Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 5 agosto 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'irisbus è un'azienda controllata al 100 per cento da Iveco, e quindi dal gruppo Fiat industrial, ed è nata nel 1999 con la fusione della divisione autobus di Renault con la divisione autobus europea dell'Iveco e con l'acquisizione di Ikarus-Bus;
    dal 2001 la società è interamente controllata dal gruppo Fiat Iveco ed è divenuta il secondo produttore mondiale di autobus, costruendo autobus di linea e da turismo e filobus di nuova concezione;
    il 14 settembre 2011 la Fiat ha reso nota la sua decisione di avviare le procedure per la cessazione dell'attività dello stabilimento Irisbus di Valle Ufita (Avellino);
    lo stabilimento Irisbus di Valle Ufita è l'unico presente in Italia, ed è l'unico chiuso da Fiat, che invece continua regolarmente la produzione negli analoghi siti industriali stranieri;
    l'azienda ha comunicato che la sua decisione è dovuta alle conseguenze della crisi economica che hanno causato la diminuzione della capacità produttiva dello stabilimento campano, passata dai 717 veicoli del 2006 ai 145 — di cui meno di 100 urbani — dei primi sei mesi del 2011;
    la crisi di Irisbus è gravissima per il territorio campano dove si colloca lo stabilimento oggetto della decisione della Fiat nel quale erano impiegati 700 lavoratori, senza contare le aziende dell'indotto;
    attualmente circa 400 sono i lavoratori dell'Irisbus in cassa integrazione fino al dicembre 2013, mentre circa 200 sono stati ricollocati in altre aziende del gruppo Fiat, o, purtroppo, sono finiti nella triste categoria degli «esodati»;
    nella scorsa legislatura il Parlamento si è occupato dell'argomento con numerosi atti di sindacato ispettivo, presentati da tutti i gruppi parlamentari, per sollecitare i Governi ad intervenire per affrontare la crisi, ma nonostante le rassicurazioni la questione appare ancora lontana da una soluzione soddisfacente;
    appare evidente che la scelta dell'azienda infligge un duro colpo all'intero settore della produzione di autobus urbani, dato che l'Irisbus era l'unica fabbrica italiana produttrice di autobus, e costituiva uno snodo importante per lo sviluppo industriale e produttivo di un territorio, quale quello campano, provato duramente dalla crisi economica in atto da tempo, oltre che dai decenni di arretratezza economica e di mancata crescita;
    la chiusura dello stabilimento di Valle Ufita rappresenta, inoltre, l'ennesimo duro colpo al fondamentale settore del trasporto pubblico locale, già penalizzato dai tagli che i Governi hanno effettuato nel settore stesso dal 2010 in avanti;
    questi tagli vengono valutati pari ad oltre un miliardo e mezzo di euro l'anno ed hanno comportato «evitabili costi sul piano dell'efficienza oltre a riduzioni pesanti dei servizi minimi garantiti;
    la crisi di Irisbus e quella di BredaMenariniBus, di proprietà di Finmeccanica, sono gli ultimi segnali di una evidente incapacità della disciplina del trasporto pubblico locale che non si è mostrata in grado di garantire un efficace servizio nel settore, tanto da spingere le regioni a chiedere al Governo di attivare un tavolo specifico dedicato al settore;
    appare, inoltre, evidente la necessità di una vera politica industriale, che non evochi il vecchio dirigismo, ma che sia in grado di affrontare con lungimiranza strumenti validi per risolvere non solo la vicenda Irisbus, ma la difficile situazione della Campania e del Mezzogiorno;
    infatti, tante sono le grandi e piccole aziende meridionali che stanno attraversando un'acuta fase di crisi. Irisbus e particolarmente importante perché sola produttrice di autobus nel nostro Paese;
    la sua chiusura ha come conseguenza diretta quella di rendere ancora più difficile la situazione dei trasporti pubblici locali. È noto, infatti, che il parco mezzi è ormai vetusto e necessita di cambiamento, sia per motivi di sostenibilità ambientale sia per motivi di sicurezza;
    è vero che il tragico incidente avvenuto a Monteforte riguarda un autobus extraurbano ma appare evidente che l'usura dei mezzi, e l'impossibilità di sostituirli prontamente, mette a rischio gli utenti e gli autisti costretti a viaggiare su mezzi vecchi, insicuri ed inquinanti;
    non è certo una soluzione quella di delocalizzare le imprese, e men che meno quella di acquistare all'estero gli autobus che lo stabilimento italiano produceva;
    occorre, invece, valorizzare la qualità di aziende come l'Irisbus di Valle Ufita, garantendo lavoro e sicurezza alle famiglie che da questo stabilimento dipendono;
    il 1° agosto 2013 il Governo ha incontrato azienda e sindacati per trovare una soluzione. Appare certo positiva la proroga della cassa integrazione in deroga dal gennaio 2014 e fa ben sperare la promessa del Governo di aprire un tavolo tecnico che affronti il tema del trasporto pubblico in modo globale;
    positivo sembra anche l'impegno del Governo di redigere assieme alla regione Campania, un accordo di programma che riqualifichi l'area di Valle Ufita, individuando i modi di salvaguardia dei livelli occupazionali,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'azione intrapresa per favorire la soluzione della crisi dell'Irisbus in modo da conservare per quanto possibile, l'azienda irpina nella sua vocazione di produttrice di autobus, grazie alla sua struttura produttiva all'avanguardia;
   a prevedere, pur nei limiti di bilancio noti, un piano nazionale di finanziamento del settore dei trasporti volto ad incentivare l'ammodernamento del parco vetture circolanti, con evidente beneficio per i cittadini e per le aziende produttrici;
   ad assumere, per quanto di competenza, tutte le iniziative necessarie per garantire un sistema di mobilità sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale.
(1-00163) «Formisano, Tabacci, Lo Monte, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    l'industria manifatturiera rappresenta il comparto economico più esposto alla concorrenza internazionale già da lungo tempo. Ciò trova causa nelle caratteristiche tecniche delle varie industrie, nelle quali non vi sono situazioni di monopolio naturale, e comunque nei processi di liberalizzazione del commercio dei beni avvenuti, in sede comunitaria, fin dal 1957 e sostanzialmente progrediti negli anni Settanta e Ottanta e, in sede internazionale, con gli accordi GATT del 1947 e l'istituzione dell'OMC del 1994;
    la progressiva riduzione dei dazi e delle altre restrizioni tecniche agli scambi ha determinato il contesto istituzionale adatto perché si potesse realizzare il libero gioco dei mercati internazionali nel selezionare i produttori più efficienti in grado di offrire i prodotti migliori e più economici;
    la ragione di un simile contesto istituzionale poggia sul processo di specializzazione e divisione internazionale del lavoro e lo favorisce contribuendo ad adeguarlo nel tempo. Di qui i vantaggi comparati nel commercio internazionale per ciascuno dei Paesi che partecipano a tali organizzazioni e la storia economica contemporanea ha dimostrato la verità di queste affermazioni: il benessere misurato in termini di crescita del PIL dei Paesi che aderiscono alle organizzazioni di libero scambio nel mondo e in particolare alla UE è andato sempre crescendo, almeno fino ad oggi;
    l'attuale crisi non dovrebbe rimettere in discussione i risultati raggiunti negli ultimi cinquantanni;
    il processo di divisione internazionale del lavoro, alimentato dall'operare della concorrenza nel quadro del commercio internazionale, ha consentito nel nostro Paese la selezione di comparti industriali vitali e duraturi nei quali si sono affermate come protagoniste principali le piccole e medie imprese che hanno trovato nei distretti industriali un luogo di sviluppo particolarmente favorevole;
    accanto a queste sussistono, e non vanno trascurate, realtà imprenditoriali anche di grandi dimensioni operanti come player di rilievo mondiale nei settori meccanici, aeronautici, dei sistemi spaziali e satellitari, delle apparecchiature militari, nell'ottica, nell'alimentare, nelle costruzioni e nella moda;
    in ogni caso, il modello delle piccole e medie imprese che esportano ha rappresentato, e rappresenta tuttora, un pilastro, stabile nel tempo, dell'organizzazione industriale del Paese, sia in termini di numero di addetti che in termini di contributo al PIL e capacità di creazione di valore aggiunto;
    l'affermazione, a partire dalla fine degli anni cinquanta di questo modello industriale fondato sulle esportazioni fu dovuta non solo all'esistenza di radicate tradizioni di eccellenza in alcuni settori (tessile, ceramica, arredamento, scarpe e pellami, moda, meccanica di precisione), ma anche a precise scelte di politica economica orientate a fornire quantomeno un quadro infrastrutturale idoneo a consentire lo sviluppo di simili attività;
    successivamente, si sono però cominciati a manifestare i segni di una sofferenza specifica di tali settori da ricondurre, in una prima fase, non tanto alla pressione concorrenziale esterna, ma essenzialmente a inefficienze del sistema economico interno;
    si pensi ai costi dell'energia che queste imprese hanno dovuto sopportare, nel corso del tempo, comparativamente maggiori di quelli pagati dai loro concorrenti specie comunitari; si pensi ai costi indotti dal sistema burocratico sempre più farraginoso; ai costi imposti dal sistema fiscale, non solo in termini di carico complessivo in senso stretto, ma anche di gestione dei rapporti amministrativi con il fisco; si pensi, ancora, al progressivo deterioramento della dotazione infrastrutturale del Paese (vie e mezzi di trasporto, logistica in generale); si consideri l'assenza di reti di collegamento tra la formazione professionale, la ricerca e le imprese, tanto più necessarie proprio perché le imprese del settore possono non raggiungere quella massa critica per esperire da sole attività di questo tipo; infine, si consideri l'insieme delle politiche industriali degli anni Settanta e Ottanta sostanzialmente a sostegno delle grandi imprese;
    l'insieme di questi fattori ha causato evidenti svantaggi competitivi alle nostre imprese del settore. Inoltre, questi impedimenti hanno assunto ormai carattere strutturale e, nella crisi, aumentano il proprio peso e ad essi si è aggiunto il problema dell'accesso al credito;
    per un certo periodo, gli svantaggi competitivi sono stati in parte compensati dalle periodiche svalutazioni della lira;
    da quando, però, non è stato più possibile ricorrere a questo strumento, a causa del progredire dell'integrazione monetaria europea, l'industria manifatturiera italiana non è stata in grado di mantenere il passo e si è assistito ad una lenta ma inesorabile diminuzione della quota delle esportazioni nazionali sui volumi delle esportazioni mondiali;
    a questo esito ha contribuito, da ultimo, l'affermazione sulla scena del commercio internazionale di nuovi agguerriti protagonisti come, ad esempio, l'India e la Cina (quest'ultima entrata formalmente nell'OMC solo nel 2001). Questi Paesi beneficiano di due ordini di vantaggi. Hanno la possibilità di applicare alle merci importate tariffe doganali comparativamente più alte di quelle che possono essere imposte sulle merci che essi esportano. Possono contare su costi di produzione inferiori essenzialmente a causa del minor costo del lavoro e, in genere, dei processi produttivi, che spesso non soggiacciono al rispetto dei medesimi standard di tutela ambientale e della salute che invece sono imposti alle imprese comunitarie;
    tra gennaio ed aprile 2013 sono 4.218 le aziende in Italia che hanno chiuso a causa della crisi. Ben 58 di queste aziende hanno dichiarato fallimento proprio nella data dell'8 aprile. Si tratta del 13 per cento in più di aziende chiuse nello stesso periodo del 2012, dopo che l'anno appena passato ha segnato il triste record di fallimento di 34 aziende al giorno, cioè 1000 al mese, per un totale di 12.442 imprese che si sono arrese alla crisi;
    nel 2013 si è, quindi, passati da 34 aziende chiuse al giorno alla media di 43 imprese al giorno che dichiarano fallimento;
    le 4.218 aziende fallite di gennaio-aprile 2013 vanno ad aggiungersi ai 45.280 fallimenti registrati fra 2009 e 2012;
    tali cifre dipingono un quadro ancora più fosco se si pensa che nel 2007 è intervenuta una riforma della legge fallimentare che ha escluso dall'ambito di applicazione le imprese più piccole, ma il risultato, nonostante il crollo iniziale dei numeri, è stato quello di tornare ai livelli precedenti al 2007;
    l'industria soffre, dunque, in qualunque settore di ogni regione italiana;
    la Lombardia, il Veneto, il Lazio e la Campania nel 2012 sono le regioni con il numero più alto di società fallite tra il 2009 ed il 2012 secondo i dati Cerved, ma le regioni più sofferenti, se si tiene conto del rapporto tra le società fallite e quelle con bilanci in attivo, sono il Friuli Venezia Giulia e le Marche. E il trend di fallimenti sembra peggiorare nel 2013;
    la classifica stilata dal Sole 24 Ore del numero di fallimenti regione per regione dal 2009 al 2012 (Dati Cerved Group) indica 2.817 imprese fallite in Lombardia (in aumento nel 2012), 1342 imprese nel Lazio (in aumento nel 2012), 1076 imprese in Veneto (in calo nel 2012), 1014 imprese in Campania (in calo nel 2012), 952 imprese in Piemonte (in aumento nel 2012), 866 imprese in Toscana (in calo nel 2012) 856 imprese in Emilia Romagna (in calo nel 2012), 648 imprese in Sicilia (in aumento nel 2012), 573 imprese in Puglia (in calo nel 2012), 434 imprese nelle Marche (in aumento nel 2012), 307 imprese in Abruzzo (in aumento nel 2012), 307 imprese in Abruzzo (in aumento nel 2012), 289 imprese in Calabria (in aumento nel 2012), 266 imprese in Liguria (in aumento nel 2012), 265 imprese in Friuli Venezia Giulia (in aumento nel 2012), 260 imprese in Sardegna (in aumento nel 2012), 222 imprese in Umbria (in aumento nel 2012), 144 imprese in Trentino Alto Adige (in aumento nel 2012), 52 imprese in Basilicata (in calo nel 2012), 44 imprese in Molise (in calo nel 2012), 15 imprese in Valle d'Aosta (in aumento nel 2012);
    secondo la classifica stilata da dati Cerved group, le 10 province con il più alto numero di fallimenti sono Milano (4.378), Roma (3.622), Napoli (2.081), Torino (1.932), Brescia (1200), Bergamo (1.039), Bari (1.036), Treviso (995), Firenze (941) e Padova (829). Mentre le province con la più alta incidenza di fallimenti risultano essere Pordenone (5.9 per cento), Teramo (5.3 per cento), Ancona (4.9 per cento), Vibo Valentia (4.8 per cento), Verbano (4,5 per cento), Mantova (4.5 per cento), Rovigo (4.4 per cento), Catanzaro (4.3 per cento), Crotone (4.2 per cento), Udine (4.2 per cento);
    numerosissime, inoltre, le aziende in crisi operanti nel settore manifatturiero in Italia. Nel Nord-Italia, in Lombardia ad esempio: la Schneider di Guardamiglio, la Giannoni di Santangelo Lodigiano, la MAC, la Bessel, la E.R.C, la Bettini, la Bonaiti, l'azienda Eicasting, la RSI, la V.M.C, la Riva Acciao, l'Algat, l'Alko Kober, la Beco, la Camusso Tubi, la Castelli Pietro, la Defremm, la Helman, la Lucchini, la M.D.S., la Faip, la Koch, la Manni Sipre, la Carlo Colombo, la Faital, la S.I.B., la CAME, la Doppio Vetro, la ATP, la Coven, la Autorotor, la Stiliac, la Veryflon, l'azienda Anghinetti, la VA.RE.L, la LTE Solution, l'ORT Italia (settore metalmeccanico), la Brandt Italia (settore elettrodomestico), l'Alnor (profilati in alluminio), Rubinetterie Flero-Teorema (rubinetterie), Consorzio Agrario, ex Polenghi ora Newalat, Spumador, Cantine Soldo, Azienda Agricola Lombarda, Caseificio Meneghini (settore agroalimentare), Coop. Serramenti Dolcini di Codogno (serramenti), Zucchi, Dresser Cubo gas, Dresser misuratori, valt logistic, techinick, alexia, Altex, Calzificio il Gabbiano, Tintoria Europea, Tintoria Sonia (settore tessile), Scarne Mastaf, CF Gomma, Fapes, Bienne, Dinoplast, Taba, Luben Plast, Fb Tecnopolymeri (settore della gomma-Plastica), Invatec, Dott, Tamoil, Coim, Solchim, Abibes (chimica), Sedileexport (legno), Monier, Fornaci Laterizi Danesi (laterizi) Nicma, Compass (indotto Iveco), Cabloelettrica, subfornitore della Fiat (elettrica), Brasilia (macchine da caffè), Sea, Riello, Herte, Siderval, ring mill, fic, valtecne (imprese varie). Nel Centro-Italia, e segnatamente in Abruzzo: la Pilkington (settore vetro), Ex Air One Manutenzione di Pescara, ex Micron (Microprocessori) di Avezzano, il Polo elettronico dell'Aquila (nel settore informatico), la Golden lady e la Sixty (nel settore tessile), la Solvay (nel settore chimico), la Real Aromi (produzione di liquori), la Honda (moto), la Cartiera di Chieti (produzione di carta). E, infine, in Campania, come la FOS-Fibre ottiche, la Treofan, l'Alcatel, l'azienda Amato, per non parlare del comparto ceramica, del comparto dell'agroindustriale (Conservieri-Pastifici-Scatolifici e trasformazione prodotti agricoli), del comparto metalmeccanico (Brollo-Landys e Gir-Ideal Standard Fatmel) e, infine, del settore tessile (MCM);
    venendo poi alla Regione Puglia, si segnala come in quattro anni, dal 2009 al 2013, si siano perse, solo in questa Regione, ben 2.360 attività manifatturiere, pari all'11,7 per cento in meno. Ne esistevano 20.146 ed oggi sono solo 17.786, rappresentando il 23,6 per cento circa della totalità delle imprese artigiane (circa 75.376). E questo quanto emerge dalla prima indagine congiunturale sull'artigianato manifatturiero, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia, secondo cui il settore vacilla sotto i colpi della crisi, le aziende chiudono, la produzione è quasi ferma, la domanda interna è scarsa, le esportazioni frenano e l'erogazione del credito è sempre più rarefatta. In particolare, le ditte e le società che si occupano di confezioni di articoli di abbigliamento sono crollate del 27,9 per cento. Prima erano 2.668, oggi sono solo 1.923, con un saldo negativo di 745 unità. Le fabbriche di mobili sono diminuite del 24 per cento (da 915 a 695). Il saldo è negativo di 220 unità. In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi, eccetera), con una prevalenza per le poltrone e i divani. L'industria del legno e dei prodotti in legno e sughero conta 401 attività in meno, pari al 17,3 per cento in meno (da 2.313 a 1.912). Il settore comprende imprese che svolgono attività molto diverse tra loro: si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all'edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi. Segue l'industria tessile che ha perso 110 imprese, con un tasso negativo del 16,9 per cento (da 652 a 542). Le fabbriche di «altri prodotti della lavorazione di minerali» sono diminuite del 9,7 per cento: da 1.276 a 1.152. Ce ne sono 124 in meno. Si contano 329 fabbriche di prodotti in metallo (esclusi i macchinari) in meno rispetto a quattro anni fa (da 3.504 a 3.175). In termini percentuali, il 9,4 in meno. Racchiude, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia. Nello stesso quadriennio (2009-2013), la stampa e riproduzione di supporti registrati scende di 65 unità, pari al 7,6 per cento (da 857 a 792). Le altre industrie manifatturiere si sono contratte, in media, del 6,7 per cento (da 2.003 a 1.869). Questo settore è residuale rispetto ai precedenti e, di conseguenza, è molto variegato: le produzioni più significative sono quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, ceramica, pietre) e della carto-tecnica (stampa e lavorazione della carta e del cartone). Da segnalare anche quelle della produzione di attrezzature mediche e dentistiche, delle lavorazioni di gioielleria e oreficeria, dell'installazione, manutenzione e riparazione di macchinari industriali. Nel complesso, in collusione, gli indicatori congiunturali più rappresentativi dell'artigianato (produzione, ordinativi e fatturato) evidenziano segni negativi, con un netto peggioramento negli ultimi trimestri. Le difficoltà di mercato hanno indotto numerose imprese ad avviare processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore. Negli altri casi, invece, si assiste ad una riduzione dell'attività produttiva in termini di volume della produzione e addetti impiegati. La provincia di Bari, se confrontata con le altre, ha sofferto in modo più intenso gli effetti della recessione. Le imprese manifatturiere del capoluogo regionale, infatti, sono diminuite del 13,9 per cento (da 9.209 a 7.926). Segue Lecce che ha perso 569 attività (-11,2 per cento), Foggia 252 unità (-9,8 per cento), Brindisi 157 aziende (-9,6 per cento) e Taranto 99 società (-6 per cento);
    accanto al preoccupante fenomeno dei fallimenti e delle crisi aziendali che stanno fiaccando il sistema delle imprese italiane, un nuovo fenomeno, per certi aspetti più allarmante, sta emergendo con evidenza: ovverosia il numero in costante crescita delle aziende che scelgono la via della liquidazione volontaria. Un fenomeno entrato con prepotenza dall'autunno scorso nelle analisi del Cerved, il leader nel settore business information, che ha rilevato come nel 2012 le chiusure di aziende con i conti in ordine siano state 45mila con un incremento del 16 per cento sul 2011. Quel che allarma è la progressione costante degli imprenditori che di fatto rinunciano ad andare avanti con la loro attività e gettano la spugna;
    in sostanza ci si trova in presenza di aziende che hanno bilanci in ordine, come per esempio la Cagiva recentemente acquistata dagli austriaci, che non hanno ferite aperte sul fronte dell'eccessivo indebitamento e che ciononostante chiudono per svariati motivi legati alle difficoltà connesse al passaggio generazionale, alla volontà di aprire all'estero, ma anche e sopratutto a ragioni che derivano dalla sfiducia generalizzata degli imprenditori per le prospettive future;
    la debolezza del nostro sistema industriale dipende da molteplici fattori quali gli eccessivi costi dell'energia, un sistema fiscale farraginoso e tendenzialmente spostato sulle imprese e sulle famiglie, un'insufficiente dotazione infrastrutturale con particolare riguardo ai settori del trasporto, della logistica e della banda larga; una burocrazia lenta e ridondante, uno scarso collegamento tra formazione, ricerca e imprese, un costo elevato dei servizi bancari, delle assicurazioni, delle professioni e dei servizi in genere; un mercato del lavoro ancora troppo caratterizzato da un'occupazione scarsamente posizionata nei settori tecnologici e della green economy, nonché infine il permanere di forti squilibri territoriali;
    ciò che impedisce realmente una sensibile ripresa del nostro Paese è per altro dovuta alla limitata incidenza dell'intervento pubblico;
    con riferimento al settore energetico: l'Italia deve stare al passo con gli ambiziosi, obiettivi europei individuati nel pacchetto clima-energia e dato che il Paese soffre di un gap consistente dovuto all'elevato costo dell'energia rispetto ad altri competitori europei, in tale contesto le micro e piccole imprese hanno un ulteriore svantaggio nei confronti delle imprese di più grandi dimensioni. Inoltre, il costo dell'energia è stato segnalato come elemento strutturale di debolezza anche del mercato dei filati e delle calze, laddove in Italia si paga circa il 20-30 per cento in più degli altri concorrenti e rispetto alla Francia quasi il doppio;
    per il rilancio del settore manifatturiero, particolarmente sentito è indubbiamente il tema del credito. Le banche sono, infatti, determinanti per rendere la crisi meno profonda e duratura, ma non si considera ancora raggiunto l'obiettivo di conciliare il necessario equilibrio economico e patrimoniale con il sostegno finanziario alle imprese. I punti più critici sono innanzitutto la quantità di credito che attualmente viene allocata sull'economia reale, soprattutto sulle medie e piccole imprese e anche sulle famiglie, e il costo di tale credito;
    sul versante della fiscalità è stata da più parti sottolineata l'esigenza di misure eccezionali sul piano della riduzione del carico fiscale e contributivo, volte a garantire la sopravvivenza delle piccole e medie imprese;
    con riferimento alle problematiche relative alla effettiva implementazione dei distretti industriali nel nostro Paese, appare quanto mai necessario approvare provvedimenti volti ad agevolare le filiere produttive, in particolare per alcuni comparti, quali ad esempio il tessile-abbigliamento-calzaturiero, che risentono di situazioni di crisi «settoriali» precedenti a quella internazionale iniziata nella seconda metà del 2008;
    per quanto riguarda l'occupazione, il tema centrale è il sostegno al reddito in caso di perdita del lavoro e più in generale l'adozione di un progetto nazionale innovativo per il medio termine, nell'ambito del quale si possano individuare alcune priorità che puntino innanzitutto all'obiettivo primario della stabilità sociale e della valorizzazione della persona nel quadro di un intervento reale per il rilancio del Paese nel contesto europeo e internazionale, di cui la nota vicenda ILVA rappresenta un banco di prova di altissimo profilo, dalla cui risoluzione dipenderà il futuro non solo dell'Italia, ma probabilmente dell'intera costruzione europea di cui l'Italia è parte integrante, con l'annunciato Piano europeo per l'acciaio ed il rilancio del settore manifatturiero;
    l'Italia è, inoltre, un Paese debole sotto il profilo dell'innovazione tecnologica, come emerge da alcune statistiche dell'Unione europea, soprattutto nei settori ad alta e medio-alta tecnologia. Un'ulteriore caratteristica distintiva del nostro mondo dell'innovazione è stata individuata nella debolezza della finanza specializzata per l'innovazione, una carenza di venture capital, per la quale si auspica un ruolo di maggior rilievo;
    dovrebbe essere inoltre sottolineata l'importanza strategica della ricerca e della formazione, per puntare sulla qualità dei prodotti e non sul semplice abbattimento dei costi di produzione, si propone pertanto la valorizzazione della ricerca universitaria, con particolare riferimento al trasferimento tecnologico e ai rapporti pubblico/privato;
    per quanto attiene alle problematiche relative alla semplificazione normativa, deve essere sottolineata la necessità di procedere sulla via della semplificazione normativa e amministrativa, attraverso uno snellimento burocratico effettivo ed efficace, prevedendo una fase finale in cui sia chiara la responsabilità della decisione, anche contro le indicazioni provenienti da altri enti;
    è emerso peraltro, e specie in questo ultimo decennio, il ruolo chiave della chimica per lo sviluppo economico e per il benessere, poiché dalla chimica sono rese disponibili in continuazione sostanze, prodotti, materiali innovativi e nuove soluzioni tecnologiche per tutti i settori economici. L'Italia, come previsto dall'Unione europea, deve promuovere un'industria chimica orientata alla sostenibilità. Per conseguire questo obiettivo, è necessario sostenere sia l'innovazione e la ricerca, che la qualità normativa e una corretta implementazione e applicazione della medesima. La chimica di base vive forti difficoltà, non solo a livello italiano, ma anche europeo. In Italia è stata incrementata la chimica fine, la chimica delle specialità, la chimica di formulazione, fondamentali perché più vicine al mercato. È tuttavia necessario intervenire per eliminare alcuni condizionamenti che pesano sulla chimica italiana per restituire competitività alle imprese attraverso: una politica industriale finalizzata a introdurre normative meno penalizzanti e in linea con quelle europee, la riduzione del costo dell'energia, le infrastrutture e il sostegno alla ricerca e, infine, l'avvio veloce di progetti di ricerca, con l'eliminazione delle barriere normativo-burocratiche che bloccano i programmi delle imprese;
    il settore delle macchine soffre di debolezze strutturali che rendono difficile la sperimentazione di idee coraggiose. È dunque indispensabile operare per rafforzare il sistema fieristico e di promozione all'estero, attraverso il coordinamento delle diverse iniziative, dando vita a un sistema di cooperazione comunitario, che aggreghi imprese costruttrici di beni strumentali, ma anche utilizzatori, centri di ricerca, università, finalizzata alla condivisione della conoscenza già esistente e allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche;
    per quanto infine riguarda l'industria farmaceutica, si ritiene, in primo luogo, necessario incrementare gli investimenti delle imprese internazionali nel nostro Paese, un settore che non delocalizza ma, al contrario, può creare sviluppo,

