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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 4 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la gravità dell'attuale condizione economica e sociale impone di proseguire con determinazione l'azione di riequilibrio dei conti pubblici accompagnandola con il perseguimento dell'equità e della crescita dell'economia nazionale che deve diventare, non solo sulla carta o negli annunci televisivi, la priorità dell'azione del Governo e del Parlamento;
    con le manovre economiche adottate con decreto tra il luglio e il dicembre 2011 decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011; decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011; decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011) si è intervenuti con tagli alle risorse di regioni ed enti locali, con inasprimenti del patto di stabilità interno e con modifiche strutturali all'assetto tributario in particolare dei comuni, che hanno prodotto un aumento della pressione fiscale e una ulteriore riduzione della spesa per investimenti, invece che una riduzione della spesa corrente e l'adozione di modelli più efficienti di produzione dei servizi locali;
    gli enti locali e territoriali a causa dei tagli ai trasferimenti statali di competenza, si trovano ad operare con equilibri di bilancio sempre più precari, tanto che talvolta non riescono neanche più a coprire le funzioni fondamentali se non attraverso un aumento della pressione fiscale sia per le spese indistinte che per quelle a domanda individuale come le rette degli asili o i costi delle mense, della raccolta rifiuti;
    tutto ciò avviene a danno delle fasce più deboli della popolazione, che a causa della crisi economica devono affrontare disoccupazione, cassa integrazione e diminuzione dei salari e della qualità del lavoro; la crisi occupazionale si è trasformata in crisi sociale alla quale occorre rispondere mediante un aumento degli aiuti dei servizi sociali comunali con conseguente aumento della spesa per gli enti locali;
    l'approccio al risanamento dei conti pubblici che è stato attuato ha comportato un inasprimento senza precedenti della pressione fiscale, per cui è urgente avviare una sistematica attività di revisione della spesa pubblica (spending review), destinando prioritariamente le risorse ricavate, insieme a quelle derivanti dal contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, alla riduzione della pressione fiscale in particolare sui redditi da lavoro e da impresa, ridefinendo, nell'ambito della riforma fiscale, un nuovo patto tra fisco e contribuenti;
    in questo contesto, profondamente cambiato rispetto al momento in cui fu approvata, acquista ancor più importanza la piena e completa attuazione della legge 5 maggio 2009 n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione»; la responsabilità e l'autonomia dei governi locali e regionali in campo fiscale, risultano ora ancora più fondamentali per attivare il circuito di controllo dei cittadini sulle prestazioni delle amministrazioni e per renderle di conseguenza più efficienti e più capaci anche di ridurre la spesa e gli sprechi;
    è indispensabile ad esempio superare rapidamente, attraverso l'approvazione della Carta delle autonomie locali, la separazione finora operata tra il federalismo fiscale e il processo di riallocazione e riorganizzazione delle funzioni tra i diversi livelli di governo, il quale di per sé potrebbe consentire una riduzione della spesa corrente e una conseguente riduzione della tassazione a livello sub statale;
    il meccanismo dei costi e dei fabbisogni standard per regioni ed enti locali relativo ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali rappresenta il modo per effettuare una efficace spending review nel sistema delle autonomie territoriali e come tale può e deve procedere se possibile accelerando le scadenze previste, estendendone comunque principi e strumenti attuativi anche all'apparato centrale dello Stato, vero centro di spesa pubblica;
    vista l'urgenza imposta dalla crisi si rende necessaria un'accelerazione nell'attuazione della legge delega attraverso il suo completamento entro la fine di questa legislatura, nei termini espressi anche dal Ministro Delrio che più volte ha ribadito che è necessario far ripartire il federalismo basato sui principi della perequazione e della responsabilità in quanto il centralismo ha fallito, non ha risolto i problemi come invece appare ineludibile un nuovo patto con le autonomie locali;
    è necessario pertanto adottare velocemente tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili, consentendo così l'avvio della transizione verso il nuovo assetto in tutti i suoi aspetti che sono complementari tra di loro e non possono essere affrontati in modo separato;
    si tratta di colmare i vuoti ancora esistenti rispetto alla legge delega, di verificare lo stato di attuazione degli atti amministrativi previsti dai decreti legislativi già approvati e di coordinare con appositi decreti legislativi le nuove norme legislative che sono nel frattempo entrate in vigore, come quelle relative all'assetto tributario dei comuni, con i meccanismi previsti dalla legge delega e dai relativi decreti legislativi,

impegna il Governo:

   a dare piena e completa attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale adottando tutti i decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che saranno ritenuti utili e prevedendo in particolar modo interventi diretti ad eliminare l'applicazione dell'imposta municipale unica sulla prima abitazione e a garantire che il gettito derivante dall'applicazione dell'imposta stessa sulle seconde abitazioni rimanga interamente in capo ai comuni, nonché introducendo a favore dei comuni stessi la compartecipazione all'imposta sul reddito delle persone fisiche;
   a garantire agli enti locali le risorse del 2012 e che non siano questi a dover sopportare la mancata adozione dell'IMU prima casa;
   a garantire che la nuova service tax sia una vera tassa federale, meno onerosa della somma di Imu e Tares, creando così un'imposta leggera e più equa con aliquote modulabili da parte degli amministratori con l'obiettivo di creare un sistema fiscale federale;
   ad insediare con la massima urgenza la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall'articolo 5 della legge delega e per la quale le regioni, le province e i comuni hanno già provveduto ad effettuare le rispettive designazioni secondo quanto stabilito dagli articoli 33-37 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68;
   considerato che la Conferenza concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, alla verifica periodica del nuovo ordinamento finanziario, proponendo eventuali modifiche o adeguamenti del sistema, che è prevista l'istituzione di una banca dati condivisa la quale risulta indispensabile per avviare efficacemente le nuove relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo;
   a verificare prioritariamente l'attuazione della procedura per l'individuazione dei costi e fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, e dall'articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 ed adottare, nel termine ineludibile di tre mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, tutti gli atti conseguenti e necessari ai fini della loro compiuta determinazione, unico modo per avviare una vera ed efficace spending review delle amministrazioni statali specie in campo sanitario visti i dati contrastanti dei bilanci sanitari tra le diverse regioni relativamente ai costi per le forniture;
   nel percorso di completamento dell'attuazione del federalismo fiscale, ad agire con la massima urgenza per rendere operativo il criterio dei costi standard relativi al servizio sanitario e dei fabbisogni standard per comuni e province, affinché sia consentito agli enti territoriali di contenere le addizionali regionali e locali ed inducendo tutti gli amministratori alla massima responsabilizzazione;
   a coordinare il tema della finanza locale, con le modifiche ordinamentali già contenute nell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, e con quelle in corso di approvazione nell'ambito della Carta delle autonomie locali e della riforma costituzionale, con particolare riguardo alla forma di Governo, alla previsione del Senato federale, alla riduzione del numero dei membri delle Camere, alla eliminazione degli enti intermedi inutili, e in generale alla revisione della Parte seconda della Carta costituzionale;
   per quanto riguarda la riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta, introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011, a riconsiderare l'impatto che il trasferimento delle funzioni e delle risorse oggi gestite dalle province avrà sui bilanci e sull'organizzazione di regioni e comuni, già gravati dalle difficili condizioni di sostenibilità del loro patto di stabilità posto che le nuove norme ingenerano confusione nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori, producendo notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la pubblica amministrazione;
   ad adottare con gli strumenti di programmazione finanziaria e la legge di stabilità per il 2014 tutti i provvedimenti per il coordinamento dinamico della finanza pubblica previsti dalla legge delega e dai decreti legislativi approvati, a partire dal percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p) della Costituzione (articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68) e dall'obiettivo programmato della pressione fiscale complessiva, nel rispetto dell'autonomia tributaria delle regioni e degli enti locali (articolo 18 della legge delega);
   ad assumere iniziative per eliminare da subito tutte le norme che bloccano oggi l'autonomia dei comuni e che non hanno effetti sui saldi di finanza pubblica e in generale rivedere le regole del patto di stabilità interno, introdotte dal decreto legislativo n. 149 del 2011, in materia di meccanismi sanzionatoti e premiali relativi a regioni, province e comuni;
   a pianificare una riforma strutturale e stabile nel tempo del patto di stabilità interno e che preveda l'equilibrio di bilancio come unico vincolo, l'esclusione dal computo delle spese senza debito e con risorse autonome per favorire gli enti virtuosi l'adozione, anche tra più regioni, del patto di stabilità integrato al fine di migliorare il coordinamento della finanza territoriale;
   a completare il processo di riforma federalista superando definitivamente il sistema di finanza derivata in ragione di una piena autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, senza aumentare la pressione fiscale complessiva garantendo certezza di risorse, e promuovendo lo sviluppo economico locale anche attraverso l'implementazione di nuovi ed appositi strumenti in grado di supportare le amministrazioni locali nel processo di acquisto dei beni e dei servizi al fine di attuare efficienti revisioni di spesa;
   a verificare il motivo della mancata emanazione dei Dpcm che completano il percorso del federalismo demaniale previsto dal decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, relativo all'attribuzione alle autonomie territoriali di un proprio patrimonio, alla luce della priorità che va assegnata ad una decisa azione di riduzione del debito pubblico;
   a cambiare l'approccio allo strumento dell'addizionale IRPEF da parte di regioni e comuni, oggi troppo spesso usata forzatamente per compensare carenze di bilancio, laddove dovrebbe invece costituire uno strumento attraverso il quale gli enti locali e territoriali costruiscono in autonomia un sistema di detrazioni atte a favorire e sostenere le categorie sociali più deboli o meritevoli di tutela;
   ad assumere iniziative per ripristinare il dettato del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), con particolare riferimento alla compartecipazione regionale Iva le cui modalità di attribuzione siano stabilite in conformità con il principio di territorialità;
   ad assumere iniziative per abrogare l'articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività» (cosiddetto decreto sulle liberalizzazioni) in quanto interviene, secondo i firmatari del presente atto in contrasto con l'articolo 119 della Costituzione, accentrando la gestione delle tesorerie di regioni ed enti locali e riportando in vigore le norme degli anni ’80 precedenti all'innovazione costituzionale citata;
   a verificare lo stato di attuazione di tutti i decreti legislativi approvati, comprensivi degli atti amministrativi previsti, al fine di definire un percorso per la loro reale definitiva entrata in vigore.
(1-00201) «Guidesi, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Marguerettaz».


   La Camera,
   premesso che:
    il «fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la Tubercolosi e la malaria» (The Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and malaria – GFATM) è stato ufficialmente costituito a Ginevra nel gennaio 2002, sulla base della dichiarazione del vertice africano di Abuja dell'aprile 2001, della sessione speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di giugno 2001 e delle conclusioni e degli impegni assunti al Vertice G8 di Genova del luglio 2001;
    il fondo globale è un meccanismo internazionale di finanziamento destinato a raccogliere, amministrare ed erogare fondi per la lotta alle tre pandemie (AIDS, Tubercolosi e Malaria);
    in ragione di un approccio innovativo rispetto alle modalità di funzionamento proprie di altre organizzazioni internazionali, all'interno del fondo globale operano, oltre agli Stati, anche la società civile, il settore privato e le comunità di persone colpite dalle tre malattie, tutti rappresentati nell'ambito del consiglio di amministrazione (Board) con diritto di voto;
    nato come organizzazione di emergenza strutturata per intervenire «verticalmente» e in forma esclusiva sulle tre malattie, il fondo globale si sta trasformando in modo da focalizzarsi più strategicamente su interventi a elevato impatto a favore delle popolazioni vulnerabili, tenendo conto di un approccio che garantisca l'eguaglianza di genere nella risposta alle tre pandemie e con ricadute positive sui fragili sistemi sanitari dei Paesi più poveri, con particolare riguardo alla salute riproduttiva, dei minori e delle donne;
    il fondo globale fino ad oggi ha erogato, secondo cicli annuali (round), finanziamenti a progetti proposti da organismi locali di coordinamento dei paesi in via di sviluppo (Country Coordinating Mechanisms, CCM), selezionati dal proprio Segretariato a Ginevra, vagliati da un suo apposito organismo tecnico indipendente (Technical Review Panel, TRP) e, infine, approvati dal consiglio di amministrazione (Board) del fondo stesso;
    nell'erogare risorse a paesi a medio e basso reddito, l'approccio di investimento innovativo del fondo globale si poggia su finanziamenti collegati alla titolarità del paese, ai risultati e all'efficacia del programma finanziato. Un metodo d'investimento che permette ai responsabili nei paesi beneficiari di sviluppare i loro programmi in base alle loro priorità nazionali;
    dalla sua istituzione, il fondo globale ha sostenuto oltre 1.000 programmi in 151 Paesi, distribuendo cure contro l'AIDS a 5,3 milioni di persone, cure contro la TBC a 11 milioni di persone e 340 milioni di zanzariere trattate con insetticida per la prevenzione della malaria. Se nel 2002 le cure antiretro virali contro l'HIV nei Paesi più poveri raggiungevano 300.000 persone, oggi ne possono beneficiare 9,7 milioni di persone;
    il fondo globale è divenuto il principale finanziatore multilaterale nel settore della salute globale, raccogliendo l'82 per cento dei finanziamenti internazionali per la tubercolosi, il 50 per cento per la malaria e il 21 per cento per la lotta all'AIDS. Il fondo globale finanzia anche il rafforzamento dei sistemi sanitari, con particolare riguardo a quelli più inadeguati, per garantire migliori condizioni generali di salute, come premessa essenziale per le azioni di contrasto delle tre pandemie. Lavorando con i propri partner, il fondo globale ha contribuito a salvare oltre 8,7 milioni di vite;
    l'incremento degli investimenti da parte dei donatori e dei Paesi colpiti dalle tre pandemie, le recenti scoperte scientifiche, la riduzione dei costi e un migliore know-how hanno consentito notevoli successi: la diffusione dell'HIV ha iniziato a rallentare e l'incidenza della tubercolosi e della malaria è diminuita;
    nel 2011, rispetto al 2001, ci sono stati oltre 700.000 casi in meno di nuove infezioni HIV in tutto il mondo. L'Africa ha ridotto di un terzo i decessi AIDS-correlati negli ultimi sei anni. Dal 2004, i tassi di incidenza della TBC sono calati in tutto il mondo e in tutte le sub-regioni, ad eccezione di taluni paesi africani. Ci sono stati progressi nelPeradicazione della malaria in ogni regione OMS del mondo, e si prevede che la regione Europa dell'OMS debellerà la malaria dalle sue nazioni entro i prossimi cinque anni;
    le tre pandemie, tuttavia, continuano a imporre un tributo devastante in termini di vite umane ed economici. Nel 2011 si sono registrati nel mondo 2,7 milioni di decessi correlati all'AIDS e alla tubercolosi, mentre nel 2010 si sono avute 660.000 morti causate dalla malaria;
    la grave crisi economica internazionale che dal 2007 ha colpito gran parte dei paesi nel mondo rischia di produrre pesanti conseguenze, con una distribuzione delle risorse sempre più iniqua, l'aumento della povertà e del disagio sociale e con effetti negativi sul piano sanitario, a partire da una potenziale recrudescenza nella diffusione di pandemie, che rischia di compromettere i progressi realizzati fino a oggi;
    gli Stati donatori, pur spesso consapevoli dei rischi e dei costi derivanti da una riduzione dei contributi ai programmi internazionali di cooperazione come il fondo globale, si sono trovati in questi anni sotto una pressione crescente nel dover dimostrare il valore economico dei loro investimenti e l'opportunità di salvaguardare tali impegni di spesa nel momento in cui si praticavano drastiche politiche di austerità nella gestione dei bilanci pubblici;
    a fronte di questo stato di cose particolarmente critico, il fondo globale ha intrapreso un processo di riorganizzazione interno conclusosi nel 2012 per diventare più efficiente e trasparente nella gestione, per investire in modo più strategico, per valorizzare al massimo i risultati. Queste riforme hanno portato alla costituzione di team ad «alto impatto», che possono supportare in modo più efficace e mirato l'azione del fondo globale e dei suoi partner, intervenendo in particolare nei 20 paesi in Africa e Asia, che insieme rappresentano oltre il 70 per cento della prevalenza mondiale di AIDS, TBC e malaria;
    nell'ambito di questo processo di riorganizzazione, il fondo globale ha lanciato un nuovo modello di finanziamento che consente di investire in modo più strategico, con un impiego più efficace degli operatori sul campo. Si tratta di una metodologia che incoraggia anche i paesi a esprimersi chiaramente sull'entità dei fondi di cui hanno effettivamente bisogno per prevenire e curare in modo efficace AIDS, TBC e malaria. Il nuovo modello sostituisce il sistema precedente dei round di finanziamento, che aveva cadenza annuale per la presentazione delle richieste. Per il periodo di transizione (2013 e 2014) di questo nuovo modello di finanziamento sono disponibili 1,9 miliardi di USD. La completa attuazione del modello comincerà all'inizio del 2014 ed erogherà finanziamenti per il periodo 2014-2016;
    il 12 settembre 2013 e stato pubblicato il rapporto Cost of Inaction, realizzato dalla ONG olandese International civil society support (ICSS) in collaborazione con il Segretariato del fondo globale e i suoi partner tecnici (UNAIDS, STOP TB Partnership e Roll Back malaria Partnership) a sostegno delle attività realizzate dalla rete internazionale Global Fund Advocates Network (GFAN). Il rapporto intende dimostrare come in mancanza di maggiori investimenti a favore del fondo globale non solo si avrebbero delle conseguenze drammatiche in termini umanitari, ma che bisognerebbe fare i conti anche con un enorme impatto negativo in termini economici, con oneri aggiuntivi per fronteggiare milioni di casi di nuove infezioni che potrebbero essere scongiurati con un adeguata strategia di prevenzione come quella sviluppata in questi anni dallo stesso fondo globale, molto meno dispendiosa;
    l'Italia ha avuto un ruolo di primo piano nel fondo globale sin dalla sua fondazione, quando in occasione del G8 di Genova del 2001 si impegnò a contribuirvi con 200 milioni di dollari (100 milioni nel 2002 e 100 milioni nel 2003), divenendo così il secondo donatore dopo gli Stati Uniti ed acquisendo di diritto uno dei seggi unici riservati ai maggiori donatori nel consiglio di amministrazione;
    non a caso, la Prima riunione dei donatori per ricostituire le risorse del fondo globale si è tenuta nel 2005 proprio a Roma, sotto l'egida del Governo italiano. L'Italia con 790 milioni di euro di contributi (circa 1,1 miliardi di USD) versati al fondo globale sin dall'inizio (2002) delle sue attività, è a tutt'oggi l'ottavo Paese donatore;
    pur essendo tra i Paesi fondatori del fondo globale, l'Italia è in una condizione di grave inadempienza, poiché a partire dal 2009 non ha più onorato gli impegni economici già assunti e non ha provveduto nemmeno a definire contabilmente il suo contributo per gli anni 2011 2012 e 2013. Tale circostanza ha fortemente limitato e pregiudicato il suo ruolo, la sua azione e il suo peso decisionale in seno al fondo globale, con effetti significativi e concreti come la perdita del seggio unico in seno al consiglio d'amministrazione, a seguito della quale è confluita nel raggruppamento Unione europea (che include Italia, Spagna, Belgio, Finlandia e Portogallo), a fronte di altri paesi come Francia, Germania, Stati Uniti e Giappone che mantengono un loro seggio individuale;
    considerando che i due terzi del contributo italiano alla lotta contro l'HIV/AIDS erano erogati attraverso il fondo globale, a causa dei tagli l'impegno profuso in questi anni dall'Italia per contrastare la pandemia nei Paesi a risorse limitate si è praticamente azzerato;
    per l'anno 2011, secondo le elaborazione effettuate dal network Action far Global Health su dati ufficiali OECD, si ritiene che l'APS sanitario italiano si sia attestato a 300 milioni di euro, pari allo 0,019 per cento del PIL, a fronte della raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di finanziare la salute globale con lo 0,1 per cento del PIL;
    nel campo della salute globale, in un quadro finanziario di risorse assai limitate, in questi anni l'Italia ha ragionevolmente privilegiato (pur se in misura via via decrescente) il finanziamento del canale multilaterale rispetto al bilaterale, come nel caso del contributo conferito alla GAVI Alliance, in favore della quale destiniamo il 24 per cento del APS sanitario. In questo ambito, tornare a finanziare anche il fondo globale, meccanismo multilaterale fondamentale per sconfiggere AIDS, tubercolosi e malaria, rappresenterebbe una scelta opportuna in direzione di un riavvicinamento'progressivo agli obiettivi sanitari internazionali;
    il lavoro del fondo globale è stato sostenuto negli anni con convinzione da tanta parte della comunità scientifica italiana, a partire dall'Istituto superiore di sanità, così come da molte organizzazioni della società civile italiana con attività di patrocinio, come nel caso dell'Osservatorio italiano sull'azione globale contro l'AIDS (una rete di 14 ONG italiane che raccoglie: ActionAid, AIDOS, AMREF, CCM, CESTAS, CESVI, COOPI, COSPE, COSV Intervita, ISCOS, Medici con l'Africa CUAMM, Medicus Mundi Italia, World Friends), di Action for global health e della LILA (Lega italiana per la lotta contro l'AIDS). Lo stesso Osservatorio italiano sull'azione globale contro l'AIDS si è appellato nel mese di luglio 2013 al Governo, affinché l'Italia torni ad onorare il suo impegno finanziario nei confronti del fondo globale;
    il Documento di economia e finanzia (DEF) 2014-2017 approvato dal Consiglio dei ministri ad aprile 2013 prevede un incremento costante delle risorse per la cooperazione internazionale che dovrebbe consentire all'Italia di raggiungere entro il 2017 un rapporto APS/PIL vicino allo 0,30 per cento, in media coi Paesi OCSE, seppur ben distante dal traguardo dello 0,7 per cento entro il 2015 sottoscritto dai membri delle Nazioni Unite nell'ambito della Dichiarazione del Millennio del 2000;
    in autunno si terrà la riunione conclusiva del quarto processo di rifinanziamento del fondo globale (The Global Fund Fourth Replenishment), nel corso della quale i donatori saranno chiamati ad esprimere il proprio impegno finanziario per il periodo 2014-2016, impegno che dovrà concorrere al raggiungimento dell'obiettivo globale di 15 miliardi di dollari per il triennio citato. I principali Paesi hanno già quantificato il loro impegno finanziario per il futuro (in particolare, la Francia ha annunciato un contributo pari ad 1 miliardo di euro in 3 anni, la Gran Bretagna un incremento della sua partecipazione finanziaria fino ad oltre 1 miliardo di GBP, mentre il raggruppamento europeo dei paesi nordici si impegnerà per un contributo pari a 250 milioni di euro l'anno per 3 anni) e si preannuncia anche una nuova presenza di Paesi contributori provenienti dal continente africano, mentre l'Italia non si è ancora pronunciata;
    ove l'Italia non provvedesse ad onorare gli impegni già assunti e a rinnovare la sua partecipazione al fondo globale, con la conseguente contribuzione finanziaria prevista, sarebbe destinata a perdere ulteriore peso decisionale e credibilità a livello internazionale nel settore strategico della cooperazione multilaterale e della salute globale, acuendo i significativi riverberi negativi sul piano diplomatico, po litico ed economico già prodotti a suo danno dal disimpegno degli ultimi anni,

