI, BALDASSARRE, BONAFEDE e GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 ottobre 2013 è stato pubblicato dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie il «Rapporto annuale sulla sicurezza delle ferrovie italiane ricadenti nelle competenze dell'ANSF»;
   nel rapporto si legge: «Sono state infine ispezionate 24 gallerie; è emersa una generale mancanza dell'analisi dei rischi e dei Piani Generali di Emergenza, l'incompleta percorribilità dei sentieri pedonabili all'interno delle gallerie, l'inefficienza degli impianti di illuminazione, carenze diffuse nella presenza di sistemi di comunicazione di emergenza e di diffusione sonora e di segnaletica di emergenza»;
   il rapporto sottolinea che è «di competenza del solo Gestore dell'infrastruttura completare l'attività di interfaccia con i soggetti esterni finalizzata a dotare le gallerie dei Piani di emergenza esterni»;
   nella relazione accompagnatoria «Andamento della sicurezza delle Ferrovie nell'anno 2012» viene specificato: «Sono state visitate 24 gallerie, per ognuna delle quali sono stati esaminati 6 aspetti: presenza dell'analisi del rischio, risultata sempre mancante (24 non conformità); presenza del Piano Generale di Emergenza, risultato mancante in 21 casi su 24; presenza di sentieri, risultati mancanti in 3 casi completamente e in 8 casi parzialmente; presenza di illuminazione di emergenza, risultata in 15 casi del tutto assente e in 2 casi parzialmente»;
   sempre la relazione dell'Ansf precisa: «si possono individuare due macro aree su cui è necessario intervenire: da un lato i fenomeni legati alle indebite presenze o attraversamenti della sede ferroviaria da parte dei pedoni che, come abbiamo visto, incidono per il 74 per cento degli incidenti gravi e per il 77 per cento delle vittime senza, peraltro che vi siano segnali di una tendenza a diminuire; dall'altro lato tutti i rimanenti incidenti più strettamente legati agli aspetti tecnici (ad esempio deragliamenti, collisioni) e che, pur apportando una percentuale minoritaria di vittime, sono anche la tipologia di eventi da cui possono generarsi incidenti disastrosi (si pensi ad esempio all'incidente di Viareggio del giugno 2009) e relativamente ai quali, pertanto, le azioni mirate alla prevenzione devono continuare e migliorare»;
   secondo Ansf «emerge quindi la necessità che il Gestore dell'infrastruttura, le Imprese ferroviarie e gli altri soggetti interessati, ognuno per quanto di propria competenza e in un ottica di proficua collaborazione: consolidino il presidio dei processi di manutenzione sia relativamente alla infrastruttura che al materiale rotabile, inserendo nella gestione di tale problematica i rapporti con i soggetti terzi, anche esteri, che svolgono tale servizio. In tale problematica rientrano principalmente: a. malfunzionamenti alle porte dei treni passeggeri, b. perdita di componenti dal materiale rotabile, c. difetti all'armamento, d. valutazione dello stato manutentivo dei ponti»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, tuttora in vigore, all'articolo 8, stabilisce che «nell'esercizio delle ferrovie si devono adottare le misure e le cautele suggerite dalla tecnica e dalla pratica atte ad evitare sinistri»;
   il decreto legislativo 9 agosto 2007, n. 162, all'articolo 1, comma 1, recependo i dettami dell'articolo 4, comma 1 della direttiva 2004/49/CE, pone «l'obiettivo del mantenimento e, ove ragionevolmente praticabile, del costante miglioramento della sicurezza del sistema ferroviario italiano»;
   il rapporto dell'Ansf in conclusione sottolinea: «Altro aspetto rilevante riguarda le azioni che gli operatori devono mettere in atto laddove l'Agenzia abbia individuato carenze. In questi casi sarebbe opportuno disporre dello strumento delle sanzioni, previsto dalla norma primaria ma non ancora attuato, che dovrebbe indurre gli operatori ad una maggiore attenzione»;
   nella galleria di San Donato sulla linea direttissima Roma-Firenze, (tratta Figline Valdarno-Firenze, più precisamente Valdarno Nord – bivio di Rovezzano, lunga quasi 11 chilometri, «monotubo», senza sfiatatoi né galleria di servizio) sono stati realizzati da parte di RFI interventi e opere all'interno, come segnaletica e illuminazione, e piazzole per l'arrivo di mezzi di intervento vari all'esterno ed è stata pure organizzata una esercitazione di protezione civile nella notte tra il 19 e il 20 maggio 2012, promossa da prefettura e Provincia di Firenze, con la partecipazione di Regione Toscana e Ferrovie dello Stato, simulando con un treno fermo in galleria il sistema di intervento tecnico e di assistenza ai viaggiatori –:
   quali misure il Governo abbia intrapreso per garantire la sicurezza nelle gallerie ferroviarie e prevenire possibili incidenti;
   se siano stati previsti interventi infrastrutturali e di messa a norma delle gallerie ferroviarie italiane;
   se sia stato redatto un elenco aggiornato delle criticità all'interno dei tunnel ferroviari con relativi piani di adeguamento e quali siano le gallerie considerate più a rischio;
   se sia intenzione del Governo assumere iniziative per prevedere sanzioni per le carenze riscontrate dall'Ansf e far si che i gestori garantiscano standard di sicurezza sufficienti all'interno delle gallerie ferroviarie;
   se siano state previste, con quali modalità e con quali risultati, esercitazioni di protezione civile all'interno delle gallerie ferroviarie;
   quali siano le 21 gallerie in cui risulta mancante la presenza del piano generale di emergenza, indicato da Ansf;
   se per la galleria San Donato sulla linea direttissima Roma-Firenze siano previsti altri interventi strutturali o trasportistici, per migliorarne la sicurezza, e se vi sia l'intenzione di organizzare o se siano già in programma nuove esercitazioni di protezione civile dopo quella del maggio 2012 su iniziativa di prefettura e provincia di Firenze, regione Toscana e Ferrovie dello Stato. (4-02506)


   SERENI, ASCANI, GIULIETTI, VERINI, GALGANO, LAFFRANCO, GASPARINI, INCERTI, CINZIA MARIA FONTANA, FARAONE, MISIANI, BOLOGNESI, BRATTI, BELLANOVA, BOCCUZZI, CASELLATO, LODOLINI, CASATI, CARELLA, MIOTTO, SCALFAROTTO, GAROFANI, TULLO, FRAGOMELI, MANFREDI, ZAMPA, MARCHI, BENAMATI, MELILLI, AMENDOLA, CAUSI, LUCIANO AGOSTINI, MAURI e MARIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in conformità con il parere istruttorio formulato dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici dell'Umbria e dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria, ha espresso, in data 18 dicembre 2012, parere negativo alla richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale e di approvazione del progetto definitivo relativo alla realizzazione dello svincolo Menotre ricadente in località Scopoli, frazione di Foligno;
   si è appreso in questi giorni che lo svincolo suddetto non potrà essere inserito tra le opere finanziate dal Cipe secondo quanto previsto dal progetto definitivo presentato dalla società Quadrilatero Spa nell'ambito del Maxi Lotto n. 1 – lavori di completamento della direttrice strada statale 77 «Val di Chienti» Civitanova Marche-Foligno del sistema di viabilità «Asse viario Marche-Umbria e quadrilatero di penetrazione interna»;
   all'indomani del parere negativo del Ministero per i beni e le attività culturali immediata fu la mobilitazione delle popolazioni residenti nella Valle del Menotre e netta la presa di posizione dell'amministrazione comunale di Foligno che ribadì, con una mozione approvata dal consiglio comunale nel febbraio scorso, l'importanza e l'assoluta necessità dell'opera ritenendo lo svincolo indispensabile per la fruibilità della nuova arteria da parte dei residenti nei territori attraversati dalla Valdichienti anche considerando che la nuova strada rappresenta una concreta occasione di crescita e di sviluppo per la valle del Menotre e per il suo tessuto produttivo già fortemente provati dal disastroso sisma del 1997;
   alla notizia del mancato finanziamento dell'opera da parte del Cipe le popolazioni, di nuovo affiancate e sostenute dalle amministrazioni locali e dalla regione Umbria, hanno ripreso in questi giorni una massiccia mobilitazione, consapevoli del totale isolamento a cui sarebbero condannate se lo svincolo non dovesse essere realizzato e di aver peraltro subito gli enormi disagi legati alla realizzazione di un'infrastruttura di cui rischiano di non poter neanche usufruire;
   inoltre lo svincolo in questione è necessario anche per motivi di sicurezza perché la sua mancata realizzazione significherebbe avere diciotto chilometri di viadotti e gallerie senza la possibilità di un ingresso intermedio con ovvie ripercussioni anche sulla tempestività dei mezzi di soccorso, qualora se ne presentasse la necessità;
   in particolare la regione Umbria si è impegnata a convocare immediatamente un tavolo con tutti i soggetti interessati per trovare una soluzione ed evitare che una strada, che dovrebbe essere un elemento di unione, diventi invece motivo di isolamento di un intero territorio –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se abbia ulteriori elementi che consentano di comprendere precisamente quali siano i motivi che sembrano oggi ostacolare la realizzazione dello svincolo suddetto;
   se intenda costruire le condizioni per una soluzione sostenibile dal punto di vista ambientale ma che al tempo stesso corrisponda alle esigenze rappresentate dalle popolazioni del territorio e dalle amministrazioni locali;
   se, in particolare, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sia disponibile, alla luce di eventuali modifiche del progetto, a rivedere il parere negativo espresso in data 18 dicembre 2012. (4-02512)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COCCIA. — al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo d'istituto (Fis) è l'insieme di risorse finanziarie che arrivano alla scuola per retribuire attività aggiuntive e/o l'intensificazione delle attività;
   l'articolo 26 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 agosto 1999 istituì – in conseguenza dell'autonomia scolastica, entrata in vigore il 1o settembre del 2000 – per tutte le scuole di ogni ordine e grado il fondo dell'istituzione scolastica, destinato a retribuire le prestazioni del personale finalizzate a sostenere esigenze didattiche e organizzative derivanti dalla concretizzazione del Piano dell'offerta formativa e la qualificazione e l'ampliamento dell'offerta di istruzione e formazione, anche in relazione alla domanda proveniente dal territorio;
   il Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (Mof) è costituito dal Fondo d'istituto e dai finanziamenti per la retribuzione delle funzioni strumentali del personale docente, degli incarichi specifici del personale ausiliario, tecnico e amministrativo, delle ore eccedenti per la sostituzione del personale docente assente, dell'indennità del lavoro notturno e festivo per gli educatori, delle ore eccedenti di pratica sportiva nella scuola secondaria;
   tra le attività finanziate da tali fondi vi sono anche le attività complementari di educazione fisica e quelle per l'avviamento alla pratica sportiva scolastica (articolo 87 CCNL);
   lo scorso anno scolastico tali fondi furono accordati alle scuole solo alla fine del mese di febbraio 2013, bloccando di fatto ogni forma di progettualità inerente l'attività sportiva;
