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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la grave crisi energetica che colpisce l'economia mondiale, sommata all'allarme dovuto al cambiamento climatico prodotto dall'immissione in atmosfera di crescenti quantitativi di diossido di carbonio (di gran lunga il principale «gas-serra»), sta attirando una crescente attenzione sul ruolo delle fonti rinnovabili;
    le strategie di sviluppo economico e di tutela del territorio sono influenzate, e sempre più nel futuro saranno condizionate, dalle politiche energetiche. Una qualificazione della politica energetica in termini di sviluppo tecnologico e di gestione sostenibile delle risorse territoriali passa per una chiara visione del ruolo delle energie rinnovabili e, in primis, delle bioenergie;
    il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un'importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l'innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo;
    le stime sulla quantità di energia ricavabile dalla biomassa (bioenergia) sono variabili ma entro il 2050 essa potrebbe arrivare a coprire il 50 per cento del fabbisogno energetico mondiale. Una parte di questa verrà utilizzata per la produzione di biocarburanti, più ancora per produrre biogas e il rimanente per alimentare le centrali energetiche;
    il decreto legislativo n. 28 del 2011, attuativo della direttiva europea 2009/28/CE ha previsto per l'Italia l'obbligo di utilizzare al 2020 il 17 per cento di energia da rinnovabili sul totale dell'energia consumata (energia elettrica, termica e per i trasporti). L'obiettivo per l'Italia è di arrivare al 2020 a una produzione energetica nazionale da rinnovabili pari al 14,3 per cento (vale a dire il 17 per cento meno la quota importata), partendo da una produzione attuale dell'8,2 per cento;
    la Conferenza Stato-regioni nella riunione del 22 febbraio 2013 ha dato il via libera allo schema di decreto (Ministero dello sviluppo economico di concerto con quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) sul burden sharing, cioè sulla ripartizione tra le regioni e province autonome della quota minima di incremento dell'energia prodotta con fonti rinnovabili;
    per arrivare alla quota del 14,3 per cento di energia da rinnovabili l'Italia dovrà puntare su biogas, geotermia, eolico e solare, in particolare quello termodinamico. Inoltre, una quota crescente di energia verde dovrà essere ottenuta riducendo i consumi energetici attraverso l'efficienza energetica;
    l'energia è dunque un best driver per lo sviluppo economico di Paese e, l'Italia, è fortemente dipendente in tal senso, rispetto alla media europea, dall'importazione di combustibili fossili, soprattutto gas naturale e petrolio, da cui fa derivare la maggior parte di produzione di energia elettrica;
    da alcuni anni comunque il Governo italiano ha dedicato crescente attenzione alle energie alternative, come dimostra anche il «piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili» che punta a coordinare la politica energetica con le politiche industriali, ambientali e della ricerca e innovazione tecnologica, a condividere gli obiettivi con le regioni, attraverso i PEAR, Piani energetici ambientali regionali;
    nell'ambito, dunque, del processo di revisione della politica energetica nazionale un dato rilevante viene evidenziato all'interno del rapporto Svimez 2012: sul fronte delle energie rinnovabili (solare fotovoltaica, eolica e biomasse), il Mezzogiorno presenta un vantaggio competitivo rispetto al Centro-nord dovuto all'esistenza di un rilevante potenziale rinnovabile, derivante dall'irraggiamento solare, dal vento e dalle biomasse. È nel Sud che è stata prodotta la quota prevalente, pari circa al 66 per cento, di tutta l'energia italiana generata da queste tre fonti. Per il solare fotovoltaico, vero punto di forza nel Meridione, al 2011 era installata una potenza di oltre 4.858 megawatt, pari a circa il 40 per cento del totale, con la Puglia in testa tra tutte le regioni italiane. Per l'eolico il Mezzogiorno è protagonista dello sviluppo, in virtù delle caratteristiche del suo territorio: sia in termini di potenza che di aerogeneratori installati, le regioni meridionali pesano, al 2011, il 98 per cento del totale. Nel Sud sono localizzati 97 impianti di biomasse, pari a circa il 15 per cento del totale nazionale, per una potenza di 753 megawatt corrispondente al 32 per cento della potenza installata nel Paese. Nel 2010 il Mezzogiorno ha assunto un ruolo particolarmente importante nella crescita della produzione degli impianti a biomasse, in quanto ha contribuito alla produzione nazionale per il 40 per cento. Infine, per quanto riguarda la geotermia, anche qui il Mezzogiorno presenta un forte vantaggio competitivo rispetto al resto del Paese: oltre che in Toscana e nel Lazio, ricadono proprio nel Sud le zone italiane con la maggiore ricchezza geotermica, come il Tirreno meridionale, la Campania, la Sicilia, l'enorme area off shore che va dalle coste campane alle isole Eolie alla Sardegna e alla Puglia;
    il Mezzogiorno potrebbe dunque avere un ruolo fondamentale per concorrere a conseguire importanti obiettivi energetici per tutto il Paese, in particolare prendendo in considerazione tra le rinnovabili la geotermia dal momento che le aree italiane con la maggiore ricchezza geotermica si trovano lungo il Tirreno meridionale estendendosi dalla Campania sino alla Sicilia;
    la geotermia potrebbe acquisire un ruolo altamente strategico, sia per la produzione di energia elettrica che per il riscaldamento. Questo essenzialmente per due motivi: il primo, perché è l'unica fonte energetica che potrebbe essere utilizzata sulla base delle risorse naturali presenti, nel nostro Paese, in quantità molto maggiore degli altri Paesi europei (eccetto l'Islanda) e, in proporzione all'estensione del territorio, di ogni altro Paese al mondo; il secondo, perché le tecnologie di utilizzo sono nate in Italia, che è ancor oggi estremamente competitiva. Le tecnologie necessarie al suo utilizzo industriale sono infatti ampiamente presenti sul mercato nazionale;
    l'energia geotermica inoltre offre, diversamente dalle altre fonti rinnovabili, un'elevata versatilità di dimensione di impianto, adattandosi sia ad una produzione con piccoli impianti diffusi sul territorio, sia ad una tipologia di distribuzione concentrata su pochi grandi impianti;
    la produzione geotermo-elettrica è inoltre continua e costante e, proprio in virtù di queste caratteristiche, necessita di reti di distribuzione più semplici di quelle che sarebbero necessarie per ottenere la migliore utilizzazione dell'energia elettrica generata da altre fonti. La risorsa geotermica ha anche il vantaggio, rispetto al solare fotovoltaico e all'eolico, di richiedere, a parità di potenza installata (ed ancor di più a parità di produzione energetica annuale), un'occupazione di territorio estremamente più modesta, ed anche un impatto paesaggistico potenziale notevolmente più basso,

impegna il Governo:

   a prevedere un coordinamento delle risorse messe a disposizione per lo sviluppo delle energie rinnovabili con particolare riferimento a quelle europee, nazionali e regionali che, messe in sinergia con quelle degli investitori privati e con l'applicazione di tecniche finanziarie che favoriscano il partenariato potrebbero risultare strategiche per la crescita del Mezzogiorno;
   a valutare l'opportunità di attivare una maggiore sinergia del Mezzogiorno con i mercati emergenti dell'area euro-mediterranea al fine di sfruttare le sue potenzialità in campo di produzione di energia geotermica, riducendo, così, nel contempo i costi di approvvigionamento di energia.
(1-00185) «Capelli, Pisicchio, Tabacci, Ottobre, Lo Monte, Di Gioia, Pastorelli, Alfreider, Plangger, Formisano, Bruno».


   La Camera,
   premesso che:
    la Irisbus di Flumeri (Avellino) e la BredaMenariniBus di Bologna sono le ultime due grandi aziende italiane produttrici di autobus;
    lo stabilimento di Flumeri è di proprietà dell'Irisbus Iveco, azienda totalmente acquisita dal Gruppo Fiat nel 2003;
    l'azienda Irisbus Italia spa nasce nel gennaio 1999 dalla decisione di due importanti gruppi industriali e commerciali europei (Fiat Iveco e Renault) di unire le loro attività nel campo del trasporto pubblico, attraverso la fusione dei rispettivi settori di produzione di autobus;
    Irisbus, partecipata al 100 per cento da Iveco spa (Gruppo Fiat), produce autobus in tutto il mondo, con stabilimenti in Brasile, India, Argentina, Cina e cinque siti produttivi in Europa, a Annonay e Rorthais in Francia, nella Valle Ufita di Flumeri (Avellino) in Italia, a Barcellona in Spagna e a Vysoke Myto nella Repubblica Ceca;
    nel 2011, la Fiat ha attivato le procedure per la messa in mobilità e la cassa integrazione per tutti i lavoratori dello stabilimento: 700 dipendenti più altri 800 nell'indotto;
    dopo il taglio del personale, ridotto da 1.400 a 700 addetti, Fiat è passata direttamente alla chiusura dello stabilimento, sancendo la sua uscita, solo in Italia, dalle produzioni per il trasporto pubblico;
    le ragioni della chiusura sarebbero da attribuire agli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni hanno registrato una drastica riduzione, passando da 1.444 unità del 2006 a 1.113 del 2010 e a 291 nel 2011. Nello stesso periodo, la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 autobus nel 2006 a 472 nel 2010, mentre nei primi sei mesi del 2011 sarebbe arrivata a 145 autobus, dei quali meno di 100 per il trasporto urbano;
    la BredaMenariniBus è di proprietà di Finmeccanica S.p.A. e dal 2006 è rientrata nella Holding Finmeccanica, dove assieme ad AnsaldoBreda e Ansaldo STS ne costituisce la divisione trasporti;
    dal 1989 la BredaMenariniBus ha prodotto più di 7.000 autobus ed è in possesso di tutte le «licenze europee» – concessioni – per produrre autobus;
    rappresenta una realtà d'eccellenza nel panorama industriale europeo, con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana;
    BredaMenariniBus, così come Irisbus, è in grado di produrre una ampia gamma di veicoli per il trasporto pubblico a basso impatto ambientale (autobus elettrici, a metano, filobus bimodali);
    nel 2011 Finmeccanica ha dichiarato di volersi disfare del comparto pubblico del gruppo, BredaMenarini compresa;
    la decisione scaturiva dalla fallita ricerca di partner a livello internazionale che potesse supplire al cronico problema «dimensionale», strategico per sopravvivere alle richieste del mercato;
    questa decisione ha comportato un calo rilevante delle quote di mercato nazionale, passando dai 300 mezzi costruiti nel 2011 ai soli 30 del 2012, che ha portato all'attivazione della cassa integrazione straordinaria per i lavoratori fino al febbraio 2014;
    il settore della produzione di autobus annovera, tra carrozzieri e produttori, decine di aziende diffuse sul territorio nazionale e dà lavoro, senza contare le piccole e medie imprese dell'indotto, ad oltre 11.000 addetti;
    la mancanza di interventi ha portato alla progressiva cancellazione di numerosi stabilimenti (Autodromo, Cacciamali e da ultima De Simon) e rischia di determinare l'assoluta scomparsa della produzione di autobus dal territorio nazionale;
    le citate vicende degli stabilimenti Irisbus di Flumeri e BredaMenariniBus di Bologna rappresentano, di fatto, per il nostro Paese un evento di eccezionale gravità che chiama in causa una serie di criticità di livello generale, che vanno dalla politica industriale dei più grandi gruppi meccanici nazionali, alla gestione da parte degli ultimi governi delle crisi aziendali, dei problemi occupazionali, della politica della programmazione infrastrutturale e, in particolare, di quella del trasporto pubblico locale nel nostro Paese;
    appare grave e particolarmente preoccupante che si continui ad assistere impotenti ad un disimpegno totale da parte dei principali gruppi industriali italiani – segnatamente FIAT e Finmeccanica – senza che essi diano adeguate garanzie circa l'attuazione di una coerente politica industriale, tanto più che lo Stato italiano nei decenni ha sempre sostenuto le aziende di questo settore, intervenendo attraverso l'erogazione di risorse pubbliche;
    il Ministero dell'economia e delle finanze è il principale azionista di Finmeccanica con una quota pari al 32,45 per cento della società e che tale partecipazione è soggetta alla disciplina dettata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 settembre 1999, secondo cui tale quota non può scendere al di sotto della soglia minima del 30 per cento del capitale sociale: in sostanza, nessun altro azionista può detenere una quota del capitale di Finmeccanica superiore al 3 per cento senza l'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze;
    si rende necessaria una seria regia governativa per una strategia di rivisitazione e riqualificazione del parco mezzi del trasporto pubblico locale;
    gli interventi di finanza pubblica adottati [nel corso dell'ultimo triennio] in passato hanno invece pesantemente inciso sulla disponibilità delle risorse finanziarie per il trasporto pubblico locale, avendo, da un lato, drasticamente ridotto i trasferimenti statali destinati al pagamento dei servizi di trasporto pubblico e, dall'altro, di fatto interrotto il già previsto processo di fiscalizzazione che avrebbe condotto, per questa materia fondamentale per le regioni e per gli enti locali, al passaggio dal sistema di finanza derivata al sistema di finanza propria;
    sotto tale profilo si segnala che l'11 aprile 2013 la Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha approvato un documento relativo alle problematiche del settore trasporto pubblico locale e rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro degli autoferrotranvieri, nell'ambito del quale documento è stato sottolineato che:
   a) i tagli, che i vari governi hanno effettuato sulle risorse per il trasporto pubblico locale, valutabili in oltre mezzo miliardo di euro all'anno, hanno comportato, indipendentemente da criteri di efficienza e riorganizzazione, riduzioni molto significative ai servizi minimi garantiti sui territori (mediamente del 10 per cento) ed effetti critici sullo stato delle aziende di trasporto ferro/gomma, i cui equilibri economici hanno sofferto altresì degli effetti inflattivi, anch'essi ignorati dai vari Governi;
   b) il disegno, che doveva garantire la certezza delle risorse destinate al trasporto pubblico locale sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza;
   c) le modalità di riparto ed erogazione delle risorse, di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni con la legge 7 agosto 2012, n. 135, così come sostituito dall'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 istitutiva del nuovo «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario», infatti, non garantiscono i regolari flussi di cassa, indispensabili per onorare i contratti di servizio in essere sia per il settore ferroviario che per quello della gomma;
   d) proprio nell'ultimo periodo, il mancato trasferimento delle risorse delle prime quattro mensilità per il 2013 dell'acconto, nonostante quanto previsto dalla norma stessa e dagli accordi presi in sede di Conferenza unificata, sta mettendo in ginocchio molte regioni già strozzate dal clamoroso ritardo accumulato dal Governo nei trasferimenti per il ferro nazionale nell'anno 2012;
   e) il problema è ancor più drammatico dal punto di vista dei bilanci regionali, se si pensa che le regioni devono assumere impegni pluriennali di spesa non solo per la copertura degli oneri derivanti dalla stipula dei contratti di servizio, ma anche per l'effettuazione delle gare, soprattutto nel settore ferroviario;
   f) l'attuale dotazione finanziaria del fondo, come più volte sottolineato, è addirittura inferiore agli stanziamenti del 2011 (-148 milioni di euro e persino del 2010 (-300 milioni di euro) e ciò è avvenuto in un contesto di tagli generalizzati alle risorse regionali in tutti i settori di spesa;
   g) l'insufficienza del Fondo è ancora più rilevante in considerazione del fatto che, oltre agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, gravano sui bilanci regionali altre spese necessarie per il funzionamento del settore, quali: rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma; manutenzione straordinaria delle infrastrutture; innovazione tecnologica; risorse aggiuntive per i contratti di lavoro e per gli ammortizzatori sociali;
   h) per far fronte a tali costi, le regioni sarebbero costrette, pertanto, ad attingere a risorse proprie in modo sistematico e pluriennale, sottraendole alle esigenze di altri settori strategici per la popolazione, quali la sanità, i servizi sociali, eccetera;
    l'attuale disciplina in materia di trasporto pubblico locale non è assolutamente idonea a garantire il regolare funzionamento del settore, pur in presenza di processi di efficientamento e razionalizzazione che le Regioni stanno intraprendendo, né l'espletamento dei servizi minimi essenziali; tanto che le regioni, in considerazione della complessità delle suddette problematiche, hanno chiesto al Governo l'attivazione urgente di un tavolo specifico;
    si rende necessaria e non più rinviabile la definizione di una politica industriale ed occupazionale del Governo che ponga al centro della propria azione l'obiettivo primario della stabilità sociale e della valorizzazione della persona in quanto utente e in quanto lavoratore nella nuova e diversa dimensione dei diritti connessi a queste condizioni; e ciò anche nel quadro di un intervento reale per il rilancio del Sud del Paese, che sta pagando un prezzo altissimo sotto il profilo economico e sociale;
    il 31 dicembre del 2012 è entrata in vigore la nuova normativa europea «Euro 6» per i mezzi pesanti, autobus compresi: Il Regolamento (CE) n. 595/2009, il quale prevede nuovi limiti di emissioni inquinanti è già operativo per le nuove omologazioni, mentre a partire dal 2014 lo sarà per le nuove immatricolazioni;
    lo scopo della nuova norma, oltre alla salvaguardia del cittadino e dell'ambiente, è anche quello di rilanciare e rendere più competitiva l'industria automobilistica europea;
    prima dell'entrata in vigore della nuova normativa, al fine di rientrare nei limiti stabiliti dalle direttive europee sulla qualità dell'aria era fortemente raccomandato l'acquisto di mezzi «Euro V» o «EEV» (Enhanced enviromental vehicle);
    secondo i dati provenienti dalle aziende del trasporto pubblico locale, sul totale del parco autobus circolante in Italia solo il 15 per cento dei mezzi è conforme a queste due categorie. La maggior parte dei veicoli risulta, però, ancora caratterizzata da emissioni «euro 2» (29 per cento) ed «Euro 3» (30 per cento), con addirittura la presenza nel parco di veicoli ad emissione «Euro 1» (5 per cento), «Euro 0» (11 per cento) e «Pre Euro 0» (3 per cento);
    dal 2006 al 2011 l'età media del parco autobus italiano è aumentata di oltre un anno, attestandosi a 11 anni: e ciò ha vanificato sostanzialmente tutti i benefìci introdotti dalla legge n. 194 del 1998 e i suoi successivi rifinanziamenti;
    la situazione del parco mezzi italiano ha subito una vera propria involuzione negativa negli anni: al diminuire delle dimensioni del parco mezzi è corrisposto un aumento della sua età media. Oggi questa è superiore di 4 anni alla media europea ed inferiore soltanto nell'Unione europea a Estonia, Bulgaria, Slovacchia ed Ungheria;
    le circostanze rilevate mostrano il non più rinviabile rinnovo del parco di autoveicoli circolanti in Italia, pena il rischio che l'Unione europea applichi delle sanzioni al nostro Paese per le numerose infrazioni della normativa antinquinamento;
    lo scenario della crisi globale indica che i governi delle maggiori economie mondiali stanno potenziando gli investimenti pubblici nei settori dell'ambiente e dei trasporti, in funzione della realizzazione di una mobilità sostenibile;
    occorrerebbe restituire certezza e stabilità alle risorse per il trasporto pubblico locale attraverso misure strutturali e un programma di investimenti finalizzato allo sviluppo sostenibile dei sistemi di trasporto pubblico, i quali registrano una domanda potenziale molto elevata;
    dare una nuova prospettiva e rilanciare le aziende sopra richiamate servirebbe a dare segnali di inversione di tendenza e ripresa di fiducia a territori già fortemente provati, sul piano economico sociale, ed occupazionale, dai processi di deindustrializzazione connessi alla profonda crisi che investe il Paese;
    non a caso ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo le misure di sostegno per i lavoratori, quali il finanziamento della cassa integrazione, sono da considerarsi talmente necessarie da dover essere assicurate sempre e comunque anche dopo la fine del 2013 per tutti quelli che ne possano avere bisogno,

impegna il Governo:

   a dare immediatamente seguito alla richiesta avanzata dalla Conferenza delle regioni per l'attivazione urgente di un tavolo sul tema più generale dei rapporti Stato-regioni ed enti locali in tema di trasporto pubblico locale, inserito nell'ottica della garanzia di tutti i servizi pubblici locali essenziali;
   a definire sollecitamente un piano nazionale per il trasporto pubblico locale, che favorisca tra l'altro l'utilizzo delle tecnologie a più basso impatto ambientale;
   a predisporre un programma pluriennale per il rinnovamento del parco autobus circolante tramite bus ecologici;
   ad adottare, già con le prossime iniziative di natura finanziaria, adeguate risorse per il rinnovo del parco autobus delle aziende operanti nel settore del trasporto pubblico locale, tenendo conto che tali disponibilità potrebbero essere eventualmente reperite a valere sulle destinazioni, nazionali e regionali, del fondo per le aree sottoutilizzate 2007-2013, ovvero sulla quota ancora non utilizzata delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate 2000-2006 attraverso la rimodulazione dell'attuale programmazione dei fondi strutturali europei, sottoponendo al CIPE il provvedimento per l'individuazione della specifica fonte finanziaria e la ripartizione delle risorse tra le amministrazioni centrali e regionali, previa apposita concertazione con le regioni interessate;
   a promuovere, nell'ottica sopradescritta, l'attivazione entro 30 giorni, anche per garantire la continuità dei rapporti di lavoro, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un tavolo nazionale per l'unificazione della vertenza BredaMenariniBus di Bologna e Irisbus di Avellino, anche nella prospettiva di favorire la costituzione in un unico polo nazionale per la progettazione e costruzione di autobus e veicoli per il trasporto pubblico su gomma a basso impatto ambientale e di ampliare le possibilità di lavoro nell'ambito della ricerca e dell'innovazione tecnologica per la manutenzione e la messa a norma del parco autobus attualmente in circolazione;
   a monitorare con particolare attenzione l'attuazione dell'articolo 1, comma 12, del decreto-legge n. 35 del 2005 recante «Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale», convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2005, in forza del quale la SACE SpA – ovvero l'Agenzia di credito all'esportazione che assume in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e negli investimenti all'estero – può assumere in garanzia le operazioni di spostamento all'estero delle attività produttive, considerato che facendo leva su quanto previsto dal citato decreto-legge n. 35 del 2005, nel nostro Paese, per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, sono state favorite numerosissime procedure di delocalizzazione di importanti attività produttive che fanno capo anche ad aziende, quali ad esempio la FIAT;
   a porre in essere ogni iniziativa di competenza volta ad impedire la gravissima anomalia in forza della quale lo Stato potrebbe continuare a stanziare risorse per consentire la cassa integrazione dei lavoratori, senza preoccuparsi di verificare, se contestualmente, non vi siano stati casi di erogazione di fondi pubblici che hanno favorito di fatto le procedure di delocalizzazione all'estero delle attività produttive da cui la predetta disoccupazione deriva.
(1-00186) «Giancarlo Giordano, Paris, Carfagna, De Mita, Catalano, Formisano, Migliore, Airaudo, Ferrara, Quaranta, Di Salvo, Aiello, Boccadutri, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti, Famiglietti, Impegno, Nardella, Damiano, Epifani, Amendola, Bonavitacola, Lenzi, Michele Bordo, De Maria, Fabbri, Zampa, Gribaudo, Carlo Galli, Benamati, Bolognesi, Basso, Minardo, Palmizio, Palese, Scopelliti, Vella, Costa, Calabrò, Bergamini, Castiello, Latronico, Russo, D'Agostino, Antimo Cesaro, Dellai, Sibilia, Dell'Orco, Rizzetto, Tabacci, Lo Monte, Pisicchio, Cirielli».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'Enel riferendosi al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 ha inserito la clausola nei contratti per la quale ogni documentazione che superi le 100 righe necessita di una marca da bollo di ben 16 euro;
    lo stesso regolamento dell'ENEL consta di ben 22 pagine, superando oltremodo le 100 righe e costando ad ogni utente circa 160 euro;
    l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 sostituito dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1982, n. 955, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1982, n. 359, prevede che l'imposta di bollo sia dovuta fin dall'origine per gli atti, i documenti e i registri indicati nella parte prima della tariffa, se formati nello Stato, ed in caso d'uso per quelli indicati nella parte seconda. Si ha caso d'uso quando gli atti, i documenti e i registri sono presentati all'ufficio del registro per la registrazione. Delle cambiali emesse all'estero si fa uso, oltre che nel caso di cui al secondo comma, quando sono presentate, consegnate, trasmesse, quietanzate, accettate, girate, sottoscritte per avallo o altrimenti negoziate nello Stato;
    lo stesso ente energetico non ha promosso una comunicazione ufficiale relativa all'aggiunta di costi, cercando di inserire gli stessi all'oscuro dell'utenza che ne viene a conoscenza solo alla stipula del contratto di servizio;
    altri enti erogatori non hanno aggiunto alcuna tassazione ai fruitori del servizio,

impegna il Governo:

   a chiarire in maniera inequivocabile la portata delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 e a porre in essere una verifica dei costi contrattuali e di applicazione del medesimo articolo 2 anche interessando le Autorità per l'energia elettrica e il gas e della concorrenza e del mercato;
   a rendere pubblici gli esiti di tale verifica e ad assumere le iniziative di competenza affinché l'Ente nazionale per l'energia elettrica restituisca, nel caso in cui risulti moroso, le somme già versate dagli utenti entro la data del 31 dicembre 2013 erogando assegni circolari all'intestatario del contratto e non utilizzando la politica dello storno sulle bollette future.
(7-00102) «Barbanti, Rizzetto, Prodani, Rostellato, Ciprini, Da Villa, Crippa, Mucci, Fantinati, Currò, Catalano, Vallascas, Brugnerotto, Baldassarre, Bechis».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, di attuazione della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti, ha modificato l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il cosiddetto codice dell'ambiente, sottoponendo, a far data dal 25 dicembre 2010, la paglia, gli sfalci e le potature agricole, alla normativa sui rifiuti se non utilizzate «in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia»;
    come conseguenza di tale diversa qualificazione giuridica della paglia, degli sfalci e delle potature, la diffusa consuetudine di bruciare sui campi i residui vegetali delle lavorazioni agricole è oggi considerata una pratica di gestione dei rifiuti non autorizzata e pertanto sottoposta a sanzioni penali. Si può ben comprendere quanto questa circostanza incida pesantemente sulla gestione delle aziende agricole, in special modo di quelle di piccola dimensione, comportando costi insostenibili e lo stravolgimento dei piani di lavoro;
    il Corpo forestale dello Stato, consapevole della delicatezza della questione, ha invitato i comuni e gli altri enti pubblici cui compete il controllo del territorio, ad avviare campagne di informazione e sensibilizzazione tra gli agricoltori, al fine di contenere gli inevitabili interventi repressivi e limitare il disagio sociale derivante da tale significativo mutamento delle consuetudini agricole;
    molti sindaci di comuni prevalentemente agricoli, allarmati dalle prevedibili conseguenze di tale stravolgimento delle pratiche agricole consuetudinarie, hanno invitato il Parlamento a intervenire per escludere anche per le paglie, gli sfalci e le potature, «non utilizzate in agricoltura, selvicoltura e per la produzione di energia», l'applicazione della normativa sui rifiuti, contenuta nella parte IV del citato decreto legislativo n. 152 del 2006;
   secondo una interpretazione pure compatibile con le finalità delle citate norme, l’«abbruciatura» dei residui vegetali delle lavorazioni agricole, effettuata nel pieno rispetto delle norme antincendio e di sicurezza, potrebbe rientrare tra quelle pratiche utili all'agricoltura non assimilabili all'attività di smaltimento dei rifiuti. Come conseguenza delle modifiche legislative di cui trattasi, infatti, spesso gli sfalci, le potature e gli altri residui agricoli sono lasciati sui campi aumentando il rischio di incendi,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative, anche urgenti, per escludere dall'applicazione della normativa sui rifiuti contenuta nella parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, la paglia, gli sfalci e le potature derivanti dalle pratiche agricole, considerato che l'avvicinarsi dell'autunno impone che sulle questioni di cui trattasi si intervenga tempestivamente.
(7-00100) «Mazzoli».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto «Salva-Italia»), come modificato dall'articolo 36 del successivo decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddette «liberalizzazioni»), ha istituito l'Autorità di regolazione nel settore dei trasporti;
    predetta Autorità, come sancito dal comma 2 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 1 del 2012, sarà chiamata: a garantire la concorrenza, l'efficienza delle gestioni, il contenimento dei costi per gli utenti e condizioni di accesso eque alle infrastrutture; a definire i criteri per la fissazione da parte dei soggetti competenti delle tariffe, dei canoni e dei pedaggi; a stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto nazionali; a definire il contenuto dei diritti risarcitori degli utenti, gli schemi dei bandi delle gare per l'assegnazione dei servizi di trasporto, relativamente al settore autostradale i sistemi tariffari dei pedaggi, relativamente all'infrastruttura ferroviaria i criteri per la determinazione dei pedaggi e di assegnazione delle tracce; a monitorare sul servizio taxi, sul sistema delle licenze e sulla fissazione delle tariffe;
    la lettera b-bis) dell'articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011, stabilisce che l'Autorità provvede al reclutamento del personale di ruolo, nella misura massima del 50 per cento dei posti disponibili nella pianta organica, determinata in ottanta unità, e nei limiti delle risorse disponibili, mediante apposita selezione nell'ambito del personale dipendente da pubbliche amministrazioni in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per l'espletamento delle singole funzioni e tale da garantire la massima neutralità e imparzialità;
    la lettera b-bis) dispone, inoltre, che in fase di avvio il personale selezionato dall'autorità è comandato da altre pubbliche amministrazioni, con oneri a carico delle amministrazioni di provenienza;
    il comma 6-bis dell'articolo 37 del decreto-legge n 201 del 2011 stabilisce che, a decorrere dall'entrata in operatività dell'Autorità, l'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è soppresso e che conseguentemente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvede alla riduzione della dotazione organica del personale dirigenziale di prima e di seconda fascia in misura corrispondete agli uffici dirigenziali di livello generale e non generale soppressi;
    il comma 1, secondo periodo, dell'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, disponeva che la sede dell'Autorità venga definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 30 aprile 2012;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 agosto 2012, n. 179 recante individuazione della città di Roma quale sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti, ha individuato, quale sede dell'autorità, la città di Roma;
    secondo quanto contenuto nel dispositivo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui sopra, avrebbero presentato la propria candidatura, come sedi per l'Autorità di regolazione dei trasporti, le città di Roma, Bologna e Verona;
    sempre da quanto sancito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le città di Roma e Bologna avrebbero offerto la propria collaborazione ad individuare una collocazione per gli uffici dell'Autorità di regolazione dei trasporti presso immobili appartenenti al patrimonio dei medesimi enti;
    la scelta della sede sarebbe ricaduta su Roma perché, secondo quanto previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'ordinamento di Roma Capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali e perché ivi sono presenti le Istituzioni, con sedi operative ovvero di rappresentanza;
    l'articolo 25-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, dispone che la sede dell'Autorità è individuata in un immobile di proprietà pubblica nella città di Torino, laddove idoneo e disponibile, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il termine del 31 dicembre 2013;
    dal disposto di cui sopra non risulterebbe chiaro a chi sarebbero imputabili i costi accessori dovuti al trasferimento del personale comandato all'Autorità, ovvero chiamato ad iniziare a prestare servizio nella città di Torino, già impegnato nella città di Roma, sede dei Ministeri di appartenenza;
    nel giugno 2011 la Lega aveva avanzato la proposta di trasferire 4 Ministeri al Nord;
    alla richiesta di cui sopra, secondo quanto appreso dai mezzi stampa, esponenti del Partito Democratico, avrebbero espresso pareri fortemente contrari. Tra questi la senatrice Finocchiaro che avrebbe definito la proposta «l'ennesima buffonata», «una commedia degli orrori, stupida e inutile che umilia le nostre istituzioni e gli italiani», l'allora deputato, oggi Presidente del Consiglio Enrico Letta, che avrebbe definito la «soluzione inefficace e antieconomica – e sostenuto che – un conto è spostare un ufficio per ragioni funzionali, altro conto è trasferire un pezzo di burocrazia: farlo aumenterebbe solo i costi», onorevole Franceschini oggi Ministro per i rapporti con il Parlamento che avrebbe definito la proposta indecorosa e patetica, il sindaco di Firenze, Matteo Renzi avrebbe sostenuto che il trasferimento dei Ministeri al Nord «fa ridere i polli» e l'onorevole Realacci che lo avrebbe definito uno «scontro tra Lega e buon senso»,

impegna il Governo

al fine di garantire l'immediata operatività dell'Autorità e di garantire la massima professionalità del personale comandato, senza imporre un costoso trasferimento, ad assumere iniziative normative per stabilire, quale sede dell'Autorità di regolazione dei trasporti, la città di Roma.
(7-00101) «Liuzzi, Catalano, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Dell'Orco, De Lorenzis, Nicola Bianchi».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    la legge n. 92 del 2012, meglio nota come «riforma» Fornero, è intervenuta, oltre che sul mercato del lavoro, anche sul sistema di protezione sociale e in particolare ha disposto la sostituzione della vecchia indennità di disoccupazione ordinaria e di quella a requisiti ridotti con due nuovi strumenti: l'ASpi (assicurazione sociale per l'impiego) e la mini AspI;
    le nuove norme approvate in materia di sussidi alla disoccupazione con la legge n. 92 del 2012 sono entrate a regime quest'anno, con l'introduzione della mini-Aspi in sostituzione della precedente indennità di disoccupazione ordinaria (non agricola) con «requisiti ridotti»;
    l'indennità di disoccupazione mini-Aspi spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l'occupazione (compresi gli apprendisti);
    il requisito contributivo è la presenza di almeno 13 settimane di contribuzione (versata o dovuta) derivante da attività lavorativa svolta nei 12 mesi precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, a differenza delle 78 giornate previste dallo strumento precedente;
    l'indennità, così come il versamento dei contributi figurativi, ha una durata pari alla metà delle settimane di contribuzione;
    numerosi lavoratori stagionali rischiano, quest'anno di non poter accedere alle tutele, soprattutto in alcune regioni del Centro-nord del Paese, dove da un lato gli effetti della crisi economica e dall'altro il meteo poco favorevole nel mese di giugno hanno penalizzato l'avvio della stagione estiva, pregiudicando il raggiungimento delle 13 settimane di contribuzione richieste ai lavoratori per l'accesso alla mini-Aspi;
    il requisito delle 13 settimane di contribuzione in sostituzione delle 78 giornate rischia di penalizzare chi svolge lavori ad alta frammentazione temporale,

impegna il Governo:

   ad adottare in via d'urgenza iniziative utili volte a:
    a) garantire ai lavoratori non solo la copertura della disoccupazione, ma anche la salvaguardia degli accrediti ai fini pensionistici;
    b) introdurre una deroga che consenta per gli anni 2013 e 2014 ai lavoratori stagionali di accedere all'indennità anche con un numero più basso di giorni di contribuzione, ripristinando i precedenti 78 giorni o riducendo a 10 le settimane di contribuzione;
    c) prevedere un percorso di riforma complessiva dell'istituto della mini-Aspi, considerato che l'erogazione del beneficio per un periodo pari alla metà delle settimane di contribuzione determina un abbassamento consistente degli importi rispetto all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, e che analogamente viene ridotta la contribuzione figurativa.
(7-00099) «Pizzolante, Arlotti, Gnecchi, Petitti, Brandolin, Paola Bragantini, Basso, Polverini, Baldelli, Bosco, Rizzetto, Rostellato, Biondelli, Baruffi, Rosato, Morani, Manzi, Di Salvo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   il 24 luglio 2013 si è riunito a Bruxelles il comitato tecnico dell'Unione europea, composto da funzionari ministeriali dei 28 Stati membri, per esaminare la lista dei progetti infrastrutturali prioritari in ambito energetico;
   durante la riunione, è stata approvata una lista in cui figura il rigassificatore «a Zaule o in altra località dell'Alto Adriatico», malgrado l'opposizione della Slovenia, delle amministrazioni triestine e della regione Friuli Venezia Giulia;
   non si tratta di un'approvazione definitiva, visto che questa lista deve ottenere il via libera finale in sede politica, nella prima metà di ottobre, da parte della Commissione europea;
   il 16 settembre 2013 — come riportato il giorno successivo dalla stampa italiana — la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding è stata in visita ufficiale a Trieste, nell'ambito di un'iniziativa che ha portato alcuni rappresentanti comunitari a incontrare i cittadini europei;
   accompagnata dal Ministro agli affari europei Enzo Moavero Milanesi e alla presenza della governatrice della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, la Reding nel corso dell'evento ha risposto alle numerose domande, di cui alcune relative al progetto del rigassificatore;
   in particolare, la vicepresidente della Commissione europea ha dichiarato che «prima di arrivare qui ho parlato con i colleghi della Commissione: mi hanno detto che si attende la conclusione della nuova valutazione di impatto ambientale (VIA) italiana prima di pronunciarsi nel merito»;
   il Ministro Moavero Milanesi ha ricordato che il Governo italiano ha «appositamente sospeso per sei mesi la procedura di Via per confrontarsi con il territorio e le istituzioni locali», aggiungendo poi che «la Commissione europea discuterà di questo argomento nelle prossime settimane e, come ha detto Reding, di certo starà a sentire il parere dell'Italia»;
   la contrarietà delle istituzioni locali al progetto della società Gas Natural è stata ribadita dal sindaco di Trieste Roberto Cosolini all'inizio dell'incontro, durante il quale il primo cittadino del capoluogo giuliano ha chiarito che non è in discussione la necessità strategica europea di rifornimento energetico, ma il progetto specifico «che per la sua locazione ha sollevato criticità ben precise di carattere ambientale e in ambito di sicurezza» –:
   se il Governo intenda procedere con la dovuta attenzione alla valutazione di compatibilità ambientale del progetto della Gas Natural, garantendo il rispetto della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale (2011/92/UE), e tenendo presente le criticità di sicurezza legate alla sua eventuale collocazione a Zaule;
   se s'intenda chiarire definitivamente il sito dove dovrebbe essere costruito il rigassificatore, a Zaule «o in altra località dell'Alto Adriatico». (5-01028)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   CORDA, ALBERTI, RIZZO, BASILIO, FRUSONE, TOFALO e NESCI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   destano preoccupazione le condizioni del cittadino italiano Enrico Forti detto Chico, detenuto negli Stati Uniti in seguito a un controverso processo che ha destato molto clamore anche per i supposti limiti dati alle garanzie di difesa dell'imputato;
   lo stesso Ministro Bonino ha dichiarato l'attenzione attiva del Governo su questa vicenda oltre ad essersi, in tempi precedenti all'assunzione del suo incarico governativo, sempre battuta per la revisione del processo –:
   quali iniziative il Governo abbia assunto o reputi necessario assumere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria e del Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere la revisione del processo per Chico Forti;
   se siano state assunte iniziative per verificare quanto denunciato da associazioni e familiari sulla critica situazione psicofisica del Forti e se sulle stesse non reputi necessario fornire ogni utile elemento di riscontro. (4-01861)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento all'area di Crotone, si rende noto che la società Syndial ha incorporato, negli anni passati, la Pertusola Sud spa Fosfotec srl;
   la su citata società Syndial ha inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una serie di richieste di approfondimenti e di approvazione di progetti che attualmente costituiscono l'oggetto di procedimenti in fase istruttoria e di conseguenza in attesa di determinazioni del Ministero medesimo;
   nel dettaglio, con riguardo ai suoli dell'area ex EniChem Agricoltura spa (di derivazione Montedison), la Syndial è in attesa di ottenere da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'approvazione di un lotto del progetto di bonifica (POB), presentato nel mese di novembre del 2011, in relazione al quale nell'aprile del 2013 la stessa società ha presentato delle integrazioni documentali allo scopo di fornire il maggior numero di informazioni utili per il raggiungimento della conclusione del procedimento;
   un'altra richiesta di approfondimento istruttorio presentata dalla società Syndial al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risale al mese di maggio del 2013 avente come oggetto le discariche Ex Pertusola ed Ex Fosfotec, i cui progetti di risanamento (messa in sicurezza permanente) sono stati presentati nel triennio 2008/2011. Il parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulta essere necessario allo scopo di portare avanti e concretamente attuare i già citati progetti di discarica;
   proseguendo nell'elenco dei procedimenti pendenti, si rende noto che, nel maggio del 2012 è stata presentata, su iniziativa del Consorzio industriale, una variante al progetto di bonifica della falda acquifera che la società Syndial considera una importante opportunità di valorizzazione delle risorse del territorio interessato. A riguardo, nel maggio del 2013, si è tenuta una conferenza istruttoria con precisa richiesta di approfondimenti trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e che ancora sono in attesa di risposta –:
   quali siano i motivi per i quali le richieste inoltrate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della società Syndial in riferimento ai procedimenti delineati in premessa, non abbiano ancora ottenuto una concreta risposta, così impedendo ai procedimenti medesimi di giungere ad una conclusione in grado di permettere alla Syndial stessa di attuare lavori di massima importanza e valorizzazione del territorio crotonese;
   sulla base del progetto presentato dal comune di Crotone ed approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se vi siano rilevanti novità riguardanti la concreta possibilità che la società Syndial possa procedere all'attuazione degli interventi di bonifica sull'area archeologica di Crotone e, ovviamente, quali siano i tempi previsti per tale operazione. (5-01030)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MANTERO, BECHIS, SIMONE VALENTE, BATTELLI, BUSINAROLO, LOREFICE, SPADONI e D'INCÀ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della Conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'8 novembre 2006, è stata richiesta dalla regione Liguria la dichiarazione dello stato di emergenza per risolvere, con i necessari provvedimenti straordinari, la grave situazione di inquinamento in cui versa l'area industriale dello stabilimento Stoppani nel comune di Cogoleto (Genova);
   tale richiesta è stata accolta e ratificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006 recante «Modifiche all'organizzazione interna del Dipartimento della protezione civile»;
   con successiva ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 3554 del 5 dicembre 2006 recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani sito nel comune di Cogoleto» è stato nominato il commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza al quale sono stati attribuiti poteri straordinari;
   con successive ordinanze della Presidenza del Consiglio del ministri (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3559 del 27 dicembre 2006, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 2580 del 3 aprile 2007, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3660 del 6 marzo 2008, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3721 del 19 dicembre 2008 e ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3742 del 18 febbraio 2009) sono state apportate modifiche ed integrazioni;
   successivamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2009 è stato prorogato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009;
   per far fronte a tali situazioni emergenziali, sono stati stanziati, in passato, circa 40 milioni di euro, gestiti dal commissario delegato, che hanno permesso di eseguire una parziale bonifica dei siti inquinati;
   ad oggi, la disponibilità di tali fondi è stata esaurita e le opere di bonifica degli impianti e la completa messa in sicurezza del sito sono ancora da terminare;
   tale situazione di indeterminatezza e incompletezza crea allarme nella comunità locale per le possibili ricadute negative sull'ambiente, sulla salute e sul turismo;
   la struttura commissariale è ancora in essere e, ad oggi, l'area Stoppani è ancora annoverata tra i siti di interesse nazionale (SIN), per le relative opere di bonifica e messa in sicurezza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione riferita in premessa;
   quali provvedimenti concreti intenda prendere il Governo in merito all'attività di bonifica e di messa in sicurezza ambientale del sito Stoppani;
   se il Governo intenda stabilire una tempistica degli interventi che verranno avviati, individuando, per ognuno di essi, le risorse finanziarie che saranno stanziate;
   se il Governo intenda assumere l'impegno di stanziare ulteriori fondi per l'ultimazione dei previsti lavori di bonifica e messa in sicurezza;
   quali risorse pubbliche il Governo intenda complessivamente stanziare per gli esercizi finanziari 2013 e 2014. (4-01852)


   GRIMOLDI e INVERNIZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le località di Badia Prataglia, Moggiona (comune di Poppi), Serravalle (comune di Bibbiena), Val della Meta (comune di Chiusi della Verna) e le piccolissime frazioni all'interno dei comuni di Pratovecchio e Stia, tutte situate nella zona montana del Casentino, in provincia di Arezzo, fanno parte del parco delle foreste Casentinesi;
   i cittadini di uno stesso comune sono soggetti a realtà ed obblighi diversi a seconda che risiedano o meno nelle località situate nel parco;
   infatti, qualora i cittadini di un comune risiedano in tali località sono soggetti a costi maggiori per pratiche relative ad esempio all'edilizia;
   tutti i vincoli imposti dal parco non hanno determinato un incremento di posti di lavoro, anzi hanno determinato la situazione opposta: nel caso di Badia Prataglia, che comprende l'80 per cento circa degli abitanti del parco, il numero di persone impegnate in attività boschive è passato da circa 500 a circa 10;
   sempre a Badia Prataglia il numero di abitanti si è ridotto da 2.000 a circa 700, di cui il 70 per cento ultracinquantenne, proprio a causa dei forti vincoli del parco –:
   se il Ministro ritenga opportuno valutare la possibilità di promuovere una concertazione di azioni tra i paesi montani all'interno del parco al fine di avere una rappresentanza importante dei cittadini del parco e valutare altresì la possibilità di assumere iniziative per istituire una consulta in tutti i parchi nazionali, espressione diretta degli abitanti residenti all'interno dei confini del parco. (4-01853)


