Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 13 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    sono quasi 60.000 i lavoratori delle aree di confine del nostro Paese, cosiddetti «frontalieri», che quotidianamente si recano per lavoro in Svizzera, principalmente nei Cantoni Ticino e Grigioni;
   negli ultimi anni il numero dei frontalieri che lavorano nella Confederazione Svizzera è cresciuto in misura notevole, (6-7 per cento nel 2012) anche a causa della grave crisi economica-occupazionale che ha investito il nostro Paese e che oggi non mostra segni concreti di superamento;
   il fenomeno del frontalierato nel nostro Paese è ancora più ampio se si considerano gli 85.000 lavoratori di tutti i nostri territori di confine (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trento, Bolzano, Friuli, e Romagna) che quotidianamente attraversano i confini nazionali per andare a lavorare oltre che in Svizzera, in Francia, in Austria, in Slovenia o a San Marino; questi lavoratori svolgono oltretutto una importante funzione di compensazione in un mercato del lavoro interno caratterizzato da un elevato tasso di disoccupazione ed un crescente ricorso agli ammortizzatori sociali;
   i settori coinvolti riguardano principalmente l'attività manifatturiera e le costruzioni, oltre che sempre più il terziario: in Ticino, in particolare, l'andamento recente dei permessi ai frontalieri mostra l'incremento più alto in settori quali ricerca e sviluppo, attività di engineering, attività finanziarie, offrendo una opportunità ai giovani laureati, i quali a loro volta diventano una risorsa ben impiegata dai vicini elvetici;
   divenuto ormai un fenomeno strutturale del mercato del lavoro ed un aspetto rilevante nei rapporti con la Svizzera, il lavoro frontaliero costituisce un importante contributo allo sviluppo di questi Paesi e rappresenta una elevata risorsa per l'economia delle province di confine;
   la presenza di un consistente numero di frontalieri ha indotto in passato lo Stato italiano e la Confederazione svizzera a stipulare numerosi accordi bilaterali per regolare varie questioni riguardanti, tra l'altro, la previdenza sociale, l'imposizione fiscale, l'indennità di disoccupazione;
   in Svizzera il mercato del lavoro è determinato da una flessibilità estrema, poiché ogni contratto di lavoro può essere risolto da ciascuna delle parti contraenti senza la presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, con il solo preavviso di tre mensilità al massimo;
   ciò significa che, ovviamente, aumenta la richiesta di lavoratori frontalieri italiani nel periodo in cui l'economia svizzera è florida aumenta, ma nelle fasi di crisi i primi a perdere il posto di lavoro sono proprio i frontalieri, che peraltro non possono usufruire degli ammortizzatori sociali vigenti in Svizzera;
   la legge 5 giugno 1997, n. 147 (Norme in materia di trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera rimasti disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro) all'articolo 1 prevede che: «Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'accordo fra Italia e Svizzera sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri, con protocollo, scambio di note e accordo amministrativo, firmati a Berna il 12 dicembre 1978, reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1980, n. 90, l'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è incaricato di provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione di cui alla presente legge in favore dei lavoratori frontalieri italiani divenuti disoccupati in Svizzera a seguito di cessazione non a loro imputabile del rapporto di lavoro». Ed inoltre, al comma 2 del predetto articolo viene disposto che: «Presso l'INPS è istituita, per l'intero periodo di validità dell'accordo di cui al comma 1, la gestione con contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori». Inoltre, al comma 4 del predetto articolo viene disposto che «La corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione, a norma della presente legge, è limitata all'esaurimento delle disponibilità della gestione di cui al comma 2»;
   la legge n. 147 del 1997 disciplina le categorie di lavoratori che possono fruire dei trattamenti di disoccupazione speciali, la durata degli stessi e le modalità per richiederli; nello specifico, i lavoratori frontalieri erano assoggettati ad una trattenuta mensile sul salario ricevuto in Svizzera che veniva poi, in parte, trasferita all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), su una contabilità separata, destinata al pagamento dell'indennità di disoccupazione speciale;
   il protocollo addizionale all'allegato II dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone, entrato in vigore il 1o giugno 2002, tra la Confederazione svizzera da un lato e l'Unione europea e i suoi Stati membri dall'altro, in materia di disoccupazione, ha previsto una proroga, per un periodo di sette anni a decorrere dal 1o giugno 2002, dell'accordo bilaterale sulla retrocessione finanziaria (circolare n. 78 del 2003). Terminata la proroga di sette anni dell'accordo italo-svizzero, sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri, dal giugno 2009, la Confederazione svizzera è tenuta ad applicare i Regolamenti comunitari di sicurezza sociale, che contengono anche norme specifiche in materia di disoccupazione dei lavoratori frontalieri. Pertanto, la Confederazione svizzera non potrà più trasferire i contributi, ancorché questi continueranno ad essere oggetto di detrazione sulla busta paga dei lavoratori frontalieri;
   nei rapporti tra Stato italiano e Confederazione svizzera, Paese membro dello spazio economico europeo, attualmente si applicano i regolamenti comunitari in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. La disciplina delle indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri è contenuta nell'articolo 65 e seguenti del regolamento (CE) n. 883/2004. In tale articolo viene previsto che il disoccupato, già frontaliero, ha diritto alle prestazioni di disoccupazione a carico dello Stato di residenza e che le stesse devono essere corrisposte dall'istituzione competente di tale Stato come se, nel corso della sua ultima attività lavorativa, il lavoratore fosse stato soggetto alla legislazione dello Stato di residenza;
   il lavoratore deve, quindi, soddisfare le condizioni richieste dalla legislazione del Paese di residenza per conseguire il diritto alle prestazioni di disoccupazione;
   per accertare se tali condizioni siano soddisfatte, l'istituzione del Paese di residenza tiene conto dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione dell'altro Paese, considerandoli come periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione da essa applicata a prescindere dalla circostanza che l'interessato risulti già assicurato nel quadro di tale legislazione. Il suddetto regolamento 883/2004 prevede poi, all'articolo 65, paragrafi 6 e 7, che la Confederazione svizzera rimborsi all'Italia l'intero importo delle prestazioni erogate da quest'ultima durante i primi tre mesi di disoccupazione per ogni soggetto interessato, altresì i primi cinque mesi se il soggetto, durante i 24 mesi precedenti, ha maturato contributi in Confederazione svizzera per almeno 12 mesi;
   con circolare INPS n. 50 del 4 aprile 2013 l'Istituto precisava che «il disoccupato residente in Italia che sia frontaliero in Svizzera – in quanto persona che, nel corso della sua ultima attività lavorativa risiedeva in uno Stato membro (Italia) diverso da quello competente (Svizzera) e continua a risiedere in tale Stato membro – riceve le prestazioni in base alla legislazione dello Stato membro di residenza come se fosse stato soggetto a tale legislazione durante la sua ultima attività lavorativa» e che pertanto «il diritto, la misura e la durata della prestazione saranno determinati, come per i lavoratori rimasti disoccupati in Italia, per i diritti maturati con decorrenza fino al 31 dicembre 2012, secondo le norme che disciplinano l'indennità di disoccupazione ordinaria. A decorrere dal 1o gennaio 2013 le prestazioni saranno concesse secondo le disposizioni, previste dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, per l'indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI»;
   gli uffici territoriali dell'INPS operanti nelle province di confine con la Svizzera a partire dal mese di settembre 2012 hanno sospeso ai lavoratori frontalieri disoccupati l'erogazione dell'indennità speciale di disoccupazione, che è stata sostituita con la disoccupazione ordinaria e, a decorrere dal 1o gennaio 2013, con il nuovo sussidio di disoccupazione (ASpI) istituito con la cosiddetta legge di riforma Fornero;
   tali nuove misure penalizzano fortemente i lavoratori frontalieri, la cui indennità di disoccupazione subisce una decurtazione del 20-25 per cento e una riduzione del periodo di applicazione da 12 a 8 mesi;
   in sede di risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-00124 nella seduta del 4 giugno 2013 in Commissione lavoro e previdenza sociale, è emerso che le somme residue sulla gestione istituita presso l'INPS ex legge n. 147 del 1997 ammontano a 270 milioni di euro;
   il Ministero dell'economia e delle finanze ha precisato che tali somme, seppur accantonate, non potranno essere destinate a nuove e ulteriori ragioni di spesa;
   la destinazione d'uso di tali somme è già di fatto mutata, in quanto le somme accantonate a titolo di fondo speciale sono andate a confluire nella disoccupazione ordinaria sino al dicembre 2012 e nei fondi ASpI e mini ASpI dal 1o gennaio 2013, in virtù della legge n. 92 del 2012;
   la legge 92 n. del 2012 non abroga il sistema di gestione separata e pertanto le somme rimesse dalla Svizzera all'Italia devono essere tenute completamente separate da ogni altro tipo di gestione contabile;
   nel tentativo di equiparazione del lavoratore italiano e di quello frontaliero si è creata una disparità ancor più grande, in quanto le trattenute in busta subite dai frontalieri sono diverse da quelle subite dal lavoratore italiano;
   le somme versate dai lavoratori frontalieri e destinate al fondo disoccupazione speciale devono essere utilizzate sino ad esaurimento con gestione separata e con trattamento indennitario pari a quello erogato in virtù degli accordi bilaterali, in quanto, sebbene gli accordi bilaterali non siano più in vigore, i fondi versati sono presenti nelle casse INPS nella somma di 270 milioni di euro, con previsione di erogazione, come previsto dalla legge n. 147 del 1997;
   la mancata erogazione dell'indennità causa, ovviamente, grave disagio a moltissimi cittadini lombardi già colpiti duramente dalla perdita del posto di lavoro, in una fase economica dove e ancora più difficile il reinserimento lavorativo, sia in Italia, sia nella vicina Svizzera;
   il lavoro frontaliero rimane spesso una realtà lontana dalle istituzioni centrali e periferiche dello Stato, che non sempre introducono una specifica disciplina legislativa in grado di riconoscerne pienamente il valore né il ruolo che svolge nel contesto economico e sociale delle aree territoriali ove è presente;
   sarebbe necessario definire un quadro di diritti e doveri chiari legati a questa peculiare condizione di lavoro e dare delle soluzioni ai problemi in essere, generati principalmente dalla mancanza di una regolamentazione specifica;
   i territori di confine da cui ogni giorno partono i frontalieri diretti a lavorare in Svizzera sono peraltro territori virtuosi, con un residuo fiscale attivo molto elevato e con percentuali bassissime di evasione fiscale, paragonabili, appunto, a quelle della Svizzera;
   il 6 settembre 2013 il quotidiano di informazione on line MattinOnline edizione svizzera riportava la notizia che la Svizzera continuerebbe a pagare all'INPS le indennità di disoccupazione per i frontalieri italiani, ma che l'Ente previdenziale non utilizzerebbe tali soldi a beneficio dei frontale italiani, insinuando il dubbio che con queste risorse sia effettuato il pagamento delle pensioni di invalidità agli immigrati;
   nel 2012 la Camera dei deputati aveva approvato un testo di legge (il cui iter si è prestato all'esame del Senato per la fine della legislatura) finalizzato a migliorare i trattamenti di disoccupazione dei lavatori frontalieri in Svizzera rimasti disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, utilizzando le disponibilità esistenti nella gestione con contabilità separata istituita presso l'INPS ai sensi della citata legge n. 147 del 1997,

impegna il Governo:

   a chiarire se le somme residue sulla gestione separata Inps dedicate alla disoccupazione speciale per i frontalieri italiani siano confluiti ingiustificatamente in altri fondi o utilizzati, anche parzialmente od indirettamente, per altri scopi, e, in caso affermativo, quali e a quale titolo;
   a provvedere affinché il fondo destinato all'erogazione del trattamento speciale di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri sia e resti separato ed utilizzato come previsto dalla legge n. 147 del 1997 ancora vigente;
   ad applicare il principio in base al quale i soldi trattenuti ai frontalieri debbano essere utilizzati solo ed esclusivamente a favore dei frontalieri stessi, principalmente per integrare gli ammortizzatori sociali ad essi destinati ristabilendo una diretta e più equa corrispondenza tra le alte trattenute subite in Svizzera e quanto loro versato a titolo di ammortizzatore;
   ad impegnarsi affinché, per quanto di competenza, in ogni futuro provvedimento a carattere fiscale e previdenziale adottato nel nostro Paese le migliaia di lavoratori frontalieri di tutti i territori del nostro Paese che lavorano in Svizzera, in Francia, in Austria, in Slovenia o a San Marino, non siano trascurati, penalizzati o privati dello stesso grado di diritti e di tutele di tutti gli altri cittadini, come purtroppo è spesso accaduto fino ad oggi.
(1-00183) «Molteni, Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, ha, negli anni precedenti, seguito con costante attenzione la situazione del Myanmar;
    l'Italia è vicina da tempo al popolo birmano e ha manifestato il suo sostegno sia attraverso le iniziative di associazioni, istituzioni locali e società civile, sia attraverso la costituzione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» dalla XIV legislatura, e i contatti diretti che l'Associazione ha avuto con Aung San Suu Kyi e la realtà sociale e politica del Paese;
    numerosi e significativi sono stati i pronunciamenti del Parlamento italiano per la difesa dei diritti umani in Myanmar, la liberazione dei prigionieri politici a cominciare da Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, per lunghi anni agli arresti domiciliari, e l'avvio di un processo di transizione verso la democrazia;
    dopo la liberazione di Aung San Suu Kyi il 13 novembre del 2010 e la sua elezione al Parlamento del Myanmar il 1o aprile 2012 si è concretamente avviato il processo di transizione democratica e di riconciliazione nazionale che vede protagonisti il Capo del Governo, Thein Sein, e la leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, oggi capo dell'opposizione in Parlamento;
    il Capo del Governo del Myanmar ha effettuato una visita in Italia nel marzo 2013, incontrando, tra gli altri, il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei ministri, avviando rapporti di collaborazione economica e politica tra l'Italia e la Birmania;
    è fortemente auspicata una visita in Italia di Aung San Suu Kyi, essendo già stata invitata da diverse istituzioni, in particolare dal Presidente del Senato della Repubblica, dal Ministro della cultura, dai sindaci di diverse città di cui è cittadina onoraria, dalle università di Bologna e di Modena-Reggio Emilia e da altri enti culturali;
    l'avvenuta apertura del Myanmar alla comunità internazionale e al mercato mondiale, anche attraverso il superamento delle sanzioni economiche in rapporto ai progressi in atto sul tema dei diritti umani e delle libertà democratiche, è stata ed è attentamente seguita dall'Unione europea, di cui l'Italia è componente fondamentale;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo;
    il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    nel 2014 è prevista da parte del Myanmar l'assunzione della presidenza dell'Associazione delle nazioni dell'Asia del sud orientale (ASEAN), e ciò non può che accrescere l'esposizione e la responsabilità internazionale del Paese asiatico, che sta vivendo una vera e propria fase costituente;
    la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione e oggetto di discussione politica e parlamentare, presenta elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, norme restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3 punto f, prevede per il Presidente dell'Unione e il vicepresidente «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniere, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione nei confronti di Aung San Suu Kyi, che ha peraltro manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza dell'Unione nelle prossime elezioni politiche previste nel 2015;
    nel marzo 2013 il parlamento del Myanmar ha approvato una procedura di riesame della Costituzione istituendo una Commissione di esperti giuridici e intellettuali per la revisione della Costituzione, scritta e approvata nel 2008 dall'allora giunta militare e sottoposta a referendum una settimana dopo il passaggio del ciclone Nargis, che ha causato 138 mila tra morti e dispersi;
    nel processo di transizione verso la democrazia in atto nel Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento;
    nella celebrazione del Giubileo d'Argento dell'8 agosto 1988; avvenuta a Yangon il 6-7-8 2013, è stata approvata una dichiarazione delle forze etniche e democratiche nella quale si dichiara: «1) Crediamo fortemente che ci sia bisogno di stabilire uno Stato federale democratico con autodeterminazione e uguaglianza» «2) La Costituzione del 2008 non garantisce uno Stato democratico federale. Quindi crediamo fortemente che la Costituzione del 2008 vada emendata o che venga stilata una nuova Costituzione»;
    dal 15 al 17 settembre è convocato a Praga il XVII Forum 2000, promosso dalla Fondazione Vaclav Havel, sul tema «Società in transizione», al quale prenderà parte, tra gli altri, Aung San Suu Kyi;
    interpretando la volontà del popolo italiano per l'intensificazione degli scambi e della collaborazione economica, sociale, culturale e politica con il popolo del Myanmar, su una base di comune condivisione dei valori della democrazia,
    auspicando che una delegazione dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» possa direttamente esprimere ai colleghi del Parlamento del Myanmar la volontà del Parlamento italiano,

impegna il Governo

ad intervenire in ogni sede, europea e internazionale, e in rapporto diretto con il Governo del Myanmar, perché sia modificata in senso democratico la Costituzione del Paese asiatico.
(1-00184) «Zampa, Amendola, Quartapelle Procopio, Carlo Galli, Gozi, Tidei, Nicoletti, Iori, Monaco, Pes, Civati, Cassano».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, recante il codice delle assicurazioni private, stabilisce, all'articolo 138, la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, nonché, all'articolo 139, la predisposizione, con la medesima procedura, di una specifica tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità;
    la finalità degli articoli 138 e 139 del citato decreto legislativo, e dei successivi provvedimenti attuativi, è pertanto la fissazione in maniera univoca, ai fini del risarcimento del danno in sede assicurativa della responsabilità civile automobilistica, dei valori economici e medico-legali per la valutazione del danno alla persona derivante da lesioni che abbiano determinato macrolesioni e lesioni di lieve entità;
    il Ministro della salute ha istituito, il 26 maggio 2004, una commissione di studio, composta dai rappresentanti del medesimo Ministero, dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico, della giustizia, dell'Inail, dell'Ania e da esperti in medicina legale, e successivamente integrata con rappresentanti delle associazioni familiari e vittime della strada e dell'osservatorio della Lega italiana dei diritti dell'uomo;
    i lavori della commissione di studio si sono conclusi con la redazione di uno schema di tabella, oggetto di una valutazione preliminare del Consiglio dei ministri, il 3 agosto 2011, e successivamente del parere della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, l'8 novembre 2011; il 7 giugno 2011, tuttavia, era intervenuta in materia la sentenza della Corte di cassazione n. 12408, la quale aveva stabilito che, nella liquidazione del danno alla persona, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'articolo 1226 del codice civile deve garantire non solo l'adeguata considerazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie sono decise da differenti uffici giudiziari; dall'affermazione del generale principio di uguaglianza, la Corte di cassazione aveva tratto la conclusione che, sempre in assenza dei criteri stabiliti dalla legge e in virtù dei suoi compiti di indicazione ai giudici di merito di criteri uniformi, i criteri per la liquidazione del danno alla persona fossero individuati nelle cosiddette «tabelle» di riferimento per la stima del danno alla persona elaborate dal tribunale di Milano, trattandosi del criterio più diffuso sul territorio nazionale;
    gli effetti distorsivi derivanti dalla differenziazione territoriale dei risarcimenti dei danni non patrimoniali sono stati rilevati anche nel citato parere del Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che l'esigenza di porre rimedio a tali distorsioni «appare sicuramente condivisibile e coerente con le esigenze ordinamentali di parità di trattamento tra situazioni analoghe, nonché in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di cassazione», tra i quali viene ricordata proprio la sentenza della Corte di cassazione, sezione III, 7 giugno 2011, n. 12408; se lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, datato marzo 2013 ed avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 sembrerebbe, pertanto, risolvere in via definitiva il problema relativo all'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale dei risarcimenti, dal confronto con le tabelle del tribunale di Milano emerge una riduzione dei valori risarcitori che ha suscitato molte proteste da parte delle associazioni delle vittime di sinistri stradali, che lo hanno considerato «fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da r.c. auto»;
    va considerato che il danno alla persona è composto da due componenti: il danno patrimoniale, calcolabile oggettivamente, e il danno non patrimoniale, non calcolabile oggettivamente, ma attribuito «equamente» dai tribunali o dalle tabelle, a sua volta distinto tradizionalmente in danno biologico, ossia il valore della perdita della funzionalità biologica dovuta alla lesione, il danno morale, variabile da caso a caso, tra il 25 ed il 50 per cento del danno biologico, e il danno esistenziale, molto soggettivo e variabile;
    la tabella unica è difficilmente comparabile con le tabelle del tribunale di Milano, poiché queste regolamentano tutto il danno non patrimoniale, inglobando accanto al danno biologico anche il danno morale con riferimento ad una liquidazione congiunta complessiva dei danni riconosciuti, mentre la tabella unica prevista nello schema di decreto del Presidente della Repubblica regolamenta il solo danno biologico «standard», ferma restando la necessità di determinazione aggiuntiva dell'eventuale danno morale, poiché, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, gli importi possono essere aumentati nella misura massima del 30 per cento per le macrolesioni e del 20 per cento per le lesioni lievi, quando la menomazione incida su aspetti dinamico relazionali della persona; indubbiamente, ragionare sulla congruità dell'ammontare dei risarcimenti è un esercizio difficile, perché attiene a un valore non monetizzabile;
    sul citato schema di decreto hanno espresso un parere fortemente contrario sia il Consiglio di Stato (parere n. 4209 del 17 novembre 2011, adunanza generale dell'8 novembre 2011), sia il Parlamento attraverso un'apposita mozione approvata a larga maggioranza (atto n. 1-00740 – seduta 24 ottobre 2011, n. 540);
    per il massimo organo di giustizia amministrativa, la sequenza dei coefficienti moltiplicatori della tabella formulata dal Governo «non sembra rispettare il criterio della crescita più che proporzionale rispetto all'aumento dei punti di invalidità» e «un eventuale scostamento del testo regolamentare dal criterio previsto espressamente dalla legge autorizzativa provocherebbe con molta probabilità la disapplicazione della norma regolamentare da parte del giudice civile investito dalla domanda risarcitoria, con, conseguente inutilità dell'esercizio della potestà normativa in esame». Il Consiglio di Stato suggerisce poi di adottare, a livello normativo, l'estensione per analogia dei parametri economici anche ad altre discipline risarcitorie quando vengano lesi diritti alla persona sostanzialmente sovrapponibili, ma determinati da fatti diversi dalla circolazione stradale. Se si limitasse l'applicazione ai soli incidenti stradali, «infatti, analoghe conseguenze sul piano lesivo verrebbero ad ottenere differenti trattamenti risarcitori, a seconda del solo fatto che la lesione sia avvenuta nell'ambito della circolazione stradale o meno»;
    in tale articolato contesto la Camera dei deputati, nella seduta del 25 giugno 2013, ha approvato alcune mozioni ed una risoluzione su tale tematica, con le quali si è impegnato il Governo, sostanzialmente, a valutare con attenzione la problematica nel suo complesso prima di emanare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica contenente le tabelle per la quantificazione del risarcimento di tali danni, evitando lesioni dei diritti dei danneggiati, prendendo a riferimento le tabelle elaborate in materia dal tribunale di Milano, favorendo una riduzione dei premi assicurativi, nonché prevedendo che il predetto decreto del Presidente della Repubblica sia adottato solo successivamente ad un esame della materia da parte delle competenti Commissioni parlamentari;
    in data 28 maggio 2013 il Movimento5Stelle ha presentato una proposta di legge, a prima firma del deputato Bonafede (A.C. 1063), tendente a introdurre nuovi elementi legislativi in materia di danno non patrimoniale, con il duplice obiettivo di porre una base normativa più avanzata e rispondente al moderno concetto giurisprudenziale di tale specifico danno alla persona e, al contempo, di fornire in maniera omogenea ed esaustiva i necessari parametri per la quantificazione, in sede giudiziaria, del risarcimento dello stesso. Il presente atto di indirizzo costituisce appunto lo strumento attraverso il quale il Parlamento, nella sede propria per competenza materiale, costituita dalla Commissione finanze, intende formulare alcuni indirizzi con cui orientare meglio l'attività regolamentare del Governo su queste complesse tematiche, definendo un punto di equilibrio soddisfacente tra le esigenze sussistenti in materia,

impegna il Governo:

   a elaborare delle tabelle sulle lesioni macropermanenti e più possibili aderenti a quelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile in seno al tribunale di Milano, già dichiarate congruenti ad un pieno riconoscimento costituzionalmente legittimo del danno alla persona dalla Corte di cassazione, modificando altresì le già emanate tabelle delle lesioni micropermanenti;
   a coniugare l'obiettivo di ridurre complessivamente i costi gravanti sulla collettività e sul sistema assicurativo, con l'esigenza imprescindibile di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a vedersi pienamente riconosciuto il risarcimento per il danno biologico subìto, prestando la massima attenzione affinché ci sia un indirizzo chiaro volto a favorire in prima istanza l'assicurato e non le assicurazioni, in quanto, come da statistiche dell'Ania, presentate nell'ultima relazione annuale, non risulta direttamente correlato il risparmio delle compagnie assicurative per quanto riguarda i risarcimenti con la riduzione dei relativi premi assicurativi tenendo inoltre conto che sarebbe utile considerare, in un tal processo di confronto, anche gli utili delle compagnie assicurative che, nell'ultimo anno, vendendo anche un servizio obbligatorio per gli automobilisti, quali le polizze RC auto, hanno generato un utile pari a quasi 6 miliardi di euro con un costo pro-capite pari a 262 euro a famiglia;
   a valutare attentamente i rilievi espressi sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica al Consiglio di Stato, richiamati in premessa, apportando le necessarie correzioni ed integrazioni al testo;
   per quanto riguarda gli altri aspetti che contribuiscono alla determinazione dei prezzi elevati delle assicurazioni responsabilità civile auto in Italia, a intervenire mediante apposite iniziative, tenendo conto dei seguenti indirizzi:
    a) prevedere l'utilizzo delle tabelle del tribunale di Milano, riconosciute concordemente a livello giurisprudenziale, sia per il risarcimento delle lesioni cosiddette micropermanenti, sia per quelle cosiddette macropermanenti, al fine di garantire un giusto risarcimento non solo alle vittime che subiscono gravi handicap psicofisici, ma anche ai familiari delle vittime della strada;
    b) prevedere efficaci misure per aumentare la trasparenza sui prezzi praticati dalle imprese di assicurazione, cercando, da un lato, di allineare le rilevazioni in materia dell'ANIA, dell'ISTAT e dell'IVASS (che spesso forniscono ai consumatori dati disomogenei, non permettendo un reale confronto sull'andamento delle tariffe) e, dall'altro, di potenziare gli strumenti di confronto tariffario e gli obblighi di trasparenza da parte delle imprese;
    c) procedere con la massima urgenza all'organizzazione della struttura antifrode presso l'IVASS, prevista dall'articolo 21 del decreto-legge n. 179 del 2012, basata sull'utilizzo di un archivio informatico integrato connesso con numerosissime banche dati ed in stretto contatto con le imprese e con gli organi inquirenti;
    d) valutare l'inserimento di nuovi strumenti di controllo per ridurre i fenomeni di frode assicurativa;
    e) adottare altre misure utili a favorire la riduzione delle tariffe delle assicurazioni responsabilità civile auto.
(7-00097) «Pesco, Pisano, Barbanti, Colletti, Ruocco, Villarosa».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    il 12 dicembre 2011 a Trieste perdeva la vita il 20enne Francesco Pinna, studente impegnato nell'allestimento del palcoscenico per lo show dell'artista Jovanotti;
    il 5 marzo 2012 Matteo Armellini, perdeva la vita a Reggio Calabria durante l'allestimento del palcoscenico per il concerto dell'artista Laura Pausini a seguito di un cedimento strutturale della struttura reticolare;
    a un anno e mezzo dalla morte di Matteo Armellini si consumava l'ennesima tragedia durante lo smontaggio della struttura di palco allestita per il concerto dei «Kiss», vittima un altro lavoratore: Khaled Farouk Abdel Hamid;
    tali tragici eventi, semmai ce ne fosse bisogno, confermano come i lavoratori del settore operino in condizioni di elevato rischio, amplificato, sovente, dalla mancanza di revisione dei materiali assemblati e da un'organizzazione dei cantieri basata più sulla consuetudine che sulle regole e il rispetto delle leggi;
    gli innumerevoli incidenti avvenuti nel settore degli spettacoli live pongono inderogabilmente l'esigenza di addivenire ad una celere quanto puntuale analisi del problema della sicurezza sul lavoro con specifico riferimento ai lavoratori occupati per l'allestimento di grosse strutture per gli spettacoli dal vivo;
    quello dei concerti è un business milionario. Il mercato della musica impone ritmi frenetici e palchi sempre più grandi e tecnologici. Oltre al guadagno, questo gigantismo porta al risparmio sulla sicurezza dei lavoratori;
    occorre pertanto integrare le norme sulla sicurezza del lavoro e le norme sulle costruzioni attualmente in vigore (decreto legislativo n. 81 del 2008 e decreto ministeriale Infrastrutture 14 gennaio 2008) prevedendo specifiche misure che contribuiscano a porre fine all'avverarsi di tali tragedie,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché si pervenga a una normativa specifica per i lavoratori dello spettacolo Live, che tenga conto delle diverse mansioni e riconosca il lavoro ad alto rischio;
   a prevedere l'istituzione di un ufficio tecnico nazionale che esamini preventivamente i progetti strutturali e i progetti della sicurezza dei cantieri per gli spettacoli live;
   ad assumere iniziative normative per prevedere la sospensione immediata e il sequestro delle attrezzature per gli spettacoli organizzati in mancanza dell'autorizzazione dell'ufficio tecnico di cui al punto precedente;
   ad assumere iniziative normative per prevedere la copertura assicurativa obbligatoria a carico del committente o datore di lavoro;
   ad assumere iniziative per prevedere la programmazione degli eventi stabilita in base a turni e giornata lavorativa adeguati;
   ad assumere iniziative per prevedere l'obbligo di registrazione dei nominativi dei lavoratori presenti.
(7-00098) «Baldassarre, Rostellato, Rizzetto, Cominardi, Bechis, Ciprini, Tripiedi».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    dallo scorso mese di agosto è stata rilevata la presenza del virus dell'influenza aviaria in vari siti della regione Emilia Romagna con diversi focolai, il cui contagio probabilmente è avvenuto a seguito del passaggio di animali migratori;
    le analisi effettuate presso il Centro nazionale di referenza di Padova (Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie) hanno individuando un ceppo del tipo H7N7 ad alta patogenità per le galline ma non per l'uomo a differenza di altri del tipo H7N9 o H5N1;
    la tempestiva adozione di tutte le misure di sicurezza sanitaria, approvate dalle competenti istituzioni europee, e l'assenza di pericoli per l'uomo derivanti dal consumo di carne di pollo o uova hanno tutelato il settore evitando l'instaurarsi di paure non giustificate che avrebbero avuto ripercussioni sulle vendite; è importante ricordare che il settore avicolo italiano è il secondo produttore europeo dopo la Francia con quasi 13 miliardi di uova e 1,2 milioni di tonnellate di carni avicole per un fatturato totale di 5,7 miliardi di euro;
    tuttavia, dai primi calcoli si stima che le perdite provocate dall'avaria superino già i dieci milioni di euro sia a causa dei danni diretti relativi agli abbattimenti sia a causa dei danni indiretti provocati dalle necessarie misure adottate dal Ministero della salute per contenere l'eventuale diffusione del virus;
    in particolare le misure di contenimento sanitario incidono sulle fasi centrali della produzione avicola bloccando, a monte, il trasferimento dei capi – con conseguenti problemi relativi al sovraffollamento e al deterioramento delle condizioni di benessere animale – e, a valle, dentro i confini regionali il prodotto «in natura» cioè agricolo; tale situazione produrrà rilevanti danni economici ai produttori e renderà necessario l'aumento delle importazioni sul mercato italiano al fine di soddisfarne la domanda;
    le limitazioni alla libera circolazione delle uova da cova e degli animali derivante dall'applicazione delle misure veterinarie rischiano di perturbare gravemente il mercato italiano delle uova da cova, dei pulcini e delle pollastrelle;
    con il Reg. (UE) n. 660/2012 la Commissione europea, ai sensi dell'articolo 44 del Reg. CE n. 1234/2007, ha adottato una misura eccezionale di sostegno del mercato avicolo italiano per remunerare la distruzione del pollame, al fine di compensare le perdite di reddito subite dai produttori italiani di pollame a seguito del varo di specifiche restrizioni sanitarie attuate a norma della direttiva 92/40/CEE del Consiglio del 19 maggio 1992 per debellare l'influenza aviaria negli anni 1999-2003; ai sensi dell'articolo 46 del regolamento (CE) n. 1234/2007, per le misure eccezionali previste all'articolo 44 del medesimo regolamento, l'Unione ha contribuito al finanziamento per il 50 per cento delle spese sostenute dallo Stato membro;
    tali misure sono state accordate ai produttori italiani a seguito della sentenza della Corte di giustizia emessa in data 17 gennaio 2012 che ha accolto il ricorso presentato dal Governo italiano contro la Commissione dell'Unione europea per l'omessa adozione di misure eccezionali a sostegno del mercato italiano nel settore del pollame, per i danni da influenza aviaria subiti dagli allevatori negli anni 1999-2003;
    il contenzioso era sorto dopo il varo del Regolamento (CE) n. 2102/2004 del 9 dicembre 2004 col quale la Commissione, non aveva accolto la richiesta italiana per la concessione del sostegno anche per i produttori di pulcini da carne oltre che per le uova; la Commissione, infatti, aveva escluso dalle misure eccezionali i pulcini di un giorno, operando, secondo la Corte di giustizia, una distinzione a torto fra le perdite economiche causate dalla soppressione dei pulcini di un giorno e quelle dovute alla distruzione delle uova da cova;
    in occasione della precedente crisi aviaria del 2006 il Governo ha predisposto una serie di misure economiche utili per sostenere l'intera filiera avicola quali l'indennizzo per capi abbattuti, il rimborso delle spese sanitarie, il finanziamento degli interventi per la ripresa produttiva delle imprese agricole e delle imprese di lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli ricadenti nelle zone sottoposte a restrizioni sanitarie causate dall'aviaria,

impegna il Governo:

   a verificare in sede comunitaria la possibilità di avviare misure compensative a favore degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola, nonché mangimistiche operanti nella filiera e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso di carni avicole, ricadenti nelle zone delimitate a causa dell'insorgenza dell'influenza aviaria, mediante la sospensione dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari, contributivi e previdenziali nonché mediante la sospensione dei pagamenti delle rate delle operazioni creditizie di finanziamento;
   a predisporre con urgenza le necessarie misure economiche per sostenere l'intera filiera avicola chiedendo, per la parte riguardante il finanziamento comunitario, alla Commissione europea l'adozione di misure eccezionali di sostegno al mercato nel settore della carne e delle uova di pollame ai sensi dell'articolo 44 del regolamento CE n. 1234/2007, al fine di ammettere al finanziamento a titolo di misure eccezionali di sostegno al mercato gli indennizzi per i capi abbattuti, il rimborso delle spese sanitarie, il finanziamento degli interventi per la ripresa produttiva delle imprese agricole e delle imprese di lavorazione, di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli ricadenti nelle zone sottoposte a restrizioni sanitarie causate dall'aviaria.
(7-00096) «Oliverio, Lattuca, Anzaldi, Luciano Agostini, Antezza, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Movimento Trieste Libera-Gibanje Svobododni Trst-Free Trieste Movement, fondato nel 2011 rivendica per Trieste ed i comuni vicini lo status giuridico del Territorio libero di Trieste – Free Territory of Trieste – Svobodno Tržaško ozemlje (TLT-FTT-STO);
   si tratta dell'ente di diritto internazionale istituito, riconosciuto e regolamentato quale Stato indipendente a sovranità popolare, membro di diritto dell'ONU e sotto sua garanzia, dal Trattato di pace di Parigi del 1947 tra le Potenze Alleate ed Associate e l'Italia, entrato in vigore il 15 settembre 1947;
   il Trattato regolamenta anche, con le disposizioni dell'Allegato VIII, lo speciale regime del Porto Franco di Trieste;
   l'ordinamento del TLT ha istituito un regime di Governo provvisorio (Alleg. VII) sino a compimento del regime di Governo permanente (Alleg. VI);
   la funzione di Governo provvisorio del TLT è stata affidata, quale speciale mandato fiduciario internazionale, sino al 1954 ad un apposito Governo militare alleato, e convertita dal 1954 in amministrazione civile del Governo (non allo Stato) italiano con il memorandum d'intesa di Londra tra i Governi cedenti e subentranti nell'amministrazione;
   a seguito del trattato bilaterale di Osimo del 1975 tra l'Italia e la Jugoslavia, la questione del Territorio libero di Trieste risulta tolta per il momento dall'ordine del giorno del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le quali hanno tuttavia confermato con lettere ufficiale nel 1983 che può esservi riammessa;
   il Movimento Trieste libera contesta infedeltà gravemente dannosa ai diritti ed all'economia della popolazione locale nella conduzione del mandato amministrativo fiduciario internazionale da parte del Governo italiano, invocandone sanatorie interne ed internazionali. Le tesi del Movimento sono state formalizzate in un apposito «Atto urgente di reclamo e messa in mora» dd. 18 giugno 2013, notificato alle autorità italiane ed internazionali competenti;
   negli ultimi mesi il MTL ha intensificato le proprie iniziative a favore della tesi della mancanza di sovranità dello Stato italiano sul TLT, incoraggiando gli abitanti alla disobbedienza civile;
   il Movimento, infatti, ha invitato gli elettori triestini a non votare durante le elezioni politiche del febbraio scorso – suggerendo la sottoscrizione e il deposito presso i seggi di dichiarazioni di «non-voto» – come riportato da numerose testate giornalistiche nazionali (tra cui l’Huffington Post Italia, articolo del 23 febbraio 2013). La stessa sollecitazione è stata puntualmente suggerita a ridosso delle elezioni regionali dell'aprile 2013;
   numerosi aderenti al MTL, inoltre, hanno intrapreso una campagna di disobbedienza fiscale, l'autorità del fisco italiano e della società di riscossione Equitalia;
   l'Ufficio legale dell'Agenzia delle entrate non ha accolto i vari ricorsi sul difetto di giurisdizione, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese e al risarcimento dei danni legati al ritardo del dovuto;
   quest'orientamento è stato condiviso dal tribunale civile di Trieste che il 3 settembre 2013 ha respinto con un'ordinanza il reclamo di un esponente del Movimento, riconoscendo la piena giurisdizione di Equitalia nel pignoramento di un immobile. L'atto contiene un approfondimento sulla validità degli accordi internazionali contestati dal MTL, senza fugare però dubbi interpretativi;
   nell'agosto del 2012 alcuni organi comunitari si sono interessati alle rivendicazioni sul territorio di Trieste avanzate dall'europarlamentare Mara Bizzotto (Lega Nord) e dal MTL. In particolare, la rappresentante leghista aveva presentato un'interrogazione sul porto libero di Trieste a cui ha risposto il commissario europeo per la fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, dichiarando la validità dell'Allegato VIII del trattato di pace del 1947 che definisce il regime del porto libero di Trieste;
   la direzione dell'Unione europea Giustizia, sollecitata dal Movimento a intervenire di fronte alle presunte violazioni dei diritti dei cittadini del TLT commesse dall'autorità giudiziaria italiana, che agirebbe fuori dalla propria giurisdizione, ha precisato che la Commissione europea non ha titolo per intervenire essendo lo status giuridico di Trieste al di fuori del campo di applicazione del diritto dell'unione;
   l'11 settembre 2013, durante l'udienza del tribunale di Trieste dedicata all'obiezione fiscale di Roberto Giurastante leader del MTL, l'avvocato dello Stato Marco Meloni ha depositato una comparsa di risposta in nome e per conto del Ministero della giustizia. Il documento, dopo aver affermato che il TLT non solo non esiste «e non è mai esistito», ha toccato l'aspetto del logo dell'Onu che appare vicino alla dicitura del Movimento. In particolare, si legge: «L'utilizzo, da parte di un realtà associativa locale, della bandiera e dei simboli dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, certamente non autorizzato e abusivo, non trova conforto e sostegno alcuno nelle sole sedi competenti, che hanno peraltro preso sin da pressoché subito atto da un lato dell'impraticabilità della previsione del Territorio libero»;
   Meloni ha osservato che «il popolo di Trieste pur essendo stato privato della possibilità di esprimersi nell'Assemblea costituente eletta nel 1946 si è pronunciato da molto prima della nascita»;
   ad oggi le istituzioni nazionali non sono intervenute in modo organico e univoco sulla questione, mentre una ricostruzione della normativa internazionale è stata fatta solo dal Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 76/2013, nell'ambito di un ricorso sulla concessione di alcune aree demaniali che fanno parte dell'area di porto vecchio di Trieste, assoggettato al regime giuridico di porto franco;
   un tentativo di «istituzionalizzare» questa vicenda è stato condotto dal consigliere comunale di Trieste Paolo Rovis (Pdl) che, tramite un ordine del giorno, intendeva impegnare l'aula a convocare una seduta dedicata al TLT invitando «gli esperti giuridici e i rappresentanti istituzionali che si riterranno utili per una migliore analisi della questione». L'ordine del giorno, però, è stato dichiarato irricevibile dopo una votazione in cui, dei 27 consiglieri presenti, solo tre hanno sostenuto l'atto d'indirizzo politico – Rovis stesso e i due consiglieri del Movimento 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli – giudicato estraneo alla delibera sul bilancio cui si riferiva –:
   se il Governo intenda chiarire gli aspetti del diritto internazionale che riguardano il territorio libero di Trieste – rivolgendosi al consiglio di sicurezza dell'ONU – in modo da fugare i dubbi di sovranità esistenti, colmando il vuoto con una auspicabile risposta delle istituzioni ed evitando l'aggravarsi delle tensioni sociali e politiche legate alla vicenda.
(5-01007)


   DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del comune di Casale sul Sile in provincia di Treviso, nella frazione di Lughignano in via delle Grazie, è attualmente interessato dal procedimento di approvazione del «Progetto per impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei rispettivi impianti produttivi e di recupero» (categoria ex 2B) in area agricola di tipo E2A – ambiti di rilevante integrità territoriale – per una superficie totale di 52.210 metri quadri, come richiesto dall'impresa CO.VE.RI. s.c.a.r.l.;
   l'area in questione è già stata utilizzata come cava per l'estrazione di argilla e dal 1990 sono in corso vari procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica;
   il progetto della discarica prevedrebbe 315 mila tonnellate di materiali in cinque anni, portati da una media di quindici camion al giorno. La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del «GiraSile, la greenway del Parco del Sile», che rappresenta la principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di completamento con fondi europei POR-FESR (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4, azione 4.3.1. «piste ciclabili in aree di pregio ambientale»;
   la stampa locale e le numerose assemblee pubbliche, organizzate dalla cittadinanza, hanno posto in rilievo che «una montagna di rifiuti» da più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato invece a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, e vitivinicole di qualità;
   la discarica prevista verrebbe inoltre a trovarsi a brevissima distanza, poche centinaia di metri, dal corso del fiume Sile il quale è interessato da siti ecologici della rete Natura 2000, siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS). Una parte di quel territorio è tutelata poi dall'ente parco regionale del fiume Sile, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, al fine di tutelare i caratteri naturalistici, storici ed ambientali del territorio del fiume Sile. Tra le finalità del parco si annoverano: a) la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna e dell'acqua; b) la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa idropotabile; c) la tutela delle specifiche particolarità antropologiche, idrogeologiche, geomorfologiche, vegetazionali e zoologiche;
   il piano ambientale del parco non tutela solamente le aree incluse nel perimetro amministrativo dell'area protetta, ma, «ai fini della tutela paesaggistico-ambientale (...) enuncia gli indirizzi in ordine alla pianificazione territoriale con riferimento alle parti limitrofe all'area del Parco» (articolo 3, comma 4, della citata legge regionale n. 8 del 1991). Infatti, all'articolo 19 delle norme di attuazione del piano ambientale sono definite le aree limitrofe al parco, quali porzioni di territorio non comprese nello stesso, come ad esempio i corpi idrici di prima classe;
   l'ente di protezione, con una nota del 19 febbraio 2013, ha sottolineato come «il progetto della discarica CO.VE.RI., ipotizzata a poche centinaia di metri dal confine ovest e perimetro amministrativo del parco, non ha mai considerato e valutato le pesanti interferenze ecosistemiche con il parco naturale regionale del fiume Sile, causate sia da carenze progettuali generali che da immissioni dirette della rete idraulica interna alla discarica nella rete idrologica di campagna afferente il fiume Sile». L’iter amministrativo della VIA poi, sempre secondo l'ente, «non ha mai considerato la presenza di un'area fragile e significativa come quella del parco del Sile, disciplinata da un apposito piano ambientale che governa un ampio territorio composto da 11 comuni e 3 province. Le carenze progettuali e le interferenze osservate vengono puntualmente descritte e restituiscono un quadro generale di potenziale e grave alterazione delle principali componenti naturali del parco, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, per tutelare il suolo, il sottosuolo, la flora, la fauna e l'acqua oltre a proteggere e valorizzare il bacino idrografico del Sile nella sua funzione di risorsa idropotabile»;
   con delibera di indirizzo n. 6, approvata dalla giunta esecutiva del parco il 6 marzo 2013 a titolo di protezione e valorizzazione del bacino idrografico del Sile, successivamente ratificata in data 27 marzo 2013 dal consiglio direttivo, l'Ente parco, in attuazione del piano ambientale, ha: avviato un apposito programma biennale in materia idrologica e idrogeologica esteso a tutto il bacino idrografico, avviato un coordinamento istituzionale per la tutela dell'ecosistema e dei corsi d'acqua tra le autorità competenti in materia di acque e di ambiente a livello statale, regionale, provinciale e locale e deliberato di verificare, mediante i propri uffici, la compatibilità – rispetto al piano ambientale – dei progetti di elevato impatto e incidenza ambientale previsti all'interno del bacino idrografico;
   anche l'unità di progetto foreste e parchi della regione Veneto ha presentato alla commissione VIA e alla direzione tutela ambiente delle osservazioni (prot. n. 164265 del 17 aprile 2013) in merito al progetto di discarica osservando che esso, «mediante le complesse ed articolate interferenze sull'ambiente analizzate finora, altera in maniera irreversibile l'ecosistema fluviale del Parco – inteso come bene di speciale interesse naturalistico-ambientale ove attuare una rigorosa protezione di suolo, sottosuolo, flora, fauna ed acqua – incidendo significativamente sull'acqua, risorsa idropotabile di primario valore e fondamento dell'ampio bacino idrografico del Sile nonché bene prioritario del parco naturale regionale del fiume Sile. Ravvisa inoltre la totale incompatibilità con l'immissione nei fossati di campagna delle acque provenienti dalla prevista discarica»;
   i terreni circostanti al fiume Sile, compreso quello da adibire a discarica, sono soggetti poi ad elevato rischio idrogeologico: infatti, anche di recente, con le abbondanti precipitazioni di fine maggio, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del relativo fiume il quale ha allagato campi e aree golenali;
   è proprio in ragione di quegli eventi meteorologici, il presidente della regione, Luca Zaia, ha dichiarato, con decreto n. 68 del 29 maggio 2013, «lo “stato di crisi” per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi dal 16 al 24 maggio 2013 per l'intero territorio regionale». Nel decreto si legge, ad esempio, che «Nel Trevigiano l'innalzamento dei livelli dei fiumi e torrenti sopra il livello di guardia, quali il Sile, Piave, Livenza, Monticano, Muson e Brenton, hanno portato, in alcune zone, a tracimazioni ed esondazioni, allagando campagne, coinvolgendo i piani terra di edifici abitativi, comportando la chiusura di strade e sottopassi. Anche a Casale sul Sile l'esondazione del fiume Bigonzo e del Canal Serva hanno provocato allagamenti diffusi investendo strade e abitazioni. Nel comune di Silea l'esondazione del fiume Nerbon e del fiume Sile hanno causato allagamenti nella zona artigianale con gravi danni alle attività produttive, alle colture, investendo altresì le abitazioni della zona»;
   la discarica della CO.VE.RI., essendo una discarica di rifiuti non pericolosi (ex 2B), ossia che tratta rifiuti costituiti da residui del trattamento di rifiuti, materiali provenienti dalla bonifica di siti contaminati e fanghi di depurazione, produce biogas, ovvero una miscela di gas, per la maggior parte metano (CH4, dal 50 all'80 per cento), prodotta dalla fermentazione anaerobica batterica dei residui organici di varia provenienza (da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti agro-industriali). Non è chiaro se, tra le specie e i ceppi batterici, necessariamente presenti in situ poiché direttamente responsabili del processo di produzione del biogas, vi siano anche o meno agenti patogeni per l'uomo e/o altre componenti ambientali. Ne consegue dunque, per il principio di precauzione e data la connessione dimostrata tra il sito della discarica e il fiume Sile, un serio pericolo in ordine alla possibile diffusione di malattie a flora e fauna, nonché alla contaminazione delle falde acquifere e di tutta la catena alimentare connessa al fiume;
   gli abitanti della zona evidenziano infine che, a valle del punto di immissione delle acque provenienti dalla discarica, è ubicato un punto di prelievo idrico per uso potabile (impianto di VERITAS S.p.A. – Servizio idrico integrato a Quarto d'Altino), collegato in rete diretta a Cà Solaro (comune di Venezia, località Favaro Veneto) e successivamente connesso alla rete acquedottistica della terraferma veneziana, la cui sicurezza idrica potrebbe essere messa dunque in pericolo dal progetto in esame;
   nel medesimo territorio comunale di Casale sul Sile esiste già una discarica, riferibile all’ex Dinamica Costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l'anno previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 36 del 2003. Essa è giuridicamente ancora in attività ai sensi dell'articolo 32, comma 4, lettera b), della legge regionale Veneto n. 3 del 2000 perché non è stato mai ultimato l'intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III sezione, 17 marzo 2006, n. 608 e Consiglio di Stato, V sezione, 15 febbraio 2007, n. 572;
   l'articolo 32 comma 3, della legge regionale Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 «Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti» stabilisce che «Non possono essere approvati progetti di nuove discariche per rifiuti speciali, con esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, nel territorio dei comuni in cui sono in attività altre discariche per rifiuti speciali o rifiuti urbani, salvo espresso parere favorevole del comune. Detto parere, in assenza di diversa previsione statutaria, è di competenza del consiglio comunale». Ebbene tale parere, ad oggi, non è mai stato concesso;
   nel corso del 2012 il comune di Casale sul Sile e la provincia di Treviso si sono espressi negativamente rispetto al progetto qui trattato;
   tutto ciò nonostante la commissione VIA regionale ha espresso parere favorevole al progetto di discarica in data 24 aprile 2013 e contro tale parere il comune interessato ha subito opposto ricorso dinnanzi al giudice amministrativo;
   nel consorzio CO.VE.RI. figura pure la Mestrinaro spa, attualmente al centro di un'inchiesta della magistratura su un traffico illecito di rifiuti «secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile (...) 4.145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell'aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell'A4, all'altezza del casello di Roncade di Treviso» – La Tribuna di Treviso, 2 giugno 2013. Sussistendo dunque un procedimento penale in corso ogni decisione dell'autorità regionale avrebbe forse dovuto, per precauzione, essere assunta solo dopo la fine delle indagini. Quest'atteggiamento cautelativo pare ancor più necessario se si considera che, nel mese di giugno 2007, uno dei titolari della Mestrinaro ha patteggiato una pena per reati simili a quelli dell'attuale indagine –:
   quali strumenti di controllo intenda porre in essere il Governo per verificare la compatibilità o meno della discarica con la tutela preminente degli habitat protetti della rete Natura 2000 (siti SIC nn. IT3240028, IT3240031 e ZPS nn. IT3240011, IT3240019) presenti in quel territorio, specie alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti del nostro Paese;
   se si intendano acquisire elementi circa la più totale assenza di pericoli e/o interferenze da parte della progettata discarica rispetto al patrimonio idrico esistente (utilizzato, come descritto, anche per uso potabile) nonché, in generale, alla salute di flora, fauna e persone. (5-01008)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA e CIPRINI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   un articolo pubblicato da La Repubblica l'11 settembre 2013, a firma del giornalista Goffredo De Marchis, riporta i dettagli del cosiddetto «Conclave dei saggi» che avrà il compito di ultimare la proposta di modifica della Costituzione;
   nell'articolo si legge che le circa 60 persone che parteciperanno alla riunione alloggeranno, dal 15 al 17 settembre, nell'albergo «Villa Maria», a Francavilla, un hotel a 4 stelle superior situato in un parco di 6 ettari su una collina che affaccia sul mare Adriatico;
   i partecipanti – i 33 saggi originari, due funzionari parlamentari distaccati presso il Governo, i sette relatori, gli addetti alla segreteria – saranno circa 60 e il costo previsto, sempre secondo quanto si legge nell'articolo, si aggira intorno ai 20 mila euro;
   questa cifra non sarà però a carico dei partecipanti, come fu per il primo incontro dei saggi a Sarteano, bensì a carico di Palazzo Chigi;
   a parere degli interroganti, se tutto ciò fosse vero, si tratterebbe di un inutile quanto disonorevole spreco di risorse pubbliche, che potrebbero essere utilizzate per ben altri scopi, e che appare un controsenso nella filosofia della spending review messa in atto dagli ultimi Governi;
   sia la Camera che il Senato, nonché lo stesso Palazzo Chigi, hanno a disposizione dei locali adatti ad ospitare una tale importante riunione, il cui utilizzo non inciderebbe in alcun modo sulle risorse di Stato –:
   se quanto riportato nell'articolo de La Repubblica corrisponda al vero e se, in caso sia effettivamente così, non ritenga opportuno ed urgente ripensare le modalità di organizzazione della riunione dei «saggi», utilizzando, più opportunamente, i locali già a disposizione delle istituzioni, senza intaccare ulteriormente le risorse pubbliche. (4-01826)


   ZAN. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 21 settembre 2013 a Verona è convocato un convegno dal titolo «La teoria del gender: per l'uomo o contro l'uomo?» organizzato dal Movimento difesa della vita e dall'associazione Famiglia domani;
   l'iniziativa ha ricevuto il patrocinio del comune di Verona e della provincia di Verona che fornisce anche la sala convegni al palazzo della Gran Guardia;
   il sindaco e il presidente della provincia di Verona parteciperanno all'apertura dei lavori;
   scorrendo i nomi dei professori che parteciperanno ci sono fautori di teorie come quella «riparatrice», ovvero la concezione secondo cui l'omosessualità è una patologia da cui si può guarire;
   secondo un articolo dell’Espresso a firma di Antonio Sciotto, pubblicato l'11 settembre 2013 e dal titolo «Tosi sponsor dell'omofobia»: «Siamo al lancio di una vera e propria piattaforma culturale e politica, che si oppone agli ormai sempre più diffusi ”queer studies” e ”gender theories”, ovvero gli studi sulla differenza e complessità dei generi, di cui tra l'altro l'Università di Verona rappresenta uno dei poli di eccellenza»;
   tema del convegno sarà la lotta contro la parificazione dei diritti. I relatori sono medici e studiosi secondo i quali l'omosessualità è una piaga e una patologia da curare;
   molte associazioni Igbt e antirazziste di Verona chiedono il ritiro del patrocinio di comune e provincia –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere il Governo per evitare che in futuro si tengano con patrocini istituzionali manifestazioni e convegni che incitano alla discriminazione e all'omofobia senza prevedere tra l'altro alcun contradditorio. (4-01831)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Sardegna, puntualmente, durante la stagione estiva, è vittima di numerosi incendi che devastano miglia di ettari di macchia mediterranea, deturpano il bellissimo patrimonio naturale, fiore all'occhiello a livello internazionale sottopongono a serio rischio, non solo gli abitanti delle zone rurali, ma, anche i numerosi turisti che trascorrono le vacanze;
   anche quest'anno, a causa degli incendi, migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case, alcune riportando ferite e ustioni anche gravi; alcuni roghi hanno continuato a bruciare anche nel giorno successivo, nonostante l'immane lavoro dei vigili del fuoco, degli uomini del Corpo forestale, dei volontari della Protezione civile e dell'ente foreste;
   per affrontare l'emergenza, sono stati utilizzati i Canadair che, provenendo da altre regioni, non sono riusciti ad affrontare tempestivamente l'emergenza;
   in Sardegna, il ridotto stanziamento di risorse adeguate per la prevenzione antincendio, effettuato negli ultimi anni, creerà maggiori oneri allo Stato che dovrà risarcire i numerosi danni ambientali, sociali ed economici;
   è assurdo risparmiare sulla prevenzione antincendio in un territorio sottoposto a continuo pericolo, che, invece, dovrebbe essere contrastato e affrontato con maggiori risorse, sia umane, sia economiche;
   non sono accettabili la riduzione di mezzi antincendio e il blocco delle assunzioni del personale del Corpo del vigili dei fuoco che, dovrebbero essere potenziati sul territorio, al fine di intervenire, in tempo reale e bloccare gli incendi sul nascere;
   è incomprensibile, inoltre, che durante le operazioni di mobilità nazionale del personale del corpo dei vigili del fuoco siano destinate poche unità alla regione Sardegna, ignorando l'emergenza a cui il territorio isolano è sottoposto –:
   se i Ministri non ritengano di assumere le necessarie misure di competenza per la prevenzione e la lotta attiva contro gli incendi dolosi;
   quali iniziative i Ministri intendano mettere in campo per assicurare adeguate risorse economiche e umane a tutela del patrimonio della Sardegna;
   se i Ministri non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza per mettere a disposizione adeguati mezzi antincendio, al fine di prevenire e combattere i frequenti episodi dolosi che da anni devastano l'isola. (5-01005)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   gran parte del quadrante è stato sottoposto nel gennaio 2010 a vincolo paesaggistico con la «dichiarazione di notevole interesse pubblico», emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 successive modifiche, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010;
   nell'area sono presenti siti di altissimo pregio come l'area monumentale del Santuario del Divino Amore, nonché aree archeologiche e dimore storiche di valore –:
   se il Ministro interrogato sia stato interpellato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i rischi di degrado in cui incorrerebbero i beni culturali e l'area archeologica interessata nell'ipotesi di una eventuale decisione di aprire la discarica di Falcognana.
(2-00209) «Brunetta».

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel 1984 i vertici dell'Arma dei carabinieri, a seguito di una attenta valutazione del territorio e delle esigenze socio economiche che ne sarebbero derivate, hanno deciso di trasferire il comando della tenenza di Nulvi a Valledoria in provincia di Sassari;
   per le esigenze di cui sopra, nel successivo 1985 il comando venne elevato a rango di compagnia e, da allora, ha alle sue dipendenze sette stazioni operando come unico presidio di polizia in un'area geografica che comprende ben 12 comuni, 27 frazioni ed una superficie complessiva di 80 chilometri;
   la locazione del comando venne scelta in modo strategico, al fine di un miglior coordinamento delle attività di prevenzione e di sicurezza, in quanto la città di Villadoria è equidistante dai paesi dell'entroterra (Chiaramonti, Martis e Nulvi) e facilmente raggiungibile dalle località costiere che vanno da Punta Tramontana fino a Vignola;
   la notizia, che risale al mese di luglio 2013 del declassamento a tenenza della compagnia dei carabinieri di Valledoria, per motivi di razionalizzazione delle spese e ripartizione delle competenze territoriali è stata ufficializzata dal comandante provinciale dei carabinieri;
   l'annunciato declassamento da compagnia a tenenza comporterebbe la riduzione del numero effettivo dei militari in servizio che passerebbe da 45 a 22 unità;
   questa drastica riduzione del contingente esporrebbe questo territorio, a forte impatto turistico, al rischio concreto di peggioramento delle condizioni di sicurezza, dal momento che non esiste alcun presidio di polizia, né della Guardia di finanza né della polizia di Stato;
   il territorio su cui insiste il comando di Villadoria comprende tutta l'estensione di costa del Golfo dell'Asinara la quale, essendo sottoposta a vincoli paesaggistici necessita di una continua sorveglianza in quanto mira di interessi urbanistici e tentativi di abusiva espansione edilizia; sempre nella stessa area insistono due porti turistici quello di Castelsardo e Isola Rossa; inoltre la zona è costellata di case, ville di lusso e stabilimenti che necessitano di continua sorveglianza. Di conseguenza, i presidi costanti effettuati dal comando dei carabinieri verrebbero inevitabilmente a contrarsi con grave pregiudizio della sicurezza per l'intera area;
   a fronte poi della nuova apertura delle due nuove strutture carcerarie di Bancali e Nulcis, cui sono destinati carcerati in regime di 41-bis, il pericolo di infiltrazioni mafiose, in un territorio che sino ad ora è ne è rimasto immune, cresce notevolmente; di conseguenza un presidio costante ed un monitoraggio da parte delle forze dell'ordine diventa di primaria importanza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e se non ritenga opportuno assumere tutte le iniziative necessarie per evitare il declassamento della compagnia dei carabinieri di Valledoria a tenenza, alla luce delle esigenze di sicurezza di questo vasto territorio e della necessità di valutare tali esigenze non guardando solo alla popolazione stabilmente residente ma anche alla rilevanza locale dei fenomeni turistici, che pongono delicati e specifici problemi di tutela della legalità e di prevenzione e repressione dei reati. (4-01829)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le fondazioni bancarie sono state introdotte per la prima volta nell'ordinamento italiano con la legge n. 218 del 1990, la cosiddetta «legge-delega Amato-Carli», con lo scopo di perseguire valori collettivi e finalità di utilità generale;
   a partire dagli anni Ottanta, la Comunità europea ha innescato un processo di forte liberalizzazione e privatizzazione dell'economia, contraria ad ogni forma di «aiuti di Stato» e volta a privilegiare il regime di piena concorrenza tra le imprese;
   l'impianto legislativo che ne è derivato è composto da:
    legge-delega Amato-Carli n. 218 del 1990;
    decreto legislativo di attuazione n. 356 del 1990;
    legge-delega Ciampi n. 461 del 1998;
    decreto legislativo di attuazione n. 153 del 1999;
   legge n. 448 del 2001 (cosiddetta legge Tremonti);
    legge n. 112 del 2002 (norma di interpretazione autentica);
   tale impianto legislativo va letto alla luce del novellato articolo 118 della Costituzione, che ha introdotto il principio di sussidiarietà orizzontale come criterio informatore dei rapporti tra pubblico e privato anche nella realizzazione delle finalità di carattere collettivo;
   di conseguenza, all'inizio degli anni novanta è emersa dunque la necessità di trasformare l'intero sistema bancario italiano per aggiornarlo rispetto alla cosiddetta «unità economica europea» che si andava delineando. L'Italia doveva affrontare l'apertura dei propri mercati ai partner europei. All'epoca, più della metà degli enti creditizi era di diritto pubblico;
   il Governatore della Banca d'Italia pro tempore trovò la soluzione per rendere le banche più appetibili per gli investitori stranieri: separare in due diverse entità le funzioni di diritto pubblico dalle funzioni imprenditoriali, cioè scorporare le fondazioni dalle banche ex pubbliche (s.p.a.): la legge-delega Amato-Carli n. 218 del 1990 dispose che gli enti bancari diventassero società per azioni, sotto il controllo di fondazioni, le quali successivamente avrebbero dovuto collocare le proprie azioni sul mercato;
   legge-delega del 1990 configura le fondazioni bancarie come holding pubbliche che gestiscono il pacchetto di controllo della banca partecipata ma non possono esercitare attività bancaria; i dividendi sono intesi come reddito strumentale ad un'attività istituzionale (quella indicata nello Statuto), che deve perseguire «fini di interesse pubblico e di utilità sociale»;
   nella prima fase (1990-1997), prevale una ambiguità di fondo: attività bancaria e finalità istituzionali sono ancora piuttosto confuse, anche perché le fondazioni bancarie da un lato devono controllare la banca e dall'altro devono perseguire scopi non di lucro;
   l'unico elemento chiaro di attività «sociale» delle fondazioni bancarie si ritrova nel dettato della legge n. 266 del 1991 istitutiva delle organizzazioni di volontariato: l'articolo 15 che dispone che un quindicesimo dei proventi di questi enti venga devoluto ai fondi regionali per il volontariato. L'evoluzione normativa degli anni seguenti mira proprio ad eliminare questa confusione: un sistema misto di incentivi e vincoli mette in moto il mercato, nonostante la regolamentazione delle attività istituzionali sia ancora carente;
   la legge delega n. 461 del 1998 e il successivo decreto legislativo n. 153 del 1999 afferma l'idea per cui le fondazioni devono operare nel mondo non-profit, pur potendo conservare una certa vocazione economica (ma sempre nell'ambito degli scopi non lucrativi). Il decreto, nel testo vigente, individua i settori ammessi (famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologie e disturbi psichici e mentali; ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; arte, attività e beni culturali) nell'ambito dei quali le fondazioni scelgono, ogni tre anni, non più di cinque settori rilevanti. Le fondazioni bancarie possono così assumere la struttura di «fondazioni grant-making» (erogare denaro ad organizzazioni non profit che operano nei sei settori individuati) oppure possono scegliere quella di «fondazioni operative», svolgendo direttamente attività d'impresa nei suddetti settori, attività strumentale al raggiungimento dello scopo di utilità sociale;
   tale assetto legislativo necessitava di alcuni aggiustamenti, poiché vi era una dispersione di impiego dei proventi patrimoniali da parte delle fondazioni (che erogavano «a pioggia» importi modesti e solo in alcune aree del Paese);
   la legge del 1998 introduce perciò la «programmazione triennale» dell'attività delle fondazioni e indebolisce il legame fondazioni-banche, affidando la partecipazione a delle «società di gestione del risparmio» (scelte con gare pubbliche) ma soprattutto ribadisce l'appartenenza della materia al diritto privato e non al diritto pubblico;
   il ruolo delle fondazioni bancarie e la natura giuridica di soggetti privati non profit sono stati definitivamente chiariti dalla sentenza n. 300 del 2003 della Corte Costituzionale che le ha confermate come «persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale» il cui scopo è quello di contribuire alla realizzazione di interessi di carattere generale in determinati settori;
   conseguentemente si sono attribuite lo status di enti non commerciali e come tali non soggetti a tassazione per ritenuta sui dividendi ed interessi;
   la Corte di cassazione aveva investito la Corte di giustizia europea, al fine di verificare se il regime fiscale degli enti in questione fosse un aiuto di Stato e come tale non applicabile ove non preventivamente dichiarato incompatibile con il mercato comune della Commissione europea;
   la risposta della Corte di Lussemburgo (sentenza 10 gennaio 2005 C. 222/04) era nel senso che, pur difettando la qualità d'impresa (soggetta al regime degli aiuti) nel soggetto che si limiti alla gestione di partecipazioni, il contrario era da ritenersi nel caso in cui l'ente detentore svolgesse una concreta influenza nella gestione dell'impresa bancaria. In altre parole, era necessario verificare caso per caso se la fondazione si fosse concretamente ingerita nella gestione della banca, e non bastava, per escludere l'applicabilità della disciplina comunitaria degli aiuti, che le finalità indicate nello statuto non fossero di natura commerciale;
   sulla base di tale pronuncia la Corte di cassazione, con sentenza delle sezioni unite n. 27619 del 2006, dichiarò che, per beneficiare del regime fiscale degli enti non profit, la fondazione avrebbe dovuto dimostrare una totale assenza di ingerenza nella gestione dell'impresa bancaria. La successiva giurisprudenza della Corte si adeguò pienamente a tale indirizzo e un'ulteriore conferma giunse con la sentenza delle sezioni unite civili n. 1576 del 2009;
   senonché, l'articolo 23, comma 16, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto la disapplicazione delle sanzioni irrogate alle fondazioni bancarie per le indebite detrazioni agevolative (aliquota irpeg ridotta a metà, esonero dalla ritenuta sui dividendi) indicate nelle proprie dichiarazioni dei redditi. In questo modo, le fondazioni bancarie possono chiudere i loro contenziosi con l'Agenzia delle entrate, subentrata al Ministero dell'economia e delle finanze nella gestione dei contenziosi riferiti al periodo antecedente alla disciplina fiscale delle fondazioni bancarie;
   le 89 fondazioni bancarie hanno un patrimonio di 58 miliardi di euro, e una capitalizzazione finanziaria di circa 150 miliardi e continuano ad essere esentate dal pagamento di una serie di imposte –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere, alla luce della crisi economica e sociale che il Paese sta attraversando, per una rivisitazione della legislazione in materia di fondazioni bancarie al fine prevedere, così come l'amministrazione finanziaria aveva in un primo tempo inteso, che il trattamento fiscale ad esse applicato sia equiparato a quello ordinario in essere per le imprese. (4-01821)


   RUGHETTI, DE MARIA, MARTELLA, LORENZO GUERINI, VERINI, GIACHETTI, BOSCHI, BONACCORSI, ANZALDI, BINI, DE MENECH, PASTORINO e GUERRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'anno 2013, come peraltro già il 2012, prosegue nel segno dell'incertezza per i comuni, che a tutt'oggi non conoscono ancora le grandezze finanziarie necessarie per predisporre i bilanci, la cui scadenza, fissata al 30 settembre, è ormai imminente;
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha disposto la riduzione delle risorse destinate ai comuni di un importo pari al 2 miliardi e 250 milioni di euro per l'anno 2013; entro il 15 febbraio 2013 un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto disporre il riparto su base territoriale; tuttavia, tale decreto ministeriale non è stato adottato nei tempi previsti;
   il Governo, in sede di conversione del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, ha ulteriormente modificato la base di calcolo ma, ad oggi, non è stato ancora emanato il decreto di ripartizione del taglio delle assegnazioni statali: la conoscenza esatta di questo importo è propedeutica alla costruzione del bilancio di previsione, sia relativamente agli equilibri, sia al fine del rispetto del patto di stabilità interno;
   entro la data del 30 aprile 2013, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, si sarebbe dovuto emanare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel quale stabilire la quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, per l'alimentazione del fondo di solidarietà comunale che integra le risorse a disposizione dei comuni: atto che, allo stato attuale non risulta ancora emanato;
   permangono inoltre, i problemi legati all'introduzione nel 2012 dell'IMU sperimentale che ha prodotto un'ulteriore riduzione delle risorse comunali per circa 400 milioni e della nuova TARES che potrebbe aumentare anche del 60 per cento il prelievo per diverse categorie di contribuenti;
   infine, è ancora irrisolto il tema del sistema di riscossione coattiva che i comuni dovrebbero prepararsi ad applicare e questo fatto genera grandi incertezze sull'equilibrio di parte corrente delle spese e sul mantenimento dei saldi programmati che dipendono, sempre di più, dal livello di entrate;
   il quadro esposto è fonte di grande preoccupazione sia per gli amministratori degli enti locali (sindaci) sia per i cittadini poiché l'impossibilità materiale di predisporre il bilancio di previsione non consente una adeguata programmazione della spesa e degli investimenti e rende incerto lo svolgimento di funzioni e servizi fondamentali –:
   se il Governo non ritenga necessaria l'adozione di un provvedimento urgente per fornire ai comuni, nel più breve tempo possibile, i dati necessari per approvare il bilancio di previsione ed evitare, in questo modo, di far ricadere tali enti nella condizione di cui all'articolo 163, comma 1, della legge 18 agosto del 2000, n. 267, che determinerebbe la conseguenza di poter effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. (4-01827)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   in una audizione svoltasi l'11 settembre 2013 nella Commissione ambiente della Camera sia il Ministro per le politiche europee, Enzo Moavero Milanesi, sia il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando hanno ribadito che a fine settembre 2013 Malagrotta va chiusa per raggiunti limiti di capienza ed hanno escluso ulteriori proroghe;
   a Roma sarebbe stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale;
   la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale;
   secondo quanto riportato da organi di stampa sussistono anche gravi preoccupazioni circa la possibile infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti a Roma e nel Lazio;
   il commissario, Goffredo Sottile è tenuto, come previsto dal decreto di nomina, a produrre un Piano degli interventi con relativo quadro economico-finanziario e che tali interventi non devono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
   si è conclusa in questi giorni l'indagine della Guardia di finanza sulla società Ecofer ambiente srl, richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Orlando al fine di fugare i sospetti di infiltrazioni della malavita organizzata sulla società che gestirà la prevista discarica di rifiuti solidi urbani di Roma, sita in località Falcognana;
   l'indagine, avviata dalla direzione distrettuale antimafia e della Guardia di finanza era tesa ad accertare l'assetto societario della Ecofer e la proprietà dell'area individuata;
   da notizie diffuse sulla stampa si apprende che nella relazione che trasmessa al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, si parla di pendenze che interessano i soci della Ecofer ambiente srl, per reati fiscali e ambientali;
   in tale ipotesi, appare sconcertante che la pubblica amministrazione possa intrattenere rapporti contrattuali con soggetti che potrebbero incorrere in condanne di rilevanza tale da impedire la prosecuzione dei compiti ad essi assegnati –:
   se vi siano procedimenti per reati fiscali ed ambientali che si stanno svolgendo nei confronti della società Ecofer, e se ne siano noti gli esiti;
   se la società medesima sia attualmente nelle condizioni giuridiche per poter trattare o sottoscrivere contratti con la pubblica amministrazione e se lo sarà in futuro in caso di eventuale condanna;
   quali iniziative intenda prendere il Governo per prevenire, in ogni caso, l'infiltrazione di interessi criminali nel ciclo dei rifiuti a Roma.
(2-00210) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dal 13 settembre, i tribunali di Cantù, Erba e Menaggio sono stati definitivamente soppressi per effetto della riforma della geografia giudiziaria di cui al decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 155;
   per il tribunale di Como si prospetta l'effettivo rischio di una vera e propria paralisi in quanto, alle già circa cinquemila cause civili che tratta ogni anno, da settimana prossima si aggiungeranno anche gli oltre mille fascicoli provenienti dai sopra indicati tribunali soppressi;
   lo stesso presidente del tribunale di Como, benché in principio favorevole alla revisione della geografia giudiziaria voluta dall'attuale Ministro della giustizia, ha ora ammesso che il Tribunale di Como «è in affanno e, dal 13 settembre, tutto si complicherà»;
   con un organico di 10 magistrati che emettono, ogni anno, non più di 100 sentenze ognuno il tribunale di Como si troverà a dover dedicarsi per il prossimo anno giudiziario solo ad espletare il lavoro che arriverà dalle sedi di Cantù, Erba e Menaggio, paralizzando completamente la propria attività ordinaria;
   tale blocco dei lavori vedrà penalizzati principalmente i cittadini che si rivolgono al servizio giustizia per la tutela e il riconoscimento dei propri diritti, i quali, oltre a dover già attendere in media 3 anni per una sentenza civile, vedranno tali tempi dilatarsi ancora di più per effetto della riforma e della soppressione delle sedi giudiziarie;
   preoccupazione per gli effetti della riforma è stata espressa, oltre che dal presidente del tribunale di Como, anche dall'avvocato Claudio Bocchietti, ex presidente della camera civile;
   tali disagi erano comunque prevedibili, tanto che in più occasioni e da mesi è stata chiesta dal gruppo Lega Nord e Autonomie una proroga della riforma proprio –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione del tribunale di Como, quali provvedimenti intenda porre in essere per prevenire ed evitare la situazione di crisi in cui versa il tribunale di Como, se non ritenga opportuno prevedere una proroga o deroga della riforma in essere, anche alla luce degli effettivi negativi della stessa. (4-01820)


   VELO, MANCIULLI, GELLI, GIACOMELLI, FREGOLENT, MARIANI, BINDI, LOCATELLI, VALERIA VALENTE, FOSSATI, MARANTELLI, CENNI, BOSCHI, BONIFAZI, BONACCORSI, SANI, ROCCHI, RACITI, MARCHI, BINI, PARRINI, NARDELLA, LUCIANO AGOSTINI, TIDEI, FANUCCI, BELLANOVA, ERMINI, CARNEVALI, BONAFÈ, BIFFONI e NARDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come previsto dal decreto legislativo del 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, il 13 settembre 2013 saranno soppressi i tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al decreto medesimo;
   tra le sezioni distaccate per le quali è prevista la soppressione vi è anche quella di Portoferraio, sull'isola d'Elba, la cui soppressione rischia di produrre notevoli ripercussioni negative per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia, anche solo in considerazione del fatto che per raggiungere Livorno ci vogliono almeno 4 ore di viaggio in condizioni normali;
   il decreto legislativo di riordino della geografia giudiziaria prevede, tuttavia, anche un periodo di tempo, pari a 5 anni, a disposizione dei presidenti dei tribunali per la gestione delle chiusure, in considerazione delle diverse situazioni presenti sul territorio;
   il 6 settembre 2013 si terrà un incontro con i sindaci dell'isola ed i rappresentanti degli operatori della giustizia, anche al fine di far presente al prefetto di Livorno la delicata situazione che si verrebbe a creare a seguito dell'imminente chiusura della sezione distaccata di Portoferraio;
   il 28 agosto 2013 sono state comunicate da parte del Ministero interpellato alcune deroghe alle previste soppressioni di sedi di tribunali –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interpellato intenda adottare al fine di consentire, nei termini previsti dal decreto legislativo di riordino della geografia giudiziaria italiana, il mantenimento della piena operatività della sezione distaccata di Portoferraio, anche valutando la possibilità di concedere la deroga per la sede in questione. (4-01825)


   COSTANTINO e AIELLO. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 settembre 2013 ha avuto inizio lo sgombero dei locali del tribunale di Cinquefrondi, sito nella provincia di Reggio Calabria;
   la sede giudiziaria è operativa dagli anni ’90 e comprende circa 100.000 abitanti della provincia di Reggio Calabria, fungendo, altresì, da sede degli uffici del giudice di pace, per un bacino di utenza complessiva di circa 40.000 abitanti;
   la chiusura della sede distaccata di Cinquefrondi del tribunale di Palmi, oltre a non rispondere alle esigenze di riduzione della spesa volute dal Governo Monti, in
quanto la proprietà dell'immobile è del Ministero della giustizia e i dipendenti verranno trasferiti in toto presso il tribunale di Palmi, produrrebbe un negativo impatto socio-economico su un territorio già piegato e privo di molti servizi essenziali, nonché un rallentamento pericoloso della macchina giudiziaria nella piana di Gioia Tauro;
   considerato l'alto tasso di criminalità organizzata presente nel territorio della. Piana di Gioia Tauro, il rilevante numero di pendenze presso il citato tribunale (2.500 procedimenti civili e 1.500 penali), nonché il notevole indice di produttività della sezione pianigiana – che, nel solo 2012, ha definito circa 1.100 processi penali ed emesso circa 500 sentenze civili – appare evidente che la sede di Cinquefrondi non può essere privata di tale presidio di giustizia;
   la suddetta sede, negli ultimi anni, è stata ristrutturata e dotata di un ampio parcheggio per gli utenti del tribunale e intorno ad essa si è sviluppato un forte indotto commerciale che presto sarà abbandonato, privando il territorio, già molto povero, di risorse economiche significative –:
   quali siano i motivi per i quali siano stati finanziati lavori per ammodernare la sede distaccata di Cinquefrondi, che sarà probabilmente destinata a fungere solo da archivio, mentre la sede centrale è ancora caratterizzata da una struttura fatiscente e appare inadatta ad accogliere l'ingente mole di lavoro in arrivo dalla sede distaccata citata;
   quali iniziative, anche a fronte delle proteste avviate in questi giorni in loco e dello sciopero della fame messo in atto dai cittadini del territorio, il Ministro in indirizzo intenda adottare per garantire a Cinquefrondi un efficiente presidio di giustizia penale e civile, mettendo in particolare in condizione i lavoratori ivi impiegati di continuare a garantire l'efficienza del servizio che hanno sempre offerto agli utenti della giustizia. (4-01828)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto Marco Polo di Tessera, Venezia, rappresenta, insieme al polo di Treviso, il terzo scalo intercontinentale italiano con oltre 10 milioni di passeggeri registrati nell'anno 2012 e più di 1.000 collegamenti settimanali;
   la società SAVE esercita, per concessione dell'allora Ministero dei trasporti e della navigazione, in applicazione della legge 24 dicembre 1986 n. 938, la gestione totale dell'Aeroporto Marco Polo, per una durata complessiva di 40 anni;
   la direttiva 96/67/CE del 15 ottobre 1996, attuata in Italia con decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, ha sancito la liberalizzazione all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità, con conseguente abbassamento della qualità dei servizi offerti ai passeggeri;
   a norma della convenzione di concessione, stipulata tra SAVE ed ENAC nel 2001, al gestore aeroportuale è consentito l'affidamento in subconcessione di aree e locali destinati alle attività aeroportuali, intendendosi come tali sia le attività aeronautiche sia altre attività quali, ad esempio, le attività commerciali, la logistica e quelle finalizzate alla somministrazione di utenze e servizi ad enti pubblici e privati;
   Ata srl è una delle tre società private di handler, insieme a GH e AVIA PARTNER, che dovrebbe garantire i servizi a terra per passeggeri e compagnie aeree, all'interno dell'aerostazione dell'aeroporto Marco Polo;
   a norma dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 18 del 1999, l'ENAC verifica l'idoneità dei prestatori di servizi di assistenza a terra, subordinata al possesso dei requisiti di idoneità atti a garantire «idonei standard di qualità e sicurezza» e rilascia, a fronte di detta verifica, un certificato di prestatore di servizi di assistenza a terra;
   tra i requisiti di idoneità, di cui all'articolo 13, sono ricompresi, in particolare, il possesso delle «risorse strumentali e delle capacità organizzative idonee in relazione alle categorie di servizio» che il prestatore intende svolgere, nonché dell’«attestato comprovante il rispetto degli obblighi derivanti dalla legislazione sociale e sulla sicurezza del lavoro»;
   è di questi giorni la notizia dei gravi e ripetuti disservizi che hanno colpito l'aeroporto Marco Polo, tra cui i continui ritardi sui voli in partenza e in arrivo, i rallentamenti nelle operazioni di carico e scarico, il blocco delle sale adibite a smistamento a causa della presenza di migliaia di valigie, gli aerei decollati con le valigie dei passeggeri rimaste a terra, dopo ore di attesa per essere caricate;
   già a partire dal mese di febbraio 2013, i sindacati veneti hanno sollevato le numerose criticità legate alle condizioni di lavoro dei dipendenti delle società di handler, tra cui la sicurezza dei bus, spesso rotti che trasportano i passeggeri dall'aerostazione alla scaletta dell'aeroplano, gli organici troppo ridotti, la mensa e le indennità economiche;
   nonostante vengano quotidianamente violati i target relativi alla puntualità dei voli e alla riconsegna bagagli, ad oggi SAVE ed ENAC, anche a fronte delle ripetute sollecitazioni, a quanto consta agli interroganti non sono in alcun modo intervenute né hanno fornito adeguate risposte in merito alla vicenda –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla gravità delle carenze organizzative e degli inadempimenti dei livelli di qualità dei servizi resi all'utenza aeroportuale presso l'aeroporto Marco Polo di Venezia;
   se siano state intraprese tutte le azioni necessarie volte ad assicurare che le attività svolte dai prestatori di servizi siano effettivamente condotte nel rispetto dei requisiti previsti dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 18 del 1999;
   se il gestore aeroportuale SAVE, in conformità con la normativa vigente, abbia correttamente assicurato la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra;
   se siano state rispettate, da parte dei prestatori di servizi certificati, le procedure e gli standard di qualità dei servizi aeroportuali previsti dal regolamento di scalo e dalla carta dei servizi dei gestori approvati dall'ENAC;
   se siano altresì rispettati gli obblighi derivanti dalla legislazione sociale e sulla sicurezza del lavoro;
   se, con riferimento ai requisiti tecnici e organizzativi delle imprese, di cui all'articolo 8 del regolamento ENAC, siano state altresì rispettate le previsioni relative alla formazione, addestramento, qualificazione del personale e relativo aggiornamento, nonché se sia stato previsto il personale sufficiente e tutti i mezzi idonei per lo svolgimento dei servizi di assistenza a terra;
   se, a norma dell'articolo 16 del proprio regolamento, l'ENAC abbia instaurato un'adeguata attività di sorveglianza sull'operato dei prestatori di servizi, attraverso un programma di verifiche periodiche, per riscontrare il mantenimento dei requisiti di certificazione per detta opera di sorveglianza;
   se non siano sopravvenute modifiche nel possesso degli standard di sicurezza, qualità e tutela dell'ambiente accertati ai fini dell'autorizzazione alla sub concessione dei prestatori;
   se non si ritenga altresì opportuno dare avvio ad un'attività di sorveglianza sul mantenimento dei requisiti di certificazione, acquisendo tutti gli elementi per verificare che la gestione venga svolta secondo parametri di efficienza, efficacia ed economicità;
   se non si ritenga che siano parimenti sopravvenute delle modifiche nel possesso, da parte del prestatore, del requisito di una «situazione finanziaria sana» di cui all'articolo 7 del regolamento ENAC, «in grado di garantire la sostenibilità dei costi fissi e operativi ed il mantenimento degli standard di regolarità, qualità e sicurezza relativamente ai servizi da espletare»;
   se il Governo non ritenga che i gravi disservizi dell'aeroporto di Venezia siano imputabili ad inadempienze dei prestatori di servizi, che compromettono la regolarità, la sicurezza e la qualità del servizio reso all'utenza aeroportuale;
   se non ritenga opportuno, a fronte dello scenario qui delineato, predisporre un'indagine approfondita sui gravi disservizi che continuano a caratterizzare l'aeroporto di Venezia, valutando, se del caso, ogni iniziativa idonea a far avviare ad ENAC un procedimento di verifica di quanto esposto in premessa, che possa, in caso di esito positivo, comportare l'annullamento del certificato di idoneità rilasciato ai prestatori di servizi di assistenza a terra. (4-01818)