   il 17 settembre 2013, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha inviato alle scuole l'integrazione alla nota per la predisposizione del programma annuale 2013, tra cui avrebbe dovuto esserci un chiaro riferimento all'ammontare complessivo delle risorse destinate al Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa;
   infatti, la nota 17 settembre 2013, n. 6348, comunica alle scuole l'assegnazione di ulteriori risorse per il periodo settembre-dicembre 2013 per il funzionamento amministrativo e didattico, per le supplenze brevi e saltuarie, relative al periodo settembre-dicembre 2013, e per i contratti di pulizia e altre attività ausiliarie fino al 31 dicembre 2013 ma non offre comunicazione rispetto allo stanziamento complessivo del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa 2013/2014;
   inoltre, la nota contiene un'indicazione che impedisce alle scuole di attuare quanto previsto dal piano dell'offerta formativa e quanto esse hanno programmato o intendevano programmare; infatti, le scuole possono «provvedere unicamente alla contrattazione delle risorse eventualmente disponibili provenienti dagli anni scolastici decorsi»;
   il 10 ottobre 2013 si è svolta un'informativa al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca su un'ipotesi di assegnazione alle scuole del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa 2013/2014;
   da quanto si apprende sembra che da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca vi fosse la disponibilità ad assegnare alle scuole un acconto dei fondi MOF 2013/2014 pari ai 4/12 (settembre-dicembre 2013) della disponibilità complessiva e cioè circa 330 milioni di euro;
   tuttavia l'incontro del 15 ottobre che doveva sancire tale soluzione non è stato dirimente poiché non è arrivata la certificazione delle economie (30 per cento) da parte del Ministero dell'economia e delle finanze derivanti dai tagli agli organici prodotti dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
   appare evidente che, al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di programmare le attività con certezza dei fondi, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe comunicare in tempi rapidi alle scuole l'intero ammontare del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa 2013/2014 –:
   se non ritenga opportuno definire e comunicare alle istituzioni scolastiche l'importo certo del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2013-2014, che consenta loro di valutare in tempi rapidi quali ampliamenti di offerta formativa siano effettivamente attuabili;
   se non ritenga opportuno avviare al più presto interventi mirati per migliorare l'avviamento alla pratica sportiva nelle scuole dando certezza agli operatori del settore e predisponendo nei tempi dovuti le modalità organizzative che consentano una seria progettazione da parte dei dipartimenti. (5-01439)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   durante il suo discorso nel dibattito relativo alla fiducia al Governo del 2 ottobre 2013, Enrico Letta ha sottolineato l'importanza della battaglia contro la dispersione scolastica e la necessità di elaborare misure per le assunzioni a tempo indeterminato dei docenti di sostegno;
   in tale occasione il Presidente del Consiglio ha affermato che al Sud è necessario vincere la grande battaglia contro la dispersione scolastica, perché proprio al Sud il problema si è moltiplicato nel corso degli anni all'ennesima potenza;
   la dispersione scolastica è particolarmente elevata soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, e da ciò consegue che il fenomeno interessa particolarmente gli adolescenti;
   la fragilità psicologica di ragazzi e ragazze, in questa fase, è evidente e facilmente spiegabile se si tiene conto del lavoro per il consolidamento delle strutture fisico-psichiche che in loro si va compiendo;
   in una fase del genere è indispensabile avere figure di riferimento stabili, e conseguentemente è necessaria una continuità didattica in situazione di handicap, affinché non si creino difficoltà ulteriori;
   negli ultimi anni la stabilizzazione dei docenti di sostegno è avvenuta quasi esclusivamente nella scuola dell'infanzia, primaria e scuola secondaria di primo grado, ed ha riguardato perlopiù docenti con pochi anni di esperienza e conseguente basso punteggio;
   il precariato storico è dunque principalmente legato alle scuole superiori di secondo grado, dove non viene affatto garantita la continuità didattica: basti pensare alle immissioni in ruolo degli ultimi tre anni disposte dal centro servizi amministrativi di Roma;
   la mancata continuità didattica comporta una non ottimale allocazione delle risorse, in quanto l'intervento di sostegno efficace è quello che si sviluppa ad opera dello stesso insegnante di sostegno rivolto ai medesimi alunni disabili lungo tutto il percorso delle superiori, circostanza non attuabile con l'attuale situazione di precariato;
   la necessità di creare aspettative positive nel sistema economico e più in generale nel «sistema Paese» e nello stato di diritto implica come passaggio fondamentale la stabilizzazione degli insegnanti specializzati che insegnano nelle scuole pubbliche statali di secondo grado e che negli anni hanno accumulato esperienza, professionalità, titoli e punteggio;
   allo stato attuale esistono situazioni, come quella di Roma, in cui la disparità di posizione rispetto alla stabilizzazione tra i docenti di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado e quelli invece di sostegno nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado ha raggiunto livelli quasi paradossali –:
   quale sia la motivazione della mancata assunzione di insegnanti specializzati che insegnano nelle scuole pubbliche statali di secondo grado e che negli anni hanno accumulato esperienza, professionalità, titoli e punteggio. (4-02502)


   FAENZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre 2013, i bambini che frequentano il Convitto nazionale «Vittorio Emanuele II» di Arezzo, hanno ricevuto una lettera proveniente dalla sede centrale dell'istituto bancario Monte dei Paschi di Siena, ad essi direttamente intestata, all'interno della quale s'indicava la richiesta di pagamento della prima tranche della retta scolastica;
   la comunicazione, riportava oltre al nome di ciascuno dei minorenni, oggetto della missiva, anche il nome stampato direttamente nel modulo per effettuare il bonifico;
   l'interrogante rileva che, in precedenza, lo stesso Convitto nazionale, non aveva mai utilizzato questa modalità per la riscossione delle quote, né soprattutto i minori che frequentano l'istituto didattico avevano ricevuto antecedentemente una richiesta di pagamento ad essi intestata avente come mittente un soggetto «terzo» che non fosse il medesimo istituto scolastico;
   l'interrogante evidenzia, altresì, che la dichiarazione liberatoria concessa agli istituti scolastici, con la quale i genitori esercitando la potestà, concedono l'utilizzo del trattamento dei dati personale che riguardano i propri figli minori, è da intendersi come strettamente inerente alle attività didattiche svolte all'interno del medesimo istituto scolastico, in questo caso quello del suesposto Convitto aretino, e pertanto risulta evidente, a giudizio dell'interrogante, che il pagamento della retta di un istituto scolastico non rappresenta una responsabilità da attribuire ad un minore;
   il Convitto nazionale «Vittorio Emanuele II» di Arezzo, utilizza infatti per ogni tipo di comunicazione e diffusione di notizie attinenti allo svolgimento dell'attività didattica dei giovani studenti, le più diverse modalità che non sovraespongono i minori nel trattamento ed utilizzo dei loro dati;
   quanto suesposto, di conseguenza, risulta per lo meno irrituale e anomalo nelle modalità utilizzate per servizi di natura economica tra l'altro «affidati» a terzi, come evidenziato da numerosi genitori interessati dalla vicenda, i quali hanno ritenuto infatti inopportuna una procedura nel merito mai autorizzata;
   l'interrogante rileva inoltre come, a prescindere dalle valutazioni soggettive sul comportamento dell'istituto bancario in precedenza riportato, dal suddetto evento emerga un aspetto serio e grave sotto il profilo della tutela dei dati personali, se si valuta la circostanza che per centinaia di bambini di minore età per la prima volta, sarebbero stati inseriti nella gestione di un terminale bancario, una serie di nominativi, a quanto risulta all'interrogante senza specifica autorizzazione né tantomeno opportuna conoscenza da parte dei genitori;
   la procedura del MAV dà luogo inoltre ad una precisa correlazione tra l'istituzione scolastica e l'istituto bancario in questione, nonché a un evidente collegamento tra la dirigenza del convitto (rettore e consiglio di amministrazione) e il Monte dei Paschi di Siena, dovendosi presumibilmente ritenere che il file informatico con tutti gli indirizzi ed i recapiti dei minori interessati, sia stato trasmesso dal convitto nazionale «Vittorio Emanuele II» di Arezzo, alla sede centrale della suddetta banca senese, MPS indicando anche gli estremi ed i dettagli della retta già stampati nel bollettino –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quale sia la relazione esistente tra il Convitto nazionale di Arezzo ed il Monte dei Paschi di Siena, sede centrale di Siena, in considerazione del fatto che il medesimo istituto bancario analizza i dati a livello centrale ed emette bollettini con procedura MAV;
   se attualmente siano attive linee di credito o altre tipologie economiche o finanziario tra il suddetto istituto scolastico e la sede centrale dell'istituto bancario senese;
   se, in considerazione di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno acquisire necessarie informazioni presso il Convitto nazionale «Vittorio Emanuele II» di Arezzo, per conoscere quale siano le ragioni per le quali siano cambiate le modalità di invio delle rette scolastiche scegliendo, per la prima volta, di far svolgere questa comunicazione direttamente ad uno specifico istituto bancario;
   sulla base di quali presupposti il Convitto sia stato autorizzato a trasmettere i dati personali degli studenti minorenni, alla banca Monte dei Paschi di Siena;
   se infine esista una specifica dichiarazione liberatoria inviata al suddetto istituto bancario da parte della scuola aretina e firmata da ogni singolo genitore tale da autorizzare questo specifico uso dei dati dei minori destinatari della missiva. (4-02509)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MORASSUT e GRASSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio Stabile Olimpo esercita l'attività di notifica e, dal 2010, a seguito di aggiudicazione del servizio della notifica di cartelle esattoriali per le società del gruppo Equitalia sul territorio di Roma, opera con l'unità produttiva sita in via G. Peroni 130 in Roma;
   nell'anno 2012 il Consorzio Stabile Olimpo ha partecipato, in Rete temporanea di imprese con TNT Post Italia SpA e Snem SpA, alla «procedura aperta per l'affidamento del servizio di notifica degli atti e documenti della riscossione» di Equitalia spa;
   in data 9 aprile 2013 Equitalia spa rende noto quanto segue: «la procedura in oggetto è stata aggiudicata, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ex articolo 83, decreto legislativo n. 163 del 2006, ai seguenti concorrenti:
    Lotti 1 e 3 “R.T.I. Poste Italiane S.p.A. (Mandataria), Postel S.p.A.”;
    Lotto 2 “RTI TNT Post Italia S.p.A. (Mandataria), SNEM S.p.A. e Consorzio stabile Olimpo (Mandanti)”.
