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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 1 agosto 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in Europa e in Nord-America si stima che i consumatori buttino via tra i 95-115 chilogrammi pro capite di cibo l'anno, mentre nel Sud-Est asiatico e nell'Africa Sub-Sahariana il dato è di 6-11 chilogrammi pro capite;
    lo spreco alimentare ha assunto, e sta sempre più assumendo, una dimensione di portata mondiale, tant’è che metà del cibo prodotto nel mondo non arriva mai ad essere consumato. Il problema dello spreco alimentare è da ritenersi connesso alle politiche economiche e di marketing che, negli ultimi vent'anni, hanno prodotto fattori e azioni comportamentali altamente distorsivi della realtà fattuale e delle conseguenze effettuali che da tali modus comportandi e vivendi ne sono conseguite. Le politiche di marketing delle multinazionali e le normative sulla brevettazione dei prodotti agroalimentari, hanno contribuito a generare comportamenti sociali tendenti a produrre sempre più «spreco» e «scarto» alimentare. La cultura del «riciclo» e del «riutilizzo» alimentare fatica non poco ad affermarsi rispetto al suo contrario. La sproporzione della produzione alimentare, senza che ciò abbia nel corso degli ultimi quattro lustri consentito di ridurre drasticamente il numero delle persone che nel mondo non hanno accesso alla nutrizione, ha, al contrario, polarizzato, ulteriormente, le fasce sociali del pianeta. Questa paradossale ipertrofia produttiva ha sull'ambiente impatti devastanti e, se non fermata per tempo, irreversibili. Nell'immaginario collettivo dei Paesi cosiddetti «ricchi» l'educazione alimentare, erroneamente, si traduce in «performanti» diete, o nuovi «costumi alimentari», che si rivelano dannosi per l'organismo umano con ricadute sulla spesa sanitaria che diventa crescente a fronte di nuove patologie connesse all'alimentazione. Il tema della «scarsità delle risorse naturali», che deve essere centrale nell'agenda politica di questo millennio, è vissuto, il più delle volte, come un mero esercizio percettivo. I dati sullo spreco di cibo nei Paesi industrializzati ammonta a 222 milioni di tonnellate, ossia il corrispettivo della produzione alimentare disponibile nell'Africa Sub-Sahariana che è di 230 milioni di tonnellate;
    a contribuire, ulteriormente, alla «cultura dello scarto alimentare» a valle, e nella produzione delle eccedenze a monte, è il disallineamento tra la domanda e l'offerta e la non conformità del prodotto agli standard di mercato: calibratura della frutta, aspetto della verdura che non deve presentare macchie o quant'altro possa far percepire all'acquirente la non salubrità del prodotto e le pratiche commerciali che incoraggiano i consumatori a comprare più cibo di quello di cui hanno effettivamente bisogno;
    un altro motivo dello spreco alimentare è da imputare alle etichette che indicano la data di scadenza. Sarebbe corretto porre in etichetta la doppia scadenza: il termine minimo di conservazione, che si riferisce alle caratteristiche qualitative del prodotto, «preferibilmente entro» (data di scadenza commerciale del prodotto) e la data di scadenza vera e propria, «da consumarsi entro», (relativa alla salubrità del prodotto alimentare) al fine di evitare confusione sulla commestibilità del cibo. Inoltre, gli imballaggi per alimenti dovrebbero essere offerti anche in confezioni monodose e progettate per la migliore conservazione possibile. Da ultimo, i cibi prossimi alla scadenza e i packaging danneggiati dei prodotti alimentari dovrebbero essere venduti a prezzi scontati, al fine di renderli economicamente più accessibili alle persone bisognose;
    il 19 gennaio 2012 il Parlamento europeo ha approvato, in seduta plenaria, una risoluzione su: «Come evitare lo spreco di alimenti: strategie per migliorare l'efficienza della catena alimentare nella Unione europea» la quale si pone come obiettivo principale la riduzione degli sprechi alimentari del 50 per cento entro il 2025 e di dedicare il 2014 quale anno europeo contro lo spreco alimentare attraverso una strategia per migliorare l'efficienza della catena alimentare degli Stati membri;
    dalla relazione (2011/2175(INI), preparatoria della risoluzione, si evince che secondo uno studio della Commissione europea, la produzione annuale di rifiuti alimentari nei 27 Stati membri ammonterebbe a circa 90 milioni di tonnellate, ossia 179 chilogrammi pro capite, senza contare gli sprechi a livello di produzione agricola o le catture di pesce rigettate in mare, considerando che entro il 2020 il totale dei rifiuti alimentari aumenterà fino a circa 126 milioni di tonnellate, ovvero il 40 per cento in più dello stock attuale;