   MANNINO, CANCELLERI, CURRÒ, DI BENEDETTO, D'UVA, DI VITA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, MARZANA, NUTI, RIZZO, VILLAROSA, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   in base alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, vengono classificati di importanza comunitaria i siti che, nella regione biogeografica di appartenenza, contribuiscono in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale in uno stato di conservazione soddisfacente e che possono, inoltre, contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica «Natura 2000»;
   la stessa direttiva prevede, all'articolo 4, che la Commissione – sulla base degli elenchi trasmessi dagli Stati membri – adotta un elenco dei siti di importanza nei quali si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari, e che lo Stato membro interessato deve designare il sito di importanza comunitaria scelto come zona speciale di conservazione «il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell'importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più habitat naturali di cui all'allegato I o di una o più specie di cui all'allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti»;
   la direttiva, all'articolo 17, fissa l'obbligo per gli Stati membri di elaborare, ogni 6 anni a partire dal recepimento della stessa direttiva nell'ordinamento interno, una relazione sull'attuazione delle disposizioni adottate che comprenda informazioni relative alle misure di conservazione, alla loro incidenza e ai principali risultati dell'attività di sorveglianza posta in essere dagli Stati membri;
   con decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357, l'Italia ha approvato il Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche;
   il Regolamento citato al punto precedente – all'articolo 3 comma 2 – stabilisce che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare designa, con proprio decreto, i siti di importanza comunitaria quali «Zone speciali di conservazione», entro il termine massimo di sei anni, dalla definizione, da parte della Commissione europea dell'elenco dei siti;
   con riferimento agli obblighi informativi, il decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 – all'articolo 13 – stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alla Commissione europea, ogni sei anni, a decorrere dall'anno 2000, una relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente regolamento;
   nello stesso articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, è stato altresì stabilito che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, un rapporto sulle misure di conservazione adottate e sui criteri individuati per definire specifici piani di gestione, e che presentano altresì una relazione annuale;
   la  Commissione, con propria decisione del 19 luglio 2006 notificata con il numero C(2006) 3261, ha adottato, in base alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio l'elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, tra i quali sono compresi i siti ubicati all'interno della regione Sicilia elencati di seguito:
    ITA010001 Isole dello Stagnone di Marsala;
    ITA01002 Isola di Marettimo;
    ITA010003 Isola di Levanzo;
    ITA010004 Isola di Favignana;
    ITA010005 Laghetti di Preola e Gorghi Tondi e Sciare di Mazara;
    ITA010006 Paludi di Capo Feto e Margi Spanò;
    ITA010007 Saline di Trapani;
    ITA010008 Complesso Monte Bosco e Scorace;
    ITA010009 Monte Bonifato;
    ITA010010 Monte San Giuliano;
    ITA010011 Sistema dunale Capo Granitola, Porto Palo e Foce del Belice;
    ITA010012 Marausa: macchia a Quercus calliprinos;
    ITA010013 Bosco di Calatafimi;
    ITA010014 Sciare di Marsala;
    ITA010015 Complesso Monti di Castellammare del Golfo (TP);
    ITA010016 Monte Cofano e Litorale;
    ITA010017 Capo S. Vito, Monte Monaco, Zingaro, Faraglioni Scopello, Monte Sparacio;
    ITA010018 Foce del Torrente Calatubo e dune;
    ITA010019 Isola di Pantelleria: Montagna Grande e Monte Gibele;
    ITA010020 Isola di Pantelleria - Area costiera, falesie e Bagno dell'Acqua;
    ITA010021 Saline di Marsala;
    ITA010022 Complesso Monti di S. Ninfa-Gibellina e Grotta di S. Ninfa;
    ITA010023 Montagna Grande di Salemi;
    ITA010024 Fondali dell'Isola di Favignana (denominato Fondali dell'Arcipelago delle Isole Egadi nella Decisione della Commissione del 16 novembre 2012 che adotta un sesto elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea, notificata con il numero C(2012) 8233);
    ITA010025 Fondali del Golfo di Custonaci;
    ITA010026 Fondali dell'Isola dello Stagnone di Marsala;
    ITA020001 Rocca di Cefalù;
    ITA020002 Boschi di Gibilmanna e Cefalù;
    ITA020003 Boschi di San Mauro Castelverde;
    ITA020004 Monte S. Salvatore. Monte Catarineci, Vallone Mandarini, ambienti umidi;
    ITA020005 Isola delle Femmine;
    ITA020006 Capo Gallo;
    ITA020007 Boschi Ficuzza e Cappelliere, Vallone Cerasa, Castagneti Mezzojuso;
    ITA020008 Rocca Busambra e Rocche di Rao;
    ITA020009 Cala Rossa e Capo Rama;
    ITA020010 Isola di Ustica;
    ITA020011 Rocche di Castronuovo, Pizzo Lupo, Gurghi di S. Andrea;
    ITA020012 Valle del Fiume Oreto;
    ITA020013 Lago di Piana degli Albanesi;
    ITA020014 Monte Pellegrino;
    ITA020015 Complesso calanchivo di Castellana Sicula;
    ITA020016 Monte Quacella, Monte dei Cervi, Pizzo Carbonara, Monte Ferro, Pizzo Otiero;
    ITA020017 Complesso Pizzo Dipilo e querceti su calcare;
    ITA020018 Foce del Fiume Pollina e Monte Tardara;
    ITA020019 Rupi di Catalfano e Capo Zafferano;
    ITA020020 Querceti sempreverdi di Geraci Siculo e Castelbuono;
    ITA020021 Montagna Longa, Pizzo Montanello;
    ITA020022 Calanchi, lembi boschivi e praterie di Riena;
    ITA020023 Raffo Rosso, Monte Cuccio e Vallone Sagana;
    ITA020024 Rocche di Ciminna;
    ITA020025 Bosco di S. Adriano;
    ITA020026 Monte Pizzuta, Costa del Carpineto, Moarda;
    ITA020027 Monte Lato, Kumeta, Maganoce e Pizzo Parrino;
    ITA020028 Serra del Leone e Monte Stagnataro;
    ITA020029 Monte Rose e Monte Pernice;
    ITA020030 Monte Matassaro, Monte Gradara e Monte Signora;
    ITA020031 Monte d'Indisi. Montagna dei Cavalli, Pizzo Potorno e Pian del Leone;
    ITA020032 Boschi di Granza;
    ITA020033 Monte San Calogero (Termini Imerese);
    ITA020034 Monte Carcaci, Pizzo Colobria e ambienti umidi;
    ITA020035 Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco;
    ITA020036 Monte Triona e Monte Colomba;
    ITA020037 Monti Barracù, Cardelia, Pizzo Cangialosi e Gole del Torrente Corleone;
    ITA020038 Sugherete di Contrada Serradaino;
    ITA020039 Monte Cane, Pizzo Selva a Mare, Monte Trigna;
    ITA020040 Monte Zimmara (Gangi);
    ITA020041 Monte San Calogero (Gangi);
    ITA020042 Rocche di Entella;
    ITA020043 Monte Rosamarina e Cozzo Famò;
    ITA020044 Monte Grifone;
    ITA020045 Rocca di Sciara;
    ITA020046 Fondali dell'Isola di Ustica;
    ITA020047 Fondali di Isola delle Femmine - Capo Gallo;
    ITA030001 Stretta di Longi;
    ITA030002 Torrente Fiumetto e Pizzo D'Uncina;
    ITA030003 Rupi di Taormina e Monte Veneretta;
    ITA030004 Bacino del Torrente Letojanni;
    ITA030005 Bosco di Malabotta;
    ITA030006 Rocca di Novara;
    ITA030007 Affluenti del Torrente Mela;
    ITA030008 Capo Peloro - Laghi di Ganzirri;
    ITA030009 Pizzo Mualio, Montagna di Vernà;
    ITA030010 Fiume Fiumedinisi, Monte Scuderi;
    ITA030011 Dorsale Curcuraci, Antennamare;
    ITA030012 Laguna di Oliveri - Tindari;
    ITA030013 Rocche di Alcara Li Fusi;
    ITA030014 Pizzo Fau, Monte Pomiere Pizzo Bidi e Serra della Testa;
    ITA030015 Valle del Fiume Caronia, Lago Zilio;
    ITA030016 Pizzo della Battaglia;
    ITA030017 Vallone Laccaretta e Urio Quattrocchi;
    ITA030018 Pizzo Michele;
    ITA030019 Tratto montano del bacino della Fiumara di Agrò;
    ITA030020 Fiume San Paolo;
    ITA030021 Torrente San Cataldo;
    ITA030022 Lecceta di S. Fratello;
    ITA030023 Isola di Alicudi;
    ITA030024 Isola di Filicudi;
    ITA030025 Isola di Panarea e scogli viciniori;
    ITA030026 Isole di Stromboli e Strombolicchio;
    ITA030027 Isola di Vulcano;
    ITA030028 Isola di Salina (Monte Fossa delle Felci e dei Porri);
    ITA030029 Isola di Salina (Stagno di Lingua);
    ITA030030 Isola di Lipari;
    ITA030031 Isola Bella, Capo Taormina e Capo S. Andrea;
    ITA030032 Capo Milazzo;
    ITA030033 Capo Calavà;
    ITA030034 Rocche di Roccella Valdemone;
    ITA030035 Alta valle del Fiume Alcantara;
    ITA030036 Riserva naturale del Fiume Alcantara;
    ITA030037 Fiumara di Floresta;
    ITA030038 Serra del Re, Monte Soro e Biviere di Cesarò;
    ITA030039 Monte Pelato;
    ITA030040 Fondali di Taormina - Isola Bella;
    ITA030041 Fondali dell'Isola di Salina;
    ITA040001 Isola di Linosa;
    ITA040002 Isola di Lampedusa e Lampione;
    ITA040003 Foce del Magazzolo, Foce del Platani, Capo Bianco, Torre Salsa;
    ITA040004 Foce del Fiume Verdura;
    ITA040005 Monte Cammarata - Contrada Salaci;
    ITA040006 Complesso Monte Telegrafo e Rocca Ficuzza;
    ITA040007 Pizzo della Rondine, Bosco di S. Stefano Quisquina;
    ITA040008 Maccalube di Aragona;
    ITA040009 Monte San Calogero (Sciacca);
    ITA040010 Litorale di Palma di Montechiaro;
    ITA040011 La Montagnola e Acqua Fitusa;
    ITA040012 Fondali di Capo San Marco - Sciacca,;
    ITA050001 Biviere e Macconi di Gela;
    ITA050002 Torrente Vaccarizzo (tratto terminale);
    ITA050003 Lago Soprano;
    ITA050004 Monte Capodarso e valle del Fiume Imera meridionale;
    ITA050005 Lago Sfondato;
    ITA050006 Monte Conca;
    ITA050007 Sughereta di Niscemi;
    ITA050008 Rupe di Falconara;
    ITA050009 Rupe di Marianopoli;
    ITA050010 Pizzo Muculufa;
    ITA050011 Torre Manfria;
    ITA060001 Lago Ogliastro;
    ITA060002 Lago di Pergusa;
    ITA060003 Lago di Pozzillo;
    ITA060004 Monte Altesina;
    ITA060005 Lago di Ancipa;
    ITA060006 Monte Sambughetti, Monte Campanito;
    ITA060007 Vallone di Piano della Corte;
    ITA060008 Contrada Giammaiano;
    ITA060009 Bosco di Sperlinga, Alto Salso;
    ITA060010 Vallone Rossomanno;
    ITA060011 Contrada Caprara;
    ITA060012 Boschi di Piazza Armerina;
    ITA060013 Serre di Monte Cannarella;
    ITA060014 Monte Chiapparo;
    ITA060015 Contrada Valanghe;
    ITA070001 Foce del Fiume Simeto e Lago Gornalunga;
    ITA070002 Riserva naturale Fiume Freddo;
    ITA070003 La Gurna;
    ITA070004 Timpa di Acireale;
    ITA070005 Bosco di Santo Pietro;
    ITA070006 Isole dei Ciclopi;
    ITA070007 Bosco del Flascio;
    ITA070008 Complesso Immacolatelle, Micio Conti, boschi limitrofi;
    ITA070009 Fascia altomontana dell'Etna;
    ITA070010 Dammusi;
    ITA070011 Poggio S. Maria;
    ITA070012 Pineta di Adrano e Biancavilla;
    ITA070013 Pineta di Linguaglossa;
    ITA070014 Monte Baracca, Contrada Giarrita;
    ITA070015 Canalone del Tripodo;
    ITA070016 Valle del Bove;
    ITA070017 Sciare di Roccazzo della Bandiera;
    ITA070018 Piano dei Grilli;
    ITA070019 Lago Gurrida e Sciare di S. Venera;
    ITA070020 Bosco di Milo;
    ITA070021 Bosco di S. Maria La Stella;
    ITA070022 Bosco di Linera;
    ITA070023 Monte Minardo;
    ITA070024 Monte Arso;
    ITA070025 Tratto di Pietraiunga del Fiume Simeto;
    ITA070026 Forre laviche del Fiume Simeto;
    ITA070027 Contrada Sorbera e Contrada Gibiotti;
    ITA070028 Fondali di Acicastello (Isola Lachea - Ciclopi);
    ITA080001 Foce del Fiume Irmino;
    ITA080002 Alto corso del Fiume Irmino;
    ITA080003 Vallata del Fiume Ippari (Pineta di Vittoria);
    ITA080004 Punta Braccetto, Contrada Cammarana;
    ITA080005 Isola dei Porri;
    ITA080006 Cava Randello, Passo Marinaro;
    ITA080007 Spiaggia Maganuco;
    ITA080008 Contrada Religione;
    ITA080010 Fondali Foce del Fiume Irminio;
    ITA090001 Isola di Capo Passero;
    ITA090002 Vendicari;
    ITA090003 Pantani della Sicilia sud-orientale;
    ITA090004 Pantano Morghella;
    ITA090005 Pantano di Marzamemi;
    ITA090006 Saline di Siracusa e Fiume Ciane;
    ITA090007 Cava Grande del Cassibile, Cava Cinque Porte, Cava e Bosco di Bauli;
    ITA090008 Capo Murro di Porco, Penisola della Maddalena e Grotta Pellegrino;
    ITA090009 Valle del Fiume Anapo, Cavagrande del Calcinara, Cugni di Sortino;
    ITA090010 Isola Correnti, pantani di Pineta Pilieri, chiusa dell'Alga e Parrino;
    ITA090011 Grotta Monello;
    ITA090012 Grotta Palombara;
    ITA090013 Saline di Priolo;
    ITA090014 Saline di Augusta;
    ITA090015 Torrente Sapillone;
    ITA090016 Alto corso del Fiume Asinaro, Cava Piraro e Cava Carosello;
    ITA090017 Cava Palombieri;
    ITA090018 Fiume Tellesimo;
    ITA090019 Cava Cardinale;
    ITA090020 Monti Climiti;
    ITA090021 Cava Contessa - Cugno Lupo;
    ITA090022 Bosco Pisano;
    ITA090023 Monte Lauro;
    ITA090024 Cozzo Ogliastri;
    ITA090026 Fondali di Brucoli-Agnone;
    ITA090027 Fondali di Vendicari;
    ITA090028 Fondali dell'Isola di Capo Passero.
   alla data odierna, risulta che l'Italia abbia provveduto alla designazione, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 febbraio 2013, delle sole «zone speciali di conservazione» della regione biogeografica alpina insistenti nella regione autonoma Valle D'Aosta, e non i siti ubicati all'interno della Regione Sicilia compresi nell'elenco adottato dalla Commissione nel luglio 2006, benché il termine di 6 anni fissato dalla Direttiva e dal Regolamento interno di attuazione risulta ampiamente decorso;
   l'ultimo rapporto nazionale sull'attuazione della direttiva Habitat, riferito al periodo 2001-2006, è stato pubblicato nel luglio 2007 –:
   quale sia lo stato di avanzamento delle attività propedeutiche alla designazione come zone speciali di conservazione (ZSC) dei siti di importanza comunitaria (SIC) che insistono nella Regione Sicilia, elencati in premessa;
   per quale ragione non sia stato possibile pervenire alla designazione come zone speciali di conservazione dei siti di importanza comunitaria inseriti nell'elenco adottato dalla Commissione nel luglio 2006, nei termini previsti dall'articolo 4 della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;
   se e quando la regione siciliana abbia trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un rapporto sulle misure di conservazione adottate rispetto ai siti di importanza comunitaria individuati, e abbia presentato la relazione annuale di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;
   quale sia lo stato di avanzamento delle attività preparatorie del terzo rapporto nazionale sull'attuazione della direttiva Habitat, riferito al periodo 2007/2012, e quando sia prevista la trasmissione dello stesso rapporto alla Commissione europea;
   quali siano, ove esistenti, le ragioni per cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia proceduto nei termini previsti dalla disciplina vigente alla designazione dei SIC come zone speciale di conservazione, e quali attività intenda porre in essere per addivenire a quanto disposto dalla normativa. (4-01855)


   BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tra le attività antropiche con rilascio di inquinanti in atmosfera si annoverano le combustioni in genere (dai motori a scoppio degli autoveicoli alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche (ad esempio le laminazioni), i processi di evaporazione (esempio le verniciature) e i processi chimici;
   il principio di conservazione della massa, comunemente conosciuta come legge di Lavoiser, prevede in parole semplici che «in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma»;
   i principali inquinanti prodotti dalla combustione sono: CO2, NOx, SO2, CO, metalli pesanti, polveri sottili (PM10, 2, 5, 1 e 0,1), composti complessi come IPA, diossine, e altro;
   i sistemi naturali si basano su un continuo riciclo della materia senza produzione di rifiuti e senza combustioni;
   con sentenza del 19 dicembre 2012 (causa C-68/11) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti avendo omesso di provvedere affinché le concentrazioni di PM10 nell'aria ambiente non superassero i valori limiti fissati dalla normativa dell'Unione europea sulla qualità dell'aria. Questa sentenza riguarda 55 zone e agglomerati, tra cui diverse zone nel nord-est dell'Italia dove l'aria è tra le più inquinate d'Europa;
   nel 2011 nella pianura padana, in città come Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così consistente da produrre in gennaio il fenomeno della «neve chimica», una pioggia di ghiaccio causata dalla condensazione del vapore acqueo sul particolato presente nell'aria;
   nel mese di gennaio 2013 la Commissione europea ha inviato una nuova lettera al Governo italiano, chiedendo di mettersi in regola con le norme europee sulla qualità dell'aria;
   sulla rivista Lancet Oncology sono stati pubblicati gli esiti della maxiricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei, seguite nel corso di ben tredici anni: la presenza delle polveri sottili tossiche nell'aria delle città fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare;
   l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500 mila morti premature ogni anno;
   molte sostanze inquinanti atmosferiche in Veneto si trovano in concentrazioni sovrabbondanti e pericolose, con un trend stabile o incerto e non in via di miglioramento;
   ricerche dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche hanno rilevato che la combustione domestica di legna da ardere arriva a costituire fino al 60 per cento della concentrazione di massa del materiale particellare (particolato organico) sospeso in atmosfera e che la combustione di legna produce notevoli quantità di specie tossiche, quali, ma non solo, gli idrocarburi policiclici aromatici;
   nella campagna veneta si rilevano di frequente roghi di scarti agricoli (ramaglie, sterpaglie, frasche, cumuli di foglie, e altro) effettuati per liberarsi dei rifiuti agricoli, senza alcun legame con la produzione di energia o calore; i fuochi vengono altresì appiccati per sgomberare argini, sentieri e campi agricoli da piante erbacee ed arbustive, spesso dopo aver effettuato uno sfalcio grossolano;
   tradizioni come i falò dell'Epifania sono consuetudini tuttora in uso nel nord est italiano, spesso incentivate dalle amministrazioni locali – come il caso dei «Panevin» autorizzati e anzi incentivati a Treviso –, e liberano nell'aria pericolose quantità di diossina nonché altre sostanze inquinanti a causa della combustione di ingenti quantità di tralci di vite trattati con pesticidi nonché della grave abitudine di approfittare di tali fuochi per smaltire illecitamente ogni genere di rifiuto;
   interpellando le forze dell'ordine emergono pareri discordanti circa la gravità di bruciare materiali di ogni sorta, e ciò, il più delle volte, vanifica le segnalazioni dei cittadini che avvistano un fuoco in campo agricolo;
   secondo la procura di Avellino bruciare residui agricoli è reato di smaltimento illegale di rifiuti e violazione dell'articolo 674 del codice penale;
   le «linee guida dell'attività operativa 2013 dell'Ispettorato Generale del Corpo forestale dello Stato» dispongono che «... paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto la combustione sul campo dei residui vegetali configura il reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente dall'articolo 256 co 1, del D.Lgs. n. 152/06»;
   principi esposti in pronunce della Corte Costituzionale sottolineano che: «la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato ... viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato»;
   la corte di Cassazione penale, sezione III, con sentenza del 4 aprile 2013, n. 15641 dice che l'abbruciamento a terra di rifiuti – anche occasionale – integra un'attività di «smaltimento illecito di rifiuti» ex articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che può essere commesso anche da soggetto privato;
   ai fini dell'applicazione della disciplina dettata dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 si intende per «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi (articolo 183, comma 1, lettera a)). Premesso ciò si può sostenere che il comportamento di bruciare i residui vegetali manifesti la volontà di «disfarsi» di detto materiale, che per effetto di tale azione deve essere necessariamente considerato un «rifiuto» –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, per contrastare il fenomeno dei roghi in ambiente agricolo, come l'abbruciamento di stoppie e altri vegetali residui da parte di agricoltori e altri soggetti, nonché il perdurare di manifestazioni tradizionali come i falò dell'Epifania, nell'ottica della tutela della salute pubblica, del contrasto all'inquinamento atmosferico e della preservazione ambientale e climatica;
   quali siano le ragioni per le quali lo Stato italiano non abbia ancora provveduto a mettersi in regola con la normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria e se non intenda avviare tutte le iniziative di propria competenza in questa direzione;
   per fugare ogni dubbio ed eliminare le dispute, se si intendano assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla normativa vigente in materia di smaltimento dei rifiuti agricoli agevolando la conoscenza delle relative disposizioni da parte degli enti nazionali e locali, delle organizzazioni degli imprenditori agricoli, delle forze dell'ordine e dei cittadini. (4-01858)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nelle mattinate di domenica 1o e lunedì 2 settembre 2013 e in alcuni giorni a seguire, vi sono state numerose segnalazioni di esalazioni maleodoranti, simili allo zolfo, che ad ondate sono state avvertite in diverse zone del comune di Falconara Marittima (AN);
   l'odore nauseabondo in quelle giornate ha reso l'aria talmente irrespirabile da costringere alcuni cittadini alla chiusura di ogni apertura delle abitazioni, altri ad abbandonare la spiaggia;
   il comune di Falconara si è attivato con la collaborazione e l'ausilio della polizia municipale e dei tecnici dell'U.T.C, e dell'ufficio ambiente, in perfetta sinergia con l'ARPAM (organo preposto al controllo ambientale) allertata affinché potessero essere individuate le cause del fenomeno odorigeno. Sono stati predisposti controlli in vari impianti della raffineria Api, e da un primo controllo sembrerebbe che nelle centraline presenti all'interno non risultino anomalie;
   domenica 1o settembre, il sindaco di Falconara M. scrive sul suo profilo facebook di aver effettuato un sopralluogo in raffineria, di essere stato rassicurato dall'amministratore delegato dell'API, di non avere sentito puzza sotto le ciminiere e che «l'ARPAM sta acquisendo tutta la documentazione al fine di verificare inconvenienti di malfunzionamento dello specifico impianto di desolforazione e degli altri cattivi odori»;
   i quotidiani locali scrivevano il 2 e 3 settembre che «L'ARPAM ha comunque acquisito la documentazione dell'impianto di desolforzione per accertare eventuali malfunzionamenti» ma anche che «dall'ARPA Marche non chiariscono se gli accertamenti siano stati condotti anche in altri siti» e che «non ci sono conferme che la fonte sia la raffineria API»;
   l'ARPAM ha prelevato i campioni e la documentazione sugli impianti, e non è ancora certo se questi odori siano portati dal vento che in quei giorni ha cambiato continuamente direzione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di ulteriori siti industriali con impianti di desolforazione in produzione e se non ritenga opportuno acquisire elementi ulteriori anche per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di fornire rassicurazioni sulla sicurezza della popolazione residente. (4-01865)


