Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 10 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    secondo quanto stabilito dalla legge n. 210 del 1992 i cittadini italiani infettati da Hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati hanno diritto a un'indennità che deve essere rivalutata ogni anno in base al tasso d'inflazione;
    è stato presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo da 162 persone infettate poiché lo Stato italiano non ha mai pagato la rivalutazione annuale, che costituisce una parte consistente dell'indennizzo, e con il decretolegge n. 78 del 2010 quest'ultima è stata addirittura abolita;
    i ricorrenti non hanno ricevuto le somme dovute per la rivalutazione annuale anche dopo che la Corte costituzionale con una sentenza del 2011 ha dichiarato incostituzionale il decreto-legge 78 del 2010;
    la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che lo Stato deve versare a tutti gli infettati l'indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210 del 1992 e che l'adozione da parte del Governo del decreto-legge d'urgenza n. 78 del 2010 sulla questione della rivalutazione viola il principio dello Stato di diritto e del diritto dei ricorrenti a un processo equo,

impegna il Governo

ad ottemperare la sentenza della Corte europea dei diritti umani del 3 settembre 2013 emessa nel procedimento M.C. ed altri contro Italia secondo la quale lo Stato entro sei mesi deve versare a tutti gli infettati, circa 80.000 in tutta Italia, l'indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210 del 1992.
(7-00125) «Lorefice, Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Dall'Osso, Grillo, Mantero, Cecconi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il sistema agroalimentare italiano è una eccellenza riconosciuta a livello mondiale e la tutela dei prodotti agroalimentari è condizione indispensabile non solo alla difesa delle produzioni italiane ma anche alla conservazione e promozione delle identità dei territori e alle sapienti tecniche di produzione strettamente legate alle aree geografiche di provenienza;
    il contrasto alla contraffazione è uno degli elementi essenziali della strategia di difesa delle produzioni tipiche e passa necessariamente attraverso l'informazione ai consumatori, posto che l'agropirateria è uno degli aspetti maggiormente lesivi della competitività internazionale dei prodotti italiani di qualità, e che circa tre prodotti su quattro sono venduti come made in Italy pur essendo ottenuti da materia prima straniera;
    l'uso ingannevole di nomi, denominazioni, immagini e loghi allo scopo di falsificare l'identità merceologica degli alimenti è ormai un'emergenza in continuo aumento unitamente al dilagare di pratiche commerciali sleali nella presentazione degli alimenti, in particolare per quanto concerne la reale origine geografica degli ingredienti utilizzati;
    al fine di contenere tale fenomeno assume un'importanza vitale la questione dell'etichettatura d'origine dei prodotti alimentari. L'indicazione in etichetta del luogo di origine o di provenienza delle materie prime utilizzate e dell'eventuale impiego di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati è infatti l'unica informazione che garantisca sicurezza e trasparenza ai consumatori;
    la legge 3 febbraio 2011, n. 4, disponendo l'obbligo di riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza dei prodotti alimentari commercializzati, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, e prevedendo adeguate sanzioni in caso di violazione degli obblighi prescritti, è un riferimento normativo essenziale a limitare e contrastare i fenomeni di contraffazione e pirateria commerciale, ancorché la sua effettiva applicazione risulti al momento sospesa in attesa della emanazione dei decreti ministeriali di attuazione;
    sarebbe inoltre opportuno che i suddetti decreti disponessero, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica,

impegna il Governo:

   ad adottare entro il 31 maggio 2014 i decreti ministeriali di attuazione dell'articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, al fine di rendere immediatamente applicabile la normativa sull'etichettatura di origine dei prodotti agroalimentari a tutela dei consumatori e degli operatori della filiera;
   ad assumere iniziative per prevedere, per talune tipologie di prodotti, modalità di inserimento volontario in etichetta di specifici sistemi di sicurezza realizzati mediante elementi di identificazione elettronica e telematica.
(7-00126) «Gallinella, Gagnarli, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Benedetti, Parentela, Lupo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BONAVITACOLA, AMENDOLA, CAPOZZOLO, TINO IANNUZZI, IMPEGNO, MANFREDI, PALMA, PAOLUCCI, SALVATORE PICCOLO, ROSTAN, TARTAGLIONE e VALIANTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Viceministro Vincenzo De Luca, alla data odierna, non ha ancora ricevuto alcuna delega per l'effettivo esercizio della predetta funzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   si tratta dell'unico caso di Viceministro, fra i dieci nominati nel Governo, a non avere ancora ricevuto le deleghe a distanza di cinque mesi dalla nomina;
   tale circostanza assume ancor più rilievo ove si consideri il complesso delle competenze spettanti proprio al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che accorpa le funzioni in passato spettanti a ben tre ministeri (marina mercantile, lavori pubblici, trasporti);
   proprio in ragione dei casi, come quello in esame, di enorme concentrazione di funzioni in capo ad in unico Ministero per effetto dell'accorpamento di una pluralità di Ministeri pregressi, il legislatore (legge n. 81 del 2001 che ha modificato l'articolo 10 della legge n. 400) ha introdotto la previsione della nuova figura del viceministro, cui delegare comparti tematici omogenei del Ministero interessato;
   l'articolo 1 della legge n. 81 del 2001 espressamente recita : «1. All'articolo 10, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Fermi restando la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico dei ministri ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, a non più di dieci sottosegretari può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative all'intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri”»;
   tali deleghe debbono essere conferite per consentire l'esercizio effettivo e pieno delle funzioni di viceministro;
   sono innumerevoli le problematiche che ricadono nelle competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che si ripropongono in termini di grande emergenza, dalla realizzazione delle grandi reti su ferro e gomma, alle vicende del traffico aereo, alle azioni prioritarie e scadenze in campo portuale;
   proprio la complessità delle problematiche in esame richiede che tutti i titolari di cariche di governo presso detto Ministero possano coadiuvare in modo proficuo l'azione del Ministro competente, nell'ambito della sua attività d'indirizzo e coordinamento –:
   quali iniziative urgenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano promuovere per l'attuazione della legge n. 81 del 2001, con il conferimento delle deleghe di funzioni al Viceministro Vincenzo De Luca. (5-01187)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 ottobre 2013 la Puglia e precisamente il comune di Ginosa e la frazione di Marina di Ginosa in provincia di Taranto, sono state colpite da eventi metereologici di eccezionale notevole intensità che hanno determinato alluvioni ed allagamenti e causato ingentissimi danni ad opere infrastrutturali, ad abitazioni ed alle colture, nonché il decesso di 3 cittadini, mentre allo stato attuale risulterebbe dispersa un'altra persona;
   l'area colpita non è nuova a simili eventi metereologici e già due anni fa un violento nubifragio provocò devastazioni e allagamenti. In particolare, l'area è già stata drammaticamente colpita nel 2010 e nel 2011 con analoghi danni ad opere infrastrutturali e ad abitazioni, nonché alle attività agricole per le quali le imprese danneggiate sono ancora oggi in attesa di ricevere atti concreti di ristoro da parte dello Stato;
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, per i danni causati dal disastro del 2011 furono messi a disposizione del comune di Ginosa 4,6 milioni di euro, dei quali 3 dal dipartimento nazionale della protezione civile e 1,6 dalla regione Puglia. L'erogazione di questi fondi avvenne direttamente agli aventi diritto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Fino ad oggi sarebbero stati trasferiti e spesi 3,4 milioni di euro e ne resterebbero da impiegare ancora 1,2 e questo malgrado vi sia stata la nomina di due commissari per la gestione contabile di questi fondi;
   l'area jonica colpita dal nubifragio è molto estesa e comprende principalmente l'agro di Ginosa, la zona del Metapontino, Laterza, Castellaneta, Palagiano e Palagianello, una zona la cui conformazione naturale la pone ad una quota più bassa rispetto a tutte le aree circostanti e quindi di fatto costituisce un bacino di raccolta delle acque provenienti da monte. Tale circostanza in presenza di eventi meteo di eccezionale intensità, come quelli verificatisi, la espone ai rischi di alluvioni ed allagamenti dovuti al convogliamento naturale di enormi quantità d'acqua che vengono ad interessare questa zona. È quindi inevitabile che in queste occasioni vengano a distruggersi le colture nelle campagne coinvolgendo tutte le produzioni agricole;
   nel corso della nottata tra il 7 e l'8 di ottobre 2013, in una sola ora di tempo le eccezionali precipitazioni atmosferiche che hanno interessato il versante occidentale della provincia jonica, hanno provocato l'esondazione di due fiumi quali il Bradano e il Lado che hanno causato danni anche nei paesi limitrofi ed anche nella vicina Basilicata;
   nello stesso arco di tempo, secondo quanto si evince dagli organi di stampa, si sono verificati importanti allagamenti anche a Lecce e nel Basso Salento, mentre a Brindisi è esondato il canale Patri;
   secondo quanto affermato dai quotidiani locali, il ponte sulla strada statale 580, tra Ginosa e Ginosa Marina, in provincia di Taranto, è stato irrimediabilmente danneggiato a causa della enorme quantità d'acqua che si è riversata su questi territori;
   la protezione civile pugliese, ha avviato in queste ore la constatazione e valutazione dei danni ed è stata avviata l'istruttoria da parte degli uffici regionali per la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza di protezione civile da parte dello Stato;
   secondo quanto si evince dai dati della Protezione Civile pugliese, l'evento pluviometrico che ha dato origine al fenomeno di dissesto idrogeologico verificatosi ha avuto inizio, nello specifico, il giorno 6 ottobre 2013 alle ore 10,00 locali (08.00 UTC) ed è terminato il giorno 8 ottobre 2013 alle ore 22.00 locali (20.00 UTC). Le precipitazioni hanno interessato principalmente le provincie di Taranto, Lecce e Brindisi con valori cumulati che localmente, nel territorio regionale, hanno superato i 200 mm;
   in particolare, le precipitazioni registrate nella zona di Ginosa sono state le più alte arrivando a ben 243 mm;
   la protezione civile pugliese ha valutato l'eccezionalità del nubifragio confrontando i valori delle massime intensità di pioggia registrate durante l'evento, per ciascuna stazione di rilevamento, sia con le rispettive curve di probabilità pluviometrica sia con i valori massimi storici;
   secondo quanto affermato in queste ore dalla protezione civile pugliese, allo stato attuale permane la situazione di criticità sulla viabilità a valle del comune di Ginosa e rimane interdetto il transito sulla strada 580 dal bivio di Girifalco verso il Comune a causa della impossibilità di transitare sul ponte irrimediabilmente danneggiato;
   la protezione civile pugliese afferma che «...l'evento pluviometrico che ha interessato Ginosa è da ritenersi eccezionale avendo superato abbondantemente il tempo di ritorno T=100 anni ed avendo superato i massimi storici per le durate 1-3-6 ore. L'evento pluviometrico che ha interessato Ginosa Marina è da considerarsi di moderata intensità avendo tempi di ritorno compresi tra 10-20 anni e non avendo superato i massimi storici. L'evento pluviometrico che ha interessato Castellaneta (TA) è da considerarsi di elevata intensità avendo tempi di ritorno compresi tra 20-50 anni e non avendo superato i massimi storici...»;
   la Confederazione italiana agricoltori ha stimato che gli eventi verificatisi hanno causato danni per decine di milioni di euro: tra Ginosa, Castellaneta, Laterza e nei comuni della zona orientale da San Giorgio ad Avetrana. Infatti, moltissimi ettari di ortaggi e vigneti da tavola e da vino, frutteti e agrumeti, sono stati del tutto distrutti; sono stati danneggiati anche capannoni ed abitazioni. Inoltre, la pioggia rende tuttora difficile la percorribilità delle strade rurali e gli accessi nelle aziende a causa della presenza di fango e detriti trasportati dalla violenza dell'acqua con conseguenti fermi nelle produzioni;
   secondo quanto si evince dai dati di Coldiretti Puglia, la violenza del nubifragio ha distrutto 50 milioni di euro di prodotti agricoli, pari a circa il 10 per cento della produzione lorda vendibile del territorio, colpendo non solo la provincia di Taranto, ma anche quelle di Lecce e di Brindisi;
   i fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano il nostro Paese sono stati ampiamente trattati proprio in questo periodo alla Camera dei deputati a conferma della intenzione del Parlamento di impegnare il Governo ad intervenire per programmare investimenti che consentano l'operatività immediata di un piano strategico nazionale per la messa in sicurezza dei territori italiani interessati dal pericoloso fenomeno;
   in particolare, la risoluzione 8-00016 approvata in VIII Commissione alla Camera dei deputati ha inteso impegnare il Governo a prevedere nel prossimo disegno di legge di stabilità per il 2014 stanziamenti pluriennali certi, pari ad almeno 500 milioni annui, per la realizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i soggetti istituzionali territorialmente preposti, di un piano organico con obiettivi a breve e medio termine per la difesa del suolo nel nostro Paese –:
   in considerazione degli eventi esposti in premessa, quali iniziative di competenza intenda adottare affinché siano avviate tutte le procedure utili al riconoscimento dello stato di calamità naturale in favore dei comuni colpiti ed in particolare di Ginosa, consentendo l'individuazione di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza;
   se il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito dell'impegno economico previsto dalla risoluzione 8-00016 approvata dalla VIII Commissione ambiente non intenda destinare risorse per realizzare quelle opere di regimentazione idraulica indispensabili e necessarie per scongiurare il ripetersi dei tragici eventi, come quelli che in questi anni hanno interessato la provincia di Taranto, da programmarsi nel piano strategico nazionale delle opere per la messa in sicurezza del territorio nazionale;
   se il Ministro delle politiche agricole, forestali e alimentari non intenda assumere iniziative per concedere, ai sensi della normativa vigente, a favore delle aziende agricole danneggiate i seguenti aiuti: contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile ordinaria; prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo; proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento atmosferico calamitoso; contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte. (4-02123)


   POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il problema della «terra dei fuochi», rappresentato dalla firmataria del presente atto in una precedente interrogazione del mese di luglio, descrive, probabilmente, il più grande disastro ambientale della storia del nostro Paese, una vera e propria emergenza nazionale;
   quella che un tempo era denominata «Campania Felix», per le sue bellezze naturali e le sue ricchezze agroalimentari, è diventata il «quadrilatero della morte»: dal litorale domitio, all'agro aversano-atellano, all'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, un intero territorio colpito dal fenomeno dei roghi e dall'abbandono incontrollato di rifiuti solidi urbani, di rifiuti speciali, pericolosi e non, con conseguenze gravi per la salute, per l'ambiente e per la sicurezza;
   questo disastro ambientale si inserisce nel più ampio quadro delineato dal primo studio dell'Istituto superiore di sanità, per il quale tutta l'area che va da Giugliano a Villaricca, fino al litorale domitio, è inquinata da discariche abusive, dall'interramento di rifiuti illegali, successivamente incendiati, in gran parte provenienti dalle imprese del Nord, con la complicità della camorra, che hanno contaminato la falda acquifera e 2.000 ettari di terreni agricoli circostanti, inquinati da fanghi tossici, metalli pesanti e sostanze chimiche;
   secondo l'Istituto superiore di sanità, in Campania, nell'area ex Resit di Giugliano, l'inquinamento è senza rimedio: 20 chilometri quadrati «morti», 220 ettari di veleni senza possibilità di bonifica;
   nella stessa area sono triplicate le malattie in meno di venti anni con una forte incidenza di tumori, malformazioni feto-neonatali ed epigenetica;
   il piano regionale delle bonifiche delinea una Campania avvelenata con 183 siti di certa contaminazione e 3.000 aree da analizzare, per le quali servirebbero 500 milioni di euro; per il momento è iniziata la sola messa in sicurezza della zona che comprende le discariche Resit, Novambiente, Masseria del Pozzo nel Giuglianese, e sono stati stanziati dalla regione Campania 5 milioni di euro per il contrasto all'abbandono e ai roghi di rifiuti nella terra dei fuochi;
   il territorio di Giugliano è gravato dalla presenza nel sito di Taverna del Re, di 6 milioni di tonnellate di rifiuti racchiusi nelle cosiddette «ecoballe» che una norma nazionale ha disposto siano bruciate in un termovalorizzatore da realizzare a Giugliano, contro il quale sono scese in campo le comunità locali sostenute dalla Chiesa e dalla politica;
   nella seduta di consiglio regionale della Campania del 7 ottobre 2013 il presidente della regione Campania Stefano Caldoro, citando i contenuti della relazione Balestri redatta per la procura della Repubblica che sta indagando sull'inquinamento delle terre campane, ha detto che «Ci vorranno 80 anni per bonificare i territori dell'area nord di Napoli, la bonifica non sarà completa prima del 2050 e, quanto al percolato, senza avviare gli interventi, bisognerà aspettare il 2080»;
   non si può che constatare che tale situazione sia drammatica e drammaticamente compromessa, per il presidente della regione Campania è un'emergenza nazionale tale da richiedere l'intervento del Governo, anche per mettere a disposizione le risorse necessarie, e che necessiti che tale problema debba estendersi anche sul piano europeo, in quanto la Campania non è stata solo lo sversatoio dei rifiuti tossici di Italia e particolarmente del Nord, ma anche dell'Europa ed i prodotti agricoli delle terre contaminate della Campania sono diffusi in Italia ma anche in Europa –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per:
   a) urgentemente «elevare» l'emergenza ambientale campana a emergenza nazionale, istituendo una task-force nazionale presieduta dal Ministro dell'ambiente, con le istituzioni campane, affinché il disastro ambientale in Campania sia la priorità nella destinazione delle risorse statali e dei fondi europei della programmazione 2014/2020;
   b) garantire che l'Europa sia coinvolta sul piano politico ed economico, sollecitando le istituzione europee a fare parte della task-force e ad individuare adeguati e tempestivi interventi per far fronte al disastro ambientale in Campania;
   c) rafforzare le misure di prevenzione e di controllo del territorio e di repressione contro la camorra e la criminalità organizzata e destinare alle bonifiche dei territori della Campania i patrimoni confiscati alla criminalità organizzata;
   d) rafforzare sul piano normativo ed applicato il principio secondo cui «chi inquina paga», inasprendo le pene previste per i reati ambientali e prevedendo le bonifiche in danno alle industrie che, in complicità con la camorra, si sono rese responsabili di sversamenti illegali di rifiuti nel territorio campano;
   e) garantire l'impegno a recuperare la fiducia dei cittadini e a scendere in campo accanto alle comunità locali, per difendere il diritto alla salute e alla salubrità e vivibilità dell'ambiente;
   f) fare propri i contenuti della risoluzione che il consiglio regionale della Campania ha approvato nella seduta del 7 ottobre 2013;
   g) abrogare le modifiche normative che hanno declassificato i siti campani da siti di interesse nazionale a siti di interesse regionale, una scelta immotivata ed assurda alla luce del disastro ambientale campano. (4-02133)


   POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che attraversa il vettore nazionale rischia di travolgere settori portanti dell'economia del Paese, a partire dal turismo, e di causare decine di migliaia di licenziamenti, sia nella società Alitalia sia nell'indotto aeroportuale;
   dalle notizie apparse sulla stampa in queste ultime settimane e dalle interviste rilasciate da autorevoli esponenti dell'Esecutivo emergono posizioni diverse, in alcuni casi persino distanti, sulle misure da adottare per scongiurare quello che sarebbe un autentico disastro per la nostra già traballante economia e per il sistema dei trasporti italiano;
   prima di ogni altra considerazione appare indispensabile chiarire responsabilità e ruoli giocati in questa vicenda dai soci privati e dalle banche nella gestione della compagnia e questo compito spetta al Governo ed in particolare ai Ministri preposti allo sviluppo economico ed alle infrastrutture e trasporti;
   occorre mettere in campo uno sforzo straordinario per richiamare ognuno alle proprie responsabilità al fine di salvaguardare un asset indispensabile per la crescita del Paese senza che questo, però, comporti un onere ulteriore per i contribuenti tanto più, se finalizzato a regalare la società ad una impresa concorrente –:
   se risponda al vero la notizia di un imminente commissariamento di Alitalia e quale sia l'esito degli incontri che ci sono stati in queste ore con l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato;
   se risponda al vero quanto riportato su alcuni quotidiani circa il fatto che il consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti avrebbe minacciato le dimissioni in massa in caso di coinvolgimento nel salvataggio di Alitalia. (4-02134)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001, anche grazie alle proposte dell'Italia, a Genova fu assunto l'impegno alla costituzione di un Fondo Globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria;
   nel 2002 a Ginevra le Nazioni Unite costituirono questo Fondo destinato alla lotta alle grandi pandemie;
   dalla sua nascita il Fondo Globale ha consentito di finanziare programmi sanitari in 151 paesi del mondo che hanno curato 5 milioni di persone malate di AIDS, 11 milioni malati di tubercolosi, mentre contro la malaria sono stati acquistati oltre 300 milioni di zanzariere trattate con insetticidi appropriati;
   il Fondo Globale è il principale finanziatore dei programmi sanitari di cooperazione internazionale;
   la diffusione dell'HIV-AIDS si è rallentata, così come la malaria e la tubercolosi sono state contrastate con efficacia in particolare in Africa i decessi per AIDS negli ultimi anni si sono ridotti di 1/3;
   ciononostante nel 2011 si sono registrati 2,7 milioni di morti per AIDS e tubercolosi, mentre a causa della malaria nel 2010 i morti sono stati quasi 700 mila;
   la crisi economica internazionale dal 2008 ha avuto un riflesso negativo sul finanziamento del Fondo globale da parte dei Paesi donatori;
   pur avendo avuto l'Italia un ruolo importante nella costruzione del Fondo Globale con contributi nel 2001 di 200 milioni di euro, nel 2002 e nel 2003 rispettivamente di 100 milioni divenendo così il secondo donatore dopo gli USA con un totale di 790 milioni di euro complessivi, l'Italia dal 2009 non rispetta più nessun impegno e non ha provveduto a dare contributi –:
   se non intenda provvedere rapidamente ad onorare gli impegni a contribuire al Fondo Globale per recuperare un ruolo positivo nella lotta alle grandi pandemie nei Paesi più poveri del mondo.
(3-00373)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevuto segnalazioni che presso il consolato generale di Barcellona da circa 2 anni l'unico numero messo a disposizione degli utenti per contattare il Consolato (n. 807505883) è a pagamento ad un costo di 1,27 euro al minuto;
   si ipotizza che a tale numero non risponde il personale del consolato bensì quello di un call center i cui servizi sono naturalmente a pagamento;
   si tratterebbe di un caso tipico di «esternalizzazione» dei servizi che si traducono in un progressivo smantellamento delle strutture consolari, con evidenti ricadute negative sull'utenza, che si vede costretta, tra l'altro, a sottostare ad un inutile balzello per servizi sempre più carenti;
   non si conosce se e quali procedure di gara siano state esperite per l'affidamento esterno di tali servizi, qual è il potenziale margine di guadagno che ne deriverebbe all'affidatario e se analoghe procedure siano state messe in atto presso altre sedi diplomatico-consolari –:
   se il Ministro possa confermare quanto sopra ipotizzato e cosa intenda fare per agevolare un gratuito flusso di informazioni fra il consolato generale di Barcellona e gli utenti residenti in quella circoscrizione anche attraverso un eventuale potenziamento delle strutture di quell'ufficio. (5-01185)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FEDI, AMENDOLA, TIDEI, GARAVINI, FITZGERALD NISSOLI, CHAOUKI e BENI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   la drammatica vicenda di Lampedusa ha rivelato come la maggior parte dei migranti del naufragio fosse di nazionalità eritrea. Si tratta di persone che fuggono da un paese che, nonostante abbia raggiungo l'indipendenza da oltre 20 anni, è annoverato fra i Paesi con le più significative violazione dei diritti umani;
   l'ampio uso di detenzione e tortura a danno dei suoi cittadini e la politica di prolungata leva obbligatoria stanno determinando una crisi dei diritti umani e inducendo un numero crescente di eritrei a scappare dal Paese. E quanto affermano numerosi studi di Amnesty, Human Rights Watch e Freedom House;
   il rapporto «Service For Life: State Repression and Indefinite Conscription in Eritrea» documenta gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo eritreo, tra le quali arresti arbitrari, tortura, terrificanti condizioni detentive, lavoro forzato e severe restrizioni alle libertà di movimento, di espressione e di culto. Il rapporto analizza inoltre la difficile situazione affrontata dagli eritrei che riescono a fuggire in altri Paesi come Libia, Sudan, Egitto ed Italia;
   in particolare nei confronti dei cittadini costretti ad emigrare e delle loro famiglie vengono compiute violazioni dei diritti umani e coercizione. Questo rende i cittadini desiderosi di emigrare ancora più a rischio di diventare preda di trafficanti di esseri umani;
   anche quando riescono a fuggire dal Paese non sono mai realmente liberi poiché il Governo eritreo ha deciso di tassare tutti i redditi ottenuti all'estero dai propri cittadini per un valore pari al 2 per cento di quanto guadagnato, indipendentemente da quanto i cittadini eritrei versino in termini di imposte nel Paese in cui il reddito è prodotto o dall'esistenza di accordi sulla doppia imposizione;
   questo tributo, conosciuto anche come «diaspora taxation», pur essendo legale e legittimo, è stato oggetto di attenzione anche da parte delle Nazioni Unite che nella risoluzione n. 1907 del 2009, nella quale è stato imposto l'embargo all'esportazione di armi verso l'Eritrea, chiede che vengano attentamente controllate tutte le forme di finanziamento di questo traffico, inclusa possibilmente la diaspora taxation, la principale forma di raccolta di valuta pesante che ha il regime eritreo; nella risoluzione n. 2023 del 2011 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condanna inoltre l'uso della diaspora taxation come fattore economico che serve a destabilizzare la situazione nel Corno d'Africa –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere nelle sedi internazionali e nei rapporti diplomatici bilaterali con l'Eritrea per assicurare il rispetto dei diritti umani;
   come si stia vigilando sull'eventuale raccolta della diaspora taxation visto il monito della risoluzione n. 1907 del 2009 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che invita a vigilare su eventuali «estorsioni, uso della violenza, frode o altri mezzi illegittimi» utilizzati dalle autorità eritree per ottenere la riscossione della tassa. (5-01193)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   FANTINATI, BUSINAROLO e TURCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 29 luglio 2013, il consiglio comunale di Negrar ha approvato il nuovo Piano degli interventi che, a giudizio dell'interrogante, presenta aspetti e decisioni in grado di stravolgere per sempre il patrimonio storico e paesaggistico della Valpolicella, lembo della provincia veronese tra i più belli, area ricca di cultura e tradizioni, custode di una delle produzioni vinicole più prestigiose d'Italia;
   il piano prevede la realizzazione di 393 appartamenti da 100 metri quadrati, per un totale di 110 mila metri cubi residenziali, cui vanno sommate altre cubature per un centro commerciale, un albergo e un parcheggio;
   ad essere interessata dal piano è in particolare l'area di Arbizzano, dove la distribuzione dei metri cubi di cemento e dei permessi di costruzione era stata definita dal Pat, il piano di assetto territoriale, redatto per favorire una distribuzione ragionata delle concessioni di costruzione a privati da parte del comune, prevedendo quindi un insediamento che poteva essere utilizzato per ripopolare frazioni collinari con la realizzazione di case ed edifici;
   il piano di assetto territoriale inoltre, mirava a salvaguardare le aree che nel passato erano state sottoposte a massiccia edificabilità, come nel caso di Arbizzano;
   a tal fine, il territorio comunale è stato suddiviso in 25 Ato (ambiti territoriali omogenei), con indicato il carico insediativo residenziale limite da non superare per ciascuno di essi;
   nel piano degli interventi, deliberato in prima battuta nel luglio 2013, i carichi insediativi massimi per ciascun ambito territoriale omogeneo hanno subito modifiche consistenti rispetti a quanto contenuto nel piano di assetto territoriale;
   ciò che ha reso possibile l'aumento di cubature previste è il meccanismo dei cosiddetti crediti edilizi, «una quantità volumetrica o di superficie edificabile riconosciuta a seguito di demolizione di opere incongrue, l'eliminazione di elementi di degrado, la realizzazione di interventi di miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica e ambientale, anche all'interno degli ambiti di riqualificazione e riconversione urbanistica e ambientale»;
   sono circa 250 le richieste di edificabilità pervenute al comune da parte di privati e di queste una parte considerevole prevede il trasferimento dei crediti edilizi dalle aree montane — dove sono stati abbattuti capannoni fatiscenti — al territorio di Arbizzano, biglietto da visita della Valpolicella e zona commercialmente più appetibile;
   l'approvazione o il rigetto delle richieste di trasferimento del credito edilizio è a totale discrezione dell'Amministrazione comunale;
   il sindaco ha approvato tutte le richieste dei privati;
   è in dirittura d'arrivo l'approvazione definitiva del piano degli interventi prevista dopo la scadenza dei termini per le osservazioni al documento urbanistico;
   la zona maggiormente colpita da questa lottizzazione è quella che comprende le splendide ville venete: Villa Serego Alighieri, Villa Fedrigoni, Villa Beraldini, Villa Zamboni, e altri edifici di enorme interesse storico;
   il piano degli interventi è fortemente contestato dai residenti che hanno dato vita ad un comitato di cittadini «Salva Arbizzano» i quali stanno promuovendo anche una raccolta di firme per una petizione popolare;
   anche il Wwf si sta mobilitando a favore della tutela ambientale dell'area interessata alla lottizzazione;
   la Valpolicella, per i territori compresi nei comuni di Fumane, Marano, Negrar, Sant'Ambrogio di Valpolicella, Sant'Anna d'Alfaedo e San Pietro in Cariano è stata dichiarata, con decreto ministeriale 23 maggio 1957, zona di «...notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497», «...riconosciuto che la zona predetta, oltre a formare un quadro naturale di non comune bellezza panoramica con le sue ville e parchi famosi, con le chiese romaniche, con le sue quattrocentesche case coloniche e con il verde dei vigneti ed oliveti, che copre per intero la parte collinare della valle, costituisce un insieme di grande valore estetico e tradizionale per la spontanea fusione dell'opera della natura con quella dell'uomo»;
   l'11 giugno 2010 è stato presentato alla regione Veneto un progetto di legge d'iniziativa popolare per l'istituzione del parco regionale della Valpolicella, con l'obiettivo di tutelare un'area di grande valore ambientale e paesaggistico che nell'ultimo mezzo secolo è stata oggetto di un processo inarrestabile di urbanizzazione, antropizzazione e congestione, giunto ormai vicino al punto di non ritorno –:
   quali iniziative s'intendono assumere con urgenze al fine di evitare una colata di cemento senza precedenti che rischia di condannare alla devastazione l'area di Arbizzano con conseguenze gravi e irreversibili sulla vivibilità dell'intera Valpolicella. (3-00374)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2004, nel comune di San Felice sul Panaro (Modena), è stato completamente demolito un edificio della fine del ’500 conosciuto come «villa granaio del vescovo di Modena»;
   tale edificio era di notevole interesse storico-culturale e l'importanza è stata rilevata anche da diverse ricerche storiche;
   nel 1980 e nel 1992 le istituzioni locali, in occasione di due censimenti urbanistici, non hanno vincolato tale edificio, peraltro senza motivazioni;
   la proprietà, nel 2004, decise di abbatterlo totalmente per costruirne uno nuovo, giustificando tale operato con il fatto che il restauro sarebbe stato troppo oneroso;
   in quella occasione né il comune né tanto meno associazioni a difesa dei beni e del territorio, come ItaliaNostra, associazione alla quale è iscritta anche una delle proprietarie, visionarono tale edificio e mossero alcun rilievo;
   peraltro, il comune concesse la licenza edilizia per la nuova edificazione in data 18 ottobre 2004, quando in data 12 ottobre 2004 le nuove fondamenta erano già state realizzate;
   su questa vicenda è stato scritto anche un libretto illustrativo distribuito nelle librerie del paese, che però è stato fatto ritirare dalle proprietarie in quanto a loro parere era offensivo e riportava falsità –:
   se il Ministro sia informato relativamente alla situazione di cui in premessa e se non intenda accertare, per quanto di competenza, se la demolizione dell'edificio sopra menzionato sia avvenuta nel rispetto della normativa vigente in materia di beni culturali, a tutela della conservazione del patrimonio culturale che è minacciato dalla continua speculazione edilizia. (4-02125)

* * * 

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO BERNINI, ARTINI, RIZZO e BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al progetto Signum – acronimo di «Studio di impatto genotossico nelle unità militari» – annunciato il 29 giugno 2004, in un'audizione presso la Commissione difesa della Camera dei deputati, dal Generale medico Michele Donvito dove veniva annunciata una ricerca sensazionale (con il coinvolgimento di mille soldati per verificare gli effetti dell'uranio impoverito) e che questo studio, una volta portato a termine, avrebbe rappresentato per l'Italia e per tutto il consesso scientifico internazionale una pietra miliare;
   in un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-14347) presentata da Augusto Di Stanislao, giovedì 22 dicembre 2011, seduta n. 565, si chiedeva al Ministro della difesa Di Paola il perché ancora non fossero state rese note dal Ministero della difesa le conclusioni a cui è pervenuto lo studio Signum;
   il Ministro Di Paola, in risposta a suddetta interrogazione ha risposto in data mercoledì 1o agosto 2012 (nell'allegato B della seduta n. 675) dicendo in conclusione che «la suddetta commissione parlamentare d'inchiesta ha recentemente rimosso il vincolo di segretezza posto sugli atti del progetto SIGNUM»;
   ad oggi, nonostante la rimozione del vincolo di segretezza al progetto SIGNUM, non sarebbero stati pubblicati i risultati –:
   quali siano i motivi per i quali, ad oggi, non sono ancora stati pubblicati i risultati del progetto SIGNUM. (5-01192)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, CORDA, ARTINI, FRUSONE, ALBERTI, BASILIO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   numerose fonti di stampa statunitensi riferiscono che circa 200 uomini del Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force Crisis Response normalmente di stanza nella base spagnola di Moron sarebbero in procinto di essere trasferiti alla Naval Air Station di Sigonella asseritamente per rispondere a eventuali minacce alla sicurezza a seguito del rapimento in Libia da parte delle forze speciali statunitensi di Abu Anas al-Libi, ritenuto l'organizzatore degli attentati del 1998 contro le sedi diplomatiche americane in Kenya e Tanzania;
   alla vigilia dello scorso 11 settembre, anniversario dell'attacco al consolato statunitense di Bengasi, altri 250 militari della medesima forza di pronto intervento vennero ugualmente spostati sulla base siciliana come misura precauzionale;
   nel maggio di quest'anno un contingente della stessa Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force Crisis Response con velivoli da trasporto KC-130 e convertiplani CV-22 si rischierò per la prima volta alla NAS Sigonella sempre in relazione all'instabilità del Nord Africa;
   contemporaneamente, lo stesso Abu Anas al-Libi è detenuto a bordo della nave anfibia statunitense USS San Antonio dipendente dalla 6th Fleet il cui comando si trova all'interno della base statunitense di Capodichino, a Napoli, e che ha come base della propria nave ammiraglia il porto di Gaeta;
   la frequenza dei rischieramenti statunitensi dalla Spagna all'Italia fa ritenere possibile se non addirittura probabile che nei prossimi mesi lo spostamento in Italia della Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force Crisis Response possa diventare permanente;
   lo scorso agosto il Senato statunitense ha raccomandato al Pentagono il trasferimento sulla medesima base siciliana anche dei convertiplano CV-22 del 352ndSpecial Operation Group attualmente di stanza sulla base aerea di Mildenhall, in Gran Bretagna –:
   se e con quali modalità il Governo italiano abbia autorizzato l'ulteriore trasferimento sulla base italiana di Sigonella di militari del Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force Crisis Response statunitense;
   quali siano eventualmente i limiti e le condizioni di impiego di questa forza di pronto intervento;
   se il Governo italiano fosse stato informato dal Governo degli Stati Uniti dell'operazione in Libia conclusasi con il rapimento di Abu Anas al-Libi, considerando che il territorio italiano ospita i centri nevralgici di comando e controllo di questa operazione;
   se non si ritenga di fornire urgentemente notizie sui piani di ampliamento e potenziamento delle forze Usa di stanza nella base di Sigonella e in altre basi italiane, e quali siano gli accordi in base ai quali sono state o saranno eventualmente autorizzate operazioni militari originate da tali basi;
   se ugualmente non si ritenga urgente una rinegoziazione degli accordi bilaterali sullo stazionamento delle forze statunitensi in Italia in considerazione della profonda evoluzione del quadro geostrategico intervenuta negli ultimi anni. (4-02127)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il coordinamento nazionale della Ugl-Intesa Giustizia dap penitenziari ha lanciato un appello ed una intensa attività di proteste in tutta Italia per evidenziare lo stato in cui versa tutto questo settore pubblico;
   il sovraffollamento delle carceri è di nuovo ai massimi livelli di tollerabilità da qualunque punto di vista lo si osservi;
   il piano carceri stenta a decollare e, forse, è pure una fortuna, giacché se ci fossero nuovi Istituti non si saprebbe con quale personale li si potrebbe gestire;
   il personale che ha la gestione amministrativa e tecnica di tutti gli istituti penitenziari opera ogni giorno in una situazione di totale emergenza e il Governo risponde a questa emergenza dando attuazione alla cosiddetta spending review applicando un taglio di quasi 800 posti del personale del comparto ministeri in modo indiscriminato;
   prima dell'approvazione della spending review, la pianta organica dei lavoratori penitenziari era al di sotto di 3 mila unità (con una presenza di circa 5 mila e 800 dipendenti ovvero una mancanza di personale valutabile sul 50 per cento), tanto che oltre 2 mila poliziotti penitenziari vengono distolti quotidianamente dai loro compiti istituzionali per aiutare la macchina tecnico-amministrativa degli istituti carcerari;
   la riorganizzazione del comparto giustizia-penitenziario è diventata inderogabile ed è intollerabile che si mortifichi il personale in tal modo e per così tanto tempo;
   occorre un nuovo ordinamento del personale civile penitenziario da collocare nei ruoli tecnici del Corpo della polizia penitenziaria –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, intendano assumere i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-02122)


   NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 15 luglio 2013, il signor Giovanni Foglia, già dipendente Enel, presentò una denuncia alla procura della Repubblica di Cosenza nella quale, con riferimento alla gestione di un contratto triennale per il taglio di piante lungo le linee di media tensione della provincia di Cosenza, contratto n. 8400003490 del 9 luglio 2007, esponeva il pagamento – da parte di Enel – di circa 120 mila euro per lavori mai fatti e inesistenti;
   in data 22 agosto 2013, per e-mail lo stesso ex dipendente Enel segnalò il grave fatto sopra riassunto anche al dottor Francesco Parlato, capo della direzione VII del dipartimento del tesoro, e al comando generale della Guardia di finanza;
   esposti analoghi il signor Foglia indirizzava per conoscenza, nel 2012, alla stazione dei carabinieri di San Giovanni in Fiore (Cosenza) –:
   se siano state avviate indagini in relazione a quanto esposto in premessa e quali risposte il Governo intenda dare, per quanto di competenza, alla segnalazione inviata al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.
(4-02124)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha introdotto il tributo comunale sui rifiuti e servizi (Tares), allo scopo di superare la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e la tariffa di igiene ambientale (Tia), e che la Tares, nelle intenzioni del legislatore andrà a coprire sia i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, sia i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   come previsto dall'articolo 14, comma 9 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, la Tares sarà messa in relazione all'unità di superficie dell'immobile e che all'importo in tal modo determinato, in base al medesimo comma 13, si applicherà una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato;
   la direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell'economia e delle finanze, con propria nota del 9 agosto 2013, precisava come un comune, nel disciplinare il numero e le scadenze delle rate della TARES per l'anno 2013 «incontra il vincolo della riserva allo Stato della maggiorazione standard di cui all'articolo 14, comma 13, del decreto-legge n. 201 del 2011, il cui gettito deve essere in ogni caso assicurato all'erario entro l'anno in corso, anche al fine di pervenire ad un'esatta quantificazione dello stesso e di poter, quindi, determinare le dotazioni del fondo di solidarietà comunale, del fondo perequativo e i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Sicilia e della Regione Sardegna»;
   il 9 settembre il direttore generale delle Finanze ha trasmesso una risoluzione (la n. 9/DF) dove, in contraddizione rispetto alla precedente circolare ministeriale, viene stabilito come «la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato riservata allo Stato va versata in unica soluzione unitamente all'ultima rata del tributo e il versamento dovrà essere necessariamente effettuato entro il giorno 16 dicembre», lasciando comunque al comune la possibilità di posticipare al 2014 della scadenza per il pagamento delle rate della Tares, ma non per la parte destinata allo Stato, che, la circolare precisa essere necessaria per assicurare la dotazione del fondo di solidarietà per i comuni del Friuli Venezia Giulia, della Val d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, e non più per i comuni della Sicilia e della Sardegna;
   l'articolo 5 del decreto-legge n. 102 del 2013 riconosce ai comuni la possibilità di approvare il regolamento di disciplina del tributo anche secondo principi diversi da quelli previsti dall'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 e che tale facoltà può essere esercitata dall'ente locale entro il termine previsto per la deliberazione del bilancio annuale di previsione 2013, differito quest'ultimo dal comma 1 dell'articolo 8 dello stesso decreto-legge n. 102 del 2013 al 30 novembre 2013, assicurando, in ogni caso, la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, comprendendo anche i costi per lo smaltimento in discarica –:
   se non si ritenga opportuno condividere i contenuti della risoluzione n. 9/DF del direttore generale delle finanze del 9 settembre 2013 e quindi stabilire la possibilità di fissare scadenze delle rate Tares, accertate contabilmente nel 2013, anche nel 2014, al fine di dilazionare il gravoso peso fiscale a carico dei cittadini e delle imprese;
   se non ritenga opportuno, a fronte della differente versione riportata dalla nota ministeriale di agosto e dalla successiva circolare di settembre, chiarire definitivamente a chi e per quali finalità sono destinate le risorse generate dalla maggiorazione di 0,30 euro/mq, ovvero se destinate per assicurare la dotazione del fondo di solidarietà per i comuni del Friuli Venezia Giulia, della Val d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, oppure per i comuni della Sicilia e della Sardegna. (4-02129)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LODOLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 7 settembre 2012, n. 155 recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, ha previsto la soppressione di un certo numero di tribunali ordinari, sezioni distaccate e procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al decreto medesimo;
   con l'accorpamento delle sedi distaccate, sono stati unificati anche gli sportelli degli ufficiali giudiziari, prima ripartiti sul territorio in corrispondenza delle sezioni distaccate;
   in particolare nella provincia di Ancona, con la soppressione di tre sezioni distaccate, l'unico sportello per gli atti degli ufficiali giudiziari che prima serviva solo Ancona, ora deve ricevere tutti gli atti prima ripartiti su Ancona e sulle sedi distaccate;
   tale circostanza ha determinato un aggravio di lavoro insostenibile, determinando un pesante disservizio a carico della collettività e con ulteriori gravi conseguenze sull'efficienza del sistema giudiziario –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati e quali iniziative intenda adottare al fine di rimettere mano all'organizzazione del servizio. (5-01189)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», è stata prevista la riorganizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale;
   tale previsione ha comportato la soppressione alla data del 13 settembre 2013 di 31 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace;
   tra le sedi ritenute «inutili», nell'ottica di una presunta razionalizzazione delle spese del settore giustizia, è stato individuato anche il tribunale di Cerignola, i cui uffici sono stati trasferiti a Foggia;
   se da un punto di vista generale, l'attuazione di questa riforma, viene riconosciuta comunque giusta nella sua finalità di assicurare una più razionale riorganizzazione delle risorse umane e materiali e di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, sul piano pratico sta però registrando una numerosa serie di ritardi di varia natura, legati principalmente alla realizzazione o adeguamento delle nuove strutture e al riassetto dei nuovi uffici in termini di personale e delle relative risorse logistico-strumentali;
   in particolare, per quanto riguarda il tribunale di Cerignola si profila una situazione di criticità, come denunciato dallo stesso assessore comunale al contenzioso, Marco Merlicco, in alcuni articoli comparsi nelle scorse settimane su diversi quotidiani locali;
   per diversi motivi, Foggia non sarebbe attualmente in grado di assorbire le 4 sezioni distaccate soppresse, mentre, invece, il tribunale di Cerignola, di proprietà comunale e costruito con fondi dedicati all'edilizia giudiziaria, non ha alcun costo per lo Stato;
   nonostante la legge di riforma della geografia giudiziaria sia già entrata in vigore, il tribunale di Foggia, infatti, non sarebbe ancora pienamente funzionante, mancherebbe personale e le stanze sarebbero ancora chiuse e ulteriore prova di ciò sarebbe la notizia, riportata da organi di stampa locali e nazionali, che le cause, sia penali che civili, verrebbero regolarmente chiamate al tribunale di Foggia e rinviate per «indisponibilità dei fascicoli»;
   in concomitanza con la protesta, il 4 settembre scorso è stato depositato su mandato dell'amministrazione comunale di Cerignola e di dieci avvocati in rappresentanza di tutta la categoria apposito ricorso al Tar Puglia per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del decreto ministeriale giustizia dell'8 agosto 2013 con il quale si è disposta la soppressione della Sezione distaccata di Cerignola;
   il Tar Puglia, riconoscendo la sensatezza della suddetta domanda, ha sospeso l'efficacia degli atti impugnati nella parte in cui comportano la chiusura della sezione distaccata di Cerignola, fissando al 3 ottobre 2013 l'udienza per discutere la sospensiva in contraddittorio tra le parti, tra cui il Ministero di giustizia;
   nonostante ciò, in maniera del tutto inaspettata e immotivata, il presidente del tribunale di Foggia avrebbe inviato un funzionario per procedere allo sgombero, eventualmente anche forzoso, dei locali del tribunale, evidentemente non riconoscendo alcuna efficacia al provvedimento del Tar;
   il Ministero aveva avanzato richiesta di revoca della sospensiva al Tar, che, però, l'ha rigettata inaudita altera parte, riconfermando così la sospensiva e l'udienza collegiale già fissata per lo scorso 3 ottobre 2013;
   è di pochi giorni fa l'inaspettata notizia che il Tar Puglia ha respinto il ricorso, penalizzando ulteriormente il territorio pugliese e la comunità tutta;
   Cerignola è infatti riconosciuta come una città ad altissima densità criminale, e non dovrebbe vedersi privata di un fondamentale presidio di legalità quale è appunto il tribunale: sono infatti 100 mila gli abitanti che rientrano nella competenza territoriale del tribunale ofantino, quasi 5 mila i fascicoli pendenti;
   è tra l'altro assurdo, a parere dell'interrogante, che una struttura pubblica, per la cui costruzione sono stati utilizzati ingenti finanziamenti dedicati, peraltro ultramoderna ed in grado di soddisfare tutte le esigenze, sia per quanto riguarda i procedimenti penali che civili, possa essere sacrificata a favore di strutture private che costeranno non poco allo Stato e quindi alla collettività –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intendano adottare per scongiurare una riorganizzazione della geografia giudiziaria che si tramuterebbe in un grave danno al funzionamento della macchina della giustizia o almeno per consentire un'attuazione graduale della riforma al fine di garantire alle sedi giudiziarie un adeguato organico, sia con riferimento all'adeguamento delle piante organiche degli uffici giudiziari che al potenziamento del personale amministrativo. (4-02119)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOLINO e ANTEZZA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella serata di lunedì 7 ottobre 2013 una vera e propria «bomba d'acqua» (fino a 200 mm di pioggia) ha interessato la Basilicata Jonica nell'area fra Marconia di Pisticci, Bernalda e relativa frazione di Metaponto, Scanzano Jonico e Policoro;
   l'eccezionale quantità di precipitazioni ha messo in ginocchio tutta la costa Jonica Lucana, creando numerosi disagi e gravi danni anche dal punto di vista infrastrutturale;
   sono crollati un paio di ponti e la viabilità sulla strada statale 175 è stata compromessa da Montescaglioso fino alla 106 Jonica, sulla Basentana dall'incrocio di Bernalda fino all'innesto della strada statale 106 e lungo il tratto della stessa strada statale 106 Jonica da Metaponto a Policoro;
   la linea ferroviaria Napoli-Taranto è stata invasa dal fango e un treno proveniente da Napoli è stato fermato a Pisticci Scalo;
   il fiume Bradano ha rotto gli argini in diversi punti, e lungo l'alveo del Sinni a valle della diga di Monte Cotugno si è rotta la condotta dell'acquedotto con conseguente sospensione idrica in molti comuni;
   l'ondata eccezionale di maltempo ha messo in evidenza le criticità strutturali presenti a partire dall'involontario effetto diga che alcuni manufatti infrastrutturali determinano come nel caso del ponte sul Bradano lungo la strada statale 175 o della stessa tratta ferroviaria nei pressi di Metaponto che non consentono un rapido deflusso delle acque dei fiumi in caso di piena;
   l'intero sistema infrastrutturale della provincia di Matera è collassato;
   a seguito di un'altra ondata di maltempo registrata il 21 agosto 2013, che è costata la vita ad una donna, è stata chiusa anche la bretella con cui si bypassava la chiusura della Pisticci-Craco ex strada statale 176 a seguito del crollo del ponte avvenuto alcuni mesi prima;
   la strada in questione è di fondamentale rilevanza perché oltre a mettere in collegamento la Fondovalle dell'agri con la Basentana priva la zona sud della provincia e della regione di un collegamento strategico verso Matera e Bari –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare con la massima urgenza per porre in essere interventi infrastrutturali lungo i tratti citati in premessa per evitare il ripetersi di situazioni di estremo pericolo come accaduto nella notte tra il 7 e l'8 ottobre 2013 nel metapontino.
(5-01183)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A3, Salerno-Pompei-Napoli, in concessione alla società autostrade meridionali (SAM), costituisce una infrastruttura fondamentale e di primaria rilevanza per il collegamento fra la città di Salerno, l'Agro Sarnese e Nocerino, l'area Stabiese e l'area Torrese e la città di Napoli;
   si tratta di un collegamento essenziale anche per l'innesto sul sistema autostradale meridionale e verso Roma;
   questa autostrada attraversa e collega territori e città popolate da più di due milioni di abitanti;
   da troppi anni sono in corso lungo la tratta napoletana dell'autostrada lavori indispensabili di ammodernamento, di messa in sicurezza, di ampliamento della sede stradale con la realizzazione in alcuni tratti della terza corsia;
   è necessario che tali lavori siano finalmente definiti e conclusi in tempi certi e ravvicinati, considerando il fortissimo pregiudizio che obiettivamente finiscono per arrecare alla circolazione ed alla sicurezza degli utenti, attesi il pericoloso restringimento della carreggiata in alcuni tratti e le lunghe code ed intasamenti di traffico che assai spesso si vengono a creare;
   i lavori vanno definitivamente ultimati, anche perché la concessione ANAS-SAM è già scaduta il 31 dicembre 2012;
   urge, pertanto, l'affidamento con gara pubblica della nuova concessione con massima urgenza;
   fra l'altro, lungo la direzione Pompei-Scafati e San Giorgio a Cremano, in diversi tratti, pure ultimati con tre corsie funzionanti, rimangono i cartelli del limite di velocità a 60 chilometri che invece è pienamente giustificato ed indispensabile in quei tratti con due corsie ed a lavori in corso e con pericolosi restringimenti di carreggiata;
   troppi ritardi e troppi rinvii si sono accumulati nel corso di questi lavori;
   l'esponente ha presentato anche in questa legislatura una interrogazione su questa specifica e così rilevante questione, alla quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha risposto in VIII Commissione nella seduta dello scorso 30 luglio 2013;
   con tale risposta il Ministero ha fornito un quadro delle scadenze e dei termini per la conclusione dei lavori;
   tale quadro risulta ancora una volta non rispettato e destinato a nuovi e francamente scandalosi rinvii, con ulteriori ritardi;
   tale situazione è oramai insostenibile e del tutto ingiustificata ed esige un intervento risolutivo e deciso del Governo per porre fine una volta per tutte a questa continua serie di rinvii e di ritardi;
   si profilano anche ipotesi di class action degli utenti, che lamentano giustamente il livello elevato dei pedaggi a fronte di una situazione della Autostrada di assoluta inadeguatezza e fonte di pesantissimi disagi per i cittadini e le comunità interessate –:
   quale sia la situazione effettiva e reale dei lavori lungo l'autostrada Salerno-Pompei-Napoli, quale sia il programma ed il calendario aggiornato dei lavori in corso e di quelli ulteriori da eseguire, i relativi tempi di esecuzione, le scadenze che effettivamente e non solamente sulla carta possono essere rispettate, la data per davvero finale per la ultimazione di tutte le opere, le risorse finanziarie sino ad oggi impiegate ed il costo totale previsto per la realizzazione dell'intero progetto di ammodernamento, adeguamento e messa in sicurezza dell'autostrada;
   quali iniziative il Ministro e l'ANAS intendono assumere per garantire la conclusione dei lavori anche con eventuale ricorso ad ogni misura consentita dalla normativa vigente per evitare nuovi, assurdi e gravissimi rinvii e ritardi, ancor più ingiustificati in considerazione del livello elevato dei pedaggi;
   quali iniziative si intendano adottare visto che per diversi tratti dell'autostrada, fra Scafati-Pompei e San Giorgio a Cremano rimangono fermi oramai da tempo immemorabile i cartelli del limite di velocità a 60 chilometri benché quei tratti siano ultimati e quindi dispongono di tre corsie funzionanti;
   quali iniziative il Ministro abbia assunto e abbia in corso di concreta esecuzione per l'affidamento con massima sollecitudine ed attraverso gara pubblica della nuova concessione, essendo quella in corso con la SAM scaduta già dal 31 dicembre 2012 posto che è già quasi un anno che la vecchia concessione è scaduta e la gara per il nuovo concessionario appare ben lungi dal concludersi in tempi ravvicinati, come è invece assolutamente necessario e urgente con la massima tutela dell'interesse pubblico delle comunità. (5-01191)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tratto unico dell'autostrada Palermo-Messina, dopo 35 anni di «opera incompiuta», 35 Governi, al costo di 4 miliardi e mezzo di euro fu inaugurato nel lontano 2004 e per tutti i siciliani, non solo per i viaggiatori/fruitori, fu considerato un ennesimo passo avanti nella normalizzazione e nella civilizzazione della nostra regione;
   purtroppo, per il trascorrere degli anni, per l'usura dei materiali unita all'incuria da parte dei soggetti titolati alla sua gestione, la nostra autostrada è divenuta pericolosa dal punto di vista della sicurezza stradale;
   centinaia di incidenti, centinaia di feriti e decine di morti stanno a testimoniare come la situazione sia divenuta intollerabile ed un intervento serio di manutenzione improcrastinabile;
   cercando su un noto motore di ricerca di internet, l'odierno interrogante ha scovato numerosi articoli datati 2011 che riportano tutte le problematiche osservate personalmente poche settimane addietro percorrendo il tratto autostradale oggetto dell'odierno atto di sindacato ispettivo;
   l'autostrada è una gimkana, con continui restringimenti, gallerie non illuminate, asfalto dissestato, guardrail non a norma, pericolo di frane, reti bucate;
   dal primo gennaio 2006 al mese di luglio del 2011 vi sono stati 13 morti e 400 feriti coinvolti in 610 incidenti avvenuti nei 49 chilometri del tratto fra Acquedolci e Falcone;
   osservati personalmente dall'interrogante nel tratto da Messina a Palermo vi sono numerose situazioni di elevato pericolo: il primo tratto autostradale, sotto uno dei primi cavalcavia le pareti autostradali sono in condizioni pietose con mura che assomigliano più a scavi etruschi che a pareti di cemento armato. Continui restringimenti di carreggiata senza che si possa sospettare la presenza di una qualunque forma di cantiere e/o di operai al lavoro. Al km 90 c’è un cartello con su scritto solo «Palermo» senza indicazioni chilometriche (probabilmente chi lo ha messo era un tifoso del Palermo calcio). All'imbocco del casello autostradale di Barcellona Pozzo di Gotto non v’è alcuna segnaletica di alcun tipo e decine di autovetture sono parcheggiate in prossimità dei caselli, caselli senza spartitraffico o segnaletica orizzontale. La vegetazione in molti lati dell'autostrada e nello spartitraffico centrale non è curata ed invade la corsia di sorpasso per almeno un metro. Numerosissime aperture tra le due carreggiate consentono inversioni a u in piena autostrada. Al km 136 c’è un cartello che impone il divieto di superare i 60 km/orari senza alcuna evidente ragione e puntualmente disatteso da tutti gli automobilisti. Aree di sosta in totale stato di abbandono, senza interventi di manutenzione e di pulizia da anni il cui suolo è completamente coperto da residui di piante e altro materiale abbandonato dagli automobilisti. Al Km 154, in prossimità dello svincolo di Castelbuono v’è un restringimento della carreggiata a causa del cedimento della corsia di marcia. Al Km 172 la vegetazione invade la corsia e non c’è il guard-rail. Al Km 178, un tratto della corsia di sorpasso è soggetta a cedimento del fondo stradale. Al Km 182 manca il guard-rail e c’è uno scheletro di insegna pubblicitaria (sono rimasti solo i pali di ferro che sostenevano il cartello). Svariati chilometri di guard-rail si trovano in evidente stato di abbandono con ruggine, ammaccature e buchi in molte parti. In prossimità di Termini Imerese, il guard-rail è abbattuto ed è stato sostituito da bidoni di plastica riempiti d'acqua. A qualche decina di chilometri da Palermo le indicazioni chilometriche spariscono del tutto per ricomparire nello stesso modo in erano scomparse;
   nel corso degli anni, come ha potuto appurare l'interrogante anche i sindaci dei comuni limitrofi alla tratta autostradale hanno chiesto insistentemente la messa in sicurezza della Palermo-Messina –:
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-02120)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 ottobre 2013 le forze dell'ordine hanno arrestato Mauro Scaramuzza, amministratore delegato della Fip di Padova e Gioacchino Francesco La Rocca, figlio del capomafia detenuto della storica famiglia La Rocca di Caltagirone, insieme ad altri tre indagati;
   dalle indagini dei Carabinieri sarebbe emerso «l'interesse della famiglia La Rocca su un appalto pubblico da 140 milioni di euro nel territorio del comune di Caltagirone» in provincia di Catania;
   le forze dell'ordine hanno eseguito un ordine restrittivo del giudice per le indagini preliminari su richiesta della direzione distrettuale antimafia della procura di Catania, che ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno in associazione mafiosa;
   secondo le prime ricostruzioni «la cosca avrebbe agito affinché venissero dati» lavori «in subappalto a ditte direttamente controllate dal clan con contratti artificiosamente frazionati in modo da eludere la normativa antimafia, percependo così un indebito profitto mediante l'ottenimento di finanziamenti pubblici»;
   l'azienda Fip di Padova è un'impresa di rilevanza internazionale, aggiudicataria dell'appalto oggetto dell'inchiesta (insieme alla società L&C unite in associazione temporanea di imprese) che «secondo la Procura era “consapevole di apportare il contributo al clan La Rocca”»;
   i carabinieri hanno sottoposto a sequestro preventivo due società;
   queste notizie confermano gli allarmi più volte lanciati dagli interroganti sulla base delle relazioni al Parlamento della direzione investigativa antimafia e di recenti fatti di cronaca circa i rapporti tra imprese del Nord Italia e la criminalità organizzata;
   la crisi economica ha favorito l'infiltrazione mafiosa in Veneto e nelle aree più sviluppate del Paese consentendo alle cosche mafiose di inserirsi anche nel settore degli appalti pubblici;
   questo fenomeno desta un grave allarme sociale presso le popolazioni della nostra regione di fronte al quale occorre reagire con determinazione e prontezza per scongiurare il pericolo che le relazioni tra mondo produttivo e criminalità organizzata si consolidino e si diffondano –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di prevenire e contrastare l'infiltrazione mafiosa nel territorio e nel tessuto economico del Veneto. (4-02126)