impegna il Governo:

   a definire, nell'ambito del disegno di legge di stabilità per l'anno 2014, l'avvio del processo di riallineamento dell'Italia agli standard internazionali in materia di aiuto pubblico allo sviluppo, con particolare riferimento alla salute globale, attraverso stanziamenti di bilancio coerenti e conseguenti con le previsioni del Documento di economia e finanzia (DEF) 2014-2017;
   a formalizzare in occasione della sessione finale della 4a Conferenza di rifinanziamento del fondo globale un impegno finanziario dell'Italia a titolo di contribuzione al fondo stesso pari a 100 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a conferma del rinnovato impegno italiano in materia di lotta globale contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria;
   a promuovere, accanto al rinnovato impegno finanziario, un ruolo politico più attivo dell'Italia in seno alla struttura di governo del fondo globale, per monitorare e incidere sulle decisioni che riguardano la trasparenza e la rendicontazione nella gestione dei programmi di finanziamento, il sostegno ai sistemi sanitari nazionali, il pieno coinvolgimento dei Paesi fruitori e della società civile nelle fasi decisionali.
(1-00202) «Mogherini, Spadoni, Bergamini, Sberna, Scotto, Locatelli, Albanella, Amendola, Amoddio, Beni, Biondelli, Capone, Cenni, Coccia, D'Incecco, De Micheli, Marco Di Maio, Fedi, Fontanelli, Garavini, Gribaudo, Laforgia, Lodolini, Madia, Manzi, Marchi, Mariani, Meta, Mongiello, Piccione, Patriarca, Quartapelle Procopio, Rampi, Realacci, Rocchi, Scalfarotto, Sereni, Taricco, Terrosi, Tidei, Zampa, Zardini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IX e XI,
   premesso che:
    nel 2011 la Fiat ha deciso di interrompere l'attività dello stabilimento Irisbus di Flùmeri (Avellino) e ha attivato le procedure per la messa in mobilità e la cassa integrazione per i dipendenti; decisioni analoghe non sono state assunte per nessuno degli stabilimenti Irisbus presenti al di fuori del territorio nazionale, anche in altri Paesi europei (Francia, Spagna e Repubblica Ceca);
    le motivazioni della chiusura, secondo la Fiat, sono riconducibili alla grave crisi che ha investito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni si sono ridotte da 1.444 unità nel 2006 a 1.113 nel 2010 per precipitare a 291 nel 2011. Nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Flùmeri è diminuita da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010 e a 145 nei primi sei mesi del 2011, dei quali meno di 100 destinati al trasporto urbano;
    la decisione della Fiat comporta gravissime conseguenze sia sotto il profilo sociale, sia sotto quello economico e produttivo;
    la chiusura dello stabilimento di Flùmeri colpisce i 700 dipendenti che vi lavoravano, dei quali attualmente 400 sono stati posti in cassa integrazione fino al dicembre 2013;
    altrettanto pesanti sono le conseguenze per le numerose aziende dell'indotto che nella zona contavano circa 800 posti di lavoro;
    la vicenda incide su un'area economicamente fragile, in cui si registra un tasso di disoccupazione molto alto, soprattutto per quanto concerne la disoccupazione giovanile;
    occorre pertanto in tempi molto rapidi assumere le misure necessarie per garantire i redditi dei lavoratori e, al tempo stesso, salvaguardare i livelli occupazionali;
    la chiusura dello stabilimento di Flùmeri si inserisce, altresì, in una situazione generale di fortissima difficoltà del settore del trasporto pubblico locale; ciò trova riscontro nella coincidenza tempo- rale per cui, sempre nel 2001, il gruppo Finmeccanica ha dichiarato di volersi disfare del comparto destinato alla produzione di mezzi per il trasporto pubblico, con particolare riferimento allo stabilimento BredaMenariniBus di Bologna;
    il trasporto pubblico locale, a fronte di un aumento della domanda del servizio, riconducibile anche alla prolungata fase di recessione economica si caratterizza in Italia, in generale, per una qualità scadente del servizio un pesante indebitamento di molte delle aziende che lo esercitano e una elevata dipendenza dal finanziamento pubblico;
    in particolare, in relazione alla qualità del servizio, il parco degli autoveicoli impiegati ha registrato negli ultimi anni un costante incremento dell'età media che si colloca adesso ad un livello nettamente superiore a quello che si riscontra negli altri Paesi europei;
    ciò comporta l'impiego di mezzi non soltanto in cattive condizioni con i conseguenti disagi per gli utenti, ma anche pesantemente inquinanti; di conseguenza, si accresce la distanza tra la situazione reale del trasporto pubblico locale in Italia e i requisiti richiesti dalla normativa dell'Unione europea;
    il 31 dicembre 2012 è, infatti, entrata in vigore la normativa europea «Euro 6» in base alla quale i nuovi camion e autobus dovranno ridurre notevolmente le emissioni inquinanti rispetto agli standard del 2008 («Euro 5»); il regolamento (CE) n. 595/2009 è già operativo per le nuove omologazioni, mentre a partire dal 2014 lo sarà per le nuove immatricolazioni;
    per quanto concerne il parco autobus circolante in Italia, la maggior parte dei veicoli risulta invece caratterizzata da emissioni «Euro 3» (30 per cento) e «Euro 2» (29 per cento) e si osserva ancora la presenza di veicoli con livelli di emissione addirittura superiori;
    il trasporto pubblico locale dipende in Italia da risorse pubbliche per circa il 75 per cento, vale a dire in misura assai più alta di quanto accada nei principali Paesi dell'Unione europea; nella situazione di difficoltà della finanza pubblica si è assistito negli ultimi anni ad una costante riduzione dei finanziamenti per il trasporto pubblico locale; il problema non pare risolto dal Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, istituito ai sensi dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, e successivamente ridisciplinato dalla legge n 228 del 2012, sia per l'insufficienza della dotazione del Fondo stesso sia per l'incertezza in merito alle modalità e ai tempi di riparto e di erogazione delle risorse;
    le vicende dello stabilimento Irisbus di Flùmeri e quelle dello stabilimento BredaMenariniBus di Bologna impongono una più generale riflessione sulla politica industriale del Paese, sollecitando azioni incisive per contrastare il disimpegno dei principali gruppi industriali italiani rispetto agli insediamenti produttivi situati nel territorio nazionale;
    dopo incontri svoltisi con i precedenti Governi, si è riunito presso il Ministero dello sviluppo economico, il 1o agosto 2013, un tavolo sulla vertenza Irisbus di Flùmeri, nel quale è stato assunto l'impegno di pervenire entro il mese di settembre all'adozione di decisioni relative sia alla tutela dei redditi dei lavoratori, sia alla reindustrializzazione dello stabilimento;
    in data 18 settembre 2013 l'Assemblea della Camera ha approvato con una maggioranza molto ampia una mozione che reca stringenti impegni per il Governo in ordine alla politica del trasporto pubblico locale, anche al fine di individuare una positiva soluzione per le vertenze Irisbus di Flùmeri e BredaMenariniBus di Bologna,

impegna il Governo:

   a riprendere immediatamente, e comunque entro ottobre, il tavolo di confronto a livello governativo sulla vertenza Irisbus di Flùmeri, allargandone la partecipazione anche a membri delle competenti Commissioni parlamentari, in modo da adottare, entro il medesimo mese di ottobre, misure che permettano:
    a) di tutelare i redditi dei dipendenti dello stabilimento di Flùmeri, prevedendo che si applichi, a decorrere da gennaio 2014, la cassa integrazione guadagni in deroga;
    b) di pervenire alla immediata definizione e approvazione di un Accordo di programma che, nel riqualificare l'area in una logica di filiera produttiva, permetta di salvaguardare i livelli occupazionali;
   a verificare e, se del caso, sollecitare l'interesse di potenziali investitori che si impegnino a riattivare lo stabilimento in una logica di sostegno al trasporto locale, considerando a tal fine preferibile la prospettiva di mantenere la destinazione dello stabilimento stesso alla produzione di autobus, anche al fine di preservare e valorizzare le professionalità e il know how esistenti;
   ad adottare, nell'ambito della manovra di finanza pubblica che è in fase di predisposizione, interventi finalizzati:
    a) ad assicurare l'adeguatezza, la certezza e la stabilità delle risorse destinate al trasporto pubblico locale;
    b) a prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese relative al trasporto pubblico locale;
    c) a definire un programma pluriennale per sostenere il rinnovo del parco autoveicoli impiegati nel trasporto pubblico locale, favorendo le tecnologie a più basso impatto ambientale;
   a giungere, più in generale, a una nuova definizione del Piano nazionale dei trasporti che consenta di programmare in modo adeguato le politiche del settore, con particolare riguardo al trasporto pubblico locale ispirato al perseguimento di obiettivi di qualità, efficacia, efficienza ed economicità del servizio, con la specifica individuazione di meccanismi di finanziamento pubblico commisurati ad una gestione economico-aziendale del servizio medesimo.
(7-00119) «Damiano, Meta, Bergamini, Brandolin, Carella, Antimo Cesaro, Crivellari, Culotta, Garofalo, Gnecchi, Marguerettaz, Pierdomenico Martino, Mauri, Minardo, Mura, Nardi, Oliaro, Paolucci, Piso, Polverini, Quaranta, Tullo, Velo».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    il settore dell'edilizia e delle costruzioni, unitamente al suo indotto, non solo rappresenta uno dei settori più rilevanti in termini economici e occupazionali del Paese, ma è anche una delle attività che maggiormente incidono sull'ambiente, a cominciare dalla fase in cui vengono ricavati i materiali necessari per la costruzione, e per gli inevitabili impatti sui consumi energetici, idrici, e per la produzione di rifiuti;
    non poche regioni si sono già dotate di una loro disciplina non solo per l'efficienza e il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, ma anche per favorire la diffusione di principi, modalità e tecniche proprie dell'architettura sostenibile e della bioedilizia, e per una maggiore sostenibilità nella progettazione e realizzazione di opere edilizie pubbliche e private: Lazio, Molise, Puglia, Umbria, Veneto, e altre;
    in questi anni la detraibilità fiscale delle spese effettuate nella ristrutturazione edilizia ha ottenuto importanti risultati, con la realizzazione di milioni di interventi di recupero, e grandi vantaggi per lo stesso patrimonio edilizio e l'ambiente urbano, nonché per l'emersione di lavoro irregolare, e conseguente aumento di occupazione, di gettito fiscale, e un vantaggio per l'erario e per lo stesso nostro prodotto interno lordo;
    l'obiettivo ambizioso previsto dalla Strategia «Europa 2020» e dal «Piano di efficienza energetica 2011 COM(2011) 109», presuppone per il suo raggiungimento investimenti ingenti in termini, di risorse finanziarie, e coinvolgimento delle filiere interessate, nonché produzione di materiali innovativi e bioedilizia, settore rinnovabili, gestione dei servizi energetici e altro;
    il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha sottolineato la necessità di una promozione attiva della bioedilizia, che utilizza tecniche ecocompatibili, nonché processi e strutture efficienti sotto il profilo delle risorse, durante l'intero ciclo di vita degli edifici;
    è necessario favorire la qualità dei prodotti dell'edilizia, nonché ridurre le emissioni nocive, privilegiando l'utilizzo di risorse rinnovabili durante le fasi di produzione, nel rispetto dell'ambiente, della salute e della sicurezza dei lavoratori;
    in ambito europeo sono sempre maggiori i documenti che invitano gli Stati membri ad elaborare e attuare un programma nazionale di edilizia sostenibile, anche attraverso mirati incentivi fiscali;
    il 15 maggio 2013, la Commissione ambiente della Camera ha approvato la risoluzione n. 8-00001, con la quale, tra l'altro, si è impegnato il Governo a prevedere «l'incentivazione dell'utilizzo di materiali di bioedilizia certificati e, in ogni caso, nell'allestimento degli immobili, l'utilizzo di materiali e manufatti a basso impatto ambientale e a ridotto consumo energetico»,

impegna il Governo

a rafforzare le politiche ambientali a favorire l'edilizia di qualità ed energeticamente efficiente attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare anche procedendo a prevedere una detraibilità non inferiore a dieci punti percentuali rispetto a quella prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia con materiali convenzionali, per le spese per ristrutturazioni eco-sostenibili secondo i criteri della bioedilizia, e in particolare per i materiali biocompatibili certificati.
(7-00117) «Pellegrino, Zan, Zaratti».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    nella scorsa legislatura, il Governo ha proposto un riordino organico del settore aeroportuale, sia sotto il profilo infrastrutturale che per quanto concerne i servizi e le relative gestioni;
    l'atto di indirizzo per la definizione del Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale dello scorso 29 gennaio 2013 ha delineato una strategia di riordino basata sulla classificazione degli aeroporti di interesse nazionale e sul trasferimento alle regioni degli scali non di interesse nazionale;
    tale scelta gerarchica non facilita il necessario approccio di sistema richiesto per il riordino organico del settore aeroportuale, che da un lato dovrebbe garantire il soddisfacimento delle esigenze di carattere industriale del comparto per la competitività del sistema nel suo complesso, mentre dall'altro lato dovrebbe tutelare e assicurare, a tutti i territori nazionali, la continuità territoriale, garantendo situazioni di effettiva parità tra i cittadini in relazione al diritto alla mobilità;
    già nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, svolta dalla Commissione Trasporti della Camera dei deputati nel 2010, è emersa, tra l'altro, la necessità di pervenire ad un riordino organico del settore aeroportuale che non solo disincentivi la parcellizzazione degli aeroporti e permetta di individuare quelli prioritari su cui concentrare le risorse, ma che individui anche profili di specializzazione (ad es. trasporto merci o aviazione generale, traffico con Paesi vicini e altro) per gli aeroporti con bassa intensità di traffico, al fine di garantire agli stessi il raggiungimento di un equilibrio economico e gestionale, nell'ottica di una nuova prospettiva industriale in materia aeroportuale;
    il sistema della viabilità e del trasporto passeggeri e merci della Calabria sconta un pesantissimo quadro di perduranti ritardi e d'inefficienze nei lavori di ammodernamento e sviluppo della rete infrastrutturale di trasporto regionale, con intere porzioni di territorio, come la provincia di Crotone, in condizioni di vero e proprio isolamento geografico e di estrema difficoltà nell'assicurare mobilità alle persone e ai soggetti economici della regione ed in particolare di Crotone;
    inoltre tale situazione si inserisce in un contesto, quello del Mezzogiorno d'Italia, già pesantemente penalizzato dalle politiche generali dei trasporti, che, in particolare, hanno previsto la messa in esercizio dei treni alta velocità Freccia Rossa nelle sole tratte del centro-nord e la cancellazione sulla tratta jonica di tutti i treni a lunga percorrenza, incrementando ulteriormente lo squilibrio degli standard di servizio con il Sud del Paese;
    in tale prospettiva sembrerebbe che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stia elaborando il Piano aeroporti con l'aiuto di un tavolo tecnico a cui partecipano i rappresentanti delle regioni, dell'ENAC e dello stesso Ministero con l'obiettivo di superare l'approccio basato sulle classificazioni del precedente Piano attraverso un sistema organizzato in bacini di traffico;
    il sistema degli aeroporti in Calabria è, ad oggi, strutturato su tre scali: lo scalo di Lamezia Terme che riveste un ruolo strategico per il trasporto aereo dell'intera Calabria, l'aeroporto di Reggio Calabria e l'aeroporto di Crotone che ad oggi è totalmente privo di voli;
    tuttavia ciascuno dei suddetti scali presenta specifici aspetti di potenzialità e di funzionalità estremamente disuguali tra di loro, assolvendo a compiti diversi nell'ambito del sistema del trasporto aeroportuale del territorio; ad esempio è fuori dubbio che un valore fondamentale dell'aeroporto di Crotone è connesso al ruolo che svolge per assicurare la continuità territoriale a quello specifico territorio calabrese, privo sia di collegamenti ferroviari a lunga percorrenza sia di collegamenti autostradali;
    sarebbe auspicabile che la regione Calabria, per favorire un più efficace sistema di collegamento interno ed anche al fine di estendere il bacino di utenza dell'area di Crotone, si adoperasse per la costituzione di un sistema di metropolitana leggera sulla fascia jonica che collega Sibari con Catanzaro Lido;
   la stessa Unione europea individua nella riduzione delle disparità regionali la condizione per la crescita e lo sviluppo dell'Unione intera e il poter contare su un'efficiente sistema infrastrutturale e di trasporto nel Sud Italia, nella Calabria ed in particolare a Crotone, rappresenta una priorità strategica fondamentale;
    pertanto risulta di estrema importanza per i cittadini di quel territorio che il Piano degli aeroporti in preparazione attribuisca allo scalo di Crotone uno specifico ruolo, in rete con gli altri aeroporti del medesimo bacino di traffico in una suddivisione dei compiti che realizzi per detto aeroporto una programmazione di bacino in cui siano soddisfatte sia le esigenze di carattere industriale del sistema sia l'attuazione del principio di continuità territoriale e di parità di trattamento rispetto agli altri territori nazionali, che hanno accesso ad un sistema di mobilità rispondente alle esigenze della vita moderna;
    non si può, inoltre, non tenere conto delle eventuali ricadute sociali che la soppressione dell'aeroporto di Crotone ha determinato, in quanto unico punto di trasporto, che attualmente serve un ampio bacino di utenza proveniente dalla intera fascia jonica ricompresa tra Sellia Marina e Sibari. Ciò comporta inoltre l'aggravarsi dello scarso sviluppo e competitività dell'area già penalizzata da un'insufficiente accessibilità ai poli di interesse turistico e alle aree interne, determinati dagli eccessivi tempi di viaggio e da un'inefficienza dei sistemi di trasporto, soprattutto in chiave di interscambio, che determinano una perdita di competitività delle imprese ed in generale dell'intera economia del territorio, anche in termini di attrattività turistica e commerciale,

