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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 16 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
      la direttiva sulle energie rinnovabili (Renewable Energy Directive – RED 2009/28/CE) e quella sulla Qualità dei carburanti (Fuel Qualitive Directive – FQD 98/70/CE) si pongono entrambe l'obiettivo di ridurre entro il 2020 le emissioni di anidride carbonica generate nel settore dei trasporti: la RED stabilendo che il 10 per cento del consumo totale di carburanti dovrà provenire da fonti rinnovabili; la FQD fissando una riduzione del 6 per cento delle emissioni prodotte dai carburanti;
    attualmente gli Stati membri del'Unione europea, Italia compresa, stanno perseguendo questi obiettivi quasi esclusivamente attraverso l'utilizzo di biocarburanti di prima generazione, ovvero realizzati a partire da prodotti agro-alimentari;
    l'Italia è un importante produttore e consumatore di biocarburante a livello europeo: nel 2012 ha registrato un livello di sostituzione di fonti fossili con rinnovabili nei trasporti del 4,5 per cento e prevede il raggiungimento dell'obiettivo intermedio del 5 per cento entro il 2014;
    già in fase di discussione della RED nel 2008, erano presenti nel dibattito i rischi che un aumento consistente del consumo di biocarburanti di prima generazione poteva rappresentare sia per la sicurezza alimentare, a causa dell'impatto sull'aumento dei prezzi del cibo, sia per l'ambiente, a causa delle emissioni indirette;
    dopo quattro anni dall'entrata in vigore della RED molteplici studi pubblicati da enti di ricerca, organizzazioni internazionali e organizzazioni della società civile, inclusi quelli realizzati dalla stessa Commissione europea, hanno documentato gli impatti negativi che la produzione ed il consumo di biocarburanti esercitano sull'ambiente e sulla sicurezza alimentare a livello globale;
    la politica europea sui biocarburanti sta infatti contribuendo all'aumento dei prezzi alimentari: attualmente il 16 per cento della produzione globale di colza, soia, girasoli e olio di palma viene utilizzata per produrre una quantità di biodiesel che rappresenta circa l'80 per cento del consumo di biocarburanti nell'Unione europea. La domanda di biocarburanti ha contribuito in modo determinante alla spirale inflativa subita dai prezzi alimentari a partire dal 2005 che è culminata nella grave crisi alimentare del 2007-2008 e nel nuovo picco del 2010-2011;
    la maggior parte della materia prima agricola utilizzata per produrre biocarburanti viene importata da Paesi extra-europei. Nel 2008, l'UE già importava il 41 per cento dei prodotti agricoli per produrre una quantità di biocarburanti in sostituzione di circa il 3 per cento dei combustibili fossili. Ipotizzando un limite al 5 per cento nel consumo di biocarburanti di prima generazione, sarebbero necessari 21 milioni di ettari di terreni (un po’ più dei due terzi dell'intera superficie italiana) per coltivare i semi oleaginosi da destinare alla produzione di biodiesel. Non a caso, i biocarburanti sono un driver importante per gli investimenti in acquisizione di ampie estensioni di terra che possono anche tramutarsi in veri e propri fenomeni di land grabbing (accaparramenti di terra condotti in violazione dei diritti umani fondamentali delle persone che vivono su quella terra e senza il loro consenso libero, previo, informato);
    le emissioni indirette ovvero gli effetti indiretti sulle emissioni legati al cambio di destinazione d'uso dei terreni (Indirect Land Use Change – ILUC) provocate dai biocarburanti, ed oggi non conteggiate dalla normativa vigente, dipendono dal processo di conversione di una superficie agricola in una coltivazione agro-energetica a cui si affianca la necessità di mettere in coltivazione una superficie equivalente da qualche altra parte al fine di mantenere invariata l'offerta alimentare. L'espansione delle superfici coltivate, dovuta al continuo e crescente aumento della domanda di materia prima agricola per produrre biocarburanti, avviene a discapito di foreste ed altri terreni ricchi di carbonio causando, oltre alla perdita di biodiversità, anche una quantità aggiuntiva di emissioni di gas ad effetto serra;
    tali emissioni aggiuntive, qualora venissero conteggiate (fattore ILUC), determinerebbero un peggioramento del livello di emissioni associate alle singole materie prime utilizzate per la produzione di biocarburanti. Allo stato attuale, i biocarburanti, entro il 2020, sarebbero responsabili di emissioni aggiuntive equivalenti all'immissione sulle strade europee un numero di auto oscillante tra i 14 e i 29 milioni di unità, secondo una proiezione dell’Institute for European environmental policy;
    un recente studio condotto dall’international food policy research institute (IFPRI) 21, commissionato dalla stessa Commissione europea e considerato dall’International Council on clean trasportation (ICCT) il miglior studio attualmente in circolazione, ha calcolato il livello di emissioni indirette per le principali materie prime utilizzate per produrre biocarburanti. Aggiungendo alle emissioni dirette quelle indirette emerge che l'olio di palma, di soia e di colza, da cui si ricava biodiesel hanno un bilancio di emissioni peggiore dei combustibili fossili;
    ad oggi, nonostante numerosi progetti di ricerca e prime sperimentazioni, i biocarburanti avanzati (ovvero quelli derivanti da colture agroenergetiche non edibili, da residui agricoli e forestali, da rifiuti municipali, da alghe) non sono ancora disponibili su scala commerciale e molti studi concordano che nel breve e medio periodo non sarà possibile aumentare i volumi di produzione. E peraltro fuorviante attribuire ai biocarburanti avanzati, una migliore performance ambientale e sociale, senza che siano ancora state fatte specifiche valutazioni di impatto in relazione a ciascuna materia prima utilizzata: ad esempio, le colture agroenergetiche che non utilizzano materia prima alimentare, rientrando quindi tra i biocarburanti «avanzati», presentano ugualmente un elevato livello di competizione con terra e acqua da cui dipendono, e non risolvono la questione ILUC determinando comunque lo spostamento di colture alimentari che fanno posto a colture intensive per biocarburanti. Altrettanto problematico può risultare l'uso di residui e rifiuti, se non disciplinato correttamente;
    esistono alternative all'uso di biocarburanti per la riduzione di emissioni di carbonio nel settore dei trasporti come ad esempio: migliorare l'efficienza energetica dei veicoli; incentivare un maggior uso del trasporto su rotaia invece che su strada; rafforzare i servizi di trasporto pubblico per ridurre la domanda energetica; favorire l'introduzione dell'energia elettrica per il trasporto stradale e ferroviario;
    la politica europea sui biocarburanti risulta anche estremamente costosa per le casse degli Stati membri e per i contribuenti europei in quanto, secondo uno studio dell’International institute for sustainable development, nel 2011 il supporto pubblico è costato circa 6 miliardi di euro;
    nell'ottobre 2012 la Commissione europea (CE) ha presentato una proposta di direttiva (COM 2012 (595) final) volta a modificare l'impianto normativo che attualmente regola la politica europea sui biocarburanti. Questa proposta, a cui in gergo si fa riferimento come «proposta ILUC», deriva da un mandato legislativo contenuto già nella legislazione vigente, secondo cui la CE ha la responsabilità di analizzare le modifiche indirette sulla destinazione dei terreni provocate dalla produzione di biocarburanti con conseguente aumento delle emissioni di carbonio (ovvero il cosiddetto fattore ILUC) e, se opportuno, di proporre misure correttive;
    la proposta di direttiva, in risposta al mandato contenuto nella RED e contenente misure di salvaguardia per gli investimenti in corso, propone l'introduzione di alcune misure correttive: a) limitare il contributo di biocarburanti convenzionali (ovvero quelli ricavati a partire dall'utilizzo di colture alimentari) nel raggiungimento dell'obiettivo sulle energie rinnovabili fissato dalla direttiva RED; b) migliorare la performance ambientale dei biocarburanti predisponendo l'innalzamento della soglia minima di riduzione dei gas a effetto serra associati alla loro produzione per tutti i nuovi impianti che saranno operativi a partire dal 1° luglio 2014; c) introdurre l'obbligo in capo agli Stati Membri e ai fornitori di carburante di comunicare per tutti i biocarburanti che verranno immessi in consumo le emissioni associate al cambiamento indiretto della destinazione dei terreni (fattore ILUC); d) incoraggiare l'espansione del mercato dei biocarburanti avanzati;
    il Parlamento europeo, nella seduta plenaria dell'11 settembre 2013, si è espresso in prima lettura sulla proposta di direttiva della Commissione. Se da un lato ha riconosciuto gli enormi problemi sociali e ambientali che la produzione di biocarburanti di prima generazione provoca, dall'altro ha proposto misure correttive non sufficientemente efficaci a risolverli. Il Parlamento ha infatti confermato la necessità di limitare il consumo di biocarburanti di prima generazione ma ha fissato il tetto massimo di consumo al 6 per cento, estendendone però positivamente l'applicazione sia a biocarburanti prodotti da materia prima alimentare sia a biocarburanti prodotti da coltivazioni energetiche dedicate. Rispetto alle emissioni indirette, la contabilizzazione del fattore ILUC è stata introdotta in una sola direttiva (la FQD) e solo a partire dal 2020;
    nelle ultime settimane oltre 22.000 cittadini italiani hanno firmato una petizione promossa da Oxfam Italia e ActionAid, indirizzata al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando e al Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, nel quadro della più ampia campagna europea «No Food for Fuel» nella quale chiedono di adottare misure efficaci per evitare che i biocarburanti utilizzati in Europa contribuiscano al peggioramento della sicurezza alimentare e al degrado ambientale,

impegna il Governo:

   a sostenere, nell'ambito dei negoziati relativi al processo decisionale di modifica della direttiva 98/70/EC (FQD) e della direttiva 2009/28/CE (RED), l'introduzione di una quota di biocarburanti e bioliquidi – prodotti a partire da cereali e altre colture (zucchero, olio, colture ricche di amido), o altre colture energetiche coltivate su terreni – che possono essere riconosciuti ai fini del conseguimento della direttiva 2009/28/CE, limitata al 5 per cento del consumo finale di energia nel settore dei trasporti nel 2020;
   ad adoperarsi affinché siano inserite, in entrambe le direttive in commento (RED e FQD), disposizioni volte ad introdurre tra i criteri di sostenibilità il calcolo delle emissioni indirette (fattore ILUC), la cui mancata contabilizzazione non dà altrimenti reale evidenza di tutte le emissioni di CO2 associate ai biocarburanti;
   a sostenere, alla luce anche dell'obbligo derivante dal Trattato di Lisbona sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo, l'introduzione di criteri di sostenibilità sociale vincolanti per garantire il rispetto dei diritti delle comunità locali che vivono nei territori dove si realizzano le coltivazioni agro-energetiche, ad esempio attraverso la previsione dell'obbligo del consenso previo, libero e informato;
   a promuovere nell'ambito dei negoziati relativi al processo decisionale di modifica della direttiva 98/70/CE (FQD) e della direttiva 2009/28/CE (RED), una correzione normativa connessa al raggiungimento del target del 10 per cento di energie rinnovabili nel settore dei trasporti, che ad oggi viene perseguito quasi esclusivamente attraverso l'utilizzo dei biocarburanti che pongono seri problemi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
(7-00133) «Mariani, Borghi, Braga, Bratti, Carrescia, Cominelli, Massimiliano Manfredi, Zardini, Cenni, Luciano Agostini, Velo».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    il Parco geominerario storico ambientale della Sardegna, riconosciuto dall'UNESCO sin dal 1998 quale esempio emblematico della rete europea e mondiale dei GEOPARKS, è stato istituito con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 16 ottobre 2001 in attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo 114, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
    si è pervenuti all'istituzione del citato Parco a seguito di una forte volontà popolare che, a partire dalla rivendicazione delle associazioni culturali ed ambientali, ha visto mobilitate unitariamente le istituzioni locali al fine di ottenere uno strumento capace di contribuire alla rinascita economica e sociale delle aree minerarie dismesse della Sardegna attraverso la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico-culturale, paesaggistico-ambientale e socio-antropologico connesso alla millenaria epopea mineraria della Sardegna;
    per quasi sei anni dalla sua istituzione è stato mantenuto nel più totale immobilismo a causa di numerosi vincoli di carattere burocratico, organizzativo e gestionale presenti nel decreto istitutivo e nello statuto del consorzio del parco che ne hanno impedito il regolare funzionamento e l'avvio dell'attività operativa;
    nel febbraio del 2007 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con il presidente della regione Sardegna ha proceduto a commissariare il consorzio del parco al fine di poter provvedere con «tempestività» al suo riordino con la rimozione degli vincoli che ne avevano impedito il regolare funzionamento;
    fin dal mese di luglio del 2007, dopo avere ottenuto l'approvazione unanime della comunità del parco, il commissario del Consorzio del parco ha trasmesso al presidente della regione Sardegna e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una proposta di riordino dello stesso consorzio da attuarsi attraverso la modifica del decreto istitutivo e dello statuto, previa intesa da stipulare tra lo stesso presidente della regione Sardegna e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    anche a causa della mancata attuazione della proposta di riordino e del protrarsi oltre ogni ragionevole limite della gestione commissariale, il consorzio del parco versa in una dannosa situazione di inconcludenza dalla quale emerge che il programma di attività per l'esercizio 2012 è rimasto sostanzialmente inattuato avendo realizzato meno del 20 per cento delle voci di spesa in conto esercizio e meno del 5 per cento delle voci di spesa in conto investimenti come risulta dal rendiconto generale al bilancio chiuso al 31 dicembre 2012;
    il recente tentativo del direttore del parco di farsi assegnare un lauto premio di risultato, sospeso solo a seguito della denuncia della consulta delle associazioni e il parere negativo del collegio dei revisori dei conti, nonostante non sia stato conseguito neppure uno degli obiettivi programmati rappresenta solo l'ultimo esempio della situazione di degrado gestionale in cui si trova il consorzio del parco;
    in tale situazione persino il prestigioso riconoscimento internazionale dell'UNESCO rischia di essere dissipato dopo la reiterazione dell'ammonimento decisa dall’European Geoparks Network ad esito della recente verifica di validazione che sta esposto il nostro Paese ad una mortificante caduta di credibilità a livello internazionale;
    dopo oltre 100 giorni dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013 con il quale viene disposto il riordino del consiglio direttivo del consorzio del parco, nessun atto è stato compiuto dalla gestione commissariale per consentire la nomina del nuovo consiglio direttivo e la conseguente auspicabile cessazione della stessa gestione commissariale;
    le istituzioni competenti non sono state ancora capaci, a distanza di 12 anni dall'istituzione del parco geominerario, di rendere operativo lo strumento che il Parlamento, il Governo e la regione Sardegna, hanno voluto istituire e finanziare 11 anni fa, nel rispetto degli impegni assunti con l'UNESCO, per promuovere lo sviluppo e la rinascita culturale, sociale e economica delle aree minerarie dismesse della Sardegna, come sta avvenendo con eccellenti risultati nei vecchi bacini minerari europei;
    tale grave e inaccettabile inadempienza è da considerarsi politicamente irresponsabile e moralmente riprovevole alla luce della drammatica situazione di tensione sociale che stanno attraversando proprio in questi momenti gli stessi territori a causa degli effetti devastanti della crisi del settore industriale,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima urgenza i provvedimenti necessari per porre fine alla dannosa gestione commissariale e alla ricostituzione degli organi collegiali del consorzio del parco disposta con il decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013;
   a mettere in atto le azioni più appropriate per dare attuazione alla complessiva proposta di riordino del consorzio del parco al fine di rendere finalmente operativo lo strumento che avrebbe dovuto rappresentare il più importante motore di sviluppo locale nelle aree minerarie dismesse della Sardegna.
(7-00134) «Zolezzi, Vallascas, Nicola Bianchi, Fantinati, Crippa, Busto, Daga, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, De Rosa, Petraroli, Mucci, Della Valle, Da Villa, Prodani».


