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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 20 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il 26 giugno 2013 si è concluso con l'accordo politico tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea il lungo negoziato sul pacchetto di riforma della Politica agricola comune post 2013 (PAC), presentato nel mese di ottobre 2011, all'esito del quale per quanto riguarda specificamente la proposta di regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale – (COM(2011)627), si prevede un miglioramento del coordinamento dei programmi di sviluppo rurale con gli altri fondi europei mediante approcci nazionali e regionali più flessibili;
    l'Accordo di partenariato rappresenta il documento strategico per i fondi del Quadro strategico comune (QSC), secondo quanto previsto dalla proposta di regolamento recante disposizioni comuni per la programmazione e la gestione dei fondi strutturali COM (2011) 615, in via di approvazione definitiva da parte del Parlamento europeo, prevedibilmente nel mese di ottobre 2013: Fondo sociale europeo (FSE), Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) Fondo di coesione (FC), Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP);
    la programmazione per lo sviluppo rurale 2014-2020, dunque, per la prima volta è sottoposta ad un iter politico ed amministrativo volto a favore l'integrazione con le altre azioni sostenute dall'Unione europea (politica di coesione, politica di sviluppo regionale, eccetera). Il Quadro strategico comune, declinato a livello degli Stati membri in un CP con la Commissione, a riunire gli interventi dei cinque fondi comunitari al fine di realizzare un forte coordinamento di tutte le politiche europee, indispensabile per l'attuazione della strategia Europa2020;
    il nuovo approccio per l'utilizzo dei Fondi del Quadro strategico comune è volto a garantire impatti economici, ambientali e sociali di lunga durata. Infatti, il forte allineamento con le priorità politiche dell'agenda Europa 2020, le condizionalità macroeconomiche ed ex ante, la concentrazione tematica e gli incentivi legati al conseguimento di risultati attuano principi che si traducono concretamente in una spesa più efficace. I Fondi del Quadro strategico comune costituiranno quindi un'importante fonte d'investimento pubblico e fungeranno da catalizzatore per la crescita sostenibile e l'occupazione supportando gli investimenti in capitale fisico e umano;
    i programmi di sviluppo rurale dovrebbero iniziare ufficialmente a partire dal 1o gennaio 2014, seppure con una serie di problematiche. Nonostante il quadro giuridico comunitario non sia ancora definito, le regioni – che in Italia hanno la competenza sulla politica di sviluppo rurale – devono avviare da subito il processo di predisposizione dei PSR, consapevoli che si tratta di una programmazione molto importante, visto che avrà una durata di ben sette anni, dal 2014 al 2020;
    le risorse del FEASR per l'Italia ammontano a 9,2 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2014-2020, a cui aggiungere il cofinanziamento nazionale che porterà le risorse pubbliche a circa 18,5 miliardi di euro;
    la politica di sviluppo rurale prevede tre obiettivi strategici di lungo periodo (economico, ambientale e sociale) che consistono nel contribuire alla competitività dell'agricoltura, alla gestione sostenibile delle risorse naturali, all'azione per il clima e allo sviluppo equilibrato delle zone rurali. In linea con la strategia Europa 2020, i tre obiettivi generali del sostegno allo sviluppo rurale per il periodo 2014-2020 si traducono più concretamente in sei priorità, con una maggiore enfasi ad alcuni temi principali: innovazione, ambiente e cambiamento climatico: a) stimolare il trasferimento di conoscenze e l'innovazione; b) rafforzare la competitività in tutti i tipi d'agricoltura e la gestione sostenibile delle foreste; c) promuovere l'organizzazione, trasformazione e commercializzazione incluse, nonché la gestione del rischio della filiera agroalimentare; d) ripristinare, tutelare e migliorare gli ecosistemi; e) promuovere l'efficienza delle risorse e la transizione a un'economia a basse emissioni di CO2; f) promuovere l'inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico;
    le congiunture attuali che incidono sul comparto agricolo rendono indispensabili alcune azioni volte a moderarne le conseguenze. In questa fase storica è necessario che la maggior parte delle risorse economiche disponibili attraverso la Pac tendano ad essere convogliate verso le imprese agricole in modo da intensificarne la competitività;
    i cambiamenti climatici in corso, infatti, stanno eliminando il carattere di eccezionalità dei fenomeni atmosferici estremi che vanno dall'eccesso di precipitazioni concentrate in brevi periodi alternati a lunghe fasi siccitose, con incidenze fortemente negative sul reddito degli agricoltori: in questa ottica si rende indispensabile un adeguato piano di gestione delle risorse idriche mentre al tempo stesso appare sempre più necessario l'avvio di un rinnovato programma assicurativo di gestione del rischio che copra non solo le calamità naturali ma anche le epizoozie e le patologie vegetali;
    va tenuto conto di quanto riferito dal Sottosegretario per le politiche agricole e forestali, Giuseppe Castiglione nell'audizione del 17 settembre 2013, presso la Commissione XIII della Camera dei deputati, in merito alla bozza dell'Accordo che il Governo si prefigge di inviare entro il 30 settembre 2013 alla Commissione europea;
    si esprime apprezzamento per la completezza del documento, che fornisce indicazioni precise relativamente alle azioni da intraprendere al fine di raggiungere gli obiettivi tematici strategici, nonché per il coinvolgimento del Parlamento nella definizione delle priorità strategiche dei futuri programmi di sviluppo rurale 2014-2020;
    si prende atto delle iniziative avviate al fine di assicurare il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, nonché dei soggetti del partenariato economico e sociale nella definizione della bozza di Accordo inviata alla Commissione europea nel mese di aprile 2013,

impegna il Governo:

   a garantire che le priorità strategiche indicate nel suddetto documento si traducano in azioni concrete per l'impiego efficace delle risorse finanziarie disponibili segnatamente sotto i seguenti profili:
    a) provvedere affinché, nel quadro dei programmi di sviluppo rurale, si concentri l'ammontare massimo delle risorse finanziarie disponibili sulle misure dirette alle imprese agricole, a partire da quelle finalizzate ad incrementare la competitività delle imprese medesime, a favorire il rinnovo della meccanizzazione ed a sostenere i giovani agricoltori in particolare attraverso politiche di sostegno per l'accesso al credito per le imprese agricole guidate da giovani e da donne favorendo l'utilizzo di terre pubbliche e demaniali, anche al fine di evitare una dispersione di risorse a vantaggio di soggetti o istituzioni diversi dall'impresa agricola;
    b) prevedere, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, misure di ampio respiro, su base nazionale, dirette a consentire la realizzazione di opere finalizzate a migliorare la captazione, la conservazione e la gestione dell'acqua necessaria alle pratiche agricole;
    c) incentivare opere di riassetto idrogeologico di fiumi e torrenti a rischio di esondazione operate dalle aziende agricole con l'intento di ampliare le attività svolte dalle aziende agricole e di migliorare la sicurezza del territorio;
    d) individuare adeguate risorse finanziarie per la costruzione di invasi artificiali all'interno delle aziende agricole o su terreni demaniali da utilizzare nel caso di incendi e per l'irrigazione durante la stagione estiva, al fine di evitare elevate perdite produttive;
    e) adottare, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, una misura nazionale finalizzata ad agevolare il ricorso, da parte degli agricoltori, a forme assicurative nei confronti dei rischi derivanti dalle calamità naturali, dai fenomeni meteorologici, dalle epizoozie e dalle patologie vegetali; in tale quadro, attivarsi perché siano previste specifiche attività di studio nonché misure di prevenzione e di indennizzo per fronteggiare i rischi e i problemi connessi alla presenza della fauna selvatica;
    f) favorire tutte le iniziative volte alla semplificazione amministrativa, al fine di ridurre gli oneri burocratici, in particolare quelli connessi ai processi istruttori e autorizzativi;
    g) nel rispetto delle prerogative e competenze delle regioni costituzionalmente previste, valutare l'opportunità di disporre di un piano finanziario unico, al fine consentire, con un meccanismo di travaso, a quelle regioni che avessero una migliore capacità di spesa, di spendere anche anticipatamente, e, in seguito, alle altre regioni di recuperare quella spesa, lasciando i saldi intatti regione per regione;
    h) porre in essere strumenti di maggiore flessibilità e autonomia all'interno di un quadro di regole definito dall'Unione europea, al fine di agevolare la gestione dei programmi a livello regionale e per tipologie di intervento; prevedere a tal fine forme idonee di mutuo in assenza di un'adeguata capacità di credito aziendale;
    i) sostenere la filiera corta e rafforzare le filiere agricole e agroalimentari;
    l) finanziare attività di informazione, consulenza e innovazione rivolte a coloro che intendono avviare o incrementare un'attività imprenditoriale in ambito agro-alimentare, attraverso una dotazione finanziaria pari ad almeno il 5 per cento dello stanziamento dei PSR, con l'intento di offrire un adeguato grado di conoscenze, di trasferimento della ricerca applicata;
    m) investire risorse adeguate per un miglior controllo sulla contraffazione dei prodotti agroalimentari di qualità italiani;
    n) incoraggiare le attività connesse a uno sfruttamento sostenibile della risorsa boschiva per le attività ricreative realizzate da parte delle aziende agricole ed incentivare le misure operate da soggetti privati atte a contenere il rischio di fitopatie e parassiti che possono compromettere l'integrità dei boschi e quindi il valore del patrimonio boschivo;
    o) prevedere cofinanziamenti per l'acquisto di attrezzature di nuova generazione destinate all'attività selvicolturale che siano rispettosi dell'ambiente, della risorsa boschiva e che contribuiscano al suo mantenimento nel tempo;
    p) incentivare i servizi per i territori svantaggiati, segnatamente per le imprese e i cittadini, per quanto riguarda la comunicazione con gli enti e con la pubblica amministrazione e prevedere in tale ambito meccanismi di premialità per le regioni più virtuose, ma anche di responsabilizzazione dei vertici amministrativi;
    q) realizzare la banda larga, contenuta tra gli obiettivi strategici dell'Agenda digitale, nelle aree lontane dai centri urbani, ancora escluse e prive di interesse economico proprio per l'assenza di una rete efficace;
    r) attivarsi nel quadro dell'auspicabile effettiva integrazione tra le diverse politiche europee e i programmi operativi al fine di valorizzare le esperienze di agricoltura sociale agevolando l'accesso al credito e ai finanziamenti integrati per le imprese agricole che svolgono attività sociale o nell'ambito della propria attività principale – quali ad esempio il reinserimento di lavoratori disabili o a bassa contrattualità – o in attività distinte, ma connesse alla principale, quali le attività educative, di riabilitazione e cura, di servizi come agro-asili, accoglienza per anziani;
    s) incentivare forme di aggregazione delle imprese agricole e delle loro organizzazioni, anche attraverso l'individuazione di una soglia minima dimensionale per le associazioni dei produttori, in relazione alle dimensioni del mercato del prodotto, con l'intento di conferire un maggior potere di mercato agli associati, evitando una troppo elevata polverizzazione del sostegno e una conseguente perdita di efficacia dello strumento in tale ambito, tenendo conto dell'attività legislativa già avviata dalla Commissione;
    t) incentivare la produzione di prodotti di origine animale che garantiscano il benessere degli animali, anche attraverso l'adozione di opportuni riconoscimenti e marchi, al fine di comunicare al consumatore che il processo produttivo rispetta determinati standard e requisiti;
    u) predisporre un piano di coordinamento nazionale che armonizzi gli importi del sostegno a valere sulle misure dei futuri programmi di sviluppo rurale azioni volte ad un miglioramento della redditività delle aree forestali di particolare rilevanza per la salvaguardia, il ripristino e la valorizzazione degli ecosistemi dipendenti dall'agricoltura e dalle foreste;
    v) adottare un programma nazionale, alla cui implementazione destinare un importo non inferiore al 5 per cento dello stanziamento della politica di sviluppo rurale, che individui i principali fabbisogni infrastrutturali che limitano lo sviluppo economico delle imprese agricole nelle aree rurali delle cinque principali macro-regioni nazionali (Nord-est, Nord-ovest, Centro, Sud, Isole), al fine di orientare e indirizzare la redazione dei Psr regionali e la conseguente erogazione del sostegno, operando al contempo un importante coordinamento fra regioni limitrofe;
    z) finanziare un piano di monitoraggio dei costi aggiuntivi derivanti dall'attuazione del metodo di produzione biologica in Italia o dall'applicazione delle direttive 92/43/CEE, 2009/147/CE e 2000/60/CE su terreni agricoli e forestali, al fine di armonizzare l'importo del sostegno fornito agli agricoltori biologici che beneficeranno della specifica misura prevista nei prossimi Psr regionali, evitando laddove possibile di creare squilibri eccessivi fra i vari territori agricoli nazionali;
   a tenere costantemente informato il Parlamento sugli sviluppi dei negoziati a livello europeo, nonché sul processo di attuazione delle linee strategiche, delle priorità e delle azioni indicate nella bozza di accordo e dei progressi ottenuti.
