Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 27 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    nella notte del 23 settembre 2013, Generali, Mediobanca ed Intesa Sanpaolo hanno raggiunto un accordo con Telefonica per la cessione a quest'ultima delle loro quote in Telco. L'operazione permetterebbe al gestore spagnolo di portare dal 46 al 66 per cento la sua partecipazione nella holding che controlla il 22,4 per cento di Telecom Italia, con un'opzione per un ulteriore incremento fino al 70 per cento nel breve periodo per poi arrivare al 100 per cento a partire da gennaio 2014 in caso di approvazione da parte delle autorità Antitrust In virtù del sistema societario in cui è inserita, Telecom Italia passerebbe, nel caso di attuazione del citato accordo, sotto il controllo spagnolo. In sostanza, con appena 324 milioni di euro la Spagna ha acquisito il controllo di Telecom Italia, il colosso italiano delle telecomunicazioni che fattura 30 miliardi di euro all'anno, occupa 82.000 dipendenti possiede la rete nazionale delle telecomunicazioni e gestisce i dati sensibili delle procure di tutto il Paese, ivi comprese le intercettazioni telefoniche;
    paradossalmente, sempre nello stesso giorno del 23 settembre 2013, lo stesso destino sembrerebbe toccare anche la compagni e di bandiera Alitalia, quando comincia a circolare la notizia di una possibile vendita di Alitalia ai francesi tramite la compagnia aerea Air France;
    il pericolo è, inoltre, che con un debito pubblico che presumibilmente potrebbe arrivare a oltre il 130 per cento del Prodotto interno lordo, lo Stato possa decidere di cedere altri gangli nevralgici del Paese sotto il profilo tecnologico e del know how, quali ad esempio gli asset civili di Finmeccanica a partire da AnsaldoBreda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e BredaMenarini all'azienda coreana Doosan, come per altro emerge da numerosi articoli pubblicati dalla stampa nazionale;
    in questi ultimi anni alcune della maggiori industrie italiane sono state cedute di fatto a proprietà straniere: non solo i grandi marchi della moda e del lusso da sempre espressione del nostro made in Italy (da Bulgari a Loro Piana, da Valentino a Ferré), ma anche il settore alimentare (Dall'Orzo Bimbo agli spumanti Gancia, dai salumi Fiorucci alla Parmalat, dalla Star al Riso Scotti, fino al vino Chianti nel cuore della Docg del Gallo Nero, diventata proprietà di un imprenditore cinese; sono molti e di prestigio, infatti, i marchi storici dell'agroalimentare italiano finiti in mani straniere, per un valore complessivo, dall'inizio della crisi ad oggi, di circa 10 miliardi di euro) e la meccanica (Ducati);
    ma assistere oggi alla cessione, svendita o possibile trasferimento di aziende centrali non solo per il loro portato economico in termini occupazionali e di sviluppo di indotto, ma anche strategiche per gli interessi nazionali, come Telecom Italia, Alitalia e Finmeccanica appare di eccezionale gravità perché in nessuno Stato del mondo settori di comunicazione, trasporti o difesa sono mai stati abbandonati in nome del mercato e perché questo dimostrerebbe la totale resa da parte dell'Esecutivo rispetto alla fase di deindustrializzazione che sta attraversando il nostro Paese;
    detta fase di deindustrializzazione è del resto evidenziata anche dal «Rapporto sulla Competitività» presentato recentemente dalla Commissione dell'Unione Europea a Bruxelles: «Rapporto» da dove emerge con tutta evidenza che l'Italia è l'unico Paese dell'Eurozona che, insieme alla Finlandia, ha peggiorato la propria produttività, venendo superata anche dalla Spagna;
    a fronte di tale annosa situazione l'attuale Governo non sembra avere una posizione chiara rispetto al futuro degli asset strategici dell'economia del nostro Paese, a partire innanzitutto da quelli controllati direttamente dallo Stato come nel caso di Finmeccanica; e soprattutto, non è chiaro come intenda usare gli strumenti necessari, ivi compreso l'intervento del Fondo strategico Italia della Cassa depositi e prestiti che attualmente dispone di circa 7 miliardi di euro, al fine di preservare e rilanciare il nostro patrimonio industriale e non certo avallare nuove ipotesi di cessione industriale svolgendo le mere funzioni di un fondo di garanzia;
    la cessione di Telecom Italia o la possibile vendita o spacchettamento di Alitalia e di Finmeccanica mettono a rischio la tradizione e l'intero know how italiani, ormai svenduti al miglior offerente già in passato in numerosi altri casi di produzione industriale;
    sotto tale profilo non si comprendono i motivi per i quali l'Esecutivo non abbia ancora attuato l'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 convertito, con modificazioni, della legge 11 maggio 2012 n. 56 recante: «Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni»;
    si tratta del cosiddetto golden power di cui, appunto, mancano i provvedimenti regolamentari di attuazione e senza tali provvedimenti il Governo non puo esercitare i poteri speciali ivi previsti per tutelare l'interesse nazionale, come ad esempio imporre agli acquirenti condizioni di investimento o sul mantenimento dei presidi industriali, in caso di passaggio di proprietà straniera di importanti aziende italiane come Telecom, ma anche di Alitalia e le imprese con il marchio Ansaldo del gruppo Finmeccanica;
    nell'ipotesi specifica di Telecom, poi, non si capiscono i motivi per i quali il Governo indugi nell'accelerare ed attivare le procedure di scorporo della rete che, come ampiamente sottolineato nei giorni scorsi dal Viceministro Catricala: può essere ottenuto «con qualsiasi mezzo, anche con lo strumento legislativo... le ragioni dello Stato vengono prima di tutto. Tutela della rete e investimenti da subito, dovranno essere confermati e aumentati perché la società è più forte»;

    Sinistra ecologia e liberta, come già chiaramente esplicitato in numerosissimi atti parlamentari precedenti come da ultimo l'interrogazione a risposta immediata in assemblea n. 3-00337, nonché nell'ambito della mozione sulla crisi del settore manifatturiero n. 1-00164, è completamente contraria a qualsiasi processo di depotenziamento e alienazione della tecnologia che si potrebbe verificare attraverso la cessione degli asset civili di Finmeccanica ai diretti concorrenti internazionali, ma anche alla possibile svendita della compagnia di bandiera Alitalia ad Air France, come del resto evidenziato nell'ambito dell'interpellanza urgente n. 2-00227,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni atto di competenza diretto ad attuare l'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 convertito con modificazioni nella legge 11 maggio 2012 n. 56 in maniera tale da esercitare i poteri speciali che per legge gli competono per tutelare l'interesse nazionale in caso di passaggio di proprietà straniera di importanti aziende italiane come Telecom, ma anche nella denegata ipotesi di cessione di Alitalia o di imprese con il marchio Ansaldo del Gruppo Fin meccanica;

   ad attivare ed accelerare le procedure di scorporo della rete Telecom per salvaguardare un asset strategico per il nostro Paese, garantendo il controllo nazionale dell'infrastruttura di rete e i posti di lavoro della più importante compagnia telefonica del Paese;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato ad evitare che la compagnia di bandiera Alitalia compagnia aerea italiana spa venga di fatto «svenduta» ad Air France o che la stessa fallisca, con danno enorme per i lavoratori e i cittadini venendo trasformata in un vettore regionale e, quindi, con grave nocumento per il sistema economico italiano;
   ad arrestare, nella qualità di azionista di riferimento di Finmeccanica, ogni possibile cessione degli asset civili di Finmeccanica a partire da AnsaldoBreda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e BredaMenarini e più in generale ad arrestare qualsiasi cessione della quota di controllo, diretta o indiretta, immediata o differita o trasferita, di società appartenenti o controllate dal Gruppo Finmeccanica stessa;
   ad avviare una strategia volta alla conclusione di partnership con imprese industriali complementari realmente operanti nel sistema competitivo globale dell'alta tecnologia e diverse da Doosan, conglomerata equivalente per dimensione a Finmeccanica – che, in ogni caso, non rappresenta una conglomerata – ma estranea al cosiddetto oligopolio dell'alta tecnologia;
   a ridurre alla maggioranza relativa la quota azionaria di Finmeccanica in tutte le società del gruppo generalizzando il modello di Ansaldo Sts (Finmeccanica 40 per cento in tutte le societa attraverso a) o a quotazione (come e possibile farlo per Agusta Westland); b) o attraverso una drastica riorganizzazione che consenta una successiva quotazione o la conclusione di accordi di partenariato (come quelli vigenti in Ansaldo Energia e in Atr) c) o attraverso attraverso la ricerca immediata di partner complementari nel settore dei sistemi di difesa (Oto, WASS);

   ad avviare una riorganizzazione che investa in profondità Ansaldo Breda, Selex ES, Alenia Aermacchi al fine di ottenere un deciso incremento di competitività arricchendo il loro portafoglio tecnologie e prodotti e internazionalizzando il loro capitale umano e direzionale;

   ad intraprendere un progetto volto all'integrazione finanziaria di Finmeccanica e Fintecna in una sola holding industriale dell'alta tecnologia cui attribuire la maggioranza relativa, la gestione e lo sviluppo di Fincantieri, società equivalente per dimensione alla somma di Sts e Energia ma inferiore per risultati economici e prospettive strategiche;

   a porre in essere, sempre con riferimento a Finmeccanica, ogni strategia e sviluppo di progettazione e riorganizzazione come quelle poc'anzi citate al fine di consentire di evidenziare le eventuali perdite ancora non esibite, di ridurre il debito, di affrontare i necessari investimenti d'innovazione tecnologica, di progettare l'acquisizione di nuove società nei settori in sviluppo, di restituire alla nuova holding la reputazione e il rango internazionale persi nell'ultimo triennio.
(1-00196) «Airaudo, Migliore, Ferrara, Boccadutri, Di Salvo, Quaranta, Lacquaniti, Aiello, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dal sito Repubblica.it in data 26 settembre, nel corso di un'intervista alla trasmissione La Zanzara di Radio 24 del 25 settembre Guido Barilla, presidente della multinazionale Barilla, rispondendo ad una domanda dei giornalisti sul perché non fanno spot con famiglie gay ha risposto che «Noi abbiamo una cultura vagamente differente. Per noi il concetto di famiglia sacrale rimane uno dei valori fondamentali dell'azienda. La nostra è una famiglia tradizionale. Se ai gay piace la nostra pasta e la comunicazione che facciamo mangeranno la nostra pasta, se non piace faranno a meno di mangiarla e ne mangeranno un'altra. Ma uno non può piacere sempre a tutti per non dispiacere a nessuno. Non farei uno spot con una famiglia omosessuale, ma non per mancanza di rispetto verso gli omosessuali che hanno il diritto di fare quello che vogliono senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia a cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica»;
   le imprese — e chi le rappresenta — hanno una responsabilità sociale che deve renderle rispettose, attente e sensibili ai mutamenti della società, ai consumatori tra cui ci sono anche le persone e le famiglie omosessuali, ai propri dipendenti tra cui, ancora una volta, ci sono anche le persone omosessuali, che contribuiscono alla sua fortuna economica con il loro lavoro;
   il pensiero e le credenze sulle famiglie omosessuali del privato cittadino signor Guido Barilla, che dispiacciono, ma poco interessano, non possono sovrapporsi alla mission di un'azienda che non può non essere plurale e inclusiva;
   sulla rete e nei social network c’è stata una vivace protesta nei confronti delle dichiarazioni di Guido Barilla e le associazioni lgbt hanno reagito promuovendo un'azione di boicottaggio nei confronti dei prodotti della holding Barilla –:
   se il Ministro non ritenga di adottare delle linee guida, sentite le organizzazioni di categoria, che valorizzando il ruolo sociale delle imprese chiedano loro la promozione di tutte le minoranze, anche quella rappresentata dalle persone omosessuali e dalle loro famiglie. (4-01983)