   TRIPIEDI, COMINARDI, DAGA, CIPRINI, DE ROSA, BECHIS, BRUGNEROTTO, BALDASSARRE, CARINELLI, ALBERTI, BARBANTI, FERRARESI, MICILLO, FICO, PESCO, CHIMIENTI, MARZANA, CANCELLERI, PISANO, SIBILIA, VACCA, DEL GROSSO, BATTELLI, CRISTIAN IANNUZZI, DELLA VALLE, CORDA, DI BATTISTA, SORIAL, PETRAROLI, DELL'ORCO, CRIPPA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, TOFALO, TERZONI, SEGONI, ZOLEZZI, BENEDETTI, TONINELLI, COZZOLINO, BUSTO, SCAGLIUSI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, LOREFICE, GRILLO, DIENI, DADONE, BRESCIA, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, CECCONI, FRACCARO, D'AMBROSIO, MANTERO, RIZZO, SIMONE VALENTE, ARTINI, BUSINAROLO, PAOLO BERNINI, TANCREDI, CARIELLO, AGOSTINELLI e BONAFEDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Giulio Cavalli, scrittore, attore, regista e autore teatrale nonché ex consigliere della regione Lombardia, rappresenta una figura di rilevante importanza nella società civile per la sua battaglia ininterrotta contro la mafia iniziata nel 2009, anno in cui iniziò a parlare di criminalità organizzata in Lombardia nelle sue rappresentazioni teatrali, motivo per il quale gli venne assegnata la scorta. Nel 2010, fecero seguito libri da lui scritti relativi alla medesima tematica. Sempre nello stesso anno, fece seguito la sua elezione a consigliere regionale;
   Luigi Bonaventura, ex affiliato di ’ndrangheta della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone, ora collaboratore di giustizia, ha dichiarato in un'intervista video pubblicata in data 2 agosto 2013 sul sito fanpage.it, che la ’ndrangheta avrebbe voluto uccidere Giulio Cavalli investendolo con un mezzo rubato (presumibilmente una jeep o un camion) nel periodo di fine gennaio 2011, momento in cui gli venne revocata la scorta;
   sarebbe opportuno ed auspicabile che, a fronte delle dichiarazioni rese dal collaboratore di Giustizia Luigi Bonaventura, si proceda prontamente ai necessari riscontri anche sotto il profilo investigativo e processuale –:
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, intendano verificare il livello di adeguatezza di protezione di Giulio Cavalli e, se questo dovesse rivelarsi insufficiente, quali misure intendano adottare;
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, intendano verificare il livello di adeguatezza di protezione di Luigi Bonaventura e, se questo si rivelasse inesistente o insufficiente, quali misure intendano adottare. (4-02135)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di Stabilità (per l'anno 2013) 24 dicembre 2012 n. 228, all'articolo 1, comma 108, ha dettato misure per il contenimento della spesa degli Enti nazionali previdenziali ed assistenziali sociali pubblici;
   a tal fine sono indicati specifici interventi di razionalizzazione per la riduzione delle spese;
   in particolare, questo obiettivo deve essere perseguito per realizzare un risparmio aggiuntivo di 300 milioni annui a cominciare dal 2013;
   tali risparmi debbono essere conseguiti «prioritariamente» attraverso interventi specifici ed espressamente contemplati: la riduzione delle risorse per la esternalizzazione dei servizi informatici, della gestione patrimoniale, per i contratti di acquisto dei servizi informatici e tecnici, per le convenzioni bancarie e postali, per i contratti di locazione di immobili, la riduzione delle consulenze; l'eventuale riduzione, per gli anni 2013, 2014 e 2015, delle facoltà assunzionali, previste dalla legislazione vigente; la rinegoziazione dei contratti in essere con i fornitori dei servizi; la stipula di contratti di sponsorizzazione tecnica o finanziaria con appositi operatori;
   un programma di 150.000 verifiche straordinarie annue da parte dell'INPS, per il triennio 2013-2015, aggiuntive rispetto alle ordinarie attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali nei confronti dei titolari di benefici per trattamenti pensionistici di invalidità civile (comma 109);
   solamente ove «con l'attuazione delle misure di cui al comma 108, o di ulteriori interventi individuati dagli enti stessi nell'ambito della propria autonomia organizzativa, non si raggiungono i risparmi aggiuntivi previsti dal medesimo comma si provvede anche attraverso la riduzione delle risorse destinate ai progetti speciali di cui all'articolo 18 della legge 9 marzo 1989 n. 88 e successive modificazioni» (comma 110);
   quest'ultima possibilità, per realizzare risparmi di spesa, è assolutamente eccezionale e residuale ed, in quanto tale, è utilizzabile, solamente nella ipotesi in cui è stato rigorosamente accertato e documentato che il puntuale ed integrale ricorso ai prioritari criteri di risparmio di spesa, identificati dai commi 108 e 109, non abbia raggiunto completamente la preventivata riduzione di spesa;
   da informazioni assunte, invece, gli enti previdenziali ed assistenziali, su indicazione ministeriale, starebbero procedendo a ridurre unilateralmente ed automaticamente le risorse destinate ai progetti speciali di cui al menzionato articolo 18 della legge n. 88 del 1989 senza che sia stato dato alcun conto dell'intervento ricorso ai suddetti prioritari interventi di risparmio, né tantomeno dell'entità delle risorse così risparmiate;
   ne deriva una situazione inaccettabile ed ingiustificata, che rischia di indebolire le attività di tali enti nel campo della lotta all'evasione e/o all'elusione previdenziale, contributiva ed associativa, e la doverosa ed indispensabile azione di controllo degli enti assistenziali e previdenziali, menomando e mortificando la professionalità del personale –:
   quali siano gli effettivi e precisi risparmi realizzati con il ricorso ai prioritari ed inderogabili interventi, fissati dall'articolo 1, commi 108 e 109 della legge n. 228 del 2012, per ridurre la spesa degli enti nazionali, previdenziali ed assistenziali, sociali pubblici, indicando analiticamente i risparmi conseguiti intervento per intervento;
   se sia vero che in sede periferica sia stato attivato il taglio delle risorse per i progetti speciali di cui all'articolo 18 della legge n. 88 del 1989, senza il preventivo, puntuale ricorso a tali prioritari criteri di risparmio di spesa, analiticamente accertati e documentati. (5-01184)