(7-00106) «Sani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il 17 giugno 2011 l'Unione europea ha avviato nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione n. 2011/4021, chiedendo al nostro Paese di rimuovere le violazioni alla normativa europea riscontrate nella gestione dei rifiuti, con particolare riferimento alla discarica di Malagrotta;
   in data 24 giugno 2011 la direzione regionale delle attività produttive e rifiuti della regione Lazio, ha trasmesso al segretario generale della presidenza della giunta uno «studio relativo all'Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi, realizzato di concerto tra la direzione regionale attività produttive e rifiuti, direzione regionale ambiente e direzione regionale territorio e urbanistica, nel quale vengono descritte alcune aree della provincia di Roma ritenute preliminarmente idonee alla localizzazione di un sito di discarica servente i comuni di Roma, Ciampino, Fiumicino e lo Stato Città del Vaticano»;
   con ordinanza n. Z0002 del 30 giugno 2011, la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 il funzionamento della discarica di Malagrotta;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, è stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre 2012, in relazione alla imminente chiusura della discarica di Malagrotta e alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011, è stato nominato il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale, con il compito di garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani necessarie a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti;
   con provvedimento del 24 ottobre 2011 il commissario delegato ha individuato quali siti alternativi a Malagrotta, i siti di Corcolle e Riano, «ove saranno progettate per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano»;
   in data 29 novembre 2011 il commissario delegato ha decretato l'occupazione temporanea d'urgenza del sito di Corcolle ai fini della realizzazione della discarica;
   è stato ulteriormente prorogato dal commissario delegato il funzionamento della discarica di Malagrotta fino al 30 giugno 2011;
   il 18 gennaio 2012 è stato approvato dalla regione Lazio il piano di gestione dei rifiuti del Lazio, pubblicato il 14 marzo sul Bollettino ufficiale della regione Lazio;
   con mozione del 22 febbraio 2012 il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) ha espresso ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pur temporanea, in località Corcolle, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, «patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e, come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione»;
   in data 8 marzo 2012 si è tenuta una conferenza di servizi relativa alla progettazione preliminare per la realizzazione della discarica in località «Corcolle» affidata alla CIDIEMME Engineering Srl. Alla conferenza hanno partecipato, su convocazione del commissario Pecoraro: Ministero per i beni e le attività culturali Ministero dell'ambiente, regione Lazio, Arpa Lazio, comune di Roma, soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, provincia di Roma capitale, autorità di bacino del fiume Tevere, ACEA, Ing. Luigi Sorrentino in qualità di consulente del Commissario. Inoltre, gli ingegneri Moretti e De Candia della CIDIEMME Engineering Srl. Nel corso della conferenza di servizi sono stati formulati da più parti pareri decisamente negativi in merito al progetto in parola;
   dopo la conferenza di servizi è stato richiesto, da parte del commissario Pecoraro, l'interessamento del Ministro Clini, il quale ha convocato, nel mese di marzo 2012, la presidente della giunta regionale Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il commissario Giuseppe Pecoraro chiedendo la loro collaborazione per acquisire e valutare tutti i dati relativi alle problematiche presenti in ciascun sito individuato dalla regione Lazio, in modo tale da mettere in evidenza i vincoli, le deroghe necessarie e la fattibilità della realizzazione degli impianti;
   sono stati presentati esposti alla procura della Repubblica di Roma da parte di cittadini e associazioni ambientaliste con i quali è stata denunciata l'assoluta inidoneità dei siti scelti dal commissario e risultano pendenti presso la procura della Repubblica di Roma indagini relative sia ai siti individuati dal prefetto, sia alla discarica di Malagrotta;
   il 28 marzo 2012 il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pubblicato un Memorandum sulla gestione dei rifiuti solidi urbani di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato della Città del Vaticano nel quale è chiaramente detto che: al fine di prevenire la possibilità di una emergenza rifiuti a Roma che avrebbe effetti negativi difficilmente misurabili sulla credibilità dell'Italia, devono essere attuate in modo contestuale tutte le misure necessarie a programmare e garantire la gestione integrata del ciclo dei rifiuti di Roma»;
   nel Memorandum lo stesso Ministero dell'ambiente rileva come «la soluzione emergenziale prevista di realizzare nuovi impianti di discarica non fornirebbe, allo stato, adeguate garanzie di superamento della procedura di infrazione in corso, in quanto la stessa ha come punto fondamentale il conferimento nella discarica di Malagrotta di rifiuti non trattati»;
   nel medesimo documento sopra richiamato sono previsti due scenari il primo definito scenario di piano che prevede il raggiungimento al 2012 degli obiettivi di raccolta differenziata al 65 per cento e un secondo definito scenario di controllo che prevede che la gestione dei rifiuti urbani non consegua gli obiettivi di raccolta differenziata stabiliti per legge;
   nella città di Roma si è ben lontani da un livello di raccolta differenziata pari al valore previsto dallo scenario di piano attestandosi questa attualmente, secondo quanto riportato da diversi studi e notizia di stampa, in un intervallo compreso tra un minimo del 10 per cento e un massimo del 30 per cento;
   ancora il 4 maggio del 2012 lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in un aggiornamento del Memorandum sottolineava che nello scenario definito di controllo la capacità dell'impiantistica di trattamento meccanico biologico non è «assolutamente adeguata al trattamento dei rifiuti indifferenziati che verrebbero in maniera significativa avviati in discarica senza alcun preventivo trattamento» e dunque la capacità aggiuntiva di discarica dovrà essere capace di sopportare «un deficit delle volumetrie disponibili a partire dall'anno 2013, in particolare il deficit ammonterebbe a 828.423 metri cubi nel 2013 ed arriverebbe a 6.859.956 metri cubi nel 2017;
   alla fine di maggio 2012 il prefetto Giuseppe Pecoraro si è dimesso dalla carica di commissario delegato; al suo posto, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 maggio 2012, è stato nominato il prefetto Goffredo Sottile;
   in data 20 giugno 2012, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha tenuto l'audizione del Commissario straordinario Sottile, al fine di comprendere in quale direzione la struttura commissariale si stesse muovendo, sia per verificare quali fossero i criteri di scelta del sito o dei siti da adibire a discarica temporanea. L'audizione – tuttavia – come scritto nella «Relazione territoriale delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti della regione Lazio», approvata all'unanimità dalla Commissione il 3 luglio 2012 è stata definita «infruttuosa», non essendo state fornite risposte precise né in merito alla scelta dell'area né in ordine ai criteri e alle metodologie che utilizzate per l'individuazione della stessa;
   in data 29 giugno 2012, il commissario Sottile, ha annunciato l'ennesima proroga del funzionamento della discarica di Malagrotta;
   successivamente il commissario Sottile ha inizialmente proposto quale sito per la realizzazione della discarica temporanea Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio). Il sito si trova nel comune di Roma, ma nelle vicinanze di Quadro Alto;
   l'individuazione del sito di Pian dell'Olmo è stata giudicata negativamente anche dai tecnici nominati dall'ex commissario Pecoraro. Secondo quanto dichiarato da questi ultimi, il sito di Pian dell'Olmo presenta caratteristiche analoghe a quello di Quadro Alto, tuttavia, ha una capacità decisamente inferiore (sufficiente solo per qualche mese), motivo per il quale è stato scartato dagli stessi, non ritenendosi sufficiente a raccogliere i rifiuti per il tempo necessario ad individuare e realizzare la discarica definitiva. Il secondo fattore escludente, come evidenziato ancora dai tecnici, è rappresentato dalla circostanza che il sito «è costituito da una cava dismessa ancora da attrezzare e, peraltro, raggiungibile mediante una rampa molto acclive, anch'essa da modificare e adeguare per le esigenze della discarica»;
   l'inidoneità del sito è stata, altresì, accertata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, la quale in data 14 giugno 2012 ha effettuato un sopralluogo a Pian dell'Olmo raccogliendo inoltre i dubbi dei sindaci della comunità interessate, con particolare riguardo all'utilità della nomina del Commissario straordinario nonché del suo modus operandi;
   in un susseguirsi di proposte diverse, di interlocuzioni tra i vari enti interessati, di interventi da parte dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e di altre autorità, la situazione di emergenza in cui si è venuta a trovare la provincia di Roma non solo non ha trovato alcuna soluzione, ma si è, evidentemente, aggravata. I diversi interventi da parte delle autorità interessate se hanno avuto, da un lato, l'effetto di evidenziare gli aspetti problematici legati a determinati siti offrendo spunti di riflessione importanti, dall'altro (come era inevitabile) hanno ulteriormente rallentato l'iter finalizzato alla soluzione dell'emergenza;
   l'articolo 12 dello statuto della provincia di Roma, approvato dal consiglio provinciale con la deliberazione n. 97 del 29 settembre 2005, modificato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 238 del 18 febbraio 2008 e con successiva deliberazione del consiglio provinciale n. 13 del 4 aprile 2011 stabilisce che sia il consiglio provinciale ad approvare le specifiche deliberazioni programmatiche su singoli settori di attività della Provincia;
   in base all'articolo 197 del decreto legislativo n. 152 del 2006 compete alla provincia la programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, da esercitarsi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, ed in particolare, sentiti l'Autorità d'ambito ed i comuni, l'individuazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti;
   nel sito istituzionale della provincia di Roma non si evidenzia alcuna deliberazione del consiglio provinciale in relazione a quanto stabilito dall'articolo 197 del Codice ambientale;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3963 del 6 settembre 2011 prevede all'articolo 4 che per l'attuazione della ordinanza, il Commissario delegato è autorizzato, ove ritenuto indispensabile e sulla base di specifica motivazione, a derogare, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario alle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni limitatamente agli articoli 11, 12, 13, 14, 15, 16, 20, 23, 24, 25 e 26, 29-quater, 29-sexies, 29-octies, 29-nonies, 191, 199, 208, 241, 242, 243, 244, 247, 248, 249, 250, 251 e 253;
   secondo quanto riportato da agenzie di stampa sia il sindaco di Roma Ignazio Marino che il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando hanno ribadito che a fine settembre 2013 Malagrotta va chiusa per raggiunti limiti di capienza ed hanno escluso ulteriori proroghe;
   a Roma sarebbe stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale;
   secondo quanto riferito da organi di stampa tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   nell'individuazione del sito di Falcognana, il commissario straordinario Sottile ha riproposto lo schema decisionale adottato per le precedenti individuazioni e già duramente criticato;
   la decisione di trasformare l'impianto della Falcognana in una discarica per rifiuti urbani è stata presa in spregio del semplice buon senso e senza aver preventivamente condotto alcuno studio o approfondimento, senza alcuna trasparenza degli atti amministrativi, senza la raccolta, sistematizzazione, elaborazione di qualsivoglia elemento quantitativo sui rifiuti da trasportare e conferire;
   l'interpellante ha, infatti, avuto modo in occasione delle risposte agli atti di sindacato ispettivo sull'individuazione di Falcognana, quale sito alternativo a Malagrotta già conclusi, di appurare che il Commissario straordinario Sottile ha agito seguendo una logica totalmente arbitraria e – secondo l'interpellante – con una gestione commissariale confusa ed incerta al di fuori delle competenze a lui assegnate, come d'altro canto già avvenuto in passato;
   con bando di gara n. 28/2013 – P.A. pubblicato da AMA spa lo scorso 8 agosto e scaduto il 18 settembre è stata avviata la selezione di uno o più fornitori del servizio di prelievo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento, dei rifiuti prodotti giornalmente negli impianti di trattamento meccanico biologico di AMA;
   la gara richiamata divide l'affidamento in due lotti rispettivamente per: lotto 1 scarti di lavorazione con codice CER 191212 altri rifiuti (compresi i materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui al codice CER 191211) da inviare ad impianti di recupero e/o smaltimento per un quantitativo complessivo stimato di 155.000 tonnellate su base annua; e lotto 2 frazione organica stabilizzata con codici CER 190503 e 190501 da inviare ad impianti di recupero e/o smaltimento per un quantitativo complessivo stimato di 74.000 tonnellate su base annua;
   i tempi di selezione, di contrattualizzazione e di affidamento del servizio al fornitore si possono ritenere non inferiori ad almeno tre-quattro mesi e le quantità indicate del tutto marginali rispetto al reale fabbisogno della città di Roma;
   il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per gli affari europei in una audizione svoltasi innanzi alle Commissioni Ambiente e politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati lo scorso 11 settembre 2013, hanno sostanzialmente confermato che gli elementi di risposta sulle soluzioni individuate per garantire il corretto pretrattamento dei rifiuti, la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti nel Lazio, nonché l'adozione di misure idonee a evitare i disagi causati dai rifiuti maleodoranti, non hanno fugato le contestazioni della Commissione che ha ritenuto ugualmente l'Italia inadempiente;
   nella seduta dell'aula della Camera dei Deputati dello scorso 17 settembre 2013, in sede di svolgimento di atti di sindacato ispettivo e di controllo, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, ha detto: la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area considerata non impedisce, di per sé, qualsiasi intervento modificativo in relazione alla discarica in essere (purché, però, risulti legittimamente autorizzata precedentemente al 25 gennaio 2010), ma al fine di assicurare il rispetto dei valori del paesaggio agrario, ogni opera modificativa deve essere sottoposta alla preventiva valutazione di compatibilità paesaggistica, alla stregua dei valori paesaggistici tutelati e di tutti i criteri definiti nel ripetuto vincolo del 2010;
   nella medesima occasione il Ministro ha anche aggiunto che la valutazione dovrà esprimersi nei provvedimenti autorizzativi del competente soprintendente, ai sensi dell'articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio pur precisando che resta peraltro fermo, ove previsto, l'eventuale potere del commissario delegato di derogare alle suddette disposizioni;
   nella stessa seduta il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, interrogata sulla stessa materia per gli aspetti di competenza del suo dicastero (interrogazione n. 3/275), ha dichiarato che nel rispetto del decreto legislativo n. 36 del 2003, che attua la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti e tenuto conto dei vigenti protocolli dell'Istituto superiore di sanità, il Ministero della salute potrà assicurare, per il tramite dello stesso Istituto: l'effettuazione ante operam di un'estesa caratterizzazione delle matrici ambientali, acque sotterranee e suolo circostante la discarica, al fine di valutare l'eventuale alterazione della qualità delle stesse matrici ambientali, acque e sotterranee;
   il Ministro Lorenzin ha inoltre, nella stessa occasione, ricordato che né il Ministero della salute né l'Istituto superiore di sanità sono stati ad oggi formalmente interessati dalla regione Lazio, dal comune di Roma Capitale e dalle altre istituzioni competenti in merito all'individuazione in località Falcognana del possibile sito in cui realizzare la nuova discarica per lo stoccaggio dei rifiuti urbani della città di Roma Capitale;
   l'articolo 707 del Codice della navigazione ed il capitolo 4 paragrafo 12 del Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti mette in capo all'ente nazionale per l'aviazione civile il compito di identificare le attività presenti sul territorio che potrebbero essere potenzialmente pericolose per la navigazione; e l'articolo 711 prescrive che nelle zone di cui all'articolo 707, sono soggette a limitazioni le attività che, come lo smaltimento dei rifiuti, costituiscono un potenziale richiamo per la fauna selvatica o comunque un pericolo per la navigazione aerea;
   al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea l'ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative ai potenziali pericoli per la navigazione e che, in particolare, la realizzazione e l'esercizio delle attività di smaltimento dei rifiuti, fatte salve le competenze delle autorità preposte, sono subordinate all'autorizzazione dell'ENAC, che ne accerta il grado di pericolosità ai fini della sicurezza della navigazione aerea;
   il paragrafo 7.9 del cap.7 Parte 3 dell'ICAO Airport Service Manual (Doc. ICAO 9137- AN/898) indica in 13 chilometri dal sedime aeroportuale il limite consigliato per l'insediamento di attività di smaltimento;
   l'area della Falcognana dista 4,7 chilometri dall'aeroporto di Ciampino e non risulta alcun coinvolgimento dell'Ente nazionale per l'aviazione civile nella individuazione e nella autorizzazione di una discarica per i rifiuti urbani a Falcognana;
   il 17 settembre 2013 il commissario all'emergenza rifiuti Goffredo Sottile è stato audito informalmente, in sede di ufficio di presidenza della 13a commissione Ambiente del Senato, in merito alla chiusura della discarica di Malagrotta e all'utilizzo del sito di Falcognana e che dell'audizione non è rimasta alcuna traccia in quanto svolta nella sede dell'ufficio di presidenza;
   da fonti stampa si apprende che nel corso dell'audizione il commissario Sottile avrebbe confermato l'utilizzo della discarica di Falcognana per sei mesi e solo per accogliere una quota dei rifiuti trattati della Capitale; affermato che Falcognana sarebbe stata una scelta necessitata che non ci sarebbero opzioni alternative; sostenuto che pur sussistendo vincoli per l'utilizzo di quella zona ci sono anche le autorizzazioni; dichiarato che trasformare l'attuale autorizzazione vigente per lo smaltimento del fluff per ricevere il rifiuto solido urbano sarebbe una modifica non sostanziale;
   secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa rispondendo alla commissione Ambiente del consiglio regionale del Lazio il 18 settembre 2013 il commissario prefetto Goffredo Sottile ha dichiarato che: «Il 1o ottobre chiude Malagrotta: questi sono gli auspici e gli intenti, sia del commissario, sia degli enti locali competenti. Falcognana è una piccola discarica per la parte che ci interessa ed è una soluzione non solo provvisoria ma anche estremamente parziale. Perchè la soluzione vera sta nell'esito della gara per portare i rifiuti al di fuori dei confini del Lazio. La parte a cui deve far fronte Falcognana, è un quinto ovvero 300 tonnellate al giorno» Lo stesso Sottile poi ha aggiunto sulla scelta del sito per una nuova discarica: «La proposta è venuta dalla Regione. La Provincia aveva indicato alcuni siti, la Regione ha indicato Falcognana» aggiungendo poi che: «Ci ha fatto una cortesia, mica ha fatto male, perché eravamo alla ricerca di qualcosa» (ANSA 18 settembre ore 13.11);
   nella medesima occasione il commissario parlando di Falcognana ha anche dichiarato che «Le criticità di questa scelta sono minime. In sede del tavolo tecnico che ha visto coinvolti Regione, Provincia e Comune, che credo abbia dato degli ottimi risultati e valga la pena di mantenere attivo, la polizia stradale di Roma, che ha partecipato, ha dimostrato con uno studio che questo impatto è limitato non porta conseguenze serie sulla circolazione. Sulla via Ardeatina c’è un divieto per i mezzi pesanti che nessuno rispetta» (ANSA 18 settembre 13.12) per poi aggiungere augurandosi «il primo camion a Falcognana il 1o ottobre con Malagrotta chiusa» ipotizzando in alternativa che «l'eventuale proroga o la fa il sindaco con ordinanza contingibile e urgente o la firmo io» (ANSA 18 settembre ore 13.14);
   tali dichiarazioni mettono ulteriormente in evidenza, probabilmente citando uno studio riservato della Polizia stradale visto che nessuno ne ha mai parlato prima, come la viabilità nel quadrante interessato sia incapace di sopportare qualsiasi ulteriore incremento del traffico –:
   quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda assumere per garantire il superamento delle contraddizioni e della confusione che caratterizza l'attribuzione di responsabilità e l'esercizio dei poteri di indirizzo e di attuazione amministrativa per l'emergenza dei rifiuti nei comuni di Roma, di Fiumicino, di Ciampino e dello Stato della città del Vaticano;
   se in considerazione di tutto quanto rappresentato in premessa ritenga il Presidente del Consiglio di revocare, immediatamente, l'incarico al Commissario straordinario Prefetto Goffredo Sottile.
(2-00219) «Brunetta».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   CAUSIN, MATARRESE e D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo n. 4 del 2008 (cosiddetto «correttivo unificato» al Testo unico ambientale – decreto legislativo n. 152 del 2006) è stato re-istituito l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (articolo 206-bis decreto legislativo n. 152 del 2006);
   tale organismo era stato inizialmente istituito con il decreto legislativo n. 22 del 1997, successivamente, a seguito del decreto legislativo 152/06, era confluito nell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, ed in seguito ricostituito con decreto legislativo n. 284 del 2004 in conseguenza della soppressione della citata autorità ed infine confermato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2007;
   a tale organismo sono attribuiti importanti compiti di vigilanza ed autorizzativi;
   questa istituzione, a seguito del decreto legislativo n. 4 del 2008, presenta una rilevante novità sia rispetto a quello inizialmente costituito, sia rispetto alla soppressa autorità di vigilanza;
   il costo per il suo funzionamento ammonta a euro 2.000.000 l'anno ed è equamente distribuito tra tutti gli operatori assoggettati a vigilanza (mentre in precedenza sia il «vecchio» osservatorio che l'autorità erano finanziati da uno solo degli operatori, il CONAI, così dando luogo a dubbi di conflitto di interesse, mentre attualmente, grazie al nuovo sistema di contribuzione esso ha assunto le necessarie caratteristiche di indipendenza);
   tale osservatorio è composto di nove membri (tre designati dal Ministro dell'ambiente, due dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro della salute, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, uno dal Ministro dell'economia e finanza ed uno dalla Conferenza Stato Regioni) e non grava, come detto, sul bilancio dello Stato;
   con decreto ministeriale 0000079 Ambiente del 5 marzo 2013 è stato determinato il contributo a carico dei soggetti tenuti a finanziare l'Osservatorio nazionale sui rifiuti;
   tuttavia, l'organismo pur previsto per legge dall'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 non è ancora fregiato di nessun componente nonostante abbia i seguenti compiti:
   a)  vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
   b)  provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, anche attraverso l'elaborazione di linee guida sulle modalità di gestione dei rifiuti per migliorarne efficacia, efficienza e qualità, per promuovere la diffusione delle buone pratiche e delle migliori tecniche disponibili per la prevenzione, le raccolte differenziate, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti;
   c)  predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 225 qualora il Consorzio nazionale imballaggi non provveda nei termini previsti;
   d)  verifica l'attuazione del Programma generale di cui all'articolo 225 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio;
   e)  verifica i costi di gestione dei rifiuti, delle diverse componenti dei costi medesimi e delle modalità di gestione ed effettua analisi comparative tra i diversi ambiti di gestione, evidenziando eventuali anomalie;
   f)  verifica livelli di qualità dei servizi erogati;
   in tale contesto è stato pubblicato l'esito dell'indagine conoscitiva svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato riguardante il settore dei rifiuti da imballaggio (indagine IC26 in bollettino n. 26 del 14 agosto 2008) ove si segnalano gravi anomalie e criticità riguardo a tale mercato, problematiche che assumono particolare rilievo alla luce del fatto che l'Accordo Quadro ANCI/CONAI anche in vista del suo rinnovamento, ha come obiettivo il miglioramento della qualità della raccolta differenziata anche come buona pratica di riciclo materiali, e il ritiro di tutti i rifiuti di imballaggio, conferiti su tutto il territorio nazionale con il riconoscimento dei corrispettivi, anche nel caso di superamento, da parte di Conai, degli obiettivi generali di recupero dei rifiuti di imballaggio;
   il tema è di particolare importanza anche alla luce delle note emergenze regionali, e a quanto dichiarato dai comuni virtuosi e anche da altri;
   infine, anche sotto altro profilo, la questione del packaging (ovvero gli imballaggi e dunque necessariamente dei relativi rifiuti) è stata recentemente oggetto di attenzione, in relazione ai costi della filiera agroalimentare –:
   se vi sia l'intenzione di ricostituire l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, come verranno utilizzati i soldi che il Ministero incasserà con il decreto ministeriale 0000079 del 5 marzo 2013 del Ministro interrogato, come siano stati utilizzati i soldi precedentemente incassati con i precedenti decreti di ripartizione e come venga effettuata l'attività di controllo dei consorzi di filiera a seguito delle recenti dichiarazioni dei comuni virtuosi.