   CIVATI e CAUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la necessità crescente di contenere i costi e valutare se vi siano sprechi o inefficienze della pubblica amministrazione — e di quale entità — impone di approfondire la conoscenza della struttura più profonda della spesa pubblica italiana;
   tale premessa è tanto più importante in un Paese, come l'Italia, in cui il debito pubblico è elevatissimo e dunque i margini di manovra per modulare lo stato sociale risultano stretti, poiché è sempre più necessario che gli interventi siano mirati ed efficienti nonché che l'azione dell'apparato statale sia efficace nel suo complesso;
   a questa ineludibile necessità si affianca il bisogno di possedere dati disaggregati relativi alle spese del comparto pubblico ovvero dati conoscibili e rielaborati in maniera organica, in modo da consentire ai cittadini e al Parlamento di apprezzare la reale entità delle spese;
   sotto quest'ultimo profilo infatti, è necessario potenziare la funzione di controllo del Parlamento stesso rendendolo in grado di richiedere e ottenere dei dati che gli consentano, in generale, di valutare l'azione del Governo e l'implementazione delle politiche pubbliche, nonché, in specifico nel nostro caso, l'impiego delle risorse nei diversi comparti della pubblica amministrazione –:
   al fine di approfondire la struttura profonda della spesa a carico della pubblica amministrazione italiana, se intenda rendere noti i dati relativi all'ammontare e alle distribuzioni delle frequenze percentuali — prodotti a livello dei singoli comparti individuati sotto, organizzati per adeguati intervalli riferiti ai livelli assoluti e, se possibile, ai singoli percentili — delle retribuzioni o emolumenti a carico delle pubbliche finanze di tutte le persone fisiche che li ricevano in ragione di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo con i seguenti comparti della pubblica amministrazione individuati nella conto annuale della ragioneria generale dello Stato: Ministeri; Agenzie fiscali; Presidenza del Consiglio dei ministri; Corte costituzionale, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro; vigili del fuoco; scuola; Istituzioni di alta formazione artistica e musicale (AFAM); Corpi di polizia; Forze armate; magistratura; diplomatici; carriera prefettizia; carriera penitenziaria; servizio sanitario nazionale; enti pubblici non economici; enti di ricerca; regioni, nel rispetto della loro autonomia organizzativa; enti locali; regioni a statuto speciale e province autonome, nel rispetto della, loro autonomia organizzativa; università; autorità indipendenti; enti ex articolo 70 decreto legislativo n. 165 del 2001; enti ex articolo 60, terzo comma, decreto legislativo n. 165 del 2001. (4-01987)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2013, la rivista «Tempi» ha pubblicato un articolo sulla presenza di residenti italiani, cittadini e non, fra le fila della resistenza siriana al Governo di Bashar al Assad;
   questo articolo che interrogante condivide in toto descrive ed analizza la presenza di jihadisti italiani, cittadini e/o immigrati di religione islamica;
   l'articolo merita di essere riportato fedelmente nella presente interrogazione: «Quando, parecchi mesi fa, sulla stampa venne fuori la foto di Haisam Sakhanh e di Ammar Bacha, due siriani residenti da lungo tempo in provincia di Milano, in tenuta da combattimento in un'imprecisata località del loro paese d'origine, le reazioni del Coordinamento siriani liberi di Milano, di cui i due sono esponenti, furono spavalde. “Non abbiamo nulla da nascondere”, risposero dall'organizzazione. “Combattiamo per la libertà”. Un imbarazzato silenzio ha invece fatto seguito, una decina di giorni fa, alla diffusione della notizia secondo cui uno dei sette ribelli che in un filmato proposto dal sito del New York Times sparano alla schiena (coperta di lividi ed ematomi) di sette soldati nudi inginocchiati con la testa al suolo sarebbe proprio Haisam Sakhanh, ora noto col nome di battaglia di Abu Omar. Un conto è presentarsi come coraggiosi partigiani che combattono una dittatura accusata di gravi crimini, un altro violare sotto gli occhi delle telecamere le convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra. Soprattutto in un momento in cui il regime di Damasco è sotto processo a livello internazionale per l'uso, di armi chimiche, ma anche i ribelli sono nel mirino della critica per il moltiplicarsi di testimonianze relative a violazioni dei diritti umani da parte loro e al loro estremismo politico-ideologico. Inoltre Ammar Bacha, compagno d'armi e amico fraterno di Haisam Sakhanh, non è uno qualunque: notoriamente è il fidanzato di una delle figlie di Nour Dachan, presidente emerito dell'Ucoii, l'organizzazione dei musulmani italiani e residenti in Italia legata ideologicamente e organizzativamente ai Fratelli Musulmani. A tre mesi dalla notizia della morte di Ibrahim Giuliano Delnevo, il 23enne genovese divenuto estremista islamico e ucciso in Siria mentre combatteva con jihadisti ceceni, la questione dei volontari – siriani residenti in Italia e italiani convertiti all'islam – che partono dal nostro paese per dare manforte ai ribelli è ancora avvolta nel mistero. Foad Aodi, palestinese presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, in un'intervista aveva parlato di una cinquantina di elementi, pochissimi dei quali nativi italiani. Fonti investigative lasciano trapelare l'esistenza di almeno due jihadisti italiani in azione in Siria, uno originario di Bologna e l'altro di una non specificata località della Toscana. Per mettere insieme qualche notizia e qualche nome sui ribelli siriani di provenienza italiana e sulla radicalizzazione della loro ideologia politico-religiosa è sufficiente navigare sulle pagine Facebook di Haisam detto Abu Omar (la pagina si chiama Haisam Siria) e di Amar Bacha. Il primo è ritratto con armi sempre diverse: fucili lanciagranate, kalashnikov, Fai belgi, Dragunov russi. E gli slogan che appaiono in bacheca non lasciano dubbi sull'orientamento ideologico del soggetto e dei suoi sostenitori: “La democrazia è nata in Francia, è morta in Egitto (allusione alla nascita dell'islamismo attraverso i Fratelli Musulmani, ndr) e sarà riseppellita in Siria”; “Aleppo sarà il cimitero degli alawiti, nipoti delle scimmie” (il regime di Assad è considerato alawita, e l'insulto li parifica agli ebrei, in un detto di Maometto definiti “fratelli delle scimmie”); “Il mio piede schiaccia gli alawiti – Dobbiamo bruciare gli alawiti”. Alcuni dei messaggi sono contrassegnati da due bandiere incrociate, una bianca e una nera, con la scritta “Per il califfato secondo la via di Maometto”: un simbolo usato da gruppi affiliati ad al Qaeda. Una foto mostra altri 2 siriani residenti in Italia che hanno combattuto in Siria. L'immagine ritrae, insieme ad Abu Omar e Ammar Bacha, i fratelli Manaf e Anter Chaddad. Tutti e 4 residenti a Cologno Monzese (MI) che ora rischia di apparire come la capitale dei jihadisti siriani in Italia. Che pare usino riunirsi in un bar gestito da cinesi in corso Roma»;
   a giudizio dell'interrogante un serio intervento dei nostri servizi e delle nostre forze di polizia è urgente ed indifferibile –:
   quali iniziative intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-01996)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ, PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO e LOREFICE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato in presso alcuni civici di via Campazzino, (coperture che disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia locale, l'asl e l'arpa;
   sono stati censiti diversi scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, anche questi accertati da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del 22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni;
   la sorveglianza risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente numero di guardie ecologiche o pattuglie delle polizia locale per impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge;
   i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit della stessa via;
   da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e Via Campazzino, con continui interventi di Amsa;
   esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10mila metri quadrati, una grande discarica abusiva comprendente materiali come lastre di eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive;
   tale discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non
agricoli –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel sottosuolo della zona interessata e di quali elementi disponga in merito all'effettuazione delle bonifiche necessarie al recupero dell'area;
   se intenda predisporre, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica e un'analisi complessiva e distinta delle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo. (5-01095)

Interrogazione a risposta scritta:


   TOFALO, BUSTO, PARENTELA, SIBILIA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, LUIGI GALLO, NICOLA BIANCHI, DE ROSA e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la tutela dell'ambiente, della salute e del paesaggio sono diritti costituzionali sanciti dall'articolo 9 e dall'articolo 32 della Carta costituzionale italiana;
   gli elaborati del progetto ARCADIS «grande progetto fiume Sarno» per il riassetto idrogeologico del fiume Sarno prevedono tutta una serie di lavori o rifacimenti di argini riguardanti varie tratte dello stesso fiume;
   nello specifico, le vasche di laminazione progettate («grande progetto fiume
Sarno»), analizzate caso per caso, rappresentano un grave scempio per il territorio, per le falde acquifere e per le attività produttive agricole attualmente presenti, che attualmente producono culture agrarie ad alto reddito prodotte in serra (in località Vetice, senza alcun pericolo di esondazioni, né con un tasso d'inquinamento delle acque rilevante, è prevista un'area ad espansione controllata di 32 ettari); e queste terre saranno sottratte a produttori diretti;
   le vasche di laminazione per il controllo delle esondazioni provocherebbero la creazione di melma tossica dal ristagno di acqua non pulita provenienti dai fiumi più inquinati d'Europa – Solofrana e Cavatola –, così come specificato da vari rapporti dell'O.M.S. e dell'ARPAC, comportando un grave pericolo per la salute dei cittadini –:
   occorre rispettare le norme a tutela e salvaguardia dell'ambiente colpendo chi realmente inquina sversando continuamente e senza alcun controllo nel bacino idrografico del Sarno;
   sarebbe opportuno destinare queste risorse finanziarie nel completamento della rete fognaria in tutta la zona del bacino idrografico del Sarno –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione al progetto di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere anche nel quadro degli interventi finalizzati al definitivo superamento dello stato di criticità socio-economico ambientale nel bacino idrografico del fiume Sarno. (4-01997)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   il Forum universale delle culture è un evento culturale internazionale promosso dall'Unesco ogni tre anni. L'evento è organizzato dalla Forum Foundation;
   sulla base di articoli di stampa e segnalazioni di cittadini, l'interrogante è in grado di ricostruire le tappe che hanno contrassegnato e stanno contrassegnando la controversa vicenda dell'organizzazione del Forum 2013 nella città di Napoli;
   l'assessore pro tempore al comune di Napoli Nicola Oddati ottenne dalla fondazione Forum di Barcellona (titolare del marchio patrocinato dall'Unesco) nel 2006 la candidatura del capoluogo campano ad ospitare l'edizione del 2013 e nel 2007 la città si aggiudicò l'organizzazione dell'evento;
   tale assegnazione fu accolta con grande entusiasmo sia dai Governi centrali (sia l'esecutivo Prodi che quello Berlusconi definirono l'evento come «fondamentale per tutta l'Italia») che dalle amministrazioni locali. L'assessore Oddati dichiarò che si trattava di un «successo strepitoso», che avrebbe condotto all'organizzazione di «101 giorni di eventi nei quali sono attesi 4 milioni di turisti». In effetti, nelle edizioni passate in Messico e Cile, il Forum è stato un incredibile trampolino di lancio per le economie locali;
   nei mesi successivi la politica cominciò a promettere stanziamenti clamorosi: la regione Campania parlò di 500 milioni per le infrastrutture, il Ministro per i beni culturali dell'epoca Francesco Rutelli ipotizzò lo stanziamento di 150 milioni di euro;
   nel frattempo nacque presso il comune di Napoli una unità di progetto che affidò ad esperti ed artisti progetti (chiaramente onerosi): vengono prodotti video pubblicitari, delegazioni di assessori e collaboratori vanno in missione in Spagna, il presidente della regione Bassolino e il sindaco Iervolino organizzano un «road show» a New York per presentare l'evento negli Stati Uniti; nel 2010 vengono stanziate centinaia di migliaia di euro per inviare una adeguata delegazione a Valparaiso: il Teatro San Carlo, il Museo archeologico di Ercolano e associazioni varie aspettano da allora i soldi spesi per gli spettacoli «portati» oltreoceano. Il Presidente del Consiglio Berlusconi ipotizza il coinvolgimento di Guido Bertolaso da lui ritenuto il risolutore della calamità della spazzatura;
   la Fondazione napoletana, partecipata al 50 per cento da regione e comune, nasce nel febbraio 2010 e viene immediatamente lottizzata dai partiti: Oddati ne diventa presidente, nel consiglio di amministrazione vengono insediati due ex consiglieri comunali, mentre lo storico portavoce di Antonio Bassolino, Mario Bologna, diventa direttore generale con un compenso di oltre 150.000 euro annui;
   le motivazioni che hanno condotto ad optare per la realizzazione di un ente di scopo (la Fondazione) anziché, come accaduto inizialmente, una struttura interna al comune, sono, nell'opinione dell'interrogante, essenzialmente due: in primis quella di soddisfare le istanze di gestione e/o controllo di tutte le istituzioni che a vario titolo si apprestavano a partecipare alla ripartizione dei fondi. In secondo luogo, quello di disporre di uno strumento operativo che si prestasse ad una gestione più «snella» e che in qualche maniera potesse consentire elusioni dei protocolli amministrativi di spesa che viceversa vigono nelle amministrazioni pubbliche. In particolare, l'obiettivo era la sottrazione dell'operazione al controllo della Corte dei conti, senza considerare che la Fondazione, in quanto «organismo pubblico», soggiace agli stessi adempimenti di una qualsiasi amministrazione statale;
   tra il 2010 e il 2011 le amministrazioni regionale e comunale di centrosinistra vengono sconfitte e il nuovo presidente della regione Caldoro e il nuovo sindaco De Magistris nell'ottobre 2011 attuano lo spoil system: il sindaco rimuove Oddati e chiama il cantante Roberto Vecchioni. A due anni di distanza dallo svolgimento del Forum non sono stati definiti né finanziamenti, né programmi. Nel frattempo Roberto Vecchioni, a causa delle polemiche relative al suo incarico, rinuncia alla proposta;
   il sindaco De Magistris designa come nuovo presidente il professor Sergio Marotta, che però rimane presidente in pectore per nove lunghi e travagliati mesi, durante i quali arriva il commissario Puca e si dimettono prima il direttore generale appena nominato, l'ambasciatore Francesco Caruso (che accomiattandosi dichiarò: «Il Forum è un cortile, che pena per Napoli, che vergogna per tutti»), poi l'artista Peppe Barra, che era nel comitato scientifico, ma del quale si sono perse presto le tracce;
   infine, negli ultimi mesi si è registrato il caso del fratello del sindaco, Claudio De Magistris, superconsulente del Comune a titolo gratuito, che sia il sindaco che l'assessore Daniele sponsorizzano come direttore artistico, in questo caso con stipendio annesso. Tuttavia, le sferzanti polemiche costringono il Comune ad una marcia indietro e all'assunzione del boliviano Neumann, che però lo scorso 5 settembre rinunzia all'incarico;
   il commissariamento si è reso necessario dal momento che sono state effettuate spese in assenza di coerenti coperture finanziarie e ciò ha generato a carico della Fondazione l'accumulo di una situazione debitoria tale da pregiudicare, di fatto, la successiva destinazione della quota più consistente dei fondi che avrebbero dovuto arrivare per la realizzazione dell'evento;
   ad oggi, secondo le dichiarazioni del commissario Puca (il quale ha una retribuzione di 2.500 euro lordi al mese), «non solo non c’è il direttore artistico, ma manca la convenzione tra Fondazione e Comune necessaria a sbloccare i finanziamenti. Senza firma io non posso andare in banca a negoziare un prestito». In realtà, non è il solo problema: se i 16 milioni infine promessi arrivassero, la fetta più grande (gli 11 in capo al comune di Napoli) rischiano di essere prosciugati dai creditori, cioè musei, professori di liceo, fondazioni, partite IVA e fornitori che negli anni scorsi hanno lavorato a progetti del Forum e che sono, come dichiara il commissario, «rimasti appesi». Pare, inoltre, che il commissario, per evitare pignoramenti, abbia costruito un trust, ma che la regione non lo voglia utilizzare;
   così, come si apprende da fonti di stampa, «tra stanziamenti ridotti al lumicino, amministrazioni che si fanno la guerra, uso folle dei denari comunitari, debiti milionari e misteriose schede tecniche sugli eventi che l'assessore Daniele vuole tenere segrete (sappiamo che i quartieri indicati per gli eventi sono il centro storico, Forcella, la Mostra d'Oltremare e piazza Mercato), dall'estero ci guardano sbigottiti, come fossimo dei mentecatti. I soci della Fondazione Forum di Barcellona per ora hanno avuto pietà e ci hanno concesso un maxisconto di tre milioni per l'uso del marchio. Non è detto, però, che tra qualche mese – nel caso l'evento seriale s'interrompesse e Napoli distruggesse l'immagine del format – non chiedano un megarisarcimento»;
   infatti, in questi giorni mentre ci dovremmo trovare alla vigilia dell'inaugurazione del «Forum universale delle culture 2013» di Napoli e la macchina organizzativa dovrebbe essere a pieno regime, la task force è ospitata in una stanza del museo Pan e si compone di quattro persone prive addirittura – secondo quanto risulta da fonti di stampa – delle minime strutture informatiche che sarebbero più volte state rubate da ignoti;
   il commissario della Fondazione, Puca, ha dichiarato alla stampa: «A che punto siamo? A zero. Nessun programma, nessun progetto, nemmeno un soldo in cassa. In compenso la Fondazione ha già contratto debiti per circa 6 milioni di euro, qui ci protestano tutto! (...) Ho chiesto persino che i tre dipendenti vengano riassegnati ad altro incarico, visto che non hanno niente da fare. Sa qual è la verità: mi hanno dato le chiavi di un'automobile, ma prima che io salissi mi hanno levato il motore»;
   quelle che sembrano dichiarazioni al limite del satirico corrisponderebbero alla realtà dei fatti: il Forum che dovrebbe animare la città è solo un fantasma: a pochi giorni dalla «inaugurazione» il numero di telefono della Fondazione risulta staccato; la sede legale, all'ex asilo Filangieri, è chiusa (dal comune parlano di «lavori di manutenzione»); il sito internet della fondazione non esiste (è anche questo «in manutenzione»); il direttore artistico non è stato ancora nominato: in quattro anni sono stati bruciati cinque candidati e l'ultimo – il sopracitato boliviano Neumann – dopo aver studiato bene le carte ha deciso di rinunciare consigliando agli amici napoletani di «cancellare il Forum» al fine di evitare figure meschine davanti al resto del Pianeta; non è chiaro quando sarà l'inaugurazione: si parlava del 23 o 24 settembre, ma la portavoce del sindaco De Magistris – annunciando genericamente un prologo del Forum in occasione delle feste per l'anniversario delle Quattro giornate di Napoli e il posticipo tra ottobre e novembre di un più volte annunciato concerto con il maestro Morricone – sostiene che la data inaugurale deve essere concertata con la regione, il governo, la Fondazione di Barcellona titolare del format, il sindaco di Barcellona e il Ministro per i beni e le attività culturali;
   alla luce di quanto esposto, è opinione dell'interrogante che la vicenda del Forum delle culture 2013 si erga a paradigma drammaticamente rappresentativo di una modalità clientelare di gestione delle risorse pubbliche; di un sistema di asservimento strumentale agli interessi di parte di strutture, funzioni, enti di scopo e, addirittura, intere porzioni di pubblica amministrazione. Peraltro, detta vicenda dimostra altresì la impropria frammentazione della filiera amministrativa di gestione dei finanziamenti comunitari, strutturalmente e sistematicamente asservita all'incoerente perseguimento di obbiettivi particolaristici, a discapito della pubblica utilità –:
   quali ulteriori elementi il Governo sia in grado di fornire all'interrogante sulla clamorosa e scandalosa vicenda e quale sia l'opinione del Ministro in merito;
   se il Governo non ritenga opportuno, doveroso e urgente attivare tutti i poteri in suo possesso per cercare di porre in qualche modo rimedio alla colossale «figuraccia» internazionale cui l'Italia sembrerebbe andare incontro anche segnalando, ove ne sussistano i presupposti, le eventuali responsabilità ai soggetti competenti;
   se il Ministro degli affari esteri non ritenga di dover intervenire per cercare di evitare che le vicende illustrate creino ulteriore documento alla credibilità internazionale del nostro Paese.
(2-00232) «Luigi Di Maio, Colonnese, Tofalo, Luigi Gallo, Fico, Sibilia, Silvia Giordano, Micillo, Pisano».