   NICCHI e DURANTI. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2013, come riportato da praticamente tutti quotidiani, Papa Francesco ha visitato a Roma il centro Astalli per i rifugiati, gestito dai Gesuiti per ospitare i migranti;
   durante il suo discorso al centro Astalli per i rifugiati, nel centro di Roma, gestito dai Gesuiti per ospitare i migranti, ha sostenuto l'idea di riutilizzare i monasteri non più in uso per ospitare i profughi in cerca di un riparo. Queste strutture, ha sottolineato il Pontefice, non servono alla Chiesa per essere trasformate in alberghi e per guadagnare i soldi;
   durante la visita il Papa ha incontrato una rappresentanza degli ospiti del centro, ribadendo come occorra accompagnare con gesti concreti il percorso di integrazione di immigrati, profughi e rifugiati;
   la proposta del Papa, che suona come una vera e propria rivoluzione all'interno della Chiesa, non deve rimanere lettera morta, ma può e deve essere raccolta anche dal nostro Governo e dagli enti territoriali del nostro Paese;
   soprattutto in una fase di profonda crisi e di sofferenza sociale come quella che sta attraversando, è quanto mai necessario pensare di rimettere alla comunità i beni immobili che non vengono utilizzati – a cominciare dagli immobili della difesa non più in uso – per finalità sociali –:
   se non si ritenga necessario avviare una collaborazione tra Governo centrale, regioni ed enti locali, con il coinvolgimento delle medesime diocesi, nonché dell'associazionismo e del volontariato, al fine di avviare in tempi rapidi una programma per l'individuazione degli immobili inutilizzati nelle disponibilità dei suddetti soggetti, da recuperare e utilizzare per finalità sociali. (4-01832)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   la presenza di numerosi insediamenti abitativi di decine di migliaia di cittadini nelle immediate adiacenze ai siti interessati – Castel di Leva, Divino Amore, Falcognana, Spregamore, Selvotta, Monte Migliore, Colle dei Pini, Santa Palomba, Santa Fumia, Palazzo Morgana, Paglian Casale;
   lo stato di grande agitazione sociale tra la popolazione dei quartieri Selvotta, Schizzanello, Trigoria, Monte Migliore, Spregamore, Falcognana, Santa Fumia, Castel Di Leva, Santa Palomba rischia di innescare situazioni di pericolo per l'ordine pubblico;
   i cittadini della zona, dopo i blocchi di via Ardeatina e dell'uscita 24 del grande raccordo anulare di Roma, hanno avviato, nella serata dell'8 agosto 2013, lo sciopero della fame e della sete contro la realizzazione di tale discarica al Santuario del Divino Amore –:
   se il Ministro interrogato sia stato informato dalle autorità preposte della grave situazione creatasi che destabilizza l'ordine pubblico;
   come intenda provvedere affinché la pacifica protesta degli abitanti sia tutelata senza trascendere in casi di cronaca;
   se sia stato interpellato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la gestione della condizione di crisi che è destinata a protrarsi nel mese di agosto, mese già di per sé complicato per la gestione della pubblica sicurezza;
   se siano state effettuate, o siano in corso, in base alla vigente normativa antimafia, verifiche utili a prevenire rischi di infiltrazione della criminalità organizzata.
(2-00208) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARISI e FAENZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 giugno 2013, il questore di Siena ha emanato un'ordinanza avente per oggetto l'impiego di personale presso i corpi di guardia. Il suddetto provvedimento prevede che, per sopperire alle esigenze di sostituzione dei corpi di guardia, l'ufficio servizi possa attingere personale anche dal nucleo poliziotto di quartiere; tale decisione determina che gli agenti in servizio presso il nucleo poliziotto di quartiere, recentemente ridotti da 6 a 4 unità, sebbene una circolare ministeriale del 2002 lo vieti tassativamente, possano essere impiegati anche nei servizi di ordine pubblico, volante 113 e piantonamenti presso i vari corpi di guardia;
   a giudizio degli interroganti quanto esposto in precedenza rischia di provocare un ridimensionamento dell'importante figura del poliziotto di quartiere e genera gravi problemi di tutela dei cittadini, rendendo, quasi impraticabile, tale servizio, che ha raggiunto, fin dalla sua istituzione, importanti risultati garantendo la sicurezza per i cittadini;
   gli interroganti rilevano come la questura suddetta risulti essere carente di personale, impiegato tra l'altro in modo disomogeneo e non considera i profili professionali, dei ruoli e delle capacità; gli interroganti evidenziano altresì che se si fossero considerate le reali esigenze di tutela della cittadinanza e di effettivo controllo del territorio non si sarebbe dovuto ricorrere all'impiego di personale di altri uffici, quali quelli operativi per i turni ai corpi di guardia, così come risulta altresì impensabile che si demandi al nucleo poliziotto di quartiere di svolgere una pluralità di servizi che non rientrano nella sua competenza;
   appaiono discutibili ed illogiche a giudizio degli interroganti le decisioni adottate dal questore di Siena, il quale oltre a non aver ascoltato adeguatamente le sollecitazioni provenienti dalle rappresentanza sindacali della Polizia di Stato, in un'ottica di normale confronto, ha accresciuto le problematiche che coinvolgono la città senese, nell'ambito della sicurezza e della tutela dei cittadini da parte delle forze di polizia;
   il poliziotto di quartiere rappresenta, infatti per la città di Siena, un importante punto di riferimento per la sua competenza e professionalità, tale da essere riconosciuto indispensabile sia per il suo particolare addestramento, sia per l'operato giornaliero, nonché per il servizio che ogni giorno rende ai cittadini;
   il bilancio di dieci anni di attività della suddetta figura è stato tra l'altro, riconosciuto, da tutte le istituzioni locali e dallo stesso Questore, positivo e indispensabile per tutelare i cittadini;
   risulta indispensabile in definitiva intervenire attraverso un potenziamento dell'organico del personale della polizia di Stato nei confronti della città di Siena, i cui profili di criticità in precedenza esposti richiedono misure di sostegno da parte del Ministro interrogato –:
   se sia a conoscenza della situazione riportata in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di evitare il ridimensionamento della figura del poliziotto di quartiere che rappresenta un importante e fondamentale punto di riferimento per la cittadinanza senese e per le istituzioni locali. (4-01819)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le cronache ci raccontano come esistano siti internet, forum e moschee per chi, non essendo nato in un Paese o una famiglia musulmana, ha deciso di abbracciarne la cultura e la religione fino al punto di trasformarsi in uno shahid, un martire;
   articoli di stampa ricordano come Stati di religione musulmana abbiano aperto inchieste sulle moschee: il punto nodale dell'inchiesta è chiaro: appurare se, come tutto lascia pensare, le moschee oggi guidate da imam vicini all'integralismo (come quelli salafiti) facciano delle elemosine un uso, per così dire, spregiudicato;
   le moschee grazie anche alle loro grandi disponibilità economiche, si sarebbero lentamente trasformate in «uffici di rappresentanza» della jihad, agendo come centri di reclutamento, formazione ed addestramento degli aspiranti miliziani;
   la moschea, non è semplicemente un luogo di culto. Come ha scritto il gesuita padre Khalil Samir, che da anni studia la questione, in un articolo su La Civiltà Cattolica «la moschea, in quanto centro socio-politico-culturale musulmano, non può entrare nella categoria dei “luoghi di culto”, non essendo esclusivamente un luogo di preghiera». La moschea è un centro dove la comunità si raduna per affrontare questioni culturali, sociali e politiche, oltre che religiose. Nella moschea si trova normalmente, oltre a una scuola islamica, un tribunale coranico che – come è noto – non si occupa solo di questioni strettamente religiose;
   si sta assistendo alla crescente proliferazione di nuovi centri culturali e/o luoghi di culto islamici nel milanese;
   a tal proposito le cronache locali della provincia di Milano riportano dell'imminente apertura di un luogo di culto ovvero di centro di aggregazione per persone di fede islamica nel comune di San Giuliano Milanese;
   parimenti stando alle notizie pubblicate sulla stampa, sembra che a Melegnano i cittadini potrebbero assistere a breve all'apertura di un centro culturale, che come la storia insegna diventerà anche luogo di culto –:
   se il ministro sia a conoscenza della situazione e non intenda rafforzare le strutture di controllo concentrate sulle attività dei luoghi di culto islamici, seguendo le indicazioni che pervengono anche dai Paesi islamici, soprattutto per i centri di nuova apertura, al fine di dare sicurezza ai cittadini in un momento di grande fermento del mondo arabo.
(4-01822)


   POLVERINI. —Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 1, della legge 23 novembre 2012, n. 215, recante «disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni» modifica l'articolo 6 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, garantendo la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia e stabilendo l'obbligo di adeguare entro sei mesi dall'entrata in vigore della predetta legge i propri statuti e regolamenti alle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, come modificato dal comma 1 del predetto articolo 1;
   in data 5 e 6 maggio 2012 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Altavilla Irpina (AV);
   in data 16 maggio 2012 il sindaco comunicava al consiglio comunale la composizione della giunta comunale formata da soli uomini;
   in data 18 dicembre 2012, i consiglieri comunali Mario Vanni e Silvestro Iuliano del movimento civico «liberi per Altavilla», depositavano agli atti dell'ente una richiesta di convocazione del Consiglio Comunale, con all'ordine del giorno la modifica dell'articolo 54 del vigente statuto comunale per l'introduzione della obbligatorietà del principio di parità di genere in Giunta Comunale;
   contravvenendo a quanto espressamente previsto dalla legge, ed alla proposta della minoranza, la maggioranza non solo non ottemperava all'obbligo, ma deliberava in consiglio comunale (leggasi delibera c.c. n. 3 del 7 gennaio 2013), una variazione dello statuto, abrogando al comma 2 del citato articolo 54 le parole «o all'esterno», modificandolo nell'attuale versione «il Sindaco nomina gli Assessori scegliendoli all'interno del Consiglio Comunale», al fine di eliminare l'eventuale figura dell'assessore esterno e di impedire l'applicazione della prescrizione normativa, essendo il consiglio comunale composto di soli uomini;
   ciò nonostante che il segretario comunale nella medesima seduta giudicasse la proposta della minoranza «.... in sintonia con i recenti interventi normativi, e quindi legittima in ordine al merito, in armonia con i dettami legislativi di cui alla Legge n. 215/2012» – (parere trasmesso al sindaco ed al Presidente del Consiglio in data 3 gennaio 2013);
   in data 1o luglio 2013 con nota prot. 12455/13-12/area II il prefetto di Avellino richiamava l'attenzione dei sindaci della provincia all'obbligo degli enti locali di adeguare gli statuti e i regolamenti alle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo 267/2000, come modificato dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 2012 n. 215, entro il 26 giugno 2013;
   l'interrogante ravvisa una palese, reiterata e voluta condotta che ha portato alla violazione di legge, considerati i ripetuti solleciti da parte del gruppo consiliare «liberi per Altavilla», della consigliera alle pari opportunità dottoressa Lomazzo e di sua eccellenza il prefetto di Avellino –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite del prefetto, sulla vicenda di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare, anche promuovendo intese con le autonomie locali, al fine di assicurare una piena ed efficace applicazione della vigente normativa e di favorire il riequilibrio delle rappresentanze di genere all'interno delle giunte comunali e provinciali. (4-01824)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'evasione fiscale sottrae allo Stato oltre 120 miliardi di euro ogni anno, corrispondenti a circa l'8 per cento del prodotto interno lordo italiano;
   secondo un rapporto della Guardia di finanza esistono 19 tipi di evasione fiscale;
   nei primi mesi del 2013 sono stati individuati circa 5000 evasori fiscali, debitori di circa 17 miliardi di euro;
   nel 2012 lo Stato italiano ha recuperato 12,5 miliardi di euro, ovvero poco più del 10 per cento del totale evaso;
   un rapporto della Corte dei Conti ha analizzato il periodo intercorrente tra il 2000 ed il 2012, rilevando come su 807 miliardi di euro evasi ne siano stati recuperati solo 70;
   un'inchiesta trasmessa il 9 settembre 2013 su Rai 3 dal programma «Presa Diretta», intitolata «Soldi sporchi», ha mostrato con chiarezza le pratiche d'infiltrazione della camorra di Casal di Principe nell'economia veneta, in particolare nel settore edilizio;
   i casalesi, guidati dal boss Mario Crisci, hanno per anni utilizzato una società finanziaria di nome «Aspide», che ufficialmente si occupava di prestiti e di recupero crediti, per avvicinare piccoli imprenditori locali in difficoltà a causa della crisi economica ed impossibilitati dall'ottenere prestiti e fidi dalle banche, erogar loro crediti a tassi fortemente usurari (dal 15 per cento al 180 per cento mensili) ed infine costringerli a cedere le proprie attività economiche (imprese, società e beni valutati nell'ordine di svariati milioni di euro), spesso senza alcun corrispettivo economico, dovendo anzi gli imprenditori occuparsi del pagamento delle spese connesse alle vendite, come riportato anche dall'articolo «“Gomorra” in Veneto: 25 arresti – Estorcevano denaro alle aziende” pubblicato il 14 aprile 2011 nell'edizione online del Corriere del Veneto»;
   gli imprenditori che non riuscivano a pagare secondo le tempistiche dettate dai camorristi erano vittime di minacce e di brutali pestaggi, testimoniati da intercettazioni telefoniche eseguite dalla direzione investigativa antimafia di Padova;
   l'operazione denominata «Serpe» della Dia padovana è riuscita, tramite l'infiltrazione di un imprenditore, Rocco Ruotolo, che aveva denunciato l'essere stato avvicinato dalla società «Aspide» ed era stato quindi utilizzato per incunearsi nell'organizzazione criminale, a portare all'arresto di numerosi affiliati alla camorra del casertano;
   le indagini della direzione investigativa antimafia hanno portato alla luce come i casalesi fossero in possesso di oltre un milione di euro da investire nell'acquisto di società del Nord est (più di 100), da utilizzare principalmente per riciclare il denaro proveniente da altre attività illecite;
   l'organizzazione in questione utilizzava anche persone venete, tra cui Christian Tavino, ex poliziotto condannato a 16 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso addetto alla riscossione dei crediti, alle estorsioni ed alle intimidazioni, per instaurare negli imprenditori avvicinati una falsa sensazione di tranquillità e di fiducia;
   il suddetto Tavino, intervistato da «Presa Diretta» nel corso della già citata puntata del 9 settembre ha affermato che i casalesi capeggiati dal boss Crisci avrebbero anche finanziato traffici di cocaina e hashish (quest'ultimo spedito in Sardegna tramite un carico di pesce spada farcito di droga);
   sempre nella stessa intervista, Christian Tavino ha raccontato che i casalesi erano diventati una sorta con di società di consulenza per gli imprenditori che non volevano o non potevano più pagare i debiti del fisco;
   Tavino ha confermato alcune passate affermazioni di Crisci spiegando che le aziende col consenso degli imprenditori, venivano chiuse una volta accumulati gravosi debiti nei confronti del fisco e riaperte immediatamente dopo con lo stesso nome senza più debiti, distribuendosi così soldi risparmiati tra l'imprenditore, i casalesi ed il prestanome;
   dal racconto di Tavino risulta che, oltre a favorire l'evasione fiscale, Crisci e l'organizzazione criminale si occupavano anche di riciclare il denaro dei fondi neri degli imprenditori, attraverso rapporti con banche compiacenti, alcune delle quali consapevoli delle attività di usura legate al Crisci ed alla società «Aspide» e spesso pronte a suggerire le modalità più sicure per i camorristi (ad esempio, l'apertura di cassette di sicurezza, le modalità più sicure per versare soldi senza incappare in controlli approfonditi), ricevendone in cambio i direttori regali di vario tipo;
   per le operazioni di compravendita di società venivano utilizzati notai che non hanno mai segnalato la «stranezza» di tali atti;
   le spese legate all'attività del notaio ed una cifra «per il disturbo» erano a carica degli imprenditori che non prendevano alcun corrispettivo per la vendita delle loro attività economiche;
   nello stesso programma televisivo è stato intervistato Roberto Saviano, che ha raccontato come le modalità descritte nell'inchiesta proposta da «Presa Diretta» siano replicate anche nel resto del Nord Italia, in particolare in Piemonte ed in Lombardia;
   Saviano ha sottolineato ulteriormente il legame intercorrente tra criminalità organizzata e banche citando come esempio l'inchiesta della direzione investigativa antimafia di Napoli che ha dimostrato come per un periodo al rifornimento liquido dei bancomat di una delle più importanti banche della zona provvedeva il clan Gallo, che gestisce il narcotraffico in Spagna;
   sempre nel corso dell'intervista rilasciata a «Presa Diretta» Saviano ha spiegato che, in fase di crisi economica, mafie e banche si alleano, perché alle banche serve liquidità e alla criminalità organizzata riciclare il denaro proveniente dagli affari illeciti;
   un servizio di Giulia Bosetti, sempre durante «Presa Diretta», ha narrato di altri casi (nel mantovano, ad esempio) di cessioni forzate a titolo gratuito di attività sane da parte di membri della criminalità organizzata, con minacce e percosse nei confronti degli imprenditori;
   solo il caso legato ai fratelli Catapano, che «salvavano» attività imprenditoriali in difficoltà passandole a prestanome di Castelvolturno e poi chiudendole in modo da non permettere più azioni creditorie da parte del fisco, tra il 2009 ed il 2011 avrebbe coinvolto 9 milioni e mezzo di euro di distrazioni patrimoniali, 5 milioni e mezzo di tasse evase, 24 milioni di guadagno e decine di aziende coinvolte;
   questa situazione si innesta in una congiuntura economica internazionale che fin troppo spesso mette in ginocchio chi decide di proseguire le proprie attività imprenditoriali in materia onesta, come dimostra l'enorme quantità di suicidi degli ultimi due anni (120 imprenditori, 9 al mese, principalmente nel Nord est);
   le banche hanno negli ultimi anni ridotto i finanziamenti alle imprese del Nord per 40 miliardi di euro e costretto a rapide coperture dei prestiti e fidi già erogati, mettendo in estrema difficoltà i piccoli imprenditori e creando vuoti che la criminalità organizzate sono state incredibilmente pronte a riempire;
   la cronaca racconta con sempre maggior frequenza di come le mafie si siano infiltrate nell'imprenditoria dell'Italia settentrionale e di come le banche siano spesso compiacenti e complici;
   è auspicabile che siano intraprese iniziative contro gli istituti bancari compiacenti rispetto alle criminalità organizzate;
   sarebbe altresì opportuno ad avviso dell'interrogante, pubblicare l'elenco degli istituti bancari che risultano coinvolti nelle vicende narrate e in quelle analoghe –:
   se i Ministri siano, per quanto di competenza, a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza siano state eventualmente adottate in merito;
   se non sia opportuno studiare misure urgenti per permettere ai piccoli imprenditori di accedere con maggior facilità al credito bancario, così che nessuno sia costretto a chiudere la propria attività aumentando i già drammatici livelli di disoccupazione, o a rivolgersi alle mafie per mancanza di alternative;
   se non si possano studiare e mettere in pratica modalità maggiormente incisive, rapide ed efficaci per l'ottenimento degli aiuti previsti per gli imprenditori vittime di usura e di vessazioni da parte della criminalità organizzata e che, invece di piegarsi ad essa, decidono coraggiosamente di denunciare il tutto alle autorità. (4-01830)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAUSI, COSCIA e CULOTTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la provincia regionale di Palermo è ente gestore dell'istituto provinciale di culture e lingue «Ninni Cassarà» che è riconosciuto, ai sensi della legge n. 62 del 2000 «scuola paritaria»;
   l'IPCL consta di 2 sedi principali a Palermo e sedi distaccate a Terrasini, Cefalù ed Alimena;
   tale istituto rappresenta un'istituzione fortemente radicata nel territorio provinciale del capoluogo, con una storia ultratrentennale e un riconoscimento della qualità dell'offerta formativa ampiamente condiviso dall'utenza, non a caso, in costante crescita per effetto della specificità del corso di studi che favorisce concrete opportunità occupazionali;
   in tal senso, il trend delle iscrizioni negli ultimi anni ha evidenziato un tasso di iscrizione e di frequenza elevato e costante, indice – appunto – dell'alto gradimento dell'istituto che oggi conta 1800 alunni iscritti e frequentanti;
   l'organico risulterebbe essere composto da circa 110 docenti a tempo indeterminato, 100 a tempo determinato, 32 unità di personale tecnico amministrativo;
   l'IPCL, non essendo presente nel territorio un omologo liceo linguistico statale, è attualmente l'unica scuola pubblica della provincia di Palermo ad assicurare formazione specifica del settore;
   trattandosi di scuola paritaria, ordinamenti, corsi ed orari sono praticamente conformi a quelli corrispondenti ad istituti statali ed i titoli di studio rilasciati godono di analogo valore legale, mentre il relativo personale di ruolo e supplente, inseritosi nelle graduatorie di istituto tramite bandi di concorso pubblico e con un regolamento relativo ai criteri di valutazione punteggio identico a quello statale, è assunto dall'amministrazione provinciale rispettivamente con contratti a tempo indeterminato e determinato per la copertura delle supplenze annuali e/o temporanee;
   con delibera n. 7 del 25 luglio 2013, il commissario straordinario della provincia regionale di Palermo ha approvato lo schema di convenzione tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la provincia regionale di Palermo per la statalizzazione del liceo linguistico «Ninni Cassarà» di Palermo;
   in base alla convenzione, il personale docente con contratto a tempo determinato, viene «dismesso» dalla cessazione «di validità delle graduatorie redatte dalla provincia regionale di Palermo e dall'istituto paritario di cultura e lingue N. Cassarà» cosicché «le cattedre disponibili e gli eventuali spezzoni orari saranno coperti mediante il sistema reclutamento previsto per il personale docente delle scuole statali»;
   dunque, la convenzione parrebbe arrecare gravi danni ai docenti precari dell'IPCL, che pure costituiscono una risorsa essenziale per il funzionamento dell'istituto, poiché si tratta di personale altamente qualificato che da anni contribuisce a garantire la qualità dell'offerta formativa oltre che una certa continuità didattica;
   in tal senso, i docenti precari – non solo restano esclusi dalle graduatorie statali il cui aggiornamento è previsto nel 2014 – ma non potranno neanche maturare il regolare punteggio annuale;
   eppure essi sono entrati nelle graduatorie dell'istituto tramite bandi di concorso pubblico e con un regolamento identico alla normativa statale per il reclutamento del personale docente;
   dalla lettura della convenzione si evince che la provincia regionale di Palermo è disposta a sostenere le spese del personale docente e non docente a tempo indeterminato, le spese di manutenzione scolastica ma non le spese del personale docente a tempo determinato;
   in tal senso, la provincia di Palermo afferma che mancherebbero le risorse per garantire il personale docente a tempo determinato (circa un milione di euro);
   in realtà nel bilancio regionale sono state stanziate risorse finanziarie proprio per sostenere le scuole e, in particolare, i licei linguistici e musicale come l'IPCL:
    il 5 agosto 2013 con il D.D.G. n. 205 vengono stanziati 34.000.000,00 di euro in favore delle province regionali, che potranno essere utilizzati anche per le scuole;
    il 7 agosto 2013 con il D.D.G. n. 210 viene autorizzato il pagamento e la correlativa emissione dei titoli di spesa, di euro 7.747.000,00 in favore delle province regionali, per la gestione dei licei linguistici e musicali. Alla provincia regionale di Palermo spettano euro 3.398.554,73;
    inoltre, il 12 agosto 2013 l'assemblea regionale siciliana decide di trasferire dalla regione altri 5 milioni di euro per le province, impegnando il Governo a far utilizzare tali somme per le esigenze delle scuole provinciali;
    il 21 agosto 2013 quindi la regione siciliana promulga la legge 21 agosto 2013 n. 6 «Modifiche all'articolo 128 della legge regionale 12 maggio, n. 11 e successive modifiche e integrazioni ed iniziative in favore degli enti teatrali e delle province regionali» il cui articolo 3 cita: «1. All'articolo 15 della legge regionale 15 maggio 2013, n. 9, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1 le parole “44.000 migliaia di euro” sono sostituite dalle parole “49.000 migliaia di euro”»;
    il 23 agosto 2013 l'assessorato delle autonomie locali e della funzione pubblica della regione siciliana invia una nota ai commissari straordinari delle province di Palermo in cui si raccomanda il rispetto dell'ordine del giorno n. 66 approvato in data 9 agosto dall'assemblea regionale che impegnava il governo della regione «a dare priorità – in fase di ripartizione delle risorse destinate alle province regionali – affinché si garantiscano in particolare le esigenze relative alle scuole (licei linguistici, musicali, etc.) (...) al fine di garantire il corretto inizio delle attività scolastiche» –:
   quali iniziati vedi competenza intenda intraprendere per continuare per tutelare il personale precario garantendo le opportunità di occupazione come negli anni scorsi. (5-01006)

Interrogazione a risposta scritta:


   DORINA BIANCHI. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2013 si sono tenuti i cosiddetti test d'ingresso alla facoltà di medicina, le cui modalità di svolgimento erano state ben espresse sia all'interno del
bando di concorso di ogni singolo ateneo italiano, sia nel decreto ministeriale del 12
giugno 2013 rubricato come «Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2013/2014»;
   in relazione a quanto previsto dal decreto e dal bando di cui al paragrafo precedente, ciascun candidato alla prova di ammissione, per la quale è stato oltretutto costretto a sostenere una spesa dai 35 ai 100 euro, ha affrontato il test con la consapevolezza di avere in dotazione da 1 a 10 punti, derivanti dal proprio voto ottenuto nel corso degli esami di maturità;
   in difformità rispetto a quanto statuito dal decreto 12 giugno 2013 e, cosa ancora più grave, nel corso della stessa prova di ammissione per la quale i candidati si erano preparati attenendosi alle disposizioni in vigore, il Consiglio dei ministri emanava un decreto legge atto all'abrogazione del bonus di maturità, sostenendo nel comunicato ufficiale che esso risultava di difficile applicazione e che quindi avrebbe creato iniquità;
   oltre che lasciare i candidati, presenti e futuri, nella più assoluta incertezza sui criteri che verranno utilizzati per la loro valutazione, il nuovo decreto legge ad avviso dell'interrogante finisce per considerare l'esame di maturità come iniquo, non attendibile, risultato di una valutazione di professori di tutta Italia incapaci di giudicare meritoriamente le capacità e la preparazione dei maturandi;
   l'emanazione del nuovo decreto ha lasciato nella più assoluta incertezza i candidati alla prova di ammissione alla facoltà di medicina anno accademico 2013/2014 in merito ai criteri che ora saranno seguiti per ottenere la loro valutazione, finendo inevitabilmente per inficiare il lavoro di preparazione da essi svolto attenendosi alla lettera del decreto 12 giugno 2013 e dei bandi dei singoli atenei italiani e per il quale hanno sostenuto una cospicua spesa;
   il nuovo decreto non ha ancora fornito i nuovi criteri di valutazione dei candidati dei prossimi anni accademici che oltretutto, alla luce di quanto accaduto quest'anno, molto probabilmente non si presenteranno come definitivi ed immutabili –:
   quali siano i motivi che hanno indotto a rivedere quanto previsto dal decreto 12 giugno 2013 in materia di valutazione delle prove di ammissione alla facoltà di medicina anno accademico 2013/2014, in special modo con riferimento all'abrogazione del cosiddetto bonus di maturità;
   quali siano i motivi che hanno indotto il Governo ad attuare tale modifica a prova di ammissione già iniziata, lasciando nella totale oscurità i candidati sulle modalità della loro valutazione;
   se intenda, e come, provvedere a riparare gli inevitabili danni che i candidati hanno subito vedendosi cambiare in corso d'opera le regole della prova di ammissione, alla quale si erano preparati sulla base di quanto previamente stabilito;
   se sia possibile conoscere prontamente i tempi necessari per approntare le nuove regole di valutazione delle prove di ammissione alla facoltà di medicina, come ed in che modo esse modificheranno i test d'ingresso e se, una volta per tutte, esse potranno considerarsi come definitive e non soggette a modifiche dell'ultim'ora.
(4-01817)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   alcune sentenze emesse dai giudici di pace hanno condannato la Regione Puglia al risarcimento delle spese per gli esami PET TAC non effettuati agli ammalati oncologici della provincia di Lecce. Si tratta di quattordici pazienti che, affetti da patologie tumorali, sono stati costretti ad effettuare l'esame PET TAC a proprie spese in una struttura privata pugliese, a causa delle interminabili liste d'attesa esistenti nelle strutture pubbliche di Bari e Brindisi;
   testimonianze di noti professionisti, in prima linea nella lotta ai tumori, hanno confermato che il predetto esame è indifferibile e urgente, ma le liste d'attesta nelle strutture pubbliche costringono ancora oggi ad attendere molti mesi dalla data di prenotazione;
   è stata inoltre acclarata dai giudici la totale inerzia della Regione Puglia nell'attrezzare un centro che potesse eseguire la PET TAC, nonostante la presenza di fondi disponibili, così come dichiarato dal direttore generale della ASL di Lecce, al fine di garantire tale necessaria prestazione;
   la regione Puglia, in poco più di un anno, è stata così condannata a rimborsare le PET TAC sostenute da circa trenta ammalati oncologici –:
   se non si ritenga di intervenire, per quanto di competenza, per scongiurare questo tipo di situazioni che, per un verso, limitano il diritto alla salute dei cittadini, per l'altro causano lungaggini e danni, sia materiali che economici, sia ai cittadini che alle istituzioni.
(2-00207) «D'Ambrosio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in alcune realtà locali, come Orvieto (Terni), sono sorte interpretazioni non corrette riguardo alla possibilità di utilizzare i pasti non consumati in mense pubbliche e private, per esempio quelle scolastiche, in favore di canili, gattili e colonie feline;
    tale possibilità è espressamente prevista dagli articoli 16, comma 11, lettera g), e 18, comma 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 1069/2009 «Impieghi speciali nei mangimi», che consentono la raccolta e l'utilizzo di sottoprodotti di origine animale derivanti dalla fabbricazione di prodotti destinati al consumo umano, classificati «materiali di categoria 3» in base all'articolo 10 del citato regolamento. Nel rispetto di condizioni idonee a garantire il controllo dei rischi per la salute pubblica e degli animali, l'autorità competente può consentirne la raccolta e l'uso per l'alimentazione di cani e gatti in «asili», da intendersi nel senso di strutture di ricovero e custodia;
   previa autorizzazione di cui all'articolo 16, comma 1, lettera g), del regolamento (CE) n. 1069/2009 da parte del comune, è consentito quindi il riutilizzo degli avanzi delle mense pubbliche e private per l'alimentazione di cani e gatti;
   dato che tali avanzi sono classificati sottoprodotti di origine animale di categoria 3, il loro trasporto deve avvenire con mezzi autorizzati e in condizioni idonee a garantire l'igiene. Se utilizzati entro le 24 ore, gli avanzi possono non essere immagazzinati in celle frigorifere e, prima dell'utilizzo, possono non essere sottoposti a cottura ad una temperatura minima di 90o;
   non è dunque necessario che le strutture di ricovero degli animali, pubbliche o private gestite non a scopo di lucro, siano, alle condizioni sopra riportate, dotate di tali specifiche attrezzature;
   si sottolinea che il favorire questo riutilizzo presenta vantaggi sotto il profilo ambientale, oltre che etico e, non ultimo, anche di risparmio economico;
   in alcune realtà locali funzionano invece da anni accordi affinché i pasti non consumati in mense pubbliche e private, come quelle scolastiche, siano destinati in favore di canili, gattili e colonie feline. Tra queste Padova, per le colonie feline, in accordo con la locale sezione Enpa; Reggio Emilia con autorizzazione del 29 settembre 2003 a firma del dirigente del servizio compatibilità ambientale del comune, per l'alimentazione degli animali presenti nel canile Enpa riconosciuto e autorizzazione al trasporto dei sottoprodotti di origine animale fornita in data 17 settembre 2003 dal veterinario dirigente dell'area sanità animale dell'Asl; Savona, con deliberazione della giunta comunale n. 38 del 27 febbraio 2007 per il progetto «Buon fine» tra comune, Coop Liguria e sezioni locali di Enpa e Lega nazionale per la difesa del cane; Pistoia, con nulla osta prot. 482 del 4 giugno 2009 dell'unità operativa igiene ambientale del comune e parere favorevole della U.F. sanità pubblica veterinaria dell'Asl rilasciato l'8 maggio 2009; Trani (Bari), con lettera del 5 ottobre 2011 del dirigente medico dell'Asl BAT-SIAN per il ritiro di cibo avanzato dal servizio mensa scolastica da parte della locale sezione della Lega nazionale per la difesa del cane in favore del locale rifugio di cani –:
   se intenda verificare la possibilità di inviare una nota a servizi veterinari pubblici e comuni affinché vi sia una corretta e univoca attuazione degli articoli 16, comma 1, lettera g), e 18, comma 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 1069/2009 «Impieghi speciali nei mangimi».
(4-01816)


   LOREFICE, CIPRINI, DI VITA, BENEDETTI, GRILLO, BALDASSARRE, MARZANA, DI BENEDETTO, CHIMIENTI, SILVIA GIORDANO, BRESCIA, ZOLEZZI, CECCONI e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia sono circa 5000 le persone ammalate di mcs (sindrome sensibilità chimica multipla), una malattia che colpisce prevalentemente tra i 30 e i 40 anni generando nei soggetti affetti una forte intolleranza e allergia a quasi tutti gli agenti chimici;
   nonostante molti scienziati abbiano individuato le cause di questa malattia, superando la vecchia tesi dell'origine psicologica della patologia, la stessa in Italia non viene considerata dal servizio sanitario nazionale;
   secondo quanto riportato da un articolo su laspia.it del 9 settembre 2013, a causa di tale circostanza la signora Mariella Russo residente a Marina di Ragusa, affetta da questa malattia, deve recarsi a Londra periodicamente per curarsi, con un jet privato (non potendo prendere aerei di linea) e solo con un piccolo sussidio fornito dalla regione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere immediatamente iniziative per fornire sussidi economici alle numerose persone malate presenti sul territorio nazionale che sono costrette a recarsi all'estero a proprie spese per usufruire di cure che l'Italia nega loro oppure per riconoscere la mcs come malattia posta a carico del servizio sanitario nazionale, in attesa che vengano calendarizzate e discusse in Parlamento le proposte di legge presentate in materia. (4-01823)


   NICCHI, PIAZZONI, AIELLO e DI SALVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dal quotidiano La Repubblica dell'11 settembre scorso, due giorni prima la pubblicazione dell'articolo, presso l'ambulatorio della Camera dei deputati, una parlamentare si è presentata al presidio sanitario di Montecitorio per chiedere al medico di turno «la prescrizione della “capsula abortiva”, ma ricevendo un diniego per un fatto di coscienza: “anche il medico del turno successivo è obiettore, così come tutti gli altri colleghi qua dentro”, le viene detto»;
   il medesimo articolo di stampa racconta come a seguito di questo avvenimento, alcune parlamentari decidono di fare «un piccolo esperimento sul campo e provano a chiedere la pillola nelle farmacie del centro di Roma. Per tre volte di fila si sentono rispondere che non ce l'hanno»;
   la richiesta da parte di una donna di vedersi prescritto un contraccettivo d'emergenza, come la cosiddetta «pillola del giorno dopo», non comporta alcuna pratica abortiva e conseguentemente non può esservi un rifiuto motivato dal fatto di essere obiettore per le interruzioni di gravidanza. Di conseguenza, è totalmente illegittimo il ricorso all'articolo 9 della legge n. 194 del 1978 sul diritto all'obiezione di coscienza;
   risulta così confermata la difficoltà da parte delle donne di vedersi prescrivere la «pillola del giorno dopo», e quindi un farmaco contraccettivo, dal medico di base o al pronto soccorso/ambulatorio, nonché di ottenere da molte farmacie la medesima pillola, pur se in possesso della necessaria prescrizione medica. E questo anche se la legge prevede che i farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano provvisti;
   quanto accaduto presso il presidio sanitario della Camera è sintomatico della difficoltà nel nostro Paese, a vedere sempre riconosciuta l'autodeterminazione femminile e tutelati e garantiti i diritti delle donne sanciti dalla legge in tema di procreazione responsabile;
   proprio in tema di procreazione responsabile della donna, seppur in ambito decisamente diverso da quanto suesposto, va altresì ricordato che l'11 giugno 2013 la Camera ha esaminato e votato le mozioni presentate dai diversi Gruppi parlamentari in materia di obiezione di coscienza alla legge n. 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza;
   pur se con accenti diversi, le suddette mozioni, accolte dal Governo, hanno impegnato l'Esecutivo a garantire la piena applicazione alla legge n. 194 del 1978 da parte di ogni struttura pubblica o del privato accreditato su tutto il territorio nazionale;
   si ricorda che il ricorso al diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario in materia di interruzione volontaria di gravidanza comporta attualmente la difficoltà di applicare quanto previsto dalla legge n. 194. Quasi sette medici ginecologi su dieci è obiettore. I dati medi aggregati per Nord, Centro, Sud e Isole indicano percentuali di ginecologi obiettori di coscienza pari rispettivamente al 65,4 per cento; 68,7 per cento; 76,9 per cento; 71,3 per cento. Il maggior numero di obiettori si trova al Sud, con la punta più alta in Molise, dove si raggiunge l'85 per cento –:
   se non ritenga indispensabile confermare e diffondere la conoscenza dei diritti in tema di contraccezione di emergenza, anche tramite adeguate azioni informative sull'obbligo di dispensazione dei farmaci da parte dei farmacisti, e sull'esclusione del diritto all'obiezione di coscienza per i medesimi farmacisti nonché per i medici, anche di base, relativamente al rilascio della prescrizione medica necessaria per ottenere un contraccettivo d'emergenza;
   quali iniziative concrete il Governo intenda assumere, sempre in tema di procreazione responsabile e di autodeterminazione della donna, al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 su tutto il territorio nazionale, anche alla luce degli impegni assunti in tal senso a seguito delle mozioni approvate dalla Camera l'11 giugno 2013. (4-01833)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Pes n. 4-00725, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 29 del 5 giugno 2013.