   La X Commissione,
   premesso che:
    l'attuale quadro normativo sulla regolamentazione dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico è riferibile alla legge n. 99 del 23 luglio 2009;
    la suddetta legge in ottemperanza all'articolo 37 prevede l'insediamento del commissario e dei subcommissari, avvenuto il 15 settembre 2009, allorquando prese avvio l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA);
    come previsto dal quarto comma dell'articolo suddetto, un apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sentite le Commissioni parlamentari competenti, concluderà il processo di definizione e di organizzazione dell'Agenzia;
    nelle more dell'emanazione di tale decreto ministeriale è stata imposta una struttura organizzativa commissariale ad avviso dei firmatari del presente atto assolutamente non idonea al conseguimento di alcuna configurazione strategica dell'ENEA e che a distanza ormai di 4 anni dall'emanazione del provvedimento definire transitoria appare eufemistico;
    allo stato dell'arte l'ENEA svolge attività di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico anche in discipline che non sono di pertinenza della nascente Agenzia, avvalendosi di competenze ad ampio spettro e di avanzate infrastrutture impiantistiche e strumentali dislocate presso i nove centri di ricerca e cinque laboratori di ricerca e tali infrastrutture, oltre ad operare nell'ambito dei programmi dell'agenzia, sono a disposizione del mondo scientifico e imprenditoriale del Paese con una notevole potenzialità di impatto sulle dinamiche di sviluppo industriale;
    la prolungata indeterminazione in cui versa l'ENEA sta incentivando sempre di più la fuga di cervelli verso Paesi sensibili al valore della ricerca;
    da più parti arrivano segnali sulla volontà dell'attuale Governo di non pervenire alla definizione della Agenzia economica-energetica, mantenendo l'ENEA in un impasse ultradecennale che risente di una strategia energetica nazionale sempre in balia di interessi e correnti trasversali che stenta a recepire gli indirizzi determinati da un quadro energetico profondamente variato dal punto di vista dell'innovazione tecnologica in atto;
    in alcuni dei centri di ricerca, come quello della Casaccia, la presenza della SOGIN spa, società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, rende estremamente difficile l'operatività istituzionale di ricerca del centro stesso ed il rapporto con il territorio, verso l'apertura delle infrastrutture a giovani ricercatori e colleghi di altre istituzioni;
    malgrado i proclami di facciata, l'attuale Governo a giudizio dei firmatari del presente atto ha continuato, allineandosi al passato, nel percorrere la strada del taglio delle risorse e nella mancata riorganizzazione del sistema complessivo della ricerca italiana,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza per:
    a) la definitiva costituzione dell'ENEA come Agenzia economica-energetica, secondo la legge sopra citata, ponendo quindi fine al commissariamento pluriennale dando finalmente seguito ad un riordino basato sulla efficacia ed efficienza;
    b) la definizione di una specifica missione dell'ENEA legata da una parte alla visione strategica sulle aree di ricerca scientifica rilevanti per l'attuazione della strategia energetica del Paese e dall'altra alla necessità che essa allacci i suoi rapporti con le realtà industriali che ad essa si rivolgono in un rapporto di interscambio tecnico-operativo;
    c) il ricollocamento di tutte le attività di ricerca non-energetiche nei Ministeri di competenza, quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero della salute, salvaguardando così le eccellenze scientifiche e i programmi di ricerca non più attinenti alla missione dell'ENEA;
    d) la ridefinizione delle prerogative dell'ENEA in rapporto all'operatività della società SOGIN spa per quanto attiene al sito della Casaccia e degli altri centri ENEA;
    e) il riordino del quadro complessivo normativo in un'ottica di riorganizzazione del sistema della ricerca italiana e delle sue molteplici strutture operanti spesso in palese competizione tra loro nell'aggiudicarsi le scarse risorse a disposizione.
(7-00132) «Vallascas, Fantinati, Crippa, Da Villa, Della Valle, Mucci, Petraroli, Prodani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultima indagine dell'UNICEF Italia «Report Card» sulla povertà infantile si sostiene che in Italia vivono 1 milione e 700 mila bambini sotto la soglia di povertà e più di settecentomila in condizioni di miseria assoluta;
   il portavoce italiano di UNICEF Andrea Iacomini ha sostenuto: «Abbiamo acceso la luce rossa anche sull'Italia. Numeri da terzo mondo... In genere siamo concentrati sulle politiche del terzo mondo, sullo sviluppo e le emergenze. Questo rapporto ci porta con i piedi per terra e ci dice: bisogna occuparsi anche dei Paesi più industrializzati e, tra loro, dell'Italia»;
   l'Italia occupa il 22o posto tra i 29 Paesi più industrializzati, nella graduatoria della povertà infantile; la povertà infantile si traduce in dispersione scolastica, insufficienza alimentare, limitazione delle attività culturali, sportive, e di svago, lavoro minorile;
   vengono coinvolte tutte le sfere della vita infantile: famiglia, abitazione, scuola, abbigliamento, alimentazione, salute, giochi, sport;
   l'impoverimento delle famiglie colpisce in particolare quelle con più minori, le mono genitoriali, le straniere;
   i tagli al welfare state hanno colpito anche i fondi destinati ai minori e alle famiglie fino a limitarli all'1,1 per cento del prodotto interno lordo;
   il contributo per la prima infanzia è passato dai 100 milioni di euro del 2008 allo zero dell'ultimo anno;
   la scuola è la seconda casa dei bambini e anche in questo ambito si sono operati dei tagli inaccettabili: gli asili nido coprono solo il 14 per cento delle richieste;
   fare sport è un costo che molte famiglie non possono più sostenere per i propri ragazzi –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per un piano nazionale di contrasto alla povertà infantile. (3-00386)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 206, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, è stata introdotta la TARES, acronimo di tassa rifiuti e servizi, in sostituzione delle precedenti tariffa di igiene ambientale (TIA) e, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU);
   il suddetto, nuovo tributo è in vigore dal 1o gennaio 2013, ricavato sulla base della superficie dell'immobile di riferimento, del numero dei residenti, dell'uso, della produzione media dei rifiuti e di ulteriori parametri;
   l'obiettivo della TARES è la copertura economica integrale del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti municipali;
   il pagamento dell'anzidetta tassa previsto in quattro rate annuali, doveva iniziare a gennaio 2013, poi slittato, ex articolo 1-bis del decreto legge del 2013, prima ad aprile e in seguito a luglio 2013;
   la Tares dovrà coprire il 100 per cento del costo del servizio sostenuto dai comuni, che oggi si ferma mediamente al 79 per cento con punte del 91 per cento;
   la Tares dovrà inoltre finanziare anche i «servizi indivisibili» forniti dall'ente locale, per esempio l'illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia urbana e altro;
   in particolare, l'articolo 14 del decreto legge dell'anno 2011 sopra menzionato, poi convertito con modificazioni, stabilisce, al comma 11, che la tariffa della TARES «è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio»;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1435200 del 12 settembre 1997, per la regione Calabria veniva proclamato lo stato di emergenza in ordine allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, speciali e speciali pericolosi, nonché in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati e di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 2629 del 21 ottobre 1997, veniva nominato il Commissario delegato a fronteggiare l'emergenza di cui sopra, con l'assegnazione di specifici poteri e funzioni;
   nell'anzidetta ordinanza si prevedevano precisi obiettivi in capo al commissario delegato, tra cui il conseguimento della raccolta differenziata nella misura del 20 per cento «entro il 30 giugno 1999» e la programmazione di ulteriori interventi «per realizzare l'obiettivo minimo della raccolta differenziata nella misura del 35 per cento nei successivi due anni (articolo 3.1.)»;
   la citata ordinanza contemplava la realizzazione degli interventi necessari a superare l'emergenza, quindi la riscossione di apposita tariffa, da determinarsi secondo criteri per assicurare la copertura dei costi di investimento, di esercizio, di bonifica e ripristino delle aree interessate dagli impianti;
   la medesima ordinanza affidava al commissario delegato la gestione dei contratti con gli operatori concessionari del servizio di costruzione e gestione degli impianti di trattamento-smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3645 del 22 gennaio 2008, veniva previsto il completamento in regime ordinario e in termini di urgenza, entro e non oltre il 30 giugno 2008, di tutte le iniziative del commissario delegato già programmate e in corso di attuazione per il definitivo superamento del contesto di criticità ambientale nella regione Calabria;
   con successive ordinanze del Presidente del consiglio dei ministri, l'emergenza in argomento veniva prorogata, con la mera sostituzione periodica del Commissario delegato, sino all'omologa ordinanza n. 57 del 14 marzo 2013, in cui veniva disposto che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, la regione Calabria assessorato alle politiche ambientali era individuata quale amministrazione competente al coordinamento delle attività necessarie al completamento degli interventi da eseguirsi nel contesto di criticità nel settore dei rifiuti solidi urbani nel territorio della medesima regione;
   parimenti, con la suddetta ordinanza si prevedeva che il dirigente generale del dipartimento regionale politiche dell'ambiente era individuato quale responsabile delle iniziative finalizzate al definitivo subentro della medesima regione nel coordinamento degli interventi;
   finiva, così, un lungo – e a parere degli interroganti inefficace – periodo di commissariamento, caratterizzato, secondo la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, da inerzia dell'ente regione e secondo specifica relazione della Corte dei conti, approvata nell'adunanza del 21 dicembre 2009, dalla pressoché inesistenza di raccolta, differenziata sul 90 per cento del territorio regionale»;
   in altro atto sulla gestione dei rifiuti in Calabria, n. 4-01056, presentato nella seduta di martedì 2 luglio 2013, la stessa prima firmataria del presente atto metteva in evidenza vari contenziosi di fornitori privati contro il Commissario delegato, in un caso condannato al pagamento verso l'attore di euro 38.443.714,07, in altri casi orientatosi per l'accordo transattivo;
   la predetta interrogazione, del tipo a risposta scritta, documentava condizioni di grave drammaticità riguardo alla gestione dei rifiuti in Calabria, per di più senza concreti, efficaci provvedimenti, al punto da porre la questione dell'opportunità di un ritorno all'emergenza, sotto il diretto controllo della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la TARES appare, per le ragioni sopra articolate, come un tributo che rischia di addebitare ai cittadini calabresi, come fossero i responsabili, i costi del lungo e inefficace commissariamento, caratterizzato da poteri delegati e culminato senza una concreta prospettiva di miglioramento del servizio pubblico;
   alla fine dello stato di emergenza, l'assessorato regionale alle politiche ambientali ha più volte lamentato, tramite la stampa locale, pesanti difficoltà operative e limiti strutturali circa lo smaltimento dei rifiuti, a conferma che la situazione non può inquadrarsi in schemi tecnici od amministrativi ordinari;
   gli abitanti della Calabria sono in numero decisamente inferiore rispetto al dato Istat sulla popolazione, per il fatto che tanti vivono fuori per lavoro, studio e sanità, pur se formalmente residenti nei comuni della regione, che conta centinaia di migliaia di emigrati proprietari di immobili soggetti alla TARES;
   il comma 15 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 206, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, stabilisce che «il comune con regolamento può prevedere riduzioni tariffarie, nella misura massima del trenta per cento» in una serie di casi, tra cui «abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo» e «abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero»;
   di recente la stampa ha anticipato la sostituzione della TARES con analoga misura, che dovrebbe chiamarsi TRISE e seguire criteri di determinazione alquanto simili;
   le somme versate dall'Italia per il 2011 e per il 2012 sono di 13,118 e 36,932 miliardi di euro, figura nella nota di aggiornamento del Def 2013;
   2,866 miliardi sono stati pagati per la «rata» del MES di quest'anno;
   riguardo al 2013, i dati completi sui prestiti agli Stati membri sono ancora negli uffici del governo, sicché vanno resi pubblici;
   per l'Italia le sottoscrizioni del capitale del MES sono di 125,395 miliardi di euro;
   l'articolo 3 della legge di autorizzazione del MES non esplicita gli oneri conseguenti alla ratifica del Trattato istitutivo;
   la partecipazione dell'Italia al MES comporterà il pagamento iniziale di cinque rate annuali, di 2,866 miliardi di euro, salvi gli importi ulteriori, a chiamata;
   l'accesso all'assistenza del MES avverrà dopo un'analisi sulla sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione insieme al Fondo monetario internazionale, di concerto con la Banca centrale europea, con un meccanismo è, dunque, sbilanciato;
   dal 2014, la Costituzione della Repubblica avrà un altro articolo 81, privato del divieto di stabilire nuove spese o tributi tramite la legge di bilancio –:
   se non ritengano, stante l'inefficace gestione dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, regione tenuta per 16 anni in stato di emergenza caratterizzata da poteri e risorse straordinari, di assumere un'iniziativa normativa per sollevare i cittadini da un aumento della tassa sui rifiuti cui non corrispondano effettive garanzie circa il complessivo funzionamento del servizio;
   quali iniziative, in relazione alle proprie competenze, possano attuare per un aumento delle riduzioni tariffarie che si traduca in vera equità in favore dei proprietari di abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale e dei proprietari di abitazioni che abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero oppure fuori del territorio regionale per comprovabili motivi di lavoro, studio o sanità;
   secondo quali modalità e parametri il Governo intenda articolare la suddetta TRISE;
   se, in considerazione della riferita partecipazione dell'Italia ai meccanismi di stabilizzazione della finanza pubblica degli Stati membri dell'Unione economica e monetaria – partecipazione che comporta un enorme trasferimento di capitali pubblici e un conseguente, diffuso indebitamento, con effetti anche sui redditi dei singoli –, ritengano possibile e praticabile, nell'attuale contesto storico, una tassazione volta a coprire il 100 per cento del costo del servizio di smaltimento rifiuti sostenuto dai comuni, quale quella prevista già prevista dalla disciplina della TARES. (4-02193)


   GRIMOLDI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della Direttiva comunitaria n. 2000/43/CE, il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, ha istituito in Italia, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per le pari opportunità, l'UNAR – Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali;
   l'UNAR ha il compito di garantire efficacemente il principio della parità di trattamento e di non discriminazione, fornendo anche ausilio ed assistenza alle vittime;
   recentemente il consigliere comunale del comune di Monza Alberto Mariani ha ricevuto dall'UNAR una comunicazione scritta a firma del consigliere Marco de Giorgi nella quale l'ente, sulla base di mere «segnalazioni» non altrimenti specificate né documentate, attinenti a dichiarazioni del Mariani citate senza testimonianza né fonte, il Consigliere De Giorgi rivolge specifiche osservazioni e raccomandazioni al consigliere comunale;
   l'elemento che tuttavia suscita sconcerto è il contenuto delle affermazioni che secondo l'UNAR sarebbero da condannare: per l'UNAR infatti dire che gli zingari intimoriscono gli anziani chiedendo con insistenza l'elemosina e che in una zona della città gli esercizi hanno attivato servizi di vigilanza privata per evitare piccoli furti, presenterebbe evidenti profili di illegittimità, non spiegando rispetto a quali leggi peraltro, e rischierebbe di penalizzare una comunità bersaglio di «campagne di odio razziale», anche in questo caso, senza alcun riferimento a questioni o circostanze individuabili;
   dichiarare per iscritto, da parte di un ente della Presidenza del Consiglio dei ministri, tali concetti potrebbe significare ledere la libertà di espressione e statuire che in questo Paese non è più possibile affermare che gli zingari chiedono l'elemosina, nemmeno di fronte all'evidenza che ciò realmente accade, negando allo stesso tempo la possibilità, semplicemente, di descrivere la realtà, laddove essa riguardi persone di etnia Rom –:
   se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza e condivida la posizione dell'UNAR nello specifico caso. (4-02198)


   DI GIOIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   sono passati quasi sei mesi dal trasferimento della quasi totalità delle attività di Promuovi Italia spa, società a capitale interamente pubblico di proprietà di ENIT – Agenzia nazionale del turismo, ad Invitalia spa di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico assunto di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport il 29 marzo 2013;
   non risulta agli interroganti che il Governo abbia adempiuto agli impegni assunti dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, all'epoca titolare della vigilanza su ENIT oggi attribuita al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per garantire l'occupazione degli oltre 100 addetti attualmente in forza alla società;
   a fronte di tale trasferimento, disposto con l'articolo 12 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 il Governo – Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Ministero dello sviluppo economico – non hanno ancora adottato, nonostante la drammatica situazione denunciata dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali, nessun provvedimento amministrativo o norme di legge che provvedessero al riordino delle competenze di Promuovi Italia spa;
   l'attuale consiglio di amministrazione è composto ancora da cinque membri nonostante sia stato più volte modificato dall'entrata in vigore della legge n. 135 del 2012;
   l'attuale composizione non garantisce l'esercizio del controllo analogo;
   a quanto consta all'interrogante la Presidenza della società sembra stia operando in contrasto con i ruoli di responsabilità gestionale che lo statuto vigente prevede;
   tale situazione si sarebbe determinata con l'avallo degli altri componenti del consiglio di amministrazione;
   in merito risulterebbe all'interrogante che tutto avvenga senza che ne sia informata l'amministrazione ed i Ministeri competenti, nel corso del periodo feriale, sostanzialmente discostandosi dalle procedure amministrative e civilistiche di rito;
   con una decisione del 5 agosto 2013 il consiglio di amministrazione di Promuovi Italia spa avrebbe assunto iniziative per assegnare l'incarico di amministratore delegato;
   nonostante le affermazioni anche a mezzo stampa (confronta Il Sole 24 Ore del 12 giugno 2013) con le quali il presidente rilasciava dichiarazioni circa il prossimo rilancio del ruolo della società nelle attività di assistenza tecnica a beneficio del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, l'attività di Promuovi Italia spa si sta esaurendo e il personale avrebbe rappresentato la sua forte preoccupazione ai Ministri competenti, Bray e Zanonato;
   Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e Ministero dello sviluppo economico stanno acquisendo da società diverse gli stessi servizi prima svolti da Promuovi Italia spa;
   conseguentemente la situazione finanziaria appare ormai al collasso al punto che la società potrebbe non essere in grado, già dal mese di ottobre, di corrispondere le retribuzioni ai dipendenti;
   Promuovi Italia oggi ancora impiega oltre 100 addetti ed ha subito un ridimensionamento del valore della produzione a causa dell'immobilismo e della assenza di regole certe procedurali cui l'ha costretta l'assenza di un adeguato modello gestionale conseguente alle modifiche di fatto intervenute nella governance;
   tale condizione che si protrae ormai dall'inizio dell'anno in corso sta portando al dissesto una società che fin dal momento della sua costituzione non aveva mai generato oneri a carico del bilancio dello Stato provvedendo ad autofinanziarsi con la propria attività;
   risulta incomprensibile il silenzio delle istituzioni che si protrae da quasi 5 mesi su una vicenda più volte citata in articoli di stampa o sugli altri media e descritta come la voragine degli sprechi e dell'inutilità delle agenzia pubbliche;
   i dipendenti si apprestano a forme di protesta e a intraprendere azioni legali per la difesa del diritto al lavoro, della serietà e professionalità con cui svolgono la loro attività al servizio della pubblica amministrazione –:
   cosa il Governo intenda rapidamente disporre per porre rimedio alla situazione venutasi a determinare e per garantire e salvaguardare oltre 100 posti di lavoro i cui costi non graverebbero sul bilancio dello Stato se fosse adeguatamente rilanciata l'attività della società. (4-02200)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   30 militanti di Greenpeace, tra cui l'italiano Cristian D'Alessandro, sono stati arrestati il 19 settembre dalle autorità giudiziarie russe con l'accusa di pirateria dopo un blitz contro una piattaforma della Gazprom nel mare di Barents;
   Greenpeace non ha affatto violato la legge internazionale che impone di rimanere a 500 metri di distanza dalle piattaforme petrolifere. La Russia ha stabilito unilateralmente un limite di 3 miglia per le sue installazioni in mare, ma la Arctic Sunrise non ha violato nemmeno questa norma;
   la protesta di Greenpeace è motivata dalla situazione disastrosa dell'area dal punto di vista ecologico: lo strato di ghiaccio del polo nord si sta assottigliando ad una velocità preoccupante, l'ecosistema sta morendo, gli animali non hanno dove vivere e riprodursi e lo sfruttamento minerario di questa regione non farà che accelerare questi processi distruttivi –:
   quali iniziative si intendano assumere per la libertà di Cristian D'Alessandro e, in generale, per la salvaguardia ambientale del polo nord. (3-00387)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI, GIANNI FARINA, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'ambasciata d'Italia di Tunisi in data 12 aprile 2011, dopo avere proceduto ad alcune contestazioni formali, ha emanato un provvedimento di licenziamento senza preavviso a carico di Amor Khediri, un impiegato a contratto locale in servizio presso l'ambasciata da circa un ventennio;
   le motivazioni avanzate riguardano alcune presunte irregolarità nelle procedure seguite dal Khediri in qualità di addetto allo sportello nella concessione di visti subordinati alla condizione del rientro, mansioni alle quali era stato adibito nonostante la sua qualifica di contrattista escludesse funzioni non meramente esecutive;
   l'amministrazione della Farnesina, dopo avere respinto l'istanza di riesame presentata dall'interessato, a quanto consta agli interroganti, non si è presentata presso il tribunale tunisino al quale il Khediri si era rivolto per tutelare i suoi interessi e ha confermato di recente presso il tribunale del lavoro italiano la severa misura irrogata nel 2011;
   in parallelo al provvedimento rivolto al Khediri, l'ambasciata di Tunisi ha adottato una sanzione di semplice censura nei confronti dell'assistente amministrativo di ruolo in servizio presso la sezione visti, che aveva la responsabilità di indirizzare e controllare le operazioni realizzate allo sportello;
   l'atto di licenziamento dell'impiegato a contratto sembra obiettivamente eccessivo, per l'entità delle contestazioni avanzate, per il servizio lungamente prestato dall'interessato, che non aveva mai dato adito a richiami e osservazioni, per il fatto di essere stato adibito a mansioni che non gli competevano e, non ultimo, per il confronto con il provvedimento irrogato al capo ufficio del settore visti che aveva più impegnative responsabilità amministrative;
   l'episodio dell'impiegato a contratto presso l'ambasciata di Tunisi qui richiamato è rivelatore della fragilità del quadro giuridico nel quale questa categoria di personale è costretta ad operare e, in particolare, dell'esigenza di approfondire e definire con maggiore precisione la materia dell'attribuzione delle deleghe ai lavoratori a contratto –:
   se non si ritenga di effettuare una più attenta ed equilibrata valutazione del caso di Amor Khediri, esaminando la possibilità di un provvedimento meno drastico del licenziamento e comunque tale da salvaguardare la professionalità da lui acquisita in lunghi anni di servizio e una situazione umana irrimediabilmente compromessa dalla perdita del lavoro;
   se non consideri urgente avviare un serio confronto con i sindacati di categoria in ordine all'inquadramento giuridico del personale a contratto, dal quale deriva altresì la forma di attribuzione delle deleghe;
   se non ritenga indispensabile assumere iniziative per chiarire, in maniera definitiva ed inequivocabile, l'ambito giurisdizionale di competenza per i contratti di lavoro locali sulle materie attinenti alle condizioni di lavoro, nella misura in cui queste debbono sempre rispettare anche norme locali;
   se non si ritenga urgente garantire l'applicazione piena del principio della prevalenza del foro italiano per quanto concerne le controversie in ambito di rapporto di lavoro, senza ricorrere a forme di «immunità giurisdizionale» spesso utilizzate strumentalmente presso le sedi estere;
   se non si ritenga infine doveroso promuovere una riforma dell'intero settore dei contratti per il personale impiegato localmente chiarendo gli ambiti giurisdizionali relativi alle singole materie oggetto di accordo tra le parti. (4-02190)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sito di Bussi sul Tirino (Pe) è tra le discariche più grandi d'Europa: investe un'area vasta che coinvolge le province di Pescara e di Chieti e vede oltre 300.000 abitanti in vario modo interessati dalle conseguenze degli inquinanti;
   oltre le tonnellate di rifiuti tossici, inquinanti e contaminanti situati sia nella discarica Tremonti che nei siti di interesse nazionale (quello Solvay), è presente in modo massiccio anche l'amianto contenuto negli impianti e soprattutto, nelle coperture degli stabilimenti industriali (onduline in eternit);
   sono centinaia le posizioni giudiziali dei lavoratori che attendono di avere benefici previdenziali per essere stati a contatto con il materiale nocivo per decenni;
   fino al 2011 vigeva il decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1960 che non poneva termini di scadenza fra la domanda amministrativa del riconoscimento di benefici e quella giudiziale: ci si basava sulla giurisprudenza conclamata;
   con il decreto-legge n. 98 del 2011 sono stati posti dei termini precisi: il tempo fra le due domande non può superare i tre anni. Una normativa che viene applicata retroattivamente, escludendo tutte quelle posizioni di lavoratori che hanno avanzato domanda amministrativa molti anni prima del 2011;
   il problema, molto sentito dai lavoratori, è stato oggetto di una manifestazione nazionale a Roma lo scorso 8 ottobre promossa dal Coordinamento nazionale contro l'amianto che ha presentato un pacchetto di richieste al Governo Letta contenente appunto l'approvazione del piano nazionale amianto, l'istituzione del fondo vittime dell'amianto, la discussione su disegno di legge per la riapertura delle domande dei benefici previdenziali e la bonifica dei siti –:
   se intenda finanziare adeguatamente il Piano nazionale amianto sia per la bonifica dei siti, sia per creare un fondo vittime dell'amianto, e se intenda assumere iniziative per modificare l'attuale normativa e consentire i benefici previdenziali ai lavoratori che hanno operato per anni a contatto con l'amianto, favorendo così il pensionamento di molti lavoratori delle fabbriche di Bussi. (4-02186)


   PILOZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la mattina del 14 ottobre 2013 l'ennesima nube nera, presumibilmente dannosa per la salute, è apparsa sui cieli del comune di Anagni, in provincia di Frosinone, nella zona antistante la via Anticolana;
   allertati da numerosi cittadini, i carabinieri della locale compagnia, con l'ausilio dei tecnici dell'Arpa di Frosinone, hanno svolto i necessari rilievi verificando che la nube proveniva dallo stabilimento della Marangoni Tyre di Anagni e, in particolare, dall'inceneritore presente all'interno dello stabilimento;
   la Marangoni è un'azienda di produzione di pneumatici che, a causa della crisi del suo mercato di riferimento, dalla fine dell'estate ha interrotto la propria attività ponendo in cassa integrazione oltre 400 dipendenti, senza considerare l'indotto;
   l'azienda negli anni scorsi ha autorizzato e attivato un inceneritore di pneumatici con produzione di energia che oggi risulta formalmente intestato ad altra società del gruppo Marangoni e che, nonostante la chiusura dello stabilimento di produzione principale, continua ad operare a pieno regime;
   l'episodio del 14 ottobre, è solo l'ultimo di una lunga lista di eventi che stanno colpendo l'area nord della provincia di Frosinone, in particolare il comune di Anagni e il territorio limitrofo;
   già nelle scorse settimane, lo stesso inceneritore della Marangoni, a causa di problemi tecnici, era stato protagonista di un incidente con la conseguente emissione di una densa nube di fumo nero che ha provocato allarme e preoccupazione nella popolazione;
   durante l'estate poi, nello stabilimento di proprietà dell'Acea, nel territorio a cavallo tra i comuni di Anagni e Paliano, sito di stoccaggio di rifiuti, un grave incendio ha comportato la formazione di una nube che ha costretto i cittadini, su invito delle autorità pubbliche, a rimanere confinati nelle proprie abitazioni per motivi di sicurezza, evento su cui il sottoscritto ha già presentato una interrogazione rimasta priva di riscontro;
   alla fine del mese di settembre 2013, a seguito di indagini svolte dall'Istituto zooprofilattico di Roma su ortaggi e avicoli, indagini che hanno rilevato la presenza di tracce rilevanti di diossina (PCB), il sindaco del comune di Anagni ha vietato il consumo di prodotti avicoli e ortaggi su una vasta area all'interno del comune;
   da questa brevissima ricostruzione degli ultimi eventi, risulta chiaro che la qualità ambientale di quel territorio ha raggiunto livelli di insostenibilità non più tollerabili; nel territorio dell'Alta Valle del Sacco non è più rinviabile una decisa azione di bonifica ambientale, di messa in sicurezza delle realtà industriali potenzialmente dannose, presupposto necessario per il successivo rilancio delle iniziative economiche e imprenditoriali in un territorio gravemente colpito da un fenomeno di deindustrializzazione e quindi di disoccupazione crescente;
   sin dal 2005, dopo la morte improvvisa di numerosi capi di bestiame, il territorio della Valle del Sacco venne inserito tra siti di interesse nazionale ai fini della bonifica ambientale, ora declassato a sito di interesse regionale a seguito del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in questi anni, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, unitamente all'ufficio commissariale istituito presso la regione Lazio, ha pianificato e intrapreso la realizzazione di iniziative volte alla bonifica ambientale e alla messa in sicurezza di quel territorio;
   negli ultimi tempi però, sia da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che da parte della regione Lazio, gli interventi concreti volti a risolvere i citati problemi ambientali sono progressivamente scemati e oggi, il susseguirsi degli eventi citati, rende evidente che il lavoro da fare resta ancora molto e che, ad oggi, l'alta Valle del Sacco può considerarsi ancora in grave rischio ambientale –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa la reale composizione di questa ulteriore nube sprigionatasi dallo stabilimento della Marangoni Tyre di Anagni in data 14 ottobre 2013;
   se non ritenga necessario, alla luce delle considerazioni in premessa, ricondurre nuovamente l'area della Valle del Sacco nell'ambito dei siti di interesse nazionale ai fini della bonifica ambientale riattivando quelle attività di bonifica e messa in sicurezza del territorio non più rinviabili da parte delle istituzioni.
(4-02197)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le vicende dei primi giorni di ottobre hanno posto all'attenzione pubblica la questione dei barconi di immigrati clandestini, in maggioranza profughi, naufragati a largo di Lampedusa e Malta;
   il soccorso è stato prestato dalla Guardia costiera e da pescherecci che si trovavano in zona, circostanza che in parte ha limitato il tragico bilancio delle vittime annegate;
   il Corpo delle capitanerie di porto — Guardia costiera è una componente tecnica della Marina militare che consta attualmente di circa 11 mila militari tra ufficiali, sottufficiali e truppa, con 300 sedi presenti sul territorio;
   i compiti svolti da questo ramo della Marina militare sono molteplici: dalla sicurezza della navigazione alla ricerca e soccorso in mare, dalla tutela dell'ambiente marino al controllo sulla filiera ittica, dall'attività amministrativa a quella di polizia marittima, dal monitoraggio del traffico marittimo alle attività di controllo della diportistica;
   in base ai dati diffusi dal Ministero dell'interno, quest'anno sono stati tratti in salvo fra i 35 mila e i 40 mila naufraghi, di questi buona parte sono stati assistiti dagli equipaggi delle motovedette della Guardia costiera;
   secondo quanto denunciato dal delegato Cocer della Marina militare — Guardia costiera Antonello Ciavarelli, non esistono disposizioni che tutelano il lavoro dei guardia coste: «l'attività operativa si svolge per la maggior parte senza possibilità di difendersi se non “diplomaticamente” e a mani nude, perché non è riconosciuto uno status di pubblica sicurezza che garantisca al personale una tutela fisica e giuridica; il personale che svolge il soccorso in mare, specialmente in quelle acque, lo fa percependo 3 euro per ogni ora di lavoro svolto fuori dall'orario di servizio, senza straordinari e senza alcun riconoscimento morale se non il sincero affetto del Comandante Generale e dei colleghi. Quindi lo si fa unicamente per il grande senso di responsabilità verso il prossimo» –:
   se s'intenda procedere urgentemente al riordino, tanto atteso dal personale, del Corpo della guardia costiera per valorizzarne le professionalità;
   se s'intendano assumere iniziative per istituire, come suggerito tempo fa dall'ammiraglio Pollastrini, il dipartimento del mare per coordinare, tra le varie funzioni, le operazioni di salvataggio.
(5-01218)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, BASILIO, SPESSOTTO, PAOLO BERNINI, RIZZO e DA VILLA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   al fine di verificare il livello di interesse di operatori per la gestione del museo storico navale di Venezia, comprese le unità navali ex sommergibile Dandolo ed ex MTZ 737, per un periodo di sei anni è stata emesso da Difesa servizi s.p.a un bando in tal senso;
   la pubblicazione di tale bando ha suscitato la protesta dell'amministrazione comunale di Venezia attraverso il sindaco Giorgio Orsoni che rivendica la proprietà del museo stesso;
   attraverso una lettera inviata al Capo di Stato Maggiore della Marina, ai Ministri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, ai responsabili dell'Agenzia del demanio, Orsoni diffida il Ministero e annuncia una causa di risarcimento danni;
   la contesa riguarda l'uso dell'Arsenale, che la legge del 7 agosto 2012 n. 135 ha trasferito in proprietà al comune «che ne assicura l'inalienabilità, l'indivisibilità e la valorizzazione attraverso l'affidamento della gestione e dello sviluppo alla Società Arsenale di Venezia S.p.A.» ma questo «con esclusione delle porzioni utilizzate dal Ministero della difesa per i suoi specifici compiti istituzionali»;
   il museo storico navale non è affatto riconducibile nell'ambito dei «compiti istituzionali» della Marina militare. A conferma di ciò lo Stato maggiore della Difesa, come si legge nella lettera del sindaco Giorgio Orsoni, «ha stipulato con la società Difesa Servizi spa un atto volto a sfruttare economicamente e commercialmente la parte relativa al Museo navale». Una parte che tuttavia la legge citata, come pure la convenzione stipulata tra ente locale e demanio, prevede invece di destinare al comune;
   la società Difesa servizi s.p.a. ha pubblicato così, dietro impulso del Ministero, un bando di gara per individuare operatori economici «del settore turistico/nautico/museale/alberghiero/organizzazione di eventi ed assimilabili»;
   il comune di Venezia ha istituito nel 2008 la «Fondazione Musei Civici di Venezia» per gestire e valorizzare l'immenso patrimonio culturale e artistico a sua disposizione. Trattasi in particolare di undici musei (tra cui ad esempio: Palazzo Ducale, la casa del Goldoni, il museo del Merletto a Burano) con relativi bookshop e caffetterie, mostre ed eventi speciali, cinque biblioteche ed infine percorsi educativi ad hoc per le scolaresche in visita;
   nell'ipotesi in cui non si riconosca irragionevolmente il diritto, fissato per legge e convenzione, del comune a gestire direttamente il museo, in quanto rientrante nel compendio dell'Arsenale, il Ministero potrebbe considerare l'assegnazione in ogni caso al comune, a parità delle condizioni economiche minime previste nel bando, ma con diritto di prelazione rispetto a qualunque altro operatore;
   tale preferenza si giustificherebbe col fatto che l'inserimento del museo storico navale in un sistema museale ampio ed organizzato, come quello della Fondazione, non potrebbe essere offerto da alcun altro operatore. Inoltre, tale soluzione recherebbe indubbi benefici allo stesso Ministero (più visitatori e quindi maggiori incassi) al comune che potrebbe contestualizzare la visita al museo navale nell'ambito di un più ampio percorso turistico dedicato all'Arsenale ed ai cittadini/turisti per le sinergie e il potenziale miglioramento dei servizi (biglietto unico per più musei, sconti, e altro) –:
   se, e per quali ragioni, si reputi «compito istituzionale» l'attività di gestione museale e, per tale motivo, di spettanza del Ministero e non invece del comune di Venezia, come parrebbe invece da una lettura del ricordato testo di legge;
   quali siano i motivi in ragione dei quali il Ministero non ha ritenuto di coinvolgere preventivamente l'amministrazione comunale di Venezia nel progetto di valorizzazione del museo navale e dell'Arsenale;
   se non si ritenga opportuno il ritiro e l'annullamento in autotutela dell'avviso pubblico formulato alla luce delle considerazioni qui formulate;
   se infine, in subordine, non si ritenga una valida opzione quella sopra accennata di attribuire il bene al comune per il tramite del suo «braccio operativo» in materia culturale, la Fondazione musei civici. (4-02180)


   BASILIO, CORDA, ARTINI, PAOLO BERNINI, FRUSONE, RIZZO e ALBERTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 881 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, disciplina le disposizioni per il personale militare deceduto o che ha contratto infermità inabilitanti al servizio militare nel corso di missioni internazionali e prevede al comma 4: «Fino alla definizione dei procedimenti medico-legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, al personale (...) è corrisposto il trattamento economico continuativo nella misura intera»;
   sul sito www.forzearmate.org in data 12 agosto 2013 è stato pubblicato il carteggio, tra il maresciallo in congedo della Marina militare Giovanni Pilloni e il Ministero della difesa, da cui si evince:
    a) la presentazione di tre istanze, datate 8 giugno 2004, 23 gennaio 2012 e 14 febbraio 2012, per il riconoscimento da causa di servizio delle infermità sofferte;
    b) la definizione dell'istanza del 2004, con il parere del comitato di verifica per le cause di servizio n. 28554/2005 (reso nell'adunanza n. 271/2007 del 15 ottobre 2007) e il decreto del Ministero della difesa – direzione generale delle pensioni militari III Reparto 8a divisione 2a sezione n. 1713/D del 29 ottobre 2007, in cui è riportato: «può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto dalla relazione dell'Amministrazione e dalla documentazione in atti, nel caso di specie, risultano sussistere nello svolgimento degli incarichi assegnati, condizioni estreme quali elevata tensione emotiva, continuata e prolungata iper vigilanza in costante pericolo di vita nell'ambito di missioni svolte in teatro bellico, di assoluta eccezionalità e con alto rischio personale e collettivo. Considerato che l'insieme delle circostanze sopra riportate potrebbero essere idonee a realizzare una condizione di stress tale da compromettere le difese immunitarie, il cui deficit può favorire l'evoluzione di una neoplasia allo stadio pre-clinico, è plausibile ritenere che il servizio abbia potuto svolgere un ruolo concausale efficiente e determinante nell'insorgenza e/o slatentizzazione del processo neoplastico»;
    c) la mancata definizione dei procedimenti medico-legali delle istanze del 2012;
    d) il verbale BL/S n. 213 del 26 marzo 2012 della commissione medica ospedaliera decreto ministeriale M.L. di Taranto, in merito alla sola idoneità, in cui è riportato: «a decorrere dal 26.3.2012 è stato giudicato permanentemente non idoneo al servizio M.M. incondizionato, non idoneo alla riserva, da porre in congedo assoluto, idoneo all'impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ai sensi della legge 266/1999»;
    e) la domanda, inviata con raccomandata n. 05228649995-8 del 28 aprile 2012, per ottenere: «la corresponsione del trattamento economico continuativo nella misura intera fino alla definizione dei procedimenti medico-legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ai sensi dell'articolo 881, comma 4, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66»;
    f) le risposte inviate, dal Ministero della difesa – direzione generale per il personale militare, la prima con la nota prot. n. 0153015 del 28 maggio 2013 della 10a divisione, in cui è riportato: «in assenza di ulteriori successivi provvedimenti giuridici modificativi della Sua posizione di stato, non risulta possibile accogliere la sua istanza»; la seconda con la nota prot. n. 0183465 del 28 giugno 2013 della 5a divisione, in cui è riportato: «la S.V chiede una modifica della posizione di stato (da congedo assoluto ad aspettativa) (...) al riguardo si comunica che questa Direzione Generale ritiene corretta la posizione di stato della S.V.»;
    g) la laconicità, nonché la mancanza di comunicazione, delle direzioni generali in merito l'applicazione del comma 4 in parola, a seguito dell'infausta conclusione del procedimento dell'inidoneità al servizio militare antecedente la conclusione dei procedimenti medico-legali inerenti al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte –:
   se i fatti narrati dal maresciallo sul sito web corrispondano al vero e nel caso affermativo quali iniziative intenda adottare per porvi rimedio;
   quanti militari – idonei e inidonei – siano destinatari di questo peculiare trattamento economico descritto al comma 4 della norma in premessa;
   se non ritenga di assumere urgenti iniziative per non disattendere la volontà del legislatore nelle ipotesi in cui il procedimento dell'idoneità incondizionata al servizio militare si concluda prima del procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte. (4-02191)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
V Commissione:


   PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 36 della legge 23 luglio 2009, n. 99, dispone che le richieste di rimodulazione presentate dai patti territoriali e dai contatti d'area entro il 31 dicembre 2009 devono riguardare iniziative comprese nel medesimo patto, sentito il parere sul bando di rimodulazione della regione o della provincia autonoma interessata;
   il Ministero dello sviluppo economico (direzione generale IX), attraverso la circolare del 3 febbraio 2010 (protocollo 0014365) ha comunicato l'impossibilità di procedere alla predisposizione dei relativi decreti di autorizzazione, in quanto risultano tuttora in perenzione amministrativa, e pertanto non disponibili, euro 756.437.729,63, e ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la riassegnazione al pertinente capitolo di bilancio, in considerazione del fatto che la riassegnazione della suddetta somma risulta condizione necessaria al fine di soddisfare le richieste di rimodulazione sinora presentate –:
   in quali tempi intenda procedere alla riassegnazione delle citate risorse e, più in generale, a quanto ammonti l'importo complessivo delle risorse giacenti presso la Cassa depositi e prestiti destinate ai patti territoriali ed ai contratti d'area, indipendentemente dal trasferimento dalla contabilità speciale a quella ordinaria. (5-01230)


   BORGHESI e GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Roma, per il solo anno 2013, presenta un «buco» di bilancio pari a 867 milioni di euro, tali da determinare, per qualunque altro ente locale, la dichiarazione di dissesto ed il conseguente commissariamento dell'amministrazione ed il default;
   nel solo caso della Capitale però pare che il concetto di commissariamento assuma un significato del tutto diverso da quello che avrebbe nel resto del Paese: non una gestione affidata ad un rappresentante dello Stato incaricato di rimettere in ordine i conti, applicando sui cittadini romani le maggiorazioni fiscali previste dalla legge, imponendo ristrutturazioni e tagli delle municipalizzate ed in generale applicando misure di austerità a carico di coloro che ne hanno determinato o beneficiato di politiche di bilancio troppo superficiali; nel caso di Roma gestione commissariale significa scorporare i passivi del comune, inserirli in una contabilità diversa e in sostanza rovesciarli sul bilancio dello Stato, cioè su tutto il resto del Paese;
   è già successo nel 2008, quando ben 12 miliardi di debiti di Roma, accumulati dalle gestioni di Rutelli e di Veltroni, furono trasferiti in gestione commissariale e per i quali lo Stato sborsa ogni anno 300 milioni di euro; ma in altri 5 anni Roma è riuscita già ad accumulare quasi un altro miliardo di debiti;
   a differenza di ciò che è stato imposto agli altri comuni, nessun sacrifico pare poter essere richiesto ai romani: nessun pedaggio sul raccordo, nessun aumento dell'aliquota Irpef, nessuna rivoluzione nella mala gestione dell'ATAC;
   gli organi di stampa riportano che il Governo potrebbe ancora una volta intervenire nella prossima legge di stabilità od in un provvedimento ad essa collegato spostando ulteriori 600 milioni di debiti di Roma alla gestione commissariale, che significa in realtà stanziare 600 milioni a carico del bilancio pubblico e di tutti i cittadini del Paese per coprire spese di un solo ente locale, per quanto speciale, che si è reso responsabile, attraverso diverse amministrazioni, di un debito clamoroso, del quale non intende rispondere;
   reiterare la cattiva prassi di sanare sempre i debiti di un solo comune appare sicuramente suscettibile di determinare il perdurare di politiche non rigorose sul piano del bilancio da parte di Roma e contestualmente non può che aumentare la frustrazione dei tanti amministratori locali che quotidianamente cercano di mantenere bilanci virtuosi nonostante i vincoli del patto di stabilità interno, il taglio dei trasferimenti e la perdurante incertezza normativa riguardo alla finanza locale –:
   a fronte di quali impegni di taglio o ristrutturazione finanziaria del comune e delle sue partecipate l'amministrazione di Roma beneficerà degli ulteriori fondi statali necessari a coprirne il debito.
(5-01231)


   MARCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Sannazzaro de’ Burgondi, in provincia di Pavia, insiste una raffineria di proprietà dell'ENI che copre il fabbisogno di prodotti petroliferi di gran parte della Lombardia, del Piemonte, della Liguria e dell'Emilia;
   tale raffineria, inaugurata da Agip Petroli nel 1963, negli ultimi 50 anni ha apportato benefici occupazionali, ma anche costi ambientali e sociali alla popolazione di Sannazzaro de’ Burgondi;
   la raffineria è stata più volte adeguata con nuove tecnologie, tra il 1988 e il 1992 è stata ristrutturata e, secondo la stessa ENI, vanta uno dei più alti tassi di efficienza d'Europa; il comune di Sannazzaro de’ Burgondi ha, negli ultimi anni, stipulato alcune convenzioni con il gruppo Eni spa nelle quali, a titolo di mitigazione e perequazione ambientale, vengono messi a disposizione dei fondi per la realizzazione di opere pubbliche, come quelle afferenti ai progetti «Deasphalting» e «Hydrocracking» (disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 giugno 2007) ed «ENI EST» (decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per beni e le attività culturali DVA – DEC – 2010 -0001014 del 31 dicembre 2010) che prevedono erogazioni per un importo complessivo di euro 5.500.000, parzialmente utilizzato in tempi di libera possibilità operativa; il comune di Sannazzaro de’ Burgondi, naturalmente è assoggettato al patto di stabilità e per effetto degli articoli 30, 31 e 32 della legge n. 183 del 2011 e successive modifiche ed integrazioni, che disciplinano la materia per il triennio 2012-2014, è stato assoggettato, per il 2012, ad un obiettivo programmatico iniziale ammontante ad euro 1 milione 137 mila, applicando così alla media degli impegni di spesa corrente registrata nel triennio 2006-2008, come risultante dai certificati ai conti consuntivi, la percentuale del 15,6 per cento;
   ai fini della determinazione del saldo obiettivo, la normativa vigente stabilisce che sia considerata la spesa registrata nei conti consuntivi senza esclusione alcuna e, pertanto, non sono esclusi dal patto i contributi dovuti da Eni, a titolo di mitigazione e perequazione ambientale, per la realizzazione di opere pubbliche, al comune di Sannazzaro de’ Burgondi;
   le opere e gli interventi di mitigazione e perequazione ambientale sono coessenziali all'attività della raffineria. La concreta impossibilità della loro realizzazione, a causa dei vincoli del patto di stabilità, rischia di compromettere il delicato equilibrio tra l'importante attività produttiva e la sua sostenibilità ambientale;
   l'entità delle risorse destinate alla mitigazione e compensazione è tale, in proporzione alle dimensioni del bilancio comunale, da rendere tecnicamente impossibile perseguire l'obiettivo di patto agendo sulle altre voci –:
   se non vi siano le condizioni per interpretare le vigenti norme sul patto di stabilità in modo da consentire, data la loro peculiarità, di escludere dal patto di stabilità casi come quello descritto e, nel caso specifico, i contributi che Eni spa deve corrispondere al comune di Sannazzaro de’ Burgondi per la realizzazione delle opere pubbliche di cui ai progetti «Deasphalting» e «Hydrocracking» ed «ENI EST», come citati in premessa, e le relative spese e se in ogni caso il Governo non ritenga di assumere iniziative, anche normative, per consentire, in situazioni come quella descritta, di trarre il comune fuori dalla irrazionale e ingiustificabile alternativa tra il violare il patto e il non realizzare opere e interventi irrinunciabili dal punto di vista della sostenibilità ambientale. (5-01232)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. – per sapere – premesso che:
   la signora Orrù Paola, nata a Masullas (Oristano), il 25 gennaio 1928, deceduta a Oristano il 21 febbraio 2011, con testamento olografo del 23 novembre 2005 ha nominato erede universale di tutti i suoi beni, mobili e immobili, il comune di Mogoro (Oristano), con sede in Mogoro, via Leopardi, 8 codice fiscale 00070400957, affinché fosse costruita una casa di riposo per anziani;
   il comune di Mogoro a seguito di bando pubblico ha affidato i lavori alla ditta vincitrice dell'appalto, che nel 2011 ha iniziato la messa in opera;
   con il «patto di stabilità», il comune di Mogoro, rientrando tra gli enti «da 1001 a 5000 abitanti» e, quindi, soggetto a vincoli di spesa, non ha potuto saldare la somma bandita per la realizzazione del fabbricato destinato agli anziani e, pertanto, i lavori sono stati sospesi –:
   se il lascito ereditario della signora Paola Orrù rientri nel «patto di stabilità», in considerazione di una singolare fattispecie;
   se non sia il caso di adempiere alle ultime volontà della signora Orrù, considerando i vantaggi che la «casa di riposo per anziani» porterebbe al comune di Mogoro e al territorio limitrofo;
   se non sia il caso di assumere iniziative per annullare i vincoli contenuti nel patto di stabilità per gli enti territoriali «dai 1001 ai 5000 abitanti», considerando gli effetti negativi derivanti, invece, dall'impossibilità dei piccoli comuni di realizzare interventi necessari per lo sviluppo della comunità. (5-01228)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, aveva stabilito all'articolo 40, comma 1-ter, che a decorrere dal 1o luglio 2013 l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 21 per cento veniva rideterminata nella misura del 22 per cento;
   successivamente, con il decreto-legge 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, tale termine veniva posticipato al 1o ottobre 2013 (articolo 11, comma 1, lettera a));
   con risoluzione del 27 gennaio 2006 n. 19, l'Agenzia delle entrate, rispondendo ad un'azienda agricola che chiedeva quali aliquote IVA dovessero applicarsi alle cessioni di origano immesso sul mercato, previa essiccazione, in buste sigillate a rametti o sgranato e alle cessioni di una miscela di erbe aromatiche composte da salvia, rosmarino, alloro e timo, riferiva il parere dell'Agenzia delle dogane che, con nota n. 137 dell'11 gennaio 2006, ha ritenuto che l'origano in rametti o sgranato debba «essere classificato alla voce NC 1211 9097, con riferimento alle Note Esplicative sistema Armonizzato al capitolo 9. considerazioni Generali, lettera D, con le quali si evidenzia l'esclusione dell'origano e del rosmarino dal capitolo 9 pur potendo essere utilizzati come spezie»;
   a seguito di tale parere, l'Agenzia riteneva che l'origano immesso sul mercato previa essiccazione potesse essere qualificato come «basilico, rosmarino e salvia, freschi, destinati all'alimentazione (v.d. ex 12.07)» e assoggettato, pertanto, ad aliquota IVA ridotta, ai sensi del n. 12-bis) della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, mentre per la miscela di erbe aromatiche, dovendosi far rientrare tra la voce «spezie», si dovesse applicare l'aliquota IVA ridotta del 10 per cento ai sensi, del n. 25) della Tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   successivamente, la stessa Agenzia delle entrate, con risoluzione del 27 gennaio 2006, n. 19/E, interpellata nuovamente sulla questione, ha rivisto la sua precedente risoluzione stabilendo che, ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA ridotta, il punto 12-bis) della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 prevede che solo alle cessioni di «basilico, rosmarino e salvia, freschi, destinati all'alimentazione (v.d. ex 12.07)» sia applicabile l'aliquota IVA del 4 per cento;
   l'Agenzia ha evidenziato come l'origano non sia stato letteralmente menzionato dal legislatore fiscale al citato n. 12-bis) della Tabella A, pur convenendo che «da un punto di vista tecnico/merceologico, appartiene alla stessa voce doganale del basilico, rosmarino e salvia». Per tale motivo alle cessioni di origano, immesso sul mercato in buste sigillate a rametti o sgranato, si deve applicabile l'aliquota IVA ordinaria;
   all'origano quale pianta agricola aromatica, dovrebbe essere applicata la stessa aliquota IVA di basilico, salvia e rosmarino, definita al numero 12-bis), della Tabella A, Parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
   la diversa tassazione di simili piante aromatiche rischia, infatti, di costituire una ingiustificata incongruenza nel trattamento fiscale di uno degli alimenti aromatici più apprezzati e importanti, anche in termini produttivi, soprattutto nel meridione d'Italia –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione riportata in premessa;
   se intendano valutare l'opportunità di porre in essere ogni iniziativa di propria competenza volta a ripristinare uniformità dell'aliquota IVA per tutte le tipologie di piante agricole aromatiche, con particolare riguardo all'origano, a rametti o sgranato. (4-02182)