Interrogazione a risposta scritta:


   MONGIELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il territorio settentrionale della Puglia è storicamente noto anche con la designazione di «Daunia», una vasta area geografica che nel primo Millennio a.c. si estendeva dal fiume Tiferno (l'odierno Biferno) all'Ofanto;
   secondo la mitologia, infatti, le popolazioni indigene di questa area geografica discenderebbero dal dio Dauno, figlio di Licaone, re dell'Arcadia;
   attualmente l'area geografica in questione, appartenente alla provincia di Foggia, ospita numerosi siti archeologici, tra cui quello di Arpi, un esteso insediamento dauno risalente al III-II Millennio a.c. All'interno del sito di Arpi è presente l'Ipogeo della Medusa ed in esso è ospitata l'omonima tomba della Medusa;
   si tratta di un'opera funeraria a camera di tipo ipogeico, ricca di valore storico e simbolo della immensa ricchezza archeologica della città di Arpi. Essa è interrata a più di 5 metri ed era abbellita da decorazioni pittoriche di straordinaria bellezza;
   la tomba della Medusa nel corso degli anni è stata oggetto di gravi atti vandalici e di furti. Fin dal 1980, quando fu individuata dai «tombaroli», venne completamente saccheggiata dei suoi reperti e del suo corredo e successivamente, nel 1984, sempre i predetti tombaroli la deturparono con un escavatore meccanico, distruggendone la copertura del vestibolo e trafugandone il frontone che raffigurava la Medusa. Di tutto il materiale fino ad allora trafugato, solo i capitelli figurati e lo stesso frontone furono ritrovati e riportati nel sito;
   nel 1998 la regione Puglia, nell'ambito dei programmi operativi europei «pop 94/99», ha assegnato specifici fondi (3 miliardi di lire) al comune di Foggia (anche quest'ultimo ha contribuito al finanziamento con 555 milioni di lire), per la realizzazione del parco archeologico della Medusa. L'ipotesi progettuale prevedeva, tra l'altro, la realizzazione di un percorso museale lungo la rete autostradale della A14;
   nel corso dei successivi tre anni, a causa di complicazioni amministrative e di contenziosi nella gestione degli appalti relativi alla realizzazione del sito museale, i lavori di recupero e di restauro della Tomba hanno subito gravi rallentamenti e numerose sospensioni, per poi riprendere nuovamente nell'aprile del 2001, a seguito di una perizia tecnica suppletiva chiesta dalla competente Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia. Tuttavia, nel luglio del 2002 i lavori furono nuovamente interrotti in ragione di problematiche connesse alla revisione dei prezzi di appalto;
   da ultimo, per consentire la prosecuzione dei predetti lavori, sono stati assegnati al parco archeologico della Medusa oltre un milione e mezzo di euro nell'ambito dell'accordo di programma tra regione Puglia e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a seguito dei lavori di restauro, la tomba della Medusa è stata quindi racchiusa in una infrastruttura di cemento armato, dotata di cupole in vetro, di zone di accesso, di ampie aree per accogliere il pubblico e per erogare servizi di informazione e approfondimento culturale, con all'esterno un'area a verde e locali per gli addetti alla sorveglianza;
   purtroppo, allo stato attuale, la tomba della Medusa versa nel più totale stato di incuria, con le strutture di protezione e di arredo rimosse, i servizi e gli impianti elettrici danneggiati e le vetrature distrutte. Inoltre, a causa del deterioramento delle strutture, essa è soggetta a infiltrazioni di acqua che ne mettono a rischio il prezioso patrimonio archeologico e artistico, già seriamente compromesso a causa dei continui atti vandalici;
   in tale contesto di abbandono sono anche riprese le azioni di furto e di saccheggio dei reperti archeologici da mite dei «tombaroli». Si è calcolato che il numero dei reperti trafugati dagli anni ’80 a oggi nella tomba della Medusa, ammonti a oltre 200.000;
   va infine fatto presente che questo sito, ove fosse gestito e valorizzato in maniera adeguata, potrebbe rappresentare uno tra i più importanti beni archeologici del nostro Paese, capace di richiamare milioni di appassionati e di studiosi da tutto il mondo, trasformandosi in prezioso volano economico e di occupazione per un territorio del Sud che ancora oggi è considerato nell'ambito «obiettivo convergenza» dell'Unione europea –:
   se sia a conoscenza dello stato di degrado e di abbandono in cui versa la tomba della Medusa, come meglio descritto in premessa;
   se non intenda intraprendere iniziative urgenti volte al recupero, alla protezione e alla valorizzazione del parco archeologico della Medusa e della tomba della Medusa;
   quali ulteriori provvedimenti e iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare il valore del sito in questione, nonché per promuoverlo e renderlo ancora più noto a livello nazionale e internazionale. (4-01998)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il diffondersi del mutuo soccorso, sviluppatosi nel periodo dell'Italia postunitaria (legge n. 3818 del 1886), principalmente come strumento di solidarietà tra i ceti sociali meno abbienti, si è progressivamente modulato alle trasformazioni economiche e sociali del nostro Paese, delineando, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, nuovi e diversi profili di mutualità;
   l'articolo 32 della Costituzione, introducendo il principio della tutela della salute da parte dello Stato, quale fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e stabilendo la gratuità delle cure per gli indigenti, ha di fatto posto le premesse per una trasformazione degli istituti di tutela sociale, con un passaggio progressivo da una gestione di natura largamente privatistica (tra cui le società di mutuo soccorso) a una gestione prevalentemente pubblica. Ciò ha comportato, per la maggior parte delle società di mutuo soccorso, la necessità di rimodulare le proprie attività da un ambito prettamente mutualistico a un campo più marcatamente associativo, culturale, educativo, formativo;
   l'articolo n. 23 del decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221 del 17 dicembre 2012, che ha novellato la legge n. 3818 del 1886 ha proposto, come sostenuto dalla FIMIN – Federazione italiana della mutualità integrativa – la costituzione di un sistema di mutue sanitarie integrative a sostegno dell'attuale impianto pubblico (passaggio da un welfare di Stato ad un welfare di comunità). Dunque, un rilancio del ruolo della mutualità integrativa volontaria, tra cui appunto le Società di mutuo soccorso, quale antidoto alle difficoltà sempre più diffuse correlate alla precarietà del lavoro, al depauperamento dei redditi, alla dequalificazione dei servizi pubblici;
   ciò potrebbe costituire un fattore positivo se non fosse che la norma postula regole così selettive e stringenti da produrre un effetto opposto e insidioso per la sopravvivenza stessa di moltissime società di mutuo soccorso. L'obbligo esclusivo, infatti, di circoscrivere la loro attività alle sole prestazioni di mutualità integrativa, escludendole da ogni altra attività di carattere sociale e culturale, sottoponendole a severi controlli e penalizzandole in caso di inadempienza, non solo mette seriamente a repentaglio la loro esistenza, ma rischia di depauperarle irrimediabilmente. Inaccettabile, in particolare, appare la fattispecie della perdita del patrimonio sociale in caso di decadenza della personalità giuridica;
   come osservato nel documento conclusivo dei lavori dell'Assemblea nazionale delle società di mutuo soccorso d'Italia svoltosi ad Ancona il 17 novembre 2012, «a causa della misura dei salari e degli stipendi oggi erogati in Italia e con i contributi fiscali molto onerosi per dipendenti e imprese, è molto difficile convincere i lavoratori del ceto sociale medio-basso, verso i quali la mutualità è prevalentemente indirizzata, a destinare parte delle proprie rendite mensili per costituire i fondi cuscinetto di cui le società di mutuo soccorso hanno bisogno per poter operare» –:
   se non ritenga di considerare necessaria una iniziativa normativa diretta alla correzione delle forme esecutive delle norme prescritte all'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012 superando la stretta correlazione tra natura giuridica delle società di mutuo soccorso è obbligo esclusivo in capo alle stesse, di svolgimento di attività correlate alla mutualità volontaria integrativa e prevedendo conseguentemente due diverse fattispecie: le società di mutuo soccorso che, disponendo di adeguati mezzi e patrimoni o per libera decisione dei loro corpi associativi, intendano aderire alla mutualità integrativa volontaria e le società di mutuo soccorso che per scelte e motivazioni diverse, dimensioni e consistenza dei loro assetti sociali, intendano rinunciarvi, senza che ciò comporti la perdita della loro personalità giuridica;
   se non ritenga opportuna – per il rilievo e sinanche per la strategicità del tema trattato, tenuto conto della diffusione e dell'importanza delle forme di mutuo soccorso – promuovere una dilazione dei termini di applicazione della norma anche al fine di verificare quali correlazioni intercorrano tra legislazione statale e legislazioni regionali in materia di controllo e sostegno alle attività cooperativistiche e specificare quale ruolo possa essere svolto, in tale ambito, dalle amministrazioni regionali;
   se non valuti, infine, necessario assumere una iniziativa normativa ad hoc che sia oggetto di una discussione quanto più ampia ed approfondita, (cosa ben difficile se si tratta di un articolo inserito nell'ambito di un decreto recante misure urgenti per la crescita del Paese), tesa ad allargare la possibilità per le società di mutuo soccorso, sia che aderiscano o meno alla mutualità volontaria, di promuovere attività di carattere educativo e culturale nella accezione più ampia del termine e non solo finalizzandole alla prevenzione sanitaria e alla diffusione dei valori mutualistici.
(2-00231) «Zanin, De Maria».