impegna il Governo

ad inserire l'aeroporto di Crotone nell'ambito di un sistema organizzato in bacini di traffico in cui detto aeroporto possa assolvere, in rete con l'aeroporto di Lamezia Terme e quello di Reggio Calabria, a funzioni specifiche connesse alle esigenze agroindustriali di rilancio del settore e di pianificazione dell'offerta aeroportuale, riconoscendo il valore di questo aeroporto, così come già avviene in maniera consolidata per le rotte sociali di Lampedusa e di Pantelleria, nella realizzazione della continuità territoriale per il territorio crotonese già gravato da enormi deficit infrastrutturali sia viari, – la strada statale 106, unica arteria della costa jonica denominata la strada della morte, è particolarmente pericolosa pur essendo a lenta percorrenza – che ferroviari, causa di ritardo di sviluppo e di un isolamento pesante a cui occorre porre rimedio con urgenza.
(7-00118) «Bruno Bossio, Oliverio, Stumpo».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    le telecomunicazioni rappresentano un settore strategico per lo sviluppo economico del Paese, tenuto anche conto che autorevoli studi hanno documentato l'effetto moltiplicatore sul prodotto interno lordo degli investimenti per le reti di nuova generazione in fibra;
    l'Italia, come documentato dalla Commissione europea, ha accumulato un forte ritardo nei confronti degli altri Paesi europei per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale europea, recepiti nell'ordinamento nazionale attraverso la legge n. 35 del 4 aprile 2012;
    il gruppo Telecom Italia, con oltre 80 mila dipendenti è il principale operatore di comunicazioni elettroniche, titolare delle infrastrutture della rete di accesso che rappresenta una sorta di monopolio naturale, anche perché nel nostro Paese non sono state sviluppate reti televisive via cavo che in altri contesti europei rappresentano, invece, una soluzione alternativa e più economica per la fornitura ai clienti finali di servizi innovativi a banda ultralarga;
    lo scorso 26 settembre il Presidente della Consob Giuseppe Vegas, in audizione presso le Commissioni riunite VIII e X del Senato ha informato sui termini dell'accordo Telco del 24 settembre, in base al quale dal 1o gennaio 2014 Telefonica potrà acquisire la maggioranza del consiglio di amministrazione di Telco e Telecom, in coerenza con l'attuale normativa italiana sull'OPA;
    la Commissione europea, nel 2009, aveva avviato una procedura di infrazione circa la normativa italiana in materia di golden power, giudicata troppo «intrusiva». In particolare, la Commissione, pur
riconoscendo la legittimità della previsione di poteri speciali volti a salvaguardare gli interessi vitali dello Stato, sosteneva che tale obiettivo poteva essere conseguito attraverso misure meno restrittive rispetto a quelle previste dalle disposizioni del decreto-legge n. 332 del 1994;
    il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2004 ha definito i criteri di esercizio dei predetti poteri speciali, stabilendo che questi dovessero essere esercitati esclusivamente al ricorrere di rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, in particolare con riferimento all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla sanità pubblica e alla difesa, in forma e misura idonee e proporzionali alla tutela di detti interessi, anche mediante l'eventuale previsione di opportuni limiti temporali, fermo restando il rispetto dei principi dell'ordinamento interno e comunitario, e tra questi in primo luogo del principio di non discriminazione;
    il Governo, allo scopo di chiudere la procedura di infrazione, ha adottato il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 che prevede la «tutela» governativa in caso di operazioni «ostili» che portino a «una situazione eccezionale, non disciplinata dalla normativa nazionale ed europea di settore, di minaccia, di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti...», nonché, in caso di soggetti esterni all'Unione europea, la notifica dell'acquisto che porti all'assunzione del controllo della società, ai fini di salvaguardia da «grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato»;
    in base al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, i poteri speciali previsti dal precedente decreto n. 332/94 continueranno a essere esercitabili, secondo i criteri definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2004, con riferimento ai singoli settori, fino all'entrata in vigore dei decreti e regolamenti relativi a ciascun settore;
    il vice-Ministro Catricalà lo scorso 25 settembre, in audizione dinanzi alle Commissioni VIII e X del Senato, ha sottolineato che il cambio di controllo «su una società di questa rilevanza comporta come necessaria conseguenza un confronto chiaro e leale tra il Governo e i soci di riferimento» in particolare «sul mantenimento dei livelli occupazionali; adeguatezza dei nuovi investimenti; mantenimento e miglioramento della qualità del servizio; separazione tra governance della rete e governance del servizio»;
    il vice-Ministro Catricalà ha, inoltre, evidenziato che per il Governo l'obiettivo di separazione tra governance della rete e governance del servizio resta prioritario e dovrebbe prevedere «una partecipazione significativa della Cassa Depositi e Prestiti non in funzione di sostegno o di aiuto, ma come scelta imprenditoriale in un'attività profittevole come si è finora dimostrata quella della gestione delle reti nazionali»;
    in data 30 settembre 2013 il Governo ha trasmesso al Parlamento, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 2012, n. 253, concernente il regolamento recante l'individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale; lo schema di decreto prevede, in particolare, che «ai fini dell'esercizio dei poteri speciali di cui all'articolo 1 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, rientrano negli attivi di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni le reti e gli impianti utilizzati per la fornitura dell'accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obblighi del servizio universale e dei servizi a banda larga e ultralarga»;
    non sono stati invece finora adottati i regolamenti, con i quali, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del citato decreto-legge n. 21 del 2012, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono individuati le reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nel settore delle comunicazioni (oltre che dell'energia e dei trasporti); non è stato parimenti adottato il regolamento con cui, ai sensi del comma 9 del medesimo articolo, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono emanate le disposizioni attuative in materia di esercizio dei poteri speciali nel settore delle comunicazioni;
    Telecom Italia lo scorso 30 maggio ha reso nota l'intenzione di procedere allo scorporo della rete di accesso con la creazione di una nuova società (Opac) nella quale confluiranno attività e risorse relative allo sviluppo e alla gestione della rete di accesso passiva, sia in rame sia in fibra; la nuova società dovrebbe garantire a tutti gli operatori del mercato (operatori alternativi e la stessa Telecom Italia) l'accesso alla rete fissa, applicando il modello di parità di trattamento denominato a livello europeo di «Equivalence of Input» (EoI),

impegna il Governo:

   ad adottare, quanto prima possibile, i regolamenti previsti dall'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012, con i quali sono individuati le reti e gli impianti, ivi compresi quelli necessari ad assicurare l'operatività dei servizi pubblici essenziali, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nel settore delle comunicazioni e sono emanate le disposizioni attuative in materia di esercizio dei poteri speciali nel medesimo settore delle comunicazioni;
   a garantire una efficace vigilanza, in base ai poteri previsti dalla golden power, sui beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse e la sicurezza nazionale nel settore delle comunicazioni;
   a promuovere l'investimento di Cassa depositi e prestiti nella nuova società della rete di accesso, al fine di assicurare un più rapido sviluppo delle reti di nuova generazione in fibra, coerente con gli obiettivi posti dall'Agenda digitale europea;
   ad assicurare piena tutela e valorizzazione dell'occupazione e del patrimonio di conoscenze e competenze di Telecom Italia.
(7-00120) «Bruno Bossio, Bonaccorsi, Brandolin, Cardinale, Carella, Castricone, Coppola, Crivellari, Culotta, Ferro, Gandolfi, Pierdomenico Martino, Mauri, Meta, Mognato, Mura, Pagani, Paolucci, Rotta, Tullo, Velo, Oliaro, Quintarelli, Vecchio, Vitelli».


   La X Commissione,
   premesso che:
    il Parlamento ha approvato la legge 23 luglio 2009, n. 99, «Legge Sviluppo», con obiettivi dichiarati di definire misure strutturali per dare risposte alle esigenze del sistema produttivo ed avviare riforme fondamentali per uno sviluppo economico sostenibile, per la modernizzazione del Paese e per il consolidamento degli interventi orientati al rilancio della crescita complessiva;
    l'articolo 37 della «legge sviluppo» ha istituito l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile – ENEA, assegnandole i compiti istituzionali di promuovere la ricerca e l'innovazione tecnologica, di assicurare la prestazione di servizi avanzati al Paese nei settori dell'energia con particolare riguardo all'efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, alla sicurezza, al nucleare di nuova generazione ed allo sviluppo economico sostenibile, rafforzando il mandato di ENEA a supporto del decisore pubblico per l'individuazione di politiche energetiche, ambientali, del sistema imprenditoriale e per l'identificazione e il sostegno dei processi di innovazione;
    dopo le vicissitudini connesse al tentativo di riavvio della produzione di energia elettrica da fonte nucleare, tentativo effettuato dall'allora Governo Berlusconi con la «Legge Sviluppo» e successivamente bloccato del referendum popolare, l'ENEA mantiene importantissimi ruoli e competenze di ricerca scientifica e tecnologica in diversi settori connessi all'energia, fra i quali quelli del risparmio energetico, delle fonti di energia rinnovabili e di lungo termine (esempio fusione) ma anche dell'ambiente e delle nuove tecnologie;
    l'ENEA possiede competenze molto importanti in materia di ricerca scientifica, di sviluppo tecnologico e di servizio a tutto il settore energetico e ambientale, che ne fanno uno dei più importanti enti di ricerca italiani e internazionali in tali ambiti per i quali sono prioritarie le attività di lungo termine inerenti la fusione nucleare e quelle relative alla ricerca su tecnologie per la sostenibilità di medio termine (obiettivi 2020 e 2030) e di Agenzia nazionale sull'efficienza energetica;
    in parallelo l'ENEA conserva un ampio spettro di attività volte a favorire il trasferimento dell'innovazione;
    nel 2012 si è pervenuti da parte del Governo Monti alla definizione di una Strategia energetica nazionale, su alcuni punti della quale è previsto un diretto coinvolgimento e impegno di ENEA;
    la prima fase di affidamento dell'Agenzia ENEA a una struttura commissariale, composta da un commissario e due sub-commissari, con compiti di riorganizzazione e ridefinizione funzionale, da compiersi e perfezionarsi attraverso la presentazione di un decreto di riordino, ha dovuto essere prorogata ripetutamente in mancanza dell'atto stabilito per la sua conclusione ed attende ancora oggi un atto formale che vada ad indirizzarne termini ed obiettivi per il futuro;
    il perdurare di tale situazione inizia a creare pregiudizio e danno per il funzionamento presente e futuro dell'ENEA;
    è, inoltre, di estrema importanza l'entrata in vigore della direttiva UE 2012/27 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sull'efficienza energetica;
    con la direttiva 2012/27/Ue viene, infatti, chiesto agli Stati membri di risparmiare energia fissando obiettivi nazionali indicativi di efficienza energetica, ogni stato membro dovrà dunque, fissare un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica;
    in particolare si precisa che ogni Stato membro dovrà prevedere «una strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati»;
    inoltre, ogni anno, dovrà essere ristrutturato e reso energeticamente efficiente il 3 per cento della superficie degli immobili posseduti dalle amministrazioni pubbliche centrali;
    sarebbe utile ed opportuno delegare all'ENEA il compito di elaborare e attuare il piano strategico d'azione per il censimento degli edifici pubblici e per il loro adeguamento a quanto previsto della direttiva 2012/27/Ue;
    è, inoltre in corso di recepimento la direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, che doveva essere recepita nella legislazione italiana entro il 23 agosto 2013;
    tale direttiva prevede, tra l'altro, che gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo, regolamentare e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi che attribuisce la responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti, settore nel quale ENEA mantiene ruoli e competenze;
    il Governo nel rispondere alla interrogazione primo firmatario Benamati n. 5-00054 ha sostenuto che:
     l'ENEA possiede competenze molto importanti in materia di ricerca scientifica, di sviluppo tecnologico e di servizio a tutto il settore energetico e ambientale, che ne fanno uno dei più importanti enti di ricerca italiani e internazionali in tali ambiti;
     la struttura attuale, sottoposta a commissariamento da diversi anni, richiede ormai un intervento. Come previsto anche nel documento relativo alla Strategia Energetica Nazionale;
     il Ministero dello sviluppo economico ha già in programma il riordino dell'ENEA, con l'obiettivo di focalizzarne le competenze e l'organizzazione sulle aree di ricerca scientifica rilevanti per l'attuazione della Strategia Energetica del Paese;
     ci si propone di pervenire per la prima volta in Italia, ad un censimento delle competenze nazionali nel settore della ricerca energetica, premessa indispensabile per una definizione più accurata delle priorità e per una adeguata calibrazione degli incentivi sulle specifiche filiere tecnologiche;
     attraverso il coinvolgimento delle parti interessate e del Parlamento, anche con un'audizione nelle competenti Commissioni, si procederà, entro l'anno, al riordino previsto dalle norme in vigore,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile a superare l'attuale fase commissariale e a procedere al riordino dell'ENEA nei tempi più brevi, e comunque entro il 2013, focalizzando le competenze, l'organizzazione e le attività dell'Agenzia, anche in considerazione delle aree più rilevanti per l'attuazione della Strategia Energetica del Paese, degli impegni e degli adempimenti europei ed internazionali del nostro Paese nel settore energetico e comunque nel quadro di una più vasta riorganizzazione del comparto della ricerca.
(7-00115) «Benamati, Taranto, Senaldi, Petitti, Folino, Basso, Bini, Montroni, Impegno, Portas, Cani, Galperti, Ginefra».


   La X Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 2013 (n. 97 del 2013) interviene sulla procedura di pre-infrazione (EU Pilot 4277/12/MARK) riferita a possibili violazioni della direttiva «servizi» (2006/123/CE) in materia di libera prestazione ed esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea;
    le disposizioni previste stabiliscono la validità in Italia dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro;
    in pratica, i cittadini comunitari che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno Stato membro non necessitano di autorizzazioni o abilitazioni – a eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico individuati dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – potendo esercitare la professione su tutto il territorio nazionale;
    alla figura della guida turistica dovrebbe essere applicata, correttamente, la disciplina prevista dalla direttiva professioni (2005/36/CE), recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 206/2007;
    la professione di guida turistica è essenziale per la valorizzazione del settore turistico – ampiamente sottovalutato dagli ultimi Governi in carica – per la capacità di agevolare o addirittura incrementare l'indotto del comparto. Le guide turistiche, inoltre, sono gli unici professionisti (insieme ad archeologi, storici dell'arte e professori) in grado di raccontare la storia e l'arte dei monumenti italiani;
    l'esercizio della professione in Italia è regolamentata e deve essere abilitata con esami concorsuali che ne attestano le competenze al fine del rilascio della licenza che ha valore regionale;
    con l'articolo 3 della legge europea 2013, in pratica, si è approvata la deregolamentazione della professione, eliminando l'importanza della preparazione specifica legata al patrimonio culturale presente nelle diverse aree geografiche del Paese,

impegna il Governo:

   a intervenire, nelle opportune sedi comunitarie, per tutelare la professionalità della figura di guida turistica in linea con quanto disposto dalla direttiva «professioni», prevedendo un periodo del tirocinio o una prova attitudinale per i cittadini europei che abbiano conseguito l'abilitazione in un Paese e che vogliano svolgere la professione in Italia;
   a procedere a una revisione organica e complessiva della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica.
(7-00116) «Prodani, Crippa, Rizzetto, Fantinati, Da Villa, Della Valle, Mucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PORTAS, D'OTTAVIO, GRIBAUDO, GIORGIS, BOCCUZZI e MATTIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento al tragico naufragio di una imbarcazione carica di migranti presso l'isola di Lampedusa;
   alla parola vergogna pronunciata da Papa Francesco, gli interroganti ritengono sia necessario aggiungere che occorre costringere il nostro continente ad una riflessione sul fatto che esso deve avere un'anima e non solo una moneta e un mercato comune –:
   se non ritenga opportuno, dopo la gravissima tragedia che ha coinvolto il nostro Paese alle porte di Lampedusa, convocare sulla stessa isola un vertice europeo per affrontare la questione dei migranti;
   se non ritenga urgente un pronto e deciso intervento nel merito. (5-01140)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   l'accordo di programma quadro per la bonifica di sei siti di interesse nazionale di Tito e Valbasento in Basilicata sottoscritto il 19 giugno 2013 dalla regione Basilicata, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, costituisce una significativa opportunità per la messa in sicurezza del territorio e anche per il rilancio economico di queste due aree industriali;
   l'accordo citato prevede un investimento complessivo di 46 milioni di euro per 10 interventi di cui 6 per la Valbasento e 4 per l'area di Tito;
   si tratta di risorse davvero rilevanti che possono costituire una importante occasione di rilancio anche produttivo per entrambi i siti coinvolgendo in particolare le imprese già operanti nel territorio e con un know how in grado di raggiungere gli obiettivi previsti;
   tuttavia esiste un problema legato alla disponibilità di queste risorse che rischiano di essere perse se entro il 31 dicembre non saranno espletate le relative gare di appalto;
   ad essere interessata da questo problema non è solo la regione Basilicata ma tutte le regioni meridionali impegnate sul fronte delle bonifiche ed è per questo che occorre la previsione di una proroga dei termini –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per una proroga dei termini previsti per le gare d'appalto al fine di evitare che le risorse destinate dal Cipe per la bonifica dei siti di cui in premessa possano non essere impiegate. (3-00358)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS, PIAZZONI, PILOZZI e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'isola di Budelli, al centro del parco nazionale dell'arcipelago de La Maddalena in Sardegna, è uno dei più caratteristici e ammirati angoli del patrimonio naturale del nostro Paese;
   la cosiddetta «spiaggia rosa», è conosciuta in tutto il mondo per le sue caratteristiche e la sua bellezza ma anche per la sua fragilità, tanto che l'accesso alla spiaggia è disciplinato dalle rigide regole del parco nazionale;
   l'isola di Budelli è stata per lungo tempo al centro di una procedura concorsuale poiché l'impresa che detiene i diritti di proprietà dell'isola, una società immobiliare con sede in Milano, è stata dichiarata fallita e i suoi beni sono stati messi all'incanto;
   nei giorni scorsi, all'esito dell'ennesima asta, l'isola di Budelli è stata aggiudicata dal tribunale di Tempio Pausania ad un imprenditore neozelandese al prezzo di euro 2,94 milioni;
   sulla base della normativa di settore, è ancora possibile esercitare il diritto di prelazione da parte degli Enti pubblici coinvolti versando una somma pari al prezzo di aggiudicazione;
   l'isola di Budelli rappresenta un bene da assicurare permanentemente al patrimonio pubblico per le sue caratteristiche uniche e perché rappresenta uno dei simboli più conosciuti dell'Italia nel mondo;
   pure in presenza di rigidi vincoli ambientali, che impediranno all'acquirente privato di visitare l'isola senza il consenso delle autorità del parco, l'acquisto della stessa da parte di un soggetto privato non italiano, rappresenta, a giudizio dell'interrogante, gravissimo danno all'immagine dell'Italia e al suo patrimonio ambientale –:
   se non ritenga opportuno e necessario, oggi più che mai all'esito della vendita all'incanto dell'isola di Budelli, dotare l'ente gestore del parco nazionale dell'arcipelago de la Maddalena dei fondi necessari ad esercitare il diritto di prelazione al fine di acquistare l'isola di Budelli e assicurarla permanentemente al patrimonio naturale dell'Italia. (5-01143)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   isola di Budelli, autentica perla del parco nazionale dell'arcipelago della Maddalena, che comprende la famosa «spiaggia rosa», è tutelata da vincoli di conservazione che includono anche il divieto di calpestio. È un vero paradiso naturale, sottoposto a vincoli paesaggistici, ambientali e idrogeologici. L'isola si trova in un'area incontaminata di 1,6 chilometri quadri dove non è possibile costruire nulla;
   L'Ente parco nazionale dell'arcipelago de «La Maddalena» con l'ordinanza n. 4 del 3 agosto 2011 – disposizioni per la salvaguardia della Spiaggia rosa – ha disposto che: nell'area di Cala di Roto, denominata «Spiaggia Rosa», nello specchio acqueo delimitato antistante nonché nella fascia demaniale nella parte terrestre sabbiosa compresa tra la linea dell'arenile e il sentiero sono vietati: il prelievo, la raccolta, l'asportazione anche parziale, il danneggiamento delle formazioni litologiche concrezioni e minerali, ivi inclusa la sabbia; il calpestio dell'arenile e il posizionamento sullo stesso di qualsiasi oggetto; la navigazione, il transito, l'ancoraggio e la sosta di qualsiasi unità navale la pesca professionale, sportiva e l'attività di immersione subacquea anche in apnea; la balneazione nel settore compreso tra la linea dell'arenile e le boe sferiche di delimitazione; l'alterazione diretta o indiretta, con qualsiasi mezzo dell'ambiente bentonico e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche delle acque, nonché la discarica dei rifiuti solidi e liquidi ed in genere immissione di qualsiasi sostanza che possa modificare, anche transitoriamente, le caratteristiche dell'ambiente marino;
   l'isola, è stata venduta all'asta, a seguito del fallimento della vecchia proprietà il 2 ottobre 2013, per 2,94 milioni di euro ad un imprenditore neozelandese;
   entro 90 giorni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'ente parco potrebbero far valere il diritto di prelazione, versando però la stessa cifra battuta all'asta;
   sussiste però l'impossibilità giuridica dell'esercizio del diritto di prelazione imposta dalla legge di stabilità 2013, confermata nel mese di agosto 2013, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in seguito alle richieste formulate in più di un'occasione da parte dell'ente parco, circa la possibilità di acquisire al patrimonio pubblico un bene che dal punto di vista ambientale è giudicato inestimabile;
   infatti, l'articolo 1, comma 138, della legge n. 228 del 2012, ha inserito all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il comma 1-quater che prevede: «Per l'anno 2013 le amministrazioni pubbliche... non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti... Sono fatte salve, altresì, le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con il decreto previsto dal comma 1, in data antecedente a quella di entrata in vigore del presente decreto»;
   in tal senso, la Corte dei Conti con deliberazione n. 9 del 31 gennaio 2013 ha fornito le seguenti coordinate interpretative: «Il divieto di acquistare immobili sancito per il 2013, e l'acquisto condizionato a decorrere dal 2014, si estendono ad ogni tipo di immobile e non solo ai fabbricati, e hanno ad oggetto sia l'acquisto in proprietà sia l'acquisto di altri diritti reali. I limiti introdotti devono ritenersi applicabili anche all'acquisizione di immobili per la realizzazione di opere assistite da dichiarazione di pubblica utilità, fatta eccezione per quelle avviate prima del 1° gennaio 2013. Le condizioni si applicano anche alle ipotesi di contratti preliminari di compravendita stipulati prima del 1° gennaio 2013. Il divieto di acquisto sancito per il 2013 si applica anche ai diritti di prelazione, compresi quelli aventi fonte legale. Gli enti locali, a partire dall'esercizio 2014, potranno partecipare ad aste pubbliche per l'acquisto di immobili, ma le offerte non potranno superare il valore indicato nell'attestazione di congruità del prezzo rilasciata dall'Agenzia del demanio» –:
   quali iniziative urgenti, visto il breve arco temporale di 90 giorni per esercitare il diritto di prelazione, il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di superare le limitazioni imposte dalla legge di stabilità 2013 che inibisce l'esercizio del diritto di cui sopra determinato in tal modo la perdita della disponibilità di un bene unico ed inestimabile del nostro Paese. (4-02070)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Crescentino in provincia di Vercelli ha permesso di costruire un impianto di digestione anaerobica da biomassa di origine agricola a poche centinaia di metri dal centro abitato, in alcuni casi addirittura a poche decine di metri dalle abitazioni;
   l'impianto utilizza quasi esclusivamente insilato di mais coltivato appositamente per la produzione energetica. Va ribadita l'assurdità ecologica di alimentare una centrale per produrre energia con biomasse alimentari coltivate appositamente, sottraendo quindi terra fertile alla alimentazione umana e animale. Anche mettendo da parte le ripercussioni etiche, è poco sensato considerare l'energia prodotta come rinnovabile e sostenibile.
   il mais è un prodotto agricolo che cresce anche grazie alla luce solare e quindi certamente è rinnovabile, vero. Ciò che non è rinnovabile è l'energia fossile (derivata dal petrolio) e le materie prime utilizzate nella produzione di fertilizzanti, fitofarmaci (pesticidi) come pure nella manifattura e nell'uso dei macchinari agricoli;
   la costruzione dell'impianto è terminata il 21 dicembre 2012, ma alla sua attivazione a parere dello scrivente ne è conseguito un degrado della qualità di vita dei residenti dei centri abitativi limitrofi a causa di forti odori provenienti dalla centrale. Questo è testimoniato non solo dai residenti, ma anche dai verbali del corpo della polizia municipale e da sopralluoghi svolti da membri di comitati cittadini contrari alla centrale;
   oltre al danno sulla qualità della vita e sulla salute psicofisica, i residenti dell'area stanno subendo anche un danno economico notevole in quanto i terreni e gli stabili abitativi sono oggetto di forti svalutazioni, cosa che paradossalmente sta interessando anche terreni limitrofi di competenza demaniale;
   in virtù di tale situazione sono seguite forti proteste ed azioni popolari che hanno culminato con l'obbligare l'amministrazione ad emettere, in data 23 luglio 2013, l'ordinanza n. 24 del 2013 che impone alla centrale la sospensione delle attività;
   nonostante l'ordinanza di sospensione i titolari della centrale hanno fatto ricorso al T.A.R. che ha sospeso il blocco attività ordinato dal responsabile del settore urbanistico del comune di Crescentino;
   ad oggi la centrale è in funzione, con gravi disagi per la popolazione –:
   se il Ministro non ritenga opportuno disporre verifiche e controlli da parte del personale appartenente al Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), in relazione all'oggettivo pericolo che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   se il Ministro, anche in considerazione di fatti simili non ritenga opportuno rivedere la normativa delle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» di cui al decreto ministeriale sviluppo economico del 10 settembre 2010, al fine di rafforzare le tutele anche procedimentali per i cittadini. (4-02073)