   GRILLO, LOREFICE, MANTERO, DALL'OSSO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il calcolo della pensione degli iscritti all'ex fondo elettrici è fatto sulla base della normativa previgente del fondo elettrici anziché della normativa vigente prevista dalla legge n. 335 del 1995, all'articolo 1, comma 13, ed è stata utilizzata la retribuzione pensionabile senza nessun riferimento di legge anziché quella prevista dalla legge del fondo elettrici, quella sulla quale sono stati versati i contributi nel periodo di riferimento (legge 25 novembre 1971, n. 1079, articolo 7, commi 1 e 2);
   la legge n. 335 del 1995 all'articolo 1, comma 13, ha uniformato la norma per il calcolo della pensione per gli iscritti nell'assicurazione generale obbligatoria e nelle forme sostitutive ed esclusive della stessa alla normativa vigente in assicurazione generale obbligatoria;
   l'articolo 1, comma 13, della legge n. 335 del 1995 indica per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni; la pensione è interamente liquidata secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo;
   il decreto di armonizzazione n. 562 del 1996 all'articolo 2, comma 1, ha revisionato la normativa per il calcolo delle prestazioni, nel rispetto della delega, articolo 2, comma 22, della legge n. 335 del 1995, lettere b) e d), passando dalla normativa del fondo elettrici per l'individuazione del periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile (decreto legislativo n. 503 del 1992, articolo 7, commi 2 e 3 e articolo 13) alla normativa vigente in assicurazione generale obbligatoria di cui al comma 13 dell'articolo 1 della legge n. 335 del 1995, (decreto legislativo n. 503 del 1992, articolo 3, commi 2 e 3 e articolo 13);
   l'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 562 del 1996 specifica come per i lavoratori iscritti al Fondo di cui all'articolo 1, comma 1, che, alla data del 31 dicembre 1995, possono far valere un'anzianità contributiva di almeno 18 anni interi, la pensione è interamente liquidata secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente, con l'applicazione dell'articolo 1, comma 17, della legge 8 agosto 1995, n 335;
   l'articolo 41, comma 1, della legge n. 448 del 23 dicembre 1999 – legge finanziaria 2000 – ha disposto che a partire dal 1o gennaio 2000 il fondo è soppresso e che dalla stessa data i nuovi assunti vengano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria;
   dal 1o gennaio 2000 i titolari di posizione assicurativa ed i trattamenti pensionistici sono iscritti in evidenza contabile separata in assicurazione generale obbligatoria, e a loro continueranno ad applicarsi le norme della previgente normativa;
   la legge di soppressione ha previsto, articolo 41, comma 2, della legge n. 488 del 1999, per le più favorevoli norme in uso nel fondo elettrici rispetto a quelle nell'assicurazione generale obbligatoria, un contributo a carico dell'Enel di 4.050 miliardi di lire;
   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, «Salva Italia» all'articolo 24, comma 21, ha previsto un contributo di solidarietà, per gli iscritti all'ex fondo elettrici, perché la quota di pensione per il periodo antecedente l'armonizzazione è calcolata con parametri più favorevoli rispetto al regime dell'assicurazione generale obbligatoria –:
   a quanto risulta agli interroganti l'Inps non applica la normativa vigente per il calcolo delle pensioni per gli iscritti all'ex fondo elettrici;
   l'Inps, per il calcolo della pensione per gli iscritti all'ex fondo elettrici, usi la retribuzione pensionabile teorica fondo non prevista dalla legge, anziché la retribuzione pensionabile prevista dalla legge del fondo elettrici, quella sulla quale sono stati versati i contributi nel periodo di riferimento (legge 25 novembre 1971, n. 1079, articolo 7, commi 1 e 2);
   l'Inps, sulla base della normativa previgente e la retribuzione pensionabile teorica fondo, ad alcuni iscritti all'ex fondo elettrici, liquidi pensioni di minore entità;
   a tutti i pensionati nell'ex fondo elettrici, con pensioni più piccole di quelle calcolate con le norme dell'assicurazione generale obbligatoria preleva il contributo di solidarietà, in contrasto con quanto previsto nel decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, articolo 24;
   l'Inps, dopo luglio 2010, ai sensi della legge n. 122 del 2010, chiede un onere da centinaia di miglia di euro per il trasferimento dei contributi dall'ex fondo elettrici all'assicurazione generale obbligatoria per avere una pensione più piccola di quella calcolata con la normativa vigente;
   gli iscritti all'ex fondo elettrici che da luglio 2003 a luglio 2010, hanno potuto usufruire del trasferimento dei contributi dall'ex fondo elettrici all'assicurazione generale obbligatoria, percependo una pensione più vantaggiosa dei colleghi che fuori da quel periodo non hanno potuto fare il trasferimento dei contributi, non paghino il contributo di solidarietà –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
   se il Ministro intenda, alla luce di quanto esposto, assumere iniziative per porre ordine nella materia e dare le opportune disposizioni per il riordino delle prestazioni INPS soprarichiamate e per una univoca corrispondenza delle stesse rispetto alle normative di legge vigenti. (4-02187)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la riforma delle circoscrizioni giudiziarie disposta dai decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, ha previsto una revisione geografica giudiziaria su tutto il territorio nazionale con la soppressione di 31 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace;
   tra le sezioni distaccate ritenute «inutili», nell'ottica di una presunta razionalizzazione delle spese del settore giustizia, sono state individuate anche le sedi di Amalfi, Cava De’ Tirreni, Montecorvino Rovella e Mercato San Severino;
   in particolare, tale decisione ha comportato l'accorpamento delle sezioni di Cava Dei Tirreni e di Mercato San Severino al tribunale di Nocera Inferiore;
   un simile provvedimento non tiene, peraltro, conto delle peculiarità, del tribunale di Cava Dei Tirreni, seconda città della provincia di Salerno con i suoi oltre 50 mila abitanti, sede storica della pretura fino alla riforma del 1998, in un territorio che già negli anni Ottanta registrava un primato di criminalità e dove negli ultimi anni il numero dei processi, civili e penali, è cresciuto esponenzialmente, anche sotto il profilo qualitativo;
   paradossale appare, poi, la decisione di mantenere a Cava solo gli uffici del giudice di pace, con l'assurda conseguenza che la circoscrizione cavese farà parte di quest'ultimo tribunale per quanto di competenza del giudice di pace e del tribunale di Nocera Inferiore per quanto di competenza del tribunale monocratico e collegiale;
   a ciò bisogna aggiungere l'ulteriore circostanza che i nuovi procedimenti verranno trattati presso la sede del tribunale di Nocera Inferiore, mentre le cause in corso sarebbero state trasferite a Salerno, con enormi disagi per la cittadinanza e gli avvocati;
   da aprile 2013 ad oggi, numerose sono state e continuano ad essere le iniziative, gli incontri operativi e le richieste avanzate agli addetti ai lavori e alle istituzioni per scongiurare tale nefasto accorpamento;
   l'imponente ampliamento della popolazione amministrata dal tribunale di Nocera Inferiore ha implicato un incremento dei carichi di lavoro, sia per il settore penale che per quello civile, del 25 per cento, senza però che sia stato assicurato alcun significativo potenziamento di magistrati, né di ausiliari;
   come riportato da organi di stampa locale e nazionale, lo stesso consiglio direttivo della Camera penale di Nocera Inferiore ha segnalato agli organi istituzionali l'assoluta disparità di trattamento rispetto ad uffici giudiziari che si trovano nella identica situazione del tribunale di Nocera Inferiore, i quali, in conseguenza dell'accorpamento di due sezioni, si sono visti quasi raddoppiata la dotazione organica del tribunale;
   due pesi e due misure per situazioni analoghe sarebbero stati, inoltre, usati in diverse occasioni, se solo si considera che le stesse criticità logistico-organizzative e le stesse esigenze sociali e territoriali riscontrabili nel territorio di Amalfi, accorpato al tribunale di Salerno, sarebbero state recepite dal Ministero per giustificare il mantenimento della sezione distaccata di Eboli, decisione che ovviamente l'interrogante condivide;
   per la sua specificità territoriale, infatti, la Costiera può essere assimilata a un'isola sulla terraferma non essendo raggiunta da autostrade, strade veloci o ferrovie, con le conseguenti e ovvie difficoltà di mobilità, motivo per cui l'associazione degli avvocati di Amalfi ha chiesto di rivisitare il decreto;
   il cittadino sarà così costretto a rinunciare al proprio diritto, poiché arrivare a Salerno dalla Costiera amalfitana (si pensi ad esempio a Positano, Praiano, Ravello) comporterà un vero e proprio viaggio da assommare ai costi della causa. Insomma, una sciagura per la costiera amalfitana;
   l'esito infruttuoso delle iniziative sin qui intraprese ha portato a proclamare un preoccupante stato di agitazione permanente dei magistrati in servizio presso il tribunale e la procura di Nocera Inferiore e degli avvocati dello stesso foro, nonché dei fori di Amalfi e Cava De’ Tirreni;
   quella che all'interrogante appare una incosciente indifferenza riservata dalle istituzioni alla situazione di grave emergenza dei suddetti tribunali condurrà all'implosione del sistema giustizia nel territorio, ad alta densità criminale e, nel settore penale, alla negoziazione dei diritti fondamentali assicurati dagli articoli 24 e 111 della Carta Costituzionale;
   in particolare, resterà seriamente compromesso il diritto del cittadino alla ragionevole durata e qualità del processo, dovendosi prevedere che l'insostenibile gestione dei carichi da parte dei pochi magistrati requirenti e giudicanti in servizio porterà a un rallentamento sine die delle indagini preliminari, o, ancora peggio, alla sommarizzazione della tutela giurisdizionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in considerazione del prospetto di una paralisi generale della macchina giudiziaria, se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per mantenere le sedi distaccate di Cava Dei Tirreni e Amalfi o, almeno, prorogare la loro attività per consentire un adeguamento graduale e più razionale del territorio alla nuova disposizione degli uffici giudiziari. (5-01220)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIUZZI, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CATALANO e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 4 agosto 2013 Il Fatto Quotidiano, ha pubblicato a mezzo stampa on line la denuncia di una pendolare sanzionata a causa del titolo di viaggio in formato elettronico e non cartaceo, non valido per i treni regionali Trenitalia;
   la cittadina ha successivamente richiesto l'annullamento della sanzione amministrativa poiché la procedura di acquisto e pagamento era avvenuta correttamente;
   in base a quanto si legge nell'articolo, la divisione passeggeri regionale di Trenitalia ha tempestivamente risposto al reclamo, riconfermando la bontà della sanzione amministrativa e citando le condizioni generali di trasporto secondo le quali «è considerato mancanza del biglietto anche il caso dell'impossibilità di esibire la stampa dell’home printing»;
   acquistare sul sito di Trenitalia un biglietto elettronico, contenente il QR-code (leggibile anche su tablet e dai più comuni lettori ottici) e codici identificativi, risulta quindi non sufficiente per viaggiare sui treni Regionali. A detta dello scrivente, non è in linea con la politica di digitalizzazione del Paese e l'utilizzo sempre maggiore dei dispositivi mobili per acquistare beni o servizi, che Trenitalia abbia ancora nel 2013 queste limitazioni sui titoli di viaggio regionali;
   l'interrogante aggiunge che, sotto idrofilo giuridico non vi dovrebbe essere oggi alcuna differenza tra stampa di un documento informatico e il medesimo documento in formato digitale;
   in un'ottica in cui gli obiettivi dell'Agenda digitale italiana (decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179) mirano ad un commercio elettronico e all'informatizzazione dei servizi, è incomprensibile non applicare la medesima filosofia di marketing dei biglietti dell'alta velocità anche per i treni regionali;
   a parere dell'interrogante si potrebbero incentivare gli investimenti per disporre i controllori dei sistemi e dell'alfabetizzazione informatica, necessari ad effettuare i controlli e facilitare la fruibilità del servizio;
   il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario;
   l'articolo 16 della Costituzione tutela la libera circolazione dei cittadini e la mobilità;
   l'articolo 8 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, inerente alle «Misure per l'innovazione dei sistemi di trasporto» prevede al comma 1 che: «Al fine di incentivare l'uso degli strumenti elettronici per migliorare i servizi ai cittadini nel settore del trasporto pubblico locale, riducendone i costi connessi, le aziende di trasporto pubblico locale promuovono l'adozione di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale» –:
   se sia possibile intervenire per regolarizzare la possibilità di consentire ad un viaggiatore di usare un biglietto acquistato on line in formato elettronico su tutte le categorie di treni dell'azienda Trenitalia-Gruppo delle Ferrovie dello Stato Italiano;
   se la stampa obbligatoria dei biglietti regionali di Trenitalia non vada in controtendenza con gli obiettivi della digitalizzazione dei servizi pubblici al fine di aumentare i profitti mediante l'informatizzazione e allo stesso tempo agevolare i clienti. (5-01223)


   LIUZZI, DE LORENZIS, CATALANO e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2013, sul «Quotidiano della Basilicata», due studenti universitari di Nova-Siri, hanno raccontato la sgradevole esperienza che hanno dovuto affrontare per recarsi dalla cittadina jonica al confine con la Calabria, all'ateneo della città di Potenza dove seguono corsi universitari;
   il giorno 16 settembre 2013, i due studenti hanno usufruito del servizio su gomma dell'azienda «Simet» che è partito alle ore 6 del mattino dal piazzale antistante la stazione, autobus della compagnia di autolinee di Rossano – città calabrese – che ha in appalto il servizio sostitutivo da Trenitalia per la tratta Sibari-Taranto;
   i due giovani, una volta arrivati a Metaponto, avrebbero dovuto prendere un altro bus sostitutivo, della ditta «Nolé» di Salandra, che ha in appalto la tratta Metaponto-Potenza. Tuttavia il bus Simet, non è riuscito ad arrivare all'orario previsto delle 6,33 poiché ha tardato di 7 minuti, non permettendo ai due studenti sopra citati e ai cittadini viaggiatori che andavano in direzione Potenza, di prendere la coincidenza con l'autobus di Metaponto che parte alle ore 6,35;
   in conseguenza a quanto detto precedentemente, i due viaggiatori hanno dovuto attendere fino alle ore 8,23 per usufruire del servizio Intercity diretto verso Potenza e poter così giungere dopo circa 4 ore nel capoluogo di regione lucano;
   per aver usufruito del servizio Trenitalia, gli studenti hanno dovuto pagare un supplemento di 3 euro e 90 centesimi, in quanto tale servizio non è compreso nell'abbonamento di viaggio. Una scelta obbligata in quanto il successivo autobus sostitutivo era previsto per le ore 9,30, ritardo che avrebbe portato gli studenti a perdere ulteriori ore di lezioni universitarie;
   il personale della stazione di Metaponto – in base a quanto si legge dall'articolo di stampa – ha spiegato che la coincidenza tra le due corse autobus non è prevista;
   a detta dell'interrogante i due autobus sostituivi del servizio Trenitalia dovrebbero coordinarsi tra loro per assicurare una sicura intermodalità ai pendolari o per lo meno non far pagare alcun costo aggiuntivo ai clienti che per causa di forza maggiore sono costretti ad usufruire del servizio su rotaia;
   dall'articolo di stampa locale si apprende un ulteriore problema. Per percorrere la tratta in senso inverso, (quindi Potenza – Nova Siri), il treno che parte da Potenza alle ore 17,14 non sempre riesce ad arrivare alle 18,46 a Metaponto e di conseguenza i passeggeri che devono usufruire del servizio sostitutivo delle ore 18,52 di sera diretto a Sibari (e quindi Scanzano, Policoro e Nova Siri) – autolinee Simet – spesso sono costretti ad attendere il bus omologo che parte alle ore 20,12;
   a detta dell'interrogante è importante considerare che, oltre che dagli studenti, il servizio oggetto dell'interrogazione è spesso per i pendolari l'unico mezzo utilizzato per recarsi sul posto di lavoro sito a Potenza o all'ospedale San Carlo della stessa città;
   il regolamento (UE) n. 181/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus, stabilisce, all'articolo 1, che «L'azione dell'Unione nel settore del trasporto con autobus dovrebbe mirare, tra l'altro, a garantire un livello elevato di protezione dei passeggeri, comparabile a quello offerto da altri modi di trasporto, qualunque sia la loro destinazione. Occorre inoltre tenere in debita considerazione le esigenze relative alla protezione dei consumatori in generale»;
   l'articolo 16 Cost. tutela la libera circolazione dei cittadini e la mobilità –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra citati;
   se intenda assumere iniziative per assicurare una reale intermodalità tra i servizi sostitutivi su gomma dell'azienda statale ferroviaria Trenitalia nella tratta oggetto dell'interrogazione, considerando – fino a soluzione del problema – la possibilità di non far pagare alcun costo aggiuntivo ai pendolari che per causa di forza maggiore sono costretti a fruire del servizio regionale Intercity nel tragitto Metaponto-Potenza;
   se si intenda considerare il ripristino del servizio su rotaia per la tratta Nova Siri-Potenza e viceversa. (5-01224)


