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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 settembre 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 20 giugno 2013 l'europarlamentare Andrea Zanoni dell'ALDE (Gruppo europeo dei liberali e democratici) ha presentato un'interrogazione alla Commissione europea sui «Preoccupanti aspetti ambientali e sanitari relativi all'obsoleto impianto siderurgico in crisi denominato Ferriera di Trieste»;
   Zanoni pone all'attenzione dell'organo comunitario i risultati di alcune analisi che evidenziano lo stato di degrado ambientale della zona in cui insiste lo stabilimento siderurgico;
   nello specifico, si tratta dei dati raccolti nel 2007 dal CIGRA (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) dell'università degli studi di Trieste su richiesta della procura della Repubblica, di un'indagine epidemiologica dell'ASS (l'azienda per i servizi sanitari) n. 1 di Trieste resa nota nel 2013, anche in questo caso su incarico dalla procura, e di ulteriori dati ambientali pubblicati da fonti giornalistiche in relazione alle indagine della magistratura sul caso del riciclaggio delle scorie e nella gestione di due discariche abusive all'interno dello stabilimento;
   in particolare, secondo lo studio del CIGRA nella zona di Servola preoccupano i valori di benzo(a)pirene, in media pari a 21 ng/m3 (con picco a 90 ng/m3), a fronte del limite di 1 ng/m3 imposto dalla direttiva 2004/107/CE su alcune sostanze chimiche. Anche le concentrazioni di PM10 sono sistematicamente superiori al limite di 50 μg/m3, stabilito dalla «direttiva aria» 2008/50/CE, e anche il PM2,5 supera i valori limite;
   l'indagine epidemiologica dell'ASS, invece, ha accertato un drammatico collegamento tra l'impianto e lo sviluppo di neoplasie nei suoi ex dipendenti: il rischio di insorgenza di tumore ai bronchi o ai polmoni negli operai della Ferriera di Trieste è più alto del 50 per cento rispetto al resto della popolazione. Dal 1974 al 1994, infatti, si sono verificati quasi 300 casi su un campione di 2.142 dipendenti;
   l'europarlamentare ha concluso il proprio atto di sindacato ispettivo chiedendo alla Commissione europea interventi urgenti a favore della popolazione locale e come il piano strategico finalizzato a preservare la competitività della siderurgia nell'Unione europea – presentato l'11 giugno 2013 – coinvolgerà la Ferriera di Servola, commissariata per stato d'insolvenza dal 21 dicembre 2012;
   il 30 agosto 2013 il vicepresidente della Commissione Unione europea nonché commissario all'industria e imprenditoria, Antonio Tajani, ha risposto all'interrogazione di Zanoni facendo presente che la «Commissione non era a conoscenza dell'indagine epidemiologica condotta dalle autorità sanitarie locali di Trieste in merito a casi di cancro tra gli ex dipendenti della Ferriera di Trieste»;
   «Per la protezione dei lavoratori esposti a sostanze chimiche in generale e a sostanze cancerogene e mutagene in particolare – si legge nella risposta – esiste un'ampia legislazione dell'Unione europea. Tuttavia, l'applicazione delle disposizioni nazionali comprese le misure in materia di valutazione del rischio e di gestione del rischio rientrano nelle responsabilità delle autorità nazionali»;
   il vicepresidente Tajani, inoltre, ha sostenuto che «la legislazione dell'Unione europea non prescrive nessuna indagine epidemiologica tra la popolazione che vive vicino a un impianto siderurgico. Pertanto, una decisione a tal fine rientra nelle responsabilità delle autorità competenti dello Stato membro»;
   infine, il commissario europeo ha fatto presente che l'organo comunitario è consapevole delle implicazioni sanitarie e ambientali di certe industrie siderurgiche in Europa e il piano d'azione dell'Unione europea affronta gli aspetti della produzione economica, dei requisiti occupazionali e delle problematiche ambientali con un approccio omnicomprensivo;
   il 13 settembre 2013 i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia del Movimento 5 Stelle Andrea Ussai, Elena Bianchi, Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Cristian Sergo hanno presentato un'interrogazione scritta, indirizzata all'assessore alla salute Maria Sandra Telesca, per sapere se la giunta sia entrata in possesso dei risultati dello studio triennale, svolto dall'Osservatorio ambiente e salute del Friuli Venezia Giulia appositamente istituito nel 2009, sui danni alla salute riguardanti l'area industriale di Trieste –:
   se il Governo sia a conoscenza dei risultati dello studio svolto dall'Osservatorio ambiente e salute del Friuli Venezia Giulia;
   se il Governo abbia intenzione, in raccordo con le autorità locali, di avviare un monitoraggio serio e costante per valutare l'impatto sanitario dell'inquinamento prodotto dallo stabilimento di Servola a tutela della popolazione e dei dipendenti. (5-01025)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di agosto 2013 il Governo ha presentato un disegno di legge costituzionale recante l'abolizione delle province;
   nella conseguente riorganizzazione del personale precedentemente in servizio presso tali enti appare, allo stato, irrisolta la problematica relativa al ricollocamento del personale della polizia provinciale, che ammonta complessivamente a 2.600 unità;
   alle polizie provinciali sono attribuiti numerosissimi ambiti di intervento e in molti di questi hanno raggiunto un elevatissimo grado di specializzazione e professionalità;
   in particolare, le polizie provinciali esercitano funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza e, in molti ambiti territoriali, funzioni di polizia demaniale, polizia idraulica e polizia mineraria, e sono, inoltre, competenti in tema di illeciti amministrativi, in tema di vigilanza sull'esercizio della caccia, sulla tutela della fauna selvatica e sulla pesca, in tema di polizia ambientale, di polizia lacuale-fluviale, lagunare e navale, di polizia zoofila e di protezione degli animali, nonché di polizia tributaria locale, limitatamente ai tributi di competenza dell'ente di appartenenza, oltre a esercitare funzioni di supporto in materia di protezione civile;
   appare evidente, quindi, come ricollocare gli agenti delle polizie provinciali nell'ambito delle polizie municipali significherebbe disperdere un vasto patrimonio di competenze in possesso dei primi –:
   quali iniziative di competenza si intendano assumere in ordine al futuro assetto organizzativo e alla destinazione del personale attualmente in servizio presso le polizie provinciali, affinché le importanti competenze da essi acquisite nella salvaguardia dei territori non siano disperse, prevedendo, se del caso, il loro transito nei ruoli del Corpo forestale dello Stato, della polizia di Stato e, eventualmente, per chi abbia svolto il servizio militare presso di essi, anche dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza. (4-01835)


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Nuova Sardegna da 120 anni, grazie all'autonomia, all'indipendenza, alla professionalità e alla passione dei giornalisti e del personale che vi lavora rappresenta un punto fermo a salvaguardia del pluralismo dell'informazione nell'isola;
   tali caratteristiche sono state assicurate anche negli ultimi 33 anni, dopo che la testata è entrata nell'orbita del gruppo L'Espresso-La Repubblica, in virtù del riconoscimento della sua autonomia amministrativa e finanziaria;
   nel mese di luglio il consiglio di amministrazione della Finegil Editoriale spa, cui fanno capo le testate locali del gruppo L'Espresso, ha deciso di avviare la fusione per incorporazione dell'Editoriale La Nuova Sardegna spa trasferendone la sede da Sassari a Roma e cancellando di fatto l'autonomia societaria della testata sarda per ridimensionarla a semplice «Divisione stampa»;
   l'economia della Sardegna, per la sua natura insulare, per la fragilità del suo sistema economico e per l'arretratezza cronica delle sue infrastrutture, è colpita assai più duramente dalla crisi economica rispetto alle altre regioni del Paese e poco, o nulla, finora è stato fatto dalle istituzioni nazionali per invertire la rotta, come dimostrano anche il disimpegno della compagnia aerea Meridiana dall'isola con il nuovo dramma della cassa integrazione per 1.500 lavoratori o il passaggio del controllo del pacchetto azionario di maggioranza del Banco di Sardegna alla Banca Popolare dell'Emilia Romagna;
   i giornalisti ed i lavoratori della Nuova Sardegna hanno intrapreso una serie di iniziative di lotta a tutela dell'autonomia e del radicamento sull'isola del quotidiano, raccogliendo immediatamente il pieno e costante sostegno della Federazione nazionale della stampa italiana, del consiglio e della giunta regionale, del sindaco di Sassari, dei segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil;
   la decisione della Finegil Editoriale spa di incorporare l'Editoriale La Nuova Sardegna S.p.A. trasferendone la sede a Roma, suscita notevoli interrogativi anche sul futuro stesso a breve e a medio periodo del quotidiano che finora, proprio grazie alla sua autonomia amministrativa, ha sempre prodotto risultati positivi anche sul piano economico, garantendo all'azionista di riferimento il ritorno dei propri investimenti;
   tali risultati, resi possibili dall'attenzione che a vario titolo da sempre i cittadini, le imprese e le istituzioni sarde hanno dedicato al quotidiano, rischiano infatti di essere vanificati dal passaggio amministrativo e societario in un gruppo editoriale più ampio composto da un variegato novero di testate locali, alcune delle quali pesantemente colpite dalla grave crisi che si è abbattuta e continua ad abbattersi sull'editoria negli ultimi anni in Italia e nel mondo, non accennando ad attenuarsi –:
   se il Governo, pur nei limiti delle sue competenze, intenda informarsi circa l'operazione di fusione per incorporazione deliberata dal consiglio di amministrazione di Finegil Editoriale spa al fine di verificare eventuali rischi, anche di natura occupazionale, sul futuro del quotidiano La Nuova Sardegna. (4-01836)


   BOCCADUTRI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2013 il Resto del Carlino, ha pubblicato in esclusiva il video choc delle telecamere a circuito chiuso della morte di due operai (Fabrizio Veronese 53 anni e Guglielmo Bellan 56 anni), avvenuta il 22 febbraio 2013, mentre stavano svolgendo dei lavori di manutenzione sul fondo di una chiusa a Valle Lepri, a Comacchio (Ferrara); i due uomini sono morti annegati, travolti da un'onda enorme d'acqua;
   il video presente nel sito internet del Resto del Carlino, è stato poi ripreso da diversi quotidiani on line, tra cui il TG24com, Libero Quotidiano, Affari Italiani e Corriere della Sera;
   la pubblicazione del video, probabilmente fatta nell'esercizio del diritto di cronaca, si è tradotta in un drammatico sciacallaggio sulla morte di due malcapitati –:
   se si intendano assumere iniziative normative perché sia regolata la possibilità di pubblicare su siti on line o nei telegiornali immagini drammatiche che violano le tragedie di chi ne è vittima, facendo salvo il diritto di cronaca. (4-01846)


   COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali. — Per sapere – premesso che:
   il professor Marco Olivetti, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Foggia, è uno dei «saggi» componenti della Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta;
   già nel periodo 1999-2001, Antonio Maccanico, allora Ministro delle riforme istituzionali, aveva incaricato il professor Olivetti di redigere alcuni studi sui temi della stabilità di governo (1999), delle nuove frontiere della democrazia diretta (2000), del riparto di competenze tra Stato e regioni (2000) e sui metodi di cambiamento della Costituzione (2001);
   lo stesso professor Olivetti risulta socio fondatore, assieme all'onorevole Luigi Bobba, deputato del Partito democratico, dell'associazione «Persone e reti» ed è stato – e non si sa se lo sia ancora – consulente del gruppo parlamentare del Partito Democratico nella scorsa legislatura. Appare pertanto evidente in che quota sia stato chiamato dal Governo a far parte della Commissione dei saggi;
   la Commissione si è riunita domenica 15 settembre 2013 presso l'Hotel a quattro stelle «Villa Maria» di Francavilla al Mare (Chieti) per ultimare la relazione finale da consegnare al Governo per la consultazione delle Camere;
   alla riunione ha partecipato anche il professor Olivetti che, alla vigilia dei lavori, ha aggiornato il proprio profilo Facebook con le seguenti parole: «Ecco che arrivando a Francavilla mi appare un corteo dei pirla a 5 stelle» –:
   se il Governo, ed in particolare il Ministro per le riforme costituzionali, sia al corrente dell'espressione utilizzata dal professor Olivetti per descrivere i manifestanti del Movimento 5 Stelle;
   se il Ministro per le riforme costituzionali, che presiede la Commissione di saggi attualmente in ritiro presso il lussuoso albergo di Francavilla intenda chiedere al professor Olivetti spiegazioni circa le ragioni del proprio comportamento;
   se il Presidente del Consiglio intenda meglio specificare le motivazioni che hanno portato alla nomina del professor Olivetti a componente della Commissione, fugando il dubbio che si sia perpetuata la prassi di affidare incarichi e consulenze ai soliti noti anziché privilegiare il merito e l'assoluta imparzialità;
   se il Governo ritenga infine opportuna la prosecuzione dell'incarico da parte del professor Olivetti alla luce delle sue parole che vanno a squalificare la credibilità dell'intera Commissione voluta dalla maggioranza che appoggia il Governo. (4-01849)

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   la dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, firmata nel settembre del 2000, ha impegnato tutti i 191 Stati membri al raggiungimento di otto obiettivi di sviluppo;
   la data entro cui riuscire nell'intento, il 2015, è ormai dietro l'angolo, eppure non si registrano sufficienti e concreti passi in avanti nell'adeguamento della legislazione italiana in merito alle politiche di cooperazione che siano in grado di dotare il Paese di strumenti più efficaci per raggiungere tali obiettivi, e ancora per fronteggiare le tante questioni internazionali con cui ci si deve confrontare in questa fase storica;
   da qualche settimana, peraltro, la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha inviato al comitato di aiuto pubblico dell'Ocse un memorandum per la «peer review» che si svolgerà in questi mesi, come sempre volta alla consueta valutazione delle politiche di cooperazione;
   in quello stesso memorandum si è rassicurata l'Ocse dell'ormai prossima conclusione del processo di riforma legge, esercizio che da Parigi chiedono da diverso tempo;
   di questo approssimarsi non si ha alcuna traccia, nonostante il Parlamento, per questioni di buona cooperazione interistituzionale, stia attendendo ormai da tempo il testo del progetto di legge governativo sulla riforma;
   la pazienza non è illimitata e non può esserlo relativamente ad un tema di questa rilevanza, specie se si considera che vi sono diverse proposte di legge a riguardo, compreso una proposta di legge del gruppo Sinistra ecologia e libertà nella cui bontà gli interroganti credono fortemente;
   è da sottolineare, inoltre, come il Presidente del Consiglio dei ministri stia impegnando il Governo, all'interno delle più recenti conferenze internazionali, a contribuzioni importanti a favore delle azioni internazionali volte ad alleviare i problemi dei profughi siriani ed a contrastare altre emergenze;
   se ciò è cosa buona e giusta in generale, gli interpellanti non vorrebbero invece che tali «una tantum» di aiuto diventassero una partita di giro con le risorse ordinarie della cooperazione stanziate nella legge di stabilità, già chiaramente insufficienti per lo scopo che si prefiggono;
   lo scorso anno, dopo troppo tempo, si è invertito il declino dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano, e quindi non sarebbe oggi assolutamente ammissibile discostarsi da quel sentiero di riallineamento che deve portare il Paese a destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo come da impegni internazionali;
   notizie che circolano negli ambienti governativi paventano già una riduzione di circa 100 milioni di euro degli stanziamenti per la cooperazione e ulteriori passi d'allontanamenti dalla rotta tracciata andrebbero a ledere la credibilità e la affidabilità del Paese –:
   se il Ministro intenda comunicare con esattezza a che punto sia l'elaborazione del disegno di legge governativo, e quali siano le linee politiche di cui tale disegno di legge sarà espressione, specie in merito alle risorse, giacche nelle azioni di cooperazione non si può continuamente veder variare le risorse su cui far conto.
(2-00213) «Migliore, Scotto, Marcon».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FITZGERALD NISSOLI, MARAZZITI, CARUSO e RABINO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la chiusura in corso di svariate rappresentanze consolari ha generato in questi anni numerosi problemi sia per i cittadini italiani residenti all'estero che per gli interessi del sistema economico e imprenditoriale italiano; infatti, i nostri connazionali residenti all'estero si ritrovano su un territorio senza più un punto di riferimento certo, come pure molte imprese perdono l'interlocuzione con il consolato avente per giurisdizione il territorio sul quale hanno situato la loro attività estera;
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», la cosiddetta spending review, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, prevede che non siano compromessi i servizi offerti ai cittadini. In tale quadro appare evidente che la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare, pur prevedendo la riduzione dei costi, non può porre in secondo piano la qualità dei servizi da offrire ai connazionali all'estero ed alle imprese italiane nel loro percorso di internazionalizzazione;
   il dibattito sulla razionalizzazione della rete diplomatico-consolare è sfociato nella chiusura di 14 sedi consolari, senza che vi fosse una concertazione con le comunità italiane all'estero ed i suoi rappresentanti e senza che il Parlamento stesso ne fosse informato; inoltre, il dibattito sul riorientamento della rete diplomatico-consolare si sta volgendo ovunque tranne che nelle sedi istituzionali proprie;
   la rete consolare ha già subito, negli anni scorsi, tagli pesanti e chiusure di uffici, mentre non ancora si vede l'operatività del cosiddetto «consolato digitale»;
   l'apertura di nuovi uffici consolari nelle aree del mondo dove si stanno orientando parecchi interessi economici italiani, come Turkmenistan, Cina e Vietnam, non può significare lo smantellamento degli uffici presenti nei classici territori di emigrazione e l'abbandono dell'assistenza a chi, emigrato, ha contribuito a costruire l'Italia dall'estero con notevoli sacrifici. Si tratta di quegli anziani delle vecchie generazioni verso i quali l'Italia ha un debito di gratitudine, fosse solo per le cosiddette rimesse che ci hanno aiutato a crescere economicamente ed a svilupparci;
   tra le sedi di prossima chiusura figura anche il consolato di Newark, la cui giurisdizione copre ben 13 contee dello Stato del New Jersey (Usa), con circa 17.000 connazionali residenti, ovvero il centro-nord di questo importante Stato americano, ivi compresa la capitale Trenton citata da Sciascia ne «Il lungo viaggio». Una terra nota alla comunità italiana sin dai primi tempi dell'emigrazione in America; infatti, qui sono sorte numerose associazioni, tra cui la gloriosa Unico national che è la terza associazione italoamericana, senza contare le organizzazioni facenti capo ai siciliani, ai pugliesi, ai calabresi, ai campani e agli abruzzesi, che sono di antica costituzione e che conservano la memoria storica della nostra emigrazione. Inoltre, oggi, numerosi ricercatori italiani hanno come punto di riferimento l'Università di Princeton;
   la sede consolare di Newark è cruciale nel panorama italoamericano e per il ruolo di primo piano, in tutti i campi, degli italoamericani nel New Jersey, tra cui il Governatore, e per il suo posizionamento geostrategico, tra New York e Washington, al centro di adeguate reti di trasporto stradali, ferroviarie, aeroportuali e portuali con il porto di Elizabeth. Strutture fondamentali per la presenza delle aziende italiane negli Usa;
   se l'intento dell'amministrazione degli affari esteri è quello di razionalizzare e promuovere il nostro sistema Paese, oltre che assistere i nostri connazionali, non è possibile procedere alla chiusura del consolato di Newark per le ragioni sopra esposte –:
   quali siano stati i criteri adottati dal Ministero degli affari esteri nel riorientare la rete diplomatico-consolare e decretare la chiusura delle sedi consolari richiamate in premessa e della sede di Newark in particolare e se non ritenga di dover procedere all'istituzione di un'agenzia consolare a Newark. (3-00315)


   BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in Argentina, vivono 700.000 nostri connazionali, di cui circa 30.000 sono titolari di una pensione italiana;
   le politiche monetarie governative di questo Paese fanno sì che le banche convertano in valuta locale le pensioni italiane a un cambio molto sfavorevole, che comporta in termini reali il 50 per cento in meno di quello che l'Italia invia ai nostri pensionati in Argentina;
   oggi in Argentina è vietato acquistare euro, situazione assurda e ingiusta, che vede l'autorità monetaria argentina, di fatto, appropriarsi degli euro inviati dall'Italia ai connazionali pensionati;
   il cambio ufficiale obbligatorio stabilito da questo Governo risulta molto diverso da quello a cui vengono realmente scambiate le valute estere e, nello specifico, gli euro;
   è necessario ricordare che una parte dei nostri connazionali usa, o sarebbe meglio dire usava, accantonare la propria pensione (in euro) per pagare – per sé o anche per i propri figli e nipoti – il viaggio di ritorno in Italia per ritrovare la propria famiglia;
   adesso, che ricevono le pensioni svalutate e subiscono anche l'addebito del costo delle commissioni di cambio obbligatorio, i pensionati italiani vengono a perdere metà del valore iniziale delle stesse;
   se questi pensionati volessero, poi, riacquistare gli euro corrispondenti all'importo originario della propria pensione, essi sarebbero obbligati a rivolgersi ad un mercato nero, a costi elevatissimi e con un'ulteriore perdita;
   alla fine, il danno economico – tra tasso di cambio sfavorevole e commissioni per il cambio obbligatorio – si aggira intorno al 60 per cento del valore iniziale della pensione;
   questa situazione innesca un grave disagio sociale – lede i diritti acquisiti e comporta una reale limitazione della libertà di movimento dei nostri connazionali, diritto sancito dalle convenzioni internazionali sui diritti umani (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, articolo 13);
   visto che il Governo Argentino, sollecitato in diverse occasioni non ha mostrato aperture e ha comunicato che non intende cambiare nè fare eccezione alla propria politica dei cambi, per evitare che i nostri anziani, residenti in Argentina, che percepiscono una pensione media di circa 250 euro, perdano ancora una consistente parte del loro potere d'acquisto –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di evitare che i nostri connazionali residenti in Argentina subiscano indebitamente una perdita economica così rilevante e se non ritenga di dover adottare misure atte a garantire un equo trattamento rispetto ai connazionali residenti in Italia e a predisporre una procedura – applicabile eventualmente solo ai richiedenti – che consenta la riscossione in euro delle pensioni presso la nostra rete consolare presente in Argentina. (3-00316)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   da anni le popolazione locali, le associazioni ambientaliste numerosi amministratori locali si battono affinché si riconosca che l'area posta in contrada Martucci, in agro di Conversano e al confine con il comune di Mola di Bari, non è idonea ad ospitare discariche, perché è caratterizzata dalla presenza di numerose doline o vore (fenomeni carsici tipici di quel territorio che prendono la forma di profondi imbuti che fanno defluire velocemente nel sottosuolo le acque delle piogge e ovviamente il percolato dei rifiuti);
   le continue denunce e le rivelazioni di alcuni ex dipendenti della «Lombardi ecologia s.r.l.» hanno portato la Procura di Bari ad effettuare accertamenti e ad emanare un «Decreto di sequestro penale preventivo, senza facoltà d'uso, delle vasche di servizio e soccorso al servizio del centro di raccolta RSU del Bacino BA/5 ubicato in Conversano, in contrada Martucci e di tutto il sito corrispondente alla discarica non più in esercizio»;
   in un successivo comunicato stampa la procura affermava «vengono contestati i reati di omissione di atti d'ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché del decreto legislativo n. 231 del 2011 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Le articolate indagini fondate su complesse operazioni di scavo e di campionatura e di analisi oggetto di consulenza tecnica, ampiamente documentate con rilievi tecnici (video e fotografici), su intercettazioni telefoniche e su riscontri documentali e testimoniali hanno consentito di accertare: a) la strutturale inidoneità morfologica del sito di contrada Martucci; b) la fraudolenta realizzazione delle vasche di servizio e soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato d'argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE; c) omessi controlli durante le procedure di collaudo nonché predisposizione di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; d) il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi; e) la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; f) la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissioni gassose derivanti da fermentazioni tossiche»;
   già nel provvedimento di sequestro veniva confermata «la presenza di vore (...). Quanto riscontrato evidenzia la possibile presenza di rischio di contaminazione delle acque di falda a causa della diretta comunicazione del percolato di discarica attraverso i predetti punti di comunicazione (vore e doline)»;
   la presenza di simili formazioni carsiche è confermata nella relazione geologica e geotecnica allegata agli atti del procedimento attualmente in corso per il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale dell'impianto complesso di trattamento dei rifiuti con discarica di servizio/soccorso a servizio del Bacino Bari 5 realizzato in contrada Martucci;
   tanto è vero il comitato tecnico provinciale, in data 12 marzo 2013, in seguito alla lettura della stessa relazione ha affermato che «l'intervento non è coerente con le prescrizioni di normativa.» Infatti il decreto legislativo n. 36 del 2003 afferma che le discariche non vanno ubicate «in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale» (punto 2 1 dell'allegato 1);
   negli scavi in discarica e nei terreni limitrofi, effettuati dai carabinieri del NOE insieme ai tecnici dell'ARPA è emersa una drammatica realtà: la presenza di enormi quantità di rifiuti sotterrati in passato nelle contrade Pozzovivo, San Vincenzo, a Mola, e Martucci, tra Mola e Conversano;
   tra questi rifiuti, così come riportato dagli organi di stampa sono stati rinvenuti: amianto, plastiche, lamiere d'auto, resti di medicinali, carcasse di animali, materiale elettrici ed elettronici, rifiuti cimiteriali e scarti industriali;
   l'origine di questi scavi abusivi sarebbe da addebitare ad un'ordinanza sindacale, firmata nell'ottobre del 1990, dal sindaco pro tempore, che così recitava: «stante l'impossibilità, da parte della Lombardi Ecologia di avviare alla discarica di sua proprietà in Contrada Martucci i rifiuti solidi urbani raccolti in questo Comune, a seguito di ordinanza del Sindaco di Conversano di chiusura della stessa, vista l'urgenza e la necessità, ai fini della tutela dell'igiene e della salute pubblica, di smaltire i rifiuti solidi urbani prodotti in questo Comune... ordina alla Ditta Lombardi Ecologia di provvedere al deposito momentaneo in agro di Mola di Bari Contrada Pozzovivo, nel terreno di proprietà della stessa»;
   il dubbio che giustamente assilla tutta la popolazione è per quale motivo questi rifiuti sono rimasti lì sotterrati per oltre 22 anni senza che vi sia stato nessun intervento pubblico atto a sanare tale situazione e soprattutto chi può assicurare che non vi sia la presenza di rifiuti speciali e pericolosi;
   la discarica, nata nel 1982 dopo aver sanato la propria posizione di discarica abusiva, fu autorizzata pubblicamente nel 1986 come «Lombardi Ecologia S.r.l.»;
   addirittura nel novembre 1990, l'allora sindaco di Conversano emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei quattro ettari autorizzati;
   i ricorsi dei gestori furono rigettati prima dal TAR Puglia e poi dal Consiglio di Stato;
   nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti»;
   la discarica è arrivata ad interessare oltre 20 ettari superando le mille tonnellate al giorno di rifiuti provenienti da ogni parte dell'Italia senza le necessarie precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica;
   il comitato «riprendiamoci il futuro» di Conversano, il circolo di Legambiente di Mola, «i Capodieci, dalla campagna al mare» e il comitato «Chiudiamo la discarica», che si battono per la chiusura definitiva della discarica e per porre fine al disastro ambientale ivi prodotto, hanno rivolto un appello ai consiglieri regionali della Puglia chiedendo di stralciare l'area della Contrada Martucci, in agro di Conversano, dal PRGU (piano regionale gestione gestione rifiuti urbani);
   tale iniziativa ha avuto origine dalla decisione della regione Puglia che, anziché intervenire per limitare o prevenire l'inquinamento della falda acquifera e la contaminazione del suolo e dei prodotti della campagna, starebbe puntando alla riapertura di una delle due vasche della discarica di servizio e soccorso che è stata posta sotto sequestro dalla procura di Bari;
   tutto ciò è determinato anche dai ritardi in Puglia in merito alla raccolta differenziata, con pochissimi casi di eccellenza di piccoli e medi comuni dove si è avviata la raccolta domiciliare con ottimi risultati, ma ciò non può pesare ingiustamente sugli abitanti della regione;
   infine, va ricordato, che la contrada in questione ricade nel territorio della Dop (denominazione di origine protetta) dell'olio extravergine di oliva Terra di Bari, nonché in quello del marchio IGP (indicazione geografica protetta) per l'uva di Puglia, produzioni eccellenti che rischiano di collassare per via della presenza di tale discarica –:
   se si intenda, nell'ambito delle proprie competenze, stante le numerose denunce e le indagini delle forze dell'ordine e della magistratura assumere iniziative per acquisire un quadro aggiornato della situazione di cui in premessa che vede lo sversamento di rifiuti in un'area già fortemente penalizzata ed inquinata, convocando, qualora lo si ritenesse necessario, un tavolo tra tutte le parti istituzionali coinvolte per trovare una soluzione condivisa a salvaguardia del territorio e delle popolazioni locali;
   se non si ritenga, stante oltretutto i risultati sin qui raggiunti dalle verifiche effettuate dalle forze dell'ordine su preciso mandato della procura di Bari, necessario attivarsi al fine di inserire l'area in oggetto, soprattutto per i lotti sin qui chiusi rispetto ai quali la regione Puglia ha declinato ogni tipo di responsabilità, tra i siti da bonificare di interesse nazionale a salvaguardia della salute pubblica;
   se e come si intenda procedere, d'intesa con gli enti territoriali interessati, per accertare gli eventuali danni nei confronti dei prodotti agroalimentari nelle aree contigue alla discarica e come si intenda intervenire per mettere in sicurezza tutto il territorio interessato;
   se si intenda avviare in tempi rapidi, attraverso l'Istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica aggiornata sugli eventuali effetti nocivi della discarica sulla salute dei cittadini che denunciano il forte e ingiustificato aumento di patologie gravi nel corso degli anni tra le popolazioni locali.
(2-00211) «Di Gioia, Pisicchio».

Interrogazione a risposta orale:


   PICIERNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il territorio comprendente il comune di Capua, in provincia di Caserta, legato ad una storica tradizione agricola, è stato negli ultimi anni utilizzato dai clan camorristici come sversatoio di rifiuti, anche tossici, provenienti dal Nord Italia, tanto da compromettere la salubrità dei terreni comunali;
   uno di questi siti è stato individuato nel 1999 durante un'operazione di polizia giudiziaria della procura di Santa Maria Capua Vetere, condotta dal sostituto procuratore Donato Ceglie. Si tratta di un lago artificiale, su un'area vasta di circa 80 mila metri quadrati, ricavato dall'azione della preesistente cava abusiva di sabbia, e ubicato in località Purgatorio nella frazione di Sant'Angelo in Formis in Capua, non lontano dalle rive del Volturno;
   l'indagine condotta dall'ex pubblico ministero della procura di Santa Maria Capua Vetere, dottor Donato Ceglie, portò alla scoperta di un enorme sversatoio di rifiuti illegali e pericolosi. Difatti, come affermato dallo stesso magistrato in un'audizione della commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti nella seduta del 22 marzo 2000, furono trovate «non solo diverse tonnellate di rifiuti solidi urbani, ma anche numerosissimi bidoni metallici contenenti scarti industriali assai pericolosi per la salute, che si accertò essere provenienti da aziende del Nord Italia e dall'estero. In pratica, quella sorta di lago era stato trasformato in un'enorme discarica abusiva»;
   ad oggi, dopo quattordici anni dal ritrovamento dei rifiuti tossici, quel sito, rinominato «laghetto dei veleni», non risulta ancora bonificato. L'area in questione figurerebbe nel piano regionale bonifiche, redatto nel 2005 dall'Agenzia regionale per l'ambiente della Campania, dal commissario straordinario per l'inquinamento del suolo e delle acque sotterranee e dalla regione Campania, e sarebbe indicato come «sito di potenziale inquinamento»;
   da quanto risulta da una petizione popolare indirizzata al sindaco di Capua e al prefetto di Caserta, le uniche analisi disponibili, disposte per motivi di indagine penale, sono state eseguite sulle acque di
una fontana ubicata nel sito, e in cui sarebbero state trovate tracce di idrocarburi policiclici aromatici non meglio classificati. Inoltre, a seguito di sequestro giudiziario, furono ritrovati numerosi bidoni metallici, a pochi metri di profondità, presumibilmente contenenti stirene, un idrocarburo tossico, nocivo e cancerogeno;
   secondo alcune stime, occorrerebbero almeno otto milioni di euro per la bonifica, ma il comune di Capua non sembrerebbe in grado di provvedere allo stanziamento della cifra. Eppure, come ricorda il dottor Donato Ceglie, la normativa vigente – il riferimento è al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – è molto chiara: difatti, il citato decreto legislativo, all'articolo 250, disciplina che «Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi [...] sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate [...]. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio»;
   la città di Capua è ricompresa in un'area da bonificare, denominata: «Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano», già sito di interesse nazionale e ora dichiarato sito da bonificare di interesse regionale, non risulta tuttavia nessuno stanziamento di fondi utile a bonificare l'area;
   l'interrogante ha già portato all'attenzione del Parlamento, con diverse interrogazioni, la grave situazione igienico-sanitaria conseguente lo sversamento di rifiuti tossici nel territorio campano e la correlazione tra rifiuti abusivi e incidenza di patologie oncologiche e malformazioni infantili in Campania –:
   se e quali iniziative, intenda assumere per inserire nuovamente il litorale domizio flegreo ed agro aversano tra i siti da bonificare d'interesse nazionale al fine di agevolare una rapida risoluzione del grave problema di cui in premessa.
(3-00308)

Interrogazione a risposta scritta:


   ARTINI e SEGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società belga Solvay è presente in Val di Cecina dal 1919 e da allora estrae salgemma nelle località di Querceto e Buriano;
   dal 1996, a seguito del contratto di collaborazione industriale stipulato con l'azienda Monopoli di Stato-A.T.I. Sale spa (titolare delle concessioni per l'estrazione del salgemma), Solvay ha il diritto di estrarre nelle concessioni di «Volterra», «Cecina» e «Poppiano», nei comuni rispettivamente di Volterra, Montecatini Val di Cecina e Pomarance;
   dal salgemma, Solvay ricava la materia prima per produrre nello stabilimento di Rosignano carbonato sodico, bicarbonato di sodio e soda caustica;
   l'estrazione del sale avviene attraverso dissoluzione con acqua dolce, ottenendo così salamoia che viene poi trasportata allo stabilimento Solvay di Rosignano (Livorno);
   l'abitato di Saline di Volterra (Frazione di Volterra, Comune in provincia di Pisa) è accerchiato dalle concessioni minerarie;
   come ha sottolineato il sindaco Marco Buselli in una lettera datata 31 maggio 2012 inviata, tra l'altro, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «mentre i vicini Comuni geotermici ricevono un indennizzo proporzionato da parte di Enel, anche sottoforma di posti di lavoro riservati, come compensazione per l'impatto della geotermia, Volterra non gode di criteri perequativi (...) oltre a non avere ritorno occupazionale pressoché rivolto al Comune di Rosignano, dove risiede lo stabilimento Solvay e dove sono occupate un migliaio di persone»;
   circa due milioni di euro, secondo gli accordi in vigore, verrebbero versati annualmente dalla multinazionale belga a Stato e regione;
   il salgemma non è una risorsa rinnovabile e secondo studi attendibili, con gli attuali livelli estrattivi, è destinato ad esaurirsi nell'arco di 30 anni;
   gli impatti sul territorio dell'estrazione di salgemma riguardano: subsidenza causata dall'estrazione del sale, lo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile e i prelievi idrici;
   in particolare, la subsidenza determina crolli nelle vicinanze dei pozzi di estrazione. I vari enti competenti hanno dato negli anni pareri tra loro contrastanti;
   l'università degli studi di Pisa, dipartimento di statistica e matematica applicata all'economia, nel rapporto finale di ricerca «Ricadute economiche, sociali e ambientali della presenza della Solvay nella Val di Cecina» ha fatto notare che: «la commissione comunale ad hoc nel 1997 ha evidenziato “problematiche connesse ad instabilità dei terreni”. L'impatto più evidente è l'abbassamento del terreno». E ancora: «Gli effetti paesaggistici dell'estrazione non si limitano a fenomeni di subsidenza e frane ma sono anche legati a mutamenti chimici, causati dall'inquinamento dei terreni e delle falde con i residui della produzione»;
   a Saline di Volterra si sarebbero verificati in questi anni cedimenti strutturali di alcune abitazioni, crolli di terreno e creazione di enormi pozze d'acqua;
   l'estrazione mette a serio rischio l'equilibrio idrogeologico del fiume Cecina;
   la salinizzazione dei corsi d'acqua legata a emergenze di salamoia è molto frequente come ha sottolineato Arpat Toscana: «Nei documenti relativi agli inconvenienti ambientali verificati negli ultimi 20 anni nell'area di Saline di Volterra, si riscontrano frequentemente situazioni di criticità legate ad improvvisi picchi di salinità sui corsi d'acqua della zona. La mancanza di misurazioni tempestive nei casi citati e in generale di misure sistematiche sia in posizioni di monte che di valle rispetto alle aree minerarie ha sempre impedito di relazionare queste ultime con gli effetti cronici e di picco della salvazione dei corsi d'acqua;
   il problema più pressante, fin da quando opera la Solvay, è quello degli approvvigionamenti idrici dal fiume Cecina e non solo. Il consumo di acqua da parte dell'azienda, sempre secondo lo studio dell'università di Pisa, supera in un anno l'utilizzo idropotabile di tutti i comuni della Val di Cecina, tanto che in estate i problemi di secca sono all'ordine del giorno. Ci sono rilevanti aggravi sugli usi civili e agricoli;
   un utilizzo così selvaggio della risorsa idrica e del territorio contrasta in maniera evidente con l'esito refendario sull'acqua pubblica;
   dal rilascio delle concessioni Volterra e il territorio limitrofo non possiede di fatto più garanzie e potere decisionale per la tutela del proprio territorio così tartassato dalle estrazioni del salgemma;
   nelle scorse settimane il sindaco Buselli ha incontrato il nuovo direttore dello stabilimento Solvay, Davide Papavero chiedendo all'azienda di considerare «ambiente e sicurezza per i cittadini al primo posto, assieme alla tutela della risorsa idrica e al corretto uso del salgemma. Ma anche la questione lavoro e quella spinosa delle royalties, i cui benefìci non ricadono sui territori dove insistono le concessioni minerarie;
   gli effetti delle lavorazioni Solvay rappresentano un caso nazionale, considerati anche i recenti articoli di stampa che hanno messo in luce i terribili effetti sul territorio toscano;
   ormai da anni le istituzioni locali, il comune di Volterra e i cittadini hanno fatto sentire il loro senso di impotenza per quanto sta avvenendo ormai decenni nella Val di Cecina –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda a verità;
   se il Governo abbia incontrato o abbia l'intenzione di incontrare i sindaci della Val di Cecina e in particolare il primo cittadino di Volterra per affrontare le problematiche relative all'estrazione del salgemma da parte di Atisale-Solvay;
   quale siano le politiche che il Governo, per quanto di competenza, intende mettere in atto per tutelare dal punto di vista ambientale la Val di Cecina e le Saline di Volterra in particolare;
   se il Governo reputi il problema Solvay un'emergenza nazionale a livello ambientale, sociale ed economico, e ciò interessi in particolar modo Volterra e i comuni limitrofi della Val di Cecina;
   se il Governo abbia intenzione, e in che modo, di intervenire per risolvere la questione delle Royalty;
   se il Governo sia stato coinvolto nell’iter del nuovo accordo di programma sulla Solvay;
   se risulti quali accordi economici e con quali importi siano in vigore per l'estrazione del salgemma e per l'utilizzo della risorsa idrica da parte di Atisale, Solvay ed enti pubblici;
   se risulti quale sia l'importo economico delle concessioni minerarie di Solvay e come sia variato dal 1996 ad oggi;
   se siano previste opere compensative per quei territori che stanno subendo così enormi disagi causati dall'estrazione del salgemma. (4-01843)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROCCHI, PICCOLI NARDELLI e CENNI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la nuova sede dell'Archivio di Stato di Livorno fu, a suo tempo, individuata nell'ex convento, poi carcere, dei Domenicani, un grande edificio sorto ai primi del ’700 accanto alla chiesa di Santa Caterina, nel cuore dello storico quartiere livornese della Venezia;
   la tormentata vicenda dell'edificio comincia nel 1984 con la chiusura del carcere dei Domenicani: il vasto edificio, esteso su ben 3.800 metri quadrati complessivi, venne individuato come nuova sede per l'Archivio di Stato;
   adibito inizialmente a convento, fu trasformato in carcere durante l'epoca napoleonica passando in capo al comune di Livorno. Una parte dell'edificio tornò quindi ai padri Domenicani venendo in seguito assorbita nel demanio statale: ad oggi l'immobile appartiene per il 70 per cento al comune di Livorno e per il resto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   l'immobile fu consegnato all'amministrazione archivistica già nel 1987 (un quarto di secolo fa) con atti formali l'ultimo dei quali risale al 2002;
   tralasciando il fatto che l'immobile, pur prestigioso, non fosse la soluzione più idonea ad ospitare un archivio per la presenza di celle sulle quali pesano vincoli storici posti dalla Soprintendenza di Pisa, ipotesi alternative non furono trovate ed, in forza di necessità, fu deciso ed approvato il progetto di restauro e di recupero che, nel 2005/2006, vide l'appalto del primo lotto di lavori destinati al consolidamento strutturale dell'edificio;
   da allora la ristrutturazione è andata avanti fra lungaggini burocratiche e difficoltà nei finanziamenti ministeriali: si trattava di rinforzare la struttura interna con pilastri e solai in calcestruzzo armato tali da sostenere l'enorme peso degli svariati chilometri di scaffalature ricolme di faldoni contenenti i documenti storici di Livorno dalla fine del ’500 fino alla seconda metà del ’900: un patrimonio culturale di indubbio valore da salvaguardare e nel contempo da rendere consultabile;
   ad oggi, nonostante ripetuti annunci di prossima apertura, l'ultimo risale al 2007, la situazione del progetto del nuovo Archivio di Stato di Livorno presenta un bilancio desolante:
    a) risultano spesi direttamente dall'amministrazione circa 6 milioni di euro, a cui si deve aggiungere quanto a suo tempo speso dalla Soprintendenza di Pisa, che negli anni Novanta curò il rifacimento del tetto, la gabbia di Faraday e la sistemazione degli appartamenti all'ultimo piano;
    b) si tratta di un prestigioso edificio storico sul quale sono stati apportati «discutibili» interventi di restauro ed attualmente, come si è personalmente constatato, in totale stato di abbandono;
    c) le condizioni logistiche, gestionali, economiche e di fruibilità dell'immenso patrimonio dell'Archivio di Stato di Livorno appaiono gravemente compromesse;
   dunque oggi, l'Archivio di Stato di Livorno non ha una propria sede istituzionale ma risiede nel Palazzo del Governo, con notevoli limiti di accesso, insufficienza di spazi ed impossibilità di ricevere nuovi materiali;
   la vecchia sede aggiuntiva è stata chiusa nel 2004 così circa metà dei fondi archivistici fu stoccato in magazzini a Perugia (circa 2.250 ml), presso la Ditta Plurima (che vinse a suo tempo la gara di trasferimento e custodia); doveva essere una sistemazione provvisoria, in vista dei lavori per l'apertura della nuova che ancora si attende;
   questa grave interruzione del progetto sta producendo ingenti oneri aggiuntivi, disagi per l'utenza, e, di fatto, impossibile fruibilità e gestione di un materiale di enorme valore storico e culturale. Va inoltre messo in evidenza che l'impossibilità di accogliere nuovo materiale, stoccato presso gli uffici competenti, rischia di provocare il suo deterioramento;
   si ipotizza inoltre una situazione di nuovo stress dell'Archivio già con la prossima chiusura delle tre sezioni distaccate di tribunale (Cecina, Piombino, Portoferraio);
   altri fondi archivistici dell'Archivio di Stato di Livorno risultano sparsi fuori sede: una parte dell'ampio fondo Cantiere Navale Orlando è «provvisoriamente» presso l'Archivio di Stato di Latina (dal 2008, 1.000 ml e con suo giustificato malumore); altro materiale è ospitato presso l'Archivio diocesano di Livorno; altro ancora presso l'Archivio dell'autorità portuale; con convenzione si è lasciato l'ex archivio delle società commerciali della cancelleria del tribunale alla camere di commercio industria e artigianato –:
   se il progetto di completamento dei lavori strutturali del nuovo Archivio di Stato di Livorno, già destinatario di ingenti risorse, e della sua piena agibilità funzionale sia ancora concretamente attuabile e quali siano i tempi di attuazione;
   in caso contrario, se siano state esplorate e valutate ipotesi alternative che consentano alla città di Livorno di riappropriarsi del bene e rendere fruibile l'enorme materiale che racconta la sua storia e connota la cultura di una città avente caratteri di multietnicità e multiculturalità per eccellenza, dei quali, caso pressoché unico in Italia, sopravvivono documentazioni e importanti vestigia e ricchezza di chiese, cimiteri nazionali, palazzi, ville, opere di pubblica utilità, indissolubilmente legate alle importanti comunità straniere che frequentarono il porto franco di Livorno fino alla seconda metà dell'Ottocento. (5-01014)


   PICIERNO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la reggia di Carditello, in provincia di Caserta, è una struttura settecentesca in stile neoclassico di preziosa fattura costruita dall'architetto Francesco Collencini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli;
   la residenza reale, destinata da Carlo di Borbone a residenza di caccia e allevamento di cavalli, era uno dei siti che si fregiava del titolo di «Reale Delizia» per le piacevoli permanenze che il contesto boschivo e l'attività di caccia offrivano al re;
   all'interno della struttura settecentesca si trovano affreschi di Jakob Philipp Hackert, amico di Goethe e pittore di corte con Ferdinando IV di Borbone, e di Fedele Fiaschetti;
   nel 1919 gli immobili e l'arredamento del sito reale passarono all'Opera nazionale combattenti che procedette alla lottizzazione e vendita dei terreni, esclusi il fabbricato centrale e i 15 ettari circostanti che nel secondo dopoguerra entrarono a far parte del patrimonio del consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno;
   negli anni la reggia è stata abbandonata fino a raggiungere uno stato di degrado e d'incuria che la rende oggi facile oggetto di vandalismi e furti costanti durante le recenti notti;
   il complesso monumentale insiste su un'area di circa 80.000 metri quadri e 150.000 metri quadri di terreno circostante;
   il consorzio generale di bonifica ha maturato negli anni una situazione economica debitoria, cui non è in grado di assolvere, con l'ex Banco di Napoli, ora Banca Intesa, e questi, attraverso la società Sga, ha avviato le procedure per vendere all'asta la reggia;
   con ordinanza del 27 gennaio 2011 il tribunale di Santa Maria Capua Vetere dispose la vendita all'asta, per il 15 marzo 2012, del complesso monumentale al prezzo base di euro 5.000.000,00. Nel giugno 2013 si è tenuta la decima asta senza alcuna offerta e, da quanto si apprende, il magistrato competente del tribunale di Santa Maria C.V. ha già fissato per il prossimo 19 dicembre 2013 la nuova asta;
   la Sga aveva dato la disponibilità a vendere il complesso alla regione Campania per euro 9.000.000,00;
   il consiglio regionale campano non ha approvato nella legge finanziaria per l'anno 2012 la programmazione di tale spesa –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle situazioni di fatto in premessa;
   se intenda intervenire, per quanto di competenza, per evitare che il complesso monumentale venga sottratto al patrimonio pubblico e quali iniziative intenda portare avanti per riportare la Reggia di Carditello a far parte a pieno titolo del patrimonio artistico-culturale del nostro Paese. (5-01021)


   PICIERNO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la reggia di Caserta, progettata dall'architetto Luigi Vanvitelli per conto della casa reale dei Borbone di Napoli, rappresenta certamente una tra le opere d'arte e architettoniche più belle e invidiate al mondo, tanto da essere stata proclamata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO;
   tale inestimabile patrimonio culturale versa da anni in uno stato di semiabbandono, in quanto non solo risulta per nulla valorizzato dal punto di vista economico-turistico, ma addirittura lasciato al degrado e al deterioramento strutturale, di fatto nell'indifferenza delle istituzioni;
   da quanto si è appreso dagli organi di stampa, in data 28 settembre 2012, ci sarebbero stati crolli di dimensioni considerevoli, conseguenti a cedimenti strutturali della parte laterale che insiste all'interno della scuola sottufficiali dell'aereonautica, che hanno, peraltro, messo seriamente a rischio l'incolumità dei militari;
   le autorità militari, transennata l'area interessata dai cedimenti, hanno prontamente provveduto ad allertare la Soprintendenza per i beni culturali;
   il 4 ottobre 2012 hanno avuto luogo nuovi crolli, con il distaccamento di un pezzo di cornicione dalla facciata principale, con potenziale compromissione dell'incolumità dei passanti e dei turisti che transitavano nei pressi dell'ingresso del palazzo vanvitelliano;
   la Soprintendente per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici di Caserta, architetto Paola Raffaella David, nonostante sollecitata più volte ad intervenire, non sembra ancora aver fornito risposte soddisfacenti. La stampa locale riporta alcune dichiarazioni dell'architetto David che afferma di aver «già fatto presente innumerevoli volte al Ministero la condizione della Reggia»;
   da quanto si è appreso da articoli di stampa, nella Reggia di Caserta ci sarebbero transenne in più punti, allestite per scongiurare il pericolo di nuovi crolli. A fine maggio, peraltro, un elemento in marmo della facciata, lesionato e sul punto di staccarsi, fu rimosso dai vigili del fuoco;
   il Ministro interrogato, che ha visitato il monumento, ha chiesto a tutti gli interlocutori istituzionali di impegnarsi nel comune obiettivo di fare della Reggia di Caserta un luogo di eccellenza del patrimonio artistico, culturale e turistico italiano. A questo fine, ha condiviso la necessità di fare sistema per tutelare e valorizzare un sito patrimonio mondiale dell'UNESCO, ricevendo pieno impegno da parte di tutti. Inoltre, il Ministro ha espresso la volontà di definire un progetto strategico e operativo, per rilanciare il territorio e il monumento –:
   quale sia lo stato attuale delle iniziative per ripristinare condizioni di decenza per quello che viene universalmente riconosciuto essere uno dei beni architettonici più belli e significativi al mondo, e se intenda, il Ministro interrogato, verificare eventuali omissioni e responsabilità della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici di Caserta. (5-01024)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la sovraesposizione al rumore provoca problemi particolarmente gravi alle persone, causando alterazioni fisiologiche che variano in funzione delle caratteristiche fisiche del rumore e della risposta dei soggetti esposti ed al tempo di esposizione;
   presso l'aeroporto militare di Grottaglie (Ta), da circa una settimana sono iniziate esercitazioni che prevedono numerosi voli giornalieri di caccia «Harrier»;
   il volo dei suddetti «Harrier», effettuato peraltro a bassa quota, causa serio inquinamento acustico nei comuni limitrofi, con particolare interesse per il comune di Carosino, sito a poco più di un chilometro dalla pista militare;
   quando fu costruita la base militare a Grottaglie, i comuni firmarono un accordo con l'ENAV per il passaggio sopra lo spazio aereo senza che fossero adottate particolari misure preventive o risarcitorie come invece avviene in altri comuni, per esempio quello di Rivolto, base delle Frecce Tricolore –:
   se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa;
   se le esercitazioni degli «Harrier» siano in qualche modo legate a possibili interventi in Medio Oriente;
   se intenda prendere provvedimenti volti a tutelare la salute dei cittadini di Carosino e dei comuni limitrofi, anche intervenendo sui piani di volo delle esercitazioni. (5-01011)


   PES. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 settembre 2013 alle ore 15.50 circa, in numerosi centri nella provincia di Oristano e in particolare nel capoluogo, si sono avvertiti dei forti boati di origine sconosciuta che avrebbero arrecato alcuni danni alle abitazioni e destato allarmi nelle popolazioni che, in alcuni casi, si sono rivolte anche alle forze dell'ordine;
   da alcune notizie di stampa si è appreso che nei cieli sardi, in quella stessa giornata, si sarebbe compiuta un'importante esercitazione militare, partita dalla base aerea di Decimomannu, che avrebbe coinvolto anche la provincia di Oristano;
   ad oggi non si ha ancora avuta una risposta ufficiale sull'origine di tali boati e tra le ipotesi diffuse da alcuni organi di stampa, si profila quella che si sia trattato di boati derivanti dal superamento della velocità del suono, da parte di aerei caccia militari, che avrebbe così creato quel fenomeno denominato «boom» sonico –:
   se le autorità preposte in provincia di Oristano fossero a conoscenza di eventuali esercitazioni militari nella stessa provincia;
   se si sia trattato effettivamente di eventuali esercitazioni di tipo militare;
   se, qualora si sia trattato di procedure militari, si siano svolte nel rispetto delle regole stabilite per questo tipo di operazioni;
   se tali fenomeni non siano pericolosi per la salute degli abitanti delle zone interessate;
   se siano state adottate tutte le misure di sicurezza necessarie per garantire la tutela delle popolazioni residenti nei territori interessati da questi fenomeni. (5-01012)