   OLIVERIO e VALIANTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la situazione di emergenza, passata ormai alla cronaca come fenomeno della cosiddetta «terra dei fuochi», interessa una vasta area tra le province di Napoli e Caserta con costanti episodi di sversamento illegale di rifiuti, anche tossici, nelle campagne o ai margini delle strade, con continui incendi, che si tramutano in roghi devastanti con gravi effetti inquinanti nei territori circostanti;
   il fenomeno dei roghi, perpetuato ai danni delle collettività e dei territori, presenta anche non trascurabili profili di potenziale danno al prestigio internazionale del Paese e all'economia nazionale, non solo sotto il profilo ambientale ma per l'intero comparto agricolo e agroalimentare e della zootecnia, mettendo a rischio tutte le produzioni e in particolare quelle a marchio dop e igp della Campania;
   la Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti nella relazione finale relativa alla Regione Campania, presentata il 5 febbraio 2013, ha evidenziato che «quello degli incendi dei rifiuti nella cosiddetta “terra dei fuochi” è un fenomeno molto diffuso e particolarmente grave, tenuto conto della tipologia dei rifiuti bruciati»;
   nell'intervento in Senato del 5 settembre 2013, il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda ha evidenziato tra le iniziative messe in campo dal Governo la nascita del «patto per la terra dei fuochi», accordo siglato l'il luglio 2013, attraverso il quale commissario all'emergenza roghi nella «Terra dei fuochi» in Campania, dottor Donato Cafagna, ha istituito una cabina di regia con gli enti locali interessati, le forze di polizia e l'Arpa per contrastare lo smaltimento illegale dei rifiuti;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Letta avviando il programma «Destinazione Italia» insieme al Sottosegretario Martina ha di recente sottolineato la necessità di promuovere all'interno del grande evento di EXPÒ 2015 l'intero comparto di produzione agroalimentare italiana, quale biglietto da visita del nostro Paese;
   la situazione inquietante in cui versa la Campania rappresenta perciò un grave danno di immagine ed economico per molte aziende agricole e zootecniche, che vedrebbero sfumare questa preziosa vetrina nella quale i prodotti dop, igp e di qualità della Campania potrebbero essere gravemente penalizzati –:
   se il Governo intenda costituire una task-force tra i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole, alimentari e forestali, della salute e la regione Campania, per assicurare un efficace coordinamento per le misure da intraprendere e supportare il lavoro già intrapreso dagli enti locali;
   se il Governo non intenda promuovere tutte le necessarie iniziative, nelle relative sedi di competenza, al fine di dare seguito ai contenuti del «patto per la terra dei fuochi» per l'utilizzo dei terreni agricoli altamente inquinati e di lunga riconversione per produzioni agricole no-food, prevedendo nel contempo, indennizzi per gli agricoltori interessati al fenomeno;
   quali iniziative intenda promuovere il Governo per rassicurare i consumatori sull'alta qualità dei prodotti agricoli della Campania non compresi nelle zone interessate, a tutela dei marchi dop, igp presenti nella regione anche in vista di EXPÒ 2015. (4-02075)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PESCO, TRIPIEDI, CASO, CARINELLI, MANLIO DI STEFANO, DE ROSA, BUSINAROLO, DADONE, D'AMBROSIO, CRIPPA, MICILLO, RUOCCO, CANCELLERI, PAOLO BERNINI, ALBERTI, LUIGI DI MAIO, NUTI, DIENI, COZZOLINO, PRODANI, DA VILLA, SIBILIA, DEL GROSSO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, BATTELLI, FRUSONE, RIZZO, CORDA, BASILIO, VILLAROSA, COMINARDI, COLLETTI e MUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a Milano la casa circondariale San Vittore al civico 2, di Piazza Gaetano Filangieri, costruita nella seconda metà dell'Ottocento, desta forte preoccupazione per le precarie condizioni di vivibilità;
   si fa riferimento, nello specifico, alla grave situazione di sovraffollamento che costringe i detenuti a condividere in sei persone celle adatte ad ospitare al massimo una o due persone;
   dal rapporto dell'associazione Antigone si apprende che la situazione nel settembre 2012 era la seguente:
    1.595 uomini (di cui 975 stranieri, pari al 61 per cento) e 110 donne (di cui 61 straniere, pari al 55 per cento, e 8 mamme con bambini recluse all'Icam);
    posizione giuridica: tra gli uomini 643 giudicabili, 382 appellanti, 220 ricorrenti e 350 definitivi; tra le donne 41 giudicabili, 29 appellanti, 3 ricorrenti e 37 definitive. In totale la quota di detenuti in attesa di giudizio è del 78 per cento al maschile e del 66 per cento al femminile;
   in merito alle presenze, ad oggi la situazione non è migliorata e le circa 1.600 persone detenute risiedono in spazi adatti ad ospitare non più di 600-800 persone;
   l'invivibilità della struttura ed il disagio vissuto dai detenuti è causa di drammatici atti compiuti dai detenuti stessi. A tal proposito si segnala l'ultimo suicidio che risale al febbraio 2012: la vittima è un giovane di 21 anni, accusato di reati sessuali e ricoverato da alcuni giorni al Centro di osservazione neuropsichiatrica dopo essere stato recluso nel reparto «protetti». I casi precedenti risalivano al gennaio 2010 e all'agosto 2009, mentre nel gennaio 2011 si verificava un decesso per cause naturali. Sono frequenti gli episodi di autolesionismo, soprattutto tra i detenuti stranieri; nei mesi estivi, quando aumenta il disagio anche per il calo delle attività e della presenza di operatori, se ne registrano circa 8 a settimana. Numerosi anche gli scioperi della fame (in media 10 a settimana, riconducibili soprattutto all'andamento del percorso giuridico-penale degli interessati o al mancato inserimento in attività lavorative);
   le condizioni di vivibilità potrebbero essere facilmente migliorate con semplici interventi di ristrutturazione;
   nello specifico la struttura è composta da sei raggi che confluiscono in un'unica «rotonda», ed al di fuori dell'esagono vi sono altre strutture comprendenti gli uffici, le sale colloqui, la caserma per gli agenti e la sezione femminile:
    il raggio è il corridoio che porta alla rotonda e alle sezioni; ai piani superiori, nella vecchia sezione penale, sono al momento ospitati i giovani adulti. Lateralmente si accede al centro clinico e al Conp («Centro di osservazione neuro-psichiatrica»). Il centro clinico (detto anche VII reparto) ospita mediamente 100/110 pazienti-detenuti, spesso con patologie di particolare gravità (in particolare patologie cardiocircolatorie). Il Conp, con le sue otto celle da due posti ciascuna, è un'area di osservazione e trattamento psichiatrico importante per l'intero circuito penitenziario lombardo (e non solo);
    il II raggio è chiuso dal 2006 per rischio di crollo della struttura;
    il III raggio, ristrutturato a norma di regolamento (servizi interni con docce, angolo cucina separato, spazi per le attività) e non sovraffollato, ospita sui vari piani detenuti lavoranti, tossicodipendenti già in carico al SerT e al quarto piano «La Nave», un progetto sperimentale di Asl Città di Milano per detenuti tossicodipendenti a trattamento avanzato. Per i detenuti comuni, è considerato un approdo privilegiato; è qui che vengono convogliati anche i cosiddetti «detenuti eccellenti» (politici o personaggi famosi) al loro arrivo a San Vittore;
    il IV raggio è chiuso in attesa di ristrutturazione; i lavori dovrebbero partire entro il 2013;
    il V raggio è il reparto riservato ai detenuti comuni, è stato recentemente sottoposto a lavori di ammodernamento e ristrutturazione ordinaria e quindi offre condizioni di igiene e vivibilità migliori del VI;
    nel V raggio è ubicata anche l'infermeria;
    il VI raggio non è da anni oggetto di lavori, e pertanto è il raggio che attualmente versa in condizioni peggiori sia per il sovraffollamento (un terzo dei detenuti totali dell'istituto è attualmente stipato in questo raggio) che per le pessime condizioni igieniche. Molte celle misurano 6/7 metri quadrati e contengono due letti a castello a tre piani, che impediscono anche l'apertura delle finestre (per cambiare aria si smontano e rimontano i vetri) e che impongono ai reclusi di stare in piedi a turno. I servizi igienici risultano inadeguati; le docce comuni sono insufficienti per garantire a tutti i detenuti l'utilizzo quotidiano e impongono quindi la turnazione delle docce anche nei mesi estivi. L'accesso ai piani è consentito da un'unica scala molto stretta, senza ascensore o montacarichi (tra l'altro la scala non consente il passaggio del carrello del cibo); non ci sono spazi per la socialità. In questo raggio vengono anche ospitati i nuovi giunti in attesa di assegnazione alle celle (piano terra) e i «protetti» (secondo piano);
   gli spazi per le ore d'aria sono tutti in cemento e con scarsa protezione dal sole e dalle intemperie; fa eccezione il III raggio, dotato anche di un campo da calcetto in erba sintetica;
   per i colloqui con figli minori è presente un piccolo spazio verde attrezzato con giochi da giardino e ben curato;
   nella sezione femminile le condizioni sono meno degradate, anche se si riscontrano problemi igienici e di carenza di spazi (in particolare gli spazi comuni per le attività);
   la criticità riferita al sovraffollamento è particolarmente grave in alcuni raggi, in particolare nel VI, inoltre il II e il IV raggio sono chiusi dal 2005 in attesa dell'avvio dei lavori di ristrutturazione;
   sempre il rapporto dell'associazione Antigone conferma che il carcere di San Vittore, che sorge in una zona centrale della città, presenta molti problemi, legati alla fatiscenza e all'inadeguatezza delle strutture. Questi problemi strutturali, uniti all'elevato valore immobiliare dell'area che occupa, costituiscono la ragione per cui periodicamente si ridiscute l'opportunità della chiusura di San Vittore e dello spostamento della casa circondariale in un'altra zona di Milano. Per questa ragione, in attesa di una decisione sulla sua eventuale delocalizzazione, negli ultimi anni erano stati interrotti i lavori di ristrutturazione che dovevano interessare a turno tutti i sei raggi detentivi del carcere, per ammodernare l'istituto e migliorarne la vivibilità interna, adeguando progressivamente la struttura alle indicazioni contenute nel Regolamento di esecuzione dell'O.P.;
   ma il piano di governo del territorio recentemente varato dalla giunta Pisapia (maggio 2012) ha definitivamente sancito che San Vittore non verrà spostato, e in occasione del consiglio comunale straordinario tenutosi proprio all'interno del carcere (5 ottobre 2012) Luigi Pagano, attuale vicecapo del Dap e già storico direttore di San Vittore e in seguito provveditore regionale, ha annunciato che il Ministero ha sbloccato i fondi per far ripartire i lavori di ristrutturazione;
   ad oggi i lavori, che sarebbero dovuti partire nel 2013, per la riapertura del IV raggio non sono ancora iniziati, mentre per il II raggio, sgomberato d'urgenza nel 2006 perché a rischio di crollo, i tempi saranno ancora lunghi;
   il primo firmatario del presente atto ha verificato di persona la difficile situazione e le criticità per i detenuti e i dipendenti della struttura, causate dalla fatiscenza del VI raggio e di altre parti della casa circondariale –:
   quali siano i motivi per i quali non sono ancora iniziati i lavori di ristrutturazione dei raggi II e IV;
   cosa s'intenda fare per migliorare con urgenza le condizioni igienico sanitarie della struttura;
   cosa s'intenda fare al fine di migliorare la situazione di vivibilità per i detenuti nelle celle;
   cosa s'intenda fare per incrementare le attività di formazione e lavorative all'interno del carcere eventualmente finalizzate anche alla manutenzione della stessa struttura oltre che alla rieducazione dei condannati;
   se non si ritenga utile agire con urgenza e determinazione per porre rimedio ad una situazione drammatica ed ai limiti della vivibilità;
   se non si ritenga opportuno potenziare il servizio di piccola manutenzione svolta dalle persone detenute non solo al fine di migliorare le condizioni della struttura bensì anche di incrementare le opportunità di attività e socialità all'interno della casa circondariale. (5-01145)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   allo scadere del primo anno di commissariamento dell'autorità portuale di Napoli, nei giorni scorsi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha prorogato di sei mesi il mandato del commissario ammiraglio Luciano Dassatti e, contemporaneamente, ha avviato le procedure previste dalla legge per la nomina del nuovo presidente, che ha individuato – pare su indicazione del presidente della provincia di Napoli del Popolo della Libertà, Luigi Cesaro – in Riccardo Villari, senatore del Popolo della Libertà;
   la procedura prevede che la firma del Ministro debba essere preceduta da un parere delle commissioni parlamentari competenti;
   la nomina di un nuovo presidente è comunque una iniziativa indispensabile per garantire la necessaria governance ad una realtà, come quella del Porto di Napoli, che rappresenta il fulcro e il volano dell'economia partenopea e che non può «vivere di commissariamento»;
   purtuttavia, l'aver individuato un personaggio come il senatore Riccardo Villari appare del tutto inadeguato. Innanzitutto occorre sottolineare che si tratta di un medico chirurgo epatologo e specializzato in malattie infettive ed è quindi del tutto evidente che dalla sua carriera professionale non può derivare alcuna competenza nella gestione di una autorità portuale;
   il nome del senatore Villari è noto alle grandi cronache politiche in quanto nel 2008, all'epoca senatore del Partito Democratico, fu eletto con i voti della maggioranza di centrodestra e contro le indicazioni del suo gruppo parlamentare, presidente della Commissione di Vigilanza Rai. Rifiutando l'invito del suo gruppo di appartenenza alle dimissioni, aprì una gravissima crisi istituzionale che costrinse i presidenti della Camere ad «azzerare» – con una decisione senza precedenti – la Commissione, per poter giungere all'elezione di un nuovo presidente correttamente indicato, come da consolidata prassi istituzionale, dai gruppi di opposizione; naturalmente, nel 2011 il senatore Villari venne nominato sottosegretario nel Governo Berlusconi III e alle elezioni politiche del 2013 fu candidato nelle liste campane del Popolo della Libertà, risultando nuovamente eletto parlamentare per la quarta volta;
   il deputato interrogante apprende da fonti di stampa che negli ultimi giorni del mese di settembre 2013, il Consiglio di Stato avrebbe accolto il ricorso contro la sentenza del Tar Sardegna che in primo grado aveva dichiarato legittima la nomina a presidente dell'autorità portuale di Cagliari del senatore Piergiorgio Massidda. Il dispositivo sarebbe molto chiaro: si deve concludere per l'illegittimità della designazione di Massidda «per la mancanza di un qualsiasi titolo di studio comunque impli- cante il possesso di competenze anche genericamente raccordabili con la materia»; i giudici contestano anche «l'estraneità al settore delle pur vaste attività professionali, politiche e parlamentari» dell'attuale presidente dell'Authority «le quali non concernevano affatto i settori dell'economia dei trasporti»; il supremo giudice amministrativo avrebbe ritenuto, inoltre, troppo brevi le «esperienze quale presidente della VIII Commissione Trasporti (per meno di un anno) o di quella dell'analoga struttura presso la provincia di Cagliari, le quali dunque non potevano certo far presupporre il conseguimento delle competenze teoriche e pratiche richieste». Insomma, secondo i giudici, «anche a voler ammettere in via teorica la sussistenza di esperienze professionali di Massidda nei settori dell'economia dei trasporti, non si può affermare che tali esperienze avrebbero raggiunto quella di grado massimo» richiesto dalla legge;
   occorre segnalare, inoltre, che in questi giorni è al vaglio del Ministero interrogato anche la conferma di Lorenzo Forcieri alla presidenza dell'autorità portuale di La Spezia e che, anche con riferimento a questo caso, è legittimo nutrire delle riserve su una persona che nella sua attività professionale e politica nulla non ha avuto alcun tipo di esperienza in materia –:
   se il Ministro sia a conoscenza di particolari competenze ed esperienze che Riccardo Villari e Lorenzo Forcieri avrebbero maturato in passato nella materia portuale;
   se il Ministro non ritenga pregiudizievole insistere nel nominare personaggi privi di alcuna competenza esponendo non solo le varie autorità portuali al rischio di un contenzioso (con gli esiti che si sono visti nel caso Massidda), ma anche mettendo un settore delicato ed importante, come quello portuale, nelle pericolose mani di soggetti del tutto incompetenti in quanto privi di un adeguato percorso formativo e professionale. (3-00359)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'assessore ai trasporti della regione Marche ha inviato recentemente una nota indirizzata ai Ministri interrogati, al presidente della Conferenza delle, regioni e delle province autonome, ai dirigenti ministeriali, ai presidenti delle Commissioni trasporti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e ai parlamentari marchigiani; la nota riguarda il Fondo unico nazionale (istituito dall'articolo 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), per il concorso nazionale dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 marzo 2013, pubblicato il 26 giugno 2013, disciplina, con decorrenza 1° gennaio 2013, la dotazione complessiva del fondo in 4.929 milioni di euro e assegna alla regione Marche, per l'anno 2013, la quota di 107 milioni di euro (pari al 2,18 per cento del totale); secondo i dati forniti dalla giunta regionale, l'assegnazione dei fondi, produce forti disparità tra le regioni e, in rapporto alla popolazione residente, risulta che alle Marche vengono riconosciuti circa 69 euro per abitante, collocandola quindi all'ultimo posto, mentre nelle altre regioni vengono riconosciuti, rispettivamente, per ogni abitante euro: 81 Emilia Romagna, 82 Veneto, 86 Lombardia, 93 Campania, 97 Puglia, 98 Abruzzo, 100 Lazio, 105 Calabria 108 Piemonte, 109 Molise, 110 Umbria, 113 Toscana, 124 Liguria, 130 Basilicata; l'insufficiente assegnazione determina forti difficoltà alla regione, ai comuni e alle imprese di trasporto pubblico locale mettendo in grave rischio, i lavoratori e i fornitori e costringendo i cittadini a crescenti disagi per la soppressione di decine di servizi pubblici di trasporto; ad avviso degli interroganti, è indispensabile procedere subito ad un rie- quilibrio dell'erogazione del contributo alle regioni e comunque attivare il fondo perequativo previsto dalla predetta legge n. 228, che risolva, o quanto meno attenui, le gravi sperequazioni e ingiustizie che vanno a colpire tutti gli abitanti della regione Marche –:
   se siano a conoscenza di quanto suesposto e se e quali iniziative intendano assumere per rimuovere l'attuale situazione di criticità. (5-01142)