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da mesi è in atto un duro confronto fra cittadini di tutta Italia e l'amministrazione regionale del Veneto per la progettata uccisione di più di 1.200 cervi all'interno e nei dintorni della foresta del Cansiglio, zona protetta dalle norme europee (SIC e ZPS) posta fra le province di Treviso, Pordenone e Belluno;
   i motivi che sottenderebbero l'abbattimento, richiamati anche nel piano poliennale di controllo del cervo redatto da Veneto Agricoltura, sarebbero i danni provocati dagli ungulati ai pascoli utilizzati dalle aziende zootecniche del luogo, questo a seguito del notevole incremento numerico della popolazione di cervi. Non è però possibile conoscere l'effettivo numero dei cervi presenti nel Cansiglio e zone adiacenti, perché nessuna autorità ha mai provveduto al loro conteggio, al punto che lo stesso comandante regionale veneto del Corpo forestale dello Stato, Daniele Zovi, in un articolo comparso sul Corriere delle Alpi in data 8 luglio 2013 ammette che: «È vero, nessun censimento preciso è ancora stato compiuto», evidenziando così l'inconsistenza delle supposizioni circa l'accrescimento della popolazione di cervi;
   la legge 11 febbraio 1992, n. 157 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, al comma 2 dell'articolo 19 – Controllo della fauna selvatica, statuisce che «Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento»;
   stando a quanto sopra riportato, il piano di abbattimento dei cervi del Cansiglio è a giudizio dell'interrogante del tutto illegittimo per almeno due motivi:
    a) non sono disponibili dati scientifici relativi alla loro presenza numerica;
    b) ne è stato deciso l'abbattimento senza verificare preventivamente l'eventuale inadeguatezza dei sistemi incruenti, come statuito dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del Corpo forestale dello Stato, in relazione a quanto esposto in premessa e quali indicazioni abbia espresso o intenda esprimere l'Ispra. (4-01872)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a metà agosto 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per la realizzazione dell'inceneritore di Giugliano, come riporta l'edizione online de Il Mattino del 16 agosto 2013 nell'articolo «Napoli rifiuti, pubblicato il bando per il termovalorizzatore di Giugliano»;
   l'impianto sarà destinato a bruciare le ecoballe fuori norma stoccate tra Giugliano, Villa Literno, Caivano ed altri siti in giro per la Campania;
   oltre sei milioni di tonnellate di ecoballe sono quelle accatastate nel deposito di Taverna del Re, un sito al confine tra le province di Napoli e Caserta;
   tali ecoballe, motivo di contestazione da parte dell'Unione europea, che ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione, come il già citato articolo de Il Mattino riporta, sono il frutto del disastro perpetrato dalla Fibe-Impregilo nella gestione del ciclo dei rifiuti, come riporta l'articolo «Giugliano: si scaldano i motori della rivolta» del 9 agosto 2013 sul quotidiano online «Fanpage»;
   il nuovo impianto dovrebbe sorgere nell'area dell'ex centrale elettrica e sarà realizzato con un progetto di finanza, con le offerte che dovranno giungere entro il prossimo 11 ottobre, così da poi procedere all'affidamento;
   al momento non è stabilita la quantità di rifiuti che l'inceneritore brucerà quotidianamente;
   lo stesso articolo de Il Mattino pubblicato in data 16 agosto 2013 spiega che il professor Alberto Carotenuto, commissario regionale alle discariche ed alla realizzazione dell'inceneritore di Napoli est, ha dichiarato in merito che l'area di Giugliano per il nuovo inceneritore non è stata indicata né dal commissariato né dalla regione, bensì da una legge dello Stato;
   l'annuncio della pubblicazione del bando era già stato anticipato dall'assessore regionale all'ambiente Giovanni Romano alcuni giorni prima in un video pubblicato su internet, come riportato dal quotidiano online InterNapoli nell'articolo del 6 agosto 2013 «Inceneritore a Giugliano, tra 10 giorni il bando»;
   a partire dall'8 agosto 2013 si sono tenute una serie di assemblee cittadine e manifestazioni a cui hanno partecipato tra gli altri gli attivisti ed i comitati che formano il Presidio permanente Taverna del Re, la Rete Commons, il Coordinamento Comitati Fuochi (questi ultimi due impegnati anche nella coalizione Stop Biocidio) il Movimento 5 Stelle di Giugliano, esponenti di Sinistra Ecologia Libertà ed i disoccupati di Giugliano, come riporta il già citato articolo tratto da Fanpage;
   le realtà che chiedono lo «stop» ad ogni progetto di costruzione di un inceneritore sul territorio giuglianese affermano che in quell'area sono presenti già 46 discariche (tra autorizzate e non), oltre ad un impianto di tritovagliatura dei rifiuti ed un sito di stoccaggio di ecoballe, e che in passato il commissario Carotenuto aveva assicurato che in quella zona non sarebbe stata realizzata nessun'altra struttura per il trattamento dei rifiuti, come riporta il già citato articolo «Napoli rifiuti, pubblicato il bando per il termovalorizzatore di Giugliano»;
   sempre l'articolo tratto da Fanpage intitolato «Giugliano: si scaldano i motori della rivolta», riferisce che intorno al solo deposito di Taverna del Re sono ben 15 le discariche abusive con presenza di rifiuti tossici censite;
   inoltre, per bonificare solo le due discariche Resit occorrerebbe una cifra intorno ai due miliardi di euro, e, sottolinea il succitato articolo, secondo i periti della procura della Repubblica di Napoli proprio nella zona di Taverna del Re la falda acquifera dal 2064 sarà irrimediabilmente compromessa e l'acqua di conseguenza non sarà più potabile;
   il consiglio comunale di Marano di Napoli, in provincia di Napoli, aveva già assunto un indirizzo politico con la delibera n. 105 del 2010, votata all'unanimità (quindi con l'impegno anche dell'attuale sindaco Liccardo, all'epoca consigliere) nella seduta del 29 novembre dello stesso anno, affermando la volontà di intraprendere una politica per il ciclo virtuoso dei rifiuti e di effettuare dei protocolli d'intesa per sviluppare una comunione d'intenti tra i comuni affinché si possano incentivare politiche ambientali che coinvolgano i territori con progetti innovativi che prevedano soluzioni differenti ed alternative a discariche ed inceneritori, seguendo dei punti fondamentali nel rispetto del territorio e dei suoi abitanti;
   nella stessa giornata anche il consiglio comunale di Mugnano di Napoli, in provincia di Napoli, approvava lo stesso testo della delibera di cui sopra;
   la convenzione di Aarhus dichiara indispensabile il coinvolgimento e la sensibilizzazione attraverso l'educazione ambientale per assicurare a tutte le generazioni presenti e future il diritto a vivere in un ambiente pulito e salubre;
   la suddetta convenzione, sancita da trentanove paesi e dall'Unione europea in Danimarca il 25 giugno 1998, stabilisce che il cittadino ha diritto ad essere informato, ha diritto a partecipare, ha diritto ad essere coinvolto e consultato nelle scelte ambientali che lo riguardano;
   il continuo stato di emergenza in cui si trovano i territori a nord di Napoli, di cui si parla in tutto il mondo, richiama alla ineludibile responsabilità di avviare politiche capaci di consentire una rapida e definitiva uscita dall'emergenza mediante politiche di ciclo virtuoso dei rifiuti seguendo tasselli propedeutici l'uno all'altro;
   nella regione Campania ed in particolare a nord di Napoli è stato rilevato un gravissimo inquinamento ambientale, in particolare per la presenza di diossine e metalli pesanti quali ad esempio l'arsenico, rifiuti tossici con contaminazione delle falde acquifere e ripercussioni su tutta la catena alimentare, con un aumento delle malattie tumorali, respiratorie e delle malformazioni congenite, come provato da numerose indagini svolte da medici e giornalisti nel corso degli ultimi anni;
   l'area a nord di Napoli e l'area meridionale della provincia casertana hanno pagato un prezzo troppo alto in termini di salute pubblica per le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nella gestione dei rifiuti;
   si continua a puntare a chiudere per sempre la stagione dell'emergenza legata ai rifiuti nel peggiore dei modi, ovvero riempiendo ogni invaso, cava, o discarica dismessa, indifferenti a qualunque vincolo, valutazione ambientale o principio di precauzione e costruendo nuovi inceneritori che, oltre a ledere la salute dei cittadini, servono perlopiù ad arricchire le lobby affaristico-criminali;
   l'area a nord di Napoli e a sud di Caserta è quella maggiormente interessata da aumenti esponenziali di patologie tumorali e malformazioni genetiche;
   ai sensi della legge n. 87 del 2007 è sancito il divieto di localizzare siti per lo smaltimento finale dei rifiuti su tutto il territorio di Giugliano, Qualiano, Villaricca e Quarto;
   anche l'Unione europea ha stabilito che l'incenerimento è una tecnica obsoleta e che dovranno man mano essere spenti tutti quelli presenti nel mondo;
   numerose ricerche scientifiche (ad esempio, quelle del professor Stefano Montanari e di Paul Connett) hanno dimostrato che tutti gli inceneritori provocano danni irreversibili alla salute a causa dell'emissione di diossine e nanoparticelle che senza alcun filtro finiscono direttamente nei polmoni della cittadinanza e nel ciclo biologico delle terre in questione, e quindi anche nella catena alimentare;
   le recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, già oggetto di interrogazioni parlamentari, non possono non indurre a focalizzare l'attenzione sulle già ampiamente accertate infiltrazioni camorristiche nella gestione dei rifiuti;
   negli scorsi giorni il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è detto disponibile ad aprire un tavolo per discutere con le associazioni sul territorio e i cittadini di Giugliano di possibili soluzioni alternative all'inceneritore, ma tale disponibilità è stata resa nota solo dopo l'approvazione del bando di concorso per l'assegnazione dei lavori per la costruzione dell'inceneritore di Napoli est nel territorio di Giugliano in Campania pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5a serie speciale il 12 agosto 2013, come riportato dall'articolo pubblicato dal quotidiano online InterNapoli il 13 settembre del 2013 intitolato «Micillo (M5S) incalza Orlando: “Perchè approvare bando e poi dirsi disponibile ad alternative ?”»;
   dallo stesso articolo risulta che le dichiarazioni del Ministro sono arrivate il giorno dopo la pubblicazione della relazione di Mario Di Biase, commissario delegato per le bonifiche, il quale ha sottolineato come adesso, data l'irrecuperabilità del territorio giuglianese, si debba cercare solo di ridimensionare i danni, per fermare l'avanzata di percolato e biogas –:
   se il Ministro, anche alla luce della disponibilità manifestata ad aprire una discussione sulla questione, non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, la costituzione, come richiesto già da tempo dal Presidio permanente Taverna del Re, di una commissione di esperti, trasversali, con la presenza anche di medici, che studi un metodo di smaltimento delle eco balle che non peggiori il già altissimo livello di inquinamento del territorio giuglianese;
   se non sia opportuno sviluppare, in collaborazione con le autonomie territoriali, azioni lungimiranti e concrete per la riqualificazione del paesaggio finalizzate alla restituzione di una dignità a questi luoghi che, nel corso degli anni, sono diventati uno «sversatoio» per eccellenza, con discariche di tal quale, roghi tossici, discariche abusive, cemento inquinato e terreni avvelenati;
   se non vi sia necessità di raggiungere in tempi brevi una prassi consolidata che preveda nel Paese la riduzione dei rifiuti, l'implementazione della raccolta differenziata con una più diffusa presenza di isole ecologiche, il corretto smaltimento dei rifiuti, in particolar modo di quelli ingombranti e pericolosi, ed una maggiore presenza di impianti di compostaggio comunali o comprensoriali. (4-01874)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il campanile della basilica pontificia di Santa Croce è sito nel comune di Torre del Greco, provincia di Napoli, e, precisamente, in piazza Santa Croce, fulcro del centro storico cittadino;
   Torre del Greco è situata nel mezzo del golfo di Napoli ed è il terzo centro della Campania dopo Napoli e Salerno;
   il Vesuvio ha caratterizzato fin da tempi remoti la morfologia e l'urbanistica di Torre del Greco: la città fu più volte distrutta nel corso dei secoli dalle furie eruttive del vulcano, e colate di magma e piogge di cenere e lapilli hanno sistematicamente invaso la città che si è quindi delineata con materiale eruttivo;
   le condizioni idrogeologiche del territorio comunale sono caratterizzate da una ricca distribuzione di falde acquifere che presentano un andamento radiale che si adatta alla morfologia esterna, a causa della presenza di colate laviche aventi anch'esse giacitura radiale rispetto alle bocche eruttive;
   il comune di Torre del Greco aderisce al patto territoriale del Miglio d'oro, al P.I. «Vesevo», al progetto integrato portualità turistica e al P.I. polo orafo campano;
   il campanile della antica parrocchia di Santa Croce, distrutta dall'eruzione del Vesuvio del 1794 e ricostruita successivamente ex novo, è assurto a simbolo della città, e attorno ad esso, in parte seppellito ma non distrutto dalla lava, i torresi decisero di costruire la nuova cittadina, così che oggi rappresenta l'asse attorno a cui si muove tutta la città;
   le condizioni in cui versa il campanile di Santa Croce sono fatiscenti;
   la muratura portante si presenta poco danneggiata, infatti il quadro fessurativo è caratterizzato da lesioni isolate presenti nel rivestimento esterno di mattoncini in laterizio, mentre fessurazioni passanti sono state riscontrate nella cupoletta e nei pilastrini della lanterna in muratura sita sul piano di copertura;
   il solaio del secondo livello ha l'intradosso danneggiato, il copriferro è completamente saltato e i travetti a vista presentano un avanzato stato di corrosione a causa della ruggine formatasi;
   le quattro catene poste al primo livello hanno perso il loro stato tensionale e sono completamente ossidate;
   l'alterazione e la degradazione dei materiali presenti sia all'interno che all'esterno del campanile sono oltremodo avanzate: si riscontrano, in maniera diffusa, efflorescenze saline sui mattoni in laterizio, provocate da ruscellamento per il paramento esterno, e da infiltrazioni capillari di acque meteoriche per il paramento interno;
   l'inquinamento atmosferico, che attacca costantemente l'opera, danneggia sia il bugnato di piperno che i mattoni di laterizio provocando forti degradazioni chimiche, soprattutto nelle parti ornamentali dove si notano delle mancanze e delle macchie;
   i prospetti esterni, inoltre, appaiono in molti punti attaccati da vegetazione superficiale, del tipo erbaceo ed arbustivo, le cui radici incuneate danneggiano il materiale lapideo cui si appoggia, provocando microfessurazioni;
   gli intonaci esterni sono perlopiù mancanti o distaccati, anch'essi a causa delle intemperie a cui è sottoposto il campanile, e in alcuni punti la muratura sottostante si presenta negli strati superficiali disgregata e decoesa;
   viste le condizioni di estrema fatiscenza in cui versa il campanile, Don Giosuè Lombardo, parroco pro tempore della Basilica Pontificia di Santa Croce, in qualità di legale rappresentante dell'ente parrocchia, proprietario dell'immobile in questione, si è interessato al fine di creare i presupposti di ordine tecnico ed economico per consentire un tempestivo restauro del bene citato;
   l'intervento avrebbe durata di circa 7 mesi ed un costo totale preventivato di 295.358,52 euro;
   per quanto concerne i lavori preventivati, partendo dalla lanterna in muratura, si procederebbe al consolidamento della voltina con inserimento di zeppe di materiale analogo a quello della struttura preesistente, debitamente lavorato, e cemento antiritiro additivato con sabbia esente da sali, previa pulitura con acqua nebulizzata deionizzata e getti d'aria, sui piastrini della stessa si opererebbe con un intervento di «cuci e scuci»;
   in seguito si consoliderebbero le superfici intonacate decorate a finto mattoncino, presenti sui pilastini, attraverso l'inserimento di resine poliviniliche nella zona di distacco;
   il manto di copertura del campanile ed il relativo massetto delle pendenze verrebbero realizzati ex novo;
   le sue superfici esterne, sia in laterizio che in pietra, subirebbero un trattamento che prevederebbe il diserbo manuale ed un primo taglio dei piccoli arbusti presenti e successiva eliminazione di radici incuneate;
   successivamente si procederebbe alla scarnitura delle vecchie malte ammalorate, seguito da lavaggio con acqua deionizzata nebulizzata a bassa pressione, spazzolatura con spazzole morbide di saggina, stuccatura delle sconnessure con malta idraulica ed inerti, spazzolatura finale e protezione mediante l'utilizzo di prodotti idrorepellenti in solventi organici;
   laddove fossero presenti macchie persistenti, si utilizzerebbero impacchi di argille assorbenti;
   sulla superficie interna si spicconerebbe l'intero intonaco, essendo di recente realizzazione, e nei punti maggiormente danneggiati si provvederebbe ad una rincocciatura degli strati superficiali disgregati mediante rinzaffo con malta a più strati e scaglie di laterizio;
   successivamente, dov’è presente il paramento murario in mattoni di laterizio, si utilizzerebbe lo stesso trattamento subito dal paramento esterno eliminando la protezione con idrorepellenti per realizzare, su tutta la superficie interna, un nuovo intonaco di malta idraulica;
   per le opere in ferro si avrebbe la sostituzione dei quattro tiranti in acciaio presenti al primo livello, la pulitura delle antiche grate ubicate a piano terra e la realizzazione di una nuova scala in ferro zincato di servizio al campanile e una scaletta di servizio al parafulmine;
   Don Giosuè Lombardi ha chiesto alcuni anni fa alla curia arcivescovile di Napoli parere favorevole relativo al progetto per i lavori di restauro e consolidamento del campanile della chiesa di Santa Croce ai sensi della legge regionale n. 58 del 1974 e n. 292 del 1968, ricevendo Nulla Osta protocollato col numero 127/2003;
   la parrocchia basilica Pontificia di S. Croce – Torre del Greco (Napoli) ha presentato istanza il 10 marzo 2005, pratica protocollo n. 811 riguardante il restauro del campanile della Basilica di S. Croce, ai fini della ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF a diretta gestione statale per l'anno 2005;
   il dipartimento per il coordinamento amministrativo del Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri ha risposto che, nonostante il parere favorevole (alle medesime condizioni dettate dalla soprintendenza) espresso dalla commissione tecnica, non era possibile inserire l'istanza in questione nel decreto di ripartizione per l'anno 2005, data l'esiguità dei fondi assegnati, come risulta dall'atto protocollato al numero 2691/II;
   anche per l'annualità 2006 è stata inviata documentazione con numero di pratica 1313, ricevendo parere favorevole al progetto di restauro al suddetto bene;
   tuttora nulla si è smosso in merito, e l'ente parrocchia basilica pontificia di S. Croce chiede ancora il contributo di 295.358,52 euro a valere sulla quota dell'otto per mille a diretta gestione statale;
   il restauro del campanile in questione non solo recupererebbe un bene di importantissima rilevanza storico-architettonica vincolato ai sensi della legge n. 1089/39 ma rappresenterebbe anche l'inizio della valorizzazione dell'intera Torre del Greco –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative siano state prese in merito e quali azioni si intendano intraprendere;
   se non ritenga opportuno trovare immediatamente soluzioni per provvedere in tempi rapidi al restauro di un bene culturale che non può essere abbandonato, data la sua importanza storica, sociale, urbanistica ed architettonica. (4-01875)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   la legge di bilancio per il 2012 autorizzava una spesa pluriennale relativa al fondo per lo sviluppo e coesione (ex FAS) pari 3.787 milioni per il 2012, a 11.366 milioni per il 2013, a 5.880 milioni per il 2014 e a 8.119 milioni per il 2015;
   il decreto-legge n. 95 del 2012, all'articolo 16, comma 2, ha rideterminato gli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni a statuto ordinario in modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni per il 2012 e di 1.000 milioni sia per il 2013 che per il 2014, nonché di 1.050 milioni a decorrere dall'anno 2015 a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario. Il comma 2 specifica che saranno escluse da tale riduzione le spese per il finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale e del trasporto pubblico locale e che la riduzione sarà effettuata prioritariamente sulle risorse diverse da quelle destinate alla programmazione regionale del fondo per le aree sottoutilizzate. Conseguentemente la riduzione di 1.000 milioni di euro sia per il 2013 che per 2014 e di 1.050 milioni di euro per il 2015 è stata posta a carico della quota nazionale delle risorse del fondo di sviluppo e coesione (ex FAS);
   articolo 31-bis del decreto-legge n. 5 del 2012 ha disposto che parte del finanziamento (6 milioni su 12 per ciascuna annualità 2013-2015) della «scuola sperimentale di dottorato internazionale» denominata Gran Sasso Science Institute (GSSI) fosse posto a carico delle risorse destinate alla regione Abruzzo nell'ambito del fondo per lo sviluppo e la coesione e la restante quota annuale di 6 milioni fosse a carico dei fondi per la ricostruzione dell'Abruzzo di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 39 del 2009 (cioè del fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, in sostanza una articolazione del FAS stesso);
   la legge di stabilità per il 2013, scontando anche le ulteriori riduzioni del fondo in attuazione di precedenti delibere di ripartizione disposte dal CIPE destinate all'edilizia carceraria (71,9 milioni nel 2013 e 5,2 milioni nel 2014) e al Fondo protezione civile (15 milioni per il 2013), ha esposto in tabella E la dotazione finanziaria del fondo per lo sviluppo e la coesione a legislazione vigente in 10.267 milioni per il 2013, 4.864 milioni per il 2014 e in 7.057 milioni per il 2015;
   di conseguenza, rispetto agli importi a legislazione vigente, la legge di stabilità per il 2013 ha effettuato le seguenti variazioni:
   a) riduzione di 30 milioni nel 2013 e di 15 milioni nel 2014 in attuazione delle misure di contenimento della spesa disposte all'articolo 7, comma 12, del decreto-legge n. 95 del 2012. Tali riduzioni sono evidenziate nella legge di stabilità 2013 all'elenco 1 previsto dall'articolo 1, comma 4;
   b) rimodulazione in tabella E delle risorse attraverso una riduzione di 2,5 miliardi di euro delle risorse per il 2013, che vengono traslate per 1 miliardo al 2014 e 1,5 miliardi al 2015;
   c) assegnazione di 250 milioni per il 2013 per far fronte agli oneri agli oneri derivanti da reazioni relative alla realizzazione di opere pubbliche di interesse nazionale da destinare alla ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina spa (articolo 1, comma 213);
   d) riduzione di 1,5 milioni per il 2013 – a valere sulla quota FSC destinata agli interventi per le zone terremotate dell'Abruzzo – quale copertura degli oneri per la proroga, fino e non oltre il 30 giugno 2013, dei contratti del personale a tempo determinato del comune dell'Aquila impegnato nel settore politiche sociali e nel settore urbanistico per le azioni a sostegno del recupero del patrimonio immobiliare e della identità sociale e culturale cittadina;
    l'autorizzazione di spesa per il FAS viene dunque rideterminata in circa 8 miliardi di euro per il 2013, in 5,8 miliardi per il 2014 e in 8,6 miliardi per il 2015. Complessivamente sono presenti autorizzazioni di spesa per 22,1 miliardi di euro;
   alle risorse sopra citate si affiancano le risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree oggetto degli interventi dei fondi strutturali: esse sono iscritte nel fondo di rotazione per le politiche comunitarie, previsto dall'articolo 5 della legge n. 183 del 1987;
   sommando le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione con quelle del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie si può avere una indicazione delle risorse complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato per gli interventi nelle aree sottoutilizzate, al netto delle risorse ordinarie e di quelle previste da altre leggi settoriali che ammontano per l'anno 2012 ad un totale di 45.677,5 milioni di euro e per l'anno 2013 ad un totale di 38.891,5 milioni di euro;
   a ciò si deve aggiungere la previsione dell'articolo 18 comma 13 del decreto-legge n. 69 del 2013 il quale prevede che alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla costituzione del fondo cosiddetto «sblocca cantieri» di cui al comma 1, pari a 335 milioni di euro nel 2013, 405 milioni nel 2014, 652 milioni nel 2015, 535 milioni nel 2016 e 142 milioni nel 2017. Ad essi si provvede: quanto a euro 235 milioni per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione delle risorse assegnate dall'articolo 1, comma 213, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) al fondo sviluppo e coesione destinate alla ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina;
   si evince come, con il susseguirsi di diverse disposizioni di legge, le somme stanziate si siano notevolmente assottigliate. A ciò si deve aggiungere l'incapacità, da parte delle regioni, a predisporre interventi per l'utilizzo dei fondi sopra citati, per cui l'Italia è fanalino di coda nell'utilizzo dei fondi europei;
   tutto ciò ha fatto sì che le condizioni di arretratezza e la conseguente marcata dipendenza economica siano complessivamente cresciute, la qualità dei servizi pubblici si sia mantenuta inferiore rispetto al resto d'Italia e la dotazione infrastrutturale registri tuttora un crescente aumento del divario territoriale; infine, riprende a crescere un fenomeno d'emigrazione interna, questa volta intellettuale, che contribuisce all'ulteriore impoverimento del tessuto sociale meridionale;
   a differenza del passato l'utilizzo dei fondi comunitari per la coesione 2014-2020 e del relativo cofinanziamento nazionale avverrà sulla base di un «accordo di partenariato» e di programmi operativi da concordare con la Commissione europea;
   l'accordo di partenariato è lo strumento previsto dalla proposta di regolamento della Commissione europea per stabilire la strategia – risultati attesi, priorità, metodi di intervento – di impiego dei fondi comunitari per il periodo di programmazione 2014-2020;
   il documento pubblicato il 9 aprile 2013 rappresenta una bozza preliminare di alcune sezioni di tale accordo, che scaturiscono dal confronto tecnico-istituzionale svoltosi negli ultimi tre mesi e avviato sulla base del documento «Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020» e del position paper della Commissione europea;
   il documento propone: 7 innovazioni di metodo; 3 opzioni strategiche relative a Mezzogiorno, città, aree interne; ipotesi di metodo e operative in merito a ognuna delle 11 aree tematiche individuate per l'intera Unione europea;
   il bilancio europeo 2014-2020 assegnerà all'Italia finanziamenti cospicui per la coesione economica, sociale e territoriale in tutte le aree del Paese. Queste risorse e le risorse di cofinanziamento nazionale, e, in generale, le risorse per lo «sviluppo e coesione» che vi si aggiungeranno, dovranno essere utilizzate in modo più tempestivo ed efficace di quanto avvenuto per il bilancio europeo 2007-2013;
   ciò è reso indispensabile dall'urgenza di rilanciare sviluppo e coesione del Paese e, segnatamente, dalla necessità di contribuire, con un riscatto della qualità dell'azione pubblica, sia alla ripresa della produttività in tutti i territori, sia a un salto di qualità dei servizi essenziali nel Mezzogiorno dove grave è la violazione di elementari diritti di cittadinanza –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere affinché tale piano strategico contenga indirizzi di utilizzo delle risorse precisi e determinati in modo tale che non si verifichino le distrazioni fino ad ora operate su tali fondi;
   quali iniziative intenda assumere al fine di verificare l'effettiva destinazione delle risorse pubbliche attribuite, ai sensi dell'ordinamento interno e comunitario, alle regioni Obiettivo 1;
   se intenda assumere iniziative per analizzare l'andamento dei flussi di finanziamento pubblico attribuiti ai territori considerati e la capacità di spesa dei singoli enti territoriali, valutando anche gli effetti delle misure di definanziamento, disposte attraverso provvedimenti legislativi e amministrativi, con riferimento ad interventi già programmati. (4-01863)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 settembre 2013 si sono uditi tre fortissimi boati nei territori di Oristano, Arborea, Cabras, Siamaggiore, Bonarcado, Cuglieri, Neoneli, ubicati nella costa centro-occidentale della Sardegna;
   secondo le testimonianze dei residenti, i boati hanno causato numerosi disagi, facendo tremare i vetri delle finestre delle abitazioni e provocando una forte apprensione tra la popolazione;
   nello stesso giorno, due velivoli NATO che operavano dalla base dell'Aeronautica militare di Decimomannu, impegnati nel corso di una missione addestrativa regolarmente programmata e autorizzata, superavano la velocità del suono (Mach 1);
   l'episodio è avvenuto a circa tredici chilometri di quota e a venticinque chilometri dalla costa occidentale della Sardegna, all'altezza del Golfo di Oristano, nella zona limitrofa al poligono di tiro di Capo Frasca;
   in una nota, il reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo di Decimomannu, ha precisato che «Il bang sonico è stato avvertito nella provincia di Oristano. Riscontrato l'evento i piloti hanno immediatamente ridotto la velocità per non creare ulteriore allarme tra la popolazione»;
   caccia svedesi e francesi hanno partecipato nei cieli della Sardegna alla prima campagna collettiva di certificazione al rifornimento in volo promossa in ambito europeo, riguardante il nuovo tanker italiano KC-767 A, in dotazione all'Aeronautica militare italiana;
   i velivoli coinvolti, sono tre JAS-39 Gripen della forza aerea svedese, schierati sulla base sarda insieme al KC-767A italiano, un Mirage 2000 e un Rafael francese (operanti direttamente dalla base transalpina di Istres);
   le prove a terra e in volo sono gestite da personale del reparto sperimentale volo dell'Aeronautica militare, con il supporto tecnico-logistico del 14o stormo;
   da anni ormai, nel territorio tra Decimomannu, nel Medio Campidano e nella provincia di Oristano si assiste al continuo passaggio di aerei da guerra diretti al poligono di Capo Frasca e ciò è causa di molti disagi, sia dal punto di vista della quiete pubblica che dal punto di vista dell'accoglienza in un territorio principalmente caratterizzato da attività agricola, allevamento e turismo;
   già nei primi mesi dell'estate del 2013 alcuni turisti stranieri si sono recati negli uffici del comune di Arbus (comune di cui fa parte il territorio di Capo Frasca) dopo essere scappati dalla spiaggia di Torre dei Corsari a causa della presenza di aerei militari che volavano a bassa quota sull'arenile, violando qualsiasi protocollo e penalizzando il turismo e la balneazione nel territorio –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'accaduto e delle gravi e ripetute violazioni della quiete pubblica e dei danni che esse stanno producendo all'economia locale;
   se abbia o meno intenzione di disporre una verifica in merito o di intervenire presso il comando militare di Decimomannu affinché nel territorio sopra citato si possano svolgere – liberamente ed in sicurezza – le attività civili a cui un'area già fortemente segnata dalla ultracinquantennale presenza del poligono ha comunque diritto. (4-01864)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI e CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno 2009, Alessandro Antonio Alfano ha conseguito la laurea in economia e finanze;
   già nel 2008, però, ancora privo di titolo, è stato docente del laboratorio di «Principi e strumenti di marketing» presso la facoltà di comunicazione dell'università di Roma «La Sapienza»;
   nel 2010 al dottor Alfano è stata contestata la veridicità di alcuni punti del curriculum vitae presentato per partecipare al concorso – poi vinto – per un posto di segretario generale della camera di commercio di Trapani;
   in quell'occasione, le forze dell'ordine sequestrarono la documentazione relativa al concorso. Il dottor Alfano lasciò il posto di segretario generale dopo circa un anno per presunte cause «di forza maggiore»;
   ad agosto 2013, la vicenda è stata anche oggetto di un'interrogazione parlamentare, tuttora rimasta inevasa, presentata dal deputato del gruppo Sinistra Ecologia e Libertà, Erasmo Palazzotto;
   all'inizio di settembre 2013, Alessandro Alfano è stato nominato, senza concorso, dirigente di «Postecom» società di servizi internet del gruppo Poste Italiane partecipato al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, e avrà diritto ad uno stipendio annuo di oltre centomila euro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della nomina del dottor Alessandro Alfano a dirigente di Postecom ed intenda accertare se tale nomina sia avvenuta in seguito ad una scrupolosa valutazione del curriculum vitae del candidato e/o all'esito di una comparazione tra diversi profili professionali idonei a ricoprire quell'incarico dirigenziale;
   se risulti al Ministro interrogato, nell'ottica di contenimento delle spese delle società a parziale e totale partecipazione pubblica, assolutamente necessaria tale nomina e quali siano le motivazioni che hanno portato il management di Postecom a tale irrinunciabile scelta;
   se sia nelle intenzioni del Ministro, in caso di illegittima nomina, inviare un dettagliato esposto alla competente Corte dei Conti e se si intendano, eventualmente, prendere provvedimenti verso i dirigenti della società Postecom. (5-01035)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MICCOLI, MARTELLI, MATTIELLO, GNECCHI, RIZZETTO, PARIS, DI SALVO, ZACCAGNINI e GUERRA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la questione immigrazione assume sempre più i contorni di una battaglia di civiltà, per i diritti civili e sociali. Sono oltre 5 milioni gli stranieri regolarmente presenti in Italia, di cui la metà occupati (il 10 per cento della forza lavoro nazionale). Ma occorre considerare anche il sommerso: quell'esercito di migranti, si stima oltre 500 mila, che vive e lavora sotto sfruttamento;
   una parte considerevole della popolazione migrante si trova in una condizione di limbo giuridico che espone i migranti alla negazione dei diritti fondamentali. Inoltre, la condizione di irregolarità è una fase del progetto migratorio della quasi totalità degli immigrati e la crisi economica ha di fatto esteso la durata di tale fase e addirittura ne ha modificato l'andamento, facendo ripiombare nella precarietà intere fasce di popolazione straniera precedentemente integrata (ad esempio, al 31 dicembre 2011 non sono stati rinnovati ben 263 mila permessi di soggiorno);
   l'integrazione e la tutela dei diritti si determina solo nei confronti degli individui portatori di posizione giuridica regolarizzata, mentre agli altri è riservato un vero e proprio sfruttamento. Le rilevazioni effettuate negli ultimi anni nelle campagne da autorevoli organizzazioni umanitarie disegnano un quadro di degrado, emarginazione e dura fatica nei campi, dove lavoro nero, caporalato etnico, e sfruttamento selvaggio sono diventati prassi di ingaggio;
   nel nostro ordinamento sono intervenuti il decreto legislativo n. 138 del 13 agosto 2011 che ha introdotto l'articolo 603-bis nel codice penale, che punisce l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro e il decreto legislativo n. 109 del 2012, che ha recepito la direttiva 52/2009 con la quale si prevede finalmente «nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo» la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno «allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro»;
   nelle norme si evidenziano anomalie di applicazione, consentendo molto difficilmente la possibilità di denunciare da parte di migranti «irregolari», soprattutto per l'impossibilità di concedere tutele ai cittadini stranieri;
   relativamente al sistema dei falsi braccianti, i dati dell'Inps sono allarmanti: sono circa 70 mila i rapporti di lavoro fittizi annullati ogni anno, e nel triennio 2009/2011 sono state recuperate prestazioni erogate a fronte di lavoro agricolo fittizio per 700 milioni di euro. Secondo l'Aniv la pratica è resa possibile dai meccanismi di funzionamento delle indennità e dalla impossibilità di effettuare controlli efficaci –:
   quali siano i dati a disposizione del Governo riguardanti le procedure attivate ai sensi dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione, del decreto legislativo n. 138 del 2011 e del decreto legislativo n. 109 del 2012, al fine di attestare una verifica costante di tutela dei migranti denuncianti;
   se si intenda fornire un quadro dettagliato relativo al numero di denunce e di interventi delle forze dell'ordine nonché all'attivazione dei procedimenti giudiziari in merito agli episodi di sfruttamento dei lavoratori migranti su tutto il territorio nazionale. (3-00317)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI, BONAVITACOLA e CAPOZZOLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con precedente atto di sindacato ispettivo n. 5-00952 del 6 settembre 2013, gli interroganti – in relazione all'accorpamento del tribunale di Sala Consilina a quello di Lagonegro in attuazione della riforma della geografia giudiziaria – hanno evidenziato che:
    «per consentire tale accorpamento sono stati previsti, con fondi della regione Basilicata, lavori di ristrutturazione e di adeguamento dell'immobile, già sede del municipio di Lagonegro;
   tale edificio è stato realizzato in epoca antecedente al novembre 1980 e sarebbe, come tale, assoggettato alla normativa antisismica;
    detta normativa, introdotta dall'O.P.C.M. 3274/2003 e successivo decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri dipartimento della protezione civile 21 ottobre 2003, obbliga ad effettuare le verifiche sismiche sui seguenti edifici: a) edifici di interesse strategico e opere infrastrutturali, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile; b) edifici e opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in caso di eventuale “collasso”;
    concretamente, tali edifici sono individuati a livello statale, nell'allegato 1 (elenchi A e B) al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003; ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del citato O.P.C.M. 3274/2003 è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale “collasso”;
    nell'allegato 1 al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003 sono indicati nell'elenco B le Categorie di edifici ed opere infrastrutturali di competenza statale che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale “collasso”;
    al punto 1 dell'elenco B sono indicati gli edifici pubblici o comunque destinati allo svolgimento di funzioni pubbliche nell'ambito dei quali siano normalmente presenti comunità di dimensioni significative, nonché edifici e strutture aperti al pubblico suscettibili di grande affollamento, il cui collasso può comportare gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane;
    non vi è dubbio che all'interno di tale categoria debbano farsi rientrare gli edifici adibiti ad uffici giudiziari»;
   con la stessa interrogazione, alla luce di questi dati normativi, si sollecitavano «i controlli e le ispezioni indispensabili per accertare l'osservanza della normativa sulla sicurezza nelle zone sismiche», nelle quali ricade il territorio di Lagonegro, allo stato tali richieste degli interroganti risultano ancora inevase;
   fra l'altro, la stessa commissione di manutenzione del tribunale di Lagonegro, nella seduta convocata in via straordinaria e d'urgenza su richiesta avanzata dal Sindaco di Sala Consilina e condivisa dal Presidente del Tribunale di Lagonegro (come da allegato verbale del 14 settembre 2013) non ha dissipato i gravi interrogativi, innanzi citati, in ordine al rispetto della normativa antisismica per i locali adibiti alla nuova sede del tribunale di Lagonegro, come si evince dall'unito verbale della stessa Commissione in data 16 settembre 2013;
   la descritta situazione è ancora più grave perché il tribunale di Lagonegro ha ritenuto di non richiedere al Ministero della giustizia l'utilizzazione per alcuni anni, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 188 del 2011, degli immobili attualmente sede del tribunale di Sala Consilina per lo svolgimento delle attività processuali;
   decisione questa che gli interroganti non condividono e che considerano assolutamente sbagliata e destinata a determinare conseguenze fortemente negative nel funzionamento della giustizia in quel territorio;
   allo stato la nuova sede del tribunale di Lagonegro non può garantire l'adeguato funzionamento del servizio giustizia, complessivamente considerato;
   gli interroganti ribadiscono anche in questa sede la motivata contrarietà alla soppressione del tribunale di Lagonegro, peraltro di più ridotte dimensioni benché trattasi di uffici giudiziari ricadenti in due province, in due regioni ed in due corti di appello differenti;
   la conservazione del Tribunale di Sala Consilina è ancora più utile per il funzionamento del servizio giustizia avendo il Ministro della giustizia autorizzato proprio in quel tribunale l'attivazione del processo civile telematico, una innovazione molto positiva e significativa –:
   se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza affinchè siano effettuati, come motivatamente ritengono gli interroganti, i necessari ed urgenti accertamenti sul rispetto della normativa di tutela antisismica in tema di sicurezza degli edifici pubblici, suscettibili di grande affollamento (punto 1 dell'Elenco B dell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 ottobre 2003), attraverso una apposita approfondita e tempestiva verifica ispettiva. (5-01029)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   nel mese di luglio 2013, a seguito dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Venezia sulla presunta presenza di materiali inquinanti nel sottofondo della A31 Valdastico Sud, con atto 4-01458 si interrogavano i Ministri sulle iniziative che intendessero adottare al fine di avviare una seria attività di controllo nell'affidamento degli appalti e di monitoraggio delle zone circostanti l'infrastruttura, così da verificare il reale impatto che la cattiva gestione dei lavori di costruzione ha avuto sull'ambiente e di conseguenza sulla salute dei cittadini;
   la Gazzetta Ufficiale n. 168 del 19 luglio 2013 ha pubblicato la delibera n. 21 del 2013 del Comitato interministeriale per la programmazione economica, attraverso la quale si approva il progetto preliminare dell'opera «autostrada A31 Valdastico Nord – 1o lotto funzionale Piovene Rocchette-Valle Dell'Astico, riconfermando la convenzione unica di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Società Brescia-Verona-Vicenza-Padova s.p.a.;
   dal 31 dicembre 2011 Autostrada Brescia Verona Vicenza s.p.a. è una «new-co» integralmente detenuta dalla capogruppo A4 Holding s.p.a. e a cui è ricondotto esclusivamente il «business» autostradale. Il processo riorganizzativo avviato nel 2010 ha prodotto la struttura ove, assieme all'Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, sono presenti Serenissima Costruzioni s.p.a. (realizzazione, costruzione e manutenzione di infrastrutture trasportistiche), Serenissima Partecipazioni s.p.a. (gestione e valorizzazione delle partecipazioni e delle attività «non core» detenute dal gruppo) e Serenissima Mobilità s.r.l. (gestione reti tecnologiche e mobilità viabilistiche);
   viene quindi affidata la prosecuzione dell'A31 variante nord alla stessa società, cioè la Società Brescia-Verona-Vicenza-Padova s.p.a., ai cui vertici stanno persone coinvolte nell'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Venezia sulla presenza di materiali inquinanti nel sottofondo della A 31 Valdastico Sud;
   tra gli indagati infatti si ricordano Attilio Schneck, presidente della A4 holding e Flavio Orlandi, presidente del consiglio di amministrazione, nonché amministratore delegato della Serenissima Costruzioni;
   nonostante le indagini in corso si affida quindi agli stessi soggetti indagati la gestione finanziaria e, sembra anche, la possibilità di subappaltare parti dell'opera –:
   se non si ritenga necessario, alla luce di quanto esposto, riconsiderare la convenzione unica di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Brescia-Verona-Vicenza-Padova s.p.a.
(2-00214) «Benedetti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, a seguito di un'inchiesta condotta dalla procura di Firenze in merito ai lavori TAV in Toscana, sono stati posti agli arresti domiciliari la presidente di Italferr, Mariarita Lorenzetti, Valter Bellomo, geologo della commissione Via del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; Furio Saraceno, di Nodavia; Valerio Lombardi di Italferr; Alessandro Coletta, consulente già componente di un'autorità di vigilanza sugli appalti pubblici e Aristodemo Busillo della Seli, la società incaricata di perforare il sottosuolo di Firenze per la fresa Monna Lisa;
   a carico degli arrestati verrebbero ipotizzati i reati di corruzione e associazione per delinquere;
   tra le misure adottate dalla magistratura fiorentina vi è anche l'interdizione dalle loro rispettive attività di Alfio Lombardi, Maurizio Brioni, Marco Bonistalli di Coopsette che è la socia di maggioranza di Nodavia, Remo Grandori di Seli e Renato Casale, amministratore delegato di Italferr;
   infiltrazioni della criminalità organizzata e precisi interessi affaristici di parte politica vengono in evidenza in questa delicata inchiesta giudiziaria che ha portato al blocco giudiziario dei cantieri;
   il sottoattraversamento Tav della città di Firenze è, a parere degli interroganti, anacronistico, per la mole di denaro pubblico che è stato e sarà ancora di più bruciato in questa grande opera che ha gravissime implicazioni ambientali, e porterà alla rete ferroviaria italiana solo il risparmio di qualche minuto per i treni di alta velocità nella tratta Firenze-Roma, senza alcun beneficio per i treni locali e regionali frequentati dai pendolari;
   appare evidente che, al di là dei gravissimi aspetti emersi nell'inchiesta giudiziaria, vi sono degli elementi di criticità delle scelte strategiche e infrastrutturali che sottendono il progetto TAV e che andrebbero a maggior ragione messi in discussione per evitare che l'ostinata prosecuzione di un modello trasportistico inadeguato alle esigenze del Paese possa portare ulteriori e ingiustificati costi per la collettività, che ha invece soprattutto bisogno di treni efficienti e funzionali per i pendolari –:
   se il Ministro interpellato non ritenga di dover avviare un'analisi costi-benefici delle scelte progettuali, un'accurata verifica sui potenziali pericoli di irregolarità procedurali nel prosieguo della realizzazione degli interventi per la realizzazione dell'opera ferroviaria e se non intenda sospendere ogni attività e prendere in considerazione eventuali progetti alternativi, anche tra quelli da tempo proposti da comitati, volontari, tecnici e professori universitari, dal minore impatto ambientale e dal costo di gran lunga inferiore.
(2-00215) «Segoni, Artini, Bonafede, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Nicola Bianchi, Catalano, Liuzzi, Dell'Orco, De Lorenzis, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   BORGHI e ZARDINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 49 della legge regionale del Veneto 27 febbraio 2008 ,n. 1, «legge finanziaria regionale», ha stanziato la somma di euro 300.000,00 per la redazione del progetto riguardante la variante della strada statale 12, tratto da Verona a Buttapietra;
   la giunta regionale ha dato attuazione alla legge con deliberazione n. 1498 del 17 giugno 2008 che ha assegnato i fondi a Veneto Strade spa per la progettazione;
   la strada statale 12 rappresenta una delle strade più trafficate dove il traffico pesante soffoca numerosi quartieri e paesi, in particolare è critico l'attraversamento del cuore dei quartieri e dei centri abitati di Borgo Roma e Cadidavid a Verona e Buttapietra, interessando inoltre Beccacivetta a Castel d'Azzano;
   i veicoli che transitano quotidianamente su tale tratto della strada statale 12 sono circa 25.000 di giorno, mentre nelle ore notturne tra i 1.300 e i 1.600 veicoli, di cui 150/180 camion oltre i 50 quintali;
   il consiglio regionale ha approvato la delibera consigliare n. 48 prot. n. 17738 del 19 ottobre 2010, seguita dalla DGR n. 3398 del 30 dicembre 2010 in merito all'oggetto;
   a causa dei gravi disagi creatisi nei rioni e nei paesi a seguito di questa situazione di traffico insopportabile si è costituito un comitato che ha organizzato una decina di cortei con notevole partecipazione dei cittadini –:
   se la regione Veneto abbia effettuato tutti gli atti conseguenti perché la realizzazione dell'opera sia inserita nel programma triennale dell'ANAS e, in caso affermativo, in quali tempi sia prevedibile la concreta realizzazione della variante. (5-01033)


   BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di studio da parte della regione Piemonte un nuovo collegamento autostradale A4 (Santhià)-Biella-A26 (Ghemme), costruzione finanziata in parte con fondi pubblici e in parte privati con modalità di project-financing, cosiddetta Pedemontana biellese;
   dalle varie associazioni presenti sul territorio state espresse delle notevoli perplessità sul progetto, tra cui:
    a) il percorso autostradale attraversa, in parte e/o delimita l'area denominata Baraggione (popolarmente conosciuta come Baraggia) un ambiente unico a livello europeo tutelato con l'istituzione di un sito di interesse comunitario e di un parco il cui danno alla biodiversità previsto sarà compensato solo in parte dalle mitigazioni proposte;
    b) la costruzione di un nuovo tratto autostradale comporta la trasformazione di territorio attualmente destinato a uso agricolo (334 ettari), con un impatto significativo sul settore e sulla tutela dei suoli, come riportato dal progetto stesso;
    c) la realizzazione dell'opera comporterà severi disagi per la popolazione residente (rumori, polveri, traffico camion, e altro) sia in fase di costruzione che in fase funzionale;
    d) l'impatto dell'opera sul paesaggio sarà particolarmente importante, poiché gran parte del percorso verrà realizzato in rilevato;
    e) il ricorso al project-financing per il reperimento di parte dei fondi necessari alla costruzione dell'opera comporta la previsione di una percorrenza a pedaggio su strade attualmente a libera percorrenza (superstrada);
   si tenga presente che lo studio sui dati di traffico relativi al Biellese è datato 2002 e già in quella fase la valutazione conclusiva era poco favorevole all'opera. Il progetto, aggiornato al dicembre 2010, riporta dei dati di traffico relativi al 2007 valutando un incremento costante del traffico fino al 2030; ma i dati statistici delle autostrade limitrofe, tramite l'AISCAT (Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori), danno invece una progressiva riduzione del traffico che nel 2012 è stata valutata in un 7,2 per cento arrivando a un progressivo 10,2 per cento nell'aprile 2013. La SATAP invece al 31 dicembre 2012 sul tratto Torino-Milano ha rilevato una riduzione del 5,93 per cento e dell'8,47 per cento sul tratto Torino-Piacenza e anche qui le stime si aggirano intorno al 10 per cento per il primo trimestre 2013;
   a quanto risulta, i dati rilevati dalle varie società autostradali limitrofe sono in totale contrasto con le previsioni utilizzate per motivare l'opera, ma è importante evidenziare che tale decremento di traffico fosse già presente nel bilancio SATAP al 31 dicembre 2011 con un –0,7 per cento e 1,25;
   è previsto che la nuova autostrada incorpori un tratto della superstrada SR 142 attualmente percorribile senza pedaggio; il nuovo tratto a pagamento comporterà un aggravio diretto e ingiustificato ai tanti pendolari biellesi incrementando la congestione del traffico locale nel tratto Masserano-Cossato-Vigliano;
   la regione Piemonte (che finanzia in parte l'opera) ha seri problemi di bilancio così come lo Stato, altro finanziatore;
   la regione Piemonte con delibera di giunta n. 25-5760 ha emesso disposizioni urgenti per il rientro in materia di trasporto pubblico locale riguardanti il periodo 2013-2015 che comporteranno soppressione di corse e riduzioni di servizio;
   il collegamento ferroviario diretto Biella-Milano sta per essere soppresso come numerose altre linee;
   stanno progressivamente aumentando le problematiche di manutenzione dei tratti stradali esistenti e le società autostradali richiedono continue concessioni per l'aumento dei pedaggi per contrastare il progressivo calo dei passaggi –:
   se, in considerazione dei dati di traffico, non ritenga opportuno revocare eventuali finanziamenti statali per la Pedemontana biellese, ed eventualmente trasferire i finanziamenti su opere infrastrutturali alternative o potenziare quelle già esistenti. (5-01034)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la condizione del trasporto pubblico locale su gomma, così come quella del trasporto ferroviario regionale, è connotata in Piemonte, ormai da lungo tempo da un progressivo depauperamento quantitativo e qualitativo dei servizi destinati ai pendolari, e in particolare, alle migliaia di studenti e lavoratori che ogni giorno utilizzano i mezzi pubblici;
   la soppressione indiscriminata di corse e intere linee, il degrado e l'obsolescenza del materiale rotabile, connotano una situazione di gravissima crisi, alla quale si aggiungono le difficoltà ormai insostenibili in cui versano gli enti locali soggetti di delega (comuni e province), nel far fronte agli obblighi finanziari verso le aziende di trasporto, in ragione dei ritardi della regione nel trasferimento delle risorse dovute;
   questa situazione si è fatta ancora più acuta e drammatica con la ripresa delle attività successiva alla pausa estiva, nel momento in cui sono entrati in vigore ulteriori, intollerabili tagli dei servizi, applicati su tutto il territorio regionale, con un effetto devastante, in particolare, nelle realtà provinciali, in intere piaghe territoriali dove la cancellazione di linee e corse rischia di assumere tout court il profilo di una vera e propria soppressione del trasporto pubblico;
   il cospicuo debito pregresso, maturato dalla regione Piemonte in questo comparto tra il 2010 e il 2012 non solo viola il diritto fondamentale alla mobilità di interi gruppi sociali, ma sottopone anche a uno stress insopportabile un settore economico di primaria rilevanza, che occupa svariate migliaia di lavoratori;
   a parere dell'interrogante, non può essere trascurato come di recente, proprio per far fronte a questo debito, la regione Piemonte abbia beneficiato di un intervento straordinario, solo ad essa dedicato, che le ha consentito di spostare dagli investimenti alla spesa corrente poste consistenti del fondo per lo sviluppo e la coesione;
   l'articolo 11, comma 6, del decreto-legge 8 aprile 2013, n 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, ha fissato per la regione Piemonte l'impegno a redigere un piano di rientro dallo squilibrio finanziario «derivante da debiti pregressi a carico del bilancio regionale inerenti ai servizi di trasporto pubblico locale su gomma e di trasporto ferroviario regionale», da sottoporre, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del provvedimento all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze;
   il comma 6 dell'articolo 11 del citato decreto dispone che le linee di detto piano debbano essere orientate alla razionalizzazione e all'incremento dell'efficienza, in osservanza dei criteri stabiliti dall'articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni;
   l'ottemperanza a quanto stabilito dal comma 6 del decreto di cui in premessa è direttamente collegata all'attuazione di quanto stabilito al successivo comma 7, dello stesso articolo 11, con il quale si autorizza la regione Piemonte a finanziare per il 2013 il richiamato piano di rientro, sino al limite massimo di 150 milioni di euro, le risorse del fondo per la coesione e lo sviluppo ad essa assegnate con la delibera CIPE n. 1 dell'11 gennaio 2011;
   le scelte pesantissime di soppressione dei servizi operate dalla regione Piemonte avvengono nonostante le appena richiamate facoltà ad essa concesse, ed assumono pertanto la connotazione di un risanamento del debito caricato pressoché esclusivamente sulla penalizzazione dei pendolari, per i quali incombe anche l'ombra dell'annunciato, imminente aumento delle tariffe;
   presso il Senato della Repubblica, nel parere consultivo, espresso dall'VIII Commissione permanente sul provvedimento citato, era esplicitamente contenuta l'indicazione che il piano di rientro richiesto attraverso lo stesso articolo 11, comma 6, fosse fatto oggetto dei necessari approfondimenti, al fine di verificarne la coerenza complessiva con i criteri determinati dalla normativa sulla spending review e con gli obiettivi generali della normativa che disciplina il settore del trasporto pubblico locale e quello del trasporto ferroviario regionale;
   a tale indicazione non si è, sino ad oggi, dato corso;
   in particolare, la provincia di Vercelli e la tratta Casale Monferrato-Vercelli sarebbe esposta a un pregiudizio notevole che andrebbe a penalizzare in maniera eccessiva non solo le città interessate, ma tutto il territorio afferente e soprattutto le categorie più sensibili come gli allievi pendolari;
   il presidente della regione Piemonte, Roberto Cota, in una nota del 6 settembre 2013 affermava: «La Casale-Vercelli è stata trattata esattamente come tutte le altre tratte minori del Piemonte che hanno subito una rimodulazione dei servizi ferro-gomma. La vera differenza con la Novara-Varallo, su cui invito i cittadini a riflettere, è che in quei territori gli amministratori locali si sono impegnati non solo a protestare, ma hanno anche lavorato per mesi per cercare una soluzione... La Regione non ha competenza sulla gestione del trasporto su gomma, ma ha l'esigenza, a fronte dei tagli da Roma sul trasporto pubblico locale e ai debiti accumulati nel passato dall'Ente, di ottimizzare il sistema ferro-gomma evitando inutili doppioni sul territorio»;
   a parere dell'interrogante, le spiegazioni del presidente Cota non rispondono alle necessità di un territorio che per propria natura non può essere assimilato agli altri e quindi sottoposto a tagli lineari; infatti il Monferrato è particolarmente disagiato a causa delle conseguenze della costi della vicenda Eternit e della quasi certa chiusura del tribunale, che di certo non sono conseguenza dell'agire di amministratori non oculati –:
   se risulti quale sia lo stato di avanzamento dell’iter di presentazione e approvazione del piano da presentarsi da parte della regione Piemonte ai sensi dell'articolo 11, comma 6, del decreto-legge citato;
   quali siano le valutazioni istruttorie e/o conclusive, eventualmente rilasciate su di esso, non solo in relazione a quanto stabilito dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ma anche in relazione alle finalità e agli obiettivi di servizio pubblico universale connesse al trasporto locale e regionale, finalità e obiettivi cui sono destinate le risorse del fondo nazionale;
   se non si ritenga urgente e doveroso convocare con urgenza un tavolo congiunto, che coinvolga, oltre alla regione Piemonte, i rappresentanti degli enti locali soggetti di delega in materia di trasporto pubblico locale, finalizzato ad affrontare e, ove possibile, risolvere le principali e gravi criticità che coinvolgono oggi i pendolari piemontesi, nonché le aziende e i lavoratori del settore. (5-01031)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8 della legge n. 84 del 1994, riguarda il «Presidente dell'autorità portuale»;
   i commi 1 e 1-bis del medesimo articolo disciplinano le procedure di nomina: «1. Il Presidente è nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione (oggi infrastrutture e trasporti), nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia e dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'articolo 6, comma 7. La terna è comunicata al Ministro tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione il Ministro nomina il Presidente, previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dei trasporti e portuale.
   1-bis. Esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'ambito di una terna formulata a tal fine dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio interessati. Ove il presidente della giunta regionale non provveda alla indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri, che provvede con deliberazione motivata»;
   benché la norma sia estremamente chiara e presupponga una precisa serie di passaggi formali, anche allo scopo di garantire il principio di leale collaborazione tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali, risulta che numerose autorità portuali sono state commissariate in violazione della norma senza che se ne ravveda la necessità;
   risultano ad oggi commissariate le autorità di Napoli, Catania, Palermo, La Spezia, Ancona e il 4 settembre 2013 l'autorità portuale del nord Sardegna (comprendente i porti di Golfo Aranci, Olbia e Porto Torres). Tutti commissariamenti che, ad avviso dell'interrogante, sono stati effettuati senza tenere conto che gli enti locali preposti hanno formulato le terne nei tempi previsti;
   il Ministro non ha chiesto una nuova terna in sostituzione di quelle comunicate e non ha ricercato, come previsto dalla legge, l'intesa con le regioni interessate;
   i commissari governativi, nominati in modo, ad avviso dell'interrogante, discrezionale e senza alcuna intesa formale con gli enti locali, sono personalità che hanno esaurito il proprio mandato e non figurano nelle nuove terne. Lo strumento commissariale dovrebbe rappresentare l'estrema ratio per il governo di enti quali appunto le autorità portuali –:
   se il Ministro intenda mettere fine a quello che all'interrogante appare un palese stato di illegittimità che interessa così numerosi porti italiani;
   se e quando, finalmente, intenda procedere alle nomine seguendo le procedure previste dalla legge n. 84 del 1994.
(4-01851)