    da recenti studi è emerso che per produrre un chilogrammo di cibo si immettono in atmosfera in media 4,5 chilogrammi di CO2 , che in Europa si producono 170 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno, ripartiti tra industria agroalimentare (59 milioni di tonnellate), consumo domestico (78 milioni di tonnellate), e prodotti non raccolti nei campi (34 milioni di tonnellate). Si pensi, a mo d'esempio, che in Inghilterra il 30 per cento della produzione orticola non viene raccolta (corrisponde allo spreco di 550 milioni di metri cubi di acqua), percentuale che in Italia si attesta al 3,2 per cento;
    la concentrazione in atmosfera di CO2 a gennaio 2013 ha raggiunto il record di 395 parti per milione, avviando la temperatura globale – si consideri che il 2012 è stato il nono anno consecutivo più caldo dal 1880 –, verso un aumento superiore di due gradi di media, con gravi danni irreversibili all'ambiente, all'agricoltura e, di conseguenza, all'alimentazione;
    la FAO stima che a livello mondiale la quantità di cibo che finisce tra i rifiuti ammonta a 1,3 miliardi di tonnellate e che 925 milioni di persone nel mondo sono a rischio di denutrizione, e la popolazione mondiale ipernutrita e pari a quella sottonutrita e denutrita: questi dati allontanano, oggettivamente, i raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, incluso quello di dimezzare la fame e la povertà entro il 2015;
    sempre secondo dati della FAO, il previsto aumento da 7 miliardi a 9 miliardi della popolazione mondiale richiederà un incremento minimo del 70 per cento della produzione alimentare entro il 2050;
    Oliver De Schutter, relatore speciale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per il «Diritto al Cibo», nonché docente universitario di diritto all'Università Cattolica di Lovain-La Neuf (Belgio), nel marzo del 2012 ha presentato al Consiglio per i diritti umani, in conformità alla risoluzione 13/4, la sua relazione che analizza i nessi di causalità tra salute, malnutrizione e spreco alimentare. Relativamente al nesso che esiste tra salute e malnutrizione, il rapporto mette in evidenza che: «... l'urbanizzazione, “supermercatizzazione” e la diffusione globale degli stili di vita moderni hanno scosso le tradizioni alimentari. Il problema è di “sistema” trova le sue cause nel commercio globale, nei cibi troppo elaborati, nelle politiche agricole attuali, nelle tecnologie con brevetto proprietario, nell'elaborare diete «disastrose» dei Paesi sviluppati e in quelli dalle economie emergenti (come il Messico, ad esempio). Il risultato è il disastro per la salute pubblica: 2,8 milioni di persone muoiono prima dei 60 anni a causa di malattie non trasmissibili, diabete e obesità collegate alla dieta, (saranno 5,1 milioni nel 2030, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità) a cui aggiungere le ripercussioni economiche sulla spesa sanitaria pubblica ...» E, inoltre, il, relatore ha denunciato, in termini generali, la sproporzione che esiste tra gli investimenti pubblicitari nel food, 8,5 miliardi di dollari negli Stati Uniti nel 2010, e i modesti budget per l'educazione alimentare pubblica, che nello stesso anno sono stati pari a 44 milioni di dollari per il programma federale «Nutrition Physical Activity and Obesity». Nel rapporto si evidenzia come la pubblicità cibi «spazzatura» (junk food), rivolta ai bambini e non solo, contribuisce all'eccessivo consumo di snack nell'alimentazione quotidiana che ha snaturato la cultura del rispetto e della conservazione del cibo, che è stata falsata dalle multinazionali nella composizione dei valori nutrizionali come, per esempio nell'alterazione del contenuto dei grassi, degli zuccheri e del sale, al fine di rendere il cibo «appetitoso» e maggiormente prossimo al consumo immediato e meno prossimo alla sua conservazione perché facilmente deteriorabile. Sempre secondo il rapporto il «cibo perso» nei Paesi in via di sviluppo – dove la carenza di infrastrutture e regole stringenti per la conservazione incide fino al 50 per cento sul deterioramento degli alimenti – comincia ad assumere dimensioni quasi vicine a quelle dei Paesi industrializzati;