   GRANDE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   Civitavecchia, sulla base di studi scientifici dettagliati, risulta essere, in Italia, tra le città in assoluto più colpite da problemi ambientali;
   la valutazione epidemiologica delle stato di salute dei cittadini residenti nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella redatto dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale risalente a febbraio 2012 (nel quale si riportano i dati relativi allo stato di salute della popolazione civitavecchiese e di quella del restante comprensorio tra 1o febbraio 2006 e il 31 dicembre 2010), dimostra chiaramente quanto i territori interessati registrino un eccesso di rischio di tumori maligni sia per la popolazione maschile che femminile soprattutto nel comune di Civitavecchia (specificatamente tumore al polmone, pleura e fegato per gli uomini e tumore al rene, malattie dell'apparato genito-urinario per le donne) e per ambo i sessi si osserva un allarmante aumento di mortalità per infezioni acute alle vie respiratorie;
   Civitavecchia risulta essere stata già fin troppo danneggiata dal punto di vista ambientale per la presenza di impianti di proprietà di «Enel SPA» di recente riconvertiti a carbone e dal continuo traffico di navi da crociera, che hanno innescato, nel tempo, reiterati contrasti con i gruppi ambientalisti locali in virtù di un costante peggioramento della qualità dell'aria. Non da ultimo va sottolineata la presenza di acque potabili con valori arsenicali assai elevati;
   tutti questi elementi contribuiscono a definire con chiarezza un quadro da cui emerge la realtà di un territorio fortemente compromesso, con conseguenze disastrose per la salute della popolazione della città e delle aree limitrofe –:
   se sia previsto, ai fini della attuazione delle disposizioni contemplate dalla convenzione di Parigi del 1993, che, presso il centro tecnico logistico interforze NBC di Civitavecchia, venga costruito un ossidatore termico configurabile di fatto come un inceneritore di armi chimiche il quale, a seguito di processo termico, pur in presenza di filtri, emetta nell'atmosfera fumi e prodotti gassosi conseguenti;
   se il suddetto impianto sostituisca in tutto od in parte quelli attualmente in funzione oppure di converso ne costituisca una integrazione;
   quali siano le motivazioni che hanno originato l'eventuale acquisizione;
   se la tecnologia adottata sia quella più avanzata reperibile sul mercato nazionale/internazionale e se esistano al mondo impianti simili già installati ed ampiamente testati;
   se il supposto impianto garantirà (e con quali dispositivi) che le emissioni nell'atmosfera ed eventualmente nel terreno e nelle acque siano completamente esenti da rischi per i lavoratori coinvolti nel processo e per le popolazioni delle aree urbane circostanti (Civitavecchia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella,Tarquinia e altre);
   se sia stata o sarà redatta un'analisi dei rischi ed un piano delle emergenze;
   se sia previsto un programma di smaltimento degli attuali impianti esistenti e quale sarebbe, in questo caso, la durata dello stesso;
   se si intendano fornire elementi sostanziali che, vista la gravissima situazione economica del Paese, motivino dettagliatamente e giustifichino i costi che verranno sostenuti dalla pubblica amministrazione. (5-01015)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese ha provveduto a disciplinare il crowdfunding, con l'obiettivo di facilitare l'accesso delle cosiddette «start up» al mercato dei capitali di rischio mediante la possibilità di promuovere l'offerta al pubblico di strumenti finanziari di equity attraverso uno o più piattaforme on line specializzate nella sollecitazione al risparmio dei potenziali investitori;
   in uno scenario macroeconomico cosiddetto «bancocentrico», contrassegnato dalla forte contrazione delle fonti di finanziamento attingibili attraverso i canali tradizionali, riconoscere alle cosiddette «start up» la possibilità di reperire con una maggiore facilità i capitali necessari per lo svolgimento dell'attività d'impresa, rappresenta un'opportunità da promuovere e tutelare;
   con il «Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start up innovative tramite «portali on-line», pubblicato dalla CONSOB il 12 luglio 2013 in attuazione degli articoli 50-quinquies e 100-ter del testo unico della finanza, l'Italia si dota, per prima in Europa, di una compiuta regolamentazione del fenomeno dell’equity crowdfunding –:
   se il Ministro ritenga che la disciplina nazionale del crowdfunding, attualmente limitata alle cosiddette «start up» innovative, possa essere estesa alle generalità delle imprese e alla generalità delle «start up»;
   se il Ministro interpellato intenda assumere le iniziative di competenza affinché la raccolta di fondi da parte delle imprese non sia limitata ai capitali di rischio ma sia estesa alla possibilità di offrire al pubblico strumenti di debito, titoli subordinati e strumenti ibridi non rappresentativi del capitale, anche mediante una specifica regolamentazione predisposta ad hoc da Consob, Ministero dell'economia e delle finanze e Banca d'Italia, nell'esercizio delle rispettive competenze.
(2-00212) «Mucci, Fantinati, Da Villa, Prodani, Crippa, Vallascas, Della Valle, Petraroli, Barbanti, Pisano, Cancelleri, Villarosa, Chimienti, Ruocco, Pesco, Castelli, Caso, Cariello, D'Incà, Currò, Brugnerotto, Sorial, Manlio Di Stefano, Di Battista, Spadoni, Tacconi, Del Grosso, Sibilia, Grande, Scagliusi».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sia la Cassa compensazione e garanzia, sia la London Clearing House Clearnet – controparti centrali che garantiscono gli scambi fra banche o grandi investitori evitando che nessuna delle parti subisca perdite se l'altra fallisce – sono parte del London Stock Exchange, la borsa di Londra;
   dal 2007, quando gli istituti bancari Unicredit e Intesa Sanpaolo, in qualità di primi soci, decisero di vendere, anche il gruppo Borsa italiana fa parte del London Stock Exchange;
   circa un anno fa, quando lo spread tra i titoli obbligazionari decennali tedeschi e gli equivalenti titoli italiani era di circa 500 punti base, la London Clearing House Clearnet impose una svalutazione del valore dei titoli italiani portati in garanzia in considerazione del maggiore rischio di fallimento dell'Italia;
   da allora, nonostante lo spread sia sceso a circa 250 punti base, anche grazie alla ritrovata credibilità internazionale del nostro Paese seguita al robusto sforzo di risanamento finanziario, il valore dei buoni italiani in garanzia richiesti dalla London Clearing House Clearnet è rimasto inalterato, e ciò obbliga le banche nazionali a presentare garanzie onerose per finanziarsi sul mercato dei prestiti a breve termine;
   inoltre, la modifica di un regolamento della legislazione inglese, intervenuta nel mese di agosto 2013, ha previsto che, nel caso di transazioni nel mercato italiano del reddito fisso, la London Clearing House Clearnet non interverrà più a garantire le banche globali impegnate nei prestiti a breve termine qualora la Cassa compensazioni e garanzia dovesse fallire;
   tale operazione potrebbe di fatto pregiudicare l'accesso al finanziamento internazionale, in quanto renderebbe più difficile, per gli istituti di credito, la possibilità di usare titoli di Stato in garanzia presso Cassa compensazione per ottenere la liquidità di cui hanno bisogno;
   secondo alcune interpretazioni, l'operazione messa in atto dalla London Clearing House Clearnet sarebbe resa necessaria dalla direttiva europea European Market Infrastructure Regulation (EMIR) (EU 648/2012) e dalle linee guida comunitarie dell’European Securities and Markets Authority (ESMA) che ne fissano l'applicazione;
   in effetti l'articolo 52(c) della citata direttiva prevede che le controparti centrali gestiscano i rischi in modo che il default di un'altra controparte con cui opera non abbia impatto su di essa; tuttavia questa disposizione non vincola necessariamente le controparti centrali obbligandole alla liquidazione delle posizioni; la «linea guida» c) dell'ESMA prevede, infatti, una procedura, detta della «portabilità», che consente di regolare le posizioni in modo accelerato quando una controparte rischia l'insolvenza;
   l'obiettivo dell'operazione inglese si configurerebbe quindi come una protezione dal rischio-Italia volto a spingere le banche a spostare le attività nel Regno Unito per finanziarsi;
   nonostante la possibilità, per il sistema bancario italiano, di rivolgersi ai prestiti concessi a tassi agevolati dalla Banca centrale europea, l'operazione messa in atto dalla Lch Clearnet ha significativamente indebolito la posizione di finanziamento di molte banche, creando potenzialmente pressione al rialzo sugli spread sovrani;
   è quanto mai necessario intervenire in difesa del sistema finanziario, che risulta essere di vitale importanza per il Paese nella fase di annunciata ripresa economica –:
   come intenda intervenire, alla luce di quanto espresso in premessa, al fine di garantire in tutte le sedi europee e internazionali gli interessi nazionali dell'Italia, con particolare riferimento al contenimento dei costi di accesso, per le banche, alla liquidità e di converso, per le imprese, al credito. (5-01017)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa l'interrogante ha appreso di un possibile interessamento da parte del Fondo strategico italiano (FSI) spa all'acquisizione di quote significative del capitale della SIA spa;
   SIA spa, attualmente partecipata da un pool di banche nazionali, fra cui Intesa San Paolo con il 30,6 per cento e Unicredit con il 24,1 per cento, gestisce servizi fondamentali per il sistema finanziario come le piattaforme tecnologiche dei mercati finanziari, le banche dati, fra cui la centrale d'allarme interbancaria, i sistemi di pagamento elettronico, fra cui FastPay, ovvero il più diffuso circuito bancomat nazionale, Cartasi, circuito di pagamento con carte di credito, nonché la rete di transito delle informazioni;
   la riduzione o, peggio, l'abbandono della propria partecipazione da parte di alcuni istituti, di cui sarebbe interessante conoscere le motivazioni, potrebbe mettere a rischio il carattere nazionale degli assetti proprietari, come dimostrerebbe l'interesse di alcuni grandi player esteri, come Mastercard;
   tale eventualità sarebbe vista con preoccupazione anche da Bankitalia, data la stretta connessione fra interesse nazionale e controllo di un asset indispensabile per il funzionamento del sistema finanziario, con ricadute potenziali certe sui costi complessivi, nonché sulla qualità di erogazione del credito;
   sarebbe quindi auspicabile l'intervento di FSI spa o di strumenti analoghi, al fine di garantire la permanenza della proprietà nell'ambito nazionale –:
   stante la prassi di FSI spa a partecipare quale socio di minoranza (condizione che potrebbe non essere praticabile nel caso in oggetto), se le notizie riportate in premessa abbiano fondamento e, in caso affermativo, con quali modalità FSI spa intenda intervenire e quali eventuali alternative siano allo studio per tutelare la connotazione tutta italiana, strategica, in una società come SIA spa. (5-01018)


   ZANETTI, SOTTANELLI e SBERNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il fenomeno del gioco legale in Italia ha registrato una forte espansione, coinvolgendo un numero sempre maggiore di uomini e donne, nonostante le crescenti difficoltà economiche delle famiglie italiane;
   il trend ha subito un'impennata a partire dal 2003, anno in cui il comparto del gioco legalizzato ha iniziato a registrare una raccolta di ammontare sempre maggiore;
   di pari passo si è diversificata l'offerta dei giochi legali che, accanto ai tradizionali giochi a totalizzatore e al lotto e superenalotto, ha visto il fiorire di apparecchi da intrattenimento e da divertimento con vincita in denaro (slot machine), che oggi rappresentano da soli quasi la metà del comparto dei giochi pubblici –:
   a quanto ammonti l'attuale giro d'affari del settore del gioco in generale e delle slot machine in particolare, nonché quale sia l'ammontare complessivo delle imposte indirette che l'Erario incamera su questo giro d'affari in generale, e su quello delle slot machine, in particolare. (5-01019)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 29 ottobre 2010 il Ministro dell'economia e delle finanze dell'ultimo Governo Berlusconi, Giulio Tremonti, ha sottoscritto con il presidente della regione Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo un patto che garantiva allo Stato 770 milioni di euro dalla regione (suddivisi in due anni) per l'attuazione del federalismo fiscale, intervenendo tra l'altro su alcune fonti dell'autonomia finanziaria della regione a statuto speciale;
   con il cambio di scenario politico e i tagli imposti dall'Esecutivo di Mario Monti, la giunta regionale ha congelato il trasferimento di alcune risorse dovute allo Stato, decisione che ha determinato il ricorso dal Governo alla Corte costituzionale, conclusosi con una sentenza contraria alla regione che avrebbe violato il principio di «leale collaborazione»;
   la regione Friuli Venezia Giulia, quindi, dovrà rispettare le condizioni previste dal patto stipulato nel 2010 malgrado l'aggravarsi della crisi economica che ha reso sempre meno competitive le aziende locali rispetto a quelle presenti negli Stati frontalieri (Austria, Slovenia e Croazia);
   l'8 agosto 2013 sul quotidiano Il Piccolo di Trieste è stato pubblicato un articolo relativo alla lettera aperta inviata dal vicepresidente regionale di Federmotorizzazione, Oscar Zorgniotti, alla governatrice Debora Serracchiani e al Sindaco di Gorizia Ettore Romoli;
   la missiva evidenzia il crollo dell'attività delle officine e delle carrozzerie isontine che soffrono non solo la mancanza di lavoro ma anche la concorrenza spietata da parte dei colleghi sloveni e austriaci;
   nel documento Zorgniotti evidenzia anche i principali vantaggi esistenti in Slovenia: la fiscalità «di vantaggio» relativa alle imposte dirette per le quali esiste un'unica aliquota del 20 per cento; la formazione sulla sicurezza a costo zero perché svolta in azienda dal datore di lavoro, pur dovendo rispettare un regolamento molto severo; il costo dell'energia inferiore di circa il 30 per cento rispetto al nostro;
   la lettera si conclude facendo presente che la sintesi esposta, relativa allo studio di settore regionale su vendita e assistenza auto e moto, «potrebbe essere calzante per tutte le tipologie di attività, in Friuli ed in particolar modo per la provincia di Gorizia». Per questo motivo «si chiede la convocazione di un Tavolo regionale per gli studi di settore dove segnalare all'amministrazione finanziaria la particolare gravità della situazione, specialmente per le imprese di confine per le quali la crisi in atto viene accentua dallo svantaggio competitivo nei confronti delle attività dei Paesi confinanti»;
   la concorrenza slovena causata dalla fiscalità «di vantaggio» si è acuita ulteriormente per tabaccai e veterinari;
   questi ultimi, come riportato da un articolo de Il Piccolo di Trieste dell'11 settembre 2013, hanno denunciato con un comunicato l'impossibilità di instaurare un rapporto di sana e reciproca collaborazione con i colleghi sloveni. «Con rammarico si è constatato come la struttura veterinaria posta a Kronberg (Nova Gorica), appena oltreconfine, persista in un'impostazione professionalmente alquanto discutibile. Una posizione di puro isolamento, a giudicare dagli intensi scambi interculturali con altre realtà veterinarie slovene, a partire dalla vicina Postumia, ma anche con la stessa Lubiana»;
   è peggiorata anche la situazione dei tabaccai di Gorizia e provincia, come riportato da un articolo pubblicato da Il Messaggero Veneto del 12 settembre 2013, che riporta le dichiarazioni del il neopresidente provinciale della Federazione italiana tabaccai (Fit) Andrea Azzalini. Secondo quest'ultimo «si sta delineando uno scenario che era prevedibile. Con meno soldi in tasca i clienti goriziani ed isontini che ancora acquistavano le sigarette nelle nostre tabaccherie se ne vanno in Slovenia per risparmiare. È chiaro che a queste condizioni non possiamo minimamente competere visto che pochi metri oltre confine si possono trovare praticamente gli stessi prodotti a prezzi inferiori del 30 o addirittura 40 per cento. L'esodo nel 2013 è progressivamente peggiorato e del resto con l'apertura delle frontiere e l'abolizione dei controlli ai valichi ormai non esiste alcun deterrente. Chiunque può acquistare fino a 800 grammi per uso personale che equivalgono a quattro stecche»;
   in risposta alla grave situazione economica in atto, la presidente Serracchiani si è detta pronta ad acquisire più competenze per limitare i trasferimenti a Roma previsti dall'accordo Tondo-Tremonti, senza considerare una seria revisione del patto stesso, sottoscritto nel 2010;
   per superare le attuali difficoltà e rilanciare le attività produttive della regione bisogna ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione – dalla semplificazione amministrativa alla strutturazione coerente di centri di ricerca – tenendo presente però le specificità e le peculiarità del territorio;
   sono necessarie misure straordinarie per fronteggiare adeguatamente la concorrenza di Slovenia, Austria e Croazia visto che la situazione economica del Friuli Venezia Giulia è il risultato, oltre che della crisi strutturale del Paese, anche di una disparità che, dal piano burocratico a quello fiscale, non permette alle aziende locali di competere ad armi pari con quelle situate solo a qualche chilometro di distanza, ma oltre confine –:
   se il Ministro interrogato intenda rivedere, con la rappresentanza regionale del Friuli Venezia Giulia il patto sottoscritto nel 2010 che, a causa del progressivo peggioramento delle condizioni economiche, costituisce un ostacolo alla ripresa del tessuto produttivo locale. (5-01010)

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLAROSA, D'UVA, LUPO, CANCELLERI, RIZZO, NUTI, DI VITA, GRILLO, MARZANA, LOREFICE, CURRÒ, DI BENEDETTO e MANNINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 36 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto»;
   l'articolo 37 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta, relativa a detta quota, compete alla regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima»;
   l'articolo 38 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi da lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo»;
   lo Stato non ha mai consentito che la regione istituisse propri tributi, sostitutivi di quelli erariali come la lettera e lo spirito dell'articolo 36 prevedono, ma ha consentito che, in cambio, la regione introitasse il gettito delle principali imposte dirette e indirette riscosse nell'isola, dapprima come disposizione provvisoria e poi, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, a tempo indeterminato;
   lo Stato, a tale titolo, ogni anno ha sempre trasferito le risorse relative al disposto dell'articolo 36, come parzialmente applicato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, alla regione siciliana, senza mai fornire una documentazione analitica sulle risorse effettivamente incassate dallo Stato in Sicilia e senza mai quadrare questo gettito con quello derivante dalla somma dei gettiti delle dichiarazioni fiscali dei soggetti passivi residenti in Sicilia oltre alla sommatoria dei gettiti dei redditi ed altri presupposti d'imposta soggetti a tassazione sostitutiva;
   il disposto dell'articolo 37 è evidentemente connesso a quello dell'articolo precedente, stante il fatto che, potendo in teoria la regione disporre un ordinamento tributario parzialmente distinto da quello vigente nel resto del territorio nazionale, è conseguente che a tale ordinamento e a tale tassazione siano assorbiti i presupposti d'imposta che si manifestano nel suo territorio a prescindere dal luogo in cui ha domicilio fiscale il soggetto passivo, e manifestamente ed espressamente i redditi d'impresa conseguiti dalle società che, più di altri, sono soggetti a differenze sensibili tra luogo di maturazione e luogo di riscossione;
   la regione siciliana non ha ancora ottenuto la riscossione delle imposte di cui all'articolo 37 dello statuto speciale della regione stessa, nonostante un'espressa previsione del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, restato lettera morta, e nonostante il decreto legislativo n. 241 del 2005, anch'esso restato inattuato;
   la regione siciliana, a fronte del maggior gettito derivante dall'introito di tutte le imposte riscosse nel suo territorio, ivi comprese le entrate doganali, e derivante dall'introito delle imposte maturate nel suo territorio ancorché il domicilio fiscale del soggetto passivo sia posto altrove, dovrebbe farsi carico, ai sensi dell'articolo 20, primo comma, di tutte le funzioni «proprie», ovvero di tutte quelle funzioni sulle quali l'assemblea regionale, anche per effetto delle norme comuni disposte dalla riforma costituzionale derivante dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, vanta potestà legislativa concorrente o esclusiva, fatta salva l'eventuale perequazione di cui all'articolo 119 della Costituzione per le regioni a minore capacità contributiva;
   la regione siciliana, altresì, dovrebbe farsi carico, questa volta ai sensi del secondo comma dell'articolo 20, di tutte le funzioni statali «delegate», ovvero delle restanti funzioni pubbliche, con la sola esclusione implicita di quelle che attengono alla personalità giuridica di diritto internazionale (esteri e difesa) dell'Italia, e che, a tale titolo, lo Stato già trattiene le entrate di cui al secondo comma dell'articolo 36, e pertanto, anche su tali entrate, lo Stato dovrebbe garantire alla regione una adeguata compartecipazione, ai sensi dell'articolo 119, che consenta a quest'ultima di potersi far carico anche di queste funzioni;
   la regione, ai sensi dell'articolo 38 dello Statuto, affida la perequazione infrastrutturale con il resto del Paese ad un unico trasferimento in conto capitale, il cosiddetto fondo di solidarietà nazionale, che nel tempo è stato sostanzialmente azzerato, perdendo ogni propria funzionalità, ed è stato affidato alla mera discrezionalità dello Stato nella determinazione del suo gettito, ignorando quanto espressamente previsto nel dettato letterale dell'articolo 38 medesimo;
   per poter effettuare uno studio volto a valutare l'effettivo gettito che deriverebbe alle finanze regionali siciliane da una piena attuazione dello statuto speciale in tutti i suoi articoli aventi effetti finanziari, con la sola esclusione di quelli relativi al demanio e al patrimonio regionale (articoli 32, 33 e 34) per i quali servirebbe apposito e distinto studio è necessario acquisire alcuni dati –:
   se il Ministro interrogato disponga e intenda fornire, con riferimento al triennio 2009/2010/2011, e distintamente per ogni anno, i seguenti dati:
   a) volume dei redditi imponibili prodotti e delle imposte dirette realizzate, relativi ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati, di persone fisiche residenti nella regione, come da modelli 770 presentati da sostituti di imposta (anche non residenti nell'isola) relative a percipienti residenti in Sicilia, intendendo per gettito quello IRPEF, comprese le addizionali regionali e comunali, e quello delle imposte sostitutive;
    b) volume delle basi imponibili e delle imposte nette dovute, relativi ad imprese e ad esercizi di arti e professioni, per imposte dirette sul reddito, comunque denominate, ivi comprese addizionali e imposte sostitutive, nonché per imposte sul valore aggiunto da parte di residenti in Sicilia, come dai relativi modelli «Unico» sia di persone fisiche (UNICO PF), sia di società di persone (UNICO SP), sia di società di capitali (UNICO SC), sia di enti non commerciali (UNICO ENC), comunicando in questo ambito i redditi e le relative imposte dovute a seguito di adeguamento da studi di settore;
    c) dati dei volumi della base imponibile da DICHIARAZIONE IRAP e dell'imposta IRAP di riferimento del triennio (ANNO DI IMPOSTA) 2009/2010/2011 riferite esclusivamente alla regione 16 (SICILIA), da reddito di impresa, arti e professioni dichiarati da persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non commerciali la cui sede è situata fuori dal territorio della regione Sicilia ed inoltre anche nel caso in cui abbiano sede e/o residenza in Sicilia;
    d) dati dei volumi della base imponibile e delle imposte nette dovute, comunque denominate, ivi comprese addizionali ed imposte sostitutive, rilevate in UNICO PF, UNICO SP, UNICO SC, UNICO ENC del triennio (ANNO DI IMPOSTA) 2009/2010/2011 relative all'esercizio di attività di impresa, arte e/o professione di cui al punto c), dichiarati da persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non commerciali la cui sede è situata fuori dal territorio della regione Sicilia;
    e) importi di tutte le accise pagate, distinte per anno, tipo e codice di tributo, da soggetti passivi residenti in Sicilia, con la sola esclusione delle accise sui tabacchi;
    f) imposte dovute da controlli ex articoli 36-bis e 36-ter (anche se inerenti a periodi di imposta precedenti al triennio richiesto) riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano;
    g) maggiori imposte accertate da verifiche e/o controlli già liquidati poiché conclusi e/o «transati», per il triennio 2009/2010/2011, ancorché relative ad anni di imposta differenti relativi riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano;
    h) maggiori imposte accertate ma non riscosse (ancorché iscritte a ruolo), in quanto oggetto di contenzioso relative anche ad anni precedenti, relative a verifiche ed accertamenti effettuati nel triennio 2009/2010/2011 riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano;
    i) imposta di registro su atti pubblici e/o privati, pagati da soggetti (persone fisiche e non), residenti nella regione siciliana;
    l) sempre del triennio di riferimento 2009/2010/2011, i dati dei beni e servizi consumati in Sicilia comparati con il volume del totale nazionale;
    m) ammontare delle entrate doganali di ogni tipo riferite alla regione Sicilia;
    n) spese e trasferimenti correnti dello Stato, con riferimento alla Sicilia, regionalizzate per categoria di spesa, con separata indicazione dei tributi devoluti ai sensi dell'articolo 36 dello statuto della regione siciliana;
    o) comparazione tra il reddito pro capite da lavoro (dipendente e autonomo) siciliano rispetto alla media nazionale e totale del gettito IRPEF su reddito da lavoro dipendente e autonomo percepito da residenti in Sicilia, dovunque abbia sede il sostituto d'imposta, come da documenti di cui al punto a). (4-01838)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   BRUNETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in un'audizione svoltasi l'11 settembre 2013 nella Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati sia il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sia il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, hanno ribadito che a fine settembre 2013 Malagrotta va chiusa per raggiunti limiti di capienza ed hanno escluso ulteriori proroghe;
   a Roma sarebbe stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale;
   la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale;
   secondo quanto riportato da organi di stampa sussistono anche gravi preoccupazioni circa la possibile infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti a Roma e nel Lazio;
   il commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella provincia di Roma, Goffredo Sottile, è tenuto, come previsto dal decreto di nomina, a produrre un piano degli interventi con relativo quadro economico-finanziario; tali interventi non devono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
   si è conclusa in questi giorni l'indagine della Guardia di finanza sulla società Ecofer ambiente srl, richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Orlando, al fine di fugare i sospetti di infiltrazioni della malavita organizzata sulla società che gestirà la prevista discarica di rifiuti solidi urbani di Roma, sita in località Falcognana;
   l'indagine, avviata dalla direzione distrettuale antimafia e dalla Guardia di finanza, era tesa ad accertare l'assetto societario della Ecofer e la proprietà dell'area individuata;
   da notizie diffuse sulla stampa si apprende che nella relazione trasmessa al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, si parla di pendenze che interessano i soci della Ecofer ambiente srl, per reati fiscali e ambientali;
   in tale ipotesi, appare sconcertante che la pubblica amministrazione possa intrattenere rapporti contrattuali con soggetti che potrebbero incorrere in condanne di rilevanza tale da impedire la prosecuzione dei compiti ad essi assegnati –:
   se vi siano procedimenti in corso per reati fiscali ed ambientali nei confronti dei soci della società Ecofer ambiente srl, o dei soci ai quali sia comunque riconducibile la proprietà dei terreni o dell'impianto in località Falcognana, se la società medesima sia attualmente nelle condizioni giuridiche per poter trattare o sottoscrivere contratti con la pubblica amministrazione e quali iniziative intenda prendere il Governo per prevenire, in ogni caso, l'infiltrazione di interessi criminali nel ciclo dei rifiuti a Roma. (3-00309)