   RUBINATO, MOGNATO, MARTELLA, MURER, ZOGGIA e MORETTO. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   al termine della scorsa legislatura, la Camera si è occupata dello status dell'iter progettuale della nuova linea ad alta velocità/alta capacità Venezia-Trieste, tratta facente parte dell'ex-corridoio TEN-T 5 «Lisbona-Kiev», ora rinominato corridoio 3 «Mediterraneo», con riferimento al progetto cosiddetto «litoraneo», finanziato dalla regione del Veneto e sottoposto da Italferr alla procedura di valutazione di impatto ambientale in un primo momento in modalità project splitting a dicembre 2010, e in un secondo momento, a seguito dei rilievi mossi, in maniera «riunita» a giugno 2012, nonostante detto tracciato, avesse trovato l'opposizione pressoché unanime dei sindaci, associazioni e cittadini, essendo costoso ed impattante, tagliando tra l'altro in due una delle poche aree di campagna veneta ancora integra;
   in particolare con risoluzione in Commissione Trasporti n. 8/00209 la Camera impegnava il Governo ad assumere le iniziative di competenza dirette a svolgere una reale comparazione fra il predetto tracciato «litoraneo» all'esame della Commissione VIA e il nuovo tracciato proposto dal Commissario straordinario all'asse ferroviario Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, di potenziamento della linea Storica oggi sottoutilizzata al 60 per cento (sul quale si era registrata l'adesione della maggior parte dei comuni interessati, delle associazioni degli agricoltori e delle associazioni ambientaliste), nonché quello in affiancamento del sistema autostradale A4, al fine di garantire la compiutezza e la validità sostanziale della procedura di valutazione di impatto ambientale;
   il Ministro dello sviluppo economico, in risposta all'interrogazione n. 4/19261, aveva altresì annunciato che il commissario Mainardi aveva chiesto ad RFI/Italferr la disponibilità a sviluppare le attività progettuali relative al tracciato sulla linea esistente, di indicarne i tempi e costi stimati e, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti circa l'opportunità di individuare un nuovo corridoio, riavviare il confronto con il territorio, per pubblicizzare e discutere la scelta più opportuna;
   successivamente, con DGR n. 386 del 25 marzo 2013, la regione del Veneto ha approvato un atto aggiuntivo al Protocollo d'Intesa con Rete Ferroviaria Italiana nel quale si afferma che «si rinnova l'impegno a considerare prioritario il completamento dell'asse ferroviario interessato dal Corridoio 5 ed in particolare la realizzazione delle tratte Milano – Padova e Venezia – Trieste»;
   nella variante parziale al piano territoriale regionale di coordinamento (P.T.R.C. 2009), con attribuzione della valenza paesaggistica legge regionale 23 aprile 2004 n. 11 – articolo 25 e articolo 4, adottata con DGRV n. 427 del 10 aprile 2013, nella tavola 04 Mobilità – Sistema Ferroviario, la rete AV/AC esistente segue il tracciato ferroviario Mestre-Torino, arrestandosi nella stazione di Venezia-Mestre. Di progetto è previsto il suo proseguimento in direzione Trieste attraverso una direttrice che persegue l'ipotesi del percorso in gronda lagunare;
   tuttavia il consiglio regionale del Veneto con deliberazione n. 92 del 28 giugno 2012 relativa alla mozione n. 151, dal titolo «Linea AV/AC Mestre-Portogruaro: la Regione esprima una scelta chiara a garanzia dei territori interessati», aveva dato incarico al Presidente della Regione Veneto di: esprimere nelle sedi istituzionali competenti formale contrarietà al progetto di tracciato cosiddetto basso – litoraneo; scegliere l'attuale corridoio infrastrutturale di ferrovia e autostrada A4 come la sede più idonea per ospitare l'opera infrastrutturale prevista; attivare ogni utile azione per reperire le risorse necessarie al rafforzamento dell'attuale linea ferroviaria per sfruttarne al massimo le potenzialità;
   sulla base del suddetto mandato la regione Veneto, cui compete la scelta della localizzazione urbanistica del tracciato, avrebbe dovuto sostenere presso le sedi istituzionali competenti il progetto di conservazione e ammodernamento del tracciato storico della linea della alta velocità/alta capacità (AV/AC) nella tratta Mestre-Portogruaro;
   nell'ultimo aggiornamento del «Programma Infrastrutture Strategiche – XI Allegato Infrastrutture» (Settembre 2013) al documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) si afferma che la presente fase di recessione economica e l'inaspettata fase di blocco della crescita debbano essere utilizzate come una occasione «per verificare l'attendibilità degli scenari già definiti e per una loro messa a punto» e di conseguenza è opportuno «un rinvio dei livelli di saturazione che ci consentirà – nei prossimi anni – una migliore graduazione degli interventi ma non certo una rinuncia agli stessi». Inoltre, nel procedere dell'analisi si individua fra le cause dei maggiori costi del trasporto rispetto ad altri Paesi dell'Unione Europea «la congestione e la assenza di reti e di nodi logistici efficienti ed efficaci». Infine, nell'elenco delle progettazioni non incluse nel perimetro deliberate dal CIPE (2002-2013 settembre), per la nuova linea AV/AC Venezia-Trieste risulta iscritta solo la tratta Ronchi-Trieste, incluso il raddoppio del raccordo linea bivio San Polo-Monfalcone la quale è a sua volta finanziata con soli 48 milioni di euro a fronte dei 1745,80 milioni di euro previsti quali costo della tratta e dei 5700 milioni di euro previsti per l'intera linea Venezia-Trieste;
   il 19 settembre 2013 la Commissione ministeriale d'impatto ambientale ha indetto un vertice con le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia per esaminare il progetto preliminare della linea dell'alta velocità/alta capacità (AV/AC) Venezia – Trieste, relativo alla tratta Mestre-Portogruaro, cosiddetto tracciato basso o litoraneo, presentato nel 2010 da Italferr;
   in tale sede, cui non ha partecipato alcun rappresentante della Regione Veneto, la Commissione ministeriale ha disposto che Italferr presenti entro poche settimane le integrazioni al suindicato progetto «litoraneo», preannunciando in tal modo una decisione che dovrebbe giungere entro poche settimane, di fatto ignorando la proposta alternativa di valorizzazione della linea ferroviaria esistente, elaborata e trasmessa alla regione Veneto nel 2012 dal Commissario straordinario ministeriale Mainardi e sulla quale gli enti locali interessati si sono favorevolmente espressi –:
   quali iniziative urgenti intenda porre in essere per interrompere la procedura di Via sul tracciato litoraneo o quanto meno per assicurare la comparazione dei differenti tracciati proposti nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale affinché venga conclusa quanto prima, garantendo un giudizio oggettivo e non viziato da mancanze e difetti formali, come messi in risalto anche da una sentenza della Corte europea dei Diritti dell'uomo;
   quale soluzione il Governo intenda sostenere in relazione al completamento dell'asse ferroviario est-ovest Venezia-Trieste facente parte del Corridoio transeuropeo 3 «Mediterraneo»;
   quale sia lo stato di avanzamento della proposta relativa al potenziamento/adeguamento della linea ferroviaria esistente, così come proposto dal commissario straordinario all'opera, architetto Bortolo Mainardi, in maniera tale da avviare, prima della fase di progettazione preliminare, un confronto costruttivo con il territorio applicando il modello del «dibattito pubblico»;
   se non ritenga opportuno, date le esigue risorse economiche stanziate e quelle che saranno disponibili in futuro, considerata la situazione della finanza pubblica, e in linea con quanto contenuto nel «programma infrastrutture strategiche – XI allegato infrastrutture», dare in questa fase la priorità al potenziamento dei nodi e alla realizzazione di infrastrutture di scambio che incentivino l'intermodalità e l'interoperabilità fra i vari mezzi di trasporto per poter attuare quanto prima un progetto realistico di modernizzazione e potenziamento della linea esistente, oggi sottoutilizzata, anche attraverso stralci funzionali successivi, per conseguire benefici immediati per l'utenza, garantendo la consistenza di traffici passeggeri a lunga distanza, traffici merci e traffici di pendolari intorno ai principali nodi, ragionando in termini di reali servizi e prestazioni di trasporto e non di mere infrastrutture, come indica la stessa strategia dell'Unione europea.
   più in generale, se il Governo abbia intendimento di assumere un'iniziativa normativa per l'introduzione del modello di «democrazia partecipata» già attuato da altri Paesi europei, che prevede una fase preventiva di ascolto e confronto con il territorio, le istituzioni e gli attori locali, già nella fase precedente la progettazione delle grandi infrastrutture. (5-01144)


   DE LORENZIS, CATALANO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, L'ABBATE, LIUZZI, SCAGLIUSI, SPESSOTTO, CRISTIAN IANNUZZI, BRESCIA, TOFALO, LOREFICE, PARENTELA, CARIELLO, NICOLA BIANCHI e D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Opera strategica di interesse nazionale denominata «ammodernamento della strada statale 275» (CUP: F32C04000070002) consiste nella realizzazione di un progetto relativo all'asse viario Maglie-Santa Maria di Leuca;
   il progetto preliminare dell'opera è stato approvato dal Cipe, con le prescrizioni e raccomandazioni impartite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con delibera n. 92 del 21 dicembre 2004;
   l'Anas ha affidato la progettazione al Sisri di Lecce (consorzio per lo sviluppo industriale e dei servizi reali alle imprese) ai sensi dell'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, con convenzione stipulata tra le parti in data 30 gennaio 2002 e successivo atto integrativo del 21 gennaio 2005;
   il consorzio Sisri, avrebbe stipulato nel febbraio 2002 la convenzione con la ProSal srl (Progettazioni Salentine), società di professionisti con capitale sociale di euro 10.400,00, senza aver effettuato un bando di gara e quindi, in affidamento diretto, conferiva alla ProSal srl l'incarico di progettazione, tra l'altro, senza alcuna forma di pubblicità e in violazione della normativa di derivazione comunitaria e statale in materia di progettazione di opere pubbliche;
   la ditta PRO.SAL. srl risulterebbe carente delle necessarie abilitazioni di legge in materia geologica, geo-idrologica, paesaggistica, archeologica, ambientale e a conferma di tanto le tavole progettuali presentate da PRO.SAL. srl non risulterebbero firmate e ciò nonostante il progetto preliminare e quello definitivo risultano approvati dal CIPE rispettivamente con le deliberazioni n. 92 del 20 dicembre 2004 e n. 76 del 31 luglio 2009;
   non si comprende pertanto in quale sede siano state effettuate le normali procedure di verifica dei requisiti di competenza e delle necessarie abilitazioni di legge in materia geologica, geo-idrologica, paesaggistica, archeologica, ambientale delle aziende coinvolte, situazione che si è creata in mancanza di procedure di verifica dei requisiti soggettivi e oggettivi dei professionisti componenti la società privata e all'interno di quantomeno inconsueti rapporti contrattuali trilaterali tra Anas spa, consorzio Sisri e ProSal srl;
   ANAS spa, con nota prot. n. 3006 del 1o giungno 2005, autorizzava il pagamento degli oneri di progettazione in favore del consorzio SISRI di Lecce per complessivi euro 1.021.935,62 di cui euro 567.742,01, quale prima tranche (0,5 per cento dell'importo lavori pari ad euro 113.548.401,82) e euro 454.193,61, per attività cartografiche ed indagini geognostiche ed ambientali (0,4 per cento dell'importo di EURO 113.548.401,82) richieste alla PRO.SAL. srl, anche se non risultava essere in possesso dei requisiti e delle abilitazioni di legge;
   con deliberazione n. 83 del 08 giugno 2005 il Consorzio SISRI di Lecce conferiva a beneficio di PRO.SAL. – srl, la somma di euro 1.021.935,62 per attività di progettazione e studi geognostici e ambientali;
   il Consorzio SISRI di Lecce, con deliberazione n. 157 del 13 ottobre 2009, stabiliva di trasmettere ad ANAS spa la fattura ricevuta da PRO.SAL. srl n. 13 del 15 settembre 2009 e di emettere a sua volta fattura all'ANAS spa per l'importo di euro 3.372.154,66, per saldo progettazione definitiva e di incassare da ANAS spa la detta somma e di girarla a PRO.SAL. srl;
   la subappaltatrice PRO.SAL. srl avrebbe ricevuto così senza titolo ingenti somme di danaro pubblico per prestazioni progettuali specialistiche (in materia geologica, idrogeologica, ambientale, archeologica, paesaggistica, e altro) dalla stessa mai eseguite e mai eseguibili per sua genetica carenza di titoli abilitativi;
   con delibera n. 247 del 09.12.2010 il consiglio di amministrazione del consorzio SISRI, premesso «[...] Il raccordo tra il Consorzio, l'ANAS e la PRO.SAL. – Progettazioni Salentine srl [...]», autorizzava l'emissione nei confronti di ANAS spa di fattura pro forma in acconto per la sola parte relativa alla progettazione nella misura di euro 2.366.326,11;
   il presidente di Anas spa, con disposizione cdgt/dcp ba/up/8 prot. n. 0043101-p del 28.03.2011, autorizzava l'accreditamento dell'ulteriore importo di euro 1.933.272,97 per pagamento del progetto definitivo;
   Anas spa, tramite il consorzio Sisri di Lecce, ad avviso dell'interrogante ha arrecato vantaggio patrimoniale alla ditta PRO.SAL. srl, nella consapevolezza della mancanza in capo a quest'ultima dei requisiti di legge per progettazione e opera stradale di valore pari a oltre 287 milioni di euro e destinata ad attraversare 15 territori comunali con altissimo impatto sugli assetti idraulici, idrogeologici, geomorfologici, ambientali del territorio e con molteplici interferenze con beni archeologici;
   Anas spa di fatto, ad avviso degli interroganti, ha violato i princìpi della trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione –:
   visto che l'opera viaria non è ad oggi cantierizzata e che non risulta approvato il progetto esecutivo da parte di Anas spa, quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per verificare la regolarità dell'affidamento senza gara e in subappalto dell'incarico di progettazione preliminare e definitiva dell'opera strategica di interesse nazionale denominata «Ammodernamento della S.S. 275» (CUP: F32C04000070002), del valore di circa 287 milioni di euro, a beneficio di una società con capitale sociale di euro 10.400,00 a nome PRO.SAL. srl (Partita IVA: 023462007571), con sede in Lecce alla Via Salandra civ. 13, priva delle necessarie abilitazioni di legge per espletare l'incarico;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere i Ministri interrogati per verificare la legittimità dei compensi milionari erogati a beneficio della PRO.SAL. srl;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per verificare se sia ancora possibile recuperare a favore dell'erario pubblico le somme indebitamente corrisposte a soggetto privo di titoli per riceverle. (5-01147)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da alcuni quotidiani locali risulta una ulteriore riduzione dei servizi di trasporto ferroviario lungo la linea Lamezia Terme – Rosarno, via Tropea;
   la decisione di Trenitalia ha suscitato grave sconcerto e preoccupazione nell'opinione pubblica e negli operatori sociali ed economici;
   la riduzione dei treni continua a colpire le fasce più deboli della popolazione, in particolare i pendolari, essenzialmente pensionati e universitari e studenti frequentanti le scuole superiori di Tropea;
   la giunta comunale di Tropea, partendo da una petizione di fruitori del servizio ha presentato una istanza a Trenitalia unitamente alla regione Calabria. Il documento è stato inviato all'assessore ai trasporti della regione Calabria, ai prefetto di Vibo Valentia e al commissario straordinario della provincia di Vibo Valentia;
   alla soppressione di alcune fermate si accompagna un aumento dei prezzi del trasporto, non spiegato da alcun miglioramento della qualità dei servizi medesimi, ma anzi dal peggioramento degli stessi, dal crescere dei ritardi e da una generale inaffidabilità del trasporto ferroviario;
   in precedenza attraverso alcune proteste pacifiche si era riusciti, anche con il sostegno delle amministrazioni locali, ad ottenere la fermata di due treni;
   quello di Trenitalia è un provvedimento sicuramente da rivedere, considerato che le fermate soppresse arrecherebbero una grave difficoltà ai viaggiatori, anche in considerazione dell'assenza, nella stessa tratta, di servizi pubblici di linea;
   la regione Calabria, in particolare la parte tirrenica, soffre già di un conclamato «gap» infrastruttura, soprattutto in campo ferroviario, essendo mal collegata con l'interno del Paese e soffrendo di ben note carenze in cui anche la cancellazione di poche fermate determinerebbe un ulteriore aggravio della situazione;
   la strada provinciale, importante collegamento tra Joppolo e Coccorino, risulta particolarmente pericolosa, tanto che l'amministrazione provinciale ne ha disposto la chiusura per motivi precauzionali;
   tale criticità influisce sicuramente anche sul sistema turistico determinando una ricaduta negativa sulla precaria economia locale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere per una tempestiva soluzione della questione al fine di evitare gli incontestabili disagi che sono costretti ad affrontare i cittadini di questo territorio popolazioni. (4-02074)


   ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'area a est di Roma ha registrato in questi ultimi decenni una duplice tendenza: da una parte lo spopolamento dei centri minori della media e alta valle dell'Aniene, dall'altra un crescente fenomeno del pendolarismo verso la città di Roma;
   detti flussi di pendolarismo sono stati quantificati da una recente ricerca della provincia di Roma tra il 75 per cento e il 50 per cento della popolazione attiva che dai comuni di residenza della valle dell'Aniene si sposta quotidianamente verso Roma;
   a fronte di questi cambiamenti la rete dei trasporti risulta essere sempre meno adeguata. L'infrastruttura su ferro è la stessa del 1884 a binario singolo; le infrastrutture stradali sono state potenziate con la costruzione della A24 nel 1970 e l'allargamento della Tiburtina in corso, ma il forte aumento del traffico e l'effetto imbuto all'entrata nella città provoca un crescente congestionamento che ha mediamente raddoppiato i tempi di percorrenza per il trasporto su gomma;
   tale rete di trasporto è quindi assolutamente inadeguata e insufficiente a soddisfare i flussi quotidiani dei pendolari provenienti dal quadrante est della provincia di Roma, dai centri abruzzesi della Piana del Cavaliere e della Marsica, ai quali si aggiungono i flussi, soprattutto di mezzi pesanti e commerciali, provenienti dalla bretella dell'A1 Fiano-San Cesareo;
   a ciò si aggiunge l'inadeguatezza del servizio di trasporto pubblico su gomma gestito dal COTRAL che, soprattutto in riferimento al deposito di Tivoli, ha un parco automezzi inadeguato a soddisfare le esigenze dei pendolari e ad effettuare le stesse corse programmate, con la conseguenza che molti cittadini devono far ricorso all'uso dei mezzi privati;
   l'autostrada A24 non è soltanto un asse di collegamento tra il Tirreno e l'Adriatico, ma nella tratta laziale svolge una funzione di collegamento locale interno all'area metropolitana romana;
   la Tiburtina e le altre arterie da e verso Roma nel tratto a ridosso della metropoli sono ormai strade urbane e non più di scorrimento;
   diverse funzioni strategiche della città metropolitana romana, come il CAR Centro agroalimentare romano, sono state localizzate lungo l'asse est tra l'A24 e la Tiburtina, nel comune di Guidonia Montecelio; per far fronte ai problemi di congestionamento del quadrante est dell'area metropolitana romana, evidenziati, in premessa, sono stati programmati, finanziati e in parte attivati due interventi:
    a) la realizzazione del secondo binario della FR2 (linea di trasporto pubblico ferroviario facente parte del servizio ferroviario regionale del Lazio) dalla stazione di Lunghezza a quella di Guidonia Montecelio ferma alle indagini preliminari all'inizio dei lavori;
    b) la realizzazione di una viabilità a carattere urbano complanare alla A24 da via Palmiro Togliatti alla barriera di Roma est;
   i lavori relativi alla costruzione delle «complanari» finalizzati allo snellimento del flusso veicolare da e per Roma hanno un costo iniziale previsto di 258 milioni di euro così ripartiti: 85 a carico dell'Anas: 40 della regione Lazio; 35 del comune di Roma; 10 della provincia di Roma; 88 della società concessionaria Strada dei Parchi;
   i suddetti lavori sono stati affidati alla società TOTO spa. Tale società, in partenariato con Autostrade spa, ha costituito la «Strada dei Parchi spa», la quale dal 1° gennaio 2003 ha la concessione di costruzione ed esercizio delle autostrade A24 e A25. Nel gennaio 2011 la società Autostrade per l'Italia (Aspi) ha ceduto alla TOTO s.p.a., in cambio di 89 milioni di euro, la propria partecipazione, pari al 60 per cento del capitale sociale, in Strada dei Parchi, che pertanto è passata interamente nelle mani della Toto spa;
   la consegna dei lavori di costruzione delle complanari è avvenuta nel maggio del 2011, e l'ultimazione dei predetti lavori è prevista per giugno 2014;
   il tratto autostradale della A24 dalla barriera di Roma est all'uscita di via Palmiro Togliatti è da due anni e mezzo un cantiere a cielo aperto, a causa dei lavori relativi alla costruzione delle complanari; 
   i recenti svincoli sulla predetta autostrada di Ponte di Nona e di Settecamini – Centro agroalimentare Romano – Polo industriale tiburtino, contribuiscono pesantemente all'incremento del già congestionato traffico in entrata e uscita da Roma;
   in conseguenza quindi di un trasporto su rotaia obsoleto e della strada statale Tiburtina congestionata, la suddetta arteria autostradale rimane quindi, ad oggi, l'unica soluzione per i moltissimi pendolari per un «teorico» collegamento veloce tra l'Abruzzo, la media ed alta Valle dell'Aniene e Roma;
   peraltro ai continui rincari del biglietto autostradale non corrisponde un miglioramento del servizio offerto, anzi, si assiste quotidianamente a disagi che mettono a dura prova la pazienza dei fruitori dell'autostrada A 24 direzione Roma con tempi di percorrenza sempre maggiori;
   dal mese di gennaio 2013 si è assistito all'ennesimo aumento del biglietto autostradale con un rincaro di quasi l'8 per cento, che segue i rincari degli anni passati: +4,78 per cento nel 2010, +8,14 per cento nel 2011 e +8 per cento nel 2012. L'entità di questi ritocchi è di gran lunga superiore all'andamento dell'inflazione;
   da quando sono iniziati – circa due anni e mezzo fa – i lavori di miglioramento del tratto autostradale della A24 dalla barriera di Roma est all'uscita Palmiro Togliatti, i disagi per i pendolari sono diventati sempre più insostenibili in termini di tempi di percorrenza, crescenti costi di pedaggio, qualità del servizio offerto –:
   se non si reputi opportuno prevedere che il tratto metropolitano della A24 comprendente i caselli di Vicovaro-Mandela, Castel Madama, Tivoli, Lunghezza, Ponte di Nona, Settecamini-C.A.R. venga declassato e considerato un asse di collegamento viario della città metropolitana al pari del grande raccordo anulare di Roma, e come tale libero da pedaggio;
   se non si consideri necessario assumere iniziative affinché ai cittadini che quotidianamente devono avvalersi del tratto metropolitano della A24 per recarsi a Roma presso le sedi di lavoro o di studio o di cura, si applichi, invece della tariffa intera per un servizio dimezzato, il pedaggio ante 2011, fino a quando non siano effettivamente terminati i lavori delle complanari;
   se non si ritenga in ogni caso opportuno assumere iniziative per istituire modalità di abbonamento mensile agevolato, per tutti i pendolari costretti a percorrere quotidianamente il tratto metropolitano dell'A24, così come avviene per gli utenti di tratti metropolitani delle autostrade di altre città italiane;
   se non si ravvisino eventuali conflitti di interesse in capo alla società TOTO spa, di cui in premessa;
   se non si intenda verificare i reali tempi di realizzazione delle complanari finalizzate allo snellimento del flusso veicolare da e per Roma, e se sia noto a che punto sia la prevista realizzazione del secondo binario della FR2 dalla stazione di Lunghezza a quella di Guidonia, ferma alle indagini preliminari all'inizio dei lavori. (4-02078)


   PIRAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di completamento e adeguamento della strada statale 131 «Carlo Felice» è suddiviso in 10 lotti. Tre interventi che risultano deliberati riguardano: – Nuraminis-Villagreca – dal chilometro 23+885 al chilometri 32+412, svincolo Villasanta – dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000, variante abitato di Sanluri – dal chilometro 41+000 al chilometro 47+000 abitato di Sanluri;
   l'intervento consiste nella realizzazione di 3 lotti dei lavori di ammodernamento ed adeguamento, al tipo III delle norme CNR/80, della strada statale 131 Carlo Felice, tra il chilometro 23+885 ed il chilometro 47+000, per uno sviluppo complessivo di circa 23 chilometri;
   l'opera è inclusa nella delibera CIPE n. 121 nell'ambito dei «Corridoi stradali» della regione Sardegna del 2001;
   l'intesa generale quadro tra Governo e regione Sardegna, sottoscritta l'11 ottobre 2002, prevede il completamento dell'adeguamento della strada statale 131;
   i progetti definitivi di due dei tre lotti sono approvati dall'ANAS il 25 settembre 2003; l'ANAS pubblica il bando di gara del 3° lotto (chilometro 41+000 – chilometro 47+000 – abitato di Sanluri) per 29,5 milioni di euro;
   il 13 gennaio 2004 l'ANAS approva il progetto definitivo del 3° lotto con un importo stimato in 133,3 milioni euro. L'ANAS pubblicati bando di gara del 1° lotto (dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412) per l'importo di 20,4 milioni di euro e il bando di gara del 2° lotto (dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000) per l'importo di 35,5 milioni di euro;
   il CIPE, con delibera n. 43, prende atto che i lotti dell'intervento sono dotati di valutazione di impatto ambientale e sono stati sottoposti con esito positivo a conferenza di servizi con una procedura autonoma rispetto all’iter previsto dalla legge n. 443 del 2001 e che l'ANAS, soggetto aggiudicatore, ha approvato i progetti definitivi e bandito le gare d'appalto, anticipando i finanziamenti con i fondi del «programma straordinario 2003» (residui di esercizi pregressi);
   rispetto al costo complessivo di 133,3 milioni di euro, l'ANAS ha una disponibilità di 9,3 milioni di euro per il 3° lotto e si è impegnata ad utilizzare le risorse disponibili con la concessione del finanziamento per altri interventi del programma straordinario 2003. Viene concesso un contributo di 11,3 milioni di euro per 15 anni a valere sulla legge n. 166 del 2002, di cui 4,8 milioni di euro a decorrere dal 2005 e 6,5 dal 2006;
   il 13 dicembre 2004 viene aggiudicato il 3° lotto al prezzo di 23,5 milioni di euro;
   il 4 febbraio 2005 viene aggiudicato il 1° lotto per 17,152 milioni di euro ed il 22 febbraio il 2° lotto a 29,5 milioni di euro, nel 2006 l'opera è inserita nella delibera CIPE n. 130 di rivisitazione del programma infrastrutture strategiche;
   il 5 dicembre 2007 iniziano i lavori dal chilometro 32+300 al chilometro 41+000;
   l'11 febbraio 2008 è aperto al traffico il nuovo tratto della strada statale 131 tra lo svincolo di Villasanta e il chilometro 47+000, nel comune di Sanluri;
   il 2 ottobre 2009 viene sottoscritto l'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro tra Governo e regione Sardegna, in cui è riportato il completamento e l'adeguamento della strada statale 131 Cagliari – Porto Torres. Per l'asse viario principale, strada statale 131 dal chilometro 23,475 al chilometro 209,482 l'importo di realizzazione viene aggiornato a 485 milioni di euro;
   in data 11 maggio 2010 l'ANAS consegna i lavori di ammodernamento e di adeguamento dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412 Nuraminis-Villagreca;
   nel 2011, dalla rilevazione dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture sullo stato di attuazione delle opere comprese nel PIS, che si basa sui dati comunicati dal responsabile unico del procedimento al 31 maggio 2011, si rilevano le seguenti percentuali di avanzamento dei lavori: 1 per cento per il lotto dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412 – Nuraminis-Villagreca, 58 per cento per il lotto dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000 – svincolo Villasanta, 100 per cento per il lotto dal chilometro 41+000 a chilometro 47+600 – Abitato di Sanluri;
   dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000 – svincolo Villasanta, i lavori sono ancora in corso con appalto alla ditta ATI Mambrini Costruzioni srl – S.C.I.R. spa;
   l'importo totale dei costi ammonta a circa 52.300.917,68 di euro, lo stato di avanzamento dei lavori, che ad oggi sono bloccati, è all'81 per cento e la data di consegna finale è prevista per il 1° marzo 2014;
   i lavori sul tratto sopracitato sono bloccati ormai da un anno e mezzo a causa di un contenzioso tra Anas e Mambrini Costruzioni Srl;
   nel giugno 2013, il comune di Serrenti ha convocato una seduta straordinaria del consiglio comunale con la presenza del prefetto, il capo compartimento Anas, gli organi di stampa, i parlamentari sardi, i consiglieri regionali, i sindaci e gli amministratori del territorio, che ha discusso dell'andamento dei lavori della strada statale 131;
   il primo cittadino di Serrenti Gian Luca Becciu ha aperto la seduta denunciando la durata interminabile dei lavori dell'asse stradale portante del sistema dei trasporti stradali isolano. 10 chilometri di lavori in corso nelle due direzioni in corrispondenza di Serrenti costringono ancor oggi i veicoli ad utilizzare corsie di marcia provvisorie in condizioni di perdurante precarietà e velocità molto limitata;
   il 25 settembre 2013 il procuratore generale della Repubblica Ettore Angioni in una circolare inviata alle Procure di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano, chiede che tutte le procure della Sardegna indaghino «per verificare eventuali irregolarità ed illeciti di carattere penale» sui lavori lungo la statale 131;
   il 27 settembre 2013 l'Anas ha annunciato che i lavori riprenderanno per gli inizi di ottobre, senza il coinvolgimento della ditta Mambrini Costruzioni e dopo aver sostituito il capo compartimento Anas Sardegna Oriele Fagioli;
   il 1° ottobre 2013, nonostante l'annunciata ripresa dei lavori da parte dell'Anas, il cantiere è rimasto chiuso, suscitando l'indignazione degli amministratori e delle popolazioni locali;
   i lavori sul tratto dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000 svincolo Villasanta avrebbero dovuto essere consegnati il 8 agosto 2011;
   l'Anas ha successivamente assicurato il termine e la consegna dei lavori per il 1° marzo 2014;
   i 10 chilometri di lavori in corso nelle due direzioni in corrispondenza di Serrenti costringono ancor oggi i veicoli ad utilizzare corsie di marcia provvisorie in condizioni di perdurante precarietà e velocità molto limitata, causando notevoli problemi di sicurezza;
   l'intensità di traffico giornaliero ammonta a circa 20.000 veicoli;
   la strada statale 131 è l'arteria principale di un sistema di viabilità assolutamente carente di alternative;
   questi ritardi creano un disagio, quotidiano a decine di migliaia di persone,e soprattutto lavoratori, senza trascurare il danno economico che colpisce l'intera Sardegna e le imprese del territorio del basso Campidano;
   si contano numerosissimi gli incidenti, anche mortali, nel tratto di strada in questione;
   si ipotizza che per terminare definitivamente i lavori e completare l'opera siano necessari appena 4 mesi di tempo –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di sbloccare il cantiere e completare i lavori intervenendo in maniera diretta e immediata sul tratto dal chilometri 32+412 al chilometri 41+000 – svincolo Villasanta;
   se non ritenga doverosa un'indagine conoscitiva ministeriale su come siano stati appaltati ed eseguiti i lavori da parte dell'Anas, con soldi pubblici, vista anche la richiesta di indagine inviata a tutte le procure sarde da parte del procuratore generale della Repubblica Ettore Angioni. (4-02081)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna, durante la stagione estiva, è sotto gli occhi di tutti per i numerosi incendi che devastano il patrimonio naturalistico, che colloca la regione ai vertici delle classifiche internazionali;
   quest'anno i roghi hanno interessato miglia di ettari di macchia mediterranea, in sette mesi e mezzo sono scoppiati 262 incendi, secondo dato più alto a livello nazionale, dopo la Puglia; alcune persone hanno riportato ferite e ustioni anche gravi, un allevatore dopo un mese di agonia ha perso la vita;
   il Ministero dell'interno, con decreto n. 294/87635 del 3 febbraio 2006, ha istituito il distaccamento misto dei vigili del fuoco di Bono;
   da diverso tempo il CONAPO, Sindacato autonomo vigili del fuoco della Sardegna ha chiesto l'apertura definitiva della sede di Bono, poiché data la particolare conformazione del territorio, risponderebbe alle esigenze di tutta la popolazione posta al centro – nord della regione e garantirebbe un valido supporto di soccorso tecnico in tempi limitati per la suddetta area;
   spesso, per affrontare l'emergenza, sono stati utilizzati i Canaidar che, provenendo da altre regioni, non sono riusciti ad affrontare tempestivamente l'emergenza; alcuni roghi hanno continuato a bruciare anche nel giorno successivo, nonostante l'immane lavoro dei vigili del fuoco, degli uomini del Corpo forestale, dei volontari della protezione civile e dell'ente foreste;
   è incomprensibile che durante le operazioni di mobilità nazionale del personale del corpo dei vigili del fuoco siano destinate poche unità alla regione Sardegna, ignorando l'emergenza cui il territorio isolano è sottoposto;
   molti cittadini sardi, impiegati nel Corpo dei vigili del fuoco, prestano servizio fuori regione e dare seguito alle disposizioni contenute nel decreto ministeriale n. 294, consentirebbe non solo ad alcuni di essi di rientrare in Sardegna, ma, allo Stato di effettuare un notevole risparmio erariale, in considerazione dei numerosi danni ambientali, sociali ed economici che dovrà risarcire –:
   se i Ministri non ritengano di assumere le necessarie misure di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi dolosi;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per dare attuazione alle disposizioni contenute nel decreto ministeriale n. 294 e, in caso contrario, se non ritenga di manifestare le motivazioni ostative;
   se il Ministro dell'interno, in considerazione, anche, delle numerose richieste del CONAPO, intenda dare disposizioni urgenti per l'apertura definitiva della sede di Bono, per garantire la sicurezza del territorio posto al centro nord della Sardegna. (5-01138)


   PES. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per le emergenze derivanti dal rischio acquatico, dispone di nuclei di soccorso subacqueo in grado di intervenire nelle varie situazioni di pericolo, legate all'elemento acqua: dall'incendio a bordo di navi alla presenza di rischi biologici, chimici e nucleari, dalla ricerca di persone in mare, laghi e fiumi all'emergenza alluvionale; peculiarità dei sommozzatori dei vigili del fuoco è l'immersione anche in luoghi non convenzionali quali acquedotti, pozzi, reti fognarie e acque nere;
   si tratta dell'unico nucleo di soccorso subacqueo presente nel nord della Sardegna, in grado di garantire tempestivamente interventi di soccorso tecnico urgente in un vasto territorio in cui sono presenti anche 2 scali aeroportuali di Olbia e Alghero e cinque scali portuali di Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Santa Teresa di Gallura e Palau, effettua solo l'orario diurno;
   in presenza di incendi notturni e soccorsi tecnici in generale, per la zona posta al centro-nord della regione vengono utilizzati i sommozzatori di Cagliari, che, a causa della vastità del territorio, dei mezzi di trasporto, compresi gli elicotteri che durante la notte non possono volare, impiegano circa 3 ore per raggiungere il luogo di intervento;
   da diverso tempo il CONAPO Sindacato autonomo vigili del fuoco della Sardegna ha chiesto il ripristino dell'orario di servizio anche notturno e l'aumento dell'organico operativo del nucleo sommozzatori di Sassari –:
   se i Ministri siano a conoscenza delle motivazioni della chiusura notturna del nucleo sommozzatori di Sassari;
   se il Ministro dell'interno ritenga necessario dare disposizioni per attivare il nucleo 24 ore su 24, per quanto sopra esposto, in considerazione che esso è pronto ad intervenire in tutte le situazioni di alto rischio, anche quelle più complesse che richiederebbero un intervento tempestivo ed efficace;
   se il Ministro dell'interno, alla luce degli incendi sviluppatosi durante gli ultimi sei mesi che hanno collocato la Sardegna al secondo posto per il fenomeno degli incendi, dopo la Puglia, ritenga, altresì, attraverso l'istituto della mobilità potenziare l'attuale organico dei sommozzatori di Sassari. (5-01139)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO, DI VITA, DALL'OSSO, DI BENEDETTO, COLONNESE, CECCONI, CHIMIENTI e BARONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2013 quattro minorenni sono stati arrestati su ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale dei minori, che li ha riconosciuti totalmente privi di qualsiasi senso dello Stato. Il fatto è accaduto a Milano ed è l'ennesimo esempio di totale assenza di valori di cui sono principalmente vittime le nuove generazioni;
   la babygang milanese «operava» per le strade del quartiere di Baggio, nella periferia milanese, pretendendo rispetto. Bastava uno sguardo e forse manco quello, per far scattare la molla di violenza che scatenava calci, pugni e l'uso di spranghe e caschi pur di soddisfare quell'insana voglia di picchiare duro;
   i membri minorenni della banda non avevano particolari preferenze nella scelta delle vittime da sacrificare come nelle migliori scene di un film di Kubrick; essi colpivano senza fare alcuna distinzione nella scelta delle vittime: omosessuali, disabili, clochard ed ebrei;
   i vergognosi pestaggi di stampo razziale che si compiono quotidianamente in molte periferie italiane sono il frutto di un degrado che ha consentito alle organizzazioni criminali di sostituirsi allo Stato, con gravi conseguenze per tante famiglie che devono subire anche questo disagio oltre ai tanti già imposti da questo Governo;
   le forze di polizia, a cui va il sostegno morale degli interroganti per l'enorme lavoro svolto in condizioni sempre più difficili, continuano in un'azione importantissima di controllo del territorio attraverso lunghe indagini che, fortunatamente, si concludono sistematicamente con l'arresto dei delinquenti;
   purtroppo spesso questi delinquenti sono minorenni che si aggregano a vere e proprie bande, in guerra tra loro per contendersi pezzi di marciapiede a suon di botte;
   si tratta di un'altra deplorevole abitudine che è sintomo chiaro di una deriva morale in cui la popolazione si è incamminata, soprattutto quella più giovane;
   la politica ha il dovere di intervenire immediatamente. Deve affiancare, all'azione di controllo e repressione delle forze di polizia, un'azione di prevenzione che deve iniziare nella famiglia e nelle scuole –:
   se il Governo non intenda adottare misure idonee al recupero dei giovani finiti nelle mani della malavita, affinché tale azione sia da traino nell'investimento che questa Nazione deve imporsi, come priorità assoluta, nel ripristino del rispetto della libertà altrui ormai perduto completamente in molti individui di alcune fasce della società civile, considerato che migliorare la condizione della società civile è un dovere verso cui nessuno può esimersi;
   quali iniziative si intendano avviare in programmi di investimento, a partire dalla scuola pubblica, che possano garantire un innalzamento generale del livello di coscienza civica ed altruismo soprattutto in quelle fasce di popolazione maggiormente esposte alla deviazione criminale;
   se non intendano adottate misure che consentano un miglioramento nell'azione di presidio del territorio, con maggiori finanziamenti, sia in termini di fondi, mezzi ed attrezzature sia in termini di risorse umane da ricercare, qualora fosse necessario, in altri corpi specializzati. (4-02071)