    nell'Unione europea oltre 79 milioni di persone vivono ancora al di sotto della soglia di povertà, mentre 18 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari. Al contempo, le percentuali degli sprechi alimentari sono così ripartite: il 42 per cento dalle famiglie, il 39 per cento dai produttori, il 5 per cento dai rivenditori e il restante 14 per cento dal settore della ristorazione;
    secondo i dati dell'indagine realizzata nel 2012 dalla Fondazione per la sussidiarietà e dal Politecnico di Milano, in collaborazione con Nielsen Italia, lo spreco alimentare in Italia, ammonta a 6 milioni di tonnellate, pari a un valore di 12,3 miliardi di euro (6,9 miliardi direttamente dai consumatori). Il cibo sprecato in Italia è di 108 chilogrammi pro capite, 450 euro a famiglia composta da un nucleo di 2,5 persone (famiglia media), 42 chilogrammi a persona di avanzi alimentari non riutilizzati ancora commestibili buttati da ogni italiano in un anno, 35 per cento la percentuale di prodotti freschi sprecati, 250 chilogrammi la quantità di cibo buttato dai 600 ipermercati italiani, 16 per cento la percentuale dello spreco che finisce direttamente nelle discariche per la cattiva gestione del frigorifero famigliare, mentre la parte di cibo recuperato e donato alle food bank e agli enti caritativi, rappresenta poco più del 6 per cento del totale;
    sempre secondo l'indagine summenzionata emerge che quasi un miliardo di euro di cibo viene recuperato e l'obiettivo è quello di portare sulla tavola degli indigenti altri 6 miliardi di euro di cibo;
    infatti, non sempre i prodotti ritirati dagli scaffali che sono prossimi alla scadenza finiscono nella pattumiera. Il merito è da attribuire alle onlus come il Banco Alimentare, rete antispreco con oltre 1400 volontari. Obiettivo analogo a quello di Last Minute Market, spin-off dell'università di Bologna che unitamente a SWG hanno creato un «Osservatorio sullo spreco alimentare» il cui nome è «Waste Watchers» (sentinelle dello spreco). Secondo le prime stime fatte da Waste Watchers, in Italia lo spreco alimentare rappresenta l'1,9 per cento del prodotto interno lordo (circa 18,5 miliardi riferiti al 2011) così ripartito: lo 0,23 per cento si colloca nella filiera di produzione (agricoltura), trasformazione (industria alimentare), distribuzione (grande e piccola) e ristorazione (collettiva), il restante valore percentuale, lo 0,96 per cento del prodotto interno lordo, è rappresentato dal livello domestico. La quantità di cibo sprecato potrebbe essere ridotta del 60 per cento con un'educazione più attenta ai consumi alimentari;
    Last Minute Market ha realizzato un documento denominato «Carta Spreco Zero», il quale viene continuamente arricchito e aggiornato grazie all'implementazione delle conoscenze, allo scambio delle buone pratiche fra amministrazioni e, di conseguenza, nell'adozione di nuovi strumenti di analisi e di indirizzo che il documento propone;
    il documento «Carta Spreco Zero» è stato sottoscritto da oltre 700 sindaci europei e detta un decalogo comportamentale alimentare con cui poter avviare processi razionali al fine di ridurre drasticamente gli sprechi e le perdite alimentari;
    la legge n. 155 del 2003, detta anche legge del «Buon Samaritano», disciplina il recupero e la distribuzione di alimenti cotti e freschi da parte di organizzazioni no profit a fini sociali. Il principio finalistico della legge è quello di incentivare il riutilizzo di cibo ancora commestibile proveniente dai produttori o dalla grande distribuzione – non più vendibile per difetto di packaging o perché vicino alla scadenza – ma anche dalle mense aziendali e scolastiche. Unico vincolo della legge è l'attenzione da prestare al trasporto e al corretto stato di conservazione degli alimenti, equiparando, di fatto, gli enti no profit ai consumatori finali. Infatti, il recupero del cibo deve avvenire mantenendo «la catena del freddo». Grazie alla legge del «Buon Samaritano» è stato possibile avviare progetti di raccolta viveri, come il progetto «Siticibo» che in nove anni ha consentito di salvare dal cestino dei rifiuti 2,5 milioni di porzioni distribuendole nelle mense cittadine degli Enti e organizzazioni caritative;
