Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 25 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 183, comma 1, lettera cc), del codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, reca la definizione di combustibile solido secondario: «il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale»;
    nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2013, n. 62, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni», che prima dell'emanazione è stato preventivamente notificato alla Commissione europea ed è stato approvato decorso il termine di «stand stili»;
    come indicato nel titolo, il regolamento attua, dunque, l'articolo 184-ter (rubricato «Cessazione dalla qualifica di rifiuto») del codice dell'ambiente, stabilendo, nel rispetto degli standard di tutela ambientale e della salute, le condizioni alle quali alcune tipologie di combustibile solido secondario cessano di essere rifiuti e sono da considerare, a tutti gli effetti, un prodotto (la cosiddetta end of waste ai sensi della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti);
    nel regolamento sono, dunque, definite le condizioni e i requisiti in base ai quali, dalle operazioni di trattamento di specifiche tipologie di rifiuti, si ottiene il prodotto denominato combustibile solido secondario, nonché le relative condizioni di utilizzo in alcune specifiche tipologie di impianti industriali (cementifici e centrali termoelettriche) ritenute idonei, al fine di rispettare gli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana;
    in particolare, sotto il profilo della tutela dell'ambiente e della salute, il decreto n. 22 del 2013 stabilisce che il combustibile solido secondario può essere utilizzato solo in impianti che rispettano le condizioni di esercizio stabilite nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, in materia di coincenerimento di rifiuti, che ha recepito nell'ordinamento nazionale la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti;
    l'articolo 13 del decreto n. 22 del 2013 stabilisce, inoltre, che possono utilizzare combustibile solido secondario solo gli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, obbligati, come tali, al rispetto delle migliori tecnologie disponibili (best available techniques, bat);
    pertanto, l'utilizzo del combustibile solido secondario deve, comunque, rispettare i valori limite di emissioni in atmosfera indicati o calcolati secondo quanto descritto nell'allegato 2 del citato decreto legislativo n. 133 del 2005;
    per poter procedere all'utilizzo del combustibile solido secondario, inoltre, gli impianti devono rispettare anche le prescrizioni, più restrittive, contenute nella rispettiva autorizzazione integrata ambientale: ai sensi dell'articolo 13 del decreto n. 22 del 2013, infatti, possono utilizzare combustibile solido secondario solo gli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale, obbligati, come tali, al rispetto delle migliori tecnologie disponibili (best available techniques, bat);
   in materia di emissioni dei cementifici e di eventuali variazioni della loro tipologia, numerosi sono gli studi che analizzano gli effetti dell'utilizzo di combustibili alternativi nei cementifici; da ultimo, nel 2011, uno studio condotto dal «Network far business sustainability» (Canada) in collaborazione con il Politecnico di Bari (facoltà di ingegneria meccanica) ha raffrontato le pubblicazioni internazionali in materia. Sono stati giudicati rilevanti ai fini dello studio più di 110 articoli tecnici, rapporti di associazioni internazionali di ricerca e organizzazioni governative, pubblicazioni di ricercatori universitari, life cycle analysis, la maggior parte dei quali conclude che le emissioni dai camini di anidride carbonica, ossido di azoto, diossido di zolfo, metalli, diossine e furani sono generalmente inferiori rispetto a quelle generate con l'utilizzo di combustibili fossili;
    sulla questione, in particolare delle diossine generate nel processo di combustione, i processi di combustione che avvengono a temperature molto elevate, quali quelli dei cementifici, e l'utilizzo del combustibile solido secondario con dosaggi e proporzioni prestabilite e controllate non favoriscono la formazione di diossine, quanto, invece, la distruzione e la completa ossidazione delle molecole inquinanti di natura organica eventualmente presenti; con riferimento agli ossidi di azoto, l'istruttoria del decreto ministeriale si è basata su esperienze tecniche condotte in Italia e in tutta Europa che evidenziano una diminuzione dei livelli emissivi in caso di utilizzo di combustibile solido secondario, come rilevato anche dal Politecnico di Torino (Genon, Brizio, 2008) e dalla provincia di Cuneo (settore tutela ambiente, atti Forum PA 2009);
    il bilancio emissivo e ambientale preso a riferimento per la stesura del decreto ministeriale n. 22 del 2013 è risultato, complessivamente, a favore dell'impiego del combustibile solido secondario nei cementifici, sia sotto l'aspetto del miglioramento dell'impatto emissivo degli stessi rispetto alla normale conduzione con combustibili fossili, sia sotto l'aspetto dell'eliminazione delle emissioni del processo di incenerimento, sia, in particolare, per quanto riguarda gli impatti della messa in discarica dei rifiuti altrimenti non impiegati nella filiera di produzione ed utilizzo del combustibile solido secondario;
    inoltre, è necessario ricordare che la produzione e l'utilizzo del combustibile solido secondario sono soggetti non solo a tutte le attività di controllo previste dall'ordinamento, ma anche a una serie di ulteriori e specifici controlli previsti nello stesso decreto ministeriale n. 22 del 2013;
    la produzione dei rifiuti ha mostrato, negli ultimi decenni, una crescita vertiginosa: dalla metà degli anni ’90 ad oggi, quella italiana è quasi raddoppiata, con conseguenze naturalmente molto gravi dal punto di vista ambientale e della salute, in particolare perché la maggior parte dei rifiuti prodotti è sottoposta a smaltimento in discarica; nel 2010, in base ai dati Ispra, oltre 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono stati smaltiti in discarica; nel 2009, sono stati prodotti 128,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali totali e la quota di rifiuti speciali destinata al recupero di energia rappresenta solo l'I,5 per cento, mentre il 9,6 per cento è la quota di rifiuti speciali destinata allo smaltimento in discarica;
    in Italia, tra l'altro, alla questione della produzione e dello smaltimento dei rifiuti si lega un problema molto grave, quello dello smaltimento illegale di rifiuti industriali, che rappresenta un pericoloso campo d'attività delle ecomafie e uno tra i business illegali più redditizi; naturalmente, ciò ha gravi ripercussioni nel campo della sicurezza ambientale e sanitaria, dal momento che i rifiuti, anziché essere trattati e gestiti secondo le norme di legge, finiscono per essere fonte di inquinamento dell'aria, di contaminazione delle acque sotterranee, di inquinamento dei fiumi e delle coltivazioni agricole, rischiando di contaminare con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene anche i prodotti alimentari;
    il problema dello smaltimento dei rifiuti in Italia e le emergenze che in molti casi vi sono connesse richiedono la predisposizione di una politica complessiva in materia, con le soluzioni integrate che tengano in debita considerazione gli obiettivi fissati anche a livello europeo e la «gerarchia» indicata nella normativa in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti, in particolare, la direttiva 2008/98/CE: dalla prevenzione, alla preparazione per il riutilizzo, al riciclaggio, al recupero (tra cui, appunto, il recupero di energia) e, infine, come soluzione ultima, lo smaltimento;
    è compito di ciascuno Stato membro adottare quelle misure che favoriscano il miglior risultato ambientale complessivo e, a tale fine, ai sensi dell'articolo 4, secondo comma, della stessa direttiva, può essere necessario che flussi di rifiuti specifici «si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall'impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti»;
    l'enorme produzione di rifiuti, in particolare nella situazione italiana, richiede dunque la gestione di un regime transitorio che permetta lo sviluppo compiuto delle politiche e delle azioni necessarie a garantire la soluzione di lungo termine al problema, attraverso la riduzione della produzione di rifiuti, il riuso, l'aumento della raccolta differenziata e del riciclo, consentendo di risparmiare materie prime e ridurre l'uso delle discariche – e, quindi, anche lo sfruttamento e l'inquinamento del suolo – ed effettivamente costruire un ciclo dei rifiuti integrato, virtuoso e sostenibile;
    pur essendo prioritario massimizzare il riciclo e le politiche di prevenzione nella produzione, è altresì importante iniziare ad utilizzare il combustibile solido secondario in parziale co-combustione negli impianti industriali esistenti, proprio al fine di sostituire una parte dei combustibili fossili e inquinanti utilizzati fino ad oggi, tra i quali petroleum coke, polverino di carbone ed altri;
    tale scelta permette, tra l'altro, di limitare il ricorso alle discariche e agli inceneritori, evitando di inchiodare il ciclo dei rifiuti all'opzione meno preferibile (smaltimento) con il rischio di bloccare le possibilità di sviluppo del riciclaggio o delle politiche di prevenzione;
    in concreto, l'effetto dell'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non ha tali effetti negativi sullo sviluppo della raccolta differenziata: da un lato, la disciplina europea e quella nazionale impongono comunque obiettivi minimi di raccolta differenziata che devono essere rispettati; dall'altro, la raccolta differenziata della frazione umida potrebbe, al contrario, essere incentivata. In tal senso, l'articolo 6, secondo comma, del decreto ministeriale n. 22 del 2013 richiama espressamente l'articolo 179 del codice dell'ambiente, proprio al fine di evitare che la produzione del combustibile solido secondario avvenga nel mancato rispetto della gerarchia indicata a livello europeo nella gestione dei rifiuti;
    il ciclo integrato dei rifiuti prevede che il recupero energetico si effettui a valle del processo di corretta raccolta e riciclo dei rifiuti, ovvero sulla percentuale del 25-30 per cento restante;
    tale percentuale va poi trattata: il combustibile solido secondario è, infatti, un tipo di combustibile prodotto dai rifiuti non pericolosi e ottenuto attraverso un complesso e controllato processo di produzione. Per essere classificato come combustibile solido secondario, il combustibile da rifiuti deve possedere determinate caratteristiche e parametri qualitativi, che sono prescritti nelle norme tecniche europee che regolamentano il suo processo produttivo;
    l'utilizzo di rifiuti nei cementifici è una pratica largamente diffusa ed è riconosciuta a livello europeo come best available technique, favorendo la riduzione delle emissioni di gas serra nonché di anidride carbonica prodotte dalle discariche; nei Paesi europei più avanzati, il tasso di sostituzione termica dei combustibili fossili con i combustibili solidi secondari nelle cementerie ha raggiunto nel 2011: l'83 per cento in Olanda, il 62 per cento in Germania, il 63 per cento in Austria, il 40 per cento in Polonia, il 30 per cento in Francia, il 22 per cento in Spagna (dati aggiornati al 2011 in base alle fonti ufficiali Aitec). Nel 2012, solo il 10 per cento dell'energia termica necessaria per la produzione del cemento in Italia proviene da fonti energetiche alternative, il restante 90 per cento circa è ottenuto con l'utilizzo di combustibili fossili non rinnovabili;
    la gestione dell'utilizzo del combustibile solido secondario ha alimentato, insieme ad un ampio dibattito, alcune preoccupazioni riguardo all'impatto delle emissioni sui livelli di tutela dell'ambiente e della salute, in particolare nelle comunità locali più prossime agli impianti;
    risulta, pertanto, necessario adottare tutte le iniziative volte ad aumentare la fiducia in relazione all'utilizzo di detti combustibili e fornire, con riferimento alla produzione e all'utilizzo di combustibile solido secondario, chiarezza giuridica e certezze scientifiche, in particolare riguardo alle emissioni dei cementifici e alle eventuali variazioni della loro tipologia,

impegna il Governo:

   ad effettuare un'approfondita comparazione in merito alle condizioni tecnologiche ed operative che disciplinano l'impiego del combustibile solido secondario in altri Paesi europei;
   ad avviare approfondimenti tecnici multidisciplinari per verificare se e a quali condizioni l'utilizzo del combustibile solido secondario nei cementifici non determina rischi per la salute e per l'ambiente, con particolare riferimento alle effettive emissioni di sostanze inquinanti derivanti dall'uso dei rifiuti come combustibili, che tengano conto non solo del funzionamento degli impianti a regime e in condizioni di massima sicurezza, ma anche dei possibili rischi derivanti da malfunzionamenti/fuori servizio e gestione dei transitori;
   a fornire, a seguito di tali accertamenti preliminari, un quadro aggiornato sull'attuazione, da parte dei settori industriali coinvolti, del potenziale costituito dal combustibile solido secondario, fornendo anche informazioni circa i processi autorizzativi avviati a seguito dell'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 22 del 2013, nonché a rendere alle competenti Commissioni parlamentari ogni necessario elemento informativo relativo alle verifiche tecniche attuate e al vaglio dei risultati di tali verifiche, nonché ai dati di utilizzo del combustibile solido secondario, anche sulla base delle comunicazioni annuali previste dall'articolo 14 del decreto ministeriale n. 22 del 2013 a carico dei produttori e degli utilizzatori di combustibile solido secondario;
   ad adottare tutte le iniziative necessarie a tutela della salute e dell'ambiente, anche integrative, o, se necessario, di modifica del decreto ministeriale n. 22 del 2013;
   a prevedere adeguati strumenti di informazione e consultazione in relazione ai progetti di utilizzo, nell'ambito dei singoli cementifici, dei combustibili alternativi, tra cui i combustibili solidi secondari, in luogo dei combustibili tradizionali (carbone, petroleum coke ed altri), in particolare prevedendo forme di coinvolgimento delle regioni interessate a tali processi;
   a garantire la completa e verificata applicazione della normativa ambientale relativa all'esercizio degli impianti di produzione di cemento a ciclo completo, nonché ad assumere iniziative normative ad hoc per garantire, altresì, la completa trasparenza e aderenza alle severe norme comunitarie in materia di emissioni, nei processi di autorizzazione, che, nel caso di istanza da parte del gestore dell'impianto di utilizzo, dovranno essere considerati dall'autorità competente uno ad uno;
   a procedere rapidamente alla costituzione del comitato di vigilanza e controllo previsto all'articolo 15 del decreto ministeriale n. 22 del 2013, avente il compito di garantire il monitoraggio della produzione e dell'utilizzo del combustibile solido secondario ai fini di una maggiore tutela ambientale – nonché la verifica dell'applicazione di criteri di efficienza, efficacia ed economicità, di intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza del pubblico informazioni utili o opportune in relazione alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario, anche sulla base dei dati trasmessi dai produttori e dagli utilizzatori di cui all'articolo 14 del medesimo decreto, nonché di assicurare il monitoraggio sull'attuazione della disciplina dettata dal decreto, garantire l'esame e la valutazione delle problematiche collegate, favorire l'adozione di iniziative finalizzate all'applicazione uniforme e coordinata del regolamento e sottoporre eventuali proposte integrative o correttive della normativa;
   a rafforzare con ogni strumento a disposizione, in particolare in materia di emissioni inquinanti, il processo di costruzione di un moderno ed efficace sistema di controlli ambientali in tempo reale, al fine di garantire ai cittadini effettive ed efficaci forme di tutela della salute e assieme dell'ambiente, anche con la prescrizione di precise procedure tecniche che impongano agli operatori l'obbligo di rendere disponibili on line i dati raccolti;
   a definire linee guida che specifichino, per gli impianti utilizzatori del combustibile solido secondario, tecnologie di processo e di trattamento degli effluenti gassosi, liquidi e solidi, tali da garantire la qualità e la quantità delle emissioni nel rispetto delle normative di settore;
   nel rispetto del decreto ministeriale n. 22 del 2013, a mettere in atto misure che evitino che gli standard di qualità ambientali definiti dalle vigenti normative siano raggiunti attraverso meri effetti di diluizione del combustibile solido secondario con i tradizionali combustibili;
   a intraprendere le iniziative idonee a portare a conoscenza delle popolazioni interessate tutte le informazioni relative alla produzione e all'utilizzo del combustibile solido secondario;
   a definire, d'intesa con le regioni, modalità e limiti quantitativi di utilizzo del combustibile solido secondario, tenendo conto delle percentuali di raccolta differenziata raggiunte, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi comunitari e nazionali di raccolta differenziata e di recupero della materia.
(1-00193) «Borghi, Latronico, Matarrese, Carrescia, Alli, Arlotti, Baldelli, Dorina Bianchi, Mariastella Bianchi, Braga, Bratti, Castiello, Cominelli, D'Agostino, Dallai, Decaro, Distaso, Gadda, Ginoble, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Mazzoli, Morassut, Moretto, Realacci, Giovanna Sanna, Vella, Zardini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministro Enrico Giovannini, in un'intervista al Corriere della Sera, ha ventilato l'ipotesi di addivenire ad un prelievo sulle pensioni che superino una determinata soglia di importo, sostenendo che tale intervento «non porterebbe molti soldi, ma sarebbe una misura di giustizia sociale»;
    secondo l'economista Tito Boeri, oltre che secondo diffusa coscienza comune, in tempo di crisi, realizzare un prelievo sulle pensioni «più generose» significherebbe tutelare l'equità attuariale e intergenerazionale al fine di garantire ogni più ragionevole principio di equità;
    contrariamente a quanto sopra, con la sentenza 116/2013 depositata il 5 giugno 2013, la Consulta ha bocciato l'opportunità di detto prelievo solidale così come era stato, invece, previsto dal comma 22-bis dell'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che aveva di fatto previsto lo stralcio del 5 per cento della quota di assegno eccedente i 90 mila euro, del 10 per cento oltre i 150 mila e del 15 per cento oltre i 200 mila euro;
    peraltro, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 241 del 2012 aveva già «bollato» tale prelievo come incostituzionale in quanto giudicato: «un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini», poiché i provvedimenti colpivano i soli dipendenti pubblici, e non anche i lavoratori autonomi o privati, o i pensionati pubblici, lasciando indenni le altre categorie previdenziali;
    orbene, come si legge in ambedue le sentenze della Consulta: «Il risultato di bilancio avrebbe potuto essere ben diverso e più favorevole per lo Stato, laddove il legislatore avesse rispettato i principi di eguaglianza dei cittadini e di solidarietà economica» viceversa in conseguenza della sentenza della Consulta, lo Stato dovrà restituire circa 84 milioni di euro, con conseguente forte ed ulteriore impatto negativo sull'opinione pubblica, laddove i grandi sacrifici sostenuti dalla vasta parte dei cittadini verranno ancora una volta frustrati in spregio ad ogni principio di equità ancorché circa il 44 per cento dei pensionati italiani, per un totale di oltre 7 milioni di cittadini, riceve oggi da Inps un assegno inferiore ai mille euro al mese e, nel 13 per cento dei casi, tale assegno non supera addirittura i 500 euro, così come reso noto dall'Istat nel Rapporto sui trattamenti pensionistici, redatto in collaborazione con l'Inps;
    ad oggi è prioritario l'obiettivo di evitare l'aumento dell'aliquota IVA dal 21 al 22 per cento, prevista per il 1° ottobre 2013, aumento che causerebbe effetti finanziari negativi superiori all'onere di spesa connesso per la copertura del mancato aumento, in quanto la consequenziale impennata dei prezzi al consumo farebbe crollare la domanda già debole e peggiorerebbe la critica situazione di imprese e negozi pronti a ritirarsi dal mercato, con gravi ripercussione sulla crescita del PIL;
    la mancanza di risorse nel bilancio dello Stato deve necessariamente indurre la classe politica a valutare scelte economiche coraggiose ed eque con effetti positivi per l'economia nel medio e lungo termine;
    le decisioni di tagliare le spese dello Stato, quelle che oggi sono obiettivamente inopportune, non possono che riguardare prioritariamente lo scandalo delle pensioni d'oro erogate dall'INPS – unico Paese al mondo in cui è presente tale fenomeno –, sia pubbliche che private, al di là della loro esagerata misura, soprattutto perché non soddisfano il principio di equità e solidarietà fra i cittadini;
    i rilievi costituzionali possono essere superati sia in quanto una contribuzione solidale può essere inserita purché provvisoria ed una tantum, sia valutando una revisione del trattamento tributario sui redditi da pensione, per consentire una redistribuzione del carico fiscale sulle fasce più elevate, ovvero rivalutando la corrispondenza fra effettivi contributi versati e trattamento pensionistico elargito;
    il divieto di «toccare» i cosiddetti «diritti acquisiti» deve valere per tutti, non solo per i titolari di «pensioni d'oro», ma per tutti i lavoratori in pensione o in procinto di andare, che hanno avuto pregiudizio in seguito alla ben nota «legge Fornero», che ha modificato i criteri su cui molti cittadini avevano programmato la loro uscita dal mondo del lavoro;
    diritto acquisito è anche quello che consente ad ogni cittadino oggi, in piena crisi recessiva, di essere protetto dallo Stato e ricevere almeno i fondamentali per una vita dignitosa, finché contribuisce alle spese dello Stato con una elevata tassazione e per tutti gli anni di contribuzione, quindi è doveroso che l'impiego delle risorse prelevate siano razionalmente utilizzate per il benessere sociale di tutti, senza sprechi e privilegi conseguiti da leggi, che risalgono fino agli anni 90;
    come si sta procedendo alla revisione della Costituzione, che le forze politiche favorevoli alle modifiche ritengono non più adeguata a soddisfare le mutate esigenze politiche del Paese, a maggior ragione si possono rivedere le norme assurde, che consentono oggi a pochi di avere delle pensioni anche fino ad 1 milione di euro annuo perché rappresentano una spesa non più sostenibile a carico del bilancio dello Stato, ma soprattutto dei contribuenti italiani in grave difficoltà e soprattutto dei giovani lavoratori, che forse non vedranno mai la pensione,

impegna il Governo:

   a valutare in tempi ristretti l'opportunità di rimodulare il prelievo straordinario su tutti i redditi da pensione con aliquote progressive differenziate, al fine di consentire una più equa progressività dell'imposta sui medesimi redditi e rimuovere i rilievi di costituzionalità sul prelievo solidale;
   contestualmente a valutare l'opportunità di revisionare i trattamenti pensionistici erogati per prestazioni lavorative presso pubbliche amministrazioni e di elevato importo, al fine di adeguare i trattamenti medesimi alla effettiva contribuzione da parte del lavoratore beneficiario in quiescenza, riducendo la quota di trattamento acquisita in base al sistema retributivo, fissando per ciascuna forma di sistema un tetto massimo di pensione erogabile, onde evitare disparità eccessive nell'erogazione delle pensioni e tali da rendere il sistema iniquo ed oramai inaccettabile per i molti cittadini che vivono alle soglie della povertà, percependo pensioni minime di importo tale da non consentire nemmeno lo svolgimento di una vita dignitosa;
   a destinare tutte le risorse resesi disponibili dalla revisione delle «pensioni d'oro» all'obiettivo di non procedere, all'aumento dell'aliquota IVA, ovvero a rinviare tale aumento almeno fino al 31 dicembre 2013, in attesa di reperire nuove risorse per evitare a regime l'aliquota del 22 per cento.
(1-00194) «Villarosa, Castelli, Sorial, Currò, D'Incà, Caso, Cariello, Brugnerotto, Barbanti, Ruocco, Cancelleri, Pisano, Pesco».