   Importo massimo dei contratti (IVA e diritti esclusi): Lotto 1, Euro 65.976.741,12; Lotto 2, Euro 53.144.173,00; Lotto 3, Euro 72.224.650,26. Durata 36 mesi. Il presente avviso è stato inviato in data 17 maggio 2013 alla GUUE e, successivamente, alla GURI per le previste pubblicazioni di legge»;
   il lotto 3, relativo alla gestione nel territorio di Equitalia Sud (su cui ricade anche Roma) è stato quindi aggiudicato a Poste Italiane che ha effettuato un ribasso percentuale di circa il 40 per cento sul prezzo posto a gara;
   a seguito di tale aggiudicazione il Consorzio Stabile Olimpo ha avviato le procedure di riduzione del personale ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 che porteranno nel periodo 1o ottobre 2013-31 dicembre 2013 al licenziamento di n. 26 lavoratori impiegati a tempo indeterminato in qualità di messi notificatori sul territorio di Roma;
   in data 1o agosto 2012 nella risposta all'interpello n. 22/2012, la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sottolinea che la giurisprudenza ha ribadito che, in virtù della previsione da parte della contrattazione collettiva della disciplina del cambio di appalto, sussiste per il lavoratore un diritto all'assunzione diretta da parte dell'impresa subentrante in caso di cessazione dell'appalto originario, quindi anche per scadenza del contratto o risoluzione anticipata dello stesso (Cassazione, sezione lavoro, n. 12613/2007);
   per la Suprema Corte quindi la tutela prevista dai contratti collettivi si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Per il Ministero, quanto dedotto dalla giurisprudenza risulta in linea con il quadro giuridico delineato dal legislatore e dalla prassi in quanto:
    alla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento individuale, si afferma per il lavoratore il diritto a impugnare il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo;
    per l'azienda subentrante vi è la necessità dell'assunzione diretta del lavoratore in base alle previsioni contenute nel contratto collettivo e la conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inottemperanza, di adire l'autorità giudiziaria;
   alla luce di quanto sopra, conclude la nota ministeriale, va rilevato che l'ordinamento, pur non disciplinando direttamente il meccanismo del cambio di appalto previsto dalla contrattazione collettiva, concede comunque sufficienti tutele al lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro che ne intima il licenziamento per la conclusione dell'appalto, sia nei confronti della società nuova appaltatrice;
   infine, va osservato che, anche se l'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003, non ammette la riconduzione del cambio di appalto al trasferimento d'azienda o di un ramo di essa, ciò non esclude che, se in sede giudiziaria si accerta che in concreto si tratta di ipotesi riconducibili alla previsione dell'articolo 2112 c.c., occorrerà applicare la relativa disciplina con riconoscimento, quindi, della continuità dei rapporti di lavoro tra impresa cedente e cessionaria;
   ad oggi nessuno dei soggetti interessati (Equitalia/Poste Italiane/TNT e lo stesso Consorzio Stabile Olimpo) ha proposto alternative lavorative ai dipendenti attualmente operanti;
   le società, tutte, avranno a seguito della gara sopracitata maggiori e cospicui introiti economici, il servizio proseguirà anche nelle stesse zone attualmente coperte dai lavoratori del Consorzio Stabile Olimpo, eppure consta all'interrogante che 26 messi notificatori, oltre ai lavoratori con pluri contratti a tempo determinato (in possesso del regolare atto di nomina emesso da Equitalia Sud SpA), perderanno il posto di lavoro con ricadute disastrose per loro e le loro famiglie;
   è da precisare che Consorzio Stabile Olimpo ha provveduto, nel frattempo, alla cessione del ramo di azienda delle proprie attività relative al lotto 2 (zone di servizio a favore di Equitalia Centro SpA) alla Out Put Postal Service srl (società consorziata in Olimpo e partner di TNT Post);
   in data 21 giugno 2013 Poste Italiane invia alle organizzazioni sindacali una tabella esplicativa che sintetizza sia le unità operative che Poste Italiane impiegava in qualità di messi notificatori prima dell'aggiudicazione della gara sia quelle in stima e in previsione futura; dal prospetto si evince, senza ombra di dubbio, che Poste Italiane non impiegava nessuna unità operativa nella regione Lazio e che in prospettiva ne dovrà impiegare 174 di cui 94 sulla città di Roma;
   in data 11 luglio 2013 Poste Italiane firma un accordo con le organizzazioni sindacali sul ruolo del messo notificatore nel quale dichiara: «... con la nuova commessa verranno inserite 174 nuove figure sul territorio, queste andranno in parte a compensare l'incidenza dei tagli previsti dalla riorganizzazione in atto, e a ricollocare le eccedenze...»;
   Poste Italiane ha già provveduto a far svolgere a propri dipendenti il corso di formazione propedeutico all'acquisizione dell'atto di nomina a messi notificatori e, avendo siglato un accordo con le organizzazioni sindacali in cui si prevede che: «... al titolare che opti per il lavoro di messo notificatore, viene garantita per tre mesi, la possibilità di rientrare sulla propria zona... specificando che i nuovi applicati ai servizi di messi notificatori, qualora non provenienti da eccedenze di personale, saranno sostituiti nei primi tre mesi attraverso l'uso di contratti a tempo determinato» nel frattempo assume postini per periodi trimestrali –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano o possano adottare per tutelare la posizione dei lavoratori del «Consorzio Olimpo». (3-00448)

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la Sede del CNR-ISMAR di Ancona nasce nel 1968 come laboratorio di tecnologia della pesca e riconosciuto dal Ministero della marina mercantile con decreto ministeriale 25 giugno 1971. Le sue ricerche comprendono gli aspetti biologici, tecnologici ed ambientali del settore pesca ed ecologia marina;
   attualmente l'attività di ricerca svolta dall'istituto è, per più del 50 per cento, affidata a personale precario che svolge, seppur in un contesto difficile e in una sede non del tutto consona, importanti attività di ricerca e di supporto scientifico alla gestione nazionale ed europea della pesca e di tutte le attività ad essa collegate;
   gli ambiti di ricerca più importanti, a cui fanno capo altrettanti gruppi di lavoro, sono la biologia della pesca, la gestione dell'ambiente marino, la dinamica di popolazione di specie ittiche, l'oceanografia fisica e chimica, la microbiologia marina, la geologia marina, l'acustica marina, la tecnologia delle navi e degli attrezzi da pesca. Attualmente tali attività sono condotte sia in Mediterraneo (e più specificatamente in Adriatico) sia in aree oceaniche (Antartide), anche in collaborazione con istituti di altri Paesi, nell'ambito di progetti nazionali e internazionali. I ricercatori dell'Istituto hanno operato ed operano come esperti scientifici a livello locale, nazionale ed internazionale (FAO-GFCM; UE-STECF), e fino ad ora hanno prodotto valutazioni sugli stock ittici e consigli scientifici per il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e per l'EU, e partecipano a incontri internazionali come GFCM – Tecnicalconsultations, GFCM – ScientificAdvisoryCommittees e FAO-ADRIAMED Workinggroups;
   l'organico è costituito da 47 persone di cui 33 a tempo indeterminato (4 primi ricercatori, 14 ricercatori, 1 funzionario amministrazione, 7 Collaboratore tecnico di ricerca (CTER), 4 Collaboratori di amministrazione, 2 Operatore tecnico, 1 Operatore di amministrazione) e 14 persone a tempo determinato (4 ricercatori, 3 tecnologi, 7 tecnici), e inoltre 12 persone non strutturate (7 borsisti di studio, 5 assegni di ricerca). L'età dei lavoratori precari va da 25 a 41 anni, alcuni di loro hanno ben oltre 10 anni di contratti parasubordinati e subordinati e hanno superato concorsi ancora validi;
   collaborano inoltre numerosi studenti in formazione come dottorandi, laureandi e tirocinanti che vengono spesso formati e seguiti dai precari anziani. Come si può facilmente desumere, i lavoratori con rapporto di lavoro precario superano ormai il 50 per cento dell'organico, sforando addirittura il 60 per cento del totale se si considerano solo i ricercatori;
   il grande lavoro di raccolta dati in mare e le campagne di pesca e oceanografiche vengono svolti per quasi la totalità dal personale precario anche come capi-missione. Questo problema si è molto accentuato da quando i tecnici storici dell'Istituto, sono andati in pensione, senza essere sostituiti da nuovo personale stabile. L'Istituto riesce, anche per merito dei responsabili scientifici, a raccogliere ben 3 milioni di euro l'anno che è quasi il 50 per cento del totale budget dell'ISMAR. Inoltre, tra i 7 istituti italiani, Ancona rappresenta una delle tre sedi più grandi assieme a quelle di Venezia e Bologna (gli altri quattro minori sono a Lesina, Trieste, Genova e La Spezia). Tutto questo fermento scientifico, con questi ottimi risultati non sarebbe possibile senza il contributo dei precari –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative intendano assumere per il giusto riconoscimento del ruolo e della professionalità dei lavoratori anche attraverso un doveroso percorso di stabilizzazione con il quale potranno guardare avanti con serenità ed impegno. (4-02514)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Cassa nazionale assistenza e previdenza per allenatori e guidatori trotto e allenatori e fantini galoppo, fondata nel 1968, ha come scopo quello di assistere i professionisti ippici durante e al termine della propria attività;
   l'esigenza dalla quale trae origine la Cassa è quella di dare supporto per eventuali incidenti, dovuti alla pericolosità della professione svolta, e di far fronte alle precarie condizioni economiche in cui si venivano e si vengono a trovare numerosi allenatori, guidatori e fantini al termine della loro carriera professionale;