    la lotta allo spreco alimentare nei Paesi industrializzati è stato avviato alla fine degli anni sessanta a Phoenix (Arizona, Stati Uniti), grazie a John Van Hengel, attraverso la distribuzione ai bisognosi di cibo non venduto e destinato alla distruzione. Questo strumento di «perequazione alimentare» ha assunto il nome di Food Bank, Banco Alimentare, che si è diffuso in Europa negli anni Ottanta e in Italia nasce nel 1989. Basato sul concetto di «dono e condivisione», il Banco Alimentare si estrinseca nella raccolta delle eccedenze di produzione alimentare agricola e industriale, specificatamente riso, olio d'oliva, pasta e latte. In Italia la raccolta delle eccedenze viene effettuata dal 1995 dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, AGEA, la quale ridistribuisce le eccedenze agli enti caritativi iscritti nel relativo Albo istituito presso l'ente medesimo;
    il maggiore fornitore della rete che fa capo ai banchi alimentari d'Europa è stata l'Unione europea, attraverso il Programma europeo d'aiuto agli indigenti, PEAD, nato nel 1987 all'interno della Politica agricola comunitaria, PAC. Il programma d'aiuto è stato concepito come misura per evitare che le eccedenze della produzione agricola europea fossero distrutte. Oggi, queste eccedenze, grazie alle numerose revisioni della PAC e al miglioramento delle pratiche tecniche di conservazione, si sono sempre più ridotte, portando l'Unione europea ad acquistare direttamente sul mercato le derrate da donare ai poveri che, in Europa, rappresentano 18 milioni di persone;
    il 14 novembre 2011, Il Consiglio dei ministri dell'agricoltura dei 27 Stati membri riuniti a Bruxelles ha sbloccato i piani di assistenza, PEAD, per gli anni 2012 e 2013 che prevedono lo stanziamento di 500 milioni di euro l'anno; all'Italia per l'anno 2013 sono stati assegnati 98 milioni di euro;
    il 31 dicembre del 2013 si conclude il Programma europeo di aiuto agli indigenti, PEAD;
    la Commissione europea ha proposto che, nel Quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea per il periodo 2014-2020, il programma d'aiuti alimentare debba essere coperto non più con i fondi della politica agricola, ma con quelli della coesione sociale, Fondo sociale europeo, prevedendo 2,5 miliardi di euro per i sette anni della nuova programmazione finanziaria comunitaria. Alcuni Paesi europei hanno sostenuto che il programma dovesse rientrare nell'ambito delle politiche sociali, di competenza quindi dei singoli Paesi e non più con la cabina di regia dell'Unione europea, col rischio di scatenare una guerra tra poveri;
    il 12 giugno 2013 il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha votato a favore della nuova proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al finanziamento del nuovo Fondo di aiuti europei agli indigenti, FEAMD, che andrà a sostituire il programma di distribuzione delle derrate alimentari PEAD. Il Fondo sarà costituito da una base obbligatoria di finanziamento di 2,5 miliardi di euro e gli Stati membri possono decidere di aumentare le proprie allocazioni di un ulteriore miliardo di euro su base volontaria;
    il Consiglio europeo del 27-28 giugno 2013 ha sollecitato la necessità di adottare in tempi rapidi tutti i dossier strettamente correlati al Quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea e, pertanto, tutte le istituzioni hanno insistito per un rapido accordo anche sul «Fondo indigenti», affinché lo stesso diventi operativo tra la fine del 2013 e gli inizi del 2014;
    l'articolo 58 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 ha istituito il «Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti», gestito da AGEA, con lo scopo di raccogliere le derrate alimentari, a titolo di erogazioni liberali, dagli operatori della filiera agroalimentare e da organismi agricoli o imprese di trasformazione dell'Unione europea, al fine di far fronte alle eccedenze alimentari e consentire, conseguentemente, la redistribuzione sul territorio nazionale al fine di ridurre lo spreco alimentare;
    a fronte dei dati preoccupanti, relativi allo spreco alimentare in Europa, la Commissione europea ha deciso di avviare, recentemente, una «consultazione pubblica sul cibo» che si concluderà il 1° ottobre 2013. L'obiettivo della Commissione europea è quello di individuare azioni efficaci per ridurre lo spreco alimentare e, in generale, di come assicurare che il nostro sistema utilizzi le risorse in modo efficiente, secondo il principio della scarsità delle risorse. I risultati della consultazione costituiranno la base per una «Comunicazione sul cibo sostenibile»,

impegna il Governo:

   a promuovere, in sede comunitaria e nazionale, modelli di agricoltura sostenibile al fine di ridurre, drasticamente, a monte e a valle della filiera alimentare, gli sprechi che si producono a causa dei requisiti di qualità imposti dalla legislazione europea e nazionale, concernenti l'aspetto, la calibratura degli ortofrutticoli freschi che nel tempo si sono rivelati tra le principali cause di produzione di inutili scarti alimentari, nonché di cibo sprecato, e, susseguentemente, adottare opportune iniziative normative di settore con cui spiegare ai consumatori il valore nutritivo di prodotti agricoli che presentano forme o calibri imperfetti;
   ad agire congiuntamente con gli altri partner europei in materia d'investimenti relativi alla promozione di programmi comunitari finanziati dall'Unione europea al fine di introdurre specifiche iniziative faro sull'educazione alimentare, sull'ecologia domestica e di filiera;
   a farsi promotore in ambito europeo dell'istituzione della comunità della conoscenza e dell'innovazione per l'alimentazione, incentrata sulla prevenzione dello spreco di cibo e sull'educazione alimentare con cui fronteggiare, da un lato lo spreco e, dall'altro, impedire che diete «dannose» per la salute distorcano le reali esigenze nutrizionali dell'organismo umano;
   in sede di Consiglio europeo ad adoperarsi per l'approvazione, entro la fine del 2013, del nuovo fondo comunitario FEAMD, che andrà a sostituire il programma di distribuzione delle derrate alimentari, PEAD, in scadenza il 31 dicembre 2013 e a rendere, in sede di trattativa con gli altri Stati membri, la parte facoltativa dell'allocazione del miliardo in più, ai già stanziati 2,5 miliardi di euro, obbligatoria;
   ad adoperarsi in sede comunitaria al fine di far proclamare l'anno 2014 «anno contro lo spreco alimentare», con lo scopo di stimolare l'opinione pubblica ad assumere comportamenti maggiormente responsabili rispetto alla fruibilità sostenibile degli agroalimenti;
   a introdurre sin dal prossimo ciclo scolastico della scuola dell'obbligo, programmi di studio di «educazione alimentare e gestione ecosostenibile delle risorse naturali» che abbiamo quale punto di partenza gli effetti negativi che lo spreco alimentare produce, inoltre, tali programmi di studio, dovrebbero tendere a strutturare nell'immaginario delle future generazioni un approccio meno utilitaristico e maggiormente eco-responsabile delle risorse naturali viste nella loro complessità sistemica;
   a valutare eventuali modifiche alle regole che disciplinano gli appalti pubblici per i servizi di ristorazione e di ospitalità alberghiera in modo da privilegiare, in sede di aggiudicazione a parità di altre condizioni, quelle imprese che garantiscono la ridistribuzione gratuita di cibo eccedente a cittadini indigenti, attraverso enti no profit;
   ad introdurre modifiche normative sulla commercializzazione e la vendita dei prodotti agroalimentari, partendo dall'introduzione della doppia scadenza che indichi le caratteristiche qualitative del prodotto, «preferibilmente entro» (data di scadenza commerciale), e la data di scadenza vera e propria, «da consumarsi entro», relativa alla salubrità del prodotto alimentare al fine di non generare confusione al consumatore finale;
   a introdurre in campo agricolo e agroenergetico misure legislative volte alla valorizzazione degli alimenti non più commestibili, ma utili nella produzione di energia rinnovabile e di concimi organici;
   ad elaborare un testo unico di riordino della materia – alla luce di quanto esposto nel presente atto d'indirizzo e controllo – che ad oggi appare regolata in modo, non organico sia dalla legge n. 155 del 2003 e sia dall'articolo 58 del decreto-legge n 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, che ha istituito il «Fondo per la distribuzione delle derrate alimentari alle persone indigenti» e, conseguentemente, istituire un «Osservatorio nazionale sullo spreco alimentare» d'intesa con il sistema delle regioni e delle province autonome, al fine di conoscere in maniera più organica gli effetti delle esternalità negative sull'economia, sul sistema sanitario, e sul sistema sociale che lo spreco alimentare genera;
   a tenere in debita considerazione, anche legislativa, quanto previsto dal documento «Carta Spreco Zero»;
   a valutare l'inserimento obbligatorio, a carico delle imprese che fanno pubblicità a prodotti destinati al consumo umano, nei messaggi pubblicitari, il messaggio: «lo spreco alimentare è un problema per la salute e l'ambiente. Mangia sano e quanto basta. Per maggiori informazioni consulta un esperto medico», o altro messaggio equivalente.