   DECARO, CASSANO, GINEFRA, GRASSI e VENTRICELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Statale 172 «dei Trulli» e in particolare il tratto Casamassima-Putignano a causa delle peculiari caratteristiche plano-altimetriche del tracciato (strada a due corsie con presenza di numerosi dossi) registra un significativo tasso di incidentalità con conseguenze anche in termini di perdita di vite umane;
   ANAS S.p.a., quale gestore della rete stradale nazionale ha trasmesso al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti il progetto preliminare per l'ammodernamento di un tratto di circa quindici chilometri compreso tra lo svincolo di innesto con la strada statale 100 nei pressi di Casamassima e l'abitato di Putignano, con esclusione della variante di Turi;
   al fine di rendere compatibile la realizzazione dell'intervento con le risorse finanziarie disponibili, è stato individuato un primo stralcio funzionale, il cui costo ammonta a 20 milioni di euro, da finanziare con le risorse di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 per 9,55 milioni di euro e dell'articolo 32, commi 2, 3 e 4, del medesimo provvedimento per 10,45 milioni di euro;
   con delibera del 23 marzo 2012 il CIPE ha disposto l'assegnazione programmatica, a favore di ANAS, di 9 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all'articolo 32 del decreto-legge, con la precisazione che tale assegnazione sarebbe divenuta definitiva all'atto dell'approvazione, sempre da parte del CIPE, del progetto preliminare;
   nella seduta del 31 maggio 2013 il predetto comitato ha differito al 2016 parte dei finanziamenti stanziati per l'intervento in argomento già previsti per il 2014 –:
   quali iniziative immediate ed urgenti si intendano porre in essere al fine di rendere disponibili le risorse finanziarie necessarie almeno alla realizzazione di un primo stralcio funzionale;
   quali prospettive temporali siano previste per addivenire al completo ammodernamento della strada statale 172 «dei Trulli», tratto Casamassima-Putignano-Alberobello al fine di elevare il livello di sicurezza dell'infrastruttura. (5-01229)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 434, già strada statale «Legnaghese» e oggi comunemente conosciuta come «Transpolesana», è un'importante via di comunicazione del Nordest;
   la strada in questione collega le città capoluogo di Rovigo e di Verona e per la città di Verona essa rappresenta, tra le altre cose, una via d'accesso prioritaria al mare;
   da molto tempo residenti e utenti della strada senza eccezioni, pendolari e turisti, lamentano all'unisono il cattivo stato del manto stradale, interessato nel tempo da diversi interventi di rifacimento, nessuno dei quali peraltro definitivo per la soluzione del problema;
   in special modo nei giorni di pioggia e di altre precipitazioni, e quindi per buona parte dei mesi autunnali e invernali, il rischio di chi percorre la strada con un proprio veicolo si acuisce, con conseguente aumento delle probabilità di incidente: poco o nulla pare incidere il limite massimo di velocità imposto, in diversi punti addirittura i 70 chilometri orari, limite che appare peraltro non congruo con le caratteristiche di una strada di scorrimento a due corsie per senso di marcia con spartitraffico centrale;
   le condizioni di difficoltà riguardano in particolare la porzione di territorio che interessa l'area polesana (provincia di Rovigo) da Badia Polesine fino a Rovigo;
   la strada statale «434» sembrerebbe comunque essere destinata al recupero e al rilancio della propria funzione, considerato che il progetto di trasformazione in autostrada (strada Nogara-Mare) che la interessa, da tempo inserito – per esempio – nella programmazione regionale, è in dirittura di arrivo (fase esecutiva);
   oltre a collegare il lago di Garda all'Adriatico, questa strada è destinata a segnare il futuro del territorio del Polesine e del Veneto meridionale con l'innesto della Valdastico sud e con il casello di Rovigo sud-Villamarzana, che permette l'accesso diretto all'autostrada A13 Bologna-Padova –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per intervenire al più presto sulla situazione della strada in questione e, in particolare, per porre fine a una realtà non solo di disagio, ma anche e soprattutto di effettivo rischio per l'utenza. (4-02185)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'itinerario E78, conosciuto anche come autostrada dei «Due Mari», rappresenta uno dei più importanti collegamenti trasversali tra i corridoi longitudinali tirrenico ed adriatico, la cui progettazione, iniziata verso la fine degli anni Sessanta non è stata mai completata;
   il collegamento ha una lunghezza complessiva di circa 270 km di cui circa il 65 per cento in Toscana, il 30 per cento nelle Marche e il 5 per cento in Umbria;  
   ad oggi, secondo quanto riportato ufficialmente sul sito web dell'ANAS sono stati ultimati e sono utilizzabili 127 chilometri di tracciato, i restanti sono in fase di approvazione o addirittura di progettazione e le risorse ancora da trovare sono ingenti;
   l'opera costerà circa 3 miliardi di euro e, secondo quanto si apprende da alcune dichiarazioni degli amministratori locali di Toscana, Umbria e Marche del febbraio scorso, era stato previsto il suo inserimento tra le opere che avrebbero partecipato al bando europeo per l'assegnazione di risorse comunitarie destinate alla realizzazione del corridoio di comunicazione europeo «TEN-T» (rete transeuropea);
   le dichiarazioni di un imminente completamento della rete viaria che collegherà Grosseto a Fano, si ripetono a cadenza regolare da oltre cinquant'anni e non esiste, ad oggi, la certezza che l'opera sarà completata, poiché di fatto non risulta ancora costituita la società di progetto che dovrà occuparsi del completamento dei tratti mancanti;
   uno degli smacchi più grandi è rappresentato dalla galleria Guinza, che collega Marche ed Umbria, la cui lunghezza ne farebbe il sesto tunnel per estensione in territorio italiano, ma i cui i lavori di completamento sono fermi;
   recentemente il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Rocco Girlanda, ha incontrato i responsabili regionali di infrastrutture e trasporti delle regioni coinvolte ed ha ribadito l'interesse e l'impegno del Governo per il completamento di quest'opera;
   come noto, più volte il Ministro interrogato ha fatto intendere che se il progetto per il completamento della E78 fosse stato presentato entro il mese di settembre si sarebbe dato immediato seguito all'avvio dei lavori di completamento –:
   quali siano le iniziative che il Governo intenda mettere in atto per la realizzazione ed il completamento della E78 e in quali tempi intenda procedere per la definizione della stessa nella programmazione delle infrastrutture pubbliche;
   quali siano gli impegni formalmente richiesti alle tre regioni e quali i tempi di realizzazione previsti per la per la costituzione della società di progetto che porterà avanti l'opera e bandirà la gara di evidenza pubblica per l'aggiudicazione dei lavori;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, preveda delle verifiche e dei controlli durante i lavori realizzazione dell'opera da parte dello stesso Ministero, per garantire la regolarità e la trasparenza nella gestione degli appalti;
   se la E78 sia effettivamente e formalmente inserita nella rete Transeuropea Ten-T e potrà, quindi, accedere ai finanziamenti comunitari. (4-02192)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIVATI e MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'introduzione del cosiddetto reato di clandestinità, oltre ad apparire come il frutto avvelenato di una legislazione a rischio di xenofobia, si è dimostrata una norma del tutto inefficace rispetto agli stessi fini per i quali era stata pensata oltre che costosa e gravosa sotto il profilo dell'efficienza e del rispetto del buon andamento della pubblica amministrazione;
   il reato di ingresso e soggiorno illegale previsto dall'articolo 10-bis del testo unico sull'immigrazione (introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, cosiddetta «pacchetto sicurezza»), punisce con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato ed è di competenza del giudice di pace;
   la sanzione pecuniaria è, in realtà, l'unica consentita dalla legislazione europea (direttiva europea n. 2008/115), come, da ultimo, sancito dalla sentenza della Corte di giustizia «El Dridi» del 28 aprile 2011 la quale, com’è noto, ha decretato il «de profundis» dei reati d'inottemperanza all'ordine questorile di allontanamento puniti con la reclusione e, per questo, contrastanti con l'effetto utile della direttiva: l'allontanamento dello straniero irregolare;
   la ratio di tale decisione è nota: la pena detentiva rischia, in ragione delle sue condizioni di applicazione, di compromettere la realizzazione dell'obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l'instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio;
   la sanzione pecuniaria di cui sopra, in caso di insolvenza, è convertibile con la permanenza domiciliare (che comporta l'obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e domenica o, a richiesta del condannato in giorni diversi della settimana o continuativamente), o sostituibile con l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva dell'ammenda (in concreto non applicabile, in quanto, se l'espulsione fosse stata immediatamente eseguibile sarebbe già stata eseguita e il giudice di pace avrebbe dichiarato l'improcedibilità dell'azione, ex articolo 10-bis, comma 5, del Testo unico sull'immigrazione): in concreto la condanna alla sanzione pecuniaria non è eseguibile, stante lo stato generale d'insolvenza dei condannati, né, in concreto, la sanzione pecuniaria è convertibile con la permanenza disciplinare, o sostituibile con l'espulsione e quindi si registra la sua inefficacia deterrente –:
   se il Governo non ritenga di fornire dati il più possibile aggiornati ed esaustivi in merito alla quantificazione delle spese di giustizia sostenute a partire dall'introduzione della legge e derivanti dalla sua applicazione, con particolare riferimento alle spese di notifica degli atti indicati nell'articolo 20-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, i compensi liquidati agli interpreti per tradurre i predetti atti e presenziare alla celebrazione dei processi, le indennità corrisposte ai giudici di pace per l'emanazione delle sentenze nei relativi processi, i compensi liquidati ai difensori degli imputati irreperibili (verosimilmente la quasi totalità);
   se si intenda quantificare il tempo impegnato dalle forze dell'ordine (a cui è demandata la redazione degli atti prodromici al processo e la cui presenza, durante i processi, è richiesta con funzioni di testimonianza), e dal personale amministrativo del Ministero di giustizia, che, a giudizio degli interroganti, nell'applicare una legge, come si è dimostrato, inutile, sono distolti, rispettivamente, dal servizio di sicurezza pubblica e dalle indagini per reati seriamente offensivi di interessi, e dall'amministrazione della giustizia a tutela di interessi effettivi, a discapito del buon andamento dell'amministrazione.
(5-01219)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dalla presidente della provincia di Cuneo è giunta segnalazione riguardante la mancata emanazione del decreto che fissa il riparto del fondo sperimentale di riequilibrio a vantaggio degli enti locali;
   detto ritardo inevitabilmente sta procurando disagi, in particolare per la provincia di Cuneo, il cui bilancio ha subito un ridimensionamento che si ripercuote negativamente sugli stessi servizi essenziali erogati a vantaggio dei cittadini e delle aziende;
   la presente richiesta è posta anche in considerazione delle minori risorse attese per l'anno 2013 rispetto al 2010;
   le scelte operate dal Viminale in precedenza hanno ulteriormente penalizzato la provincia cuneese facendo pesare il parametro della popolazione a scapito del territorio, dove natura e costo dei servizi erogati sono proporzionali alla estensione territoriale e non al numero degli abitanti, quale ad esempio lo sgombero neve, che richiede maggior impegno rispetto ai comuni in forza della specificità territoriale –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare immediatamente il decreto ministeriale che fissa il riparto del fondo sperimentale di riequilibrio per il 2013;
   se tale atto venga redatto valorizzando nella misura massima il criterio dell'estensione territoriale. (4-02176)


   FANTINATI, MUCCI, DA VILLA e PRODANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2013 si è tenuto il «security summit di Verona» organizzato dell'agenzia europea per la sicurezza informatica (Enisa) con il supporto dell'associazione italiana per la sicurezza informatica (Clusit), nell'ambito del mese europeo della sicurezza informatica (Ecsm);
   durante la manifestazione è stato presentato il rapporto Clusit 2013 sulla sicurezza informatica in Italia, secondo cui i dati relativi agli attacchi di cyber crime sono in aumento nei primi sei mesi del 2013 se confrontati a quelli dei 24 mesi precedenti. Con il termine «cyber crime» si intendono i crimini informatici di dimensione significative che causano gravi danni economici e all'immagine per le vittime;
   il rapporto evidenzia come nel nostro Paese manchino politiche di sicurezza informatica ed investimenti, a livello statale e aziendale, per cui ogni anno miliardi di euro vanno in fumo a causa dei danni derivanti dagli attacchi;
   gli attacchi di cyber crime sono cresciuti del 370 per cento a livello globale, a danno, in particolare, delle istituzioni bancarie;
   i dati sono particolarmente allarmanti se si considera che ormai tutto si muove tramite web e le maggiori operazione finanziarie, le informazioni, scambi ed ordini commerciali si effettuano tramite il sistema del servizio informatico –:
   quale sia la situazione attuale della sicurezza dei servizi online della pubblica amministrazione italiana e con quali metodologie e da quali figure professionali vengano eseguiti la progettazione, il collaudo e il monitoraggio dei sistemi informativi della pubblica amministrazione;
   quali tutele e quale trasparenza abbiano i cittadini rispetto alle informazioni personali raccolte ed elaborate dall'Agenzia delle entrate in relazione alle osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali in merito all'attivazione del nuovo sistema di analisi, detto «redditometro». (4-02178)


   PALAZZOTTO e FARAONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 ottobre 2013, il Ministro dell'interno, intervenendo alla Camera dei deputati per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sul naufragio che ha avuto luogo presso l'isola di Lampedusa, ha più volte ribadito che vi è la concreta possibilità di nuovi accadimenti tragici;
   nella stessa occasione, il Ministro ha riferito che l'imbarcazione affondata, presumibilmente a causa di avaria agli apparati motore, sarebbe rimasta ferma ad una distanza di 0,6 miglia dalla costa di Lampedusa, tra le ore 4:00 e le ore 5:00 del 3 ottobre 2013;
   nella fase di avvicinamento alla costa e nelle ore immediatamente antecedenti l'affondamento dell'imbarcazione, la stessa non sarebbe stata intercettata dai mezzi preposti o da altro naviglio operante nelle acque dove si è consumata la tragedia;
   le dimensioni del natante naufragato, di circa 20 metri, portano ad escludere l'ipotesi che la mancata rilevazione sia da attribuirsi alle ridotte dimensioni dello stesso, essendo tali da farlo risultare in ogni caso visibile alle apparecchiature di sorveglianza dei traffico marittimo;
   in seguito all'affondamento dell'imbarcazione, l'allarme risulterebbe essere stato lanciato da imbarcazioni private intorno alle ore 6:30, come risulta da dichiarazioni dei presenti sull'imbarcazione da diporto «Ganar», e in seguito alle ore 7:00, come attestato da comunicazione della guardia costiera di Lampedusa; tale ultima informazione è stata confermata dal Ministro dell'interno in occasione dell'informativa citata;
   numerose testimonianze concordano nel constatare come, durante le operazioni di soccorso, i mezzi della capitaneria, o comunque sotto il comando della stessa, abbiano più volte fatto riferimento a non meglio specificate procedure di soccorso in mare vincolanti per i mezzi giunti in soccorso sul luogo del naufragio;
   la sindaca di Lampedusa, nelle ore successive al naufragio, ha ipotizzato una diminuzione dell'azione di vigilanza e pattugliamento nelle acque attorno all'isola;
   nella notte del 30 settembre 2013, in occasione di un naufragio che fortunatamente non ha causato vittime, presso gli scogli dell'isola di Lampione, era intervenuto un mezzo aereo partito da Catania e attrezzato per operazioni di soccorso in condizioni di visibilità notturna. Anche in tale caso l'imbarcazione non era stata avvistata o segnalata dai mezzi preposti e l'allarme era partito in seguito ad una segnalazione pervenuta al centro operativo della capitaneria di porto di Palermo, che ha quindi avvisato la macchina dei soccorsi –:
   quali e quanti siano i mezzi aerei e navali intervenuti a seguito dell'allarme lanciato dai diportisti privati per il naufragio del 3 ottobre 2013, e con quale dotazione;
   quali siano le dotazioni fisse e mobili di avvistamento da terra per monitorare l'avvicinamento o la navigazione di imbarcazioni nelle acque prospicienti l'isola di Lampedusa;
   quali e quante siano le unità aeree e navali impegnate nelle operazioni di pattugliamento e sorveglianza dell'area marittima di Lampedusa, e con quale dotazione;
   quali e quanti siano i mezzi ad ala rotante attualmente operativi presso l'isola di Lampedusa, e con quale dotazione;
   quale sia la procedura in vigore per il salvataggio adottata da mezzi e comandi delle capitanerie di porto in situazioni e condizioni analoghe a quelle verificatesi il 3 ottobre 2013;
   se vi siano protocolli per il monitoraggio del traffico marittimo nell'area scenario del naufragio, e in caso affermativo, cosa prevedano;
   se nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 2013 sia stato registrato l'ingresso in acque territoriali di un'imbarcazione sconosciuta di ragguardevoli dimensioni;
   per quale motivo, eventualmente, non sia stato possibile individuare l'ingresso in acque nazionali e la successiva permanenza del natante affondato, per un lasso di tempo oscillante tra una e due ore, in un tratto di mare distante 0,6 miglia dalla costa;
   a chi spetti il controllo della navigazione e dell'avvicinamento ad acque nazionali delle imbarcazioni e del traffico marittimo, e con quali mezzi;
   se, a seguito della tragedia avvenuta e in considerazione dell'informativa svolta in Parlamento, sia intenzione del Governo rafforzare il sistema di sorveglianza, pattugliamento e salvataggio in mare, e in quali tempi, al fine di prevenire il più possibile il ripetersi di simili stragi;
   se, al fine di appurare l'esatto svolgimento delle operazioni e verificare possibili migliorie al sistema e alle procedure di avvistamento e salvataggio, sia intendimento dello Stato maggiore della marina militare e del Corpo delle capitanerie di porto avviare un'esaustiva indagine sui drammatici fatti del 3 ottobre 2013 e indicare eventuali punti critici sullo stato dei mezzi preposti a pattugliamento e soccorso, nonché delle reti di avvistamento e individuazione. (4-02188)


   DADONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevo la richiesta di aiuto di una famiglia italiana che dal 1992 ha accudito e cresciuto S. H. un ragazzo affetto da gravissime e irreversibili patologie, nato in Jugoslavia nel 1989 ma vissuto in Italia fin da piccolo, come risulta dal permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Firenze;
   detto ragazzo, nonostante le varie richieste, si è visto negare la cittadinanza italiana di cui aveva perfettamente diritto, essendo in possesso dei requisiti previsti per legge;
   questa è una delle tante storie sconvolgenti che colpiscono ragazzi stranieri che vivono da anni in Italia e che nonostante la triste vita familiare si vedono negare ulteriormente i loro diritti per assurdi ostacoli burocratici previsti da leggi mal predisposte;
   da allora ha sempre vissuto in questa famiglia, attualmente frequenta il «Centro Diurno Geremia» della cooperativa Rò la Formichina, che è ben inserito nel contesto sociale in cui si trova e per il suo stato di salute è seguito dalla neuropsichiatria ospedaliera di Acireale (Catania) e dai vari presidi specialistici dell'ASL 3 di Catania;
   per il suo grave handicap necessita di continue somministrazioni di farmaci, di continua assistenza e periodici controlli specialistici e per questo è stato dichiarato interdetto il signor Lovato è stato nominato suo tutore e l'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII continua a garantire assistenza e domicilio;
   S.H. non è mai uscito dall'Italia, dal permesso di soggiorno, risulta cittadino Jugoslavo, e per questo la questura di Catania interpella le varie repubbliche costituitesi dopo la disgregazione della Jugoslavia;
   la Repubblica di Croazia non solo inviava una risposta con data di nascita errata ma altresì non lo riconosceva come proprio cittadino; stessa cosa la Repubblica di Slovenia, le altre due Repubbliche non danno alcuna risposta alla questura che quest'estate ha inoltrato nuove richieste all'ambasciata croata partendo da indagini sui dati del padre;
   non è stato altresì concesso rinnovo del permesso di soggiorno che era stato fatto per «attesa di cittadinanza»;
   più volte coloro che si prendono cura di S.H. hanno cercato di capire come ottenere la cittadinanza italiana, con l'aiuto della questura di Catania, del tribunale dei minori di Firenze e Catania, del servizio sociale di Firenze e del consiglio di vari legali, senza mai venire a capo di nulla, tanto anche in considerazione della sua presenza in Italia dalla nascita, il suo stato di abbandono, il suo grave handicap e il non riconoscimento da parte dei nuovi Stati balcanici di essere un loro cittadino;
   in attuazione della legge n. 91/92, che prevede che l'istanza possa essere presentata, per i nati in Italia, fino al compimento del diciannovesimo anno di età, la famiglia adottiva ha inoltrato la prima richiesta di cittadinanza, che è stata rigettata in quanto «improponibile», il 27 ottobre 2006;
   successivamente è stata presentata un'altra domanda alla prefettura di Catania l'8 agosto 2008 con codice K10/151175, respinta in data 8 febbraio 2013 con notifica del 15 aprile 2013;
   precedentemente la famiglia riceveva una raccomandata dal Ministero dell'interno datata 21 settembre 2010 cui provvedeva a rispondere nel giro di pochi giorni;
   la questione è stata poi sottoposta dagli stessi genitori al Ministro dell'interno con l'impiego che comunque avrebbero provveduto a girare tutta la documentazione. Poi nulla;
   naturalmente questo è un caso, ma ci sono tanti ragazzi con handicap che si trovano nella stessa situazione e sarebbe bello ed ora che il problema venisse affrontato definitivamente è assurdo pensare che l'incapacità precluda l'acquisto della cittadinanza italiana: come si legge in taluni provvedimenti, come si sente affermare negli uffici dell'anagrafe, come riportato nelle pagine di cronaca;
   la causa si ritrova in una legge che non c’è o forse in una legge imperfetta che non si cura di tutti i suoi effetti e che così facendo fischia di vanificare, non senza contraddizioni, i suoi stessi sforzi e quelli dei genitori del figlio affetto da disabilità che si impegnano a rendere la sua vita il meno gravosa possibile, uguale a quella di chi disabile non è, inserendolo, non senza sacrifici, nelle attività quotidiane, insegnandogli a stare con gli altri, a sentirsi come gli altri, peccato però che alcuni di loro non potranno mai essere definiti cittadini italiani, un piccolo grande difetto che, a tradimento, li renderà sempre diversi;
   in base all'articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica: il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato; la mancanza del giuramento preclude la trascrizione del decreto di concessione;
   sono dunque tali requisiti previsti per l'acquisto della cittadinanza per concessione che si sono rivelati ostili nei confronti dello straniero incapace: poiché queste persone non essendo in grado di presentare la domanda e di prestare giuramento in maniera consapevole, finiscono con il vedersi private della possibilità di acquisire la cittadinanza per concessione;
   è peraltro inutile invocare l'istituto della rappresentanza che, come disciplinato dal diritto civile anch'essa, non trova cittadinanza di fronte ad atti personalissimi, come senz'altro il giuramento;
   una nota del Consiglio di Stato, interpellato in sede consultiva, stabiliva che la domanda di concessione può essere presentata dai genitori dell'incapace in qualità di rappresentanti legali dello stesso, pena l'indebita introduzione nell'ambito della rappresentanza necessaria di un'incapacità speciale dell'interdetto, priva di un chiaro ed inequivocabile fondamento normativo, di cui invece necessiterebbe per la sua validità;
   l'incapacità speciale, peraltro, lederebbe diritti di rilievo costituzionale (articolo 2 e 29 della Costituzione) rischiando di estraniare, invece che avvicinare, la persona interdetta alla sua famiglia-così precludendo all'interdetto tanto di inserirsi pienamente all'interno di questa, quanto di godere dei servizi assistenziali previsti dalla legge (articoli 32 e 38 della Costituzione);
   si è dunque dinanzi ad una delle classiche questioni paradossali e forse, per evitare che si renda privo di efficacia il decreto di concessione, occorrerebbe considerare l'incapacità come un legittimo impedimento alla possibilità di prestare giuramento, facendo così meno di esso. D'altronde è innegabile ed insuperabile la natura di atto personalissimo del giuramento né è sostenibile la sua validità quando sia reso da persona inconsapevole dell'impegno assunto con esso;
   non si deve dimenticare inoltre che così facendo si violerebbe quanto previsto dall'articolo 18 della Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con legge n. 3 marzo del 2009, n. 18, a norma del quale il diritto alla cittadinanza non può essere negato per motivi legati alla disabilità, norma che, per effetto della ratifica legislativa, assume valore di legge nell'ordinamento interno –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per permettere a S.H. di ottenere la cittadinanza;
   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare questa spiacevole e gravosa questione, che colpisce una percentuale elevata di ragazzi e della quale sarà sicuramente a conoscenza, per evitare peraltro, che questi vivano di fatto una doppia discriminazione, che oggi sta impedendo a S.H. di diventare cittadino italiano, come di diritto gli spetta. (4-02195)