   PES e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la società Saras spa ha presentato nel giugno 2011, e regolarizzato ad agosto 2011, l'istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale relativa alla «realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi nel permesso di ricerca denominato Eleonora»;
   il progetto prevede la realizzazione di un pozzo denominato Eleonora 1 Dir, della profondità di 2.850 metri, entro l'area del permesso di ricerca «Eleonora» che si estende su una superficie di circa 44.300 ettari nell'entroterra del Golfo di Oristano;
   il pozzo sarà realizzato con tecnica a rotazione e circolazione inversa di fanghi bentonitici e dopo i primi 450 metri verrà direzionato, con un angolo di deviazione di circa 300 dalla verticale, in modo da consentire il raggiungimento di cinque obiettivi minerari a profondità variabile, non allineati sulla stessa verticale ma traslati progressivamente verso NNE;
   il punto di intesto del pozzo è situato a circa 4,5 chilometri dall'abitato di Arborea e a circa 180 metri dal SIC ITB 030016 «Stagno di S'Ena Arrubia e territori limitrofi» e dalla ZPS ITB 034001 «Stagno di S'Ena Arrubia», la cui perimetrazione coincide con quella della zona umida di importanza internazionale IT 016 «Stagno di S'Ena Arrubia»;
   per l'allestimento del cantiere, che occupa una superficie di 570 metri quadri sono previsti la rimozione preliminare dello strato superficiale di circa 40 centimetri di terreno vegetale, la realizzazione di una pavimentazione superficiale costituita da uno strato di pietrisco costipato e rullato, la messa in opera delle opere civili (cantina, basamenti degli impianti, canalette di raccolta acque, e altro) oltre che l'installazione di impianti (torre di perforazione di altezza 45 metri, top drive, generatori elettrici, circuito fanghi, bacini di stoccaggio fanghi esausti, e altro);
   le operazioni di perforazione prevedono l'infissione nel suolo mediante battipalo di un tubo guida del diametro di 20 fino alla profondità di 50 metri o fino a rifiuto totale, la perforazione, all'interno del tubo guida, del primo tratto del pozzo fino a una profondità di 450 metri, successivo rivestimento con colonna da 13 3/8 (colonna di ancoraggio) e cementazione dell'intercapedine tra pareti del foro e superficie esterna della colonna, la perforazione del tratto intermedio del pozzo (da 450 metri a 1.550 metri), rivestimento con colonna da 9 5/8 e cementazione dell'intercapedine; la perforazione dell'ultimo tratto, da 1.550 metri a 2.850 metri, rivestimento con liner da 7 e cementazione;
   il paese di Arborea è il principale distretto agricolo e di allevamento bovino di tutta la Sardegna;
   vi sono circa 200 aziende e oltre 30.000 capi bovini che producono il 98 per cento del latte vaccino sardo per un giro d'affari di diverse centinaia di milioni di euro;
   la realizzazione del pozzo avrebbe un grosso impatto sull'economia locale;
   è nato un comitato civico per opporsi al «progetto Eleonora» che ha evidenziato da subito le carenze del progetto e la totale incompatibilità con la storia e l'identità di Arborea e di tutta la provincia di Oristano;
   una delibera dell'assessorato regionale all'industria del 2009 autorizzava la Saras spa ad ispezionare il territorio in esame;
   inizialmente la regione Sardegna non aveva ritenuto necessaria la valutazione di impatto ambientale;
   in seguito alle richieste e alle osservazioni pervenute al servizio SAVI da parte del comitato civico «no al Progetto Eleonora», di diverse associazioni ambientaliste, di centinaia di cittadini e di ProgReS Progetu Repùblica si è ritenuto di dover richiedere la valutazione di impatto ambientale;
   con delibera del 18 aprile 2012, infatti, la giunta regionale ha deciso di sottoporre alla procedura di valutazione di impatto ambientale l'intervento in questione, proprio «in considerazione delle criticità legate, principalmente, all'ubicazione dell'intervento in aree ad elevata sensibilità ambientale, con particolare riferimento al fatto che l'area di cantiere ricade all'interno della fascia costiera; è interna all'Oasi di protezione faunistica “S'Ena Arrubia” (istituita con decreto dell'ass. dif. ambiente n. 111 del 20 luglio 1978), si trova a meno di 150 metri da SIC, ZPS e aree umide Ramsar, è interna alla perimetrazione dell'IBA 218 “Sinis e stagni di Oristano”. Nondimeno è risultata critica la vicinanza dell'area di intervento a recettori sensibili (aziende, abitazioni, e altro), da cui il cantiere dista poche centinaia di metri»;
   il 7 maggio 2012 il comune di Arborea ha deliberato la propria opposizione al «progetto Eleonora» così come aveva fatto in precedenza l'amministrazione comunale di Marrubiu, consapevole del fatto che il territorio non è organizzato per compartimenti stagni e che eventuali danni al territorio di Arborea si sarebbero inevitabilmente riversati anche sui comuni limitrofi;
   con comunicazione del 27 marzo 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiamava l'assessorato regionale e il comune di Arborea a fornire informazioni in merito alle possibili incidenze negative sullo stagno S'Ena Arrubia SIC-ZPS e zone limitrofe;
   il Ministro era già intervenuto in proposito con nota del 23 dicembre 2011 nella quale aveva chiesto rassicurazioni alla regione Sardegna e all'amministrazione comunale;
   come già evidenziato nella prima nota di dicembre, il Ministero scriveva che «in relazione ad eventuali alterazioni dello stato di conservazione del sito Stagno di S'Ena Arrubia, ipotizzabili come derivate dalla compromissione della falda freatica durante le attività di trivellazione, si sottolinea l'importanza di condurre un approfondito studio da parte della Società proponente di tutte le possibili interferenze indirette nei confronti dei siti Natura 2000 presenti»;
   inoltre, il Ministro ha ricordato che la zona riceve dei finanziamenti (progetto LIFE) per scopi ambientali –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga che la realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di idrocarburi nel permesso di ricerca denominato Eleonora possa recare grave pregiudizio all'ambiente e alla popolazione di quei luoghi;
   se sia sua intenzione porre in opera tutte le iniziative di competenza necessarie per tutelare le aree ad elevata sensibilità ambientale interessate dal progetto «Eleonora» e la popolazione ivi residente.
(4-00725)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Rughetti n. 2-00165 del 30 luglio 2013;
   interpellanza urgente Velo n. 2-00198 del 9 settembre 2013;
   interpellanza urgente D'Ambrosio n. 2-00206 del 12 settembre 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Brunetta n. 3-00276 del 9 agosto 2013 in interpellanza n. 2-00208;
   interrogazione a risposta orale Brunetta n. 3-00277 del 9 agosto 2013 in interpellanza n. 2-00209.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Di Vita e altri n. 2-00150 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 54 del 16 luglio 2013. Alla pagina 3370, seconda colonna, dalla riga diciottesima alla riga diciannovesima, deve leggersi: «Marzana, Nuti, Lorefice, Rostellato, Tripiedi, Cominardi,» e non «Marzano, Nuti, Rostellato, Tripiedi, Cominardi,» come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni nel mese di agosto si applica il fermo biologico della pesca a strascico;
   dal 2012 il fermo è stato prolungato dai 30 giorni iniziali, a 45 giorni con una disciplina post fermo molto penalizzante per alcune marinerie;
   il fermo 2013 divide in due la fascia costiera adriatica: alto Adriatico e basso Adriatico individuando due diverse date di inizio fermo;
   il periodo estivo risente della mancanza di pesce fresco soprattutto per la ristorazione nei luoghi a più forte impatto turistico;
   il settore ittico è attraversato da una forte crisi economica particolarmente accentuata dall'aumento del prezzo del carburante;
   da anni le marinerie e la comunità scientifica auspicano un fermo biologico fatto in maniera diversa, scegliendo un periodo diverso dall'attuale;
   il fermo pesca 2012 è stato pagato in tutta Italia tranne che per alcune marinerie delle Marche in particolare quella di San Benedetto del Tronto;
   il pagamento del fermo 2013 dovrà essere liquidato a tutte le marinerie nello stesso periodo evitando la discrezionalità come avvenuto in passato –:
   se il Ministro intenda aprire una discussione tra le marinerie e la comunità scientifica per modificare il fermo biologico 2014, anche in considerazione dell'entrata in vigore della nuova politica comune della pesca;
   se si intendano assumere iniziative per diminuire le difficoltà derivanti dalla situazione post fermo nella zona del basso Adriatico;
   perché non sia stato ancora pagato il fermo pesca del 2012 di alcune marinerie delle Marche;
   se per il 2013 saranno eliminate tutte le lungaggini relative alla liquidazione dell'indennità del fermo biologico, assicurando che questo venga fatto con criteri e modalità oggettivi e non discrezionali come avvenuto fino ad ora. (4-01642)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame sul pagamento delle misure collegate al fermo biologico della pesca per l'anno 2012 e sulla regolamentazione del fermo pesca per l'anno in corso e per il futuro, si ritiene opportuno, innanzitutto, rammentare che la sospensione temporanea della pesca è uno strumento di tutela delle risorse ittiche che è stata attivata, anche per l'annualità in corso, nell'ambito del Programma operativo FEP 2007/2013 con particolare riferimento alla linea d'intervento definita «Aiuti pubblici per l'arresto temporaneo delle attività di pesca».
  Il periodo di arresto temporaneo, articolato per aree geografiche (GSA), è destinato alle imbarcazioni autorizzate con i sistemi strascico e/o volante ed è disciplinato in conformità a quanto previsto dai Piani di gestione adottati a livello nazionale con decreto direttoriale del 20 maggio 2011, sulla base dei dati scientifici riguardanti lo stato delle specie ittiche.
  Nell'ambito delle indicazioni di cui ai piani di gestioni, il provvedimento di disciplina delle modalità di fermo pesca, per l'anno corrente, è stato definito sentite le regioni e le associazioni nazionali professionali e sindacali di settore, coniugando le esigenze di tutela delle risorse marine con i necessari parametri di sostenibilità socio-economica sia del comparto pesca in senso stretto che delle attività produttive correlate (esempio trasformazione alimentare, ristorazione, turismo eccetera).
  Si rappresenta, inoltre, che la sospensione dei pagamenti, anche relativi ai premi del fermo pesca dell'anno 2012, è stata determinata dall'interruzione dei termini di pagamento delle domande inoltrate dalle autorità italiane, operata dalla Commissione europea, a decorrere dal dicembre 2011, per carenze riscontrate nel sistema di gestione e controllo della misura.
  A seguito della azione correttiva operata dal Ministero e delle verifiche effettuate dalla Commissione europea, è stato possibile rimuovere l'interruzione e riattivare le procedure dei rimborsi per le domande di pagamento presentate dal nostro Paese.
  Si segnala che attualmente sono state completate, da parte dei competenti uffici ministeriali, tutti i procedimenti di liquidazione del fermo temporaneo della pesca per l'anno 2012.
  Per quanto riguarda il fermo biologico per l'anno prossimo, sicuramente si proseguirà con il sistema di aggiornamento dei dati scientifici necessari e con la concertazione delle modalità regolamentari con i rappresentanti delle regioni e delle parti sociali, sempre contemperando la disciplina nazionale con la programmazione nazionale e con le norme comunitarie vigenti.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliNunzia De Girolamo.


   BALDELLI e ABRIGNANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'eliminazione del treno Roma-Ancona delle 19,30, l'ipotesi di cancellazione del Frecciabianca 9852 Roma-Falconara-Ravenna delle 17.35, nonché della corsa delle 7,44 del mattino da Falconara Marittima a Roma (Frecciabianca 9851), rischia nel versante dei collegamenti di impoverire ulteriormente una regione come le Marche che già storicamente soffre di gravi carenze infrastrutturali, di ledere i diritti dei tanti pendolari marchigiani che per vari motivi hanno bisogno di raggiungere quotidianamente le regioni limitrofe, di bloccare le potenzialità di sviluppo economico delle località direttamente colpite da queste decisioni –:
   se il Governo non intenda intervenire, per quanto di sua competenza, per il ripristino da parte di Trenitalia del treno soppresso Roma-Ancona delle 19,30 e per salvaguardare il mantenimento dell'attuale tratta (e relativi orari e stazioni di fermata) del Frecciabianca 9851 Ravenna-Falconara-Roma e del Frecciabianca 9852 Roma-Falconara-Ravenna. (4-00774)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il gruppo Ferrovie dello Stato ha preliminarmente sottolineato che sulla relazione Roma – Ancona e viceversa i collegamenti (3 coppie giornaliere) Eurostar, effettuati sino a dicembre 2011, presentavano da tempo un rapporto costi/ricavi negativo, a causa di una forte diminuzione della frequentazione, con perdite rilevanti per il gestore ferroviario.
  Pertanto, al fine di mantenere attivo il servizio sulla suddetta relazione, a seguito d'intesa del ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Trenitalia, con l'orario del dicembre 2011 si è provveduto, mantenendo sostanzialmente invariati i tempi di percorrenza, a trasformare due coppie di Eurostar in Intercity, inserendole nel contratto di servizio 2009-2014 con lo Stato.
  Per i treni oggetto del contratto, economicamente non sostenibili da parte di Trenitalia, i ministeri contraenti (ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ministero dell'economia e delle finanze), nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel Piano economico-finanziario inserito anch'esso nel contratto stesso.
  In merito alla soppressione della terza coppia, gli Eurostar 9334 (con partenza da Roma alle 19.32 e arrivo ad Ancona alle 22.50) e 9327 (con partenza da Ancona alle 11.13 e arrivo a Roma alle 14.28), disposta da Ferrovie dello Stato – con l'orario di dicembre 2011 – a causa, come sopra evidenziato, delle maggiori perdite dovute a minori frequentazioni e per la mancanza di ulteriori risorse necessarie al loro funzionamento, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sollecitato anche dalle innumerevoli richieste giunte dall'utenza, ha cercato di individuare possibili soluzioni a favore dei viaggiatori.
  Peraltro, nonostante i tentativi esperiti da questo ministero, l'unica ipotesi percorribile è risultata quella di prevedere una connessione a Foligno con l'IC 546, in servizio sulla relazione Roma – Perugia, in partenza alle ore 19.55.
  Tuttavia, tale soluzione avrebbe comunque comportato un incremento di costi per la cui copertura le risorse previste per il finanziamento del contratto di servizio della media e lunga percorrenza risultavano insufficienti; si ricorda in merito che il principio che sottende all'offerta contribuita rimane quello di sostenere la mobilità a media e lunga percorrenza a livello nazionale, mentre il trasporto pendolare, anche quando si avvantaggia dei collegamenti di media e lunga percorrenza, rimanda alle competenze delle regioni, nel cui ambito rientrano la programmazione e la gestione dei servizi che assicurano principalmente la mobilità dei viaggiatori pendolari.
  I rapporti con Trenitalia e le regioni sono disciplinati da un contratto di servizio, nell'ambito del quale vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalle regioni stesse.
  È opportuno segnalare, peraltro, che nella fascia oraria di prima serata, il collegamento tra Roma e Ancona è tutt'oggi assicurato dal treno regionale veloce 12176 (in partenza alle ore 18,28).
  L'interrogante inoltre, ha posto l'attenzione sull'ipotesi di cancellazione del collegamento «Frecciabianca» Roma-Falconara-Ravenna e viceversa (treni 9852 e 9851).
  Al riguardo, si precisa che i treni «Frecciabianca» vengono effettuati da Trenitalia in regime di mercato (non ricevendo alcun corrispettivo pubblico) e, pertanto, sostenendosi esclusivamente con i ricavi da traffico, la relativa programmazione si fonda su valutazioni di carattere commerciale.
  Ad ogni modo, preme assicurare l'interrogante che, con l'orario in vigore dallo scorso 9 giugno, la citata coppia di «Frecciabianca» (Roma-Falconara-Ravenna e viceversa) è stata confermata fino a dicembre prossimo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   BENAMATI, BARGERO, CASATI, BOCCUZZI, PORTAS, COVELLO e GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i prezzi dei carburanti per autotrazione in Italia sono fra i più elevati in Europa;
   il 2012 è stato caratterizzato da una forte contrazione nei consumi di carburanti con una perdita complessiva di circa il -10 per cento, con la benzina che dimezza i valori rispetto al 2000, sotto i 9 milioni/tonnellata ed il gasolio auto con un -10 per cento (-2,5 milioni/tonnellata) sul 2011;
   la struttura dei costi di vendita dei carburanti è essenzialmente basata sulle voci di acquisizione della materia prima, sulle lavorazione, sui margini lordi e sulla componente fiscale (accise ed Iva);
   secondo quanto evidenzia la banca dati del centro studi Promotor GL Events, la maggiore spesa per carburanti sostenuta dagli automobilisti e dai motociclisti italiani è legata soprattutto alla crescita del carico fiscale;
   nel contempo, però, le dinamiche differenti dei prezzi di mercato della materia prima e l'andamento dei costi alla pompa hanno più volte sollecitato l'ipotesi di manovre speculative sui prezzi finali di tali prodotti;
   si apprende di recente dalla stampa che un'indagine dell'autorità giudiziaria (procura di Varese) indicherebbe come fondata l'ipotesi che alcune compagnie petrolifere abbiano messo in atto manovre speculative sul prezzo della benzina quasi a prefigurare la messa in atto di un vero e proprio «cartello» speculativo;
   sempre da fonti stampa si apprende che dalle indagini sembrano esistere «indizi di commissione dei delitti di cui agli articoli 501 o 640 del Codice penale da parte di legali rappresentanti e componenti dei cda e dirigenti delle compagnie petrolifere...»;
   i reati di cui agli articoli in questione sarebbero quindi identificabili in turbativa del mercato e truffa;
   sempre da queste informazioni stampa emergerebbe uno scambio di informazioni tra le varie compagnie e anche una reciproca cessione di quantitativi di carburanti l'una con l'altra, cosa che secondo la procura dimostrerebbe una sorta di correlazione stretta tra soggetti in teoria concorrenti;
   i dati risulterebbero da rilevazioni e verifiche di lunga durata eseguite dalla Guardia di finanza;
   l'indagine investirebbe le principali sigle in commercio: Shell, Tamoil, Eni, Total, Erg, Esso, Kuwait Petroleum, Api che avrebbero, sempre secondo notizie riportate dalla stampa, fatto scattare il classico meccanismo del «cartello» dei prezzi a danno dei consumatori;
   per una questione di competenza territoriale il giudice ha deciso che a procedere siano le procure territoriali, principalmente Roma e Milano;
   non risultano precedenti in Italia per un'indagine giudiziaria che cerca di far luce appieno sul meccanismo di formazione dei prezzi della benzina;
   a partire da febbraio 2011 il Ministero dello sviluppo economico, attraverso la direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, dovrebbe espletare azioni di sorveglianza e controllo, anche in attuazione dell'articolo 51 della legge 23 luglio 2009 e del decreto ministeriale 15 ottobre 2010, sui prezzi dei carburanti per autotrazione per uso civile realmente praticati –:
   pur nel doveroso rispetto delle prerogative autonome dei diversi poteri e autorità dello Stato, quali siano in dettaglio i meccanismi di sorveglianza da parte del Ministero nel settore e, ove quanto in premessa risponda al vero, cosa risulti al Ministro e cosa abbia in programma per verificare ulteriormente lo stato della situazione a tutela di tutti i cittadini utenti.
   (4-00133)

  Risposta. — Circa la richiesta degli interroganti in merito alle manovre speculative da parte di alcune compagnie petrolifere sul prezzo della benzina, tali da prefigurare un «cartello dei prezzi» a danno dei consumatori, ed agli esistenti meccanismi di sorveglianza e controllo sui prezzi di carburante per autotrazione per uso civile, si evidenzia quanto segue.
  La dinamica dei prezzi dei carburanti per autotrazione è da tempo una questione molto seguita dall'opinione pubblica ed è stata oggetto negli anni di numerose indagini conoscitive, sia da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) che del Parlamento.
  Anche da parte di organismi internazionali, da ultimo lo OIOSCO (Organizzazione internazionale delle Autorità di vigilanza sulle borse), su richiesta del G20, si sono sviluppate indagini sugli andamenti dei prezzi internazionali e sul ruolo delle Agenzie che trattano la materia (Platts, Argus, eccetera), senza che siano state riscontrate anomalie. Tali accurate analisi sono giunte, unicamente, al suggerimento di adottare un codice etico.
  Quanto agli esiti delle indagini a livello parlamentare e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, soprattutto relativamente a quelle più recenti, si osserva che esse non hanno acquisito evidenza di comportamenti anomali o scorretti. Sono stati invece rilevati profondi cambiamenti del settore, con un mutamento dei soggetti presenti sul mercato e una crescente presenza di operatori non legati alle compagnie petrolifere tradizionali, che hanno introdotto sempre più elementi positivi di concorrenzialità nel mercato.
  Nell'indagine conoscitiva (IC 44) conclusasi nel dicembre 2012, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha riscontrato, anche da parte delle compagnie integrate, politiche di forte scontistica che «hanno innescato una serie di reazioni di prezzo da parte degli attori del mercato, che sembrano denotare un cambiamento in senso maggiormente concorrenziale dell'interazione di settore».
  In tale quadro gli interventi del Ministero dello sviluppo economico sono stati orientati innanzitutto ad attività di monitoraggio dei prezzi, effettuando attività giornaliere e settimanali di rilevazione degli stessi, attraverso le quali, il comportamento degli operatori viene sottoposto a costante vigilanza. Trattasi di due rilevazioni:
   una giornaliera: relativa ai prezzi consigliati dalle singole aziende petrolifere ai gestori che, in quanto proprietari dei carburanti, fissano direttamente il prezzo al pubblico;
   una settimanale: del cosiddetto prezzo medio Italia, in attuazione di disposizioni comunitarie, oggetto nel novembre scorso di una revisione della metodologia di determinazione, per meglio cogliere le trasformazioni in atto della rete italiana verso la «selfizzazione» ed il sempre maggiore ruolo della grande distribuzione organizzata e delle pompe bianche.

  Da tali rilevazioni emerge una differenziazione dei prezzi, non solo da compagnia a compagnia, ma anche da impianto a impianto, uno «stacco» con i prezzi degli altri Paesi europei compatibile con le differenze strutturali tra la nostra rete e quella degli altri Paesi, che è caratterizzata da volumi di vendita per impianto quasi doppi, nonché una graduale riduzione di tale «stacco» derivante dall'aumento della diffusione del self-service.
  Inoltre si è intervenuto in via normativa con disposizioni che stanno incidendo, in termini progressivamente significativi, per una sempre maggiore trasparenza ed efficienza del mercato, nonché per aumentare il grado di competitività degli operatori.
  Al riguardo si pongono una serie di disposizioni contenute nell'articolo 28 del decreto legislativo n. 98 del 2011, convertito con legge n. 111 del 2011, nell'articolo 17 del decreto legislativo n. 1 del 2012 convertito con legge n. 27 del 2012 e nel decreto legislativo n. 249 del 2012, tra cui si citano:
   l'obbligo dal 1o gennaio 2013 di dotare tutti gli impianti di apparecchiature self service pre pagamento;
   il divieto per le amministrazioni locali di porre limitazioni all'utilizzo di tali apparecchiature, caratterizzate da prezzi più bassi, durante l'orario di apertura purché sia assicurato anche il rifornimento assistito;
   la liberalizzazione degli impianti completamente automatizzati con significativi risparmi per l'utenza, fuori dai centri abitati;
   l'apertura verso nuove forme contrattuali tra compagnie petrolifere e gestori, in grado di cogliere l'evoluzione del mercato;
   la liberalizzazione delle attività commerciali presso gli impianti, integrative all'attività di distribuzione carburanti, in grado di generare maggiore produttività, sia per i gestori che per i titolari;
   una maggiore apertura al mercato della logistica anche per operatori completamente indipendenti dalle Compagnie petrolifere integrate, attraverso la costituzione presso il GME di una piattaforma informatica che agevoli la conoscenza e quindi l'accesso alla logistica esistente da parte di tali soggetti indipendenti;
   la costituzione di una piattaforma informatica per il mercato all'ingrosso dei carburanti per autotrazione per aumentare la trasparenza del mercato e le opportunità per gli operatori indipendenti minori.

  Ritornando alla situazione dei prezzi dei carburanti, si vuole aggiungere che l'Italia, rispetto agli altri paesi europei, sulla base degli ultimi dati disponibili all'8 aprile 2013, risulta il Paese con il prezzo al consumo della benzina più elevato nell'area europea ed è superato solo da Svezia e Regno Unito per quel che riguarda il gasolio.
  Analizzando le singole componenti del prezzo, la componente fiscale (accise ed IVA) pesa per il 58,5 per cento del prezzo finale per la benzina ed il 54,50 per cento per il gasolio ponendosi tra le più elevate in Europa. Il prezzo industriale, alla stessa data, era pari a 0,735 euro per la benzina e 0,761 euro per il gasolio rispettivamente a fronte di medie dell'area monetaria pari a euro 0,722 per la benzina e 0,747 euro per il gasolio, che portano l'Italia in una posizione intermedia rispetto a graduatorie europee.
  Per quanto riguarda gli strumenti messi in campo anche in attuazione della legge n. 99 del 2009, si rileva che la norma prevede l'obbligo di comunicazione al Ministero dello sviluppo economico dei prezzi dei carburanti per autotrazione civile a fini di pubblicazione. L'articolo 51 della citata legge, ha fornito i criteri di gradualità e sostenibilità per individuare le decorrenze dell'obbligo, delegando il Ministero dello sviluppo economico ad adottare un decreto attuativo, fermo rimanendo che, dall'applicazione delle disposizioni in questione, non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dovendo le attività previste svolgersi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Inoltre, la legge n. 99 del 2009 prevede che la violazione dell'obbligo di comunicazione è accompagnata da sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omessa comunicazione o nell'eventualità che il prezzo effettivamente praticato sia superiore a quello comunicato dal singolo impianto, secondo quanto previsto dall'articolo 22 comma 3 del decreto legislativo n. 114 del 1998.
  Il decreto ministeriale 15 ottobre 2010 aveva fissato gli elementi attuativi ed un programma di estensione dell'operatività dell'obbligo che, a partire dalla rete autostradale, si sarebbe gradualmente esteso alle strade statali e, infine, a tutto il reticolato stradale del territorio nazionale. Oltre a definire alcuni dettagli operativi, il decreto ministeriale aveva stabilito che l'obbligo di comunicazione dei prezzi riguardasse almeno una forma di vendita per ogni tipologia di carburante e, se presente nel corso dell'orario di apertura dell'impianto, questa tipologia dovesse essere quella del rifornimento self service. Inoltre, le comunicazioni successive alla prima sarebbero dovute avvenire in ogni caso di variazione in aumento e comunque, in assenza di variazioni in aumento, entro l'ottavo giorno. Tali previsioni sono state confermate dal decreto ministeriale 17 gennaio 2013 (cfr dopo) al fine di consentire un ragionevole grado di aggiornamento dei prezzi nell'interesse dei consumatori, limitando l'onere di comunicazione in capo ai gestori.
  A partire da febbraio 2011 è stato avviato il sistema di raccolta e pubblicazione dei prezzi per le autostrade. Dopo il primo periodo di sperimentazione ad ottobre 2012 è stata resa operativa l'evoluzione del sistema che consentirà l'estensione della raccolta dei prezzi ai circa 24.000 punti vendita di carburanti.
La nuova piattaforma, accessibile all'indirizzo http://carburanti.mise.gov.it, consente di gestire tutte le procedure interamente on-line, avvalendosi del collegamento telematico con il registro delle imprese per l'anagrafica delle imprese coinvolte. Il sito prevede un accesso ad un'area riservata per i gestori che devono comunicare i prezzi e un accesso libero per i consumatori che, avvalendosi di diversi criteri di ricerca, (geografici, tipologia di carburante e diverse modalità di vendita, percorso stradale) possono consultare i prezzi individuando quelli più convenienti con i dettagli dell'area di rifornimento che li pratica, compresa la geolocalizzazione dell'area su una mappa geografica.
  Dal punto di vista normativo, inoltre, il Ministro dello sviluppo economico ha firmato il 17 gennaio 2013 un nuovo decreto di attuazione della legge n. 99 del 2009 che è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 marzo 2013 e nel sito internet del Ministero il 20 marzo, data a partire dalla quale sono state fissate le decorrenze degli obblighi per l'estensione graduale dell'obbligo in questi termini.
  In dettaglio, il calendario dell'estensione dell'obbligo prevede le seguenti decorrenze che coinvolgono in primo luogo gli impianti situati lungo le strade statali (come già previsto a suo tempo dal decreto ministeriale 15 ottobre 2010):
   a partire dal 19 aprile 2013, con riferimento agli impianti che distribuiscono gpl o metano;
   dal 18 giugno 2013, per gli impianti che vendono benzina o gasolio, solo con modalità self service o anche con modalità self service, ma durante l'intero orario di apertura;
   dal 18 luglio 2013, per i restanti impianti della rete stradale statale;
   dal 16 settembre 2013, infine, ampliamento a tutti i restanti distributori, per tutta la rete stradale, anche urbana, senza distinzioni di tipologie di carburanti e di forme di vendita.

  Su base volontaria è poi possibile comunicare i prezzi anche prima della decorrenza dell'obbligo per la propria tipologia di impianto, nonché per tipologie di vendita o carburanti ulteriori, rispettando comunque le stesse periodicità di aggiornamento.
  Una volta comunicati dai gestori, i prezzi sono visibili in tempo reale dai consumatori sul sito secondo le modalità di ricerca sopra riportate.
  Per quel che riguarda l'attività di monitoraggio dei prezzi ricevuti, bisogna tener presente che fino ad oggi il data base a disposizione del Ministero era limitato ai soli impianti autostradali e non rappresentativo pertanto di tutta la rete distributiva. Peraltro l'attività di monitoraggio sulla regolarità di comunicazione è stata costante, provvedendo a segnalare i casi di omesso aggiornamento dei prezzi per lunghi periodi ai comuni territorialmente competenti che in alcuni casi hanno irrogato anche sanzioni.
  Nelle more del completamento dell'operatività dell'obbligo, il Ministero sta fornendo tutte le informazioni utili e offrendo assistenza affinché il processo di registrazione al sistema da parte dei gestori avvenga correttamente, quale necessaria premessa per il futuro buon funzionamento del modello di comunicazione dei prezzi. A partire dal mese di settembre, poi, potranno effettuarsi analisi più dettagliate sui prezzi comunicati oltre che desumere ulteriori informazioni, anche a livello locale, sulla rete distributiva dei carburanti per autotrazione. Ovviamente tali analisi potranno focalizzare la fase finale della filiera di formazione del prezzo, ovvero, il mercato al dettaglio.
  Infine, si deve ricordare che recentemente è stato firmato dal Ministro dello sviluppo economico anche un altro decreto, in attuazione dell'articolo 19 del decreto-legge n. 1 del 2012, che riguarda la trasparenza e la conoscibilità dei prezzi effettivamente praticati presso le singole stazioni di rifornimento, al fine di consentire scelte più consapevoli da parte dei consumatori.
  La norma in questione (articolo 19 commi 2 e 3) individua una serie di elementi che dovranno caratterizzare la visibilità dei prezzi dalla carreggiata stradale – dando così attuazione anche ad una specifica previsione del Codice del consumo (articolo 15 comma 5 secondo periodo) – volti a fornire maggiore chiarezza di informazione. Tali elementi in sintesi sono: esposizione del prezzo finale effettivamente praticato (senza indicazione sotto forma di sconti); omogeneità di indicazione dei prezzi per una più immediata ed agevole paragonabilità degli stessi (preciso ed uniforme ordine di esposizione; indicazione del prezzo per l'erogazione self-service come sorta di prezzo di riferimento ed indicazione del differenziale in aumento per il prezzo praticato per l'erogazione in modalità servito); enfasi da porre sulle modalità di esposizione dei prezzi (maggiore evidenza delle prime due cifre decimali rispetto alla terza).
  Il decreto ministeriale 17 gennaio 2013 pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 25 marzo 2013, n. 71 ha individuato, sulla base di gradualità e sostenibilità le decorrenze dei vari obblighi ed è già operativo dal 9 aprile 2012 l'obbligo di pubblicizzare i prezzi visibili dalla carreggiata senza indicazioni sotto forma di sconto.
  Dal 24 maggio vige l'obbligo di esporre i prezzi dando minore evidenza alla terza cifra decimale, dal 23 giugno l'obbligo di rispettare l'esposizione dei prezzi secondo l'ordine dall'alto verso il basso gasolio, benzina, GPL e metano, nonché gli altri obblighi (esempio pubblicizzazione del prezzo per il self-service ed il prezzo dell'erogazione servita come differenziale in aumento eccetera). Qualora gli interventi di adeguamento richiedano sostituzione, anche parziale, della cartellonistica fissa il termine per il rispetto degli obblighi è fissato al 25 marzo 2014 (salvo i casi degli impianti che avevano già sostituito la cartellonistica nei 24 mesi precedenti per i quali il termine slitta di un ulteriore anno).
  È stata diramata, in ultimo, il 12 aprile 2012 una circolare di chiarimenti sul Decreto in questione indirizzata alle associazioni di categoria interessate e alle amministrazioni preposte al rilascio delle autorizzazioni per l'installazione della cartellonistica, nonché quelle competenti alla vigilanza sulle misure ivi contenute, al fine di garantire un fluida attuazione delle stesse.
Il Ministro dello sviluppo economicoFlavio Zanonato.


   BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento allo stato di inattività che perdura da quasi un anno del cantiere allestito dalla ditta CO.GE.S srl di San Felice sul Panaro (Monza) aggiudicataria dell'appalto dei lavori di realizzazione del nuovo Ponte Silogno di Baceno, nel tratto compreso tra il chilometro 12+800 e il chilometro 13+600 della superstrada 659;
   la prima approvazione di uno studio di fattibilità condiviso con l'amministrazione comunale risale addirittura all'anno 2000; l'approvazione del progetto definitivo risale al 2006 e che l'avvio dei lavori è avvenuto nell'ottobre 2011;
   nell'ultima comunicazione scritta, risalente al dicembre 2012, la committente ANAS ha imputato il rallentamento dei lavori ad alcune necessità tecniche di modifica del progetto esecutivo emerse in corso d'opera, nonché ad una situazione di criticità dell'impresa sopraggiunta a seguito degli eventi sismici in Emilia Romagna del maggio 2012 che hanno comportato la concessione di una proroga di 6 mesi dei lavori, inizialmente previsti per 820 giorni, pari a 27 mesi;
   il termine ultimo, comprensivo delle modifiche previste dalla perizia di variante per le modifiche nonché della proroga di cui sopra, è firmato nella primavera 2014;
   va constatato il perdurare dello stato di abbandono del cantiere da parte dell'impresa aggiudicataria e le rare apparizioni del personale ANAS presso il medesimo –:
   se gli uffici del Ministero siano in possesso di comunicazioni o informazioni utili a comprendere le motivazioni del perdurare di questa sospensione dei lavori;
   se non ritenga il Ministro di intraprendere le iniziative in suo potere al fine di sollecitare la committente ANAS alla ripresa dei lavori, tenuto conto che le condizioni di degrado in cui versa l'area di cantiere, in assenza di un'attività dello stesso che ne giustifichi il disagio temporaneo, si traducono altresì in un pessimo biglietto da visita per l'intera collettività nell'imminente avvio della stagione turistica estiva. (4-00742)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'intervento relativo al ponte Silogno nel comune di Baceno, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Tale intervento si inserisce nel quadro di adeguamento della rete viaria sulla strada
statale 659 «di Valle Antigorio e Val Formazza».
  L'Anas, a seguito della gara d'appalto n. 2009PA061 del 24 marzo 2010, ha affidato i lavori all'impresa Co.ge.s. srl di San Felice sul Panaro, con contratto stipulato in data 24 febbraio 2011 per un importo di euro 3.467.985,10 al netto del ribasso.
  Il 19 aprile 2011 è avvenuta la consegna dei lavori, con l'ultimazione degli stessi prevista per il 16 luglio 2013 (giorni 820).
  Tuttavia, si segnala che a seguito del terremoto del maggio 2012 la sede operativa della Co.ge.s. srl ubicata nel comune di San Felice sul Panaro, ha riportato notevoli danni ed è stata dichiarata inagibile.
  L'impresa pertanto, con nota del 21 giugno 2012, ha presentato istanza di proroga dei tempi di ultimazione dei lavori (pari al periodo intercorrente tra il 20 maggio 2012 e il 31 dicembre 2012), così come previsto dal decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 e relativa legge di conversione.
  L'Anas, pur riconoscendo l'imprevedibilità dei danni derivati dal sisma in Emilia, ha, comunque, richiesto all'impresa Co.ge.s. attraverso numerosi ordini di servizio, di dare concreto avvio alla produzione in cantiere.
  La stessa Anas ha evidenziato che nel periodo compreso tra luglio 2011 e gennaio 2013 ha emesso 9 ordini di servizio concernenti l'avvio delle lavorazioni che tuttavia non hanno prodotto alcun risultato.
  Il 27 febbraio 2013 è pervenuta all'Anas la comunicazione relativa all'affitto del ramo d'azienda della Co.ge.s. srl all'impresa Cls srl; in tale contratto rientra anche l'esecuzione del ponte «Silogno».
  L'Anas ha provveduto, pertanto, ad avviare le verifiche previste dalla normativa vigente.
  In data 21 giugno 2013, con atto n. 4664, l'impresa Cls srl è subentrata all'impresa Co.ge.s. srl nell'esecuzione dei lavori di cui trattasi.
  Le lavorazioni in cantiere sono riprese e ad oggi le stesse procedono secondo il cronoprogramma presentato dall'impresa Cls srl.
  Secondo le attuali previsioni, il completamento dei lavori non ha subito variazioni rispetto alla data del 26 febbraio 2014, stabilita a seguito della proroga concessa ai sensi del citato decreto-legge n. 74 del 7 giugno 2012 e relativa legge di conversione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia effettua i servizi di trasporto passeggeri sulla lunga percorrenza secondo due tipologie:
    a) servizi di trasporto passeggeri nazionale sulla lunga e media distanza. Il contratto di servizio è tra i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e Trenitalia. I servizi inseriti in tale contratto sono denominati servizi universali e sono a carico finanziario dello Stato: ne fanno parte gli Intercity notte (ICN) gli Intercity (IC), e collegamenti con bus;
    b) servizi di trasporto passeggeri nazionale sulla lunga e media distanza. Sono i cosiddetti treni a mercato e sono finanziati da risorse proprie di Trenitalia, per cui se un servizio economicamente è vantaggioso e produce ricavi, continua ad essere effettuato, altrimenti viene soppresso. Servizi a mercato sono, ad esempio le frecce (frecciarossa, frecciabianca, frecciargento);