   DELL'ORCO, DALL'OSSO, SPADONI, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e MUCCI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 16 settembre 2013 è stata notificata un'ordinanza di custodia cautelare a Maria Rita Lorenzetti, presidente di ITALFERR, una società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato, ordinanza poi revocata dal GIP grazie al venir meno del pericolo di reiterazione del reato dovuto alle dimissioni della Lorenzetti dalla sua carica di presidente. Nel revocare gli arresti domiciliari alla Lorenzetti il GIP ha specificato che «permangono gli indizi del quadro indiziario ma vengono meno le esigenze cautelari».
   l'ordinanza era stata emessa per l'inchiesta sul passante ferroviario di Firenze dell'alta velocità; nell'ordinanza di cui sopra, sono stati decisi anche gli arresti domiciliari per Furio Saraceno, presidente di NODAVIA S.c.p.A. di Castelnuovo di Sotto (RE), società controllata dalla società cooperativa COOPSETTE con sede sempre a Castelnuovo di Sotto (RE), ed è stata adottata la misura interdittiva di due mesi dallo svolgimento di attività per società ed enti di appartenenza a carico di 3 dirigenti proprio della COOPSETTE;
   Il GIP del tribunale di Firenze, nella ordinanza, ipotizza il rischio di reiterazione del reato e parla di un: «articolato sistema corruttivo per cui, ognuno nel ruolo al momento ricoperto, provvede all'occorrenza a fornire il proprio apporto per conseguimento del risultato di comune interesse, acquisendo meriti da far contare al momento opportuno per aspirare a più prestigiosi incarichi, potendo contare sul fatto che i relativi effetti positivi si riverbereranno, anche se non nell'immediato, sui componenti della squadra medesima sotto forma anche di vantaggi di natura economica. In questa cornice, che prevede la contestuale ripartizione dei funzionari pubblici interessati ai procedimenti amministrativi di interesse, in amici e nemici, sono stati rilevati scambi di favore di varia natura».
   secondo l'accusa la Lorenzetti avrebbe agito «mettendo a disposizione le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati, nell'interesse e a vantaggio della controparte NODAVIA e COOPSETTE (che si sono aggiudicate l'appalto) da cui poi pretendeva favori per il marito nell'ambito della ricostruzione dell'Emilia»;
   l'inchiesta di Firenze, oltre a vedere coinvolta direttamente la cooperativa reggiana COOPSETTE, poggia le sue basi su un accertamento della Forestale, poi proseguita dai carabinieri del Ros di Firenze, sullo smaltimento abusivo dei rifiuti di scavo, che vede interessata la società vincitrice dell'appalto, appunto la NODAVIA;
   secondo la procura di Firenze, il trasporto dei rifiuti, dopo un giro di contratti gonfiati e fondi neri, era gestito da un'azienda, la VECA SUD (Caserta) «strettamente legata» al clan camorristico dei Casalesi e alla famiglia Caturano. Secondo gli inquirenti «appare assolutamente necessario comprendere se vi siano accordi occulti fra il general contractor NODAVIA o il suo socio di maggioranza COOPSETTE, che di fatto dirige la gestione dell'appalto, e la medesima VECA SUD».
   la cooperativa COOPSETTE usa abitualmente, nei suoi cantieri in Liguria, come proprio fornitore, la ECO-GE SRL, con sede a Genova, oggetto di una misura interdittiva antimafia;
   la cooperativa COOPSETTE ha affidato lavori nei cantieri post terremoto alla società BIANCHINI COSTRUZIONI Srl di San Felice sul Panaro (MO), finita al centro di indagini per i residui di amianto che pare abbia intenzionalmente smaltito nei cantieri, come a Reggiolo, nel giardino delle nuove scuole, in un appalto della cooperativa;
   il prefetto di Modena ha negato l'iscrizione della società BIANCHINI COSTRUZIONI nella cosiddetto white list o «lista di merito», istituita presso le prefetture come previsto dall'articolo 5-bis del decreto-legge 6 giugno 2012 n. 74, introdotto dalla legge di conversione 1o agosto 2012 n. 122, come modificato dal decreto-legge 174 del 2012; nel documento di diniego, firmato dalla prefettura modenese, si parla di «tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata»;
   risulta inoltre che la società BIANCHINI COSTRUZIONI abbia rapporti con le potenti cosche del Crotonese da decenni radicate tra Modena, Reggio Emilia e Parma. Tra i dipendenti «assunti nel periodo immediatamente successivo al terremoto» spuntano nomi e cognomi di pregiudicati legati alle ’ndrine o frequentatori dei «Mammasantissima»;
   da quanto sopra riportato risulta, da parte della cooperativa COOPSETTE, una continua e reiterata collaborazione con società che si suppone in qualche modo legate alla criminalità organizzata o a rischio infiltrazione mafiosa –:
   se risultino elementi interdittivi a carico della società cooperativa COOPSETTE di Castelnuovo di Sotto (RE) e delle controllate, partecipate, subappaltanti e/o comunque riconducibili alla Coopsette presso la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia o se, sentite le competenti prefetture, le stesse risultino attualmente iscritte negli elenchi delle cosiddette White List italiane o abbiano eventualmente inoltrato richiesta di iscrizione;
   se il Ministro non ritenga che la continua e reiterata collaborazione di Coopsette con società che si suppone in qualche modo legate alla criminalità organizzata o a rischio infiltrazione mafiosa, possa costituire motivo di esclusione e sospensione dagli appalti pubblici anche della stessa Coopsette, almeno fino a chiusura delle indagini;
   se ci siano state altre società, oltre quelle citate in premessa, tra le controllate, partecipate, subappaltanti e/o comunque riconducibili alla cooperativa COOPSETTE nell'arco degli ultimi 5 anni, che abbiano visto negarsi l'iscrizione nelle white list prefettizie o su cui attualmente siano emersi elementi interdittivi registrati nella Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. (4-02080)


   GAGNARLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'atto di bracconaggio è costituito dall'illecito impossessamento della fauna selvatica – fauna particolarmente protetta dall'articolo 2 della legge n. 157 del 1992 – o su specie selvatiche non cacciabili o al di fuori dei periodi previsti per l'esercizio venatorio sulle singole specie cacciabili dall'articolo 18 della stessa legge o dal tentativo di impossessarsene;
   fenomeni di bracconaggio sono presenti tutt'oggi nel nostro Paese; nel novembre 2012, sono state sequestrate nelle valli bresciane durante il 26esimo campo antibracconaggio organizzato da CABS (Committee against bird slaughter) e LAC (Lega anticaccia), 1.675 tagliole e 110 reti;
   i volontari, hanno portato alla luce gravi episodi di bracconaggio – tra gli altri, un impianto di uccellagione con 43 reti e ben 18 richiami acustici vietati –, uccisioni massicce di uccelli protetti e una diffusissima illegalità venatoria;
   alla fine di agosto 2013, come accade ormai da diversi anni, nel roccolo di Monte Manos-Comune Capovalle (Brescia), si è svolta la festa della Madonna del Bracconiere, durante la quale – come si apprende da numerose fonti stampa locali – sono stati cucinati allo spiedo centinaia di uccelli appartenenti a specie protette e catturati in maniera illegale;
   l'organizzatore della manifestazione, nonché proprietario del roccolo – abusivo, sempre secondo le stesse fonti stampa e le istanze delle associazioni animaliste – è stato più volte denunciato dalla Lipu e dal Corpo Forestale dello Stato e colpito anche da perquisizioni domiciliari più che fruttuose;
   nel 2009 la LAC ha richiesto la demolizione del manufatto abusivo ma a tutt'oggi il Comune di Capovalle non ha emanato alcun provvedimento;
   da quanto si apprende da un articolo di stampa dell'8 settembre 2013, alla manifestazione del 2013 organizzata nel roccolo di Monte Manos avrebbero assistito – per assicurarsi che tutto si svolgesse con regolarità – anche alcuni esponenti delle forze dell'ordine locali;
   il fenomeno del bracconaggio in Lombardia dà vita ad un vero e proprio mercato nero che alimenta privati e ristoranti della zona: dai 3 ai 5 euro il prezzo di un uccellino spiumato mentre un tordo che canta bene può valere da cinquanta a centinaia di euro come richiamo per gli appostamenti di caccia;
   appare quantomeno inopportuna la presenza delle forze dell'ordine, ancorché in qualità di «controllori», ad una manifestazione che per sua natura dovrebbe essere considerata illegale e per questo perseguita –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali siano le ragioni per cui, a seguito di diverse denuncie e perquisizioni, il manufatto non sia stato mai demolito e la manifestazione citata in premessa continui a svolgersi ogni anno, ignorata da chi dovrebbe impedirne lo svolgimento;
   se non ritengano opportuno, per quanto di competenza, intervenire in maniera più stringente sul fenomeno del bracconaggio in Italia. (4-02083)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la presente interrogazione non intende addentrarsi nel sistema di reclutamento nella scuola statale, ma riguarda esclusivamente il valore abilitante dei titoli conclusivi di scuola ed istituto magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001-02 nel contesto della scuola paritaria;
   l'articolo 194, comma 1, e l'articolo 197, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sanciscono, rispettivamente, che: «Al termine del corso di studi della scuola magistrale si sostengono gli esami per il conseguimento del titolo di abilitazione all'insegnamento nelle scuole materne», e che «A conclusione degli studi (...) nell'istituto magistrale si sostiene un esame di maturità, che è esame di Stato e si svolge in unica sessione annuale. Il titolo conseguito nell'esame di maturità a conclusione dei corsi di studio (...) dell'istituto magistrale abilita (...) all'insegnamento nella scuola elementare»;
   l'articolo 15, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323 sancisce che: «I titoli conseguiti nell'esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale iniziati entro l'anno scolastico 1997/98 conservano in via permanente l'attuale valore legale e abilitante all'insegnamento nella scuola elementare»;
   l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 83 del 10 ottobre 2008, stabilisce che: «Ai sensi dell'articolo 1, comma 4-bis, della legge n. 62 del 2000, come modificato dall'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 147 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2007, al personale docente in servizio presso le scuole dell'infanzia paritarie è riconosciuto il valore abilitante all'insegnamento dei titoli di studio di cui all'articolo 334 del decreto legislativo n. 297 del 1994»;
   la circolare ministeriale n. 31 del 2003 – definita dal Ministero come «interpretazione autentica» della legge n. 62 del 2000 con nota prot. n. 3070/A7a del 23 luglio 2004 – al punto 4.1 chiarisce che: «Il personale docente delle scuole paritarie deve essere in possesso della abilitazione prescritta per l'insegnamento impartito, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 4-bis della legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni. Resta salvo altresì il valore abilitante del diploma conseguito entro l'a.s. 2001-2002 a conclusione dei corsi ordinari e sperimentali delle scuole magistrali per l'insegnamento nella scuola dell'infanzia e degli istituti magistrali per l'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare»;
   mai prima d'ora, era stato messo in discussione il valore di abilitazione all'insegnamento dei diplomi magistrale, in quanto né i concorsi per titoli ed esami per la scuola elementare, né i corsi ex decreto ministeriale n. 85 del 2005 hanno mai avuto funzione di abilitazione all'insegnamento, costituendo, i primi, semplice procedura concorsuale per l'arruolamento nelle scuole statali senza finalità abilitanti, i secondi corsi finalizzati esclusivamente all'acquisizione della cosiddetta «idoneità» all'inserimento nelle graduatorie permanenti/ad esaurimento;
   in nessun caso, fino ad oggi, tali concorsi/corsi hanno rappresentato un requisito per l'insegnamento nella scuola paritaria, tant’è che gli stessi non sono nemmeno oggetto di valutazione nelle graduatorie interne di tali scuole, in quanto l'abilitazione è conferita dal diploma stesso;
   la Corte costituzionale, con la sentenza numero 466 del 1997, obiter dictum, ha sostenuto che il diploma magistrale «è in sé abilitante», a prescindere dai concorsi a cattedra;
   il decreto ministeriale n. 249 del 2010 in particolare all'articolo 15, comma 16, istituiva, in prima stesura, «percorsi formativi finalizzati esclusivamente al conseguimento dell’“abilitazione” per la scuola dell'infanzia e per la scuola primaria» riservati ai possessori di diploma magistrale, mettendo in discussione il valore abilitante del titolo sancito dalle Norme primarie e mettendo a rischio l'utilizzo dei titoli nelle scuole paritarie e l'esistenza delle scuole stesse;
   con nota del 29 aprile 2011, protocollo n. 1065, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio in relazione a tale articolo, affermava «Si intende precisare che il dettato del 249/2010 non muta la previgente normativa e fa salvo il valore del titolo conseguito in ordine all'accesso alla terza fascia delle graduatorie di istituto e alla possibilità di ottenere contratti a tempo indeterminato nelle scuole paritarie. Il titolo finale conseguito attraverso il percorso consente invece di poter accedere alla seconda fascia delle graduatorie di istituto»;
   la VII Commissione permanente cultura della Camera dei deputati, nel corso della seduta del 6 febbraio 2013 ha espresso parere favorevole alle modifiche introdotte al decreto ministeriale 249 del 10 settembre 2010, finalizzato all'istituzione dei corsi speciali, a condizione che «sia chiaramente riconosciuto nel provvedimento governativo il pieno valore abilitante dei diplomi di istituto magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001-02»;
   nel recepire tale indicazione, il decreto 25 marzo 2013, n. 81 ha modificato l'articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 del 2010 sostituendo le finalità «abilitanti» dei corsi con «percorsi formativi finalizzati esclusivamente all'acquisizione di titolo valido all'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto destinati ai diplomati che hanno titolo all'insegnamento nella scuola materna e nella scuola elementare ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 10 marzo 1997 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1997» e chiarendo con l'articolo 15, comma 16-ter, che «Resta fermo il valore dei titoli conseguiti entro i termini di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 10 marzo 1997 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 29 luglio 1997 quali titoli di validi ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera g), della legge 10 marzo 2000, n. 62»;
   l'articolo 1, comma 4, lettera g), della legge 10 marzo 2000, n. 62, stabilisce che il personale in servizio nella scuola paritaria sia «dotato di abilitazione» e pertanto appare evidente il riconoscimento esplicito del valore abilitante dei titoli in oggetto e quindi la possibilità per i possessori di esercitare in forma stabile la professione di insegnante nelle scuole paritarie;
   tuttavia, il decreto del direttore generale per il personale scolastico del 25 luglio 2013, discostandosi dalle norme introdotte dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 così come modificato dal decreto 25 marzo 2013, n. 81, attiva corsi «finalizzati al conseguimento dell'abilitazione» riservati ai diplomati magistrale, rimettendo, ancora una volta, in discussione il valore abilitante del titolo e le determinazioni a cui è giunta la VII Commissione Cultura nella seduta del 6 febbraio 2013;
   nella risposta fornita alle interrogazioni presentate dalle onorevoli Coscia e Marzana in data 2 agosto 2013, il Ministro pro tempore richiama nuovamente la funzione «abilitante» dei corsi previsti dal decreto del direttore generale per il personale scolastico del 25 luglio 2013 e riconosce ai diplomati magistrale la sola possibilità di svolgere servizio quali supplenti, senza precisare che i titoli in oggetto permettono di stipulare contratti a tempo indeterminato nelle scuole paritarie e che, quindi, tali corsi non costituiscono requisito per l'insegnamento nella scuola paritaria;
   sono state segnalate ingerenze da parte di alcuni uffici regionali e territoriali nelle procedure di assunzione di docenti nelle scuole paritarie aventi come finalità la persuasione a non confermare i contratti ai docenti in possesso di diploma magistrale ventilando la possibile perdita della parità scolastica;
   gli insegnanti di scuola primaria in possesso di diploma di maturità magistrale rappresentano l'80 per cento del personale docente –:
   se il Ministro non intenda esplicitare con apposita nota chiarificatrice il valore abilitante dei titoli conclusivi di scuola ed istituto magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001-02 quali titoli validi alla stipula di contratti a tempo indeterminato nella scuola paritaria, nonché censurare eventuali comportamenti difformi da parte del personale in servizio negli uffici regionali e territoriali, a garanzia dei diritti acquisiti dagli insegnanti e della stabilità delle scuole paritarie. (3-00360)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANFREDI, MALPEZZI e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi 10 anni sono state tenute numerose conferenze dei presidi delle facoltà di scienze politiche per discutere del problema inerente all'accesso all'insegnamento dei dottori in Scienze Politiche in quanto, ai sensi del decreto ministeriale n. 231 del 1997, (Modifiche e integrazioni al decreto ministeriale 24 novembre 1994, n. 334, concernente un nuovo ordinamento delle classi di abilitazione all'insegnamento e di concorso a cattedre e a posti di insegnante tecnicopratico e di arte applicata nelle scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 1997) la laurea in scienze politiche non è più considerata idonea ai fini dell'insegnamento se conseguita successivamente all'anno accademico 2000/2001 e non dà la possibilità di accedere alle scuole di specializzazione per l'insegnamento;
   il decreto ministeriale n. 231 del 1997 va ad operare una netta discriminazione tra laureati in scienze politiche dello stesso ordinamento. Il decreto, infatti, riconosce ai dottori in scienze politiche del vecchio ordinamento, laureatisi entro l'anno anno accademico 2000/2001, il diritto d'accesso alle classi di concorso: 19/A (discipline giuridiche ed economiche) e 36/A (filosofia, psicologia e scienze dell'educazione). Alla classe 36/A si accede solo a determinate condizioni. Lo stesso nega invece questo diritto ai dottori in scienze politiche che, pur appartenendo al vecchio ordinamento, si sono laureati successivamente all'anno accademico 2000/2001 –:
   se il Ministro, a fronte delle numerose istanze giunte dai presidi delle facoltà di scienze politiche, stia valutando la sussistenza di condizioni affinché i dottori in scienze politiche del vecchio ordinamento, laureatisi successivamente all'anno accademico 2000/2001, possano avere il riconoscimento del diritto di insegnare pur essendosi laureati con il vecchio ordinamento. (4-02077)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.— Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha ricevuto alcune segnalazioni piuttosto gravi riguardanti i test d'ingresso per la facoltà di medicina dell'università di Napoli che si sono tenuti lo scorso 9 settembre 2013;
   in primo luogo, sarebbe necessario svolgere alcune valutazioni in ordine alla opportunità di prevedere il numero chiuso e il conseguente svolgimento di test d'ingresso intorno ai quali sta nascendo un vero e proprio business con particolare riferimento al fiorire di una serie di test di orientamento che non garantiscono l'accesso alla facoltà, ma comportano una lunga serie di spese in capo agli studenti;
   la previsione del numero chiuso, peraltro, non risponde ad alcuna ragione di ordine accademico, ma a ragioni di ordine esclusivamente economico: diminuire gli studenti significa innanzitutto ridurre il corpo docente;
   in particolare, all'interrogante sono giunte reiterate segnalazioni di una pratica particolarmente incresciosa consistente nel far partecipare un candidato «finto e prezzolato» al posto del candidato «reale» sostituendo la fotografia nel documento di riconoscimento, in cambio di alcune decine di migliaia di euro, per superare il test d'ingresso;
   un ulteriore elemento di criticità dei test che si sono svolti poche settimane fa riguarda l'eliminazione del cosiddetto «bonus maturità» e molti studenti minacciano di adire le vie legali per veder tutelato il loro legittimo affidamento;
   inoltre, sempre con riferimento alla prova di quest'anno presso la facoltà di medicina dell'università di Napoli, è stato segnalato che nell'ultima sessione i plichi sarebbero arrivati nelle aule già aperti e gli addetti alla vigilanza, che sarebbero stati dei non vedenti, non avrebbero potuto rendersi conto di questo grave fatto;
   occorre a questo proposito segnalare che, secondo quanto denunciato dall'Unione degli universitari, si sono registrate «gravi irregolarità ad Ancona e Firenze, ma segnalazioni anche per Napoli, Roma, Salerno, Pisa, Catanzaro, Padova e Chieti»;
   ad esempio, all'interrogante sono pervenute segnalazioni di irregolarità concernenti sia la fase dello svolgimento della prova che la successiva fase della correzione. In particolare, tali segnalazioni riguardano l'utilizzo di una serie di espedienti finalizzati a non garantire l'anonimato dei candidati e dei moduli per le risposte, nonché alla disparità di trattamento dei candidati stessi; secondo le dichiarazioni di Michele Orezzi, Coordinatore nazionale dell'UDU, «è assurdo che nella maggior parte dei test, sia stato leso il criterio dell'anonimato facendo mettere agli studenti la carta d'identità sul banco, o addirittura facendo portare una targhetta con nome e cognome sulla maglietta: in quanto concorso pubblico, il test dovrebbe restare completamente anonimo senza possibilità di collegare in nessun istante il nome del candidato con il codice del compito. Lo denunciamo con forza perché è proprio in queste pieghe procedurali che si nascondono le scientifiche irregolarità che alterano i test. Ancora una volta l'ennesima dimostrazione che l'intera procedura non è lineare, tutto a discapito degli studenti, una vera ingiustizia (...) È paradossale che la decisione del Governo per l'abolizione del bonus di maturità arrivi così tardiva quando sono mesi che ripetiamo come l'unica soluzione per risolvere il problema di quel bonus iniquo fosse l'abolizione totale: solo dopo il nostro annuncio di un maxi ricorso contro il bonus il Governo ha fatto un passo indietro. Ma ora bisogna tutelare anche chi verrà penalizzato dal cambio di regole in corsa. È ormai palese a tutti che il numero chiuso non è giusto, non è sensato e non è più sostenibile. La verità è che finché si porranno sbarramenti e blocchi all'accesso all'università continueranno le ingiustizie e quindi continuerà la nostra azione di sindacato studentesco, dalle mobilitazioni ai ricorsi. L'unica possibile via è il definitivo superamento del numero chiuso e speriamo che il Ministro, il Governo e tutto il Parlamento comincino finalmente ad ascoltarci» –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito al principio del «numero chiuso», anche alla luce delle conseguenze sopraesposte;
   se il Governo sia a conoscenza di quanto avvenuto presso l'Ateneo partenopeo in occasione degli ultimi test d'ingresso per la facoltà di medicina e più in generale nelle facoltà segnalate dalla denuncia dall'UDU;
   quali provvedimenti intenda assumere il Ministro per ripristinare la correttezza delle procedure di accesso alle facoltà a numero chiuso, anche valutando concretamente la possibilità di ripetere i test che si rivelassero irregolari. (4-02082)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, RIZZETTO e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo la politica di riorganizzazione degli uffici territoriali finalizzata anche al contenimento della spesa pubblica proposta dal Governo centrale, sembrerebbe che il COT INAIL di Sant'Agata potrebbe essere soppresso ed accorpato ad altre sedi;
   la sede INAIL definita sede INAIL definita COT (Centro operativo territoriale) opera sul territorio del Comune di Sant'Agata dei Goti (BN) ed è competente su un bacino di utenza di quindici Comuni, quali: Airola, Amorosi, Arpaia, Bonea, Bucciano, Dugenta, Durazzano, Forchia, Frasso Telesino, Limatola, Melizzano, Moiano, Paolisi, Puglianello, Sant'Agata de’ Goti;
   i suddetti comuni rappresentano, nel loro complesso, una utenza complessiva di circa 50mila abitanti che oggi hanno la possibilità di usufruire dei servizi del COT INAIL all'interno di un territorio che non supera i 19 chilometri;
   undici dipendenti che assolvono il loro compito quotidianamente nei confronti di cittadini tra i quali è possibile registrare un positivo apprezzamento in termini di qualità dei servizi;
   la soppressione della sede in questione farebbe convogliare i servizi disponibili per questa utenza verso la sede più vicina, ovvero quella di Benevento, con un notevole disagio per i cittadini del suddetto bacino che dovranno affrontare dei veri e propri viaggi fino a 60 chilometri per raggiungere il raggiungere il Capoluogo di Provincia;
   il giorno 8 luglio 2013 con deliberazione di giunta n. 273 il comune di Sant'Agata dei Goti formalizzava la più netta contrarietà ed assoluta disapprovazione per la paventata soppressione del COT INAIL per le seguenti motivazioni:
   il core business dell'INAIL risulta assolutamente coerente con la tipologia di utenza dell'intero bacino caratterizzata da una vasta fetta di soggetti deboli;
   la presenza del COT INAIL è di vitale importanza per un'area territoriale particolarmente disagiata sul fronte logistico;
   la localizzazione del COT INAIL è giustificata dalla naturale confluenza del bacino territoriale di competenza verso l'unica arteria stradale che ben collega i Comuni all'unità operativa;
   un eventuale accorpamento del COT INAIL di Sant'Agata dei Goti da parte delle sedi territoriali di Benevento, Avellino o Caserta recherebbe un innegabile disagio all'utenza in considerazione di un percorso stradale altamente congestionato e di elevata pericolosità;
   l'ampliamento delle funzioni INAIL rendono il COT di Sant'Agata dei Goti sempre più inscindibilmente legato alla struttura ospedaliera del comune stesso, unico riferimento a servizio di una vasta parte del territorio –:
   se, un intervento in merito per avviare una interlocuzione istituzionale diretta con l'ente pubblico a sostegno del mantenimento sul territorio del COT INAIL;
   se sia possibile coinvolgere altre istituzioni pubbliche che abbiano disponibilità di immobili idonei sul territorio comunale;
   quali iniziative intenda adottare per garantire il mantenimento dei livelli minimi occupazionali qualora si decidesse per la chiusura del COT INAIL di Sant'Agata dei Goti a danno delle famiglie che contribuiscono alla crescita del tessuto sociale locale. (5-01141)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARANTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le problematiche dei lavoratori frontalieri, pur essendo legate ad accordi bilaterali fra l'Italia e la Svizzera, hanno una loro specificità;
   la definizione di un nuovo accordo fra l'Italia e la Svizzera comporterà una trattativa la cui conclusione non si sa che esiti e tempi avrà –:
   se il Governo, nelle more di tale trattativa, non ritenga necessario istituire un tavolo tematico, costituito da rappresentanti dei Ministeri interessati (lavoro e politiche sociali, affari esteri, economia e finanze) dalle associazioni sindacali e da una rappresentanza delle istituzioni locali, per affrontare i problemi più urgenti dei frontalieri, come la disoccupazione speciale e il regime fiscale. (4-02072)