   la Cassa viene finanziata da una quota diretta (contribuzione dei soci) e da una quota maggioritaria indiretta dal comparto ippico e precisamente da una quota parte delle multe erogate dagli organi di disciplina a carico dei professionisti ippici e da una contribuzione annuale disposta dall'ente competente prelevata dai fondi destinati alle categorie ippiche;
   negli ultimi due anni la competenza su tutto il comparto ippico è stata trasferita da UNIRE ad ASSI (decreto-legge n. 98 del 2011) e da ASSI al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (decreto-legge n. 87 del 2012);
   con il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali 31 gennaio 2013 recante «Trasferimento delle funzioni e delle risorse dall'ex ASSI al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e all'Agenzia delle dogane e monopoli» nel 2013 i contributi da erogare alla Cassa sono di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che indica nel capitolo di bilancio 2290 «Spese per gli interventi già di competenza della soppressa Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI» gli stanziamenti per gli anni 2013-2015 tra i quali quello da destinare ai fondi di assistenza al settore ippico;
   attualmente, la Cassa conta 420 iscritti e assiste 267 persone (una ultracentenaria, 16 ultra novantenni, 103 ultra ottantenni, 2 diversamente abili, 4 invalidi al 100 per cento e due al 67 per cento), con un contributo medio di circa 500 euro per gli assistiti e circa 300 euro per i superstiti;
   da dicembre 2012 gli assistiti non percepiscono più il loro sussidio, che nel frattempo si è ridotto a 410 euro per gli assistiti e 246 euro per i superstiti. Gli assistiti, in via precauzionale, sono ricorsi all'assistenza sociale ricevendo, però, un assegno ridotto in quanto risultano già beneficiari delle somme erogate dalla Cassa, ma che in realtà non percepiscono più;
   in data 2 agosto 2013 il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali emanava un decreto con il quale si autorizzava la spesa di 1 milione 320 mila euro per la corresponsione dell'intero contributo 2013 a favore della Cassa. Detto decreto veniva inviato all'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per il controllo di competenza ma questo non veniva registrato dall'Ufficio centrale in quanto «in forma analoga ad un precedente provvedimento osservato con la nota n. 12846 del 18 giugno 2012»;
   in base al regolamento delle corse, le sanzioni disciplinari 2010/2012 trotto e 2012 galoppo, dovevano essere pagate entro 30 giorni dall'infrazione e in ogni caso non oltre il termine ultimo del 30 giugno 2013 in rispetto al disposto della delibera n. 114 del 10 ottobre 2012 della gestione temporanea ex ASSI;
   in data 8 febbraio 2013 il Tribunale di Roma – 2a sezione civile – ha emesso un provvedimento esecutivo in favore della Cassa contro ex Unire ex ASSI ora Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per il pagamento senza dilazione dei crediti a tutto il 31 dicembre 2009, pari a 1.592.418,02 euro –:
   quali siano le giustificazioni per le quali non sia ancora avvenuto il trasferimento dell'80 per cento delle somme derivanti dalle sanzioni disciplinari 2010-2012 trotto e 2012 galoppo e di quelle del 2013, nonché il pagamento dei crediti per il 2009, nonostante sia sopravvenuta la citata sentenza del Tribunale di Roma. (5-01451)


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   lo sfruttamento indebito in ambito internazionale delle denominazioni riconosciute alle produzioni agroalimentari italiane, soprattutto mediante la contraffazione on line, è ormai una vera e propria emergenza; dati aggiornati evidenziano che il commercio on line nel settore alimentare risulta quello in maggior crescita, tanto che si stima, per il 2013, un balzo del 18 per cento;
   tale situazione genera ancor più preoccupazione alla luce delle nuove iniziative che potrebbero essere intraprese a breve dalla società americana ICANN, ovvero l'autorità che genera il rilascio dei suffissi internet ed evidenzia la necessità di rivedere la governance di internet in cui il modello «multistakeholders», particolarmente rilevante nel tema dei domini di primo livello, fa sì che il ruolo dei Governi, come dimostrano le difficoltà negoziali nell'ambito del Governmental Advisory Committee (GAC) non sia determinante;
   come ormai noto, la citata ICANN, organizzazione privata di diritto californiano, ha attivato le procedure per assegnare, dietro pagamento, a soggetti privati e indipendentemente se siano – ad esempio viticoltori – o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni, domini di primo livello generico tra i quali: «wine» e «vin», oltre a «food» e «organic»;
   i titolari dei suddetti domini potrebbero infatti, attraverso l'abbinamento a domini di secondo livello, registrare indirizzi come «baroloclassico.wine» o anche «prosciuttodiparma.food» e sovrapporli agli indirizzi dei prodotti originali generando totale confusione nelle piattaforme di commercio elettronico con danni incalcolabili per il sistema di qualità agroalimentare italiano;
   è indispensabile assicurare che l'assegnazione di nomi generici, accordati in via esclusiva a privati e senza particolari garanzie, quali domini di primo livello, sia improntata al rispetto delle norme dell'OMC posto che, il loro utilizzo, peraltro esclusivo, ha implicazioni commerciali, di relazioni tra Paesi e di immagine con effetti devastanti in ambito commerciale internazionale e in grado di attivare infiniti e costosi contenziosi;
   richieste di assegnazione di domini provengono da società stabilite in Paesi dichiarati «paradisi fiscali», coperte da anonimato societario e potenzialmente in grado di riciclare denaro di dubbia provenienza; una volta perfezionate, le assegnazioni si trasformano poi in monopoli con rendite potenzialmente illimitate;
   l'iniziativa in parola contrasta con i principi della proprietà intellettuale che vietano la concessione di un diritto di privativa industriale che abbia ad oggetto un termine di uso comune;
   ad oggi risultano depositati quasi 2.000 dossier, di cui 4 legati al settore del vino (1 dossier su «.vin» e 3 dossier su «wine»), che risulta uno dei più danneggiati dall'eventuale assegnazione dei domini; i 4 candidati infatti non hanno alcun legame con il settore ed hanno già annunciato la loro intenzione di vendere ai migliori offerenti i nomi dei domini di secondo livello;
   dal 17 al 21 novembre prossimi si riunirà il GAC a Buenos Aires;
   quali azioni intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di impedire l'introduzione di nomi generici a dominio internet, in particolare riferiti al comparto agroalimentare, e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni, a garanzia di tutela del sistema agroalimentare di qualità nazionale e se non ritenga urgente promuovere a livello unionale un'azione comune a difesa della posizione della «non concedibilità» dei nomi generici. (5-01452)


   FRANCO BORDO, LAVAGNO e PALAZZOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le denominazioni comunali (De.Co.) non sono marchi di qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto/produzione dal luogo storico; sono dei certificati notarili contrassegnati dal sindaco a seguito di una delibera comunale; sono dei censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono dunque, strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico. Rappresentano, insomma, il vero, autentico passaggio dal generico «prodotto tipico» al «prodotto del territorio», espressione di un patrimonio collettivo, e non, a vantaggio di una singola azienda;
   l'attribuzione della denominazione comunale passa attraverso due distinte delibere:
    a) una prima delibera segna l'istituzione di un registro delle De.Co. (l'adozione della De.Co. da parte del comune) con cui viene approvato il regolamento proposto dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) cui sono state apportate alcune modifiche al testo originario così da renderlo compatibile con l'articolo 28 e l'articolo 30 del Trattato di Roma, che impediscono a un ente territoriale di attribuire un riconoscimento qualitativo a un prodotto legandolo a un'origine geografica;
    b) una seconda delibera in cui si attua l'iscrizione di un determinato prodotto al registro delle De.Co. e a cui è necessario allegare un regolamento dove sono tracciate le caratteristiche dell'oggetto in esame;
   la De.Co. si applica nello specifico a produzioni agro-alimentari, ma la legge cui si fa riferimento permette di allargare il campo a prodotti particolari di artigianato locale strettamente legati alle tradizioni agro-alimentari e alla civiltà contadina;
   il fenomeno delle De.Co. nasce a seguito della legge 8 giugno 1990, n. 142, che consente ai comuni la facoltà di disciplinare, nell'ambito dei principi sul decentramento amministrativo, in materia di valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali che risultano presenti nelle diverse realtà territoriali;
   l'Anci nel 2000 ha redatto una proposta di legge d'iniziativa popolare recante: «Istituzione delle denominazioni comunali di origine per la tutela e la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali locali»;
   la legge costituzionale n. 3 del 2001 delega ai comuni la potestà di emettere regole in campo agricolo;
   la denominazione di origine protetta (DOP) nasce nel 1992, insieme all'indicazione geografica protetta (IGP), in applicazione del Regolamento 2081/92/CEE. La DOP è un marchio che può essere ottenuto esclusivamente dai prodotti agroalimentari;
   la DOP offre garanzie i consumatori su diversi livelli del processo produttivo: origine, provenienza delle materie prime, tracciabilità, localizzazione, tipicità e tradizionalità del processo produttivo;
   le particolari qualità e caratteristiche del prodotto DOP riguardano la produzione delle materie prime e la loro trasformazione fino al prodotto finito nella regione delimitata di cui il prodotto porta il nome;