   sulla tratta Ancona-Roma (linea 70) dal dicembre 2011 è stata eliminata la coppia di treni con partenza da Ancona per Roma a metà mattina e con rientro da Roma alle 19,30;
   questa soppressione impedisce di fatto il rientro in giornata a chi si reca a Roma per lavoro e penalizza in modo particolare i pendolari;
   l'amministratore delegato di Trenitalia Vincenzo Soprano, nel corso di un incontro presso la regione Marche con l'assessore ai trasporti, dottor Luigi Viventi, ha motivato tale scelta dichiarando che i collegamenti tra Roma e Ancona sono poco redditizi e che i costi non consentono più il mantenimento del servizio e che l'unica possibilità è che siano inseriti nel contratto di servizio con il Ministero;
   l'amministratore delegato di Trenitalia ha inoltre comunicato che anche il mantenimento della corsa della coppia di frecciabianca Ancona-Roma (FB9852: Roma 17,35 - Falconara M. 20,28; FB9851 Falconara-Roma 10.25) è oggetto di valutazione da parte dell'azienda, perché non produce già utili necessari a mantenere il servizio;
   tale prospettiva aggraverebbe il già difficile collegamento con Roma e determinerebbe di fatto un fortissimo ridimensionamento del servizio sulla direttrice Roma - Ancona con gravi ripercussioni sui tanti utenti, operatori economici, lavoratori pendolari e semplici cittadini;
   la regione Marche ha ripetutamente chiesto di mantenere tutti i servizi attualmente esistenti e anche di ripristinare il treno che parte da Roma alle 19,30 inserendo quest'ultimo nel contratto nazionale –:
   se intenda attivarsi con urgenza, per quanto di competenza, per: a) evitare un'ulteriore soppressione dei treni nella tratta Ancona-Roma; b) ripristinare i collegamenti che sono stati disattivati ed in particolare quelli in partenza alle 19,30 da Roma Termini e da Ancona nella fascia oraria fra le 9,00 e le 13,30. (4-00889)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il gruppo Ferrovie dello Stato ha preliminarmente sottolineato che sulla relazione Ancona-Roma e viceversa i collegamenti Eurostar (3 coppie giornaliere), effettuati sino a dicembre 2011, presentavano da tempo un rapporto costi/ricavi negativo, a causa di una forte diminuzione della frequentazione, con perdite rilevanti per il gestore ferroviario.
  Pertanto, al fine di mantenere attivo il servizio sulla suddetta relazione, a seguito d'intesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Trenitalia, con l'orario del dicembre 2011 si è provveduto, mantenendo sostanzialmente invariati i tempi di percorrenza, a trasformare due coppie di Eurostar in Intercity, inserendole nel Contratto di servizio 2009-2014 con lo Stato.
  Per i treni oggetto del contratto, economicamente non sostenibili da parte di Trenitalia, i ministeri contraenti (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Ministero dell'economia e delle finanze), nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel Piano economico-finanziario inserito anch'esso nel contratto stesso.
  In merito alla soppressione della terza coppia, gli Eurostar 9334 (con partenza da Roma alle 19.32 e arrivo ad Ancona alle 22.50) e 9327 (con partenza da Ancona alle 11.13 e arrivo a Roma alle 14.28), disposta da Ferrovie dello Stato – con l'orario in vigore da dicembre 2011 – a causa, come sopra evidenziato, delle maggiori perdite dovute a minori frequentazioni e per la mancanza di ulteriori risorse necessarie al loro funzionamento, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sollecitato anche dalle innumerevoli richieste giunte dall'utenza, ha cercato di individuare possibili soluzioni a favore dei viaggiatori.
  Peraltro, nonostante i tentativi esperiti da questo ministero, l'unica ipotesi percorribile è risultata quella di prevedere una connessione a Foligno con l'IC 546, in servizio sulla relazione Roma-Perugia, in partenza alle ore 19.55.
  Tuttavia, tale soluzione avrebbe comunque comportato un incremento di costi per la cui copertura le risorse previste per il finanziamento del contratto di servizio della media e lunga percorrenza risultavano insufficienti; si ricorda in merito che il principio che sottende all'offerta contribuita rimane quello di sostenere la mobilità a media e lunga percorrenza a livello nazionale, mentre il trasporto pendolare, anche quando si avvantaggia dei collegamenti di media e lunga percorrenza, rimanda alle competenze delle regioni, nel cui ambito rientrano la programmazione e la gestione dei servizi che assicurano principalmente la mobilità dei viaggiatori pendolari.
  I rapporti con Trenitalia e le regioni sono disciplinati da un contratto di servizio, nell'ambito del quale vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili dalle regioni stesse.
  È opportuno considerare, peraltro, che nella fascia oraria di prima serata, il collegamento tra Roma e Ancona è tutt'oggi assicurato dal treno regionale veloce 12176 (in partenza alle ore 18,28) mentre da Ancona a Roma, in prossimità della fascia oraria indicata dall'interrogante (tra le 9.00 e le 13.30), il collegamento è assicurato dai treni regionali veloci 2325 e 2327 (in partenza, rispettivamente, alle 8.45 e alle 13.43).
  L'interrogante, inoltre, ha posto l'attenzione sull'ipotesi di cancellazione della coppia di «Frecciabianca» Roma-Falconara-Ravenna e viceversa (treni 9852 e 9851).
  Al riguardo, si precisa che i treni «Frecciabianca» vengono effettuati da Trenitalia in regime di mercato (non ricevendo alcun corrispettivo pubblico) e, pertanto, sostenendosi esclusivamente con i ricavi da traffico, la relativa programmazione si fonda su valutazioni di carattere commerciale.
  Ad ogni modo, preme assicurare l'interrogante che, con l'orario in vigore dallo scorso 9 giugno, la citata coppia di «Frecciabianca» (Roma-Falconara-Ravenna e viceversa) è stata confermata fino a dicembre prossimo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   CATANOSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con bando pubblicato sulla G.U. IV serie speciale n. 59 del 27 luglio 2007, il Ministero della difesa ha bandito un concorso pubblico, per esami, a 111 posti per il profilo professionale n. 0106 di «collaboratore di amministrazione», area funzionale C, posizione economica C1 (ora Area III – FI);
   esaurita la fase concorsuale, la graduatoria dei vincitori è stata approvata con decreto dirigenziale in data 30 dicembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 marzo 2010;
   nell'ottobre 2011, il Ministero della difesa ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per la funzione pubblica ed al Ministero dell'economia e delle finanze la richiesta di autorizzazione all'assunzione, prevista dall'articolo 3 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, relazionando sulla spesa occorrente all'assunzione;
   nel gennaio 2012, esaurita la propria fase di competenza, la funzione pubblica ha trasmesso lo schema di decreto di autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze;
   da tale data l'interrogante non ha più notizia di ulteriori sviluppi;
   ben diverso «trattamento» è stato riservato ad altri concorsi: vedasi, ad esempio, quello bandito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a n. 26 funzionari amministrativi appartenenti alla medesima area III - FI;
   il concorso viene bandito dalla Presidenza del Consiglio nel novembre 2010, viene espletato nell'arco di un anno e concluso con l'approvazione della graduatoria il 28 febbraio 2012. La vera discriminazione, tuttavia, è avvenuta relativamente alla autorizzazione all'assunzione; mentre nel marzo/aprile 2012 cominciano a trapelare dall'allora Governo le prime voci di una manovra economica restrittiva, nell'arco di meno di 30 giorni, funzione pubblica e Ministero economia e finanze concedono, in tempi assai rapidi, l'autorizzazione all'assunzione dei 26 funzionari in questione, che il 16 aprile 2012 prendono servizio presso la Presidenza del Consiglio. Per essi, in meno di 18 mesi, viene conclusa la vicenda concorsuale che, per i 111 collaboratori amministrativi del Ministero della difesa, dura da sei anni;
   viene da chiedersi come mai, in un momento di revisione della spesa della pubblica amministrazione in nome di essa si giustificava il blocco delle autorizzazioni alle assunzioni di vincitori di concorsi ben più datati, veniva poi garantita una corsia ultra-preferenziale all'assunzione dei 26 funzionari alla Presidenza del Consiglio;
   il 6 luglio 2012 viene emanato il decreto-legge n. 95 (cosiddetto spending review) convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, che disponeva la riduzione del 10 per cento degli organici delle pubbliche amministrazioni entro il 31 ottobre 2012 ed, in mancanza, il blocco delle assunzioni fino al 2016 (articolo 2);
   il 24 settembre 2012 la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento Funzione pubblica dirama la direttiva n. 10/2012, con la quale fornisce chiarimenti circa le modalità operative con le quali si procederà alla riduzione del personale: i Ministeri dovranno presentare entro il 4 ottobre 2012 una proposta di riduzione, partendo dai dati risultanti dall'organico provvisorio;
   il Ministero della difesa aveva già quantificato l'organico provvisorio del personale civile con decreto ministeriale 16 gennaio 2012 ed in esso aveva incluso anche i posti del concorso in questione. Da tale pianta organica risultava pertanto una carenza di n. 175 unità in area III (ragion per cui era stato bandito il concorso a 111 collaboratori amministrativi), mentre nelle restanti aree I e II venivano quantificati esuberi di personale, che si proponeva di assorbire con il piano dei pensionamenti;
   tale proposta è stata pienamente recepita nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 gennaio 2013, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 87 del 13 aprile 2013, che, in attuazione dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012 ha definitivamente proceduto alla «rideterminazione delle dotazioni organiche del personale di Ministeri»;
   in tale decreto, l'organico del personale civile di III area del Ministero della difesa è quantificato in 2.681 unità, a fronte delle 2.506 effettivamente in servizio, quindi esso risulta carente di 175 unità e, tra esse, i 111 collaboratori amministrativi del concorso in questione –:
   quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati rispetto all'assunzione dei vincitori e degli idonei del concorso descritto in premessa. (4-01127)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, concernente l'assunzione dei vincitori e degli idonei del concorso a 111 posti di «collaboratore di amministrazione», area funzionale C, posizione economica C1 (ora «funzionario amministrativo» – A3 F1), si conferma che il contingente dei vincitori del concorso in parola è contenuto nella richiesta di autorizzazione alle assunzioni per l'anno 2011 inviata, a suo tempo, dalla competente Direzione generale del Dicastero, alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
  La relativa autorizzazione non è stata ancora rilasciata ed il termine per tale rilascio risulta attualmente differito al 31 dicembre 2013, come da decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2013.
  Si conferma, altresì, che all'esito della rideterminazione delle dotazioni organiche del personale di alcuni Ministeri, enti pubblici non economici ed enti di ricerca, avvenuta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 gennaio 2013, in attuazione dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono sussistenti le carenze nella terza area funzionale occorrenti per le assunzioni richieste.
  Si assicura, comunque, da parte del Ministero della difesa la massima attenzione per la problematica.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   CURRÒ, CANCELLERI, TURCO, D'UVA, GRILLO, NESCI, RIZZETTO, TACCONI, PRODANI, BARONI e MARZANA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 maggio 2013, nel corso di una conferenza stampa, i legali dei sottufficiali dell'Arma Salvatore Fiducia e Saverio Masi denunciavano agli organi d'informazione gli ostacoli e le omissioni frapposte fra il 2001 ed il 2004 prima alla caccia al capomafia Bernardo Provenzano e poi, circa due anni fa, in relazione ad «un'indicazione affidabile» che faceva ritenere che si trovasse in Sicilia quello che viene considerato l'attuale reggente di Cosa nostra Matteo Messina Denaro;
   queste circostanze sono state oggetto di denuncia alla Guardia di finanza di Palermo da parte del luogotenente Salvatore Fiducia, tale denuncia ha fatto seguito ad un esposto del maresciallo Saverio Masi;
   i due militari dell'Arma hanno dichiarato che nell'eseguire le loro rispettive indagini, in servizio al comando provinciale di Palermo, le relazioni di servizio con le quali riferivano ai loro superiori siano state «ignorate e talvolta corrette, con sottrazioni di alcune parti»;
   inoltre sia Masi che Fiducia riferiscono, per tramite dei loro legali, «di aver individuato casolari dove avrebbero potuto rifugiarsi i latitanti e anziché essere incoraggiati, sono stati stroncati»;
   se quanto denunciato in premessa fosse vero si sarebbero verificati, nell'ambito dell'Arma, comportamenti che avrebbero contribuito alla compromissione di importanti indagini contro la criminalità organizzata, ivi compresa la cattura di pericolosissimi latitanti –:
   se siano state avviate indagini in relazione ai fatti in premessa alla luce dell'esposto e della denuncia presentati;
   quali iniziative intenda intraprendere, nel rispetto ed indipendentemente da eventuali indagini della magistratura, per accertare se nella catena di comando si siano verificate anomalie e per chiarire quanto descritto in premessa. (4-00754)

  Risposta. — In relazione alla vicenda esposta dall'interrogante, faccio presente che nel corso della conferenza stampa tenutasi il 14 maggio 2013, i legali dei Sottufficiali menzionati nell'atto in titolo hanno riproposto il contenuto di alcune denunce presentate – lo scorso mese di maggio – dai loro assistiti presso gli Uffici della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, in merito ad asserite omissioni e a presunti comportamenti illeciti tenuti dai loro superiori, dal 2001 al 2010 (quando erano effettivi al reparto operativo di Palermo), finalizzati ad ostacolare la cattura di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro.
  Il 4 giugno 2013, alcune agenzie di stampa hanno pubblicato le dichiarazioni dell'ufficiale superiore che comandava in quel periodo il reparto operativo di Palermo, con le quali ha smentito le versioni dei Sottufficiali, preannunciando iniziative legali a tutela.
  Nel periodo tra l'11 giugno e il 22 luglio 2013, l'allora Comandante del reparto operativo di Palermo e un altro Ufficiale, all'epoca dei fatti anch'egli in forza allo stesso reparto operativo, hanno depositato – direttamente presso le procure della Repubblica competenti – delle querele per diffamazione a mezzo stampa e calunnia nei confronti dei due sottufficiali, nonché degli autori degli articoli di stampa e dei direttori delle testate giornalistiche, responsabili, a vario titolo, di aver divulgato e/o commentato le informazioni diffuse nella conferenza stampa in questione.
  Rendo noto, in ultimo, che l'Amministrazione non è in grado di fornire utili elementi sullo stato delle relative indagini, in quanto non sono state delegate attività investigative a reparti dell'Arma dei Carabinieri, tantomeno è stato possibile, attesa l'attualità dei procedimenti penali, avviare autonomi accertamenti sul piano amministrativo.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto n. 82 del 24 settembre 2012 il direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito su base regionale, concorsi per titoli ed esami finalizzati alla copertura di 11.542 posti e cattedre di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015;
   l'articolo 2 di detto bando rubricato «Requisiti di ammissione» stabilisce che «ai concorsi sono ammessi a partecipare i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia o primaria o secondaria di I e II grado, conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, ivi compresi i titoli di abilitazione conseguiti all'estero purché riconosciuti con apposito decreto del Ministero»;
   il comma 2 del succitato articolo stabilisce, che sono altresì ammessi a partecipare, ai sensi dell'articolo 2, comma 1 del decreto interministeriale 10 marzo 1997: «a) per i posti della scuola primaria, i candidati in possesso del titolo di studio comunque conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, ovvero al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998»;
   con sentenza numero 2172, nel 2002 il Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, si espresse contro l'amministrazione scolastica per aver escluso una persona dalla partecipazione al concorso per titoli ed esami, relativo ad abilitazione all'insegnamento e conseguente accesso ai ruoli provinciali degli insegnanti elementari, disposta sulla considerazione ostativa della mancanza del possesso del titolo di studio, in quanto il diploma presentato con la domanda di partecipazione sarebbe stato rilasciato dall'istituto magistrale «Guazzi» di Benevento al termine di un corso sperimentale ad indirizzo linguistico. Il Consiglio di Stato ritenne valido il titolo «maturità linguistica» per la partecipazione ai concorsi di scuola primaria precisando che «il diploma di maturità linguistica, non priva il titolo di studio conferito dall'Istituto maestrale della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo, ma aggiunge qualcosa di più, senza modificarne la tipologia originaria»;
   il Consiglio di Stato, con numerosi pronunciamenti successivi, ha confermato quanto disposto con la sentenza numero 2172 del 2002;
   il 3 dicembre 2009, infatti, l'organo di giustizia amministrativa, attraverso un nuovo dispositivo (sentenza 7550/2009), ha confermato che: «l'elemento fondamentale della controversia riposa nella controversa interpretazione dell'articolo 279 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 con il quale si riconosce “piena validità agli studi compiuti dagli alunni delle classi o scuole interessate alla sperimentazione di cui all'articolo 278, secondo criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministero della pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione«». Il Consiglio di stato ha stabilito, inoltre, che, come già statuito con altra sentenza del 4 aprile 2004, numero 1769 della VI sezione, dalle cui conclusioni il Collegio non ha inteso discostarsi, «la sperimentazione scolastica, intesa come ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle strutture e stata autorizzata ed attuata dall'Istituto Magistrale in vista del nuovo assetto dell'istruzione elementare, nel cui ordinamento didattico è ora compreso l'insegnamento della lingua straniera, e della formazione (anche a livello universitario) degli insegnanti elementari, tanto che entrambi i corsi di sperimentazione (quello ad indirizzo linguistico e quello ad indirizzo pedagogico) tenuti in contemporanea dal medesimo istituto, sono stati articolati in cinque anni di studio, con possibilità di accesso, a conclusione del ciclo, a tutte le facoltà universitarie. In tale quadro, la piena validità riconosciuta secondo i criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della Pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione al diploma di maturità linguistica, non priva il titolo conferito dall'Istituto Maestrale sopra indicato della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo [...] In conclusione, – a prescindere dall'interpretazione letterale del bando e dalla consideratone che le materie di insegnamento dei due indirizzi di studio dell'Istituto Magistrale suddetto (linguistico e pedagogico), volti entrambi al conseguimento del diploma di maturità maestrale, non erano, in parte, coincidenti – ritiene il Collegio che il diploma di maturità linguistica come sopra rilasciati al termine di corso quinquennale, appare conforme pure al nuovo assetto ordinamentale della scuola elementare, ove si consideri che l'insegnamento della lingua straniera è ricompreso negli ordinari programmi didattici»;
   con nota protocollo 2870 del 26 ottobre 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sollecitato da numerose richieste di chiarimento, si è espresso favorevolmente sulla validità del diploma sperimentale linguistico, conseguito presso gli istituti magistrali, quale titolo di accesso al concorso di scuola primaria di cui al suindicato DDG n. 82 del 24 settembre 2012. Nella suindicata nota, il Capo dipartimento per l'Istruzione, a sostegno della sua tesi, ha riportato la sentenza numero 2172/2002 del Consiglio di Stato, e le disposizioni del bando di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012: «Tale assunto – si legge – trova altresì conferma dalla formulazione del Bando che prevede solamente di dichiarare il possesso del titolo di studio conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, ovvero al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'Istituto Magistrale, senza ulteriore specificazione»;
   in data 14 novembre 2012, successivamente alla data di scadenza per la partecipazione al concorso di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota numero protocollo 3123, si è espresso nuovamente sulla validità del diploma sperimentale linguistico conseguito presso gli istituti magistrali quale titolo di accesso al concorso di scuola primaria, ma questa volta in senso nettamente opposto alla sua precedente nota (2870 del 26 ottobre 2012). Il Ministero, infatti, ha precisato che «per essere valido tale diploma deve riportare la dicitura “maturità magistrale ad indirizzo linguistico”. Ciò in quanto solo i diplomi che riportano l'indicazione “maturità magi-strale” assicurano un idoneo percorso di studio e di preparandone all'insegnamento nelle scuole elementari, ora primarie»;
   in applicazione della suindicata nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasmessa ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, i competenti uffici hanno escluso dal concorso, di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, i candidati in possesso di maturità linguistica conseguita presso i corsi sperimentali avviati negli istituti magistrali entro l'anno scolastico 2001/2002; provvedimenti, questi, a giudizio dell'interrogante in netto contrasto con quanto stabilito dall'articolo 2 del bando di concorso, dalla sentenza numero 2172/2002 del Consiglio di Stato, e da quanto indicato dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella nota prot. 2870 del 26 ottobre 2012;
   in virtù del pacifico riconoscimento della validità del titolo «maturità linguistica» rilasciato dagli istituti magistrali, ai fini del conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria e dell'infanzia, centinaia di insegnanti sono stati inquadrati nelle graduatorie in 3° fascia, o, a seguito del concorso del 1999, sono passati di ruolo; insegnanti che, a seguito della nota numero 3123 del 14 novembre 2012, e dalla conseguente esclusione dal concorso di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, vedono ora messa in discussione la validità del titolo in virtù del quale attualmente insegnano nella scuola primaria. Numerosi, inoltre, sono coloro che, avendo conseguito il diploma di maturità linguistica, hanno visto leso il diritto a partecipare al concorso bandito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 24 settembre del 2012;
   la posizione assunta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla validità del titolo magistrale linguistico mette a rischio, dunque, lo status dei tantissimi insegnanti della scuola primaria e dell'infanzia, di ruolo e non, che sono inquadrati nell'organico del Ministero in virtù del possesso del titolo «magistrale linguistico»; centinaia di persone che da anni sono inseriti nell'organico della scuola, percepiscono regolarmente lo stipendio e che, alla luce della nota diramata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sarebbero titolati all'insegnamento;
   a giudizio dell'interrogante il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto fate riferimento, invece, al suindicato pronunciamento del Consiglio di Stato del 2002, senza incorrere nella evidente contraddizione di due note, la 2870 del 26 ottobre 2012 e la 3123 del 14 novembre 2012, che riportano posizioni in netto contrasto tra loro. È chiaro, infatti, così come indicato nella sentenza 2172/2002 che «la sperimentazione scolastica, intesa come “ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle strutture” è stata autorizzata ed attuata in vista del nuovo assetto dell'istruzione elementare, nel cui ordinamento didattico è ora compreso l'insegnamento della lingua straniera, e della formazione 4 N.R.G. 2172/2002 (anche a livello universitario) degli insegnanti elementari, tanto è che entrambi i corsi di sperimentazione (quello ad indirizzo linguistico e quello ad indirizzo psicopedagogico) tenuti in contemporanea dal medesimo Istituto, sono stati articolati in cinque anni di studio, con possibilità di accesso, a conclusione del ciclo, a tutte le facoltà universitarie. In tale quadro, la “piena validità” riconosciuta secondo i “criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione”, al diploma di maturità linguistica, non priva il titolo di studio conferito dall'Istituto magistrale della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo, ma aggiunge qualche cosa di più, senza modificarne la tipologia originaria. È pertanto irrilevante la postuma precisazione dell'Autorità scolastica centrale (nota 28 settembre 2000), e ciò anche sulla consideratone che la clausola del bando di cui all'articolo 2 punto 5) trova ulteriore precisazione all'articolo 4 lettera f) nella quale espressamente si richiede ai fini della partecipazione al concorso, la dichiarazione, nella domanda di partecipazione, del possesso di diploma rilasciato “di Istituto magistrale”, senza ulteriore precisazione» –:
   alla luce di quanto suesposto, quale sia la posizione ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla validità del titolo di studio «magistrale linguistico» ai fini della partecipazione ai concorsi nella scuola primaria; qualora confermasse la posizione espressa dal Ministero con la nota 3123 del 14 novembre 2012, quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare il conseguente caso di centinaia di insegnanti di ruolo e inseriti nelle graduatorie provinciali in virtù del possesso del titolo di studio «magistrale linguistico». (4-00748)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in oggetto con la quale l'interrogante chiede che siano forniti chiarimenti sulla validità del diploma sperimentale linguistico conseguito presso gli istituti magistrali ai fini della partecipazione ai concorsi per l'insegnamento nella scuola primaria.
  La questione verte sull'applicazione del principio fissato dall'articolo 11, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (che ha sostituto la precedente disposizione di analogo tenore di cui all'articolo 279 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297) secondo il quale è riconosciuta piena validità agli studi compiuti dagli alunni delle classi o scuole interessate dalla sperimentazione (oggi non più definita sperimentazione ma «studi compiuti dagli alunni nell'ambito di progetti volti a esplorare possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro applicazione e durata, l'integrazione tra i sistemi formativi, i processi di continuità e orientamento») secondo criteri di corrispondenza fissati con il decreto del Ministro della pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione.
  Occorre dunque far riferimento, ai fini dell'ammissione al concorso, ai decreti relativi ai singoli corsi sperimentali. Sulla base di questi criteri, che distinguono i corsi corrispondenti alla maturità magistrale e quelli corrispondenti alla licenza linguistica, deve ritenersi che il diploma rilasciato da un istituto magistrale al termine di un corso sperimentale ad indirizzo linguistico può essere considerato titolo idoneo per la partecipazione al concorso per personale docente nella scuola primaria solo se dal decreto di autorizzazione alla sperimentazione emerga l'equiparazione tra tale diploma e la maturità magistrale.
  Diversamente, il diploma sperimentale linguistico, corrispondente al diploma linguistico, pur conseguito presso l'istituto magistrale, non può avere lo stesso valore del diploma di maturità magistrale.
  La differenza tra le due ipotesi è decisiva ai fini dell'ammissione al concorso. Infatti i diversi percorsi «linguistici» consentono allo studente di approfondire e sviluppare la conoscenza e la padronanza comunicativa di tre lingue straniere ma non assicurano quelle conoscenze e competenze indispensabili per insegnare nella scuola primaria quali le scienze dell'educazione, la didattica e il tirocinio, l'educazione musicale, la conoscenza della legislazione sociale, la metodologia della ricerca socio-psicopedagogica, la pedagogia, la sociologia e la psicologia che caratterizzano invece il percorso per conseguire il diploma di maturità magistrale.
  Le sentenze del Consiglio di Stato n. 2172 del 1992 e n. 7550 del 2009 richiamate dall'interrogante, pur affermando per i casi considerati l'equipollenza tra il diploma conseguito dai ricorrenti e la maturità magistrale, affermano in effetti il principio suddetto: il valore del titolo conseguito al termine di un percorso sperimentale è determinata dai criteri di corrispondenza fissati nel decreto ministeriale di autorizzazione alla sperimentazione.
  Quanto all'inserimento nelle graduatorie provinciali, il diploma sperimentale linguistico non ha mai costituito titolo idoneo, essendo a tal fine necessario il diploma di maturità magistrale o titolo sperimentale dichiarato corrispondente.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   DI BATTISTA, FRUSONE, RIZZO, CORDA, ALBERTI, MANLIO DI STEFANO, ARTINI e SPADONI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia con il decreto-legge n. 227 del 2012 del 28 dicembre 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2013, n. 12) ha provveduto alla «proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia»;
   con riferimento all'intervento italiano in Afghanistan il predetto provvedimento, al comma 19 dell'articolo 1, autorizza la spesa di euro 5.635.000,00 «al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali» relativamente al periodo 1° gennaio 2013 – 30 settembre 2013;
   la somma di cui sopra è stanziata per interventi urgenti, acquisti e lavori, anche in deroga alla contabilità generale, disposti dal comandante del contingente militare impegnato nella Repubblica Islamica dell'Afghanistan;
   nella relazione tecnica sottoposta al Parlamento al momento della conversione in legge del decreto-legge n. 227 del 2012 viene chiarito che gli interventi urgenti in Afghanistan sono da riferirsi alla cosiddetta attività CIMIC (civil-military cooperation);
   la medesima relazione, nel provvedere alla quantificazione degli effetti finanziari circa le missioni di cui al citato articolo 1, comma 19, del decreto de quo, lungi dall'indicare le singole voci di spesa, identifica l'intera somma stanziata come onere una tantum;
   le modalità di gestione delle somme, in deroga alla contabilità di Stato, così come autorizzate dal decreto legge, appaiono dunque, assolutamente al di fuori di qualsivoglia controllo essendo rimessa, la discrezionalità degli interventi, ai comandanti delle missioni;
   di conseguenza, a giudizio degli interroganti, non è garantita la benché minima trasparenza: in particolare, non è dato sapere quante somme sono state ad oggi investite, a quali aziende sono state erogate e con quali finalità, nonché quali importi dovranno essere utilizzati sino al 30 settembre 2013;
   gli stanziamenti finalizzati a soddisfare esigenze umanitarie della popolazione afghana sono di certo auspicabili nonché necessari al superamento della fase post bellica, ma ciò non significa che l'Italia debba venir meno alla possibilità di controllare come vengono spesi soldi della collettività –:
   se si intendano fornire, relativamente all'Afghanistan, tutti i dati e le formazioni relative alla gestione delle somme di cui al comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012 (convertito dalla legge n. 12 del 2013. (4-01105)

  Risposta. — La cooperazione civile militare (Cimic) oltre ad assolvere funzioni di natura «operativa» a supporto delle operazioni militari, presuppone, nel contempo, lo svolgimento di variegate attività a favore delle popolazioni locali per il sostegno dei processi di pacificazione e stabilizzazione nelle aree di crisi.
  Quest'ultime si esplicano sulla base di molteplici modalità, tra le quali assumono particolare rilevanza quelle che si attuano prevalentemente nella realizzazione di infrastrutture o nell'acquisizione di beni e servizi a favore delle istituzioni locali.
  Si va quindi dalla costruzione di edifici per servizi pubblici (scuole, infermerie, caserme per vigili del fuoco e polizia, governo locale, eccetera) a quella di tratte di reti (elettriche, idriche, fognarie), al sostegno alle attività produttive (pozzi e impianti di irrigazione, laboratori e officine, eccetera), cui si aggiungono gli interventi in specifici e rilevanti settori quali sicurezza, educazione, agricoltura, protezione sociale, ed altri ancora.
  Ogni intervento Cimic in Afghanistan, finanziato con i fondi rinvenienti dal decreto-legge n. 227 del 2012, è riconducibile a specifiche aree/macroaree/settori di intervento ed è realizzato dopo aver ricevuto dalle varie autorità istituzionali e locali specifica richiesta e approvazione, ad eccezione delle eventuali ulteriori attività di cooperazione a cui lo stesso Comandante italiano decide sul territorio di ricorrere avendone rilevate preventivamente sia la necessità che l'utilità, in relazione alla concreta situazione del momento.
  A tal riguardo, appare opportuno aprire una parentesi per descrivere il particolare e complesso contesto nel quale i Comandanti si trovano ad operare.
  Non si può sottacere che esiste una stretta interdipendenza tra la sostenibilità delle operazioni militari e dei programmi di sviluppo e l'assistenza umanitaria ed il tessuto etnico e tribale del Paese.
  La forte instabilità politica dell'Afghanistan impone, infatti, la necessità per i Comandanti nazionali di individuare interlocutori locali affidabili in un ambiente caratterizzato da una governance particolare, organizzata in province, distretti e soprattutto comunità locali.
  I Comandanti italiani, a tutti i livelli, attraverso i propri assetti Cimic, sono chiamati a gestire direttamente i rapporti con i governatori provinciali, con tutti i district managers e, non in ultimo, con tutte le varie autorità municipali, tribali, religiose, insistenti della propria area di operazioni, anche in concorso e con il supporto dei rappresentanti nazionali del Ministero degli affari esteri.
  Ciò evidentemente impone grande attenzione e sensibilità, pieno rispetto degli usi e dei costumi locali, senza alterarne gli equilibri etnici tradizionali, in modo da ottenere la fiducia delle varie autorità e popolazioni locali.
  Va da sé che la costruzione ed il mantenimento di «buoni rapporti» con le autorità e le popolazioni locali costituiscono alcune delle precondizioni indispensabili per garantirsi quella necessaria cornice di sicurezza nell'ambito delle operazioni cui è chiamato il contingente.
  In tale contesto, la deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato di cui all'articolo 1, comma 19 del citato decreto-legge n. 227 del 2012, risulta motivata dal carattere eccezionale delle situazioni (scenari di crisi) in cui gli interventi Cimic vengono realizzati e, conseguentemente, dall'impossibilità di ottemperare integralmente alle procedure previste dalla normativa nazionale ed europea in tema di appalti pubblici (esempio certificazione antimafia, conformità ISO, eccetera).
  È di tutta evidenza, infatti, che non sarebbe possibile perseguire l'obiettivo di sostenere adeguatamente e tempestivamente la popolazione locale se si dovessero attuare le stesse procedure previste per i lavori pubblici da effettuare in Patria.
  Tuttavia, ciò non esime il contingente dal porre in essere tutte le azioni necessarie per garantire la massima trasparenza ed imparzialità, come per esempio l'effettuazione di indagini di mercato tra più ditte concorrenti.
  In effetti, il comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge in argomento (come del resto tutte le corrispondenti norme dei precedenti decreti di autorizzazione e proroga di missioni internazionali), contempla sì una deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ma tale deroga non è da intendere in senso assoluto, ossia come possibilità di spendere sic et simpliciter le somme stanziate senza l'osservanza delle ordinarie procedure prescritte dalla legge per l'acquisizione di beni e servizi, bensì come riferita alla possibilità di far ricorso alle procedure in economia anche al di là dei limiti di importo posti dal legislatore per il loro utilizzo. Infatti la lettura del testo integrale della norma evidenzia che le somme stanziate possono essere spese dai comandanti dei contingenti impegnati nelle missioni per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, e purché sussistano i requisiti della necessità e dell'urgenza.
  Dunque, è da ritenere che il legislatore non abbia affatto inteso sottrarre a qualsivoglia controllo la gestione di quelle somme, consentendo ai comandanti dei contingenti di agire secondo la propria personale discrezionalità al di fuori di ogni regola, ma semplicemente che esso, nella consapevolezza della cennata impossibilità di ottemperare integralmente alle disposizioni del codice degli appalti, abbia consentito di soddisfare tutte le esigenze di approvvigionamento nei teatri operativi, quale che ne sia l'ammontare e sempre che ricorrano i presupposti della necessità e dell'urgenza, servendosi di procedure snelle e semplificate, come appunto quelle in economia.
  Le regole per lo svolgimento di tali procedure esistono, e vengono osservate. Esse sono fissate in generale dall'articolo 125 del codice degli appalti, che impone di affidare lavori, servizi e forniture nel rispetto dei princìpi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, e la loro applicabilità alle acquisizioni del Ministero della difesa da eseguire fuori dal territorio nazionale, come quelle finanziate dal decreto-legge in esame e oggetto dell'interrogazione in esame, viene sancita dal combinato disposto del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2012, n. 236, e del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 49. Entrambi tali regolamenti confermano sostanzialmente le disposizioni del codice, imponendo lo svolgimento di vere e proprie procedure competitive, seppur semplificate, da espletare con il concorso di almeno cinque operatori economici, e addirittura imponendo, in relazione a servizi e forniture, un secondo esperimento di gara qualora nel primo non siano stati acquisiti almeno tre preventivi.
  Ne discende che il ricorso, in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, alle procedure in economia per interventi urgenti, acquisti e lavori nei teatri operativi in genere, e in Afghanistan in particolare, si risolve non in una gestione arbitraria del pubblico denaro da parte dei comandanti dei contingenti, tenuti comunque al rispetto di principi e regole normativamente imposti, ma nella disponibilità di uno strumento flessibile ed idoneo a soddisfare, in modo efficace e tempestivo, le esigenze di approvvigionamento nella difficile e del tutto peculiare realtà dei teatri operativi.
  Per quanto riguarda, più in particolare, le «modalità di gestione delle somme», occorre fare due precisazioni.
  In primo luogo, esse sono sottoposte ad un duplice controllo sulla linea:
   operativa, al fine di valutare, sia ex-ante che ex-post, l'impatto sulla missione militare degli interventi pianificati/realizzati, la fattibilità, la coerenza degli stessi rispetto agli scenari operativi e agli ordini della catena di comando e controllo, nonché la sostenibilità nel tempo da parte delle varie autorità locali;
   amministrativa per verificare, tra l'altro, la congruità di spesa e l'aderenza ai princìpi contabili.

  In secondo luogo, le stesse sono correlate anche alle valutazioni tecnico-operative dei vari Comandanti in teatro, in quanto detti interventi, essendo finalizzati al successo della missione militare, devono, inevitabilmente, essere aderenti alle scelte/valutazioni dei contingenti militari.
  Con riferimento, infine, allo specifico quesito riguardante i dati concernenti le somme in argomento, si indicano di seguito i progetti avviati/da avviare riconducibili all'articolo 1 comma 19 del decreto-legge n. 227 del 2012:
   costruzione di infrastrutture nel settore della sicurezza, tra cui la realizzazione di un distretto e di un comando per la Polizia;
   realizzazione di infrastrutture nel settore dell'istruzione, tra cui la costruzione di due scuole e la ristrutturazione di altre due scuole;
   realizzazione di infrastrutture a favore dell'Autorità centrale locale, tra cui la costruzione di un edificio da adibire a dipartimento dell'economia;
   realizzazione di infrastrutture nel settore della sanità, tra cui la costruzione di un comprehensive health center, una struttura di degenza ospedaliera, due poliambulatori, due ambulatori e l'ingrandimento di una public clinic and training center;
   acquisto di beni e servizi per il supporto umanitario;
   approvvigionamento di uno stabilizzatore di tensione e 6 pompe idrovore;
   asfaltatura di un 1 chilometro di strada;
   servizi essenziali nel settore della tutela ambientale e della protezione civile.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   FRATOIANNI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, ICCU, non dispone più dei finanziamenti necessari per la gestione del servizio bibliotecario nazionale, SBN;
   in un comunicato stampa del 7 maggio 2013 i dipendenti dell'ICCU denunciano al Governo la situazione di indisponibilità economica in cui versa l'Ente;
   per effetto della legge n. 183 del 2011 e della legge n. 228 del 2012, varate rispettivamente dal Governo Berlusconi prima e, dal Governo Monti poi, l'ICCU ha visto ridurre progressivamente i suoi finanziamenti. Si pensi, che nel breve volgere di tre anni la dotazione economica a disposizione dell'ICCU si è ridotta di 1 milione di euro, da 2.3 milioni a 1.3 milioni;
   il direttore dell'ICCU, dottoressa Rosa Caffo, ha denunciato la situazione difficile anche sul versante del personale che è stato ridotto da 90 unità a 43 unità, per effetto della mancata sostituzione dei lavoratori che hanno raggiunto l'età pensionabile, a cui si aggiunge la retribuzione decurtata a seguito della sottoscrizione del personale del contratto di solidarietà nazionale;
   l'ICCU svolge un ruolo centrale per la cultura in Italia, considerando che rende immediatamente accessibili e disponibili «on line», ossia in modalità di open source, a tutti i cittadini un patrimonio di 14 milioni di titoli, con 64 milioni di localizzazioni bibliotecarie, attraverso il servizio bibliotecario nazionale e il catalogo collettivo nazionale;
   il servizio bibliotecario nazionale collega, inoltre, circa 5.000 biblioteche in tutta Italia, incluse 20 università, e, attraverso l'infrastruttura del catalogo collettivo nazionale, fornisce da anni un servizio che è sempre stato uno dei fiori all'occhiello del panorama culturale italiano, emulato anche da altre realtà bibliotecarie europee;
   la quantità di utenti che accedono e fruiscono del catalogo collettivo nazionale, racconta della strategicità e dell'importanza del servizio offerto dall'ICCU: ad esso accedono, ad oggi, più di 2 milioni e mezzo di visitatori l'anno, con circa 50 milioni di ricerche bibliografiche e più di 35 milioni di pagine visitate;
   a parere dell'interrogante, proseguire sulla strada dei tagli lineari senza considerarne gli effetti catastrofici non è più accettabile. Non si può continuare a pensare che la cultura e le istituzioni culturali di questo Paese siano elementi accessori, non determinanti per lo sviluppo, la ripresa economica e la crescita del «Sistema Paese»;
   i tagli operati nei confronti dell'ICCU sono l'ennesimo schiaffo al mondo dell'istruzione e della ricerca, perché con la scomparsa del servizio di catalogazione del patrimonio delle Biblioteche Italiane, si lede il diritto dei cittadini di ricercare, localizzare e ottenere informazioni su libri e documenti a cui, altrimenti, non potrebbero accedere;
   la sospensione o il sottodimensionamento del servizio prefigurerebbe un enorme danno socio-economico, considerando gli investimenti fin qui sostenuti per l'elaborazione e lo sviluppo del software di catalogazione in open source la cui proprietà è dello Stato italiano;
   la situazione suddescritta comprometterebbe, inequivocabilmente, anni di lavoro e di investimenti che andrebbero perduti, senza considerare che anche le altre 5.000 biblioteche, che collaborano al servizio, dovrebbero ricorrere all'acquisto di un differente software per la catalogazione dei volumi bibliotecari, comportando, di fatto, un ulteriore impegno economico per le casse dello Stato;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in cui versa l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e dei suoi dipendenti –:
   quali atti urgenti il Governo intenda porre in essere affinché ci sia una discontinuità con le politiche del rigore economico operate dai due precedenti Governi;
   se il Ministro non ritenga strategico, in campo socio-economico, finanziare la cultura e la ricerca, quali volani di una politica di rilancio dell'economia del Paese, cominciando, per esempio, col rifinanziare l'ICCU e le strutture e le risorse umane ad esso connesse. (4-00555)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede quali atti il Governo intenda porre in essere affinché ci sia una discontinuità con le precedenti politiche di rigore economico e se si ritenga strategico finanziare la cultura e la ricerca quali volani di una politica di rilancio dell'economia del Paese, cominciando col rifinanziare l'istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), si rappresenta quanto segue.
  Premessa indispensabile è che l'ICCU continuerà a svolgere il proprio fondamentale servizio al pubblico e che non è a rischio chiusura per ragioni finanziarie.
  Un primo aspetto critico della situazione attuale dell'istituto è costituito dalla ridotta disponibilità di risorse umane, che hanno subito una forte contrazione negli ultimi anni nell'ambito della generale riduzione degli organici pubblici. La questione degli organici rispecchia la situazione di carenza diffusa per l'amministrazione statale in genere e per l'intero settore bibliotecario, con particolare riguardo per le regioni del centro-nord.
  Dal punto di vista strettamente finanziario, va poi sottolineata la situazione di partenza per l'anno corrente, alla luce del taglio dello specifico capitolo di bilancio destinato al funzionamento dell'Istituto e di Servizio bibliotecario nazionale, in attuazione del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 e per successivi accantonamenti, da 1.555.000,00 a 1.069.879,00 di euro, con una riduzione del 31 per cento rispetto al 2012.
  Nonostante tali drastiche misure di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica che investono tutta la pubblica amministrazione, la competente direzione generale ha limitato per l'anno corrente la carenza complessiva di risorse finanziarie, attraverso un ingente sforzo per il reperimento di risorse integrative.
  Per il 2013, infatti, il finanziamento complessivo dell'ICCU, destinato prevalentemente al Servizio bibliotecario nazionale, ammonterà a 1.875.567,75 euro rispetto ai complessivi 2.185.000,00 del 2012, limitando al 14 per cento l'originario taglio del 31 per cento rispetto al 2012.
  Tale risultato è stato conseguito grazie al mantenimento dello stanziamento di euro 130.000,00 sul capitolo finalizzato allo sviluppo di SBN, dall'altro, al supporto che la direzione generale per le biblioteche ha dato alla programmazione di risorse integrative a favore dell'ICCU (affidate in gestione unificata alla direzione generale per l'organizzazione e gli affari generali) e a una rimodulazione di fondi residui disponibili. Complessivamente si prevede di passare dai 500.000,00 euro di risorse aggiuntive assegnate all'istituto nel 2012 ai 675.688,75 euro dell'anno corrente.
  Si ricorda, inoltre, che l'istituto può integrare i finanziamenti statali con alcuni cofinanziamenti europei per progetti di studio, ricerca e valorizzazione, e può disporre di proventi, anche se di importo non considerevole, derivanti dalle proprie attività di promozione, pubblicazione, consulenza e collaborazione con soggetti pubblici e privati, italiani, comunitari e internazionali.
  Non va, comunque, sottaciuta la sempre maggiore difficoltà per questa amministrazione di sopperire in modi alternativi alla carenza di risorse sui capitoli propri di finanziamento dell'istituto o di SBN, nonostante la costante azione di riduzione dei costi portata avanti negli ultimi anni.
  Al fine di proseguire e implementare la positiva esperienza del Servizio bibliotecario nazionale, nel contesto della crisi economica che da anni ha investito il nostro Paese, la competente direzione generale ha avviato da tempo un attento monitoraggio dei costi del servizio e stimolato, sin dal 2011, iniziative volte alla riduzione strutturale dei costi di mantenimento dell'infrastruttura informatica. Infine, è stato di recente costituito un gruppo di lavoro per elaborare un piano di razionalizzazione dei poli bibliotecari costituenti il sistema, al fine di ridurre ulteriormente i costi di gestione legati al mantenimento del servizio bibliotecario in tutte le strutture centrali e periferiche afferenti. Il risultato conseguito negli ultimi tre anni è quantificabile in una riduzione di circa il 20 per cento dei costi direttamente attribuibili a SBN.
  Tale comportamento virtuoso, combinato con la disponibilità di risorse finanziarie integrative come sopra accennato, ha consentito finora di neutralizzare gli effetti negativi dei tagli lineari di bilancio sull'ICCU e su SBN in generale. Occorre, tuttavia, rilevare che la legge di bilancio per il triennio 2013-2015 prevede, a partire dal 2014, ulteriori tagli generalizzati ai capitoli della tabella ministeriale, sia di funzionamento che di investimento, che per quanto riguarda i capitoli di pertinenza dell'ICCU e di SBN saranno compresi tra il 15 e il 20 per cento, portando la percentuale di finanziamento erogato sui capitoli «propri» dell'ICCU e di SBN al 50 per cento del fabbisogno reale.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismoMassimo Bray.