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, BRESCIA, TURCO, GALLINELLA, LUPO e GAGNARLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da circa cinque anni, il territorio del comune di Conversano (BA) è interessato da una preoccupante escalation di fatti criminali senza precedenti, costellata da due omicidi, un tentato omicidio e numerosi attentati;
   in data 14 febbraio 2010, in pieno centro cittadino e tra i passanti, viene assassinato con numerosi colpi di pistola il pregiudicato Michele Di Battista;
   in data 14 giugno 2011, sulle scale del nosocomio cittadino «Fiorenzo Jaia», verso le ore 11.00, Giuseppe Giannoccaro viene ammazzato con un coltello;
   in data 31 agosto 2013, in pieno centro cittadino e alla presenza di numerosi bambini, si torna a sparare. Obiettivo dell'agguato è un noto pregiudicato locale che si ritiene abbia collegamenti con personaggi di spicco della criminalità barese. La malavita del capo luogo pugliese avrebbe iniziato, infatti, a prendere possesso sul territorio di Conversano tentando di piegare la società civile con una serie di attentati, tra i quali non è passato inosservato alle cronache nazionali quello dell'incendio del mercato ortofrutticolo avvenuto nella notte tra il 26 ed il 27 agosto 2013;
   a questo ennesimo episodio, sono seguiti altri atti intimidatori che hanno allarmato l'intera comunità tanto da spingere l'amministrazione locale a tenere un consiglio comunale monotematico il 30 settembre 2013. La stampa (nella fattispecie il periodico Fax Settimanale – Ed. Conversano) non solo ha pubblicato diversi articoli di stampa sugli episodi ma ha anche pubblicato diverse fotografie scattate durante la campagna elettorale delle comunali 2008 e dato risonanza ad alcuni accadimenti risalenti all'ultima campagna elettorale delle comunali 2013 in cui paiono esserci possibili intrecci e collusioni tra il sindaco del comune di Conversano e personaggi legati o, comunque, riconducibili alla criminalità organizzata locale e barese. Avvenimenti al centro dello stesso consiglio monotematico del 30 settembre 2013;
   i numerosi e crescenti illeciti e reati registratisi negli ultimi cinque anni nel comune del sud-est barese (con un incremento dello spaccio di droga, delle estorsioni in danno di agricoltori, artigiani e commercianti e del riciclaggio di denaro sporco) hanno aumentato i timori della comunità conversanese di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata sia nel tessuto economico sia negli organi comunali elettivi in odore di forti legami con i personaggi della cosiddetta «malavita» di cui sopra –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'intensificarsi di fenomeni criminosi nel comune del barese, ampiamente documentati dalla stampa locale;
   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro interrogato, anche attraverso la prefettura di Bari nell'ambito delle proprie competenze, stante il perpetuarsi di condotte e fatti di evidente gravità che si registrano nel comune di Conversano (Bari) e che sono anche oggetto di indagini giudiziarie, per garantire un maggior controllo dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza nonché per reprimere, ai sensi degli articoli 141 e 143 del TUEL, eventuali infiltrazioni criminali negli organi elettivi e nell'apparato amministrativo garantendo la regolarità, correttezza e legittimità delle attività e delle procedure amministrative (affidamento appalti pubblici, assegnazione alloggi popolari e contributi economici) anche in relazione ad eventuali condizionamenti e/o inquinamenti esterni. (4-02196)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA, MANZI e RAMPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in applicazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, con decreto ministeriale 7 ottobre 2010, n. 211, successivo al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, l'insegnamento della storia dell'arte è stato soppresso dai programmi scolastici di alcuni bienni delle scuole medie superiori o comunque ridotto nel numero delle ore settimanali;
   tale rimodulazione del monte ore determinerà un impoverimento culturale degli studenti, privandoli della conoscenza delle fondamenta del patrimonio storico-artistico del nostro Paese;
   l'Italia ha un patrimonio artistico di inestimabile valore che per essere salvaguardato e rispettato necessita di essere conosciuto ed apprezzato al meglio da coloro che saranno gli adulti di domani;
   è stato redatto un appello «Ripristiniamo la materia nelle scuole» a cui ha aderito anche l'associazione Anisa, l'Associazione nazionale insegnanti di storia dell'arte, e l'associazione Italia Nostra, unitamente a diverse personalità della cultura italiana –:
   come il Ministro interrogato intenda ovviare al grave vuoto educativo determinato dalla riduzione del monte ore dell'insegnamento della storia dell'arte nei programmi scolastici di alcune scuole medie superiori. (5-01225)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale n. 231 del 1997 e decreto ministeriale n. 39 del 1998 è stato stabilito che possono accedere all'insegnamento solo coloro che hanno conseguito la laurea in scienze politiche entro l'anno accademico 2000/2001;
   con i suddetti provvedimenti si è così esclusa automaticamente la possibilità di esercitare la professione di insegnante per tutti coloro che si sono laureati successivamente a tale data, a prescindere dal fatto se ciò è avvenuto con un piano di studio legato al vecchio o al nuovo ordinamento;
   ancor più grave è la conseguenza subita dai laureati in scienze politiche del vecchio ordinamento, verso i quali si è prodotta una forte discriminazione, in completa contraddizione con quanto previsto dall'articolo 3 della Carta costituzionale, poiché a parità di condizione dello studente, appartenenza allo stesso ordinamento e con il medesimo piano di studi, si assiste da parte della legge ad un diverso trattamento;
   la situazione di tutti quegli studenti che si sono iscritti a scienze politiche prima dell'emanazione della norma, ma che, essendosi laureati successivamente all'anno accademico 2000/2001, ne hanno subito gli effetti, è particolarmente disagiata e grave, dal punto di vista sia professionale sia umano considerando le conseguenze sul piano lavorativo;
   gli studenti che nel 1997 (e negli anni successivi) si sono immatricolati al corso di laurea in scienze politiche, al momento dell'iscrizione hanno trovato indicato nelle guide universitarie, tra gli sbocchi professionali, ancora l'insegnamento, motivo per il quale molti studenti hanno continuato ad iscriversi alla facoltà di scienze politiche sicuri e confortati da quanto scritto nelle guide ufficiali e di una seria opportunità di lavoro;
   la situazione si prefigura in maniera differente per i laureati in scienze politiche del nuovo ordinamento;
   nonostante le varie interrogazioni già precedentemente rivolte al Ministro, nulla è ancora stato fatto e ciò dimostra, ad avviso dell'interrogante, un atteggiamento a dir poco irrispettoso nei confronti dei tanti giovani e delle loro famiglie che hanno sacrificato il loro denaro per far conseguire un titolo universitario in vista di più sbocchi professionali;
   ancora oggi, i dottori in scienze politiche, di tutta Italia, stanchi di vedersi limitato il proprio diritto al lavoro, con la conseguente frustrazione di essere considerati come una categoria di laureati di serie B, continuano a rivolgere la richiesta di aiuto per portare avanti una battaglia in difesa dei propri diritti –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda adottare nell'immediato al solo fine di permettere a tutti gli studenti che si sono laureati nella stessa disciplina e con lo stesso piano di studi di accedere all'abilitazione all'insegnamento eliminando quelle che sono le discriminazioni prodotte dal requisito temporale.
(4-02177)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con nota del 4 ottobre 2013 ha comunicato agli uffici scolastici regionali e alle università disposizioni urgenti per l'avvio dei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno con riferimento al decreto ministeriale n. 7 del 16 aprile 2012, che istituisce e regolamenta i corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno destinati al personale docente in esubero, in attuazione dell'articolo 13 del decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 «Percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità»;
   il citato decreto non solo non è soddisfacente ma penalizza sia gli studenti che gli stessi insegnanti che ad oggi svolgono attività di sostegno raggiungendo livelli d'eccellenza attraverso lunghe specializzazioni quali corsi biennali di 1280 ore o corsi di laurea in scienze della formazione primaria e lunghi tirocini, facendosi carico delle relative spese;
   per i docenti in soprannumero sarebbe sufficiente partecipare ad un corso on line di 120 ore e i corsi di formazione per questa categoria, in base alla nota Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 4 ottobre 2013, devono essere avviati prioritariamente; con la partecipazione a questi corsi, i docenti in soprannumero, peraltro non motivati, sarebbero in tutto equiparati a quanti hanno fatto il lungo percorso formativo già descritto, che sarebbe così sminuito se non vanificato;
   è da considerare, inoltre, che i genitori dei disabili e le organizzazioni sottolineano il diritto di usufruire di docenti correttamente formati, le cui esperienze siano consolidate e collaudate e che, in questo modo, invece, la continuità didattica, tanto preziosa per il percorso psicologico di questi studenti, verrebbe a mancare –:
   se il Ministro interrogato non intenda valutare altre possibilità per dare soluzione al problema dei docenti in soprannumero che di fatto non viene risolto dall'applicazione del decreto ministeriale n. 7 del 16 aprile 2012;
   se non ritenga opportuno dare il giusto riconoscimento, tramite un'apposita iniziativa, a quanti hanno sostenuto un lungo percorso di studi e specializzazione a fronte del quale sono in grado di fornire un servizio efficiente e qualificato;
   se non sia doveroso dare risposte concrete ai genitori e alle associazioni di disabili che chiedono docenti scolastici correttamente formati e specializzati.
(4-02179)


   DADONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le recenti esperienze di decentramento delle strutture e delle sedi universitarie pongono la necessità di una riflessione attenta sulle diverse modalità di organizzazione territoriale del complesso sistema della formazione universitaria in Italia;
   i punti di forza dei modelli del decentramento sono: il decongestionamento delle aree centrali, la possibilità di recupero di aree industriali dimesse, la riduzione del pendolarismo dalle aree periferiche, con parziale valorizzazione dei centri urbani minori;
   in particolare nella regione Piemonte, in considerazione della popolazione e dell'attività economica-industriale, tale provvedimento è stato subìto maggiormente in maniera negativa;
   Novara, Cuneo, Verbania, Mondovì e Savigliano sono le città interessate e nelle quali più volte si è manifestato il Blocco Studentesco Università con striscioni esposti fuori dalle sedi universitarie a difesa del decentramento e dei piccoli atenei;
   tra questi vi è il politecnico di Mondovì, costretto a chiudere i battenti per colpa dei tagli operati dalla riforma dell'università, già nel mese di ottobre 2009, quando il senato accademico del politecnico di Torino aveva stabilito la chiusura definitiva delle sedi universitarie decentrate, situate presso le città di Mondovì, Vercelli, Alessandria, Biella e Verres;
   è per l'interrogante doveroso far presente che il decentramento universitario cuneese del politecnico di Torino costituisce da sempre una risorsa preziosa per l'intero territorio provinciale, caratterizzato da un elevato numero di studenti iscritti ai corsi universitari attivi nelle diverse sedi;
   infatti, agli ingenti sforzi finanziari, già sostenuti dagli enti istituzionali e dalle forze sociali ed economiche territoriali, vengono altresì aggiunte le disponibilità, dirette ad accrescere il proprio impegno finanziario per lo sviluppo de polo monregalese del politecnico di Torino, da parte del comune di Mondovì, della provincia di Cuneo, dell'Associazione insediamenti universitari e della Fondazione C.R.C.;
   la decisione di sopprimere senza alcuna possibilità di appello i corsi universitari, tenuti nella sede di Mondovì, appare all'interrogante decisamente inopportuna e incongruente, nonché pregiudizievole per l'intero tessuto socio-culturale, economico e produttivo del territorio provinciale, così come sostenuto dallo stesso consiglio provinciale di Cuneo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione in esame e quali urgenti iniziative in suo potere intenda avviare;
   se il Ministro non ritenga abbastanza opportuno inserire nella propria agenda la questione piemontese delle sedi distaccate, anche in sede di riparto del fondo di finanziamento ordinario delle università, per superare le difficoltà finanziarie, che hanno determinato la decisione di riorganizzazione e di chiusura e di giungere ad una sua riconsiderazione;
   se non sia a parere del Ministro interrogato doveroso discutere con i rettori delle strutture e gli studenti prima di effettuare manovre in tale direzione;
   se il Ministro sia in possesso e possa rendere pubblica una «pagella» valutativa dei risultati degli istituti e del numero degli iscritti in base ai corsi di laurea, ovvero una mappa della geografia universitaria, con le motivazioni che hanno portato alcune regioni a subire un decentramento maggiore a discapito di altre, al solo fine di prevedere una distribuzione razionale ed equa delle sedi universitarie.
(4-02194)


   NESCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel marzo 2010 il professor G.M., residente a Vibo Valentia, presentò ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l'annullamento del decreto ministeriale n. 56 del 28 maggio 2009, che rese definitive la graduatorie d'istituto di III fascia di concorso C 270, C 290 e C 320;
   il Consiglio di Stato, affare n. 03359/2011, espresse a riguardo due pareri interlocutori nelle date 28 dicembre 2011 e 5 dicembre 2012, nel primo rilevando che il Ministero competente doveva adempiere al sollecito deposito dell'originale del ricorso e della relazione sottoscritta dal Ministro, nel secondo obiettando la mancata trasmissione della relazione introduttiva da parte dell'amministrazione;
   a quanto consta all'interrogante nel suddetto ricorso, il professor G.M. sosteneva – in seguito ad accesso alla relazione introduttiva, mai pervenuta al Consiglio di Stato, nonostante espressa richiesta avanzata nell'adunanza interlocutoria del 12 ottobre 2011 – la non corrispondenza al vero di quanto sostenuto nella relazione istruttoria, secondo cui il medesimo ricorrente aveva prodotto «domanda di inclusione nelle graduatorie», anziché, come avvenuto, «domanda di aggiornamento e di mantenimento della propria posizione in graduatoria», con conseguente non necessità di dichiarare nuovamente i titoli valutabili;
   reiterando al Ministero la richiesta di trasmissione della suddetta relazione istruttoria, il Consiglio di Stato sospendeva la trattazione del gravame e dell'istanza cautelare, in attesa dei pretesi adempimenti;
   la lunga mancanza di risposte circa le suddette graduatorie faceva precipitare il professor G.M. in una condizione di estrema indigenza e sofferenza;
   il professor G.M. subì un drammatico sfratto esecutivo il 3 dicembre 2012, dopo il quale fu colto da infarto miocardico, con successivo trattamento chirurgico di angioplastica;
   l'uomo, disoccupato, attualmente cardiopatico in III classe NHYA, vive insieme alla moglie con un assegno mensile di 270 euro circa;
   anche nelle sue condizioni, il suddetto docente non è tutelato altrimenti dallo Stato e, per via degli inadempimenti del Ministero competente di cui ai summenzionati pareri del Consiglio di Stato, parrebbe ancora pendente, secondo quanto risulta all'interrogante, il rammentato ricorso al Presidente della Repubblica –:
   se sia a conoscenza della riferita vicenda;
   se non ritenga, ove non ancora avvenuto, di disporre l'adempimento dell'incombente istruttorio già richiesto dal Consiglio di Stato tramite i ricordati pareri interlocutori. (4-02201)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 ottobre 2013 ha avuto luogo una nuova manifestazione delle operaie della Mabro di Grosseto senza stipendio da quasi un anno, a causa dei ritardi nell'erogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria;
   questo ritardo pare sia dovuto al temporeggiamento dell'azienda che non ha ancora provveduto ad inviare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i dati necessari a completare la richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria, adducendo, a quanto consta all'interrogante, pretesti futili e impedendo di fatto l'accoglimento della richiesta e l'erogazione delle somme spettanti a tutte le maestranza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non intenda convocare un tavolo con le parti per definire quali siano le vere motivazioni dei ritardi nell'erogazione della cassa integrazione alle lavoratrici della Mabro di Grosseto. (3-00385)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – per sapere – premesso che:
   come si evince da un articolo a firma di Francesca Barbieri, pubblicato sul Il Sole 24 ore, in data 14 ottobre 2013, da una indagine statistica sui lavoratori parasubordinati (elaborazione Datagiovani su dati Inps) che pone a confronto la situazione dei collaboratori a progetto in questi ultimi anni, di collaboratori ne sono spariti 45 mila circa dal 2011 e quasi 80 mila dal 2008;
   restringendo l'obiettivo sui giovani collaboratori sotto i 30 anni il segno meno diventa ancora più marcato;
   tale trend negativo appare favorito dalla «riforma Fornero» del 2012 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle reali motivazioni di tale trend negativo e se possa fornire ulteriori dati su eventuali conversioni in altre tipologie di contratto delle collaborazioni non più in essere come specificato dallo studio suddetto;
   quali urgenti e mirate iniziative il Ministro intenda mettere in atto per arginare la situazione suddetta al fine di convertire o aiutare la conversione dei contratti di collaborazione in tipologie contrattuali più «stabili». (5-01221)


   PRODANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le direzioni regionali del lavoro, istituite nel 1997, costituiscono l'articolazione territoriale periferica su base regionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   questi uffici svolgono funzioni fondamentali, tra le quali spiccano le seguenti: svolgono gli esami di Stato per l'abilitazione alla professione di consulente del lavoro (legge n. 12 del 1979); hanno la competenza di segreterie delle camere arbitrali nelle controversie in materia; svolgono l'attività di promozione e informazione sulla disciplina lavoristica e previdenziale; coordinano la raccolta dati degli esodati; gestiscono convenzioni per lo svolgimento delle attività informative e di aggiornamento; nei ricorsi amministrativi agiscono come organo gerarchico; istruiscono le proposte di conferimento delle stelle al merito del lavoro, una decorazione della Repubblica (legge n. 143 del 1992);
   il 14 ottobre 2013 sul quotidiano Il Piccolo di Trieste è stato pubblicato l'articolo intitolato «Direzione del lavoro: sede da Trieste a Venezia» in cui si riferisce che la direzione regionale del lavoro del capoluogo giuliano sarà chiusa e il suo personale in parte accorpato alla sede veneziana;
   secondo le indiscrezioni riportate dal giornale, Venezia dovrebbe accentrare i dipartimenti di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche nell'ambito della riorganizzazione territoriale disposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   questo accorpamento compromette l'erogazione di servizi di primaria importanza per i cittadini, oltre a complicare l'operato del «team» di ispettori del lavoro che sorvegliano la salute, la sicurezza e il «sommerso»;
   inoltre, questa decisione metterebbe a rischio 80 posizioni lavorative in Friuli Venezia Giulia, una trentina a Trieste e 300 a livello nazionale, senza una chiara valutazione dei risparmi da conseguire;
   l'attività svolta nel 2012 dalla direzione giuliana è di rilievo ed evidenzia la necessità di non ridurre queste strutture: sono state trattate 410 controversie del lavoro, visitate 456 aziende – di cui 216 irregolari (120 nel settore terziario, 82 nell'edilizia, 14 in industrie); svolte 466 ispezioni con la verifica di 2707 posizioni lavorative; 673 irregolarità riscontrate, 127 maxisanzioni comminate per lavoro nero (la maggiore incidenza nel settore terziario), 62 lavoratori coinvolti in appalti illeciti mentre 122 erano assunti con contratti impropri;
   i dipendenti giuliani hanno lanciato un appello al Ministro del lavoro e delle politiche sociali chiedendogli di fare marcia indietro, arrestando il processo di destrutturazione degli uffici regionali del dicastero per evitare un accentramento che farebbe aumentare solo le posizioni dirigenziali, compromettendo la presenza locale dello Stato –:
   se il Ministro interrogato intenda rivedere la riorganizzazione delle direzioni regionali del lavoro, evitando la soppressione di quella del capoluogo giuliano, rendendo pubblici anche i criteri di costi e benefici in base ai quali operare detta ristrutturazione. (5-01222)


   MOGNATO, ALBANELLA, MARTELLA, GNECCHI, BELLANOVA, D'ARIENZO, DAL MORO, GINEFRA, MURER, MIOTTO, NACCARATO, NARDUOLO, ROTTA, ZARDINI e ZOGGIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Metro Italia Cash and Carry Spa ha inviato alle organizzazioni sindacali nazionali ed alle rappresentanze sindacali aziendali e rappresentanze sindacali unitarie la comunicazione di apertura del procedimento di licenziamento collettivo così come normato dalla legge n. 223 del 1991, articoli 4 e 24, dei punti vendita di San Donato, Cinisello Balsamo, Castellanza, Verona, Bolzano, Padova, Mestre, Genova, Torino, Torino Moncalieri, Firenze, Roma Laurentina, Roma La Rustica, Roma Aurelia, Lecce, Bari e Catania;
   gli esuberi dichiarati sono a pari a 215 full time equivalent concentrati prevalentemente nel Mezzogiorno e nel Nord-est;
   l'esperienza negativa vissuta nei mesi passati ha già dimostrato che l'azienda ha proceduto a licenziamenti e non ad accordi con le organizzazioni sindacali;
   l'azienda ritiene urgente l'intervento sui livelli occupazionali e non prefigura misure alternative al provvedimento della riduzione del personale quali la cassa integrazione guadagni straordinaria ed i contratti di solidarietà –:
   come il Ministro interrogato intenda intervenire al più presto affinché non si proceda ai suddetti licenziamenti collettivi che avrebbero pesanti ripercussioni in aree del nostro Paese dove la situazione occupazionale è già drammatica. (5-01227)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   diverse sono le interrogazioni inerenti alla controversa decisione della dirigenza INPS di sospendere le visite fiscali di ufficio per le assenze per malattia dei lavoratori del settore privato (Vargiu nn. 4-00472 e 4-00739, Del Basso De Caro n. 4-00381);
   nella risposta scritta all'interrogazione n. 4-00381 pubblicata il 9 agosto 2013 della seduta n. 69 della Camera dei deputati, il Ministro interrogato afferma che: «(...) la temporanea sospensione, disposta dall'Inps, delle visite fiscali di ufficio ha trovato la propria giustificazione nelle recenti disposizioni normative che hanno imposto importanti tagli alle spese di funzionamento degli enti pubblici di assistenza e previdenza»;
   tale sospensione non può certo essere messa sullo stesso piano della riduzione di forniture di cancelleria, anche per il fatto che un depotenziamento dell'attività di verifica fiscale determinerebbe inevitabilmente pesanti ricadute sull'attività di prevenzione di fenomeni inappropriati di assenteismo e quindi sul contenimento degli sprechi di risorse pubbliche;
   nel 2012, l'Inps ha speso circa due miliardi di euro per le indennità di malattia, a fronte /dei cinquanta milioni spesi per i controlli fiscali, dei quali oltre la metà sono stati recuperati dall'ente previdenziale grazie alla rettifica di prescrizioni rivelatesi non coerenti con l'effettivo stato di salute dei pazienti o con errori materiali o di interpretazione della normativa vigente;
   nella risposta sopra menzionata, il Ministro conclude affermando che: «A decorrere dal 20 giugno 2013, la procedura per l'assegnazione ai medici iscritti nelle liste dell'Inps delle visite mediche di controllo disposte d'ufficio è nuovamente operativa»;
   in realtà, dal 20 giugno 2013, le visite pro capite assegnate ai sanitari si sono attestate a sole tre-sei unità al mese, media destinata ad azzerarsi per effetto della nota ufficiale della direzione generale Inps del 1o ottobre 2013, in cui si legge che: «(...) in conseguenza dell'andamento della spesa sostenuta per l'esecuzione delle suddette visite nei mesi da gennaio a settembre 2013, allo stato attuale, non è più possibile proseguire ad un'ulteriore assegnazione mensile delle visite stesse»;
   il presunto miglioramento dell'efficienza dell'azione amministrativa, pure evocata nella risposta scritta del Ministro: «(...) con una più attenta selezione dei casi da monitorare ... anche grazie all'utilizzo di innovativi strumenti tecnologici, quali un sistema di Data Mining (...)» si è rivelata di fatto molto lacunosa, dal momento che il cosiddetto «data mining» presenta vistosi profili di inadeguatezza, in particolare per quanto attiene alle visite ai lavoratori affetti da gravissime ed irreversibili patologie, che forse meriterebbero la valutazione di un medico competente e non il giudizio per il tramite di un software;
   analoghe perplessità esistono sui costi e sull'effettiva utilità delle «valigette informatiche», sugli incomprensibili ritardi che registra l'avvio della nuova procedura Savio (volta a semplificare l'assegnazione delle visite ai medici in lista) e sul passaggio al cosiddetto «polo unico», ovvero la riorganizzazione dell'intera medicina di controllo in grado di superare l'attuale situazione dualistica, in cui convivono due poli diversificati: uno di pertinenza ASL competente sui lavoratori dell'amministrazione pubblica e l'altro di pertinenza INPS, competente sui lavoratori del settore privato –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per dare concreto seguito a quanto dichiarato nella risposta all'interrogazione n. 4-00381 pubblicata il 9 agosto 2013 in ordine alla ripresa a pieno regime delle visite medico-fiscali e alla conseguente salvaguardia degli incarichi in essere dei 1300 sanitari Inps, alla necessità di garantire reale efficienza ai servizi di controllo fiscale attraverso strumenti e sistemi informatici «esperti» in grado di coadiuvare il medico nello svolgimento delle proprie mansioni di prevenzione di fenomeni inappropriati di assenteismo ed infine in ordine alla inderogabile esigenza di avviare la riorganizzazione del «polo unico» da affidare all'Inps.
(4-02189)