   MURA e GIOVANNA SANNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, autorizza all'articolo 18, comma 8-ter, una spesa di 150 milioni di euro per l'anno 2014 al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico;
   lo stesso decreto stabilisce all'articolo 18, comma 8-quater, che le risorse previste dal comma 8-ter siano ripartite a livello regionale per essere assegnate agli enti locali proprietari degli immobili adibiti all'uso scolastico sulla base del numero degli edifici scolastici degli alunni presenti in ciascuna regione e della situazione del patrimonio edilizio scolastico ai sensi della tabella 1 annessa al presente decreto. Le quote imputate alle province autonome di Trento e di Bolzano sono rese indisponibili in attuazione dell'articolo 2, comma 109, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. L'assegnazione agli enti locali è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 30 ottobre 2013 sulla base delle graduatorie presentate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013. A tale fine, gli enti locali presentano alle regioni entro il 15 settembre 2013 progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici. La mancata trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni entro il 15 ottobre 2013 comporta la decadenza dell'assegnazione dei finanziamenti assegnabili. Le risorse resesi disponibili sono ripartite in misura proporzionale tra le altre regioni. L'assegnazione del finanziamento prevista dal medesimo decreto autorizza gli enti locali ad avviare le procedure di gara con pubblicazione delle medesime ovvero le procedure di affidamento dei lavori. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunica al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco dei finanziamenti assegnati agli enti locali e semestralmente lo stato di attuazione degli interventi, che sono pubblicati nel sito internet dei due Ministeri;
   all'articolo 18, comma 8-quinquies, si stabilisce che il mancato affidamento dei lavori di cui al comma 8-quater entro il 28 febbraio 2014 comporta la revoca dei finanziamenti. Le eventuali economie di spesa che si rendono disponibili all'esito delle procedure di cui al citato comma 8-quater ovvero le risorse derivanti dalla revoche dei finanziamenti sono riassegnate al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alle richieste che seguono nell'ordine della graduatoria. Lo stesso Ministero provvede al trasferimento delle risorse agli enti locali per permettere i pagamenti entro il 31 dicembre 2014, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati;
   sulla base dell'allegato 1 al decreto n. 69 del 2013 convertito dalla legge n. 98 del 2013, la regione Sardegna risulta assegnataria di un finanziamento di euro 5.000.000 per l'anno 2014;
   la legge 9 agosto 2013, n. 98 è entrata in vigore il 21 agosto 2013;
   la regione Sardegna a partire dal 22 agosto 2013 avrebbe potuto deliberare relativamente ai criteri di selezione dei progetti esecutivi immediatamente cantierabili e pubblicare il relativo avviso in modo da dare tempo e modo a tutti i comuni della Sardegna, che da tempo attendevano il provvedimento, di partecipare all'avviso medesimo;
   la regione Sardegna ha approvato i criteri per la selezione di progetti esecutivi immediatamente cantierabili per la formazione della graduatoria da trasmettere al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con delibera di giunta n. 37/37 il giorno 12 settembre 2013 e ha pubblicato il relativo avviso per la selezione dei progetti esecutivi e immediatamente cantierabili il giorno venerdì 13 settembre 2013 e ha previsto la scadenza per il giorno lunedì 16 settembre 2013 alle ore 17.00;
   i comuni della Sardegna, o per lo meno la gran parte degli stessi, sono venuti a conoscenza dell'avviso nella tarda mattinata di venerdì 13 settembre 2013 e di fatto, considerato che il 14 settembre era sabato e il 15 settembre era domenica, hanno visto vanificata la possibilità di predisporre i progetti così come richiesti dall'avviso regionale –:
   se non ritengano di dover assumere iniziative normative per prorogare la data, prevista nell'articolo 18, comma 8-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013, per la trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni (15 ottobre 2013) con ciò consentendo anche alla regione autonoma della Sardegna di promuovere, attraverso modalità trasparenti e inclusive di tutti i comuni della Sardegna, una seria selezione dei progetti di riqualificazione degli edifici scolastici di cui alla legge n. 98 del 2013, articolo 18, commi ter, quater e quinques, che ripristini le pari opportunità dei comuni stessi a concorrere all'attribuzione dei finanziamenti. (4-01866)


   RIZZO, CORDA, FRUSONE, BASILIO, PAOLO BERNINI, ALBERTI, CANCELLERI e MARZANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 gennaio 2013, così come da informazioni acquisite dal quotidiano La Sicilia edizione Siracusa del 30 gennaio 2013, si verificava il deragliamento di un vagone letto del treno Siracusa-Roma delle 21,45. Ciò nonostante, il treno in oggetto, partiva privo di vagone letto. Del tutto comprensibile dunque la rabbia dei viaggiatori dinnanzi alla notizia e all'impossibilità, da parte di Trenitalia, di risolvere il problema non essendo disponibili altri vagoni letto, cosa che ha messo gli utenti dinanzi al fatto compiuto che si sarebbero dovuti accontentare del rimborso del biglietto;
   è stato anche redatto un modulo reclami indirizzato a Trenitalia da parte di uno dei passeggeri di quel treno, il nr. 02 del 26 gennaio 2013 con il quale venivano chiesti chiarimenti in merito all'accaduto, ma senza ricevere risposta;
   è necessario garantire la sicurezza dei viaggiatori che utilizzano i treni nella consapevolezza che salire su un treno in Sicilia non rappresenti un rischio;
   la viabilità ferroviaria siciliana manifesta troppi disguidi, troppi disservizi e troppe inefficienze riguardanti la puntualità e la pulizia degli ambienti;
   è necessario che il trasporto ferroviario isolano diventi utile ai fini di una mobilità alternativa, sostenibile e più sicura –:
   quali ragioni tecniche abbiano causato il deragliamento del vagone letto;
   se Trenitalia abbia provveduto ad informare la polizia ferroviaria di questo episodio;
   se non ritenga di dover avviare una procedura di verifica e revisione del materiale rotabile delle linee ferroviarie siciliane a garanzia della sicurezza dei viaggiatori;
   se la stazione di Siracusa, stazione di testa, sia dotata di materiale rotabile di riserva per garantire il dovuto supporto in casi del genere. (4-01868)


   AGOSTINELLI, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Quadrilatero Marche Umbria spa è una società pubblica di progetto che ha per obiettivo, quale soggetto attuatore unico, la realizzazione del progetto pilota «Quadrilatero» con i seguenti compiti:
    a) la progettazione e la realizzazione dell'asse viario Marche Umbria costituito dal completamento e adeguamento di due arterie principali tesi a migliorare e incrementare l'accessibilità alle aree interne delle due regioni;
    b) la redazione dei piani di area vasta (il PAV) per il cofinanziamento dell'opera viaria;
    c) il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per assicurare la completa copertura dell'investimento previsto per la realizzazione del «progetto quadrilatero»;
   la società è stata costituita 10 anni fa ed è stata definita con diversi modi: «società di partenariato pubblico-privato»; società per «la cattura di valore»; società per attivare «finanziamenti privati», fino alla società che realizza le strade «a costo zero»;
   la società Quadrilatero è composta dai seguenti azionisti: ANAS con il 92,38 per cento di quote, regione Marche, regione Umbria, provincia di Macerata, camera di commercio di Macerata, camera di commercio di Perugia, camera di commercio di Ancona e provincia di Perugia: tutti organismi pubblici con la quasi totalità di azioni all'ANAS, cioè alla società che ha come principale missione la costruzione e gestione delle strade statali quali le arterie del progetto Quadrilatero;
   in base ai pareri espressi dalla Corte dei Conti sull'attività della società Quadrilatero, emerge che la stessa società, nel corso dei dieci anni di vita ha impiegato mediamente cinquanta dipendenti oltre agli organi del consiglio di amministrazione;
   risulta altresì che il costo dei due maxi lotti è salito da 2.234 milioni di euro (relazione Corte dei Conti al bilancio 2010) a 2.269 milioni di euro nel 2011 e a 2.284 milioni di euro nel 2012 (dati dal bilancio ANAS 2012) e che dal 2012 i lavori sul tratto Marche-Umbria sono fermi, gli operai privi di retribuzione sono stati messi in cassa integrazione;
   risulta altresì agli interroganti che i PAV e le aree leader, ideati a suo tempo con la motivazione che avrebbero generato risorse «private» per contribuire alla realizzazione delle strade del progetto Quadrilatero, si sono rivelati strumenti infruttuosi tanto che per la prima tranche di otto aree leader, approvate dal CIPE nel 2006, pur essendo state messe a gara, non sono stati trovati acquirenti;
   risulta altresì che il fabbisogno finanziario della società sarebbe a totale carico dello Stato, della regione Marche (che ha finanziato interamente in proprio il tratto stradale Fabriano-Matelica Nord per un costo di 90 milioni di euro) e dei contributi delle camere di commercio di Perugia e Macerata, mentre altri proventi finanziari sono dovuti agli interessi maturati sulle somme erogate dallo Stato e dal contributo della regione Umbria –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e in particolare:
    a) quanti finanziamenti siano stati stanziati dallo Stato e dagli organi pubblici e quanti siano stati, fino ad ora, i finanziamenti privati;
    b) quali risorse abbiano prodotto i piani di area vasta e, ad esempio, quanto abbia prodotto il piano di area vasta per l'area leader di Falconara Marittima;
    c) quale sia il costo annuo della struttura della società Quadrilatero e quale sia il costo della struttura del consiglio di amministrazione della stessa anche in considerazione del fatto che gli stessi non risultano pubblicati nel sito della medesima società, benché si tratti di una società a totale capitale pubblico;
    d) quali provvedimenti intenda assumere a sostegno dei lavoratori coinvolti nella vicenda riguardante il tratto marchigiano della società;
    e) quali siano i tempi prevedibili per il completamento delle infrastrutture dal momento che tutte le scadenze, a suo tempo preventivate, non sono state rispettate dalla società Quadrilatero e dal contraente generale;
    f) se e quali misure intenda attuare per mettere fine a strumenti di finanza creativa che si sono rivelati, alla luce dei fatti, costosi per lo Stato e per i cittadini, non avendo prodotto neanche l'auspicato rispetto dei tempi di realizzazione delle opere che risultano a totale costo pubblico. (4-01869)


   NICOLA BIANCHI, PINNA, VALLASCAS, LOREFICE, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, DE LORENZIS e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto di nomina (prot. 0000320-05 febbraio 2013) da parte del Ministro interrogato, a decorrere dalla data del 6 settembre 2013, è stato conferito l'incarico all'ex senatore Fedele Sanciu di commissario straordinario dell'autorità portuale del Nord Sardegna;
   nel decreto di nomina si legge che viene ritenuto opportuno conferire l'incarico a Sanciu in quanto «persona idonea a garantire la gestione dell'Ente fino al perfezionamento della nomina del Presidente» –:
   se il Ministro interrogato intenda spiegare con quali criteri abbia assegnato la nomina e quali siano le idoneità dell'ex senatore Sanciu relative all'incarico da ricoprire e se non intenda porre rimedio ad una nomina, che a parere degli interroganti, appare priva di qualsiasi competenza e di meritocrazia, mentre appare legata a logiche di parte che nulla hanno a che vedere con le competenze richieste dall'incarico. (4-01870)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   organi di stampa locali (Giornale di Vicenza del 17 settembre 2013) riportano la notizia secondo la quale un gruppo di tifosi del Vicenza calcio che stavano entrando allo stadio di Vicenza per assistere al match di calcio Vicenza-Carrarese con la bandiera veneta del Leone di San Marco, sarebbero stati fermati dalle forze dell'ordine presenti allo stadio e sarebbe loro stato impedito di introdurre la bandiera medesima;
   un episodio analogo si verificò nel 2009, quando a Cittadella (Padova), venne impedito ad un gruppo di tifosi locali di introdurre la medesima bandiera, in quanto, secondo i preposti organi di polizia, il gonfalone di Venezia sarebbe stato provocatorio nei confronti della tifoseria avversaria; qualche giorno dopo, lo stesso questore di Padova archiviò il caso definendo la bandiera di San Marco bandiera «comunque storica e legata al territorio veneto»;
   lo statuto della regione Veneto, legge 22 maggio 1971, n. 340, all'articolo 2, afferma che «L'autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia. La Regione concorre alla valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico delle singole comunità», e le leggi regionali n. 8 del 2007, «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto», e n. 10 del 1998, «Disposizioni per l'uso e l'esposizione della bandiera della Regione del Veneto», si pongono come obbiettivo quello della valorizzazione e della promozione della lingua e della cultura veneta, in tutte le sue forme, al fine di tutelare le peculiarità storiche e culturali appartenenti alla cultura veneta, tra le quali, rientra indiscutibilmente, la bandiera veneta –:
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per precisare chiaramente, all'interno delle disposizioni di settore, come i vessilli territoriali, ovvero le bandiere di regione o di territori locali, non rappresentino simboli politici, così da permettere il libero ingresso allo stadio di questi in concomitanza con manifestazioni calcistiche. (4-01859)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso da fonti giornalistiche allegate, in data 11 e 19 agosto 2013 due imbarcazioni con a bordo dei profughi giungevano rispettivamente a Monasterace (Reggio Calabria) e Aci Castello (Catania);
   dalle due imbarcazione sbarcavano decine di persone di varie nazionalità, tra cui siriani, palestinesi ed egiziani (questi ultimi in totale 55) i quali venivano separati dagli altri profughi;
   il riconoscimento della nazionalità dei profughi egiziani avveniva tramite un'identificazione sommaria basata sull'accento, secondo quanto ricostruito dai funzionari della prefettura di Catania;
   l'organizzazione umanitaria CIR (Consiglio italiano per i rifugiati) denunciava di non essere stata autorizzata dalla prefettura di Catania a fornire assistenza legale ai profughi e che nessuna organizzazione umanitaria ha potuto esporre ai profughi le modalità amministrative con cui procedere alla richiesta d'asilo;
   a distanza di ventiquattrore dai due sbarchi, dagli aeroporti di Catania e di Lamezia Terme (CZ) i profughi egiziani venivano rimpatriati;
   è fondamentale sottolineare che tra il 12 e il 20 agosto 2013 si sono verificati gli scontri più cruenti in Egitto con centinaia di morti nelle strade e con il pesante intervento dell'esercito che ha proclamato lo stato d'emergenza;
   il 19 agosto il bollettino informativo «viaggiare sicuri» del Ministero degli affari esteri recitava: «...in ragione del progressivo deterioramento del quadro generale di sicurezza, si sconsigliano i viaggi in tutto l'Egitto...»;
   il rimpatrio forzato, in danno dei profughi egiziani, si prefigura, a giudizio dell'interrogante, come una vera e propria espulsione che viola alcune norme del diritto internazionale e, precisamente, l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'articolo 4 del protocollo n. 4 della citata Convenzione che proibisce la pratica delle espulsioni collettive;
   il rimpatrio forzato in un Paese in piena guerra civile contribuirà a esporre i profughi, in maniera significativa, a torture e a trattamenti inumani e degradanti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda suesposta;
   quali siano state le motivazioni e da chi sia partito l'ordine di impedire l'accesso alle organizzazioni umanitarie che avevano il compito di fornire assistenza legale ai profughi per l'espletamento delle pratiche amministrative per richiedere asilo all'Italia;
   chi abbia autorizzato il rimpatrio forzato dei profughi egiziani e per quali ragioni. (4-01860)


   MARZANA, D'UVA, CANCELLERI, LOREFICE, RIZZO, GRILLO e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 della legge n. 690 del 13 maggio 1940 (Organizzazione e funzionamento del servizio antincendio nei porti) cita espressamente: «Il servizio antincendi nei porti dipende dai comandanti di porto ed è esplicato dai corpi provinciali dei vigili del fuoco. Tale servizio comprende la prevenzione e la estinzione degli incendi nei porti e loro dipendenze, sia a terra che a bordo delle navi e dei galleggianti, nonché la presenza dei servizi tecnici in genere (...)»;
   il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 del 29 luglio 2003, n. 229), al Capo III, articolo 18 comma 1, recita: «La vigilanza antincendio è il servizio di presidio fisico reso in via esclusiva ed a titolo oneroso dal Corpo nazionale con proprio personale e mezzi tecnici nella attività i cui fattori comportamentali o sequenze di eventi incontrollabili possono assumere rilevanza tale da determinare condizioni di rischio non preventivabili e quindi non fronteggiabili soltanto con misure tecniche di prevenzione (...)»;
   con circolare MI. SA. n. 27 del 7 ottobre 1991 il Ministero dell'interno, direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi, ha disposto la ripresa, da parte del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dei servizi di vigilanza antincendi anche nei porti;
   l'articolo 9 della legge n. 690 del 13 maggio 1940 ha stabilito che: «Per integrare l'opera dei Vigili del Fuoco, i Comandanti di Porto, di concerto, col competente Comandante provinciale, costituiranno, ove necessario, squadre ausiliari antincendi»;
   successivamente, la legge n. 850 del 27 dicembre 1973, all'articolo 20, ha ribadito quanto citato dall'articolo 9 della legge n. 690 del 1940 in relazione alla possibilità, da parte di società private, di esercitare i servizi integrativi di vigilanza antincendio, previo l'accertamento di determinati requisiti di idoneità, da parte del comandante di porto e su conforme parere del comandante dei vigili del fuoco;
   inoltre, quanto disposto dalla legge n. 690 del 1940 è stato confermato dal Ministero dell'interno con propria nota n. 7814/4118 del 4 maggio 1992 indirizzata al comando provinciale dei vigili del fuoco di Siracusa, con la quale si disponeva altresì la riattivazione dei servizi di vigilanza nei pontili da parte del personale operativo dei vigili del fuoco;
   nell'ambito dei porti di Siracusa e Augusta le rispettive capitanerie di porto hanno regolato la materia con le ordinanze n. 95/01 e successive modificazioni e integrazioni e n. 5/96 e successive modificazioni e integrazioni;
   nonostante, i chiari riferimenti normativi sin qui riportati, l'ordinanza della capitaneria di porto di Augusta n. 5/96 a giudizio degli interroganti disattende tali disposizioni dal momento che al personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco viene affidato il servizio di vigilanza antincendio e sicurezza in via integrativa e non in via prioritaria come da disposizioni di legge menzionate;
    si aggiunga che l'articolo 20 della legge n. 850 del 27 dicembre 1973, definisce perentoriamente i «servizi integrativi antincendio» come complementari e integrativi a quelli esplicati dal corpo nazionale dei vigili del fuoco in quanto l'opera di questi ultimi non può essere in nessun modo comparata, per professionalità, esperienza ed organizzazione, con quella dei privati;
   attualmente, nonostante le ripetute sollecitazioni ai comandanti delle capitanerie di porto per un'effettiva ripresa del servizio di vigilanza antincendio, a far data dall'entrata in vigore della circolare MI. SA. n. 27/91, il servizio di vigilanza antincendio nei terminali petroliferi continua ad essere affidato interamente a personale privato che, per quanto sopra esposto, dovrebbe svolgere il servizio suddetto integrando, a seconda delle necessità, il personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, unico organismo preposto istituzionalmente ad effettuare la vigilanza antincendio;
   conseguentemente, si solleva un dubbio di illegittimità nei confronti dell'ordinanza della capitaneria di porto di Augusta n. 5/96, poiché nei contenuti fondamentali vi è una errata applicazione delle norme che regolamentano la materia;
   tra l'altro, il mancato svolgimento del servizio di vigilanza antincendio nei terminali petroliferi di Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta da parte del personale operativo del comando provinciale dei vigili del fuoco di Siracusa, ad avviso dell'interrogante, ha creato sin dal 1991 un presumibile danno erariale di enorme gravità –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti ed in particolare dell'ordinanza della capitaneria di porto di Augusta n. 5/96 e successive modificazioni e integrazioni e della ordinanza n. 95/2001 e successive modificazioni e integrazioni emanata dalla capitaneria di porto di Siracusa;
   quali provvedimenti si intendano assumere per ristabilire la corretta applicazione della circolare MI. SA. n. 27/91 al fine di affidare in via principale al personale dei vigili del fuoco il servizio di sicurezza antincendio dei terminali petroliferi del polo industriale di Siracusa e solo con carattere integrativo e complementare a società private. (4-01862)


   BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo apparso il 30 luglio 2013 nel quotidiano on line Nuova Venezia, il giornalista ricostruisce il legame tra alcune figure istituzionali e Adria Infrastrutture spa e Mantovani spa, le due società i cui vertici sono finiti nel mirino della procura veneziana con l'arresto dei rispettivi amministratore delegato Claudia Minitullo e presidente Piergiorgio Baita. La procura ha inoltre acceso i riflettori sul Consorzio Venezia Nuova ottenendo l'arresto (tra gli altri) dell'ex presidente Giovanni Mazzacurati. Si tratta di inchieste distinte, ma che hanno alcuni punti in comune. Primo fra tutti l'obiettivo di far luce su un comparto in cui il finanziamento pubblico è uno degli elementi più consistenti;
   a dimostrare il legame, il giornalista di Nuova Venezia parte da Margherita srl, società padovana riconducibile a tale Sandra Persegato e che ha come oggetto sociale anche l'assunzione di partecipazioni di altre società sia in Italia che all'estero; seguendo la traccia di quote e azioni delle società di cui sopra si perviene, alla fine, direttamente in Adria Infrastrutture spa, passando attraverso Arianna spa, società specializzata nella produzione di led per l'illuminazione pubblica e di cui Margherita srl ha posseduto il 10 per cento, e arrivando a Pvp srl, società che ha domicilio fiscale in Passaggio Corner Piscopia 10 a Padova, stesso indirizzo di Margherita Srl e dello Studio Penso-Venuti e associati, e quindi in Adria Infrastrutture, controllata anche da Mantovani spa;
   il giornalista definisce «scomodo» tale intreccio in quanto Claudia Minutino, consigliere delegato di Adria Infrastrutture, e Piergiorgio Baita, ex presidente di Mantovani spa e vice presidente di Adria Infrastrutture, nella primavera scorsa sono stati arrestati con l'accusa di aver creato un sistema di fatture false per milioni di euro, per vicende connesse alla sanmarinese Bmc Consulting del faccendiere bergamasco William Ambrogio Colombelli nonché ex consigliere della Nuova Garelli, società partecipata da tale Paolo Berlusconi;
   Margherita srl è stata fondata nel 2008 da due persone fisiche e due giuridiche: la società Frasseneto, azienda agricola di Sandra Persegato e la Comunità Incontro Onlus di don Pietro Gelmini; Margherita ha un capitale sociale di 20 mila euro interamente versato e amministratore unico è Sandra Persegato che nel 2011 ha ricevuto parte delle quote in dono;
   Margherita srl fino al 2011 è stata socia di Arianna spa, nata nel 2009 e avviata grazie al sostegno di Pvp srl. Tra i soci di Arianna spa si trovano, oltre alla società Margherita srl, anche la Carel di Brugine, di proprietà di Luigi Rossi Luciani, (ex presidente Confindustria Veneto, ora presidente del Parco Scientifico Galileo), la Finpiave, (riconducibile a Bepi Stefanel), la Pvp srl e l'ingegner Alberto Giovanni Gerli, inventore di un sistema di illuminazione a led innovativo, che riveste il ruolo di amministratore delegato. Tra i consiglieri della Arianna spa troviamo Paolo Venuti e Christian Penso entrambi soci di Pvp srl;
   Pvp srl fa capo a noti professionisti padovani: Guido Penso, il figlio Christian (che detengono quote paritarie), e Paolo Venuti. Ed ha in portafoglio, tra le altre, anche quote di Adria Infrastrutture (300 mila euro circa su un capitale sociale di 4,5 milioni di euro) e di Arianna spa (circa il 30 per cento). Guido e Christian Penso e Paolo Venuti sono anche amministratori allo stesso tempo –:
   se le società siano state o siano ancora destinatarie di fondi statali e se tale destinazione non debba essere revocata ed eventualmente segnalata alla procura della Corte dei Conti. (4-01876)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:


   SANTERINI, ROSSI e MARAZZITI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il concorso docenti, emanato in base al decreto del direttore generale n. 82 del 24 settembre 2012, fissava al 31 agosto 2013 il termine ultimo per la definizione della graduatoria di merito delle varie classi di concorso, al fine di poter immettere in ruolo nell'anno scolastico 2013-2014 il personale docente attingendo a dette graduatorie;
   in tutte le regioni i termini, citati sono stati rispettati in modo totale o quantomeno parziale ad eccezione dell'ufficio scolastico regionale del Lazio, che il giorno 21 agosto con un comunicato affermava di non essere in grado di pubblicare nessuna delle graduatorie delle varie classi di concorso;
   al momento, quindi, vi sono regioni in cui le immissioni in ruolo sono state effettuate, quanto meno per una parte delle classi di concorso, attingendo come previsto al 50 per cento dalle graduatorie del concorso e al 50 per cento dalle graduatorie ad esaurimento, mentre nel Lazio il 100 per cento delle immissioni sta avvenendo attingendo dalle graduatorie ad esaurimento o dalle liste dei vincitori dei concorsi del 1990 e 1999;
   tale situazione crea evidenti sperequazioni in quanto gli insegnanti vincitori di concorso non immessi in ruolo nell'anno scolastico 2013-2014 rispetto a quelli vincitori e immessi in ruolo in tale anno:
    non avranno la possibilità di usufruire degli stessi benefici giuridici come la possibilità di effettuare l'anno di prova già nell'anno scolastico 2013-2014, di entrare in mobilità già alla fine dello stesso anno e di scegliere quindi la sede definitiva, di norma più conveniente per il lavoratore, per l'anno scolastico 2014-2015 nell'ambito della stessa provincia;
    riceveranno evidenti sperequazioni economiche non essendo destinatari del compenso economico mensile conseguente dalla funzione assunta. In particolare i docenti vincitori di concorso che non saranno immessi in ruolo corrono il rischio, laddove non chiamati dalle graduatorie ad esaurimento, di rimanere per un anno senza remunerazione e, anche ove chiamati, di non avere comunque gli stessi compensi degli immessi in ruolo;
   i posti disponibili l'anno prossimo potrebbero essere inferiori a quelli previsti quest'anno e pertanto i possibili vincitori del 2013 2014, non immessi in ruolo per evidenti lungaggini burocratiche, rischiano di non entrare in ruolo nemmeno l'anno prossimo qualora i posti fossero in entità inferiore;
   tutto ciò produce e produrrà danni certi e ingenti sia a tutti i docenti già impegnati nel concorso che ai discenti;
   la situazione di sperequazione cesserebbe ove fosse ancora possibile, in linea con i dettami del citato DDG n. 82 del 24 settembre 2012 che bandiva il concorso, immettere in ruolo tutti i docenti dichiarati vincitori di concorso durante l'anno 2013-2014 con decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2013;
   ove vi fosse, peraltro, l'impossibilità di perseguire il suddetto obiettivo primario e di giustizia e premessa la necessità della pubblicazione immediata delle graduatorie o, in subordine, la definizione di una data certa e improcrastinabile in cui i risultati siano messi a disposizione del pubblico, sarebbe necessario, per ridurre gli effetti negativi che si stanno producendo, nell'ordine:
    a) assicurare che il contingente numerico delle immissioni in ruolo per l'anno prossimo equivalga per lo meno al numero di immissioni in ruolo prese da graduatorie ad esaurimento per il presente anno scolastico e che tali immissioni siano totalmente effettuate dalle graduatorie di merito del concorso laddove quest'anno siano state effettuate totalmente dalle graduatorie ad esaurimento;
    b) garantire che, in ogni caso, il personale che sarà immesso nel 2014-2015 avrà una anzianità giuridica con decorrenza dal 1° settembre 2013 e che sarà inserito in mobilità per la sede definitiva già alla fine dell'anno scolastico 2013-2014;
    c) prevedere che la validità triennale delle graduatorie di merito, qualora le stesse siano pubblicate in corso d'anno, decorra dall'anno successivo e non dall'anno scolastico stesso;
    d) utilizzare prioritariamente per le supplenze annuali ancora non assegnate (sia al 31 agosto sia al 30 giugno sia temporanee) i vincitori di concorso non immessi in ruolo e in subordine gli idonei. Ciò consentirebbe anche a tale personale di espletare sicuramente un periodo pari o maggiore di sei mesi che potrebbe essere valutato come anno di prova;
    e) procedere, al termine della immissione in ruolo dei vincitori dell'attuale concorso, e prima di procedere alla emanazione di ulteriori concorsi, all'immissione in ruolo degli idonei non vincitori del concorso in questione –:
   se sia al corrente della situazione summenzionata e se non ritenga di dovere adottare in tempi rapidi le iniziative sopra indicate volte a sanare le rilevanti problematiche citate in premessa, che rappresentano per i soggetti coinvolti una evidente discriminazione e violazione di diritti nonché per consentire un normale e proficuo prosieguo dell'anno scolastico 2013-2014 specie per gli alunni e studenti della regione Lazio. (3-00319)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un laureato in medicina che sta frequentando la scuola di specializzazione percepisce al giorno d'oggi uno stipendio di circa 1.800 euro al mese;
   alla fine del corso di specializzazione, se si è distinto tra i migliori concorre ad una borsa di studio di dottorato e se la vince prenderà 800 euro mensili, ossia la metà di prima, pur possedendo un bagaglio culturale e una esperienza maggiori;
   si tratta perciò di un paradosso e di una incongruenza se si pensa che non può altresì svolgere attività clinica, mentre per alcuni dottorati l'attività clinica è al centro dell'attività di ricerca come per esempio in oncologia o cardiologia, tanto per fare alcuni esempi;
   vale la pena ricordare che lo spirito della facoltà di medicina prevede le tre funzioni di assistenza, didattica e ricerca non solo quali complemento e completamento della personalità del medico, ma anche come specifica motivazione a integrare ricerca e clinica ai fini di un costante miglioramento della qualità della assistenza offerta al paziente e in questa logica anche come servizio diretto allo studente –:
   quali iniziative, anche normative, si ritenga opportuno assumere al fine di permettere al dottorando di svolgere in modo prioritario la sua attività di ricerca relativa al progetto presentato e approvato dalla faculty del dottorato, e contemporaneamente svolgere sia l'attività clinica che didattica, in quanto strettamente correlate al suo progetto di ricerca. (3-00321)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI, ROCCHI, CAROCCI e INCERTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in sede di esame della proposta di legge n. 249, modifica all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di requisiti di accesso al trattamento pensionistico per il personale della scuola, assegnata alla Commissione lavoro della Camera, sono state richieste informazioni al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e all'INPS per quantificare la platea dei beneficiari del suddetto provvedimento;
   nè il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nè l'INPS hanno fornito numeri certi sui beneficiari, ma solo stime di calcolo basate sull'analisi della serie storica delle cessazioni dal servizio;
   tali stime divergono sensibilmente, con conseguenze evidenti sull'ammontare della copertura necessaria alla disposizione prevista dalla proposta di legge n. 249 –:
   se il Ministro interrogato, per consentire una spedita e certa prosecuzione dell'esame del provvedimento in parola, non intenda attivare una procedura informatica per censire esattamente i lavoratori della scuola che avrebbero maturato i requisiti al pensionamento – secondo la normativa previgente alla «riforma Fornero» – entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. (5-01032)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 26, comma 3, della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 (cosiddetta riforma universitaria «Gelmini») ha disciplinato il rapporto di lavoro dei «lettori di scambio» ovvero lettori di madrelingua straniera o collaboratori esperti linguistici;
   invero la suddetta normativa, nonostante l'intenzione di disciplinare in maniera intellegibile ed organica il rapporto di lavoro tra i lettori e le università italiane, oggetto di un contenzioso giudiziario ultraventennale che ha coinvolto anche la magistratura europea (Corte di giustizia europea), secondo gli interroganti ha modificato la disciplina normativa sui lettori di madrelingua in senso peggiorativo e in contrasto con il diritto dell'Unione europea;
   la «nuova» legge di fatto aggrava e perpetua le violazioni da parte dello Stato italiano del diritto dell'Unione europea ed in particolare dei princìpi espressi dalla Corte di giustizia in merito al trattamento economico e giuridico da riconoscere ai lettori assunti dalle università italiane ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980;
   in particolare, la giurisprudenza della Corte di giustizia (Corte di giustizia CE 26 giugno 2001) ha stabilito – dopo il riconoscimento della illegittimità della durata a termine annuale dei contratti stipulati ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 – che quando un lavoratore beneficia della conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ex legge n. 230 del 1962 tutti i suoi diritti quesiti sono garantiti fin dalla data della sua prima assunzione. Tale garanzia ha conseguenze non solo per quanto riguarda gli aumenti di stipendio, ma anche per l'anzianità e il versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali;
   la Corte di giustizia unitamente alla Corte di Cassazione italiana ha riconosciuto il diritto ai lettori di madrelingua assunti ex articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 alla ricostruzione del rapporto di lavoro sin dal momento dell'assunzione e a un trattamento economico corrispondente a quello dei ricercatori confermati a tempo definitivo;
   la legge n. 240 del 2010 invece, oltre a vanificare quanto previsto dalla legge n. 63 del 2004 che ha previsto a favore dei lettori un trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito con effetto dalla data di prima assunzione, fatti salvi eventuali trattamenti più favorevoli, non riconosce tali diritti ai lettori cosicché gli stessi subiscono una forte riduzione dello stipendio e hanno intrapreso nuove azioni legali contro le università volte al riconoscimento delle proprie spettanze economiche e giuridiche; tale contenzioso è anche causa di notevole spesa per l'amministrazione;
   anche la Commissione europea è stata interessata, a seguito dei pronunciamenti di condanna del Governo italiano da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, del caso relativo alle condizioni legislative e retributive discriminatorie perpetrate nei confronti dei lettori di lingua straniera e dei collaboratori e esperti linguistici (CEL) nelle università italiane –:
   se il Ministro sia a conoscenza della descritta situazione;
   se il Ministro intenda assumere iniziative – di tipo normativo – per abrogare l'articolo 26, comma 3, della legge n. 240 del 2010 in quanto lesivo del diritto dell'Unione europea e dei diritti quesiti dei lettori per i motivi esposti;
   se il Ministro intenda assumere iniziative – anche di tipo normativo – per chiarire la portata della legge n. 63 del 2004 nella parte in cui interessa nel caso di specie;
   quali misure e/o iniziative il Ministro intenda adottare – anche di tipo normativo – al fine di riconoscere pienamente ai lettori assunti dalle università italiane il trattamento economico-retributivo e giuridico così come previsto dalla legislazione vigente, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea e dalla normativa europea. (4-01854)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la SACCI spa ha deciso di chiudere il cementificio di Pescara per cessazione della attività;
   le motivazioni addotte sono la crisi nazionale del settore delle costruzioni e la decisione dell'amministrazione comunale di Pescara di chiederne la delocalizzazione per motivi ambientali e sanitari essendo in una zona densamente abitata della città di Pescara;
   a perdere il posto di lavoro sarebbero un centinaio di persone, molte delle quali già in cassa integrazione guadagni da mesi;
   i sindacati hanno chiesto una riconversione dell'impianto e un piano per la ricollocazione produttiva dei lavoratori, molti dei quali lontani dall'età minima pensionabile –:
   se non intendano accogliere la richiesta dei sindacati per un incontro con le parti sociali, la regione Abruzzo e il comune di Pescara per una soluzione condivisa della crisi aziendale con l'obiettivo di tutelare, nelle forme concordate, l'occupazione. (4-01856)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 2010 il laboratorio della ex Technolabs, già Italtel e Siemens centro di ricerca e sviluppo specializzato nell'elettronica e nelle telecomunicazioni, è stato rilevato dalla Intecs spa;
   nonostante le grandi potenzialità in termini di innovazione e l'alta professionalità delle risorse umane, il sito stenta a decollare a causa di un basso numero di commesse;
   dall'evento sismico del 6 aprile 2009 ad oggi l'occupazione è diminuita di più di 50 unità e attualmente nel sito Intecs dell'Aquila, all'interno del polo elettronico, lavorano circa 130 ricercatori;
   in seguito all'insediamento della nuova proprietà sono avvenute fuoriuscite volontarie con uso di incentivi ed ammortizzatori sociali e licenziamenti individuali;
   inoltre è stata unilateralmente disdetta la contrattazione di secondo livello con relativa diminuzione del reddito dei lavoratori;
   i vertici aziendali della Intecs, denunciano il totale abbandono delle istituzioni che a loro parere avrebbero ignorato una delle poche aziende che ha investito nel territorio dopo il sisma. L'azienda denuncia condizioni ambientali e politiche sfavorevoli poiché non si è riusciti, all'Aquila e in Abruzzo, a incanalare finanziamenti pubblici per il settore della ricerca a differenza di altre regioni;
   i vertici aziendali hanno dichiarato di voler rivedere la propria politica sul territorio aquilano anche con la chiusura del sito e la ricollocazione dei dipendenti, se le condizioni economiche lo permettono, in altre realtà aziendali italiane;
   anche altre realtà dell'industria elettronica aquilana hanno annunciato esuberi (i.e. Selex), e quello che era uno dei poli elettronici più grandi d'Italia, con oltre 5 mila addetti, è ora ridotto ad occupare circa 550 lavoratori complessivamente –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere, insieme ai sindacati e all'azienda, per sostenere il laboratorio Intecs dell'Aquila in un territorio già duramente provato dalle crisi industriali delle varie aziende del polo elettronico, e scongiurare il rischio di una chiusura. (4-01857)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha stabilito l'obbligo, per ogni amministrazione, di dotarsi di un organismo indipendente di valutazione della performance (OIV) da nominare sentita la commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), istituita a norma dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo;
   il comma 11 dell'articolo 14 sopra menzionato stabilisce che agli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento dell'OIV debba provvedersi «nei limiti delle risorse attualmente destinate ai servizi di controllo interno»;
   la lettera g) del comma 5 dell'articolo 13 del decreto legislativo citato affida alla CIVIT il compito di definire i requisiti per la nomina dell'OIV;
   il comma 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo citato stabilisce che l'OIV è nominato «sentita» la CIVIT;
   la delibera CIVIT n. 12 del 2013, al punto 14, pretende, come condizione per l'espressione del parere, una ragguardevole mole di adempimenti procedurali burocratici a carico delle amministrazioni che ad avviso dell'interrogante – con il pretesto della trasparenza – appesantiscono e rallentano notevolmente l’iter della nomina:
    a)  trasmissione degli atti del procedimento di selezione comprensivo dei curricula di tutti i candidati;
    b) relazione motivata sulle ragioni della scelta con riferimento ai requisiti posti dalla CIVIT, nonché sugli esiti della procedura comparativa espletata;
    c)  previsione di un termine di trenta giorni per la formulazione del parere da parte della CIVIT, salva la facoltà discrezionale e inoppugnabile di sospendere indefinitamente tale termine per esigenze istruttorie;
    d) obbligo della pubblicazione sul sito dell'amministrazione di tutti gli atti sopra citati;
   una siffatta serie di adempimenti meramente formali e burocratici, mentre rende oneroso il percorso della nomina e discutibile il vantaggio in termini di controllo, interpone inutili ostacoli in termini di speditezza amministrativa;
   i compiti dell'OIV, definiti dai commi 4 e 5 dell'articolo 14 del decreto legislativo citato, sono di alta complessità tecnica e presuppongono elevate competenza e professionalità, notevolmente più impegnative di quelle occorrenti ai nuclei di valutazione per il controllo interno;
   la CIVIT, con delibera n. 4 del 2010 in data 16 febbraio 2010, ha definito criteri e requisiti per la nomina dell'OIV, senza dettare alcun indirizzo in merito al compenso da corrispondere per l'esercizio della relativa funzione;
   la medesima CIVIT, con successiva delibera n. 12 del 2013 in data 27 febbraio 2013, ha definito nuovi criteri per la nomina dell'OIV, stabilendo altresì che gli importi da corrispondere per l'esercizio della funzione debbano essere «adeguati alla complessità organizzativa delle amministrazioni»;
   mancano indirizzi, requisiti e criteri per individuare la complessità organizzativa delle amministrazioni, in rapporto alla definita notevole complessità tecnica della funzione dell'OIV –:
   se non intenda promuovere iniziative normative per semplificare e snellire l’iter della nomina dell'Organismo indipendente di valutazione, eliminando gli adempimenti preventivi alla nomina stessa e concedendo poteri di controllo e di intervento in fase successiva;
   se non intenda promuovere le iniziative di competenza, anche normative volte a precisare indirizzi, requisiti e criteri per individuare e definire la soglia adeguata dei compensi da corrispondere ai componenti dell'Organismo indipendente di valutazione – distinguendo in particolare i casi di organo collegiale o monocratico – in modo da consentire una adeguata partecipazione dei candidati, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, alle procedure di selezione dei medesimi. (3-00322)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   con decreto sindacale n. 281/Gab del 22 aprile 2013, il sindaco del comune di Sessa Aurunca, dottor Luigi Tommasino, conferiva l'incarico di responsabile del settore affari generali, segreteria e personale al signor Umberto Valletta;
   il summenzionato dipendente comunale svolgeva al momento della nomina, come negli ultimi 15 anni circa, attività sindacale piena ed era parte della rappresentanza sindacale unitaria;
   successivamente all'atto di nomina, datato 3 maggio 2013, il signor Valletta Umberto provvedeva a dimettersi dalla rappresentanza sindacale unitaria conservando comunque le cariche che aveva ricoperto negli ultimi anni all'interno della sua organizzazione sindacale;
   l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 come modificato dall'articolo 52 comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 150 del 2009 recita testualmente: «Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con la predette organizzazioni»;
   la circolare ministeriale n. 11/2010 esplicativa della summenzionata legge in particolare al punto 2, tra l'altro così recita: «Ciò che si vuole evitare è un eventuale influenza sulla gestione che può derivare dal coinvolgimento attuale o passato del responsabile della struttura in particolari e significative attività sindacali o politiche o dall'aver avuto con tali organizzazioni particolari rapporti. In quest'ottica, la disposizione pone una norma percettiva che non prevede alternative, vola ad evitare un potenziale conflitto di interessi tra due uffici o tra l'interesse personale e l'interesse pubblico. La situazione di “incompatibilità” dovuta alla circostanza di rivestire una carica in organizzazioni sindacali o in partiti politici o di avere collaborazioni continuative con tali organizzazioni non è rimovibile, a nulla valendo il fatto che l'interessato possa eventualmente dimettersi. Solo il decorso del tempo previsto può rendere possibile il conferimento dell'incarico nell'amministrazione»;
   non si ha notizia dell'esistenza e/o della resa dichiarazione di notorietà ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, che l'amministrazione comunale, dovendo conferire un incarico per la gestione di struttura deputata al personale, avrebbe dovuto acquisire per assicurarsi che il nominato non si trovasse in alcuna situazione di incompatibilità prevista dal decreto legislativo sopra citato;
   in data 26 agosto 2013, i consiglieri comunali delle opposizioni: Giuseppe Aniello, Vincenzo Codella, Tommaso Lefano, Ciro Marcigliano, Carmela Messa e Basilio Vernile, nell'espletamento del proprio mandato istituzionale, a sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000 (T.U.E.L.) dallo statuto e regolamenti comunali, inviano un regolare esposto/richiesta indirizzata al sindaco di Sessa Aurunca (Caserta) al fine di revocare, in autotutela di decreto di conferimento n. 281/GAB del 22 aprile 2013;
   la medesima richiesta veniva inoltrata al segretario comunale, attualmente responsabile prevenzione corruzione, al prefetto di Caserta, all'ispettorato della funzione pubblica di Roma, alla CIVIT-Roma e per conoscenza ai presidenti dei gruppi consiliari e, infine alle rappresentanze sindacali unitarie aziendale;
   le missive di cui sopra sono state corredate, supporto delle ragioni esposte, dalla seguente documentazione:
    a) verbale delegazione trattante (RSU) del 14 marzo 2013 (allegato alla delibera di G. M. n. 72 del 17 aprile 2013);
    b) decreto n. 281/Gab del 22 aprile 2013 «Conferimento incarico di responsabilità gestionale del Settore Affari Generali e Segreteria» al signor Umberto Valletta;
    c) determina n. 623/reg. gen. del 2 maggio 2013 «Dott. ... collocamento a riposo a decorrere dal 1o agosto 2013 – Cessazione dal servizio al 31 luglio 2013...» sottoscritta dal signor Valletta in qualità di responsabile del settore personale;
    d) nota n. 9463 del 3 maggio 2013 «Dimissioni del Sig. Valletta dalla RSU»;
    e) determinazione n. 933/reg. gen. del 26 giugno 2013 «Dip.te ... Presa d'atto verbale mod. BL/B n. 12889 del 23 maggio 2013 della Commissione Medica di Verifica-Napoli» sottoscritta dal signor Valletta in qualità di responsabile del settore personale;
    f) determinazione n. 1225/Reg Gen. del 31 luglio 2013 «Dip.te ... Collocamento a riposo a domanda a decorrere dal 1o novembre 2013 – calcolo contributivo» sottoscritta dal signor Valletta in qualità di responsabile del settore personale;
    g) disposizione n. 1224 del 31 luglio 2013 «Atto di liquidazione dei diritti di segreteria per contratti stipulati nel secondo trimestre 2013 (aprile-giugno)» sottoscritta anche dal signor Valletta in qualità di responsabile del settore personale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali risposte intenda fornire in relazione alle rimostranze dei consiglieri comunali indirizzate al dipartimento della funzione pubblica, eventualmente avvalendosi dei poteri di cui all'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere al fine di evitare casi come quello di cui in premessa e di garantire il rispetto dei principi di buon andamento e trasparenza della pubblica amministrazione. (4-01873)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   desta sconcerto, la notizia appresa attraverso famiglie con figli autistici che, presso un centro di neuropsichiatria infantile di una ASL a tutti i pazienti con autismo, di qualsiasi età, viene consigliata la somministrazione di un farmaco che, a detta degli operatori e degli utenti, è una vera panacea;
   il farmaco in questione sembrerebbe essere l'aripiprazolo, un antispicotico atipico e condivide con gli altri antipsicotici, tipici e atipici, un profilo di tossicità tutt'altro che trascurabile. Alcuni recenti lavori rilevano un influsso negativo sul metabolismo per gli atipici peggiore che per i tipici (Rasimas JJ. Liebelt EL, Adverse Effects and Toxicity of the Atypical Antipsychotics: What is Important for the Pediatric Emergency Medicine Practitioner, Clin Pediatr Emerg Med. 2012; Dori N, Green T., The metabolic syndrome and antipsychotics in children and adolescents, Harefuah. 2011; Gautam S., Meena PS., Drug-emergent metabolic syndrome in patients with schizophrenia receiving atypical (second-generation) antipsychotics, Indian J. Psychiatry. 2011);
   le linee guida rappresentano il risultato di una rassegna critica della letteratura, nonché dell'opinione condivisa di un gruppo multidisciplinare di esperti. Sono di aiuto al medico per orientarlo nella prescrizione dei farmaci, soprattutto per quelle patologie, come l'autismo, per le quali non c’è una solida base di «evidence» e dove, a fronte di sintomi spesso gravissimi, i pochi farmaci disponibili sono quasi tutti off label, con ciò che questo comporta anche dal punto di vista legale;
   gli esperti consigliano di non usare antipsicotici, antidepressivi, anticonvulsivanti e diete di esclusione (come le diete senza glutine e caseina) per curare i sintomi nucleari dell'autismo perché il rapporto tra rischi (specialmente con gli anticonvulsivanti e le diete di esclusione) e benefici non è stato in favore del loro uso;
   nel caso di terapia con antipsicotici per trattare i comportamenti esplosivi quando gli interventi psicosociali o altri interventi sono insufficienti o non possono essere praticati a causa della severità del comportamento, i farmaci antipsicotici dovrebbero essere prescritti inizialmente e monitorati da un pediatra o da uno psichiatra che dovrebbe: identificare il comportamento bersaglio; decidere una misura appropriata per monitorarne l'efficacia, rivedere l'efficacia e ogni effetto collaterale del farmaco dopo alcune settimane; sospendere il trattamento se non ci sono segni di risposta clinicamente importante dopo sei settimane –:
   se non ritenga opportuno valutare la reale efficacia di farmaci consigliati e somministrati a pazienti autistici e, specificatamente nel caso di centri di neuropsichiatria infantile, fornire puntuali indicazioni per operatori e utenti in grado di garantire esclusivamente il ricorso a farmaci già sperimentati e che risultino realmente di una qualche utilità per i disturbi generati dall'autismo. (3-00318)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i dati forniti dal piano sanitario nazionale 2011-2013 segnalano una forte concentrazione di personale medico compreso nella fascia di età che va dai 60 anni in su;
   in virtù di tale dato è possibile prevedere che, entro il 2015, andranno in pensione circa 17.000 medici;
   considerando il numero medio di laureati in medicina e chirurgia per anno accademico e la quota di questi che viene immessa annualmente nel servizio sanitario nazionale, ci si aspetta, a partire dal 2013 un saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni. Si stima, inoltre, che la forbice tra uscite ed entrate tenderà ad allargarsi negli anni a seguire data la struttura per età ed il numero di immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia. Verosimilmente tale scenario risulterà ancora più marcato nelle regioni impegnate con i piani di rientro a causa del blocco delle assunzioni;
   ci si attende una carenza dal 2012 al 2018 di 18.000 unità di personale medico nel servizio sanitario nazionale di circa 22.000 medici dal 2014 al 2018 in totale (si passerà da 3,7 medici «attivi» per 1.000 abitanti a 3,5 medici «attivi» per 1.000 abitanti, contro una media europea di 3,1 medici attivi per 1.000 abitanti, fonte Oecd 2006);
   anche per l'anno accademico 2012-2013 la programmazione nazionale dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia non si è svolta secondo i criteri, le analisi e le stime ponderate dell'effettivo bisogno;
   ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 264 del 1999 il numero di posti per la facoltà di medicina e chirurgia, è determinato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (articolo 3 comma 1 lettera a), della citata legge);
   la rilevazione del fabbisogno delle professioni sanitarie effettuata dal Ministero della salute ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni, con riguardo all'anno accademico 2012/2013, fissa in 12.494 unità il fabbisogno di «camici bianchi»;
   rispetto a tale dato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto ministeriale del 28 giugno 2012, n. 197, ha determinato in 10.173 unità i posti a livello nazionale per la immatricolazione al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2012-2013;
   alla luce di ciò, il numero dei posti stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rispetto a quanto avvenuto nel precedente anno accademico 2011-2012 (fabbisogno formativo 10.566 unità – assegnati 9.501, con una differenza di circa 1.000 posti) risulta sempre più insufficiente a fronte dell'effettivo, reale ed accertato fabbisogno formativo (fabbisogno formativo 12.494 unità – assegnati 10.173, con una differenza di 2.321 posti), con un grave aumento della forbice tra la dimensione del reale fabbisogno ed il numero dei posti assegnati;
   con decreto del 23 novembre 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha autorizzato l'ampliamento dei posti per immatricolazioni corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia – anno accademico 2011-2012 nella misura del 10 per cento, riconoscendo che la programmazione dei posti definita con il richiamato decreto 5 luglio 2011 risulta inferiore rispetto alle esigenze del fabbisogno professionale del medico chirurgo, di cui alla rilevazione per l'anno accademico 2011-2012 che il Ministero della salute ha effettuato ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto legislativo n. 502/1992, sancita dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province Autonome di Trento e Bolzano in data 19 maggio 2011;
   per adeguare, per l'anno accademico 2014-2015, il numero dei posti assegnati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a quello rilevato dal Ministero della salute occorre un incremento del 20 per cento –:
   quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare al fine di consentire a tutti gli atenei di ampliare l'offerta formativa e renderla rispondente alla reale esigenza del fabbisogno del servizio sanitario nazionale. (4-01850)


   CAPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nomenclatore tariffario attualmente in vigore è quello stabilito dal decreto ministeriale 332 del 27 agosto 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 1999, dal titolo: «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe». Esso individua nel dettaglio le categorie di persone che hanno diritto all'assistenza protesica, le prestazioni che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 e le modalità di erogazione;
   l'articolo 11 stabilisce che «Il nomenclatore è aggiornato periodicamente, con riferimento al periodo di validità del Piano sanitario nazionale e, comunque, con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi erogabili»;
   l'aggiornamento previsto all'articolo 11 non è mai stato effettuato; di conseguenza, da oramai 14 anni prezzi, tecnologie e presidi ortopedici sono rimasti sostanzialmente gli stessi;
   la mancanza di tale aggiornamento ha provocato con il passare degli anni un danno sia per i disabili sia per le aziende erogatrici di dispositivi ortopedici poiché ha generato una distorsione del libero mercato, ma, fatto ancora più grave, il mancato l'aggiornamento periodico del nomenclatore non essendo in linea con il costante progresso tecnologico inibisce alle migliaia di disabili italiani l'accesso a nuovi strumenti di supporto che, da un lato, potrebbero migliorare notevolmente la qualità della vita e dall'altro creano una condizione di disparità sociale dal momento che solo le famiglie con maggiori possibilità economiche sono in grado di fornire a queste persone ausili tecnologicamente più moderni in quanto sostengono la differenza di spesa del presidio;
   il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha stabilito all'articolo 5, comma 2-bis, che «Il Ministro della salute procede entro il 31 maggio 2013 all'aggiornamento del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332»;
   la giurisprudenza, nel corso degli anni, ha sistematicamente riconosciuto le ragioni delle imprese e degli assistiti richiamando ad un più attento rispetto della normativa vigente. In tal senso il tribunale di Napoli con ordinanza del 12 marzo 2012 ha riconosciuto il diritto del cittadino con disabilità ad ottenere un ausilio non previsto dal nomenclatore tariffario ma dimostrato con certificazione medica necessario per il miglioramento della sua salute: «Il diritto alla salute rappresenta un valore preminente rispetto a qualunque interesse di contenimento della spesa pubblica, interesse tutelato dalla predisposizione di specifici elenchi di farmaci e di presidi che lo Stato eroga a totale suo carico. Conseguentemente sussiste il pieno diritto alla somministrazione di un presidio che, sebbene non inserito nel nomenclatore allegato al regolamento approvato con decreto ministeriale n. 332 del 1999, costituisca l'unico mezzo per salvaguardare il bene salute del cittadino». Così anche il Tar della Sicilia con riferimento alla cosiddetta assistenza indiretta. Con la sentenza n. 144/2012, il Tar della Sicilia afferma come l'assistito possa scegliere liberamente l'ausilio ritenuto più congeniale ai suoi bisogni (tra quelli riconosciuti omogenei), senza doverlo scegliere tra quelli proposti dalle regioni e Asl, che non sono più tenute ad acquistare in blocco l'intera quantità di dispositivi ma solo ad intervenire col saldo dell'eventuale eccedenza di prezzo rispetto a quello stabilito per quel tipo di ausilio con bando di gara. Secondo il Tar, questa sentenza trova la propria giustificazione nella necessità che i pazienti siano meglio garantiti dalla possibilità di una vasta scelta di tipologie e di marche, sicuramente superiore a quella di cui si potrebbero giovare nell'ipotesi della concentrazione dell'offerta in uno o poche imprese, e dalla possibilità di un servizio per la manutenzione ordinaria e straordinaria a cifra di una idonea rete distributiva»;
   il Ministro della salute, nell'audizione tenutasi il 31 luglio 2013 al Senato presso la commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani sottolinea come la questione del nomenclatore tariffario sia una cosa di cui si parla poco ma che ha una importanza fondamentale. Ricorda che nell'aprile 2008 il Ministero aveva elaborato una proposta di modifica degli elenchi di dispositivi di assistenza protesica inserita all'interno del provvedimento di revisione complessiva dei livelli essenziali di assistenza, l'insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, ma lo schema di decreto fu oggetto di rilievi da parte della Corte dei Conti;
   nel marzo 2010 l'approvazione di un ulteriore provvedimento fu invece sospesa dalla valutazione del Ministero dell'economia e delle finanze circa la maggiore spesa indotta dal provvedimento a carico del Sistema sanitario nazionale;
   il Ministro si è poi soffermato ad analizzare i costi che l'aggiornamento del nomenclatore comporterebbe sostenendo che sono stati stimati 321 milioni di euro l'anno, costi che vanno messi soprattutto in relazione con il continuo avanzamento della ricerca tecnologica nel campo degli ausili;
   con riferimento agli impegni futuri in tale ambito il Ministro della salute ha annunciato la volontà di aprire un tavolo con la Conferenza Stato-regioni per ridefinire la programmazione delle spese del sistema sanitario nazionale e di volersi occupare del nomenclatore all'interno di tale programmazione. Infine ha riferito di voler includere, all'interno del nuovo patto per la salute, cui il Ministero sta lavorando, per il prossimo quinquennio l'aggiornamento del nomenclatore –:
   quali iniziative concrete il Ministro interrogato abbia posto in essere al fine di dar corso agli impegni annunciati in sede di audizione al fine di provvedere all'aggiornamento del nomenclatore tariffario ai sensi del regolamento di cui al decreto ministeriale n. 332 del 1999, anche alla luce di quanto previsto nel decreto-legge n. 158 del 2012, che aveva stabilito come termine per la revisione il 31 maggio 2013, al fine di ricomprendere nel nomenclatore anche i più moderni presidi ortopedici e dispositivi di ausilio e di permettere una giusta remunerazione;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di rivedere le modalità di fornitura dell'assistenza protesica ispirandosi ai principi di trasparenza, correttezza e non contraddittorietà degli atti della pubblica amministrazione, in modo che gli attori del sistema (regioni, AUSL, distretti, assistiti, aziende ortopediche e produttori) non debbano più ricorrere all'ausilio dell'autorità giudiziaria.
(4-01871)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   LIBRANDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sequestro dei beni, dei conti correnti e delle partecipazioni azionarie delle 13 imprese del gruppo Riva, tra le quali 7 stabilimenti produttivi distribuiti in tutta Italia, disposto dal giudice delle indagini preliminari della procura di Taranto, in applicazione dell'articolo 2359 del codice civile sul coordinamento e il controllo delle società, ha causato il ricorso del gruppo stesso allo strumento della cassa integrazione per circa 1.400 addetti;
   il procuratore generale della Repubblica di Taranto, dottor Franco Sebastio, ha evidenziato con una propria nota che il sequestro non prevede alcun divieto d'uso dei beni né pregiudica la continuità produttiva delle imprese oggetto di sequestro, in virtù dell'affidamento dei beni sequestrati all'amministratore giudiziario nominato (il dottore commercialista Mario Tagarelli, già presidente provinciale dell'ordine dei commercialisti di Taranto);
   Riva Acciaio afferma, invece, che tali dichiarazioni del procuratore generale «non trovano purtroppo riscontro nel provvedimento del gip di Taranto di cui ha ricevuto notifica il 9 settembre 2013. Tale provvedimento sottrae infatti alla disponibilità di Riva Acciaio tutti i beni, senza disporre alcuna facoltà d'uso a beneficio dell'azienda; come è noto, in assenza di un espresso provvedimento di concessione della facoltà d'uso, il sequestro preventivo penale impedisce all'azienda ogni utilizzo, in qualsiasi modo o forma, dei beni oggetto di sequestro»; peraltro, aggiunge Riva, «in conseguenza del nuovo atto di sequestro, le banche finanziatrici di Riva Acciaio, che erano tornate a riattivare i fidi, ne hanno immediatamente disposto il congelamento totale o la revoca»; quindi «il blocco degli impianti e dei conti correnti impedisce alla società di svolgere (...) non solo la normale attività produttiva, ma anche operazioni minimali, quali pagare le utenze o gli spedizionieri per la consegna dei materiali già venduti»;
   è opportuno, in una vicenda come quella dell'Ilva, contemperare l'esigenza della bonifica ambientale e del ripristino di standard produttivi compatibili con la salute e la sicurezza dei cittadini con la salvaguardia di un comparto industriale di primaria importanza per l'Italia, già soggetto ad una pressante competizione globale, e con la salvaguardia dell'occupazione e del reddito di migliaia di lavoratori;
   tale equilibrio tra esigenze è stato certamente alla base del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, approvato dal Governo Monti e convertito dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, con il quale si è permessa – tra le altre cose – l'operatività dell'acciaieria Ilva di Taranto nel mentre si intraprendevano i lavori di bonifica degli impianti della stessa;
   il principio della «continuità produttiva» di un complesso industriale così articolato come il gruppo Riva, operante in un settore di rilevanza strategica nazionale, non può essere inteso in senso formale, con la semplice identificazione per via giudiziaria di un amministratore esterno; una eccessiva compressione del diritto di proprietà degli azionisti compromette l'accesso al credito delle imprese, i rapporti con fornitori e clienti, l'operatività e la capacità di competere sul mercato;
   sebbene la legge n. 232 del 2012 limiti la sua portata agli «stabilimenti industriali di interesse strategico» (nel caso dell'Ilva, quello di Taranto), sono evidenti le implicazioni negative per lo stesso stabilimento e, più in generale, per l'intera operatività del gruppo, derivanti dal sequestro di beni, conti e partecipazioni di società collegate o controllate (come identificate proprio dall'articolo 2359 del codice civile sulle società controllate e collegate, sulla base del quale il gip di Taranto ha proceduto al sequestro delle 13 imprese del gruppo Riva);
   nell'assoluto rispetto delle prerogative e dell'indipendenza della magistratura, cui è demandato il compito fondamentale dell'individuazione delle cause e delle responsabilità nella vicenda, è responsabilità delle istituzioni politiche salvaguardare i diritti dei lavoratori e tutelare gli interessi dell'industria nazionale –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare l'occupazione e il reddito dei lavoratori coinvolti nella vicenda giudiziaria che ha interessato il gruppo Riva, per tutelare in senso non solo formale l'operatività, la continuità produttiva e l'economicità delle imprese soggette ai provvedimenti di sequestro da parte della magistratura;
   se non sia opportuno valutare, anche attraverso il ricorso a un'iniziativa normativa, un'estensione delle disposizioni del decreto-legge n. 207 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 231 del 2012 alle aziende facenti parte dei gruppi industriali cui appartengono gli «stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale», come identificati dall'articolo 1 della suddetta legge. (3-00320)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   un decreto emanato dal Ministero dello sviluppo economico il 6 marzo 2013 ha stanziato 190 milioni di euro, usufruendo di fondi europei, per un bando destinato alle imprese e ai cittadini con la finalità di creare le condizioni per la nascita di nuova imprenditorialità, di rafforzare la competitività dei sistemi produttivi, di sostenere le politiche di trasferimento tecnologico e valorizzazione economica dei risultati della ricerca pubblica e privata;
   in particolare i fondi, previsti dal succitato decreto, si distinguono in due linee di finanziamento: la prima denominata SMART è volta a finanziare società di nuova costituzione, con un business innovativo sotto il profilo organizzativo o produttivo o orientate a nuovi mercati o volte a intercettare nuovi bisogni sociali o ambientali; i fondi una volta erogati serviranno a coprire in parte i costi di gestione nei primi quattro anni dell'attività; la seconda linea di finanziamento chiamata START serve invece a sostenere gli investimenti di società di nuova costituzione che operano nell'economia digitale o sono riservati a società che realizzano programmi d'investimento a contenuto tecnologico per valorizzare i risultati della ricerca pubblica e privata;
   entrambi i finanziamenti sono volti a promuovere l'imprenditoria nelle regioni svantaggiate Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia;
   la gestione del bando dello stesso fondo è stata affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia);
   l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa è un agenzia specializzata per accrescere la competitività del Paese in particolare del Mezzogiorno, e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo ed ha come azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze;
   per accedere a tali fondi le imprese e i cittadini interessati avrebbero dovuto presentare, a partire dal 4 settembre 2013, domanda esclusivamente on line attraverso il sito internet a questo dedicato predisposto da Invitalia;
   il sito al momento della raccolta delle domande non ha funzionato correttamente e secondo quanto riportato in un articolo di Repubblica del 6 settembre 2013, si sono verificati numerose problematiche: il form da riempire si bloccava, la Sardegna non era ricompresa nello stesso modulo d'iscrizione, il numero pin che ciascuno doveva ricevere per procedere non arrivava, e lo stesso sito a causa della quantità di domande pervenute mostrava difficoltà di funzionamento;
   il disservizio è perdurato per molte ore e a quanto risulta all'interrogante permangono difficoltà nell'utilizzo della piattaforma del sito da parte degli utenti rendendo difficoltoso per i cittadini partecipare al bando –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano chiarire come le problematiche segnalate saranno risolte;
   se i Ministri intendano verificare, per quanto di competenza, le ragioni e le responsabilità che hanno determinato tale problematiche. (5-01026)


   MAZZOLI e TERROSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il modello di sviluppo economico fondato su sistemi locali di piccole e medie imprese è in seria difficoltà a causa del mutamento del mercato internazionale che ha causato l'ingresso di nuovi competitor e un processo di frammentazione produttiva che ha messo in ginocchio la cultura distrettuale a vocazione manifatturiera, specie quella di derivazione artigianale;
   al riguardo, è opportuno sottolineare la tragica situazione del distretto della ceramica di Civita Castellana che sta affrontando da oltre un decennio una crisi senza precedenti, sia in termini di fatturato, sia sul fronte occupazionale;
   inizialmente il malessere ha interessato il comparto delle ceramiche delle stoviglierie domestiche, causando la perdita di 1.800 posti di lavoro con la chiusura di 30 aziende, ma alla metà del 2008 si è esteso anche al comparto degli articoli igienico sanitari – che all'epoca contava ben 37 aziende sulle 43 totali presenti nel territorio italiano – registrando un calo nella produzione e nelle vendite;
   secondo dati Filctem-CGIL nel distretto dal 2010 a giugno 2013 si è passati da 3.424 occupati a 2.729, sono stati licenziati o pensionati 814 lavoratori e sono stati dichiarati 153 esuberi; 314 lavoratori sono sottoposti a cassa integrazione guadagni ordinaria, 933 a cassa integrazione guadagni straordinaria, 164 a cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, 152 a mobilità in deroga, 93 a contratto di solidarietà;
   solo nelle ultime settimane, la Ceramica Flaminia e Catalano srl, due tra le più grandi aziende del distretto di Civita Castellana, hanno comunicato ai sindacati l'intenzione di avviare le procedure di mobilità per una parte dei propri dipendenti;
   si tratta di 119 posti di lavoro: Ceramica Flaminia ha dichiarato 39 eccedenze (24 per cento). compresi gli impiegati, su 162 dipendenti; Catalano srl ne ha annunciate 80 (34 per cento) su 237 lavoratori;
   numerose altre aziende sono destinate a conoscere la medesima sorte che contempla, purtroppo, solo due alternative: la chiusura o il licenziamento di gran parte dell'organico, dovute al permanere di una tendenza negativa che non accenna a fermarsi;
   è necessario attivare un monitoraggio sistematico per individuare i principali fattori di criticità, elaborare strategie unitarie per l'intero polo e centralizzare i troppo dispersivi canali di vendita;
   occorre intervenire mettendo in atto provvedimenti volti a promuovere e a tutelare l'industria della ceramica italiana, di cui Civita Castellana rappresenta il polo manifatturiero d'eccellenza;
   è necessario rilanciare la competitività, con la creazione di una task-force che agisca da catalizzatore del sistema locale, promuovendo progetti in comune, avviando la costruzione di nuove reti di relazione tra le istituzioni locali e le imprese, procedendo all'individuazione, ove inevitabile, di possibili strategie di riconversione produttiva, anche puntando ad alleanze con altre imprese del settore –:
   quali misure intenda mettere in campo per invertire la tendenza negativa del comparto nazionale della ceramica e se ritenga opportuno convocare con urgenza un tavolo del settore, con le parti sociali e gli enti locali, al fine di decidere e formalizzare l'attivazione degli interventi più urgenti per favorire la ripresa produttiva, l'accesso a finanziamenti agevolati per le imprese e il prepensionamento dei ceramisti più anziani. (5-01027)

Interrogazione a risposta scritta:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dello sviluppo economico emesso in data 30 maggio 2012 la Ghizzoni spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni;
   con il sopra citato decreto, il Ministro dello sviluppo economico ha altresì nominato il dottor Daniele Pecchini commissario straordinario di Ghizzoni;
   in data 23 ottobre 2012, il commissario straordinario ha presentato al Ministero dello sviluppo economico il programma di cessione del complesso aziendale facente capo a Ghizzoni (di seguito il «programma»), nel quale ha, tra l'altro provveduto secondo quanto previsto dagli articoli 54 e seguenti del decreto legislativo n. 270 del 1999, richiamato dal decreto-legge n. 347 del 2003, a (i) definire il perimetro del complesso aziendale destinato alla vendita; (ii) descrivere le modalità di effettuazione della procedura di vendita;
   con provvedimento in data 23 novembre 2012, il Ministro dello sviluppo economico ha approvato il programma presentato dal commissario straordinario;
   a quanto pare è emerso un interesse d'acquisto della società da parte del gruppo Sicilsaldo di Gela con una piccola partecipazione di un'altra azienda lucana la Sudelettra;
   l'azienda con sede legale a Macchia di Ferrandina e ufficio personale a Pisticci Scalo e sede operativa a Vidalenzo consta di 454 dipendenti di cui 180 lucani;
   le maestranze sono molto preoccupate del proprio futuro perché sembrerebbe profilarsi un forte ridimensionamento occupazionale che ridurrebbe ad un terzo gli occupati;
   il 20 settembre 2013 a Matera è prevista una riunione tra commissario straordinario, sindacati e gruppo interessato all'acquisizione, riunione dalla quale emergeranno le linee su cui intende muoversi la società siciliana con i propri soci e propedeutica a quella che sarebbe prevista a Roma il 23 settembre 2013;
   il valore e la qualità del gruppo Ghizzoni è noto in Italia e nel mondo essendo un azienda leader nella realizzazione di pipeline –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare i livelli occupazionali della Ghizzoni spa e porre in essere tutte le iniziative di sostegno al fine di evitare il disperdersi di know how e professionalità che hanno reso leader questa società nel proprio settore.
(4-01867)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Cominelli e altri n. 7-00086, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Famiglietti.

  La risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00092, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bergamini, Nicoletti, Lattuca, Amendola, Monaco, Cimbro, Locatelli, Beni, Marazziti, Mogherini, Tidei, Manciulli.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Giancarlo Giordano n. 1-00119 del 24 giugno 2013;
   mozione Formisano n. 1-00163 del 5 agosto 2013;
   mozione Carfagna n. 1-00165 del 6 agosto 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Dorina Bianchi n. 4-01764 del 10 settembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01030.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Boccadutri n. 4-01782 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 75 dell'11 settembre 2013.
  Alla pagina 4717, seconda colonna, dalla riga quattordicesima alla riga diciottesima deve leggersi: «si apprende che il Consiglio dei ministri ha avviato la procedura di riconferma del professor Vito Riggio a presidente dell'Ente nazionale dell'aviazione civile» e non «si apprende che il Consiglio di amministrazione ha avviato la procedura di riconferma del professor Vito Riggio a presidente dell'Ente nazionale dell'aviazione civile», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Nesci e altri n. 4-01815 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 76 del 12 settembre 2013. Alla pagina 4785, prima colonna, alla riga undicesima deve leggersi: «struttura è inserita, trova corrispondenze» e non «struttura e inserita, trova corrispondenze», come stampato.
  Alla pagina 4785, prima colonna, alla riga trentaquattresima deve leggersi: «Mascaro e alla presenza del Cardinale Ugo» e non «Mascara e alla presenza del Cardinale Ugo», come stampato.
  Alla pagina 4785, prima colonna, alla riga quarantanovesima deve leggersi: «web http://bit.ly/LnrKET;» e non «web;», come stampato.