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la ABIT Piemonte Cons. Coop. Soc. Agr., è una importante realtà produttiva del Piemonte sia per numero di occupati che per qualità produttiva. L'azienda svolge attività di produzione trasformazione e commercializzazione di prodotti lattiero caseari, occupando complessivamente 105 dipendenti;
   la Cooperlat (Gruppo Tre Valli) proprietaria del marchio ABIT, ha deciso che quest'ultima non produrrà più il latte piemontese nella sede di Grugliasco con la conseguente perdita di 97 posti di lavoro;
   il territorio perderebbe così il marchio storico ABIT con il suo valore commerciale di qualità portando in Lombardia la lavorazione del latte Piemontese, con la paradossale conseguenza che il latte percorrerà oltre 300 chilometri per essere confezionato e riportato in Piemonte;
   l'azienda ha chiesto l'avvio di procedura di mobilità per 97 dipendenti lo scorso 20 luglio 2013 per cessazione dell'attività produttiva e di logistica interna — con conseguente esternalizzazione e appalto di quest'ultimo servizio — e per razionalizzazione della struttura commerciale;
   i rappresentanti sindacali hanno espresso forti preoccupazioni per l'incertezza sulle prospettive dell'azienda, la quale ha fatto sapere che potrebbe far rientrare nello stabilimento di Grugliasco (Torino), alcune delle produzioni a suo tempo esternalizzate. Tuttavia si tratta solo di intenzioni alle quali non è seguito alcun fatto concreto, come ad esempio il ritiro o in subordine la sospensione della procedura di mobilità come richiesto dalle rappresentanze sindacali;
   in questo scenario critico per i lavoratori e per lo sviluppo economico del Piemonte diventa urgente salvaguardare le eccellenze produttive attraverso la condivisione di un piano industriale che possa mettere in sicurezza sia la produzione che l'occupazione –:
   se non ritenga opportuno convocare le parti e gli enti locali per esaminare la vertenza e cercare soluzioni che scongiurino l'esternalizzazione della produzione e ulteriori tagli al personale che andrebbero a indebolire una situazione occupazionale e produttiva già molto critica. (5-01186)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia che l'INPS non conteggi più nel calcolo previdenziale le giornate in cui i lavoratori usufruiscono di permessi per assentarsi dal lavoro in quanto impegnati in attività di protezione civile come volontari per operazioni di soccorso e assistenza in occasione di calamità naturali e attività di addestramento e simulazione;
   i volontari hanno consentito in tante occasioni di affrontare situazioni di emergenze contenendo i danni per le persone e per il patrimonio pubblico;
   la riforma previdenziale, meglio conosciuta con il nome dell'ex Ministra del lavoro Fornero, ha cambiato la normativa vigente –:
   quali iniziative intenda intraprendere per tutelare il mondo del volontariato italiano. (4-02117)


   PISICCHIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   mentre è ancora dolorosamente aperto il fronte dell'ILVA di Taranto, con tutto il carico di problemi sociali, sanitari, occupazionali e, in definitiva, sistemici scaricati sul capoluogo ionico, se ne apre un altro, che investe un altro settore produttivo e il destino di circa 250 lavoratori e delle loro famiglie. Si tratta della Vestas, azienda operante nel settore dell'energia pulita, i cui proprietari (danesi) avrebbero deciso di delocalizzare la loro attività, attesa la carenza di commesse lavorative, proponendo prima la cassa integrazione per 147 lavoratori e poi, e improvvisamente, il loro licenziamento; l'intervento immediato dei sindacati ha concorso a differire momentaneamente la decisione, in attesa dell'incontro con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di discutere della grave situazione, nell'ottica di trovare una soluzione che impedisca il licenziamento e consenta alla azienda di riprendere la propria attività lavorativa –:
   quali urgenti e inderogabili interventi i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che la già molto provata popolazione di Taranto abbia a subire un nuovo forte danno in termini di occupazione. (4-02131)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   «Italia Lavoro SPA», ente strumentale del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle politiche sociali, nell'ambito del programma «AMVA-Giovani laureati neet», ha pubblicato un avviso pubblico per realizzare 3000 tirocini di 6 mesi a favore di giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti «NEET»;
   l'impegno di spesa per questa misura è di 10.000.000 di euro. Fonti giornalistiche riportano che a questi andrebbero sommati 2.000.000 di euro per il costo della realizzazione del portale «ClicLavoro»;
   sia le aziende che gli utenti, ai sensi del bando, hanno dei termini per registrarsi. Le aziende, una volta registrate al portale ClicLavoro, procedono a selezionare, sulla base dei curricula ricevuti, i giovani da ospitare per il tirocinio;
   ai giovani partecipanti, ai sensi dell'articolo 6 del bando, avrebbe dovuto essere data la possibilità di candidarsi per le procedure selettive a partire dalle ore 12.00 del 23 settembre 2013. A seguito del malfunzionamento del portale tale termine viene spostato al 25 settembre 2013;
   alle ore 12.00 del 25 settembre 2013 il portale viene attivato, ma continuano i malfunzionamenti che impediscono la presentazione di parte delle candidature. Il portale acquisisce piena funzionalità solo successivamente, quando numerose procedure selettive sono già state concluse. Oltre 1.600 aziende, infatti, hanno dichiarato dopo poche ore dall'apertura del portale di aver già scelto i propri tirocinanti. Questo malfunzionamento ha escluso quindi molti candidati dalle procedure selettive per tirocini cui erano interessati;
   il brevissimo tempo in cui molte aziende hanno concluso le procedure selettive lascia perplessi in quanto sorge il dubbio che tale condotta abbia oggettivamente ostacolato la libera partecipazione dei candidati –:
   quale sia stato il costo sostenuto per la creazione del portale ClicLavoro e se il Ministro non ritenga di dover portare avanti delle azioni risarcitone nei confronti dei soggetti responsabili del suo funzionamento;
   quali misure, se non la revoca, il Ministro intenda adottare per eliminare le iniquità cui hanno dato vita gli evidenti vizi che hanno contraddistinto le procedure selettive concluse dalle aziende prima che il portale ClicLavoro acquisisse piena funzionalità. (4-02132)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANTEZZA e FOLINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comprensorio della piana di Metaponto è stato duramente colpito dalla eccezionale ondata di maltempo verificatasi dal 6 all'8 ottobre 2013;
   il metapontino è una delle aree a vocazione agricola più importanti non solo della Basilicata ma del Paese;
   si pratica una agricoltura di qualità e di eccellenza con produzioni rinomate che vedono impegnate aziende importanti che danno occupazione;
   il comprensorio nel recente passato, marzo 2011, era stato già duramente colpito da un'alluvione di portata storica che aveva messo a dura prova gli operatori agricoli dell'area con tutte le vicissitudini legate al riconoscimento dei danni e all'indennizzo che in alcuni casi non è mai arrivato, nonché gli operatori turistici;
   questa ulteriore calamità non fa che aggravare le condizioni in cui operano le tantissime aziende già esposte con le banche e a rischio usura nonché ovvia cessazione dell'attività;
   occorre far tesoro degli errori passati e procedere all'immediato riconoscimento dello stato di calamità naturale –:
   se sia stata avviata la procedura per la dichiarazione di eccezionale gravità della calamità naturale di cui in premessa;
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare con la massima urgenza per varare misure di sostegno congrue al fine di evitare il collasso definitivo del tessuto imprenditoriale agricolo del metapontino. (5-01182)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANIA e SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è necessario evitare incertezze nell'applicazione dell'articolo 45-bis (allegato 1) inserito nel decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 e convertito dalla legge di conversione n. 98 del 9 agosto 2013 recante «Abilitazione all'uso delle macchine agricole» anche tenuto conto di quanto disposto dall'accordo 22 febbraio 2012, n. 53, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano –:
   se intenda confermare che il termine «macchine» sia da interpretare come attrezzature di lavoro individuate dal citato accordo ai sensi dell'articolo 73, comma 5, e il termine «agricole» sia da interpretare in modo che si riferisca al loro utilizzo nell'ambito delle attività agricole di cui all'articolo 2135 cc. (4-02128)


   PLACIDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la diga di Abate Alonia (o diga del Rendina) è situata in provincia di Potenza, in agro del comune di Lavello ed al confine con i comuni di Melfi, Venosa e Rapolla. La diga sin dalla sua realizzazione, 1956, è stata gestita dal Consorzio di Bari (prima della fossa Premurgiana, poi Appulo Lucano). Dal 1994 la struttura è passata per competenza territoriale al Consorzio Vulture Alto-Bradano, istituito proprio in quell'anno;
   il bacino sotteso dallo sbarramento è situato nella parte Nord-Orientale della Basilicata e comprende in tutto e in parte i comprensori comunali di Lavello, Melfi, Venosa, Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ginestra, Ripacandida, Atella, Filiano, Maschito, Forenza, Palazzo San Gervasio e Banzi, in provincia di Potenza;
   lo sfruttamento della diga a pieno regime non solo garantirebbe risorsa sufficiente a tutto il territorio irriguo a valle (Lavello, Basso Melfese ed anche in parte la Puglia) ma potrebbe anche essere sfruttato a fini di produzione idroelettrica;
   nell'estate del 1986, dopo quasi 30 anni di regolare esercizio, si manifestarono sul coronamento della diga a partire dalla spalla sinistra, alcune lesioni che progressivamente si estesero verso la zona centrale. Il presidente della IV sezione del Consiglio superiore tenendo conto delle risultanze del «Rapporto di progresso sulle indagini svolte, sulle attuali condizioni di stabilità del rilevato diga e sul possibile esercizio del serbatoio ad invaso parziale» (redatto dal professor V. Cotecchia nel febbraio 1989) cautelativamente impose una limitazione di invaso a quota 190,00 metri sul livello del mare. Tale limitazione fu confermata dal S.N.D. (servizio nazionale dighe) con nota n. 4196 del 21 giugno 1996, consentendo tuttavia il raggiungimento della quota 191,30 metri sul livello del mare unicamente in condizioni di eventi di piena eccezionali;
   a seguito dell'espletamento dei richiesti studi ed indagini sul fenomeno fessurativo il Consorzio di Bonifica Vulture Alto-Bradano commissionava al professor Vincenzo Cotecchia la redazione di un «Progetto esecutivo degli interventi di ripristino e di adeguamento funzionale del diga»; il progetto è stato oggetto di successivi adeguamenti alle osservazioni della servizio nazionale dighe si esprimeva con nota prot. n. 8011 del 20 dicembre 1996; a seguito dell'ultimazione dell'opera, il registro italiano dighe (già SND) con nota prot. 4590 del 11 marzo 2002 autorizzava un invaso tecnico temporaneo della durata di 30 giorni per la verifica della funzionalità della apparecchiature di manovra dello scarico di fondo per la taratura della strumentazione. L'autorizzazione era poi prorogata all'inizio della stagione irrigua;
   nel corso dei lavori, prima della riprofilatura del corpo diga, si era già verificato nel giugno del 1999 il cedimento di un tratto del coronamento nella zona in cui nel 1986 si era prodotto un dissesto trasversale con oggetto a valle;
   successivamente all'autorizzazione agli invasi sperimentali del 2002, a seguito di un invaso rapido seguito da un rapido svaso, sono apparse sul coronamento delle fessure longitudinali, di apertura superiore al centimetro, che hanno interessato una zona della diga di lunghezza pari a circa 700 metri, a partire dalla spalla sinistra. Il fenomeno è stato posto sotto osservazione sia strumentale che topografica. A seguito di tali eventi e sulla base delle risultanze delle osservazioni ed analisi effettuate, la commissione di collaudo sui lavori di ripristino ed adeguamento funzionale della diga del Rendina, nominata ex articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 1o novembre 1959 n. 1363, nella relazione finale del 15 dicembre 2005 ha ritenuto non collaudabile la diga e non possibile il prosieguo degli invasi sperimentali, a meno di acquisire informazioni più dettagliate sul fenomeno fessurativo in atto ed adottare procedure codificate per la gestione delle piene;
   tali attività, avviate dal Consorzio, necessitano di essere portate a compimento. Successivamente, nei mesi di marzo-aprile 2006, per effetto di alcuni eventi di piena di particolare intensità, verificatesi nel periodo di scioglimento delle nevi, la diga aveva repentinamente raggiunto livelli di invaso prossimi a quota 194,00 metri sul livello del mare;
   il registro italiano dighe, temendo che tali rilevanti e rapidi innalzamenti del livello di invaso potessero compromettere la stabilità del corpo diga raggiungendo la zona «fessurata», imponeva all'ente gestore l'approntamento di soluzioni immediate volte alla mitigazione del potenziale pericolo per le popolazioni a valle;
   il progetto di mitigazione del rischio, approvato dal reparto italiano dighe e successivamente autorizzato e finanziato dalla regione Basilicata dipartimento infrastrutture e mobilità, è stato realizzato nel 2008 ed ha comportato un abbassamento della soglia di sfioro che riduce drasticamente la capacità di accumulo del serbatoio artificiale a 6 milioni di metri cubi circa. A seguito della ripresa del già citato fenomeno fessurativo il professor Cotecchia redigeva per il Consorzio un «Rapporto tecnico sulle osservazioni svolte dagli apparecchi di misura e controllo fino a Gennaio 2005» che era consegnato all'ufficio periferico di Napoli del servizio dighe. Nel citato rapporto si perveniva alla conclusione che il rilevato della diga era interessato da un fenomeno deformativo ancora in evoluzione. Si ipotizzava inoltre che l'apertura delle lesioni fosse da collegarsi all'evento di invaso-svaso rapido subito nel 2003 per effetto degli sforzi di trazione generati dal fenomeno. Si escludeva infine l'ipotesi di innesco di fenomeni di instabilità;
   nella medesima nota il registro italiano dighe affermava di non ritenere sussistenti le condizioni per il mantenimento del serbatoio in condizione di invaso ed invitava il Consorzio a considerare la diga in condizioni di non invasabilità. Le verifiche topografiche effettuate e periodicamente consegnate all'ufficio dighe non hanno evidenziato apprezzabili ulteriori deformazioni del corpo diga negli ultimi anni;
   a causa del forte trasporto solido dei bacini contribuenti il fenomeno dell'interrimento del bacino di invaso con la conseguente progressiva riduzione del volume utile e particolarmente frequente nella diga del Rendina, già in passato furono effettuati lavori di rimozione del materiale sedimentato sul fondo del lago (attività detta di sfangamento);
   la prima operazione di sfangamento fu effettuata dal Consorzio di bonifica appulo-lucano nel periodo 1969-1975. Nei successivi 20 anni di esercizio della diga furono ripetuti alcuni parziali interventi;
   un secondo significativo sfangamento veniva eseguito, nell'ambito dei lavori di risanamento strutturale della diga per liberare dai sedimenti la parte di serbatoio più prossima al piede del paramento di monte della diga stessa;
   successivamente, la necessità di realizzare più importanti interventi di sfangamento atti a recuperare, almeno parzialmente, l'originaria capacità di invaso della diga, induceva il Consorzio a predisporre (1993) un progetto di ripristino globale del sistema Rendina che fronteggiasse anche la sempre crescente richiesta d'acqua proveniente dai settori agricolo ed industriale;
   il progetto che prevedeva l'asportazione di circa 1,5 milioni di metri cubi di sedimenti, approvato e finanziato dal Ministero delle politiche agricole forestali e alimentari, fu appaltato ma mai realizzato a causa di una rescissione contrattuale;
   il Ministero ha tuttavia mantenuto e riconfermato il finanziamento rifinalizzandolo alla realizzazione di un progetto stralcio che attualmente oggetto di appalto da parte dell'ente concessionario che gestisce la diga dal 1984 denominato Consorzio di Bonifica Vulture Alto-Bradano;
   la versione esecutiva di quest'ultimo progetto, redatta ancora una volta dal professor Cotecchia nel 2005, ha subito un lungo iter approvativo e successivi adeguamenti, ottenendo soltanto alla fine del 2011 tutte le necessarie approvazioni, propedeutiche al bando di gara;
   il Consorzio sarebbe oggi in grado di affidare i lavori, considerato che la procedura di gara si è chiusa, ma non è nelle condizioni di siglare il contratto di appalto a causa della mancata approvazione dei bilanci consortili 2011 e 2012;
   l'esecuzione dei lavori permetterebbe il recupero di circa un milione di metri cubi di volume invasabile, assai utili nelle condizioni di parziale autorizzazione dell'invaso. Il programma dei lavori prevede tempi di esecuzione pari a 24 mesi ed un importo complessivo del finanziamento attestato sulla cifra di euro 10.330.000 circa;
   è utile considerare che l'ufficio nazionale dighe autorizzerebbe il rinvaso, anche se a quota limitata, al termine dei lavori di sfangamento a condizione che si implementi il sistema di allerta meteo sul bacino imbrifero;
   da tutto quanto ricostruito appare dunque oggi necessario perseguire due obiettivi distinti, ma funzionali l'uno all'altro: il rapido avvio dei lavori di sfangamento e la progettazione degli interventi di ripristino definitivo del corpo diga e quindi della totale capacità di invaso (28 milioni di metri cubi rispetto agli attuali 6 milioni, compreso il volume recuperato a seguito dello sfangamento);
   l'autorizzazione dell'invaso parziale che si otterrebbe a seguito di questi interventi, produrrebbe un'effetto benefico immediato per il territorio a valle, rendendo disponibile un volume di circa 7 milioni di metri cubi, necessario alla ripresa delle regolari attività di irrigazione sull'intero comprensorio di Gaudiano e svincolerebbe l'ente dall'oneroso utilizzo della risorsa proveniente dall'Ofanto;
   i fondi ministeriali stanziati,inoltre, sono già disponibili per l'esecuzione dei lavori;
   per il totale risanamento della diga si dovrà, invece, come prescritto dall'ufficio nazionale dighe redigere una perizia che definisca una volta per tutte le cause che hanno generato l'innesco del fenomeno di fessurazione ed individui soluzioni atte ad arrestarlo;
   definita l'entità dei lavori di risanamento si potrà, infine accedere alle risorse della programmazione irrigua nazionale (PIN-Ministero delle politiche agricole e forestali);
   in conclusione, essendo la diga del Rendina una struttura di importanza strategica per lo sviluppo del territorio locale e della vicina Puglia e disponendo di notevoli potenzialità di produzione energetica, appare indilazionabile puntare all'immediato recupero quantomeno della sua parziale capacità di invaso;
   il conseguimento di tale obiettivo minimo, tuttavia, è oggi impedito dalla situazione di dissesto finanziario in cui versa il Consorzio di bonifica che ne ha paralizzato le indispensabili attività gestionali –:
   quali iniziative, nell'ambito delle competenze statali, il Governo ritenga di poter attivare per favorire il ripristino delle strutture e della piena funzionalità della diga del Rendina, eventualmente rendendo disponibili risorse di cui all'apposito fondo gestito dal commissario ex Agensud del Ministero delle politiche agricole e forestale, al fine di consentire la redazione della citata perizia studio;
   se il Governo consideri opportuno, in funzione di uno sblocco dell'attuale situazione di stallo, convocare un tavolo di confronto fra i vari soggetti e livelli territoriali e giuridici di competenza.
(4-02130)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DI VITA, DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, COZZOLINO e SEGONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito il bevacizumab, il cui nome commerciale è Avastin, nell'elenco dei farmaci indispensabili per la cura di alcune diffuse e gravi malattie degli occhi che non hanno alternativa terapeutica, come anche dimostrato da una vastissima produzione scientifica e dalle maggiori associazioni oftalmologiche del pianeta;
   dal 3 ottobre 2013, migliaia di malati afflitti da malattie della retina, non si potranno più curare perché un farmaco di dimostrata efficacia, utilizzato quotidianamente in tutti i reparti oculistici del mondo, sostenuto da una poderosa letteratura scientifica e, oltretutto, poco costoso, è stato estromesso dall'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, dalla sua ordinaria circolazione in campo oculistico;
   l'Aifa segnala una potenziale tossicità che però, alle dosi oculari, non è segnalata come rilevante tanto da controindicare l'Avastin;
   la Società oftalmologica italiana (Soi), negli scorsi mesi, ha intrapreso una battaglia contro l'AIFA che ha escluso il farmaco a favore del più nuovo, ma anche molto più costoso, ranibizumab, noto con il nome commerciale di Lucentis;
   l'Avastin è un farmaco a basso costo che studi clinici hanno affermato essere uguale a Lucentis, il quale ha, invece, un costo enorme;
   la Soi aggiorna periodicamente l'elenco dei farmaci indispensabili per l'assistenza sanitaria e nella recente revisione pubblicata a luglio 2013, l'unico farmaco anti-VEGF inserito per il trattamento della degenerazione maculare senile neovascolare è il bevacizumab (Avastin);
   l'Aifa esclude l'Avastin dalla lista della cosiddetta legge Di Bella e lo rende non rimborsabile, così da scoraggiare qualche specialista che volesse continuare a usarlo;
   la chiara e inequivocabile presa di posizione della OMS rende ancora più insostenibile e illegittima la posizione di Aifa che, nonostante le numerose e pressanti azioni della Società oftalmologica italiana, formulate con il sostegno della Evidence based medicine e delle Società scientifiche più importanti del mondo, persevera nel voler strumentalmente sostenere la pericolosità di Avastin, a difesa dell'accordo economico sancito con Novartis al momento dell'accesso alla rimborsabilità di Lucentis;
   l'Antitrust ha avviato un'indagine alla quale la stessa Soi ha partecipato in qualità di esperto tecnico scientifico, ma persiste la latitanza sull'argomento del Ministro della salute in carica, che Soi ha recentemente chiamato ad una azione di responsabile commissariamento dell'Aifa stessa;
   c’è una forte emergenza in atto, considerati gli oltre 100.000 pazienti esclusi dalla terapia per l'impossibilità degli ospedali pubblici di erogare il costosissimo Lucentis e la prevista quanto inutile spesa per il 2014 di oltre un miliardo di euro –:
   se il Ministro interrogato intenda intraprendere azioni concrete nei confronti dell'Aifa o quantomeno aprirsi ad un confronto con gli oculisti italiani. (4-02116)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già con atto di sindacato ispettivo n. 5-00679, ancora in attesa di risposta, lo scrivente richiamava l'attenzione del Governo sulla decisione della società Ideal Standard di chiudere lo stabilimento di Orcenico di Zoppola (Pordenone), che occupa ben 480 lavoratori;
   in quell'occasione lo scrivente, nel riportare le notizie di stampa del 17 luglio 2013, esprimeva solidarietà ai lavoratori coinvolti e condivisione delle decisioni assunte dalle organizzazioni sindacali di far saltare il tavolo ministeriale, sospendere ogni trattativa e proclamare una serie di scioperi, contestando in particolare le modalità di comunicazione della decisione, ovvero tramite sms proprio durante il vertice in corso al Ministero dello sviluppo economico;
   ad aggravare ulteriormente la situazione è ora il rifiuto netto da parte della società al «contro-piano» della regione per salvare lo stabilimento Ideal Standard di Orcenico;
   «Alla luce dell'attuale scenario economico la proposta non è sufficiente per cambiare il progetto industriale presentato a luglio che prevede la dismissione della fabbrica entro la fine dell'anno», questa la risposta inappellabile che il vertice societario ha dato lo scorso 8 ottobre 2013 alla regione e a Unindustria;
   sembrerebbe, pertanto, che le proposte e gli incentivi del territorio, volte a facilitare gli investimenti e a ridurre i costi di energia e lavoro, non siano stati ritenuti dalla società una valida alternativa alla dismissione della fabbrica per sovracapacità produttiva e quindi dei costi –:
   se e quali urgenti interventi sul cuneo fiscale il Governo intenda attuare, per diminuire in modo strutturale il costo del lavoro e, di conseguenza, salvaguardare realtà produttive storiche del nostro territorio e con esse centinaia di posti di lavoro;
   se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda urgentemente adottare per salvare l'impianto produttivo di cui in premessa. (5-01188)