   LAVAGNO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la caserma «Luigi Giorni», già sede del 157° Battaglione Liguria, sita in via Mazzini nel comune di Novi Ligure (Alessandria), è in disuso e fatiscente da anni;
   le coperture della struttura, sono completamente composte da lastre d'amianto. Tali coperture stanno cedendo gradualmente, aumentando il rischio di una dispersione di polveri contenenti fibre d'amianto nell'aria che, se respirate, possono causare gravi patologie altamente cancerogene come tumori della pleura (ovvero il mesotelioma pleurico) e il carcinoma polmonare;
   come si apprende da organi di stampa i cittadini residenti nelle aree limitrofe, hanno più volte segnalato lo stato di degrado della struttura al demanio e richiesto interventi per la messa in sicurezza della struttura oltre alla richiesta di verifica agli organi competenti delle condizioni e della qualità dell'aria;
   l'area, oggetto della presente interrogazione, risulta assegnata al demanio militare –:
   se intenda procedere celermente alla piena messa in sicurezza della struttura ed in particolare se intenda intervenire alla rimozione di manufatti contenenti amianto presenti nelle coperture o in altre parti della caserma. (4-01166)

  Risposta. — La caserma «Luigi Giorgi» di Novi Ligure – richiamata nell'interrogazione in esame – è stata definitivamente retrocessa all'Agenzia del demanio in data 7 gennaio 1997, in quanto valutata non ulteriormente utile ai fini istituzionali dell'Esercito italiano.
  Conseguentemente, non essendo, il cespite in questione, compreso nell'elenco dei beni in uso alla Forza armata, non è possibile porre in essere le attività richieste dall'interrogante.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   LENZI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 dicembre 2012, con delibera n. 197 del 2012 l'Ordine dei medici di Bologna ha licenziato per nullità del provvedimento di assunzione, in quanto assunte senza procedura concorsuale, cinque dipendenti;
   il rapporto di lavoro aveva avuto inizio 28 anni fa per quattro delle dipendenti quando l'Ordine dei medici aveva natura privatistica, mentre la quinta era stata assunta nel 1993 con contratto a tempo determinato prolungato poi fino al 1993 quando, a seguito dell'entrata in vigore della articolo 4-bis comma 6, della legge n. 147 del 1993, e dopo aver acquisito il parere del dipartimento della funzione pubblica, il rapporto di lavoro veniva trasformato a tempo indeterminato in forza dell'applicazione della legge indicata;
   nella stessa delibera, dando atto che il rapporto in essere continuava ex articolo 2126 codice civile, si decideva poi di sospendere l'efficacia di tale accertata nullità per un periodo di n. 3 mesi, chiedendo contestuale parere al Dipartimento della funzione pubblica ed al Ministero della salute;
   ad oggi nessun parere ministeriale risulta pervenuto;
   al momento dell'instaurazione del rapporto di lavoro gli ordini professionali avevano natura privatistica e, solo nel 1986 con il decreto del Presidente della Repubblica n. 68 si inserivano gli Ordini nel comparto di contrattazione degli enti pubblici non economici; con il successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 267 del 1987 si normava la materia regolando anche la situazione del personale già dipendente;
   analoghe situazioni possono essere presenti in tutti gli Ordini professionali italiani e questo precedente suscita viva preoccupazione;
   il diritto del lavoro sia in sede nazionale che europeo ha sempre riguardato la tutela del lavoratore e la stabilità del lavoro;
   la questione riveste carattere di urgenza stante la volontà dell'ente di procedere comunque al licenziamento delle cinque dipendenti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno predisporre urgentemente il parere richiesto dall'ordine dei medici di Bologna con deliberazione n. 197/2012 del 5 dicembre 2012 al fine di porre maggiore chiarezza sull'intera vicenda. (4-00179)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame con cui l'interrogante sollecita il parere richiesto – con nota del 30 aprile 2013 – dall'Ordine dei medici di Bologna al Ministero della salute, quale amministrazione vigilante, e al Dipartimento della funzione pubblica in merito alla regolarizzazione di alcune unità di personale dipendenti dal medesimo Ente.
  Al riguardo il citato ente ha motivato la richiesta di parere facendo riferimento alle criticità riguardanti la legittimità delle assunzioni di cinque unità di personale, risalenti agli anni 1985, 1987 e 1991, emerse in occasione della valutazione delle progressioni di carriera dei dipendenti in servizio presso il medesimo ente. Si tratta in particolare delle seguenti dipendenti:
   Patrizia Melle, assunta a tempo indeterminato e inquadrata come assistente V livello dal 1/4/1985;
   Paola Capelli, assunta a tempo indeterminato e inquadrata come assistente V livello dal 1/9/1985;
   Anna Lisa Paccagnella, assunta a tempo indeterminato e inquadrata come assistente V livello dal 2/1/1987;
   Cosima Boschi, assunta a tempo indeterminato e inquadrata come assistente V livello dal 1/4/1987;
   Alessandra Paccagnella e Benita Donatella Rossi, assunte a tempo determinato e inquadrate come dattilografe IV livello dal 2/12/1991.

  Il Dipartimento della funzione pubblica con nota del 3 luglio 2013 (prot. 31501) inviata all'Ordine dei medici di Bologna, al Ministero della salute e alla Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri nel rendere il parere richiesto ha rappresentato che, dall'esame della documentazione trasmessa dall'ente medesimo, le assunzioni in questione sembrano essere state effettuate tramite chiamata diretta, senza l'espletamento di alcuna procedura concorsuale; tale modalità sembra quindi configurare il rapporto di lavoro delle suddette dipendenti quale rapporto di fatto, ai sensi dell'articolo 2126 c.c.
  Al riguardo il Ministero della salute, con nota del 17 aprile 2013 (prot. 19644), ha evidenziato come, secondo l'orientamento giurisprudenziale più diffuso, sono da ritenere nulli i contratti di lavoro relativi a fattispecie analoghe a quelle sopraconsiderate, in quanto sottoscritti in violazione di legge: in questi casi, inoltre, ferma restando la salvaguardia del trattamento economico percepito in relazione alla prestazione lavorativa resa, non si rinvengono soluzioni giuridiche volte a sanare i rapporti di lavoro in questione.
  In tal senso, qualora le assunzioni richiamate fossero effettivamente avvenute per chiamata diretta, ovvero in assenza di procedure concorsuali pubbliche, non può che concordarsi con quanto sostenuto dal Ministero della salute e il richiedente Ordine dei medici dovrà adottare in sede di autotutela i provvedimenti del caso.
  Tuttavia, in chiave puramente collaborativa, pare opportuno segnalare che dall'esame della cospicua e complessa documentazione inviata dall'Ente risultano elementi di differenziazione tra le procedure di assunzione in questione.
  Con riferimento alle signore Alessandra Paccagnella e Benita Donatella Rossi, dalla nota inviata all'Ufficio provinciale del lavoro di Bologna del 28 novembre 1991, si evince che le stesse siano state assunte inizialmente, dal 2 dicembre 1991, con contratto a tempo determinato di durata annuale – rinnovato lino al 22 dicembre 1993 – tramite chiamata dell'ufficio di collocamento, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 56 del 1987. Successivamente, dal 22 dicembre 1993, acquisito anche il parere del Dipartimento della funzione pubblica il loro rapporto di lavoro è stato trasformato in rapporto a tempo indeterminato ai sensi dell'articolo 4-bis, comma 6, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni nella legge n. 236 del 1993.
  Tale disposizione prevedeva che le pubbliche amministrazioni potessero procedere alla trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro del personale assunto a tempo determinato, nelle qualifiche per le quali fosse richiesto il titolo di studio non superiore a quello della scuola secondaria di primo grado, «in relazione al verificarsi di vacanze di organico».
  Qualora la suddetta ricostruzione fosse effettivamente coincidente con gli atti adottati dal citato Ordine, sia con riferimento alla fase dell'instaurazione del rapporto di lavoro (assunzione tramite ufficio di collocamento), sia per quella della trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato (ex decreto-legge n. 148 del 1993), non sembrerebbe riscontrabile in tal caso alcun elemento di criticità in merito alla regolarità di tali assunzioni.
  Diversamente appaiono fondate le preoccupazioni paventate dall'Ordine circa la legittimità delle assunzioni delle signore Patrizia Melle, Paola Capelli, Cristina Boschi e Anna Lisa Paccagnella; per questi dipendenti, infatti, in base alle rispettive lettere di assunzione (tutte risalenti al periodo aprile 1985-aprile 1987) trasmesse dall'Ente, non è dato desumere quale sia stata la procedura seguita per il loro reclutamento; non sono infatti rinvenibili gli atti relativi ad una eventuale procedura concorsuale o per chiamata diretta tramite ufficio di collocamento (deliberazione del Consiglio direttivo dell'Ordine, bando di concorso, graduatorie, eccetera) come nei casi precedentemente citati, né risulta alcuna documentazione attestante la dotazione organica vigente al tempo di dette assunzioni.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazioneGianpiero D'Alia.


   LODOLINI e MANZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Matelica con gli atti consiliari n. 64 del 31 ottobre 2012 e n. 76 del 29 novembre 2012, ha adottato variante parziale al PRG riguardante la possibilità di insediamento, nel proprio territorio, di industrie insalubri di prima classe e seconda classe di cui al decreto ministeriale 5 settembre 1994;
   la giunta Provinciale con atto n. 443 del 28 dicembre 2012 ha espresso:
    parere di conformità, relativamente ai commi 1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-15-16-17-18-19 del proponendo articolo 23-ter delle NTA del PRG, condizionatamente all'adeguamento, ai sensi dell'articolo 26, comma 6, della legge regionale n. 34 del 1992 e s.m.i. di specifici rilievi;
    parere di non Conformità relativamente al comma 13, riferito agli impianti tecnologici, e al comma 14, riferito alle industrie a rischio di incidente rilevante, del proponendo articolo 23-ter delle norme tecniche di attuazione del P.R.G.;
   nel suddetto atto la provincia di Macerata ha evidenziato come, stante la potestà del comune di Matelica di disporre la pianificazione urbanistica del proprio territorio, nel caso di insediamento di aziende a rischio di incidente rilevante le stesse «presentano problematiche, non solo legate alla salute umana ma anche al rischio ed alla sicurezza pubblica...» la presenza di queste tipologie di aziende deve essere coordinata con i piani di emergenza di protezione civile comunale e regionale;
   il consiglio comunale di Matelica con delibera n. 15 del 30 gennaio 2013 ha, in parte, controdedotto e, in parte, recepito le modifiche derivanti dalle prescrizioni di cui alla sopra citata delibera di giunta provinciale mediante riformulazione del proponendo articolo 23-ter;
   con atto deliberativo n. 75 del 25 marzo 2013 la provincia di Macerata ha espresso parere definitivo in ordine alle varianti al PRG del comune di Matelica per l'insediamento delle industrie insalubri;
   nell'atto deliberativo n. 75 del 25 marzo 2013 la provincia di Macerata ha evidenziato come, nel prendere atto delle prescrizioni, il comune di Matelica non abbia esaurientemente recepito la prescrizione relativa al rispetto delle prescrizioni impartite da vari enti;
   la provincia di Macerata ha deliberato il seguente parere definitivo:
    «1) l'articolo 23-ter della nota del PRG di cui alla delibera di C.C. n. 15 del 30 gennaio 2013, per le motivazioni sopra riportate, deve essere così modificato: 1. al comma 1 dell'articolo 23-ter riformulato le parole «a condizione che siano rispettate tutte le prescrizioni impartite dai vari enti nei rispettivi pareri di competenza», siano sostituite dalle parole «a condizione che siano rispettate tutte le prescrizioni impartite dall'ASUR area vasta 3 nel parere prot. 86664 del 18 ottobre 2012». In alternativa, nell'articolo 23-ter riformulato possono essere riportate letteralmente dette prescrizioni dell'ASUR;
    2) il comma 14 deve essere stralciato,»;
   pertanto, ai sensi della predetta delibera:
    a) sarebbe possibile l'insediamento di industrie insalubri di prima classe ma esso dovrà rispettare la normativa vigente, dimostrando la compatibilità e la mancanza di danno alla salute, previa predisposizione e dimostrazione del piano di emergenza comunale, seguendo il percorso previsto dalla normativa:
    b) sarebbe possibile l'insediamento di industrie insalubri a rischio di incidente rilevante (R.I.R.), ma esso non potrà essere effettuato a priori, all'interno dello strumento programmatorio urbanistico generale, ma dovrà aver luogo caso per caso, previa adozione di una specifica variante coerente con altri strumenti di settore sovraordinati che investono ambiti territoriali più estesi;
   l'elaborato tecnico della R.I.R. ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 334 del 1999 e normative collegate deve seguire la procedura per la valutazione del rapporto di sicurezza, che ai sensi dell'articolo 23 della citata norma deve essere sottoposto a consultazione della popolazione interessata che deve esprimere il proprio parere;
   sono oggettivi i rischi connessi all'inserimento di R.I.R. anche in comuni limitrofi a quello di Matelica, come Fabriano (Ancona) e Cerreto d'Esi (Ancona), i cui Sindaci si sono prontamente pronunciati prendendo posizione a difesa del territorio, della salute dei cittadini;
   la prefettura è competente a predisporre piani di sicurezza delle R.I.R. e del loro controllo, di concerto con la regione Marche;
   l'esigenza che il potere di controllo sia esercitato in modo puntuale anche nella fattispecie suddetta, al fine di evitare un esercizio improprio e generico, da parte del comune, del potere di individuazione sul proprio territorio delle aree destinate all'insediamento di industrie insalubri;
   con delibera di consiglio comunale del 10 aprile 2013, il comune di Matelica ha approvato in via definita la variante parziale al piano regolatore generale, recependo completamente i rilievi posti dalla provincia di Macerata con atto di G.P. n. 75 del 25 marzo 2013 sopracitato –:
   se il Ministro intenda verificare, per quanto di competenza e tramite le prefetture di Macerata e Ancona, che ogni azione legata all'insediamento di industrie R.I.R. venga sottoposta alla verifica di un preventivo piano di sicurezza, concertato con le amministrazioni confinanti, posto che non è sufficiente la generica individuazione di aree per industrie insalubri a rischio di incidente rilevante (R.I.R.), così come da parere espresso da parte della provincia di Macerata con atto deliberativo n. 75 del 25 marzo 2013 e recepito dal comune di Matelica con atto deliberativo del 10 aprile 2013. (4-00257)

  Risposta. — La pianificazione urbanistica e le scelte in ordine alla destinazione delle aree all'insediamento di stabilimenti a rischio di incidente rilevante, soggetti alla cosiddetta normativa Seveso, sono di competenza esclusiva degli enti territoriali nell'ambito dei rispettivi strumenti di pianificazione (piano regolatore generale, piano territoriale di coordinamento, Piani di area vasta).
  Per l'insediamento di un nuovo stabilimento soggetto alle prescrizioni del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, gli strumenti urbanistici devono comprendere anche un elaborato tecnico, per la cui redazione il comune, quale autorità competente in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, utilizza le conclusioni istruttorie del Comitato tecnico regionale di prevenzione incendi, organo tecnico consultivo sulle questioni riguardanti la prevenzione incendio, incardinato nelle Direzioni regionali dei Vigili del fuoco.
  Il Comitato tecnico regionale (Ctr) fino all'emanazione da parte delle regioni della disciplina per l'esercizio delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti, provvede a svolgere l'istruttoria e a formulare le relative conclusioni.
  Per gli stabilimenti soggetti all'articolo 6 dello stesso decreto legislativo n. 334 del 1999, il Ctr riceve solo la notifica da parte del gestore dello stabilimento, senza svolgere alcuna istruttoria. Tuttavia, nel caso in cui il sindaco lo richieda, può rilasciare un parere consultivo.
  Tali attività sono soggette ai controlli sugli aspetti antincendi che sono di competenza del Comando provinciale dei vigili del fuoco.
  Il Ctr si esprime sulla compatibilità territoriale degli stabilimenti, formulando un mero parere tecnico, relativo esclusivamente al rischio di incidenti rilevanti.
  Sulla scorta delle informazioni fornite dal gestore dello stabilimento e delle conclusioni dell'istruttoria del Ctr il prefetto predispone il piano di emergenza esterno allo stabilimento e ne coordina l'attuazione.
  Nel caso specifico, il comune di Matelica (MC) con la variante approvata il 10 aprile 2013 ha previsto soltanto la possibilità di insediamento delle industrie insalubri di prima classe nei quattro lotti a destinazione industriale, vietando l'insediamento negli stessi siti delle industrie a rischio di incidente rilevante.
  Tale variante non prevede e non ha mai previsto l'approvazione di un progetto di industria a rischio di incidente rilevante.
  Il comune ha fatto presente che non esistendo alcuna richiesta d'insediamento di industrie a rischio d'incidente rilevante non è possibile procedere alla valutazione del Piano di sicurezza che nulla ha a che fare con le industrie rir.
  Il rapporto di sicurezza, infatti, viene redatto sulla base dell'elenco e sulla qualità delle sostanze che vengono utilizzate nel processo di lavorazione.
  Si assicura, comunque, che la Prefettura, in ipotesi di insediamento di rir, avrà cura di attivare tutte le procedure previste per la tutela del territorio provinciale e di informare i confinanti uffici territoriali di Governo, nell'ipotesi di coinvolgimento di comuni appartenenti ad altre province.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ha carattere strategico e prioritario il raddoppio della strada statale n. 16 tra Falconara Marittima e la località Baraccola di Ancona, opera che rappresenta un asse indispensabile per i collegamenti con la viabilità nazionale, anche in considerazione della cosiddetta piattaforma logistica delle Marche costituita dal porto internazionale di Ancona, dall'interporto di Jesi e dall'aeroporto di Falconara Marittima;
   detti lavori non sono più rinviabili, rappresentando, non solo un freno allo sviluppo dei territori e alla ripresa dell'economia, ma una reale necessità per la sicurezza del traffico da e per il capoluogo di regione;
   i lavori di raddoppio della strada statale n. 16 nel tratto fra Falconara Marittima ed Ancona compaiono tra le esigenze di adeguamento delle infrastrutture del territorio marchigiano da decenni, tanto che un finanziamento dello Stato a ciò dedicato risale alla legge Marche Friuli del 1987;
   la provincia di Ancona, pur non direttamente competente per la viabilità nazionale, si è fatta carico di curare la progettazione dell'opera, stipulando apposita convenzione con Anas e consegnando all'Anas stessa il progetto definitivo che ha anche superato il procedimento di valutazione di impatto ambientale;
   l'inizio del primo intervento stralcio sulla strada statale n. 16 tra Falconara Marittima e Torrette di Ancona, consistente in una primissima tranche (interessa due viadotti nella zona Barcaglione) del ben più consistente intervento di ampliamento a quattro corsie della variante da Falconara fino alla Baraccola di Ancona;
   il progetto complessivo ha visto impegnata per lungo tempo la provincia di Ancona nella conduzione dell’iter, che, dalla positiva conclusione della valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai diversi pronunciamenti di Anas e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si è concluso con la consegna del progetto alla direzione Anas per le successive fasi di finanziamento ed appalto;
   le opere sono oggetto di un finanziamento di 5,6 milioni di euro messo a disposizione dalla regione Marche, che ha attribuito all'opera carattere prioritario;
   l'atto n. 160 adottato dal consiglio provinciale di Ancona in data 26 ottobre 2009 ha ribadito il carattere prioritario dell'opera –:
   se il Governo intenda farsi garante, insieme all'Anas, della prosecuzione dell'opera fino al completamento;
   se l'Anas abbia provveduto all'aggiornamento del progetto già redatto a cura della provincia, se su tale progetto intenda procedere a breve all'acquisizione dei pareri di tutti gli enti e soggetti comunque interessati e se sussistano certezze circa la disponibilità delle risorse necessarie per l'avvio della cantierabilità. (4-00264)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'intervento di ammodernamento della strada statale 16, tra Falconara e Baraccola, prevede la realizzazione di una strada extraurbana principale di cat. B, con due corsie per senso di marcia, con spartitraffico centrale e svincoli a livelli sfalsati.
  L'intervento, compreso nel piano degli investimenti Anas 2007-2011, è suddiviso in due lotti funzionali: Falconara-Torrette e Torrette-Baraccola, con appaltabilità subordinata alla disponibilità dei finanziamenti necessari.
  Il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale, relativi al raddoppio della strada statale 16, da Falconara a Baraccola, sono stati sviluppati da professionisti esterni incaricati dalla provincia così come previsto nella convenzione stipulata tra l'Anas e provincia di Ancona nel 2001.
  La procedura di valutazione di impatto ambientale si è conclusa nel 2003 con il parere favorevole con prescrizioni del Ministero dell'ambiente: provvedimento DEC/DSA/2004/0234 del 24 marzo 2004.
  Nell'ottobre del 2006 è intervenuta la risoluzione consensuale della citata convenzione tra l'Anas e la provincia di Ancona, tuttavia l'Anas ha, comunque, proseguito le attività di completamento della progettazione per l'acquisizione di ulteriori pareri ed autorizzazioni.
  Per quanto riguarda il finanziamento di 5,6 milioni di euro, stanziato nel IV atto integrativo all'Accordo di programma quadro della regione Marche, si informa che esso è stato interamente utilizzato per la costruzione, conclusa nel 2010, di due nuovi cavalcavia che attraversano la strada statale 16 tra Falconara e Torrette (stralcio del primo lotto relativo al progetto definitivo del 2001).
  Per completezza di informazione si forniscono, di seguito, specifiche indicazioni sui due lotti funzionali.
  Lotto 1 – tratto Falconara-Torrette.
  Il costo complessivo dell'infrastruttura è di circa 212 milioni di euro e, ad oggi, non è stato stanziato alcun finanziamento per la realizzazione del lotto.
  L'intervento è inserito nel Piano degli Investimenti 2007-2011 – fondi ordinari e nel Contratto di programma 2009 – Tabella 2 ulteriori interventi.
  L'Anas ha provveduto a revisionare il progetto definitivo del 2001, adeguandolo alle sopravvenute normative tecniche e stradali, e, in seguito, ha avviato le procedure approvative, ai sensi delle norme vigenti, per il progetto definitivo aggiornato.
  In particolare il 6 dicembre 2012 è stata avviata presso la Soprintendenza dei beni archeologici delle Marche la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, che è, tuttora, in corso; il 10 dicembre 2012 è stata presentata istanza al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al ministero per i beni e le attività culturali e alla regione Marche per la verifica di ottemperanza alle prescrizioni del decreto via; il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'8 aprile 2013 ha espresso parere favorevole.
  Il 14 gennaio 2013 il progetto è stato trasmesso da Anas al Provveditorato opere pubbliche per l'Emilia Romagna e le Marche di questo ministero, alla regione Marche, alla provincia di Ancona, ai comuni interessati ed agli altri enti competenti ai fini della conformità urbanistica, ai sensi dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 393 del 1994, e delle altre autorizzazioni di legge. La procedura è in corso.
  Lotto 2 – da Torrette a Baraccola.
  L'intervento è inserito nel piano degli investimenti Anas 2007-2011 – Area d'inseribilità.
  Il costo complessivo dell'opera è pari a circa 214 milioni di euro e, ad oggi, non risulta stanziato alcun finanziamento.
  L'Anas, analogamente a quanto effettuato per il lotto 1, dovrà revisionare il progetto definitivo del 2001 e avviare le procedure approvative.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   MARCOLIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Deborah Serracchiani, avrebbe indirizzato al Ministro della difesa una lettera in cui si proporrebbe di disporre il trasferimento a Gorizia del Multinational Cimic Group della Nato, basato attualmente a Motta di Livenza in provincia di Treviso;
   nella missiva, che appare di per sé irrituale, il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia asserirebbe che la necessità del trasloco sorgerebbe dai danni riportati nel 2010 dalla caserma che ospita a Motta di Livenza il Multinational Cimic Group della Nato;
   il Multinational Cimic Group è un'unità alleata assimilabile ad un reggimento, specializzata nella cooperazione tra civili e militari nei teatri di crisi come l'Afghanistan, che viene alimentata con personale volontario proveniente da tutte le Armi e corpi dell'Esercito italiano nonché dalle Forze armate di Grecia, Ungheria, Portogallo e Romania;
   l'iniziativa del presidente della regione Friuli-Venezia Giulia ha destato sorpresa e meraviglia nel territorio trevigiano, inducendo il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ed il sindaco di Motta di Livenza, Paolo Speranzon, a sottolineare con propri comunicati come la caserma che ospita il Multinational Cimic Group non abbia riportato alcun danno nel 2010 e non sussistano quindi le circostanze di fatto invocate dal presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia come presupposto della richiesta di trasloco dell'unità;
   il Veneto ed il comune di Motta di Livenza risultano invece orgogliosi di avere l'unità Nato nel proprio territorio e sottolineano come la scelta di posizionarlo dove si trova attualmente sia dipesa da tutta una serie di vantaggi logistici tuttora evidenti –:
   se effettivamente sia giunta al Governo una richiesta di trasferimento a Gorizia del Multinational Cimic Group Nato da parte del presidente della regione Friuli-Venezia Giulia e come, eventualmente, si intenda rispondervi. (4-00944)

  Risposta. — In primo luogo, mi preme precisare che, allo stato, l'Esercito non ha intrapreso alcuna iniziativa per trasferire il Multinational Cimic Group da Motta di Livenza a Gorizia.
  D'altro canto, occorre tenere presente che essendo tale unità permanentemente inserita nella catena di comando della Nato e quindi regolata da accordi internazionali che ne stabiliscono, tra l'altro, anche la sede, eventuali modifiche di aspetti contemplati dai citati accordi compresa la sede, possono essere intraprese soltanto in esito ad un consenso unanime dei Paesi membri.
  Peraltro, la caserma «Fiore», sede dell'unità in parola, dal 2001 è stata oggetto di ingenti interventi infrastrutturali per lavori di ammodernamento e rinnovamento che l'hanno resa all'avanguardia nel parco immobiliare della Forza armata per funzionalità e standard alloggiativi.
  Infine, secondo quanto indicato dai competenti organi tecnico operativi militari la caserma in questione non ha riportato alcun danno dovuto ad eventi naturali, né è stata oggetto di interventi infrastrutturali di ripristino da fenomeni calamitosi.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal 22 Giugno scorso Claudia D'Intino (Ortona CH), volontaria della onlus «Music for Peace» è bloccata ad Alessandria d'Egitto con un convoglio carico di beni di prima necessità da distribuire nella striscia di Gaza, in Palestina, insieme al resto della delegazione Italiana;
   sono dunque 30 giorni che, pur disponendo di tutte le autorizzazioni necessarie, le autorità egiziane non intendono far uscire l'auto medica, una Mercedes, parte integrante del carico umanitario destinato alla popolazione di Gaza;
   il carico inoltre prevede un'ambulanza e 120 tonnellate fra medicinali e cibo donati da cittadini italiani;
   l'autorità egiziana, bloccando il transito della delegazione umanitaria, ha di fatto messo in dubbio quanto dichiarato dalla nostra ambasciata, che più volte ha specificato che l'autovettura è da considerare a tutti gli effetti facente parte del carico umanitario. Quell'autovettura è destinata ad un ospedale che opera in una delle zone più povere di Gaza City, e verrà equipaggiata in loco per il trasporto di disabili –:
   quali misure intenda adottare al fine di sbloccare questa situazione e permettere a Claudia D'Intino e agli altri volontari di portare a termine la missione umanitaria in aiuto della popolazione di Gaza City, in Palestina. (4-01372)

  Risposta. — Dopo aver ricevuto dall'Ambasciata d'Italia a Il Cairo informazione circa l'iniziativa promossa dall’onlus «music for peace» per il trasporto di materiale umanitario nei Territori Palestinesi attraverso il Valico di Rafah, la Farnesina ha provveduto ad inviare lo scorso 10 giugno una lettera al Presidente dell'associazione al fine di informarlo delle precarie condizioni di sicurezza della zona. In particolare, si sconsigliava qualsiasi viaggio lì diretto a causa della situazione di rischio permanente nell'area, che non consentiva di poter assicurare assistenza consolare in caso di emergenza e necessità. A tutela dell'incolumità dei nostri connazionali si invitava il Presidente a riconsiderare la decisione di entrare nella Striscia di Gaza dal Valico di Rafah. A fronte del rifiuto dell’onlus sulla possibilità di modificare il percorso, sono stati richiesti all'associazione informazioni utili (numeri di telefono, luogo e durata della permanenza, numeri di contatto delle organizzazioni che eventualmente avrebbero assistito l’onlus nella Striscia di Gaza) per poter assicurare un monitoraggio e una possibile assistenza alla missione.
  A questo proposito, anche alla luce del progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza nella maggior parte del territorio egiziano (grandi città e Nord Sinai) seguita alla destituzione del Presidente Morsi, l'Ambasciata a Il Cairo e il Consolato generale in Alessandria sono rimasti in contatti costanti con i cinque membri dell'ong, già giunti in Egitto, ad El Arish nella serata del 22 ultimo scorso fornendo il massimo supporto per il disbrigo delle pratiche burocratiche necessarie al rilascio dei 6 container umanitari e dell'autoambulanza. Molte difficoltà sono scaturite dal contenuto dei containers (in particolare un generatore di energia elettrica ed alcune macchine fotocopiatrici), nonostante la precedente autorizzazione rilasciata dalle Autorità egiziane.
  Nel ritardo del rilascio dei necessari permessi per lo sdoganamento del materiale da parte delle Autorità egiziane, le autorità diplomatiche e consolari italiane hanno invitato il Presidente ed i membri dell'ong, che hanno declinato, a prendere in considerazione la possibilità di un momentaneo rientro in Italia, in attesa di un miglioramento del clima politico, assicurando che le nostre Rappresentanze in loco avrebbero seguito direttamente il caso.
  Il Consolato generale ad Alessandria, coordinato dall'Ambasciata a Il Cairo, ha compiuto numerosi interventi presso le competenti autorità egiziane per ottenere il permesso da parte delle dogane del Porto di Alessandria necessario allo sdoganamento del materiale. L'Ambasciata tra l'altro è intervenuta chiedendo un incontro urgente con il Direttore del Dipartimento Palestina del ministero degli affari esteri egiziano. Dopo una prima reazione rigida delle Autorità stesse, è seguita infine una comunicazione alla nostra Ambasciata con la quale è stato invece assicurato che sarebbe stato consentito il passaggio, realizzato poi il 27 luglio scorso, per tutto il carico senza eccezioni. Il passaggio del convoglio umanitario da Alessandria a Rafah è stato poi monitorato, ora per ora, dalle nostre autorità diplomatico-consolari che hanno effettuato a più riprese passi ai più alti livelli presso i locali ministeri della difesa e degli affari esteri per rimuovere gli ostacoli di natura logistica incontrati dall'ong nel corso del tragitto. Tale intensa azione diplomatica ha permesso alla comitiva di passare nella tarda mattinata dello scorso 27 luglio il confine egiziano a Rafah per poter quindi consegnare a Gaza gli aiuti umanitari da distribuire attraverso la red crescent. L'Ambasciata è sempre rimasta in stretto contatto con le controparti egiziane per gestire eventuali nuovi ostacoli e con i rappresentanti di music for peace per verificare che il loro passaggio a Gaza avvenisse nei termini previsti.
Il Viceministro degli affari esteriLapo Pistelli.


   MISIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 1986 ogni anno simpatizzanti e nostalgici neofascisti provenienti da tutta Italia si riuniscono nel piccolo cimitero di Rovetta (Bergamo) per commemorare i 43 miliziani della Repubblica sociale italiana della legione Tagliamento fucilati dai partigiani il 28 aprile 1945;
   nel corso degli anni l'incontro di Rovetta, tacitamente di fatto tollerato dalle istituzioni come il «minore dei mali», è diventato uno dei maggiori raduni nazifascisti in Italia. All'incontro del 27 maggio 2012 hanno preso parte circa trecento persone;
   gli organizzatori del raduno hanno formalizzato la propria struttura fondando un comitato ufficiale, dal cui atto costitutivo emerge che lo scopo dichiarato del comitato è l'apologia del fascismo e del collaborazionismo con i nazisti e la perpetuazione di tali «valori» tramite l'indottrinamento delle giovani generazioni;
   il raduno di Rovetta è diventato un elemento di una più complessiva campagna di disinformazione e di revisionismo storico, tesa ad attaccare la Resistenza distorcendo la verità storica –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per porre fine ad una adunata che si configura ad avviso dell'interrogante come una palese e inaccettabile apologia di fascismo, in aperta violazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e della legge 20 giugno 1952, n. 645, anche in considerazione degli evidenti rischi per l'ordine pubblico e se risultino avviate indagini in relazione ai fatti descritti in premessa.
(4-00097)

  Risposta. — Il 28 aprile 1945 il cimitero di Rovetta in provincia di Bergamo fu teatro di un tragico episodio: trovarono la morte, mediante fucilazione, quarantatre giovani soldati della Repubblica sociale italiana appartenenti alla «Legione Tagliamento».
  Da circa venti anni ogni primavera viene celebrato l'evento con una cerimonia pubblica.
  Quella del 27 maggio 2012 ha visto la partecipazione di 350 persone tutti simpatizzanti o appartenenti a formazioni di estrema destra, provenienti da varie località tra cui Brescia, Torino, Verona e Bologna.
  La cerimonia ha suscitato l'ostilità degli ambienti dell'area antagonista di sinistra che hanno organizzato una contromanifestazione con un corteo al quale hanno partecipato circa duecento persone.
  Entrambe le iniziative si sono svolte senza alcuna turbativa per l'ordine e la sicurezza pubblica grazie agli accurati servizi di vigilanza predisposti dalle Forze dell'ordine, né si sono registrati episodi di tensione o contatti tra le opposte fazioni.
  Nell'occasione lo stesso Sindaco ha espresso ringraziamenti ed elogi per le misure di sicurezza adottate.
  Anche all'annuale cerimonia commemorativa, che si è svolta il 26 maggio scorso, è stata riservata la consueta attenzione, assicurando le necessarie condizioni per l'ordinato svolgimento della stessa.
  È la stessa Costituzione, all'articolo 17, a prevedere l'obbligo, per i promotori di una manifestazione in luogo pubblico, di darne preavviso alle autorità competenti, le quali possono vietarla solo per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.
  La norma garantisce un bilanciamento tra il diritto di riunirsi e manifestare in maniera pacifica e la necessità di assicurare alla collettività la sicurezza pubblica.
  In circostanze di questo tipo, le autorità di pubblica sicurezza predispongono adeguati servizi di ordine pubblico la cui gestione è sempre ispirata a criteri di equilibrio e prudenza.
  Sulla base di questi principi tutte le manifestazioni sono attentamente monitorate da personale di polizia specializzato e ogni eventuale violazione di legge viene tempestivamente denunciata all'autorità giudiziaria.
  In tale contesto le Forze di polizia dedicano massima attenzione all'attività dei gruppi politici estremisti e delle frange più radicali, cercando di prevenire e perseguire eventuali condotte illecite.
  Sotto tale profilo l'eventuale provvedimento di scioglimento di gruppi che si ispirano al nazismo e al fascismo può essere adottato soltanto dopo che una sentenza penale irrevocabile abbia accertato il verificarsi in concreto della fattispecie della riorganizzazione di tali movimenti.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   MOSCATT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del crollo del viadotto sul fiume Verdura lungo la strada statale 115, nel comune di Ribeira (Agrigento), avvenuto in data 2 febbraio 2013, il collegamento tra Ribera e Sciacca risulta assolutamente proibitivo;
   la viabilità in un primo momento è stata dirottata su percorsi alternativi attraverso paesi dell'entroterra con grosse difficoltà per il raggiungimento e con un aggravio di percorrenza di molti chilometri, dal versante agrigentino, degli aeroporti di Birgi e Punta Raisi;
   l'asse viario interrotto è la principale via di comunicazione per centinaia di autoveicoli che ogni giorno si spostano tra le province di Agrigento e di Trapani;
   il traffico commerciale di camion e TIR impiegati per il trasporto dei prodotti agricoli ed edili è costretto a percorrere un percorso alternativo più lungo, con evidenti conseguenze sull'economia di tutta l'area;
   l'evento è stato portato alla ribalta nazionale anche attraverso servizi giornalistici da parte delle maggiori reti televisive;
   il viadotto dopo il sequestro iniziale da parte della magistratura era stato restituito nel pieno possesso al gestore della strada (13 febbraio);
   l'ANAS aveva avviato indagini geognostiche e geofisiche necessarie alla progettazione dell'intervento di ripristino del viadotto in parola (15 febbraio);
   la regione Sicilia per favorire i lavori di ripristino aveva proclamato lo stato di calamità (16 febbraio);
   gli interventi di ripristino degli argini, realizzati dall'Anas, propedeutici alla ricostruzione del ponte, per ben tre volte sono stati resi vani dalla piena del fiume;
   malgrado la riapertura al transito della corsia rimasta indenne al crollo, il transito risulta difficile per le autovetture ed impossibile per i mezzi pesanti;
   in data 27 marzo 2013, cittadini, rappresentanti delle istituzioni, dei sindacati delle associazioni del territorio hanno indetto una pubblica assemblea dalla quale è emerso la vitale esigenza di interventi urgenti e straordinari al fine di scongiurare il definitivo collasso dell'economia locale già mortificata dalla pesante crisi;
   in tale assemblea unanimemente si è ribadita la volontà, qualora non dovessero arrivare segnali concreti, di mettere in atto forme di protesta anche estreme comprese le dimissioni dei sindaci –:
   quali misure siano state adottate, e quali lo saranno nel futuro, per poter intervenire immediatamente per il ripristino della originaria viabilità nelle condizioni di sicurezza e fruibilità da parte di tutti i cittadini nonché quali iniziative siano in programma per il supporto all'economia locale rimasta danneggiata dal crollo del viadotto;
   quali misure siano in programma per la verifica degli altri ponti al fine di scongiurare il ripetersi di eventi simili. (4-00154)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 31 maggio 2013, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Preliminarmente, appare opportuno, fornire un quadro completo della vicenda in esame.
  Il 2 febbraio 2013 si è verificato il crollo di due campate del ponte in muratura sul fiume Verdura, sito sulla strada statale 115 «Sud Occidentale Sicula».
  L'Anas, in collaborazione con i soggetti istituzionalmente interessati (provincia di Agrigento, comuni interessati, Protezione civile regionale e altre istituzioni intervenute alle convocazioni prefettizie), ha tempestivamente individuato un itinerario di emergenza, che dalla Strada Statale 115 lato Sciacca, si sviluppa utilizzando tre strade provinciali, una statale e una comunale.
  La stessa Anas, con la partecipazione dei comuni interessati, ha ripristinato le condizioni di sicurezza del suddetto tracciato, provvedendo ai necessari risanamenti delle pavimentazioni, al ripristino della regimentazione idraulica delle acque in piattaforma e di quelle provenienti dalle scarpate, mediante risagomatura di queste ultime, allo sfalcio dell'erba e al taglio delle ramaglie per il recupero della piena visibilità.
  La predetta società, inoltre, ha predisposto la segnaletica necessaria, sia lungo il percorso alternativo (indicazione delle limitazioni imposte) sia lungo la Strada Statale 115 (segnalazione dell'interruzione al traffico dal chilometri 135+900) e ha fornito, altresì, supporto di uomini e mezzi ai comuni del comprensorio, al fine di consentire la transitabilità ai mezzi agricoli lungo l’ex strada consortile denominata «Scirinda», riducendo così il carico di traffico sul percorso di emergenza.
  Detti interventi hanno determinato la riqualificazione del percorso alternativo che, seppur con tempi di percorrenza più elevati, ha consentito, senza sinistri e in sicurezza, il ripristino del collegamento tra il comune di Sciacca e di Agrigento, scongiurando la paralisi della viabilità.
  Anas ha avviato, nel frattempo, la progettazione delle opere necessarie al ripristino del collegamento viario in corrispondenza del ponte sul fiume Verdura, accogliendo le sollecitazioni avanzate dal consulente della Procura, in sede di dissequestro dell'opera.
  Il 14 febbraio 2013 si è giunti all'approvazione in linea tecnica del progetto.
  Il 21 febbraio 2013 il progetto è stato, quindi, aggiornato a seguito delle risultanze emerse in sede di conferenza dei servizi.
  Il 27 febbraio 2013, sono stati affidati i lavori, dopo l'espletamento delle procedure di gara, alla ditta Gangemi Carmelo di Castel di Tusa.
  La consegna parziale dei lavori ha avuto luogo in data 8 marzo e quella definitiva il successivo 12 marzo.
  Per quanto attiene, invece, agli interventi di ripristino degli argini, propedeutici alla ricostruzione del ponte, si evidenzia che l'ANAS, sin dal giorno successivo al dissequestro dell'infrastruttura, ha attivato le operazioni di movimentazione del materiale presente in alveo per la costituzione di argini provvisori con la funzione di sbarramento temporaneo.
  Le cause che hanno provocato il cedimento degli argini «provvisori» sono da collegarsi al combinato di circostanze relative sia alla natura provvisoria degli argini (materiali reperiti in loco, ridotti tempi di realizzazione) sia all'eccezionale entità degli eventi meteorici.
  Per completezza d'informazione si segnala, infine, che la società Anas ha provveduto ad effettuare le verifiche sulla passerella in calcestruzzo, rimasta in esercizio anche dopo il crollo della parte in muratura.
  Tali accertamenti, effettuati in data 16 marzo 2013, hanno avuto esito positivo evidenziando la mancata compromissione delle strutture del ponte.
  È stato, quindi, ripristinato il transito veicolare, a senso unico alternato semaforizzato, sia pure con limitazione di carico a 20 tonnellate.
  La riapertura del viadotto nei due sensi di marcia è avvenuta il 13 maggio 2013.
  Infine, si comunica che la società Anas nell'ambito delle attività istituzionali di sorveglianza e di ispezione della rete stradale e delle infrastrutture presenti sulla stessa, in ottemperanza alla circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 3433 del 25 febbraio 1991, provvede ad effettuare con regolarità verifiche sui manufatti stradali (stato del piano viabile, ispezione delle strutture degli impalcati e dei sostegni, eccetera) al fine di accertare eventuali anomalie o movimenti del terreno.
  Nel caso in cui vengano riscontrate gravi irregolarità il personale Anas incaricato adotta le necessarie limitazioni all'esercizio dell'opera ed esegue tutti gli interventi volti alla messa in sicurezza e al ripristino delle parti ammalorate dell'infrastruttura.
  Anas, inoltre, ha comunicato che sta provvedendo ad intensificare le ispezioni sulle infrastrutture stradali che ricadono in prossimità di dighe e di opere di ritenuta idraulica.
  Infine, per completezza di informazione, si informa che l'articolo 18 del decreto legge n. 69 del 2013, ha previsto, tra l'altro, che con l'emanazione di apposito decreto venga approvato il programma degli interventi relativi alla manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie, insistenti sulla rete stradale nazionale in gestione di Anas spa.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   DE LORENZIS, TERZONI, D'UVA, SCAGLIUSI, PARENTELA, D'INCÀ, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, NICOLA BIANCHI, LIUZZI e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da notizie riportate dalla stampa apprendiamo che giorno 27 luglio 2013 alle ore 10.36 è entrata dalle bocche del Lido di Venezia la nave Carnival Sunshine delle Carnival Cruise Lines, bandiera Bahamas, tonnellate di stazza lorda 101353, 272 metri di lunghezza, 35 metri di larghezza e 62 metri di altezza, diretta alla stazione Marittima, dove si è ormeggiata alle ore 12.06, alla banchina Ve117;
diverse testimonianze tra cui l'assessore all'ambiente del comune di Venezia, riferiscono che l'enorme nave da crociera sia passata estremamente vicino alla riva Sette Martiri nel canale della Giudecca, alcuni affermano addirittura a circa 20 metri;
seppur la capitaneria di Porto di Venezia – come riportato dalla stessa stampa – affermi che «durante la navigazione dalla bocca di Lido alla banchina, effettuato come previsto dalle vigenti disposizioni, con due piloti a bordo e due rimorchiatori d'ausilio, da quello che risulta a questa autorità marittima non si sono verificati problemi di alcun genere per quanto riguarda la sicurezza della navigazione», si rimane perplessi al solo pensare che navi di questa stazza possano avvicinarsi, anche ad una distanza di soli 72 metri dalle sponde, alle splendide isole che formano la città di Venezia che ricordiamo essere iscritta alla «Lista del Patrimonio Mondiale Unesco» dal 1987 perché è riconosciuta come un capolavoro del genio creativo umano. È un eccezionale esempio di un tipo di costruzione e di complesso architettonico, tecnologico e paesaggistico a testimonianza di importanti tappe della storia umana. È un eccezionale esempio di un tradizionale insediamento umano e di occupazione del territorio e direttamente e materialmente legato ad eventi, tradizioni, lavori artistici e letterari d'eccezionale valore universale;
Il decreto ministeriale del 7 marzo 2012 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2012 «Disposizioni generali per limitare o vietare il transito delle navi mercantili per la protezione di aree sensibili nel mare territoriale.» dispone all'articolo 2 comma 1, lettera b), punto 1) che: – «b) nella laguna di Venezia: 1) è vietato il transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda»;
all'articolo 3 comma 1, del suddetto decreto riguardante le «Disposizioni transitorie» viene stabilito che: «1. Il divieto di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), punto 1), si applica a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, come individuate dall'autorità marittima con proprio provvedimento. Nelle more di tale disponibilità, l'autorità marittima, d'intesa con il Magistrato alle acque di Venezia e l'autorità portuale, adotta misure finalizzate a mitigare i rischi connessi al regime transitorio perseguendo il massimo livello di tutela dell'ambiente lagunare»;
a distanza di più di un anno dall'emanazione del decreto, non risulta ancora attuato il divieto stabilito dall'articolo 2 del suddetto decreto e le enormi navi continuano a passare nel canale della Giudecca destando forte preoccupazioni ad abitanti, turisti e chiunque abbia un po’ di buon senso e avverta il bisogno di tutelare una città come Venezia;
il disastro del Costa Concordia dovrebbe aver insegnato qualcosa e che – a detta dell'interrogante – simili rischi sono inconcepibili a maggior ragione se rapportati agli scarsi benefici che può dare ai turisti e alla città il passaggio di questi giganti del mare, all'interno della città stessa;
come e quando, il Ministro interrogato, intenda procedere per far si che il divieto di transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda, venga finalmente attuato, azzerando quindi il rischio di incidenti che nessuno riuscirebbe mai a perdonare. (4-01543)

  Risposta. — La questione delle «Grandi Navi» entranti nel porto di Venezia è stata prontamente affrontata dal Governo non appena la questione è stata posta in tutti i suoi aspetti all'attenzione dell'Esecutivo.
  Al riguardo, in linea con quanto già riferito nel corso di recenti sedute di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati, si informa che al fine di consentire un ampio ed esauriente dibattito con tutte le componenti interessate, è stato attivato, in data 14 giugno 2013, un tavolo tecnico presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la partecipazione dello stesso Ministro, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nonché del Presidente della regione Veneto, del Sindaco della città di Venezia, del Presidente dell'Autorità portuale e del rappresentante del Magistrato alle acque di Venezia.
  Già nel corso del predetto incontro si è provveduto a delineare con decisione un percorso che tenesse debitamente conto della delicatezza e dell'urgenza di valutare la problematica nel rispetto dei vari interessi coinvolti, ad iniziare, naturalmente, da quelli della sicurezza della navigazione e della tutela dell'ambiente marino. Nel corso della predetta riunione è stata fissata una serie di punti tra i quali, in particolare:
   eliminare il transito delle grandi navi lungo la rotta che percorre il Canale della Giudecca (al riguardo è già stata programmata una graduale eliminazione dei transiti di talune tipologie di navi);
   garantire le condizioni di sicurezza lungo la sopracitata rotta che, nel frattempo, sono assicurate dall'autorità marittima grazie anche all'opera dei servizi tecnico-nautici;
   calendarizzare una nuova riunione per il 25 luglio 2013 per esaminare le proposte avanzate, al fine di pervenire, entro un termine ragionevolmente breve, alla piena applicazione del decreto interministeriale Passera-Clini del 2 marzo 2012, che vieta il transito delle navi superiori alle 40.000 tonnellate di stazza nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca.