Risoluzione in Commissione:


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    la città di Civitavecchia (Roma), fin dai primi anni ’60, ha subito la realizzazione di 3 diverse centrali termoelettriche con una concentrazione di emissioni che ha portato un impatto dirompente sulla salute della cittadinanza e sulle condizioni generali dell'ambiente, pregiudicando, peraltro, uno sviluppo e un'economia alternativi;
    il decreto VIA del 24 dicembre 2003 ha autorizzato Enel a riconvertire la centrale da olio combustibile a carbone impiegando tre gruppi da 660 megawatt ciascuno;
    i cittadini di Civitavecchia, Tarquinia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella, Cerveteri e Ladispoli già dal dicembre 2000, data in cui Enel cominciò a proporre l'idea della riconversione a carbone, si sono organizzati in molteplici comitati e associazioni volti ad impedirla;
    i dati relativi alla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia sono semplicemente allarmanti, tutti gli studi epidemiologici dai primi anni ’90 ad oggi dimostrano la gravità della situazione: nel provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale per l'impianto Torre Valdaliga Nord (Tvn) si legge: «in un'area dove non è possibile escludere che le emissioni avvenute nel passato abbiano comportato un impatto sulla salute umana che non si sia ancora completamente manifestato»;
    nel biennio 1990-1991 l'osservatorio epidemiologico regionale (OER) ha rilevato a Civitavecchia un'incidenza di mortalità per tumore ai polmoni, bronchi e trachea superiore al 35 per cento della media regionale. In dettaglio, nel 1996 l'OER, nell'analizzare i dati relativi al triennio 1990-92 ha accertato che Civitavecchia (comprensiva di Tolfa, Allumiere e Santa Marinella) è al secondo posto nel Lazio per mortalità per tumori e al primo per quella relativa ai tumori ai polmoni;
    nell'ottobre 1999 sempre l'OER ha riscontrato una mortalità delle donne nel territorio di Civitavecchia superiore del 12 per cento rispetto alla media del Lazio. Sono notevolissime le incidenze di mortalità per cancro alla trachea, ai bronchi e ai polmoni, nella misura del 23 per cento in più. Inoltre, la rivista Occupational environmental medicine nel settembre 2004 ha pubblicato una ricerca che dimostra che nell'area di Civitavecchia il rischio di cancro al polmone sarebbe al 20-30 per cento rispetto alla media regionale;
    uno studio commissionato dal National institute of environmental hearth sciences (NIEHS) ha chiaramente messo in relazione l'aumento del rischio di avere il cancro al polmone con l'esposizione cronica alle polveri provenienti dalla combustione dei combustibili fossili;
   il centro pneumologico Conti Curzia di Civitavecchia, in una ricerca effettuata nel 2001 su ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, ha riscontrato che il 56,3 per cento dei soggetti è affetto da asma, allergie e altre sindromi dell'apparato respiratorio, la percentuale più alta nella regione Lazio;
    uno studio dell'ottobre 2006 pubblicato in «Epidemiologia e prevenzione», a cura di V. Fano, F. Forastiere, P. Papini, V. Tancioni, A. Di Napoli, C. A. Petrucci, ha evidenziato che: «l'analisi dei ricoveri ospedalieri aggiunge informazioni al quadro epidemiologico dell'area, con risultati coerenti con quelli di mortalità e che confermano i risultati di studi precedenti: tumore polmonare pleurico e asma bronchiale sono in eccesso. Una novità rispetto alle conoscenze già note è costituita dall'aumento di incidenza dell'insufficienza renale cronica, rilevato dal registro regionale dialisi»;
    il recente studio condotto dal dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, relativo al periodo 2006-2010, fa emergere dei dati allarmanti. «A Civitavecchia il tasso di mortalità causato da tumori al polmone e alla pleura è il 30 per cento più alto rispetto al resto della regione Lazio». A dirlo è il dottor Francesco Forastiere, che ha condotto la ricerca. «Insieme a questo vi è anche un aumento delle morti per malattie respiratorie croniche – continua Forastiere – queste due malattie hanno un'origine non solo nel fumo di sigaretta, ma anche nell'esposizione nei posti di lavoro e nell'impatto ambientale». I fattori che hanno portato a questa condizione sono però molteplici. «C’è da considerare l'amianto presente sulle navi, le emissioni delle centrali, l'inquinamento del porto e tutta una serie di circostanze che hanno colpito il territorio negli ultimi venti/trent'anni», precisa Forastiere. Allora, i dati a disposizione non riguardano solamente gli ultimi anni, ma l'esposizione a cui è andata incontro la popolazione di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella a partire dagli anni ’80;
    l'azienda sanitaria locale asl RmF ha, nel mese di maggio 2013, deliberato l'istituzione del registro dei tumori, strumento epidemiologico ormai irrinunciabile per Civitavecchia ed il suo comprensorio a fronte dell'incidenza delle patologie tumorali riscontrate;
    in data 12 marzo 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) dell'impianto di Torre Valdaliga Nord aggravando ulteriormente la già precaria situazione ambientale e sanitaria. Ciò si evince dalla comparazione dei limiti emissivi, delle ore di funzionamento e della quantità di combustibile utilizzato nelle diverse autorizzazioni dal 2003 ad oggi (si vedano: decreto VIA n. 55 del 2003 del Ministero delle attività produttive, limiti secondo le migliori tecnologie esistenti secondo le normative europee e nazionali, dati da report Enel 2011 e 2012, decreto AIA 2013);
    dalla comparazione si evince chiaramente che dal 2003 al 2013 si è prodotto un complessivo peggioramento delle condizioni di esercizio della centrale con particolare riferimento alle ore di funzionamento che passano da 6.000 a 7.500 all'anno in più per ogni gruppo della centrale Torre Valdaliga Nord;
    il consumo di carbone è passato da 3.600.000 a 4.500.000 tonnellate all'anno con un aumento di 900.000 tonnellate, pari al 25 per cento in più, rendendo nullo il parere della regione Lazio in fase di valutazione di impatto ambientale all'interno della quale veniva richiesta la limitazione di produzione di energia con 3 gruppi e non 4, proprio per limitare l'uso di combustibile fossile;
    un ulteriore aspetto critico (presente a pagina 109 del parere istruttorio conclusivo dell'AIA 2013) consiste nell'autorizzazione ad utilizzare carbone con tenore di zolfo inferiore all'1 per cento anziché inferiore allo 0,3 per cento come previsto dal piano di riqualificazione della qualità dell'aria della regione Lazio;
    dai primi di aprile 2013 la discarica di Malagrotta in ottemperanza alle normative europee ha cessato il ricevimento dei rifiuti indifferenziati. L'immobilismo degli ultimi anni ha portato all'ennesima emergenza rifiuti e all'ennesimo commissariamento della sua gestione nelle mani del commissario Goffredo Sottile;
    il 14 febbraio 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha decretato la semplificazione della normativa che prevede la combustione del CDR (combustibile da rifiuti) o del CSS (combustibile solido secondario) e il declassamento del CSS da rifiuto a combustibile di qualità, all'interno di siti produttivi come cementifici o centrali termoelettriche;
    il Consiglio di Stato, capovolgendo una precedente decisione del Tar del Lazio sullo stesso provvedimento, ha emesso un'ordinanza accogliendo la richiesta di cautelare formulata dalla Regione, sospendendo così l'esecutività della sentenza del Tar impugnata. Di fatto, con questo provvedimento, è ormai vigente il piano regionale dei rifiuti varato dalla giunta Polverini, approvato con deliberazione del consiglio regionale del Lazio del 18 gennaio 2012, n. 14;
    il commissario straordinario per l'emergenza rifiuti del Lazio Goffredo Sottile, nell'espletamento delle sue funzioni, ha il pieno potere decisionale anche al fine di individuare siti per l'incenerimento di CDR o CSS;
    a tal fine il commissario Sottile ha richiesto agli uffici regionali (dipartimento programmazione economica e sociale, direzione regionale attività produttive e rifiuti) l'elenco degli impianti esistenti utilizzabili fin da oggi (decreto del Ministero dell'ambiente 25 marzo 2013 prot n. 100 – riscontro nota prot. n. 242/2013/U del 27 marzo 2013). Nell'elenco prodotto dalla regione (prot. 58344 DB/04/13 del 28 marzo 2013) risultano presenti, tra gli altri, gli impianti termoelettrici di Torre Valdaliga Nord e Torre Valdaliga Sud;
    come detto, il comune di Civitavecchia ha deliberato di istituire attraverso la asl RmF il registro dei tumori, quale studio dell'incidenza e della prevalenza dei tumori;
    il comune, attraverso un'ordinanza del sindaco del 26 aprile 2013, ha disposto il divieto totale ed assoluto di combustione presso le centrali elettriche e presso gli altri opifici industriali presenti sul territorio, con qualsiasi modalità e con l'utilizzo di qualsiasi procedimento tecnico, di rifiuti e di materiale di risulta, siano essi di natura organica o inorganica e ha ordinato che le forze dell'ordine, il Corpo della polizia locale, la asl, l'Arpa Lazio, l'Ispra ed il competente servizio comunale ambiente curino l'attuazione ed il rispetto della disposizione;
    i comuni del territorio hanno approvato e stanno approvando un'identica mozione che impegna le amministrazioni di competenza a mettere in campo ogni azione necessaria a impedire che le centrali di Torre Valdaliga Nord e di Torre Valdaliga Sud siano utilizzate per l'incenerimento del combustibile da rifiuti e combustibile solido secondario;
    la provincia di Roma, nel pieno delle sue funzioni, si è più volte espressa, attraverso mozioni, approvate all'unanimità del consiglio, contro ogni ipotesi di incenerimento di rifiuti negli impianti di Torre Valdaliga Nord e Torre Valdaliga Sud,

impegna il Governo:

   a riaprire immediatamente la conferenza di servizi sull'autorizzazione integrata ambientale della centrale di Torre Valdaliga Nord al fine di un generale ridimensionamento delle condizioni di esercizio con una relativa diminuzione delle ore di lavorazione dell'impianto, delle quantità annue di carbone bruciabile e, in modo particolare, riguardo alla chiusura dell'impianto entro e non oltre il 2020 e, nel frattempo, a mettere in campo tutte le azioni necessarie a riconvertire le maestranze attualmente impiegate negli impianti termoelettrici;
   a garantire il rispetto dei limiti imposti dal piano di riqualificazione dell'aria della regione Lazio (per quanto riguarda il contenuto di zolfo minore dello 0,3 per cento) nei combustibili utilizzati da tutti gli opifici industriali presenti nel comprensorio di Civitavecchia, in particolar modo da parte delle due centrali termoelettriche esistenti, nonché delle navi mercantili e da crociera che transitano nel porto di Civitavecchia;
   ad assicurare il rispetto di quanto espresso nell'autorizzazione integrata ambientale dell'impianto di Torre Valdaliga Sud rilasciata il 5 aprile 2011 che decreta lo smantellamento del quarto gruppo;
   a far osservare tutte le prescrizioni e compensazioni previste nella valutazione di impatto ambientale di Torre Valdaliga Nord ai sensi del decreto n. 55 del 2003 e successive modificazioni, a quanto consta ai firmatari del presente atto, mai rispettate da Enel;
   ad assicurare che nel territorio di Civitavecchia sia scartata ogni ipotesi di nuova realizzazione e/o utilizzo degli esistenti impianti per la produzione di energia elettrica di termovalorizzazione e ossidazione termica di qualsiasi sostanza, compresi il CDR (combustibile da rifiuti) e il CSS (combustibile solido secondario).
(7-00109) «Zaratti, Pilozzi, Piazzoni, Zan, Pellegrino, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara, Migliore».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2013, stando a quanto riportato dai maggiori organi di stampa, e televisioni, nazionali ed internazionali, si apprende che a seguito di un'iniziativa dell'organizzazione Greenpeace, la guardia costiera russa ha fermato nell'Artico 25 aderenti all'associazione ambientalista con un blitz da forze speciali: otto militari si sono calati sulla nave Artic Sunrise da un elicottero e hanno, bloccato i militanti puntando loro la pistola alla testa. «Lo ha reso noto Greenpeace»; l'appello è riportato dall'agenzia stampa Dire: «Agenti armati a bordo “arctic sunrise” c’è attivista italiano. (Dire) Roma, 19 settembre – “La Guardia Costiera russa ha abbordato la nostra nave ‘Arctic Sunrise’. Dopo l'azione ‘Save the Arctic’ di ieri alla piattaforma petrolifera Gazprom, conclusa con il fermo illegale di Sini e Marco, continua la violenta rappresaglia delle autorità russe, che proprio in queste ore stanno arrestando altri 25 attivisti”. Lo scrive Greenpeace su Facebook. “Al momento non riceviamo più notizie dalla nave – segnala l'associazione – le comunicazioni sono interrotte, la situazione è grave. A bordo c’è anche un attivista italiano”. Greenpeace ha allertato il Ministero degli affari esteri. “La nostra nave ’Arctic Sunrise’ è appena stata abbordata da 8 unità armate della Guardia Costiera russa – aggiunge Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia, dal suo profilo Facebook – hanno arrestato tutti i membri dell'equipaggio, tranne tre persone – una campaigner, un addetto stampa ed un operatore radio – che si sono barricate dentro la sala radio. Mentre le guardie russe stanno tentando di entrare siamo ancora in collegamento satellitare con loro mentre il resto dell'equipaggio è stato concentrato sul ponte e fatto inginocchiare da guardie armate” viene denunciato l’“abbordaggio illegale” della nave mentre “stava navigando intorno alla piattaforma Prirazlomnaya alla velocità di tre miglia nautiche, in acque internazionali”»;
   in data 23 settembre 2013 il quotidiano La Repubblica riportava l'articolo, a firma di Elena Russo «Ancora bloccati attivisti Greenpeace in Russia: rischiano fino a 15 anni», nello stesso articolo si riferiva: «Sono ancora ostaggio delle autorità russe i 30 attivisti di Greenpeace: venerdì, a bordo dell’Artic Sunrise, hanno attraversato le acque russe per protestare contro l'attività di perforazione dell'Artico della Gazprom. Due di loro hanno scalato la piattaforma allo scopo di piantare la capsula di sopravvivenza, utilizzata come tenda in casi di temperature estreme, scambiata poi per una bomba dalle autorità russe»;
   in data 24 settembre 2013 Greenpeace dirama un altro comunicato ripreso dall'agenzia stampa Agi: «Russia: Greenpeace, tutti gli attivisti perseguiti per pirateria (agi/efe/interfax) – Mosca, 24 settembre – Gli attivisti di Greenpeace, tra cui il napoletano Cristian D'Alessandro, che sono stati arrestati giovedì scorso dalla Guardia costiera russa in acque internazionali, verranno perseguiti per pirateria indipendentemente dalla loro nazionalità. Lo riferisce il Comitato investigativo russo. La settimana scorsa i 27 ecologisti, a bordo della rompighiaccio “Artic Sunrise” di Greenpeace, avevano protestato pacificamente contro l'esplorazione petrolifera della compagnia statale russa Gazprom nell'Artico. Intanto, più di 50 organizzazioni non governative e 370.000 persone da tutto il mondo hanno firmato petizioni per richiedere la liberazione degli attivisti, sotto arresto da cinque giorni. Mijail Kreindlin, dell'ufficio di Mosca della Greenpeace, ha spiegato che “la pirateria è un assalto con l'uso della forza al fine di appropriarsi di un bene altrui”, quindi non è il caso dei 27 ecologisti, che stavano navigando intorno alla piattaforma Prirazlomnaya della Gazprom per protestare contro le trivellazioni. “In ogni caso”, ha commentato il portavoce del Comitato investigativo russo Vladimir Markin, “queste azioni minacciano la sovranità dello stato e possono mettere in pericolo la sicurezza ambientale dell'intera regione”» –:
   se sia conoscenza dei fatti narrati;
   se non reputi opportuno considerata la presenza di un italiano fra i perseguiti, di intervenire prontamente aprendo un dialogo con lo stesso Governo russo facendo proprie le contestazioni al reato imputato della stessa Greenpeace, che obietta che un azione pacifica senza armi rientra nel reato di pirateria;
   se non reputi opportuno fornire ogni elemento utile circa quanto sta avvenendo alla luce del fatto che l'opinione mondiale è mobilitata su questa vicenda. (3-00347)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, FRATOIANNI e AMENDOLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo uscito su La Repubblica del 19 settembre 2013 a firma di Valeria Brigida che martedì 17 settembre 2013 circa duecento profughi siriani a bordo di un'imbarcazione hanno lasciato il porto egiziano di Alessandria «Abu Qeer», con l'intento di dirigersi prima verso l'Italia e, quindi, proseguire verso la Svezia, per ricongiungersi ai loro familiari;
   la guardia costiera egiziana avrebbe impedito ai profughi di lasciare il Paese aprendo il fuoco contro la loro imbarcazione e causando la morte di due siriano-palestinesi, mentre il numero esatto dei feriti rimane ancora incerto. Le due vittime erano Fadwa Taha, una donna di cinquant'anni che viaggiava insieme al figlio e al nipote, e Amr Delol, un uomo di trent'anni che aveva intrapreso il viaggio insieme a suo figlio e alla moglie incinta. I due sono morti sotto gli occhi dei loro cari, mentre i sopravvissuti alla sparatoria sono stati arrestati e trasferiti a Karmuz, la prigione di Alessandria;
   dalla prigione di Karmuz questi profughi siriani, che avrebbero il diritto a chiedere e ottenere protezione internazionale, – stando a quanto riferito da La Repubblica – si sarebbero messi in contatto con alcuni familiari all'estero, attraverso l'uso di un cellulare. Sono così riusciti a far trapelare la notizia e a diffondere video e immagini che ritraggono uno dei profughi senza vita e le decine di minori arrestati dalle autorità egiziane che ora si trovano nella prigione di Alessandria. La notizia è stata prima ripresa dai social network, nonché altri mezzi di informazione;
   e inoltre noto che il «Movimento di Solidarietà per i Rifugiati», un network trasnazionale di attivisti per i diritti umani, da poche ore ha aperto una sua pagina facebook dove denuncia il peggioramento del trattamento che l'Egitto riserva ai profughi siriani. In particolare, il riferimento è alla decisione presa l'8 luglio 2013 dal nuovo governo egiziano che impone ai siriani un visto d'ingresso nel paese;
   i dati ufficiali parlano di 143 profughi siriani arrestati tra luglio e settembre perché sprovvisti di regolari documenti di ingresso in Egitto e, quindi, deportati verso la Siria, il proprio paese d'origine dilaniato dal feroce conflitto ancora in corso;
   i profughi detenuti nella prigione di Karmuz sostengono che le autorità egiziane usino la violenza in modo sistematico contro i richiedenti asilo siriani, allo scopo di impedir loro di proseguire il viaggio verso l'Italia e, quindi, trovare rifugio in Europa;
   dunque, la vicenda potrebbe delinearsi non come un caso isolato, bensì come una prassi che si sta consolidando nel silenzio politico e mediatico europeo –:
   quale sia la posizione dell'Italia rispetto alla vicenda e se ritenga di dover chiedere notizie sul trattamento che le autorità egiziane stanno riservando – stando alle informazioni acquisite – alle centinaia di profughi siriani presenti nel suo territorio, profughi titolati a chiedere e ricevere protezione internazionale e che invece, a quanto risulta dalle testimonianze e dai documenti raccolti, sarebbero in stato di detenzione, tra questi molti minori, donne in gravidanza e malati. (5-01065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   i 30 mila italiani residenti in Argentina che ricevono una pensione italiana, subiscono una forte penalizzazione da parte dello Stato Argentino a causa della conversione delle suddette pensioni in valuta locale con una decurtazione in termini reali di circa il 50 per cento per il cambio sfavorevole;
   il cambio ufficiale imposto alle pensioni italiane dei nostri connazionali in Argentina è del tutto svantaggioso e colpisce una comunità legata da vincoli storici, affettivi e familiari con l'Italia;
   in più le autorità argentine fanno pagare ai nostri pensionati commissioni per il cambio obbligatorio in valuta locale, molto onerose;
   il Governo Argentino più volte sollecitato ad un comportamento più rispettoso dei diritti dei nostri pensionati non intende intervenire per ripristinare un'elementare condizione di giustizia –:
   quali iniziative intenda assumere per superare questa assurda e ingiusta situazione che colpisce la nostra comunità di pensionati italiani in Argentina. (4-01948)