impegna il Governo:

   1) ad adottare un programma nazionale che punti al rilancio del settore manifatturiero attraverso l'adozione di molteplici iniziative volte a:
    a) realizzare una politica energetica più concorrenziale, in linea con le direttive dell'Unione Europea, fondata sull'efficienza e sul risparmio energetico, sulla diversificazione delle fonti, sulla riduzione dei combustibili fossili, sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, sul potenziamento delle infrastrutture;
    b) riallocare le energie lavorative sui livelli più alti della filiera produttiva e sui livelli più raffinati dal punto di vista tecnologico;
    c) ottenere un effettivo snellimento burocratico, in un contesto caratterizzato da un eccesso di leggi, scarsità o duplicazione dei controlli, sovrapposizione di competenze;
    d) ridurre il carico fiscale e contributivo per liberare risorse da destinare alla produzione e al lavoro;
    e) sostenere concretamente la domanda interna procedendo velocemente alle liberalizzazioni dei settori protetti;
    f) allentare il patto di stabilità interno per rilanciare in particolare il settore dell'edilizia, garantendo al contempo un migliore utilizzo dei fondi strutturali europei;
    g) modernizzare il sistema produttivo con lo sviluppo delle tecnologie ambientali e dei servizi sociali, settori che possono offrire interessanti sbocchi occupazionali;
    h) adottare con urgenza specifiche misure di rilancio della politica industriale, affinché Finmeccanica modifichi la propria strategia industriale attraverso investimenti ed anche con trasferimento di tecnologie dal militare al civile, fermando qualsiasi ipotesi di cessione degli asset civili, a partire da AnsaldoBreda, Ansaldo STS, Ansaldo Energia e BredaMenarini, così da garantire che le scelte della società vadano nella direzione dello sviluppo e del rilancio produttivo dei settori e degli stabilimenti che rappresentano un'importantissima risorsa strategica per il Paese;
    i) adottare con urgenza specifiche misure volte a riqualificare il trasporto pubblico utilizzando Breda Menarmi di IRISBUS, evitandone la chiusura, come polo di sviluppo della mobilità pubblica, nonché a porre in essere ogni atto di competenza volto a far sì che la FIAT condivida e persegua pienamente e chiaramente con l'Esecutivo ed il Paese impegni concreti in Italia in termini di investimenti, prodotti, allocazioni di risorse e tutela dell'occupazione, al fine di non rischiare di perdere come nel caso di Finmeccanica, importanti segmenti di produzione industriale in Italia e italiana;
   ad adottare specifiche iniziative normative volte a:
    a) rivedere la disciplina che prevede l'annullamento dell'imposizione fiscale per le attività che superano la soglia dei duecentomila kilowattora/mese, a discapito delle attività che operano al di sotto di tale soglia;
    b) sostenere la competitività delle imprese nazionali con una politica mirante a una maggiore differenziazione delle fonti energetiche e a ridurre in particolare il differenziale di costo del gas naturale (metano), rispetto ai competitori europei, che penalizza pesantemente le imprese industriali energivore;
    c) favorire la concorrenzialità nel mercato del gas, dell'accesso alle reti, del potenziamento della capacità di stoccaggio, per garantire una maggiore pluralità e differenziazione sul lato dell'offerta, in modo da ridurre il costo del gas, principale materia prima di molte industrie manifatturiere, in particolare di quella delle ceramiche;
    d) rendere più moderne e trasparenti le relazioni tra banche e imprese, consentendo alle singole aziende di beneficiare di condizioni dipendenti dalla propria qualità creditizia, senza dover scontare inefficienze di altri;
    e) garantire la sopravvivenza delle piccole e medie imprese anche tramite: 1) la sospensione degli acconti fiscali; 2) il versamento dell'IVA a fattura incassata, in particolare nei contratti di subfornitura; 3) l'abolizione dell'IRAP o, in subordine, la diminuzione della percentuale di acconto dell'IRAP, la deducibilità totale degli oneri finanziari ai fini IRAP, la previsione della deducibilità totale o parziale dell'IRAP dall'IRES e dall'IRPEF; 4) l'aumento della deducibilità degli interessi passivi ai fini IRES; 5) la revisione del Patto di stabilità interna al fine di liberare risorse per gli investimenti degli enti locali; 6) gli sgravi fiscali per gli investimenti sui beni strumentali compresi la ricerca e l'innovazione; il ridimensionamento della portata degli studi di settore, riguardo agli accertamenti automatici i quali debbono concorrere più elementi, rivedendo i metodi di calcolo ed i moltiplicatori per tener conto del peggioramento dell'andamento dell'economia;
    f) tutelare le risorse umane, adottando provvedimenti premianti non solo verso le aziende che assumono, ma anche verso le aziende che mantengano inalterati i livelli occupazionali;
    g) sostenere il made in Italy, anche attraverso l'adozione di apposite iniziative, anche normative, volte ad introdurre l'etichettatura dei prodotti made in Italy con obbligo di codice a barre e certificazione igienico-sanitaria e di sicurezza dei prodotti provenienti da Paesi non facenti parte della Unione europea, incentivando al contempo l'aggregazione tra imprese al fine di intervenire sull'assetto dimensionale del tessuto produttivo;
    h) intervenire sull'Unione europea per promuovere, su scala mondiale, l'adozione di standard di reciprocità a livello sociale e ambientale, per evitare fenomeni di dumping, e affinché gli stati membri del WTO rimuovano le barriere non tariffarie che ostacolano l'accesso ai mercati;
    i) promuovere un tessile «etico» per rilanciare i distretti del tessile attraverso il sostegno alle imprese che producono tipi di tessuto senza emissione di gas ad effetto serra, l'innovazione e la formazione con particolare riguardo alla realizzazione dei «tecnopoli»;
    j) destinare maggiori risorse agli ammortizzatori sociali con particolare riferimento ad interventi di prolungamento della CIG ordinaria e straordinaria, alla cassa integrazione in deroga, soprattutto per le imprese artigiane, e ai contratti di solidarietà;
    k) rendere più spedite le procedure di accesso da parte delle imprese agli strumenti di sostegno del reddito;
    l) sostenere la domanda interna di consumo attraverso un'ampia defiscalizzazione dei redditi di lavoro e del salario di produttività;
    m) adottare maggiori interventi a favore dei giovani alla prima occupazione, del reimpiego di chi ha perso il lavoro, soprattutto attraverso iniziative di formazione;
    n) ridimensionare nel settore dell'innovazione tecnologica gli incentivi individuali, modesti ma diffusi, spostando le risorse pubbliche sulla costruzione di grandi reti di collaborazione con radicamento locale;
    o) rafforzare la finanza specializzata per l'innovazione, anche attraverso l'azione delle fondazioni bancarie più radicate nei territori;
    p) promuovere costantemente la ricerca universitaria con maggiori potenzialità di ricadute sull'innovazione economica, per aumentare le attività di spin off e il numero di imprese coinvolte nei processi innovativi con le università;
    q) prevedere incentivi premiali per le università che investono maggiormente nei rapporti con l'economia locale;
    r) promuovere la ricerca di frontiera con finanziamenti adeguati, concessi con rigorosa valutazione di merito;
    s) favorire la competizione tra progetti di aggregazione costruiti volontariamente da imprese e mondo dell'università;
    t) collegare maggiormente le università meridionali con le imprese, evitando la distribuzione a pioggia dei fondi europei;
    u) prevedere incentivi fiscali per il trasferimento tecnologico a beneficio delle imprese che investono in azioni di trasferimento di conoscenza scientifica e tecnologica di origine pubblica;
    v) prevedere finanziamenti o cofinanziamenti di nuovi centri realizzati anche in partnership pubblico-privato dotati di strutture di trasferimento tecnologico, trasferimento di conoscenza ed operanti per la massimizzazione dei risultati della ricerca;
    w) fare chiarezza nel campo delle società spin-off superando la legge finanziaria del 2008 che, all'articolo 3, comma 27, che ha vietato alle amministrazioni pubbliche di costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, e di mantenere o assumere partecipazioni direttamente o indirettamente, anche di minoranza, in tali società;
    x) modificare il codice della proprietà industriale al fine di consentire una migliore gestione dell'invenzione nella ricerca pubblica, tutelando gli inventori e aumentando la capacità di trasferimento, in linea con quanto accade negli altri Paesi;
    y) rendere efficienti i procedimenti amministrativi, evitando il meccanismo dello spoil system che crea una stretta dipendenza dell'alta dirigenza dal potere politico, puntando alla separazione tra responsabilità politica e responsabilità amministrativa;
    z) disciplinare ed affrontare in modo organico e risolutivo il fenomeno della cosiddetta obsolescenza programmata dei prodotti commerciali, ovvero quel fenomeno in forza del quale un bene tecnologico – hardware o software – è deliberatamente progettato dal produttore per durare solo per un determinato periodo, al fine di imporre la sua sostituzione con un nuovo prodotto, più efficiente e funzionale, la cui carica innovativa viene pianificata in precedenza;
   3) ad attuare quanto previsto dal presente atto di indirizzo anche attingendo eventualmente alle seguenti fonti di finanziamento:
    a) la tassazione progressiva sui grandi patrimoni immobiliari oltre gli 800.000 euro;
    b) l'aumento delle aliquote del prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento;
    c) l'aumento dei canoni di concessione radio TV;
    d) l'incremento del 15 per cento dell'aliquota dei capitali scudati;
    e) l'aumento della ritenuta sui redditi delle rendite finanziarie fino al 23 per cento;
    f) il definanziamento dei costi del programma F35, nonché i costi del programma di acquisto dei sommergibili, considerato che con riferimento a questi ultimi dal Documento programmatico pluriennale per la difesa per il triennio 2013-2015 è previsto un impegno di spesa pari a circa 190 milioni di euro per l'anno 2013, a circa 152 milioni di euro per l'anno 2014 e a circa 113 milioni di euro per l'anno 2015, e che l'onere complessivo del programma è di circa 1.885 milioni di euro;
    g) l'adozione di nuove disposizioni per l'emersione di materia imponibile e contributiva con riferimento agli immigrati privi di permesso di soggiorno;
    h) l'eventuale soppressione di alcune misure di agevolazione fiscale eccessive e, comunque non idonee ad incidere negativamente dal punto di vista redistributivo sul prelievo dei soggetti interessati, avviando sin da subito una seria ricognizione e revisione delle spese fiscali attuali, anche alla luce del fatto che l'ammontare complessivo degli effetti dei 263 regimi agevolativi indicato nell'allegato A del bilancio di previsione del 2013 è pari a 156.231 milioni per il 2013, a 156.168 milioni per il 2014 e a 155.423 milioni per il 2015.
(1-00164) «Airaudo, Lacquaniti, Ferrara, Giancarlo Giordano, Migliore, Di Salvo, Matarrelli, Placido, Aiello, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Fratoianni, Kronbichler, Lavagno, Marcon, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

Risoluzioni in Commissione:


   La IV e la IX Commissione,
   premesso che:
    nell'ambito di un generale ridimensionamento delle attività della difesa in Italia, in campo aeronautico si è assistito ad una diminuzione del numero dei veicoli operanti e dell'attività di volo militare che ha portato, conseguentemente, anche ad una graduale apertura di molti aeroporti militari al traffico civile;
    l'Aeronautica militare, anche dopo la smilitarizzazione del settore (1982) e l'istituzione dell'Enav (allora azienda autonoma assistenza al volo traffico aereo generale (AAAVTAG), ha continuato a svolgere la funzione di fornitore dei servizi di traffico aereo (Air Navigation Service Provider) sugli aeroporti militari aperti al traffico civile e nelle relative zone di controllo e molti controllori di volo dell'Aeronautica hanno continuato a lavorare nei centri di controllo d'area di ENAV spa per la gestione del traffico militare e civile in volo negli spazi aerei civili;
    nell'ambito del generale processo di riorganizzazione dell'aeronautica, di cui sopra, sono stati individuati in particolare 15 aeroporti militari (Ancona Falconara, Comiso, Napoli Capodichino, Treviso Sant'Angelo, Brescia Montichiari, Catania Fontanarossa, Rimini Miramare, Palermo Boccadifalco, Vicenza, Verona Villafranca, Udine Campoformido, Roma Ciampino, Brindisi «Papola», Cagliari Elmas, Capua) che movimentavano milioni di passeggeri all'anno e che dunque ricoprivano un importante ruolo nel piano nazionale dei trasporti civili;
    per i suddetti aeroporti, con decreto del 25 gennaio 2008, il Ministro della difesa definiva quanto già previsto il 14 ottobre 2004 nel «protocollo d'intesa propedeutico a specifici accordi di programma» tra i Ministri della difesa, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, atto finalizzato al trasferimento al demanio statale, ramo trasporti – aviazione civile – di aeroporti o sedimi aeroportuali, iscritti nel demanio della difesa;
    il Ministero della difesa, con tale atto, dichiarava che per quei 15 aeroporti italiani non sussisteva più l'interesse ad uso militare, autorizzando, quindi, a precedere per un cambio di status da aeroporto militare a civile, previa cessione delle attività militari e il conferimento delle strutture e relativi servizi all'aviazione civile;
    dalla cessazione delle attività militari di cui sopra ne è derivato il trasferimento della gestione dei servizi di navigazione aerea (gestione delle piste, della torre di controllo, delle radioassistenze alla navigazione e del radar del controllo di avvicinamento) all'Enav, comportando non poche difficoltà in luce dell'elevata sofisticazione tecnologica dei sistemi d'arma aerei e in ragione dell'elevato livello di complessità del supporto tecnico e logistico, nonché di specializzazione dei sedimi e delle infrastrutture aeroportuali dedicate;
    il 7 ottobre 2009 il Sottocapo di stato maggiore dell'aeronautica Giuseppe Bernardis, in occasione di un'indagine conoscitiva della Commissione trasporti della camera, dichiarava: «l'ente civile che subentra all'aeroporto militare per la gestione del traffico aereo non è in grado di utilizzare le infrastrutture presenti, in quanto il mondo militare ha una regolamentazione diversa da mondo civile relativamente all'impiego delle strutture. Il personale dell'ENAV non è in grado di utilizzare le infrastrutture militari in quanto per regolamentazioni generali o per regolamentazioni sindacali non è autorizzato a operare sulle torri di controllo e sugli apprestamenti che l'Aeronautica militare utilizza»;
    nelle more di suddetto passaggio e, in alcuni casi, anche successivamente la presenza di personale dell'aeronautica militare è rimasta quasi immutata nella gestione di tali servizi;
    a distanza di oltre cinque anni dal decreto di cui sopra recante atto di indirizzo relativo agli aeroporti militari a doppio uso militare-civile nel quale veniva autorizzato il transito di alcuni aeroporti militari, le torri di controllo di Roma Ciampino, Verona Villafranca Brindisi, Treviso e Rimini sono ancora gestite dall'Aeronautica militare mentre a Brindisi, Treviso e Rimini sono ancora sotto gestione aeronautica anche i controlli di avvicinamento;
    l'Enav, in attesa della decisione da parte dei Ministeri competenti, ha confermato di essere in grado di assumere operativamente i servizi degli aeroporti di Verona e Ciampino entro 8 mesi dalla formalizzazione della decisione dei Ministeri, mentre per i restanti aeroporti il transito si completerebbe entro 2 anni dalla stessa;
    nonostante non risultino essere ancora state stanziate le risorse necessarie all'adeguamento degli aeroporti e nonostante le difficoltà e i rallentamenti riscontrati nel processo di trasferimento, a partire dal 2009, l'Enav ha provveduto ad ampliare il suo personale del Controllo di traffico aereo (CTA) con la sostituzione delle uscite e l'attivazione di un processo di selezione e formazione di nuovi addetti che ha portato al giugno 2011 l'organico dei CTA a 1.816 unità (+107 rispetto al dicembre 2009);
    i costi operativi e del personale ammessi per l'anno 2011 sono stati quantificati in euro 553,13 milioni derivanti dall'applicazione ai costi di consuntivo 2010, pari a euro 540,36 milioni – aumentati della quota parte degli oneri derivanti dall'assunzione, a valere sul 2011, di personale CTA in previsione dell'eventuale assunzione da parte della Società di navigazione aerea di ulteriori aeroporti militari aperti al traffico civile, pari a circa 2,7 milioni di euro – dei coefficienti di inflazione programmata (2 per cento) e di efficientamento (2 per cento), con una variazione di traffico individuata nella misura dell'1,9 per cento;
    secondo quanto riportato da fonti stampa ed in particolare su un articolo pubblicato il 18 marzo 2013 su L'Espresso, negli ultimi anni il processo di nuove assunzioni sarebbe andato avanti in modo non del tutto trasparente e sarebbero intervenute svariate assunzioni di stretti congiunti di figure di vertice e dirigenti;
    in merito alle procedure di assunzione da parte di Enav, la Corte dei conti nella relazione sull'esercizio finanziario 2011, avanzava una possibilità di rivedere la pianificazione di assunzioni per un immediato beneficio in termini di costi: «A tal riguardo, considerando i tempi necessari per la formazione ed abilitazione del personale operativo, la Società ha predisposto un piano organizzativo che prevede l'assunzione di nuovi controllori al fine di poter garante la fornitura del servizio su tali aeroporti. Nell'ipotesi in cui tuttavia tali impianti non vengano più assegnati alla società o, eventualmente, nell'ipotesi di un trasferimento dall'aeronautica militare ad ENAV solo degli impianti ritenuti di rilevanza strategica, ENAV potrebbe rivedere l'attuale pianificazione di assunzione di personale operativo con la prospettiva di un immediato beneficio in termini di costi;
    nonostante quanto sostenuto dalla Corte dei conti, a luglio 2012, il processo di nuove assunzioni all'Enav risulterebbe essere stato bloccato. Secondo quanto riportato da fonti sindacali, in occasione di un incontro dell'osservatorio Enav, ovvero della cabina di regia aziendale presieduta dall'amministratore unico di Enav, il management avrebbe illustrato le dinamiche e le politiche societarie tra le quali il blocco delle assunzioni rispondente alla logica imposta dalla spending review, il posticipo dei corsi per il CTA e il 2014 come data per i primi nuovi ingressi il linea operativa;
    il processo di formazione di un CTA è particolarmente lungo e costoso poiché prevede un periodo non inferiore ai 14 mesi per la formazione teorico/pratica, con esami di verifica intermedi, nonché un esame finale al superamento del quale, è previsto un ulteriore periodo di addestramento on the job, direttamente in linea operativa, della durata di circa 4 mesi, presso l'impianto aziendale di assegnazione;
    l'allievo controllore, una volta superato il periodo di formazione di cui sopra, inizia il secondo periodo di formazione dove viene affiancato a personale CTA operativo, con lo scopo di completare l'acquisizione delle competenze richieste dal ruolo e chiamato a sostenere un esame finale per l'acquisizione della prima abilitazione, rilasciata dall'Enac. Gli allievi controllori che superano con successo l'esame finale acquisiscono la «Licenza di Controllore del Traffico Aereo» e vengono assunti con contratto a tempo indeterminato con profilo di controllore del traffico aereo;
    in occasione della sua audizione presso la IX commissione della Camera, in data 24 luglio 2013, l'Amministratore Unico di Enav SpA, Massimo Garbini, ha stimato come costo complessivo per la selezione, formazione, addestramento e abilitazione di ogni singolo controllore di volo un valore di circa 100.000 euro;
    l'assistenza al volo che l'Aeronautica militare continua a rendere all'aviazione civile costituisce una spesa poco proficua per la difesa, quantificabile per l'esercizio finanziario 2012 in 8,73 milioni di euro;
    in ragione di quanto sopra descritto, l'articolo 238 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dispone che: «Nella determinazione dei diritti aeroportuali da applicarsi negli aeroporti militari aperti al traffico civile, si tiene conto anche delle infrastrutture e dei servizi forniti dall'Aeronautica militare, che stipula apposita convenzione con il gestore aeroportuale, per la definizione degli stessi e l'individuazione delle modalità per il ristoro dei costi sostenuti»;
    l'articolo 582 del codice dell'ordinamento militare, recante oneri per la progressiva riduzione dell'organico complessivo delle Forze armate, introduce una graduale riduzione dell'organico delle Forze armate da realizzarsi entro il 2020;
    gli articoli 583 e 584 del codice dell'ordinamento militare, al pari dell'articolo 582 di cui sopra, disciplinano il processo di revisione organizzativa del Ministero della difesa e la politica di riduzione, riallocazione e ottimizzazione delle risorse;
    l'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nonché la legge delega del 31 dicembre 2012, n. 244, dispongono un graduale processo di riduzione degli organici del personale militare e civile;
    la suddetta legge delega, al comma 1 articolo 3, ha tra l'altro individuato un esubero di 33.000 militari e definito una riduzione generale a 150.000 unità di personale militare delle tre Forze armate (Esercito, marina militare ed Aeronautica militare) da effettuarsi entro l'anno 2024, una riduzione di 310 unità di ufficiali generali e ammiragli entro sei anni una riduzione di 1.566 unità di colonnelli e di capitani di vascello entro dieci anni;
    tra le misure volte a realizzare con gradualità la riduzione delle dotazioni organiche prospettate dal Governo, da definire in un piano di programmazione triennale scorrevole, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è previsto anche il transito del personale militare nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa ovvero presso altre pubbliche amministrazioni, sulla base di tabelle di equiparazione di cui all'articolo 4, comma 96 della legge n. 183 del 2011,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di prevedere una procedura di transito diretto sotto l'amministrazione Enav dei CTA militari già operanti in ambito civile, in modo da garantire all'Aeronautica militare una diminuzione del personale in esubero e contemporaneamente all'Enav di risparmiare i costi di selezione e formazione di personale da destinare al ruolo di cui sopra.
(7-00082) «Dell'Orco, Artini, Nicola Bianchi, Catalano, De Lorenzis, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Frusone, Rizzo, Corda, Basilio, Alberti, Paolo Bernini».