Interrogazioni a risposta scritta:


   IACONO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con norma contenuta nel decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, all'articolo 1, comma 4-bis, convertito dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, è stato introdotto il principio secondo cui, prima di reclutare nuovo personale con qualifica di funzionario amministrativo-tributario, l'agenzia delle dogane, l'agenzia del territorio e l'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in funzione delle finalità di potenziamento dell'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, devono attingere, fino al loro completo esaurimento, dalle graduatorie regionali dei candidati che hanno riportato un punteggio utile per accedere al tirocinio nel rispetto dei vincoli di assunzione previsti dalla legislazione vigente;
   l'articolo 1, comma 558, della legge 24 dicembre 2012 (legge di stabilità 2013), ha prorogato sino al 31 dicembre 2013 l'efficacia delle graduatorie di merito per l'ammissione al tirocinio tecnico-pratico – prevista dall'articolo 1, comma 4-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 – pubblicate in data 16 ottobre 2009, relative alla selezione pubblica per l'assunzione di 825 funzionari per attività amministrativo-tributario presso l'Agenzia delle entrate, di cui all'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie, speciale, n. 101 del 30 dicembre 2008;
   è innegabile che nelle amministrazioni finanziarie ed in particolare nell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sussistano e permangono rilevantissime carenze di organico nella terza area funzionale, come più volte espresso dai sindacati di categoria, nonostante la riduzione del 10 per cento delle piante organiche previste dall'articolo 23-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012;
   la lotta ferrea all'evasione fiscale è una priorità dell'attuale Governo e le risorse impiegate a tale fine portano un beneficio enormemente superiore rispetto al costo per finanziarle. Tra l'altro, come già evidenziato sopra, ai fini dell'assunzione, sussiste parte della risorsa finanziaria necessaria (comma 559 dell'articolo 1 della legge di stabilita per il 2013) e per l'avvio al tirocinio possono essere utilizzati parte dei fondi finalizzati ai tirocini formativi per nuove assunzioni previsti dalla legislazione vigente;
   l'agenzia delle dogane e dei monopoli (come evidenziato nella bozza di convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze per gli anni 2013-2015 e come comunicato alle organizzazioni sindacali nella seduta del 26 giugno 2013 in sede di presentazione del piano aziendale 2013) intenderebbe procedere, a giudizio dell'interrogante in contrasto con le norme vigenti, con il reclutamento di nuovo personale tramite procedure di mobilità anche interne per la copertura dei posti in terza area, generando in tal modo ulteriore contenzioso;
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli inoltre ha fatto presente che, con delibera del Comitato di gestione dell'Agenzia delle dogane n. 151 del 24 maggio 2011 e stato modificato l'articolo 17 del relativo regolamento di amministrazione (disciplinante le procedure di selezione per l'accesso dall'esterno), con l'eliminazione dello stage teorico-pratico. Pertanto, quand'anche si ritenesse che l’iter concorsuale possa essere completato presso tale Agenzia, la fase dello stage teorico-pratico non potrebbe essere realizzata, stante la mancanza di una norma regolamentare che la preveda e la disciplini compiutamente;
   in rispetto del principio della gerarchia delle fonti, il tirocinio o stage teorico pratico come modalità di reclutamento del personale da parte delle Agenzie fiscali e delle dogane, previsto abrogato mediante delibera del comitato di gestione, che è un organo sotto ordinato al Governo, può essere ripristinato non solo per legge o atto equiparato ma anche mediante regolamento governativo o ministeriale –:
   quali iniziative abbia previsto il Ministro per evitare che si eludano i dettami di legge;
   quali siano le procedure per garantire il diritto degli idonei allo scorrimento della graduatoria così come stabilito dalla norma;
   se e quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di reintrodurre lo stage teorico-pratico soppresso da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli con delibera del Comitato di gestione n. 151 del 24 maggio 2011 che ha modificato l'articolo 17 del relativo regolamento di amministrazione (disciplinante le procedure di selezione per l'accesso dall'esterno). (4-01984)


   MARCO DI MAIO, DONATI e LOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   all'articolo 12, al comma 14, 15 e 16, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, «legge di stabilità 2013», si prevede la variazione dell'aliquota Iva agevolata per le cooperative sociali dal 4 al 10 per cento per tutti i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013;
   tutte le prestazioni socio sanitarie, educative e di assistenza rese da cooperative sociali e loro consorzi (indicati del numero 41-bis della tabella A parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) forniscono un supporto notevole ai servizi erogati dagli enti locali (per i quali l'articolo 5 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, prevede un'ulteriore riduzione della spesa per gli enti territoriali) e dal settore sanitario (per il quale l'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, predispone una razionalizzazione e riduzione della spesa);
   le cooperative sociali hanno la possibilità di optare per il regime di esenzione previsto dal decreto legislativo n. 460 del 1997 sulle ONLUS ed, in particolare, dall'articolo 21, comma 1, il quale dispone che: «I comuni, le province, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti»;
   le regole comunitarie prevedono aliquote ridotte non inferiori al 5 per cento come previsto dalla direttiva 2006/112/CE e nella stessa, all'articolo 132, comma 1, lettera f), si prevede un'aliquota ridotta per «le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l'assistenza e la previdenza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi carattere sociale». L'Italia da questo punto di vista si trova in contrasto con la direttiva dell'Unione europea in materia di sistema comune IVA e per questo potrebbe vedere l'attivazione di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Tuttavia questo timore è da ritenersi infondato in quanto alla fine dell'anno 2013 l'Unione europea varerà una riforma complessiva del regime IVA, tenendo conto dell'indagine che la Commissione europea sta effettuando in questi mesi;
   l'impatto dell'aumento dell'IVA alle cooperative sociali non è accettabile perché questo intervento non apporterà vantaggi economici né per gli enti locali né per lo Stato. Si avranno una serie di effetti negativi per i lavoratori delle stesse cooperative sociali e per le loro famiglie. La riduzione di servizi essenziali come quelli di assistenza domiciliare, ambulatoriale e di comunità lasceranno il posto ad un aggravio della spesa sia per gli enti locali sia per il sistema sanitario, che non potendo reggere la spesa saranno costretti a tagliare radicalmente i servizi –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro circa l'opportunità di assumere iniziative per l'abrogazione dei commi 14, 15 e 16 dell'articolo 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, o comunque per il ripristino dell'aliquota al 4 per cento per la cooperazione sociale. (4-01989)


   FEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   già in una precedente interrogazione a risposta scritta, l'interrogante aveva sottoposto all'attenzione dei ministeri competenti la questione del trattamento stipendiale del personale a contratto del Ministero degli affari esteri in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari all'estero;
   il trattamento stipendiale di questa categoria di lavoratori e i relativi adeguamenti sono fissati — ai sensi dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 — dal contratto individuale di lavoro sulla base dei parametri previsti nella stessa disposizione di legge: le condizioni del mercato del lavoro locale, il costo della vita nella sede di servizio, le retribuzioni corrisposte dalle rappresentanze diplomatiche e consolari estere all'analogo personale, la congruità e l'uniformità del trattamento retributivo corrisposto per Paese e per mansioni omogenee, le indicazioni fornite dalle organizzazioni sindacali. I dati raccolti vengono esaminati dall'amministrazione del Ministero degli affari esteri per venire successivamente sottoposti al vaglio degli organi di controllo (UCB);
   la tipologia dei contratti di assunzione del personale locale all'estero, nonché la peculiarità della relativa disciplina, non consentono l'allineamento alla contrattazione collettiva del pubblico impiego, né quindi per tale via, l'attribuzione degli stessi aumenti concessi ai pubblici dipendenti. È lasciata all'autonomia negoziale del Ministero degli affari esteri la decisione circa l'opportunità di rivalutare i trattamenti economici, nonché l'entità dei relativi importi, nei limiti delle risorse disponibili a tale scopo;
   il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto il blocco degli adeguamenti retributivi per il personale a contratto fino al 31 dicembre 2012 e pertanto le richieste di aumento delle retribuzioni sono state ripresentate all'UCB;
   in numerose realtà estere, a fronte dei consistenti aumenti del costo della vita dovuti alla crisi economica e della repentina svalutazione dell'euro nei confronti di alcune valute, si registrano difficoltà pratiche per il sostentamento quotidiano delle famiglie del personale a contratto impiegato dal Ministero degli affari esteri;
   in particolare, si vuole segnalare lo stato di disagio degli impiegati a contratto in servizio in Giappone, la cui ultima revisione retributiva dei profili economici B1 (ex-ausiliari) e B2 (ex-esecutivi) risale al 1991, ben 22 anni fa;
   per questi lavoratori, oltre al lunghissimo periodo di tempo trascorso dall'ultima revisione retributiva, si somma l'incremento del costo della vita che, nell'ultimo periodo, a causa della ben nota politica economica del Governo giapponese, ha subito una brusca impennata;
   nel luglio del 2012 venivano concessi a questi lavoratori degli incrementi retributivi, di cui venivano sottoscritti i relativi atti aggiuntivi, ma che in seguito sono stati bloccati dalla «spending review», limitatamente all'anno 2012, insieme al blocco delle assunzioni di 100 unità in sostituzione del personale cessato –:
   quali iniziative si intendano adottare per rivalutare i trattamenti economici del personale a contratto delle rete diplomatico consolare e degli istituti italiani di cultura nel mondo;
   se non si ritenga indispensabile rispettare i parametri, le norme e le procedure fissate dell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in relazione agli adeguamenti retributivi;
   se non si ritenga di dover adottare, per la totalità degli impiegati a contratto, un sistema di retribuzioni in valuta locale, come del resto previsto dalle norme introdotte dal decreto legislativo n. 103 del 13 maggio 2000, nella misura in cui si stabilisce che «la valuta in cui viene fissata e corrisposta la retribuzione degli impiegati è quella locale»;
   se infine il decreto del Consiglio dei ministri approvato l'8 agosto 2013, con cui si proroga anche per l'esercizio finanziario 2014, il blocco degli aumenti dei trattamenti economici nella pubblica amministrazione, riguardi anche gli impiegati a contratto, non considerati — come da parere del Consiglio di Stato — «dipendenti pubblici». (4-01992)


   FANUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 28, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 — legge finanziaria 2005 — autorizza, nell'ambito delle nuove regole che delimitano la contribuzione statale, alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione, un intervento statale in favore degli enti locali per la concessione di contributi al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, e comunque a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, da destinare agli enti individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sulla base di progetti preliminari;
   il successivo comma 29 dell'articolo 1 prevede l'emanazione di un decreto ministeriale al fine di individuare, sulla base delle priorità individuate dal Parlamento, gli interventi e gli enti destinatari del contributo statale recato dal precedente comma 28;
   il comune di Montecatini Terme ha beneficiato con decreto n. 0021283 del 18 marzo 2005 dei finanziamenti previsti dal Ministero dell'economia e delle finanze per «Lavori interramento ferrovia del comune di Montecatini Terme», contributi erogati in tre tranche a fronte dei quali l'ente ha predisposto quattro stralci;
   in data 10 dicembre 2012, senza ottenere risposta alcuna, il comune di Montecatini Terme ha inviato al Ministero dell'economia e delle finanze il progetto relativo al quarto ed ultimo stralcio precisando che i lavori relativi ai primi tre stralci sono stati compiutamente realizzati;
   per quanto riguarda l'ultimo stralcio, a causa di variazioni sull'idea progettuale che non altereranno la finalità dell'opera, la progettazione ha subito un rallentamento, stante la piena volontà di portare a compimento gli obiettivi per i quali è stato concesso il contributo ministeriale stesso;
   relativamente al quarto stralcio è indicata la cifra di 154.000 euro per la realizzazione dell'opera, ai quali se ne aggiungono ulteriori 48.000 per economie degli stralci precedenti, per un totale di 202.000 euro –:
   se sia possibile, per l'amministrazione comunale di Montecatini Terme, al fine della realizzazione del progetto inviato al Ministero dell'economia e delle finanze il 10 dicembre 2012, utilizzare l'importo totale di euro 202.000 corrispondente alla somma dell'importo relativo al quarto ed ultimo stralcio e le somme che risultano residue dagli stralci precedenti. (4-02000)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   DISTASO e CHIARELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012 sta comportando la definitiva chiusura di centinaia di sedi distaccate di tribunali in tutta Italia;

   particolarmente evidenti sono i tagli operati nella regione Puglia, dove sono ben 32 le sezioni distaccate che dovranno chiudere subito i battenti, mentre alcune poche altre hanno ottenute circostanziate proroghe;

   in particolare le città pugliesi coinvolte sono: Acquaviva, Altamura, Bitonto, Monopoli, Putignano, Rutigliano, Barletta, Canosa, Cerignola, Molfetta, Ruvo, Fasano, Francavilla Fontana, Mesagne, Ostuni, Manfredonia, Sansevero, Trinitapoli, Lucera, Apricena, Rodi Garganico, Campi Salentina, Casarano, Galatina, Gallipoli, Maglie, Nardo, Tricase, Ginosa, Grottaglie, Manduria, Martina Franca;

   questa situazione è stata oggetto di contestazioni sia da parte delle popolazioni dei territori interessati che da parte degli stessi operatori della giustizia, che lamentano i già alti carichi di cause pendenti sugli uffici destinati a chiudere, con la doppia conseguenza di creare un disagio sia alla macchina della giustizia che, soprattutto, ai cittadini;