   CARINELLI, SPESSOTTO, PINNA, VIGNAROLI, SPADONI, DE LORENZIS, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, TACCONI, NESCI e COLONNESE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 148 del settembre 2011, in materia di stabilizzazione finanziaria e di sviluppo, individua nel suo primo articolo «la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare» tra le misure essenziali della spending review;
   la rete diplomatica italiana con 319 sedi estere tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura necessita di una seria riorganizzazione per renderla più rispondente non solo alle esigenze di spending review, ma anche ai cambiamenti geopolitici per rispondere ai nuovi scenari internazionali. Sotto questo profilo va rilevato che delle 127 ambasciate, il 34 per cento si concentra ancora nell'area europea;
   la legge n. 135 del 2012 ha indicato alla Farnesina di riorganizzare la propria rete attuando una riduzione del 20 per cento del personale diplomatico e dirigenziale e il 10 per cento del restante personale di ruolo, appartenente alle aree funzionali;
   il programma di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare e culturale è strettamente collegato al miglior utilizzo del patrimonio immobiliare di cui il Paese dispone all'estero;
   il patrimonio immobiliare ubicato all'estero è stato recentemente censito in attuazione del «Piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare all'estero», di cui ai commi 1311 e seguenti dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). Sono stati individuati 296 immobili ricomprendenti una vasta tipologia: alcuni destinati a un utilizzo puramente istituzionale (ambasciate, consolati, istituti italiani di cultura, scuole), altri strumentali a tali attività istituzionali (residenze di titolari, alloggi di servizio del personale, e altro), altri ancora con differenti destinazioni d'uso (concessioni a enti gestori, scuole, chiese, biblioteche, circoli degli italiani);
   i canoni di locazione (uffici delle sedi; residenze dei capi missione; alloggi di servizio del personale) quantificabili in circa 30 milioni di euro annui, costituiscono la spesa maggiore dei costi di funzionamento delle strutture che formano la rete diplomatico-consolare, circa il 50 per cento dei costi complessivi di funzionamento della rete;
   il conseguimento dell'obiettivo, indicato nel piano della performance 2012 del Ministero degli affari esteri, della riduzione dei canoni locativi residenziali del 9,82 per cento rispetto a giugno 2010 rappresenta una percentuale ancora troppo bassa di riduzione di spesa;
   la riorganizzazione della rete procede, tuttavia, con estrema lentezza –:
   in generale, come l'amministrazione si stia adoperando per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei canoni di locazione;
   in particolare, quando sarà possibile rinnovare i contratti in essere privilegiando soluzioni meno onerose;
   quali urgenti iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, per ricollocare sedi, residenze, alloggi riducendo sensibilmente le spese di affitto per impedire che siano sempre i cittadini a pagare i costi della crisi, quando secondo gli interroganti ci sono categorie privilegiate a cui sembra sia tutto dovuto. (4-01949)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'EFSA, L'Autorità europea per la sicurezza alimentare, acronimo di European Food Safety Authority, è un'agenzia dell'Unione europea istituita nel gennaio del 2002 ed ha sede nella città universitaria di Parma, in Italia. Fornisce consulenza scientifica e una comunicazione efficace in materia di rischi, esistenti ed emergenti, associati alla catena alimentare. L'EFSA produce consulenza specialistica per consentire alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri dell'Unione europea di prendere decisioni efficaci e puntuali in materia di gestione del rischio, grazie alle quali viene assicurata la protezione della salute dei consumatori europei e la sicurezza del cibo e della catena alimentare;
   le attività scientifiche dell'EFSA vengono utilizzate dalle autorità responsabili delle decisioni politiche per adottare o revisionare la legislazione europea in materia di sicurezza dei cibi e dei mangimi, per decidere in merito all'approvazione di sostanze regolamentate, come fitofarmaci e additivi alimentari, oppure per introdurre nuovi quadri normativi e formulare nuove politiche, ad esempio nel settore della nutrizione. L'EFSA, inoltre, assume incarichi di lavoro di sua spontanea iniziativa in ambiti scientifici, come i rischi emergenti, nei quali le conoscenze e gli approcci sono in costante evoluzione. Un esempio di tale attività è lo sviluppo di un approccio armonizzato per comparare i rischi che presentano le sostanze potenzialmente cancerogene. L'Autorità raccoglie e analizza dati scientifici per garantire che la valutazione del rischio a livello comunitario avvenga in base ad informazioni scientifiche di assoluta completezza. L'EFSA svolge tale attività in collaborazione con gli Stati membri dell'Unione europea e tramite consultazioni pubbliche e inviti per raccogliere informazioni da fonti esterne. Infine, attraverso le proprie azioni di comunicazione dei rischi, l'EFSA fornisce informazioni coerenti, accurate e puntuali su questioni di sicurezza alimentare a tutte le parti interessate e al pubblico in generale, sulla base delle valutazioni del rischio effettuate dall'Autorità e della sua esperienza scientifica;
   in data 18 maggio 2013 è cambiato l'assetto dell'Efsa, Hubert Deluyker lascia l'incarico di direttore dello Scistrat «Strategia scientifica e coordinamento». Al suo posto è subentrata Juliane Kleiner. Lo Scistrat è il gruppo responsabile della direzione strategica delle attività scientifiche dell'agenzia europea e dell'attuazione della sua strategia scientifica. Ai suoi componenti spetta il coordinamento – in collaborazione con le due direzioni scientifiche operative deputate alla valutazione del rischio e all'assistenza scientifica e alla valutazione scientifica dei prodotti regolamentati – delle attività dei ricercatori sul rischio, oltre alla gestione delle questioni scientifiche trasversali;
   si tratta di una nomina non passata inosservata, le associazioni europee insorgono per l'incarico di direttore della strategia scientifica e coordinamento affidato alla dottoressa così come dal sito della associazione italiana per l'agricoltura biologica: «AIAB e FIRAB si uniscono alla denuncia del PAN EUROPE sulla nuova nomina del direttore scientifico EFSA. L'Autorità Europea per la sicurezza alimentare – EFSA – ha promosso a Direttore Scientifico Juliane Kleiner. La Kleiner ha già ricoperto altri ruoli all'EFSA, ma in precedenza ha lavorato per il gruppo lobbistico industriale ILSI (International Life Sciences Institute – Istituto Internazionale per le Scienze della Vita) per oltre sette anni nel corso dei quali si è contraddistinta per la difesa di una vasta serie di posizioni e interessi dell'industria (come le soglie di tolleranza per gli agenti cancerogeni genotossici o per le sostanze chimiche in ambito tossicologico);
   Kleiner ha inoltre sostenuto tutte le iniziative volte al cambiamento della politica dell'EFSA a favore del comparto industriale. È quanto denuncia con maggiore dettaglio il Pesticide Action Network (PAN) Europe che AIAB e FIRAB intendono rilanciare, sulla scia della comune iniziativa e mobilitazione sociale e scientifica, a rivendicare un ruolo dell'EFSA privo di conflitti di interessi e a genuina tutela della salute pubblica;
   come denunciato dal PAN, Kleiner non ha nemmeno un passato da ricercatrice e non vi è traccia di sue pubblicazioni riportanti studi sperimentali su riviste scientifiche peer-review, criterio adottato dalla comunità scientifica per valutare il valore di un ricercatore. «È difficile capire perché sarebbe qualificata per questa posizione, dato che non ha alcuna esperienza in studi di laboratorio», sottolinea il PAN;
   l'EFSA conserva la stessa attitudine positiva verso persone che hanno militato in ambito industriale. Anche il precedente direttore scientifico, Hubert Deluyker, infatti, lavorava per l'industria chimico-farmaceutica Pfizer. Tutto ciò conferma come l'indipendenza e l'integrità scientifica dell'Agenzia sia ancora a un livello inadeguato ed abbia ancora una lunga strada davanti a sé prima di raggiungere una reale posizione di neutralità –:
   se siano a conoscenza dei fatti narrati;
   se non reputino fondate le obiezioni riportate dalle associazioni europee come Action Network (PAN) Europe, AIAB e FIRAB;
   se non reputino essi stessi inopportuna la nomina della Kleiner, che in passato ha sostenuto posizioni favorevoli agli interessi delle multinazionali, come nel caso delle soglie di tolleranza per gli agenti cancerogeni genotossici o per le sostanze chimiche in ambito tossicologico;
   se non reputino opportuno che l'Efsa debba essere un organismo indipendente a tutela della sicurezza dei cittadini ed avulso da qualsiasi tipo di controllo da parte delle multinazionali, facendo particolare attenzione alle nomine ed appunto ai curriculum vitae dei nominati al fine di essere realmente a favore degli interessi dei consumatori europei;
   se non reputino opportuno tutelare la salute dei cittadini chiedendo relazioni più dettagliate circa le scelte e le operazioni in seno all'Efsa. (4-01962)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2012, in relazione alla imminente chiusura della discarica di Malagrotta e alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011, è stato nominato il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale, con il compito di garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti;
   alla fine di maggio 2012 il prefetto Giuseppe Pecoraro si è dimesso dalla carica di commissario delegato; al suo posto, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 maggio 2012, è stato nominato il prefetto Goffredo Sottile;
   il 28 marzo 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pubblicato un Memorandum sulla gestione dei rifiuti solidi urbani di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato della Città del Vaticano nel quale è chiaramente detto che: «la soluzione emergenziale prevista di realizzare nuovi impianti di discarica non fornirebbe, allo stato, adeguate garanzie di superamento della procedura di infrazione in corso, in quanto la stessa ha come punto fondamentale il conferimento nella discarica di Malagrotta di rifiuti non trattati»;
   nel medesimo documento sopra richiamato sono previsti due scenari il primo definito scenario di piano che prevede il raggiungimento al 2012 degli obiettivi di raccolta differenziata al 65 per cento e un secondo definito scenario di controllo che prevede che la gestione dei rifiuti urbani non consegua gli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti per legge;
   nella città di Roma si è ben lontani da un livello di raccolta differenziata pari al valore previsto dallo scenario di piano ed al contrario secondo quanto riportato da fonti della stampa il presidente della regione Lazio ha indicato nel 26 per cento la quota attuale di raccolta differenziata nella città di Roma;
   ancora il 4 maggio del 2012 lo stesso Ministero dell'ambiente in un aggiornamento del Memorandum sottolineava che nello scenario definito di controllo la capacità dell'impiantistica di trattamento meccanico biologico non è «assolutamente adeguata al trattamento dei rifiuti indifferenziati che verrebbero in maniera significativa avviati in discarica senza alcun preventivo trattamento» e dunque la capacità aggiuntiva di discarica dovrà essere capace di sopportare un deficit delle volumetrie disponibili a partire dall'anno 2013, in particolare il deficit ammonterebbe a 828.423 metri cubi nel 2013 ed arriverebbe a 6.859.956 metri cubi nel 2017;
   in data 20 giugno 2012, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha tenuto l'audizione del Commissario straordinario Sottile, al fine di comprendere in quale direzione la struttura commissariale si stesse muovendo, sia per verificare quali fossero i criteri di scelta del sito o dei siti da adibire a discarica temporanea. L'audizione – tuttavia – come scritto nella «Relazione territoriale delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti della regione Lazio», approvata all'unanimità dalla Commissione il 3 luglio 2012 è stata definita «infruttuosa», non essendo state fornite risposte precise né in merito alla scelta dell'area né in ordine ai criteri e alle metodologie che utilizzate per l'individuazione della stessa;
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa rispondendo alla commissione ambiente del consiglio regionale del Lazio il 18 settembre 2013 il commissario prefetto Goffredo Sottile ha dichiarato che «Il 1o ottobre chiude Malagrotta: questi sono gli auspici e gli intenti, sia del commissario, sia degli enti locali competenti. Falcognana è una piccola discarica per la parte che ci interessa ed è una soluzione non solo provvisoria ma anche estremamente parziale. Perché la soluzione vera sta nell'esito della gara per portare i rifiuti al di fuori dei confini del Lazio». Lo stesso Sottile poi ha aggiunto sulla scelta del sito per una nuova discarica: «La proposta è venuta dalla Regione. La Provincia aveva indicato alcuni siti, la Regione ha indicato Falcognana» aggiungendo poi che «Ci ha fatto una cortesia, mica ha fatto male, perché eravamo alla ricerca di qualcosa»;
   con una nota del 18 settembre 2013, pubblicata anche sul sito istituzionale della regione sono riportate le dichiarazioni del commissario Goffredo Sottile, ascoltato nella commissione Ambiente del consiglio regionale del Lazio, con le quali si precisa che: – Falcognana sarà una piccola discarica, temporanea, dove verranno conferite solo 300 tonnellate di rifiuti al giorno, tutti trattati. Un quinto dei rifiuti che produce Roma ogni giorno;
   con bando di gara n. 28 del 2013 – P.A. pubblicato da AMA SpA l'8 agosto 2013 e scaduto il 19 settembre è stata avviata la selezione di uno o più fornitori del servizio di prelievo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento, dei rifiuti prodotti giornalmente negli impianti di trattamento meccanico biologico di AMA;
   la gara richiamata divide l'affidamento in due lotti rispettivamente per: lotto 1 scarti di lavorazione con codice CER 191212 altri rifiuti (compresi i materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui al codice CER 191211) da inviare ad impianti di recupero e/o smaltimento per un quantitativo complessivo stimato di 155.000 tonnellate su base annua; e Lotto 2 frazione organica stabilizzata con codici CER 190503 e 190501 da inviare ad impianti di recupero e/o smaltimento per un quantitativo complessivo stimato di 74.000 tonnellate su base annua;
   secondo i più recenti dati pubblicati da ISPRA a Roma si producono ogni giorno circa 4.900 tonnellate delle quali, in base alle quote di raccolta differenziata comunicate dal Presidente Zingaretti, almeno 3.600 tonnellate di rifiuto indifferenziato ogni giorno;
   la determinazione dirigenziale n. B5324 del 29 ottobre 2010 ha approvato un progetto per l'installazione e l'esercizio, in regime sperimentale, per un periodo di due anni, di un impianto per il trattamento del percolato prodotto dalla discarica situata nel comune di Roma, in località Falcognana, gestita alla Ecofer Ambiente Srl, ai sensi dell'articolo 211 del decreto legislativo n.  152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
   sul sito istituzionale della regione Lazio è stata pubblicata la determinazione dirigenziale n. A03335 del 24 aprile 2013 che autorizza la proroga, ai sensi dell'articolo 211 comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, per un anno dei termini utili all'esercizio, in regime sperimentale, dell'impianto di trattamento del percolato prodotto dalla discarica per rifiuti speciali, pericolosi e non;
   i Ministri Moavero Milanesi (Affari europei) e Orlando (Ambiente), nel corso dell'audizione congiunta sullo stato delle procedure di infrazione europea in materia ambientale che si è svolta lo scorso 11 settembre 2013 nelle commissioni riunite VIII ambiente e XIV politiche comunitarie, hanno dichiarato che la questione delle discariche e delle gestione dei rifiuti in generale rappresentano motivo di buona parte delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia dall'Unione europea; per quanto riguarda il settore dei rifiuti c’è un alto livello di criticità anche per il rischio che le procedure di infrazioni arrivino a diventare sanzioni con aggravio per il bilancio dello Stato; sulla discarica di Malagrotta è stata aperta una procedura di infrazione nel 2011 che si è chiusa con una lettera di messa in mora del 16 giugno 2013 a seguito della chiusura negativa del caso «EU pilot»; il «caso controverso» della discarica di Malagrotta rappresenta un problema nel problema in collegamento alla problematica di individuazione di un nuovo sito sulla quale si sta procedendo tramite il commissario straordinario;
   dagli interventi di entrambi i ministri sembra quasi risultare che il nuovo sito, alternativo alla discarica di Malagrotta, non sia ancora stato individuato in sede definitiva;
   in data 13 settembre 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare qui nuovamente interrogato rispondendo ad una interpellanza alla Camera dei deputati ha dichiarato che le autorizzazioni in atto per l'impianto di Falcognana andrebbero in parte integrate al fine di un completo adeguamento all'uso prospettato della discarica e per ricevere rifiuti con codice CER ancora non coperti dalle autorizzazioni in essere;
   nella stessa occasione il Ministro interrogato ha anche aggiunto di dover ipotizzare Falcognana o quale sarà l'altro sito che verrà individuato alla fine di questo iter come una discarica di servizio;
   in data 17 settembre 2013, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, rispondendo ad una interpellanza alla Camera dei deputati, ha dichiarato che l'area dove dovrebbe sorgere la discarica di Falcognana rientra in un perimetro, dichiarato di notevole interesse pubblico con decreto del direttore generale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio del 25 gennaio 2010 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 25 del 1o febbraio 2010);
   il Ministro interrogato ha sottolineato, altresì, che le prescrizioni d'uso consentono, con riferimento alle discariche collocate in tale perimetro, la possibilità di procedere ad interventi modificativi e di recupero delle stesse solo previa valutazione di compatibilità con i valori riconosciuti del paesaggio agrario e subordinatamente alla realizzazione di misure ed opere di miglioramento della qualità paesaggistica del contesto e che la realizzazione di nuove discariche non è consentita;
   secondo quanto riportato da organi di stampa lo scorso 18 settembre 2013, il commissario all'emergenza rifiuti di Roma, Goffredo Sottile, nel corso di una audizione della commissione Ambiente della regione Lazio ha dichiarato: «Il 27 dicembre ho rilasciato un'Aia su Monti dell'Ortaccio, perché era l'unica possibilità concreta per risolvere il problema, obbligando però il soggetto proponente a presentare un modello idrogeologico non ancora pervenuto. Quella era la soluzione migliore ed è venuta meno perché questo modello non è mai stato presentato. E adesso Falcognana è l'unica soluzione»;
   secondo quanto riportato da fonti della stampa il presidente della regione, Nicola Zingaretti, il 23 settembre 2013 durante il suo discorso al consiglio regionale sulla emergenza dei rifiuti avrebbe confermato il suo assenso alla discarica di Falcognana, come «l'unica discarica che offre garanzie per la salute dei cittadini e per l'ambiente» –:
   se il Ministro interrogato non ravvisi, nel quadro delineato in premessa, evidenti contraddizioni tra quanto da lui stesso dichiarato innanzi alla Camera dei deputati e le dichiarazioni rese dal commissario per l'emergenza dei rifiuti di Roma e dal presidente della regione Lazio;
   quale sia stato l’iter di individuazione e di autorizzazione dell'impianto della Falcognana quale eventuale discarica di servizio per la città, conseguentemente alla chiusura della discarica di Malagrotta e quale sia del medesimo iter lo stato attuale;
   quale azione il Governo intenda assicurare al fine di garantire che nella eventuale discarica di Falcognana non sia conferito alcun tipo di prodotto derivante dalla raccolta dei rifiuti solidi urbani prima che sia completato l'intero processo di autorizzazione e di definizione contrattuale in base alla vigente normativa sugli affidamenti pubblici. (3-00349)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tra le attività antropiche con rilascio di inquinanti in atmosfera si annoverano le combustioni in genere (dai motori a scoppio degli autoveicoli alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche (ad esempio le laminazioni), i processi di evaporazione (esempio le verniciature) e i processi chimici;
   il principio di conservazione della massa, comunemente conosciuta come legge di Lavoiser, prevede in parole semplici che «in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma»;
   i principali inquinanti prodotti dalla combustione sono: CO2, NOx, SO2, CO, metalli pesanti, polveri sottili (PM10, 2, 5, 1 e 0,1), composti complessi come IPA, diossine, e altro;
   i sistemi naturali si basano su un continuo riciclo della materia senza produzione di rifiuti e senza combustioni;
   con sentenza del 19 dicembre 2012 (causa C-68/11) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti avendo omesso di provvedere affinché le concentrazioni di PM10 nell'aria ambiente non superassero i valori limite fissati dalla normativa dell'Unione europea sulla qualità dell'aria. Questa sentenza riguarda 55 zone e agglomerati, tra cui diverse zone nel nord-est dell'Italia dove l'aria è tra le più inquinate d'Europa;
   nel 2011 nella pianura padana, in città come Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così consistente da produrre in gennaio il fenomeno della «neve chimica», una pioggia di ghiaccio causata dalla condensazione del vapore acqueo sul particolato presente nell'aria;
   nel mese di gennaio 2013 la Commissione europea ha inviato una nuova lettera al Governo italiano, chiedendo di mettersi in regola con le norme europee sulla qualità dell'aria;
   sulla rivista Lancet Oncology sono stati pubblicati gli esiti della maxiricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei, seguite nel corso di ben tredici anni: la presenza delle polveri sottili tossiche nell'aria delle città fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare;
   l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500 mila morti premature ogni anno;
   molte sostanze inquinanti atmosferiche in Veneto si trovano in concentrazioni sovrabbondanti e pericolose, con un trend stabile o incerto e non in via di miglioramento;
   ricerche dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche hanno rilevato che la combustione domestica di legna da ardere arriva a costituire fino al 60 per cento della concentrazione di massa del materiale particellare (particolato organico) sospeso in atmosfera e che la combustione di legna produce notevoli quantità di specie tossiche, quali, ma non solo, gli idrocarburi policiclici aromatici;
   nella campagna veneta si rilevano di frequente roghi di scarti agricoli (ramaglie, sterpaglie, frasche, cumuli di foglie, e altro) effettuati per liberarsi dei rifiuti agricoli, senza alcun legame con la produzione di energia o calore; i fuochi vengono altresì appiccati per sgomberare argini, sentieri e campi agricoli da piante erbacee ed arbustive, spesso dopo aver effettuato uno sfalcio grossolano;
   interpellando le forze dell'ordine emergono pareri discordanti circa la gravità di bruciare materiali di ogni sorta, e ciò, il più delle volte, vanifica le segnalazioni dei cittadini che avvistano un fuoco in campo agricolo;
   secondo la procura di Avellino bruciare residui agricoli è reato di smaltimento illegale di rifiuti e violazione dell'articolo 674 del codice penale;
   le «linee guida dell'attività operativa 2013 dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato» dispongono che «...paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto la combustione sul campo dei residui vegetali configura il reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente dall'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006»;
   principi esposti in pronunce della Corte costituzionale sottolineano che: «la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato ...viene a funzionare come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato»;
   la corte di Cassazione penale, sezione III, con sentenza del 4 aprile 2013, n. 15641 dice che l'abbruciamento a terra di rifiuti – anche occasionale – integra un'attività di «smaltimento illecito di rifiuti» ex articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che può essere commesso anche da soggetto privato;
   ai fini dell'applicazione della disciplina dettata dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 si intende per «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi (articolo 183, comma 1, lettera a)). Premesso ciò si può sostenere che il comportamento di bruciare i residui vegetali manifesti la volontà di «disfarsi» di detto materiale, che per effetto di tale azione deve essere necessariamente considerato un «rifiuto» –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, per contrastare il fenomeno dei roghi in ambiente agricolo, come l'abbruciamento di stoppie e altri vegetali residui da parte di agricoltori e altri soggetti, nell'ottica della tutela della salute pubblica, del contrasto all'inquinamento atmosferico e della preservazione ambientale e climatica;
   quali siano le ragioni per le quali lo Stato italiano non abbia ancora provveduto a mettersi in regola con la normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria e se non intenda avviare tutte le iniziative di propria competenza in questa direzione;
   per fugare ogni dubbio ed eliminare le dispute, se si intendano assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla normativa vigente in materia di smaltimento dei rifiuti agricoli agevolando la conoscenza delle relative disposizioni da parte degli enti nazionali e locali, delle organizzazioni degli imprenditori agricoli, delle forze dell'ordine e dei cittadini. (4-01956)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Umbria è suddivisa in quattro ambiti territoriali integrati (ATI) delegati alla gestione di sanità, politiche sociali, rifiuti, ciclo idrico integrato e turismo, che fanno riferimento alle quattro ASL della regione;
   nei primi di gennaio del 2013 all'interno dell'ATI 2 si è rischiata una grave emergenza relativamente alla gestione dei rifiuti; una comunicazione ufficiale dell'azienda che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti nell'ambito territoriale 2 annunciava, infatti, che «in mancanza di provvedimenti normativi che permettano lo smaltimento di rifiuti, ad oggi non siamo in grado di garantire il ritiro dei rifiuti indifferenziati, pertanto si invitano tutti i cittadini a non esporre i bidoncini grigi a ciò destinati, fino a nuova comunicazione»;
   nell'ambito del cosiddetto ATI 2 si trova la discarica di Borgogiglione, che, nata nel 1995 per 200.000 metri cubi, ha raggiunto oggi i 600.000 metri cubi, e raccoglie anche rifiuti con elevato potere calorifico; 
   il blocco del conferimento di rifiuti con elevato potere calorifico, previsto dal decreto legislativo 36 del 2003, che avrebbe dovuto essere in vigore dal 1° gennaio 2007, è stato infatti derogato di anno in anno;
   nel 2013, in forza del decreto suddetto, è avvenuto il blocco temporaneo dell'attività nella discarica di Borgogiglione, che ha però ripreso quasi immediatamente l'attività grazie ad una delibera urgente del presidente della regione Umbria;
   è importante sottolineare che l'ATI 2, il 12 ottobre 2012, ha siglato un accordo «di solidarietà» che prevedeva lo smaltimento dei rifiuti dell'ATI 3 nella discarica di Borgogiglione. Tale accordo avrebbe dovuto essere temporaneo, ma ne è già stata richiesta la proroga fino al 30 giugno del 2014 a causa dei ritardi dei lavori nella discarica di Sant'Orsola di Spoleto;
   l'ATI 2 ha siglato, inoltre, un analogo accordo «di solidarietà» anche con l'ATI 1 in quanto anche la discarica di Belladanza è afflitta da cronici problemi strutturali;
   nel 2012 le tonnellate di rifiuti conferita Borgogiglione sono state 79.520 (comprese 17.775 tonnellate di rifiuti speciali), circa il 10 per cento in meno rispetto al 2011;
   per il 2013 sono previste in arrivo 188mila tonnellate (cfr. informativa sulla gestione dei conferimenti, ATI 2 giugno 2013), di cui 19mila di rifiuti speciali;
   è evidente che la situazione della discarica di Borgogiglione (di sicuro non l'unico caso in Italia) sta oltrepassando i livelli minimi di sostenibilità, sia da un punto di vista di impatto e gestione ambientale, sia di vivibilità degli abitanti della zona, che, oltre alla difficoltà di smaltire i propri rifiuti, lamentano anche grossi problemi di viabilità a causa del via vai dei camion provenienti da altri ambiti territoriali;
   bisogna infine considerare che con la nuova legge regionale 17 maggio 2013, n. 11 Norme di organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, che sopprime gli ATI riunendo la gestione dei rifiuti sotto un unico organismo denominato AURI, la regione tenta, di fatto, di porre rimedio ad una situazione di gestione dei rifiuti inaccettabile, contravvenendo, a parere degli interroganti, al principio di prossimità stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalla direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti, e senza tener conto delle diverse realtà territoriali (comuni o interi ambiti territoriali che si sono dimostrati virtuosi ed efficienti);
   l'11 settembre 2013, nel corso dell'audizione sulle procedure di infrazione in materia-ambientale presso l'VIII commissione della Camera, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha citato – tra le numerose procedure avviate nei confronti dell'Italia – la procedura n. 2011/2215 con cui la Commissione europea contesta il mancato rispetto degli obblighi di cui alla direttiva 1999/31/CE in materia di discariche di rifiuti –:
   se il Governo intenda avviare le necessarie iniziative di competenza per evitare il possibile avvio di ulteriori procedure di infrazione. (4-01958)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Castello di Conegliano è il fulcro medievale della città famosa in tutto per uno dei vanti del made in Italy agroalimentare italiano come il vino Prosecco. Esso è situato sulla sommità del Colle di Giano e domina tutta la città e il territorio ad essa circostante. Le più antiche notizie sulla fortezza sono del XII secolo. Dell'originario complesso del Castello oggi sopravvivono soltanto la Torre della Campana, parte dell'antico duomo e parte della cinta muraria;
   si apprende altresì che l'area adiacente al citato castello potrebbe giovarsi di un progetto di valorizzazione attraverso «la realizzazione di percorsi naturalistici ed aree attrezzate nel versante sud-occidentale del Parco tematico del Castello»;
   secondo quanto riportato da alcune agenzie stampa, rassegna stampa locale e online, come un articolo pubblicato da La Tribuna di Treviso del 17 settembre 2013 e dal quotidiano online OggiTreviso, l'amministrazione comunale di Conegliano (Treviso) sarebbe in procinto di approvare una variante al piano regolatore generale del citato comune per consentire la realizzazione di un ristorante, ovvero «di uno spazio per la somministrazione di cibi e bevande» e di un parcheggio ai piedi del castello di Conegliano, in un'area privata a saldo di una condanna risarcitoria del comune verso il proprietario del fondo;
   ai sensi dell'articolo 24 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Conegliano al paragrafo «Prescrizioni e vincoli», «Le aree boscate sono equiparate a fasce di rispetto inedificabili» e pertanto su tali aree non può essere concessa capacità edificatoria: in tal senso è classificata l'area in questione;
   ai sensi dell'articolo 14 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del comune di Conegliano al paragrafo «Prescrizioni e vincoli», le aree di massima tutela (molto instabili) «individuate con apposita retinatura ed in particolare quelle comprese nel parco tematico del Castello coincidenti con le aree classificate “pessime” nella carta delle penalità ai fini edificatori sono inedificabili». L'area in oggetto è classificata per più di metà come instabile e quindi inedificabile, perché a grave rischio franoso;
   un comitato di liberi cittadini residenti ha già raccolto più di 800 le firme raccolte per dire «NO» alla realizzazione di un ristorante ai piedi della collina del Castello di Conegliano;
   è utile non dimenticare che negli ultimi tre decenni la fortissima cementificazione anche su aree ad alto rischio di frane e alluvioni ha reso il Veneto fragilissima dal punto di vista idrogeologico come dimostrano le recenti alluvioni in altre zone della regione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e quali iniziative intenda mettere in campo, per tramite degli uffici territorialmente competenti per la salvaguardia e la valorizzazione del prezioso complesso del castello di Conegliano. (4-01959)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   numerosi cittadini italiani e turisti stranieri risultano sottoposti a procedimento penale e amministrativo in Friuli Venezia Giulia per aver violato la normativa sulle accise (nello specifico, gli articoli 10-ter, 11 e 40 del decreto legislativo n. 504 del 1999 così come modificato dal decreto legislativo n. 48 del 2010 attuativo della direttiva 118/CE/2008);
   l'estrema vicinanza del confine con la Repubblica di Slovenia e con l'Austria spinge i malcapitati ad acquistare in quantità non regolamentari alcolici, tabacchi e carburanti;
   nella maggior parte dei casi si tratta di condotte correlate da completa buona fede, la quale, traducendosi in un'ignoranza sulla norma, comporta comunque l'applicazione di pesantissime sanzioni penali e amministrative, al sequestro dei mezzi di trasporto e all'esborso di altri oneri quali spese di difesa e accise «evase»;
   risulta che altri Paesi europei abbiano ridotto il rischio di episodi di tal genere semplicemente installando dei cartelloni informativi lungo le strade di accesso all'ex fascia confinaria;
   un'esatta indicazione dei quantitativi e dei comportamenti da tenere eviterebbe il ripetersi di situazioni indelicate, nonché farebbe sì che oltreconfine vengano acquistati solo lo stretto necessario (con ovvio beneficio per tabaccai e benzinai italiani alle prese con una crisi dei consumi drammatica, definita apocalittica tra Trieste e Gorizia);
   la stessa macchina della giustizia non verrebbe oberata da decine di fascicoli che, come detto, nulla hanno a che fare con il contrabbando ma solamente con atteggiamenti del tutto comprensibili (a quel punto non si potrebbe più parlare di buona fede dovuta alla complessità delle disposizioni in esame, essendovi appositi avvisi di richiamo) –:
   quali iniziative si intendano adottare per arginare il fenomeno indicato in premessa e se si ritenga fattibile installare degli specifici cartelloni stradali che informino correttamente cittadini è stranieri circa la normativa applicabile e le relative sanzioni. (4-01941)


   MELILLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della regione Abruzzo Gianni Chiodi ha fatto alcuni giorni fa affermazioni di rilievo istituzionale, penale e politico sulla grave situazione della TERCAS di Teramo, il più grande Istituto bancario abruzzese, che controlla anche la CARIPE di Pescara, e che è stato recentemente commissariato dalla Banca d'Italia ed è in amministrazione straordinaria dal 30 aprile 2013;
   il quotidiano d'Abruzzo Il Centro ha riportato alcuni giorni fa le sue dichiarazioni che non possono essere sottovalutare soprattutto nel momento in cui il suddetto Istituto bancario commissariato dalla Banca d'Italia è impegnato in una complessa trattativa con altri soggetti bancari per uscire dalla pesante crisi finanziaria che attraversa e che genera tante preoccupazioni tra i suoi 1250 dipendenti e soprattutto nella società e nell'economia abruzzese;
   Il Presidente Chiodi parla di «strategia di depauperamento non fatta da una sola persona» in quanto il direttore della Tercas avrebbe avuto «persone nei punti nevralgici dirigenziali per attuare queste operazioni», si parla di titoli tossici introdotti dal 2005 nell'attivo della Banca, si cita una cifra enorme di 1 miliardo di euro, si sostiene che «il Consiglio di Amministrazione e il Collegio Sindacale potrebbero essere stati quindi tratti in inganno», infine si dichiara testualmente: «Ho l'impressione che alcune possano essere operazioni trasmigrate dal mondo del Gruppo Unipol»;
   il direttore del quotidiano de Il Centro Mauro Tedeschini in un editoriale pubblicato il 20 settembre 2013 giustamente chiede che si faccia chiarezza a tutti i livelli;
   non è possibile dinanzi ad accuse così eclatanti che tutto sia ricondotto a semplici commenti politici anche per la primaria funzione istituzionale di chi rivolge simili affermazioni –:
   di quali elementi disponibili con riferimento a quanto indicato in premessa. (4-01960)


   CATALANO, CURRÒ, COZZOLINO, LIUZZI, DE LORENZIS, GAGNARLI, TOFALO, NICOLA BIANCHI, TERZONI, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e PARENTELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine «lost pay», del 19 marzo 2013, condotta dal comando gruppo guardia di finanza Palermo, ha messo in evidenza una truffa organizzata ai danni degli utenti della catena «Servizi postali» e «Posta più», ed ha portato al sequestro di 72 agenzie su tutto il territorio nazionale. Le agenzie effettuavano i servizi di pagamento in maniera abusiva, perché non iscritte all’«albo degli istituti di pagamento», come stabilito dal testo unico delle leggi bancarie (T.U.B);
   con provvedimento datato 23 marzo 2013, l'ispettore Alessandro Carollo, che ha collaborato nello svolgimento delle indagini suddette, è stato estromesso dalla funzione ispettiva nella quale lavorava e trasferito alla filiale di Palermo 1;
   dal giorno dell'estromissione, non ha svolto più nessuna attività, e dal 3 maggio si trova in posizione di infortunio, riconosciuto dall'INAIL, a seguito di incidente stradale per motivi di servizio;
   a partire da tale data, il dottor Carollo avrebbe subito comportamenti vessatori da parte della società e dei suoi dipendenti. In particolare:
    Poste s.p.a. ha condotto reiterati controlli in merito alle sue condizioni fisiche, già riconosciute dall'INAIL attraverso richieste di visite fiscali all'INPS;
    l'ispettore è stato costretto a denunciare all'autorità giudiziaria i dipendenti in relazione all'invio di un sms dai contenuti ritenuti offensivi dallo stesso dottor Carollo; Poste s.p.a. avrebbe mostrato indifferenza nei confronti della vicenda;
   a fronte del comportamento posto in essere da Poste s.p.a., il dottor Carollo, come attestato dal referto ospedaliero del 9 settembre 2013, l'ultimo di diversi certificati, si trova in una condizione di «disturbo post traumatico da stress»;
   questi ha adito l'autorità giudiziaria con ricorso ex articolo 700 c.p.c. e, in data 11 luglio 2013, Poste s.p.a. si è costituita;
   non appare comprensibile come un'azienda interamente partecipata dallo Stato, possa affidare servizi critici e delicati come quelli dei pagamenti a società non abilitate;
   esternalizzazioni di questo tipo, realizzate a spese del personale interno, si sono concretizzate in operazioni irregolari, esponendo Poste s.p.a. a rischi reputazionali e patrimoniali, in grado di vanificare totalmente le riduzione di costo attese;
   l'ispettore Carollo, nel ruolo di ispettore all'interno della struttura di fraud management, ha dato un contributo significativo all'inchiesta «lost pay». Ha inoltre svolto circa 300 attività ispettive, in casi di rilevanza mediatica nazionale, in occasione delle quali ha ricevuto diversi encomi, da parte delle forze di polizia, per il «fondamentale supporto tecnico-professionale» e per l’«opera meritoria che, unitamente ai suoi più stretti collaboratori, ha posto in essere per il ripristino della legalità e l'accertamento di gravi e diffuse illiceità nell'ambito del comparto delle poste e delle comunicazioni» –:
   se non intenda verificare per quale ragione Poste s.p.a. abbia affidato i servizi di pagamento ad agenzie non autorizzate;
   se non intenda accertare, per quanto di competenza, l'entità del danno arrecato dalle operazioni irregolari di cui sopra;
   se non si intendano accertare le reali condizioni di disagio psicofisico arrecato al dottor Carollo in seguito alle vicende su esposte, e le reali ragioni della sua estromissione;
   se non si intendano intervenire presso Poste s.p.a. ai fini dell'immediato reintegro dell'ispettore Carollo nella funzione ispettiva di Palermo. (4-01963)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   gli agenti sardi dei corsi 164o e 165o avendo preso visione delle 30 assegnazioni effettuate verso le sedi di Cagliari e Sassari di personale di Polizia penitenziaria proveniente dalle scuole di formazione e neo assunti nel Corpo, tra i quali risulta siano presenti circa 20 agenti non sardi probabilmente con poco interesse a permanere a lungo nell'isola, hanno manifestato al sottoscritto interrogante il profondo disagio verso tale situazione;
   tale situazione, come è facilmente comprensibile, rischia di provocare rilevanti disagi a tali lavoratori influenzando negativamente non soltanto il loro presente ma anche il prossimo futuro considerati i tempi per gli interpelli di mobilità a domanda;
   l'essere stati completamente ignorati in questo passaggio fondamentale della realtà penitenziaria della Sardegna costituisce per tali lavoratori motivo di sdegno e sentita protesta;
   tali lavoratori, infatti, rivendicano il diritto di precedenza rispetto a chi è appena entrato a far parte dell'amministrazione penitenziaria, in quanto hanno già maturato un anno di servizio nella sede di prima assegnazione, per quanto riguarda il 164o corso, mentre il 165o si avvia a completarlo nell'ormai vicino mese di dicembre –:
   se non ritenga il Ministro di individuare una soluzione all'annosa questione;
   se non ritenga di dover eliminare quella che appare una pesante e grave penalizzazione nei riguardi di questi agenti penitenziari sardi costretti a stare lontani dalla proprie famiglie;
   se non ritenga, anche in considerazione del fatto che tali lavoratori sono gli unici rimasti praticamente esclusi da tutto questo meccanismo, senza motivo, di adottare o far adottare atti utili a ripristinare il diritto ad un interpello nazionale fra tutti gli agenti sardi che prestano servizio nella penisola prima di procedere al trasferimento dei colleghi dalle scuole di formazione. (4-01946)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   VECCHIO, CAUSI, ZAPPULLA, MAGORNO, BRUNO BOSSIO, BARBANTI e CURRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 30 Maggio 2013 il vice presidente della Commissione europea, Siim Kallas, comunica che è stato raggiunto uno storico accordo sulla nuova rete transeuropea di trasporto. L'accordo è stato stretto tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, e per diventare operativo deve solo essere approvato ufficialmente dal Parlamento europeo in seduta plenaria e dal Consiglio. Si tratta di un vero e proprio Piano europeo per i trasporti che costituisce un passo molto importante per l'Unione europea, poiché con esso si aiuta l'unificazione reale del continente. Ma, lo stesso Piano, è un argomento rilevante per le nazioni (e all'interno di esse le regioni) che vi devono partecipare. In sintesi il Piano prevede la realizzazione di una rete core (centrale), cioè la rete portante europea, e una rete di secondo livello definita comprehensive (organica). Tutti i fondi europei 2014-2020 saranno spesi sulla rete core mentre la rete di secondo livello sarà finanziata con i fondi degli Stati membri;
   dai documenti e dalle carte disponibili che descrivono il Piano, si evincono gravi limiti per le regioni del meridione d'Italia, soprattutto per la Calabria e la Sicilia. Si tratta, in sintesi, di limiti strutturali, di limiti della rete core e di limiti della rete comprehensive;
   i limiti strutturali possono essere riassunti in due importanti omissioni che colpiscono duramente il Sud Italia:
    a) attraversamento dello Stretto;
    b) autostrade del mare;
   i limiti della rete core sono tanti. Si cita solo il principale relativo alla rete ferroviaria. Il Piano prevede che la linea Bari-Napoli, oggi assimilabile alla Lamezia-Catanzaro, passi a linea della rete core high speed, cioè ad alta velocità. La linea Salerno-Reggio Calabria con il proseguimento Messina-Catania-Palermo sarà sino al 2030 e poi al 2050 conventional rail. Ciò significa che 7 milioni di cittadini italiani saranno privati di una ferrovia degna degli standard europei. I limiti della rete comprehensive sono tantissimi, ma si cita solo qualche elemento. La rete ferroviaria passeggeri non è europea in tutta la Jonica: da Sibari a Crotone, a Catanzaro Lido, a Locri, a Reggio. La rete stradale jonica è cancellata da Catanzaro Lido a Locri a Reggio Tra gli aeroporti scompare del tutto dall'Unione europea Crotone mentre Lamezia e Reggio sono comprehensive;
   nessuna alta velocità è prevista da Salerno a Palermo;
   nessun attraversamento dello Stretto di Messina è previsto né attraverso il ponte, né multimodale;
   nessuna autostrada del mare;
   nessuno scorrimento veloce Nord-Sud;
   nessun interpolo è previsto in Calabria. I porti di Corigliano e Crotone non sono nella rete comprehensive. Per non dire che nella lista dei nodi urbani, delle reti di primo e secondo livello, non vengono considerati Reggio, Messina e nemmeno l'area dello Stretto;
   dal 16 al 18 ottobre si svolgeranno a Tallin le giornate di lavoro sulle reti europee di trasporto. Quindi sarebbe necessario presentare subito i progetti per le opere inserite nel piano, e gli studi di fattibilità (ampiamente finanziati da Bruxelles) per le infrastrutture non inserite;
   come noto, i meccanismi dell'Unione europea sono selettivi, passano cioè attraverso la verifica delle proposte. E in questo senso Bruxelles si è già espressa: la strada da seguire è dal basso. Devono essere le istanze locali a rendersi protagoniste. Il ruolo fondamentale è prima quello delle regioni del sud, a seguire del Governo centrale, e infine degli enti locali –:
   quali siano i provvedimenti che il Ministro interrogato sta predisponendo, in collaborazione con ANAS e FS-RFI, perché il meridione d'Italia possa offrire adeguate risposte tecniche e si trovi quindi pronto a una propositiva (e non passiva) partecipazione al Piano europeo trasporti. (3-00344)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è stato pubblicato il nuovo statuto Aero Club d'Italia con decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 2013, n. 53 (Gazzetta Ufficiale anno 154° – numero 116);
   il Consiglio dei Ministri n. 51 del 26 ottobre 2012 si era pronunciato, tra l'altro, anche in materia di statuto Aero Club Italia e Aero Club federati, approvando su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in concerto con gli altri Ministri competenti, il nuovo statuto dell'Aeroclub Italia e lo statuto tipo dei Club federati. Durante lo stesso Consiglio dei ministri si concludeva che il testo del nuovo statuto avrebbe dovuto essere sottoposto anche al parere delle Commissioni parlamentari competenti;
   nello statuto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non si fa però menzione di passaggi dello stesso nelle Commissioni parlamentari di competenza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e per quale motivo il nuovo Statuto Aero Club Italia non sia stato sottoposto ai competenti organi parlamentari per il parere.
(5-01074)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, DELL'ORCO e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli Intelligent Transport System (ITS) sono strumenti efficaci per gestire i sistemi di trasporto e per integrare fra loro i modi e le reti di trasporto;
   l'integrazione dei sistemi, dei veicoli e delle reti consente di affrontare in modo intelligente i problemi della mobilità e del trasporto in un'ottica di servizio;
   i sistemi ITS richiedono investimenti molto ridotti rispetto a quelli infrastrutturali e con un tasso di ritorno molto più rapido;
   il progetto europeo South East Europe – Intelligent Transport System ha identificato gli aspetti critici nell'implementazione dei sistemi di trasporto intelligenti in Italia nella mancanza di linee guida per lo sviluppo di sistemi aperti e interoperabili, mancanza di regole certe e chiare, mancanza di un piano nazionale di ricerca, mancanza di finanziamenti nazionali per gli ITS;
   il Comitato tecnico scientifico di TTS Italia – Associazione nazionale per la telematica per i trasporti e la sicurezza ha elaborato nell'ambito della direttiva ITS 2010/40/UE le criticità, le azioni prioritarie, i benefici attesi tramite un'indagine svolta presso tutti gli associati;
   la direttiva 2010/40/UE pubblicata il 6 agosto 2010 ha istituito un quadro di sostegno della diffusione e dell'utilizzo di sistemi di trasporto intelligenti (ITS) coordinati e coerenti nell'Unione europea, in particolare attraverso le frontiere tra gli Stati membri, ed ha stabilito le condizioni generali necessarie a tale scopo;
   entro il 27 agosto 2012 Stati membri avrebbero dovuto comunicare alla Commissione informazioni sulle azioni nazionali previste in materia di ITS per i successivi 5 anni (ITS Action plan);
   il piano d'azione ITS nazionale è stato emanato a dicembre 2012 e identifica le priorità nazionali fino al 2017. Tale piano è in valutazione e avrebbe dovuto essere approvato a marzo 2013;
   la direttiva ITS è stata recepita nell'ambito del decreto-legge del 18 ottobre 2012 n 179 «Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese» (articolo 8 «Misure per l'innovazione dei sistemi di trasporto») convertito in legge a dicembre 2012;
   il decreto attuativo del 1o febbraio 2013 sulla «Diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) in Italia è stato pubblicato in Gazzetta il 26 marzo 2013 da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'interno e Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
   il piano d'azione nazionale deve contenere le azioni necessarie e pianificate a livello nazionale in materia di ITS per i prossimi 5 anni per le quattro aree prioritarie della direttiva;
   il piano d'azione nazionale è un obbligo europeo perché previsto dalla direttiva ITS ogni tre anni si dovrà riferire alla Commissione europea i progressi compiuti;
   il piano d'azione nazionale non è stato ancora trasmesso a Bruxelles e l'Italia rischia la procedura di infrazione –:
   quale sia lo stato di preparazione del piano d'azione nazionale ed in quale data sia prevista la trasmissione alla Commissione. (4-01940)


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni, numerosi articoli della stampa nazionale ed europea stanno portando alla luce un fenomeno gravissimo che coinvolge percentuali altissime di piloti di tutte le compagnie aeree europee, di bandiera e low-cost;
   si tratta del fenomeno della stanchezza operativa che coinvolge, stando alla lettura di questi quotidiani e dell'Agenzia di stampa aeronautica Avionews, più della metà dei piloti e comporta un pericolo gravissimo alla navigazione e alla sicurezza del trasporto aereo;
   a causa della lunghe ore di servizio ininterrotto, molti piloti si addormentano letteralmente ai comandi dei loro aeromobili e solo il loro addestramento, la loro indiscussa professionalità, e il loro senso del dovere hanno fatto sì che si evitassero tragedie;
   ad aggravare la situazione del personale di volo e della sicurezza delle operazioni si è aggiunta l'EASA, la European Aviation Safety Agency che, con la sua proposta finale di revisione delle cosiddette FTL (limiti dei tempo di volo e di servizio per piloti ed assistenti di volo), soccorre solo le esigenze commerciali delle compagnie aeree comunitarie che, apparentemente, a parole si occupano di sicurezza ma in realtà sembrano rivolgere attenzione soprattutto all'interesse economico;
   i responsabili dell'EASA, durante gli incontri riservati agli addetti ai lavori, non hanno esaurientemente risposto ai quesiti che i rappresentanti dei piloti hanno rivolto loro, dirottando l'attenzione su qualche lieve miglioramento delle nuove norme, ma riferito solo a una limitata parte di quelle vigenti. Costoro, sembra, non vogliano notare che la loro proposta permetterà l'aumento dei carichi di lavoro degli equipaggi che, come dice Nico Voorbach pilota e presidente di Eca (European Cockpit Association), imporranno ai piloti di volare «pericolosamente stanchi»;
   in qualità di professionisti e garanti della sicurezza, i piloti hanno il dovere di non operare quando sono stanchi. In molti casi il personale di volo occupato stagionalmente non ha la necessaria serenità per decidere la doverosa astensione dal lavoro nel caso si sentano non psico-fisiologicamente idonei a svolgere le proprie funzioni di membro d'equipaggio. Pertanto, solo una adeguata tutela normativa garantirà l'impiego del personale di volo in accordo con quanto rilevato dagli scienziati;
   la proposta dell'EASA trascura i risultati dello studio scientifico, commissionato dalla stessa Agenzia alla Moebus Aviation, denominato «Final Report – Scientific e medical evaluation of Flight Time Limitation». Se EASA non rivedesse la sua proposta, disattendendo le inequivocabili evidenze del rapporto Moebus e le indicazioni suggerite dagli scienziati, contribuirà a rendere legale il fatto di pilotare un aereo e, dopo un periodo di veglia di più di 22 ore, effettuare la delicata manovra dell'atterraggio. La nuova proposta di regolamentazione permetterà, inoltre, di effettuare fino a 12 ore di volo notturno quando gli scienziati hanno individuato un limite di 10 ore, di ignorare restrizioni nella programmazione dei voli che possano potenzialmente provocare seri disturbi del ciclo circadiano (naturale alternanza fra il periodo di sonno e quello di veglia di un individuo) come nel caso di una sequenza di partenze consecutive all'alba, di impiegare di riserva gli equipaggi per molti giorni, con orari di fine servizio indefiniti, senza avere la possibilità di pianificare correttamente il necessario riposo. Tutto questo in condizioni normali. Non è prevedibile cosa farebbe un pilota, professionista e ben addestrato, se a 22 ore dalla sveglia si trovasse a gestire una o più avarie complesse che possono caratterizzare i velivoli di ultima generazione;
   il segretario generale di Eca Philip von Schoppenthau ha dichiarato che «la stanchezza inficia le capacità di giudizio e l'abilità dei membri d'equipaggio nel reagire rapidamente – con potenziali conseguenze disastrose – come testimoniano recenti e drammatici incidenti. Non possiamo aspettare un altro incidente prima che l'Unione europea si svegli e realizzi che le sue regole sono inadeguate. Abbiamo bisogno di regole sicure subito»;
   l'ECA, in rappresentanza delle Associazioni professionali dei piloti europei e di cui fa parte anche l'ANPAC – Associazione nazionale piloti aviazione commerciale, ha chiesto alle istituzioni dell'Unione europea di ritirare, senza ulteriori indugi, il sostegno a questa proposta pericolosa e di mettere in atto cambiamenti che proteggano il diritto primario e basilare dei passeggeri: volare in sicurezza;
   negli Stati Uniti, in seguito al drammatico incidente del volo Colgan Air 3407, schiantatosi al suolo presso la città di Buffalo il 12 febbraio 2009, dall'inchiesta delle autorità aeronautiche che riconosceva la «Pilot fatigue» come elemento sostanziale dell'evento, è scaturita una profonda revisione delle regole che normano il servizio di volo dei piloti e che ha portato all'approvazione nel 2012 di una normativa analoga che, a differenza di quanto sta accadendo in Europa, ha recepito tutti i rilievi scientifici in relazione al fenomeno conosciuto come «Pilot fatigue» ponendo un argine ai problemi che, in altri eventi degli ultimi anni, hanno portato ad incidenti anche di rilevante entità;
   quanto sin qui esposto è solo una minima parte delle osservazioni che ECA ha rappresentato a EASA durante tutto il periodo di revisione della proposta di modifica dei limiti di impiego degli equipaggi di volo, senza essere ascoltata. L'Italia ha il dovere di intervenire tempestivamente e con forza affinché le uniche indicazioni prese a riferimento siano i risultati forniti dalle evidenze scientifiche –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per affrontare durante il processo di revisione dei limiti di impiego degli equipaggi di volo le problematiche esposte in premesse e sostenere fattivamente presso le istituzioni europee il percorso più idoneo a garantire la sicurezza delle operazioni di volo, nel rispetto delle evidenze scientifiche summenzionate. (4-01947)