   DE MENECH, CRIMÌ, FAMIGLIETTI, DALLAI e BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori operanti nelle organizzazioni della protezione civile in qualità di volontari possono chiedere al proprio datore di lavoro (pubblico e privato) di assentarsi dal lavoro per l'espletamento delle attività di soccorso e di assistenza in occasione di calamità naturali o catastrofi nonché per le attività di addestramento e simulazione;
   i volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano (CAI) hanno diritto ad astenersi dal lavoro nei giorni in cui svolgono le operazioni di soccorso alpino e speleologico o le relative esercitazioni;
   ai volontari che siano lavoratori dipendenti compete l'intero trattamento economico e previdenziale per i giorni di assenza (l'avvenuto impiego del volontario è certificato dal sindaco del comune ove ha operato);
   i volontari che partecipano all'opera di soccorso (effettivamente prestato) hanno diritto:
    al mantenimento del posto di lavoro pubblico o privato;
    al mantenimento del trattamento economico e previdenziale da parte del datore di lavoro pubblico o privato;
    alla copertura assicurativa.;
   tali norme hanno lo scopo di riconoscere e agevolare la grande opera del mondo del volontariato legato al soccorso, colonna portante del sistema di protezione civile italiano;
   con l'approvazione dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, detto «Salva Italia» è entrata in vigore la riforma previdenziale nota come «riforma Fornero» –:
   se corrisponda al vero, così come riportato da alcuni organi di stampa, che a seguito della riforma l'Istituto nazionale per la previdenza sociale non conteggi più nel calcolo pensionistico le giornate in cui i lavoratori sono stati assenti dal lavoro perché impegnati in operazioni di soccorso; in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare per non penalizzare coloro che compiono questa scelta di solidarietà. (4-02076)


   ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza (abbr. IPAB) sono organismi di diritto pubblico istituiti con regio decreto n. 2841 del 1923 che hanno subito numerosi interventi di riforma, da ultimo con il decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207;
   le IPAB hanno racchiuso, dunque, quelle istituzioni pubbliche e/o religiose che hanno tradizionalmente perseguito, già nei secoli scorsi, l'opera di assistenza ai poveri, agli anziani, agli infermi e a quanti versavano in condizioni di difficoltà, da sempre ispirati alla beneficenza, alla carità ed alla filantropia con l'obiettivo di fornire risposte alle diffuse forme di povertà, terreno fertile per il sorgere di iniziative, per lo più confessionali, che si proponevano come unica risposta alla crescente domanda di aiuto;
   pur volendo prescindere dal valore delle IPAB come insito alla loro stessa tradizione, non v’è dubbio alcuno che mai come in questo momento storico il nostro Paese avrebbe avuto necessità di contare su organi di tale fatta, nella loro piena efficienza e nel pieno dispiegamento delle funzioni;
   la più generale odierna precarietà delle condizioni di vita dei cittadini, unita alle carenze degli interventi sociali, avrebbe meritato l'assunzione di impegni precisi, finalizzati alla salvaguardia delle IPAB e del ruolo storicamente da esse svolto, anche alla luce del contingente momento di grave instabilità socio/economica;
   contrariamente a quanto sopra, emergono oggi varie criticità rispetto allo stato di salute finanziaria delle IPAB, le quali provengono da una stagione di «privatizzazioni» che ha in molti casi prodotto speculazioni che hanno condotto al depauperamento dei servizi offerti, nonché all'affiorare di gravi crisi occupazionali per il personale di quel settore;
   esemplificativo è il grave stato di crisi che attanaglia la fondazione Santa Tecla, IPAB che ha ottenuto dalla regione Veneto il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato con decreto del dirigente regionale della direzione Enti locali n. 102 del 17 ottobre 2001 con contestuale trasformazione dell'IPAB «Casa di Ricovero di Este» privatizzata ai sensi delle legge regionale n. 24 del 1993, decreto del dirigente regionale della Direzione dei Servizi Sociali n. 47 del 2001;
   secondo quanto denunciato da varie sigle sindacali, la fondazione Santa Tecla è oggi stretta da una gravissima crisi occupazionale che porterà a brevissimo a licenziamenti di massa, anche a dispetto dell'iniziativa di taluni dipendenti che si erano resi persino disponibili alla stipula di contratti di solidarietà pur di scongiurare la chiusura dell'istituto, laddove esistono viceversa altre possibilità ambigue quali l'esternalizzazione di attività e servizi che allo stato appaiono effettuati senza i dovuti passaggi societari e di comunicazione sindacale;
   è compito delle istituzioni statali vigilare affinché l'esercizio della funzione sociale da sempre garantito dalle IPAB venga salvaguardato e stimolato, ponendo la massima attenzione a modalità, rispondenza e rispetto dei criteri previsti dalla legge ai fini dell'ottenimento dei riconoscimenti regionali che di fatto trasferiscono in mano ai privati la gestione delle IPAB;
   se gli interrogati Ministri, per quanto di competenza, vogliano nell'immediato disporre iniziative in relazione allo stato di crisi occupazionale in seno alla fondazione Santa Tecla;
   se gli interrogati Ministri intendano per quanto di loro competenza porre in essere ogni ulteriore e più generale iniziativa, di carattere normativo, volta a tutelare e rilanciare il ruolo delle IPAB quale strumento di imprescindibile rilevanza sociale nel nostro Paese. (4-02079)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la violenza femminile è un fenomeno sempre più esteso e, ancor più grave, una donna su quattro è tuttora vittima di violenza in gravidanza; la violenza domestica è la seconda causa di morte in questa fase della vita femminile; tutta la letteratura medica internazionale attesta lo stretto legame tra gravidanza e violenza domestica; la «gravidanza violenta» è da considerare a tutti gli effetti «gravidanza a rischio»;
   tutte le istituzioni concordano sull'urgenza di fermare una violenza che tende a replicarsi, una malattia sociale che provoca ripercussioni intergenerazionali con conseguenze negative per la salute, le crescita e il benessere dei figli, ma che ha ripercussioni sociali ed economiche sull'intero sistema sociale;
   la maggior parte dei dati disponibili sulla violenza in gravidanza proviene dagli USA dove già da tempo esiste un'attenta sorveglianza sui danni a breve, medio e lungo termine sulla salute fisica, mentale, sessuale delle donne e sui figli (Women Women's Health Development Development, Family and Reproductive Health, 1996, Violence Against Against., WHO Consultation);
   in Italia il fenomeno è ancora scarsamente monitorato; secondo i dati Istat pubblicati nel documento «La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia» più dell'11 per cento delle donne subisce violenza dal partner in gravidanza; la medesima indagine mostra che il 13,6 per cento di questi abusi inizia in gravidanza; nel 52,5 per cento dei casi la violenza perpetrata in precedenza permane immutata durante la gravidanza, mentre per il 17,2 per cento aumenta (e solo per il 15,9 per cento diminuisce);
   secondo l'Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (AOGOI) per le donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni, la violenza domestica è una delle principali cause di morte in gravidanza, seconda solo all'emorragia; il 30 per cento dei maltrattamenti ha inizio proprio in gravidanza, specie nel secondo e terzo trimestre; un partner «potenzialmente abusante», inizia ad esercitare violenza durante la gravidanza; il partner già abusante aumenta le violenze sulla donna: il 69 per cento delle donne maltrattate prima della gravidanza continua a subire maltrattamenti e nel 13 per cento dei casi si assiste a un intensificarsi e aggravarsi degli episodi (Claudio Mencacci, direttore dipartimento di neuroscienze A.O. Fatebenefratelli – oftalmico, Milano e presidente della Società italiana di psichiatria); la violenza in gravidanza può spingersi fino all'omicidio;
   nelle madri aumentano i rischi di aborto, scarso aumento di peso in gravidanza, parti pretermine (6,5 per cento), rottura d'utero, distacco di placenta, infezioni genito-urinarie, traumatismi (gli esiti da trauma sono la seconda causa di morte), oltre a disturbi psichici, depressione, abuso di fumo (32 per cento vs 12 per cento), sostanze stupefacenti e alcool, tentativi di suicidio, dissociazione durante le procedure mediche;
   ogni volta che una madre viene abusata anche i nascituri ne soffrono; aumentano le nascite di feti morti le nascite di bambini con basso peso neonatale; si modificano alcune aree cerebrali (insula, amigdala); i bambini esposti a violenza domestica mostrano una erosione del telomero che è indice di invecchiamento cellulare (come se fossero bambini più vecchi di 5 anni) (McCrory Current Biology, Volume 21, Issue 23, R947-R948, 2011);
   le gravi conseguenze nei figli sono riscontrabili dalla fase fetale all'età adulta con un 50 per cento di probabilità in più di abusare di alcol e droga, manifesta depressione, difficoltà scolastiche, un rischio 6 volte maggiore di suicidio, più alte probabilità di comportamenti delinquenziali e di essere a loro volta oggetto o soggetto di violenza (V. Dubini, 2008); inoltre la metà dei mariti violenti lo è anche con i figli; il 60 per cento delle mamme di bambini ricoverati per maltrattamento aveva subito violenza dal partner; i figli di uomini violenti hanno una probabilità 6 volte maggiore rispetto agli altri di diventare a loro volta violenti;
   la violenza in gravidanza è un problema globale che solleva questioni riguardanti i servizi sanitari nazionali, la parità dei sessi e i diritti umani; i danni si ripercuotono sull'intero tessuto sociale; la risposta è innanzitutto educativa e formativa, ma i danni sulla salute fisica e psichica che la violenza determina sono prevenibili se si attivano risorse e soluzioni innovative in grado di fermare questo fenomeno;
   l'approvazione rapida e unanime da parte del Parlamento della convenzione di Istanbul, è stato il primo atto della XVII legislatura e, al fine di renderla applicabile, è stato approvato il decreto-legge 93 del 2013 che prevede espressamente, tra le aggravanti, la violenza in gravidanza; il Ministero dell'Interno ha istituito l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), impegnandosi nel contrasto e nella prevenzione della violenza di genere; è stata recentemente istituita una task force interministeriale per fornire una risposta di sistema per rendere gli interventi esistenti più efficaci e per diffondere una cultura educativa e formativa di prevenzione;
   l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) ha realizzato una guida per operatori sanitari, Donne e violenza domestica: diamo voce al silenzio già diffusa negli ospedali lombardi con i «bollini rosa» in 62 strutture premiate per i servizi dedicati alla violenza e che hanno un protocollo di pronto soccorso violenza per la formazione degli operatori sanitari; diversi ospedali che hanno strutturato servizi di assistenza sanitaria, psicologica e sociale;
   per combattere la violenza domestica subita prima, durante e dopo la gravidanza è necessario un processo formativo degli operatori professionali, delle strutture sanitarie coinvolte, un processo politico delle istituzioni che devono pianificare, organizzare e facilitare gli interventi di ciascun operatore; un ruolo importante spetta al medico di assistenza primaria, al ginecologo, al pediatra di libera scelta, ma essi devono interagire con altre figure professionali, enti e associazioni del terzo settore, centri anti-violenza –:
   se il Ministro ritenga opportuno adottare le linee guida indicate dall'organizzazione mondiale della sanità, investendo sulla prevenzione affinché il servizio sanitario nazionale possa offrire una migliore assistenza alle donne vittime di violenza in gravidanza e promuovere secondo le raccomandazioni dell'organizzazione mondiale della sanità, ad alcune pratiche indispensabili, quali:
    a)  formazione obbligatoria del personale sanitario nell'aiutare le vittime di abusi, nel riconoscere le donne che sono a rischio e nel fornire interventi adeguati;
    b) strategie di prevenzione e cura verso la gravide che subiscono violenza: identificazione delle vittime nella fase prenatale, perinatale e postnatale; cure cliniche; interventi negli ambulatori di ginecologia; corsi preparto; visite ginecologiche (40 giorni); percorsi ad hoc nei consultori e nelle associazioni femminili. (5-01137)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOCCUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Plasmon, storica azienda alimentare italiana, ha recentemente reso nota l'intenzione di avviare un piano di ristrutturazione che prevede il licenziamento di 204 dei 946 dipendenti attualmente impiegati negli stabilimenti di Milano, Ozzano (Bologna) e Latina;
   le organizzazioni sindacali – Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uile e Coordinamento RSU – hanno denunciato la gravità delle decisione dell'azienda, sottolineando la mancanza di una prospettiva e di un piano industriale a lungo termine, e nel corso della mobilitazione indetta il 24 settembre 2013 hanno auspicato di poter incontrare al più presto i dirigenti del gruppo Heinz – proprietario del marchio – i quali si sono finora sottratti alle richieste di un incontro chiarificatore;
   i rappresentanti sindacali hanno, infatti, richiamato la necessità di un confronto con l'azienda volto a illustrare i progetti relativi al futuro degli stabilimenti e degli investimenti produttivi di un marchio che rappresenta un pezzo di storia italiana e che dovrebbe essere tutelato e rilanciato; al contrario, tentativi di recupero di competitività ed efficienza sembrano, a parere dell'interrogante, consistere unicamente in una politica di riduzione di costi attuata mediante taglio del personale –:
   se siano al corrente della vicenda esposta in premessa;
   quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di convocare un tavolo di lavoro con i rappresentanti dell'azienda, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni locali volto all'individuazione di soluzioni che consentano di preservare gli attuali livelli di produzione e occupazionali. (5-01136)


   BOCCUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 22 febbraio 2013 Fabrizio Veronese, 56 anni, e Guglielmo Bellan, 53 anni, impiegati nell'azienda rodigina General montaggi industriali, stavano lavorando alla manutenzione della chiusa di Valle Lepri, in una zona prosciugata per permettere lo svolgimento delle operazioni, quando la pressione dell'acqua ha fatto cedere una paratia, sommergendoli;
   con il cedimento della paratia, i due uomini sono stati travolti da un'ondata d'acqua che li ha sommersi e spinti all'interno di un cunicolo;
   i due colleghi erano da soli sul posto e non ci sono testimonianze di quanto accaduto, che è stato tuttavia possibile verificare dalle telecamere a circuito chiuso. L'allarme è stato dato dai famigliari, preoccupati nel non vederli tornare a casa in serata;
   per l'inizio delle ricerche sono state predisposte due idrovore, per svuotare almeno parzialmente la sezione della chiusa e facilitare la ricerca dei corpi, rinvenuti dai sommozzatori dei vigili del fuoco;
   al dramma per quanto accaduto, si aggiunge l'iniziativa (avvenuta sabato 14 settembre) ad avviso dell'interrogante quantomeno indelicata e poco rispettosa del dolore dei familiari delle vittime da parte de Il Resto del Carlino di pubblicare il video choc delle telecamere a circuito chiuso della morte dei due operai. Tale video è stato in seguito rimosso dalla testata, ma ciò non ha impedito a Tgcom 24 (gruppo Mediaset di mandarlo in onda in tv) e di pubblicarlo persino sulla pagina web;
   successivamente, il video è stato pubblicato anche su liberoquotidiano.it, su alTaritaliani.it, sul corriere.it, sul gazzettino.it, su video.leggo.it, su varesenews.it;
   a parere dell'interrogante, le suddette testate hanno travisato il diritto di cronaca, rovesciandone il senso ed il fine, trasformandolo in un momento di inutile ed irrispettosa spettacolarizzazione della tragedia, senza alcun riguardo per la dignità delle vittime e per il dolore delle famiglie dei due operai;
   le disposizioni del contratto di servizio con la concessionaria pubblica ancora in vigore prevedono all'articolo 4, comma 4: «La Rai è tenuta ad improntare la propria programmazione di informazione e approfondimento generale ai principi di imparzialità, completezza e correttezza, nel rispetto della dignità e della privacy delle persone e ad assicurare comunque un contraddittorio adeguato, effettivo e leale» –:
   quali iniziative intenda assumere per addivenire, anche attraverso la costituzione di un apposita sede di confronto tra le diverse amministrazioni pubbliche competenti e i rappresentanti di tutti i principali organi di informazione, per il rafforzamento dei codici di comportamento al fine di prevenire forme di informazione che possano anche indirettamente compromettere la dignità e la privacy delle persone, così come previsto per la concessionaria pubblica. (5-01146)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Tofalo n. 4-01186, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Di Maio.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Centemero n. 5-00873 del 7 agosto 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00360.