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da una recente inchiesta giornalistica risulta che dal 1989, anno di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, ammonterebbero a decine di migliaia i cittadini ingiustamente detenuti, moltissimi dei quali in regime di carcerazione preventiva;
   per rimborsare il danno subito, lo Stato italiano ha già dovuto corrispondere quasi 600 milioni di euro, e questo considerato che, secondo i dati di Eurispes e dell'Unione delle camere penali, solo la metà delle richieste di risarcimento vengono accolte;
   il tema delle ingiuste carcerazioni incide pesantemente anche sulla problematica del sovraffollamento carcerario, posto che, ad aprile 2013, il numero dei detenuti ammonta a più di 60.000 persone, 20.000 oltre la capienza delle nostre strutture penitenziarie, 12.258 dei quali erano in attesa di giudizio;
   nel mese di maggio 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha rigettato il ricorso dell'Italia avverso la sentenza dell'8 gennaio 2013, con cui il sistema penitenziario nazionale era stato condannato per trattamento inumano e degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie, dando un anno di tempo all'Italia per risolvere l'emergenza carceraria –:
   quali provvedimenti il Governo intenda assumere, anche in ambito normativo, al fine di combattere la piaga delle ingiuste carcerazioni, se del caso intervenendo in materia di carcerazione preventiva, e quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla risoluzione dell'emergenza carceraria nei tempi che chiede l'Europa, attraverso l'adozione di interventi strutturali e prescindendo da misure «svuota carceri» una tantum. (3-00310)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da recenti notizie di stampa si apprende che la corte d'appello di Roma ha revocato il divieto di dimora che pendeva su un uomo, condannato nel 2011 per pedofilia nei confronti di una bambina di cinque anni, sua vicina di casa, e che quindi, in attesa della sentenza della Corte di Cassazione, può tornare a vivere accanto alla ragazza oggi tredicenne;
   la lunga serie di abusi, perpetrati tra il 2005 e il 2008, ha avuto luogo quando la bambina veniva spesso affidata ai vicini di casa, un militare in pensione e la moglie. All'epoca dei fatti la bimba ha cominciato a soffrire di tachicardia parossistica, segnale evidente che qualcosa di anomalo stava accadendo, però soltanto nel 2010 la vittima ha avuto la forza e il coraggio di raccontare la vicenda ed è quindi scattata la denuncia nei confronti dell'uomo, condannato poi con rito abbreviato a tre anni di reclusione;
   al momento della sentenza di primo grado sull'uomo già pendeva il divieto di dimora, che comprendeva il palazzo e le vie vicine a dove vive la bambina. Tale divieto è stato però violato dall'ex militare e quindi successivamente è stato esteso a tutto il Lazio;
   a maggio 2013 la condanna è stata confermata in secondo grado, mentre a luglio 2013 la corte di appello di Roma ha revocato il divieto di dimora per la caduta delle esigenze cautelari, «dato il tempo trascorso dall'adozione della misura» e «l'età avanzata dell'imputato», permettendo così all'uomo di tornare ad abitare vicino alla vittima;
   la vicenda ha destato molta amarezza e perplessità nell'opinione pubblica e nell'interrogante poiché a seguito di tale decisione la ragazza vittima degli abusi si trova a subire nuovamente un duro attacco, a livello emotivo e psicologico, poiché costretta suo malgrado ad abitare vicino al suo aguzzino;
   a parere dell'interrogante la sentenza dimostra come l'esercizio formale del diritto non sempre corrisponda ad una applicazione sostanziale della giustizia;
   si tratta di un caso che si può ripetere spesso anche perché chi violenta minori è raramente uno sconosciuto che vive altrove e che scompare definitivamente dalla loro vita, mentre nell'85 per cento dei casi si tratta di un conoscente o di un parente;
   è necessario ed urgente che vengano previsti ulteriori inasprimenti delle pene concernenti i reati sessuali contro minori e che vengano varate misure efficaci ed adeguate che tutelino maggiormente le vittime della violenza e che allontanino definitivamente, come accade in altri Paesi europei tra cui la Francia, i pedofili dalle loro vittime –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e di quali elementi dispongano in merito alla vicenda;
   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano adottare per impedire il verificarsi di episodi come quello sopra descritto e per tutelare l'integrità emotiva e psicologica di minori coinvolti in casi analoghi, attraverso l'adozione di misure efficaci finalizzate, da un lato, al contrasto dell'aberrante fenomeno della pedofilia e, dall'altro, all'appropriato sostegno delle vittime;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per sensibilizzare e formare la magistratura in merito ad un approccio e a una tutela corretti nei confronti delle vittime di violenza sessuale, stante il fatto che le ricadute psicologiche della stessa, che permangono negli anni, vengono spesso sottovalutate. (5-01009)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i quotidiani abruzzesi in questi giorni riportano notizie su annosi problemi nelle gallerie della variante della Strada Statale 16 compresa tra Pescara e Francavilla al Mare (Chieti);
   nelle gallerie in questione sono presenti acqua, detriti, pozzanghere stagnanti e sfondo sdrucciolevole e liscio che mette in pericolo i mezzi in circolazione;
   sono anni che gli allarmi lanciati vengono minimizzati e si susseguono le rassicurazioni e i lavori di manutenzione della durata di qualche giorno;
   le infiltrazioni d'acqua sono costanti nel tempo e aumentano i rischi alla circolazione;
   trattandosi di infiltrazioni di una certa entità probabilmente non si è di fronte a problemi di manutenzione ordinaria ma a criticità strutturali;
   le gallerie sono state inaugurate nel 2007: la San Silvestro della lunghezza di 3600 metri e Le Piane della lunghezza di 1900 metri entrambe a doppio senso di marcia;
   il costo per la realizzazione dell'intera variante si aggira intorno ai 180 milioni di euro;
   nel mese di agosto l'Anas abruzzese ha emesso un bando del valore di quasi 1,7 milioni di euro per il risanamento strutturale e la messa in sicurezza delle gallerie;
   già durante la fase di realizzazione delle gallerie la società appaltatrice, la TOTO spa aveva riscontrato problemi non previsti in fase di progettazione a causa delle caratteristiche meccaniche dei terreni difformi dalle previsioni; tali problematiche hanno fatto lievitare il costo dell'opera di svariati miliardi di lire;
   durante la fase di realizzazione sono state necessarie opere aggiuntive che permettessero la reale fruizione della variante: infatti, non erano stati previsti gli svincoli di ingresso e di uscita nelle località urbane attraversate dalla variante ed in particolare nel comune di Francavilla al Mare non permettendo la reale fruizione dell'opera pubblica in fase di realizzazione;
   l'ANAS ha affidato il lavori di realizzazione delle modifiche che permettevano la fruizione della variante alla stessa ditta concessionaria dell'appalto, la TOTO spa –:
   quali sono i reali problemi strutturali che riguardano l'opera pubblica in questione, se ci siano delle responsabilità in merito ai problemi che si sono immediatamente manifestati ed, eventualmente, a quanto ammonti il costo che lo Stato dovrebbe affrontare per sanare i problemi esistenti;
   a chi debbano essere imputati i costi di eventuali interventi sulle gallerie tenendo conto che l'opera è stata inaugurata nel 2007. (4-01834)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PICIERNO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Campania pubblicava sul Bollettino Ufficiale n. 1 del 2005 l'esito di gara per l'affidamento dei lavori di completamento della rete fognaria in via Cancello stralcio funzionale del comune di Maddaloni, lavori che ad oggi non risultato ancora realizzati;
   la tratta che collega Maddaloni a San Felice a Cancello è ritenuta ad alto rischio alluvione per le esondazioni del collettore fognario ex Casmez, lungo circa 4 chilometri. Tale collettore fognario risulta privo di impianti di reflusso delle acque. Peraltro, sebbene raccolga le acque provenienti dall'intero bacino idrogeologico dei comuni di Valle di Suessola e dell'area maddalonese, esso si presenta incompleto nel tratto intermedio e terminale, provocando allagamenti e disagi alla popolazione locale, e potenzialmente pericoloso per la pubblica incolumità;
   tale collettore fognario è gestito dalla regione Campania, e ne sono utenti i comuni di Cervino, Valle di Maddaloni, San Felice a Cancello e Santa Maria a Vico, i quali hanno investito della problematica la prefettura di Caserta, ottenendo impegni in merito da parte dello stesso prefetto;
   da quanto risulta, sarebbero state inviate agli enti interessati dettagliate relazioni circa l'entità dei danni procurati alla popolazione residente e alle attività commerciali, a seguito di copiose precipitazioni e conseguenti allagamenti;
   il settore regionale «Ciclo integrato delle acque» avrebbe effettuato sopralluoghi e redatto relazioni approfondite in merito;
   il progetto del 2009 per attivare opere di contenimento dei rischi provocati dalle esondazioni dovute al cedimento strutturale del collettore fognario ex Casmez, che inonda periodicamente l'area urbana di via Cancello, sottoscritto dal coordinamento istituzionale costituito dal comune di Maddaloni, regione Campania e provincia di Caserta e Benevento, non è stato mai terminato;
   le stesse opere di contenimento a monte delle acque nere e di riattivazione a valle dei canali di deflusso alternativi, già esistenti nella zona di Acerra, che avevano lo scopo di ridurre le esondazioni delle acque nere provenienti dal Beneventano e dalla Valle di Suessola, non sono mai state realizzate;
   sulla vicenda è stata presentata una interrogazione all'assessore all'ambiente Giovanni Romano, dalla consigliere regionale Angela Cortese, in data 15 febbraio 2012;
   la regione Campania appare all'interrogante del tutto inerte rispetto alla problematica in questione, peraltro più volte rappresentata dagli enti locali interessati –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza e d'intesa con la regione Campania e gli enti locali interessati, si intendano assumere per una rapida risoluzione delle problematiche in premessa, e per scongiurare ulteriori e gravi danni alla popolazione residente in quell'area a tutela della pubblica incolumità ed in considerazione degli impegni assunti dal prefetto. (5-01013)


   PICIERNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si evince da una video-inchiesta del quotidiano La Repubblica pubblicata l'11 giugno 2012 al centro di identificazione ed espulsione di Milo, Trapani, sarebbero stati perpetrati gravissimi atti di violenza e minacce ai danni degli ospiti della struttura;
   da un video girato dagli stessi immigrati ospiti nel centro di identificazione ed espulsione di Trapani, sfuggito alla censura degli operatori che danneggerebbero scientemente le fotocamere dei telefoni cellulari al fine di impedire le riprese di quanto accade all'interno della struttura, si vedono chiaramente operatori del centro sedare una rivolta mediante l'utilizzo improprio di idranti;
   la persona che ha girato il filmato, utilizzato da La Repubblica per documentare quanto accade nel centro di identificazione ed espulsione di Milo, non più ospite del centro, ha voluto denunciare che la rivolta sarebbe stata conseguenza diretta del ferimento di un ragazzo ad un occhio con un colpo di manganello, fatto ampiamente documentato nel video;
   sebbene quello di Milo sia un centro di identificazione ed espulsione moderno, aperto nel luglio 2011, e che avrebbe dovuto essere una struttura modello, esso non è nuovo ad episodi del genere. Difatti, i giornalisti de La Repubblica riferiscono di essere entrati più volte nel centro e di aver riscontrato le stesse condizioni, con rivolte sempre più frequenti;
   vi sarebbero persone percosse con manganelli, minacciate e colpite da forti getti di idrante: queste sembrerebbero essere le condizioni quotidiane cui sono sottoposti i cosiddetti «ospiti» del centro di identificazione ed espulsione, costretti a dormire su materassi adagiati sul pavimento delle camerate, dove sono continue le perquisizioni, e a mangiare per terra, in quanto le mense non verrebbero aperte per il possibile rischio di rivolte. Intanto nel centro di identificazione ed espulsione di Trapani sarebbero in crescita i casi di autolesionismo, arrivati a circa 15 al mese;
   le dinamiche che si innescano in queste strutture sono una spirale di violenza, rivolte, tentativi di fuga e autolesionismo, frutto anche del modo stesso in cui sono concepiti questi centri: i centri di identificazione ed espulsione ad avviso dell'interrogante sono di fatto «prigioni amministrative», in cui gli «ospiti» sono detenuti fino a diciotto mesi, non per aver commesso un reato ma semmai per un illecito amministrativo, in quanto non in possesso di un regolare permesso di soggiorno sul territorio italiano. La maggior parte degli immigrati ospiti della struttura esce dal centro di identificazione ed espulsione senza essere espulso per scadenza dei termini con un semplice foglio di via;
   nel centro di identificazione ed espulsione di Milo a Trapani ci sarebbero persone, anche anziane, che vivono stabilmente in Italia da anni, che non hanno più un Paese d'origine, e alcune addirittura sposate con cittadini europei –:
   quali iniziative intenda assumere per far piena luce sui fatti di cui in premessa, e se ritenga opportuno avviare, per quanto di sua competenza, le opportune procedure di verifica e di ispezione nei centri di identificazione ed espulsione presenti su tutto il territorio nazionale al fine di verificare le condizioni di fatto cui sono sottoposti gli ospiti di tali strutture. (5-01022)


   COLLETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'inizio degli anni ’80 il maresciallo della polizia penitenziaria Filippo Salsone prestava servizio presso il carcere di Cosenza in stretta collaborazione con l'allora direttore Sergio Cosmai;
   Salsone era considerato una spina nel fianco dai detenuti e dagli esponenti della criminalità organizzata locale per la sua integrità e per l'impegno nel far rispettare le regole all'interno del carcere;
   per queste ragioni, il 7 febbraio 1986 il maresciallo fu assassinato da tre sicari mentre tornava a casa dei suoi genitori a Brancaleone, un centro di 3.500 anime in provincia di Reggio Calabria;
   gli autori del delitto non sono mai stati individuati;
   nel 1987, un anno dopo l'omicidio, il capo della polizia ha inserito il maresciallo Salsone tra le vittime del dovere;
   nel 2003, il sindaco di Brancaleone (Reggio Calabria) gli ha intitolato una strada e nel 2007 gli è stata dedicata la caserma della polizia penitenziaria di Palmi (Reggio Calabria);
   nel 2010, il presidente della Repubblica ha insignito il maresciallo della medaglia d'oro al merito civile, con la seguente motivazione: «Consapevole del grave rischio personale si impegnò con coraggio e fermezza a ripristinare il rispetto delle regole e la disciplina all'interno di alcuni istituti penitenziari, ove erano detenuti elementi di spicco delle locali cosche criminali, rimanendo quindi vittima di un vile agguato»;
   Concetta Minniti, vedova di Salsone, ed i figli Paolo e Antonino, hanno chiesto il riconoscimento dei contributi previsti dalla legge 3 agosto 2004, n. 206 («Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»);
   il Ministero dell'interno, sulla base dei pareri espressi dalla prefettura di Reggio Calabria e dal capo della Polizia, ha negato l'erogazione dei contributi, specificando che l'omicidio non è riconducibile a una vicenda di mafia;
   tale tesi è stata avanzata anche dall'Avvocatura dello Stato in seguito al ricorso al Tar presentato dalla famiglia Salsone –:
   se il Ministro intenda disporre con urgenza il riconoscimento dei contributi previsti dalla legge in favore dei familiari del maresciallo Salsone;
   se il Ministro intenda altresì motivare il diniego finora espresso in merito alla concessione di tali contributi che contrasta apertamente con le onorificenze assegnate al maresciallo Salsone, vittima del dovere, assassinato dalla mafia. (5-01023)

Interrogazione a risposta scritta:


   NUTI, DI VITA e MANNINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   pochi mesi fa è stata inaugurata la «posa della prima pietra» del progetto «Ciliegino» relativo all'istallazione di pannelli fotovoltaici nei pressi di Gela, in Sicilia, per costruire quello che dovrebbe divenire il più grande impianto fotovoltaico d'Europa, alla presenza del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, dell'ex presidente della Commissione bicamerale antimafia, Giuseppe Lumia, assieme a membri della giunta siciliana e al sindaco di Gela, Angelo Fasullo;
   in quell'occasione, oltre a fornire quelle che agli interroganti appaiono improbabili cifre sulle ricadute occupazionali che tale progetto dovrebbe comportare, tutti si dichiararono soddisfatti e compiaciuti per l'inizio dei lavori e assicurarono che si sarebbe fatto di tutto per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose nel progetto;
   tuttavia, si apprende da alcuni organi di informazione che nel progetto sarebbero coinvolte società legate a soggetti noti per i loro legami con la mafia. In particolare, la cooperativa Agroverde legata a Stefano Italiano e la Mondello S.p.A. legata a Emanuele Mondello;
   il primo, dopo essere stato celebrato come «eroe anti-racket», è stato indagato nel dicembre del 2008 dalla direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta con l'accusa di riciclaggio e di favoreggiamento di alcune cosche mafiose. Le indagini si sono fermate nel luglio 2010, quando Italiano è stato prosciolto con formula piena perché «il fatto non sussiste», ma successivamente la procura ha impugnato tale atto riaprendo le indagini;
   il secondo, invece, è ben più famoso. Già indagato nel 2009 per i subappalti relativi alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo, secondo articoli di stampa risulta essere ancora legato ad alcune famiglie mafiose, precisamente gli Emanuello e i Rinzivillo, così come alcuni lavoratori dipendenti della sua società;
   nel progetto è coinvolto anche lo Stato italiano per mezzo del Comitato interministeriale per la programmazione economica, il quale, tramite delibera n. 108 del 29 luglio 2005 in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2006, ha approvato un cospicuo finanziamento, ammontante a più di 48 milioni di euro a carico delle finanze pubbliche –:
   se il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, intenda procedere ad una sospensione del finanziamento al fine di verificare eventuali infiltrazioni mafiose nel progetto «Ciliegino»;
   in alternativa, se ritenga opportuno revocare il finanziamento, nel caso in cui non sia possibile chiarire la posizione delle società coinvolte nel progetto in merito ad eventuali legami con la criminalità organizzata;
   quali siano stati i criteri impiegati in seno al CIPE per autorizzare questo finanziamento. (4-01847)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 luglio 2013 la 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica ha approvato la risoluzione n. 7-00016, che, tra le altre misure, impegnava il Governo ad adottare con sollecitudine tutte le più opportune iniziative volte al coordinamento della normativa primaria e secondaria applicabile in materia di numero minimo e massimo di persone per classe e, alla luce dei risultati di tale iniziative, a introdurre modifiche alla normativa vigente volte al ridimensionamento del numero massimo di alunni per classe, con particolare riguardo alle disposizioni relative alla formazione delle classi negli istituti secondari di II grado;
   il «decreto istruzione», recentemente licenziato dal Consiglio dei ministri e che nei prossimi giorni inizierà il suo iter parlamentare con la sottoposizione del testo alle commissioni referenti competenti di Camera e Senato, non contiene alcun riferimento all'annoso problema del sovraffollamento delle classi, né alcuna iniziativa volta a recepire il voto favorevole della 7a Commissione permanente del Senato della Repubblica sulla risoluzione n. 7-00016;
   nei giorni scorsi, in concomitanza con l'avvio dell'anno scolastico 2013-14, si sono verificati gli ennesimi episodi di disagio legati al sovraffollamento delle classi in diversi comuni italiani, dai 32 studenti per aula all'Istituto Duca d'Aosta di Padova, ai 31 studenti costretti in un'unica classe all'Istituto alberghiero Tarantelli di Sant'Elpidio in provincia di Fermo, fino al clamoroso caso del liceo musicale Verga di Modica, in cui si è giunti al paradosso di una classe composta da addirittura 49 studenti, di cui uno disabile;
   nell'intera provincia di Bari, a seguito dell'ulteriore taglio di 106 cattedre interamente concentrato negli organici delle scuole secondarie di secondo grado e del mancato recepimento da parte del Governo delle reali necessità comunicate dai dirigenti scolastici in tema di potenziamento degli organici, sono numerose le scuole nel territorio barese che presenteranno classi composte da 28 a 32 alunni, pur in presenza di studenti diversamente abili –:
   in che tempi e secondo quali modalità ritenga di intervenire per dare seguito agli indirizzi già espressi, richiamati in premessa. (3-00311)

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia la legge non consente ai ricercatori-medici con contratto a tempo determinato, triennale, di svolgere attività clinica, trascurando il fatto che spesso è proprio l'attività clinica il laboratorio naturale in cui il giovane ricercatore effettua le sue esperienze scientifiche, oltre che cliniche;
   il paradosso è che un giovane laureato in medicina, specializzato e con dottorato di ricerca, se vince il concorso per ricercatore a tempo determinato, svolge attività di ricerca per tre anni rinnovabili come prevede la «legge Gelmini» ma non può svolgere attività clinica pur avendo alle spalle molti anni di esperienza universitaria e di studi;
   l'articolo 12 della «legge Gelmini» dispone che per svolgere attività di ricerca e didattica le università possono stipulare contratti di ricercatore a tempo determinato (RD) di 3 anni rinnovabili una volta. Tra assegni di ricerca e contratti a tempo determinato non si possono superare i 10 anni. Il che implicherebbe che il medico-ricercatore resti al di fuori del circuito clinico per un decennio, con gravi conseguenze per la sua attività professionale, ma anche con un chiaro svantaggio per l'area in cui è inserito come ricercatore;
   allo stesso tempo l'azienda ospedaliera può assumere facilmente annualisti e contrattualisti che non possono tuttavia svolgere attività didattica, né fare lezioni o esercitazioni, ma debbono attenersi esclusivamente al ruolo assistenziale, per cui hanno sottoscritto il contratto;
   la conseguenza è immobilismo e sentimento di frustrazione da parte di entrambi, o come spesso accade la ricerca da parte degli uni e degli altri di un modo complicato per eludere la norma –:
   quali iniziative, anche di tipo normativo, si ritenga opportuno assumere al fine di permettere al ricercatore universitario di svolgere correttamente sia attività clinica che didattica, in quanto lo spirito della facoltà di medicina prevede le tre funzioni di assistenza, didattica e ricerca quali complemento e completamento della personalità del medico, tanto più se orientato a fare carriera universitaria e a prepararsi quindi a sostenere, al tempo opportuno, i concorsi di associato e di ordinario. (3-00307)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALGANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'offerta formativa scolastica di corsi per adulti non è più limitata solo alla lingua e cultura italiana ma anche per i corsi di studi professionali e tecnici previsti dall'ordinamento scolastico italiano;
   tale offerta deve essere disponibile in tutte le province italiane e in tutti gli indirizzi scolastici sia industriali, che commerciali, che agrari;
   in molte province italiane non sono stati attivati i corsi serali per adulti negli indirizzi degli istituti professionali agrari e negli istituti tecnici agrari;
   alcuni di tali indirizzi rivestono un'importanza fondamentale per l'economia locale, quali ad esempio: l'indirizzo «vitivinicolo» esistente presso l'istituto tecnico agrario A. Ciuffelli di Todi ed anche l'indirizzo «agroambientale» esistente presso l'istituto professionale U. Patrizi di Città di Castello –:
   se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire il diritto allo studio agli adulti residenti nel territorio della provincia di Perugia che al momento non possono usufruire di una completa offerta formativa di corsi di studi professionali. (4-01837)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Riva ha origine dalla società Riva & c., costituita dai fratelli Riva nel 1954, con l'obiettivo di commercializzare rottami di ferro destinati alle acciaierie a forno elettrico del bresciano; nel 2011 era il primo nel settore siderurgico in Italia, 4o in Europa ed al 20o posto nel mondo;
   in particolare, il gruppo Riva forni elettrici conta 5.000 dipendenti, impiegati in 20 siti produttivi e di lavorazione, di cui 12 in Italia, tra cui il primo stabilimento produttivo con forno elettrico di Caronno Pertusella (Varese), realizzato nel 1957, le acciaierie e ferriere del Tanaro a Lesegno, in provincia di Cuneo, le officine e fonderie Galtarossa di Verona; inoltre, fornisce mercati europei ed internazionali con particolari standard qualitativi per la meccanica e l'edilizia;
   dopo il sequestro da 916 milioni di euro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di finanza di Taranto, su ordine del giudice per le indagini preliminari di Taranto, il gruppo Riva, proprietario dell’Ilva, ha annunciato 1.400 esuberi nelle sue società;
   dal 12 settembre 2013 sono cessate tutte le attività dell'azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegnano (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco)e di servizi e trasporti (Riva energia e Muzzana);
   sebbene dette attività non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva e non hanno, quindi, alcun legame con le vicende giudiziarie riguardanti lo stabilimento Ilva di Taranto, tale decisione – si legge in una nota aziendale – si è resa «necessaria poiché il sequestro preventivo, ordinato dalla magistratura di Taranto e notificato a Riva acciaio lo scorso 9 settembre, sottrae all'azienda ogni disponibilità degli impianti e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo pertanto la normale prosecuzione operativa della società»;
   è ovvio che il fermo della produzione avrà ripercussioni drammatiche sull'occupazione nei settori collegati direttamente o indirettamente alle produzioni siderurgiche, oltre al tragico scenario della perdita di 1.400 posti di lavoro, soprattutto in questa fase di criticità socio-economica per il nostro Paese –:
   se e quali provvedimenti di propria competenza il Governo intenda urgentemente adottare per ripristinare l'immediata operatività del gruppo, al fine di garantire la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro e la ripresa dell'attività industriale. (3-00312)


   ZAN e DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel piano industriale vigente del Monte dei paschi di Siena, depositato preso l'Eba (Ente bancario europeo), del 19 dicembre 2012 sarebbe prevista una riduzione degli organici di circa 4.900 persone entro il 2015;
   di queste, 900 cessazioni sarebbero legate alla vendita di Biverbanca, 270 circa derivano da pensionamenti e 1.660 da esodi, 1.110 da esternalizzazioni del back office (destinate ad aumentare una volta reso pubblico il nuovo piano industriale sottoposto al vaglio di Almunia), che investono circa: 140 persone a Padova, 180 persone a Mantova, 110 persone a Milano, 160 persone a Siena, 160 persone a Roma, 180 persone a Lecce, 180 a Firenze;
   sono già stati licenziati 140 dirigenti a fronte di nuovi dirigenti assunti con contratti molto più onerosi, come risulta da fonti sindacali;
   nel piano industriale vigente è previsto che la cifra spesa per il servizio degli «esternalizzati» sia tra i 70 e gli 80 milioni di euro. Mentre il solo costo del lavoro esportato è di 90 milioni di euro, a cui bisogna aggiungere i costi di gestione (presumibilmente pari a 20-25 milioni di euro). L'eventuale azienda acquirente lavorerebbe, quindi, in perdita;
   non si prevedono sufficienti tutele in caso di fallimento o licenziamenti da parte dell'azienda prenditrice;
   l'unica garanzia efficace per i lavoratori «esternalizzati» sarebbe una lettera individuale di riassunzione in Monte dei paschi di Siena;
   a queste condizioni, a parere degli interroganti, l'esternalizzazione sembra più che altro un licenziamento delegato ad un altro soggetto;
   inoltre, questa è una vicenda che subisce aggiornamenti quotidiani e si prevede da parte dei sindacati che la ricaduta sul personale della banca sia destinata ad essere ancora più pesante. Si è, infatti, in attesa di conoscere i dati contenuti nel nuovo piano industriale (che ancora non è stato reso pubblico), che è già stato soprannominato un piano «lacrime e sangue» e che verrà approvato in consiglio d'amministrazione del Monte dei paschi di Siena in data 24 settembre 2013, sulla base delle nuove richieste che vengono dall'Europa per giustificare il prestito di circa 4 miliardi di euro fatto dallo Stato attraverso i «Monti bond» al Monte dei paschi di Siena –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per salvaguardare l'occupazione nei confronti del personale del Monte dei paschi di Siena individuato in esubero, in special modo per quello destinato all'esternalizzazione. (3-00313)


   DAMIANO, GRIBAUDO, GNECCHI, BELLANOVA, TARICCO, GREGORI, PARIS, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, INCERTI, MADIA, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, GIORGIO PICCOLO, SIMONI, ZAPPULLA, MARTELLA, ROSATO, DE MARIA, TULLO e GRASSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Guardia di finanza ha disposto per alcune società del gruppo Riva il blocco di beni, azioni e titoli per un valore di circa 1 miliardo di euro, nell'ambito del provvedimento di sequestro preventivo adottato dalla magistratura di Taranto nei mesi scorsi;
   il decreto di sequestro del giudice per le indagini preliminari di maggio 2013 prevedeva il sequestro di 8 miliardi di euro;
   quanto requisito in questi giorni va ad aggiungersi al miliardo e 200 milioni di euro che era stato individuato subito dopo l'adozione del decreto di maggio 2013;
   non c’è stato da parte della magistratura alcun nuovo atto e nel provvedimento di luglio 2013 veniva precisato che nella scelta dei beni che dovevano essere sequestrati andavano salvaguardati quelli necessari alla produzione dell'impianto siderurgico di Taranto;
   a seguito di tale provvedimento il gruppo Riva ha comunicato che cesseranno tutte le attività dell'azienda che non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva, tra cui quelle produttive di sette stabilimenti situati in Veneto, Lombardia e Piemonte;
   per tali impianti, che risultano competitivi, sono stati fatti recenti ed importanti investimenti, peraltro nel totale rispetto della tutela ambientale;
   la decisione del gruppo Riva comporta la sospensione delle prestazioni lavorative di circa 1.400 unità di personale che si ritrovano senza un lavoro;
   la scelta giustificata dai Riva come necessaria a seguito del blocco dei conti correnti assume carattere ricattatorio e determina una grave ed inaccettabile conseguenza sul piano occupazionale e produttivo in un settore strategico per il sistema industriale del Paese;
   la situazione sta creando preoccupanti tensioni sociali e si prospetta, pertanto, estremamente delicata anche da un punto di vista di ordine pubblico;
   il Governo è intervenuto per ben due volte, da ultimo con il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, per assicurare le condizioni per la continuità produttiva degli impianti del gruppo siderurgico –:
   quali misure di carattere urgente e immediato intendano adottare al fine di garantire la continuità occupazionale.
(3-00314)

Interrogazione a risposta scritta:


   ARTINI, SEGONI e BONAFEDE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da articoli di stampa locale (Nazione di Firenze, Corriere Fiorentino e Repubblica cronaca di Firenze) e siti internet è emerso che i dipendenti della Richard Ginori di Sesto Fiorentino e del calzaturificio Immagine di Figline Valdarno, ad otto mesi esatti dall'attivazione della cassa integrazione straordinaria non hanno ancora ricevuto alcun versamento da parte dell'Inps;
   il tribunale di Firenze ha decretato il fallimento di Richard Ginori 1735 Spa il 7 gennaio 2013. A seguito della procedura fallimentare la storica realtà di Sesto Fiorentino è passata di proprietà al gruppo Gucci che ha riassorbito 230 dei 305 dipendenti precedentemente occupati;
   i delegati Rsu Cobas della Richard Ginori hanno denunciato con un comunicato stampa rilanciato da agenzie di stampa e testate locali che «da otto mesi i lavoratori attendono i versamenti da parte dell'Inps della Cassa Integrazione Straordinaria»;
   gli ammortizzatori erano stati chiesti a partire dal 7 gennaio 2013, giorno del fallimento;
   sempre secondo la denuncia dei Cobas inizialmente mancava la firma del decreto da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che sarebbe arrivata solo successivamente;
   i primi pagamenti sarebbero stati effettuati all'inizio di settembre;
   il calzaturificio Immagine srl di Figline, che produceva con il marchio Valerio Valentini, ha sospeso le attività a luglio 2012;
   secondo notizie di stampa (Nazione di Firenze e Valdarnopost) e interventi pubblici della Filctem Cgil, con la messa in liquidazione è stata attivata la cassa integrazione straordinaria per i 23 dipendenti poi sospesa in quanto il tribunale di Firenze ha ammesso la società alla procedura di concordato preventivo;
   a gennaio sarebbe stata concessa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'attivazione di un nuovo periodo di cassa integrazione ma il primo pagamento da parte dell'Inps sarebbe stato effettuato ai dipendenti a settembre;
   sempre da notizie di stampa e da dichiarazioni della Filctem Cgil, si apprende che in autunno lo stabilimento dovrebbe essere rilevato dalla società «M.R. Srl» di Pian di Scò che produce borse per la griffe «Yves Saint Laurent». In quell'occasione dovrebbe essere discusso il ricollocamento di una decina di ex dipendenti Immagine;
   in entrambi i casi l'iter burocratico sarebbe stato espletato nelle modalità previste dalla normativa vigente, ma i pagamenti sarebbero stati effettuati con molti mesi di ritardo –:
   se le notizie riportate negli articoli citati in premessa corrispondano al vero e in caso affermativo, quale sia la ragione per la quale i dipendenti della Richard Ginori e del calzaturificio Immagine abbiano ricevuto il pagamento della cassa integrazione straordinaria che trova copertura nel bilancio sia nazionale che regionale, con così molti mesi di ritardo;
   se altre aziende si trovino nella stessa condizione delle due citate e quanti lavoratori in Toscana ma anche a livello nazionale ancora aspettino la prima mensilità, sebbene sia stato espletato l'iter burocratico.
   quale sia il tempo medio che trascorre dall'attivazione della cassa integrazione al primo versamento da parte dell'Inps, sia nel caso di quella straordinaria che di quella ordinaria;
   se il Ministro consideri soddisfacenti i tempi o se invece abbia intenzione di intervenire per sveltire le procedure e le modalità di versamento da parte dell'Inps e in caso di risposta affermativa, con quali modalità e con quali tempistiche.
   (4-01844)