   l'obiettivo di consentire risparmi alle casse dello Stato è certo positivo e condiviso, ma a patto che questo venga raggiunto tramite operazioni davvero ponderate in tutti i loro risvolti. Questa considerazione si riferisce al fatto che i carichi pendenti e il personale degli uffici chiusi saranno trasferiti in capo ad altri tribunali, che pure già ora sono in difficoltà –:
   quali ragioni siano state alla base della decisione di chiudere gli uffici giudiziari in premessa e se, anche alla luce delle considerazioni sopra esposte, sia possibile decidere l'avvio di un'ulteriore fase istruttoria in merito a criteri e scelte.
(4-01986)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, DELL'ORCO e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli Intelligent Transport System (ITS) sono strumenti efficaci per gestire i sistemi di trasporto e per integrare fra loro i modi e le reti di trasporto;
   l'integrazione dei sistemi, dei veicoli e delle reti consente di affrontare in modo intelligente i problemi della mobilità e del trasporto in un'ottica di servizio;
   i sistemi ITS richiedono investimenti molto ridotti rispetto a quelli infrastrutturali e con un tasso di ritorno molto più rapido;
   il progetto europeo South East Europe – Intelligent Transport System ha identificato gli aspetti critici nell'implementazione dei sistemi di trasporto intelligenti in Italia nella mancanza di linee guida per lo sviluppo di sistemi aperti e interoperabili, mancanza di regole certe e chiare, mancanza di un piano nazionale di ricerca, mancanza di finanziamenti nazionali per gli ITS;
   il Comitato tecnico scientifico di TTS Italia – Associazione nazionale per la telematica per i trasporti e la sicurezza ha elaborato nell'ambito della direttiva ITS 2010/40/UE le criticità, le azioni prioritarie, i benefici attesi tramite un'indagine svolta presso tutti gli associati;
   la direttiva 2010/40/UE pubblicata il 6 agosto 2010 ha istituito un quadro di sostegno della diffusione e dell'utilizzo di sistemi di trasporto intelligenti (ITS) coordinati e coerenti nell'Unione europea, in particolare attraverso le frontiere tra gli Stati membri, ed ha stabilito le condizioni generali necessarie a tale scopo;
   entro il 27 agosto 2012 Stati membri avrebbero dovuto comunicare alla Commissione informazioni sulle azioni nazionali previste in materia di ITS per i successivi 5 anni (ITS Action plan);
   il piano d'azione ITS nazionale è stato emanato a dicembre 2012 e identifica le priorità nazionali fino al 2017. Tale piano è in valutazione e avrebbe dovuto essere approvato a marzo 2013;
   la direttiva ITS è stata recepita nell'ambito del decreto-legge del 18 ottobre 2012 n 179 «Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese» (articolo 8 «Misure per l'innovazione dei sistemi di trasporto») convertito in legge a dicembre 2012;
   il decreto attuativo del 1o febbraio 2013 sulla «Diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) in Italia è stato pubblicato in Gazzetta il 26 marzo 2013 da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'interno e Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
   il piano d'azione nazionale deve contenere le azioni necessarie e pianificate a livello nazionale in materia di ITS per i prossimi 5 anni per le quattro aree prioritarie della direttiva;
   il piano d'azione nazionale è un obbligo europeo perché previsto dalla direttiva ITS ogni tre anni si dovrà riferire alla Commissione europea i progressi compiuti;
   il piano d'azione nazionale non è stato ancora trasmesso a Bruxelles e l'Italia rischia la procedura di infrazione –:
   quale sia lo stato di preparazione del piano d'azione nazionale ed in quale data sia prevista la trasmissione alla Commissione. (5-01091)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la società Ferrovie dello Stato è proprietaria degli immobili insistenti sulla linea ferrata dismessa Porto Empedocle-Castelvetrano, nello specifico manufatti e terreni di pertinenza degli stessi;
   incombe sulla suddetta società l'obbligo di mantenere, vigilare e controllare gli immobili di cui è proprietaria, al fine, non soltanto, di evitare che possano essere abusivamente occupati, ma, altresì, al fine di evitare che l'incuria ed il degrado mettano a rischio la sicurezza pubblica e l'incolumità di terzi;
   la gran parte degli immobili, siano essi terreni o fabbricati, versano in stato di abbandono e fatiscenza: i fabbricati sono in maggioranza diroccati con conseguente perdita di valore oltre che a rappresentare un rischio per la pubblica incolumità;
   i fondi, quasi tutti composti dal sito della ex linea ferrata, essendo nell'assoluto abbandono, sembrerebbe che siano in balia di vandali e di occupanti abusivi;
   in particolare, dalle notizie in possesso dell'interrogante, le proprietà immobiliari delle Ferrovie dello Stato site nel territorio del comune di Cattolica Eraclea (AG), fabbricato ex stazione ferroviaria di Cattolica Eraclea, i caselli ferroviari e i terreni limitrofi e di collegamento, che erano il sito della ex linea ferrata Porto Empedocle-Castelvetrano, da molti anni dismessa, sono lasciati all'incuria e all'abbandono;
   nei siti della ex linea ferrata, a causa dell'assenza di controlli oltre che per la mancata manutenzione, sono scomparsi i canali per la raccolta e il normale flusso delle acque piovane che straripano ad ogni stagione invernale, provocando inondazioni nei terreni limitrofi e sottostanti con ingenti danni alle colture di privati;
   a ridosso dei confini, a volte costituiti solamente da muri vetusti con un'altezza che varia da uno a due metri, crescono alberi ad alto fusto e/o arbusti vari a macchie che, inevitabilmente, provocherebbero il dissesto degli stessi che in diversi punti appaiono oramai diroccati creando costante pericolo di danni a cose e persone;
   tale situazione, che pare sia generalizzata:
    a) rischia di compromettere, inevitabilmente, l'importante patrimonio immobiliare delle Ferrovie dello Stato;
    b) ha provocato e continua a provocare danni a cose e persone, nonché alla produttività, in una zona già economicamente depressa;
    c) pone la società Ferrovie dello Stato al rischio esponenziale di ulteriore aggravio economico per eventuali procedimenti che potrebbero essere instaurati;
    d) rappresenta un grave rischio per la pubblica incolumità –:
   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di tutelare e valorizzare la proprietà immobiliare delle Ferrovie dello Stato evitando da un lato speculazioni e dall'altro l'aggravio economico di legittime richieste risarcitorie per danni subiti a cose, persone o alle colture;
   quali iniziative intendano intraprendere a salvaguardia della pubblica incolumità ed a salvaguardia delle colture dei proprietari dei terreni limitrofi;
   se le Ferrovie dello Stato siano a conoscenza del fatto che tali immobili siano preda d'interessi contrastanti con la funzione di tutela e salvaguardia che spetta allo Stato in relazione a tali beni;
   se la decisione di chiudere la piazza pubblica antistante l'ex stazione ferroviaria di Cattolica Eraclea (AG), con la conseguente limitazione della sua pubblica fruizione, sia stata determinata da motivi di salvaguardia dell'incolumità;
   se non si ritenga di assumere iniziative per la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare di cui in premessa;
   quali iniziative si intendano intraprendere, anche di concerto con le altre istituzioni coinvolte o da coinvolgere, al fine di salvaguardare la pubblica incolumità, i diritti di terzi e la proprietà immobiliare delle Ferrovie dello Stato.
(4-01988)


   VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'attività di infrastrutturazione della rete viaria in Sardegna assume un significato di particolare rilievo in relazione alla estensione del territorio regionale (oltre 24 mila chilometri quadrati) e alla notevole dispersione della popolazione, con la densità demografica più bassa d'Italia e un numero altissimo di piccoli comuni;
   tale situazione di difficoltà è vissuta con particolare sofferenza dalla popolazione dell'Ogliastra, territorio con forte disagio economico e grandi problemi di collegamento con il capoluogo dell'isola;
   la viabilità tra Cagliari e Tortolì (principale cittadina dell'Ogliastra) era sostenuta in modo assolutamente insufficiente dalla strada statale 125;
   negli ultimi quarant'anni, la città di Tortolì ha avuto un notevole sviluppo demografico sino ad arrivare all'attuale popolazione di circa 30.000 residenti, che sostanzialmente raddoppia nei mesi estivi;
   la cittadina di Tortolì gode di importanti prospettive di sviluppo, anche legate al proprio porto che consente risparmi significativi nella durata della traversata da Genova e Civitavecchia ed è strategico per tutti i traffici merci e passeggeri della Sardegna centrale;
   negli ultimi vent'anni, la vecchia strada statale 125, di collegamento tra Cagliari e Ogliastra, è stata sostituita attraverso la progettazione e la parziale realizzazione della nuova strada statale 125;
   la realizzazione della nuova strada statale 125 è ancora lontana dal definitivo completamento, anche a causa della difficile situazione economica complessiva che ha determinato diverse rimodulazioni del progetto iniziale ed ha sinora escluso, dai lotti consegnati, proprio il tratto (di soli cinque chilometri di lunghezza complessiva) in prossimità dell'abitato di Tortolì;
   il tratto dal chilometro 132 al chilometro 138,200 della «vecchia» strada statale 125 orientale sarda, ricadente nel comune di Tortolì versa da decenni in uno stato di totale abbandono (ulteriormente aggravato dalla recente chiusura dell'innesto di pubblico transito al chilometro 137,435), dalle condizioni di forte degrado in cui versa l'innesto di pubblico transito al chilometro 196,930 e dall'insufficiente segnaletica verticale di divieto di svolta, di recente installazione;
   nello stesso tratto di strada manca da tempo la segnaletica orizzontale (striscia continua di mezzeria);
   la chiusura dell'innesto di pubblico transito al chilometro 137.435 preclude l'accesso agli istituti agrari e al convitto di Tortolì, lasciando praticabili invece gli altri accessi abusivi, privi di segnaletica con il risultato di peggiorare la circolazione stradale e di aumentarne la pericolosità;
   da tale situazione, vengono anche penalizzate le attività dei residenti e dei proprietari di terreni agricoli adiacenti alla SS 125 (compresi i nuovi insediamenti previsti dal PUC approvato), già compromesse dalla gravissima situazione economica del territorio dell'Ogliastra che non riesce a trarre beneficio dalla presenza del porto di Arbatax, dell'aeroporto di Tortolì e degli insediamenti industriali e turistici presenti nel territorio;
   lo stato di grave degrado in cui versa l'innesto al chilometro 136,950 moltiplica il rischio a carico del traffico proveniente dalle località balneari del lido di Orrì e di Cea che, nei mesi estivi, ospitano decine di migliaia di residenti e turisti;
   la gestione dei tratti ancora operativi della vecchia strada statale 125, l'ultimazione dei lavori sull'ultimo tratto di soli cinque chilometri sulla nuova strada statale 125 e la definitiva realizzazione del nuovo tracciato della stessa sono affidate all'ANAS;
   l'ANAS è il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, il cui socio unico è il Ministero dell'economia e delle finanze ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   reiterate ed inutili sono state le segnalazioni e le denunce relative ai disagi e ai pericoli ad indirizzo dell'ANAS e dell'amministrazione comunale di Tortolì da parte dei cittadini –:
   quali iniziative, per quanto di propria competenza, intendano adottare sui vertici dell'ANAS per risolvere in modo definitivo i gravissimi pericoli connessi alla circolazione stradale sulla vecchia strada statale 125 orientale sarda, per ridurre le pesanti ricadute sociali ed economiche imputabili allo stato di abbandono generale in cui versa il suddetto tratto di strada, nonché per rendere quanto più rapida possibile l'apertura del corrispondente tratto viario della nuova strada statale 125. (4-01990)


   DI LELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di fusione del 27 dicembre 2012 l'Ente autonomo Volturno s.r.l. – socio unico regione Campania – ha incorporato le società Circumvesuvina, MetroCampania NordEst e Sepsa. In seguito a tale incorporazione, l'EAV: esercita il servizio ferroviario e funiviario regionale; cura la realizzazione delle opere di manutenzione, ammodernamento e potenziamento della rete ferroviaria regionale; gestisce il patrimonio infrastrutturale. Inoltre fornisce supporto alla regione Campania nelle attività di pianificazione, progettazione, programmazione e controllo dei progetti ed investimenti regionali nel campo della mobilità e del trasporto;
   negli ultimi anni, la riduzione dei fondi regionali, sia per quanto riguarda la parte relativa alle risorse per il completamento delle infrastrutture ferroviarie sia per quanto concerne le risorse relative al finanziamento dei contratti di servizio necessari per assicurare il programma di esercizio, ha prodotto la riduzione dei servizi di trasporto su gomma e su ferro, aumentando in modo esponenziale una situazione di estrema criticità, con disservizi costanti e gravi malfunzionamenti, ed alimentando disagi e proteste da parte di studenti, pendolari e cittadini. Tali disagi sono derivati dalla precaria situazione finanziaria ed economica che le società esercenti il trasporto ferroviario e su gomma in Campania stanno affrontando;
   vista la situazione di dissesto in cui versava e versa l'azienda Ente autonomo Volturno, il Governo ha emanato il decreto-legge n. 83 del 2012 convertito dalla legge n. 134 del 2012 con il quale ha disposto, all'articolo 16, comma 5, la nomina di un commissario ad acta per far fronte al disavanzo delle società di trasporto pubblico locale e assicurare azioni volte al ripristino di condizioni di equilibrio economico e finanziario;
   il 16 novembre 2012 si è proceduto all'insediamento del commissario ad acta nominato dal Governo per procedere alla razionalizzazione e al riordino delle società di trasporto su ferro e, come anticipato sopra, a dicembre 2012 ha avuto luogo la fusione per incorporazione in Ente autonomo Volturno delle preesistenti società di trasporto ferroviario regionale;
   ai sensi del sopra citato decreto, il commissario ad acta, salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione, ha effettuato, una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario elaborando un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate che è stato sottoposto l'11 aprile 2013 al tavolo tecnico cui hanno partecipato il Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione Campania;
   nel corso dell'anno 2012 e in continuità nel 2013 sono stati definiti e concordati con le organizzazioni sindacali accordi finalizzati a recuperi di produttività che hanno registrato riduzioni salariali riferite a preesistente contrattazione di secondo livello riqualificazione di dipendenti in attività dirette con la ricollocazione in qualifiche attive, con la partecipazione diretta dei lavoratori al piano di rientro;
   a distanza di cinque mesi dalla presentazione non vi è ancora stata l'approvazione da parte dei Ministeri competenti;
   solo a seguito dell'approvazione del piano di rientro così come previsto dall'articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 83 del 2012 si potranno utilizzare, per gli anni 2012 e 2013, le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui alla delibera CIPE n. 1/2009 del 6 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 16 giugno 2009, ad esse assegnate, entro il limite complessivo di 200 milioni di euro –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati abbiano intenzione di porre in essere al fine di sottoscrivere, in tempi brevi, l'accordo di approvazione del piano di rientro dell'azienda Ente autonomo Volturno così come previsto dal decreto-legge n. 83 del 2012 posto che oramai il sistema dei trasporti è al limite del collasso con gravi ripercussioni sia in stermini economici ed occupazionali per quanto riguarda le società dell'Ente autonomo Volturno sia in termini di disservizi e disagi della popolazione. (4-01995)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   FANUCCI. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il programma di aiuto alimentare introdotto dall'Unione europea per distribuire alle organizzazioni caritative le derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento comunitarie si conclude il 31 dicembre 2013 e non sarà più attivo a partire dal 2014;
   in sua sostituzione, il finanziamento di 2,5 miliardi di euro, previsto nel periodo 2014-2020, ancora non specifica per quali condizioni di povertà potrà essere utilizzata la quota-parte a disposizione di ogni singolo Stato membro della Unione europea pertanto a decorrere dal 1° gennaio 2014, le derrate alimentari da distribuire in qualità di aiuti in favore degli indigenti in povertà assoluta o relativa potrebbero non essere più disponibili;
   questa situazione rischia di generare un'emergenza sociale per il nostro Paese, che coinvolgerebbe oltre 4 milioni di poveri e circa 15.000 strutture caritative attive oggi in Italia;
   il venir meno di questa fondamentale rete di supporto alimentare potrebbe pregiudicare l'intera rete del volontariato italiano, in grado di offrire importanti servizi suppletivi come il supporto economico, legale, amministrativo, sanitario e di ascolto;
   un serio programma di aiuti alimentari in favore degli indigenti del nostro Paese produrrebbe effetti moltiplicativi sui beneficiari finali, in quanto le derrate alimentari peserebbero per il solo costo di produzione senza intermediazioni o costi commerciali –:
   quali iniziative abbia adottato il Governo per garantire la continuità della distribuzione di alimenti alle persone costrette alla povertà e se non ritenga opportuno attivare quanto prima il fondo nazionale di aiuti alimentari agli indigenti previsto dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. (4-02001)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno con decreto ministeriale 24 novembre 2011 ha bandito un concorso per 2.800 allievi agenti, riservato ai volontari in ferma di leva congedati senza demerito;
   nella graduatoria approvata con decreto del Ministero dell'interno del 5 novembre 2012 figurano 2800 vincitori alle cui spalle figurano ulteriori 939 idonei;
   in data 19 marzo 2013 (Gazzetta Ufficiale serie speciale 26 marzo 2013) il Ministero dell'interno ha bandito un ulteriore concorso per il reclutamento di 964 allievi agenti senza prima aver provveduto all'utilizzo della graduatoria degli idonei del precedente concorso;
   86 del 939 allievi agenti hanno presentato ricorso al TAR Lazio per impugnare il nuovo bando di concorso 2013 e questo con sentenza n. 7482/2013, in data 23 luglio 2013, ha accolto, nei limiti dell'interesse dei soli rincorrenti, l'annullamento in parte del bando impugnato in quanto ha riconosciuto agli idonei il diritto allo scorrimento in base alla recente sentenza dell'adunanza plenaria n. 14/2011 del Consiglio di Stato, in cui si afferma che tutte le pubbliche amministrazioni, senza distinzione di soggettività e oggettività, con graduatorie valide ed efficaci come previsto dall'articolo 35, comma 5-ter, della legge n. 165 del 2001, sono soggette a scorrimento, in quanto tale principio ha una valenza di carattere generale ed è riferito indistintamente a tutte le amministrazioni pubbliche anche quelle regolate da speciali discipline di settore come la polizia di Stato;
   il concetto di scorrimento è stato ampliamente discusso e precisato dal Consiglio di Stato ed è quindi applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche;
   il principio di scorrimento delle graduatorie è rafforzato ed autorizzato da due importanti decreti-legge: il decreto «D'Alia» ed il decreto-legge n. 101 del 2013 sulla razionalizzazione della spesa della pubblica amministrazione. Questi decreti si riferiscono indistintamente a tutte le amministrazioni regolate dalla legge n. 165 del 2001 e quindi anche il comparto sicurezza; infatti l'Arma dei carabinieri sta provvedendo ad effettuare lo scorrimento di 8181 idonei dell'ultima graduatoria del concorso dell'anno 2012;
   coloro i quali stanno effettuando la ferma quadriennale come interforze rientrano tra i vincitori dei concorsi espletati; infatti, allo scadere dei 4 anni verranno avviati automaticamente al corso di allievo agente e quindi lo scorrimento non lede nessun diritto all'assunzione –:
   se il Ministro, al fine di raffreddare il contenzioso ed evitare l'ulteriore aggravio di spesa per l'erario in caso di soccombenza nell'ulteriore grado di giudizio, non ritenga opportuno valutare la possibilità di non continuare il contenzioso con i suddetti rinunciando all'appello al Consiglio di Stato atteso che lo stesso si è pronunciato nell'adunanza plenaria 14/2011;
   se il Ministro non ritenga opportuno procedere all'assunzione degli 86 ricorrenti scorrendo la graduatoria de quo.
(5-01093)