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sul futuro della Etna valley uno dei siti industriali a più alta capacità di innovazione in Italia e in Europa si stanno addensando una serie di nubi che destano preoccupazione tra le maestranze;
   si è svolto a Roma un vertice presso l'unità della gestione delle aree in crisi ed è stato un incontro interlocutorio aggiornando la questione a più specifici tavoli tematici relativi alle singole aziende;
   in particolare il 29 ottobre si affronterà la questione relativa al futuro della 3sun, il 7 novembre della Micron e il 12 novembre sarà la volta della ST Microelettronics;
   le organizzazioni sindacali hanno dissentito circa la metodologia assunta nell'affrontare le vertenze perché chiedevano un tavolo unitario per tutte le vertenze in atto senza separarle;
   le questioni più problematiche riguardano la Micron e la STM in quanto le minacce di ridimensionamento occupazionale sono molto concrete;
   occorre definire un pacchetto di misure a sostegno di tutto il comparto con l'utilizzo pieno di tutte le risorse già previste nel piano programma;
   vi è una fortissima attenzione anche istituzionale a partire dal comune di Catania affinché ci sia la necessaria attenzione da parte del Governo per salvaguardare uno dei siti strategici della innovazione tecnologica in Italia –:
   se e quali iniziative, alla luce delle considerazioni espresse in premessa, intenda adottare il Governo per varare un piano di sostegno della Etna valley al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e rilanciarne la produttività. (5-01190)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENSORE e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, recante «Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità dei servizi» dispone all'articolo 2 che l'autorità di regolamentazione del settore postale stabilisca gli standard qualitativi del servizio postale universale adeguandoli a quelli realizzati a livello europeo;
   il comune di Ricadi (VV), ha una altissima densità turistica e rappresenta uno dei punti d'eccellenza della costiera tirrenica calabrese, meglio conosciuto con il brand commerciale di «Capo Vaticano», con una fiorente industria turistica e con una ricettività in strutture alberghiere e para alberghiere che supera i venti mila posti letto;
   Poste italiane, a partire dal 30 ottobre 2011 ha temporaneamente decretato la chiusura di un importantissimo ufficio postale, posto nel centro urbano di San Nicolò di Ricadi (VV), punto nevralgico rispetto all'intero promontorio di Capo Vaticano;
   tale temporanea sospensione del servizio, che ha provocato gravi ed innumerevoli disagi, anche a causa delle caratteristiche morfologiche di un territorio estremamente frazionato, con altri uffici posti a notevole distanza dal centro di Capo Vaticano, si è protratta per circa due anni;
   la motivazione della temporanea sospensione dell'ufficio era strettamente connessa alla necessità di adeguare dal punto di vista igienico-sanitario i locali con interventi prontamente realizzati ed ultimati;
   allo stato attuale, nonostante non sia mai stata decretata la definitiva chiusura dell'Ufficio, che risulta ancora in temporanea sospensione, non è stata allo stesso tempo predisposta la sua riapertura, per cui oggi il comune di Ricadi è addirittura privo finanche di uno sportello bancomat;
   l'utenza garantita dall'ufficio di San Nicolò di Ricadi è di gran lunga una delle maggiori di tutto il territorio provinciale, anche in considerazione del notevole incremento della popolazione nel periodo estivo, quando risiedono fra seconde case e strutture ricettive, oltre agli abitanti censiti, oltre 40.000 abitanti;
   una eventuale soppressione definitiva del presidio di San Nicolò di Ricadi determinerebbe un gravissimo disagio in termini di servizi e di immagine di un comprensorio turistico, come quello di Capo Vaticano, avente rilevanza internazionale –:
   quali iniziative per quanto di competenza il Governo, in qualità di azionista pressocché unico di Poste italiane s.p.a., intenda assumere perché venga riattivato l'ufficio postale di San Nicolò di Ricadi (VV) in considerazione della rilevanza economica, sociale e strategica che il territorio di Ricadi-Capo Vaticano riveste;
   se, nell'ambito delle proprie competenze e tenuto conto che le funzioni di regolazione e vigilanza sul servizio postale sono state trasferite all'autorità garante per le comunicazioni dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, un'azione di sensibilizzazione nei confronti della concessionaria poste italiane, per le problematiche relative al comune di Ricadi. (4-02118)


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione «Lega della Terra», da diverse settimane, segnala il caso di alcune aziende agricole colpite dal sisma del maggio 2012 alle quali l'Enel –l'Ente nazionale per l'energia elettrica, avrebbe negato la rateizzazione dei consumi correnti;
   secondo quanto riportato dalla risposta della stessa Enel ad una delle aziende richiedenti l'agevolazione, la rateizzazione dei consumi correnti ad un'azienda che già usufruisce dei benefìci di legge per i consumi «congelati» in seguito al sisma del 2012, non è possibile in quanto non prevista da alcuna delibera;
   la sospensione della fatturazione (bollette sospese dal giugno 2012 al giugno 2013), le tariffe applicate e le modalità di pagamento sono state, infatti, disposte con provvedimenti emessi dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG), in particolare la delibera 235/2012/R/com per la sospensione dei termini di pagamento a partire dal 20 maggio 2012, la delibera 6/2013/R/com relativa alle agevolazioni per le utenze di energia elettrica, gas naturale e servizio idrico integrato, ed infine la delibera 105/2013/R/com relativa ad alcune disposizioni integrative;
   l'Enel ha ritenuto, quindi, non motivata la richiesta di una ulteriore rateizzazione dell'importo dovuto, in quanto si tratta della seconda rata relativa alla chiusura del periodo di sospensione suddetto, più l'importo corrispondente alla normale fatturazione del mese di giugno 2013;
   l'Enel ritiene di non essere autorizzata a rateizzare in quanto il caso non rientra in quelli previsti dalla Delibera AEEG 200/1999, titolo V, articolo 13 «Casi e modalità di rateizzazione»: a parità di caratteristiche-parità di condizioni, senza alcuna deroga;
   è importante ricordare che le molte aziende agricole colpite dal sisma hanno subito danni ingenti che, in molti casi, non sono stati risolti nell'arco di un anno, specie nelle aziende di grandi dimensioni o a carattere zootecnico, i cui consumi elettrici ed energetici sono rilevanti;
   il settore primario è l'unico in Italia che ha mostrato segni di ripresa nei primi mesi dell'anno 2013, e sarebbe quindi importante, a parere degli interroganti, trovare delle modalità di sostegno ed incentivo;
   pur condividendo oggettivamente le motivazioni addotte dall'Enel alla mancata rateizzazione delle bollette relative al consumo corrente, gli interroganti ritengono importante un intervento a livello centrale che prosegua la tutela delle aziende agricole colpite dal sisma del 2012 e che permangono in uno stato di difficoltà economica –:
   se, relativamente a quanto esposto in premessa, in base alle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia della AEEG, non si ritenga importante valutare l'opportunità di introdurre ulteriori forme di agevolazione per le imprese agricole colpite dal sisma del 2012 che permangono in uno stato di difficoltà economica.
(4-02121)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Braga e altri n. 1-00013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brandolin.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Giammanco e altri n. 2-00177, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sisto.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

   L'interrogazione a risposta scritta Antezza n. 4-02088, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Biondelli, Arlotti, Bargero, Amoddio, Iacono, Boccuzzi, Mattiello.
   L'interrogazione a risposta scritta Fantinati e altri n. 4-02107, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rostellato.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Giancarlo Giorgetti n. 1-00025 del 29 aprile 2013.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Valiante n. 5-00086 del 29 aprile 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione L'Abbate n. 5-00748 del 24 luglio 2013;

  interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00246 dell'8 ottobre 2013.