RIFORME COSTITUZIONALI

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL GROSSO, VACCA, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI e CATALANO. — Al Ministro per le riforme costituzionali. — Per sapere – premesso che:
   la commissione per le riforme istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, presieduta dal Ministro Gaetano Quagliariello, si riunisce da domenica 15 a martedì 17 settembre a Francavilla al Mare, in provincia di Chieti;
   lo scopo è quello di concentrare il lavoro della commissione in tre giorni, e finire con un mese di anticipo la relazione da consegnare al Governo e metterla a disposizione delle Camere. Si tratta di un documento non vincolante: i testi delle riforme saranno scritti dal Comitato parlamentare bicamerale dei 40 che è in via di istituzione con la legge costituzionale approvata in prima lettura dalle Camere. Di certo, la predetta relazione rappresenterà un parere autorevole, che in Parlamento potrà essere usato come traccia di lavoro, una specie di «road map legislativa», cercando di indicare nelle diverse opzioni di riforma i diversi effetti che esse avranno nel contesto sociale ed economico;
   palcoscenico della reunion istituzionale sarà un bellissimo hotel 4 stelle superior «con spa completamente attrezzata» in una località di villeggiatura a Francavilla al Mare in provincia di Chieti;
   la spesa complessiva dei tre giorni di ritiro, con vista sul mare d'Abruzzo, si aggira a circa 20 mila euro –:
   come mai il Governo dell'emergenza nazionale sponsorizzi un albergo di lusso, considerato che una sede istituzionale sarebbe stata indiscutibilmente più appropriata per la conclusione dei lavori rispetto ad una struttura propriamente turistica, risparmiando l'intera somma che graverà sulle tasche dei cittadini.
   (4-01848)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOREFICE, CECCONI, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, MANTERO, BARONI, GRILLO e DI VITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 24 luglio 2008 nel quartiere Eur di Roma a seguito della demolizione per implosione del velodromo costruito negli anni ’60 si sprigionava una enorme nube di polveri che si diffondeva in un'ampia area residenziale, senza un preventivo monitoraggio ambientale;
   dalla relazione concluda pubblicata dall'ASL RMC, successivamente alla bonifica dell'area, è emerso che dei 4.535 chilogrammi di materiali in cemento amianto rinvenuti nell'area almeno 130 chilogrammi sono sicuramente coinvolti nell'implosione con la conseguenza che vi è stata certamente dispersione di amianto nell'aria;
   le malattie da amianto si manifestano anche diversi anni dopo l'esposizione allo stesso, e i cittadini all'epoca residenti nell'area vivono tutt'oggi con la paura di potersi ammalare –:
   se il Ministro interrogato intenda promuovere, per quanto di competenza, una indagine epidemiologica finalizzata al controllo dello stato di salute dei cittadini anche all'epoca dei fatti residenti nella zona limitrofa all'ex velodromo, al fine di garantire agli stessi il diritto costituzionale alla salute. (5-01020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta all'interrogante, l'Associazione Starbene in Ambiente Sano (S.A.S.) avrebbe commissionato alla Nuova Ecologia S.r.l. una indagine ambientale sulla presenza di diossine presso il comune di Spinadesco (CR) e il comune di Cremona (CR) – frazione Cavatigozzi;
   sarebbero stati analizzati tre campioni di terreno riferiti ad aree di rilevante interesse per la comunità (un asilo nido, un parco pubblico e una zona verde) ed un campione costituto da 6 uova fresche provenienti da un allevamento locale, dove i polli si nutrono liberamente dell'erba e degli insetti che trovano nella zona;
   tutti i valori riscontrati risulterebbero conformi alla normativa in materia, sebbene la presenza nel suolo di congeneri delle diossine sarebbe stata rilevata in tutti i campioni analizzati;
   a destare preoccupazione sarebbero invece i valori riscontrati nel campione di uova fresche, perché secondo quanto riportato dall'indagine, superiori ai «limiti previsti nell'allegato al REG (UE) n. 1259/2011 che fissa i tenori massimi per il parametro somma di diossine e PCB diossina-simili in 5,0 pg/g (di sostanza grassa)»;
   la diossina, prima che sul terreno, tende a depositarsi sull'erba, per questo i polli sono considerati ottime «sentinelle» in caso di presenza della sostanza tossica;
   gran parte dell'esposizione umana alle diossine avviene attraverso il consumo di alimenti come pesce, uova, latte, carne, formaggi e burro, per questo, come riportato nella ricerca succitata, «Si ritiene possa essere utile, al fine di verificare l'effettiva presenza di diossine nell'ambiente circostante, l'effettuazione di una campagna d'indagine volta alla ricerca analitica dei congeneri delle diossine nelle matrici alimentari locali [...]»;
   a Cremona alcune patologie tumorali (cancro al polmone, alla mammella e allo stomaco) sono particolarmente diffuse –:
   se, nell'ambito di competenza, si intenda avviare un'ampia ed accurata indagine epidemiologica al fine di salvaguardare la salute pubblica. (4-01839)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, BECHIS, DELLA VALLE, CHIMIENTI, DADONE e BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   durante il tradizionale Palio di Asti in programma domenica 15 settembre 2013 il cavallo del rione di Santa Maria Nuova è rimasto ucciso durante la partenza inciampando sul canapo, la corda di delimitazione dell'area di avvio della corsa, e spezzandosi il collo, come è stato accertato, durante la sua rovinosa caduta. L'incidente è avvenuto nella prima delle tre batterie previste, alle quali prendono parte sette cavalli ognuno in rappresentanza delle ventuno contrade sfidanti, davanti ad almeno 5 mila persone sugli spalti e ad oltre 50 mila persone assiepate nella piazza centrale da dove si era da poco conclusa la sfilata storica dei 1.500 figuranti. Dopo l'incidente il consiglio del Palio, riunitosi nella sede del municipio di Asti, ha deciso di rinviare il Palio al giorno successivo anche per ragioni meteorologiche;
   questi spettacoli, che mantengono viva un'antica tradizione risalente addirittura al medioevo e alla nascita dei primi comuni liberi d'Italia, vanno regolati con norme più stringenti in materia di sicurezza, tutela e benessere degli animali che rappresentano la componente più fragile e indifesa di queste rappresentazioni di rievocazione storica. I numerosi incidenti di questi ultimi anni — come quelli che hanno riguardato «Django De Vere» il cavallo deceduto durante l’Endurance LifeStyle Sardegna disputata ad Arborea, in provincia di Oristano, il 31 agosto 2013 oppure «Scheggia nel vento», la cavalla deceduta durante le prove della Quintana di Foligno il 17 agosto 2013 — hanno dimostrato i limiti delle attuali disposizioni volte a garantire la sicurezza, la tutela e il benessere degli animali in questo tipo di manifestazioni. Infatti, qualsiasi tipo di iniziativa a tutela degli animali si scontra contro l'eccessivo antagonismo delle contrade e l'enorme giro di affari che ruota intorno a questo tipo di esibizioni, che spingono molti partecipanti, come è stato ampiamente dimostrato, a dopare e a trattare farmacologicamente i loro cavalli per aumentarne le prestazioni fisiche;
   il Ministro della salute ha di recente prorogato, con modificazioni, l'ordinanza «contingibile ed urgente del 21 luglio 2009 concernente la disciplina di manifestazioni popolari pubbliche o private nelle quali vengono impiegati equidi, al di fuori degli impianti e dei percorsi ufficialmente autorizzati», con norme più severe per la tutela degli animali durante i palii tradizionali, prevedendo stringenti requisiti tecnici e condizioni essenziali per la tutela dell'incolumità pubblica e del benessere degli animali tra cui, all'articolo 3, il divieto di somministrazione di sostanze ad azione dopante;
   occorre verificare se la suddetta ordinanza sia stata rispettata durante il tragico evento di Asti. In particolare, se sia stata rispettata la disposizione contenuta alla lettera a) dell'allegato A, laddove si stabilisce che «Il tracciato su cui si svolge la manifestazione deve garantire la sicurezza e l'incolumità dei fantini, dei cavalieri e degli equidi nonché delle persone che assistono alla manifestazione ed è adeguatamente delimitato al fine di evitare la fuga degli animali», in quanto è abbastanza evidente la totale inadeguatezza dell'utilizzo del canapo, che ha causato la rovinosa caduta del cavallo, nel procedere all'avvio della gara;
   la Lega Anti Vivisezione ha già annunciato che presenterà una denuncia per la morte del cavallo, affinché siano accertate le responsabilità oggettive e soggettive di questa ennesima assurda morte –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per impedire il ripetersi di episodi tragici di questo tipo e per migliorare la tutela della salute e del benessere degli animali costretti in questo tipo di manifestazioni. (4-01842)


   LOCATELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 maggio 2013, il Senato ha approvato il testo di legge «Disposizioni urgenti in materia sanitaria», che dispone che chi ha già iniziato il trattamento con il «metodo Stamina» può continuarlo «sotto la responsabilità del medico prescrittore», e prevede l'avvio di una sperimentazione di 18 mesi – a partire dal 1o luglio – per la quale sono stati stanziati fino a 3 milioni di euro;
   lo studio clinico, atto a verificare se il trattamento sia davvero efficace, è promosso dal Ministero della salute che si avvale della collaborazione dell'Agenzia italiana del farmaco e del Centro nazionale trapianti ed è coordinato dall'Istituto superiore di sanità, «in deroga alla normativa vigente», ma con l'unico paletto della sicurezza dei pazienti nella preparazione delle linee cellulari;
   l'atto normativo prevede la sperimentazione della metodica Stamina su un numero limitato di malati per 18 mesi;
   è stato verificato che non esiste nel brevetto di cui parlano i propugnatori del metodo, alcuna descrizione di novità scientificamente rilevanti, pertanto non è stato approvato;
   attualmente le infusioni praticate secondo detta metodica sono effettuate solo su ordine dei tribunali, nonostante il blocco effettuato dall'AIFA (Agenzia italiana del farmaco) e il parere negativo degli esperti di un organismo ministeriale tecnico, l'ISS (Istituto superiore di sanità);
   la comunità scientifica internazionale si è espressa unanimemente contro tale sperimentazione in assenza di dati preclinici ed evidenze scientifiche;
   sul Corriere della Sera di sabato 31 agosto 2013 erano riportati i contenuti di una lettera firmata da Davide Vannoni, in cui egli dichiarava che una casa farmaceutica sarebbe proprietaria del «metodo Stamina», pertanto coperto da segreto industriale;
   il 29 agosto 2013 si è riunita, presso l'Istituto superiore di sanità, la commissione di esperti chiamati a stilare una relazione sul «metodo Stamina» per la Ministra;
   in data 11 settembre è emersa la notizia che il comitato tecnico-scientifico, nominato dalla Ministra, ha espresso parere negativo sul «metodo Stamina», affermando che non ha fondamento scientifico –:
   quando sarà reso noto il parere della Commissione di esperti;
   quando comunicherà le decisioni che intende assumere come conseguenza di tale parere;
   come intenda adempiere in virtù del suo mandato al rispetto delle norme in vigore e alla tutela della salute;
   se ritenga che le somme stanziate possano essere ora trasferite e impiegate a beneficio della ricerca scientifica. (4-01845)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   LA RUSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre 2013 il gruppo siderurgico Riva, proprietario dell'Ilva, ha annunciato la cessazione immediata dell'attività in sette siti produttivi, in cui sono impiegati circa 1400 lavoratori, in seguito al sequestro di circa novecento milioni di euro effettuato a carico dell'azienda nei giorni precedenti dalla Guardia di finanza su ordine della magistratura di Taranto;
   in un comunicato diramato dall'azienda la stessa dichiara che il provvedimento si sarebbe reso necessario perché tale sequestro preventivo, «sottrae all'Azienda ogni disponibilità degli impianti – che occupano oggi circa 1.400 addetti – e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo pertanto la normale prosecuzione operativa della Società»;
   le attività dell'azienda interessate dal blocco sono quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti), che non rientrano nel perimetro gestionale dell'Ilva e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto;
   Riva Acciaio ha reso nota la sua intenzione di impugnare il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e poi esteso al patrimonio dell'azienda; Confindustria ha espresso preoccupazione in merito al citato blocco delle attività, dichiarando in una nota che «il fermo della produzione avrà un impatto negativo sull'occupazione e su tutti i settori direttamente e indirettamente collegati alle produzioni siderurgiche, peraltro in una fase particolarmente delicata per la nostra economia»;
   appare evidente la gravità di un provvedimento che lascia senza lavoro 1.400 addetti e che si ripercuoterà, inevitabilmente, anche sulle aziende che operano nell'indotto, e, nell'immediato, in particolare sulla impossibilità per le aziende fornitrici del gruppo di contabilizzare le fatture relative a prodotti già forniti;
   il decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, ha qualificato come stabilimenti di interesse strategico nazionale tutti gli impianti siderurgici della società ILVA S.p.A., e non solo quello di Taranto, creando in tal modo le condizioni per il loro commissariamento ai sensi del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di garantire l'attività industriale e di tutelare i lavoratori colpiti, se del caso dando il via al commissariamento, come previsto dal decreto-legge sull'Ilva recentemente convertito dal Parlamento. (3-00306)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELLEGRINO, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, PANNARALE, MATARRELLI, PALAZZOTTO, ZARATTI, SANNICANDRO, SCOPELLITI, GADDA, ROSATO, LATRONICO, MANNINO, TERZONI, CASSANO, DI SALVO, FAVA, BRATTI, RIZZETTO, PRODANI, MATARRESE, NARDI, PIAZZONI, NICCHI, COSTANTINO, LACQUANITI, LAVAGNO e RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia ha deciso, dallo scorso settembre 2011, di sopprimere i treni notturni diretti nord-sud, patrimonio storico della comunità nazionale, provocando così la perdita del posto di lavoro di tutti gli 800 addetti a questo servizio;
   questa decisione, che privilegia l'alta velocità ed i treni a maggior costo per l'utenza, costituisce una inaccettabile riduzione del servizio pubblico, in un settore in cui la domanda da parte dell'utenza non è mai diminuita, costringendo gli utenti e le loro famiglie a dover sostenere maggiori e gravose spese per effettuare diversi cambi di treno, a prezzi di biglietto sempre più elevati, e a orari di più difficile gestione;
   in particolare, per la comunità del Monfalconese (Gorizia) dove la presenza di emigranti di provenienza dal Sud di Italia è prevalente, questa decisione costituisce un'offesa e un danno alle tante famiglie di lavoratori e studenti di origine di altre zone d'Italia, e a tutti coloro che per ragioni anche familiari, o di semplice vacanza, sono soliti viaggiare da un capo all'altro della penisola;
   ridurre le linee ferroviarie significa limitare il diritto di scelta dei cittadini alle forme di mobilità, incentivando un uso ancora più smodato del mezzo privato, o assoggettando di fatto le persone a ricorrere alle compagnie aeree che spesso praticano già costi elevati e che potrebbero aumentarli in assenza di concorrenza con il servizio treni notte;
   Trenitalia, per quanto risulta agli interroganti, non ha neppure previsto di migliorare le linee ferroviarie che collegano comunque i capoluoghi di provincia del Friuli Venezia Giulia, con Venezia Mestre e da lì con il resto d'Italia;
   la Costituzione italiana, così come le altre Costituzioni degli Stati di democrazia liberale, garantisce la libertà di circolazione (si veda l'articolo 16 della Costituzione, secondo cui: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvi gli obblighi di legge»);
   l'Unione europea è nata intorno ad alcuni grandi principi ed obiettivi, fra i quali va evidenziato, nell'ottica della costruzione di un mercato concorrenziale delle merci e delle prestazioni lavorative, il principio della libertà circolazione di merci e persone nel territorio degli Stati membri. Nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ora incorporati nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, la libertà di circolazione è garantita all'articolo II-105 (che recita: «Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro») –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare per sostenere il ripristino dei treni notte, anche d'intesa con i sindaci delle città interessate al percorso dei medesimi treni, tra cui quelli di Trieste (Udine che converge su Cervignano, Pordenone su Venezia e Gorizia su Monfalcone), Venezia, Bari, Lecce, Palermo, Reggio Calabria, e Catania;
   se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di consentire il perseguimento di tale citato obiettivo anche coinvolgendo le regioni interessate dal percorso dei treni notte, tra cui la regione Friuli Venezia Giulia, la regione Veneto, la regione Puglia e la regione Sicilia;
   quali iniziative urgenti saranno assunte dal Governo per la tutela dei lavoratori già impiegati al servizio dei treni notte, soprattutto in questa fase difficile dell'economia nazionale;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere, in tutte le sedi necessarie possibili, per consentire la revisione degli orari di collegamento tra Monfalcone e Venezia Mestre, per ottenere un regime più agevole delle coincidenze e dei collegamenti tra le linee dai capoluoghi di provincia del Friuli Venezia Giulia e del resto d'Italia;
   quali iniziative si intendano assumere per riqualificare i fondamentali nodi intermodali di Monfalcone e Cervignano e le loro stazioni ferroviarie;
   quali iniziative saranno adottate dal Governo per promuovere un tavolo di confronto con Trenitalia e la regione Friuli Venezia Giulia. (5-01016)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARTINI e SEGONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Gruppo Alimentare in Toscana spa è nato nel 2005 dalla fusione del Salumificio Bechelli spa e di AmiataSalumi srl, due storiche aziende nel panorama toscano;
   Grandi Salumifici Italiani (GSI), gruppo di Modena leader nella produzione e vendita di prodotti tipici della tradizione gastronomica italiana, nel 2009 è entrato come socio di maggioranza al 60 per cento nel Gruppo Alimentare in Toscana (GAIT), che ha sede a Ruota al Mandò, nel comune di Reggello (Firenze);
   Gruppo Alimentare in Toscana è un'azienda conosciuta in tutta Italia e una delle realtà produttive toscane più importanti nel settore agro-alimentare. Produce nei due stabilimenti di Reggello e di Fornacina (Santa Fiora sull'Amiata);
   a fine giugno 2013 Grandi Salumifici Italiani ha presentato alle organizzazioni sindacali il piano industriale 2013-15. Secondo quanto riferito dai sindacati il piano prevedrebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro di investimenti sullo stabilimento di Reggello entro il 2014, con la produzione che rimarrebbe articolata sempre su quattro linee;
   GSI avrebbe contestualmente previsto entro il 2014 l'esubero di 90 dei 252 dipendenti, che attualmente lavorano a Reggello;
   una trentina dei 252 lavoratori di Reggello sono attualmente interessati da contratti di solidarietà e lavorano a rotazione;
   allo stesso tempo GSI ha previsto di trasferire i volumi prodotti nello stabilimento di Fornacina nello stabilimento di Bagnore, con i lavoratori che verrebbero riassorbiti nel nuovo sito produttivo –:
   se i Ministri interrogati siano stati informati della vertenza in atto;
   se le notizie riportate in premessa corrispondano a verità;
   se piani industriali analoghi siano stati presentati da GSI negli altri stabilimenti presenti in Italia;
   se sia stata chiesta dalle organizzazioni sindacali e/o dalla regione l'attivazione di un tavolo ministeriale per la vertenza del Gruppo Alimentare in Toscana e, in caso di risposta negativa, se il Ministro dello sviluppo economico non ne reputi necessaria l'attivazione;
   quali azioni intendano intraprendere i Ministri a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e per scongiurare l'ennesimo dramma sociale nella provincia di Firenze. (4-01840)


   ARTINI e SEGONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento Pirelli è presente a Figline Valdarno dagli anni ’60 e produce cordicelle metalliche per pneumatici, con quasi 400 lavoratori;
   il settore cordicella metallica («Steel Cord») del Gruppo Pirelli ha il centro direzionale a Figline Valdarno e la produzione suddivisa in cinque stabilimenti fra Italia, Turchia, Germania, Brasile e Romania (lo stabilimento più recente);
   la cordicella metallica viene venduta anche ad importanti concorrenti come Goodyear e Continental;
   la Pirelli rappresenta storicamente il volano dell'economia Valdarnese e uno degli stabilimenti produttivi più importanti della provincia di Firenze;
   nel 2010 è stata aperta una procedura di mobilità per 44 addetti, poi modificata per 38 lavoratori, con priorità per i dipendenti pensionabili;
   a metà maggio 2013 la direzione Pirelli ha comunicato alle organizzazioni sindacali che la produzione di steelcord non rientra più nei piani aziendali, annunciando la ricerca di nuovi partner commerciali e produttivi;
   da notizie di stampa estera emerge come sia in atto una trattativa con l'azienda sud-coreana Hyosung, interessata (a rilevare proprio) alla divisione dei materiali di rinforzo, Pirelli Steel Cord;
   secondo fonti sindacali, ci sarebbero altri tre interessamenti da parte di concorrenti europei e di fondi di investimento;
   il tavolo aperto in regione Toscana ha dato «esiti negativi» come ha sottolineato l'assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini;
   la provincia di Firenze ha annunciato a giugno che «si attiverà congiuntamente alla Regione e al Comune di Figline per la creazione di un Tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico e per monitorare gli sviluppi in merito al futuro dello stabilimento di Figline e dei 390 lavoratori impiegati nel sito» –:
   se sia stato attivato un tavolo di trattativa presso il Ministero e con quali risultati;
   se siano stati incontrati i vertici aziendali, le organizzazioni sindacali e i rappresentanti istituzionali del territorio;
   se risultino veritiere le notizie riportate dalla stampa in merito ad una trattativa in atto con Hyosung;
   se risultino veritieri gli altri tre interessamenti, che riguarderebbero anche realtà concorrenti europee;
   quali azioni intenda intraprendere per la salvaguardia dello stabilimento produttivo di Figline Valdarno e degli attuali livelli occupazionali. (4-01841)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Giancarlo Giordano e altri n. 1-00119, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Basso.