  Nel corso dell'incontro del 25 luglio 2013 sono state illustrate e passate in rassegna le varie proposte pervenute al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'individuazione di percorsi alternativi al passaggio nel Canale della Giudecca – Bacino San Marco.
  In tale sede si è preso atto che, al momento, solo la proposta dell'Autorità portuale di Venezia, descritta in dettaglio più avanti, costituisce uno studio progettuale completo ed esaustivo, che affronta in maniera compiuta i vari aspetti rilevanti della questione. Le altre proposte, poste solo di recente all'attenzione delle Amministrazioni centrali, seppure sostanzialmente valide, richiedono necessariamente un'analisi più approfondita dei vari profili: sicurezza, gestione del traffico e relative interferenze con altre tipologie di traffico. Le proposte al momento sul tavolo sono così riassumibili:
   1) proposta dell'Autorità portuale (alla quale anche la regione guarda con interesse): offrire un percorso alternativo ottimale alle navi da crociera facendole entrare in laguna da Malamocco con un breve tragitto sul canale dei Petroli (per non intasarlo e per non pregiudicare il traffico commerciale già presente in quell'area) e con una deviazione sul canale Contorta, che andrà dragato per accrescere i fondali, per raggiungere infine la stazione marittima. Al riguardo andrebbero naturalmente analizzati alcuni aspetti legati ai materiali di scavo, con particolare riferimento alla composizione dei fanghi, per realizzare correttamente gli interventi di ricostruzione morfologica della laguna nell'area interessata;
   2) proposta del comune: attestare le grandi navi a Porto Marghera, abbandonando la rotta che attualmente le porta alla stazione marittima. Detta ipotesi, data come immediatamente realizzabile, potrebbe presentare alcune criticità connesse alla sosta in banchina di grandi navi passeggeri in un'area interessata dal transito e dalla sosta di unità navali che trasportano merci pericolose, oltre a dover essere valutata in termini di rispetto della normativa internazionale ed europea in materia di security portuale;
   3) proposta cosiddetta «De Piccoli»: realizzazione di un nuovo terminal crocieristico a Punta Sabbioni. Questo studio presenterebbe criticità in relazione a safety e security portuale (restringimento della bocca di porto, trasferimento dei passeggeri, con impatto sulla navigazione lagunare e sul moto ondoso);
   4) due ulteriori proposte, la prima, cosiddetta «ipotesi Vianello», conosciuta solo tramite articoli di stampa e la seconda, denominata «ipotesi Ingegnere Salmini», presentata di recente ed in buona sostanza simile alla precedente, sembrano presentare caratteristiche nautiche non idonee, oltreché interferenze con l'area industriale e difficile compatibilità con la sicurezza e con gli impatti sul traffico commerciale;
   5) proposta Zanetti (presentata solo in data 19 luglio 2013) si riproporrebbe di mantenere l'accesso attuale delle grandi navi dalla bocca di Lido, ma deviandole con lo scavo di un canale retrostante rispetto a quello della Giudecca, che permetta, quindi, alle stesse di passare attraverso un canale parallelo, anziché compiere l'attuale percorso. L'ipotesi può presentare aspetti di interesse, ma necessita di opportuni approfondimenti dal punto di vista idrodinamico ed ambientale.

  In esito alle valutazioni emerse nel corso della riunione è stato deciso un percorso ancora più puntuale e certo per addivenire all'applicazione del decreto Passera-Clini in tempi ragionevolmente brevi. In tal senso il tavolo ha deciso di demandare al Magistrato alle acque e all'Autorità portuale di Venezia il compito di effettuare una disamina tecnica più approfondita delle varie proposte relative a percorsi alternativi al transito in laguna di dette unità, disamina da completare improrogabilmente entro la metà del mese di settembre 2013.
  Ad ottobre 2013 sarà poi convocato il cosiddetto «Comitatone», in modo da coinvolgere tutta la realtà territoriale di Venezia e poter pervenire entro la fine di tale mese alle determinazioni definitive del Governo sulla soluzione che consentirà di estromettere le grandi navi da crociera dal bacino di San Marco alla luce degli anzidetti approfondimenti tecnici.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   NESCI, BARBANTI, DIENI, PARENTELA, NUTI, CURRÒ, RUOCCO, BARONI, GRILLO, D'UVA, CASO, DA VILLA, AGOSTINELLI, MANTERO, LUPO, TOFALO, BUSTO, ZOLEZZI, LOREFICE, COLONNESE, BASILIO, MANNINO, COLLETTI, DE ROSA, SARTI, MANLIO DI STEFANO, LUIGI DI MAIO, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, BECHIS, BALDASSARRE, BUSINAROLO, FICO, LOMBARDI, CARINELLI, BRUGNEROTTO e ZACCAGNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con delibera dell'8 marzo 2005 la regione Calabria ha espresso parere favorevole riguardo alla realizzazione di un progetto congiunto – avanzato separatamente nel 2003 da due distinte società – riguardante un rigassificatore nell'area portuale di Gioia Tauro (Gioia Tauro-Rosarno-San Ferdinando);
   con istanza del 16 marzo 2005 la società LNG Medgas Terminal s.r.l., già referente del suindicato progetto congiunto, ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 340 del 2000, l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un terminale di rigassificazione e di gas naturale liquefatto, nella fattispecie della capacità di 12 miliardi di metri cubi annui, espandibili a 16, e delle relative opere connesse da ubicare nell'area portuale/industriale sopra detta;
   la programmazione del CIPE del 13 novembre 2003, relativa all’hub interportuale di Gioia Tauro, ha collegato la cosiddetta «piastra del freddo» alla realizzazione del suddetto rigassificatore e la regione Calabria ha recepito nel PEAR del 14 febbraio 2005 le indicazioni governative di cui al citato documento;
   il 20 settembre 2005 nella prima Conferenza di servizi sono stati espressi i pareri favorevoli preliminari di diversi enti e amministrazioni;
   con delibera del 31 luglio 2006, la regione Calabria ha rilasciato l'intesa Stato-regione, subordinata, per il progetto in parola, all'ottenimento della VIA regionale e nazionale, intesa in seguito perfezionata con protocollo del 13 maggio 2009 tra ente e società proponente;
   il 7 agosto 2007 il CTR Calabria ha rilasciato il nulla osta di fattibilità (NOF);
   il 17 settembre 2008 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha provveduto per l'atto di VIA, che ha recepito un remoto studio di impatto ambientale (SIA), peraltro riferito a parametri relativi a diversa zona, nello specifico Lamezia Terme;
   nel dicembre 2009 la seconda conferenza di servizi si è conchiusa con l'acquisizione delle autorizzazioni, pareri e nulla osta degli enti e amministrazioni interessati;
   in ordine alla procedura di consultazione delle popolazioni, con richiesta del 21 dicembre 2009, depositando 671 firme, il comitato «Rigassificatore: Voce ai Cittadini» di San Ferdinando ha chiesto un referendum popolare, respinto dalla commissione straordinaria del municipio con nota del 2 febbraio 2010, prot. n. 1342, sul presupposto che, secondo quanto previsto nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e nell'articolo 20 dello statuto comunale, l'istituto del referendum è riservato alle sole materie di competenza locale;
   nell'aprile 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha prodotto la determina positiva di fine procedimento, tenendo una riserva sulla possibilità di autorizzazione dell'impianto, pur senza il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da rendere nell'ambito della procedura di concessione demaniale;
   nel luglio 2010, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha emesso un parere interlocutorio negativo (voto n. 33 del 23 luglio 2010) sul progetto, richiedendo documentazione integrativa, in specie in ordine alle opere a mare (indagini geologiche, geotecniche e sismiche);
   il territorio interessato ha vocazione turistica e, allo stato non risultano elementi che possano escludere con certezza una eventuale, irreversibile modificazione dell'ecosistema interessato dal rigassificatore, che peraltro disincentiverebbe anche l'attività di pesca a contrasto di fenomeni mafiosi;
   nel gennaio 2011 il responsabile del procedimento unico del terminale gas naturale liquefatto (GNL) di cui si tratta ha notificato agli enti ed amministrazioni interessati la determina del Ministero dello sviluppo economico di cui più sopra ed ha poi redatto, nel giugno del medesimo anno, il decreto interministeriale di autorizzazione dell'impianto e delle opere connesse;
   il 22 giugno 2012, in ordine all'adeguamento progettuale relativo al voto n. 33 del 23 luglio 2010, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha espresso ulteriore parere negativo sull'opera in questione, preliminarmente considerando la particolare sismicità del territorio interessato e di seguito articolando una serie di questioni non chiare a proposito delle richieste indagini;
   il cosiddetto decreto sviluppo 2012, precisamente dello stesso 22 giugno, all'articolo 38 comma 1-bis ha reso eventuale il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, prevedendo sic una specifica tempistica di silenzio-assenso e disponendo che il conseguimento dell'autorizzazione alla costruzione e gestione di terminali di rigassificazione di GNL in area demaniale, portuale o limitrofa costituisce titolo per il rilascio della concessione demaniale;
   nella procedura qui riassunta manca la valutazione ambientale strategica, nello specifico prevista dalla normativa vigente per impianti come quello in questione, anche in considerazione della presenza, nella zona considerata, di altri impianti a forte impatto ambientale (un inceneritore in fase di raddoppio, una centrale di tipo turbogas, una centrale a biomasse, un depuratore di grandi dimensioni, due discariche già sature e una terza in fase di apertura, un elettrodotto ad alta tensione che attraversa il territorio);
   secondo una nota del 20 marzo 2013 del sindaco di Gioia Tauro, depositata nello stesso giorno in sede di autorità e comitato portuale, taluni atti presentati dal proponente LNG all'autorità portuale per ottenere la concessione demaniale difetterebbero dei requisiti previsti dall'articolo 18, punto 6, della legge n. 84 del 1994, relativamente a un programma di attività assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volte all'incremento dei traffici e alla produttività del porto nonché a garantire i cittadini e i territori da eventuali pericoli da incidenti;
   per la nota di cui sopra del sindaco di Gioia Tauro, il piano di fattibilità tecnico-economico del proponente LNG risulterebbe carente in ordine alle informazioni sul know how dell'azienda, con rinvio, nel merito, alla Oil&Gas company, che doveva entrare in società ma allo stato non risulta esserci detta partecipazione;
   a rigore, nella documentazione presentata dal proponente LNG non si riscontrano riferimenti immediati a un proprio mercato del gas, una volta realizzato l'impianto;
   il 20 marzo 2013 il Comitato portuale ha deliberato la concessione demaniale quarantennale in capo al proponente, nell'attesa che la prefettura di Roma rilasciasse la certificazione antimafia;
   ad oggi non è stato ancora approntato il piano energetico nazionale, dopo il referendum del 2011 con cui la maggioranza degli italiani si è espressa contro la produzione di energia tramite centrali nucleari;
   il documento riguardante la strategia energetica nazionale, approvato di recente dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, prevede, secondo notizie dell'agenzia di stampa Adnkronos (14 marzo 2013), un miliardo di euro di incentivi per rigassificatori, prelevati dalla bolletta dei cittadini e spalmati in 10 anni;
   ulteriori incentivi per i rigassificatori si desumono dalla delibera 178/05 dell'Aeeg (Autorità per l'energia elettrica e il gas), che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell'impianto, la copertura di una quota, oggi pari all'80 per cento, per un periodo di 20 anni –:
   di quali elementi informativi disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quale sia la propria valutazione con riguardo agli aspetti di competenza;
   se non ritenga opportuno che venga sospesa la procedura, in attesa che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprima il suo parere;
   se non ritenga necessaria una consultazione delle popolazioni interessate, finora esclusa per il comune di San Ferdinando;
   se non ritenga essenziale che il proponente fornisca le garanzie fideiussorie previste dall'articolo 18 punto 6 della legge n. 84 del 1994;
   se non ritenga inopportuna la concessione demaniale in assenza di certificazione antimafia, in un territorio a forte condizionamento come la Calabria;
   se non ritenga doveroso rivedere la procedura nel complesso, anche alla luce delle criticità sollevate in premessa, in particolare circa la mancanza della valutazione ambientale strategica e in ordine alla sicurezza della popolazione e del territorio;
   se non ritenga che il rapporto costi-benefici dell'opera debba essere effettivamente vantaggioso e non comportare un aumento delle tariffe di servizio a carico dei cittadini utenti. (4-00184)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si vuole rilevare quanto segue:
  1. Circa la richiesta di sospensione della procedura amministrativa in attesa del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (da ora CSLLPP), si conferma quanto contenuto nel decreto interministeriale di autorizzazione del 14 febbraio 2012, ed in particolare si richiama il combinato disposto degli articoli 7, punto 1 e 4 e articolo 8 punto 3, del decreto di autorizzazione, dai quali si evince l'obbligo della società di ottemperare alle prescrizioni di tutti gli enti ed amministrazioni intervenuti nel procedimento, nonché a quelle del CSLLPP. Si evidenzia, inoltre, che la verifica di ottemperanza delle prescrizioni è di pertinenza di ciascuna amministrazione o ente interessato (articolo 7, punto 2) sulla base del progetto definitivo che la società dovrà redigere (articolo 7, punto 4), e che «l'inizio dei lavori è comunque subordinato alla verifica di ottemperanza delle specifiche prescrizioni» (articolo 8, punto 3), comprese quelle, eventuali, di pertinenza del CSLLPP, che saranno confermate anche nell'atto di concessione demaniale di imminente rilascio da parte dell'autorità portuale, dopo il parere favorevole espresso dal comitato portuale riunitosi in data 20 marzo 2013;
  2. Per quanto riguarda la richiesta di una nuova «consultazione della popolazione» per permettere alla stessa di essere sentita, si conferma che il diritto alla informazione è stato soddisfatto in applicazione alla normativa vigente sia riguardo alla comunicazione nelle fasi di VIA e di NOF (legge n. 349 del 1986 e successive modificazioni e integrazioni di cui ai decreti legislativi n. 152 del 2006 e n. 4 del 2008), sia alla consultazione della popolazione ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999.
  In particolare:
   a) la procedura di comunicazione/pubblicità è stata esperita, ai sensi della normativa vigente, mediante «Avviso» pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale e sul quotidiano più diffuso nella regione Calabria, una prima volta in data 5 novembre 2005, in occasione dell'avvio della procedura di VIA, con il deposito della documentazione (Progetto preliminare, SIA e relativa sintesi non tecnica) presso gli appositi uffici della Regione, ai fini della consultazione da parte degli interessati ed alla produzione di eventuali osservazioni nei termini previsti. Successivamente, in occasione della presentazione della documentazione integrativa al progetto preliminare e al SIA richiesta dalla commissione designata del Ministero dell'ambiente, oltre che della presentazione al CTR Calabria del Rapporto preliminare di sicurezza per l'avvio della procedura di pertinenza, è stata fatta una seconda pubblicazione con le stesse modalità sopra citate in data 4 novembre 2006.
   b) la procedura di consultazione della popolazione, richiesta sia dal Ministero dell'Ambiente in sede di prima riunione di conferenza dei servizi (20 settembre 2005), sia dal CTR Calabria nell'ambito del nulla osta di fattibilità (NOF) del 7 agosto 2007, è stata esperita dalla società d'intesa con il coordinatore delle commissioni prefettizie dei tre comuni, che – in mancanza, all'epoca, di una norma strutturata che disciplinasse le modalità della consultazione (carenza attuativa delle modalità di cui al comma 2 dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 1999 da parte del Ministero dell'ambiente e delle regioni) – ha elaborato una procedura (mutuata dall’«Inchiesta pubblica» di cui all'Allegato IV al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, opportunamente integrata), che è stata svolta nei modi sotto riportati. La procedura in questione, svoltasi nell'arco di due mesi, è stata avviata in data 14 maggio 2009 con l’«Avviso al pubblico» pubblicato su un quotidiano nazionale e tre quotidiani a diffusione regionale, ed il contestuale deposito della documentazione progettuale presso le segreterie dei tre comuni. L'avviso informava i cittadini che nelle date del 16-17-18 giugno 2009 nelle sedi dei tre comuni di Rosarno, Gioia Tauro e San Ferdinando, la società avrebbe illustrato il progetto e risposto alle domande dei cittadini. Lo stesso avviso indicava lo svolgimento di una assemblea intercomunale in data 14 luglio 2009 presso il comune di Gioia Tauro, aperta alla popolazione interessata, nel corso della quale sarebbero state acquisite anche le eventuali osservazioni di merito presentate dagli interessati. Per un maggiore coinvolgimento della cittadinanza i tre incontri e l'Assemblea intercomunale sono stati preceduti, anche, da «manifesti murali» affissi negli appositi spazi dedicati dai tre municipi. Nel corso dell'assemblea intercomunale citata, il notaio dottor Stefano Poeta, designato dal prefetto Bagnato alla verbalizzazione dell'incontro ed alla raccolta delle osservazioni presentate dai soggetti interessati, ha poi inoltrato l'intera documentazione al Ministero procedente dello sviluppo economico unitamente alla registrazione dell'evento su supporto informatico;

  Con riguardo, invece, al tema del referendum richiesto dal Comitato «Rigassificatore: Voce ai Cittadini» di San Ferdinando in data 21 dicembre 2009 e respinto dalla commissione straordinaria dello stesso municipio con nota del 2 febbraio 2010 sul presupposto che l'istituto del referendum, secondo quanto previsto nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e nell'articolo 20 dello Statuto comunale, è riservato alle sole materie di competenza locale, si aggiungono le considerazioni che seguono:
   L'istituto referendario è previsto dalla normativa vigente (legge n. 142 del 1990 e decreto legislativo n. 267 del 2000), la quale se da una parte demanda espressamente agli Statuti dei comuni e delle provincie la competenza a prevedere e disciplinare tramite regolamenti attuativi (il comune di San Ferdinando all'epoca ne era sprovvisto) forme di consultazione della popolazione e referendum consultivi su richiesta di un adeguato numero di cittadini, dall'altra però lo limita alle materie «di esclusiva competenza locale».
   Inoltre poiché le infrastrutture energetiche strategiche attengono a materie di interesse dello Stato, queste non sono esclusivamente di «competenza locale», come riconosciuto anche dai giudici amministrativi. Si riporta allo scopo la sentenza del tribunale amministrativo regionale Toscana del 21 febbraio 2008 n. 181, che ha sancito che «devono ritenersi inammissibili i quesiti referendari locali consultivi relativi alle procedure autorizzative per la realizzazione di un impianto di rigassificazione di GNL, atteso che tale forma di consultazione è consentita dalle disposizioni vigenti per le sole materie di esclusiva competenza locale». Appare evidente che, in ragione delle diverse amministrazioni coinvolte nella pronuncia di compatibilità ambientale e in virtù dei diversi interessi incisi, la realizzazione di un impianto di gassificazione non può considerarsi di esclusiva competenza del comune.
  3. Per quanto attiene alla lamentata mancanza di garanzie fideiussorie, si precisa che il contenuto dell'intero articolo 18 della legge n. 84 del 1994 e quindi anche del relativo articolo 18, punto 6, lettera a, è riferito alle imprese portuali già autorizzate ai sensi dell'articolo 16 alle operazioni e servizi portuali con occupazione di banchine, mentre le specifiche attività della LNG Medgas Terminal, con previsione di occupazione di specchi acquei esterni al porto e servitù di passaggio per una fascia interna al porto, sono regolate dal Codice della navigazione (Regio decreto n. 327 del 1942 articoli 36 e 52) e dal regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 1952), che all'articolo 17, prevede il pagamento di una cauzione la cui entità è determinata dall'autorità portuale, e costituirà uno degli adempimenti che la società sarà chiamata a breve ad ottemperare, dalla stessa autorità portuale, unitamente all'accettazione della proposta dello stesso atto concessorio.
  4. Con riferimento all'assenza della certificazione antimafia, si precisa che la nuova normativa in materia di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011 prevede che per importi di canone superiore a 150.000,00 euro, quale è il caso dell'impianto di rigassificazione di GNL di Gioia Tauro, la richiesta alla prefettura della sede legale della società (attualmente Roma), del certificato antimafia è di competenza dell'autorità portuale; pertanto, la stessa autorità dovrà provvedere a presentare detta richiesta in concomitanza all'inoltro, per accettazione, alla società dell'atto concessorio, ai fini del completamento della procedura di rilascio della concessione demaniale.
  5. Con riferimento alla mancanza della valutazione ambientale strategica (VAS), si precisa che la normativa ambientale vigente decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2004 e successive modificazioni e integrazioni di cui al decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008) prevede:
   la VAS quando la valutazione ambientale riguarda piani e programmi di intervento sul territorio, e quindi è attinente ai provvedimenti di pianificazione e programmazione di livello comunitario, nazionale e regionale;
   la VIA quando la valutazione ambientale riguarda singoli progetti, come è il caso dell'impianto di rigassificazione di Gioa Tauro.

  In particolare con l'avvio del procedimento unico di cui all'articolo 8 della legge n. 340 del 2000 la società, d'intesa con il Ministero dell'ambiente, ha accettato di presentare la documentazione per una VIA attinente all'intero impianto ed alle opere connesse, come verbalizzato nel corso della prima conferenza dei servizi del 20 settembre 2005 presso il Ministero dello sviluppo economico. La procedura di VIA è stata poi esperita dalla commissione designata nel corso di tre anni (novembre 2005-settembre 2008), sulla base del progetto preliminare e successive integrazioni ed approfondimenti prodotti dalla società, che hanno portato alla emissione del Decreto di compatibilità ambientale con prescrizioni del 17 settembre 2008.
Il Ministro dello sviluppo economicoFlavio Zanonato.


   OLIVERIO e CENSORE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la notte del 16 maggio 2013, in seguito all'ondata di maltempo che ha colpito la provincia di Vibo Valentia, il forte vento ha causato il crollo del tetto di amianto di un manufatto di 700 metri quadrati ubicato sulla banchina Tripoli del Porto;
   da un sopralluogo dei tecnici dell'azienda sanitaria provinciale «è emerso che il tetto presenta alcune lastre di amianto in grave stato di fatiscenza, essendo le stesse rovinate al suolo, frantumandosi, mentre altre lastre di amianto, ancora presenti sul bordo del tetto, anch'esse rotte e in procinto di cadere a terra»;
   la gestione del fabbricato rientra tra le competenze del Demanio marittimo, di proprietà, quindi, dello Stato. Nel caso specifico la competenza alla messa in sicurezza dell'edificio, alla bonifica dell'area e allo smaltimento dell'amianto è del Genio civile;
   le associazioni ambientaliste della provincia da molto tempo portano avanti una battaglia per la tutela ambientale di questa bellissima costa e segnalano: «il nostro territorio è in una situazione emergenziale dall'alluvione del 2006. Da allora i problemi non fanno che sommarsi al degrado e all'abbandono. Se non si comincia ad aggredirli e a risolverli, una volte per tutte, vivremo sempre nella precarietà. Ovunque c’è amianto in decomposizione, anche vicino alla stazione ferroviaria, nei pressi del Centro anziani, dove ormai da diverso tempo sostano vecchi vagoni ferroviari in avanzato stato di degrado»;
   il sindaco di Vibo Valentia Nicola D'Agostino ha disposto, con un'ordinanza del 25 maggio 2013 in via provvisoria ed a scopo meramente precauzionale, la sospensione a partire dal 27 maggio dell'attività scolastica con la chiusura di tutte le scuole a Vibo Marina. Per evitare rischi per la salute della popolazione è stato sospeso anche il mercato settimanale del lunedì;
   nella stessa giornata di sabato 25 maggio si è tenuto presso la capitaneria un vertice, alla presenza del prefetto di Vibo Valentia, per valutare lo stato di inquinamento ambientale, per pianificare i necessari interventi per affrontare l'emergenza «amianto» e per «stabilire le azioni da porre in essere a protezione della salute pubblica dei cittadini»;
   nei giorni precedenti, subito dopo il crollo del tetto del capannone, il sindaco aveva emesso una prima ordinanza in cui obbligava la popolazione residente nella frazione marina della città «ad utilizzare, in aree esterne alle proprie abitazioni, mascherine di protezione per bocca e naso, ad evitare di tenere aperti gli infissi esterni delle abitazioni o attività lavorative, ad usare elettrodomestici aspira polveri e simili e non scope o altri attrezzi che sollevino polvere, fino a rientrato allarme». La decisione era stata presa per la «possibile aero-dispersione in atmosfera di fibra di amianto» dovuta al crollo parziale del tetto di un capannone sulla banchina –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intendano intraprendere, considerata la gravità della situazione ambientale e il degrado della zona portuale di Vibo Valentia e di parte della costa, al fine di smaltire con la massima sicurezza l'amianto ancora presente, avviare la bonifica dell'area ed effettuare un monitoraggio dell'intero territorio e dei relativi fabbricati per prevenire il verificarsi di situazioni simili. (4-00598)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il 16 maggio 2013, come è noto all'interrogante a causa delle avverse condizioni metereologiche registratesi nel comune di Vibo Valentia, si è verificato il cedimento strutturale di una parte del tetto di copertura, costituito da lastre di cemento ed amianto, di un manufatto di 690 metri quadri insistente su area demaniale marittima.
  La Capitaneria di porto del luogo ha provveduto a richiedere al locale comando provinciale dei Vigili del Fuoco di esperire un sopralluogo, volto a verificare l'integrità della copertura del tetto del manufatto in questione.
  Da tale sopralluogo è emerso il parziale sollevamento dei pannelli di cemento ed amianto costituenti il tetto, per una superficie complessiva stimata in circa 4 metri quadri.
  Pertanto, la suddetta Autorità marittima ha richiesto alle amministrazioni interessate alla gestione del demanio marittimo di adottare ogni misura idonea a ripristinare tempestivamente la sicurezza del manufatto, dandone contestualmente avviso al Comune di Vibo Valentia.
  Inoltre, con ordinanza n. 15 del 24 maggio 2013, ha interdetto, per ragioni di sicurezza, l'area demaniale marittima interessata e ha indetto presso i propri uffici, in data 25 maggio 2013, apposita conferenza di servizi cui ha preso parte, oltre ai rappresentanti dell'ente locale, dell'Azienda sanitaria provinciale e del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche Sicilia e Calabria, il prefetto di Vibo Valentia.
  Ad esito della predetta conferenza di servizi il citato Provveditorato interregionale ha affidato i lavori di rimozione, bonifica e smaltimento delle lastre di cemento ed amianto alla ditta servizi ecologici in regime di somma urgenza, ai sensi dell'articolo 176 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2012.
  Detti lavori hanno avuto inizio il 28 maggio 2013 e già in pari data tutta la copertura in lastre di cemento ed amianto è stata incapsulata, al fine di eliminare ogni pericolo per la salute pubblica.
  Al riguardo si informa che nonostante lo svellimento della copertura in parola abbia interessato esclusivamente una superficie stimata in 4 metri quadri, il tetto del manufatto è stato interamente rimosso.
  Le operazioni per la messa in sicurezza dell'area demaniale marittima interessata dall'evento in parola sono state completate in data 28 maggio 2013 e la società servizi ecologici, incaricata della relativa bonifica, sta curando il previsto smaltimento del materiale asportato ai sensi della normativa vigente.
  Si evidenzia altresì che, sebbene non siano state segnalate ulteriori situazioni di pericolo, della medesima natura, nell'ambito portuale, la Capitaneria di porto di Vibo Valentia ha ritenuto comunque di avviare un monitoraggio dettagliato dell'area portuale, onde scongiurare che episodi analoghi possano verificarsi in futuro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco del comune di Barrali, Fausto Spiga, ha rappresentato all'interrogante le preoccupazioni per le sorti future del piccolo comune che amministra;
   Barrali, un bellissimo paese situato nella provincia di Cagliari abitato da poco più di 1000 abitanti, è ubicato nell'incrocio di quattro importanti zone del sud Sardegna, confina con Donori che appartiene al Parteolla, con Sant'Andrea Frius per il versante Gerrei, Ortacesus e Pimentel che sono all'interno della Trexenta, e con Samatzai che si trova nel Campidano;
   il sindaco segnala ripetute voci sull'eventuale chiusura della stazione dei carabinieri di Barrali;
   nel comune di Barrali la presenza di un presidio fisso dell'Arma rappresenta un ottimo deterrente, tuttavia negli ultimi anni i reati registrati sono in aumento ed aspetto preoccupante è la gravità di tali episodi, dinamica che sottolinea una situazione in continuo peggioramento;
   due attentati dinamitardi (settembre del 2000 e maggio del 2004, quest'ultimo ai danni di un amministratore comunale), una rapina all'ufficio postale (ottobre 2000), un'intimidazione ai danni di un candidato sindaco (febbraio 2011), un arresto per traffico di droga (agosto 2010), un'intimidazione ai danni di un vigile urbano (luglio 2012), tentato furto con intimidazione vandalica ai danni di un edificio comunale (novembre 2012), infine recente chiusura di un locale pubblico al fine di tutelare la pubblica sicurezza come su indicazione del prefetto della provincia di Cagliari, senza poi dimenticare i gravi danni economici amministrativi subiti negli ultimi mesi a seguito di furti di linee elettriche, pluviali in rame, griglie in ghisa e simili;
   a Barrali è presente una piccola comunità anarchica ancora operante che tiene sempre vivo il ricordo di Tommaso Serra, uno dei maggiori rappresentanti dell'anarchismo sardo;
   detta comunità non ha mai creato problemi, ma di questi tempi il potenziale pericolo legato a logiche anarchiche sarebbe meglio non sottovalutarlo;
   l'amministrazione comunale di Barrali nell'ambito della riduzione della spesa pubblica ha accettato di buon grado una riduzione del canone di locazione dello stabile comunale adibito a caserma, a dimostrazione della sensibilità al tema sicurezza;
   sono forti le preoccupazioni in merito alle paventate voci di chiusura del presidio dell'Arma dei carabinieri di Barrali;
   la caserma di Barrali non può chiudere, sarebbe un grave errore di valutazione proprio perché esiste ha un problema sicurezza in crescita, che non può essere trascurato;
   Barrali geograficamente, con la strada statale 128 e la strada provinciale 11 è crocevia della Trexenta, del Parteolla, del Campidano e del Gerrei, e la presenza dell'attuale stazione dei carabinieri giova non poco all'espletamento celere e ottimale di indagini che riguardano un vasto territorio e non solo quello di Barrali;
   inoltre, nei prossimi mesi numerose attività produttive (sono stati assegnati già 17 lotti su 20) si insedieranno nella nuova zona industriale. Ciò rappresenta un motivo in più per supporre una sempre più necessaria tutela immediata dell'ordine pubblico –:
   se non ritenga di dover fornire rassicurazioni al sindaco del comune di Barrali relativamente al mantenimento in pieno esercizio della caserma dei carabinieri di Barrali al fine di proseguire e rafforzare quell'azione indispensabile di presidio del territorio;
   se non ritenga di dover dare indicazioni utili non solo al mantenimento ma anche al rafforzamento di tale presenza considerata anche la delicatezza del quadro sociale di quell'area geografica;
   se non ritenga di promuovere azioni di sinergia e collaborazione tra le forze dell'ordine presenti nel territorio e le stesse amministrazioni comunali interessate a tale problema di sicurezza.
(4-00006)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si assicura che non è prevista la soppressione della stazione dei Carabinieri di Barali in provincia di Cagliari.
  Tale reparto appare, invece, adeguato a fronteggiare – con le risorse di cui dispone – i problemi operativi del territorio, tenuto conto dell'indice di delittuosità dell'area.
  Sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, invero, il Comune di Barali non presenta particolari criticità: nell'anno in corso, 12 reati su 13 hanno riguardato litigi tra privati cittadini.
  Quanto alla presenza nel paese di una piccola comunità anarchica, nell'ultimo quadriennio, l'attività della stessa – che è oggetto di regolari e costanti controlli da parte delle Forze dell'ordine – è stata caratterizzata esclusivamente dall'organizzazione di due eventi di commemorazione in onore del suo fondatore.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   RAMPELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni di stampa risulta che entro il 2018 sarà chiusa la caserma «Cantore» di Tolmezzo, in provincia di Udine, che attualmente ospita il terzo reggimento di artiglieria da montagna;
   la chiusura della caserma sarebbe prevista nell'ambito di un piano di ristrutturazione dell'esercito che interessa 160 caserme dislocate su tutto il territorio nazionale;
   gli amministratori locali hanno espresso forte preoccupazione in merito a tale decisione e stanno vagliando diverse ipotesi per garantire la permanenza del reggimento nel capoluogo carnico, tra le quali il mantenimento in sede di una parte, destinando i militari rimanenti nella caserma di Venzone, oppure il trasferimento in toto dei militari nelle strutture di Cividale o Remanzacco;
   nella caserma «Cantore» oggi ci sono circa 400 militari, molti dei quali hanno famiglia, hanno acquistato o preso in locazione un'abitazione, e formano parte integrante della vita della città;
   la presenza del reggimento, inoltre, contribuisce all'economia della zona, e il danno arrecato dallo spostamento dei militari si andrebbe ad aggiungere alla già pesante penalizzazione subita dalla città a causa della chiusura del locale tribunale –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se non intenda rivedere la decisione relativa alla caserma in oggetto, al fine di salvaguardare la cittadina di Tolmezzo.   (4-01273)

  Risposta. — Il provvedimento relativo alla riconfigurazione e al trasferimento del 3oReggimento artiglieria da montagna dalla sede di Tolmezzo (caserme «Cantore» e «del Din») a quella di Orzano di Remanzacco (caserma «Lesa»), è inserito nel «Piano per la revisione dello strumento mlitare terrestre 2013-2024» e nello «Schema di decreto legislativo da adottarsi in attuazione della legge delega al Governo per la revisione dello Strumento militare nazionale».
  Nell'ambito di tale riorganizzazione, il provvedimento in argomento si fonda sulle seguenti ragioni:
   attualmente il 3° Reggimento è dislocato quasi unicamente nella caserma «Cantore» in quanto la caserma «Del Din» risulta non idonea. Al riguardo, nessuna delle due infrastrutture dispone della capacità strutturale sufficiente per accogliere l'intero Reggimento (i due sedimi occupano un'area di circa 7 ettari mentre l'ampiezza minima di un sedime per accogliere un reggimento dovrebbe essere pari a circa 12-15 ettari);
   l'accentramento dell'intero Reggimento in un'unica caserma conferirà unitarietà di comando e di supporto logistico, migliorerà gli aspetti organizzativi e funzionali del reparto e consentirà di risparmiare sui costi gestionali;
   il trasferimento presso la caserma «Lesa» di Orzano di Remanzacco (che accoglierà anche il Reggimento logistico della brigata «Ariete» per riconfigurazione dell'attuale 8° Reggimento trasporti), consentirà di assorbire il personale proveniente da altri enti viciniori di prevista riconfigurazione (quali ad esempio l'8° Reggimento alpini che dovrà lasciare la caserma «Francescatto» di Cividale del Friuli);
   la situazione infrastrutturale della caserma «Lesa» di Orzano di Remanzacco non necessita di interventi importanti per accogliere un Reggimento di artiglieria da montagna, oltre a quello già esistente;
   nel complesso, la liberazione delle risorse derivanti dal provvedimento in oggetto e da altri similari, consentirà di investire in strutture più moderne e/o che presentano minori costi di esercizio, valorizzando il patrimonio infrastrutturale disponibile.