   Le Commissioni VIII e X,
   premesso che:
    i contenuti della Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili sono stati disattesi nell'atto di recepimento da parte dello Stato italiano ma soprattutto nella stesura delle leggi regionali che hanno il compito di regolamentare la materia in tema di iter autorizzativi. Sono stati infatti molteplici i pronunciamenti della Corte costituzionale con i quali queste sono state contestate in toto o parzialmente su aspetti fondamentali;
    detti pronunciamenti però sono spesso arrivati in maniera tardiva e sono intervenuti quando molte autorizzazioni erano state già concesse o addirittura, come nel caso della regione Marche, le centrali già costruite ed entrate in funzione. Da un'attenta analisi di tali pronunciamenti si evince che le omissioni hanno riguardato soprattutto:
     gli aspetti legati alla comunicazione e alla informazione dei cittadini, come invece previsto dall'articolo 14 comma 6 della direttiva europea e come stabilito dalla Convenzione di Aarhus approvata con la decisione 2005/370/CE (sentenza n. 93 del 2013, regione Marche);
     la necessità di individuare correttamente nell'ambito del territorio regionale le aree non idonee all'installazione di centrali biogas e/o biomasse secondo quanto dettato dall'articolo 16 punto 4, del decreto ministeriale con il quale sono state dettate le linee guida per le autorizzazioni degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, o l'esistenza di particolari condizioni di inquinamento da altre fonti (sentenza n. 85 del 2012, regione Veneto);
     norme di semplificazione delle autorizzazioni che hanno escluso alcuni progetti ai procedimenti di VIA che in base alla Direttiva europea 2011/92/UE dovrebbero invece riguardare tutti gli impianti di qualsiasi tipo e potenza (sentenza n. 93 del 2013 regione-Puglia);
    le inadempienze da parte delle regioni hanno portato ad esempio alla realizzazione di centrali in comuni già sottoposti a procedura di infrazione da parte dell'Europa per superamento del limite imposto delle concentrazione delle PM 10 per più di 35 giorni l'anno. Una situazione paradossale che non viene sanata nemmeno quando, in conseguenza dei pareri della Corte, le regioni si vedono costrette a formulare delle modifiche alle proprie leggi. Tutto questo naturalmente a discapito dei cittadini che si ritrovano a dover convivere con le centrali e con la consapevolezza di aver subito un danno ingiusto rafforzata dall'ufficialità dei pareri espressi. Un danno che risulta essere sia di tipo sanitario che di tipo patrimoniale visto che inevitabilmente gli immobili localizzati nei pressi delle nuove centrali subiscono una diminuzione del loro valore e che le produzioni agricole, condotte magari con metodi biologici, realizzate in un raggio di diversi chilometri possono perdere le certificazioni di qualità conquistate con anni di lavoro e impegno;
    segnaliamo che nella regione Umbria è tuttora vigente una legge che regolamenta gli iter autorizzativi per la realizzazione di impianti destinati alla produzione di energia da fonti rinnovabili che presenta le stesse criticità rilevate dalla Corte costituzionale nel recente pronunciamento sulla legge della regione Marche;
    la costruzione di questo tipo di centrali, in maniera particolare nel caso di potenze pari o superiori a 1 MW, non rappresentano affatto un'opportunità per le attività agricole del territorio ma anzi ne possono determinare un impoverimento devastante. Pensiamo soprattutto all'alterazione del mercato dell'affitto dei terreni che vedono triplicare il loro canone a discapito delle aziende, soprattutto a vocazione zootecnica, che non riescono ad essere più concorrenziali perdendo così la disponibilità dei terreni stessi;
    non esiste un controllo sulla provenienza dei materiali utilizzati per la produzione di energia e non sono previsti studi preliminari per determinare il livello di approvvigionamento possibile nell'area interessata dall'insediamento delle centrali. Di conseguenza nella quasi totalità dei casi si assiste al prelievo degli stessi in stazioni distanti dal centro di produzione di energia determinando un valore negativo nel bilancio delle emissioni di CO2 andando in contrasto con quanto previsto dalla Direttiva 28/2009/CE nella quale si indica in maniera molto esplicita che anche in progetti di questo tipo uno degli obiettivi principali da raggiungere è la riduzione dell'emissione di gas clima-alteranti e a quanto enunciato nel COM 10 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dove è stato affermato con chiarezza che bisogna tenere in forte considerazione il bilancio totale delle emissioni compresa la produzione di CO2 nell'atto di trasportare il materiale per l'alimentazione delle centrali;
    in molti casi mancano le indicazioni per regolamentare le modalità di smaltimento e gestione del così detto digestato ossia del materiale che resta dopo la fermentazione anaerobica che avviene all'interno delle centrali. Questo infatti contiene una altissima concentrazione di nitrati e a fronte di una produzione di circa 15 mila tonnellate all'anno può essere utilizzato come ammendante solo in quantità limitate per non rischiare di ottenere l'effetto contrario ossia di rendere sterili i terreni;
    non ultimo si segnala il problema dell'emissione in atmosfera di circa 10 tonnellate annue di ossidi di azoto (NOx) in atmosfera per impianto a biogas da 1 MW di energia di picco (30 tonnellate di NOx per analogo impianto a biomasse legnose), emissioni importanti di ossidi di zolfo (SOx) e altri gas con i noti effetti sull'incremento del particolato secondario (PM2.5 in particolare);
    l'articolo 117 della Costituzione recita che «lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Mentre nell'articolo 120 si legge che «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica»,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue competenze a monitorare i procedimenti autorizzativi per la realizzazione delle centrali che producono energia da fonti rinnovabili quali biogas, biomassa ed eolico con particolare riferimento al rispetto delle linee guida per la realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili valutando la sussistenza dei presupposti per intervenire ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione ogniqualvolta si rilevi il rischio di violazioni della normativa comunitaria o un pericolo grave per la sicurezza o l'incolumità pubblica.
(7-00084) «Terzoni, Fantinati, Zolezzi, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Tofalo».


   La I Commissione,
   premesso che:
    il documento del Parlamento europeo «Vademecum per evitare un uso sessista delle lingue» raccomandava nel 2009 un impegno degli Stati nazionali per impedire un uso discriminatorio di genere della lingua nei documenti e nella comunicazione;
    tali indicazioni raccoglievano, a loro volta, precedenti documenti della Commissione europea sul tema del linguaggio sessuato, dei diritti della donna;
    del linguaggio sessuato trattano anche la direttiva del Consiglio dei ministri 27 marzo 1997 (Azioni positive per l'imprenditoria femminile), il V Programma di Azione comunitaria (Azioni a sostegno dell'applicazione del mainstreaming e della diffusione di una cultura delle Pari Opportunità tra uomini e donne), la direttiva del Governo italiano del 24 maggio 2007 (misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche);
    la lingua rispecchia la cultura di una società e ne è una componente fortemente simbolica; le parole non si limitano a descrivere le categorie sociali ed epistemologiche esistenti, ma hanno il potere di costruire e rafforzare vecchi e nuovi stereotipi culturali rispetto ai ruoli attribuiti a donne e uomini; pertanto, un uso della lingua rispettoso della parità di genere è di fondamentale importanza per un effettivo superamento delle disuguaglianze;
    a fronte di un'ascesa in ruoli, carriere, professioni e visibilità delle donne non esiste un'adeguata trasformazione della lingua, che usa il maschile attribuendogli una falsa neutralità;
    l'oscuramento linguistico della figura professionale e istituzionale femminile ha come conseguenza a sua non-comunicazione e, in sostanza, la sua «negazione»; il linguaggio monosessuato discrimina le donne in quanto tali, esclude il genere femminile;
    nella generalità delle istituzioni pubbliche il neutro-maschile impera, quasi non esistono documenti ufficiali in cui sia indicata la differenza di genere;
    in Italia il dibattito su un uso non sessista della lingua è ancora agli esordi e nella lingua correntemente usata dai media e, in particolare, dalla stampa, nonché nel parlato e nello scritto comuni, si utilizzano a tutt'oggi pochissimi neologismi e si tende a utilizzare il maschile con funzione neutra. In ambito istituzionale la declinazione delle cariche al femminile (sindaca, ministra, assessora), già oggetto di esplicito pronunciamento ufficiale in altri Stati europei non è per lo più regolamentata ed è lasciata alla responsabilità individuale;
    in molti Paesi europei i mezzi di comunicazione, le istituzioni, e la produzione di materiale formativo, hanno adottato regole di comportamento comune, diffuso buone pratiche e messo in atto una decisa svolta rispetto alla possibilità di declinare ruoli e competenze al femminile, di nominare donne e uomini nel, riferimento generale e particolare;
    Alma Sabatini è stata una delle prime studiose italiane che hanno parlato di linguistica applicata all'analisi dei contenuti sessisti della lingua; i suoi studi si mossero insistendo sui contenuti discriminatori del linguaggio sessista, che danneggiano le donne proprio perché passano inosservati;
    in ragione dei suoi studi, Alma Sabatini propose ed ottenne, nella Commissione nazionale pari opportunità, l'autorizzazione a condurre una ricerca, attraverso una apposita Sottocommissione istituita ad hoc, sul sessismo nella lingua italiana; si applicò ad elaborarne le possibili sostituzioni;
    il lavoro di Alma Sabatini, firmato da lei e pubblicato nel 1987 con il titolo «Il sessismo nella lingua italiana», a cura della stessa Commissione, sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio trovò larga eco e fu la base di partenza di un lungo cammino sul tema che, purtroppo, però ad oggi non sembra aver ancora prodotto risultati reali;
    più recentemente, da notizie di stampa, si è appreso che l'università di Lipsia, una delle più autorevoli in Germania, ha diramato un protocollo per l'uso del femminile anche per gli uomini; per indicare i ruoli svolti negli atenei, i biglietti da visita, i siti web e la carta intestata dovranno essere aggiornati alla luce di questa rivoluzione linguistica: la professora (o professoressa), la ricercatrice la rettora o rettrice sono le parole usate per individuare chiunque, docenti maschi compresi; a proporre questo esperimento di rivoluzione linguistica concreta (e anche fortemente simbolica) è stato proprio un uomo, il fisico Kosef Kaes; si tratta del primo caso al mondo di sessuazione del linguaggio che adotta il femminile per indicare l'umanità: una provocazione per segnalare che la neutralità, se è maschile, non è neutra;
    appare evidente che è ormai ampiamente sentita l'esigenza di adeguare al genere il linguaggio, e definire quindi le persone, a seconda se uomini o donne, con aggettivi e parole adeguate al sesso di appartenenza,

impegna il Governo:

   a produrre atti di propria competenza al fine di:
    a) porre l'uso del linguaggio, ed in particolare la declinazione al femminile di ruoli e funzioni di potere e di prestigio, tra i principali strumenti da sviluppare, rendendo esplicita la presenza delle donne nella società, nella consapevolezza dell'impatto del linguaggio sulla definizione dei ruoli e sulla creazione di identità di genere;
    b) emanare apposite disposizioni che portino alla diffusione dell'uso dei termini femminili dei ruoli nel caso essi siano riferiti a donne, a partire dal termine Ministra per la titolare del dicastero, e promuova questo tipo di comunicazione istituzionale a tutti i livelli, non escluso quello legislativo e le raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana;
    c) ad intraprendere la pianificazione di analisi ed azioni che abbiano l'obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza circa la necessità di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere a partire dal mondo dell'istruzione in tutti suoi gradi.
(7-00083) «Roberta Agostini, Murer».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   Poste italiane, società capogruppo dell'omonimo gruppo Poste italiane, è stata trasformata da ente pubblico economico in società per azioni dal 28 febbraio 1998;
   Poste italiane Spa è un soggetto giuridico privato il cui assetto proprietario vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze una percentuale di proprietà acquisita di recente dopo l'operazione di permuta con la Cassa depositi e prestiti, che deteneva il 35 per cento che qualifica inequivocabilmente Poste italiane un'impresa in pubblico comando;
   in quanto tale, si tratta di un soggetto di proprietà del Popolo Italiano e sono pertanto i cittadini ad essere portatori e destinatari dei principali diritti in tema di erogazione del servizio pubblico relativo ai servizi postali, il cosiddetto servizio universale;
   nel corso degli anni anche le funzioni svolte da Poste italiane sono cambiate e da servizi offerti prevalentemente in ambito postale l'azienda ha iniziato a svolgere attività finanziaria (Banco Posta) e assicurativa (Poste Vita) al fine, soprattutto, di compensare la quota non coperta dal finanziamento pubblico per l'erogazione del Servizio universale prevalentemente erogato in condizioni di underpricing;
   concessione che comunque si è realizzata grazie alle tasse pagate dai cittadini contribuenti e sovrani;
   il decreto legislativo n. 261 del 1999 consente a Poste italiane di stabilire le «condizioni generali di servizio» e al Ministero delle comunicazioni (finché è esistito) la supervisione e la vigilanza sulle stesse. Nei termini esposti i rappresentanti politici eletti dai cittadini nei due rami del Parlamento sono, di fatto, estromessi dalla possibilità di ogni possibile intervento;
   Poste italiane oggi è dunque anche impresa di corrispondenza ma è soprattutto impresa multiservizi, differenziata in molti rami di attività, integrati e fortemente sinergici tra loro;
   nel suo complesso il Gruppo poste italiane è presente nel settore delle assicurazioni (Postevita), dei telefonici (Postemobile), dei servizi internet (Postecom), della gestione documentale e digitalizzazione (Postel), del settore aziende (Poste impresa), della riscossione dei tributi locali (Poste tributi), fino al trasporto merci (Mistral Air) e alla commercializzazione di vari prodotti (Posteshop); le Poste controllano perfino una società (Poste energia spa) che si occupa dell'approvvigionamento energetico del gruppo;
   ad oggi, i comparti divisionali Banco Posta e Poste italiane vivono di un equilibrio che consente all'uno di mantenere in vita l'altra grazie agli alti proventi realizzati, mantenendo in vita i circa 140 mila dipendenti;
   in altri termini Poste italiane è rappresentata da un'unica complessa piattaforma informatica che gestisce ed integra due tra le maggiori Reti italiane;
   la prima, composta dai centri di raccolta, di smistamento e di consegna, a servizio esclusivo del comparto della corrispondenza;
   la seconda, infrastrutturale, è la rete degli sportelli ove è erogata una complessa e variegata molteplicità di servizi;
   la prima è decisiva nella gestione dei portalettere e della logistica postale;
   la seconda gestisce gli sportellisti e tutto ciò che è connesso alla loro attività;
   entrambe le reti s'interfacciano in una serie di nodi di scambio fortemente connessi tra loro;
   quanto sopra ha determinato una lunga serie positiva di risultati d'esercizio grazie alla strategia, graduale e mai improvvisata, creativa e per nulla scontata, del Gruppo guidato da Massimo Sarmi;
   dati ufficiali dello scorso esercizio (2012) mostrano evidente il brillante risultato di un utile netto pari a 1032 milioni (di cui 343 milioni di euro è il contribuito del patrimonio destinato BancoPosta) nonostante il diffuso contesto di crisi economica;
   utile interamente versato nelle casse dello Stato nonostante la volontà espressa dall'AD Massimo Sarmi Corriere della sera 19 aprile 2012) di voler azzerare entro luglio 2012 il debito di Poste rimborsando i 750 milioni di euro di bond emessi ai tempi di Corrado Passera;
   utile realizzato nonostante un credito vantato verso lo Stato pari a 2,4 miliardi di euro;
   significativi anche i volumi degli investimenti con 477 milioni di euro (in crescita rispetto ai 415 del 2011) caratterizzandosi come uno dei maggiori big spender dell'ITC assumendo il ruolo di traino per l'indotto;
   i ricavi dei servizi postali e commerciali si attestano a 4.657 milioni di euro, con una diminuzione percentuale del 9,8 per cento sul 2011, quale effetto della contrazione strutturale e progressiva dei volumi della comunicazione tradizionale, in un contesto sempre più competitivo, e a seguito della piena liberalizzazione del mercato postale in cui coesistono 3384 operatori dotati di licenza ed autorizzazioni rilasciate dal dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico;
   il prestigio internazionale acquisito da Poste italiane e la sua assidua capacità innovativa l'hanno resa l'azienda italiana «più ammirata nel mondo», come stabilito dalla annuale classifica World's Most Admired Companies, stilata dalla rivista americana Fortune. Poste italiane conferma inoltre il quarto posto di categoria della classifica mondiale delle aziende più apprezzate nel settore logistico-postale;
   molteplici sono i riconoscimenti internazionali che si susseguono;
   Standard & Poor seleziona il modello di business di Poste italiane come quello che ha maggior futuro tra gli operatori ex postali europei;
   se disaggregato questo dato di bilancio ci rivela la forte crescita del ramo servizi finanziari (ove si evidenzia la leadership di Poste italiane nel settore degli strumenti di pagamento) e del ramo vita;
   la crescita complessiva dei ricavi e il diverso mix degli stessi a favore del comparto assicurativo e finanziario, non sono tuttavia tali da compensare gli effetti della flessione che la riduzione dei ricavi postali produce sul risultato operativo. Continuano inoltre a pesare anche su questo esercizio i significativi oneri che Poste italiane sostiene in qualità di fornitore del servizio universale e che, come di consueto, sono compensati dallo Stato solo in parte;
   tuttavia Poste italiane oltre ad essere rete informatica è anche molto altro poiché rappresenta un pezzo di storia della coesione sociale del Paese e di tutela del risparmio. È partner naturale della PA (e-governing, sportello amico, certificati anagrafici, CUD, e altro), è fornitore del SU (servizio universale) relativo alla corrispondenza, è partner naturale e potenziale di Ferrovie per lo sviluppo interno ed internazionale nel settore della logistica;
   tuttavia il Gruppo poste italiane non è scevro da criticità aziendali e scelte politiche che stridono fortemente con i diritti dei lavoratori (in netto contrasto con le leggi ordinarie) e dei cittadini sovrani detentori del diritto di fruire del «SU» (servizio universale) a parità di condizioni e senza discriminazioni di sorta;
   ci riferiamo alla partecipazione diretta di Poste alla vendita delle lotterie istantanee (gratta & vinci) da sportello con le connesse pressioni commerciali conseguenti ai Budget giornalieri di vendita;
   si fa riferimento ai 1156 uffici postali dei piccoli comuni a serio rischio di chiusura ed all'incomprensibile accordo sul recapito, tra azienda e organizzazioni sindacali del 28 febbraio 2013 con cui sono stati tagliati 6000 posti di lavoro, in un momento drammatico per il Paese;
   in altri termini è venuta meno la norma che prevedeva il ritiro della posta inesitata (lettere fino a 2 chilogrammi e pacchi fino a 30 chilogrammi) presso i circa 10.000 uffici postali concentrandola presso i circa 1000 CPD (centri primari di distribuzione) estendendo tale modello già in uso nei grandi centri urbani anche ai comuni delle province;
   in questo modo si realizza, de facto, una nuova definizione del «Servizio universale» che vuole una concentrazione geografica dei centri di recapito con diseconomie e disagi per i cittadini appartenenti alle fasce sociali più deboli (anziani, disoccupati e disabili);
   nel 2011 con il decreto «Milleproroghe» è stata recepita da Poste italiane una versione più ampia della riforma del diritto societario (articolo 2447 del codice civile) introducendo la disciplina dei «patrimoni destinati», il criterio di divisione contabile, patrimoniale e divisionale delle singole attività di business, ciò è avvenuto per disposizione di legge e non per volontà del management;
   quanto sopra essenzialmente al fine di trasformare l'attività dell'azienda (di proprietà totalmente pubblica) in uno specifico strumento di politica economica finalizzata al rilancio dello sviluppo dell'economia;
   una novità assoluta che consente una nuova e diversa modalità di intervento pubblico nell'economia reale in un contesto comunitario ove la quantità degli strumenti di manovra ed intervento si sono drasticamente ridotti nel rispetto dei trattati siglati;
   in tutto ciò sono perfettamente distinti e individuati gli elementi di costo per l'OSU (Onere del servizio universale) dalle attività di Bancoposta, ciò permette a Bancoposta di adeguarsi alle recenti e più rigide regole della Banca d'Italia (Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, aggiornata il 15 gennaio 2009 proprio in merito al patrimonio di vigilanza) senza che si renda necessario un vero e proprio, scorporo (Spin-Off) societario;
   questa nuova visione del ruolo di Poste italiane come strumento attuativo di politica economica consente di utilizzare il patrimonio di Banco Posta al fine di sostenere l'economia reale tramite la costituzione della banca del Mezzogiorno e di giungere a salvare istituti creditizi in significativa sofferenza a causa dell'acuirsi della crisi internazionale;
   nel maggio 2013, il settimanale l'Espresso ha ipotizzato l'entrata in questa delicata partita del Monte Paschi di Siena. L'idea potrebbe essere quella di unire in una joint venture Monte Paschi e Banco Posta, così da salvare la banca senese che in questo momento verte in gravi difficoltà, acuite dagli scandali di qualche mese fa;
   in altri termini l'operazione potrebbe svilupparsi per gradi: in una prima fase l'accordo sarebbe di carattere commerciale con la selezione di alcune agenzie postali dove vendere anche prodotti del Monte, in seguito la partnership verrebbe rafforzata attraverso la costituzione di una società ad hoc – partecipata sia da MPS che da Poste italiane – che avrebbe il compito di gestire una rete comune di sportelli;
   la preoccupazione è che, in una fase successiva, si potrebbe determinare un disimpegno, totale o parziale, dello Stato dalla proprietà di Poste italiane, con la Cassa depositi e prestiti che assumerebbe un ruolo chiave nella ricapitalizzazione del Monte Paschi attraverso il suo braccio finanziario, il fondo strategico italiano;
   in questo caso, vi sarebbe un sostegno pubblico meno invadente dell'impegno diretto dello Stato e dunque più digeribile per le autorità europee;
   l'amministratore delegato di Poste italiane, Massimo Sarmi, ha negato che l'idea dell'accordo con MPS appartenga a Poste italiane, sembrando prendere le distanze da quello che, appare come un progetto politico a tutti gli effetti, ma non nega che questa idea ci sia e sia più concreta di quanto sembri;
   decidere di separare Banco Posta da Poste italiane significherebbe, a parere dell'interpellante, annientare un servizio pubblico fondamentale al servizio dei cittadini, con conseguenze negative che investirebbero sia i risparmiatori italiani sia i dipendenti di poste italiane, i primi perché non vedrebbero più garantiti i servizi di comunicazione essenziali garantiti da Poste italiane, i secondi perché inevitabilmente diminuirebbero di numero non potendo più offrire tutti i servizi che ad oggi sono in grado di garantire;
   infatti attuare lo spin-off tra Poste e Banco Posta significa trascinare nuovamente Poste ad una condizione di impresa in perdita che, come immediata conseguenza, legata anche alla congiuntura, si vedrebbe costretta a procedere alla chiusura di sportelli ed ai licenziamenti sia nel recapito che nel settore Banco Posta;
   nel 2015 la Commissione europea renderà operativa la normativa che sancirà la fine dell'intervento della fiscalità generale a favore del Bail In;
   tale dispositivo potrebbe essere causa di rischio sistemico per l'intero settore creditizio europeo;
   in caso di crisi debitoria con il Bail-in dovranno essere convertiti gli asset debitori degli istituti creditizi (obbligazioni, immobilizzazioni, crediti) in capitale ordinario (azioni), al fine di evitare il salvataggio con la fiscalità generale. Ciò pur avendo un intento prudenziale dettato dal buonsenso potrà causare una fuga degli investitori consapevoli che i loro crediti potranno essere trasformati senza preavviso in azioni ordinarie dall'incerto valore;
   la Commissione europea individua con la sua direttiva le autorità preposte a commissariare, di fatto, gli istituti creditizi in crisi;
   tale Autorità, Association for Financial Markets in Europe (AFME) che corrisponde all'articolazione dei banchieri mondiali operanti nell'Unione Europea, avrà il compito di redigere i piani di rientro dei livelli d'indebitamento (Deleveraging) sostanzialmente mediante piani di aumenti (d'imperio) di capitale che si traduce nella sostanziale trasformazione dei titoli obbligazionari in azioni;
   presentare all'appuntamento del 2015 (inizio del «Cannibalismo creditizio globale») un'azienda solida come Poste italiane con una significativa esposizione in un contesto generale di possibile rischio sistemico significa esporre a gravi pericoli azienda ed asset occupazionali –:
   se ed eventualmente in che modo, s'intenda utilizzare Poste italiane e CdP quali strumenti d'intervento governativo orientati al deleveraging di MPS che si trova in una grave crisi causata non da una globale congiuntura negativa, ma da un'incontrollata e costante azione di spregiudicato rilancio del rischio speculativo connesso ai contratti derivati sottoscritti;
   se si ritenga che la mission di CdP debba tornare ad essere quella tenuta durante i suoi 150 anni di storia (raccolta del risparmio postale dei cittadini e di utilizzarlo per il finanziamento a tassi agevolati degli investimenti degli enti locali) ribadita, tra l'altro, dopo la privatizzazione del 2003, dall'articolo 10 del decreto ministeriale Economia del 6 ottobre 2004 che stabilisce i suoi finanziamenti «servizi di interesse economico generale», tenuto conto che dopo la trasformazione del 2003 CdP ha smesso di erogare finanziamenti agevolati agli enti locali spingendo enti locali e municipalizzate che si occupano dei servizi pubblici essenziali (trasporti, acqua e rifiuti) verso la morsa degli istituti creditizi che erogano i prestiti a tassi di mercato nella migliore delle ipotesi;
   se, per quanto sopra, non si ritiene che si debba aprire, un confronto pubblico nelle istituzioni sul tema della democrazia partecipativa in CdP in cui cittadini e lavoratori possano finalmente esprimere la loro voce vincolante circa le finalità collettive, sociali ed ambientali, cui indirizzare gli investimenti di Cassa depositi e prestiti, visto che milioni di famiglie con oltre 220 miliardi di risparmi raccolti costituiscono l'unico azionista di cui si dovrebbe veramente tener conto;
   se, nella disponibilità del Governo, per quanto di competenza, sia in essere o in previsione, riguardo a Poste italiane, un progetto industriale che mantenga e tuteli la necessità, sociale ed economica, dell'unicità aziendale e degli standard dei livelli occupazionali visto che Poste italiane, allo stato, è l'unica azienda in grado di consentire la capillarità dell'accesso alla rete postale per l'intera popolazione ed in quanto tale il controllo deve restare in ambito pubblico;
   se, per quanto immediatamente sopra, non si ritenga che si dovrebbe mettere definitivamente la parola fine alle pubblicazioni delle liste di uffici postali minori di comuni e territori marginali a rischio chiusura e razionalizzazione poiché ritenuti al di sotto dei parametri di economicità, stante la necessità di mantenerli per ragioni di pubblico interesse;
   se si è a conoscenza che con l'accordo sul recapito del 28 febbraio 2013 sono stati dichiarati 6.000 esuberi nel recapito e tagli per altrettante zone di consegna e che il concomitante accordo, relativo a mercato privati di poste italiane definito «Progetto di semplificazione Rete», prevedendo la riduzione e la divisione degli organici al proprio interno ne impedisce la completa riallocazione;
   se s'intende intervenire, per quanto di competenza, per porre un argine ai continui accordi con le parti sociali ove la costante è il taglio di posti di lavoro e di standard qualitativi del servizio erogato;
   se siano previsti interventi su Poste italiane per garantire il ripristino del rispetto delle norme di legge in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro eluse da accordi in peius tra Azienda ed organizzazioni sindacali (es. Accordo video terminalisti 10 marzo 2010);
   se siano al vaglio azioni di verifica presso i nuovi operatori operanti nel mercato postale dopo la liberalizzazione volte alla tutela degli standard di legge per condizioni retributive e di lavoro;
   se esista la volontà di dare un nuovo impulso istituzionale volto a rafforzare il rapporto commerciale tra Poste e Ferrovie (per il quale è già in essere una Newco) allo scopo di dare un asset più solido al settore della logistica capace di intercettare i trasporti dagli hub aeroportuali ai centri urbani, prevedendo la programmazione d'investimenti in loco in strutture note come Distripark ma concepite nella loro versione più evoluta rispetto alla mera gestione dei container con lo sviluppo di servizi e lavorazioni di trasformazione di semilavorati su misura per soddisfare le richieste dei clienti finali, al fine di favorire nuovi posti di lavoro;
   se, vista l'insistente volontà di realizzare il contratto di settore per il comparto postale, si ritiene doveroso porre rimedio ad uno dei degli errori maggiori in relazione alla natura codicistica che regola la nozione di controllo e di gruppo, visto che la scelta di mantenere l'autonomia giuridica nei rapporti infragruppo nega la norma circa la possibilità di intervenire riconoscendo l'unidirezionalità del gruppo e quindi la responsabilità in capo alla controllante anche in caso di controllo «forte», con il risultato che tale latitanza normativa comporta in buona sostanza la totale assenza di tutele per gli azionisti di minoranza e per i lavoratori favorendo, specialmente nel secondo caso, comportamenti opportunistici, di sfruttamento e speculativi da parte della capogruppo che esercita, direttamente o indirettamente, il controllo.
(2-00179) «Zaccagnini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Calabria vive ormai da tempo e quotidianamente, problemi legati al dissesto idrogeologico e, in particolare, la provincia di Crotone rappresenta una delle zone del territorio italiano a più elevato rischio, come confermano i dati del progetto Iffi (primo inventario dei fenomeni franosi in Italia), che hanno evidenziato la diffusa fragilità del territorio crotonese, individuando ben 409 punti identificativi del fenomeno franoso, con 78 aree soggette a rischio frana, per un'estensione totale di territorio che supera i 40 chilometri quadrati;
   a rendere più preoccupante la situazione si aggiungono le emergenze concrete, che negli ultimi anni hanno dato luogo a situazioni molto critiche, come le frane che hanno colpito negli ultimi anni diversi comuni del crotonese con gravi disagi per i loro abitanti;
   in particolare nel comune di Petilia Policastro continuano a registrarsi gravi problemi infrastrutturali. È dal 2009 che sulla strada provinciale 109 si verificano diverse frane e smottamenti che hanno reso difficoltosa la viabilità per la popolazione locale;
   la situazione appare molto critica e gli interventi da predisporre devono essere tempestivi. Per raggiungere il più vicino ospedale è necessario utilizzare la macchina, anche se le continue carenze infrastrutturali ne limitano l'utilizzo;
   la viabilità risulta, pertanto, fortemente compromessa tanto che l'amministrazione comunale di Petilia Policastro per meglio affrontare la problematica si sta attivando con una serie di manifestazioni per esprimere il proprio dissenso alla pesante situazione della viabilità cittadina;
   gli stessi amministratori comunali hanno evidenziato la necessità di un veloce ripristino del transito fra il centro cittadino e la frazione Foresta, alla luce del fatto che l'attuale situazione danneggia tutta la popolazione, non solo quella di Petilia Policastro ma di tutto il comprensorio ed inoltre provoca gravi danni agli operatori economici, già penalizzati dall'attuale crisi;
   da quanto è stato riscontrato, a seguito di rilevamenti idrogeologici, in occasione delle ultime intense piogge, è stato registrato un grave collassamento della sede stradale per lo scivolamento di un fronte franoso di circa duecento metri. La carreggiata, infatti, è sprofondata di circa due metri e si è spostata a valle di circa 5 metri. Lo stesso scivolamento si è portato via anche la palificazione in cemento armato recentemente realizzata;
   è importante attivare l'attenzione delle istituzioni locali, sollecitando gli organismi preposti ad effettuare gli urgenti e indispensabili interventi;
   se il Governo per quanto di competenza intenda promuovere, prima dell'arrivo delle nuove piogge, ogni utile iniziativa per ripristinare la viabilità, compromessa dagli eventi franosi dell'ultimo periodo e quali risorse il Governo intenda impegnare per l'immediato ripristino e miglioramento delle infrastrutture viarie crotonesi;
   se il Governo, infine, ritenga opportuno definire un piano organico di prevenzione delle calamità naturali, da affiancare a quello della regione Calabria al fine di affrontare nella maniera più efficace le emergenze alluvionali ed il rischio idrogeologico del territorio. (4-01587)