  La mozione Carfagna e altri n. 1-00165, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Russo.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Pastorelli n. 7-00089, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Matarrese.

  La risoluzione in Commissione Realacci e altri n. 7-00090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zan, Ragosta.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lenzi e altri n. 5-00920, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valiante.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Quartapelle Procopio n. 7-00092, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 76 del 12 settembre 2013.

   La III Commissione,
   premesso che:
    nel settembre del 2000 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato gli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), sottoscritti dai 191 membri delle Nazioni Unite, tra cui l'Italia, come impegni per la comunità internazionale sui quali improntare l'azione di aiuto pubblico allo sviluppo e che da allora rappresentano il più importante quadro di orientamento per la cooperazione internazionale allo sviluppo;
    si tratta di 8 obiettivi generali che l'intera comunità internazionale si è impegnata a raggiungere entro l'anno 2015: sradicare la povertà estrema e la fame; garantire l'educazione primaria universale; promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'HIV/AIDS; garantire la sostenibilità ambientale; sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo;
    a meno di 1000 giorni dalla data fissata per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, il 1o luglio 2013 è stato presentato a New York il Millennium Development Goals Report 2013, il quale dà conto dei progressi compiuti nel raggiungimento di molti dei target fissati, e soprattutto dei gap che separano dalla meta finale. L'obiettivo di dimezzare la povertà estrema è stato raggiunto: la povertà estrema (legata al reddito) è scesa da oltre 2 miliardi di persone (47 per cento) nel 1990 a meno di 1,4 miliardi di persone (24 per cento) nel 2008. Dal 2010, la povertà legata al reddito è diminuita in tutte le regioni in via di sviluppo nel mondo, inclusa l'Africa subsahariana, che registra ancora i tassi più elevati. L'obiettivo di accesso sostenibile all'acqua potabile è stato ugualmente raggiunto e i miglioramenti delle condizioni di vita dei 200 milioni di abitanti delle baraccopoli hanno superato l'obiettivo corrispondente. Altri obiettivi sono a buon punto, come la fame, la nutrizione e la parità di genere nell'educazione primaria, mentre l'ineguaglianza di genere persiste in generale e le donne continuano a subire discriminazioni;
    in vista del 2015, il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha ricevuto, nel corso del vertice sugli OSM del 2010, l'incarico di lanciare un processo consultivo su un quadro di riferimento per il periodo post-2015. Le Nazioni Unite stanno lavorando in collaborazione con i Governi, la società civile e altri partner alla messa a punto di un'agenda per lo sviluppo post-2015, che tenga conto delle acquisizioni e delle lezioni fin qui apprese e che continui, nel solco tracciato dal vertice di sviluppo del millennio, nella ricerca di prosperità, equità, dignità e pace per tutti;
    in questa prospettiva l'appuntamento dell'Expo 2015 a Milano, dedicato al tema «Nutrire il Pianeta, energia per la vita», può essere colta dal nostro Paese per proporre in quella sede una iniziativa internazionale di riflessione e confronto che ospiti gli esponenti delle Nazioni Unite e i Governi ai fini dell'elaborazione di un'agenda post-2015 per gli obiettivi del millennio;
    i settori della sicurezza alimentare, dello sviluppo rurale, dell'agricoltura e della nutrizione sono, peraltro, da sempre prioritari per la cooperazione italiana che ha avuto, anche nel tempo, soluzioni e approcci innovativi e rivolge attenzione particolare alle tematiche di genere e all'empowerment delle donne, alla promozione della piccola e media impresa, all'intensificazione sostenibile dell'agricoltura e della zootecnia, a un approccio di filiera o geografico (area-based), alle questioni commerciali, nutrizionali e sociali generalmente collegate all'agricoltura e allo sviluppo rurale;
    Roma è la sede delle principali organizzazioni delle Nazioni Unite che si occupano di sicurezza alimentare, agricoltura e sviluppo sostenibile, quali l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), il programma alimentare mondiale (WFP) e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), alle quali ci si riferisce anche come il polo agro-alimentare romano;
    la III Commissione della Camera dei deputati ha avviato nel 2008 un'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del millennio, conclusasi nel 2011, il cui documento conclusivo ha evidenziato lo scostamento del nostro Paese dagli impegni internazionali in tema di destinazione di una percentuale sufficiente di prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo (0,19 per cento a fine 2007 a fronte della media dello 0,28 dei Paesi OCSE) di eccessivo sbilanciamento della cooperazione italiana verso il canale multilaterale (circa il 68 per cento a fine 2007) e, a livello generale, ha riscontrato un'elevata frammentazione degli aiuti e una marcata imprevedibilità delle risorse reperite per la cooperazione allo sviluppo a causa, soprattutto, dell'inadeguatezza dell'attuale legislazione a riguardo;
    a questo riguardo, lo sforzo per una riforma ampia, organica e innovativa della cooperazione italiana rimane urgente; d'altra parte, un testo di legge di riforma era stato approvato nella precedente legislatura dalla Commissione esteri del Senato e nell'attuale lo stesso testo è stato di nuovo incardinato nell'altro ramo del Parlamento, in attesa però di un testo governativo che tarda ad arrivare;
    è in corso la periodica Peer Review dell'OCSE sulla efficacia e sull'adeguatezza del nostro sistema di cooperazione internazionale e già si sa che, oltre a ricevere nuovamente l'invito a concludere il processo di riforma della normativa oramai antiquata, l'Italia dovrà constatare di essere ancora lontana dal raggiungere la quota dello 0,7 per cento del reddito nazionale destinato agli aiuti, impegno preso dal Governo italiano a livello internazionale nel 2005, dal momento che nel 2012 il nostro Paese ha investito in assistenza ufficiale allo sviluppo solo lo 0,13 per cento;
    pur avendo il documento di economia e finanza previsto un percorso di graduale riallineamento agli standard internazionali, esistono timori che la legge di stabilità possa tornare indietro rispetto al piccolo ma politicamente significativo incremento dei fondi avvenuto lo scorso anno, mentre è essenziale, per la credibilità dell'Italia, che venga continuato quel percorso di riallineamento e venga rilanciata l'azione di cooperazione internazionale;
    il raggiungimento degli obiettivi del millennio entro la scadenza del 2015, non è solo un imperativo etico di solidarietà verso chi è più svantaggiato ma anche un investimento strategico, per tutti coloro che vi concorrono, a favore della pace, della stabilità e sicurezza a livello globale,

impegna il Governo:

   a verificare attivamente la possibilità che si organizzi in seno ad Expo 2015 uno spazio di riflessione e confronto tra gli esponenti delle organizzazioni internazionali e dei Governi che sia un momento conclusivo del dibattito sulla definizione dei futuri obiettivi di sviluppo del millennio, che sancisca, in linea con l'orientamento prevalente in sede internazionale e in particolare in ambito UE, il collegamento di questi con i seguiti della Conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile (nel cui ambito andranno definiti i cosiddetti obiettivi di sviluppo sostenibile), che si svolgerà nel corso di quello stesso anno;
    a ribadire la necessità che nelle sedi internazionali si rafforzi l'applicazione dei principi di coerenza ed efficacia degli aiuti, nel solco degli obiettivi del millennio, proponendo forme di razionalizzazione e coordinamento tra le azioni dei diversi donatori e aumentando il monitoraggio degli interventi, l'analisi dei risultati e dell'impatto effettivo sullo sviluppo, anche al fine di innalzare l'ancora insufficiente grado di trasparenza e accountability dell'aiuto pubblico internazionale;
   a mantenere la concentrazione già in atto su alcuni specifici settori e obiettivi, nonché su alcuni Paesi mantenendo la leadership e l'attenzione nel campo della sicurezza alimentare sia con il rilancio del polo alimentare a Roma, che con lo sviluppo delle tematiche di Expo 2015;
    a mantenere nella prossima definizione della legge di stabilità l'impegno al graduale riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano agli standard internazionali escludendo in ogni caso una riduzione delle risorse destinate a questo fine sui due principali canali di finanziamento esistenti (legge di bilancio e decreto missioni internazionali) rispetto a quelle stanziate lo scorso anno e anzi provvedendo all'atteso e necessario graduale incremento;
    a favorire, per quanto di competenza, la definizione di una riforma organica della legge sulla cooperazione allo sviluppo portando avanti l'iniziativa governativa annunciata ovvero collaborando con il Parlamento nell’iter di indispensabile definizione di una normativa innovativa e moderna del settore;
    ad assicurare comunicazioni periodiche al Parlamento in materia di aiuto pubblico allo sviluppo attraverso una definizione degli indirizzi strategici e delle priorità di azione, una programmazione pluriennale degli investimenti, un puntuale rendiconto delle risorse stanziate e dei risultati operativi conseguiti, così da garantire una valutazione della coerenza e dell'efficacia delle politiche in materia di cooperazione allo sviluppo e, più in generale, di promozione degli obiettivi di sviluppo del millennio.
(7-00092) (nuova formulazione) «Quartapelle Procopio».

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Balduzzi n. 2-00194, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 71 del 5 settembre 2013.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nel 2007 è stata definitivamente dismessa dall'Esercito la Cittadella di Alessandria, complesso monumentale di straordinaria importanza per significato storico, pregio architettonico e paesaggistico, appartenente al Demanio dello Stato e attualmente in attesa di nuova destinazione;
   a riprova del valore e dell'assoluta rilevanza internazionale del sito, attestata da Giovanni Spadolini già nel 1991, si ricorda che lo stesso era stato inserito sin dal 2006 nella «tentative list» italiana presso l'UNESCO per una possibile candidatura alla Lista del Patrimonio dell'Umanità, ai sensi della Convenzione di Parigi del 1972;
   inoltre lo stesso sito è stato oggetto nel corso degli anni da iniziative di studio, sensibilizzazione e promozione promosse da numerose istituzioni culturali tra cui ICOMOS, Italia Nostra, Legambiente, SIPBC, FAI, nonché dal Politecnico di Torino, dall'Università del Piemonte Orientale «A. Avogadro» e da altre realtà associative locali;
   ai fini dell'avvio della progettazione degli interventi di valorizzazione, nel 1997 era stato istituito ed ha operato fino al 2006 un Comitato per la Valorizzazione della Cittadella, composto da comune e provincia di Alessandria, regione Piemonte con la sua società Finpiemonte e Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria;
   tale comitato ha sempre operato d'intesa e in stretta collaborazione con gli uffici periferici del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con le Forze Armate e con l'Agenzia del demanio;
   contestualmente alla complessa fase di progettazione (metaprogetto, studio di fattibilità, progetto di recupero del parco dei bastioni, avvio del concorso internazionale di idee per la destinazione complessiva, studio preliminare per un museo nazionale di storia dell'esercito), finanziata dal Ministero dell'economia e delle finanze e dagli enti locali, erano state poste le premesse tecniche per la convocazione di una conferenza di servizi e la successiva stipula di un accordo di programma tra tutte le amministrazioni interessate, sulla falsariga di quanto realizzato con successo per il recupero e la valorizzazione dell'omologa realtà della Reggia e del parco della Venaria Reale;
   a partire dal 2007 le iniziative per la valorizzazione del complesso sono state invece assunte e direttamente gestite esclusivamente dal comune di Alessandria, che ha chiesto e ottenuto in custodia il complesso monumentale, aprendolo al pubblico in occasione di manifestazioni e iniziative di varia natura e finalità, in collaborazione con diverse associazioni locali;
   la situazione di dissesto finanziario del comune rende però impossibile anche la prosecuzione di tale modalità, che peraltro non ha portato a significativi e duraturi risultati in termini di effettivo recupero, restauro e valorizzazione, avendo per contro determinato per alcuni anni la sospensione di ogni iniziativa di concertazione e cooperazione interistituzionale a ciò finalizzata;
   in attesa di ulteriori sviluppi e nonostante alcune lodevoli iniziative di consolidamento operate dai vigili del fuoco e dalle istituzioni locali, i numerosi edifici e bastioni del complesso sono a forte rischio di grave e forse irreparabile degrado; inoltre l'assenza di strumenti adeguati e di vigilanza a fini di tutela dell'area di rispetto potrebbe consentire la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi nelle immediate adiacenze dell'area monumentale;
   l'articolo 27, comma 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici»), ha modificato il decreto-legge n. 351 del 2001, introducendovi l'articolo 3-bis che prevede la realizzazione di «Programmi unitari di valorizzazione territoriale» per il recupero e la gestione degli immobili e siti storici demaniali a rischio di degrado;
   tali programmi si fondano sulla cooperazione istituzionale, la copianificazione e la leale collaborazione, e infatti sono previsti a tal fine accordi di cooperazione con il Ministero per i beni e le attività culturali per supporto alla formazione del programma, ogniqualvolta debba essere verificata la compatibilità con le procedure di tutela dei beni culturali coinvolti, in particolare sotto il profilo dei vincoli posti alle possibilità di riutilizzo e trasformazione, in perfetta coerenza con le norme generali di tutela di cui al Codice dei beni culturali;
   è stata anche regolata l'istituzione di «sedi stabili di concertazione» tra i diversi livelli istituzionali, le quali devono assicurare coordinamento, armonizzazione, coerenza e riduzione dei tempi delle procedure di pianificazione, che devono svolgersi in tempi certi. Le modalità operative, intese alla promozione di iniziative di sviluppo economico e coesione sociale, prevedono che, se sono coinvolti immobili dello Stato, il potere d'impulso spetti al Ministero dell'economia e delle finanze (Agenzia del demanio), che ne concorda le modalità con il Ministero utilizzatore;
   le disposizioni succitate prevedono altresì la stipula di un accordo di programma, finalizzato alla promozione di iniziative che devono essere di sviluppo economico e coesione sociale, e non solo di mera conservazione –:
   se siano a conoscenza della situazione sopra descritta e se ritengano di adottare ogni utile iniziativa di competenza per salvaguardare e valorizzare il complesso monumentale, attivando lo strumento previsto dal sopra richiamato articolo 27 del decreto-legge n. 201 del 2011, con il concorso e la partecipazione attiva delle istituzioni regionali e locali, delle associazioni di volontariato culturale e della società civile;
   se si ritenga possibile, a fini di promozione e sensibilizzazione, inserire il sito storico della Cittadella e quanto rimane del campo trincerato di Alessandria, con i tre forti minori e la vicina area della Battaglia di Marengo (1800), evento fondamentale per la storia europea, tra i siti candidati all'inserimento nel Patrimonio comune europeo, nonché all'inserimento nella Lista dei beni culturali oggetto di «Protezione rafforzata» (ai sensi del Protocollo aggiuntivo del 1999 alla Convenzione dell'Aja del 1954), recentemente istituita presso l'UNESCO.
(2-00194) «Balduzzi, Dellai».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Fitzgerald Nissoli n. 4-01595 del 6 agosto 2013;
   interpellanza urgente Brunetta n. 2-00210 del 13 settembre 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale Galgano n. 3-00156 del 1o luglio 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01837;
   interrogazione a risposta scritta Pellegrino e altri n. 4-01100 del 2 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01016.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2013, alla pagina 4808, seconda colonna, dopo la riga undicesima inserire:
   De Lorenzis  4-01543,

  conseguentemente la riga ventunesima deve intendersi soppressa.

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2013, alla pagina XXXV, seconda colonna, le righe dalla diciottesima alla quarantaseiesima devono intendersi soppresse, inoltre si intendono soppresse le righe dalla prima alla trentottesima della pagina XXXVI, prima colonna e, contestualmente devono essere inserite le seguenti:

   DE LORENZIS, TERZONI, D'UVA, SCAGLIUSI, PARENTELA, D'INCÀ, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, NICOLA BIANCHI, LIUZZI e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate dalla stampa apprendiamo che giorno 27 luglio 2013 alle ore 10.36 è entrata dalle bocche del Lido di Venezia la nave Carnival Sunshine delle Carnival Cruise Lines, bandiera Bahamas, tonnellate di stazza lorda 101.353, 272 metri di lunghezza, 35 metri di larghezza e 62 metri di altezza, diretta alla stazione Marittima, dove si è ormeggiata alle ore 12.06, alla banchina Ve117;
   diverse testimonianze tra cui l'assessore all'ambiente del comune di Venezia, riferiscono che l'enorme nave da crociera sia passata estremamente vicino alla riva Sette Martiri nel canale della Giudecca, alcuni affermano addirittura a circa 20 metri;
   seppur la capitaneria di Porto di Venezia – come riportato dalla stessa stampa – affermi che «durante la navigazione dalla bocca di Lido alla banchina, effettuato come previsto dalle vigenti disposizioni, con due piloti a bordo e due rimorchiatori d'ausilio, da quello che risulta a questa autorità marittima non si sono verificati problemi di alcun genere per quanto riguarda la sicurezza della navigazione», si rimane perplessi al solo pensare che navi di questa stazza possano avvicinarsi, anche ad una distanza di soli 72 metri dalle sponde, alle splendide isole che formano la città di Venezia che ricordiamo essere iscritta alla «Lista del Patrimonio Mondiale Unesco» dal 1987 perché è riconosciuta come un capolavoro del genio creativo umano. È un eccezionale esempio di un tipo di costruzione e di complesso architettonico, tecnologico e paesaggistico a testimonianza di importanti tappe della storia umana. È un eccezionale esempio di un tradizionale insediamento umano e di occupazione del territorio e direttamente e materialmente legato ad eventi, tradizioni, lavori artistici e letterari d'eccezionale valore universale;
   il decreto ministeriale del 7 marzo 2012 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2012 «Disposizioni generali per limitare o vietare il transito delle navi mercantili per la protezione di aree sensibili nel mare territoriale.» dispone all'articolo 2 comma 1, lettera b), punto 1) che: – b) nella laguna di Venezia: 1) è vietato il transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda»;
   all'articolo 3 comma 1, del suddetto decreto riguardante le «Disposizioni transitorie» viene stabilito che: « 1. Il divieto di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), punto 1), si applica a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, come individuate dall'autorità marittima con proprio provvedimento. Nelle more di tale disponibilità, l'autorità marittima, d'intesa con il Magistrato alle acque di Venezia e l'autorità portuale, adotta misure finalizzate a mitigare i rischi connessi al regime transitorio perseguendo il massimo livello di tutela dell'ambiente lagunare»;
   a distanza di più di un anno dall'emanazione del decreto, non risulta ancora attuato il divieto stabilito dall'articolo 2 del suddetto decreto e le enormi navi continuano a passare nel canale della Giudecca destando forte preoccupazioni ad abitanti, turisti e chiunque abbia un po’ di buon senso e avverta il bisogno di tutelare una città come Venezia;
   il disastro del Costa Concordia dovrebbe aver insegnato qualcosa e che – a detta dell'interrogante – simili rischi sono inconcepibili a maggior ragione se rapportati agli scarsi benefici che può dare ai turisti e alla città il passaggio di questi giganti del mare, all'interno della città stessa –:
   come e quando, il Ministro interrogato, intenda procedere per far sì che il divieto di transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda, venga finalmente attuato, azzerando quindi il rischio di incidenti che nessuno riuscirebbe mai a perdonare. (4-01543)