   per ottenere il marchio DOP, un prodotto deve rispettare un disciplinare di produzione che vincola tutte le fasi della sua produzione e trasformazione;
   quasi tutti i prodotti DOP hanno un loro consorzio di tutela, ovvero un organismo composto da produttori e/o trasformatori che curano la sua tutela, promozione e valorizzazione, oltre che salvaguardare il prodotto da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni e uso improprio della denominazione DOP –:
   se vi sia contrasto o incompatibilità tra le due denominazioni sopra esposte e se l'una non possa essere richiesta in presenza dell'altra. (5-01453)


   ZACCAGNINI e SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 ottobre 2013 il sito «Imprese del Sud» ha pubblicato un articolo, dal titolo «Sergio Passariello Imprese del Sud – Vini e mosti infetti dalla Spagna», nel quale si riporta che: «Ci giunge notizia, da alcuni nostri sostenitori e simpatizzanti pugliesi, che dalla Spagna, si stiano esportando, verso i nostri mercati ed in particolare verso i concentratori e trasformatori italiani, mosti e vini infetti. È quanto dichiara Sergio Passariello, presidente di Imprese del Sud, associazione meridionale nata a difesa e tutela della sana imprenditoria meridionale;
   se la notizia fosse vera, – continua Passariello – i prodotti vitivinicoli made in Italy sono in serio pericolo, con gravi danni per la nostra agricoltura che si rifletterebbero sulla nostra già fragile filiera produttiva. Le cantine e i produttori del Sud Italia sono già con l'acqua alla gola, considerando che rispetto allo scorso autunno il costo medio è sceso da 35 a 12 centesimi al chilo e la congiuntura economica, associata al peso fiscale e burocratico a cui è sottoposta l'agricoltura italiana, ha definitivamente schiacciato la sana imprenditoria del Sud. Inoltre c’è da combattere la concorrenza che arriva dai Paesi del Nord Africa, dalla Spagna e dalla Turchia»;
   in data 8 novembre 2013 l'agenzia stampa Agi riportava la seguente notizia: «Alimentare: Nac sequestrano vino e cibi cinesi falsi made in Italy: Non erano prodotti made in Italy, ma prodotti cinesi spacciati come italiani; sequestrate anche 4,5 tonnellate di concentrato di pomodoro in provincia di Napoli proveniente dalla Cina che, sottoposto ad alcuni procedimenti di lavorazione in Italia, è stato commercializzato come made in Italy. I carabinieri del NAC, il Nucleo antifrode, nell'ambito dei controlli sulla campagna di vinificazione 2012 e sulla tracciabilità del made in Italy, ha proceduto al sequestro di oltre 3.100 tonnellate di prodotto vinoso tra mosto e vino dichiarato come DOC/DOCG, in realtà mai registrato sui documenti contabili di cantina e quindi destinato alla cosiddetta commercializzazione “in nero”;
   nell'ultimo rapporto dell'Associazione per lo sviluppo dell'industria del Mezzogiorno (SVIMEZ), presentato a Roma, il 17 ottobre 2013, il Mezzogiorno è un'area a rischio desertificazione, dove i consumi non crescono da cinque anni;
   in base a valutazioni della SVIMEZ nel 2012 il PIL è calato nel Mezzogiorno del 3,2 per cento. Nel 2014 sempre secondo le stime della SVIMEZ il PIL nazionale è previsto a +0,7 per cento, invertendo la tendenza recessiva dell'anno precedente. In questo contesto il PIL del Centro-Nord dovrebbe trainare l'inversione di tendenza con + 0,9 per cento, mentre quello del Mezzogiorno resterebbe inchiodato allo 0,1 per cento;
   al Sud anche il settore agricolo registra cali e l'occupazione registra una decrescita del -1 per cento rispetto all'anno precedente;
   da più analisi condotte emerge un quadro nel quale si evidenzia come gli affari delle mafie incidano sempre più pesantemente ai danni dell'agricoltura; secondo i dati forniti dall'osservatorio Flai Cgil Agromafie, nel dicembre 2012, «Primo rapporto su caporalato ed agromafie» emerge che: «un cartello criminale condiviso. Le infiltrazioni mafiose nel settore agroindustriale rappresentano il 10 per cento dell'intera economia mafiosa»;
   le mafie (tutte) nel settore agricolo e industriale fanno cartello, condizionando tutta la filiera dalla produzione al reclutamento della manodopera, alla logistica, allo stoccaggio fino alla piccola, media e grande distribuzione commerciale. Secondo la commissione antimafia le mafie fatturano più di 150 miliardi di euro l'anno con un guadagno che si aggira attorno ai 70 miliardi l'anno;
   le contraffazioni nell'agroalimentare hanno raggiunto un considerevole valore stimato da molti operatori del settore in 1,1 miliardi di euro l'anno;
   si tratta peraltro di un dato ampiamente sottostimato considerato che in questo calcolo si considerano esclusivamente le vendite di prodotti alimentari contraffatti sul mercato interno, senza contemplare le altre merci irregolari che partono dall'Italia verso l'estero;
   su questi prodotti si concentra l'attenzione delle organizzazioni criminali che, facendo leva sull’Italian sounding, sfruttano la reputazione dei prodotti del made in Italy nel settore agroalimentare per immettere sul mercato internazionale prodotti falsi e contraffatti –:
   se non reputi opportuno, al fine di tutelare sia la salute dei cittadini sia l'economia del settore agricolo, già gravemente depressa, inasprire i controlli sull'applicazione della normativa in materia di tracciabilità dei cibi in tutte le fasi della filiera agroalimentare, preservando il marchio «made in Italy» da contaminazioni e se non ritenga opportuno, in tal senso, definire una campagna informativa volta a scoraggiare la pirateria agroalimentare.
(5-01454)


   COVA, OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, ANZALDI, CARRA, CENNI, COVELLO, DAL MORO, FERRARI, FIORIO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, TARICCO, TENTORI, TERROSI, VALIANTE, VENITTELLI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 12 ottobre 2012, di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 –, riguardante le organizzazioni di produttori e loro associazioni, le organizzazioni interprofessionali, le relazioni contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e i piani di regolazione dell'offerta dei formaggi a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta – definisce la tipologia dei contratti applicabili alla consegna di latte crudo;
   in particolare, l'articolo 9 interviene sulla definizione dei contratti disponendo al comma 2 che: «Il contratto è stipulato prima della consegna e comprende tutti gli elementi prescritti all'articolo 185-septies, paragrafo 2, lettera c) del Regolamento (CE)1234/2007», ossia il prezzo, il volume del latte crudo, la durata del contratto, le procedure di pagamento, le modalità di raccolta o la consegna del latte crudo e le disposizioni applicabili in via di forza maggiore;
   il medesimo articolo 9, al comma 1, individua la cornice giuridica applicabile ai contratti relativi al latte crudo disponendo che: «Fatto salvo quanto previsto all'articolo 185-septies, paragrafo 3, del regolamento le consegne di latte crudo ai primi acquirenti di latte devono formare oggetto di contratto scritto fra le parti, conformemente a quanto stabilito all'articolo 62 della legge 24 marzo 2012, n. 27»;
   l'articolo 62 della legge 24 marzo 2012, n. 27, disciplina le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari rendendo obbligatoria la stipula di contratti in forma scritta che «devono essere informati a princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti»;
   più nello specifico al comma 2 si stabilisce che: «Nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni di cui al comma, è vietato imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali e retroattive»;
   in molte regioni d'Italia non si è ancora giunti ad un accordo per la sottoscrizione dei contratti per la cessione del latte crudo bovino e risulterebbe che, allo stato attuale, il prezzo del latte crudo sia stabilito in modo unilaterale da parte degli acquirenti senza rispettare quanto disposto dal diritto nazionale e comunitario in materia;
   il mancato accordo sembrerebbe determinato dalla volontà degli acquirenti di riconoscere una formazione del prezzo del latte bovino a partire da analisi errate sul mercato del latte, sia a livello nazionale sia internazionale, che penalizzerebbe profondamente i produttori di latte;
   la società ITALATTE, del gruppo Lactalis Italia, sta rivolgendosi in maniera individuale ai produttori di latte della Lombardia, inviando una lettera in cui ricorda l'esistenza di un contratto di somministrazione del latte, sottoscritto dalle aziende di produzione e in vigore fino al marzo 2014, e la mancanza di accordo sul prezzo del latte fornito, confermando il prezzo di 400 euro per 1000 litri di latte (0,40 euro per litro) e tutte le altre pattuizioni del citato contratto di somministrazione;
   la società ITALATTE specifica nella lettera che essa è formulata anche ai fini dei decreti 19 ottobre 2012 e 12 ottobre 2012 relativi ai contratti per la cessione di latte crudo;
   compete all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato la vigilanza sull'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 62 della legge 24 marzo 2012, n. 27, in materia di relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari e di obbligatorietà di contratti in forma scritta che «devono essere informati a princìpi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti»;
   la citata lettera della società ITALATTE, indirizzata ai produttori lombardi di latte, sembrerebbe chiudere ogni ipotesi di contrattazione tra le parti fissando il prezzo per la cessione del latte crudo in maniera unilaterale a 0,40 centesimo per litro a fronte di un costo medio finale al consumatore di circa 1,60 euro per litro –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato per evitare che la mancata sottoscrizione del contratto di cessione del latte crudo penalizzi i produttori di latte disattendendo quanto disposto dalla normativa nazionale che dispone l'obbligo di contratti in forma scritta informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti.