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 12 febbraio 1993, n. 39, articolo 13, comma 2, ha disciplinato le attività di monitoraggio dei contratti per lo sviluppo e la gestione dei sistemi informativi automatizzati, determinati come «contratti di grande rilievo», e, le amministrazioni pubbliche centrali sono obbligate ad affidarne l'esecuzione a società specializzate, denominate «monitori esterni qualificati», incluse in un apposito elenco predisposto all'epoca dall'ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, Digit PA (oggi incorporata nell'Agenzia per l'Italia digitale);
   le attività di monitoraggio, vale a dire direzione dei lavori, assistenza al collaudo, redazione di studi di fattibilità e degli atti di gara, sono indispensabili per le amministrazioni al fine del conseguimento degli obiettivi di efficacia e di efficienza nella gestione dei servizi informatici;
   in data 26 febbraio 2013 il Ministero della giustizia, a margine del «Contratto per la fornitura dei servizi di gestione sistemi e assistenza applicativa del sistema informativo della Giustizia e degli Uffici Giudiziari», stipulato con il raggruppamento Telecom per il valore di euro 94.593.112,00 (contratto di «grande rilevo»), ha invitato le società iscritte nell'elenco dei monitori esterni come qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale – o in raggruppamento con altre società non qualificate – a partecipare alla procedura negoziata ai sensi dell'articolo 57, comma 2, lettera c) del decreto legislativo n. 163 del 2006 per l'affidamento di attività di monitoraggio e direzione lavori;
   il Ministero della giustizia, per le attività di monitoraggio del contratto summenzionato, da espletarsi per un periodo di 39 mesi, ha fissato una base d'asta di euro 491.000,00, pari a circa lo 0,5 per cento del valore del contratto di fornitura;
   con le indicazioni usuali dell'Agenzia per l'Italia digitale e la prassi di mercato, la base d'asta della summenzionata attività di monitoraggio avrebbe dovuto essere almeno tre volte superiore (la percentuale di riferimento dei contratti di monitoraggio è valutata, infatti, tra l'1,5 e il 2 per cento del valore del contratto da monitorare) e invece, il valore della base di gara fissata dall'amministrazione, arbitrariamente basso, ha sottratto lo schema di contratto di monitoraggio alla richiesta obbligatoria di parere all'Agenzia per l'Italia digitale, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, decreto legislativo n. 177 del 2009, nonché ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, al raggiungimento delle soglie ivi indicate («euro 1.000.000,00 nel caso di procedura negoziata»);
   la suddetta gara di monitoraggio prevedeva, come criterio di aggiudicazione, il prezzo più basso, in contrasto quindi con le disposizioni di riferimento del settore (circolari AIPA/CR/16, AIPA/CR/38 e AIPA/CR/41, come, tra l'altro, richiamate nella documentazione di gara), le quali prevedono invece che: «...il meccanismo di aggiudicazione da applicare è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, conformemente al decreto legislativo n. 157 del 1995 e successive modificazioni...» (par. 4, terzo capoverso, della circolare AIPA/CR/41 e par. 9 della circolare AIPA/CR/38);
   la gara di monitoraggio non prevedeva l'obbligatoria verifica della sussistenza dei requisiti di qualificazione prescritti per l'iscrizione nell'elenco dei monitori per le società non qualificate dall'Agenzia per l'Italia digitale, in palese contrasto, pertanto, con la normativa di settore a cui si riferisce la lex specialis di gara (in riferimento alla circolare AIPA/CR/41 par. 4) e la par condicio tra concorrenti;
   in data 25 marzo 2013 l'Associazione dei monitori esterni qualificati (AMEQ), che raggruppa alcune tra le principali società specializzate nel monitoraggio incluse nell'elenco predisposto dall'Agenzia l'Italia Digitale, ha inviato una nota formale al responsabile dell'area valutazione e monitoraggio dell'Agenzia per l'Italia Digitale informandolo in merito ai fatti sopra esposti;
   in data 3 aprile 2013 la commissione di gara rendeva noti, in seduta pubblica, i risultati della valutazione delle offerte economiche i quali mostravano come prima in graduatoria la società «Tesit Consulting s.r.l.», con un'offerta di 171.860,00 euro, pari al 65 per cento di sconto rispetto alla base d'asta, ovvero allo 0,18 per cento del valore del contratto di fornitura, oggetto di monitoraggio;
   in data 20 giugno 2013 il Ministero della giustizia, a seguito delle doverose verifiche di congruità, comunicava l'avvenuta aggiudicazione alla società «Tesit Consulting s.r.l.» –:
   quali siano state le motivazioni per le quali il Ministero della giustizia, trovandosi nella necessità di dare obbligatoriamente esecuzione al monitoraggio del contratto di «grande rilievo» per la gestione del «Sistema informativo della Giustizia», abbia invece attuato una serie di scelte, quali: la non adeguata allocazione di risorse per il monitoraggio, la mancata richiesta di parere all'Agenzia per l'Italia digitale, il criterio di aggiudicazione basato sul prezzo più basso invece di quello economicamente più vantaggioso e il mancato vaglio dei requisiti di qualificazione delle società non iscritte nell'elenco dei monitori qualificati, in difformi prescrizioni di legge e a danno di un efficace controllo del contratto stesso;
   se le scarse risorse finanziarie allocate al servizio di monitoraggio e l'assenza dei criteri qualitativi per la selezione delle società di monitoraggio non siano da ritenersi uno spreco di risorse e una vanificazione dell'attività di monitoraggio medesima, piuttosto che un investimento volto al raggiungimento degli obiettivi di efficacia ed efficienza nella gestione dei servizi informatici, come citato in premessa;
   quali iniziative si intendano porre in essere al fine di attuare un efficace controllo del contratto per la gestione del Sistema informativo del Ministero della giustizia segnatamente al fine di ripristinare il rispetto delle regole del tutto eluse dal Ministero nella gara in argomento;
   quali azioni il Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione intenda adottare al fine di garantire il rispetto delle norme di legge sul monitoraggio da parte delle pubbliche amministrazioni, in un momento storico in cui il controllo sulla gestione efficace ed efficiente dei sistemi informativi della pubblica amministrazione rappresenta un fattore essenziale ai fini del recupero della competitività del Paese ed, inoltre, a garanzia della qualità dell'azione amministrativa percepita dai cittadini. (4-01589)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'istituzione dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) risale alla legge n. 470 del 27 ottobre 1988 e prevede la registrazione presso detta ANagrafe degli italiani che dichiarano di voler risiedere all'estero per un periodo di tempo superiore ai dodici mesi o, per i quali, è stata accertata d'ufficio tale residenza;
   l'esatta portata di questa previsione ha dato luogo a diverse interpretazione e applicazioni in particolare nei confronti del personale scolastico in servizio all'estero; molte rappresentanze diplomatiche hanno provveduto a richiedere ai comuni l'iscrizione all'AIRE d'ufficio poiché per i docenti di ruolo, cioè a tempo indeterminato, sussiste l'obbligo d'iscrizione visto che l'incarico copre un periodo superiore ai 12 mesi, inoltre, sebbene trattasi di dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all'estero, non sono stati notificati alle autorità locali ai sensi delle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari;
   a fronte di una normativa poco chiara si sono create sostanzialmente due diverse posizioni: da una parte il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'interno e alcune amministrazioni comunali che ritengono sussista l'obbligo di iscrizione; dall'altra alcune rappresentanze diplomatiche, l'ANUSCA (Associazione nazionale ufficiali di stato civile ed anagrafe), l'ufficio del difensore civico regionale delle regioni Lombardia, Emilia Romagna e Lazio (interrogati sul tema questi organi si sono espressi per la non obbligatorietà) e alcune amministrazioni comunali che non ritengono quest'obbligo sussista;
   da ciò ne è derivato che, in maniera del tutto casuale e dipendente dalla prassi in essere nei diversi Stati, alcuni docenti sono stati iscritti d'ufficio all'AIRE mentre altri no. Ciò è dipeso dall'orientamento della rappresentanza diplomatica di competenza, a seconda del momento storico in cui il docente si è trovato a lavorare all'estero o a seconda della regione o del comune di sua residenza. Ad esempio ad Addis Abeba il consolato italiano, dopo decenni di non intervento, nel marzo 2012, ha ritenuto di invitare il personale scolastico a presentare istanza di iscrizione volontaria all'AIRE avvertendo che, in caso contrario, avrebbe provveduto d'ufficio;
   la FLC CGIL scuola il 16 aprile del 2012 invitava, a mezzo di lettera scritta inviata al Ministero degli affari esteri e al Ministero dell'interno a fornire un parere preciso in merito al fine di evitare ricorsi giudiziari;
   già nel 2001 il Ministero dell'interno con la circolare MIACEL n. 20 aveva ritenuto di interpretare l'articolo 1, comma 9, della legge istitutiva dell'AIRE nel senso di annoverare una particolare categoria di lavoratori, in questo caso i soldati, tra le categorie escluse dall'obbligo di iscrizione affermando il diritto del cittadino italiano alla «residenza»;
   il Ministero degli affari esteri riferiva, il successivo 25 giugno 2012, che il parere del Ministero dell'interno era nel senso di non includere il personale scolastico in servizio all'estero nelle categorie esentate dall'obbligo di iscrizione all'AIRE;
   sulla base di tale parere il Consolato d'Italia in Etiopia ha provveduto, nei mesi scorsi, all'iscrizione d'ufficio all'AIRe del personale scolastico di nomina Ministero degli affari esteri e assunto a tempo indeterminato, in servizio presso la locale istituzione scolastica di Addis Abeba. Ciò ha comportato, ove le rispettive Amministrazioni comunali abbiano dato seguito alla richiesta consolare d'iscrizione d'ufficio all'AIRE, la cancellazione del lavoratore dalle liste dell'anagrafe della popolazione residente;
   in particolare in Etiopia l'iscrizione all'AIRE risulta particolarmente penalizzante per il personale scolastico in servizio ad Addis Abeba in quanto le norme locali vietano al lavoratore straniero in Etiopia di acquisirvi la residenza, o quantomeno la residenza di pieno diritto. Divieto o limitazioni da cui discendono una serie di conseguenze negative per lo stesso lavoratore, il quale verrebbe pertanto a trovarsi nella singolare condizione di non essere iscritto a nessuna anagrafe: non a quella etiopica, stante il citato divieto, non a quella in patria (stante la cancellazione nel proprio comune dall'anagrafe della popolazione residente conseguente all'iscrizione all'AIRE) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per risolvere la questione del personale scolastico in servizio ad Addis Abeba che si è venuto a trovare nella condizione di non essere iscritto né all'anagrafe del proprio comune di residenza in Italia, né all'AIRE. (5-00843)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Farnesina ha deciso la chiusura di 14 sedi consolari nel mondo secondo un calendario che prevede la chiusura di Sion, Neuchâtel, Wettingen, Tolosa, Alessandria, Scutari e Spalato il 30 novembre 2013 Timisoara, Newark, Adelaide e Brisbane il 28 febbraio 2014, Capodistria e Amsterdam il 30 giugno 2014;
   le comunità italiane nel mondo, i Comitati degli italiani all'estero (Comites), i rappresentanti al Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), i rappresentanti di Associazioni nazionali e regionali e tutte le istanze rappresentative della comunità italiana stanno unanimemente protestando contro tale scelta del Governo;
   i Governi statali e i Parlamenti federali degli Stati d'Australia hanno espresso legittime preoccupazioni per la paventata chiusura di Adelaide e Brisbane chiedendo di modificare tale decisione;
   i cittadini italiani che usufruiscono delle attività consolari chiedono rapporti forti con le istituzioni italiane e rivendicano il diritto di avere servizi efficienti dalla pubblica amministrazione del nostro Paese, come tutti gli altri cittadini residenti in Italia;
   i continui tagli e le riduzioni di bilancio si sommano ai problemi organizzativi di una rete consolare che necessita invece di attenzione e interventi adeguati poiché rappresenta oggi un essenziale elemento di collegamento con le comunità italiane e un sostegno insostituibile del sistema Italia nel mondo;
   le conclusioni della commissione di approfondimento delle modalità di applicazione della spending review era arrivata a diverse conclusioni, indicando linee alternative d'intervento rispetto all'eliminazione di terminali della struttura amministrativa, al fine di conservare il livello quantitativo e qualitativo dei servizi;
   i rapporti bilaterali tra l'Italia e i vari Stati d'Australia, i progetti regionali, la partecipazione australiana a importanti manifestazioni fieristiche nazionali e regionali il livello dell'interscambio tra i due Paesi, si fondano su una reciprocità di impegni che la chiusura dei consolati di Adelaide e Brisbane rimette in discussione;
   il Governo italiano si era impegnato a discutere con le Commissioni esteri di Camera e Senato un nuovo piano di riorganizzazione della rete consolare nel mondo e invece ha adottato decisioni non tenendo conto degli impegni assunti –:
   quali urgenti misure intenda adottare per dare piena attuazione alle proposte emerse dal lavoro svolto sulla spending review dall'apposito comitato ministeriale poiché la mancata attuazione di quel piano ha mantenuto sostanzialmente invariati i costi amministrativi del Ministero degli affari esteri;
   in che modo si intendano garantire i servizi ai cittadini italiani residenti nelle circoscrizioni consolari oggetto di chiusura, con quali strumenti e risorse si intenda continuare a garantire servizi alle imprese a tutti i cittadini italiani, non solo a chi dimora all'estero da molti anni, inclusa la nuova e originale presenza italiana all'estero, fatta di ricercatori, nuovi migranti, giovani italiani in cerca di realizzazione professionale e umana;
   quali urgenti investimenti si intendano effettuare per rendere operativo nel mondo il sistema informatico SECOLI, ancora in fase sperimentale, quali iniziative si intendano adottare per non disperdere le esperienze maturate dal personale assunto localmente, garantendo in ogni caso l'eventuale assegnazione ad altre sedi, in che modo e con quali costi, infine, s'intenda potenziare le sedi riceventi, già sovraccariche di lavoro, tutte con organici inferiori al minimo necessario, tenendo conto anche delle problematiche legate ad alcune aree del mondo non particolarmente ambite dal personale di ruolo.
(4-01579)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il reticolo idrografico posto a nord del territorio milanese è interessato dalla programmazione di interventi di messa in sicurezza idraulica e difesa del suolo definiti nell'AQST «Contratto di Fiume Olona, Bozzente, Lura» approvato con DGR n. VII/18202/2004 e sottoscritto in data 22 luglio 2004, come successivamente aggiornato e integrato con DGR n. VIII/11316 del 10 febbraio 2010;
   con atto integrativo dell'accordo di programma per la salvaguardia idraulica e la riqualificazione dei corsi d'acqua dell'area metropolitana milanese, sottoscritto in data 23 ottobre 2009 (presa d'atto dalla regione Lombardia con DGR 9 novembre 2009 n. 10503) è stato inserito l'intervento di controllo delle piene nei comuni di Bregnano e Lomazzo;
   in data 24 maggio 2011 è stata stipulata un'intesa preliminare tra regione Lombardia il commissario straordinario delegato all'attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui all'accordo di programma tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e regione Lombardia (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 dicembre 2010), i comuni di Bregnano e Lomazzo ed il consorzio parco del Lura per la realizzazione dell'intervento denominato «Realizzazione di opere per la riduzione del rischio idraulico, laminazione controllata delle piene e riqualificazione ambientale del torrente Lura nei Comuni di Bregnano e Lomazzo»;
   la progettazione preliminare dell'intervento si articola nei seguenti lotti funzionali:
    LOTTO 1A, relativo alle opere connesse alla realizzazione delle vasche di laminazione 1 e 2 in sponda destra del torrente Lura, a sua volta suddiviso in un I stralcio funzionale riguardante tutti i movimenti terra che garantiscono le due golene per un invaso idrico senza regolazione ed un II stralcio funzionale inerente al completamento strutturale e paesaggistico del primo stralcio con opere di regolazione, viabilità, ecc., per un costo complessivo di euro 14.800.000,00-, di cui euro 8.500.000,00 per il I stralcio funzionale ed euro 6.300.000,00=;
    LOTTO 1B, relativo alle opere connesse alla realizzazione della vasca 3 in sponda sinistra del torrente Lura e delle opere di alimentazione sino all'uscita dei pozzi che dal terrazzo di Bregnano recapitano le acque al fondovalle, per un costo complessivo di euro 12.000.000,00=;
    LOTTO 2, relativo alle opere di competenza Autostrada Pedemontana Lombarda Spa per la gestione delle acque di ruscellamento da nord, delle acque di piattaforma e delle acque di prima pioggia nel tratto autostradale compreso tra la ferrovia Saronno-Grandate a ovest e la S.S. 35 ad est, in alternativa al sistema contenuto nel progetto definitivo e fondato su un insieme di vasche in successione poste in fregio alla trincea stradale, per un costo complessivo di euro 16.000.000,00=;
    LOTTO 3, relativo alle opere di competenza Lura Ambiente Spa per la realizzazione di una gronda di alleggerimento della dorsale di Cermenate (Como) nel sedime già reso disponibile da Autostrada Pedemontana Lombarda Spa, per un costo complessivo di euro 7.000.000,00=;
   il medesimo territorio risulta ulteriormente interessato dal progetto dell'autostrada Pedemontana Lombarda – tratta B1 – nei comuni di Lazzate, Cermenate e Bregnano; la realizzazione del tracciato, secondo il progetto definitivo approvato, è previsto interamente in trincea. Conseguentemente, al fine di contrastare il possibile allagamento della piattaforma autostradale causato dalle acque meteoriche derivante dal bacino idrografico collinare a nord della nuova sede autostradale, è prevista la realizzazione di una serie di opere di laminazione tra cui vasche e canali di gronda;
   l'articolazione progettuale in lotti funzionali sopra descritta è scaturita anche dalla necessità, condivisa con i soggetti attuatori, gli Enti territoriali, nonché con il commissario straordinario delegato per l'attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e con regione Lombardia di garantire la migliore sinergia e coordinamento possibili tra le diverse progettualità esistenti sul territorio, in particolare con quanto previsto nel progetto dell'autostrada Pedemontana Lombarda, con l'obiettivo di perseguire un migliore inserimento paesaggistico-ambientale ed un risparmio economico complessivi;
   in particolare il progetto così come redatto dal consorzio parco del Lura, coordinato dal commissario straordinario delegato per l'attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui all'Accordo di programma con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da regione Lombardia D.G. Territorio, consente di attuare le politiche promosse nell'ambito del contratto di Fiume Olona Bozzente Lura e le direttive comunitarie 2000/60 e 2007/60; ottemperare alle prescrizioni e raccomandazioni di cui alle delibera CIPE 97/2009 di approvazione del progetto definitivo dell'autostrada Pedemontana Lombarda; ottimizzare il funzionamento idraulico delle vasche di limitazione, grazie all'interconnessione tra quelle dedicate al torrente Lura e quella dedicata ad Autostrada Pedemontana Lombarda, garantendo una maggiore efficacia del contenimento delle piene del torrente Lura, il cui assetto di bacino secondo quanto stabilito da AdBPo, non prevede e non potrebbe sostenere l'apporto dei 5 metri cubi/secondo delle acque provenienti dalle opere di convogliamento previste nel progetto autostradale; risparmiare suolo agricolo pregiato per oltre 11 ettari; ottimizzare l'impiego di risorse economiche pubbliche sia in fase di realizzazione sia in fase di gestione delle opere;
   a riguardo la direzione generale territorio, urbanistica e difesa del suolo e la direzione generale ambiente, energia e sviluppo sostenibile hanno da tempo perseguito l'esigenza di promuovere l'attuazione di interventi sinergici e coordinati attraverso la stipula di un accordo tra commissario straordinario, regione Lombardia, concessioni autostradali lombarde spa, autostrada Pedemontana Lombarda spa, consorzio parco del Lura che regoli i rapporti fra le parti riguardanti la progettazione la realizzazione, la proprietà, la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli interventi;
   in maniera del tutto inaspettata ed opinabile autostrada Pedemontana spa ha manifestato la volontà di venir meno alla ricerca di detto accordo finalizzato a coniugare l'esecuzione delle proprie opere idrauliche con quelle progettate dal consorzio, già dimensionate per accogliere i flussi idraulici di provenienza autostradale; tale scelta sarebbe motivata da una discrasia temporale tra i rispettivi stati di avanzamento, condizione del tutto infondata alla luce dell'effettivo sviluppo dei percorsi progettuali delle due opere;
   l'eventuale realizzazione di opere idrauliche autonome relative al percorso autostradale rischia di determinare un impatto territoriale ed ambientale pesantemente negativo, comportando la realizzazione di una vasca di dimensioni notevoli e di una tratta di trincea autostradale la cui unica funzionalità parziale sarebbe l'equilibrio di bilancio delle terre occorrenti la realizzazione dello svincolo di Lomazzo, che risulta ad oggi essere l'unico stralcio dell'intera seconda parte di autostrada di cui sono in corso i lavori;
   al fine di ricondurre la società concessionaria autostrada Pedemontana spa a proseguire nello sviluppo di un progetto esecutivo dell'opera autostradale coerente con l'obiettivo di realizzare un intervento organico e compatibile con il regime idraulico del torrente Lura è stato richiesto, attraverso una mozione consiliare, anche un intervento specifico di regione Lombardia –:
   se non ritenga opportuno attivarsi, per quanto di propria competenza, presso concessioni autostradali Lombarde spa e Autostrada Pedemontana Lombarda spa al fine di assicurare che la progettazione e conseguente realizzazione delle opere idrauliche per la laminazione delle acque provenienti dalla tratta B1 del sistema viabilistico pedemontano nei comuni di Lomazzo, Bregnano e Cermenate avvenga in modo integrato e coerente rispetto agli interventi previsti dall'intesa preliminare tra regione Lombardia, il commissario straordinario, i comuni di Bregnano e Lomazzo ed il consorzio Parco del Lura per la realizzazione dell'intervento denominato «Realizzazione di opere per la riduzione del rischio idraulico, laminazione controllata delle piene e riqualificazione ambientale del torrente Lura nei Comuni di Bregnano e Lomazzo», garantendo in tal modo la sostenibilità economica ed ambientale complessiva degli interventi;
   se ed in quale misura risulta confermata la capacità finanziaria della concessionaria a sostenere l'onere contrattuale relativo alla realizzazione dell'Autostrada Pedemontana Lombarda ed in particolare della tratta B1 nei Comuni di Lazzate, Cermenate e Bregnano. (4-01571)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento all'annuncio rilasciato alla stampa dalla dirigente del Ministero per i beni e le attività culturali Anna Maria Buzzi, in visita a Trieste agli inizi di luglio, in base al quale sarà prossima la stipula di una convenzione con la regione avente per oggetto il castello e il parco di Miramare;
   in base a quanto comunicato dalla dirigente nella sostanza tale accordo verterà sulla possibilità da parte della soprintendenza di istituire l'entrata a pagamento e con i proventi degli incassi poter in tal modo finanziare in maniera puntuale i lavori di manutenzione nel comprensorio;
   il parco si trova in condizioni di manifesto degrado, come più volte denunciato dall'opinione pubblica cittadina, dai media e anche dal Fai, pur essendo esso il sito più visitato dai turisti che giungono a Trieste, per questo è, con il suo castello, il simbolo della città e del Friuli Venezia Giulia –:
   se sia confermata la volontà di sottoscrivere una convenzione con la regione al fine di istituire l'entrata a pagamento per l'entrata al parco e se sì quali siano i tempi per concludere questo iter in considerazione dell'urgenza e dell'inderogabilità di un radicale intervento manutentivo, senza il quale l'immagine della città e l'offerta turistica del territorio rischiano di subire un significativo contraccolpo.
(3-00257)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GHIZZONI e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, ha previsto, all'articolo 2, la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 gennaio 2013 ha, successivamente, definito la nuova dotazione organica del Ministero per i beni e le attività culturali prevedendo una riduzione di circa 300 dipendenti di ruolo compresi i comandati provenienti da altre amministrazioni;
   risulta che la direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio e il personale del Ministero abbia informato alcuni istituti, presso cui risultano dipendenti comandati, della necessità di provvedere al rientro dei medesimi nell'amministrazione di appartenenza;
   inoltre, l'articolo 30, comma 2-sexies del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, così modificato dalla legge 4 novembre 2010, ha fissato un termine massimo di tre anni per l'utilizzazione temporanea del personale comandato da altre amministrazioni;
   il personale comandato presso il MIBAC, ed in particolare quello inserito presso gli archivi di Stato e le soprintendenze archivistiche, svolge mansioni rilevanti dal punto di vista tecnico-scientifico e amministrativo, tanto che la perdita di tale personale potrebbe generare gravi problemi di funzionalità ai servizi del Ministero e aggravare le già note e strutturali carenze in specifici settori;
   in particolare, nel sistema degli archivi di Stato risulterebbero – da una prima valutazione – almeno quaranta situazioni di fortissima criticità se al personale in comando non venisse data conferma di tale posizione, come peraltro già accaduto presso l'archivio di Belluno e di Fermo. In merito poi alle soprintendenze, si segnala la particolare condizione di quella per l'Emilia Romagna, presso la quale operano tre comandati, peraltro fortemente impegnati a fronteggiare l'emergenza post-terremoto del maggio 2012;
   infine, che la revoca dei comandi non risolverebbe di certo le esigenze di risparmio della spesa pubblica e – oltre a ledere il diritto dei lavoratori interessati, maturato negli anni, ad avere il riconoscimento della reale condizione lavorativa – avrebbe come immediata conseguenza la mancata prosecuzione di molte importanti attività e la mancata erogazione di servizi fondamentali per il territorio finora svolti, con estrema competenza, da tale personale –:
   quali provvedimenti di propria competenza intendano adottare i Ministri in indirizzo al fine di tutelare preziose competenze che da anni operano presso strutture dell'amministrazione del MIBAC, quali archivi di Stato e soprintendenza archivistiche, e come intendano garantire i servizi erogati grazie al personale comandato ormai organicamente presente in tali istituti. (5-00842)


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il turismo è un settore importante per la nostra economia, avendo contribuito nel 2012 al prodotto interno lordo (Pil) con oltre 130 miliardi di euro e con circa 2,2 milioni di persone occupate;
   lo sviluppo del comparto rappresenta una preziosa occasione che il Paese non può perdere, visto che si colloca al primo posto per numero di siti iscritti come «patrimonio dell'umanità» ma è valutato solo al settantaseiesimo posto per le politiche governative di sostegno;
   delle 160 tipologie di turismo catalogate nel mondo, infatti, il Belpaese è in grado di offrirne solo 100 malgrado lo sterminato patrimonio culturale, enogastronomico e di attrazioni naturali;
   la competitività del settore è in crisi, come registrato nel 2012 dal calo degli arrivi e delle presenze turistiche: i dati parziali infatti rilevano un decremento, rispettivamente, del 5,7 per cento e del 6,8 per cento rispetto al 2011, anno in cui i turisti internazionali avevano invece superato la soglia dei 47,4 milioni, toccando un massimo storico a partire dal 2005;
   il decreto-legge n. 70 del 2011 sul semestre europeo (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011) ha previsto il rilancio del comparto con l'istituzione, nei territori costieri, dei «distretti turistici» con l'obiettivo di riqualificare e rilanciare l'offerta nazionale, migliorando contemporaneamente l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione dei servizi;
   i distretti possono esser creati nei territori su richiesta delle imprese del settore che vi operano, in base a una procedura molto complessa che prevede: un'intesa delle aziende con le regioni interessate, propedeutica all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DCPM) istitutivo; la delimitazione del distretto con un'intesa tra le regioni, il Ministero dell'economia e delle finanze e i comuni interessati, previa conferenza di servizi obbligatoria, a cui deve partecipare anche l'Agenzia del demanio;
   il termine per la delimitazione territoriale dei distretti, scarsamente pubblicizzati, era fissato al 31 dicembre 2012 dal decreto sul semestre europeo, ma con la legge di stabilità 2013 (n. 228 del 2012) è stato rinviato al 30 giugno 2013;
   alla sua scadenza sono stati delimitati pochissimi distretti — vere e proprie «Zone a burocrazia zero» — vanificandone così lo sviluppo e la possibilità di usufruire di una serie di agevolazioni amministrative, finanziarie, fiscali e per il settore ricerca & sviluppo;
   il 24 luglio 2013, durante la seduta d'Aula a Montecitorio che ha dato il via libera alla conversione in legge del «decreto del fare» (n. 69 del 2013), il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/1248-A-R/188 del firmatario della presente interrogazione con il quale si impegnava il Governo a favorire lo sviluppo dei distretti, valutando l'opportunità di semplificarne l’iter formativo e di estendere fino al 31 dicembre 2014 il termine per la loro delimitazione territoriale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato a supporto dello sviluppo dei distretti turistici e per il rilancio del settore nel suo complesso. (5-00845)

Interrogazione a risposta scritta:


   MAESTRI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sul territorio provinciale di Parma sono presenti diversi istituti che afferiscono al Ministro per i beni e le attività culturali. In particolare alla soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza sono affidati la Galleria nazionale, il Teatro Farnese, la Camera di San Paolo e la Antica spezieria di San Giovanni;
   al gennaio 2013 il personale a disposizione era però solamente di 55 unità, con 30 agenti di vigilanza, i cosiddetti custodi, e il rimanente personale suddiviso in lavoratori tecnici (storici dell'arte, e altri) e personale amministrativo. Al personale addetto alla vigilanza è assegnato, tra gli altri, il compito di garantire le aperture straordinarie e nei festivi, oltre alle aperture ordinarie. Si tratta di un compito di assoluta rilevanza dato il grande interesse suscitato da queste strutture: ad esempio, il Teatro Farnese è risultato essere, in occasione dell'apertura straordinaria del 1o gennaio 2012, il monumento più visitato del nord Italia;
   le aperture straordinarie, sempre accompagnate da un grande successo di pubblico e che si sono rivelate così importanti per incrementare la capacità di attrattiva turistica per l'intero territorio, sono state possibili però solo grazie a specifici accordi sindacali a causa dell'ormai cronica carenza di personale;
   conseguenza della suddetta carenza di personale è l'apertura solo parziale di alcune strutture. Ad esempio risulta non completamente fruibile il complesso della Camera di San Paolo, mentre solo un terzo della Galleria nazionale è attualmente aperto al pubblico;
   nei due terzi della Galleria nazionale chiusi al pubblico per carenza di personale addetto alla vigilanza sono conservate opere di grande interesse, tanto che molti visitatori sono scoraggiati nel recarsi a Parma per visitare la pinacoteca, come dimostrano i commenti negativi apparsi su alcuni siti internet e forum dedicati a viaggi e musei;
   il restante personale tecnico opera sul territorio di Parma e Piacenza per la tutela e la progettazione, ed è inoltre impegnato in attività di biblioteca, catalogazione e archivio fotografico, svolgendo un insostituibile lavoro a favore del patrimonio artistico di queste due province;
   alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza fanno capo il castello di Torrechiara, nel comune di Langhirano (Parma), e il castello Malaspina di Bobbio (Piacenza). A gennaio 2013 il personale a disposizione era pari a 9 unità di vigilanza per il castello di Torrechiara e 1 unità di vigilanza per il castello di Bobbio. Risultavano inoltre operanti 15 unità su Parma di cui 8 funzionari e 7 non funzionari che operano sul territorio di Parma e Piacenza per la tutela, la valutazione e la successiva approvazione dei progetti, la attività di sorveglianza ed ispettiva sui monumenti, e altro;
   il personale di vigilanza garantisce aperture straordinarie e di festivi, oltre alle aperture ordinarie, garantendo un servizio di fondamentale importanza per l'intero territorio, incrementandone la capacità di attrazione turistica. Il castello di Torrechiara, nell'anno 2011, è stato infatti visitato da circa 60 mila persone;
   alla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia Romagna fa capo il Museo archeologico, il quale registra una forte carenza di personale. Attualmente i dipendenti impiegati sono solo 8;
   l'Archivio di Stato di Parma vive una situazione di disagio. La struttura è infetti operativa su due sedi, quella di via D'Azeglio, con notevoli problematiche, e quella di via Spezia. Attualmente vi operano 21 unità, così suddivise: 1 direttore, 2 funzionari, che devono garantire le aperture dei due siti, 14 unità vigilanza, 2 unità amministrative e 2 tecnici;
   una situazione di forte disagio caratterizza infine la Biblioteca palatina, con grave carenza di personale. Attualmente sono impiegate nella struttura, di competenza del Ministero, solo 37 unità, del tutto insufficienti a garantire regolarmente il servizio, La pianta organica del 1997 prevedeva infatti 62 unità. La biblioteca risulta poi solo parzialmente aperta a seguito del principio di incendio sviluppatosi il 27 ottobre 2012, tanto che una parte consistente e qualitativamente importante del patrimonio non risulta fruibile;
   la carenza di personale e la conseguente chiusura di parte delle strutture creano un disagio per i turisti che si recano nel territorio della provincia di Parma, visto l'elevato interesse suscitato dalle stesse. Musei e gallerie statali hanno infatti fatto registrare 113.686 ingressi nel 2011, mentre nello stesso periodo monumenti e aree archeologiche statali hanno fatto registrare 86.880 accessi;
   l'impossibilità per i turisti di fruire delle strutture citate provoca un grave danno di immagine per l'intero territorio ostacolando l'impegno volto alla promozione dello stesso in un momento di crisi economica. Il danno è particolarmente rilevante se si tiene conto dell'importanza di questo settore per l'economia dell'intera provincia;
   la carenza di personale comune alle strutture citate comporta gravi disagi per i lavoratori, costretti a moltiplicare i turni per allungare e prorogare le aperture di sale, musei e castelli, tanto che l'incidenza del 30 per cento prevista per i festivi annui è arrivata a toccare il 50 per cento;
   più volte le organizzazioni sindacali hanno evidenziato i forti disagi per i lavoratori, esprimendo preoccupazione per il possibile ricorso a consulenze ed esternalizzazioni dei servizi con forte utilizzo di contratti precari;
   un effetto dei tagli è la contrazione delle attività di tutela. Conseguentemente si effettuano meno missioni e mancano fondi per programmare restauri. In questo modo la funzione di tutela del territorio è ridotta a mero controllo burocratico di iniziative altrui, senza possibilità di promuovere ma solo di sorvegliare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e in che modo intenda intervenire con misure urgenti atte a porre fine a questa situazione di disagio che provoca un danno all'immagine del territorio e rischia di provocare conseguenze negative per l'economia parmense;
   quali misure intenda prendere per garantire il regolare accesso e la normale fruibilità delle strutture citate e come si intenda porre fine alle situazioni di disagio legate alla carenza di personale. (4-01576)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, BASILIO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna la Guardia costiera italiana ha intenzione di realizzare un insieme di stazioni radar VTS (vessel traffic service) ubicate presso l'isola dell'Asinara, Olbia (Isola della Bocca) e Carloforte (Capo Sandalo);
   secondo quanto riportato dall’Unione Sarda del 16 giugno 2013 si apprende che il previsto radar VTS nell'isola di San Pietro non sarà più realizzato;
   a suscitare preoccupazione tra la popolazione – oltre al fatto che le strutture insistono su dei territori di grande pregio ambientale e paesaggistico – è il sistema VTS che, secondo diversi studi, produrrebbe un inquinamento elettromagnetico ben superiore al sistema AIS (automatic identification system), perfettamente funzionante e riconosciuto internazionalmente con rischi limitati per la salute –:
   quale sia lo stato di avanzamento del progetto dei tre radar VTS all'Asinara, all'Isola della Bocca e Carloforte; se si intenda realmente rinunciare a questo tipo di radar affidandosi a quelli AIS e quali studi siano stati effettuati in merito all'impatto sulla salute di queste strutture.
(4-01573)


   BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI e ALBERTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 11 luglio 1978, n. 382 — oggi confluita nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 — venivano istituiti per l'Esercito, la Marina, l'Aeronautica, i carabinieri e la guardia di finanza degli organi di rappresentanza di militari suddivisi, a seconda delle competenze, in organo centrale detto COCER, organo intermedio detto COIR e organo di base detto COBAR;
   nel medesimo corpo normativo venivano previste tutta una serie di garanzie e tutele per i delegati dei predetti organismi al fine di vietare tutti quegli atti diretti comunque a condizionare o limitare l'esercizio del mandato dei componenti degli organi della rappresentanza;
   risulta agli interroganti che lo Stato Maggiore della difesa, con lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a firma del Capo di Stato Maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, abbia richiamato l'intero Consiglio centrale di rappresentanza interforze sia sull'uso dell'abito civile durante i lavori sia all'estesa «discrezionalità» nella partecipazione ad incontri istituzionali, ma anche nell'ordinario esercizio delle funzioni, definendo addirittura «disdicevoli» tali comportamenti;
   a parere degli interroganti, l'iniziativa del Capo di Stato Maggiore della difesa si configura come un chiaro richiamo disciplinare collettivo volto a creare nei delegati un evidente condizionamento gerarchico nell'esercizio del mandato. L'uso degli abiti civili, in particolare per i delegati COCER delle sezioni carabinieri e guardia di finanza, si rende necessario per evitare che gli stessi portino l'arma individuale al seguito, sia all'interno del Consiglio centrale di rappresentanza interforze sia nelle sedi istituzionali a cui i delegati intervengono. Inoltre, è noto che l'accesso di personale militare armato è vietato in Parlamento e in molti ambiti istituzionali;
   dalla lettura del documento in esame, oltre alla questione relativa all'uso dell'uniforme, gli interroganti ritengono che tale lettera può configurare una indebita ingerenza nell'esercizio del mandato della rappresentanza militare da parte del Capo di Stato Maggiore della difesa e sul funzionamento dei consigli stessi, in quanto il richiamo alla «discrezionalità» nella partecipazione ai lavori da parte dei delegati, contemplato dall'articolo n. 913 del decreto del Presidente 15 marzo 2010, n. 90, agirebbe sull'autonomia dei Consigli e degli stessi delegati –:
   se intenda il Ministro interrogato assumere iniziative per revocare quanto previsto nella lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a firma del Capo di Stato Maggiore della difesa ammiraglio Luigi Binelli Mantelli;
   se intenda procedere celermente ad una modifica delle eventuali disposizioni che regolano l'uso dell'uniforme e la libera partecipazione ad incontri/riunioni da parte dei delegati al fine di lasciare libera «discrezionalità» ai delegati nell'ambito delle proprie funzioni;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro nei confronti del Capo di Stato Maggiore della difesa e di chiunque agisca in tal senso, al fine di evitare in futuro ogni possibile condizionamento e limitazione, diretta e indiretta, nell'esercizio delle proprie funzioni ai delegati della rappresentanza militare. (4-01584)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il ponte sul fiume Po, tra i comuni di S Benedetto Po e Bagnolo S. Vito, rappresenta un'infrastruttura viaria di importanza cruciale per il sistema dei collegamenti e della mobilità per i territori lombardo emiliani, di cui è nota l'importanza economica;
   il problema del ponte sul Po di S. Benedetto Po (Mantova) si trascina ormai dal 1987, quando una piena provocò la variazione statica di due campate. Nel 1993 si registrarono ulteriori danni che determinarono, in un primo momento, la chiusura del ponte e, successivamente, la sua riapertura, sebbene con una circolazione limitata;
   nel 1994 vennero compiuti accertamenti da parte della regione, della provincia e dell'ANAS, dai quali risultò necessaria la sistemazione delle fondazioni del ponte, per una spesa preventivata di 24-25 miliardi di lire, ridotti poi nel 1997 a 10 miliardi di lire per una ristrutturazione parziale del ponte;
   nel 2001 il ponte è stato chiuso per lavori di ristrutturazione e la strada statale 413 interrotta. Il ponte ha, quindi, subito una serie di dissesti che hanno causato una limitazione al transito dei mezzi pesanti e l'impossibilità di ristrutturare il ponte con caratteristiche di prima categoria, agibile a tutti i mezzi;
   nel mese di maggio 2012, a seguito del terremoto che ha colpito la provincia di Mantova, il ponte di San Benedetto Po, con l'ordinanza temporanea n. 13 del 2012 della provincia di Mantova, è stato temporaneamente chiuso al transito per i veicoli di massa a pieno carico superiore a 7,5 tonnellate, ad eccezione di quelli adibiti al trasporto pubblico di persone, dei veicoli di soccorso e di pronto intervento e di quelli utilizzati per la manutenzione stradale; dalla Gazzetta di Mantova del 29 luglio 2013, si apprende che il ponte sarà demolito e ne sarà costruito uno nuovo nel medesimo sito dove ora si trova l'esistente;
   dal medesimo articolo pubblicato dalla Gazzetta di Mantova, si apprende altresì che la gara per la realizzazione del nuovo ponte sarà bandita nel 2014 e i lavori di demolizione e di ricostruzione del ponte dureranno dai 18 ai 24 mesi;
   per realizzare il nuovo ponte tra S. Benedetto Po e Bagnolo S. Vito, la regione Lombardia ha promesso alla provincia di Mantova ed ai comuni interessati uno stanziamento di 30 milioni di euro;
   appare evidente che durante i lavori di demolizione e di ricostruzione del nuovo ponte, le comunità di S. Benedetto Po e di Bagnolo S. Vito vivranno una situazione di «semi-isolamento» che avrà, inevitabilmente, delle ripercussioni negative sul tessuto socioeconomico;
   è opportuno rilevare che, fermo restando la condizione nella quale si troveranno i comuni di S. Benedetto Po e Bagnolo S. Vito, anche altri comuni del sud-est della provincia di Mantova, quali Quistello, Poggio Rusco, S. Giovanni del Dosso e S. Giacomo delle Segnate, risentiranno della sospensione dell'attraversamento;
   con riferimento al punto sopra esposto, si prevede per le attività industriali, agricole, artigianali e commerciali, nonché per i liberi professionisti e le ditte individuali, una fase recessiva derivata dalla chiusura totale dell'attraversamento del fiume Po;
   si prevede, inoltre, che anche per altre categorie professionali, come i lavoratori dipendenti, nonché per numerosi studenti e pendolari si determineranno pesanti disagi ed un inasprimento dei costi quotidiani –:
   se il Governo, alla luce di quanto esposto in premessa, intenda assumere iniziative normative per prevedere benefici fiscali o misure di sostegno per imprese e famiglie in particolare di S. Benedetto Po, ma anche di Bagnolo S. Vito e degli altri comuni indicati in premessa, al fine di alleggerire le pesanti ripercussioni derivanti dalla chiusura totale, per 18-24 mesi, dell'attraversamento del fiume Po;
   se il Governo intenda assumere eventuali iniziative, per quanto di competenza, per valutare e proporre misure, anche di carattere innovativo, per risolvere temporaneamente i problemi di viabilità e mobilità che si determineranno nel periodo di chiusura del ponte. (5-00841)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARIS, GIANCARLO GIORDANO, DEL BASSO DE CARO e AMENDOLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Relazione al Parlamento 2013 predisposta dal Governo ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel riscontrare un andamento della congiuntura economica peggiore rispetto a quello stimato nella nota di aggiornamento al DEF 2012, ha aggiornato il quadro macroeconomico e di finanza pubblica, evidenziando la necessità di affiancare al consolidamento dei conti pubblici specifiche azioni di sostegno, capaci di fronteggiare l'accentuata debolezza della domanda interna;
   a tal fine la relazione ha individuato nello sblocco dei pagamenti dei debiti delle amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori un intervento attraverso il quale immettere in tempi brevi liquidità nel sistema economico ed in tal modo agevolare una ripresa della crescita;
   per realizzare queste misure il Governo ha varato il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali;
   in particolare, il comma 1 dell'articolo 1, esclude dal patto di stabilità interno (PSI), per un importo complessivo di 5.000 milioni di euro, una serie di pagamenti tipizzati, sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali;
   a norma del citato comma 1 sono escluse dal patto: i debiti in conto capitale certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012; i debiti in conto capitale per i quali è stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2012, compresi i pagamenti fatti dalle province ai comuni e i debiti in conto capitale riconosciuti alla data del 31 dicembre 2012 ovvero che presentavano i requisiti per essere riconosciuti come debiti fuori bilancio entro la medesima data, ai sensi dell'articolo 194 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
   ai fini dell'attivazione della procedura, il comma 2 ha previsto che entro il termine del 30 aprile 2013 i comuni e le province dovevano comunicare — mediante il sistema web della ragioneria generale dello Stato — gli spazi finanziari di cui necessitavano per sostenere i suddetti pagamenti di debiti;
   sulla base delle comunicazioni pervenute, entro il 15 maggio 2013 sono stati individuati, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, per ciascun ente locale, — secondo le modalità di riparto individuate dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 10 maggio 2013, ovvero, in mancanza, su base proporzionale — gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno;
   con un esposto del 19 aprile 2013, e successivi, i consiglieri comunali di minoranza del gruppo consiliare «Noi per Pratola Serra» hanno segnalato tali omissioni ed altre macroscopiche irregolarità contabili alla Procura Regionale della Corte dei conti, alla Guardia di Finanza, al Prefetto della provincia di Avellino, al revisore dei conti del comune di Pratola Serra e poi anche alla Cassa depositi e prestiti per mezzo fax e successiva raccomandata; 
   alla data del 30 aprile 2013 (stessa data dell'approvazione del conto consuntivo 2012) il comune di Pratola Serra ha richiesto l'anticipazione di Tesoreria per sbloccare i pagamenti inerenti a fatture che non risulterebbero né tra i residui passivi dell'Ente né tra quelli fuori bilancio, inesistenti al consuntivo 2012, per circa un milione e trecentomila euro. Quindi l'amministrazione comunale ed i relativi dirigenti non potevano non sapere di detti debiti;
   durante lo svolgimento del Consiglio del comune di Pratola Serra convocato il 30 maggio 2013 per discutere sulle determinazioni del citato decreto-legge n. 35 del 2013 alcuni consiglieri hanno rilevato taluni tra i debiti per i quali il comune ha richiesto l'anticipazione di tesoreria per sbloccare i pagamenti non risultavano né tra i residui passivi dell'ente né tra quelli fuori bilancio (inesistenti e mai riconosciuti), notificandolo poi dallo stesso gruppo di opposizione;
   tale ambiguo e forse indebito inserimento, potrebbe pregiudicare gravemente la legittima soddisfazione di altri creditori del comune di Pratola Serra –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere affinché ci sia una più rigida e rigorosa verifica dei debiti da ammettere alla procedura di cui decreto-legge n. 35 del 2013. (4-01580)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANFREDI, BORGHI, TULLO, PAOLUCCI, MAURI, VELO, AMENDOLA, MARIASTELLA BIANCHI, BOSSA, BRAGA, BRATTI, CARRESCIA, CASSANO, COMINELLI, DALLAI, DECARO, GADDA, GINOBLE, TINO IANNUZZI, IMPEGNO, MARIANI, MARRONI, MAZZOLI, MORASSUT, PALMA, GIORGIO PICCOLO, SALVATORE PICCOLO, REALACCI, ROSTAN, GIOVANNA SANNA, TARTAGLIONE, VACCARO, VALERIA VALENTE, ZARDINI, PARIS, FAMIGLIETTI, CAPOZZOLO, DEL BASSO DE CARO, GANDOLFI, MORANI, VENITTELLI e GIULIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2013, alle ore 21,15, sull'autostrada A16 Napoli-Canosa, nel tratto compreso tra gli svincoli di Avellino ovest e Baiano al chilometro 32, si è verificato un gravissimo incidente in cui un pullman, sopraggiungendo a forte velocità, per cause ancora da chiarire, ha tamponato una serie di autovetture urtando le barriere di protezione autostradale (barriere new jersey) che hanno ceduto sotto il peso del pullman facendolo precipitare dal viadotto Acqualonga;
   il bilancio del tragico incidente è di 39 morti e 18 feriti;
   la procura di Avellino ha aperto un fascicolo di inchiesta per chiarire le dinamiche e le cause dell'incidente, con particolare attenzione rivolta – secondo le prime dichiarazioni pubbliche del procuratore dottor Cantelmo – alla verifica delle condizioni di efficienza del pullman e all'osservanza delle norme di sicurezza stradale nel tratto in cui si è verificato l'incidente;
   in particolare, risulterebbe che la procura stia verificando la posizione della società Autostrade per l'Italia, gestore del tratto autostradale dove è avvenuto l'incidente, in relazione allo stato di sicurezza e alla tenuta delle barriere di tipo «New Jersey da bordo ponte con mancorrente classe B3», posizionate ai lati dell'autostrada A16 all'altezza del viadotto Acqualonga e in parte cedute in seguito all'impatto col pullman, poi precipitato a valle da un'altezza di circa 30 metri;
   la società Autostrade per l'Italia, con nota ufficiale del 30 luglio, ha commentato le notizie sulla presunta inadeguatezza dei sistemi di ritenuta affermando che «le barriere laterali bordo ponte tipo New Jersey con mancorrente sono state concepite per ammortizzare al meglio gli urti delle autovetture, che costituiscono la stragrande maggioranza degli urti. Per tale motivo le barriere laterali non sono costruite con muro rigido (che sarebbe l'unico idoneo a resistere a tutti gli urti) ma con elementi collegati tra di loro, appoggiati alla pavimentazione e fissati ad essa con perni che devono permettere lo sganciamento di qualche elemento in caso di urti particolarmente forti. In caso di urti con mezzi pesanti queste barriere sono pertanto idonee a resistere solo entro certe angolazioni di impatto ed entro certi limiti di velocità, perché ma maggiore rigidità sarebbe molto pericolosa per gli automobilisti in caso di urto violento», rimandando in tutti casi agli organi inquirenti l'accertamento di quanto accaduto;
   tra le cause dell'incidente si ipotizza la perdita di controllo del pullman per guasti tecnici anche se il veicolo risulta essere stato sottoposto a revisione annuale obbligatoria nel marzo del 2013; al riguardo, il Codacons ha presentato un esposto alla procura di Avellino per verificare come sia stata eseguita tale revisione e se il veicolo fosse effettivamente in grado di trasportare passeggeri in condizioni di sicurezza; infatti, a fronte dell'obbligo di revisione annuale disposto dal codice della strada presso la Motorizzazione civile solo un esiguo numero di veicoli non supera l'esame;
   l'articolo 2 del decreto ministeriale n. 2367 del 2004, in materia di sicurezza stradale, attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il compito di svolgere attività di studio, di ricerca e di monitoraggio sui dispositivi di ritenuta nelle costruzioni stradali, anche avvalendosi del supporto di soggetti esterni di comprovata esperienza nel settore –:
   se le condizioni di sicurezza e di manutenzione delle barriere di protezione nel tratto autostradale della A16 in corrispondenza del gravissimo incidente fossero adeguate a garantire un livello di massima protezione quale è necessario per viadotti con traffico pesante come nel caso in commento e se il Ministro interrogato abbia informazioni significative, anche sulla base di eventuali dati della Motorizzazione civile, sulle cause dell'incidente in rapporto allo stato di manutenzione e di sicurezza del pullman con riferimento alla correttezza e alla completezza dei controlli sul veicolo e in particolare su tutti i dispositivi e gli equipaggiamenti necessari alla sicurezza della circolazione e del trasporto dei passeggeri. (5-00847)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   i cittadini di Stato non appartenente all'Unione europea, con cui vigono accordi in tema di conversione della patente di guida, possono guidare in Italia con la propria patente nazionale, accompagnata dal permesso internazionale di guida rilasciato dal proprio Stato di appartenenza, fino a quando non decidono di fissare in Italia la propria residenza;
   tale possibilità permane per tutto l'anno successivo all'effettiva fissazione della residenza nel nostro Paese e successivamente si renderà necessaria la conversione della patente estera;
   la conversione è possibile solo per le patenti rilasciate dagli Stati non aderenti all'Unione europea con i quali l'Italia ha stabilito rapporti di reciprocità;
   gli Stati con i quali attualmente vigono convenzioni in materia di conversione delle patenti di guida sono Algeria, Argentina, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Filippine, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Libano, Liechtenstein, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Marocco, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Principato di Monaco, Repubblica di Corea, Romania, San Marino, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Svezia, Svizzera, Taiwan, Turchia, Ungheria;
   non è in vigore un accordo per la conversione delle patenti di guida tra Italia e Australia e non risulta chiaro all'interrogante se sono in corso trattative per la stipula di un accordo;
   non è ancora in vigore raccordo tra Italia e Israele per la conversione delle patenti di guida;
   i cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia ai quali non viene convertita la patente straniera, non potendo guidare, vanno incontro a notevoli disagi, soprattutto in ordine allo svolgimento della loro attività lavorative;
   per la conversione, inoltre, sono costretti a ripetere l'esame di guida, a sostenerne i relativi costi ed il test scritto è disponibile solo in lingua italiana –:
   quali urgenti iniziative si intendano adottare per iniziare la trattativa o concludere l'accordo per la conversione delle patenti di guida tra Italia e Australia;
   quali urgenti iniziative si intendano adottare per portare a conclusione l'accordo per la conversione delle patenti di guida tra Italia e Israele;
   se i Ministri interrogati non ritengano indispensabile produrre ed adottare un test di esame scritto in altre lingue;
   quali iniziative urgenti si intendano intraprendere, e in quali tempi, al fine di rendere possibili le conversioni tra Italia e Australia e Italia e Israele ponendo fine ai gravi disagi in cui incorrono i cittadini stranieri coinvolti. (4-01575)