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2013, si sarebbe svolta un'operazione di polizia presso il commissariato di «Nesima» di Piazza Calì nella città di Catania, sembra coordinata dagli stessi vertici della questura, dottor Salvatore Longo e dal suo vicario dottor Giovanni Signer, che avrebbe visto la partecipazione della squadra sopralluoghi del locale gabinetto regionale della polizia scientifica, di personale della Digos e della squadra mobile finalizzata all'accertamento di un presunto caso di randagismo e «favoreggiamento» dello stesso da parte di componenti del commissariato;
   al termine delle operazioni sarebbero state rinvenute unicamente due ciotole, circa 50 croccantini, una copertina, materiale oggetto di rilievi fotografici da parte della polizia scientifica, modalità di intervento, secondo l'interrogante consona a crimini decisamente più efferati;
   a seguito dei relativi interrogatori del personale del locale commissariato si sarebbe venuti unicamente a conoscenza del fatto che «è stato dato da mangiare e bere ad alcuni cani del quartiere»;
   il dirigente del commissariato dottoressa Adriana Muliere, a seguito di una segnalazione, nel mese di agosto 2013, della presenza di un branco esiguo di cani presso Piazza Calì, aveva correttamente scritto ai competenti uffici del comune di Catania in merito a tale presenza, e gli animali erano stati regolarmente microcippati e sterilizzati;
   la dottoressa Adriana Muliere, la cui preparazione e competenza è certificata dai numerosi incarichi svolti in ambiti nazionali e non solo, in situazioni anche estreme, a seguito degli eventi sopra riportati, sarebbe stata immediatamente trasferita ad altro incarico, a causa della presunta perdita della fiducia da parte dei vertici della locale questura –:
   se tutto ciò risponde al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare per verificare la necessità e la reale opportunità di un impiego così massiccio di mezzi e risorse, alla luce delle problematiche decisamente più stringenti che interessano l'area metropolitana di Catania, e le reali motivazioni che avrebbero portato all'immediato trasferimento della dottoressa Adriana Muliere. (4-01994)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata di domenica 15 settembre 2013 il signor Giovanni Borriello — al fine di partecipare alla processione della Madonna dell'Arco — è uscito dalla sua casa di San Giovanni a Teduccio (Na) senza farvi più ritorno;
   i familiari molto preoccupati, soprattutto alla luce delle precarie condizioni di salute del signor Borriello che lo rendono bisognoso di cure, si sono subito dati da fare per le ricerche, denunciando la scomparsa alle forze dell'ordine, tappezzando le vie della zona con manifestini recanti la foto del congiunto e rivolgendosi alla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto ?» in onda il mercoledì sera su Rai Tre;
   nella puntata di mercoledì 18 settembre la conduttrice Federica Sciarelli lancia un appello finalizzato al ritrovamento del signor Borriello;
   a tale appello risponde nel corso della trasmissione televisiva una signora, la quale nel frattempo, intorno alle ore 20, aveva intercettato il signor Borriello in un quartiere di Napoli e, essendosi resa conto che si trattava di una persona bisognosa di aiuto, lo aveva rifocillato e consegnato intorno alle ore 21 alle forze dell'ordine affinché lo conducessero presso la sua abitazione;
   intorno alle ore 23 della stessa serata, i vicini di casa del signor Borriello — di ritorno dallo stadio San Paolo ove si era svolta una importante partita di calcio — incontrano lo scomparso a circa 800 metri dal Molo Beverello. Dopo averlo riconosciuto, lo accompagnano a casa, dove nel frattempo i familiari attendevano che le forze dell'ordine arrivassero col signor Borriello;
   nel frattempo, sopraggiungeva presso l'abitazione del signor Borriello una seconda pattuglia inviata dalla redazione di «Chi l'ha visto ?». Tale pattuglia avrebbe così avuto modo di raccogliere una denuncia concernente l'increscioso episodio descritto;
   da quanto esposto, non è comunque chiaro per quale motivo il signor Borriello, affidato alle forze dell'ordine alle ore 21 da una cittadina, vagasse alle ore 23 circa solo e claudicante per le vie del centro di Napoli –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato su che cosa sia successo tra le ore 21 e le ore 23 di mercoledì 18 settembre 2013;
   se il Ministro interrogato non intenda fare chiarezza sulla vicenda eventualmente avviando gli opportuni procedimenti disciplinari e sanzionare le eventuali responsabilità. (4-01999)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, DE LORENZIS e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il diritto all'istruzione è garantito dall'articolo 26 della «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo», dall'articolo 28 della «Convenzione sui diritti dell'infanzia», dagli articoli 3, 30, 33, 34 e 177, comma 2, lettera m) della Costituzione italiana;
   le prerogative dello Stato italiano per garantire il diritto all'istruzione e alla formazione sono ribadite dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e c), della legge 28 marzo 2003, n. 53 «Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale»;
   si apprende dagli organi di stampa (nella fattispecie La Gazzetta del Mezzogiorno del 13 settembre 2013, pag. IX, articolo «Il trasloco in un ex-convento fa insorgere alunni e docenti») della precaria situazione in cui si ritrovano oggi, a causa di un concatenarsi di spostamenti tra istituti primari e istituti secondari, gli alunni ed i docenti dell'Istituto tecnico economico «Vito Sante Longo» sito in Monopoli (Bari);
   genitori, studenti, corpo docenti e personale dell'istituto si sono riuniti in un comitato denominato «diritto allo studio»;
   la nuova collocazione prevista per l'Istituto tecnico economico «Longo» è l'ex-convento «S. Domenico», situato in pieno centro, in una viuzza stretta, senza parcheggio e incapace a contenere la biblioteca di 3.000 volumi, le attrezzature informatiche nonché mette a rischio il recepimento degli 85.000 euro previsti dal progetto PON «Giovani in tour», essendo il finanziamento connesso alla precedente sede scolastica;
   in attesa che i lavori di ristrutturazione e risistemazione del «nuovo» istituto di destinazione vengano conclusi, gli studenti sono costretti a frequentare le lezioni, con un orario dimezzato, presso il consociato Istituto tecnico tecnologico «L. Da Vinci»;
   il citato comitato «diritto allo studio» ha richiesto di verificare l'esistenza del certificato di prevenzione incendi ai vigili del fuoco e di certificare l'agibilità del «S. Domenico»; di verificare l'esistenza e la validità del certificato di conformità degli impianti elettrici e termici all'ispettorato del lavoro; di verificare che i lavori in corso siano idonei e rispettosi della storicità dell'edificio alla soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici della Puglia; ha presentato ricorso al TAR Puglia con «diffida per la sospensione del trasferimento coattivo IISS Monopoli»; ha presentato soluzioni alternative al trasloco nella sede «S. Domenico» informandone il medesimo Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la cui risposta, a firma del dirigente Mario Trifiletti, è stata indirizzata al presidente della provincia di Bari invitandolo ad «addivenire ad una soluzione che non comporti il verificarsi dei disagi che potrebbero eventualmente derivare dall'effettuazione di doppi turni disposti dal medesimo dirigente scolastico presso la sede dell'Istituto tecnico industriale» a cui non è seguito alcun provvedimento da parte dell'ente locale;
   il dirigente scolastico professor Gaetano Di Gennaro, ha inviato una prima missiva in data 7 agosto 2013 informando il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca della delicata situazione che mette a rischio l'offerta formativa dell'istituto in questione; ha inviato una seconda missiva al dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, in data 30 agosto 2013, sulle problematiche relative alle fasi di trasloco ed ha ribadito le soluzioni alternative, prospettate nelle tre conferenze dei servizi tenutesi presso il Comune di Monopoli nei primi mesi del 2013, in una terza missiva indirizzata al presidente della provincia in data 2 settembre 2013;
   i docenti dell'istituto, in una missiva indirizzata al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed al dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale, hanno denunciato l'impossibilità «per la piena esplicazione dell'offerta formativa e dell'ordinario svolgimento dell'attività didattica a causa del trasferimento coatto» dell'istituto;
   insistono sul territorio del comune barese altre strutture pubbliche attualmente non utilizzate, come il caso dell'ex sede del tribunale appena trasferito nel comune di Rutigliano (Bari) con il decreto Cancellieri, la sede ENAIP oramai dismessa o l'ex sede dello stesso istituto tecnico tecnologico –:
   se il Ministro interrogato sia effettivamente a conoscenza della situazione in cui vertono studenti, docenti e personale dell'IISS «Vito Sante Longo» di Monopoli (Bari);
   se il Ministro interrogato non intenda agire in maniera rapida e tempestiva per garantire il diritto ad una completa, degna ed efficace istruzione degli studenti dell'IISS «V.S. Longo», sia quelli del settore economico che quelli del settore tecnologico che ora accolgono i colleghi presso la loro sede, contemplando le soluzioni alternative al trasferimento coattivo presso l'inidonea sede dell'ex convento «S. Domenico», offerte sia dal comitato «diritto allo studio» sia da dirigente scolastico stesso in conferenza dei servizi. (5-01090)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da una nota stampa emessa dal Codacons in data 26 settembre 2013 che, ad oggi nelle scuole di Milano, agli alunni verrebbe impedito di portarsi il pasto da casa;
   i genitori degli alunni, per permettere ai loro figli di mangiare a scuola e poi proseguire le lezioni pomeridiane, sarebbero costretti a sottoscrivere un contratto con Milano ristorazione sostenendo quindi gli abnormi costi delle rette;
   il Codacons ha già diffidato il provveditore (oggi ufficio scolastico territoriale) di Milano, oltre che Milano ristorazione, chiedendo di garantire il diritto di rivendicare scelte alimentari autonome e di esercitare l'obiezione di coscienza, portando il cibo da casa. Ed è stato inoltre chiesto al provveditore di emanare una circolare in merito –:
   quali iniziative si intendano prendere per evitare che in un periodo di crisi come quello che il nostro Paese sta attraversando, non venga impedito ai genitori di poter fornire direttamente il pasto ai propri figli invece di essere obbligati a sostenere dei costi aggiuntivi, configurando un danno economico ed una grave lesione dei diritti delle famiglie. (4-01993)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ANTIMO CESARO, SOTTANELLI, D'AGOSTINO e CIMMINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il personale ATA (collaboratori scolastici, assistenti tecnici e amministrativi) e ITP (insegnati tecnico-pratici), che lavorava nelle scuole e che negli anni settanta era alle dipendenze delle province e dei comuni, fu trasferito alle dipendenze del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca dall'1o gennaio 2000, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, con la garanzia del mantenimento, ai fini economici e giuridici, dell'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1999, delle mansioni e della sede di lavoro;
   per consentire il trasferimento del suddetto personale (circa 70.000 persone in tutta Italia) venne stipulato un accordo (senza valenza contrattuale derogatoria della legge) tra ARAN e CGIL-CISL-UIL-SNALS, poi recepito dal Decreto Interministeriale del 5 aprile 2001;
   in base a sopraddetto accordo, finalizzato all'attuazione del trasferimento ed avente valenza temporanea, si stabili, tra l'altro, che l'anzianità maturata da ciascun lavoratore alle dipendenze dell'Ente Locale di provenienza, sarebbe stata riconosciuta con il metodo della «temporizzazione», cioè trasformando la sola retribuzione tabellare del dipendente in anzianità;
   venne così costruita un'anzianità «fittizia», assai inferiore all'anzianità effettivamente maturata dal personale trasferito. In tal modo il personale trasferito perse il trattamento retributivo accessorio, molto più favorevole, previsto dal CCNL enti locali applicato fino al 31 dicembre 1999;
   tra il 2001 e il 2005, si verificò un contenzioso di massa, promosso da buona parte del personale ATA ex EE.LL, per affermare il diritto al riconoscimento dell'anzianità effettivamente maturata nell'ente locale di provenienza. Dalla prima sentenza favorevole, pronunciata dal tribunale di Milano nel mese di marzo 2002 a tutte una serie di sentenze emesse successivamente dalla Cassazione nel 2005, questo diritto venne riconosciuto ai lavoratori che avevano fatto ricorso;
   la legge finanziaria 2006 (legge 266 del 2005), con il comma 218 dell'articolo 1, interpretò il comma 2, dell'articolo 8, della citata legge n. 124 del 1999, trasformando il riconoscimento dell'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1999 in «temporizzazione» dell'anzianità, cioè in anzianità fittizia ed inferiore. In tal modo le cause ancora in corso tra i lavoratori ed il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, subirono un «capovolgimento» a favore dell'amministrazione, contrariamente alla giurisprudenza consolidata, fino ad allora, della Suprema Corte di cassazione;
   tra il 2007 e il 2009 la Corte costituzionale (con due sentenze, la n. 234 del 2007 e la n. 311 del 2009) ritenne infondata la questione di legittimità della norma «interpretativa»; e la Corte di cassazione e i giudici di merito mutarono la propria giurisprudenza, adeguandosi alle pronunce della Consulta e respingendo i ricorsi, ancora pendenti, dei lavoratori;
   ben due sentenze emanate in sede europea hanno contraddetto la giurisprudenza nazionale: la sentenza «Agrati» e la sentenza «Scattolon». Nello specifico, la sentenza «Agrati» del 7 giugno 2011, pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo, stabilì che nella vicenda ATA, lo Stato italiano, con l'articolo 1, comma 218 della legge 266 del 2005, ha violato gli articoli 6 della Convenzione Europea e 1 del Protocollo n. 1 alla stessa Convenzione; la sentenza «Scattolon» del 6 settembre 2011, pronunciata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che ha stabilito che il trasferimento del personale ATA dagli enti locali allo Stato deve essere considerato un trasferimento d'azienda e pertanto ricade sotto la direttiva comunitaria in materia, che non consente che l'ente cessionario (il Ministro dell'istruzione dell'università della ricerca) riduca le retribuzioni globali di fatto già godute dal personale trasferito presso l'ente cedente (provincia/comune);
   le due citate sentenze demoliscono una per una le tesi sostenute dal 2007 in avanti dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione poi, e, le stesse sentenze europee dovranno ora essere recepite dai giudici italiani nei processi in corso (circa diecimila, a tutt'oggi, ma, destinate a crescere a parere degli interroganti);
   si è al cospetto di una vicenda annosa che ha creato non poche difficoltà economiche a migliaia di famiglie, basti pensare a coloro che sono obbligati a restituire cifre ingenti con rate mensili anche di 400,00 euro, a seguito di sentenze emesse nei giudizi di secondo grado che le Corti di Giustizia Europee hanno dichiarato illegittime;
   con la risoluzione n. 8-00196, approvata nella XVI legislatura e conclusiva del dibattito avuto in Commissione XI il Governo pro tempore si era impegnato affinché, entro tempi brevi, si giungesse ad una equilibrata risoluzione della vicenda, con l'obiettivo di realizzare una definitiva soluzione dell'annosa problematica del personale ITP e del personale ATA, al fine di provvedere al riconoscimento delle posizioni giuridiche ed economiche –:
   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intendano porre in essere al fine di attuare il blocco immediato delle richieste di recupero, in atto, delle somme percepite dal personale ATA-ITP a seguito di sentenze favorevoli di primo e secondo grado, precedenti all'intervento normativo e alla norma interpretativa contenuta nella sopra citata legge finanziaria n. 266 del 2005;
   se non ritengano necessario, garantire l'applicazione dell'articolo 8, comma 2 della legge 124 del 1999 con il riconoscimento dell'anzianità effettivamente maturata sia per il personale ancora in servizio sia per il personale andato in quiescenza dopo il 1o gennaio 2000;
   quali iniziative normative intendano attuare, in esecuzione dei principi stabiliti dalle due sentenze europee. (3-00351)