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di settembre la società aerea italiana Hoverfly riceve telefonicamente la conferma, da parte di un proprio cliente per operare con 2 elicotteri nel territorio della Repubblica Ceca con base all'aeroporto di Praga per un evento collegato al mondo del Polo;
   l'operatività richiesta è datata a partire dal 12 settembre 2013, per cui l'11 settembre vengono inoltrate da parte della Hoverfly alle autorità aeronautiche italiane (Enac) e ceche (Caa) le necessarie richieste indicanti l'atterraggio presso l'aeroporto internazionale di Praga per le ore 12/13.00 locali;
   nelle richieste inviate, la Hoverfly non specifica l'operatività dei voli in quanto il cliente finale non conferma con certezza i collegamenti sia in termini di destinazione finale che di orari;
   alle 14,21 del 12 settembre 2013 la Hoverfly riceve dall'autorità ceca il diniego ad operare con i propri elicotteri presso elisuperfici occasionali, le strutture sulle quali atterrare erano il Golf Club ed il Polo Club di Praga che avevano già dato il loro assenso per iscritto, in quanto gli operatori stranieri, anche se comunitari, non possono operare fuori dagli aeroporti e/o eliporti certificati perché tale attività sarebbe permessa solo agli operatori aeronautici locali;
   a giudizio dell'interrogante, questa «interpretazione» da parte delle autorità aeronautiche ceche contrasta con le regolamentazione europee in merito alla libera circolazione di bene e servizi;
   la problematica specifica è stata risolta brillantemente dall'ingegner Benedetto Marasà dell'Ente nazionale dell'aviazione civile, il quale contattato per le vie brevi dall'interrogante ha scritto alla corrispondente autorità ceca che non ha potuto che adeguarsi alla normativa in vigore rilasciando la dovuta autorizzazione ad operare sul proprio territorio alla Hoverfly;
   quanto accaduto a danno della Hoverfly e risolta dai funzionari italiani a beneficio di un serio e professionale operatore privato non può, però, essere lasciato al caso e dovrebbe essere regolato in maniera più dettagliata e «convincente» per evitare che questo settore, nonostante la chiara normativa europea e comunitaria, sia lasciato alla libera interpretazione delle varie autorità aeronautiche nazionali;
   a giudizio dell'interrogante non occorre nuova e diversa normativa comunitaria, l'attuale è chiara e sufficiente, ma un'attività di «moral suasion» da parte comunitaria nei riguardi delle varie autorità aeronautiche nazionali per far sì che abbiano uniformità di comportamenti nei confronti di tutti gli operatori comunitari –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premesse. (4-01953)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa comparse già dalla data del 16 settembre 2011 e successive si apprendeva che la compagnia dei carabinieri di Medicina, centro nevralgico posto nella provincia di Bologna, sarebbe stata prossima alla chiusura a causa di una struttura di caserma non adeguata e soprattutto per un non meglio specificato progetto di riorganizzazione e di contenimento delle spese;
   se tale notizia fosse confermata, a Medicina, cittadina di 18.000 abitanti circa, rimarrebbe operativa la sola caserma che, come nelle piccole frazioni, svolgerebbe orari di ufficio. La chiusura della compagnia, che annovera ben cinque comuni nel territorio di sua competenza per un comprensorio di oltre 80.000 abitanti, porterebbe ad un inevitabile smembramento del territorio che in parte andrebbe in capo alla compagnia di Imola e in parte alla compagnia di Molinella e in parte alla compagnia di San Lazzaro di Savena;
   a giudizio dell'interrogante, il territorio che attualmente copre la compagnia di Medicina è decisamente non esiguo e soprattutto, in considerazione del fatto che è una zona completamente urbanizzata con piccoli centri ma soprattutto con una miriade di piccolissime frazioni o addirittura con casali e case coloniche del tutto isolate con evidenti problemi di sicurezza e controllo del territorio;
   l'attuale struttura è proprietà dello Stato e sarebbe sufficiente risistemarla;
   questa fase di incertezza che dura da più di due anni ha fatto sì che il personale uscente non fosse rimpiazzato costringendo il personale rimasto a turni massacranti e comunque insufficienti al controllo di un territorio così esteso –:
   se rispondano a verità le notizie di stampa apparse negli ultimi giorni secondo le quali si sarebbe in procinto di chiudere la compagnia dei carabinieri di Medicina;
   nel caso in cui tale progetto di smantellamento fosse confermato, se i Ministri interrogati intendano specificare in dettaglio i motivi che avrebbero indotto tale decisione, soprattutto in considerazione del disagio e del grave disservizio che tale scelta comporterebbe per un comune, come Medicina, di oltre 18.000 abitanti, e di notevole estensione, posto a cavallo tra le province di Bologna e Ferrara, il quale verrebbe ridotto al rango di piccola e sperduta frazione. (3-00343)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i sindaci dell'Anglona e della bassa valle del Coghinas: Pietro Carbini di Santa Maria Coghinas, Stefano Ruiu di Sedini, Matteo Santoni di Castelsardo, Vittorio Ara di Viddalba e il vicesindaco di Valledoria Ettore Puttolu, hanno sottoposto all'interrogante nel corso di un incontro con i vertici dell'Arma dei carabinieri avvenuto nella compagnia dei carabinieri la totale e netta contrarietà a tale declassamento della stessa a tenenza;
   il declassamento costituirebbe una decisione grave perché metterebbe in ginocchio la tutela e la sicurezza di un'intera zona del sassarese;
   l'incontro dei sindaci del territorio con il capitano della compagnia Antonio Pinna e il tenente colonnello Antonio Fiorillo, promosso dal coordinatore del movimento Unidos dell'Anglona Giannetto Satta, è stata l'occasione per annunciare la mobilitazione del territorio e delle istituzioni;
   una chiusura-declassamento contrastata dall'intero territorio e che nessuno accetta per due motivi: il primo, non esiste nessuna ipotizzata chiusura di compagnie nel resto d'Italia e dall'altra perché da ottobre nel nuovo carcere di Sassari arriveranno i mafiosi del 41-bis e la sicurezza deve essere maggiormente tutelata e non, invece, ridimensionata proprio per scongiurare i pericoli di infiltrazioni mafiose in quest'area;
   è improponibile che tali possibili tagli siano avviati proprio dalla compagnia di Valledoria (presidio già esistente a Nulvi come tenenza, trasferito a Valledoria nel 1984 ed elevato a compagnia nel 1985) nel cui territorio, con circa 70 chilometri costieri di competenza non vi è nessun altro presidio di polizia;
   in questa vasta area non esistono né presidi di Guardia di finanza, né tantomeno di Polizia di Stato;
   i sindaci hanno chiesto di impedire questo declassamento che non comporterebbe nessun risparmio considerato che la compagnia e la tenenza continuerebbero a costare il medesimo canone annuo per la locazione dell'immobile, che, oltretutto, proprio per ospitare al meglio la compagnia, in questi giorni ha ottenuto dall'amministrazione comunale di Valledoria uno stanziamento di ben 400 mila euro;
   l'intero territorio si è dichiarato disposto a qualsiasi azione per scongiurare la chiusura della compagnia dei carabinieri di Valledoria;
   occorre valutare con attenzione le conseguenze che tale riorganizzazione avrebbe sul territorio, anche in virtù del crescente incremento di una fascia di popolazione con disagio economico sociale. Proprio per quest'ultima occorre assumere strumenti di controllo e di tutela adeguati a prevenire ogni possibile fattore di rischio;
   esiste un crescente disagio economico sociale, ormai diffuso e generalizzato, che verosimilmente ha determinato di recente un incremento dei furti e degli atti vandalici sia contro il patrimonio pubblico che privato;
   con tutta certezza il comune di Viddalba verrebbe sottoposto alla giurisdizione del presidio di Trinità d'Agultu che dipende a sua volta dalla compagnia dei carabinieri di Tempio Pausania;
   la compagnia di Valledoria fu istituita nel 1984 perché equidistante dai paesi dell'entroterra come Chiaramonti e Martis e vicino a tutte le località costiere da Punta Tramontana sino a Vignola;
   nel 1985 il comando venne elevato a compagnia, ha sette stazioni e opera come unico presidio delle forze dell'ordine in un'area geografica di 80 chilometri quadrati che include dodici comuni e 27 frazioni dislocate sul territorio –:
   se non ritenga di dover salvaguardare la compagnia di Valledoria, revocando la procedura di declassamento con particolare riferimento alle nuove intervenute condizioni relative alla destinazione nella provincia di Sassari di un numero rilevantissimo di detenuti in regime di 41-bis;
   se non ritenga di dover dare risposte immediate e compiute a sindaci dell'Anglona per garantire il mantenimento della compagnia dei carabinieri di Valledoria.
(4-01944)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a fine aprile del 2013 un comitato appositamente costituito dal Capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha preso atto della necessità di inserire, tra le proposte di riforma del modello organizzativo e del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, lo sviluppo professionale dirigenziale anche per i ruoli dei funzionari amministrativo-contabili e informatici dei vigili del fuoco aventi il titolo della laurea magistrale;
   tale riconoscimento avrebbe dovuto costituire l'avvio di un nuovo corso teso a mettere fine ad una vicenda, conseguente all'entrata in vigore del nuovo ordinamento del personale del Corpo che aveva inspiegabilmente escluso l'inserimento del suddetto personale non solo dall'accesso ai ruoli direttivi ma anche dall'idoneo settore di contrattazione comprendente anche il personale direttivo;
   i funzionari laureati amministrativo-contabili e informatici, infatti, erano stati inseriti, nonostante le evidenti funzioni direttive svolte, nel settore di contrattazione riservato al personale non direttivo e non dirigente, quasi che si volesse fare una distinzione, all'interno dei vigili del fuoco, tra personale con lauree di «serie A» – ingegneri e architetti del settore direttivo e dirigenziale tecnico, medici e ginnici – e personale con lauree magistrali di «serie B» – funzionari amministrativo-contabili e informatici, appunto, con lauree magistrali in scienze politiche, giurisprudenza, economia, ingegneria informatica, matematica e fisica;
   questa distinzione continua inspiegabilmente a basarsi su un'accezione di operatività, riconosciuta sia al personale direttivo e dirigente tecnico sia a quello medico e ginnico ma non al personale dei ruoli dei funzionari amministrativo-contabili e informatici nonostante, nei fatti, l'ordinamento preveda la loro presenza diretta anche in teatri di natura emergenziale con compiti di diretto supporto alle operazioni di soccorso;
   sembrerebbe chi ha disegnato il nuovo ordinamento del Corpo nazionale abbia previsto l'esistenza non di un Corpo unico, ma di un Corpo al suo interno distinto in più anime non tutte degne della medesima considerazione;
   ciò non accade nei modelli utilizzati dagli altri Corpi dello Stato, dove le componenti sono distinte solo per le funzioni svolte ma non per gli istituti e i benefici riconosciuti a tutto il personale;
   dopo il giusto riconoscimento fatto pochi mesi orsono dal dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile, nell'aprire la discussione sulle priorità e sui nuovi interventi necessari a coprire le mancanze create dall'ordinamento entrato in vigore nel 2006, lo stesso dipartimento sembra all'interrogante, nel caso dei funzionari e di tutto il personale dei ruoli amministrativo-contabili e informatici, non assicurare una celere soluzione della problematica, indicando tempi e modalità che non consentono una risoluzione certa (disegno di legge) quando per altri casi e altre situazioni si intende, invece, delineare percorsi celeri e senza ostacoli (disegno di legge delega e addirittura decreto legge);
   tali rallentamenti non aiutano e non rassicurano il personale interessato e, certamente, non è più possibile ammettere giustificazioni legate a supposte scarsità di risorse;
   le organizzazioni sindacali di categoria hanno dimostrato che l'istituzione della dirigenza amministrativa e informatica del Corpo, oltre a essere un investimento per razionalizzare l'amministrazione, può avvenire a costo zero, o quasi, considerando le indicazioni fuoriuscite dal parere del Consiglio di Stato in merito al potenziamento dei posti di ufficiale superiore (generale) dei ruoli amministrativi tecnico logistici della Guardia di finanza;
   questi rallentamenti, uniti a tutta una serie di provvedimenti che sembrano voler peggiorare la situazione del personale dei ruoli amministrativo-contabili e informatici dei vigili del fuoco rispetto a tutto il restante personale del Corpo, potrebbero essere intesi come una volontà di penalizzare un settore considerato da qualcuno come un mero supporto e non come una risorsa fondamentale per aumentare l'efficienza del Corpo, quasi a voler continuare a perseguire modelli di amministrazione non più in linea coi tempi e con le necessità del moderno agire amministrativo –:
   quali iniziativa di natura amministrativo-normativa intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere in tempi brevi e certi tale situazione, magari indicando un programma definito di interventi che possano eliminare tali discriminazioni ed agevolare la creazione di un modello di Corpo nazionale dei vigili del fuoco capace di funzionare secondo i parametri di efficienza, efficacia ed economicità.
(4-01950)


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 settembre ignoti sono entrati abusivamente nel piazzale dell'impresa edile Osetto Pietro e fratelli SNC, di Villa Estense in provincia di Padova e, con materiale al vaglio dei vigili del fuoco, hanno dato alle fiamme un autocarro e un furgone Mercedes di proprietà della ditta;
   la Osetto opera da oltre vent'anni nell'ambito di costruzioni stradali, di condotte fognarie e idriche, di metanizzazione, urbanizzazione con un organico medio di diciotto unità tra personale amministrativo, tecnico e operativo;
   la ditta assume commesse sia da enti pubblici sia da ditte private: tra i vari enti o amministrazioni si segnalano il Centro Veneto Servizi spa di Monselice (PD), consorzio che si occupa di acqua, metano, rifiuti, smaltimenti, fatturazioni e altre attività per alcuni comuni della bassa padovana, l'ex consorzio di bonifica Brentella di Montebelluna (TV), ora consorzio Piave, l'ATI Viridia-Safe Plant (ACAM di La Spezia), con una collaborazione di alcuni anni nell'ambito della gestione della rete del gas-metano nel Veneto per la zona di Este (PD) per conto Italgas, l'ETRA spa di Bassano del Grappa (VI) e varie amministrazioni comunali locali;
   i carabinieri di Carmignano di Sant'Urbano hanno avviato le indagini sull'accaduto con particolare attenzione ai lavori in cui si è impegnata la ditta, acquisendo la documentazione sulle aziende che hanno lavorato per gli ultimi grossi interventi della Osetto SNC;
   le dinamiche dei fatti richiamano le modalità tipiche delle azioni intimidatorie messe in atto dalla criminalità organizzata;
   il fatto ha destato forti preoccupazioni nella comunità locale e allarme presso la cittadinanza proprio per le gravi modalità dell'episodio –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere per favorire l'individuazione dei responsabili e per fare luce sulla natura dei fatti descritti e per prevenire il ripetersi di tali episodi. (4-01952)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BATTAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è apparsa su diversi organi di informazione sia locali che nazionali la notizia concernente la vicenda di un ragazzo affetto da sindrome di Down di Gioiosa Jonica che avendo compiuto 18 anni non può per legge iscriversi al liceo scientifico;
   la normativa in vigore non consente ad un disabile che abbia compiuto la maggiore età di frequentare la scuola con un insegnante di sostegno;
   una norma di cui la famiglia non era a conoscenza e che impedisce al ragazzo di poter frequentare il liceo scientifico «Mazzone» di Gioiosa Jonica;
   non è la prima volta che in Italia si verifica una circostanza del genere;
   la scuola è per questi ragazzi un momento fondamentale di socializzazione imprescindibile per la propria integrazione nel contesto sociale della sua comunità –:
   se il Ministro intenda prendere in esame tale situazione e se non intenda altresì assumere iniziative dirette a modificare la normativa in vigore eliminando il vincolo dei 18 anni per l'iscrizione scolastica di ragazzi disabili. (3-00346)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCUVERA e BRAGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18, comma 8-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto decreto del fare) contiene una norma che autorizza la spesa di 150 milioni di euro al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione degli edifici scolastici in cui è stata censita presenza di amianto;
   il decreto stabilisce che «l'assegnazione agli enti locali è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 30 ottobre 2013 sulla base delle graduatorie presentate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013. A tale fine gli enti locali presentano alle regioni entro il 15 settembre 2013 progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. La mancata trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni entro il 15 ottobre 2013 comporta la decadenza dall'assegnazione dei finanziamenti assegnabili» –:
   se tutte le regioni abbiano emanato i bandi per l'assegnazione dei fondi disponibili (o altri provvedimenti attuativi), quante domande siano state ricevute e se i plafond siano stati esauriti in tutte le regioni;
   se non si ritenga necessario – nei casi in cui mancassero tali provvedimenti attuativi da parte delle regioni o nel caso in cui non venissero esauriti i plafond disponibili – assumere iniziative per prorogare la scadenza oltre la data del 15 settembre 2013 o, scaduto tale termine, riaprire i termini di presentazione. (5-01063)


   MICHELE BORDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Manfredonia, insieme ad altri sindaci, ha rappresentato alla Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca la gravità sociale della vertenza che coinvolge i molti lavoratori ex Lsu impiegati nei servizi di pulizia delle scuole cittadine;
   questo gravoso problema interessa migliaia di lavoratori dello stesso comparto in tutta Italia a causa della riduzione dei fondi statali destinati alla pulizia delle scuole, decisa con il cosiddetto «decreto del fare», e dell'esito della gara Consip, che prevede il taglio drastico delle ore di lavoro;
   secondo fonti sindacali, la spesa sostenuta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per gli appalti di pulizia è passata da circa 550 milioni a 390 milioni di euro (riduzione pesantissima per i lavoratori, per moltissimi dei quali è stato fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga, e per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, che presentano ambienti sempre meno puliti e alunni meno assistiti);
   il ritardo dell'approvazione del decreto della cassa integrazione in deroga ha causato notevoli ritardi nell'erogazione della stessa CIG in deroga relativa ai mesi di giugno, luglio e agosto; mentre un migliaio di lavoratori sono in attesa di ricevere quella dell'anno 2012 a causa dei passaggi in altre aziende successivamente all'approvazione del decreto CIG 2012 –:
   se ed in quali termini il Governo intenda intervenire per evitare il licenziamento di migliaia di lavoratori ex lsu ATA della scuola ed assicurare loro una prospettiva occupazionale stabile. (5-01064)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alcuni ragazzi di Laconi, e non solo, rischiano di dover rinunciare al primario diritto all'istruzione, considerata la situazione che si è verificata nel locale liceo classico di Laconi;
   per carenza di iscrizioni la sede di scuola secondaria superiore di Laconi é stata chiusa;
   risultavano iscritti al classico di Laconi solo 5 (uno anche di Atzara);
   a febbraio dall'istituto di Isili venivano contattati gli studenti ai quali veniva comunicata la notizia che il classico di Laconi non sarebbe stato aperto;
   ognuno dei ragazzi ha contestualmente comunicato l'opzione telefonicamente;
   successivamente i ragazzi sono stati iscritti allo scientifico di Isili;
   allo stato attuale i ragazzi iscritti sono 34 e quindi 7 sarebbero esclusi;
   tra gli esclusi i ragazzi di Laconi perché hanno presentato domanda per ultimi;
   risulterebbero, dunque, esuberi per 7 studenti;
   nella giornata odierna amministratori comunali, genitori, cittadini e studenti hanno occupato l'istituto di Isili –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di dover autorizzare una deroga al fine di consentire la realizzazione di due classi in considerazione del diritto fondamentale all'istruzione e delle condizioni disagiate del territorio interessato a partire dai disagiati collegamenti tra i vari centri;
   se non ritenga di dover valutare in seconda istanza l'ampliamento della classe sino all'inclusione degli studenti richiedenti e iscritti. (4-01951)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante sono arrivate segnalazioni secondo cui il costo per la partecipazione al percorso abilitante speciale (PAS) per gli insegnanti precari può essere liberamente stabilito da ogni ateneo;
   sempre secondo le segnalazioni pervenute all'interrogante, nell'anno 2012 il costo per il PAS era di ben 2.000-2.500 euro a partecipante e qualche università è arrivata addirittura a chiedere 4.000-4.500 euro, mentre nel 2006/2007 il costo si aggirava tra i 1.600 e i 1.800 euro;
   si tratta evidentemente di costi molto elevati per docenti che svolgono un lavoro molto qualificato, senza però avere né la retribuzione, né la stabilità idonee a dare piena attuazione all'articolo 36 della Costituzione, laddove si prevede che «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa» –:
   se non ritenga di dover porre in essere, fermi restando i principi di autonomia dei singoli atenei universitari, tutte le iniziative di sua competenza finalizzate a promuovere un contenimento dei costi di partecipazione ai PAS, prevedendo, ad esempio:
    a) maggiori possibilità di rateizzazione;
    b) possibilità di dedurre dalla dichiarazione dei redditi i costi sostenuti per la partecipazione a tali percorsi abilitanti;
    c) un costo minimo e massimo uguale — adeguato e non esorbitante — per tutti gli atenei italiani. (4-01957)


   RAMPI, MALPEZZI, COVA, SENALDI, BAZOLI, CIMBRO, PREZIOSI, CARNEVALI, CINZIA MARIA FONTANA, MARANTELLI, COMINELLI, MOSCA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   come è noto a seguito dell'annullamento della prova scritta del concorso a dirigente scolastico è rimasto vacante in Lombardia quasi il 50 per cento delle posizioni di dirigenza;
   per la qualità e l'efficienza della scuola tale situazione rappresenta un danno grave;
   occorre garantire certezza dei tempi e delle modalità correzione delle nuove prove scritte in modo da garantire una definitiva e sollecita soluzione del problema –:
   quali iniziative siano in corso per garantire una definitiva soluzione della ben nota e triste vicenda del concorso relativamente ai dirigenti scolastici della Lombardia. (4-01961)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il lavoratore è autorizzato in base all'articolo 8, comma 1, della legge n. 219 del 2005, al riconoscimento della retribuzione e dei contributi per la giornata in cui effettua una donazione di sangue;
   tale norma legittima il valore della donazione e contribuisce fortemente al raggiungimento dell'obbiettivo dell'autosufficienza nazionale nella raccolta di sangue ed emocomponenti;
   con l'approvazione dell'articolo 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, detto «Salva Italia» è entrata in vigore la riforma previdenziale nota come riforma Fornero –:
   se corrisponda al vero, così come riportato da alcuni organi di stampa, che a seguito della riforma l'Istituto nazionale per la previdenza sociale non conteggia più nel calcolo pensionistico le giornate in cui i lavoratori sono stati assenti dal lavoro perché impegnati nella donazione di sangue e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare per non penalizzare coloro che compiono questa scelta di solidarietà.
(2-00230) «Donati, Marco Di Maio, Carrescia, Faraone, Biffoni, Fanucci, Anzaldi, Magorno, Richetti, Bonifazi, Crimì, De Menech, Lodolini, Sani, Peluffo, Carbone, Cinzia Maria Fontana, Ermini, Parrini, Lotti, Beni, Fregolent, Senaldi, Bazoli, Rampi, Bonomo, Bindi, Marchetti, Gasparini, Gandolfi, Taricco, Tentori, Nardella, Benamati, Cova, Decaro, Dallai, Gelli, D'Incecco».

Interrogazione a risposta orale:


   PALMIZIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   diversi lavoratori stagionali comunitari, in prevalenza rumeni e polacchi, che hanno prestato la propria collaborazione professionale presso gli alberghi siti nei comuni della costa romagnola, hanno eletto il proprio domicilio presso l'albergo stesso;
   la normativa vigente, al termine del lavoro stagionale presso gli alberghi, consente l'accesso alla indennità di disoccupazione mini Aspl (Assicurazione sociale per l'impiego), la prestazione che sostituisce l'indennità di disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti ed è erogata per i nuovi eventi di disoccupazione che si verificano dal 1o gennaio 2013;
   l'indennità è riconosciuta ai lavoratori che, a partire dal 1o gennaio 2013, abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino i seguenti requisiti: possano far valere lo status di disoccupato; possano far valere almeno 13 settimane di contribuzione da attività lavorativa negli ultimi 12 mesi precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, per la quale siano stati versati o siano dovuti contributi per l'assicurazione obbligatoria. Non è richiesto il requisito dell'anzianità assicurativa. L'indennità è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nei dodici mesi precedenti la data di cessazione del rapporto di lavoro, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti nel periodo;
   per far valere lo status di disoccupato, è determinante il fatto che il lavoratore sia domiciliato in Italia dove si presume sia in cerca di altro lavoro. Ricordato infatti che il diritto al sussidio di disoccupazione implica che il lavoratore, oltre a percepire il sussidio, rimanga in zona alla ricerca di un lavoro e non che vada all'estero per mesi spesso a svolgere altre attività lavorative e tornare in Italia solo per il completamento dell’iter e per la riscossione dell'indennità di disoccupazione;
   la provincia di Forlì-Cesena, servizio provinciale per l'impiego, aveva nei mesi scorsi predisposto e distribuito un modulo di comunicazione di domicilio dove si chiedeva al comunitario richiedente l'indennità di disoccupazione, di dichiarare il nominativo con allegata copia del documento di chi lo ospita in Italia dove ha eletto il domicilio che spesso, nel periodo estivo, è lo stesso albergo dove lavora;
   nell'agosto 2013 si è svolta una riunione fra i rappresentanti della provincia e dei centri per l'impiego della provincia di Forlì-Cesena con i sindacati, a seguito della quale il citato modulo di comunicazione di domicilio, pare su richiesta dei Sindacati, è stato eliminato dai documenti richiesti per la richiesta della mini ASpl, prendendo come assodato che il lavoratore che ha lavorato durante la stagione estiva in riviera, si tratterrà sul territorio, con domicilio presso l'albergo che in inverno sarà chiuso, permettendo così l'erogazione dell'indennità di disoccupazione a migliaia di lavoratori comunitari che potranno lavorare nel loro paese percependo contemporaneamente «euro italiani» per l'indennità di disoccupazione;
   peraltro molti di questi lavoratori stagionali comunitari hanno familiari a carico e richiedono anche gli assegni familiari per marito e figli residenti all'estero, compresi gli arretrati nei termini prescrizionali dei 5 anni, dichiarando redditi che nessuno potrà mai verificare, come nessuno potrà verificare l'eventuale stato di disoccupazione nel loro paese nonostante gli accordi bilaterali tra lo Stato italiano e questi Stati comunitari; i numeri che si sviluppano sono enormi: nel solo mese di settembre e soltanto a Cesenatico, Cesena, Savignano e Forlì, ci saranno oltre 1000 lavoratori comunitari che termineranno il proprio lavoro stagionale;
   la mancanza di controlli sull'effettività del domicilio è arrivata a livelli tali che pare che nei mesi invernali i suddetti lavoratori arrivino con pullman organizzati solo con l'unico scopo di recarsi nei patronati sindacali per firmare la documentazione necessaria e inoltrare la domanda di disoccupazione e, una volta espletate queste formalità, ripartire nella medesima giornata per la Romania o la Polonia;
   questa distorto uso della protezione offerta dalla mini-ASpl avviene non solo per i lavoratori stagionali della riviera Romagnola ma anche per chi lavora nel settore agricolo con contratto a tempo determinato scadente in ottobre e novembre;
   oltre alle somme impropriamente erogate, a giudizio dell'interrogante, da questa situazione deriva anche l'innalzamento del tasso di disoccupazione in quanto i suddetti lavoratori si iscrivono pur non essendo presenti sul nostro territorio;
   appare assurdo che in un periodo in cui lo Stato italiano non ha risorse per coprire la spesa per le Casse integrazioni in deroga o per le pensioni dei suoi cittadini sia consentito di rilasciare sussidi di disoccupazione anche a chi non rimane in Italia nel periodo di disoccupazione e se questo non configuri un abuso di diritto –:
   se corrisponda al vero che il sindacato per ogni disoccupazione erogata per conto di un lavoratore incasserà in delega il 3 per cento sull'indennità che l'INPS liquiderà al lavoratore (circa 80,00 euro), incasserà il compenso richiesto per l'invio della richiesta degli arretrati dell'ANF e se il lavoratore torna a lavorare l'anno successivo e sarà a credito di imposte, potrà redigere il modello 730 per i conguagli delle imposte (altri 40/50 euro per ogni mod. 730). (3-00348)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CINZIA MARIA FONTANA, GNECCHI, BELLANOVA, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, COMINELLI, FABBRI, FAMIGLIETTI, FANUCCI, FARAONE, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SIMONI, ZAPPULLA e MARANTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 ha disposto che sulla quota di trattamento di pensione relativa all'anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 2011 sia applicata una riduzione percentuale qualora il pensionamento anticipato avvenga prima del compimento dell'età di 62 anni. Tale riduzione è pari all'1 per cento per i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni ed elevata al 2 per cento per gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età calcolati alla data del pensionamento;
   l'articolo 6, comma 2-quater del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012 ha altresì disposto che la riduzione di cui sopra non trova applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la contribuzione ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria;
   non rientrerebbe nella fattispecie «prestazione effettiva di lavoro» l'astensione dal lavoro per donazione di sangue e di emocomponenti. Al fine di non subire penalizzazioni, il dipendente, per l'accesso alla pensione anticipata, dovrà incrementare il servizio effettivo con un periodo di lavoro aggiuntivo pari a quello considerato;
   le stesse precisazioni ed indicazioni operative contenute negli atti dell'Inps forniscono un'interpretazione estensiva e negativa della norma, applicando la penalizzazione alle giornate di astensione per donazioni di sangue;
   risulta del tutto incomprensibile tale interpretazione, considerato che la singola giornata di assenza per donazione di sangue si colloca all'interno di una settimana lavorata, i cui contributi sono accreditati settimanalmente;
   rischia così di venire meno il riconoscimento della funzione civica e solidaristica che si esprime nella donazione volontaria, periodica, responsabile e gratuita del sangue ed emocomponenti –:
   se il Ministro non ritenga di dare indicazioni all'Inps per correggere un'interpretazione così estensiva e negativa della norma e assumere iniziative per assimilare alla prestazione lavorativa effettivamente resa anche l'astensione dal lavoro per donazione di sangue e di emocomponenti, garantendo così un adeguato livello di tutela ai soggetti che compiono un prezioso atto di generosità. (5-01062)


   VENITTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi cinque anni si è assistito ad un continuo taglio dei fondi destinati ai servizi sociali, come più volte denunciato anche dall'Associazione nazionale comuni italiani;
   dei complessivi euro 343.704.000,00 gravanti sul capitolo n. 3671 «Fondo per le politiche sociali», euro 295.020.000,00 sono stati ripartiti tra le regioni dal decreto interministeriale del 26 giugno 2013;
   al momento non risulta ancora pervenuta alla regione Molise la quota del 20 per cento;
   questa situazione di incertezza unita alla mancanza di liquidità rischia di determinare, già dai primi giorni del mese di ottobre 2013, l'interruzione dei servizi erogati dalla regione e dai suoi enti locali –:
   se il Governo possa definire con certezza i tempi e i modi di erogazione delle risorse spettanti alla regione Molise in base al riparto stabilito nel decreto interministeriale del 26 giugno 2013. (5-01067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano: Il Corriere della Sera, il 22 settembre 2013, il contratto di apprendistato non funziona come negli altri Paesi, a causa di troppi vincoli burocratici che scoraggiano gli imprenditori, i quali sono costretti a spendere 3.500 euro in più all'anno per far fronte all'eccesso di regole e di adempimenti inutili;
   le suindicate inefficienze, a giudizio della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, che ha elaborato un documento sullo scarso funzionamento, elencando una media di dodici blocchi che determinano tale sovrabbondanza di adempimenti, sono riferiti al contratto di apprendistato istituito con il decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 cosiddetta «riforma Biagi», che ha rappresentato un cosiddetto contratto «a causa mista», in quanto costituito da lavoro più formazione;
   il dipendente privo di un'esperienza professionale, riporta in particolare il medesimo articolo, consegue il contratto suddetto, frequentando i corsi di formazione interni all'azienda o esterni a cura della regione e con la qualifica di apprendista, possono essere assunti giovani fra i 17 e i 29 anni, mentre per l'artigianato, la durata del contratto varia da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 5 anni;
   a giudizio della Cna, il primo adempimento ritenuto inutile e superfluo, prevede che l'azienda invii telematicamente la comunicazione di assunzione al centro provinciale per l'impiego, che in alcune regioni, secondo adempimento eccessivo, deve essere inviato per raccomandata con ricevuta di ritorno insieme ad un documento del datore di lavoro firmato in originale;
   il terzo adempimento, considerato dalla suesposta Confederazione inutile, è attribuito alla creazione della figura del referente aziendale per la formazione; in alcune regioni è sufficiente l'autocertificazione attestante la capacità di formare apprendisti, mentre in altre le competenze devono essere vagliate da un test d'esame;
   il quarto e quinto adempimento altrettanto superflui, prevedono rispettivamente: il rilascio della dichiarazione di assunzione e del contratto di lavoro dell'apprendistato seguiti dalla visita medica;
   il sesto adempimento inutile prosegue l'analisi della Cna, indica che l'azienda deve passare attraverso una nuova registrazione automatica nel cosiddetto libro unico del lavoro, mentre la settima osservanza, prescrive che entro trenta giorni dall'assunzione, debba essere debba essere definito e sottoscritto tra impresa e lavoratore, il Piano formativo individuale, che anticipa l'ottavo adempimento che consiste nella facoltà dell'azienda artigiana di dimostrare di possedere la capacità formativa e autocertificarla;
   il nono adempimento continua ancora l'articolo del suddetto quotidiano, considerato improduttivo dalla Cna, è rappresentato dall'obbligatorietà della registrazione dell'avvenuta formazione aziendale nel libretto formativo del cittadino e dall'attribuzione della qualifica finale, identificato nel decimo adempimento inutile; il decimo adempimento, altrettanto superfluo è invece determinato dalla certificazione e dall'attribuzione della qualifica finale, mentre l'undicesimo blocco è rappresentato dall'obbligatorietà da parte dell'apprendista della frequentazione di corsi esterni per un totale di 120 ore in tre anni;
   infine il dodicesimo blocco, descritto dalla Cna, è rappresentato dall'invio da parte dell'impresa artigiana, all'Inps di una dichiarazione attestante che, nell'anno di stipula del contratto di apprendistato e nei due esercizi precedenti, non ha percepito alcun tipo di sussidi;
   a giudizio dell'interrogante quanto esposto in precedenza, rappresenta in maniera emblematica, le difficoltà esistenti nel nostro Paese, all'interno del mercato del lavoro, i cui inutili e farraginosi adempimenti ed ingessature del sistema determinano sia un blocco del funzionamento delle attività aziendali, in particolare quelle di piccola e media dimensione, che un aumento della disoccupazione giovanile;
   l'interrogante evidenzia altresì che i costi burocratici e gli adempimenti inutili e complessi oltre a determinare evidenti ripercussioni negative e penalizzanti sul sistema-Paese in termini di competitività e sviluppo, reca inevitabili confusioni all'interno delle imprese non soltanto artigiane –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se non convengano che i rilievi critici evidenziati dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, con riferimento alle molteplici difficoltà derivanti dai troppi adempimenti burocratici, contribuiscono in maniera negativa e penalizzante a deprimere il sistema delle imprese, già costrette e fronteggiare una crisi economica senza precedenti, nell'ambito dei contratti di apprendistato professionalizzante previsti dal decreto legislativo n. 276 del 2003, le cui molteplici e complesse procedure rivelatisi inutili, determinano ulteriori danni al sistema economico ed occupazionale del Paese;
   quali iniziative intendano conseguentemente intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di snellire le procedure previste da suindicato provvedimento normativo dai criteri differenti a livello regionale, i cui 12 blocchi riportati in premessa, determinano per le imprese un danno sia economico che competitivo a livello nazionale. (4-01939)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi numerose industrie dell'indotto hanno protestato contro la chiusura dell'Acs, azienda che produce spugne per le imbottiture dei furgoni Ducato e il cui direttivo ha annunciato nelle scorse settimane il trasferimento di tutta la lavorazione da Atessa (CH) a Cassino (Fr) dove ha sede anche la proprietà;
   dopo tre settimane di protesta nello stabilimento Acs di contrada Saletti (Atessa), i sindacati hanno annunciato nuove mobilitazioni in tutte le fabbriche dell'indotto automotive della Val di Sangro e una manifestazione davanti ai della Isringhausen;
   la fabbrica, multinazionale italo-tedesca, è l'azienda che governa la commessa Acs;
   secondo il parere dei 23 dipendenti e dei sindacati la scelta di delocalizzare non sarebbe legata al lavoro e alla produzione dal momento che la Fiat ha annunciato un forte investimento per il restyling del Ducato;
   tutti i dipendenti hanno lavorato per anni nell'azienda e hanno una media d'età tra i 40 e i 50 anni. Ci sono molte donne tra gli operai e solo alcuni dipendenti sono a un passo dalla pensione; dunque sono difficilmente ricollocabili nel mercato del lavoro;
   inoltre i sindacati sottolineano che in questi anni il sito produttivo dell'Acs non ha beneficiato di veri investimenti che avrebbero potuto rafforzarne la competitività;
   se nemmeno la Fiat, con il suo colosso Sevel, la più grande fabbrica per veicoli commerciali leggeri d'Europa, riesce a garantire l'indotto, si profilano prospettive negative per l'economia industriale dell'intera Val di Sangro –:
   se non ritenga doveroso convocare le parti sociali e gli enti locali per esaminare la vertenza e cercare soluzioni alternative scongiurando il trasferimento dell'azienda. (4-01945)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da 5 mesi, 120 lavoratori dell'azienda ex-Finmek di Sulmona (AQ), messa in liquidazione nel 2011, aspettano la cassa integrazione straordinaria scaduta ad aprile e mai corrisposta;
   gli stessi 120 operai ex-Finmek da ottobre 2012 hanno erroneamente percepito l'indennità di mobilità (anche se solo parzialmente) dato che tale somma andava corrisposta solo ad esaurimento della cassa integrazione straordinaria che invece, a quel tempo, non era ancora scaduta;
   ora l'Inps chiede la restituzione delle somme assegnate direttamente ai lavoratori a titolo di mobilità (nella misura dell'80 per cento della retribuzione teorica lorda che comprende le sole voci fisse che compongono la busta paga) perché a loro parere l'assegno non era dovuto;
   attualmente dunque ogni lavoratore dovrebbe restituire all'Istituto pensionistico circa 4 mila e 300 euro (lordi);
   la restituzione della prestazione di disoccupazione è stata chiesta dall'Inps e non sarebbe nemmeno possibile una compensazione con il credito che i lavoratori hanno maturato per la cassa integrazione straordinaria perché quest'ultima viene erogata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   la somma da erogare a favore dei 120 lavoratori è superiore a quella che dovrebbero restituire alle casse dell'Inps;
   l'ingorgo amministrativo nasce dal fatto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anziché procedere all'approvazione della richiesta di cassa integrazione, inoltrata a dicembre scorso, ha ritenuto opportuno inviare gli ispettori negli stabilimenti dell'Aquila e Sulmona. Da allora, non vi è stato alcun pronunciamento da parte degli organi ministeriali;
   i lavoratori sono ovviamente preoccupati per il loro futuro dato che il mancato pagamento della cassa integrazione straordinaria blocca questioni piuttosto rilevanti come il Tfr e le pensioni –:
   se non intenda procedere in tempi brevissimi sbloccando la procedura per approvare la cassa integrazione straordinaria ai 120 lavoratori della ex Finmek. (4-01954)


   LODOLINI e RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il cantiere navale CRN (gruppo Ferretti) in questi giorni ha annunciato di voler usufruire degli ammortizzatori sociali utilizzando allo scopo la cassa integrazione straordinaria per tutto il gruppo aperta a giugno 2012 e che si chiuderà a giugno 2013, per settanta dipendenti attualmente occupati presso il cantiere di Ancona a zero ore;
   l'azienda non ha mai pronunciato le parole tagli ed esubero, ma gli atteggiamenti lascerebbero intendere che la strada intrapresa vada in quella direzione, considerando che negli ultimi mesi sono aumentati sensibilmente le lavorazioni affidate alle aziende in appalto, paventando sempre più spesso a dipendenti diretti del cantiere e l'ipotesi della cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore;
   l'azienda pare decisa a non applicare la rotazione della cassa integrazione a tutto il personale di cantiere, come proposto dai dipendenti stessi, e dai sindacati a tutela dei posti di lavoro;
   da diversi anni i cantieri navali del gruppo Ferretti versano in condizioni economiche difficili, passando nel corso degli anni di proprietà in proprietà, nel febbraio 2012 sono stati acquistati dalla multinazionale WECHAI POWER;
   il gruppo asiatico WECHAI, che produce componenti per trattori e mezzi pesanti, ha rilevato l'azienda Ferretti, principale produttrice al mondo di barche di lusso, allora indebitata per centinaia di milioni di euro e con 2000 dipendenti a rischio. La nuova proprietà aveva promesso che la produzione sarebbe rimasta in Italia, ma nell'agosto del 2012, il neo-presidente della Ferretti group e della Weichai, Tan Xuaguang, aveva spiegato alla stampa cinese e avere in mente l'apertura di uno stabilimento anche nel suo Paese, a Quingdao per adattare le imbarcazioni al mercato locale;
   la produzione di imbarcazioni in vetroresina sono state delocalizzate trasformandola in altri cantieri impoverendo il CRN di Ancona –:
   quali iniziative intendano assumere in relazione a quanto sopra descritto e quali iniziative intenda promuovere, per garantire i livelli occupazionali del secondo cantiere della città di Ancona, fiore all'occhiello della nautica da diporto mondiale. (4-01955)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è un Paese a vocazione agricola, con 1.615.590 aziende e 12.856.047,82 ettari di coltivazioni praticate (dati censimento Istat 2010);
   molte zone d'Italia sono predisposte ad ospitare ripetutamente alcune colture; ne deriva la presenza di parassiti specifici di quella coltura e, conseguentemente, un maggiore ricorso all'utilizzo dei prodotti fitosanitari specifici;
   va inoltre aggiunto che, secondo i dati forniti dall'Osservatorio sull'agricoltura amatoriale di Nomisma, gli italiani con il «pollice verde» sono oltre 10 milioni (diversificati per cura di «fondi agricoli», «orti», «giardini» e «terrazzi»);
   anche questi ultimi sono conseguentemente fruitori non occasionali di prodotti per la cura e la difesa delle piante;
   sono quindi alcune decine di milioni i potenziali utilizzatori di prodotti fitosanitari;
   i prodotti fitosanitari (agrofarmaci o fitofarmaci) sono tutti quei prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante (malattie infettive, fisiopatie, parassiti e litofagi animali, piante infestanti);
   il settore agricolo è disciplinato da norme approvate in sede comunitaria tramite provvedimenti poi recepiti mediante leggi e decreti dai singoli stati membri;
   la direttiva 91/414/CEE, recepita dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, disciplina infatti l'immissione in commercio e il controllo sul commercio e l'impiego dei prodotti fitosanitari, stabilendo requisiti, dati e criteri molto rigidi di valutazione preventiva del rischio per i consumatori, gli operatori e l'ambiente, derivante dall'utilizzo delle sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari e dall'impiego degli stessi. La direttiva stabilisce che solo le sostanze attive che superano detti criteri di valutazione, al termine di un complesso esame comunitario di tutte le informazioni tecnico-scientifiche disponibili, sono iscritte in una lista positiva e possono essere impiegate nei prodotti fitosanitari;
   il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, al comma 1, lettera a) dell'articolo 2, definisce prodotti fitosanitari tutte le sostanze attive ed i preparati contenenti una o più sostanze attive destinate a proteggere i vegetali dagli organismi nocivi o a prevenirne gli effetti, a regolare i processi vitali dei vegetali e a conservare i prodotti vegetali, a eliminare le piante indesiderate o a eliminarne una parte;
   nonostante l'Italia (secondo quanto riporta la relazione annuale al Piano Nazionale Integrato 2012 del Ministero della salute) risulti la prima nazione in Europa per la sicurezza dei prodotti fitosanitari e degli agrofarmaci con il 99 per cento dei campioni di prodotto analizzati ed in regola con le norme Unione europea, sono comunque continui, molteplici ed ingenti i sequestri di prodotti illegali, contraffatti o non etichettati correttamente da parte delle autorità competenti;
   sono numerosi, gravissimi e comprovati i danni diretti per la salute umana (soprattutto nei bambini) e per l'ambiente che derivano dall'utilizzo di prodotti fitosanitari illegali;
   senza dimenticare che l'utilizzo di prodotti fitosanitari illeciti crea notevoli danni di immagine all'intero comparto agroalimentare nazionale, alle aziende farmaceutiche conformi alla legge e rappresenta una fonte di reddito per la malavita organizzata;
   il commercio in Italia di prodotti fitosanitari illeciti è superiore, secondo le associazioni di categoria, ad oltre 30 milioni di euro annui –:
   quali provvedimenti urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per prevenire, contrastare e reprimere con efficacia, di concerto con le autorità preposte e le istituzioni comunitarie, il crescente mercato di prodotti fitosanitari illeciti, sia per tutelare la salute dei cittadini e dell'ambiente che per salvaguardare le aziende del settore e l'immagine complessiva del made in Italy agroalimentare.
(5-01066)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni articoli apparsi il 12 settembre 2013 su RomaToday e RomaPost e il 13 settembre su il Messaggero.it, si apprende che in una scuola paritaria dell'infanzia di Roma, nel quartiere Trullo, si è svolta l'accoglienza dei bimbi, nel loro primo giorno di scuola, allestendo un piccolo banco con palloncini, bevande e buoni per acquistare il menù HappyMeal a marchio McDonald's;
   negli stessi giorni il Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali ha diffuso un comunicato stampa nel quale sottolinea l'importanza dell'educazione alimentare nelle scuole, dichiarando inoltre che, nel decreto scuola, ci saranno delle specifiche norme che hanno come obiettivo proprio quello di trasmettere ai ragazzi l'importanza di una alimentazione equilibrata e di far assumere, fin dalla giovane età, abitudini e stili di vita sani;
   a parere degli interroganti è fondamentale che i bambini siano educati al valore del cibo non come atto consumistico; il cibo è, e deve rappresentare, soprattutto per i bambini, alimento sano per una crescita sana, ma anche sapienza contadina, cultura e tradizione del proprio territorio e del proprio paese;
   l'alimentazione di un bambino, soprattutto all'interno di un'istituzione educativa, non dovrebbe mai essere associata a logiche di profitto o promozionali, anche qualora iniziative come quella suesposta siano promosse da scuole paritarie autorizzate –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non intendano rendere più stringente ed efficace la normativa in materia di educazione alimentare nelle scuole, statali e paritarie;
   se non intendano avviare, nell'ambito delle proprie competenze, un monitoraggio degli istituti scolastici che offrono il servizio di ristorazione/mensa per bambini, affinché vengano rispettate le principali regole in materia di sicurezza ed educazione alimentare. (4-01938)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   DALL'OSSO e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   uno stop cautelativo è stato disposto dall'Agenzia italiana per il farmaco, AIFA, nei primi giorni di settembre del corrente anno, a ben nove prodotti farmaceutici dell'azienda Geymonat per tutto il territorio nazionale;
   nel mese di giugno 2013 l'azienda Geymonat, che ha sede ad Anagni, era già finita sotto accusa a causa dell'Ozopulmin, un medicinale per bambini, che non conteneva il principio attivo indicato; in quel caso furono adottati degli arresti per i tre manager Geymonat, accusati di aver deciso deliberatamente di immettere il farmaco difettoso sul mercato;
   il provvedimento dell'AIFA di stop cautelativo all'uso del farmaco è legato alle risultanze di un'indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Frosinone e condotta dal NAS carabinieri di Latina in attesa di altri riscontri;
   pur non essendo coinvolti nel provvedimento cautelare dei farmaci salvavita, si tratta in alcuni casi di farmaci importanti per la terapia di patologie di rilievo quali ulcera o criptorchidismo ovvero anemie gravi;
   è anche vero che ci sono indicazioni della presenza di farmaci per uso umano con principio attivo assente o ridotto per operazioni condotte dal crimine organizzato anche in connessione ad alcuni anomali furti di TIR contenenti specialità farmaceutiche;
   è senz'altro motivo di conforto sapere che l'AIFA, l'ISS e i Carabinieri del NAS espletano attività continue di controllo sulla qualità dei prodotti farmaceutici;
   sia nel mondo dei medici che dei consumatori la notizia che possano esser presenti prodotti farmaceutici in Italia privi o carenti del principio attivo crea motivi di diffuso sconcerto;
   è comunque motivo di preoccupazione venire a sapere sempre ex post dei problemi connessi alla diffusione di farmaci inefficaci, sia per ciò che concerne quelli diluiti dal crimine organizzato, sia, a quanto pare, per ciò che concerne quelli di alcune aziende produttrici;
   in effetti è di tutta evidenza che l'inchiesta sulla Geymonat per l'Ozopulmin partì dalla scrupolosità di una madre e di un farmacista di provincia e non motu proprio dai controlli delle autorità sanitarie nazionali preposte;
   infine è pacifico che diminuendo o addirittura azzerando la quantità di principio attivo nei farmaci si possono realizzare notevoli extraprofitti con frodi fiscali –:
   se sia stata attivata e con quali risultati un'attività di indagine ampia e straordinaria, a partire dalla vicenda della Geymonat, coordinata dal Ministero della salute, sulla presenza delle quantità indicate e autorizzate di principio attivo, nei prodotti farmaceutici italiani, e sulla base dei risultati quali iniziative il Ministero intenda porre in essere per la salvaguardia della salute dei cittadini. (5-01075)


   CAPELLI e BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Sottosegretario di Stato alla Salute Paolo Fadda rispondendo lo scorso 4 luglio all'interrogazione n. 5-00511 sul caso verificatosi in Sardegna di morte per malattia di Creutzfeldt-Jakob ha confermato, riportando il comunicato della prefettura di Nuoro, il ricovero presso l'ospedale «San Francesco» di Nuoro il 16 agosto 2012 di una paziente con sintomatologia clinica e segni neurologici per malattia cosiddetta «della mucca pazza»;
   solo in data 21 agosto 2012 si è proceduto all'invio della scheda di sorveglianza solamente all'Istituto superiore di sanità;
   il decreto ministeriale 15 dicembre 1990 «Sistema informativo delle malattie infettive e diffusive» stabilisce, per le malattie di classe I una segnalazione immediata;
   l'articolo 1 dell'ordinanza del 12 febbraio 2001 prevede che, la malattia di Creutzfeldt-Jakob e le sindromi e varianti ad essa correlate siano incluse nell'elenco, di cui al decreto ministeriale 15 dicembre 1990, delle malattie di classe I infettive diffusive che danno luogo a particolari misure di sanità pubblica;
   per tale tipo di malattia e per le sindromi correlate l'allegato 1 dell'ordinanza di cui sopra, prevede che il caso, anche se sospetto, sia segnalato entro 12 ore e che la relativa scheda di sorveglianza sia inviata contemporaneamente (allegato 2 del decreto ministeriale 21 dicembre 2001 e allegato 1 dell'ordinanza ministeriale 12 febbraio 2001) al Ministero della salute, all'azienda sanitaria locale, all'assessorato alla sanità della regione o provincia autonoma e all'Istituto superiore di sanità;
   la stessa negligenza nell'osservanza delle prescrizioni di legge si è avuta anche con riferimento ai riscontri diagnostici le cui informazioni ed esiti non sono stati trasmessi agli organi previsti;
   il secondo esame del «liquor», sempre secondo la comunicazione della prefettura, ha dato esito positivo per la proteina 14-3-3, suggestiva per la diagnosi della malattia e anche se la certezza diagnostica si può avere solo dopo aver eseguito l'esame autoptico, per il quale i familiari della paziente deceduta non hanno dato l'autorizzazione, si deve smentire la precisazione della direttrice dell'Asl di Nuoro, in quanto si tratta proprio di una morte sospetta per variante di Creutzfeldt-Jakob in altre parole variante nota come «malattia della mucca pazza» per utilizzare la stessa terminologia della direttrice;
   altra mancanza, rilevata sempre dall'esame del documento della prefettura, riguarda la mancata comunicazione alle autorità sanitarie veterinarie del sospetto di malattia le quali avrebbero dovuto procedere alle opportune verifiche dal momento che tale variante si contrae solo a seguito dell'assunzione di carni bovine;
   in base alle considerazioni sopra esposte si deve dissentire dall'affermazione del Sottosegretario di Stato alla salute il quale afferma a conclusione della risposta all'atto di sindacato ispettivo: «Dalla documentazione pervenuta, emerge un quadro rassicurante sul rispetto delle norme e del sistema di controlli attualmente vigente»;
   il 14 luglio 2013 una segnalazione arrivata al corpo forestale faceva rinvenire, in mezzo ai rottami abbandonati nel deposito di uno sfasciacarrozze della zona industriale di Pratosardo in provincia di Nuoro, la carrozzina, il materasso e tutti i presidi sanitari appartenuti alla morta per la variante del morbo della mucca pazza. Gli uomini del corpo forestale hanno provveduto a mettere sotto sequestro tutto il materiale rinvenuto chiedendo al proprietario dell'area di vigilare affinché nessuno da ora in poi si avvicini alla zona recintata, né tantomeno acquisti o tocchi in alcun modo gli oggetti sequestrati. Esiste, infatti, il serio rischio che possano essere ancora contaminati dal morbo. La procura ora ha aperto un fascicolo d'inchiesta per accertare eventuali responsabilità –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di intraprendere in considerazione di quella che all'interrogante appare una mancata osservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 dicembre 2001 il quale prevede che deve essere osservato il flusso informativo prescritto nell'allegato 1, essendoci stato un comportamento ad avviso dell'interrogante negligente da parte delle autorità competenti le quali hanno dato comunicazione del caso oltre il tempo massimo previsto. (5-01076)