   D'ARIENZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento del decreto-legge n. 76 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 2013, in materia di lavoro occasionale accessorio si colloca nel solco nettamente tracciato dalla legge n. 92 del 2012: ampliamento indifferenziato della platea e delle possibilità del ricorso al lavoro a mezzo del cosiddetto voucher, con l'unico limite del dato economico connesso alla retribuzione (5.000 euro nel corso dell'anno solare, 2.000 euro nei confronti del singolo committente imprenditore commerciale o professionista);
   viene confermata la scelta del legislatore della recente riforma del mercato del lavoro di rimuovere incertezze applicative, con una sostanziale indifferenza rispetto a qualsiasi qualificazione della natura del rapporto di lavoro accessorio, il cui unico requisito è rappresentato dai predetti limiti economici;
   il decreto-legge n. 76 del 2013 rimuove alcune scorie determinate da un incompleto coordinamento della originaria disciplina del decreto legislativo n. 276 del 2003 con la legge n. 92 del 2012;
   in particolare l'eliminazione all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003 delle parole «di natura meramente occasionale», risolve definitivamente, ed in maniera univoca, le incertezze interpretative che si erano poste circa la natura da riconoscere al lavoro occasionale ed accessorio. Se, cioè, a tale tipologia contrattuale, dovesse ascriversi una propria peculiare natura, da individuare appunto nella «mera» occasionalità ovvero se, in ogni caso, fosse sufficiente rispettare i limiti economici, a prescindere dalla tipologia della prestazione lavorativa richiesta. Questa seconda soluzione, comunque già prospettata in una chiave interpretativa coerente con l'impianto normativo della fattispecie contrattuale, trova adesso il conforto del testo di legge, che attraverso l'eliminazione di quel riferimento, esclude chiaramente la sussistenza di qualsiasi parametro diverso da quello retributivo, con quest'ultimo che si conferma indice esclusivo della liceità del ricorso al voucher;
   la previsione del riformato comma 4-bis dell'articolo 72 del decreto legislativo n. 276 del 2003, infine, prende in considerazione le particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell'ambito di progetti promossi da amministrazioni pubbliche, per le quali il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari;
   la previsione rappresenta una sorta di (circoscritto) ritorno alle origini dell'istituto, nato limitatamente a determinati soggetti a rischio di esclusione sociale;
   l'attuale regime generale non esclude la plausibilità di eccezioni come quelle citate, dovendo però rimettere ogni giudizio sulla efficacia della scelta di politica legislativa al momento in cui tali premesse saranno concretamente attuate con gli strumenti previsti dal decreto-legge n. 76 del 2013;
   il decreto-legge n. 76 del 2013 introduce una specifica modifica all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 che disciplina alcuni aspetti in materia di contenimento della spesa pubblica;
   in particolare a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni, ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;
   per le medesime amministrazioni la spesa per personale, relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le disposizioni si applicano anche alle regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale;
   la stessa norma prevede che a decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale. Ora il decreto-legge n. 76 del 2013 estende la possibilità per gli enti locali di derogare al limite di spesa anche alle spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276;
   la maggioranza del comune di Colognola ai Colli (VR) ha respinto una mozione presentata da alcuni consiglieri di minoranza volta all'utilizzo dei voucher per prestazioni di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 276 del 2003 per un progetto volto a sostenere nuclei familiari in difficoltà e a rendere disponibili alla collettività risorse lavoro per offrire ulteriori servizi al territorio del citato comune, giustificando la contrarietà con l'inapplicabilità della norma agli enti locali e, quindi, l'impossibilità di aderire alla proposta. Ciò, ad avviso dell'interrogante, contrasta la norma e rende inutile lo sforzo del legislatore nel delicato settore del mondo del lavoro –:
   se non ritenga doveroso chiarire la norma in questione in modo da consentire una scelta libera da equivoci che possono, in casi come quello descritto in premessa, comportare un'inutile rigidità. (4-02199)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI, GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da diverse fonti stampa si apprende che la Commissione europea ha deciso di non intraprendere nessuna azione di protezione contro la malattia della «macchia nera» degli agrumi riscontrata nelle importazioni in Europa dal Sudafrica;
   la «macchia nera» è un fungo, la guignardia citricarpa (Phyllosticta citricarpa), inserito nella lista dei patogeni e degli insetti di cui è vietata l'introduzione elaborate dal «European and mediterranean plant protection organization» , ed e presente in Africa e in America latina (Argentina e Brasile);
   il Copa-Cogeca, per voce del segretario generale Pekka Pesonen ha chiesto lo stop dell'importazione di agrumi contaminati dal Sudafrica al fine di evita contaminazioni e proteggere i 300 ettari di frutteti di agrumi europei e le 10 milioni di tonnellate di frutti prodotti;
   la malattia della «macchia nera» non è presente in Europa, ma si trasmette facilmente da un frutto all'altro e, in settembre, ben 10 carichi contaminati sono stati individuati ai confini con il Sudafrica;
   in Italia vengono importati ogni anno oltre 43 milioni di chilogrammi di agrumi dal Sudafrica inoltre, il nostro Paese ha anche una importante attività vivaistica di produzione di piante di agrumi destinate alla realizzazione di frutteti o per fini ornamentali e la «macchia nera» potrebbe danneggiare fortemente anche la filiera vivaistica comunitaria;
   anche l'EFSA ha avvertito in merito all'alto rischio di contaminazione e per questo le stesse autorità sudafricane hanno deciso di sospendere le importazioni da alcune regioni dal 18 settembre al 3 ottobre 2013, quando, però, la campagna delle esportazioni era quasi finita;
   il Copa Cogeca, che da oltre un anno chiede l'adozione di misure di protezione dalla contaminazione, ha esortato la Commissione dell'Unione europea a prendere urgentemente dei provvedimenti, ricordando l'importanza del settore degli agrumi in Europa, sia dal punto di vista economico, sia da quello sociale: il comparto fornisce, infatti, prodotti di buona qualità per 500 milioni di consumatori europei e assicura occupazione a milioni di persone nelle aree rurali dell'Ue, specialmente nei Paesi del Sud;
   a parere degli interroganti i controlli sui prodotti della filiera agroalimentare importati da paesi extra Unione europea, e che quindi sottostanno a regolamentazioni e limitazioni diverse rispetto a quelle stabilite nell'Unione, dovrebbero essere più stringenti. Oltre a patogeni diffusi in altri continenti, è importante, infatti, ricordare, che in molti Paesi del mondo i prodotti alimentari vengono trattati con fitosanitari banditi in Europa, che spesso, però, ritroviamo sulle nostre tavole –:
   se non ritenga opportuno intervenire con urgenza presso le competenti sedi comunitarie al fine di promuovere l'adozione di misure di salvaguardia del settore agrumicolo europeo, a tutela dell'economia del comparto, della qualità dei prodotti e della salute dei consumatori;
   se non ritenga opportuno incentivare il sistema dei controlli sui prodotti agricoli provenienti da Paesi terzi al fine di impedire la commercializzazione degli alimenti contaminati da pesticidi proibiti nel territorio unionale. (5-01226)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, MANTERO, DALL'OSSO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'acufene, disfunzione del sistema uditivo che porta alla percezione di un suono in assenza di una stimolazione sonora, è una patologia devastante ad impatto molto negativo sulla qualità della vita e colpisce entrambi i sessi senza distinzione di età;
   questa patologia è una vera e propria malattia invalidante che affligge in Italia circa il 8-10 per cento della popolazione, secondo i dati forniti dall'A.I.T. onlus;
   gli effetti sono negativi sulla capacità di concentrazione e attenzione, ma anche nella vita di relazione con cambio di condotte e stili di vita, in quanto vuol dire vivere per mesi, o decenni sentendo nelle orecchie o nella testa rumori fastidiosi;
   l'acufene provoca uno stato invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del ritmo sonno-veglia, e del livello di attenzione e concentrazione;
   l'incidenza del sintomo dell'acufene è piuttosto rilevante (10-14 per cento della popolazione mondiale), mentre in Italia tale patologia affligge circa il 10 per cento;
   al momento la ricerca scientifica risulta molto limitata sul versante dell'approfondimento diagnostico-terapeutico di questo disturbo –:
   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere al fine di dare la giusta attenzione sanitaria e socio assistenziale ai soggetti affetti da tale patologia, anche favorendo e sollecitando le istituzioni scientifiche per ulteriori approfondimenti diagnostico-terapeutici;
   quali iniziative si intendano intraprendere ovvero siano già avviate per stimolare e sostenere la ricerca e gli studi sull'acufene, sia al fine di incrementare e potenziare le strutture atte ad aiutare le persone colpite da tale patologia, sia per avviare una campagna di conoscenza e sensibilizzazione su questo tema.
(4-02181)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   FERRARA, PELLEGRINO, LACQUANITI, PILOZZI, AIRAUDO, DI SALVO e SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Ideal Standard è una grossa realtà industriale che da quasi cento anni opera nel settore dell'arredo del bagno con 3 stabilimenti in Italia: Orcenico (PN) 450 lavoratori, Trichiana (BL) 578, Roccasecca (FR), circa 300 dipendenti;
   a metà giugno 2013, in un incontro al Ministero dello sviluppo economico per conoscere il piano industriale della Ideal Standard, anche in vista della scadenza, a dicembre, dei quattro anni di contratti di solidarietà, la dirigenza del gruppo ha parlato di riduzione di produzione e anche di chiusura di uno dei tre stabilimenti, in considerazione della crisi del mercato;
   il mercato è stato più negativo di quanto previsto e le prospettive sono di un calo anche nei prossimi anni. La capacità produttiva degli stabilimenti è di 2 milioni di pezzi, mentre il mercato oggi arriva a 1-1,2 milioni al massimo;
   tra le prospettive ventilate dall'azienda si annoverava l'importazione di volumi produttivi in Italia da altri stabilimenti, l'utilizzo di altri ammortizzatori sociali o l'introduzione del part-time per tutti i siti. A tali prospettive è stata aggiunta anche la vendita di uno o più stabilimenti, la chiusura di uno o il ridimensionamento della produzione di tutti e tre;
   durante l'incontro che si è tenuto il 17 luglio 2013 al Ministero dello sviluppo economico Ideal Standard Industriale ha proposto, in primo luogo, di individuare e implementare insieme alle organizzazioni sindacali nuove iniziative finalizzate all'incremento della competitività e secondariamente di cessare la produzione di ceramica presso lo stabilimento di Orcenico a partire dal 1o gennaio 2014;
   detta proposta comporta di fatto, la perdita di 450 posti di lavoro a Orcenico. Il piano prevede altresì che le attività di bathing & wellness e di NPD ceramico, attualmente collocate in Orcenico, siano trasferite a Trichiana ed assorbite dal suo attuale organico, che sarà preso dal settore ceramico e formato su questi nuovi profili professionali. La conseguenza di questa proposta è quella di consentire ai lavoratori di Trichiana e Roccasecca di tornare a un impiego a tempo pieno;
   ad avviso degli interroganti, la chiusura dello stabilimento di Orcenico non rappresenta la soluzione giusta. Quel che, invece, servirebbe è dare una risposta concreta perseguendo l'obiettivo di:
    a) mantenere i tre siti produttivi attraverso la presentazione di un articolato piano aziendale;
    b) convocare, attivando la rete diplomatica italiana, la proprietà, ovvero Bain Capital, al fine di avere piena consapevolezza delle strategie industriali perseguite;
    c) individuare un percorso teso a garantire una qualche forma di ammortizzatore sociale visto che il 31 dicembre 2013 scade l'ultimo dei 4 anni dei contratti di solidarietà;
   non è più sostenibile dare una risposta ai problemi industriali con operazioni incentrate solo sulla continua riduzione dei costi e scarsi investimenti sulle attività produttive, facendo pagare ai lavoratori e alla fiscalità generale le conseguenze delle eccedenze di personale e delle chiusure degli stabilimenti. Nel caso in questione si gioca il futuro dell'intera compagnia e la sorte di circa 450 lavoratori;
   ad avviso degli interroganti sarebbe necessario un piano di investimenti capace di incrementare performance e volumi produttivi, oltre che una strategia commerciale volta a recuperare quote di mercato;
   bisognerebbe anche ideare un nuovo tipo di ammortizzatore sociale che accompagni il lavoratore nel corso del piano di rilancio industriale dell'azienda;
   dopo che sono trascorsi anni di contratti di solidarietà e con una situazione di prospettiva incerta, la proprietà, laddove convocata, non dovrebbe sottrarsi al confronto –:
   se il Governo non intenda porre in essere ogni iniziativa di competenza volta ad affrontare le problematiche legate ad una vertenza che, purtroppo, si è ulteriormente complicata in questi ultimi mesi, affinché la proprietà di Ideal Standard attui un piano di rilancio industriale veramente credibile che punti alla valorizzazione delle fabbriche e dei lavoratori, nonché allo sviluppo delle tecnologie e delle innovazioni, e, quindi, se intenda convocare con urgenza la proprietà di Ideal Standard al fine di scongiurare qualsiasi ipotesi di chiusura per lo stabilimento di Orcenico. (5-01233)


   BOMBASSEI e OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 20 febbraio 2009, n. 23, nell'attuare la direttiva 2006/117/Euratom relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito, ha esteso l'obbligo di controllo radiometrico alle importazioni di prodotti semilavorati metallici;
   il successivo decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 100, ha previsto che con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con altri Ministri, dovessero essere elencati i prodotti semilavorati metallici oggetto della sorveglianza e che nelle more dell'emanazione di quel provvedimento il controllo dovesse essere effettuato su tutti i semilavorati elencati in via provvisoria dallo stesso decreto legislativo n. 100 del 2011;
   da oltre due anni, dunque, lo sdoganamento di tutti i prodotti semilavorati metallici viene effettuato previo controllo radiometrico a carico degli importatori per il tramite di esperti qualificati iscritti in appositi albi;
   risulta che l'obbligo di controllo radiometrico nella fase di sdoganamento delle importazioni di prodotti semilavorati metallici non sia previsto dalle normative comunitarie, ma sia un adempimento introdotto esclusivamente dall'ordinamento nazionale;
   conseguentemente quel controllo costituisce un onere supplementare che grava sulla procedura di sdoganamento in Italia, mentre non sussiste nelle procedure di sdoganamento delle altre dogane comunitarie;
   a tutt'oggi non è stato emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con altri Ministri, per definire le categorie merceologiche rientranti nella definizione di «prodotti semilavorati metallici» con la conseguenza che il controllo radiometrico è attualmente molto esteso –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte ad armonizzare, in materia di controllo radiometrico, l'ordinamento nazionale con le direttive europee e con la prassi seguita dagli altri Stati europei in modo da non gravare le importazioni in Italia di oneri supplementari creando uno svantaggio competitivo per la logistica nazionale rispetto a quella degli altri Stati comunitari, e se non reputi opportuno, qualora sia ritenuto indispensabile mantenere il controllo radiometrico sulle importazioni di prodotti semilavorati metallici presso le dogane, emanare al più presto direttive volte a definire i prodotti rientranti nella definizione di «semilavorati metallici» al fine di limitarne il più possibile le categorie, anche tenuto conto che la gran parte dei prodotti metallici già viene sottoposta a controlli sanitari nella fase di sdoganamento. (5-01234)


   CANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azionista unico della Carbosulcis spa, con sede nella provincia di Carbonia Iglesias, è l'assessorato all'industria della regione autonoma della Sardegna, che è pertanto direttamente responsabile della gestione dell'azienda e dei relativi risultati operativi, oltre che delle strategie industriali e delle eventuali deficienze rispetto a quanto previsto dalla normativa dell'Unione europea applicabili al settore carboniero;
   la Carbosulcis spa, unica miniera di carbone attualmente ancora attiva sul territorio nazionale, è coinvolta in due procedure di indagine da parte dell'Unione europea e più precisamente:
    la procedura d'indagine per aiuto di Stato SA.20867 (2012/NN) per l'aiuto di Stato concesso (e non notificato alla EU) alla Carbosulcis dal 1998 al 2010;
    la procedura d'indagine per aiuto di Stato SA.33424 (2011/N) per l'aiuto di Stato notificato relativamente al Progetto Integrato CCS Sulcis –:
   a che punto siano giunte le interlocuzioni in atto tra Carbosulcis spa, regione Sardegna, Ministero dello sviluppo economico e Unione europea relativamente al problema esposto in premessa. (5-01235)


   VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia internazionale è la società di informatica, in house all'Agenzia ICE, «Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane». Gli impiegati di RetItalia internazionale operano da più di 30 anni per la mission dell'ICE e grazie alle competenze di tali professionisti dell’information technology, RetItalia internazionale è stata in grado di offrire servizi professionali integrati, in un ampio spettro di aree tematiche, attraverso un approccio basato sull'utilizzo di metodologie, conoscenze e innovative tecnologie informatiche;
   il 22 gennaio 2013 l'Agenzia ICE ha deliberato la vendita di RetItalia internazionale per un contratto quinquennale pari a 15 milioni di euro (IVA inclusa), ossia 3 milioni annui (IVA inclusa). Tale valore economico non consente la sopravvivenza lavorativa di più della metà del personale di RetItalia internazionale, poiché il costo della società è pari a circa 4,3 milioni di euro (IVA esclusa); in relazione alle limitate risorse rese disponibili dall'Agenzia ICE, le professionalità e lo stesso patrimonio informatico, in gestione a RetItalia internazionale, rischiano di andare dispersi in conseguenza dell'alienazione della società;
   per ovviare a ciò, salvaguardare gli investimenti fatti, capitalizzare le risorse e le conoscenze professionali disponibili, si ritiene che la soluzione meno rischiosa per l'integrità del patrimonio informatico e la salvaguardia dei livelli occupazionali, dei 65 lavoratori della società, sia quella di mantenere RetItalia internazionale nel circuito della pubblica amministrazione;
   si è appreso con soddisfazione che il Viceministro Calenda si è occupato in prima persona della situazione drammatica degli impiegati di RetItalia internazionale contribuendo attivamente ad alleggerire una cassa integrazione estremamente penalizzante avviata a maggio del 2012;
   nelle riunioni con l'Agenzia ICE e il Viceministro Calenda è stato assicurato ai rappresentanti sindacali che sarebbero stati informati circa le eventuali eccedenze emerse dalla relazione dell'advisor che ha redatto la due diligence e il bando di gara, al fine di trovare soluzioni che consentissero la piena collocazione di tutti i lavoratori di RetItalia internazionale, non trascurando di sondare e percorrere anche soluzioni alternative alla vendita, assolutamente prima della pubblicazione del bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale;
   ciò nonostante i rappresentanti sindacali non sono stati informati né su quanto è emerso dalla analisi effettuata, né sulle strategie da adottare per la salvaguardia dei 65 posti di lavoro degli impiegati di RetItalia internazionale;
   risulta che l'incontro con ICE e con l’advisor, avvenuto il 24 settembre 2013 ha destato ulteriori notevoli preoccupazioni sulla piena collocazione di tutti i lavoratori della società;
   le agitazioni sono legate all'assenza di riscontri certi in merito alla salvaguardia di tutti i posti di lavoro a due settimane circa dall'emissione del bando di gara per la vendita della società con:
    a) un contratto allegato al bando di gara, pari a 3 milioni di euro inclusa IVA, vale a dire circa 2,3 milioni che risulta insufficiente per la garanzia dei livelli occupazionali;
    b) l'esclusione dal bando e dal contratto dei seguenti due progetti di rilievo e di carattere strategico, assegnati nel 2011 e nel 2012 dal Ministero dello sviluppo economico:
     1. il portale «made in Italy», un sistema di vetrine virtuali e commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale;
     2. l’international trade hub-Italia, un portale sponsorizzato dal «tavolo strategico nazionale per la trade facilitation» che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione –:
   per quali ragioni non si siano trovate soluzioni che consentano la piena salvaguardia dei posti di lavoro, prima di procedere alla consegna del bando di gara all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e se si intendano assumere iniziative per la sospensione della pubblicazione del suddetto bando di gara al fine di trovare soluzioni per la piena occupazione dei lavoratori di RetItalia internazionale e, non per ultimo, mantenere competenze e conoscenze all'interno del circuito della pubblica amministrazione. (5-01236)


   CRIPPA, FANTINATI, VALLASCAS, PRODANI, PETRAROLI, MUCCI, DA VILLA e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo italiano non ha mai stabilito come debbano avvenire i controlli di routine previsti dalla legge sui contatori dell'energia elettrica;
   il caos generato da tale mancanza ha finito con l'avvantaggiare solo Enel, ex monopolista, proprietaria delle reti e privatizzata nel 1997;
   si apprende dalla stampa di settore che dal 2001 al 2006 il colosso dell'elettricità ha installato 32 milioni di contatori elettronici del valore di poche decine di euro costruiti in Cina e progettati da «Echelone», società americana partecipata proprio da Enel per circa l'8 per cento del suo valore;
   l'operazione è stata pubblicizzata come uno straordinario passo avanti nel progresso, in quanto i contatori elettronici avrebbero potuto permettere ai consumatori di conoscere quanto realmente consumavano momento per momento, avrebbero potuto essere letti a distanza e avrebbero reso possibile gestire una tariffa multioraria, cioè che permettesse di scegliere in che fascia oraria consumare energia a seconda del prezzo;
   di fatto i cosiddetti contatori «intelligenti» sono apparecchi non omologati scrupolosamente, mai verificati da un ente terzo incaricato dallo Stato, certificati solo su base volontaria dall’«IMQ» (Istituto italiano del marchio di qualità), e, come di nuovo segnalato da riviste di settore, spesso marchiati con un «CE» identico nella grafica al marchio «China Export» che solleva più di un dubbio sulla loro conformità alla legislazione europea;
   su istanza dei costruttori (per i contatori elettronici mai pervenuta) dovrebbe essere il Ministero dello sviluppo economico a dover approvare i vari strumenti di misura legali, diversi da quelli esplicitamente indicati nel vecchio testo unico del 1890;
   l'ufficio metrico della provincia di Milano, competente in materia, su segnalazione dei consumatori è già intervenuto più volte sequestrando alcuni contatori elettronici fuori norma, cioè privi delle marcature metriche legali, e sanzionando distributore ed erogatore dell'energia elettrica per la violazione dell'articolo 692 del codice penale;
   secondo la legge i controlli sul buon funzionamento e sulla corretta taratura dei contatori elettronici devono avvenire regolarmente a opera di un ente terzo;
   il decreto-legge 2 febbraio 2007, n. 22, che recepisce la direttiva europea 2004/22/CE del 31 marzo 2004 sugli strumenti di misura nota anche come direttiva MID («Measuring Instruments Directive»), stabiliva che con decreto ministeriale venissero assegnati i compiti di vigilanza sul mercato (articolo 14) e attribuiva al Ministero dello sviluppo economico il compito di disciplinare l'esecuzione dei controlli metrologici successivi (articolo 19): quanto previsto all'articolo 14 è stato espletato con decreto del 29 agosto 2007 che affida alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura i compiti di vigilanza sul mercato, mentre al momento il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora emesso quanto stabilito dall'articolo 19;
   è quindi stato stabilito dal decreto legislativo sopra menzionato chi deve vigilare, ma non come farlo –:
   quali immediate iniziative il Ministero dello sviluppo economico intenda adottare affinché venga colmata la lacuna normativa summenzionata rendendo di fatto efficienti le misurazioni dei consumi elettrici privati e industriali visto che il sistema attuale presenta una serie di criticità tali da rischiare l'aggravio ingiustificato delle bollette degli utenti. (5-01237)