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Mazzano, provincia di Brescia, come riportato dalla stampa locale, una famiglia con due bambini di 6 (con invalidità totale) e 2 anni, è stata di recente sfrattata e adesso è costretta a dormire in un furgone;
   il padre, muratore, ha perso il lavoro nel 2010 e dopo otto mesi di indennità di disoccupazione è rimasto senza reddito, diventando vittima della morosità incolpevole;
   l'emergenza abitativa, in questo momento di crisi economica, è una delle cause di maggiore disagio e tensione sociale e coinvolge non solo le categorie a rischio, ma anche larghe fasce del ceto medio: se oltre 430.000 famiglie risultano in difficoltà con il pagamento dei mutui, negli ultimi quattro anni le sentenze di sfratto sono state oltre 250.000, di cui l'87 per cento per morosità. Il problema riguarda tutto il Paese, ma la vera e propria emergenza investe le grandi aree urbane e le regioni dell'Italia settentrionale, dove le percentuali di sfratti per morosità incolpevole superano il 90 per cento;
   i dati pubblicati da Il Sole 24-ore il 15 aprile 2013, provenienti da 41 tribunali italiani, rivelano una situazione di costante crescita della morosità degli affitti nel corso degli ultimi due anni determinata in gran parte dalla riduzione dei redditi a disposizione delle famiglie. Nel 2011 i ricorsi per morosità degli affitti presentati nei 41 tribunali di riferimento dell'indagine sono stati pari a 25.152, aumentati a 27.036 nel 2012 (con un aumento del 7,5 per cento). Nei primi due mesi del 2013 i ricorsi presentati ai tribunali sono stati 4.627 con una proiezione di aumento su base annua del 2,7 percento rispetto al 2012;
   tra le città più colpite dagli sfratti figurano Roma, Torino, Milano, Bari e Napoli ma preoccupanti sono anche i dati relativi ai comuni di dimensioni minori;
   allo stato non appaiono attivate dal Governo iniziative per affrontare sia il problema del passaggio da casa a casa per sfrattati che la dotazione di un adeguato numero di case popolari che possano rispondere alle esigenze delle famiglie presenti nelle graduatorie comunali;
   di fatto, in Italia sono eseguiti 140 sfratti al giorno, per i quali non è fornito alcun percorso di passaggio da casa a casa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave vicenda descritta e quali iniziative siano allo studio o siano state attivate per rispondere efficacemente alla drammatica questione degli sfratti, in particolare quelli per morosità incolpevole;
   se i Ministri interrogati non considerino altresì urgente assumere iniziative a favore delle famiglie che, come quella menzionata, si trovano nella condizione di non avere una casa, nella direzione di una possibile sospensione, nelle more dell'adozione dei provvedimenti necessari, dell'esecuzione degli sgomberi nonché delle aste e degli sfratti per morosità incolpevole riguardanti unità immobiliari a uso residenziale, e allo stesso tempo se non considerino urgente attivarsi per promuovere un uso da parte dei comuni del patrimonio abitativo sfitto e disponibile degli enti previdenziali, che tenga conto della crescente emergenza abitativa, evitando che la questione sfratti sia un onere che ricade solo su comuni e regioni. (4-01991)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   SARTI e PIZZOLANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre la Guardia forestale ha eseguito un sequestro preventivo di quattro delfini del delfinario di Rimini;
   la normativa di riferimento in materia di Tursiopi è la legge 23 marzo 2001, n. 93, articolo 17, comma VI, e, in particolare, il relativo regolamento applicativo di cui al decreto del Ministero dell'ambiente 6 dicembre 2001, n. 469, recante «Disposizioni in materia di mantenimento in cattività di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops Truncatus»;
   il delfinario di Rimini, anche in ottemperanza a quanto richiesto dal decreto ministeriale n. 469 del 2001 e dal decreto-legge 21 marzo 2005, n. 73, relativo alla custodia di animali selvatici nei giardini zoologici, rappresenta un punto di riferimento costante nella collaborazione con la ricerca, l'università e la didattica. Il delfinario di Rimini, infatti, è costantemente impegnato in progetti di ricerca e promuove e realizza, all'interno della propria struttura ed in collaborazione con altri istituti, attività a sfondo scientifico, didattico e divulgativo apportando vantaggi inestimabili per la conoscenza e conservazione delle specie ospitate;
   la proprietà del delfinario di Rimini da tempo ha depositato, presso l'ufficio competente del comune di Rimini, per il tramite di tecnici incaricati, il progetto esecutivo avente ad oggetto il rifacimento del delfinario per l'adeguamento al dettato del decreto ministeriale 469/2001;
   le diverse amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni non hanno consentito l'ampliamento;
   il 31 luglio 2013 è stato fatto un sopralluogo e redatto relativo verbale di accertamento da parte de Corpo forestale dello Stato – servizio Cites centrale – sezione investigativa – Roma, avente ad oggetto la conformità del delfinario di Rimini ai requisiti normativi previsti dal decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 73, e dal decreto ministeriale 6 dicembre 2001 n. 469 (regolamento recante disposizioni in materia di mantenimento in cattività di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops Truncatus);
   il 12 agosto 2013 è stato notificato il verbale di contestazione di illecito amministrativo n. 10/2013 d.d. elevato dal Corpo forestale dello Stato – servizio Cites centrale di Roma, con cui veniva contestata al delfinario di Rimini la violazione dell'articolo 3, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 73, in quanto, non mantiene «in conformità alle linee guida di cui all'allegato 2, un elevato livello quantitativo nella custodia e nella cura degli animali attraverso l'attuazione di un programma articolato di trattenimenti veterinari, preventivi e curativi». È stata comminata la sanzione, ai sensi dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 73 del 2005, di euro 3.000,00 senza predisporre alcun sequestro;
   nella stessa data (12 agosto 2013) veniva notificato il verbale di contestazione di illecito amministrativo n. 9/2013 d.d. elevato dal Corpo forestale dello Stato – servizio Cites centrale di Roma con cui veniva contestata al delfinario di Rimini la violazione dell'articolo 3 comma 1, lettera e) del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 73, in quanto non ospita i tursiopi presenti «in conformità alle linee guida di cui all'allegato 1, (omissis) in condizioni volte a garantire il loro benessere e a soddisfare le esigenze biologiche delle singole specie. Si fa riferimento alla non conformità ai parametri dimensionali e strutturali stabiliti dal decreto ministeriale n. 469 del 2001: vasca unica, assenza di struttura ombreggiante, assenza di protezioni adeguate ad impedire la caduta di oggetti, mancanza di sistema di raffreddamento dell'acqua. La sanzione comminata ai sensi dell'articolo 8 comma 2, del decreto legislativo n. 73 del 2005 ammonta a euro 3.000,00. Anche in questo caso non si prevedeva alcun sequestro;
   ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 (procedimento amministrativo) venivano notificati i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza al rilascio della licenza di giardino zoologico (prot. n. 0043356 del 23 agosto 2013 Ministero dell'ambiente e della tutela del territoriale e del mare);
   in data 11 settembre 2013, veniva emesso il decreto di sequestro preventivo della struttura: atto depositato il giorno seguente;
   la Guardia forestale ha eseguito il sequestro preventivo con modalità che ad avviso degli interroganti lasciano molti dubbi. Un vero e proprio blitz con grande dispiegamento di forze;
   secondo quanto risulta agli interroganti, il capo ufficio stampa dell'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato (dottor Cazora), quando ancora dovevano iniziare le operazioni di cattura dei delfini si aggirava in borghese all'interno della recinzione che delimita l'accesso al pubblico, eseguendo interviste al capitano del Corpo forestale dello Stato;
   il dottor Cazora, comportandosi secondo gli interroganti come un regista in un set cinematografico, ha disposto telecamere all'interno del delfinario spettacolarizzando un'azione giudiziaria preventiva, si è rivolto con parole gravi ed offensive nei confronti delle titolari del delfinario, degli avvocati e dell'amministratore delegato, senza mai svelare identità e ruolo;
   risulta altresì agli interroganti che il dottor Cazora abbia mantenuto questo atteggiamento sia di fronte all'avvocato M. Bacillieri, affermando, altresì, «tanto le perdete tutte contro di noi», quanto nei confronti dell'onorevole Pizzolante, liquidato in maniera sprezzante;
   quest'azione ha il sapore amaro di uno Stato autoreferenziale e distante dalla realtà che non sembra comprendere il dramma di un'azienda messa in crisi, di 20 posti di lavoro perduti, di almeno altre decine di posti di lavoro in attività collaterali, messi a rischio, di un danno di immagine per una intera città che vive di turismo ed accoglienza;
   lo Stato non deve mai mostrare la faccia feroce verso i cittadini e le imprese, anche quando colpevoli; colpevolezza tutta da dimostrare in questo caso –:
   di quali elementi disponga il Ministro in merito al blitz svoltosi con telecamere al seguito, per eseguire un sequestro preventivo di delfini;
   se non sia stato inopportuno portare a Rimini, per una azione giudiziaria preventiva, addetti stampa nazionali, telecamere e fotografi;
   quanti uomini e quali mezzi siano stati utilizzati nell'operazione sopra descritta;
   quale sia stata l'utilità e l'utilizzo del servizio televisivo realizzato;
   quale siano stati i costi complessivi;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per verificare la correttezza dell'operato del Corpo forestale dello Stato;
   quali siano le ragioni che hanno portato a scegliere un acquario a 400 chilometri di distanza (ve ne sono disponibili a pochi chilometri di distanza), per il trasferimento dei delfini;
   quale sia lo stato di salute attuale dei delfini. (3-00350)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI, OLIVERIO, TERROSI, COVA, ZANIN, LUCIANO AGOSTINI, TENTORI, ANTEZZA, BRAGA e MARIANI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   sabato 15 giugno 2013 a Vivaro (Pordenone) seimila metri quadrati sono stati seminati con mais geneticamente modificato MON810 creando un altissimo rischio di contaminazione nel nostro Paese; gli agenti del Corpo forestale regionale, giunti sul luogo per effettuare i controlli necessari e accertare la regolare etichettatura delle sementi impiegate, come previsto dalla normativa in vigore, si sono visti negare l'accesso al terreno seminato e, pertanto, non hanno potuto procedere al prelievo di campioni del prodotto per condurre analisi specifiche;
   è importante sottolineare che in Friuli Venezia Giulia è in atto ormai da due anni un tentativo forzoso di introduzione delle colture OGM da parte di alcuni agricoltori che espone a forti rischi di contaminazione le produzioni agricole del territorio senza alcun rispetto della volontà popolare dei cittadini italiani che, in numerose occasioni, hanno già da tempo dichiarato la propria contrarietà all'introduzione di coltivazioni OGM sul territorio nazionale;
   il Parlamento è intervenuto sulla questione dell'avvenuta semina di mais geneticamente modificato, approvando una risoluzione ed una mozione con cui ha impegnato il Governo ad assumere iniziative immediate, al fine di evitare ogni forma di possibile contaminazione ambientale e delle produzioni agricole locali;
   anche la Conferenza delle regioni e delle province autonome, con l'ordine del giorno dell'11 luglio 2013, ha espresso forte preoccupazione per il rischio di contaminazione delle colture biologiche e convenzionali in seguito alle avvenute semine di mais MON810 in Friuli Venezia Giulia, e ha sollecitato il Governo ad adottare provvedimenti di divieto per la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale;