   FOSSATI, LENZI, BIONDELLI, CASATI, D'INCECCO, AMATO, BELLANOVA e CAPONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito, con modificazione dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», all'articolo 13, integra le procedure di registrazione per i prodotti omeopatici, modificando di fatto l'articolo 20 del decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006;
   il decreto del Ministero della salute del 21 dicembre 2012 «Aggiornamento degli importi delle tariffe e dei diritti per le prestazioni rese a richiesta e a utilità dei soggetti interessati» riguarda la registrazione di medicinali omeopatici e di medicinali di origine vegetale basata sull'uso tradizionale, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 2013 prevede un innalzamento dei costi dei rinnovi di registrazione dei farmaci omeopatici, con tariffe per le registrazioni e le variazione dei medicinali omeopatici non sostenibili da questo settore produttivo;
   10 settembre 2013 l'AIFA (Agenzia italiana del farmaco), nel corso di un incontro con le aziende dei medicinali omeopatici a associazioni, tra cui Omeoimprese, APO, FIAMO, SIMA e SIOMI ha comunicato il calendario delle registrazioni da iniziarsi nel prossimo mese di ottobre e completarsi entro giugno 2015;
   la registrazione dei medicinali omeopatici (sino ad oggi autorizzati «ope legis») è un processo a lungo auspicato dai medici e dai cittadini per assicurare la qualità e il controllo dei medicinali omeopatici e antroposofici che vengono messi in vendita;
   non altrettanto condivisibili sono le modalità previste per realizzare questo obbiettivo, in particolare l'aspetto economico di tale procedura, in quanto ogni domanda di registrazione deve essere accompagnata dal versamento di una somma che purtroppo non tiene minimamente conto della realtà dell'industria omeopatica italiana e delle esigenze dei medici prescrittori e dei pazienti;
   infatti le tariffe di registrazione sono state aumentate di circa 700 volte e le cifre che le aziende dovranno versare all'atto della presentazione della domanda, secondo un calcolo fatto dall'AIFA stessa, potrà aggirarsi fino anche a più di 20.000 euro per ogni medicinale omeopatico unitario (31 euro prima del decreto) ed ogni azienda omeopatica ha la necessità di registrare diverse centinaia di farmaci, peraltro da anni presenti sul mercato, con un aggravio di spesa eccessivo avendo tali aziende in genere un fatturato di piccola o media entità;
   tale costo è chiaramente sproporzionato se si pensa che:
    a) tutti i medicinali unitari sono privi di brevetto, appartenendo essi da più di 200 anni alla tradizione omeopatica. Il medicinale omeopatico unitario è un patrimonio dell'uomo;
    b) il 95 per cento dei medicinali omeopatici unitari in commercio viene venduto in lotti inferiori ai 5000 pezzi all'anno, a volte in solo poche decine di pezzi. La stessa situazione si verifica per molti medicinali di tradizione antroposofica, omotossicologica e per quei complessi omeopatici che vengono utilizzati per patologie specifiche secondo i criteri di individualità della malattia tipici della tradizione omeopatica/omotossicologica/antroposofica e per conseguenza venduti in piccolissimi lotti o anche solo in pochi pezzi (meno di dieci l'anno). Ne deriva che i ricavi, in questi casi, non sono nemmeno sufficienti a coprire le spese di produzione;
   la conseguenza certa di tali costi di registrazione sarà l'eliminazione dal mercato italiano della grande maggioranza dei farmaci attualmente disponibili, i «piccoli rimedi» certamente spariranno, molti lavoratori perderanno il loro posto di lavoro, i medici perderanno le loro possibilità di cura e 11 milioni di cittadini italiani non potranno ricevere la cura che avevano scelto, pagandola, peraltro, di tasca propria senza gravare sul servizio sanitario nazionale;
   l'Italia rappresenta il terzo mercato europeo di farmaci omeopatici dopo Francia e Germania e secondo i dati Doxa 2012, circa il 18 per cento dei cittadini ricorre a questa tipologia di medicinali; il comparto dei farmaci omeopatici e costituito da circa venti aziende, con un fatturato complessivo di circa 160 milioni di euro che producono una spesa totalmente a carico dei cittadini di circa 300 milioni;
   è necessario tener conto delle differenze sostanziali tra medicinali omeopatici e farmaci della farmacopea ufficiale, poiché per i medicinali omeopatici è prevista una registrazione semplificata e l'assenza di indicazioni terapeutiche specifiche;
   una eventuale deprecabile scomparsa della disponibilità di medicinali omeopatici rischierebbe di penalizzare non solo il compatto della medicina omeopatica (produttività, ricerca scientifica, occupazione) ma anche i milioni di italiani, pari a circa il 18 per cento dell'intera popolazione, cui di fatto verrebbe negata la libertà di scelta terapeutica;
   è fondamentale facilitare la registrazione di medicinali omeopatici, a tutela del diritto di scelta terapeutica dei cittadini e di cura del medico nonche di sicurezza per la popolazione –:
   quali iniziative urgenti, normative e regolamentari, il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare al fine di garantire l'effettiva applicazione delle disposizioni concernenti le procedure e i requisiti per la registrazione semplificata dei medicinali omeopatici, di cui al decreto-legge 12 settembre 2012, n. 158, e del decreto ministeriale del 21 dicembre 2012, garantendo, fra l'altro, i seguenti obiettivi: a) ridurre sensibilmente i costi di registrazione dei medicinali omeopatici; b) unificare i costi di registrazione dei medicinali unitari al singolo ceppo per tutte le forme farmaceutiche, tenendo anche presenti i costi di registrazione già applicati in altre nazioni europee; c) prevedere delle registrazioni per fasce differenziate, adeguando i costi al reale volume di vendita dei medicinali. (5-01077)


   NICCHI, PIAZZONI, AIELLO e DI SALVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dal quotidiano La Repubblica dell'11 settembre scorso, due giorni prima della pubblicazione dell'articolo, presso l'ambulatorio della Camera dei deputati, una parlamentare si è presentata al presidio sanitario di Montecitorio per chiedere al medico di turno «la prescrizione della “capsula abortiva”, ma ricevendo un diniego per un fatto di coscienza: “anche il medico del turno successivo è obiettore, così come tutti gli altri colleghi qua dentro”, le viene detto»;
   il medesimo articolo di stampa racconta come a seguito di questo avvenimento, alcune parlamentari decidono di fare «un piccolo esperimento sul campo e provano a chiedere la pillola nelle farmacie del centro di Roma. Per tre volte di fila si sentono rispondere che non ce l'hanno»;
   la richiesta da parte di una donna di vedersi prescritto un contraccettivo d'emergenza, come la cosiddetta «pillola del giorno dopo», non comporta alcuna pratica abortiva e conseguentemente non può esservi un rifiuto motivato dal fatto di essere obiettore per le interruzioni di gravidanza. Di conseguenza è totalmente illegittimo il ricorso all'articolo 9 della legge 194 sul diritto all'obiezione di coscienza;
   la «pillola del giorno dopo» è un farmaco contraccettivo che rientra nella Classe 1 dell'OMS, e la sua prescrizione è dovuta in assenza di possibilità di diagnosi;
   risulta ancora una volta confermata la difficoltà da parte delle donne di vedersi prescrivere la «pillola del giorno dopo», e quindi un farmaco contraccettivo, dal medico di base o al pronto soccorso/ambulatorio, nonché di ottenere da molte farmacie la medesima pillola, pur se in possesso della necessaria prescrizione medica. E questo anche se la legge prevede che i farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti;
   quanto accaduto presso il presidio sanitario della Camera è sintomatico della difficoltà nel nostro Paese, a vedere sempre riconosciuta l'autodeterminazione femminile e tutelati e garantiti i diritti delle donne sanciti dalla legge in tema di procreazione responsabile –:
   se non ritenga indispensabile confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull'obbligo di dispensazione dei farmaci da parte dei farmacisti, e sull'esclusione del diritto all'obiezione di coscienza per i medesimi farmacisti nonché per i medici, anche di base, relativamente al rilascio della prescrizione medica necessaria per ottenere un contraccettivo d'emergenza.
(5-01078)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   desta sconcerto, la notizia appresa attraverso famiglie con figli autistici che, presso un centro di neuropsichiatria infantile di una ASL a tutti i pazienti con autismo, di qualsiasi età, viene consigliata la somministrazione di un farmaco che, a detta degli operatori e degli utenti, è una vera panacea;
   il farmaco in questione sembrerebbe essere l'aripiprazolo, un antipsicotico atipico e condivide con gli altri antipsicotici, tipici e atipici, un profilo di tossicità tutt'altro che trascurabile. Alcuni recenti lavori rilevano un influsso negativo sul metabolismo per gli atipici peggiore che per i tipici (Rasimas JJ. Liebelt EL, Adverse Effects and Toxicity of the Atypical Antipsychotics: What is Important for the Pediatric Emergency Medicine Practitioner, Clin Pediatr Emerg Med. 2012; Dori N., Green T., The metabolic syndrome and antipsychotics in children and adolescents, Harefuah, 2011; Gautam S., Meena PS., Drug-emergent metabolic syndrome in patients with schizophrenia receiving atypical (second-generation) antipsychotics, Indian J. Psychiatry. 2011);
   le linee guida rappresentano il risultato di una rassegna critica della letteratura, nonché dell'opinione condivisa di un gruppo multidisciplinare di esperti. Sono di aiuto al medico per orientarlo nella prescrizione dei farmaci, soprattutto per quelle patologie, come l'autismo, per le quali non c’è una solida base di «evidence» e dove, a fronte di sintomi spesso gravissimi, i pochi farmaci disponibili sono quasi tutti off label, con ciò che questo comporta anche dal punto di vista legale;
   gli esperti consigliano di non usare antipsicotici, antidepressivi, anticonvulsivanti e diete di esclusione (come le diete senza glutine e caseina) per curare i sintomi nucleari dell'autismo perché il rapporto tra rischi (specialmente con gli anticonvulsivanti e le diete di esclusione) e benefici non è stato in favore del loro uso;
   nel caso di terapia con antipsicotici per trattare i comportamenti esplosivi quando gli interventi psicosociali o altri interventi sono insufficienti o non possono essere praticati a causa della severità del comportamento, i farmaci antipsicotici dovrebbero essere prescritti inizialmente e monitorati da un pediatra o da uno psichiatra che dovrebbe: identificare il comportamento bersaglio; decidere una misura appropriata per monitorarne l'efficacia, rivedere l'efficacia e ogni effetto collaterale del farmaco dopo alcune settimane; sospendere il trattamento se non ci sono segni di risposta clinicamente importante dopo sei settimane –:
   se non ritenga opportuno valutare la reale efficacia di farmaci consigliati e somministrati a pazienti autistici e, specificatamente nel caso di centri di neuropsichiatria infantile, fornire puntuali indicazioni per operatori e utenti in grado di garantire esclusivamente il ricorso a farmaci già sperimentati e che risultino realmente di una qualche utilità per i disturbi generati dall'autismo. (5-01079)

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la più grande industria della Sardegna, quella ovina, è a rischio;
   in questi ultimi giorni e settimane il fenomeno della cosiddetta lingua blu (blue tongue) ha raggiunto drammaticamente tutte le province dell'isola e sono ormai tantissime le aziende che rilevano un escalation del contagio senza precedenti;
   si tratta di una situazione che sta divenendo ora dopo ora sempre più grave con punte del 100 per cento delle aziende di singoli territori contaminate dal letale virus che non lascia scampo alle greggi;
   dal sassarese al medio campidano si vive in uno stato di preoccupazione elevatissimo proprio perché si rischia di perdere l'intero patrimonio zootecnico sardo;
   serve un intervento immediato, non solo diretto ad arginare questo virus nelle aree colpite, ma occorre un vero e proprio «piano Marshall», in grado di incidere direttamente sul vettore di questa gravissima malattia che colpisce gli ovini;
   a rischio è il più grande patrimonio zootecnico dell'area mediterranea, quello più rilevante del nostro Paese, con oltre 3 milioni e mezzo di ovini;
   è indispensabile un'azione urgente e senza ulteriori ritardi;
   i mesi di ottobre e novembre posso essere decisivi per un'ulteriore moltiplicazione delle larve e dei vettori della malattia;
   occorre intervenire sia sul bestiame, sia sulle aree a rischio di riproduzione del vettore;
   esistono prodotti selettivi che consentono di abbattere sul nascere le larve e lo stesso insetto vettore (culicoide);
   deve essere attivata una campagna urgente, considerato che sino ad oggi risulta essere stata inefficace e comunque limitata;
   è indispensabile l'immediata predisposizione di un piano d'azione al quale deve partecipare a pieno titolo la protezione civile nazionale che, a prescindere dalle competenze, ha in capo strutture in grado di sostenere una campagna così rilevante come quella necessaria in poco tempo;
   questa escalation, senza timori di allarmismi, rischia di essere una vera propria calamità senza precedenti per la Sardegna e deve essere messo in campo ogni sforzo per salvaguardare un'industria con decine di migliaia di operatori che rischiano di finire sul lastrico e per i quali servono immediati interventi di risarcimento;
   occorre attivare un tavolo tecnico scientifico nazionale esteso anche alle organizzazioni degli allevatori che consenta di valutare urgentemente alcune questioni imprescindibili, come il ricorso alla vaccinazione contro la febbre catarrale degli ovini, intervento di fatto obbligatorio considerato che vengono escluse da qualsiasi ristoro di danni le aziende che non vaccinano;
   simili vincoli non consentono di valutare caso per caso l'esigenza o meno della vaccinazione posto che si tratta in molti casi di un intervento ad elevato rischio sia per la produzione del latte che per la stessa filiazione;
   è indispensabile un piano di monitoraggio sulle aziende teso ad intervenire in modo puntuale e non generico per l'eliminazione dei capi colpiti e di quelli a rischio;
   devono essere affrontate in modo autorevole e senza condizionamenti l'efficacia e l'innocuità dei vaccini attualmente utilizzati contro il virus della febbre catarrale degli ovini (lingua blu), posto che non esistono certezze sull'efficacia proprio perché il vaccino utilizzato copre solo una marginale casistica del virus della lingua blu che si manifesta attraverso 24 sierotipi diversi e ricombinanti;
   un elemento questo che costituisce un limite se viene affrontato solo per due fattispecie di sierotipo;
   la campagna vaccinale per essere efficace deve essere tempestiva, con particolare riferimento allo stato di salute degli animali da trattare e al ciclo vitale dell'insetto vettore (culicoide) e questo ad oggi non risulta essere stato fatto con la necessaria tempestività;
   occorre un intervento radicale;
   la sola azione tesa a contrastare gli effetti del virus è risultata dispendiosa e sostanzialmente inefficace;
   dagli anni 2000 ad oggi la malattia non ha mai cessato la propria presenza negli allevamenti dell'isola provocando danni e costi per centinaia di milioni di euro (costo dei vaccini – somministrazione – danni diretti della malattia e danni conseguenti agli effetti collaterali del vaccino);
   è indispensabile per questo motivo mettere in campo un'efficace e tempestiva lotta all'insetto vettore, condizione essenziale per cercare di fermare il diffondersi della malattia. La vaccinazione, per definizione, è una profilassi (profilassi vaccinale) e pertanto dovrebbe essere eseguita anticipatamente al manifestarsi della malattia ed è in molti casi controindicata durante il decorso della malattia stessa. Per questo motivo il virus va combattuto alla fonte e non sull'effetto –:
   se il Governo sia attualmente a conoscenza delle dimensioni dell'epidemia e della gravità delle conseguenze attese;
   se il Governo sia a conoscenza di quali siano i sierotipi attualmente presenti in Sardegna;
   se il Governo sia a conoscenza di quali sierotipi vaccinali sono stati messi in produzione dagli istituti e dagli enti incaricati;
   se attualmente i vaccini messi in produzione e destinati ai focolai sardi siano in grado di coprire tutti i sierotipi riscontrati;
   se il Governo sia a conoscenza, a fronte di un patrimonio ovino di circa 3.500.000 capi, di quanti siano le dosi di vaccino messe a disposizione;
   se il Governo sia a conoscenza di eventuali programmi di profilassi vaccinale per la campagna produttiva 2013-2014;
   se il Governo non intenda attivare le proprie strutture, compresa la protezione civile nazionale, per supportare un'azione efficace di profilassi preventiva e di lotta al virus con vere e proprie campagne antiparassitarie mirate;
   se non si intendano attivare in Sardegna, di concerto con la regione, strutture di ricerca e monitoraggio, alla pari di quelle di Teramo, proprio evitare questa costante e ormai dipendenza scientifica sul fenomeno da strutture allocate fuori dall'isola. (4-01943)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GIULIETTI, LODOLINI e SERENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Merloni è un'azienda chiusa rientrante nell'ambito della legge Marzano-Prodi, che disciplina il percorso con cui grandi gruppi nazionali debbono essere assistiti anche nella fase di chiusura delle attività, percorso gestito dal commissariamento, che si è chiuso con un atto del Consiglio dei Ministri ad esito del quale gli ultimi asset produttivi, quelli più importanti, quelli che riguardano l'Umbria e le Marche, a cui afferivano circa mille lavoratori umbri e millequattrocento, millecinquecento delle Marche ancora in carico, sono stati trasferiti in virtù di quell'atto a un investitore, la Gp industries, che ha avanzato l'unica proposta in questa direzione a fronte di un corrispettivo per legge non è solo di prezzo ma è soprattutto e prioritariamente, di impegno a sviluppare un progetto imprenditoriale che riassorba una parte almeno significativa del bacino occupazionale che la vicenda aveva determinato in negativo. La legge prevede che sulla proposta finale si esprima il comitato dei creditori, che deve dare parere favorevole. Si ritiene che le banche avessero un'esposizione di 450 milioni di euro con Antonio Merloni;
   il Consiglio dei Ministri ha determinato la chiusura, provvedimento con il parere favorevole delle banche, e l'Assemblea dei creditori ha dato parere favorevole;
   un giorno dopo le banche hanno impugnato quel provvedimento del Consiglio dei Ministri presso il giudice amministrativo;
   se viene annullato quel trasferimento, decade l'iniziativa Gp industries, che prevede l'obbligo garantito, con strumenti fideiussori come previsto dalla legge, di riassunzione di 700 lavoratori e decade in prospettiva anche, previsto dalla legge di quel tipo, la concessione degli stessi ammortizzatori sociali;
   dalle notizie che stanno arrivando sembra che l'azienda e i commissari impugnino immediatamente il provvedimento e che quindi esistano i presupposti giuridici perché la sentenza di primo grado non sia immediatamente esecutiva e che quindi nell'immediato non si producano gli effetti che si paventavano poc'anzi, se venisse confermata quella sentenza;
   gli interessi legittimi e i diritti connessi alla chiusura della vicenda Antonio Merloni e alla ripartenza di quel territorio, nonché la tutela dovuta per legge con gli ammortizzatori sociali per migliaia di lavoratori coinvolti, non possano subire nocumento alcuno dalle vicende giudiziarie; si crede che abbiano ragione i lavoratori quando dicono che in questo Paese gli interessi di quelle stesse banche che non hanno adeguatamente vigilato il credito quando c'era la vicenda Antonio Merloni, non possano essere più importanti degli interessi di chi là dentro lavora, produce e fa impresa. E di un territorio intero che da quello dipende anche la sua vita, il suo futuro, la sua prospettiva. C’è un ordine di priorità in questo Paese: prima di tutto viene il lavoro –:
   se intenda attivare un tavolo istituzionale tra la regione Umbria, regione Marche e rappresentanze dei lavoratori per individuare misure urgenti per scongiurare gli effetti della sentenza e per condividere un percorso di rilancio di un settore strategico quale quello dell'elettrodomestico, assicurando, il rispetto dell'accordo di programma e la garanzia della continuità degli ammortizzatori sociali.
(3-00345)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   BOMBASSEI, GALGANO, NESI e CIMMINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico in data 6 marzo 2013 ha emanato un decreto per lo stanziamento di 190 milioni di euro allo scopo di promuovere la nascita di nuove imprese nel Mezzogiorno: tra le regioni interessate troviamo la Campania, insieme a Basilicata, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia;
   la responsabilità di questo progetto denominato Start&Smart è stato affidato ad Invitalia che, in qualità di soggetto gestore, doveva valutare le domande dei progetti imprenditoriali «a carattere fortemente innovativo» attraverso una procedura a sportello basata sull'ordine cronologico di presentazione delle domande;
   si tratta di due tipi di incentivi, «Smart», che ha un budget di 100 milioni di euro, contribuisce a coprire i costi di gestione sostenuti nei primi quattro anni di attività aziendale ed è indirizzato ad innovazioni di progetto o di prodotto che non siano necessariamente tecnologiche, mentre «Start» copre le spese per investimenti legati all'avvio dell'attività imprenditoriale e punta su innovazione hi-tech e digitale;
   il decreto prevedeva che sarebbe stato possibile presentare il proprio business plan con interfaccia web senza bisogno di mandare documenti cartacei a partire dal 4 settembre 2013;
   il 12 settembre Invitalia comunicava che nel corso del click day, a causa dell'elevato numero di accessi (oltre mille contemporaneamente) superiore a quello registrato per situazioni analoghe, la piattaforma realizzata da Postecom per Invitalia è collassata determinando evidenti danni agli aspiranti imprenditori –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire una rapida valutazione dei progetti presentati e mettere in condizione gli aspiranti imprenditori di avviare le loro iniziative grazie agli incentivi resi disponibili dal Ministero. (5-01069)


   LACQUANITI, LAVAGNO, FERRARA, MATARRELLI, AIRAUDO, DI SALVO e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre 2013 il gruppo siderurgico Riva, proprietario dell'Ilva, ha annunciato la cessazione immediata dell'attività in sette siti produttivi, in cui sono impiegati circa 1400 lavoratori, in seguito al provvedimento di sequestro preventivo dei beni disposto nei confronti dell'azienda nei giorni precedenti dalla Guardia di finanza su ordine della magistratura di Taranto;
   il giorno successivo alla diffusione di tale annuncio il Ministro dello sviluppo economico, Claudio Zanonato, aveva immediatamente dichiarato in modo rassicurante che il Governo si sarebbe impegnato per garantire l'eventuale ricorso allo strumento degli ammortizzatori sociali e soprattutto la continuità della vita produttiva dell'azienda;
   si ricorda, infatti, che le attività dell'azienda interessate dal blocco annunciato dal Gruppo siderurgico Riva Acciaio, sono quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti), che non rientrano nel perimetro gestionale dell'Ilva e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto;
   in data 14 settembre 2013 il procuratore generale della Repubblica di Taranto, dottor Franco Sebastio, ha evidenziato con una propria nota che il sequestro non prevede alcun divieto d'uso dei beni né pregiudica la continuità produttiva delle imprese oggetto di sequestro, in virtù dell'affidamento dei beni sequestrati all'amministratore giudiziario nominato (il dottore commercialista Mario Tagarelli, già presidente provinciale dell'ordine dei commercialisti di Taranto), «lo stesso custode amministratore è autorizzato ex lege a gestire eventuali necessità di ordine finanziario»;
   purtuttavia, in un comunicato diramato dalla stessa azienda, il gruppo siderurgico Riva ha evidenziato che il provvedimento si sarebbe reso necessario perché il citato sequestro, «sottrae all'Azienda ogni disponibilità degli impianti – che occupano oggi come si è detto circa 1.400 addetti – e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo pertanto la normale prosecuzione operativa della Società». Riva Acciaio ha inoltre affermato che le dichiarazioni del procuratore generale «non trovano purtroppo riscontro nel provvedimento del gip di Taranto di cui ha ricevuto notifica il 9 settembre 2013. Tale provvedimento sottrae infatti alla disponibilità di Riva Acciaio tutti i beni, senza disporre alcuna facoltà d'uso a beneficio dell'azienda; come è noto, in assenza di un espresso provvedimento di concessione della facoltà d'uso, il sequestro preventivo penale impedisce all'azienda ogni utilizzo, in qualsiasi modo o forma, dei beni oggetto di sequestro»; peraltro, aggiunge Riva, «in conseguenza del nuovo atto di sequestro, le banche finanziatrici di Riva Acciaio, che erano tornate a riattivare i fidi, ne hanno immediatamente disposto il congelamento totale o la revoca»; quindi «il blocco degli impianti e dei conti correnti impedisce alla società di svolgere (...) non solo la normale attività produttiva, ma anche operazioni minimali, quali pagare le utenze o gli spedizionieri per la consegna dei materiali già venduti»;
   contestualmente, il Presidente del Consiglio dei ministri apre la strada a possibili valutazioni circa l'opportunità di disporre il commissariamento del Gruppo Riva Acciaio;
   successivamente, il Ministro dello sviluppo economico, nell'ambito di un'audizione delle Commissioni Congiunte Attività Produttive e Industria di Camera e Senato (X Commissione permanente) sulla comunicazione resa dal Gruppo Riva Acciaio circa il fermo della produzione degli stabilimenti, annuncia che all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di venerdì 20 settembre 2013 si sarebbe esaminata una proposta di modifica del codice di procedura penale che avrebbe introdotto nell'ambito dello stesso un articolo aggiuntivo (e segnatamente l'articolo 104-ter) teso alla nomina di un amministratore/commissario capace di far fronte alle necessità di ordine finanziario del Gruppo Riva e lo sblocco contestuale delle risorse altrimenti destinate al fondo unico per la giustizia di cui all'articolo 104-bis;
   nonostante il Governo avesse dato piena assicurazione di quanto su esposto, all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di venerdì scorso non è stato presentato nulla. L'unica dichiarazione rilasciata dal Ministro Zanonato al termine dell'incontro svoltosi proprio in quel giorno con i rappresentanti del Gruppo Riva Acciaio è stata la seguente: «Il Gruppo Riva chiederà al Gip di poter disporre delle somme sequestrate per poter riavviare l'attività produttiva», mentre per le modifiche normative annunciate in audizione «potremmo metterci un po’»;
   nella giornata di ieri, martedì 24 settembre 2013, il Ministro Zanonato ha annunciato l'imminente approvazione nell'ambito del prossimo Consiglio dei ministri dell'ennesimo schema di decreto-legge volto a garantire lo sblocco delle attività nel Gruppo Riva Acciaio;
   come giustamente sottolineato da Confindustria, il fermo della produzione del Gruppo Riva Acciaio avrà un impatto negativo sull'occupazione e su tutti i settori direttamente e indirettamente collegati alle produzioni siderurgiche, peraltro in una fase particolarmente delicata per la nostra economia;
   appare di eccezionale gravità l'annuncio di una decisione che potrebbe lasciare senza lavoro 1.400 addetti e che si ripercuoterà, inevitabilmente, anche sulle aziende che operano nell'indotto, e, nell'immediato, in particolare sulla impossibilità per le aziende fornitrici del gruppo di contabilizzare le fatture relative a prodotti già forniti, come anche la totale mancanza di chiarezza che il Governo sembrerebbe dimostrare alla luce della mancata chiarezza sulle soluzioni da assumere e non ancora assunte a fronte di tale gravosa situazione –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa e, in particolare, quali iniziative non più ulteriormente procrastinabili si intendano adottare al fine di garantire l'attività industriale e conseguentemente la tutela occupazionale dei lavoratori colpiti del Gruppo siderurgico Riva Acciaio, sul presupposto che l'Esecutivo faccia concretamente ed inequivocabilmente la propria parte di fronte a un banco di prova di altissimo profilo dalla cui risoluzione dipenderà gran parte del futuro dell'industria siderurgica italiana.
(5-01070)