  Tale riorganizzazione, peraltro, non modifica il saldo delle posizioni organiche nell'ambito della regione Friuli Venezia Giulia e, in particolare, della provincia di Udine.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   RIZZO, ALBERTI, BASILIO, CORDA, FRUSONE, ARTINI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 25 gennaio 2008 avente come oggetto «Atto d'indirizzo relativo agli aeroporti militari a doppio uso militare – civile identifica l'aeroporto dell'isola di Pantelleria» come aeroporto militare destinato al ruolo di deployement operating base – DOB. L'aeroporto mantiene una presenza militare minima per sostenere rischiaramenti operativi temporanei (per esempio sulla crisi libica);
   l'aeroporto di Pantelleria ha altresì fornito, fin dalla sua fondazione nel 1939, un vitale supporto alle attività aeree di soccorso e ricerca, effettuate da velivoli militari e civili;
   in particolare l'aeronautica Militare a Pantelleria supporta le operazioni di protezione civile e servizio antincendio, effettuato a mezzo di velivoli Canadair, mettendo a disposizione mezzi ed uomini ed assistenza a terra. All'interno del sedime aeroportuale, molteplici servizi e funzioni sono assicurati unicamente dagli uomini, dai mezzi e dalle risorse economiche messe a disposizione dalla stessa aeronautica militare. Tra i vari compiti svolti dai militari a Pantelleria si segnalano il servizio meteorologico, le attività di supporto al volo civile e militare che si concretizzano principalmente nelle radio comunicazioni, nel mantenimento in efficienza delle piste e dei sistemi di illuminazione delle stesse, nonché nel controllo delle luci ostacolo a garanzia della sicurezza aeroportuale e di quant'altro necessario al collaterale al funzionamento dell'intero sistema;
   la presenza di una base dell'Aeronautica Militare a Pantelleria, ha consentito nel corso degli anni, soprattutto nei momenti di maggiore criticità, di sostenere in vario modo, le esigenze della popolazione isolana. In particolare si ricorda come, in alcuni periodi dell'anno a causa delle pessime condizioni climatiche e del mare, la vicinanza del Corpo e degli uomini in servizio presso la base, è stata di vitale importanza per sostenere l'attività di approvvigionamento di generi alimentari di prima necessità;
   il 16 maggio 2012 il consiglio comunale di Pantelleria votava all'unanimità un ordine del giorno contro la chiusura del distaccamento dell'aeronautica Militare nell'isola –:
   se il Governo non reputi necessario il mantenimento di un distaccamento dell'Aeronautica Militare a Pantelleria revocando le ipotesi di chiusura, anche al fine di garantire alla popolazione locale quei servizi citati in premessa e una presenza dello Stato in un luogo che, per sua natura, rischia di sentirsi lontano ed isolato dal resto della nazione. (4-01223)

  Risposta. — Il processo di riordino dell'Aeronautica militare, in completa coerenza con le stringenti esigenze di sostenibilità finanziaria dettate dalla legge sulla revisione della spesa (cosiddetta spending review), ha imposto la riduzione delle strutture meno sostenibili e ritenute di minore ritorno operativo in termini costo-efficacia.
  In tale ambito il distaccamento aeroportuale di Pantelleria è stato inserito nel programma di razionalizzazione delle strutture organizzative della difesa, comunicato dallo Stato maggiore difesa al Ministro pro tempore in data 5 novembre 2012 ed approvato dall'autorità politica stessa in data 14 novembre 2012.
  Con l'approvazione in parola, è stato attivato il processo per il graduale rilascio del distaccamento, prevedendone la soppressione nel breve termine e salvaguardando l'iter di cambio di status dello scalo aeroportuale da militare a civile, attività già in avanzato stato di attuazione.
  Tuttavia, alla luce del sempre più emergente contesto d'instabilità dei paesi nord africani, che hanno profondamente mutato il quadro geostrategico del Mediterraneo centrale, la Forza armata ha preso atto del rinnovato interesse strategico che il piccolo distaccamento aeroportuale riveste da un punto di vista operativo.
  Tali aspetti hanno comportato la rivalutazione del provvedimento di soppressione con la conseguente scelta di attuare una semplice riorganizzazione ordinativa mirata a mantenere in essere le funzioni strettamente necessarie all'impiego strategico del distaccamento.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   ROSATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dispone l'obbligo di assicurazione per il personale addetto al lavoro nelle condizioni specificate, includendo all'articolo 1, terzo comma, punto 22), il personale addetto all'estinzione di incendi, ma escludendo «il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco». Tale esclusione è confermata dalla recente riforma degli enti previdenziali ed assicurativi (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214);
   con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1959, n. 630, è stata fondata l'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, al fine di «di provvedere all'assistenza morale, culturale e materiale degli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ...(omissis), nonché dei loro familiari ed orfani», attua alcune provvidenze e servizi tra i quali «g) altre forme di assistenza e previdenza»;
   l'Opera provvede alle sue finalità principalmente tramite sovvenzione annuale del Ministero dell'interno, con la quota di proventi dei servizi a pagamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con contribuzioni volontarie del personale del Corpo;
   al fine di garantire l'assistenza sanitaria per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, quindi, l'Opera stipula una polizza assicurativa sanitaria, spettante a tutto il personale in servizio nel Corpo e, volontariamente, anche ai dipendenti dell'amministrazione civile, ai pensionati del Corpo e ai nuclei familiari;
   i premi assicurativi, peraltro, sono in parte a carico dell'appartenente al Corpo e l'assicurazione stessa ha effetto dalle ore 24 del giorno del pagamento del premio o della prima rata dello stesso;
   in particolare, a decorrere dal 31 gennaio 2006 sono entrate in vigore le nuove polizze sanitarie, poi rinnovate il 31 gennaio 2010: polizza n. 263669669, polizza n. 263669400 e polizza n. 263669401;
   si precisa che le polizze sanitarie prevedono il rimborso delle spese a cure ultimate, «previa presentazione degli originali delle relative notule, distinte, fatture e ricevute debitamente quietanziate»;
   il 31 gennaio 2013, il consiglio d'amministrazione è venuto alla determinazione di non poter ulteriormente rinnovare le polizze assicurative in quanto dal 2007 ad oggi l'Opera ha subito una graduale e progressiva riduzione delle entrate assegnate dal bilancio e lo stanziamento previsto per l'anno in corso non offre alcuna garanzia per la copertura del premio assicurativo di competenza dell'Opera;
   a quanto risulta all'interrogante, infatti, nel 2008 c’è stata una prima riduzione del 50 per cento della dotazione ministeriale destinata all'Opera che si è ridotta, così, da 12 a 6 milioni di euro ed è stata ulteriormente ridotta del 50 per cento nel 2011;
   al fine di salvaguardare le singole posizioni ed evitare un'immediata interruzione dei rapporti assicurativi, comunque, l'Ente ha deliberato una proroga delle polizze sanitarie, ma fino al 31 marzo di quest'anno;
   infatti, come risulta dal sito web del dipartimento dei vigili del fuoco – sezione Opera nazionale assistenza, dal 1° aprile 2013 sono state disdette le polizze n. 263669669, n. 263669400 e n. 263669401;
   ad oggi, quindi, non esiste più per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco un'assicurazione sanitaria organizzata e la stipula, in forma privata, di una polizza assicurativa sanitaria risulta molto difficile e gravosa in quanto i vigili del fuoco sono una categoria fortemente a rischio;
   il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è da anni in prima linea nella lotta agli incendi ed è impegnato in molti altri tipi di intervento di soccorso, spesso delicati e rischiosi;
   nel 2012 sono state 814.357 le operazioni del Corpo sul territorio nazionale con un incremento del 10,6 per cento; e inoltre, i vigili del fuoco sono stati importanti protagonisti nei soccorsi per l'emergenza terremoto in Emilia;
   in attesa dei dati più precisi del 2012, le statistiche del 2011 segnalano come in un anno ben 164 vigili del fuoco si sono infortunati durante le operazioni di soccorso e sono state due le morti in servizio; questo significa che su un Corpo che conta 27.000 unità che intervengono effettivamente nelle operazioni, sono a rischio infortunio 18 vigili su mille;
   l'interrogante ritiene non sia opportuno che una categoria che rischia ogni giorno la vita e la propria salute per il Paese non sia tutelata da una qualche forma di assicurazione sanitaria pubblica o comunque organizzata. Peraltro, la situazione venutasi a determinare si pone al di fuori del dettato costituzionale, in quanto non è più prevista una forma di tutela e assistenza, quando, invece, l'articolo 38, secondo comma, della Costituzione recita «I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria» e il quarto comma, del medesimo articolo, precisa che «Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato» palesando una incompatibilità con l'attuale situazione in cui ogni vigile del fuoco è costretto in autonomia a stipulare polizze private, talvolta, senza riuscirci;
   si sottolinea che anche la previsione (disciplinata dai contratti di polizza) del rimborso spese al termine delle cure, minava la dignità e la tutela della salute del lavoratore che non poteva fare affidamento a risorse aggiuntive indispensabili al momento dell'infortunio per ricoveri, visite specialistiche, farmaci ed altre cure;
   si porta a tal proposito il caso, segnalato anche dalla stampa locale, di Francesco Sicilia, vigile del fuoco rimasto ustionato a marzo durante le operazioni di spegnimento di un incendio in un pub a Reggio nell'Emilia, che sta pagando personalmente la fisioterapia e i due tutori per le mani e potrà presentare solo al termine delle cure le fatture per il rimborso spese all'assicurazione;
   in futuro, attesa la disdetta delle polizze, per contare una qualche forma di rimborso delle spese sostenute, il vigile del fuoco dovrà presentare domanda per il riconoscimento della causa di servizio con conseguenza attesa anche di quattro o cinque anni prima del responso –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione venutasi a creare con la deliberazione del consiglio d'amministrazione del 31 gennaio 2013 che ha disdetto le polizze assicurative di cui in premessa;
   a quanto ammonti lo stanziamento per l'anno in corso per l'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e se lo stanziamento sia sufficiente per il raggiungimento delle finalità dell'Ente, ed in particolare consenta la stipula di una polizza assicurativa sanitaria per il personale;
   quali misure il Governo abbia intrapreso per marginare le conseguenze che la deliberazione del consiglio d'amministrazione comporta, ed in particolare, quali azioni intenda mettere a punto per garantire al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco l'assistenza sanitaria che si deve ad una categoria di lavoratori a rischio;
   se il Governo ritenga che la previsione di un rimborso spese al termine delle cure sia compatibile con l'articolo 38, commi secondo e quarto, della Costituzione;
   se il Governo stia valutando l'ipotesi di ricondurre le misure per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle competenze dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), in assenza di un'alternativa assistenza sanitaria per detto personale.
(4-00345)

  Risposta. — L'Opera nazionale di assistenza per il personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco (Ona), provvede, in conformità alle previsioni statutarie, all'assistenza morale, culturale e materiale degli appartenenti al Corpo, nonché dei loro familiari e orfani.
  Per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali l'Ente si avvale dei mezzi finanziari indicati nell'articolo 5 dello Statuto, ma, di fatto, l'unica significativa forma di contribuzione è quella relativa ai proventi dei servizi resi a pagamento dal personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
  In particolare, fino all'anno 2007, l'Ona ha ricevuto il 20 per cento dei suddetti proventi, i quali mediante procedura di riassegnazione in bilancio, sono confluiti nello stato di previsione della spesa di questa Amministrazione, per poi essere trasferiti al bilancio dell'Opera.
  Successivamente, la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) ha introdotto il divieto di iscrivere stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri in correlazione a versamenti di somme all'entrata del bilancio dello Stato, prevedendo, altresì, l'istituzione, in singoli stati di previsione, di appositi fondi da ripartire con decreto ministeriale, secondo le finalità stabilite dalla legge.
  A partire dal 2008, pertanto, l'Opera viene finanziata mediante un trasferimento di risorse proveniente da un fondo istituito ad hoc nel bilancio di questo Ministero (capitolo 3005).
  Per l'anno in corso è stata attribuita al Ministero dell'Interno, a seguito di una prima ripartizione, una quota pari ad euro 3.285.812,89, che confluirà effettivamente nel bilancio dell'Ona non appena risulterà perfezionato l'apposito decreto di riparto.
  Una parte del predetto stanziamento – per un importo pari ad euro 2.250.000,00 – sarà impegnato, dall'Opera per l'erogazione dei contributi periodici relativi agli anni 2011 e 2012. A tutt'oggi, infatti, a causa delle limitate risorse economiche a disposizione – in ragione dei consistenti tagli ai trasferimenti dello Stato, – sono stati liquidati esclusivamente i contributi a carattere straordinario (per decesso) relativi al 2011 ed in parte quelli afferenti al 2012, con esclusione delle altre tipologie di intervento, in particolare, per infermità croniche e spese mediche.
  Ciò consentirà di far fronte, almeno in parte e per quanto possibile, alla mancanza della polizza sanitaria che, com’è noto, è stata disdettata a fine gennaio 2013,proprio per la necessità di garantire gli equilibri finanziari ed economici di bilancio.
  Attualmente, l'Opera non è in grado di provvedere al rinnovo della polizza sanitaria, in considerazione dei costi della stessa assicurazione.
  A ciò è da aggiungere che l'ammontare degli stanziamenti, disposti a favore dell'Ente, a seguito dei trasferimenti di risorse dal bilancio di questo Ministero non è predeterminato, ma viene stabilito, ogni anno, con decreto ministeriale, secondo le finalità stabilite dalla legge. La predetta procedura, pertanto, in assenza, a monte, di una preventiva, certa ed idonea copertura finanziaria, non consente all'ONA di assumere impegni di spesa pluriennali in conformità con la normativa vigente in materia.
  Al riguardo, sono state proposte apposite modifiche normative dell'attuale disciplina del finanziamento delle attività socio-assistenziali in favore del personale dei Vigili del Fuoco, espletate per il tramite dell'Opera nazionale che, fino ad oggi, non hanno trovato accoglienza in sede legislativa, in considerazione delle note esigenze di finanza pubblica.
  Sono a carico del Ministero dell'interno le spese di cura, di degenza e per eventuali protesi, escluse quelle sostenute per cure balneo-termali, idroponiche e inalatorie, solo per la parte eccedente a quella che compete al Servizio sanitario nazionale, a condizione che sia riconosciuta all'interessato l'infermità o la lesione dipendente da causa di servizio.
  In caso di prestazioni effettuate presso strutture sanitarie private, non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ovvero presso sanitari operanti a titolo privato in strutture sanitarie pubbliche, con conseguente pagamento per intero della prestazione sanitaria erogata, è possibile concedere il rimborso, soltanto previa autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale.
  Per quanto attiene alla specifica ipotesi di ricondurre il personale del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco nell'ambito del sistema delle misure di tutela e di assistenza Inail, va rilevato, preliminarmente, che l'attività di estinzione degli incendi svolta dal personale permanente e volontario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è espressamente esclusa dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
  D'altro canto, la recente norma di interpretazione autentica in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, di cui all'articolo 12-bis del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38 ha chiarito che neppure al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1 e 4 del testo unico n. 1124 del 1965, che restano disciplinate dai rispettivi ordinamenti, fino al complessivo riordino della materia.
  Inoltre, l'articolo 6 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 ha abrogato, per la generalità dei dipendenti pubblici, gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, dell'equo indennizzo, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio e della pensione privilegiata, demandando, ove previsto, la competenza in materia di tutela delle infermità dipendenti da causa di servizio all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (gestita dall'Inail).
  La stessa norma ha espressamente previsto che l'equo indennizzo, la pensione di privilegio e gli altri istituti sopra menzionati continuano ad applicarsi al personale appartenente ai comparti sicurezza difesa e Vigili del fuoco e soccorso pubblico.
  Pertanto, in favore del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di quello delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare permane in vigore un variegato sistema di misure di sostegno e di tutela, di particolare rilevanza, atto a garantire interventi di natura previdenziale-privilegiata e assistenziali, nonché di natura indennitario-risarcitoria (limitatamente ai feriti o ai caduti dipendenti pubblici riconosciuti vittime del dovere, del servizio, della criminalità e del terrorismo) assai favorevoli. A dette misure, si aggiungono, inoltre, ricorrendone i requisiti di legge, benefici assunzionali.
  Tale complesso di misure di sostegno e di tutela, in particolare, rispetto agli istituti riconosciuti agli assicurati Inail è da ritenersi complessivamente più favorevole per gli stessi destinatari (operatori del soccorso e della tutela dell'ordine e della sicurezza dello Stato), pur non mancando talune lacune quali, ad esempio, il riconoscimento del danno biologico previsto dalla disciplina dell'Inail ancora presente per la generalità degli invalidi per servizio e per i familiari superstiti degli stessi.
  Sul fronte della finanza pubblica, l'iscrizione per tutti i dipendenti del comparto sicurezza-difesa e Vigili del fuoco e soccorso pubblico, al momento dunque non ammessa dall'ordinamento, sarebbe peraltro estremamente onerosa in quanto ad esclusivo carico del datore di lavoro ai sensi dell'articolo 27 del testo unico n. 1124 del 1965 e non sarebbe, come sopra premesso, neppure in grado di assicurare un sistema di misure e di interventi nel complesso più favorevole per gli stessi assicurati.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   SBROLLINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   sono 2.283 i caduti italiani, di cui 868 della prima guerra mondiale e 1.415 della seconda, inumati nel sacrario alla periferia di Varsavia. 493 sono morti nei campi di concentramento polacchi, e di questi 24 a Stargard, e sono ad oggi seppelliti in un ossario al quale si accede attraverso un tombino nel cimitero di Bielany, alla periferia ovest di Varsavia;
   su due lastre di marmo, sulla destra e sinistra dell'ingresso principale, sono incisi i nomi dei 493 caduti. Per vedere i loculi, però, bisogna sollevare un coperchio di cemento e scendere tre metri sotto terra servendosi di una scala metallica non prima di aver indossato un sacchetto di nylon per non lordare gli indumenti. Il cunicolo è profondo e lungo tre metri e largo 80 centimetri;
   il fatto che i caduti italiani siano seppelliti sotto un tombino dimostra insensibilità e trascuratezza;
   il cimitero risulta essere gestito dallo Stato italiano tramite il Ministero degli affari esteri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra riportato; se e come intendano intervenire per chiarire il motivo per cui 493 caduti italiani siano sepolti in maniera inadeguata e diversa rispetto agli altri commilitoni che trovano posto in due ossari dello stesso cimitero di Bielany; quale sia il motivo per il quale le salme siano state traslate a Bielany fin dal 1958 senza mai avere informato le famiglie dei caduti. (4-00651)

  Risposta. — Il territorio polacco custodisce le spoglie mortali di oltre 5.800 italiani, militari e civili, deceduti durante la 1a e la 2a guerra mondiale, di cui, più di 2.400 appartengono a connazionali civili e militari dispersi durante i bombardamenti aerei o cremati nei campi di concentramento nazisti (2a guerra mondiale).
  Le operazioni di ricerca e recupero dei resti mortali dei caduti del primo conflitto mondiale, svoltesi nell'immediato primo dopoguerra, non presentarono difficoltà, diversamente, invece, da quanto si verificò nel corso delle operazioni, condotte negli anni dal 1958 al 1969, per il recupero delle salme dei caduti del secondo conflitto, rese difficili a causa della notevole dispersione delle sepolture sul territorio polacco e della irreperibilità di parte dei registri delle sepolture iniziali.
  In particolare, le indagini furono effettuate in 239 luoghi di sepoltura dislocati in 17 province (Voivodati) polacche da una delegazione del Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra (onorcaduti), coadiuvata dalla Rappresentanza diplomatica italiana in Polonia, dalla Croce rossa polacca, dalle autorità civili e religiose locali, centrali e periferiche, in un contesto, tra l'altro, di non certo facile apertura alle relazioni internazionali con i Paesi occidentali.
  A conclusione di tale iniziativa, furono rinvenute le spoglie di oltre 1.670 caduti italiani della 2a guerra mondiale, di cui:
   135, su richiesta dei familiari, furono rimpatriate nel luogo di origine;
   1.413 furono definitivamente sistemate, a cura di onorcaduti, nel cimitero militare italiano di Varsavia-Bielany;
   20 furono sistemate nel cimitero militare italiano di Breslavia;
   oltre 108 vennero lasciate nei luoghi di prima sepoltura, in quanto irrecuperabili o inumate in fosse comuni.

  In particolare, il cimitero militare italiano di Bielany, costruito nel 1927 appositamente per i caduti italiani della 1a guerra mondiale – vi furono inumati 868 militari, di cui 841 noti e 27 ignoti – custodisce, in maniera costantemente apprezzata dai numerosi visitatori, anche istituzionali, i resti mortali di oltre 2.000 caduti italiani (militari e non) delle due guerre mondiali.
  Le sepolture dei caduti della grande guerra sono individuali e a terra; ciascuna tomba è segnalata da una lapide che riporta grado, cognome e nome, reparto e data di morte del caduto.
  Negli anni dal 1958 al 1959, per attribuire degna e perenne sistemazione monumentale alle spoglie dei militari e dei civili italiani caduti durante l'internamento nei campi di concentramento allestiti dai nazisti in territorio polacco, sono stati realizzati, all'interno del perimetro del Sacrario, altri quattro manufatti sepolcrali (ossari) che accolgono, in cellette, 1.413 resti mortali, di cui 1.239 noti – di cui, 1 non identificato – e 174 ignoti. Tra quelli noti, 106 sono civili morti nei campi di prigionia, tra cui sei donne lavoratrici.
  Due di questi manufatti si trovano ai lati dell'altare posto sul fondo dell'area del sacrario, mentre gli altri due – realizzati sotto il livello del suolo, in ciascuno dei quali vennero sistemate 19 cassette ossario – sono collocati ai lati dell'ingresso.
  Il fatto che i loculi dei due ossari – gli ultimi realizzati in ordine di tempo posti in prossimità dell'ingresso non siano accessibili, ma raggiungibili solo attraverso un vano tecnico, riservato esclusivamente al personale addetto all'ispezione e alla manutenzione, è una circostanza imposta da ineludibili condizionamenti infrastrutturali, ma che, ovviamente, nulla toglie alla cura e al rispetto dovuto ai caduti che sono, infatti, onorati con pari dignità.
  Viene loro assicurata adeguata visibilità e possibilità di essere individuati attraverso le pietre tombali che ne riportano il grado, il nominativo e, per gli ignoti, purtroppo, solo il numero.
  In aderenza alle originarie valutazioni che, a suo tempo, portarono a realizzare le strutture degli ossari, il cimitero militare di Bielany era, ed è tuttora, idoneo a commemorare con pari onore e decoro i caduti italiani, militari e civili, delle due guerre.
  Il complesso architettonico valorizza e rispetta in maniera assolutamente adeguata tutti coloro che, ivi inumati, offrono oggi perpetua testimonianza del sacrificio compiuto e dei valori per i quali hanno offerto la propria vita.
  La manutenzione del sito di Bielany, recintato e di proprietà italiana, è sempre stata curata con la massima attenzione da parte italiana, grazie anche al contributo messo a disposizione da onorcaduti attraverso l'Ambasciata d'Italia a Varsavia; la cura quotidiana è assicurata dal custode che abita in un alloggio contiguo al sito.
  Ai sensi dell'Accordo sulle sepolture di guerra italo-polacco del 30 marzo 2012, dal 1° gennaio 2013 la manutenzione del Cimitero è passata in carico a Varsavia e, allo stesso modo, l'Italia si fa carico di quella dei cimiteri militari polacchi nel nostro Paese.
  Il custode continua, comunque, ad occuparsi della vigilanza, dell'apertura quotidiana del sito e dell'assistenza per visite e traslazioni.
  Negli anni, fra l'altro, si è provveduto a completare lavori di messa in sicurezza e miglioramento dell'accesso all'ossario in questione, con la sostituzione della preesistente apertura in cemento, in pessime condizioni, con una nuova in metallo, con maniglie per consentirne l'apertura, al fine di meglio proteggere dall'acqua il sottostante cunicolo (che è, effettivamente, in terra battuta).
  Anche in ragione delle varie vicissitudini storiche, le sepolture di tali spoglie possono presentarsi tra loro molto diverse, trattandosi spesso di pochi reperti, peraltro, tutti catalogati e registrati dal Commissariato generale in apposita pubblicazione.
  Per quanto riguarda, poi, la presunta mancanza d'informazioni alle famiglie in occasione della campagna di ricerca condotta nell'anno 1958, premesso che negli archivi dell'Ambasciata d'Italia a Varsavia non risultano tracce documentali relative alla traslazione nel 1958 dei resti dei 493 corpi indicati nell'interrogazione in esame, la documentazione, custodita agli atti di onorcaduti, attesta:
   la restituzione ai familiari di oltre 130 caduti, contestualmente alle esumazioni effettuate presso i vari campi di prigionia;
   la necessità d'individuare un termine di accoglimento delle istanze delle famiglie per procedere alla definitiva sistemazione delle spoglie dei loro cari;

   i contatti, anche in epoche successive, con l'Associazione nazionale ex internati, la quale teneva e tiene i contatti con le famiglie.

  Da tale documentazione si evince, dunque, che le famiglie furono informate – ovviamente, con i mezzi di divulgazione all'epoca disponibili – consentendo loro di scegliere la definitiva collocazione del proprio congiunto.
  L'attuale assetto infrastrutturale del cimitero militare di Bielany mette in risalto, di fatto, come l'architettura del manufatto abbia, nel tempo, subito condizionamenti per rispondere all'esigenza di accogliere tutti i caduti italiani in terra polacca, dando loro, indistintamente, adeguata e dignitosa sepoltura, mantenendo inalterati, nel contempo, sia la sacralità del luogo che il carattere commemorativo dell'opera.
  Aggiungo, ancora, che numerose personalità italiane si sono recate, in varie occasioni, in visita al cimitero, dove si svolge l'annuale commemorazione in occasione della festa delle nostre Forze armate (4 novembre), alla quale partecipano anche rappresentanti delle Forze armate polacche e della comunità italiana in Polonia.
  Non sono mai risultate, peraltro, rimostranze sulla conservazione dello stesso, ivi compresi i loculi cui fa riferimento l'interrogante.
  Vorrei precisare, in ultimo, che l'espressione «campi di concentramento polacchi», quale figura nel testo dell'interrogazione, è impropria, trattandosi, invero, di campi di concentramento tedeschi in territorio polacco, come non mancano costantemente di rilevare le autorità di Varsavia.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   VELO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 entrato in vigore il 3 giugno 2013, dispone delle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in materia di veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalità;
   nel corso degli anni il comparto dell'autotrasporto aveva sollecitato più volte la necessità di rendere le procedure più armoniche con le esigenze operative della categoria individuando le possibili soluzioni per una migliore utilizzazione del parco veicolare esistente;
   al contrario, con l'entrata in vigore del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 non sarà più possibile conseguire l'autorizzazione periodica per il parco veicolare esistente che, a causa delle particolari caratteristiche tecniche di gran parte dei veicoli in disponibilità alle imprese, si troverà nella situazione di non idoneità al trasporto;
   infatti, le imprese di trasporti eccezionali da oltre venti anni, sono andate avanti in una paradossale situazione di fatto, poiché ante decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 l'autorizzazione periodica per i suddetti veicoli, era già preclusa; tuttavia veniva di fatto concessa per i suddetti veicoli secondo una prassi consolidata in contrasto con la disciplina vigente;
   con la modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 in particolare ai trattori-motrici eccezionali per massa verrebbe preclusa non solo la possibilità di conseguire l'autorizzazione periodica ma anche la «singola» e la «multipla» escludendoli dal conseguimento di qualsiasi tipo di autorizzazione e rendendoli completamente inutilizzabili, con un danno economico ingentissimo per le aziende che operano nel settore del trasporto eccezionale;
   le aziende che operano nel settore dei trasporti eccezionali utilizzano circa seimila mezzi, la mancanza del rinnovo delle autorizzazioni mette a repentaglio la sopravvivenza delle centinaia di aziende con la conseguente perdita del lavoro per i settemila addetti;
   gli operatori sono spesso gravati da investimenti programmati e sostenuti con mutui onerosi, leasing o finanziamenti che in questo specifico momento di recessione, non consentono di cambiare tutto il proprio parco veicolare e, nel contempo, il completo deprezzamento dell'usato degli stessi mezzi rischia di dissipare totalmente il capitale aziendale di molte realtà –:
   se il Ministro ritenga di assumere iniziative per l'introduzione di una norma transitoria che preveda la possibilità di continuare a rilasciare le autorizzazioni periodiche per i veicoli che le avevano conseguite in precedenza, pur superando i limiti di massa di cui all'articolo 62 del Codice della strada (eccezionali per massa), al fine di consentire alle imprese del settore una graduale e sostenibile sostituzione del parco veicolare, salvaguardando la possibilità che i veicoli eccezionali per massa possano continuare a conseguire autorizzazioni «singole» e «multiple». (4-01533)

  Risposta. — L'interrogante, considerate le recenti modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 12 febbraio 2013, in materia di veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalità, chiede se possa essere prevista una norma transitoria che consenta il rilascio di autorizzazioni periodiche, per sole ecce-denze rispetto ai limiti dimensionali stabiliti dall'articolo 61 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Codice della strada), a veicoli omologati con masse eccedenti i limiti stabiliti dall'articolo 62 del medesimo Codice.
  Si fa presente che tale vincolo esisteva anche prima delle modifiche operate dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013.
  Ad ogni modo, si informa che il dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad emanare apposita direttiva, n. 3911/RU del 1° luglio 2013, concernente prime istruzioni operative e linee guida per l'uniforme applicazione dell'indicato decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013.
  Tale direttiva ha chiarito che la nuova disciplina si applica per tutte le autorizzazioni rilasciate a partire dal 3 giugno 2013.
  La medesima ha altresì precisato che le autorizzazioni rilasciate prima di tale data restano valide fino alla naturale scadenza, ovvero fino alla prima richiesta di modifica, integrazione, proroga o rinnovo («premessa», pagina 3, ultimo periodo).
  Infine, detta direttiva ha precisato che i veicoli omologati con masse eccedenti i limiti stabiliti dall'articolo 62 del Codice della strada possono tuttavia conseguire autorizzazioni multiple o singole in caso di eccedenze rispetto ai soli limiti dimensionali stabiliti dall'articolo 61 del Codice della strada (pagina 10, primo periodo e paragrafo 3.1).
  In estrema sintesi, resta impregiudicata la facoltà di conseguire autorizzazioni multiple e singole per trasporti eccezionali per sole dimensioni da effettuarsi con veicoli eccezionali per massa, come peraltro già previsto dall'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada).
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   VENITTELLI e LEVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato per la programmazione economica – CIPE con deliberazione n. 62 del 3 agosto 2011, relativa all'individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud, alla tavola 9 – piano nazionale per il Sud, assegna, in particolare alla regione Molise, 40,3 milioni di euro per i danni alluvionali e da eventi atmosferici, nonché 346 milioni di euro per il sisma del 2002;
   con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 79788 del 2012, in sede di ripartizione del fondo per lo sviluppo e la coesione, una parte delle suddette risorse sono state trasferite sul capitolo 8396 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico nella misura di euro 30.920.000 in conto competenza e nella misura di euro 20.000.000 quali autorizzazioni di cassa;
   allo stato attuale nessuna di tali risorse risulta ancora trasferita alla regione Molise –:
   quali siano i tempi previsti per il trasferimento alla Regione Molise delle risorse considerate in premessa per tali interventi, e tanto alla luce della necessità del rilancio del sistema economico della regione, nonché per l'urgenza di porre fine allo stato di disagio abitativo delle popolazioni dell'area del cratere del sisma del 2002. (4-00142)

  Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame rappresentando quanto segue.
  Gli interroganti chiedono di conoscere quali siano i tempi previsti per il trasferimento alla regione Molise delle risorse assegnate dalla delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011, specificatamente: 40,3 milioni di euro per i danni alluvionali e da eventi atmosferici, nonché 346 milioni di euro per il sisma del 2002.
  Sul punto, si fa presente che è intervenuto un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 79788 del 2012, di trasferimento di una parte delle suddette risorse nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico – nella misura di euro 30.920.000, in conto competenza, e di euro 20.000.000, quale autorizzazione di cassa – , che, secondo quanto riferiscono gli interroganti, sarebbe rimasto senza esito.
  Al riguardo si segnala quanto segue.
  A seguito del citato decreto di variazione, adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 12 novembre 2012 (successivamente registrato dalla Corte dei Conti), in data 30 novembre 2012 la direzione generale per la politica regionale unitaria del Ministero dello sviluppo economico, ha emesso un ordinativo di pagamento a favore della regione Molise per l'intero suddetto importo di euro 30.920.000,00, sia in termini di competenza che in termini di cassa, avendo, per la differenza di cassa, utilizzato una variazione compensativa di integrazione della suddetta assegnazione.
  Tale ordinativo è stato validato dal'ufficio centrale di bilancio in data 19 dicembre 2012 e, quindi, pagato dalla Banca d'Italia alla regione Molise in data 20 dicembre 2012; di ciò, è stata data, altresì, comunicazione alla Regione Molise con nota della citata direzione n. 749 del 18 gennaio 2013.
  Per completezza, si precisa che l'importo trasferito corrisponde alla prima anticipazione dell'8 per cento delle complessive risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione in questione.
Il Ministro dello sviluppo economicoFlavio Zanonato.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7 comma 31-ter del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto la soppressione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, istituita dall'articolo 102 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ed ha previsto che il Ministero dell'interno succedesse a titolo universale alla predetta Agenzia con conseguente trasferimento al medesimo Ministero delle relative risorse strumentali e di personale ivi in servizio, comprensive del fondo di cassa;
   nell'ottica di continuità amministrativa del servizio, con decreto ministeriale del 31 luglio 2010, è stata istituita una unità di missione incaricata, tra l'altro, di svolgere le attività dei soppressi organi dell'agenzia fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione previsto dal citato decreto-legge;
   precedentemente, la soppressa agenzia aveva bandito, con avvisi pubblicati sulle Gazzette Ufficiali n. 19 del 6 marzo 2007, n. 23 del 21 marzo 2008 e n. 86 del 6 novembre 2009, tre diversi concorsi denominati, rispettivamente, Coa III, Coa IV e Coa V;
   secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 524 della legge finanziaria 2007, il corso-concorso per l'accesso in carriera di segretari comunali e provinciali ha una durata di nove mesi ed è seguito da un tirocinio pratico di tre mesi presso uno o più comuni;
   per quanto riguarda il concorso Coa III, si è definitivamente concluso con l'approvazione, in data 16 dicembre 2010, della relativa graduatoria da parte della scuola superiore per la formazione e la specializzazione di dirigenti della pubblica amministrazione locale (Sspal);
   con decreto del presidente dell'unità di missione del 12 novembre 2010, è stata richiesta l'autorizzazione all'assunzione, in ossequio alle disposizioni di cui alla circolare del dipartimento della funzione pubblica del 18 ottobre 2010;
   con riferimento al Coa IV, tutti i candidati hanno sostenuto le prove orali del concorso ed è stata formata la graduatoria per l'accesso al corso;
   in relazione al concorso Coa V, il consiglio nazionale di amministrazione lo ha bandito con propria deliberazione n. 139 del 10 ottobre 2009 (260 borse di studio al fine di iscrivere 200 segretari comunali). Con successiva deliberazione n. 185 del 23 dicembre 2009, è stata nominata la commissione di concorso e sono pervenute 18.136 domande di partecipazione;
   nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2010, si sono tenute le prove preselettive e nella Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 2010 è stata pubblicata la graduatoria degli ammessi alle prove scritte che si sono tenute il 22, 23 e 24 marzo 2011;
   a distanza di due anni dallo svolgimento delle predette prove scritte, ad oggi, nessuna ulteriore informazione è data sapere circa l'esito delle stesse, né quando si svolgeranno le prove orali;
   la procedura concorsuale in questione riguarda ben 750 candidati e risulterebbe all'interrogante che, nonostante alcuni di essi stiano tentando da tempo di mettersi in contatto con le strutture competenti, nessuna risposta venga data loro e nessuna comunicazione ufficiale risulta pubblicata o diffusa dopo lo svolgimento delle prove scritte –:
   quali informazioni possa riferire in ordine agli esiti delle prove scritte del Coa V che si sono tenute il 22, 23 e 24 marzo 2011 e quando preveda che le procedure concorsuali del medesimo Coa V siano portate interamente a conclusione.
(4-00236)

  Risposta. — In merito alla procedura di svolgimento del corso concorso di accesso per segretari comunali e provinciali, denominato COA 5, si precisa quanto segue.
  Il corso concorso è stato bandito dal Consiglio nazionale di amministrazione con deliberazione n. 139, del 1° ottobre 2009. Successivamente, la legge del 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del decreto-legge n. 78, del 31 maggio 2010 ha previsto la soppressione dell'Agenzia autonoma per la gestione dei segretari comunali e provinciali e la successione a titolo universale del Ministero dell'interno.
  Con decreto del Ministro dell'interno del 31 luglio 2010, registrato alla Corte dei Conti in data 3 agosto 2010, è stata istituita, nell'ambito del Gabinetto del Ministro, un'unità di missione, al fine di garantire la continuità dell'attività dell'Agenzia fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione.
  Stante le procedure concorsuali in itinere, su parere reso in data 15 settembre 2010 dal dipartimento della Funzione Pubblica in merito alla suddetta procedura concorsuale, si è ritenuto di dar seguito al concorso nel rispetto del principio di conservazione degli atti amministrativi e dei criteri di economicità dell'azione amministrativa.
  In data 1, 2 e 3 dicembre 2010 si sono svolte, pertanto, le prove preselettive e, in data 10 dicembre 2010, è stato pubblicato l'elenco dei candidati ammessi a sostenere le prove scritte, che hanno avuto luogo nei giorni 22, 23 e 24 marzo 2011. Nel mese di aprile, la Commissione esaminatrice ha avviato la correzione degli elaborati.
  Con decreti del Presidente dell'unità di missione n. 14611, del 16 marzo 2011, n. 14570, del 16 marzo 2011, e n. 25403, del 17 maggio 2011, sono stati sostituiti alcuni componenti della Commissione, dimessisi dall'incarico.
  Nominati, in data 30 maggio 2013, quattro componenti supplenti, la Commissione di concorso è ora in grado di proseguire nella correzione degli scritti in modo da terminare, entro l'anno, la procedura concorsuale.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro per i beni e le attività culturali, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane il colle su cui si erge la Rocca di Monselice, in provincia di Padova, è stato soggetto a ripetuti fenomeni di dissesto idrogeologico, con diversi episodi franosi. In particolare tra il 24 e il 25 marzo 2013, diverse frane hanno infatti interessato il territorio del comune di Monselice, ed in particolare la zona del Colle della Rocca, costringendo intere famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni;
   la zona ha urgente bisogno di lavori di consolidamento, per tutelare i cittadini e un patrimonio artistico di valore inestimabile;
   nel Colle della Rocca sono concentrate numerose bellezze architettoniche tra le quali Il castello, il Duomo vecchio, le sette chiesette, Villa Duodo, il mastio, Villa Emo, Villa paradisi, Villa nani, e altro;
   peraltro, la via delle Sette Chiesette di Monselice costituisce un particolarissimo percorso votivo, scandito da sei cappelle e una chiesetta, intitolate come le corrispondenti basiliche romane, alle quali Papa Paolo V nel 1605 concesse il privilegio dell'indulgenza plenaria per i pellegrini che avessero visitato il Santuario;
   il suddetto percorso, è peraltro considerato, dopo il Canal Grande di Venezia, la seconda più bella passeggiata del Veneto;
   il Colle è proprietà della regione Veneto (a seguito della donazione del Conte Cini). La società di gestione beni La Rocca è composta da regione provincia e comune di Monselice che detengono ciascuno 1/3 delle quote;
   l'area si trova all'interno del perimetro del parco regionale dei Colli Euganei ed è sottoposta a numerosi vincoli di tipo paesaggistico, ambientali, architettonici, anche da parte della soprintendenza regionale;
   i ripetuti gravi fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano da troppo tempo questa preziosa area sono soprattutto conseguenza dell'incuria e della scarsa attenzione che da anni caratterizza secondo l'interrogante l'atteggiamento della regione, malgrado allarmi e segnalazioni dei vari movimenti franosi in atto;
   qualche anno fa si sfiorò la tragedia quando un grosso masso si staccò dalla parete di cava rotolando vicino al container del custode del parcheggio. Nello stesso periodo a seguito del crollo di un pezzo di parete sul lato nord, le famiglie residenti si sono viste raggiungere i cortili da massi imponenti. Nel frattempo sono crollati altri pezzi di parete, mura di cinta, pezzi di mura storiche con grave danno per il patrimonio del Colle e gravi rischi per i residenti;
   in questi anni nessun serio intervento di prevenzione e di messa in sicurezza del territorio è stato fatto;
   peraltro, nel recente passato, si è proceduto all'approvazione di opere e progetti che hanno provocato un vero e proprio sommovimento che oltre alla cittadinanza ha visto per protagoniste le associazioni di tutela ambientale e architettonica;
   a fronte di questa emergenza, l'azione della regione Veneto appare all'interrogante tardiva e superficiale e il patrimonio ambientale, architettonico e artistico è messo in serio pericolo –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di garantire i necessari urgenti interventi di messa in sicurezza del territorio indicato in premessa, e la sua salvaguardia, stante l'enorme valore storico, architettonico e artistico unico nel suo genere, quale quello del Colle della Rocca, e che, proprio per la sua valenza nazionale, non può non vedere un impegno diretto da parte del Governo. (4-00173)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di garantire i necessari urgenti interventi di messa in sicurezza del territorio in Provincia di Padova su cui si erge la Rocca di Monselice e la sua salvaguardia, stante l'enorme valore storico, architettonico e artistico unico nel suo genere che proprio per la sua valenza nazionale non può non vedere un impegno diretto da parte del Governo, si comunica quanto segue.
  Il Colle della Rocca di Monselice sorge lungo il versante meridionale del gruppo collinare euganeo, a ridosso della cittadina di Monselice. Alla luce della posizione poco accessibile il colle ha rappresentato in epoca medievale un luogo strategico di controllo del territorio e ancora oggi l'area sommitale conserva i resti di antiche fortificazioni tra cui l'imponente roccaforte del Mastio federiciano. A sud del Colle insiste il complesso architettonico seicentesco di Villa Duodo, con il percorso processionale detto delle «Sette Chiesette».
  Il Colle, di proprietà regionale, risulta sottoposto a tutela paesaggistica ai sensi del codice per i beni culturali e paesaggistici, in particolare dell'articolo 142, lettera f), in quanto territorio del parco regionale dei Colli euganei, e dell'articolo 136, quale area di notevole interesse pubblico. La parte sud-est del Colle è sottoposta, inoltre, a tutela ai sensi dell'articolo 12 del medesimo codice, per effetto del Decreto ministeriale del 16 marzo 1964 che indica quali beni siano di interesse culturale (la salita processionale delle Sette chiesette, il Complesso di Villa Duodo, la scalinata del Belvedere, il Mastio federiciano con i resti delle cinta muraria medievale).
  Nel corso degli anni la naturale conformazione del monte è stata in parte modificata da un'attività estrattiva di materiale trachitico, oggi abbandonata. Tale attività ha comportato la demolizione, nel passato, di una parte della cinta muraria medievale e la formazione di fronti rocciosi poco stabili, oggetto negli anni di alcuni interventi di consolidamento da parte de genio civile della regione Veneto.
  Con le forti e perduranti precipitazioni piovose avvenute in Veneto tra il marzo e l'aprile di quest'anno, in particolare nel territorio della Bassa Padovana, sul Colle di Monselice si sono verificati alcuni eventi franosi a seguito dei quali sono stati registrati il crollo di alcuni manufatti recenti, il distacco di alcuni massi trachitici e frane di terreno dilavato dalla pioggia.
  Un primo crollo, avvenuto nella zona a nord del Colle in prossimità della cava abbandonata, ha interessato un tratto di muro recente fatto in mattoni di cemento, posto in continuità alla recinzione storica di un convento che non risulta, però, danneggiata.
  I sopralluoghi congiunti effettuati dalla Protezione civile, dai tecnici comunali e dai Vigili del fuoco, non hanno riscontrato danni evidenti ai beni culturali che insistono sul colle, in particolare a Villa Duodo, alle Chiesette processionali, al Mastio e ai resti della Cinta Muraria medievale.
  Cessata l'emergenza, tuttavia, la competente soprintendenza effettuerà gli ulteriori necessari accertamenti sullo stato di fatto dei beni architettonici e delle aree contigue, al fine di individuare i rischi connessi agli eventi franosi e per valutare la necessità di un monitoraggio strumentale e di misure cautelari di messa in sicurezza degli immobili, nonché degli interventi di ingegneria naturalistica, con terre armate e opere di contenimento dei pendii, per la protezione dei beni architettonici presenti sul Colle della Rocca.
  In riferimento agli smottamenti citati nell'interrogazione riguardanti i comuni di Torreglia, Teolo e Cinto Euganeo, agli uffici di questa amministrazione non sono stati segnalati danni ai beni culturali.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismoMassimo Bray.