(3-00327)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   dietro i luoghi comuni, peraltro universalmente riconosciuti, secondo cui «l'Italia è il paese delle mille meraviglie», «il nostro è un paese che potrebbe/dovrebbe vivere di solo turismo», «l'Italia è una delle principali destinazioni turistiche del mondo» la realtà che osserviamo sembra di segno decisamente opposto;
   quello che si percepisce è un quadro sostanzialmente disarmante di un settore, universalmente riconosciuto quale «industria prioritaria» per il nostro sistema economico, che viene ormai da anni bistrattato ed ingiustificatamente relegato al ruolo di fanalino di coda dell'azione strategica istituzionale del Governo nazionale;
   per dovere di mera cronaca si riportano alcuni accadimenti del recente passato le cui implicazioni pongono seri dubbi e perplessità su quanto il Governo stia facendo per sostenere un settore chiave per la nostra economia nazionale:
    con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 giugno 2012 viene soppresso il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le relative competenze attribuite al Dipartimento per gli affari regionali, lo sport ed il turismo, previa attivazione di un mero ufficio. Orbene, l'ex dipartimento turismo – ufficio per le politiche del turismo risulta essere titolare di una serie di progetti ed attività, gran parte dei quali finanziati da fondi comunitari, il cui valore assommerebbe a circa 100 milioni/euro di cui oggi, a distanza di oltre un anno dalla sua soppressione, le sorti sarebbero particolarmente incerte e soprattutto esposte al rischio concreto di restituzione alla Commissione europea;
    con l'insediamento del Governo attuale, le competenze del turismo passano al Ministero per i beni e le attività culturali, salvo poi non assicurare alcuna continuità amministrativa alle attività gestite dal soppresso dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo;
    ad agosto scorso, viene adottata una bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che ad oggi risulta non esser stato ancora firmato e sottoposto al vaglio della competente Corte dei conti, che sancisce il passaggio delle competenze dell'ufficio per le politiche del turismo al Ministero per i beni e le attività culturali ed il turismo;
    nelle more dell'adozione del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri le competenze in materia di turismo restano, di fatto, ancora in capo alla Presidenze del Consiglio dei ministri, seppur senza una chiara indicazione dell'ufficio e/o della direzione a ciò preposta;
    il combinato disposto dei fatti sopra richiamati delinea un quadro sostanzialmente caratterizzato da una governance istituzionale delle politiche di settore ancora del tutto confusionaria, dove alla soppressione «Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo» non sembra ancora esser corrisposta una chiara definizione delle deleghe in materia, né tantomeno una chiara identificazione delle strutture del Ministero dei beni e delle attività culturali subentrate nei ruoli, nei compiti e nelle funzioni del soppresso dipartimento, in particolare per quanto attiene all'ufficio per le politiche del turismo;
    il protrarsi di tale impasse governativa, che dura ormai da oltre un anno, contrastata solo dal lodevole impegno profuso dal Sottosegretario con delega al turismo, mette a serio rischio la tenuta di importanti iniziative e progetti finanziati con risorse comunitarie, alcuni dei quali vedono coinvolti altri Paesi del Bacino del Mediterraneo, la cui copertura finanziaria rischia di venir meno in tempi molto brevi –:
   quali siano gli impegni assunti dall'azione di Governo sui temi del turismo ed, in particolare, le azioni intraprese a tutela della continuità dei progetti gestiti dal soppresso dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo a salvaguardia dei fondi comunitari collegati.
(2-00218) «D'Ambrosio».

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCON, DURANTI, SCOTTO e PIRAS. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica di Gibuti (Djibouti) è uno Stato dell'Africa Orientale, posta all'estremità meridionale del Mar Rosso, presso lo stretto di Bab El-Mandeb ed è situata nel Corno d'Africa;
   controllare militarmente questo passaggio, attraversato dalle principali rotte petrolifere e commerciali tra l'Asia e l'Europa, equivale a controllare il canale di Suez;
   alla Francia, che dal 1977 ha «preposizionato» una unità della legione straniera e altre forze scelte (2.000 uomini) nella sua ex colonia si è unita l'America nel 2003 con la presenza di 3.000 uomini;
   in seguito a un accordo stipulato nel luglio 2012 dal Ministero della difesa (diretto allora dall'ammiraglio Di Paola), l'Italia è stata autorizzata a installare a Gibuti una base militare. Il suo costo non è chiaro: la legge n. 221 del 2012 che stabilisce «Ulteriori misure per la crescita del paese», autorizza per la base un esborso di denaro pubblico (sottratto alle spese sociali) per 3,7 milioni di euro nel 2012 e 2,6 milioni annui fino al 2020, addebitandoli sul bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze, ai quali si aggiunge la «cessione a titolo gratuito» di armamenti alle forze gibutine;
   tale previsione di spesa, che non comprende i costi operativi, è la punta dell’iceberg: solo come affitto dell'area di ciascuna base, Usa e Francia pagano 30 milioni di euro annui. L'Italia disloca forze militari a Gibuti (come hanno fatto Germania, Spagna e Giappone) ufficialmente per «il contrasto alla pirateria»;
   fonti di stampa (Il Manifesto «L'arte della guerra» di Manilio Dinucci, 17 settembre 2013) dicono che in realtà le forze italiane sono inviate a Gibuti nel quadro della «guerra coperta», condotta in Africa e Medio Oriente dal Comando congiunto per le operazioni speciali Usa. L'area di operazioni della talk force statunitense, di stanza a Camp Lemonnier a fianco dell'aeroporto internazionale, si estende dalla Somalia al Sudan e alla Repubblica centrafricana, dal Kenya all'Uganda e al Congo. Copre anche lo Yemen e altri Paesi mediorientali. A Camp Lemonnier, che ora viene ampliato per accogliere altri 1.100 membri delle forze speciali, le operazioni vengono pianificate da uno staff di circa 300 specialisti;
   sempre da fonti di stampa (Il Manifesto «L'arte della guerra» di Manilio Dinucci, 17 settembre 2013) si apprende che ogni giorno decollano dalla base droni-spia, droni-killer e caccia F-15E Strike Eagle, diretti in particolare nella vicina Somalia e nello Yemen, a poche decine di chilometri al di là dello stretto. Partono di notte, con elicotteri e aerei speciali, i commando che effettuano le incursioni. Operano in incognito, tanto che i loro nomi sono sconosciuti perfino ai militari Usa di stanza nella base. Sotto lo stesso comando operano i contractor, ossia i killer a contratto, tipo i cecchini e gli esperti di tecniche di assassinio. Stessi compiti hanno i legionari francesi;
   a questa compagnia si uniscono i militari italiani (tra cui commandos di forze speciali), dotati anche loro di droni, teleguidati dalla base di Amendola in Puglia;
   si assiste alla mutazione genetica delle forze armate, la cui nuova missione è garantire gli «interessi esterni» in quello che lo Stato maggiore della difesa definisce «il Mediterraneo allargato» –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda chiarire quale sia il grado del coinvolgimento italiano nel conflitto;
   se intenda interrompere l'eventuale partecipazione italiana a operazioni cosiddette «coperte». (5-01046)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale IV serie speciale n. 59 del 27 luglio 2007, il Ministero della difesa ha bandito un concorso pubblico, per esami, a 111 posti per il profilo professionale n. 0106 di «collaboratore di amministrazione», area funzionale C, posizione economica C1 (ora area III-F1);
   esaurita la fase concorsuale – consistita in una prova preselettiva, due prove scritte ed esame orale – la graduatoria dei vincitori è stata approvata con decreto dirigenziale del Ministero della difesa in data 30 dicembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 marzo 2010 (18.a) dei vincitori per la regione Lazio);
   nel mese di ottobre 2011, il Ministero della difesa ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze la richiesta di autorizzazione all'assunzione, prevista dall'articolo 3 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, relazionando sulla spesa occorrente all'assunzione;
   nel gennaio 2012, esaurita la propria fase di competenza, il dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso lo schema di decreto di autorizzazione, per la firma, al Ministro dell'economia e delle finanze;
   il 6 luglio 2012 è emanato il decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetto spending review), convertito dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012, che ha disposto la riduzione del 10 per cento degli organici delle pubbliche amministrazioni entro il 31 ottobre 2012, ed in mancanza, il blocco delle assunzioni fino al 2016 (articolo 2);
   in data 24 settembre 2012, la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica ha diramato la direttiva n. 10/2012, con la quale ha fornito chiarimenti circa le modalità operative con le quali procedere alla riduzione del personale e stabilendo che i Ministeri presentassero, entro il termine del 4 ottobre 2012, una proposta di riduzione, partendo dai dati risultanti dall'organico provvisorio;
   il Ministero della difesa aveva già quantificato l'organico provvisorio del personale civile con decreto ministeriale 16 agosto 2012, includendo in esso anche i posti del concorso in questione. In particolare, l'organico del personale civile di III area del Ministero della difesa è stato quantificato in 2681 unità, a fronte delle 2506 effettivamente in servizio, quindi esso risultava carente di 175 unità e tra esse, sono inclusi i 111 profili di collaboratori amministrativi relativi al concorso in questione (si segnala anzi che il concorso in esame era stato bandito proprio in ragione di tale carenza). Nelle restanti aree I e II erano invece quantificati esuberi di personale, che si proponeva di assorbire con il piano di pensionamenti;
   tale proposta è stata pienamente recepita nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 gennaio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 2013, che, in attuazione dell'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, ha definitivamente proceduto alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale dei Ministeri;
   ciononostante, i candidati che nel 2009 sono risultati vincitori del concorso in questione rimangono in attesa di assunzione –:
   quali determinazioni intendano intraprendere i Ministri interrogati per dare esecutività al piano di assunzione stabilito dal concorso. (4-01899)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 gennaio 2007 il comune di Correggio costituisce la società En.Cor srl unipersonale, partecipata al 100 per cento dall'ente medesimo, con lo scopo di realizzare investimenti nel campo delle energie rinnovabili e del teleriscaldamento;
   negli anni successivi tale attività si concretizza, tra l'altro, nell'acquisizione di n.7 motori navali CKD di produzione ceca, con l'obiettivo di riconvertirli al servizio di una centrale a biocombustibile;
   l'evoluzione del mercato dell'olio combustibile di origine vegetale ne porta il costo dai 200 dollari del 2007 agli oltre 950 dollari del 2012, rendendo così non più profittevole l'investimento, nonostante la politica degli incentivi statali alle energie rinnovabili;
   per ovviare a tale situazione la società En.cor srl acquisisce 2 società di diritto senegalese, allo scopo di coltivare in proprio jatrofa e ricino nel Paese africano, da cui ricavare olio combustibile, provvedendo inoltre direttamente o indirettamente agli investimenti in attrezzature e macchinari, per oltre 1 milione di euro;
   per ragioni presumibilmente dovute all'incertezza del diritto in Senegal, a ostacoli burocratici e impedimenti tecnici questa soluzione è stata abbandonata nel 2012, optando per affitto di ramo d'azienda a società italiana, con impegno di acquisto dei semi a prezzo predeterminato;
   ad oggi non risulta disponibile alcuna documentazione relativa alle attività incorse in Senegal dalle aziende partecipate;
   nel 2011, sempre allo scopo di garantirsi gli approvvigionamenti, En.Cor srl firma un contratto di fornitura con la società Pieffe Trading srl, corrispondendo un'anticipo di euro 727.391+IVA, non coperto da fidejussione, senza ricevere ad oggi alcuna contropartita, ed avviando solo nel 2013 le procedure di recupero crediti;
   a seguito di tali operazioni la società ha contratto debiti bancari per oltre 28 milioni di euro, di cui potenziali 36.932.000 coperti da lettere di patronage da parte del comune di Correggio, rispettivamente 7.000.000 di tipo debole e 29.932.000 di tipo forte, pur per queste ultime in parziale carenza delle necessarie autorizzazioni dell'organo competente, il consiglio comunale;
   la governance della società prevedeva la presenza di un amministratore unico, coincidente con la figura del direttore generale del comune controllante, lasciando presupporre un improprio conflitto di interessi;
   le relazioni allegate dei revisori dei conti del comune e dei professionisti incaricati nel 2012 di stendere una relazione sull'andamento della società e sulle possibili prospettive evidenziano quelle che appaiono all'interrogante opacità di gestione e assunzione progressiva di rischi incompatibili con i principi di sana e prudente gestione di un ente pubblico, quale la società dovrebbe di fatto essere considerata, stante la composizione dell'azionariato e la totale dipendenza del merito creditizio dalle lettere di patronage ottenute dal comune di Correggio;
   nel 2013 il revisore dei conti del comune di Correggio si dimette, per ragioni, a quanto riportato dalla stampa locale, connesse a un disaccordo sulla correttezza della gestione dell'operazione En.Cor srl;
   il 6 febbraio 2013 la società, a seguito del decreto-legge n. 95 del 2012, viene ceduta tramite gara pubblica, non possedendo più i requisiti che ne rendessero possibile la proprietà da parte di un ente locale;
   il bando di gara fu costruito secondo le modalità dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con 30 punti relativi alla parte economica e 70 a diverse componenti tecniche, fra cui la disponibilità a concordare lettere di patronage da parte dell'acquirente con gli istituti bancari, in sostituzione di quelle emesse dal comune;
   il comune ritiene decadute le lettere di patronage a seguito di cessione, senza tuttavia che ad oggi sia stata resa disponibile l'accettazione da parte degli istituti bancari di tale ipotesi, che si deve supporre quanto meno dubitabile, stante la prassi giurisprudenziale e la debolezza patrimoniale della società acquirente;
   ad oggi non si ha notizia di un effettivo subentro nelle lettere di patronage da parte della società acquirente, con conseguente liberatoria del comune di Correggio;
   la gara, svoltasi in data 27 maggio 2013, ha visto la partecipazione di un'unica offerta, che disponendo dei requisiti minimi formali, è stata dichiarata ammissibile e quindi vincente, permettendo al comune di Correggio di rientrare dei soli 200.000 euro posti a capitale sociale e quindi a base di gara, mentre si devono ritenere perduti ai fini dell'interesse pubblico i beni immobili ceduti a titolo gratuito negli anni alla società;
   in data 26 maggio 2013 consiglio comunale di Correggio, su sollecitazione della società acquirente, ha provveduto a disporre una serie di permute immobiliari per ottenere la cessione di un edificio scolastico di proprietà di En.Cor srl, corrispondendo anche un conguaglio liquido di euro 656.590;
   la società acquirente è Amtrade Italia srl, domiciliata in Bergamo, costituita il 7 dicembre 2012, con capitale sociale di euro 10.000, interamente controllata dalla società svizzera Amtrade Holding Ag, costituita il 9 ottobre 2012, con sede in Zurigo e capitale sociale di: chf 1.000.000;
   la società Amtrade Holding Ag, di cui, stante la legge elvetica, non sono noti composizione dell'azionariato, né i bilanci, risulta amministrata dal signor Matteo Coveri, cittadino svizzero, residente a Zurigo, collegato come amministratore anche alle società C-Holding Partecipation AG, APA Holding AG, Harvest International Holding AG, aventi la medesima residenza di Amtrade Holding Ag;
   la società C-Holding AG risulta anche essere il primo soggetto ad aver manifestato interesse per la possibile acquisizione di En.Cor srl;
   la patrimonializzazione di Amtrade Italia srl e anche della controllante Amtrade Holding Ag non sembrano offrire al sistema bancario sufficiente garanzia da lasciar supporre una serena rinuncia alle lettere di patronage rilasciate dal comune di Correggio;
   il signor Matteo Coveri risulta essere omonimo dell'uomo d'affari svizzero Coveri Matteo, già arrestato a Panama nel 2010 per reati, a quanto si conosce, connessi al riciclaggio e alla truffa, e poi nuovamente in Croazia nel 2011, su richiesta dell'Interpol e poi rilasciato dalle locali autorità nel 2012;
   dal 30 gennaio 2012 En.Cor srl gestisce per conto del comune di Correggio l'attività di gestione calore degli impianti termici, idrici, di condizionamento ed elettrici comunque collegati all'ente, nonché altri servizi fondamentali per la comunità come le emergenze invernali, con conseguente necessità di garantire la continuità dell'operatività;
   nel corso del 2011 En.Cor srl ha ceduto a SOER Correggio Srl un ramo d'azienda per euro 1,3 milioni, contabilizzati come plusvalenza, corrispondendo alla stessa SOER Correggio srl un anticipo su fornitura di servizi di manutenzione impianti di pari importo, a fronte di fideiussione di 18 mesi rilasciata per soli 12, e scaduta nel febbraio 2013, esponendosi così ad un forte rischio d'impresa;
   verso En.Cor srl risulta esposta, oltre a BNL per euro 13.552.250 e Banco Popolare per 3.995.681 euro; anche Banca Popolare di San Felice 1893 per euro 10.484.526, che, potrebbe essere interessata in modo particolarmente problematico;
   per il bilancio 2011 l'attivo di En.Cor srl comprende immobilizzazioni materiali per euro 21.535.181, a fronte di debiti finanziari per euro 30.507.282, composte ad avviso dell'interrogante di terreni e fabbricati di difficile stima di mercato e macchinari, come i motori navali, inseriti a valore d'acquisto, di certa obsolescenza –:
   se non si intendano promuovere iniziative di verifica amministrativa-contabile da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato in relazione alla vicenda di cui in premessa e alla situazione finanziaria del comune di Correggio. (4-01914)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 155 il Governo, su impulso del Ministero della giustizia, disponeva la soppressione di 31 tribunali, 31 procure, 220 sezioni distaccate nell'ambito del progetto di riordino delle circoscrizioni giudiziarie, disponendo l'esecuzione di tale provvedimento al 13 settembre 2013, tranne che per i 4 tribunali abruzzesi per i quali l'esecuzione del provvedimento di soppressione è differito al settembre del 2015, in quanto per gli effetti del sisma del 2009, le sedi dei Tribunali accorpanti non erano e non sono ancora funzionali;
   a Sulmona da tempo, si stanno svolgendo numerose manifestazioni di protesta che hanno raccolto l'adesione della generalità delle cittadinanze e delle rappresentanze istituzionali dei comuni compresi nel territorio del suo tribunale, perché si ritiene che il tribunale peligno abbia in pieno i requisiti per dettare la sua sopravvivenza rappresentati da:
    a) vastità del circondario che lo pone tra i primi in Italia;
    b) diffuse ed elevate altitudini del suo territorio, tutto montuoso, che nella media lo pone come il più alto d'Italia;
    c) precarietà delle infrastrutture e dei servizi di collegamento dei suoi territori con il futuro tribunale accorpante dell'Aquila;
    d) presenza nel suo territorio di centri turistici montani (i più importanti dell'Appennino) la cui popolazione nei mesi estivi e invernali si moltiplica rendendo quindi non rappresentativo il dato della popolazione residenziale ufficiale per la residenzialità stagionale;
    e) presenza nel suo territorio di 2 parchi nazionali (parco nazionale Abruzzo e parco nazionale Maiella);
    f) presenza, nel suo territorio, di uno dei maggiori carceri di massima sicurezza d'Italia, specie dopo la recente riforma della sua struttura organizzativa, per la quale verranno ospitati solo detenuti AS1 e AS3 e collaboratori di giustizia e la cui capienza e già disposto che venga aumentata di altri 180 posti su 450 esistenti attualmente; evidenti i problemi di sicurezza e di costi nei futuri collegamenti tra il penitenziario sulmonese e la sezione di sorveglianza del futuro tribunale accorpante di L'Aquila;
    g) contiguità diretta e immediata a sud del suo territorio con aree ad alta densità criminale, la cui infiltrazione nel territorio del tribunale Peligno è dovuta specie per traffici economici nei comprensori del turismo invernale;
   le rappresentanze istituzionali, gli avvocati, le rappresentanze del personale lamentano che i sopra esposti requisiti non sono stati presi affatto in considerazione dal Ministero della giustizia nella determinazione di sopprimere Sulmona, sebbene formalmente e specificatamente previsti nella legge delega;
   il Ministero della giustizia venerdì 13 settembre 2013 ha dato avvio alla soppressione delle sedi di tribunale previste per il 2012, senza cedimenti, esitazioni o deroghe nonostante documenti e istanze ufficiali di rinvio, provenienti dalla maggioranza delle parti politiche parlamentari, e nonostante il Governo avesse accolto, a larghissima maggioranza, un ordine del giorno presentato in tal senso dal senatore del PSI Enrico Buemi;
   preso atto di tale tetragona risolutezza e preveggendo quanto potrà succedere nel 2015, gli avvocati ed il personale del tribunale hanno deciso di invitare il Ministro di giustizia a Sulmona per far a lui constatare de visu la fondatezza delle ragioni addotte e al contempo di avviare dal 16 settembre uno sciopero della fame legato a tale richiesta dandone formale comunicazione al Ministro della giustizia con nota dell'Ordine forense del 16 settembre 2013;
   pertanto dal 16 settembre 2013 sei avvocati sulmonesi, gli avvocati Elisabetta Bianchi, Roberta Polce, Sandra Presutti, Daniele Di Bartolo, Alberto Paolini e Serafino Speranza, sono in sciopero della fame e in presidio permanente di 24 ore presso il tribunale di Sulmona, e la classe forense di Sulmona, il personale di cancelleria, il sindaco, le rappresentanze istituzionali del territorio, le forze politiche, i sindacati, le categorie economiche e larga parte della cittadinanza sono al loro fianco nel citato presidio;
   nell'ambito dei controlli quotidiani del pronto intervento medico cui gli avvocati in sciopero sono sottoposti, ieri 18 settembre per due di loro, gli avvocati Elisabetta Bianchi e Alberto Paolini, sono state ravvisate complicanze cliniche che hanno indotto i sanitari a sconsigliare di proseguire lo sciopero della fame per la possibile insorgenza di pericolo di vita come refertato da certificati medici;
   entrambi i professionisti, assieme agli altri quattro, perdurano nella prosecuzione dello sciopero della fame stante il silenzio del Ministro della giustizia –:
   se non ritenga il Ministro della giustizia alla luce dei requisiti sopra richiamati di dover riconsiderare la chiusura del tribunale di Sulmona al termine della proroga;
   se non ritenga il Ministro di doversi recare con somma urgenza a Sulmona per portare innanzitutto la sua solidarietà agli avvocati in sciopero della fame e per ascoltare le ragioni del sindaco, della classe forense, del personale e della cittadinanza di Sulmona e dei comuni del territorio. (4-01905)


   DAGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il signor Bardhi Elton, nato a Tirana (Albania) il 22 gennaio 1976, attualmente detenuto presso il carcere di Durazzo, è stato tratto in arresto il 7 febbraio 2009 in Albania per l'esecuzione di una sentenza di condanna definitiva pronunciata dal tribunale di Milano in data 10 luglio 2001;
   immediatamente lo stesso proponeva incidente di esecuzione sostenendo di non aver mai ricevuto avviso circa il procedimento a suo carico e chiedendo la restituzione nel termine per proporre appello;
   in data 6 giugno 2013 il tribunale di Milano, quale giudice dell'esecuzione, dopo oltre quattro anni dall'inizio dell'esecuzione della pena e due annullamenti con rinvio operati dalla Suprema Corte, restituiva il Bardhi nel termine per impugnare la sentenza disponendone l'immediata liberazione;
   in data 7 giugno 2013 la procura della Repubblica di Milano revocava l'ordine di esecuzione della pena trasmettendo la revoca al Ministero della giustizia per le comunicazioni all'Albania;
   dopo numerosi solleciti, a fine giugno 2013 il Ministero finalmente trasmetteva l'ordine di scarcerazione, ma a tutt'oggi l'Albania non ha ancora provveduto alla liberazione del detenuto sostenendo che la documentazione inviata dalle autorità italiane non è sufficientemente chiara;
   nel mese di luglio 2013 il difensore trasmetteva all'avvocato albanese del Bardhi, che a sua volta inoltrava alle autorità albanesi, copia autentica (con apostilla ai sensi della convenzione dell'Aia 5 ottobre 1961) del provvedimento del tribunale di Milano di restituzione nel termine per impugnare con contestuale ordine di liberazione nonché del provvedimento di scarcerazione disposto dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, ma tuttavia l'Albania non ottemperava alla scarcerazione sostenendo che tali documenti dovevano essere trasmessi dal Ministero della giustizia italiano che non aveva provveduto in merito;
   Bardhi Elton, dopo aver atteso in stato di detenzione quattro anni e mezzo per ottenere il diritto a proporre appello, avverso una sentenza contumaciale in cui sono stati negati i più elementari diritti di difesa, è ora detenuto di fatto illegittimamente da tre mesi e mezzo nonostante un tribunale dello Stato italiano ne abbia disposto la liberazione il 6 giugno 2013;
   tutto ciò perché, a quanto pare, il Ministero della giustizia non ha trasmesso tutta la documentazione necessaria né si è accertato che il cittadino albanese (detenuto in Albania esclusivamente per una condanna inflitta in Italia e successivamente annullata) venisse effettivamente rimesso in libertà –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati;
   se non ritenga opportuno trasmettere tutta la documentazione necessaria affinché il diritto del detenuto Bardhi a riacquistare la libertà sia reso effettivo per porre fine nel più breve tempo possibile a una detenzione che prosegue da oltre 100 giorni in assenza di alcun titolo esecutivo;
   se non ritenga opportuno intervenire per sollecitare il ripristino della legalità mettendo in campo tutte le iniziative necessarie perché il Governo albanese ottemperi all'ordine di liberazione di un detenuto che invece da mesi aveva diritto alla libertà. (4-01907)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, BOCCUZZI, BONOMO, PAOLA BRAGANTINI, D'OTTAVIO, GIORGIS, MATTIELLO, PICCOLI NARDELLI, PATRIARCA e BOBBA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Torino è il quarto comune italiano per popolazione dopo Roma, Milano e Napoli e costituisce il terzo polo economico del Paese;
   Alitalia – Compagnia Aerea Italiana spa è la principale compagnia aerea italiana;
   l'aeroporto di Torino Caselle è base operativa di Alitalia e presenta un numero cospicuo di personale addetto qualificato;
   l'aeroporto di Caselle (Torino), realizzato negli anni ’30 dello scorso secolo, rappresenta uno dei principali scali italiani. Il 30 gennaio 2006, è stato ufficialmente inaugurato il nuovo aeroporto di Torino Caselle: il complesso aeroportuale è una struttura all'avanguardia tecnologica che offre, a chi viaggia ed alle compagnie aeree, clienti, tecnologia e infrastrutture innovative, garantendo elevati livelli di comfort ed assistenza a oltre cinque milioni di passeggeri l'anno;
   i lavori di ampliamento e riqualificazione dello scalo, avviati nella primavera del 2004, hanno completamente ammodernato l'Aeroporto di Torino, pronto ad affrontare le sfide future ed a cogliere le numerose opportunità generate a partire dalle Olimpiadi di Torino 2006;
   grazie a questi investimenti l'aeroporto di Caselle ha infatti potuto sostenere e valorizzare le numerose e complesse vocazioni ed attrazioni dell'intero Piemonte, rappresentando ad oggi un volano irrinunciabile dello sviluppo virtuoso occupazionale, economico e produttivo regionale;
   nonostante quanto appena riportato, è emersa con chiarezza, negli ultimi mesi la volontà, da parte di Alitalia, di ridurre i voli nello scalo torinese. Nello specifico:
    a) rispetto all'orario estivo 2012, per la «Summer 2013» gli aeromobili Alitalia in night stop (aeromobili che arrivano alla sera e ripartono il giorno dopo) sono passati da 6 a 4;
    b) Alitalia ha chiuso tutte le quattro rotte internazionali aperte nel 2009 grazie ad un accordo con la regione Piemonte ed in particolare il collegamento tra Torino ed Amsterdam; il collegamento con Amsterdam permetteva infatti di utilizzare in connessione diretta i voli da e per Detroit di interesse strategico per il gruppo Fiat ed il suo indotto (Amsterdam è l'unico aeroporto europeo collegato con tre voli al giorno a Detroit);
    c) nel 2013, dopo aver effettuato diverse riduzioni già nel 2012, Alitalia ha chiuso il collegamento con Alghero;
    d) sono state ulteriormente ridotte le frequenze dei voli Alitalia e la capacità degli aeromobili utilizzati nei collegamenti con il sud Italia ed in particolare con Napoli, Bari, Lamezia Terme, Palermo;
    e) il 27 ottobre 2013 (data di entrata in vigore dell'orario invernale) Alitalia chiuderà il volo diretto Torino-Reggio Calabria che al momento viaggia sempre con un elevato coefficiente di riempimento dei posti;
    f) sempre a partire dal 27 ottobre, il primo volo da Torino per Roma sarà effettuato alle ore 7,15 (attualmente il primo volo è alle ore 6:20), rendendo così impossibile l'arrivo strategico in centro a Roma nella prima mattinata;
   l'aeroporto di Torino Caselle si trova quindi a subire un forte calo di passeggeri superiore alla media nazionale;
   l'utenza territoriale è ad oggi fortemente penalizzata e, conseguentemente, costretta spesso ad utilizzare altri aeroporti per la mancanza di collegamenti dallo scalo di Torino Caselle;
   al tempo stesso sono a rischio i livelli occupazionali diretti ed indiretti generati dallo scalo ed i numerosi investimenti fatti ad oggi per modernizzare Caselle e promuoverne l'utilizzo;
   recentemente sono uscite sugli organi di informazioni notizie allarmanti che prefigurano un ulteriore depotenziamento dei voli Alitalia rispetto allo scalo di Torino. Appare evidente che, qualora confermati, testimonierebbero una politica unilaterale ed inequivocabile, da parte di Alitalia, atte a penalizzare l'aeroporto di Caselle –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli indirizzi di Alitalia sul suo evidente disimpegno nei confronti dell'aeroporto di Torino-Caselle e se non ritenga necessario per quanto di competenza promuovere iniziative urgenti per evitare l'isolamento infrastrutturale aereo di Torino (e conseguentemente tutte le ricadute negative già esposte in premessa), a partire dalla convocazione di un tavolo ministeriale che coinvolga Alitalia, l'aeroporto di Caselle, gli enti e le istituzioni territoriali e le componenti sociali, sindacali e produttive coinvolte. (5-01045)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da mesi cittadini, lavoratori e organizzazioni sindacali denunciano al deputato interrogante una ingravescente situazione circa la linea ferroviaria Circumvesuviana;
   in particolare, i cittadini denunciano la lesione del diritto ad avere un mezzo di trasporto sicuro, puntuale e funzionante; secondo quanto riferito, le mancanze dell'azienda sarebbero le più varie: treni soppressi senza preavviso, ritardi ingiustificati, condizioni di viaggio improponibili, prezzi dei biglietti sempre più alti che non trovano riscontro con il servizio offerto;
   peraltro, la linea in questione è per molti cittadini della provincia l'unico mezzo, o comunque il più veloce, per raggiungere Napoli. Ogni giorno in stazione si ascoltano le testimonianze di lavoratori, studenti, pendolari, che a causa dei ritardi e delle soppressioni dei treni, vivono quotidiani disagi;
   da ultimo, nella giornata di giovedì 19 settembre 2013 si è sviluppato un principio di incendio: il treno della Circumvesuviana n. 858 era partito da pochi minuti da Baiano ed era diretto a Napoli, quando si è incendiato intorno alle 18.30 sui binari tra Nola e Saviano;
   come si apprende da fonti di stampa, circa cento persone sono state costrette a scendere in mezzo alle campagne, aiutate dal personale della Circum, che è intervenuta per i soccorsi;
   nella discesa, un passeggero ha riportato una leggera slogatura della caviglia, mentre il resto dei pendolari non ha, invece, subito ferite. Soltanto nella tarda serata il treno è stato riportato nella stazione più vicina;
   l'episodio, documentato da un video non ha avuto conseguenze, ma ha provocato panico tra la gente che stava sul treno: ad andare in fiamme sarebbe stato il pantografo, che si trova sul tetto del convoglio;
   le organizzazioni sindacali sono scese subito sul piede di guerra, preannunciando la proclamazione di uno stato di agitazione, dal momento che la situazione è (non solo) a loro giudizio diventata insostenibile;
   in effetti, questo è l'ultimo episodio di una lunga serie di incidenti che sono successi nelle ultime settimane. In particolare, da una rapida ricognizione sui siti internet degli organi di stampa locale, è possibile rilevare come solo negli ultimi due mesi siano accaduti i seguenti «disguidi»: l'11 settembre, il maltempo ha causato la caduta di un albero che ha comportato l'interruzione della linea Circumvesuviana per diverse ore, creando gravosi ritardi e disagi alla cittadinanza; il 7 agosto si è registrato un episodio analogo a quello denunciato nel presente atto ispettivo: un principio di incendio si è sviluppato sul treno delle 7,09 diretto da porta Nolana a Sorrento, che si è fermato alla stazione di Castellammare e i viaggiatori sono stati invitati a scendere (ad andare in fiamme sarebbero stati alcuni fili elettrici, il treno è poi ripartito ed è arrivato alla stazione di Sorrento con 40 minuti di ritardo); nelle giornate di 17, 18 e 20 giugno si sono verificati pesanti disagi con ritardi, corse soppresse e blocchi della linea;
   da tutto ciò si evince che la situazione non è più sostenibile e che occorre pertanto prendere immediati ed efficaci provvedimenti –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato circa l'incidente verificatosi il 19 settembre 2013;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per fornire risposte a cittadini e lavoratori su una situazione che non solo rende pessima la qualità della vita degli utenti della linea circumvesuviana, ma che rappresenta anche un pericolo per la pubblica incolumità alla luce dei numerosi incidenti che si verificano e che solo fortunosamente ad oggi non hanno prodotto conseguenze ben più gravi. (4-01911)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIONDELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è una struttura dello Stato ad ordinamento civile e rientra nell'amministrazione del Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, per mezzo del quale il Ministero dell'interno assicura, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale, nonché lo svolgimento delle altre attività assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti;
   con l'istituzione del servizio nazionale della protezione civile, resa effettiva con legge 24 febbraio 1992, n. 225, quest'ultima andava a collocarsi a capo di tutte le attività strettamente connesse alla salvaguardia dell'incolumità pubblica;
   conseguentemente, i vigili del fuoco sono stati inseriti in un contesto ambiguo, in un sistema in cui sono chiamati a intervenire in ogni sito emergenziale, pur senza consentire loro un autonomo e pieno intervento che veda interessata ogni tappa dell'intervento;
   per maggior chiarezza riguardo alle difficoltà con cui operano i vigili del fuoco si riporta un episodio avvenuto in data 20 luglio:
    «data 20 luglio u.s. alle ore 17.24 il Comando Provinciale VVF di Roma, con prot. n. 38620 del 20.07.2013, richiedeva il l'intervento del nucleo elicotteri VV.F, per il recupero di n. 2 persone infortunate a seguito di una caduta con parapendio. Alle ore 17.32 decollava da Ciampino l'elicottero VV.F – con eli-soccorritori a bordo raggiungendo la zona delle operazioni alle ore 17.34, lago di Albano, raggiunta e identificata l'area, si provvedeva a fare una ricognizione della stessa, per acquisire ulteriori elementi ed elaborare la strategia di recupero dei due pericolanti. Dalla ricognizione si identificavano le squadre di terra del personale VV.F., che nel frattempo avevano raggiunto le persone in difficoltà e un elicottero del 118 dell'ARES di Roma fermo al suolo. Alle 17.40, valutata dalle squadre sul posto la difficoltà di un recupero terrestre, si provvedeva ad improntare l'imbarco degli infortunati, calando a mezzo del verricello di soccorso in prossimità del luogo, il personale eli-soccorritore. Prima di provvedere all'elitrasporto attraverso elicottero VV.F si tentava di voler raggiungere via terra una zona idonea per il trattamento sanitario; pertanto l'elicottero VVF si portava all'atterraggio in una zona attigua. Durante l'operazione di recupero terrestre, le persone coinvolte prendevano coscienza del tempo necessario e delle difficoltà oggettive della manovra, tenuto conto della impervietà della zona circostante, conseguentemente davano la disponibilità ad essere recuperati con il mezzo aereo. Preso atto della volontà degli infortunati, gli eli-soccorritori predisponevano l'infortunata per il recupero tramite verricello di soccorso VV.F. Nel frattempo nella zona operazioni era giunto un terzo elicottero dell'ARES, proveniente dalla base di Viterbo, inviato dalla sala operativa del 118, sebbene sul posto fossero già presenti l'elicottero del 118 di Roma, l'elicottero VVF di Roma, il personale VVF e sanitario terrestre di Roma. Nel corso della fase di avvicinamento, per il recupero tramite il verricello di soccorso, VV.F. l'equipaggio VVF, non avendo avuto nessun preliminare contatto radio con l'elicottero del 118 di Viterbo, riscontrava che l'area di lavoro veniva impegnata dal medesimo, il quale ostacolava le operazioni d'imbarco VV.F pianificate, giustificando tale manovra con la presenza a bordo del medico e dell'infermiere; per questo motivo l'aeromobile VVF si portava in circuito di attesa evitando d'interferire con l'attività di sbarco del personale sanitario. Terminate le operazioni di sbarco del velivolo del 118, si procedeva ad imbarcare a mezzo del verricello di soccorso, gli incidentati, senza ulteriori presidi sanitari oltre quelli posti a protezione dal personale VVF; contestualmente i coniugi, alla presenza di tutti i soccorritori, dichiaravano di voler procedere al recupero come pianificato con l'elicottero VVF, e immediatamente avio trasportati presso struttura sanitaria»;
   l'episodio che qui si riporta mette chiaramente in luce il contesto fortemente ambiguo in cui i vigili del fuoco sono chiamati ad operare –:
   alla luce dei fatti sopraesposti se il Ministro non ritenga opportuno intervenire con un proprio atto al fine di emanare una direttiva univoca in materia di soccorso tecnico urgente stabilendo che l'ente dello Stato preposto sia solo il Corpo nazionale dei vigili del fuoco che si avvale degli altri enti secondo le particolari necessità dell'intervento nonché, al fine di salvaguardare l'incolumità della popolazione, che il primo intervento di soccorso sia demandato al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. (4-01901)


   BIONDELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 252 del 2004 ed il successivo decreto legislativo n. 217 del 2005 hanno ridisegnato il rapporto di lavoro di tutto il personale appartenete al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mentre con il decreto legislativo n. 139 del 2006 sono stati definiti compiti e funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco abrogando quasi tutta la normativa preesistente compreso il regio decreto n. 1570 del 1941 e la legge n. 930 del 1980;
   per effetto della riforma il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è articolato in diversi ruoli ciascuno dotato di uguale dignità e rilevanza strategica ai fini del regolare e corretto espletamento del servizio di soccorso tecnico urgente;
   il personale appartenente ai ruoli amministrativo e tecnico informatici (SATI), ai sensi dell'articolo 85, comma 2, del decreto legislativo n. 217 del 2005 e ai sensi dell'articolo 54, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 64 del 2012, è comandato a svolgere i propri compiti anche in supporto alle strutture operative e in località colpite da grave calamità o in altre situazioni di emergenza;
   sebbene il legislatore, per espressa volontà in atti, abbia voluto arrivare a dare pari dignità a tutte le varie componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con fine ultimo di erogare alla cittadinanza il soccorso tecnico urgente, la componente amministrativa e tecnico informatica del Corpo nazione dei vigili del fuoco è ancora fortemente discriminata rispetto alle varie componenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ivi comprese i ruoli ginnici e medici;
   il personale amministrativo e tecnico informatico, cui sono affidati compiti specifici legati all'appartenenza rispetto alla generalità del pubblico impiego, viene discriminato, rispetto ad altri ruoli presenti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sul piano della carriera professionale – con percorsi di carriera mediamente più lunghi ed esclusione del personale laureato dalla carriera dirigenziale – sul piano stipendiale, con indennità di amministrazione pari al 50 per cento di tutti gli altri profili e per sole dodici mensilità – e su quello pensionistico, con l'indennità di amministrazione calcolata in quota B mentre per tutti gli altri ruoli è calcolata in quota A e requisiti per accedere al pensione di anzianità peggiorativi rispetto al restante personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   al personale amministrativo e tecnico informatico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco viene da anni negato sia il tesserino di appartenenza già previsto dal decreto ministeriale 11612 del 1° settembre 1992, comma 3, sia non è stato ancora distribuito il vestiario previsto dall'articolo 54, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 64 del 2012 per consentire al suddetto personale di operare in contesti di grave calamità;
   i sindacati di categoria in particolare la USB unione sindacale di base, più volte hanno sollevato le tematiche sopra riportate, per dare pari dignità a questa categoria del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Al suddetto personale ad oltre 8 anni dalla riforma sono tutt'ora applicate sia le rigidità ordinamentali previste dalla legge per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia le rigidità del Pubblico Impiego. Tali discriminazioni sono state ammesse dallo stesso Dipartimento dei Vigili del fuoco soccorso pubblico e difesa civile senza però far seguire atti concreti per eliminare tali «disfunzioni –:
   alla luce dei fatti sopraesposti quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano avviare o abbiano già avviato al fine di restituire pari dignità al personale dei ruoli SATI in termini di percorso di carriera professionale, economici e stipendiali, pensionistici sia con riferimento alla pensionabilità dell'indennità che rispetto ai requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità nonché quali iniziative abbiano avviato o abbiano già adottato al fine di dotare il personale SATI del vestiario e dell'equipaggiamento adeguato per consentire lo svolgimento della propria attività anche in scenari calamitosi;
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano avviare per dare concreto seguito al decreto ministeriale 11612 del 1° settembre 1992, per dotare anche il personale SATI del Corpo nazionale dei vigili del fuoco della prevista tessera di appartenenza al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. (4-01902)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la recente riforma del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, avvenuta con decreto legislativo n. 217 del 2005 sulla base della legge delega n. 252 del 2004 risulta, per molti osservatori attenti tra cui la Confsal-vigili del fuoco e per l'interrogante, legata ad un modello arcaico di amministrazione, con soluzioni che non possono reggere le moderne dinamiche che una pubblica amministrazione si trova ad affrontare quotidianamente;
   si tratta di un modello che mostra di non saper recepire princìpi quali l'efficacia, l'efficienza e l'effettività amministrativa dei risultati perseguiti, e del benessere organizzativo e delle pari opportunità e dignità;
   i vari Corpi dello Stato risultano essere formati da settori operativi e da settori tecnico-logistici e amministrativi che sono differenziati per le sole funzioni svolte, ma col riconoscimento dei medesimi diritti, mentre nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco si continuano a separare carriere e funzioni;
   nella Guardia di finanza o nell'Arma dei carabinieri settori come quelli tecnico-logistici e amministrativi prevedono sbocchi equiparabili a quelli dirigenziali e, invece, nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco ciò è precluso al personale dei ruoli amministrativo-contabili e informatici, per i quali è previsto come massimo livello quello di una vicedirigenza svuotata di ogni contenuto effettivo;
   per giustificarne il mantenimento nei ruoli direttivi e dirigenti del Corpo del personale ginnico e medico, questo personale viene inquadrato tout-court come operativo, mentre lo stesso non avviene per il personale direttivo amministrativo-contabile e informatico negando a quest'ultimo personale quel riconoscimento formale di operatività nei fatti previsto dallo stesso ordinamento che, invero, lo coinvolge anche nei campi base in operazioni emergenziali;
   troppi sono gli esempi di discriminazioni che il personale amministrativo-contabile e informatico dei vigili del fuoco soffre, come testimoniato anche in atti di quotidiana e minuta amministrazione (tra l'altro promozioni, tessere di riconoscimento, divise, tessere di servizio);
   il primo, come anticipato, riguarda l'immotivata e pervicace resistenza all'istituzione dei ruoli dirigenziali per il personale appartenente ai ruoli direttivi amministrativi e informatici del Corpo (personale con laurea magistrale ed altamente qualificato), con schiacciamento monopolistico dell'intera attività di gestione dell'intero Corpo a favore della sola componente tecnica a dispetto di una efficace e logica separazione delle competenze;
   la mancanza di percorsi professionali adeguati comporta l'assenza di merito e, conseguentemente, un appiattimento che induce dipendenti dei ruoli amministrativo-contabili e informatici del Corpo a cercare altrove, mediante concorsi, l'accesso a quelle qualifiche dirigenziali a loro precluse, a giudizio dell'interrogante, immotivatamente nell'amministrazione di appartenenza –:
   quali iniziative di natura amministrativa e normativa intenda adottare il Ministro interrogato per porre fine a questa situazione e per restituire ai funzionari e al restante personale dei ruoli amministrativo-contabili e informatici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco quella dignità e quella parità di diritti che l'amministrazione nega loro. (4-01909)


   BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 24 luglio 2013 si interrogavano con atto n. 4-01458 i Ministri dell'interno, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute relativamente alle indagini avviate dalla direzione distrettuale antimafia di Venezia sulla presunta presenza di rifiuti di acciaieria molto inquinanti interrati nel sottofondo dell'A31 Valdastico Sud;
   tra gli indagati figura Luigi Persegato, piccolo imprenditore dell'area Euganea, amministratore della Coseco movimento terra SRL;
   un articolo apparso l'11 luglio 2013 sul quotidiano on line VicenzaPiù approfondisce alcuni aspetti della faccenda e avanza alcune ipotesi che l'interrogante ritiene debbano essere considerate;
   la società risulta formalmente in mano all'amministratore unico Luigi Persegato, se però si analizza con attenzione l'elenco dei soci fornito dalla camera di commercio si scopre che il reale proprietario della srl è Milus Trust che dal codice fiscale risulta società estero vestita –:
   se risultino procedimenti penali in corso nei confronti dei vertici o di soci della Coseco o di società partecipate dalla Milus, e se risultino svolti tutti gli adempimenti necessari ai sensi della normativa antimafia;
   essendo l'oggetto sociale della società Coseco, tra gli altri, il movimento terra, se risulti al Governo se la stessa, o un'altra società partecipata dalla Milus, abbia avuto a che fare con la fornitura di materiale per il Mose, il costosissimo sistema anti-marea pensato per la laguna veneziana e al centro di aspre polemiche da anni. (4-01910)


   CRISTIAN IANNUZZI, SEGONI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, LOMBARDI, LIUZZI, DE LORENZIS, GAGNARLI, ZOLEZZI, TOFALO, DAGA, NICOLA BIANCHI, TERZONI, VIGNAROLI, DE ROSA, BUSTO e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Borgo Montello, ubicata nella frazione omonima del comune di Latina, ha iniziato la sua attività nel 1971 e ad oggi risulta essere la seconda discarica più grande del Lazio dopo quella di Malagrotta con un'estensione di circa 50 ettari;
   la discarica è costituita dagli invasi S0, S1, S2, S3 49 per cento da Ecolatina impianti srl (al 23 luglio 2010 posseduta a metà tra Ponteg srl ed Edil Trigoria srl) e per il 51 per cento da Latina Ambiente spa, a sua volta controllata per il 51 per cento dal comune di Latina, per il 48,99525 per cento da Unendo Energia spa e per lo 0,00475 per cento da Ecosesto srl; e dagli invasi S4, S5, S6 e B2 gestiti dalla Ind.eco srl, azienda della Green Holding spa, a sua volta interamente posseduta da due società lussemburghesi la Adami s.a. e la Doublé Green s.a.;
   il sito S0, in esercizio dal 1970 al 1986, è stato costruito senza alcuna protezione ambientale e gestito in epoca precedente al regime normativo definito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, che poneva limiti alla gestione delle discariche di rifiuti solidi urbani;
   il sito S0 ed il sito S1 sono stati realizzati senza alcuna barriera di fondo;
   il sito B2 della discarica, attiva dal 1992 al 1994, è stata l'unica discarica nel Lazio in quegli anni ad accogliere rifiuti industriali;
   secondo i dati del rapporto «gestione dei rifiuti urbani 2013» redatto dall'ISPRA, la provincia di Latina nel 2012 ha prodotto 309.371 tonnellate di rifiuti di cui 253.213 tonnellate sono state smaltite nei due impianti della discarica di Borgo Montello;
   la capacità residua dei due impianti, al 31 dicembre 2012, è complessivamente di 155.994 mc;
   nel 2012 la raccolta differenziata nella provincia di Latina si ferma al 23,30 per cento ed i rifiuti urbani smaltiti senza nessun trattamento nella discarica, ovvero il cosiddetto «tal quale», sono 194.830 tonnellate, corrispondenti al 76,9 per cento del totale smaltito;
   nel testo unico ambientale, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, si prevede che in ogni ambito territoriale ottimale debba essere assicurata almeno il 65 per cento di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012;
   negli anni l'attività della discarica è stata caratterizzata da molteplici ordinanze contingibili ed urgenti con le quali, per fronteggiare le cosiddette emergenze, si sono concesse autorizzazioni alle aziende che avevano in gestione la discarica senza seguire le procedure ordinarie previste dalla legge e senza la predisposizione di un concreto piano pluriennale di programmazione del ciclo dei rifiuti, si sono riscontrati inoltre periodi di attività con autorizzazioni scadute;
   il decreto legislativo del 13 gennaio 2003 n. 36, in attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, al l'articolo 7, comma 1, dispone «i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento»;
   la Commissione europea ha affermato che le autorità italiane hanno dato un'interpretazione restrittiva del concetto di sufficiente trattamento dei rifiuti, in particolare riempiendo la discarica di Malagrotta a Roma e altre nel Lazio con rifiuti che non hanno subito il trattamento prescritto, infatti, con nota del 17 giugno 2011, ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora [SG(2011)D/9693 C(2011)4113] per violazione della direttiva 1999/31/CE e della direttiva 2008/98/CE, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la stessa Commissione, con il parere motivato prot. 9026 del 1o giugno 2012, ha fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario precisando che: «il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto [articolo 1 – Direttiva 1999/31/CE] di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana. Un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi sulla salute umana»;
   il fiume Astura attraversa un bacino industriale di rilievo dal quale riceve notevoli quantità di reflui poco o per nulla depurati e, confinando direttamente con il sito della discarica di Borgo Montello, ha negli anni ricevuto, anche a causa della carenza di una adeguata copertura sulla discarica, i ruscellamenti delle acque meteoriche che hanno contribuito alla contaminazione dello stesso; il fiume, dal suo alveo fino al mare, incontra zone abitative piuttosto vaste ed alimenta il territorio a vocazione prevalentemente agricola dove vivono, nel raggio di 3 chilometri di distanza dalla discarica, circa 2500 persone con le prime case a meno di 200 metri;
   la popolazione della zona non è stata mai adeguatamente informata sui rischi dall'esposizione a polveri, cattivi odori, falde inquinate, ed elementi nocivi nel territorio;
   il degrado, l'inquinamento e anche perdita di valore economico delle proprietà adiacenti, o in vicinanza alla discarica, è evidente ed inoltre confermata dal comune di Latina nella relazione sui lavori preparatori e di approvazione della delibera di variante urbanistica del consiglio n. 169/2012;
   l'8 marzo 2013 sul quotidiano Repubblica Corrado Zunino nell'inchiesta «Il business miliardario dei signori delle discariche» scrive «dalla fine degli Ottanta i cinquanta ettari di Borgo Montello sono stati gestiti dai fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua spazzati da Tangentopoli. Poi è arrivata la Green Holding, dove due storici avversari, il nostro Manlio Cerroni e Giuseppe Grossi, si sono spartiti il tesoro. Negli ultimi 15 anni l'avvocato ha investito sui terreni attorno alla discarica: punta ad allargarla. Non è l'unico»;