   CRIPPA, FANTINATI, VALLASCAS, PRODANI, MUCCI, PETRAROLI, DA VILLA e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge n. 1 del 2012 sulle liberalizzazioni (convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012) è stato introdotto di fatto nel sistema energetico italiano il cosiddetto «Capacity Payment», meccanismo finalizzato a remunerare i «servizi di flessibilità» delle fonti energetiche termoelettriche; questa novità normativa è stata accolta con riserva da Confindustria che nel luglio 2012 espresse «forte preoccupazione per la misura introdotta, che può innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro»;
   tra gli scopi impliciti del «Capacity Payment» figura quello di «contribuire» a ripagare gli investimenti di circa 25 miliardi di euro che le lobby elettriche hanno effettuato su nuovi impianti dall'anno 2000, nonostante, come cita la relazione 2005 di Assoelettrica, gli stessi produttori fossero già a conoscenza delle probabili difficoltà a rientrare dei costi sostenuti a causa del prevedibile eccesso di offerta. Enel inoltre, secondo l'associazione di settore, con questo nuovo meccanismo difficilmente riuscirebbe a ridurre il proprio debito su cui paga fior di interessi, frutto in particolar modo dell'acquisizione della spagnola Endesa, che, secondo il rapporto imprese di Mediobanca, al momento ammonta a circa 63,9 miliardi di euro;
   si apprende dalla stampa che proprio in quest'ottica, il 22 giugno 2013 Paolo Scaroni e Fulvio Conti, amministratori delegati di Eni ed Enel, si sono recati a Bruxelles, con i loro omologhi internazionali, per sostenere a livello europeo l'affermazione del «Capacity Payment», rinominato «Capacity Market» per fugare l'idea che si tratti di un sussidio statale;
   il taglio di circa 500 milioni di euro sulle bollette, previsto dal Governo, con la riduzione degli incentivi alle energie assimilate (CIP 6) e a quelle rinnovabili può trasformarsi in una misura inutile per gli utenti finali, in quanto proprio come sostegno al comparto energetico termoelettrico è prevista una spesa da parte dello Stato di circa 1,5 miliardi di euro nei prossimi 3 anni e di 1,5-2 miliardi di euro all'anno dal 2017;
   parte di queste somme, infatti, potrebbe essere scaricata dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) e dall'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas di nuovo sulle bollette dei consumatori, come previsto dall'articolo 34, comma 7-bis, del decreto-legge n. 83 del 2012 sulla crescita, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012;
   ad oggi non è chiaro di quali informazioni in materia disponga il Ministero dello sviluppo economico e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per evitare gli aspetti critici connessi al «Capacity Payment» –:
   se il «Capacity Payment» possa costituire un sussidio e se, come aiuto di Stato, possa violare la normativa europea oltre che a determinare un ulteriore rincaro delle bollette. (5-01071)


   BENAMATI, BONOMO, BIONDELLI, D'OTTAVIO, BONIFAZI e BARGERO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fabbricazioni Nucleari spa (FN) con sede a Bosco Marengo (AL) è stata fondata nel 1967 per operare nel campo della fabbricazione del combustibile per centrali nucleari;
   nel 1985 l'AGIP Nucleare entra a far parte dell'azionariato e ne acquisisce la maggioranza delle azioni;
   nel corso del 1989, a seguito della moratoria deliberata dal Governo circa l'utilizzo del nucleare da fissione quale fonte energetica, l'ENEA subentra come azionista di maggioranza in FN, indirizzando le attività nell'ambito delle tecnologie innovative, della progettazione e dello sviluppo di nuovi materiali (soprattutto ceramici avanzati);
   nel 1989 la gestione dell'impianto per la produzione di combustibile nucleare di Bosco Marengo è passata all'ENEA;
   nel maggio del 1996 la società diventa «FN – Nuove Tecnologie e Servizi Avanzati spa» con l'attuale assetto azionario:
    98,85 per cento ENEA;
    1,28 per cento Deposito Avogadro srl;
    0,07 per cento Ansaldo Nucleare spa;
   nel giugno 2003, in ottemperanza alle ordinanze del commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, le licenze e le autorizzazioni relative alla gestione dell'impianto sono trasferite alla SoGIN;
   nel 2005, SoGIN diventa proprietaria dell'impianto, assorbendo la parte nucleare del personale FN con l'obiettivo di realizzare la bonifica ambientale del sito;
   dal marzo 2010 FN possiede la sede operativa principale presso il centro ricerche ENEA di Saluggia e quella secondaria a Bosco Marengo;
   ad oggi ENEA è il principale committente di FN soprattutto nell'ambito delle attività di ricerca sull'energia e sui materiali avanzati (biomasse, fusione termonucleare);
   per quanto concerne la sede di Bosco Marengo, FN, dopo il parziale assorbimento da parte di SoGIN, è stata costretta ad abbandonare l'area produttiva nella quale si era insediata in origine ed ha proseguito la propria attività in un'area nelle immediate vicinanze, mantenendo in funzione il sistema termico per materiali ceramici, non trasportabili per motivi vari, fra cui la carenza di spazi e mancanza di strutture a Saluggia;
   la situazione economica negli ultimi periodi è andata via via peggiorando in quanto le entrate non sono sufficienti neppure a coprire le spese correnti e gli stipendi dei 14 dipendenti che da molti mesi vengono erogati con forte ritardo se non addirittura dilazionati in acconti. Sembra, inoltre, che siano intervenuti problemi anche nel pagamento dei contributi previdenziali;
   FN non ha ritenuto sino ad ora ricorrere ad ammortizzatori sociali speciali, cosa che comporterebbe l'impossibilità di portare a termine i programmi scientifici già contrattualizzati con gli enti finanziatori mettendo ulteriormente a rischio la già precaria situazione aziendale;
   l'assenza di liquidità comporta anche notevoli disagi nello svolgimento delle attività che sono rallentate dalla difficoltà di acquisire materie prime e dispositivi vari nonché di provvedere alla manutenzione degli strumenti;
   si deve tener presente che nel sito di Bosco Marengo, come più sopra riportato, è ancora locato uno dei forni (CVI) più usati da FN per il trattamento del materiale composito (ad esempio fibre di carburo di silicio) che è un punto di forza di FN in tutto il lavoro che viene svolto per conto di ENEA nel settore della fusione termonucleare; tale forno, d'altronde, non potrebbe essere spostato in quanto trattasi di materiale molto delicato ed il sito ENEA di Saluggia non ha spazi a disposizione per il suo posizionamento;
   da molte parti, aziendali e sindacali, è condiviso il fatto che una delle poche opportunità per scongiurare il collasso della società sia quello che essa venga assorbita dall'ENEA ritenendo che questa possa essere l'unica soluzione per continuare ad operare –:
   se il Ministro sia a conoscenza in dettaglio della situazione di FN e quali misure di competenza intenda adottare per evitare il fallimento dell'azienda con perdita di posti di lavoro e di competenze tecnologiche. (5-01072)


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Riva, a seguito del sequestro preventivo di beni immobili, disponibilità finanziarie e di quote societarie per una somma di 916 milioni di euro, eseguito dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta della procura di Taranto sull'Ilva, lo scorso giovedì 12 settembre 2013 ha annunciato la decisione dell'immediata cessazione delle attività e la conseguente chiusura di sette stabilimenti e di due società di servizi e trasporti facenti capo a Riva Acciaio;
   sono circa 1.400 i dipendenti del gruppo che rischiano di perdere il proprio di posto lavoro, da qualche giorno costretti a restare a casa senza stipendio e senza alcun ammortizzatore sociale;
   i siti produttivi interessati, che non hanno alcun legame con le vicende giudiziarie dell'Ilva di Taranto, sono tutti ubicati al Nord del Paese; lo stabilimento di Lesegno, in provincia di Cuneo, che da lavoro a 256 persone, rappresenta, in particolare, un punto riferimento per la sopravvivenza del sistema produttivo dell'intero Paese;
   secondo notizie di stampa, il provvedimento del Gip di Taranto impedirebbe al gruppo l'utilizzo degli impianti e dei conti correnti, con il conseguente blocco delle attività bancarie, facendo venir meno i presupposti operativi ed economici per la prosecuzione della normale attività;
   la chiusura dello stabilimento di Cuneo, e degli altri siti industriali, rischia di avere conseguenze gravissime per le singole realtà territoriali locali, con particolare riferimento all'indotto, nonché per i lavoratori, il cui futuro appare molto incerto;
   la decisione del gruppo Riva, se rimanesse confermata, rappresenterebbe il suicidio della siderurgia italiana ad esclusivo vantaggio dei competitori esteri;
   è necessario un intervento del Governo affinché si giunga al più presto ad una soluzione della vicenda che abbia come primo obiettivo quello di garantire l'immediata tutela dei lavoratori –:
   quali iniziative il Ministro interrogato voglia adottare per garantire il ripristino delle condizioni operative ed economiche del gruppo Riva, necessarie per la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro, con particolare riferimento al sito industriale di Lesegno, in provincia di Cuneo.
(5-01073)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 9 marzo 2012 il Ministro dello sviluppo economico pro tempore del governo Monti, Corrado Passera, ha inviato all'azienda Simest — un tempo controllata dal dicastero, ora società per azioni a maggioranza di Cassa depositi e prestiti — alcune direttive per evitare che il sostegno economico da questa offerto alle imprese straniere costituite da imprenditori italiani «possano attuare sui mercati esteri pratiche sleali o ingannevoli comunque riconducibili al cosiddetto italian sounding»;
   il documento ministeriale è stato inviato a seguito del clamore determinato dalla compartecipazione della Simest ad aziende come Lactitalia che opera nel settore agroalimentare;
   Lactitalia, società con sede legale in Romania specializzata in prodotti lattiero-caseari, ha commercializzato in Italia e in altri Paesi europei formaggi che rimandano a tipicità italiane, sfruttando una pratica commerciale scorretta legata all’italian sounding e confondendo quindi il consumatore sull'origine del prodotto;
   durante la scorsa Legislatura sono stati presentati numerosi atti di sindacato ispettivo per chiedere al Governo di intervenire per interrompere le partecipazioni di Simest in società che pubblicizzano e commercializzano nei Paesi europei ed extraeuropei generi alimentari con nomi italiani, presentati sul mercato come di fattura e tradizione italiana ma prodotti con materia prima di provenienza — prevalentemente o integralmente — non italiana, arrecando seri danni al vero made in Italy;
   le direttive del Ministero dello sviluppo economico prevedevano, nello specifico, che per tutelare la trasparenza dei mercati la Simest «dovrà prevedere, mediante opportuni interventi di carattere ordinamentale ovvero organizzativo, che gli atti relativi a partecipazioni deliberate a favore delle imprese operanti nel settore agroalimentare siano revocati, qualora le imprese interessate pongano in essere pratiche commerciali in grado di indurre in errore i consumatori sull'origine o sulla provenienza dei prodotti commercializzati (...) ovvero di indurre in errore i consumatori mediante pratiche commerciali scorrette circa l'origine geografica dei prodotti anche mediante fallaci indicazioni riconducibili all’italian sounding» –:
   se il Ministro interrogato abbia svolto una verifica sull'effettiva attuazione delle direttive approvate il 9 marzo 2012;
   quali e quante siano le partecipazioni societarie della Simest ad aziende comunitarie ed extracomunitarie e se fra queste ne risultino alcune incompatibili con le direttive summenzionate. (5-01068)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a soli 3 anni dal passaggio della Società Officine Maccaferri di Celano (AQ) alle Trafilerie Zincherie del Gruppo Pittini, la nuova proprietà ha deciso la chiusura dell'attività industriale con la perdita di tutti i posti di lavoro;
   il passaggio tra le due aziende era stato frutto di un accordo siglato presso il Ministero dello sviluppo economico con le garanzie produttive e occupazionali concordate anche con i sindacati oltre che con il Governo;
   le cause, secondo l'azienda, sono da ricercarsi nella crisi del mercato e nel costo energetico;
   i lavoratori sono in lotta con il presidio dei cancelli per evitare l'uscita delle merci prodotte –:
   se non ritenga doveroso convocare le parti sociali e gli enti locali per esaminare la vertenza e cercare soluzioni produttive e occupazionali. (4-01942)


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è in continua crescita il numero delle persone che nel nostro Paese si registrano al sito di aste on line MadBid.com, anche grazie alla pubblicità sui mezzi di stampa e radiofonici;
   l'asta comincia con un prezzo iniziale molto basso e ogni utente che effettua un rilancio può alzare il prezzo solo di un centesimo, pagando preventivamente alcuni crediti. Per aggiudicarsi l'oggetto in asta, non devono esserci nuovi rilanci per 2 minuti consecutivi;
   in realtà, il prezzo di un credito oscilla fra i 10 e i 12 centesimi l'uno e per un rilancio sono necessari da 4 a 6 crediti, con un prezzo di ogni rilancio quindi che costa tra i 40 e 72 centesimi;
   per gli oggetti in asta, aggiudicati nella quasi totalità dei casi a prezzi molto più bassi di quelli di mercato, il totale dei partecipanti spende cifre esorbitanti. Per esempio, a fronte di un'asta che cresce di 50 euro, i giocatori spenderanno 3.000 euro;
   quindi, colui che partecipa all'asta invogliato dai prezzi finali di aggiudicazione degli oggetti in asta sul sito, in realtà riceve ad avviso dell'interrogante informazioni incomplete in quanto il prezzo realmente pagato dai partecipanti è molto più alto;
   nel regolamento che deve essere sottoscritto al momento dell'iscrizione al sito, si leggono, ai punti 3.11 e 3.12, delle clausole che, ad avviso dell'interrogante, potrebbero alterare il corretto svolgimento delle aste: «L'azienda ha il diritto di recedere dal presente accordo in qualsiasi momento»; «L'azienda ha il diritto di modificare il tempo di esecuzione di un'Asta in qualsiasi momento. La Società può aumentare i tempi dell'Asta, in modo che venga eseguita per un periodo più lungo, o diminuire, in modo che venga eseguita per un periodo più breve. L'Azienda può cambiare il tempo d'Asta, può interromperle e può programmarle senza il bisogno di comunicarlo all'Utente Registrato» garantendo così di fatto un guadagno sicuro al sito gestore –:
   se non si reputi necessario mettere in atto le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di regolare il corretto svolgimento delle aste on line col sistema sopra descritto;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per accertare se vi siano i presupposti per considerare tali aste come un vero e proprio gioco d'azzardo e, di conseguenza, ipotizzare la chiusura del sito. (4-01964)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo intende predisporre l'ennesimo decreto per l'Ilva di Taranto;
   per l'Alcoa del Sulcis il silenzio è secondo l'interrogante inaccettabile e vergognoso;
   il Governo continua la politica di due pesi e due misure: mobilitazione e provvedimenti per Taranto, silenzi e complicità per la chiusura dell'Alcoa di Portovesme;
   il sottoscritto si opporrà a qualsiasi provvedimento per l'Ilva se, nello stesso atto, non sarà previsto anche l'intervento commissariale dello Stato per l'immediata ripresa produttiva dello stabilimento di alluminio primario sardo;
   a dicembre scadranno gli ammortizzatori sociali e per la ripresa produttiva dello stabilimento di alluminio primario si continua a perdere tempo;
   il Governo deve intervenire immediatamente con un commissariamento straordinario di uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale come quello dell'Alcoa;
   il ricorso al commissariamento per la ripresa produttiva è legato sia all'area di elevata crisi ambientale che all'interesse strategico dell'alluminio;
   dalla Parmalat all'Ilva lo Stato ha agito con commissariamenti straordinari per salvare imprese strategiche;
   l'alluminio primario è fondamentale per il nostro Paese e non si può pensare di cedere una produzione così rilevante solo per proteggere il monopolio dell'Enel che schiaccia l'intrapresa economica della Sardegna;
   lo Stato deve rimuovere, senza se e senza ma, gli ostacoli alla ripresa produttiva, a partire dalla stipula di un contratto bilaterale per 15 anni con l'Enel in grado di fornire energia elettrica alla pari delle altre produzioni di alluminio in Europa;
   il provvedimento per l'Alcoa deve essere recepito all'interno di quello dell'Ilva;
   non si possono continuare ad affrontare questioni particolari ignorando l'interesse generale del Paese;
   quanto sta accadendo sull'Ilva dimostra come lo Stato sia secondo l'interrogante strabico e i partiti nazionali, senza nessuna distinzione, siano ciechi dinanzi alla Sardegna;
   la farsa del «Piano Sulcis», senza strategie e senza soldi, non ha affrontato e risolto un solo problema;
   sulle spalle dei lavoratori si preparano secondo l'interrogante gravi speculazioni, dalla produzione di canne per biocarburanti o altri progetti di corto respiro;
   non è stata avviata una sola opera, tutto è immobile;
   sarebbe auspicabile che si adotti un provvedimento d'urgenza per fronteggiare l'emergenza ambientale, industriale e occupazionale dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
   andrebbe disciplinata l'operatività degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale in crisi consentendo, alle condizioni che saranno indicate nel provvedimento, la ripresa immediata dell'attività produttiva di tali stabilimenti;
   si dovrebbero disporre specifiche disposizioni destinate all'impianto Alcoa di Portovesme, che – ai sensi dello stesso decreto – deve essere riconosciuto stabilimento di interesse strategico nazionale;
   il provvedimento del Governo, in attuazione delle norme di carattere generale, sarebbe opportuno che prevedesse la deliberazione del commissariamento di Alcoa da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio;
   il testo del provvedimento sarebbe necessario che faccia riferimento ad Alcoa in quanto stabilimento per il quale interviene una dichiarazione di strategico interesse nazionale;
   secondo l'interrogante che il provvedimento preveda anche l'imposizione dell'onere del servizio pubblico energetico per le regioni insulari, a partire dalla Sardegna, obbligando i soggetti fornitori ad applicare alle imprese strategiche i costi pari alla media europea stabiliti da apposita valutazione dell'Autorità garante per l'energia ed intervenendo con adeguata compensazione laddove fosse necessario e ampiamente documentato;
   ad avviso dell'interrogante sarebbe necessario che il commissariamento duri tre anni, rinnovabili, sino alla vendita dello stabilimento a soggetto che offra garanzie produttive e di investimento per il mantenimento operativo degli impianti, compreso un complessivo ammodernamento degli stessi –:
   se il Governo non ritenga di dover intervenire con la predisposizione di un apposito decreto per il commissariamento che preveda tra gli obiettivi la ripresa produttiva dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
   se il Governo non intenda intervenire, senza ulteriori perdite di tempo, nella definizione di provvedimenti in grado di dare risposte al costo dell'energia facendo cessare i comportamenti dell'Enel relativamente alla gestione monopolistica e penalizzate nei confronti della Sardegna;
   se non ritenga di dover dare risposte immediate sul fallimento politico, istituzionale, amministrativo e finanziario del cosiddetto Piano Sulcis rimuovendo dai relativi incarichi coloro che hanno gestito in termini meramente propagandistici tale piano;
   se non preveda di inserire il Sulcis all'interno di provvedimenti infrastrutturali seri in grado di approvare senza ulteriori ritardi la realizzazione delle precondizioni per lo sviluppo dell'area, a partire dall'energia, dai trasporti e dalla infrastrutturazione viaria e diportistica. (4-01965)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-00090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Latronico.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Benedetti n. 2-00214, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  L'interpellanza urgente Pagano ed altri n. 2-00225, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Calabrò.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01458, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Venittelli n. 5-00937, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terrosi.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01858, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01876, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta Nicchi e Nardi n. 4-01878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Airaudo.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01898, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti n. 4-01910, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Baldassarre n. 4-01888, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 80 del 19 settembre 2013.

   BALDASSARRE, GAGNARLI, ARTINI e SEGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel Quadro strategico nazionale 2007-2013 approvato dalla Commissione dell'Unione europea il 13 luglio 2007 e promosso dal Ministero per lo sviluppo economico una delle priorità indicate riguardava «Reti e collegamenti per la mobilità» proponendo di accelerare la realizzazione di un sistema di trasporto efficiente, integrato, flessibile, sicuro e sostenibile per assicurare servizi logistici e di trasporto funzionali allo sviluppo contribuendo alla realizzazione di un sistema logistico nazionale, supportando la costruzione di una rete nazionale di terminali di trasporto e di logistica, integrata, sicura, interconnessa ed omogenea;
   con delibera della giunta regionale Toscana del 14 dicembre 1998 e successive deliberazioni si inseriva lo scalo merci intermodale ferro-gomma di Indicatore, sito nel comune di Arezzo, nel piano regionale trasporti della Toscana e la provincia di Arezzo individuava tale infrastruttura nel proprio piano di sviluppo triennale;
   le delibere del consiglio comunale di Arezzo n. 174 del 19 luglio 2000 avente per oggetto l'adozione del Piano Particolareggiato per la realizzazione dello scalo merci e la n. 12 del 19 gennaio 2001 – Approvazione piano particolareggiato per la realizzazione dello scalo merci sancivano la volontà di realizzazione dell'opera da parte dell'ente locale;
   il 5 agosto 2002 veniva indetta la gara pubblica per l'assegnazione delle opere e il 17 dicembre 2003 veniva stipulato un protocollo d'intesa tra comune di Arezzo e R.F.I. con la quale quest'ultima si impegnava a raccordare il nuovo scalo merci di Indicatore con la linea ferroviaria Firenze-Roma con modalità da perfezionare nei modi d'uso;
   il 13 marzo 2003 viene stipulata la convenzione tra la società ALI (Arezzo logistica integrata Srl) assegnataria del piano particolareggiato, e comune di Arezzo per la realizzazione dello scalo merci in località Indicatore. Nella convenzione si stabiliva la costruzione dello scalo merci su un'area complessiva, suddivisa in 4 macrolotti, di metri quadrati 290.000 di cui 26.990 metri quadrati di superficie coperta. Si stabilisce che la durata dei lavori fosse di 79 mesi al costo complessivo di 65 milioni di euro. Nel piano particolareggiato sono previste opere principali, opere accessorie ed opere di urbanizzazione;
    il progetto è già stato parzialmente finanziato dalla regione Toscana in base al patto per lo sviluppo locale stipulato il 18 febbraio 2004 tra provincia di Arezzo ed appunto regione Toscana con euro 1.507.090, di cui l'80 per cento erogato e saldo del 20 per cento da erogare al completamento delle opere;
   in data 25 gennaio 2007 la società ALI ha presentato a RFI il progetto delle opere ferroviarie ed in data 4 maggio 2007 RFI ha espresso parere di massima favorevole richiedendo alcune integrazioni ed affinazioni al progetto, dovendo questo essere sottoposto alla verifica di compatibilità di rete e di impianto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione su descritta;
   se il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza e in virtù degli ingenti investimenti posti in essere dagli enti locali e dalla regione Toscana possa fornire indicazioni precise circa la realizzazione finale dell'opera e le relative tempistiche previste;
   se risultino contatti o comunicazioni, anche precedenti, da parte del comune di Arezzo con il Ministero rispetto alla problematica suddetta. (4-01888)

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Borghi n. 1-00191 del 24 settembre 2013;
   mozione Alli n. 1-00192 del 24 settembre 2013.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Crippa n. 4-01093 del 1o luglio 2013;
   interrogazione a risposta orale Binetti n. 3-00318 del 18 settembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-01038 del 19 settembre 2013.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Mongiello e altri n. 1-00158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, è stata ritirata la firma del deputato Vezzali.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Scuvera e Braga n. 4-01814 del 12 settembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01063.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta orale Brunetta n. 3-00333 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 83 del 24 settembre 2013. Alla pagina 5124, prima colonna, alla riga quinta, deve leggersi: «in data 17 settembre 2013 il Ministro» e non «in data 13 settembre 2013 il Ministro», come stampato.