   CAON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apprese dall'interrogante, accade frequentemente che passeggeri Alitalia della tratta aerea Tirana-Venezia risultano sprovvisti dei requisiti reddituali necessari per soggiornare nel nostro Paese;
   in seguito ai controlli effettuati dagli agenti della dogana presso l'aeroporto di Venezia e accertata l'assenza di tali requisiti, viene previsto il rimpatrio immediato dei passeggeri albanesi;
   gli oneri di tale rimpatrio, e tutti i disagi connessi al rimpatrio immediato, sono a carico della compagnia aerea Alitalia –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, verificatane la veridicità, non ritenga opportuno intervenire per porre fine a simili episodi incresciosi, anche prevedendo, attraverso specifici accordi con l'Albania, controlli presso l'aeroporto di Tirana tesi a verificare la sussistenza dei requisiti per il soggiorno legale nel nostro Paese dei cittadini albanesi. (4-01578)


   BOCCADUTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il consorzio Metro C, che si sta occupando della costruzione della terza linea della metropolitana della città di Roma, il 31 luglio 2013 ha annunciato tramite una lettera a comune di Roma, regione Lazio e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la sospensione dei lavori per il 9 agosto 2013;
   nella suddetta lettera viene lamentato un mancato pagamento da parte del comune di Roma e di Roma Metropolitane pari a circa 230 milioni di euro;
   diversi lavoratori del consorzio Metro C non percepiscono lo stipendio da diversi mesi, come numerosi articoli della stampa testimoniano;
   l'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (cosiddetto decreto del Fare), ha istituito un fondo per lo sblocco dei cantieri –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per tutelare la prosecuzione dei lavori della «linea C» della metropolitana di Roma e per garantire la giusta retribuzione dei lavoratori del Consorzio Metro C. (4-01582)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'iniziativa del cielo unico europeo (SES) ha come obiettivo il miglioramento dell'efficienza complessiva dell'organizzazione e la gestione dello spazio aereo europeo, mediante una riforma del settore della fornitura dei servizi di navigazione aerea. Lo sviluppo di tale iniziativa si è concretizzato in due pacchetti legislativi organici – SES I e SES II –, composti dai regolamenti CE n. 549/2004; 550/2004; n. 551/2004; 552/2004;
   il quadro normativo è correlato allo sviluppo della legislazione relativa alla sicurezza aerea in Europa affidata all'Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA), e all'avvio di un progetto organico per la modernizzazione delle apparecchiature e dei sistemi di navigazione aerea (SESAR);
   si sono registrati significativi ritardi nella realizzazione dell'iniziativa. Pertanto, la Commissione europea ha proposto, nel giugno 2013, un aggiornamento del regolamento SES, denominato SES 2+, volto ad accelerare l'attuazione della riforma dei servizi di navigazione aerea;
   studi comparatistici evidenziano la scarsa efficienza nella fornitura dei servizi di navigazione aerea (ANS): negli Stati Uniti, lo spazio aereo «en-route» è controllato da un unico prestatore di servizi, mentre in Europa operano 38 fornitori di servizi. Il prestatore di servizi, inoltre, controlla quasi il 70 per cento dei voli in più con il 38 per cento del personale in meno;
   ciò ha imposto un'accentuazione, da parte della Commissione europea, del programma sulla riduzione dei costi per i servizi del settore, con il passaggio dal cost recovery al cost efficiency;
   Il nuovo criterio imporrà a tutti i provider europei, e quindi anche ad ENAV, una drastica riduzione dei costi operativi, anche attraverso la possibilità di disarticolare l'attività per la fornitura dei vari servizi;
   tale contesto conferirà agli operatori una libertà di azione che dovrà essere monitorata ed espressamente orientata, per evitare che aziende controllate dallo Stato scelgano facili scorciatoie per ridurre i costi, quali il taglio degli investimenti per la formazione professionale, la riduzione degli organici, l'utilizzo di tecniche di turnazione non rispettose dei contratti e della specificità e delicatezza del servizio, come per esempio per i controllori del traffico aereo (CTA), lo spin-off di attività senza garanzie per i lavoratori;
   tagli indiscriminati potrebbero avere gravi conseguenze in termini di sicurezza delle strutture;
   per tali ragioni, prima della formalizzazione della proposta SES 2+, i governi francese e tedesco hanno inviato una lettera al Commissario europeo per i trasporti, Siim Kallas, auspicando che fosse considerata prioritaria l'implementazione di quanto già previsto per l’European Aviation Safet Agency (EASA), piuttosto che l'emanazione di un nuovo «pacchetto» SES;
   anche il Comitato Air Traffic Management dell’European Transport Workers’ Federation (ETF) ha espresso una posizione contraria a riguardo, con specifiche iniziative di contrasto: il 12 giugno, in seguito ad un incontro con i rappresentanti di FILT-CGIL, FIT-CISL e UIL-T, ha organizzato un action day per sottolineare contro la proposta SES 2+, «utilizzata dalla Commissione Europea per introdurre sottobanco processi di liberalizzazione, privatizzazione, esternalizzazione e concorrenza nel sistema ATM, senza tenere nella giusta considerazione la safety e la stabilità economica del provider»;
   l'elevata pressione sulla riduzione dei costi potrebbe avere gravi conseguenze in termini occupazionali e sulla qualità del lavoro;
   in particolare, risulterebbe all'interrogante che ENAV non avrebbe raggiunto gli obiettivi pianificati di riduzione di sprechi ed inefficienze secondo i nuovi criteri stabiliti a livello europeo. Ciò avrebbe comportato:
    a) l'inserimento, per la prima volta nella storia aziendale, dell'istituto della cassa integrazione;
    b) la riduzione di retribuzioni e garanzie per il personale per effetto dell'eventuale unbundling (scorporo delle attività not core);
   risulterebbe all'interrogante che la gestione del personale in Enav avrebbe privilegiato l'assunzione dall'esterno di controllori del traffico aereo nonostante il numeroso personale «esperto di assistenza al volo» già in servizio da anni in azienda, stia aspettando da più di tre anni un corso di formazione interno;
   inoltre, risulterebbe all'interrogante che dal 2012 i risparmi gestionali agirebbero anche su incrementi della turnazione dei controllori del traffico aereo (CTA); la considerazione della delicatezza del lavoro dei controllori di volo, e le potenziali conseguenze in termini di sicurezza delle strutture, consiglierebbero turnazioni diverse;
   nel 2011 ENAC spa, sempre per quanto consta all'interrogante, avrebbe imposto ad ENAV S.p.A. di attribuire e consegnare al numeroso personale interessato le licenze FISO e di tecnico meteorologico aeronautico. Obbligo non ancora adempiuto da ENAV;
   in caso di esternalizzazione delle attività, la mancanza delle licenze succitate potrebbe esporre il personale in questione a forti penalizzazioni, anche retributive, a favore degli acquirenti –:
   quale sia la posizione di Enav S.p.A. in merito ai punti specifici succitati che, se confermati, appaiono particolarmente gravi e preoccupanti;
   quale sia la posizione del Governo rispetto all'iniziativa denominata SES 2+;
   quale sia il piano d'azione predisposto da Enav per ottemperare a quanto richiesto dal nuovo regolamento SES 2+ ;
   quali siano le politiche di conservazione e qualificazione delle risorse, con particolare riguardo alla formazione ed upgrading interno e l'eventuale acquisizione di risorse dal mercato;
   quali forme di unbundling siano in fase di valutazione e quali i momenti di condivisione di queste scelte con i principali stakeholder. (4-01588)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in Abruzzo il 15 dicembre 2013 scadono i 5 anni di durata della legislatura regionale e secondo la legge, dovrebbero essere indette entro questa data le elezioni per il consiglio regionale e il presidente della giunta regionale;
   sulla stampa si apprende che autorevoli rappresentanti della regione Abruzzo e del PDL hanno avuto incontri in sede di Ministero dell'interno per cercare di abbinare le suddette elezioni regionali dell'Abruzzo a quelle Europee che si dovrebbero tenere a fine maggio del 2014;
   in questo modo si verificherebbe l'anomalo prolungamento di 6 mesi della legislatura regionale, con una pesante limitazione, peraltro, della attività della giunta e del consiglio regionale dell'Abruzzo che non potrebbe andare al di là dell'ordinaria amministrazione;
   si legge sulla stampa abruzzese anche di un parere dell'Avvocatura dello Stato su questa eventualità;
   la legge elettorale dell'Abruzzo vieta che nei 6 mesi precedenti la fine della legislatura regionale, che scade il 15 dicembre 2013, non possano essere adottate modifiche delle norme elettorali regionali;
   tutti i partiti del centrosinistra della regione Abruzzo hanno ufficialmente richiesto che si voti entro i termini stabiliti dalla legge regionale elettorale e dallo statuto della regione Abruzzo, contrastando così la proposta di abbinare le elezioni regionali dell'Abruzzo a quelle Europee del 2014;
   su questioni così delicate dal punto di vista istituzionale, come è un procedimento elettorale di una regione, non ci si deve attendere scrupolosamente a quanto prevedono le leggi nazionali e regionali vigenti –:
   se corrisponda al vero che il Ministero dell'interno abbia avuto riunioni con rappresentanti della giunta e del consiglio regionale dell'Abruzzo, per trattare questo problema;
   quale sia la posizione sostenuta dal Ministero dell'interno su questo problema;
   quale sia il parere espresso dall'Avvocatura dello Stato e per impulso di chi sia stato richiesto suddetto parere posto che sarebbe grave che si omettano provvedimenti di avvio del procedimento elettorale regionale dell'Abruzzo nei tempi stabiliti dalla legge. (3-00256)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 dicembre 2013 scade il mandato del Presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi e dell'intero consiglio regionale abruzzese;
   l'articolo 5 della legge n. 165 del 2 luglio del 2004 prescrive che gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni e che il quinquennio decorre per ciascun consiglio dalla data delle elezioni;
   come stabilito dall'articolo 86 dello statuto della regione Abruzzo le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale e il Presidente della giunta sono indette entro tre mesi dalla scadenza della legislatura secondo le modalità stabilite dalla legge elettorale regionale;
   come stabilito dalla legge elettorale regionale le elezioni devono svolgersi non oltre tre mesi dalla scadenza della legislatura;
   il presidente del consiglio regionale e della giunta regionale dell'Abruzzo hanno posto ai vertici del Ministero dell'interno un quesito sull'accorpamento delle elezioni regionali abruzzesi con quelle europee;
   il Ministero dell'interno ha posto il quesito sull'abbinamento delle elezioni regionali in Abruzzo con quelle europee all'Avvocatura dello Stato;
   l'Avvocatura considera che «qualora venisse impugnato il provvedimento che indice lo svolgimento del le elezioni regionali nella stessa data in cui si terranno le elezioni europee, la questione di costituzionalità dell'articolo 6 della legge regionale abruzzese, nella parte in cui non fa salve l'applicazione dell'articolo 7 del decreto legge n. 98 del 2011, potrebbe essere sollevata in via incidentale dal giudice adito. Allo stesso modo, in quello stesso giudizio di impugnazione, potrebbe anche essere sollevato, per le opposte ragioni sopra illustrate, anche la questione di incostituzionalità dell'articolo 7, secondo comma del decreto-legge n. 98 del 2011, nella parte in cui non fa salva la compatibilità con i rispettivi ordinamenti»;
   la stessa avvocatura dello Stato nel proprio parere, ritenendo prevalente l'interpretazione secondo la quale le elezioni regionali dovrebbero essere celebrate negli stessi giorni in cui si terranno le elezioni europee consiglia alla regione Abruzzo come soluzione idonea a fugare ogni residuo dubbio sull'abbinamento delle elezioni di modificare il primo comma dell'articolo 6 della legge regionale n. 9 del 2013 –:
   in base a quale principio o norma giuridica, pur modificando la legge elettorale della regione Abruzzo, come da suggerimento dell'Avvocatura dello Stato, possono essere svolte le elezioni regionali contemporaneamente alle elezioni europee nelle date comprese tra il 22 e il 25 maggio 2014, considerando che lo statuto della regione Abruzzo fissa entro tre mesi dalla scadenza del mandato l'indizione delle elezioni per il rinnovo del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale; e se dunque una legge ordinaria dallo Stato, per giunta attuata attraverso un decreto-legge convertito, possa derogare una norma statutaria regionale, tenendo presente il principio costituzionale dell'autonomia statutaria delle regioni nonché gli articoli 117 e seguenti della Costituzione, ravvisandovi, in caso, una palese incostituzionalità dell'eventuale decreto di spostamento delle elezioni. (4-01570)


   ZAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 aprile 2013, il signor Marcolino Marra, nato a Cellino San Marco, il 4 novembre 1967, veniva tratto in arresto, presso la propria abitazione, dagli agenti Canali Vincenzo, Capaldo Enrico, Sacco Marco, Sapochetti Mattia, Carlesi Anna e Cutrone Gianfranco, in servizio presso il commissariato di pubblica sicurezza Viminale di Roma, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, atti osceni alla pubblica decenza, oltraggio a pubblico ufficiale, minacce aggravate;
   dal verbale di arresto risulta che gli agenti di polizia intervenivano per una richiesta del signor Marco Calvani, nato a Prato l'11 dicembre 1980, che segnalava una lite in Roma, via Milazzo n. 59;
   sui luoghi non apparivano tracce riferibili ad una lite, né alla commissione di alcun reato. Peraltro, occorre segnalare, che esattamente di fronte si trova una caserma dei Carabinieri;
   quindi, sulla scorta delle dichiarazioni del Calvani relative ad una presunta appropriazione indebita commessa ai suoi danni, gli agenti di polizia si spostavano all'interno dell'edificio, presso l'abitazione privata del signor Marra, e procedevano, oltre che all'identificazione personale, ad ispezione e perquisizione;
   tuttavia gli agenti di polizia non effettuavano alcun riscontro sulle dichiarazioni del Calvani, né relativamente alla lite, né sull'asserita appropriazione indebita, rispetto alla quale neanche procedevano ad individuare gli oggetti, la loro provenienza e la relativa proprietà;
   l'intervento degli agenti di polizia appariva all'interrogante abnorme per i mezzi e le modalità con le quali veniva espletato. Sui luoghi, in mancanza di riscontri sulla commissione di alcun reato, convergevano tre o quattro volanti della polizia, almeno sei agenti procedevano e verbalizzavano, altri ancora attendevano in strada. Un impiego di personale e di mezzi che appare all'interrogante ingiustificato rispetto ad una segnalazione di quel tipo, in assenza flagranza di reato e di qualunque accertamento;
   quindi, gli agenti si recavano presso l'abitazione privata del signor Marra e procedevano al suo arresto per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Nel verbale, tuttavia, si ometteva di annotare la presenza di numerosi condomini, che accorrevano in soccorso del signor Marra allarmati dalle modalità di svolgimento di tali operazioni;
   il signor Marra è stato colto all'improvviso nel sonno, indossava un pigiama, non offendeva, non minacciava, né tanto meno opponeva resistenza agli agenti di polizia giudiziaria, ma era sensibilmente confuso e impaurito, chiedeva solo spiegazioni e che gli fosse consentito di esibire i documenti. Precisano, inoltre, che toni e atteggiamenti di prevaricazione erano riferibili proprio ad alcuni agenti di polizia giudiziaria, i quali procedono all'arresto del signor Marra, lo trascinano per le scale, svestito, scalzo, di fronte a tutti, senza consentirgli di prendere qualche effetto personale –:
   se risulti che l'operazione di polizia sia stata effettuata con mezzi e forze sproporzionate;
   se sia o meno da considerarsi anomala la procedura di identificazione personale avvenuta presso un'abitazione privata, nonché l'ispezione e la perquisizione;
   se non vi siano irregolarità sullo stato di flagranza. (4-01586)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), il 13 febbraio 2013, ha espresso parere favorevole alla richiesta di attivazione del corso di diploma accademico di II livello in popular music valutando positivamente, sul piano degli obiettivi e dei contenuti didattici, la documentazione presentata dal conservatorio di musica «Licinio Refice» di Frosinone;
   l'opportunità di attivare un corso di II livello in popular music è nata dalla considerazione che il lavoro nel campo di tale disciplina è uno delle possibilità più interessanti che si offrono oggi ai diplomati, oltre all'insegnamento; peraltro gli strumenti teorici in grado di analizzare e studiare la popular music permettono una preparazione accademica che educa lo studente al consapevole e professionale adempimento di tutti quei lavori che il mercato di detta disciplina ha creato (tecnici del suono, arrangiatori, direttori d'orchestra);
   tre mesi dopo il parere favorevole espresso dal Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale, la direzione generale per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca comunicava all'istituto «Licinio Refice» di Frosinone l'intenzione di non dar più seguito a nuove richieste di attivazione e di modifica dei corsi di secondo livello ritenendo così, di fatto, annullata l'autorizzazione ad attivare il corso di diploma accademico di II livello in popular music;
   il fatto di non autorizzare l'attivazione del succitato corso appare all'interrogante assolutamente discriminante per gli studenti che intendono completare il proprio ciclo di studi e conseguire un titolo completo che possa dare loro maggiori garanzie per l'accesso al mondo del lavoro –:
   quali siano le motivazioni che hanno determinato la decisione di annullare, di fatto, l'autorizzazione già concessa dal Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (CNAM), al conservatorio di musica «Licinio Refice» di Frosinone, ad attivare il corso di diploma accademico di II livello in popular music;
   se il Ministro intenda intervenire per consentirne l'attivazione per rispondere alle esigenze culturali e professionali degli studenti, assunto che nel campo della popular music si trovano oggi le più interessanti opportunità di lavoro;
   se il Ministro intenda attivarsi affinché molti studenti, già in possesso della laurea di primo livello, possano concludere il proprio ciclo di studi. (4-01572)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (l'INGV) svolge un lavoro fondamentale per la sicurezza dei cittadini, la prevenzione, l'osservazione e la ricerca sui fenomeni sismici in un Paese ad alto rischio come l'Italia;
   il personale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è composto per circa il 40 per cento da lavoratori con contratti precari di diversa tipologia. Essi hanno importanza strategica nell'economia dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia dal momento che sono impegnati su fronti delicati, come il funzionamento della sala sismica di sorveglianza h24 di Roma, il servizio di monitoraggio e sorveglianza sismica e dei vulcani attivi presso la sala operativa di Catania, i servizi di sorveglianza sismica e vulcanica 24h di Napoli;
   inoltre, il personale precario partecipa allo sviluppo e al miglioramento delle attività di ricerca di base, fondamentale per il reperimento di fondi sul libero mercato della ricerca nazionale ed internazionale;
   250 lavoratori precari, su un totale di oltre 300, hanno il contratto in scadenza a dicembre 2013;
   per effetto della legge n. 183 del 4 novembre 2010 (cosiddetto collegato lavoro), i lavoratori precari in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1 comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, hanno visto annullate le loro attese di stabilizzazione in ruolo –:
   quali misure urgenti, intendano adottare per evitare il licenziamento dei lavoratori precari dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che metterebbe a rischio la possibilità dell'Ente di continuare a svolgere le funzioni che allo stesso sono assegnate. (4-01577)


   IACONO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i corsi abilitanti, indetti dal decreto ministeriale n. 85 del 18 novembre 2005, ex-lege n. 143 del 2004, richiedenti il requisito dei 360 giorni di servizio prestati dal 1o settembre 1999 al 6 giugno 2004, sono stati banditi nel novembre 2005 (termine di presentazione domande 22 dicembre 2005);
   i motivi di esclusione erano:
    A) domanda presentata oltre il termine previsto – articolo 4, comma 3;
    B) omissione della firma del partecipante sulla domanda – articolo 4 comma 3;
    C) difetto del requisito dei 360 giorni di servizio prestati dal 1o settembre 1999 al 6 giugno 2004 – articolo 1;
    D) la titolarità del partecipante (incaricato a tempo indeterminato) – articolo 2, comma 3;
    E) titolo di studio di accesso non valido a norma del decreto ministeriale n. 39 del 1998, articolo 1;
    F) presenza del partecipante nel corso abilitante di cui al decreto ministeriale n. 21 del 2005 o decreto ministeriale n. 100 del 2004 – articolo 2, comma 1;
   tantissimi insegnanti, pur nel difetto di alcuni dei motivi di esclusione (si vedano sopra C – D – F), hanno presentato la domanda ai provveditorati e sono stati in un primo momento esclusi perché non in regola. Tutti gli esclusi che, però, hanno fatto ricorso vengono ammessi ai corsi abilitanti con riserva;
   i corsi abilitanti sono iniziati nel gennaio 2007 e sono finiti nel mese di marzo-aprile 2008. Tutti i partecipanti, compresi quelli ammessi con riserva, hanno pagato una tassa di 1750,00 euro, hanno seguito 600 ore di lezione, hanno superato sia gli esami in itinere (più di venti) sia l'esame finale di Stato;
   da allora si sono succedute disposizioni che hanno sciolto la riserva solo per alcuni degli esclusi, creando disparità di trattamento e ingiusta discriminazione;
   l'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha sciolto la riserva solo per coloro che, esclusi per il motivo C, avevano maturato i 360 giorni di servizio al momento della scadenza del bando (22 dicembre 2005);
   «resta valida l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione o idoneità all'insegnamento indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto 18 novembre 2005, n. 85, ai sensi del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, che abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, entro il termine di presentazione delle domande di partecipazione ai suddetti corsi speciali e che abbiano superato l'esame di Stato»;
   successivamente, il decreto-legge n. 134 del 2009 (cosiddetto salvaprecari) scioglieva la riserva rispettivamente per quanti del decreto ministeriale n. 21 del 2005 erano in difetto del requisito di servizio e per coloro che avevano frequentato i corsi abilitanti decreto ministeriale n. 21-85 del 2005, pur avendo un contratto a tempo indeterminato (esclusi lettera D). Gli esclusi per il motivo C, non avevano il requisito dei 360 giorni di insegnamento entro la data del 22 dicembre 2005, ma lo hanno maturato successivamente e comunque prima dell'inizio dei corsi (gennaio 2007);
   ancora oggi, dopo cinque anni dalla fine del corso e diversi tentativi per sanare anche questa situazione, il problema sussiste –:
   quale siano gli intendimenti rispetto alla rimozione di tale riserva. (4-01583)