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, complice la crisi economica, l'Italia ha ceduto parti importanti del suo patrimonio industriale in favore di investitori esteri, perdendo via via asset che sono sempre stati considerati strategici per la crescita economica del Paese;
   dopo il caso Alitalia, l'ultima, in ordine di tempo, è la vicenda che riguarda la cessione del controllo di Telecom a Telefonica, che in un prossimo futuro porterebbe il gruppo spagnolo ad avere il controllo della rete di telecomunicazione italiana;
   in venti anni le vendite di Stato hanno bruciato un patrimonio di imprese, tecnologie e conoscenze da cui, tranne in pochissimi casi, non sono emersi nuovi soggetti industriali per l'economia italiana;
   i processi di privatizzazione in Italia hanno avuto obiettivi diversificati che, se da un lato hanno aumentato la competitività del Paese e ridotto il debito pubblico, dall'altro, per le scelte in merito alle modalità di intervento nel settore, non si sono dimostrate pienamente efficaci; anteponendo la volontà di privatizzare a quella di salvaguardare gli interessi strategici dell'economia nazionale;
   con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito. con modificazioni. dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, è stata emanata una disciplina innovativa in materia di poteri di intervento dello Stato in caso di operazioni straordinarie riguardanti imprese attive nei settori strategici della difesa e della sicurezza nazionale, delle comunicazioni, energia e trasporti, prevedendo che il Presidente del Consiglio possa, attraverso un proprio decreto, esprimere un veto a quelle operazioni che diano luogo a situazioni di pregiudizio per gli interessi del Paese;
   sembra che il Governo stia pensando ad inaugurare una nuova stagione di politiche per la privatizzazione che potrebbe interessare comportati di interesse strategico per il Paese –:
   quale sia la strategia che il Governo intenda perseguire per l'adozione di un'organica politica industriale di rilancio del sistema produttivo italiano, ed in particolare, se non ritenga di esercitare i poteri attribuitigli dalla legge in materia di assetti societari per le attività di rilevanza strategica in tutti quei processi di vendita che interessano imprese attive in settori di particolare rilevanza per il Paese.
(5-01238)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con un totale di circa 4.500 dipendenti e un indotto di oltre 1000 unità, la ST, la Micron e la 3Sun, rappresentano la linfa dell'economia catanese, la più importante risorsa sociale e industriale del meridione e dovrebbe essere considerata dal Governo nazionale un asset strategico per l'Italia;
   le recenti difficoltà di Micron e 3Sun, i 5 miliardi di euro messi a disposizione dall'Unione europea, non ancora utilizzati e che in mancanza di un accordo istituzionale entro l'autunno potrebbero perdersi, e in considerazione delle speculari manifestazioni d'interesse da parte dei governi francese e italiano nei confronti della ST, richiedono chiarezza e urgenti misure da parte del Governo nazionale;
   la Micron che a Catania occupa circa 300 dipendenti ha già ridotto in Italia, nell'ultimo anno, la propria forza lavoro da 3200 a 1110 unità, palesando così l'intenzione di delocalizzare. Con l'annuncio di un ulteriore taglio del personale del 5 per cento a livello globale e in assenza di investimenti, l'odierno interrogante e la Ugl-metalmeccanici, temono per la sorte dei lavoratori catanesi impegnati nell'attività di progettazione delle memorie;
   nei paesi orientali, Micron come qualsiasi multinazionale dell'ITC, gode di convenienze fiscali, incentivi e i lavoratori usufruiscono di maggiori garanzie occupazionali; da poco Micron ha acquisito Elpida e, considerando che in Giappone non sarebbe possibile licenziare i dipendenti per 5 anni dall'acquisizione, il rischio di tagli potrebbe riguardare entro il 2014 i lavoratori siciliani;
   per quanto riguarda 3Sun, il fotovoltaico è diventato un mercato difficile e complesso non perché manchi la domanda ma per l'eccessiva offerta da parte delle aziende produttrici che si trovano, tra l'altro, a dover competere anche con la concorrenza sleale, a giudizio dell'interrogante e dell'Ugl-metalmeccanici, della concorrenza cinese;
   a tal proposito, inutili si sono dimostrati i dazi antidumping;
   a causa della nuova organizzazione societaria che vede due ST separate e indipendenti, una francese e l'altra italiana, e analizzati i diversi interessi che il Governo italiano e quello francese hanno nei confronti dell'industria dei semiconduttori lo scenario futuro risulta inquietante. Con i suoi 280 «billions» di dollari di business l'elettronica è considerato nel mondo tra i settori più strategici su cui ogni Stato, purtroppo tranne l'Italia, continua ad investire;
   la ST francese beneficerà d'incentivi pubblici che ammonterebbero a circa 1 miliardo di euro, 600 milioni messi a disposizione dal Governo francese, 100 milioni da parte delle comunità locali (regione e comune) e circa 300 milioni di euro provenienti dalla Unione europea. Dal Governo italiano, dalla regione siciliana e dal comune di Catania invece, non ci risultano manifestazioni di interesse particolari;
   le multinazionali investono nei territori in cui trovano maggiori convenienze. Ed infatti, il nuovo investimento societario di ST ammonta a 2.1 miliardi di euro (più 1 miliardo di euro di finanziamenti pubblici) in Francia, e 540 milioni (tra l'altro condizionati dal risultato del margine lordo) per l'Italia, senza aiuti di Stato;
   per ciò che concerne le sedi italiane della St-Microelectronics, il sito milanese ha beneficiato di maggiori attenzioni rispetto allo stabilimento etneo, soprattutto in termini occupazionali, tant’è che ad Agrate sono state assunte circa 700 unità, a Catania nessuna nonostante gli accordi prevedano un aumento di circa 150 nuove unità a fronte della ormai collaudata turnazione a ciclo continuo;
   la Commissione europea ha varato una campagna per mobilitare nuovi fondi per lo sviluppo di semiconduttori e chip;
   l'obiettivo è quello di espandere la base manifatturiera europea di punta al fine di permettere che la produzione di chip raddoppi fino a rappresentare circa il 20 per cento della produzione mondiale per un investimento complessivo di 100 miliardi di euro fra il 2013 e il 2020;
   la Francia sta utilizzando le risorse europee a favore delle aziende che sono insediate anche in Sicilia;
   per mancanza di altre manifestazioni di interesse i poli europei di eccellenza dell'elettronica sono considerati dall'Unione europea solo Dresda, Eindhoven/Lovanio, Grenoble, Cambridge, la Carinzia, Dublino e Milano;
   le principali iniziative della Commissione europea (CE) nel periodo maggio-agosto 2013 riguardano: la comunicazione, in data 2 maggio, su Energy technologies and innovation, che definisce le strategie in tale settore e pone l'accento sulla necessità di un approccio di sistema, incentrato sulla fornitura di servizi energetici efficienti. Tra le aree che richiedono maggiore attenzione vi sono l'efficienza energetica (edifici, consumo energetico industriale), la sostenibilità, sicurezza, ed efficienza del sistema energetico (stoccaggio, trasporto, risposta alla domanda, partecipazione attraverso IT), il consumo energetico delle città (Smart Cities and Communities) e le tecnologie alternative (eolico off-shore, oceans, solare a concentrazione, tecnologie diheating/cooling); l'adozione, in data 6 maggio 2013, di una nuova strategia Investing in green infrastructure per promuovere il ricorso alle infrastrutture verdi e far sì che il miglioramento dei processi naturali diventi parte integrante della pianificazione territoriale. La strategia verterà sulla promozione delle infrastrutture verdi nelle politiche principali, migliorare la ricerca, facilitare l'accesso ai finanziamenti per progetti dedicati e sostenere i progetti di infrastrutture verdi a livello di Unione europea;
   la proposta, in data 23 maggio 2013, di una nuova strategia industriale per l'elettronica (New european industrial strategy for electronics) per coordinare gli investimenti pubblici nel settore della micro e nanoelettronica (semiconduttori e circuiti integrati o chip) con l'intento di espandere la base manifatturiera europea di punta mobilizzando 100 miliardi di euro di investimenti privati;
   l'integrazione, in data 25 giugno 2013, dei Fondi strutturali (Fondo europeo di sviluppo regionale – FESR e Fondo sociale europeo – FSE) al portale unico dedicato ai finanziamenti dell'Unione europea forniti agli imprenditori e alle PMI. Il portale (Single portal on european Union finance) fornisce informazioni semplici, complete e aggiornate per accedere a oltre 100 miliardi di euro di vari programmi dell'Unione europea per il periodo 2007-2013 –:
   in che modo e se intenda avviare le procedure previste dall'obiettivo 1 e dagli ultimi provvedimenti da parte dell'Unione europea, necessarie per la valorizzazione del territorio e per la tutela degli stabilimenti esistenti, impiegando le risorse pubbliche, europee e nazionali, con la finalità di rimuovere le disuguaglianze di sviluppo, incrementare le opportunità di crescita e l'inclusione sociale;
   in che modo intende sostenere l'industria d'eccellenza dei semiconduttori e dell'energie rinnovabili insediate a Catania e se abbia già avviato dei progetti per accedere alle nuove misure varate dall'Unione europea, con particolare riferimento alle seguenti iniziative comunitarie: tecnologie alternative (eolico off-shore, oceans, solare a concentrazione, tecnologie diheating/cooling), Investing in green infrastructure e New European Industrial Strategy for Electronics. (4-02183)


   REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il forte incremento della generazione distribuita, in gran parte dovuto alle cosiddette fonti rinnovabili non programmabili – FRNP (fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente, biogas), verificatosi negli ultimi anni, ha contribuito a porre sempre più l'attenzione dei regolatori e degli operatori sulla necessità di gestire meglio i flussi di energia elettrica intermittenti connessi alle suddette FRNP transitanti nella rete e di ottimizzare le attività di dispacciamento sulla medesima rete, in modo da minimizzare gli oneri per i consumatori finali, utilizzando ai diversi livelli della rete stessa i sistemi di accumulo a batteria (di seguito ESS-electrical storage);
   al crescente interesse verso questa soluzione si è manifestato non solo a livello di operatori di rete (TSO-DSO), ma anche a livello di produttori di energia elettrica, sia di grande e media taglia che di piccola e piccolissima taglia (prosumer), ad esempio per massimizzare, in maniera sempre più efficiente ed intelligente, la quota di energia elettrica prodotta da FRNP e direttamente auto consumata;
   anche l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha posto attenzione sul problema nei suoi atti regolatori (delibera 199/11 e successive modificazioni e integrazioni per il periodo regolatorio 2012-2015), prevedendo la maggiorazione del tasso di remunerazione degli investimenti per realizzazione di progetti pilota in sistemi di accumulo a batteria-ESS, sia nell'ambito di ottimizzazione delle attività di trasmissione che di quelle di distribuzione dell'energia elettrica nel nostro Paese. Per la parte trasmissione, come noto, sono stati già avviati da TERNA i progetti sia di tipo «energy intensive» che di tipo «power intensive»;
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, meglio conosciuto come V Conto Energia, all'articolo 11, comma c) e d), ha conferito un ulteriore mandato all'Autorità per l'Energia elettrica e il gas di definire:
    a) le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di accumulo, anche integrati con gli inverter, per migliorare la gestione dell'energia prodotta, nonché per immagazzinare la produzione degli impianti nei casi in cui, a seguito dell'attuazione di quanto previsto alla lettera precedente, siano inviati segnali di distacco o modulazione della potenza;
    b) le modalità con le quali i gestori di rete possono mettere a disposizione dei singoli soggetti responsabili eventualmente in alternativa alla soluzione precedente, capacità di accumulo presso cabine primarie;
   in ambito CEI, anche con il mandato dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il CT 316 ha posto in inchiesta pubblica le varianti delle norme tecniche CEI 0-16 (per MT) e CEI 0-21 (per BT), relative alle connessioni alle reti elettriche dei distributori, che contemplano le definizioni dei sistemi di accumulo e i relativi schemi di connessione alla rispettive reti, comprensivi del posizionamento e delle caratteristiche funzionali dei contatori per la misura dell'energia elettrica. Prima dell'inchiesta pubblica del CEI, alla fine del mese di giugno 2013 si è tenuta una riunione tecnica presso la sede dell'RSE a Milano per discutere tra i vari soggetti tecnici competenti (CEI, AEEG, GSE) e definire il posizionamento degli strumenti di misura in relazione all'introduzione dei sistemi di accumulo negli impianti che percepiscono gli incentivi stabiliti dai vari Conti energia;
   il principale DSO ha già emesso un bando di qualificazione per costituire un albo di fornitori di sistemi di accumulo per applicazioni legate a varie necessità di ottimizzazione delle reti di AT-MT-BT in concessione al medesimo;
   il quadro normativo tecnico relativo alle connessioni dei sistemi di accumulo alla rete in Italia sarà presto completato e contenuto negli aggiornamenti ufficiali delle norme CEI 0-16 e CEI 0-21 che sono in fase avanzata di stesura e con previsione di emanazione a valle della prossima riunione del CT 316 del CEI fissata per il 12 novembre 2013;
   in data 20 settembre 2013 il GSE ha pubblicato sul proprio portale web la seguente news (o comunicazione digitale):
    «Con riferimento alle richieste di chiarimenti pervenute al GSE in merito alla possibilità d'installazione di sistemi di accumulo su impianti già ammessi agli incentivi, si precisa quanto segue. Nelle more della definizione e della completa attuazione del quadro normativo e delle regole applicative del GSE per l'utilizzo dei dispositivi di accumulo, ai fini della corretta erogazione degli incentivi, non è consentita alcuna variazione di configurazione impiantistica che possa modificare i flussi dell'energia prodotta e immessa in rete dal medesimo impianto, come ad esempio la ricarica dei sistemi di accumulo tramite l'energia elettrica prelevata dalla rete. A tal proposito si rammenta che il GSE, nel caso in cui dovesse accertarne la sussistenza, nell'ambito delle verifiche effettuate ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 28 del 2011, applicherà le sanzioni previste dal medesimo articolo, ivi inclusa la decadenza dal diritto agli incentivi e il recupero delle somme già erogate;
   una disposizione di tale natura da parte del GSE non può a essere oggetto di una semplice news (priva di ogni valenza legale) sul proprio portale, ma deve essere contenuta in un documento ufficiale attuativo delle regole che il GSE ha il mandato di emettere e pubblicare. Non si comprendono quindi le motivazioni alla base della suddetta news pubblicata in data 20 settembre 2013 dal GSE, che si ritiene essere in palese contrasto con quanto comunicato ad Anie Energia un anno fa. Inoltre si ritiene che, ai fini dell'erogazione della tariffa incentivante per la produzione di energia elettrica da FER, non rientri nel mandato del GSE vietare l'installazione di apparecchiature – che rappresentano dei carichi che prelevano energia anche dalla rete – nell'ambito dell'impianto dell'utente attivo. Si ritiene infatti a titolo di esempio che un utente attivo incentivato possa dotarsi ed installare all'interno del proprio impianto un UPS che preleva energia dalla rete e, quindi, non comprendiamo il motivo per cui è stato introdotto il divieto per l'installazione dei sistemi di accumulo;
   si rileva come in tale situazione il mandato del GSE (nel suo ruolo di garante della corretta erogazione delle tariffe incentivi alle FER) debba circostanziarsi nell'indicare all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas che deve deliberare in merito, numero, posizionamento, caratteristiche e tipologia degli strumenti di misura (contatori bidirezionali in assetto anti-frode fiscale) per erogare correttamente gli incentivi previsti dalle norme di legge, con le opportune diversificazioni in relazione al tipo di tariffa incentivante (feed in premium o tariffa onnicomprensiva, quest'ultima suddivisa tra tariffa per autoconsumo e tariffa per l'energia elettrica immessa in rete);
   l'ambito normativo tecnico relativo ai sistemi di accumulo, che compete al CEI, non nega il diritto all'utente di installare nel proprio impianto un sistema di accumulo, anche in assenza di norme;
   a questo proposito si evidenzia come sia Enel distribuzione che Terna abbiano già realizzato e stiano realizzando sistemi di accumulo sulla base di proprie prescrizioni indipendentemente dal fatto che non esistono ancora norme di sistema/prodotto relativamente ai sistemi di accumulo –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza, affinché, vengano emanati nel più breve tempo possibile gli indispensabili provvedimenti regolamentari ed attuativi, in modo da completare il quadro regolatorio sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili (in particolare fotovoltaici) in ambito sia residenziale che commerciale e industriale e venga quindi totalmente superata nel merito e nei fatti l'incresciosa situazione di incertezza normativa e regolatoria che la succitata news del GSE del 20 settembre 2013 non ha certo contributo a risolvere. (4-02184)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Binetti ed altri n. 1-00174, nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Iori, Di Vita, Rampelli, Borghese, Marazziti, Rampi, Rubinato e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Binetti, Iori, Di Vita, Rampelli, Borghese, Buttiglione, Cera, Cesa, Adornato, Gigli, Fucci, Marazziti, Calabrò, Rampi,  Rubinato, Sberna, Pagano».

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in commissione Damiano e altri n. 7-00119, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paris.

  La risoluzione in commissione Binetti e altri n. 7-00128, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rondini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in commissione Causi n. 5-01164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Petrini.

  L'interrogazione a risposta scritta Rampi e altri n. 4-02146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cova.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini n. 4-02115, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 93 del 9 ottobre 2013.

   MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, PARENTELA, MARZANA e TOFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il liceo scientifico statale «A. Meucci» di Ronciglione (Viterbo) ha una storia di 40 anni ed è ubicato su tre plessi diversi nella città di Ronciglione. Il plesso centrale si trova in un palazzo storico del XVII secolo ed ha in assegnazione locali ed aule in comune con la scuola media, la scuola di musica comunale e la banda musicale municipale di Ronciglione;
   il plesso centrale del liceo comprende aule, laboratori didattici; uffici amministrativi, presidenza e sala professori adattata. In tali ambienti, a quanto consta agli interroganti, sono presenti numerosi elementi non a norma, quali, ad esempio, servizi igienici fatiscenti ed insufficienti, pavimenti sconnessi, assenza di un'aula magna, di una sala professori adeguata e di una palestra. A causa di quest'ultimo aspetto, il curricolo di educazione fisica è svolto nella palestra comunale che per essere raggiunta, richiede lo spostamento delle classi con tempi di percorrenza di 30 minuti, tra andata e ritorno, per ogni ora di lezione;
   presso l'amministrazione provinciale di Viterbo risulta fermo da cinque anni un fondo, di provenienza sia della regione Lazio sia della stessa provincia, di 1.500.000 euro destinato all'edificazione di una nuova sede, da erigere su di un terreno, vincolato ad edilizia scolastica già da decenni, limitrofo all'altro plesso, del liceo «Meucci», più moderno e regolamentato tre anni fa alla normativa antisismica;
   nella fascia sud-ovest della provincia di Viterbo, esistono ben cinque licei scientifici: a Civita Castellana, Nepi, Ronciglione, Vetralla, Viterbo, ad una distanza media di circa 10 chilometri l'uno dall'altro, in un territorio di notoria dispersione antropica e tra questi, il più recente risulta essere quello di Nepi, sorto nel 2008 come liceo scientifico statale «ad indirizzo Linguistico» e nel 2010 con i due indirizzi di liceo scientifico e liceo linguistico: la provincia di Viterbo ha proceduto nel 2012 alla notifica dell'esproprio ai proprietari del terreno vincolato per edilizia scolastica per il liceo di Ronciglione;
   nel 2012 è stato depositato il progetto esecutivo della nuova sede del liceo di Ronciglione presso l'ufficio tecnico del comune di Ronciglione;
   l'attuale assessore all'edilizia scolastica della provincia di Viterbo ha reso alcune dichiarazioni circa la «cancellazione» del fondo per la nuova sede del liceo «Meucci» di Ronciglione;
   il sindaco di Civita Castellana ha sollevato dei rilievi indirizzati al presidente della provincia di Viterbo, sullo spreco di danaro pubblico derivante dalla presenza di aule vuote a Civita Castellana, in concomitanza al pagamento di un canone di affitto per i locali del liceo di Nepi;
   ad avviso degli interroganti, forse a causa del possibile conflitto di interessi che potrebbe venire a verificarsi a causa del fatto che il ruolo di assessore al bilancio della provincia di Viterbo e di sindaco di un comune della provincia medesima sia occupato dalla stessa persona, si è fatto un cattivo impiego nell'attuale periodo di austerity che grava sul bilancio dello Stato, in considerazione della circostanza che la provincia di Viterbo, dal 2008, paga un canone di affitto per i locali del liceo scientifico di Nepi, per il quale è stato inserito, nel piano triennale opere pubbliche 2012/2014 della stessa provincia, la costruzione di una palestra –:
   se vi siano ricadute sulle comunità scolastiche e concomitanti processi diseducativi serpeggianti tra le famiglie degli studenti, delle disfunzioni, dei tagli e degli spostamenti del personale nonché della dequalificazione del servizio scolastico statale, erogato alla popolazione prodotti da una vera e propria guerra degli organici, innescata dall'incongruenza e patologica proliferazione di uno stesso indirizzo liceale su di un territorio limitato;
   se intendano sostenere, anche sulla scorta dell'emergenza di edilizia scolastica che questo Governo si è impegnato a fronteggiare, le legittime, pluridecennali aspettative dell'intera comunità educativa del liceo scientifico statale «A. Meucci» di Ronciglione, ad avere ambienti moderni e funzionali all'attività di formazione delle giovani generazioni. (4-02115)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Decaro e altri n. 4-02045 del 3 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-01229;
   interrogazione a risposta scritta Liuzzi e altri n. 4-02164 del 15 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-01224;
   interrogazione a risposta scritta Liuzzi e altri n. 4-02165 del 15 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-01223.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in commissione Cariello e altri n. 5-01217 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 97 del 15 ottobre 2013. Alla pagina 5773, prima colonna, alla riga prima, deve leggersi: «CARIELLO, DE LORENZIS, DAGA,» e non «CARIELLO, DE LORENZIS, FEDRIGA,» come stampato.