(5-01455)


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, ha esteso gli ambiti d'intervento per il contrasto alle attività illecite e ai fenomeni della contraffazione nel campo agroalimentare, affiancando l'esperienza del personale del Corpo forestale dello Stato alle attività svolte dalla Direzione investigativa antimafia anche a livello territoriale;
   quanto suindicato consentirà all'organo di polizia, a cui sono già attribuite funzioni di prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare, di contribuire in maniera concreta e determinante nel fronteggiare la criminalità organizzata, con particolare riferimento all'ecomafie che trovano nel traffico illecito dei rifiuti e nell'agro-pirateria le attività più redditizie, come confermano le tonnellate di merci ed i milioni di litri di prodotti alimentari contraffatti, sequestrati annualmente;
   la decisione di affiancare l'esperienza e la specializzazione del Corpo forestale dello Stato alla Direzione Investigativa Antimafia – nonostante l'attuale quadro normativo in materia di contrasto della contraffazione e le misure sanzionatorie già previste, che sembrano tuttavia non essere sufficienti considerato che il business del malaffare ogni anno genera oltre 60 miliardi di euro è tuttavia di fondamentale importanza per debellare gli illeciti derivanti dalla persistente azione della cosiddetta agropirateria nel nostro Paese, ormai penetrata stabilmente nel tessuto industriale e commerciale del comparto agroalimentare italiano –:
   quali orientamenti si intendano seguire per l'organizzazione dell'attività del Corpo forestale dello Stato, in relazione alle citate novità normative, per un più efficace contrasto alle attività criminali nel settore agroalimentare, che hanno raggiunto livelli ormai inaccettabili. (5-01456)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, COVA e TERROSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015 si svolgerà a Milano «Expo 2015», la prima Esposizione Universale interamente dedicata all'agricoltura e all'alimentazione, che prevede la partecipazione di oltre 160 paesi oltre a quella di Nazioni Unite e FAO;
   sono attesi oltre 20 milioni di visitatori e saranno organizzati circa 7 mila eventi nell'arco di sei mesi;
   i temi di Expo 2015 includono il rafforzamento della sicurezza e della qualità alimentare, l'educazione alimentare, lo sviluppo globale sostenibile, il diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti del pianeta;
   nel nostro Paese operano oltre 20 mila aziende agricole autorizzate all'esercizio dell'agriturismo, ai sensi della legge quadro nazionale n. 96 del 2006 e delle legislazioni e normative regionali;
   la legge afferma che «il sostegno all'agricoltura passa anche attraverso la promozione di idonee forme di turismo nelle campagne» che siano finalizzate a:
    a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;
    b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;
    c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;
    d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell'ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l'incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;
    e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;
    f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;
    g) promuovere la cultura rurale e l'educazione alimentare;
    h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale;
   per il nostro Paese, ed in particolare per i settori dell'agroalimentare e del turismo, l'Expo sarà un'occasione irripetibile per cogliere le opportunità di una straordinaria vetrina in cui saranno esposti agli occhi del mondo il nostro patrimonio culturale e paesaggistico, la varietà delle produzioni tipiche e di qualità del nostro territorio e le molteplici offerte di ricettività turistica –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per valorizzare e coinvolgere il sistema delle aziende agrituristiche nell'organizzazione dell'Expo 2015, facendo entrare a pieno titolo queste realtà nella cornice culturale dell'Esposizione favorendone in tal modo la conoscenza presso gli ospiti stranieri, con positive e diffuse ricadute dal punto di vista turistico ed economico. (5-01440)


   LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   le Regioni agiscono nel Fondo europeo per la pesca (FEP) solo in qualità di organismi intermedi (O.I.) per la gestione di determinate azioni/misure in virtù di un accordo multi regionale e successiva convenzione. Tra le misure che il programma operativo (P.O.) assegna alle regioni figura anche l'asse 4, il quale prevede che si attivi una strategia di sviluppo locale in alcune aree dipendenti dalla pesca tramite gruppi di azione locali detti GAC. Alla data di ottobre 2013 quasi tutte le regioni costiere hanno promosso la costituzione dei GAC. In tutto operano n. 43 GAC;
   con nota della direzione generale per gli affari marittimi e la pesca, della Commissione europea ref. Ares (2013)3240395 del 14 ottobre 2013, e stata sollevata la mancata conformità del sistema di gestione e controllo italiano per la parte che riguarda i GAC con la pertinente normativa comunitaria applicabile;
   con nota della dell'autorità di gestione del PO FEP 2007/2013, direzione generale per la pesca del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, si è chiesta alle regioni, tra cui le Marche, di sospendere l'iter delle istruttorie di competenza dei suddetti GAC;
   come risulta dal programma operativo del FEP 2007/2013 approvato con decisione dell'Unione europea il sistema di trasferimento delle competenze da parte delle regioni ai GAC è espressamente previsto;
   allo stesso modo tale possibilità è prevista dalla nota metodologica per l'attuazione dell'asse IV, approvata in sede di comitato di sorveglianza del 15 marzo 2011 con la partecipazione dello stesso rappresentante dei servizi comunitari;
   con nota del 4 novembre 2013, dell'assessore della regione Marche, Sara Giannini, si è ribadito che le Regioni hanno agito nel pieno rispetto di quanto previsto dal programma operativo approvato dalla Commissione e dai documenti metodologici elaborati dalla direzione pesca del Ministero in piena condivisione con i referenti della commissione europea;
   sussiste una grave difficoltà in fase di conclusione della programmazione comunitaria in tema di fondo europeo per la pesca di dover riorganizzare un sistema peraltro in stato di avanzata attuazione;
   l'intenzione di far riassumere alle regioni le funzioni trasferite ai GAC è del tutto contraria alla finalità dell'asse 4 e al riconoscimento di un ruolo strategico al territorio per il tramite dei suddetti GAC, nella logica di un approccio bottom-up;
   quali iniziative intenda adottare per affermare la regolarità e correttezza dell'operato dell'Italia e delle regioni nell'organizzazione del sistema dei GAC e per difenderlo;
   quali rimedi intenda porre in essere per risolvere la suddetta problematica.
(5-01443)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROBERTA AGOSTINI e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sulla base di una ricerca condotta da Datanalysis, istituto di ricerche demoscopiche specializzato nell'area salute, e realizzata in 200 consultori e 100 pronto soccorso-DEA presenti su tutto il territorio nazionale, è emerso che in quasi quattro consultori italiani su cinque non vengono forniti gli stick per i test di gravidanza necessari per la prescrizione della contraccezione d'emergenza, quale è la cosiddetta «pillola dei 5 giorni dopo», introdotta in Italia nell'aprile 2012;
   al Sud la situazione è addirittura peggiore con poco più di un consultorio su 10 che dispone dei test (15,4 per cento), che la legge prevede debba essere negativo ai fini della prescrizione della pillola dei 5 giorni dopo. Il quadro diventa drammatico nei pronto soccorso dove nell'81 per cento dei casi non ci sono gli stick sulle urine e sono pochissimi (l'11 per cento) i pronto soccorso in grado di effettuare test di gravidanza rapidi;
   questi dati sono stati riferiti dall'Onda (Osservatorio nazionale per la salute della donna) che denuncia la situazione e parla di «donne costrette a pellegrinaggi estenuanti verso strutture in grado di rispondere alle loro esigenze o verso laboratori di analisi per test più invasivi e costosi»;
   la pillola dei cinque giorni dopo è il contraccettivo d'emergenza di ultima generazione, già approvato dall'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, e in commercio in Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna ed ora da poco meno di un anno in Italia;
   la pillola dei 5 giorni dopo funziona, appunto, fino al quinto giorno successivo a un rapporto sessuale non protetto, contrariamente alla tradizionale pillola del giorno dopo, che in realtà ha effetto nell'arco delle 72 ore successive al rapporto;
   il farmaco è chiamato tecnicamente ulipristal acetato, ed è stato approvato dall'Ema nel maggio 2009, mentre negli Stati Uniti la Fda ne ha autorizzato la commercializzazione dall'agosto 2010. Proprio un recente studio americano ne ha certificato l'efficacia: somministrata a 1.241 donne, la pillola ha mostrato un tasso di successo del 97,9 per cento, lo stesso della pillola del giorno dopo, ma, per l'appunto, con una efficacia prolungata fino a 120 ore;
   non si tratta di un farmaco abortivo, come la RU486, ma di un anticoncezionale, che ha un effetto anti-progesterone inibendo temporaneamente i meccanismi dell'ovulazione. Il farmaco, come la pillola del giorno dopo, ha effetto se, quando viene assunto, non è ancora avvenuta la fecondazione: per questo la certezza sulla sua efficacia tende a diminuire con il passare dei giorni;
   sulla base della ricerca possiamo sicuramente affermare che il test obbligatorio e la sua carenza negli istituti pubblici deputati alla prescrizione della contraccezione d'emergenza ostacolano, e in molti casi negano, di fatto, la possibilità di accesso a un farmaco più efficace che, se assunto nelle prime 24 ore dal rapporto sessuale, riduce di due terzi il rischio di gravidanza indesiderata;
   l'Italia è l'unico Paese, tra i 61 nel mondo dove è stata autorizzata la vendita della pillola per la contraccezione d'emergenza, che sottopone la somministrazione all'obbligo della presa visione del medico di un test di gravidanza negativo prima della prescrizione –:
   quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda assumere per garantire alle donne, se richiesto, l'assunzione della pillola dei cinque giorni dopo, essendo un loro diritto riconosciuto dal nostro ordinamento, sia assumendo iniziative, per quanto di competenza, affinché sia assicurata la fornitura degli stick a tutte le strutture sia uniformando i criteri per ottenere la pillola a quelli del resto d'Europa eliminando l'anomalia del test obbligatorio. (5-01441)


   L'ABBATE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata, con sede a Foggia è uno dei dieci IZS presenti in Italia;
   l'Istituto è un ente sanitario di diritto pubblico dotato di un'autonomia gestionale, tecnica ed amministrativa, che opera nell'ambito del Servizio sanitario nazionale in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria, quale strumento tecnico-scientifico dello Stato e delle regioni Puglia e Basilicata per la tutela della salute e per il benessere animale, il controllo dell'igiene degli allevamenti, la tutela della sicurezza degli alimenti di origini animale e degli alimenti zootecnici a garanzia della salute del consumatore;