   già nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo 2011, si scrive in merito ai reati specifici relativi al ciclo dei rifiuti in audizione con il procuratore aggiunto della Repubblica di Latina: «Uno dei primi procedimenti risale al 2005 e riguarda un reato di interessi privati in atti d'ufficio, collegato anche a una frode nelle forniture. In pratica, si trattava di contratti stipulati tra la società Latina Ambiente ed altre società private, relativamente all'affitto di mezzi per il trasporto di rifiuti. Il fatto criminoso è stato individuato nella concessione di appalti senza passare per la procedura di evidenza pubblica, senza termine finale e soprattutto per cifre superiori ai valori dei mezzi locati. Il dato più interessante, evidenziato dal procuratore, è che in questo procedimento, come in altri, le società interessate ai contratti svantaggiosi per il pubblico sono sempre le stesse, così come sono le stesse le persone fisiche che si occupano di questa materia sulla provincia di Latina, sia pure rappresentate attraverso società di tipo diverso»;
   nel dossier discarica di Borgo Montello (Latina) di Legambiente Lazio pubblicato il 30 marzo 2012 vengono elaborati i dati delle analisi chimiche delle acque sotterranee dell'Arpa per gli anni 2005, 2006, 2007, 2008, in relazione al superamento del limite per la concentrazione di alcuni elementi inquinanti pericolosi per il territorio e per la salute di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006: il valore limite dell'arsenico, 10 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 102 volte con un valore massimo di 106 μg/l, il valore limite del benzene, 1 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 15 volte con un valore massimo di 17,4 μg/l, il valore limite del cadmio, 5 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 12 volte con un valore massimo di 21 μg/l, il valore limite del cromo totale, 50 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 2 volte con un valore massimo di 64,7 μg/l, il valore limite del nichel, 20 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 22 volte con un valore massimo di 42,6 μg/l, il valore limite del piombo, 10 μg/l, è stato superato nelle rilevazioni 38 volte con un valore massimo di 76,7 μg/l. Ed inoltre nel dossier viene specificato anche che: «per un grande appezzamento, quello che dovrebbe essere maggiormente interessato dall'inquinamento della falda non esiste alcun pozzo piezometrico. Si tratta esattamente del terreno dove è stato realizzato il nuovo invaso Indeco, autorizzato dalla Giunta della Regione Lazio Marrazzo. Questo nuovo invaso, dunque, attualmente in funzione, è stato realizzato sulla proprietà «Coppola 2». Si tratta dei terreni intestati a Michele Coppola di 46 anni, originario di Casal di Principe ma residente a Latina, cognato di Walter Schiavone, fratello di Francesco detto «Sandokan», si sottolinei come nella medesima strada c’è anche un'altra azienda contrassegnata «Coppola Schiavone»;
   in data 5 giugno 2013, la sezione provinciale di Latina dell'ARPA Lazio e la provincia di Latina hanno stabilito di effettuare un monitoraggio della durata di venti giorni sulla discarica di Borgo Montello che ha evidenziato presso i bacini S1, S2 e S3 della discarica, gestiti dalla società Ecoambiente, alcuni problemi inerenti alla gestione dei pozzi di captazione del percolato da cui si libererebbero esalazioni di biogas non intercettate nelle rilevazioni;
   nonostante le indagini dell'ARPA abbiano rivelato un significativo inquinamento di tutto il territorio e contaminazione delle falda acquifera dell'intero corpo discarica e nonostante siano evidenti i numerosi casi di malattie gravi, cancro e morti nella zona interessata, non è mai stato avviato uno studio epidemiologico;
   Achille Cester, ex direttore della discarica di Borgo Montello che è stato ai vertici dell'Ind.Eco fino al 1999 quando, per divergenze sulla gestione della discarica, ha lasciato l'azienda, il 13 giugno 2012 in un'intervista a Il Fatto Quotidiano racconta «Quando arrivai nel 1997 Borgo Montello era un vero Far West, era in gestione l'invaso S4 che galleggiava sul percolato mai recuperato, mentre quel poco che prelevavano si diceva che lo facessero buttare direttamente nel fiume Astura. L'estrazione e produzione del biogas, pur altamente remunerativa ed ecologicamente indispensabile, era abbandonata. L'invaso S4 era il grande contenitore dove tutte le aziende della zona, oltre ai comuni, sversavano i loro rifiuti. Spesso questi rifiuti erano assimilabili ai rifiuti urbani ma più spesso era necessario controllare ogni automezzo in ingresso per evitare abusi, specialmente da parte dei cosiddetti terzisti. Dovevo controllare personalmente tutti i camion per verificare che non continuassero ad entrare i rifiuti industriali». Il sito di Borgo Montello non avrebbe mai potuto ricevere le scorie pericolose: «La regola veniva però aggirata mediante i centri di stoccaggio presenti sul territorio. Di fatto avrebbero dovuto soltanto ritirare rifiuti recuperabili ma più volte mi era capitato di respingere melme maleodoranti e fusti che di assimilabile avevano proprio poco. Per evitare i controlli e la facile identificazione i fusti, a partire da metà degli anni Novanta, non venivano più smaltiti tal quali ma triturati e mischiati con plastica, carta e legno, tant’è che tra gli addetti ai lavori era stato coniato un neologismo con il suo prezzo di riferimento, il triturato misto»;
   Achille Cester il 17 luglio 2012 nella audizione sugli scavi alla ex discarica di Borgo Montello-Latina alla regione Lazio, sotto la presidenza del presidente della commissione speciale «sicurezza e lotta alla criminalità» Filiberto Zaratti, conferma la linea dell'intervista a Il Fatto Quotidiano;
   nel Basso Lazio la malavita organizzata è stabilmente presente, continua ad acquisire potere, si è infiltrata nelle istituzioni e nelle imprese, episodi criminosi omicidi ed intimidazioni subite da uomini dello stato ne sono l'esempio;
   il 25 agosto del 2012 il noto pentito della camorra casalese Carmine Schiavone, in riferimento ai nuovi equilibri degli scissionisti e all'omicidio di Marino, dichiara al quotidiano Il Tempo: «Terracino è zona di camorra, come Latina, Formia, il Lazio e anche Roma»;
   nella relazione annuale 2012 del Distretto Nazionale Antimafia, a pag. 713, nella parte riguardante «le attività di collegamento investigativo con riferimento ai distretti della corte di appello di Roma», redatta a cura del consigliere Diana de Martino, si scrive: «la provincia di Latina ha da sempre subito le infiltrazioni dei gruppi criminali organizzati, soprattutto di matrice campana, invogliati – per la vicinanza geografica e per la minore pressione investigativa rispetto ai territori di origine – ad estendere la loro operatività nel Basso Lazio, come accertato da vari procedimenti penali». Continuando, nel paragrafo «ecomafia» redatto dal magistrato delegato consigliere Roberto Pennisi, a pag. 333, si scrive in riferimento alla camorra campana «che quest'ultima ha sempre prediletto e continua, in parte, a prediligere l'inserimento nella fase esecutiva del traffico illecito dei rifiuti, specie in quella finale attraverso la messa a disposizione del territorio controllato. Così determinando quello sfacelo del territorio ormai noto al mondo intero. E, dicesi «in parte» perché da un certo momento storico, quella importante fetta della camorra campana che va sotto il nome di «clan dei casalesi», ha optato per forme più sofisticate di intromissione nel detto fenomeno, che hanno visto la instaurazione di rapporti col mondo politico ed economico-imprenditoriale, un vero e proprio nodo non da sciogliere ma da recidere nettamente;
   a dimostrazione di quanto suesposto preme ricordare che il 30 marzo 1995, a Borgo Montello fu assassinato il parroco Don Cesare Boschin, uomo conosciuto e stimato per il grande impegno profuso nel contrasto alla criminalità organizzata nonché per le sue denuncie riguardanti i traffici di rifiuti nel territorio. Ad oggi purtroppo non sono stati individuati né il movente né tantomeno i mandanti e gli esecutori materiali del delitto. Il cadavere del prelato venne ritrovato nella sua camera incaprettato, con mani e piedi legati e una corda stretta intorno al collo. Dalla sua camera sparirono solo due agende nelle quali il parroco annotava le informazioni raccolte sulla discarica. Associazioni locali e movimenti nazionali come Libera ritengono che sia stato ucciso perché si oppose alle infiltrazioni della camorra nel Lazio Ed infatti le modalità della morte, tipiche degli omicidi mafiosi, sarebbero secondo Libera una conferma della pista camorristica;
   il 13 marzo del 1996 Carmine Schiavone negli uffici del comando provinciale carabinieri di Latina dichiarò: «La provincia di Latina non può definirsi immune dal problema dei rifiuti smaltiti illecitamente. Mi diceva Salzillo Antonio, ai tempi in cui faceva ancora parte del nostro gruppo, che lui operava con la discarica ufficiale di Borgo Montello. Da tale struttura lui prendeva una percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente e in tale struttura lui faceva occultare bidoni di rifiuti tossici o nocivi per ognuno dei quali mi diceva che pendeva lire 500.000. Il Salzillo mi diceva pure che smaltiva rifiuti tossici anche sul lungomare di Latina in delle buche dalle quali era stata estratta sabbia od in altri luoghi adibiti ad allevamento di animali. Non mi diceva quale sistema usava per falsificare la documentazione dei rifiuti o come riuscivano gli imprenditori del settore a dimostrare l'avvenuto smaltimento. Il Chianese (Cipriano) era per noi il referente per gli affari che riguardavano lo smaltimento lecito e illecito di ogni tipo di rifiuti, anche tossici e nocivi (...). Il Chianese è persona ben introdotta negli ambienti imprenditoriali, politici e giurisdizionali. So per certo che lui è un massone. So che Chianese ha introdotto Cerci Gaetano, nipote acquisito di Bidognetti Francesco, conosciuto come cicciotto e mezzanotte, negli ambienti della p2 di Lido Celli. Mi risulta che il Cerci frequentava casa di Geli, al pari dell'avvocato Chianese....l'azienda agricola acquisita qui a Borgo Montello, di cui ho già parlato, era intestata a mio cugino Antonio Schiavone fu Giovanni, persona incensurata e dalla quale mi rivolsi io per chiedere di intestarsi il bene che comunque consideravo mio e di mio cugino Sandokan. So che dopo il mio pentimento il gruppo ha minacciato lo Schiavone Antonio che fu costretto a cedere la proprietà alla società dei Coppola, denominata Enogea. Tali Coppola, cognati di Walter Schiavone, fratello di Sandokan, erano in realtà i fattori»;
   il 4 settembre 2011 Schiavone al quotidiano Il Tempo dichiara «I rifiuti tossici portati dalla camorra dei Casalesi hanno inquinato anche il ventre di Latina, avvelenando pure il Basso Lazio, lo non ero d'accordo coi miei del clan, rovinavano la vita dei nostri figli. E mi sono pentito. Rifiuti tossici e fanghi inquinanti provenienti dalle società del Nord, ma anche da Svizzera, Francia e Germania. Nei primi del ’90 seppi che i miei uomini e mio cugino Sandokan si erano buttati in questo affare sciagurato, sia in Campania, a Casal di Principe, che in altre zone, per esempio il Basso Lazio. Come teste di ponte dei loro traffici usavano le famiglie Nuvoletta, i Maliardo, mentre gli intermediari delle ditte erano teste di legno e soprattutto un esponente della massoneria targata P2». Queste cose le ha mai dette agli inquirenti? «Certo, sin dal ’93: ai magistrati, alla Commisione parlamentare ecomafia, alla Scuola superiore di polizia. Ho fornito il nome della società colluse e anche il numero di targa dei camion. Andammo sul posto con un elicottero partito da Pratica di Mare. Cerano anche tecnici dell'Enea per verificare la radioattività. Mostrai i luoghi e alla fine dovemmo scappare: gli strumenti antinquinamento erano impazziti. In seguito gli esperti dissero che per bonificare le aree servivano 26 miliardi delle vecchie lire. E visto che non erano a disposizione allora era meglio che lo scandalo non uscisse fuori»;
   nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio della commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo 2011 si scrive: «Il questore di Latina, su richiesta dei membri della Commissione, ha fornito inoltre alcuni chiarimenti circa il presunto interramento nella discarica di Borgo Montello di fusti di sostanze tossiche o radioattive scaricate negli anni ’80 dalle navi Karen B e Zenobia. Il questore ha richiamato in proposito le dichiarazioni di Schiavone, confortate, più recentemente anche da un pentito di ’ndrangheta, Fonti, riguardanti il territorio pontino, nel periodo della cosiddetta “guerra di camorra”, che ha interessato anche l'area di Minturno, Scauri, eccetera; fino ad arrivare alle porte di Latina. In quel periodo era in corso anche una grossa speculazione edilizia da parte della camorra, in particolare della famiglia dei Nuvoletta, il cosiddetto clan di Marano. In questo stesso periodo Schiavone colloco l'episodio della vecchia nave Zenobia, affermando che molti di quei rifiuti tossici erano stati interrati nella discarica di Borgo Montello. Nell'area interessata fu eseguito uno studio da parte dell'ENEA;
   il 29 agosto 2013 sull'emittente televisiva Sky Tg24 Schiavone dichiara «Interravamo rifiuti tossici e fanghi nucleari a Latina e in Campania da ditte che venivano da Pisa, Milano, Germania, Austria e Francia. I rifiuti tossici uccideranno in basso Lazio»;
   il 31 agosto 2013 Schiavone a Il Fatto Quotidiano dichiara a proposito del traffico di rifiuti in Campania e Lazio «Licio Gelli gestiva, attraverso delle società che stavano a Milano, a Santa Croce sull'Arno, nella zona di Padova, (...) sia l'immondizia, sia i trasporti che portavano tutta sta roba tossica e nucleare... Siamo andati in commissione ecomafia, io con i documenti che ritrovai. Quando io sono andato in commissione gliel'ho detto, in commissione Scalia, ho detto, sentite ma vui tenite tutt ’i cart, potete lasciar morire 5 milioni di persone, così, ma queste carte voi le tenete dal 1993. Loro hanno detto: – dove mettiamo tutta questa roba? E chi c'ha 26.000 miliardi per poter fare le prime bonifiche? – , perché ci volevano 26000 miliardi per fare quelle bonifiche. La ragione distato è una sola, soldi e voti. Lo sanno, lo tengono scritto. Tengono ’i perizie perché l'hanno secretato ? Perché?»;
   i verbali redatti dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, presieduta dall'allora presidente Massimo Scalia ed operante nella XIII legislatura, sono tuttora secretate nonostante siano passati molti anni e le informazioni ivi contenute siano di fondamentale importanza per la salute dei cittadini;
   nella relazione «studio di caratterizzazione discarica di B.go Montello Latina» del 16 maggio 1996 a cura del C.C.R., Unichim ed Enea si sono analizzate le diverse componenti del sito S0. Lo studio constata che non è ben nota la composizione del materiale depositato nella discarica e non si può escludere la presenza di rifiuti speciali e tossico/nocivi mescolati ai r.s.u., si rileva la presenza di tre diverse masse metalliche due di 10 metri per 20 e una di 50 per 50 all'interno del corpo della discarica, ad una profondità compresa tra i 5 e 10m, che potrebbero indicare la presenza di bidoni contenente materiale tossico/nocivo;
   il 17 luglio 2012, nella audizione sugli scavi alla ex discarica di b.go Montello-Latina alla regione Lazio sotto la presidenza del presidente della commissione speciale «sicurezza e lotta alla criminalità» Filippo Zaratti, il commissario straordinario di ARPA Lazio Corrado Carruba afferma che: «in realtà è ormai dal 2005 che abbiamo dei dati analitici storici delle acque sotterranee di b.go Montella, perché nella regione Lazio, nel 2005, quando autorizzò in chiave moderna le due discariche di cui discutiamo, pose a carico delle aziende gestrici l'obbligo dei monitoraggi straordinari dell'Arpa sul sito, fatti da noi e pagati da loro. Noi quindi dal 2005 abbiamo sei o sette anni di dati storici, su questo fatto, che sostanzialmente confermano il tema di cui oggi parliamo»;
   nel 2009 anche Arpa Lazio, in uno studio finanziato dalla regione e commissionato all'Istituto di geofisica e vulcanologi sotto la supervisione della sezione di Latina di ARPA, ha affermato la presenza di alcune anomalie magnetiche localizzate in precisi settori del Bacino S0, ad una profondità tra i 2 ed i 6 metri;
   la discarica di Borgo Montello, costituitasi in un contesto di infrazioni ed ambiguità normative, è un sito ad alto impatto inquinante, nocivo per gli abitanti e per il territorio a vocazione quasi esclusivamente agricola;
   la salute degli abitanti del luogo è stata sempre messa in secondo piano e gli stessi non sono mai stati adeguatamente informati sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
   l'articolo 32 della Costituzione dispone: «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
   dalle prime dichiarazioni di Schiavone agli atti da oltre un decennio e dalle prime testimonianze ad oggi non mai stata effettuata una indagine approfondita con degli scavi profondi su tutti i siti della discarica;
   la presenza della malavita organizzata nel basso Lazio è molto forte e ad alcuni terreni adiacenti alla discarica sono riconducibili a questa;
   le aziende che hanno gestito e che gestiscono la discarica, il pretrattamento, la progettazione e la supervisione degli scavi sono sempre riconducibili agli stessi due gruppi, avendo di fatto monopolizzato il settore concludendo contratti svantaggiosi per il pubblico e trasformando gare d'appalto in mere formalità –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se come intendano intervenire, per quanto di loro rispettiva competenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini;
   se e come si intendano informare adeguatamente gli abitanti sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
   se si intendano richiedere approfondite ispezioni nell'area in questione al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente;
   se e come intendano contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti del Lazio e di molte regioni italiane. (4-01917)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTANTINO e PILOZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 giugno 2012 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca chiedeva al conservatorio di musica Licinio Refice di Frosinone la redazione del piano di studi del biennio di popular music con «un più chiaro raggruppamento delle tipologie delle attività formative»;