   il Governo ha, quindi, adottato un decreto interministeriale l'11 luglio 2013 nel quale ha disposto che «la coltivazione di varietà di mais MON810, provenienti da sementi geneticamente modificate è vietata nel territorio nazionale, fino all'adozione di misure comunitarie di cui all'articolo 54, comma 3 del regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002 e comunque non oltre diciotto mesi dalla data del presente provvedimento»; il suddetto decreto è entrato in vigore l'11 agosto 2013, il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
   tuttavia ad oggi il decreto non risulta ancora applicato, poiché il territorio in cui sono avvenute le semine di mais MON810 non è stato né bonificato né sono stati messi in sicurezza i campi coltivati da prodotti non OGM dalle sicure contaminazioni dovute dalla fioritura del mais transgenico che oramai si trova ad un punto di maturazione tale da essere trebbiato;
   inoltre da notizie di stampa risulterebbe che siano molti di più i terreni coltivati ad OGM in Friuli perché l'agenzia regionale per lo sviluppo rurale Ersa rispondendo a una specifica richiesta di europarlamentari italiani ha dichiarato che «oltre ai già noti terreni coltivati con mais Ogm Mon 810 da Giorgio Fidenato a Vivaro (Pn) e a Mereto di Tomba (Ud) seminati il 15 giugno scorso, ve ne sono altri 5 sempre nel comune di Vivaro seminati il 14 aprile», confermando il tentativo forzoso di introduzione delle colture OGM in atto nella regione;
   la totale assenza di interventi di messa in sicurezza dei campi dagli OGM da parte del Corpo forestale regionale sembrerebbe causata dalla diversa interpretazione data dalla magistratura circa l'efficacia applicativa del decreto interministeriale di divieto di coltivazione di mais geneticamente modificato MON 810, ritenuto, secondo parte della magistratura, non applicabile alle semine avvenute anteriormente all'entrata in vigore del decreto interministeriale –:
   come il Governo intenda procedere per affrontare e risolvere la questione esposta in premessa, in particolare per quel che riguarda la messa in sicurezza delle produzioni agricole del territorio del Friuli Venezia Giulia dalle contaminazione OGM derivanti dalla coltivazione del mais MON 810;
   se siano state avviate indagini in relazione alle semine non autorizzate di OGM;
   se il Ministro sia a conoscenza di ulteriori coltivazioni di mais geneticamente modificato MON 810 in altri territori della regione Friuli così come risulterebbe dai dati forniti dall'agenzia regionale per lo sviluppo rurale (Ersa);
   se non ritenga, per quanto di propria competenza, che possa prodursi un danno ambientale in conseguenza della reiterata presenza in campo di colture ogm;
   se non si ritenga urgente attivarsi in sede comunitaria affinché si proceda all'approvazione di strumenti normativi che prevedano il divieto di coltivazione degli ogm da parte degli Stati membri anche per motivi diversi da quelli legati alla valutazione degli effetti negativi per la salute e per l'ambiente, in applicazione, come già avviene in altri Paesi, del principio di precauzione e di salvaguardia. (5-01092)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apprese dagli interroganti, risulta che, presso il Centro di riabilitazione motoria dell'INAIL di Volterra, si rileva il frequente diniego dei trasferimenti previsti all'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 in difformità alla normativa vigente, aggiornata — da ultimo — dall'articolo 24 della legge n. 183 del 2010, tale situazione lede i diritti fondamentali, quale quelli garantiti dalla normativa in questione, in attuazione di principi stabiliti a livello costituzionale, nei confronti dei disabili e dei loro familiari;
   il Consiglio di Stato in diversi pronunciamenti ha ribadito che la normativa di tutela per l'assistenza alle persone disabili trova diretto fondamento in principi di rango costituzionale con carattere derogatorio rispetto all'ordinaria procedura delle assegnazioni di sede e dei trasferimenti; non è consentito l'obbligo di permanenza per alcuni anni nella prima sede di assegnazione ai soggetti contemplati dalla legge n. 104 del 1992; non si può subordinare l'esigenza di tutela del soggetto debole alle necessità organizzative dell'amministrazione, in violazione della scala dei valori dettata proprio dai principi di rango costituzionale (parere del Consiglio di Stato n 1813 del 10 dicembre 1996);
   la circolare n. 13/10 della Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento funzione pubblica — «Modifica disciplina in materia di permessi per assistenza alle persone con disabilità», paragrafo 6, su «le prerogative relative alla sede di servizio» recita: «Il trasferimento e la tutela della sede lavoro... rappresentano uno strumento per la più agevole assistenza del disabile. È opportuno segnalare che la norma, rispondendo all'esigenza di tutela del disabile, accorda al lavoratore un diritto, che può essere mitigato solo in presenza di circostanze oggettive impeditive, come ad esempio la mancanza di posto corrispondente nella dotazione organica di sede, mentre non può essere subordinato a valutazioni discrezionali o di opportunità dell'amministrazione»;
   i numerosi dinieghi dell'INAIL potrebbero arrecare, altresì, ad avviso dell'interrogante un notevole danno alle casse dello Stato poiché i diretti interessati, per salvaguardare i propri diritti, possono adire le vie legali e, quindi, la pubblica amministrazione, a seguito delle sentenze emesse dai giudici di merito dovrà, comunque, disporre i trasferimenti e/o i distacchi e risarcire le spese di giudizio –:
   se il Governo sia a conoscenza delle motivazioni del diniego dei trasferimenti riportati in premessa e se non ritenga opportuno adottare provvedimenti per il diritto di tutela del soggetto debole per garantire la corretta applicazione della legge n. 104 del 1992. (5-01094)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per la prima volta, uno studio condotto dall'ISVAP ammette l'esistenza di una situazione anomala sulle condizioni assicurative al Sud ed in particolare quantifica con esattezza l'entità del divario dei prezzi Nord-Sud;
   l'indagine è stata condotta su 21 province italiane, la maggior parte delle quali sono anche capoluoghi di regione, mentre due corrispondono alle provincie autonome del Trentino Alto Adige (Bolzano e Trento);
   l'analisi dei dati raccolti dall'Isvap fino a luglio 2012, consente di chiarire che le provincie meridionali presentanti, nella maggioranza dei casi, prezzi medi di listino più elevati rispetto a quelli praticati nel settentrione, indipendentemente dai soggetti presi in esame dall'indagine, siano essi automobilisti o motociclisti, neopatentati o guidatori esperti;
   è stato inoltre accertato che, non solo i prezzi delle polizze sono più elevati al Sud, ma anche gli aumenti medi annuali sul costo della RC Auto obbligatoria fanno registrare valori quasi sempre più alti rispetto alle provincie settentrionali;
   il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo e la competitività», convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, in materia di assicurazioni ha previsto, tra le altre, una disposizione diretta ad uniformare la tariffa RC Auto in tutto il territorio nazionale, eliminando così le rilevanti disparità di prezzo esistenti tra le diverse regioni italiane;
   in particolare l'articolo 32, comma 3-quinquies, del citato decreto-legge testualmente recita «Per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive ed oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte»;
   in relazione alla portata delle condizioni «oggettive» che possono giustificare offerte non identiche, ed in particolare se tra tali condizioni rientrino le differenti condizioni di rischio rilevabili nelle diverse aree del territorio nazionale, è stata acquisita l'interpretazione del Ministero dello sviluppo economico;
   il 19 aprile 2012 l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap) ha inoltrato alle imprese di assicurazione che esercitano la RC auto in Italia, con sede legale in Italia o in un altro Stato membro dello Spazio economico europeo (SEE) o terzo rispetto ad esso, nonché per conoscenza al Ministero dello sviluppo economico e all'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), una circolare esplicativa delle disposizioni, contenute nel citato decreto in materia di assicurazione obbligatoria RC auto, che hanno immediato impatto sui consumatori;
   tra queste ultime, al paragrafo 4, si fa riferimento proprio all'articolo 32 del citato decreto-legge che lo stesso Istituto di vigilanza definisce norma di non facile interpretazione per la quale, si legge nella circolare, data la delicatezza e la rilevanza della questione, è stata acquisita l'interpretazione del Ministero;
   il Ministero, con nota del 18 aprile 2012, ha fornito all'autorità l'interpretazione dell'articolo 32, poi riportata nella circolare stessa, in cui si asserisce che una ragionevole e legittima interpretazione della norma dovrebbe includere nelle differenziazioni tariffarie possibili, anche per le classi di massimo sconto, quelle legate alle oggettive differenze delle condizioni di rischio rilevate nei singoli territori (frequenza dei sinistri, livello di risarcimenti eccetera), precisando che escludere il parametro della territorialità nell'analisi del rischio sarebbe in contrasto con il principio di libertà tariffaria garantito dalla normativa comunitaria;
   in altre parole, la norma impone comunque alle imprese di assicurazione di individuare nell'ambito della propria autonomia tariffaria e in attesa di una più complessiva revisione del sistema bonus-malus, le modalità più idonee per pervenire progressivamente ad un maggior favore tariffario verso i guidatori più virtuosi, anche mediante una più adeguata valorizzazione di tale condizione virtuosa nelle aree territoriali in cui le condizioni di rischio permangano transitoriamente maggiori;
   l'interpretazione resa dal Ministero archivia definitivamente la possibilità per i cittadini delle regioni del sud Italia di essere soggetti all'imposizione di una tariffa più equa e non discriminatoria e vanifica del tutto la portata della norma contenuta nel decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
   si apprende da un articolo della rivista Quattroruote del 27 agosto 2013 che ad oggi i veicoli circolanti senza RC Auto sono tra i 3,1 e i 4 milioni (stime Ania ed Aci), ovvero oltre il 7 per cento del totale degli automezzi, il picco si raggiunge al Sud con l'11,9 per cento, un fenomeno che sta raggiungendo proporzioni da allarme sociale;
   la mancanza di copertura assicurativa è in evidente e diretta relazione con gli elevati aumenti dei premi assicurativi, dato che l'incidenza degli automobilisti scoperti è tanto più frequente nelle fasce di territorio dove i premi assicurativi, a parità di altre condizioni, sono più elevati –:
   quali iniziative nei limiti della propria competenza il Ministro interrogato intenda adottare per ripristinare i diritti violati e l'effettiva parità di trattamento per i cittadini residenti in talune specifiche aree territoriali con particolare riferimento all'area metropolitana calabrese e per rendere più equo e competitivo il comparto delle assicurazioni sulla RC auto, visto che, nonostante i numerosi interventi legislativi e regolatori degli ultimi 5 anni, i prezzi delle polizze continuano a registrare incrementi significativi e generalizzati. (4-01985)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01956, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01858 del 18 settembre 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Catalano e altri n. 4-01940 del 25 settembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01091.
   interrogazione a risposta in Commissione Fanucci n. 5-01081 del 26 settembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02000;
   interrogazione a risposta in Commissione Fanucci n. 5-01082 del 26 settembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02001.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Boccadutri e altri n. 2-00227 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 83 del 24 settembre 2013. Alla pagina 5112, seconda colonna, dalla riga settima alla riga nona deve leggersi: «italiana S.p.a. ha pagato per poter acquisire gli asset produttivi di Alitalia – Linee Aeree Italiane S.p.a., tenendo ben» e non «italiana S.p.a. ha pagato per poter acquisire gli asset produttivi di Alitalia – Compagnia Aerea Italiana S.p.a., tenendo ben», come stampato.