   L'IZS di Puglia e Basilicata è un organismo di livello interregionale che ha sette sedi presenti in quasi tutte le province delle due regioni (cinque sezioni in Puglia e due in Basilicata);
   il decreto legislativo n. 106 del 2012 ha dettato nuove norme in materia di «Riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183» prevedendo, inoltre, nuove disposizioni sull'organizzazione ed il funzionamento degli IZS;
   il comma 3 dell'articolo 11 della legge n. 183 del 2010 prevede, tra l'altro, che: «il consiglio di amministrazione può essere sciolto, anche su proposta del Ministero della salute, dal Presidente della regione o della pubblica amministrazione interessata, ovvero, nel caso di Istituti interregionali, dai Presidenti delle regioni interessate, d'intesa con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze». Ai sensi della lettera c del medesimo comma 3, il consiglio d'amministrazione può essere sciolto anche quando vi è impossibilità di funzionamento degli organi di amministrazione e gestione;
   in data 05 agosto 2013, la giunta della regione Puglia, dopo aver preso atto della sopravvenuta mancanza del numero legale dei componenti del consiglio di amministrazione dell'IZS della Puglia e della Basilicata, ha avviato la procedura di commissariamento nominando il signor Ciro Mundi, dopo aver provveduto alle dovute comunicazioni al Presidente della Regione Basilicata (da cui non è mai giunta risposta) e, per conoscenza, al Ministero della salute, con nota pervenuta il 13 agosto 2013;
   nella risposta all'interrogazione 3-00322, a prima firma D'Ambrosio, tenutasi alla 12a Commissione del Senato della Repubblica il 12 settembre 2013 si evince dalle parole del rappresentante del Governo che la nomina in qualità di commissario straordinario del signor Ciro Mundi «non risponde alle norme attualmente in vigore», ovvero alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 39 del 2013;
   in data 28 giugno 2013, al fine di assicurare il pronto adeguamento alle nuove disposizioni, il Ministero della salute ha «sottoposto al Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome la problematica attinente alla sollecita approvazione delle leggi regionali, attuative delle citate disposizioni» come dichiarato, sempre nella medesima sede, dallo stesso Sottosegretario Fadda;
   con nota in data 9 agosto 2013, il Ministero della salute, al fine di ripristinare il legittimo e funzionale assetto interno dell'ente in questione, ha sottoposto all'attenzione degli assessorati alla salute della regione Puglia e della regione Basilicata la necessità di provvedere alla condivisa attivazione del procedimento di scioglimento del consiglio di amministrazione dell'ente, ai sensi dell'articolo 11, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 106 del 2012. Non essendo giunta risposta, come da verbale della suddetta seduta del 12 agosto 2013, dalla risposta del sottosegretario alla salute Fadda emerge che «è intendimento di questo Ministero procedere, entro tempi ragionevoli, a sollecitare l'adozione congiunta dell'intervento proposto»;
   la sopravvenuta mancanza del numero legale dei componenti del Consiglio di Amministrazione dell'IZS della Puglia e della Basilicata sta comportando problemi legati alla gestione economico, finanziaria e contabile dell'Ente ed in particolare: non è stato ancora approvato il consuntivo del 2012; stante l'attuale situazione, entro il 31 dicembre 2013, non potrà essere approvato il Bilancio preventivo 2014 né l'esercizio provvisorio, creando una paralisi pressoché totale dell'Ente; la mancata approvazione della programmazione triennale e di ogni atto di indirizzo e pianificazione dell'ente ha portato inevitabili ripercussioni sulle attività istituzionali finalizzate alla tutela della salute pubblica. Attualmente, la giunta esecutiva si riunisce saltuariamente e su argomenti limitati, seppur permangono dubbi circa la validità delle riunioni visto che, come previsto dalla statuto, la giunta esecutiva è nominata dal Consiglio di amministrazione e ha la medesima durata;
   in data 29 ottobre 2013, la Prefettura di Foggia ha comunicato al Ministero della salute, dipartimento sanità pubblica veterinaria, della sicurezza alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute e al Ministero dell'economia e delle finanze, la «Proclamazione stato di agitazione lavoratori dell'IZS di Puglia e Basilicata con sede in Foggia», in cui i rappresentanti sindacali provinciali e aziendali dei dipendenti CGIL, CISL, UIL SIVEMP, USB e FIALS hanno lamentato la mancata attuazione della riforma degli Istituti Zooprofilattici introdotta dal decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, nonché la mancata nomina dei nuovi organi istituzionali dell'Ente, ai sensi del decreto legislativo del 28 giugno 2012 n. 106, che integra e modifica il predetto decreto n. 270 del 1993 –:
   se il Ministero della salute abbia provveduto a sollecitare una risposta da parte delle regioni coinvolte e, se del caso, non intenda proporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione dell'istituto zooprofilattico sperimentale di cui in premessa. (5-01457)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 della Costituzione stabilisce che la tutela della salute rappresenta un fondamentale diritto dell'individuo oltre che un interesse dell'intera collettività;
   a migliaia di cittadini, sofferenti di cardiopatie, viene somministrato il farmaco «salvavita» Sotalex 80mg (sotalolo-cloridato), prodotto dalla società «Bristol-Myers Squibb»;
   da alcune settimane questo importantissimo farmaco non viene più consegnato alle farmacie, e quindi non è attualmente reperibile in diverse aree del territorio nazionale;
   diverse associazioni di consumatori e di volontariato, di fronte a tale stato di cose, hanno vivacemente protestato;
   in particolare, l'associazione «Un Cuore per Amico» e l'associazione «ACU» hanno, tra l'altro, stigmatizzato il comportamento di chi ha il compito di sorvegliare e controllare che la filiera dei farmaci venga svolta garantendo i diritti degli ammalati e di chi è bisognoso di cure mediche farmacologiche;
   nell'edizione online del quotidiano Messaggero veneto del 31 ottobre 2013 è apparso un articolo dal titolo «Proteste, manca il farmaco salvavita per i cardiopatici» che denunciava la mancanza del Sotalex dalle farmacie di diversi comuni (tra cui Sacile, Porcia, Fontanafredda e Pordenone);
   l'affannosa ed (in molti casi) inutile ricerca del farmaco ha destato allarme e preoccupazioni nelle famiglie e nei loro cari, che, armati di buona volontà, sono diventati pendolari del farmaco recandosi nella regione Veneto dove almeno in questi giorni ancora è disponibile nelle farmacie tale medicina;
   non si tratta di una semplice aspirina, come si può facilmente comprendere dagli eccipienti del farmaco, dalle indicazioni riportate nei fogli illustrativi e dalla necessità dell'uso continuo senza interruzioni;
   non si conoscono le ragioni ed i motivi di tale difficile reperibilità del Sotalex, ma inizia a farsi strada l'ipotesi della cosiddetta «rottura di stock», ovvero il fenomeno che svuota i magazzini di alcuni farmaci perché le ditte farmaceutiche li vendono in Paesi che offrono migliori condizioni economiche;
   i farmacisti non sanno più come fronteggiare la totale mancanza del farmaco in questione;
   ciò appare un vero e proprio business, in cui l'economia detta le regole sulla vita delle persone più deboli ed ammalati nel totale silenzio e disinteresse;
   al fine di evitare allarmismo e preoccupazione alle famiglie viene detto che in circolazione esistono altri farmaci generici o alternativi in grado di sostituire pienamente il Sotalex 80 milligrammi, ma non è così: vi sono infatti studi ed esperienze di vita che dimostrano come ogni farmaco salvavita è unico, così come ogni persona ha la sua reazione e tolleranza –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative si intendano immediatamente intraprendere al fine di garantire e ripristinare la regolare distribuzione del farmaco;
   se siano in grado di riferire la portata sociale di tale situazione, che di fatto lede il diritto alla salute e viola la Carta costituzionale. (4-02511)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDUOLO, NACCARATO, MOGNATO, ZARDINI, ROTTA e MIOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   alla fine degli anni ’70 Poste italiane ha affidato alla ditta Elsag del gruppo Finmeccanica (oggi confluita nella Selex ES a partecipazione statale) l'appalto per la manutenzione degli impianti automatizzati dei centri di meccanizzazione postale (CMP) per lo smistamento della corrispondenza;
   dall'ottobre 2007 la ditta Elsag ha subappaltato il servizio di manutenzione alla Stac Italia s.r.l. per il centro nord e alla Logos Spa per il centro-sud e isole, e a seguito di un accordo ministeriale tali ditte si erano impegnate ad assorbire il personale già presente;
   dal 1o novembre 2013, a seguito di una nuova gara d'appalto indetta da Poste italiane, il servizio di assistenza e manutenzione è stato affidato alla R.T.I. Selex ES/PH Facility;
   Selex, costruttrice di parte dei macchinari utilizzati da Poste italiane, ha scelto come partner una ditta che si occupa principalmente di igiene e sanificazione;
   il nuovo appalto riguarda anche i tre centri meccanizzati presenti nel Veneto, con sede a Venezia, Padova e Verona;
   da alcuni mesi i lavoratori del settore sono in stato di agitazione in quanto la ditta PH Facility avrebbe manifestato l'intenzione di ridurre i costi attraverso un drastico ridimensionamento del personale (da 260 a 170 unità). La PH Facility ha formulato una proposta che prevedeva 170 assunzioni di cui 150 a tempo pieno e 20 a tempo parziale, l'azzeramento degli scatti anzianità e degli eventuali superminimi, nonché il passaggio da contratto metalmeccanico a quello multiservizi;
   la maggior parte dei lavoratori non ha accettato le condizioni non dignitose ed ha preferito rimanere, pur sapendo di rischiare il posto di lavoro, in Stac e Logos, ritenendo non sia etico scaricare sui soli lavoratori il costo dato dallo sconto praticato in fase di gara;
   dal 1o novembre, pertanto, PH Facility è subentrata nei centri di meccanizzazione postale con un personale sicuramente insufficiente per garantire il servizio già in difficoltà a causa dello stato degli impianti che presentano numerose carenze funzionali, dovute non solo al recente sciopero, ma soprattutto alla riduzione della manutenzione che già da due anni risulta inferiore a quanto previsto. Da due anni, infatti, il personale Stac Logos è stato messo a rotazione in cassa integrazione guadagni ordinaria e/o ha visto applicato il contratto di solidarietà;
   per coprire le carenze organizzative di PH Facility, Selex ha inviato nei vari CMP proprio personale, e in alcuni centri è stata segnalata anche la presenza di personale proveniente da agenzie interinali. Ciononostante, la situazione a livello nazionale risulta critica, con notevoli giacenze di corrispondenza, e segnalazioni in tal senso arrivano alla direzione di Poste Italiane dalle rappresentanze sindacali dei singoli CMP;