   in data 28 settembre 2012 lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca scriveva al conservatorio di Frosinone che il CNAM, Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, aveva dato parere contrario all'attivazione dei corsi in base al piano di studi consegnato «in quanto necessario riformulare il rapporto ore/crediti in relazione al DM 154/09»;
   nella seduta del 13 febbraio 2013, il CNAM esprime parere favorevole all'attivazione del biennio di popular music, come si evince dal verbale n. 59;
   l'organismo del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale decade assieme al Governo Monti ed è in attesa di ricostituirsi;
   in data 10 giugno, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca invia al conservatorio un documento in cui boccia il piano di studi rivisto e corretto dal conservatorio Licinio Refice, affermando che «Il formato elettronico del corso di Popular Music, trasmesso ai fini della pubblicazione, differisce da quello a suo tempo valutato e per il quale è stato acquisito il parere favorevole del CNAM» e chiedendo una nuova valutazione da parte del Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale di prossima costituzione;
   essendo il biennio di II livello ormai equiparato al vecchio diploma (Legge Monti «di stabilita» 24 dicembre 2012), il fatto di non attivare il biennio di Popular Music in tutti i conservatori che ne hanno fatto richiesta da così tanto tempo, è assolutamente discriminatorio per gli studenti che vogliono completare il ciclo degli studi in modo da conseguire un titolo completo, dopo quello triennale –:
   se intenda valutare le ragioni per cui la responsabile del procedimento, Dott.ssa Clelia Caiazza, non abbia chiesto, in base alla legge n. 241 del 1990, articolo 6, la modifica della pratica con integrazione dei documenti che il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, a differenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aveva recepito e valutato positivamente;
   come intenda agire la Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca nei confronti del conservatorio di Frosinone, che attende di attivare i propri corsi, e nei confronti di quegli studenti che attendono la suddetta attivazione per completare il proprio ciclo di studi «congelati» ormai da più di un anno. (4-01906)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la recente normativa in materia sta discriminando e penalizzando i docenti abilitati con il tirocinio formativo attivo (TFA). Detta normativa, a giudizio dell'interrogante, ha teso a ignorare il loro titolo di abilitazione, negando la possibilità di una sua fruizione lavorativa già a partire dall'anno scolastico appena iniziato, privandoli dell'accesso ad uno dei due canali validi ai fini dell'immissione in ruolo, le graduatorie ad esaurimento;
   tali docenti, dopo aver manifestato una prima volta di fronte al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed essere stati ricevuti in delegazione dal Ministro Carrozza e da alcuni dirigenti ministeriali, dopo essere stati auditi informalmente dalla VII Commissione permanente, dopo aver promosso un ulteriore sit-in al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 7 settembre ed aver ottenuto udienza dal Capo di gabinetto del Ministro, allo stato attuale delle cose, nonostante tutte le rassicurazioni e le promesse ricevute, vedono la loro situazione tuttora invariata e misconosciuta;
   a giudizio delle varie associazioni che raccolgono le adesioni di questo personale e dell'interrogante si ritiene sia ancora possibile ottenere una decretazione d'urgenza che permetta la costituzione di elenchi provinciali di abilitati TFA (gestiti a livello territoriale dagli USP) che permettano di godere di una priorità nell'assegnazione degli incarichi di supplenza nei confronti del personale non abilitato di terza fascia;
   per quanto riguarda, invece, gli obiettivi a lungo termine il merito dimostrato tramite il superamento di tre durissime prove di accesso al tirocinio formativo attivo, di esami disciplinari e didattici, nonché di un esame finale di abilitazione in parte basato sulla relazione dell'attività di tirocinio svolta in classe (sotto la supervisione di due tutor), vada riconosciuto attraverso il conferimento al titolo di abilitazione TFA di quel valore concorsuale che in passato ha permesso agli abilitati SSIS di accedere alle graduatorie ad esaurimento (GaE) e quindi al ruolo, riconoscendo dunque quell'equipollenza dei titoli di abilitazione professionali sancita anche dalla normativa europea 36/2005/CE;
   a giudizio dell'interrogante tale valore concorsuale, da applicare soprattutto alle prove selettive di accesso al tirocinio formativo attivo, oltre che all'esame finale di abilitazione (come avveniva in passato per gli abilitati SSIS), dovrebbe sancire anche la distinzione meritocratica e giuridica rispetto ai futuri abilitati PAS, che conseguiranno l'abilitazione tramite questo percorso di abilitazione speciale, i cui requisiti di accesso saranno unicamente tre anni di servizio, senza alcuna forma di selezione e di verifica delle conoscenze disciplinari in ingresso. Molti di loro, infatti, avendo un alto punteggio di servizio, finiranno per scavalcare i professori abilitati con il tirocinio formativo attivo nella II fascia delle graduatorie di istituto (destinazione comune ai sensi del decreto ministeriale n. 81 del 2013, articolo 4, comma 27-bis);
   sarebbe opportuno, quindi, che i due percorsi vadano distinti, conferendo al tirocinio formativo attivo quel valore concorsuale e quell'accesso alle GaE in virtù delle tre prove selettive superate;
   bisogna scongiurare il tentativo della burocrazia ministeriale di stabilire un'equivalenza tra chi, come gli abilitati TFA, hanno superato una dura selezione e frequentato un percorso formativo a numero chiuso e chi, come i futuri abilitati PAS, ha goduto dell'ennesima sanatoria, dopo non aver passato le prove o, ancor peggio, non averle neanche svolte –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-01912)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 8 agosto 1995, n. 335, ha introdotto, in luogo della «pensione sociale», un assegno di base non reversibile denominato «assegno sociale», che, quale prestazione di carattere assistenziale, prescinde dal versamento dei contributi previdenziali e spetta ai cittadini italiani, europei ed extracomunitari titolari del permesso di soggiorno CE di lungo periodo, che versano in particolari e disagiate condizioni economiche;
   la prestazione è riservato agli aventi diritto che abbiano superato i 65 anni di età, che siano sprovvisti di reddito o comunque posseggano un reddito inferiore al limite stabilito ogni anno dalla legge e che risiedano effettivamente e abitualmente in Italia;
   la normativa italiana in materia di «assegno sociale», infatti, inquadra il sussidio tra quelli non esportabili, quindi non erogabili all'estero;
   il soggiorno all'estero del titolare, per una durata complessiva di 30 giorni, anche non continuativi, comporta la sospensione dell'assegno sociale, anche se il soggiorno avviene per periodi brevi e in paesi dell'Unione europea;
   a parere dell'interrogante, e secondo quanto segnalato da alcune associazioni d'iniziativa europea, la norma risulta incongrua con i nuovi modelli sociali che vedono aumentare considerevolmente i casi di famiglie nelle quali i membri risiedono in diversi stati, in particolare dell'Unione europea;
   le modifiche intervenute nell'assetto sociale a seguito dell'incremento del ricorso alla mobilità europea, hanno comportato un aumento dei possibili beneficiari dell'assegno sociale che hanno familiari residenti all'estero;
   il limite dei 30 giorni, che si calcolano non consecutivi, è una norma oggettivamente vessatoria nei confronti di quei beneficiari che nell'arco dell'anno potrebbero avere necessità di recarsi all'estero per raggiungere i propri familiari;
   ferma restando la necessità che il beneficiario sia residente in Italia e sia stabilmente dimorato nel territorio nazionale, a parere dell'interrogante, andrebbero ampliati i termini per la sospensione dell'assegno sociale, estendendo la possibilità di percepire la prestazione anche in caso di soggiorni all'estero – specialmente in paesi dell'Unione europea – per un periodo che, per quanto limitato e transitorio, sia di durata superiore agli attuali 30 giorni –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere la normativa in materia di «assegno sociale», al fine di non penalizzare i beneficiari che abbiano necessità di recarsi all'estero per periodi che, per quanto limitati nel tempo, siano di durata complessiva superiore agli attuali 30 giorni annui. (4-01913)


   PIRAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'AIAS, Associazione italiana per l'assistenza agli spastici, è fortemente radicata sul territorio sardo svolgendo un ruolo socio-assistenziale fondamentale ed indispensabile;
   la suddetta associazione, nelle sue diverse e numerose ramificazioni, svolge un ruolo riconducibile all'intervento riabilitativo e diretto, anche, a favorire le relazioni sociali e l'integrazione con il territorio;
   l'attività dell'AIAS viene svolta in regime di convenzione con l'azienda sanitaria;
   da anni gli operatori socio-sanitari, dipendenti dell'AIAS e della Fondazione Randazzo, vivono una situazione altamente penalizzante posto che gli emolumenti loro spettanti per lo svolgimento della attività lavorativa vengono corrisposti con notevole ritardo rispetto alla maturazione del diritto;
   la carta stampata in Sardegna negli ultimi cinque anni è stata tempestata da notizie attinenti alla problematica in argomento;
   l'AIAS è una mono committente che detiene l'80 per cento delle convenzioni nell'ambito socio riabilitativo;
   i dipendenti dell'AIAS svolgono il loro encomiabile lavoro in contesti necessitanti, oltre della competenza e professionalità, di molta pazienza, umanità e disponibilità;
   operare animati dal malcontento e dalla sfiducia nei confronti dei propri datori di lavoro non predispone il lavoratore al giusto stato d'animo richiesto e necessario per operare in questi contesti;
   oramai da anni i dipendenti dell'AIAS percepiscono il loro stipendio con due-tre mesi di ritardo, con un aggravarsi dei ritardi nel 2013, in cui i lavoratori ricevono lo stipendio con un ritardo fino a 4-5 mesi;
   il ritardo nei pagamenti degli stipendi determina un effetto domino foriero di problematiche più ampie;
   invero, il mancato percepimento degli emolumenti maturati determina l'inevitabile ritardo, per le famiglie, nel pagamento delle rate di mutuo, utenze domestiche e quant'altro possa avere una improcrastinabile scadenza mensile;
   come si apprende dalla carta stampata, l'AIAS individua la causa di tali ritardi nel mancato pagamento da parte dell'azienda sanitaria degli importi dovuti;
   l'azienda sanitaria, a sua volta, nega ogni addebito in merito al ritardo nei pagamenti, asserendo, di volta in volta, di aver provveduto alla corresponsione del dovuto a favore dell'AIAS piuttosto che della Fondazione Randazzo;
   sembrerebbe, altresì, che l'azienda sanitaria abbia apportato un taglio di circa il 20 per cento alle convenzioni stipulate, determinando una forte penalizzazione anche per gli utenti ai quali, a seguito dei tagli, non viene consentita la possibilità di usufruire dei servizi offerti dalla struttura;
   tale rimbalzo di responsabilità, dati gli interessi in gioco, merita un intervento chiarificatore;
   alcuni dipendenti ad oggi non hanno, ancora, percepito gli arretrati contrattuali maturati sin dal 2009;
   nel maggio 2013 è stata data esecuzione al licenziamento per circa 100 dipendenti;
   consta all'interrogante che ai dipendenti è stato proposto un reintegro con una formula contrattuale lesiva della dignità dei lavoratori, che prevederebbe una riduzione dello stipendio a fronte di un montante ore invariato, che le maggiori firme sindacali (Cgil-Cisl-Uil) non hanno accettato di firmare;
   a molti lavoratori non è stato di fatto consentito di seguire i corsi per la riqualificazione ponendoli, in virtù della normativa attualmente in vigore, in una posizione svantaggiata rispetto alla tutela del loro posto di lavoro;
   la fondazione Stefania Randazzo costituita nel 1997, su iniziativa dell'onorevole Bruno Randazzo, della Fondazione Cagliari e dell'associazione AIAS Sardegna pur non avendo una vera e propria vertenza aperta ha eguali ritardi nei pagamenti degli stipendi nei confronti dei lavoratori;
   delle distinte competenze in materia fra regioni e Stato e delle omissioni fin qui riscontrate da parte del Governo regionale, chiamato in causa mediante analoga interrogazione e – tuttavia – del fatto che sono in questione diritti costituzionalmente garantiti –:
   se il Governo sia a conoscenza del problema AIAS in Sardegna che da anni determina questa insostenibile situazione, la quale va a gravare su un importantissimo ed indispensabile comparto;
   quali siano i provvedimenti che il Governo intende attuare al fine di far sì che i lavoratori dell'AIAS in Sardegna, seconda regione dopo la Sicilia con il maggior numero di dipendenti in questa azienda, possano mensilmente confidare nel ricevimento degli emolumenti loro spettanti, vista la mancanza di risposte da parte della giunta regionale della Sardegna;
   quali siano i provvedimenti che possono essere attuati al fine di far sì che i diritti costituzionalmente garantiti vengano rispettati. (4-01915)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa riportate sul «Quotidiano della Calabria» del 13 settembre 2013, si apprende che presso Palazzo Europa della Regione Calabria, sede del Dipartimento delle Attività produttive e dell'Avvocatura regionale, la pavimentazione contiene una elevata presenza di amianto, tale da causare un grave pericolo sia per i dipendenti che per la stessa salute dei cittadini;
   l'Asp di Catanzaro, il 6 agosto scorso, aveva notificato alla regione Calabria un documento contenente le disposizioni da mettere in campo per assicurare la sicurezza dei lavoratori. Niente però è stato fatto, tanto che dal 13 settembre 2013 è stato disposto il divieto di accesso dei dipendenti negli uffici;
   quella dell'amianto è una tematica che coinvolge, ancora una volta, tristemente la Calabria. In una realtà completamente dimenticata dallo sviluppo economico, anche la salute dei cittadini sembra essere compromessa se non saranno attuati urgenti provvedimenti finalizzati all'eliminazione della diffusione e della pervasività del pericoloso asbesto;
   risulta, inoltre, che gli uffici pubblici della regione di Palazzo Europa siano stati chiusi interrompendo un servizio pubblico che ha causato anche gravi danni patrimoniali dovuti alla delicata attività che svolgono i suddetti uffici, interessati prevalentemente all'emissione di atti giudiziari con precisi e perentori termini;
   l'amianto, come è noto, è causa ogni anno di gravi problemi alla salute dei cittadini e la continua esposizione allo stesso può portare a degenerazioni cellulari, stante anche il lungo e continuo periodo di tempo che gli impiegati trascorrono in ufficio;
   le fibre di amianto hanno una capacità di penetrazione nel corpo umano inversamente proporzionale al loro diametro che può raggiungere agevolmente la pleura. Anche la sola esposizione accresce il rischio di insorgenza di pericolosi e gravi patologie;
   sarebbe interessante conoscere quali siano i piani di intervento, se previsti, e la tempistica per bonificare gli uffici in questione, anche in considerazione del fatto che l'amianto si deteriora nel tempo rilasciando fibre pericolose per la salute dei cittadini;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di propria competenza al fine di acquisire elementi in merito alla bonifica di Palazzo Europa promuovendo ogni iniziativa per la difesa dell'ambiente e per la tutela della salute dei dipendenti che in quella sede lavorano e di tutti i cittadini che frequentano tali uffici. (4-01903)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 18 ottobre 2012, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato in GURI il 28 gennaio 2013, si è provveduto a determinare le tariffe massime per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, per tutto il territorio nazionale;
   con il D.A. 170 del 28 gennaio 2013 (cosiddetto decreto Borsellino) viene determinato il ripristino con effetto retroattivo del D.A. 1977 del 28 settembre 2007, ossia del precedente tariffario nazionale (cosiddetto Turco-Bindi-Lagalla). Con l'applicazione di detto provvedimento le strutture diventano debitrici di un importo pari a circa il 40 per cento del fatturato liquidato dalle stesse tra il 2007 e il 2012;
   a seguito dell'applicazione delle suddette tariffe, in Sicilia, avviata nel mese di giugno 2013, le strutture addette ai servizi, per conto del servizio sanitario regionale, sono andate incontro ad una forte contrattura del fatturato che ha segnalato l'insostenibilità dell'applicazione del decreto, evidenziando che tale fatturato non consente la copertura neppure dei meri costi di produzione;
   in data 5 giugno 2013, contestualmente alla manifestazione delle organizzazioni sindacali di categoria, i rappresentanti delle stesse sigle sindacali incontrano i dirigenti dell'assessorato alla salute della regione Sicilia, con lo scopo di produrre una proposta da presentare al Ministero della salute per giungere ad una soluzione concertata. Tale proposta viene inoltrata al Ministero competente dall'assessorato siciliano giorno 11 giugno 2013;
   in data 17 luglio 2013 le organizzazioni sindacali fanno richiesta di audizione urgente presso la competente commissione sanità dell'assemblea regionale siciliana, che avrà luogo il 25 luglio 2013. La Commissione si riunisce ancora il 31 luglio 2013, in presenza dell'assessore alla salute Lucia Borsellino, la quale riferisce di una rigidità da parte del Ministero della salute a recepire qualsivoglia modifica del tariffario imposto dal decreto «Balduzzi», ritenuto congruo e tale da produrre utili;
   ad oggi nessun risultato è stato ottenuto attraverso il dialogo tra le parti coinvolte e non è stata apportata alcuna modifica alla normativa vigente in grado di consentire alle strutture sanitarie di continuare a garantire i servizi per cui viene applicato il tariffario previsto dal decreto cosiddetto «Balduzzi», senza che le stesse strutture vadano incontro ad un danno economico che le porti lentamente alla cessazione delle attività svolte, in assenza delle quali non risulterebbe più garantito il diritto alla salute –:
   se non intendano i Ministri rivedere l'applicazione del decreto 18 ottobre 2012 per le strutture operanti nel territorio siciliano, al fine di rendere economicamente sostenibili i servizi da esse offerti, in ottemperanza a quanto prescritto dalla Costituzione italiana in materia di diritto alla salute;
   se non ritengano utile la costituzione di un tavolo tecnico con le parti sociali e la regione Sicilia al fine di raggiungere al più presto una soluzione condivisa. (4-01904)


   DEL GROSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in relazione alla delibera n. 547 del 29 maggio 2013 avente per oggetto «Revisione atto aziendale adottato con deliberazione numero 190 del 28 febbraio 2012, ai fini dell'adeguamento del numero delle strutture semplici e complesse agli standard previsti nel documento approvato da comitato Lea in data 26 marzo 2012», si segnala che i costi per l'utenza della sanità pubblica andranno incontro a continui aumenti dei ticket previsti sulle prestazioni sanitarie, e si sottolineano le differenze peggiorative rispetto al precedente atto aziendale delibera n. 190 del 28 febbraio 2012 che potrebbero costituire un ingiustificato esborso di denaro pubblico;
   il nuovo atto aziendale, delibera n. 547 del 29 maggio 2013, prevede la realizzazione di tre nuove unità operative complesse sul territorio di eguale valenza di quelle ospedaliere di pari specialità; trattasi delle UOC di geriatria, cardiologia e radiologia. Non si comprende la necessità di sostenere il costo dell'attribuzione di incarichi di struttura complessa sul territorio per specialità già presenti nel presidio ospedaliero, in quanto si sarebbero potuti prevedere, alternativamente e a minor costo, incarichi di struttura semplice territoriali incardinati nelle strutture complesse ospedaliere oppure direttamente incarichi di struttura semplice a valenza dipartimentale sul territorio per le medesime discipline ospedaliere;
   il nuovo atto aziendale prevede l'aumento delle unità operative complesse di area territoriale, portandole a cinque unità rispetto alle tre unità operative complesse già presenti, con evidente aumento della spesa pubblica. Non si comprende perché nel precedente atto aziendale, delibera n. 190 del 28 febbraio 2012, si erano ritenute più che sufficienti tre aree distrettuali per assicurare l'assistenza sanitaria ai cittadini;
   tale ripensamento appare inspiegabile poiché la necessità di una unità operativa semplice dipartimentale di servizio di psicologia clinica era stata deliberata in seguito alle richieste dell'utenza organizzata in associazione di cittadini anche in previsione del fatto che sarebbe derivato da una gestione omogenea di tutti gli psicologi operanti nel dipartimento di salute mentale. Di fatto tale soppressione dell'unità operativa semplice porterà alla organizzazione di una psicologia clinica non più gestita da psicologi clinici ma organizzata dai responsabili delle strutture a conduzione psichiatrica che, appartenendo ad altra specializzazione, non potranno garantire la specificità della disciplina di psicologia clinica nell'erogazione del servizio all'utenza della salute mentale; porterà inoltre ad uno spezzettamento delle prestazioni di psicologia clinica nel DSM. Oltretutto, tale soppressione non porterà a nessun risparmio, non essendo mai stata applicata, al suddetto incarico, la normativa contrattuale della graduazione delle funzioni, retribuendolo secondo i livelli minimi previsti, cifra del tutto irrisoria;
   le suddette considerazioni valgono anche per la soppressione dell'unità operativa semplice di psicologia delle dipendenze, presente ed assegnata al dipartimento delle dipendenze che passerà anch'essa, secondo quanto deliberato, ad incarico di alta professionalità di psicologia delle dipendenze;
   ad avviso dell'interrogante si assiste solo a una apparente riduzione dei costi attraverso la soppressione delle poche strutture di psicologia, da sempre presenti nella ASL di Pescara, le cui spese sono irrisorie in quanto i soggetti incaricati percepiscono minimi economici, mentre nel contempo si deliberano due nuove unità operative complesse. In tal caso, l'assegnazione degli incarichi e delle funzioni avverrebbe attraverso un concorso su base nazionale che comporterà l'applicazione del contratto vigente, con un notevole incremento dei costi gravanti sulla collettività; al contrario, si sarebbero potute prevedere altrettante strutture semplici, di gran lunga più economiche con sollievo della collettività –:
   se le misure di riorganizzazione di cui in premessa siano state sottoposte al tavolo di monitoraggio dell'attuazione del rientro dai disavanzi sanitari e quali ne siano gli esiti. (4-01916)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri ha recentemente istituito l'Agenzia nazionale per la coesione;
   questa Agenzia, che risulta essere un'operazione già tentata quando era in carica lo scorso Governo, pare ricalcare il «Piano Sud» di infelice memoria, poi ribattezzato «Piano Azione Coesione». Il tutto nasce sull'ennesimo fallimento del ciclo di programmazione comunitaria 2007/13, con l'obiettivo di fare ammenda degli errori del passato posti in essere da amministrazioni centrali e regionali nella gestione dei programmi operativi comunitari e dal conseguente inesorabile ritardo di spesa, per promuovere una presunta «governance» più efficace in vista dell'imminente avvio del ciclo di programmazione 2014/20, in cui l'Italia beneficerà di una dotazione di circa 30 Miliardi/euro, cui andranno ad aggiungersi probabilmente altri 60 miliardi del Fondo nazionale per la coesione economica;
   l'idea pare quella di dare potere ad un organismo nazionale, che in questo modo potrà assumere la responsabilità attuativa diretta di programmi operativi finanziati da risorse comunitarie, in particolare dei cosiddetti PON, in netto contrasto con il tanto sbandierato federalismo degli ultimi anni, tornando ad un neocentrismo, che rievoca un po’ i tempi della Cassa del Mezzogiorno, i cui risultati «positivi» sono ancora vivi nella memoria dei più;
   in linea di principio, l'attivazione di una siffatta Agenzia è coerente con l'assetto organizzativo assunto da diversi Stati membri, dove un organismo parastatale di rango nazionale svolge le funzioni di autorità di gestione per i principali programmi operativi co-finanziati dall'Unione europea. Tale impostazione, infatti, dovrebbe ridurre inutili moltiplicazioni di organismi omologhi, aumentandone l'efficacia sia in termini di costi, che di azione amministrativa;
   l'organico dell'Agenzia pare sarà di circa 250 persone, cento delle quali attinte dal Dipartimento per la coesione economica (DPS) del Ministero dello sviluppo economico il quale, a giugno scorso, ha subito una profonda riorganizzazione dai profili, secondo l'interrogante, incomprensibili. A questi cento si aggiungerebbero ulteriori 150 «esperti» da selezionare attraverso, si ipotizza, procedure di evidenza pubblica;
   a ciò si aggiungono le evidenti sovrapposizioni tra istituzioni analoghe come il FORMEZ o INVITALIA, che sembra svolgano rispettivamente le medesime funzioni della neonata Agenzia nei settori delle politiche del Fondo sociale europeo (il Formez) e delle politiche di sviluppo regionale del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (INVITALIA) –:
   come si giustifichi l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la coesione alla luce dei rilievi effettuati in premessa, relativi al federalismo ed alle sovrapposizioni.
(2-00217) «D'Ambrosio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   la tecnologia Asymmetric Digital Subscriber Line (ADSL), chiamata anche «banda larga», è ormai largamente e comunemente considerata un imprescindibile ed irrinunciabile fattore di crescita economica ed occupazionale di un Paese, in quanto in grado di ridurre il cosìddetto «digital divide» o «divario digitale», vale a dire il livello di iniquità esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione e chi ne è escluso;
   una velocità minima di connessione è da ritenersi alla base della comunicazione contemporanea e risulta indispensabile, oltre che in qualunque sede di lavoro che richieda un'interazione con l'esterno, anche ed in misura progressivamente più estesa nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni, soprattutto in considerazione delle attuali tendenze legislative e regolamentari, nazionali e dell'Unione europea, che vanno nella direzione della digitalizzazione della pubblica amministrazione, in chiave di snellimento e semplificazione dell'apparato burocratico e conseguimento di risparmi di spesa;
   inoltre, il sempre più rapido ed inesorabile processo di globalizzazione in atto e l'accrescimento dell'interazione tra gli operatori economici e sociali, determinano un progressivo incremento della domanda di informazione ed informatizzazione, da parte di cittadini residenti in varie parti del mondo; un corrispondente incremento anche nell'offerta di accesso al web è in grado di incidere direttamente sulle reali condizioni della vita individuale e sociale e di determinarne un notevole miglioramento qualitativo;
   interpretando opportunamente tale domanda, in numerosi ordinamenti nazionali ed anche in Italia si registrano frequentemente tendenze legislative sempre più accentuate ed intese ad agevolare l'accesso alla rete web nonché, in alcuni casi, ad elevare la possibilità di fruizione della banda larga al rango di diritto costituzionalmente garantito, peraltro in piena conformità, per quanto riguarda l'Italia, al rispetto del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'articolo 3, comma 2 della Costituzione;
   con particolare riferimento alla situazione strutturale italiana, il digital divide (calcolabile e quantificabile secondo il modello di calcolo predisposto dal Dipartimento per le Comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico, basato sulle informazioni disponibili relative allo stato dell'arte della rete fissa e della rete mobile) si attesta su livelli che destano preoccupazione: la copertura di «seconda generazione» (con velocità di connessione sino a 20 MB) arriva solo al 62 per cento degli italiani ed in alcune regioni meridionali, tra le quali la Calabria, il divario digitale superi il 60 per cento;
   a fronte di una sempre crescente domanda di banda larga, la permanenza della corrispondente offerta sui livelli attuali, appare all'interrogante inaccettabile oltre che strutturalmente insufficiente a sostenere le naturali dinamiche della interattività sociologica che sono alla base dello sviluppo tecnologico, intellettuale ed economico e che rappresentano un fondamentale propulsore dell'economia di un Paese moderno ed in costante fermento;
   la persistenza di tale ritardo di sviluppo strutturale ha come conseguenza l'effettiva esclusione di milioni di cittadini dal collegamento veloce ad internet e determina il configurarsi di una situazione territoriale disomogenea, suscettibile di determinare significativi incrementi delle diseguaglianze economiche e sociali già esistenti ed in grado di limitare l'accesso all'informazione;
   nonostante importanti e reiterati sforzi di natura politica messi in campo e gli investimenti di risorse finanziarie periodicamente stanziate al fine di ridurre il divario digitale, oltre agli interventi di implementazione e potenziamento delle reti in corso d'opera, si riscontrano significative, persistenti e non trascurabili situazioni di criticità strutturale all'interno di aree regionali vaste oltre che a densità demografica elevata (tra le quali alcune zone della Regione Calabria collocate all'interno dei territori delle varie province), la cui soluzione non può più, a parere dell'interrogante, essere differita o rinviata a tempistiche non precisamente definite;
   si segnala inoltre che sono sempre più frequenti le situazioni di disagio riscontrate e le rimostranze sollevate dai cittadini e sottoposte all'attenzione degli amministratori pubblici, a tutti i livelli di governo, relative a difficoltà tecniche registrate e certificate (anche effettuando i cosiddetti speed test, i software disponibili on-line che consentono di misurare e valutare la qualità delle prestazioni internet) da utenti residenti in comuni coperti da ADSL e per i quali le Telco propongono una velocità massima di connessione fino a 7MB: la velocità di trasmissione dei dati digitali si attesta in molti casi appena intorno ai 600 KB, una soglia ben lontana, dunque, oltre che dalla normale velocità di una linea ADSL (7MB), anche dalla stessa soglia di velocità media dello stesso tipo di tecnologia, tecnicamente individuata in 4 MB;
   le circostanze sovraesposte concorrono a costituire un contesto generale critico e non più sostenibile, caratterizzato dalla persistenza di condizioni di continuo disagio per i cittadini, causato da inadeguatezze e carenze strutturali, con tempistiche non definite di attuazione dei programmi e delle strategie in atto per superare il digital divide in Italia e potenzialmente in grado di aggravare il già netto ritardo di sviluppo nelle procedure di estensione della banda larga nel nostro Paese, con perdite non calcolabili sul versante della competitività internazionale;
   in un simile contesto, dunque, diventa necessaria ed indifferibile, anche nello spirito dell'ottemperanza a quelle prescrizioni che il già richiamato articolo 3, comma 2 della Costituzione italiana attribuisce alla Repubblica e quindi alla legislazione, intese alla rimozione degli squilibri economici e sociali, una riflessione in ordine alla sostenibilità ed accettabilità di tale ritardo nello sviluppo tecnologico per il nostro Paese, nonché una valutazione sull'adeguatezza e sufficienza delle strategie e tecniche messe in campo sino a questo momento per garantire una equiparazione tra tutti i cittadini italiani ed un assestamento almeno su livelli minimi essenziali delle prestazioni della tecnologia esistente e dello stato della tecnica relativa alla banda larga, e, dunque, un livello medio di velocità di connessione garantito per tutto il territorio nazionale –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, nei limiti delle proprie competenze e con riferimento alle loro rispettive aree di pertinenza, porre in essere delle verifiche, anche ed eventualmente in modo congiunto, in ordine allo stato di avanzamento delle procedure di estensione della banda larga e della effettiva fruibilità della connessione da parte dei cittadini;
   se, ed eventualmente, in quale misura e con quali strumenti, i Ministri ritengano possibile promuovere una accelerazione nel processo di adeguamento delle strutture di supporto alle reti web a livello nazionale, al fine di garantire per ciascuna regione un livello standard della velocità di navigazione ad internet in grado di «stare al passo» con la rapida evoluzione dallo sviluppo economico e tecnologico globale, nonché con le tendenze ed i processi in atto di digitalizzazione della, pubblica amministrazione. (4-01900)


   GIANCARLO GIORGETTI e BOSSI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la USAG, Utensileria società anonima Gemonio è stata fondata nella località varesina nel 1926, facendo il suo ingresso nel settore dell'utensileria professionale, inserendosi tra una miriade di attività artigianali. Nel 1991 USAG entra a far parte del Gruppo francese FACOM TOOLS SA, successivamente del Gruppo americano THE STANLEY WORKS e, da marzo 2010, del gruppo multinazionale StanleyBlack&Decker;
   negli stabilimenti USAG di Monvalle a Gemonio, lavorano oggi circa 300 persone, producendo utensili di alta qualità, soprattutto indirizzati al settore auto;
   l'azienda è un fornitore principalmente del settore auto e come tale risente indirettamente del crollo degli ordinativi automobilistici, e del settore delle manutenzioni meccaniche, anch'esso in fase di stallo;
   questa settimana i dirigenti della multinazionale americana proprietaria di USAG, controllata dal gruppo Stanley, hanno annunciato una pesantissima ristrutturazione aziendale, che comporterà l'esubero di un'ottantina di lavoratori, sia operai che impiegati;
   al momento i lavoratori hanno reagito convocando le assemblee per fare il punto della situazione e decidere come muoversi;
   a quanto è trapelato, la Usag non avrebbe intenzione di chiudere gli stabilimenti di Monvalle a Gemonio, ma per i lavoratori il prezzo sarà comunque pesantissimo: ottanta famiglie vedono a rischio la propria fonte di lavoro;
   pare che le decisioni aziendali avranno effetto immediato, precludendo anche ogni possibilità per i lavoratori interessati di organizzarsi e reagire, ma anche più semplicemente riorganizzare le proprie aspettative e la propria quotidianità;
   l'applicazione concreta del piano esuberi dovrebbe partire già tra qualche giorno, a cavallo della fine di settembre e l'inizio del mese di ottobre;
   la Usag andrà a produrre i suoi utensili nei paesi cosiddetti «low cost» dal punto di vista dei costi di produzione, come India e Cina. Nello stabilimento di Gemonio si continueranno a produrre solo chiavi dinanometriche, chiavi di precisione e chiavi a «T», settori nei quali le capacità degli operai di Gemonio appaiono evidentemente fattore di eccellenza;
   la crisi della USAG è un altro triste tassello, dopo quello ad esempio di Husquarna, della progressiva crisi di un territorio nel quale l'industria manifatturiera, fino ad oggi fiorente di livello internazionalmente apprezzato, pare non riuscire a resistere sotto i colpi di dumping produttivo da parte dei Paesi emergenti e di una zavorra fiscale e burocratica nazionale che la pone al di fuori della competizione internazionale;
   la decisione di delocalizzare appare ancora più grave se si tiene conto del fatto che la Usag è oggi nei primi 50 posti della classifica delle aziende leader del Varesotto, con oltre 100 milioni di euro di fatturato (+4,7 nel 2011) –:
   se il Governo intenda aprire immediatamente un tavolo di confronto con la proprietà di USAG al fine di scongiurare la delocalizzazione e i conseguenti esuberi ed eventualmente intervenire con gli strumenti previsti per sostenere le famiglie dei lavoratori coinvolti;
   se il Governo intenda sostenere in sede europea la necessità di serie politiche antidumping per reagire ad una crisi che sta progressivamente desertificando l'industria manifatturiera del nostro Paese.
(4-01908)