   IACONO, AMODDIO e PICCIONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2004 viene bandito il concorso per dirigenti scolastici in Sicilia;
   il concorso viene espletato nel 2006 e successivamente annullato per gravissime irregolarità;
   la legge Siragusa n. 202/2110 prevede la rinnovazione del concorso in tre fasi:
    a) per presidi già in servizio uno scritto sull'esperienza svolta;
    b) per i presidi idonei ma non in servizio uno scritto sull'esperienza del corso di formazione;
    c) per i non idonei agli scritti la ricorrezione degli elaborati;
   la legge prevede che tutte le operazioni debbano concludersi in un anno e che siano riservati ai ricorrenti i posti che si libereranno nell'anno 2010/11 e 2011/12;
   nel 2011 viene bandito il nuovo concorso, che prevede una postilla per la Sicilia, in base alla quale i vincitori 2011 saranno assunti dopo gli idonei del 2004;
   il 27 novembre 2012 viene pubblicata la graduatoria dei ricorretti del 2004, dalla quale risultano 51 idonei;
   il 28 dicembre 2012 viene pubblicata la graduatoria del 2011, dalla quale risultano 176 idonei;
   il 15 gennaio 2013 inizia il corso di formazione per gli idonei 2004, che in realtà sono 40, perché 11 tra i ricorrenti sono o deceduti, o in pensione o già dirigenti con il concorso riservato;
   il decreto n. 11206 del 29 maggio 2013, a firma dottoressa Altomonte, pur citando in premessa che il D.D.G. 13 luglio 2011 prevede che le nomine dei dirigenti scolastici risultanti vincitori del concorso 2011 saranno effettuate dopo le nomine dei candidati del concorso 2004, decreta che 176 posti saranno assegnati ai vincitori del concorso 2011 e che solamente i posti che si renderanno vacanti e disponibili dopo la nomina dei vincitori del concorso 2011 saranno assegnati ai vincitori del 2004, rilevato che nell'A.S. 2010/2011 risultavano vacanti 89 posti e nell'A.S. 2011/2012 risultavano 54 unità in soprannumero;
   nell'A.S. 2011/2012 sono state effettuate le seguenti operazioni:
    n. 24 immissioni in ruolo (decreto del 6 settembre 2011);
    n. 23 trasferimenti interregionali (decreto del 27 agosto 2011);
    n. 25 incarichi di presidenza (decreto del 6 settembre 2011);
    n. 156 incarico aggiuntivo di reggenza (decreto del 6 settembre 2011);
   la legge n. 183, che ha previsto la soppressione delle cattedre di presidenza per le scuole sottodimensionate, è del 12 novembre 2011 e, pertanto, va a decurtare le disponibilità del posti per l'A.S. 2012/2013 e non quelli dell'A.S. 2011/2012;
   inoltre l'USR Sicilia, considera incompleta la procedura concorsuale di cui alla legge n. 202 del 2010 per i seguenti motivi:
    a fine luglio c.a. si concluderà il corso di formazione con un colloquio finale selettivo;
    in data 21 giugno 2013 alla commissione esaminatrice ha pubblicato l'elenco degli idonei tra coloro che, bocciati agli orali nella prima procedura, hanno subito nella rinnovazione, per sentenza del Tar Lazio, una ulteriore ricorrezione degli elaborati scritti. L'elenco individua n. 14 idonei, tra cui:
    n. 2 docenti già in quiescenza;
    n. 2 docenti già dirigenti scolastici tramite procedura concorsuale riservata;
    n. 1 docente già inserita nella graduatoria di merito del concorso 2011;
    n. 5 docenti già frequentanti con riserva il corso di formazione con i 40 idonei della procedura C);
   risulterebbero, pertanto, destinatari di un ulteriore corso di formazione solamente n. 4 docenti, tra i nuovi idonei;
   si precisa, a tal fine, che nel mese di febbraio 2013 sono stati mandati n. 300 decreti di pensionamento ai presidi siciliani che avevano raggiunto la quota 96 tra età e contribuzione e ciò avrebbe consentito l'immissione in ruolo sia degli idonei del 2004 che di quelli del 2011, ma nel mese di maggio, è stato concessa la proroga in servizio a numerosi dirigenti già in possesso dei requisiti di legge per il pensionamento –:
   come il Ministro intenda procedere per garantire il diritto di precedenza nelle immissioni in ruolo in qualità di dirigenti scolastici ai docenti risultati idonei alla rinnovazione concorsuale di cui alla legge n. 202 del 2010, in considerazione anche del fatto che gli stessi docenti hanno già subito un grave danno di carattere morale ed economico a seguito della vicenda concorsuale annullata per gravi irregolarità. (4-01585)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRAGA e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 16 luglio 1997, n. 230, nel sopprimere il fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali, pur risolvendo parte dei problemi pensionistici della categoria, ha lasciato insoluta la problematica riguardante i lavoratori che non avevano ancora maturato il requisito per l'accesso al pensionamento e che sono rimasti disoccupati a seguito del venire meno della figura dello spedizioniere doganale;
   gli anni di contribuzione maturati presso il fondo e quelli maturati presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) non sono cumulabili, con la conseguenza, che gli spedizionieri, pur avendo versato obbligatoriamente decine di anni di contributi, non possono godere di un trattamento pensionistico di anzianità;
   il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, non cita espressamente gli spedizionieri doganali tra le categorie che hanno diritto alla totalizzazione e per questo sia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sia l'INPS sono concordi nel ritenere, che ad oggi, essi non rientrino nella normativa vigente;
   l'interpretazione letterale dell'articolo 1, comma 1 del suddetto decreto legislativo non lascia però dubbi sulla legittimità di applicazione di tale legge, anche alla categoria degli spedizionieri doganali e l'INPS sta soccombendo sistematicamente, in molte sedi di tribunale, in tutte le cause promosse dagli interessati per questo motivo;
   a fronte delle sentenze dei tribunali, sembra così prefigurarsi l'incostituzionalità della norma per disparità di trattamento tra lavoratori;
   nel corso della passata legislatura, a seguito della presentazione di un'analoga interrogazione, il Governo pro tempore diede risposta informando «anche alla luce delle più recenti pronunce giurisprudenziali in materia, di stare valutando, unitamente al competente Ministero dell'economia e delle finanze, ogni soluzione idonea a soddisfare le esigenze prospettate, in tale ambito, dalla categoria» degli spedizionieri doganali, riservandosi una più dettagliata informazione, non più resa, all'esito dei contatti tra i due Ministeri –:
   se non reputi necessario definire il contenzioso venutosi a creare con le diverse interpretazioni normative e con i giudizi espressi dai tribunali che hanno valutato le cause instaurate dai ricorrenti per chiarire l'impianto della legge n. 42 del 2006, affinché sia riconosciuto il trattamento pensionistico di anzianità agli spedizionieri doganali, già iscritti all'albo professionale istituito dal titolo III della legge 22 dicembre 1960, n. 1612, che abbiano maturato, in periodi non coincidenti, presso diverse forme obbligatorie di previdenza, l'anzianità contributiva ed anagrafica minima previste dalla legislazione vigente per maturare il diritto ad accedere alla pensione di anzianità.
(5-00846)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   TENTORI, OLIVERIO, TARICCO, CARRA, CENNI, COVA, ANTEZZA, ZANIN, PASTORINO, GUERRA, GADDA, LORENZO GUERINI, FRAGOMELI, TERROSI e VALIANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 ha introdotto il tributo comunale sui rifiuti e servizi (Tares), in sostituzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) e della tariffa di igiene ambientale (Tia);
   la Tares nelle intenzioni del legislatore andrà a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, ma anche i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni;
   come previsto dall'articolo 14, comma 9 del citato decreto legge n. 201 del 2011 la Tares sarà messa in relazione principalmente all'unità di superficie dell'immobile, collegando in questo modo la tassa sui rifiuti non tanto alla quantità di rifiuti prodotti, quanto piuttosto ad elementi di natura patrimoniale;
   la tassazione, così come disposto dal comma 11 del citato articolo 14, dovrà assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio; all'importo in tal modo determinato, in base al comma 13 si applicherà una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato per i costi indivisibili dei comuni, che può essere aumentata, mediante delibera comunale, fino a 0,40 euro, e che si sovrappone in parte alla voce «servizi indivisibili» già presente nell'Imu;
   l'impianto della nuova Tares basato su elementi meramente patrimoniali desta preoccupazione per l'assenza di raccordo al quantitativo di rifiuti prodotti e avviati a smaltimento, distorcendo, di fatto, il meccanismo di tariffa correlata ad un servizio, in cui la tariffa sia commisurata a quantità e qualità dei rifiuti prodotti; anche l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) ha criticato la nuova tariffazione chiedendo una revisione e un ripensamento del prelievo locale;
   l'attuale formulazione della Tares penalizza, inoltre, in modo incisivo alcuni settori produttivi, quali ad esempio, le aziende che operano nel settore florovivaistico, in particolare i «garden center»; infatti questi esercizi che coltivano piante ed espongono le produzioni in serre attrezzate e spazi aperti al pubblico, hanno superfici che possono andare da 5.000 metri quadrati a 30.000 metri quadrati, e conseguentemente la tariffa annuale di detti esercizi — basata soprattutto su elementi di natura patrimoniale — risulterebbe essere molto elevata senza che a tale esborso corrisponda l'erogazione di un servizio. Infatti, poiché lo scopo della Tares è quello di far pagare i costi del servizio prestato dai comuni, si segnala che, mentre i piccoli negozi di vicinato smaltiscono tutti i loro rifiuti col servizio comunale, i garden normalmente non utilizzano il servizio e si occupano direttamente dello smaltimento;
   inoltre, il settore florovivaistico, denuncia un'ambiguità normativa che consentirebbe ai comuni di estendere l'applicazione della Tares anche alle serre di produzione, ossia alle strutture delle aziende agricole florovivaistiche, che invece ne sono esenti in quanto produttrici di rifiuti speciali;
   le aziende agricole operanti nel settore florovivaistico sono molto preoccupate sull'impatto che avrà la nuova Tares anche con riguardo alle disposizioni che ciascun comune definirà in merito alle esenzioni, alle riduzioni e alle esclusioni per i fabbricati rurali abitativi e strumentali all'attività agricola;
   saranno pesanti le implicazioni soprattutto in termini economici e finanziari che l'entrata in operatività del nuovo tributo comunale porrà a carico sia dei cittadini, con un aumento della tassazione sui rifiuti del 15/20 per cento, ma anche e soprattutto del sistema imprenditoriale, il cui aggravio medio secondo i dati di Confcommercio, sempre in termini di tariffe sui rifiuti, raggiungerà il 290 per cento;
   le attività imprenditoriali del settore florovivaistico, che hanno una diffusione nazionale e contribuiscono a creare occupazione producendo ricchezza e sviluppo economico, potrebbero trovarsi in grave difficoltà a causa delle norme in commento che rappresenterebbero un'ulteriore e insostenibile aggravio impositivo che metterebbe a repentaglio il futuro di molte imprese agricole –:
   se sia intenzione del Governo promuovere una revisione del nuovo tributo comunale sui rifiuti e servizi (Tares) per conciliare il principio della universalità dei servizi pubblici con un adeguato e più equo sistema di tassazione, basato non solo su elementi meramente patrimoniali ma sulla differenziazione delle tariffe in base al tipo di attività, alla quantità e alla qualità dei rifiuti prodotti;
   se, in considerazione delle peculiarità del settore primario e delle considerazioni in premessa, il Governo intenda assumere iniziative per chiarire la non imponibilità ai fini della Tares dei fabbricati rurali strumentali destinati alle attività agricole e alle attività connesse, quali ad esempio rimesse, ricoveri degli attrezzi, magazzini, fienili, cantine, serre, proponendo soluzioni alternative in grado di scongiurare la chiusura di importanti attività imprenditoriali. (3-00258)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia della proposta, avanzata dalla regione Calabria in sintonia con le maggiori associazioni di rappresentanza della categoria dei pescatori, di dare una risposta all'emergenza delle «ferrettare», sistema di pesca utilizzato dalla pesca costiera e finito nel mirino dell'Unione europea;
   un comunicato della regione Calabria fa sapere che l'assessorato regionale alla pesca è in procinto di pubblicare un bando per il finanziamento della riconversione di quelle imbarcazioni dotate dell'attrezzo ferrettara con una dotazione prevista di 3,5 milioni euro;
   un altro bando annunciato ed in corso di pubblicazione, dotato di 1,5 milioni di euro, prevedrebbe il finanziamento di piani di gestione locali e di progetti pilota;
   l'attività della giunta regionale calabrese è meritoria, a giudizio dell'interrogante, in quanto ha recepito il reale e concreto grido d'allarme della categoria altrimenti destinata all'abbandono del mestiere di pescatore senza alcun tipo di compensazione;
   la riconversione volontaria rappresenta un'alternativa reale e possibile che mitigherebbe l'impatto economico ed occupazionale di scelte politiche «comunitarie» slegate dalla realtà e con pochi benefici per la tutela e la salvaguardia della fauna marina;
   in alternativa e/o in abbinamento alla compensazione economica, un possibile sbocco potrebbe essere rappresentato, dal ritiro dell'attrezzo «ferrettara» dietro l'assegnazione di quote di tonno rosso, nei limiti delle quote assegnate all'Italia in aumento rispetto al precedente contingente sin dall'anno 2013 e seguenti; soluzione, questa, a costo zero per l'amministrazione, e risolutiva in materia di diversificazione e riconversione delle attività di pesca, in linea con la sostenibilità dello stock, in quanto ragionevolmente nei limiti del contingente assegnato allo Stato membro dall'ICCAT, e tale da risolvere tra l'altro a monte il problema della pesca illegale e degli sbarchi clandestini di tonno rosso –:
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in promessa. (4-01574)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   N.C. è un signore di 78 anni, di Bernalda in provincia di Matera, titolare di pensione sociale e afflitto dal 2008 da una rara patologia, un linfoma non-Hodgkin, in trattamento chemioterapico;
   il signor C. è invalido al 100 per cento e per nove mesi è stato beneficiario dell'assegno di accompagnamento;
   l'indennità purtroppo non gli è stata rinnovata dopo gli accertamenti per il rinnovo, questo nonostante abbia subito operazioni e abbia il corpo devastato dalla patologia;
   il signor C. vedovo, e accudito da un figlio disoccupato, ha intentato vertenza legale e la prima udienza è fissata per il mese di ottobre;
   il paziente ogni due giorni si reca da Bernalda a Rionero in Vulture presso il CROB per sottoporsi a trattamento;
   la condizione di questa famiglia è ai limiti della sopravvivenza;
   sono incontestabili le condizioni gravissime di salute in cui versa il signor N.C. –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per verificare le ragioni per le quali si revochi la indennità in casi come quello descritto in premessa e se non si intenda riconoscere definitivamente l'indennità di accompagnamento senza costringere tali malati a umiliazioni e soprattutto a non vedere riconosciuto il diritto ad essere curati. (5-00844)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Asl di Teramo ha previsto nel nuovo atto aziendale di declassare il Sert di Giulianova-Atri (TE) da unità operativa complessa a struttura semplice. Questo comporta la riduzione dei tre SERT esistenti nella provincia di Teramo a uno, con sede a Teramo, compromettendo così per gli utenti un livello essenziale di assistenza in un campo molto delicato per la salute dei cittadini;
   con la delibera della G.R. n. 2496/C del 2 maggio 1991, la regione Abruzzo prevedeva l'istituzione di un Sert per ogni Unità locale socio-sanitaria, con la sola eccezione del Sert di Giulianova, al quale si attribuiva la competenza territoriale non solo della Ulss di Giulianova, ma anche di quella di Atri. Tale eccezione era motivata da un bacino di utenza quantitativamente secondo solo a quello di Pescara;
   le caratteristiche socio-economiche del territorio di competenza, sommate ad una riconosciuta qualità del servizio erogato, hanno fatto sì che questo Sert si caratterizzasse anche come il secondo per numerosità di utenti in carico, diventando «un polo di eccellenza regionale»;
   il Ministero della sanità, (decreto ministeriale n. 444, articolo 6, comma 1, tabella 1, del 30 novembre 1990) inoltre stabiliva che i Sert ad alta utenza sono quelle strutture che hanno avuto in un biennio un'utenza superiore alle 100 unità;
   il Sert. di Giulianova risponde a questo requisito, perciò deve essere considerato ad alta utenza;
   nel 2002 l'Asl di Teramo stabiliva che in tali unità operative complesse fosse obbligatoria la presenza di un direttore medico. Nel 2012 la regione, facendo chiarezza sulla permanenza del Sert giuliese quale unità operativa complessa ed allontanando la minaccia di declassamento, ribadiva la necessità di potenziare le strutture territoriali, evitando il sovraffollamento degli ospedali e l'incremento della spesa;
   il Sert di Giulianova-Atri ha avuto in carico, dal 1992 ad oggi, oltre 4000 soggetti con problematiche di uso-abuso o dipendenza da sostanze o comportamentali (gioco d'azzardo, internet). Insieme a questi 4000 soggetti sono state coinvolte altrettante famiglie, formali o informali. Sono state offerte risposte personalizzate e coerenti con le evidenze scientifiche e con i bisogni primari dell'utenza. L'enorme gamma di prestazioni offerte ed erogate, di tipo medico-farmacologico, sociale, riabilitativo e preventivo, è stata possibile solo attraverso la costruzione di un'ampia rete territoriale: il privato sociale, il volontariato, gli enti locali, i servizi sociali, la prefettura, la magistratura, le istituzioni scolastiche, gli istituti di pena ed i servizi ad essi collegati, il dipartimento di psichiatra;
   risulta evidente come la bozza dell'atto aziendale delle asl di Teramo metta a rischio il livello essenziale di assistenza attualmente assicurato a circa 1.000 pazienti, dato che, con il declassamento non vi sarebbero più le condizioni per poter fare fronte ad un numero così elevato di richiesta –:
   quali iniziative intenda adottare per verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza con riferimento al previsto declassamento del Sert di Giulianova-Atri da struttura complessa a struttura semplice sottoposta alla diretta gestione del Sert di Teramo. (4-01581)


   MONGIELLO, ANTEZZA e OLIVERIO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di settembre del 2012 si è verificato un innalzamento anomalo di casi di malattia da epatite A con il raggiungimento del picco massimo nel trimestre febbraio-marzo-aprile di quest'anno;
   il sistema di sorveglianza Seieva (sistema epidemiologico integrato dell'epatite virale acuta) ha rilevato in questo periodo 417 casi di epatite A acuta, contro i 167 casi notificati nel corrispondente intervallo di tempo dell'anno precedente. Nello stesso periodo anche i sistemi di allerta europei epidemic intelligence di informazione per le malattie trasmesse da alimenti e acqua (Epis-Fwd) e il Centro europeo per il controllo delle malattie istituito dalla Commissione europea (Ewrs) hanno focalizzato l'attenzione su due focolai;
   l'incremento di casi di epatite A sono stati inizialmente correlati, come ipotesi, al consumo di frutti di bosco surgelati di importazione extra-UE;
   in tali circostanze, nel mese di maggio 2013, il Ministero della salute ha convocato un gruppo multidisciplinare cui sono affidati diversi compiti: dall'individuazione della fonte dell'infezione al controllo della diffusione della malattia;
   anche a seguito del verificarsi di alcuni casi di infezione con incriminazione dei frutti di bosco, il Ministero della salute ha attivato il sistema di allerta europeo diffondendo la notizia in rete dei casi riscontrati e dei prodotti incriminati. Risultava infatti che i frutti di bosco confezionati in Italia erano preparati con materia prima proveniente dalla Bulgaria, Polonia, Serbia e Canada;
   dai dati disponibili attualmente, secondo notizie riportate dai mezzi di comunicazione, tra cui «Il fatto alimentare» l'allerta per l'epidemia di epatite A causata dall'ingestione di frutti di bosco surgelati contaminati avrebbe coinvolto altri Paesi oltre l'Italia dove sono state distribuite le confezioni contaminate, si tratta del Belgio, della Svizzera, della Gran Bretagna, dell'Olanda, della Spagna e della Svizzera. Ciò emergerebbe dal sistema di allerta europeo Rasff che ha diramato un aggiornamento dell'avviso pubblicato in rete il 26 giugno 2013 relativi ai quattro dossier (2013.0880 - 2013.0756 - 2013-0757 - 2013.0694);
   la vicenda sembra ancora assai controversa e lontana dall'essere risolta, non essendo ancora state identificate le cause del focolaio;
   il Ministro della salute, anche a seguito delle sollecitazioni poste dal citato Il Fatto Alimentare, ha diramato un elenco di prodotti, preparati con frutti di bosco surgelati, e ritirati dal mercato consigliando di non consumare frutti di bosco surgelati crudi –:
   di quali informazioni aggiornate dispongano, ciascuno per le proprie competenze, in ordine alla presunta causa della contaminazione dei frutti di bosco surgelati provenienti da Paesi esteri, all'origine della diffusione del virus dell'epatite A;
   quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare affinché siano resi evidenti ai consumatori, sia il pericolo cui vanno incontro in caso di contrazione del virus dell'epatite A sia l'elenco dei prodotti ritirati dal mercato, in quanto contenenti frutti di bosco surgelati presunto vettore del virus dell'epatite A. (4-01590)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Dell'Orco e altri n. 7-00081, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Rosa.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Pastorino e altri n. 2-00157, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-00715 del 23 luglio 2013.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in commissione Mannino e altri n. 5-00812 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 62 del 31 luglio 2013. Alla pagina 3976, prima colonna, alla riga trentottesima, deve leggersi: «ma il comune di Terrasini non ha ancora» e non «ma il comune di Porto Palo non ha ancora», come stampato.