   la scelta fatta dalla dirigenza Selex di prendere come partner in una R.T.I. un'azienda che – come ben evidenziato nel proprio sito – ha 40 anni di esperienza nel campo dell'igiene e della sanificazione, se da un lato sicuramente avrebbe garantito costi bassi e scarsa presenza sindacale al suo interno, sembra non aver tenuto conto che l'attività svolta nei CMP richiede personale qualificato e ben addestrato. Sorge il dubbio che alcune certificazioni rilasciate a personale PH relative a corsi effettuati presso Selex altro non siano che mere operazioni di facciata;
   la manutenzione continua dei macchinari dei centri meccanizzati di Poste italiane è essenziale per mantenere e sviluppare gli standard di qualità del servizio postale a vantaggio dei cittadini utenti e della stessa azienda –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione e se intendano convocare al più presto un tavolo di confronto con Poste italiane spa, Selex ES, PH Facility, Logos e Stac e le organizzazioni sindacali, allo scopo di approvare un protocollo d'intesa che salvaguardi l'occupazione dei lavoratori degli appalti e subappalti del servizio di manutenzione dei centri meccanizzati postali, valutando la possibile riallocazione presso Poste italiane del personale eccedente, ferma restando la verifica che il personale applicato alla manutenzione abbia i requisiti necessari a svolgere con professionalità l'attività richiesta e non risulti un mera unità atta solo a garantire un numero minimo di personale occupato. (5-01450)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la disoccupazione nella zona del Sulcis-Iglesiente è superiore al 15 per cento ed è, quindi, ben superiore alla media regionale e nazionale, con oltre 29.000 persone tra disoccupati o a rischio occupazione (Cigs-Cig deroga, mobilità, LSU e altro);
   il 13 novembre 2012 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa per l'attuazione del «Piano Sulcis» tra i Ministeri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della coesione territoriale, e la regione Autonoma della Sardegna, la provincia di Carbonia Iglesias, e i comuni del Sulcis Iglesiente;
   in attuazione dell'articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, è stato emanato il decreto 10 aprile 2013 del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che prevede la concessione di agevolazioni, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive, in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle Zone franche urbane, ai sensi del comma 4-bis del citato articolo 37, nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, ai quali le misure agevolative sono applicate in via sperimentale, nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'accordo di programma «Piano Sulcis»;
   le agevolazioni di cui al decreto sono concesse, ai sensi e nei limiti di quanto previsto dal regolamento CE n. 1998 del 2006, relativo all'applicazione delle norme comunitarie in materia di aiuti d'importanza minore («aiuti de minimis»), fino a un massimo di 200.000 euro, in favore delle microimprese (con meno di 10 occupati e un fatturato inferiore a 2.000.000 di euro) e delle piccole imprese (con meno di 50 occupati e un fatturato non superiore a 10.000.000 di euro);
   alle agevolazioni potranno accedere anche gli studi professionali o i professionisti che svolgono la loro attività in forma di impresa e che siano regolarmente iscritti al registro delle imprese;
   i beneficiari dovranno avere sede legale, amministrativa, produttiva, o unità locale dell'impresa, all'interno della ZFU, all'interno della quale, per le attività non sedentarie, quali, ad esempio, ambulanti, imprese di costruzione, o idraulici, si dovrà svolgere almeno il 25 per cento del volume d'attività, e dovranno avere almeno un dipendente a tempo pieno o parziale che ivi svolga la totalità delle sue ore lavorative;
   le agevolazioni riguarderanno l'esenzione dall'imposta sui redditi, dall'imposta regionale sulle attività produttive, dall'imposta municipale propria, e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente dovute all'INPS;
   ai fini delle imposte sul reddito, il beneficio agevolativo sarà distribuito in quattordici anni, con percentuali diverse a seconda dell'anno, ai fini dell'IRAP, in linea di massima, l'esenzione si manifesterà fino a concorrenza di 300 mila euro del valore di produzione netta, mentre, ai fini dell'IMU, l'esenzione dal pagamento avrà una durata pari a quattro anni dall'accoglimento dell'istanza;
   le somme dedicate all'applicazione dei citati interventi nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, sono state indicate nella delibera CIPE n. 93 del 2012 del 3 agosto 2012;
   nell'ambito del «Piano Sulcis», per l'attivazione delle zone franche urbane nei 23 comuni del Sulcis, sono stati individuati, da parte della cassa conguaglio per il settore elettrico, circa 124 milioni di euro, reperiti dalle multe pagate dalle industrie energivore, dopo la condanna da parte dell'Unione europea per aiuto di stato nell'approvvigionamento energetico;
   con la nota n. 22550 del 4 settembre 2013, la regione Sardegna ha informato il Ministero, della sua intenzione di non procedere all'individuazione di riserve finanziarie di scopo, nell'ambito della dotazione finanziaria dell'intervento;
   se l'ammontare delle agevolazioni complessivamente richieste dalle imprese istanti risulti essere superiore all'ammontare delle risorse stanziate, si potrà adottare una modalità di riparto proporzionalmente ridotta;
   la tempistica dell’iter finora seguito non è stata adeguata alla gravità della situazione economico-sociale del territorio, nonostante il protocollo d'intesa prevedesse un cronoprogramma concordato tra Governo e regione, proprio per evitare le lungaggini burocratico-amministrative per l'attuazione del «Piano Sulcis»;
   le risorse da attivare con il bando sulle zone franche urbane, che non è ancora stato pubblicato, sono indispensabili per sperare in un rilancio dell'economia del Sulcis-Iglesiente –:
   se sia aggiornato in merito alla grave situazione descritta in premessa;
   se non ritenga di provvedere con urgenza all'emanazione del bando relativo alle zone franche urbane dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, affinché le esenzioni previste siano attive almeno per il 2014, posto che i ritardi registrati sinora impediranno di fatto la possibilità di esenzione per il 2013, con grave nocumento per le micro e piccole imprese del territorio. (4-02497)


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 7 giugno del 2008 fu rapinato l'ufficio postale di Catania succursale n. 24;
   l'evento sarebbe stato agevolato dalla negligenza del direttore, signor Francesco Diolosà;
   l'ammontare della somma trafugata fu di euro 17.700,00;
   dalla relazione della funzione tutela aziendale emergerebbero gravissime responsabilità in capo al detto Diolosà: che avrebbe consentito l'accesso ai locali interni dell'ufficio senza usare precauzioni, ricevendo una persona nella propria stanza dove è allocata la cassaforte in difformità delle disposizioni aziendali dettate sulla sicurezza negli uffici postali;
   qualche giorno dopo la rapina, il signor Diolosà fu assegnato al servizio commerciale della filiale di Catania 1;
   successivamente, lo stesso Diolosà fu assegnato alla struttura regionale di mercato privati/Area territoriale Sud 2, in Palermo –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   con quali modalità Poste italiane abbia recuperato l'ammontare della somma;
   se risulti quale sia stato l'esito del procedimento disciplinare eventualmente attivato. (4-02515)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 1977 il senatore Silvio Berlusconi è stato insignito dell'onorificenza di Cavaliere del lavoro dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone;
   ai sensi della legge n. 194 del 15 maggio 1986, recante norme sull'Ordine cavalleresco al merito del lavoro, incorre nella perdita dell'onorificenza l'insignito che se ne renda indegno;
   la legge n. 194 del 1986, all'articolo 3, individua i requisiti per cui la decorazione di Cavaliere del Lavoro può essere ottenuta, di seguito elencati:
    a) aver ottenuto una specchiata condotta civile e sociale;
    b) aver operato nel settore per il quale la decorazione è proposta in via continuativa e per almeno vent'anni con autonoma responsabilità;
    c) aver adempiuto agli obblighi tributari ed aver soddisfatto ogni obbligo previdenziale e assistenziale a favore dei lavoratori;
    d) non aver svolto né in Italia, né all'estero attività economiche e commerciali lesive dell'economia nazionale;
   sempre l'articolo 13 della legge n. 194 del 1986 dispone che, in caso di indegnità dell'insignito, previo parere del consiglio dell'Ordine cavalleresco al merito del lavoro e su proposta motivata del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, la revoca è disposta con decreto del Presidente della Repubblica –:
   se non ritenga che sussistano le condizioni previste dalla legge per esercitare il ruolo che la normativa gli attribuisce, procedendo a presentare una proposta motivata per la revoca dell'onorificenza di cavaliere del lavoro nei confronti di Silvio Berlusconi. (4-02516)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Causi e altri n. 1-00236, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gebhard.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Migliore e altri n. 3-00443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fratoianni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Zolezzi n. 5-00996 del 12 settembre 2013;
   interpellanza urgente Sereni n. 2-00275 del 4 novembre 2013;
   interpellanza urgente Costa n. 2-00280 del 5 novembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Zaccagnini n. 5-01372 del 5 novembre 2013.

ERRATA CORRIGE

  Testo riformulato della mozione Sorial e altri n. 1-00194 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 113 del 7 novembre 2013. Alla pagina 6639, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga trentunesima, deve leggersi: «b) oltre 6 fino a 11 volte il minimo: aliquota 0,5 per cento; c) oltre 11 fino a 15 volte il minimo: aliquota 5 per cento; d) oltre 15 fino a 20 volte il minimo: aliquota 10 per cento; e) oltre 20 fino a 25 volte il minimo: aliquota 15 per cento; f) oltre 25 fino a 31 volte il minimo: aliquota 20 per cento; g) oltre 31 fino a 39 volte il minimo: aliquota 25 per cento; h) oltre 39 fino a 50 volte il minimo: aliquota 30 per cento;» e non «b) da 6 fino a 11 volte il minimo: aliquota 0,5 per cento; c) da 11 fino a 15 volte il minimo: aliquota 5 per cento; d) da 15 fino a 20 volte il minimo: aliquota 10 per cento; e) da 20 fino a 25 volte il minimo: aliquota 15 per cento; f) da 25 fino a 31 volte il minimo: aliquota 20 per cento; g) da 31 fino a 39 volte il minimo: aliquota 25 per cento; h) da 39 fino a 50 volte il minimo: aliquota 30 per cento;», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Alberti e Basilio n. 4-02482 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 116 del 12 novembre 2013. Alla pagina 6738, prima colonna, alla riga trentaseiesima, deve leggersi: «corso degli stessi. Tale carenza non ci sarebbe» e non «corso degli stessi. Tale carenza ci sarebbe», come stampato.