(1-00161) «Migliore, Franco Bordo, Palazzotto, Zan, Zaratti, Pellegrino».

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    nell'ambito del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Verona-Bologna, avvenuto tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, è stato aperto il nuovo ponte ferroviario sul fiume Po tra Ostiglia e Revere (entrambi i comuni sono in provincia di Mantova) e, contemporaneamente, è stato dismesso quello esistente fino a quel periodo;
    il ponte ferroviario dismesso è adiacente al ponte stradale oggi esistente;
    il ponte stradale (di proprietà di Anas) merita di essere ampliato in quanto la sede stradale è talmente stretta da rendere la viabilità assai pericolosa e la dismissione dell'adiacente ponte ferroviario (di proprietà di RFI) potrebbe consentire l'allargamento del ponte stradale;
    è del tutto evidente che, quanto descritto nei punti precedenti, rappresenta una straordinaria opportunità per affrontare e risolvere un antico problema, molto sentito dalle comunità locali e dalle migliaia di persone che, quotidianamente, attraversano il ponte con mezzi leggeri e pesanti;
    da ultimo, è opportuno ricordare che il ponte in oggetto è parte fondamentale di un'arteria strategica per i collegamenti tra più regioni e, quindi, tra nord e sud del Paese,

impegna il Governo

ad adoperarsi fattivamente nei confronti di Anas e di RFI affinché si trasformi il vecchio ponte ferroviario in sede stradale per allargare e rendere più sicuro l'attuale ponte stradale.
(7-00078) «Tullo, Carra».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il comparto dell'ippica e l'intera filiera ad esso collegato, attraversa una crisi ormai divenuta strutturale, il cui declino che si è accentuato in particolare a partire dal 2005, sta determinando conseguenze economiche e sociali, divenute di estrema pericolosità, come testimoniano sia le numerose manifestazioni di rimostranze, che addirittura episodi di suicidio, verificatisi l'anno scorso;
    le drastiche riduzioni delle agenzie di scommesse, che hanno causato un progressivo decremento degli introiti sulle corse dei cavalli in un mercato sempre più inflazionato dai giochi non ippici, riducendo fortemente le risorse a disposizione, il ritardo preoccupante delle pubbliche amministrazioni, nel corrispondere nei confronti dei vari operatori, le somme ad essi spettanti da diversi mesi, rappresentano le principali cause che stanno determinando effetti altamente negativi e penalizzanti per l'interno settore con inevitabili conseguenze sul piano occupazionale;
    la mancanza di un nuovo soggetto istituzionale a cui attribuire le competenze giuridiche, organizzative e di coordinamento del settore, a seguito della soppressione dell’ex Unire e successivamente dell'Assi a sua volta soppressa con il decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, che ha trasferito, sebbene in forma temporanea, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le relative funzioni e risorse umane, strumentali e finanziarie, in attesa di una soluzione legislativa che preveda l'istituzione di un nuovo organo di controllo e di governance, contribuisce negativamente a rendere più complessi e difficili i tentativi e gli sforzi da parte delle istituzioni, nel risollevare un comparto dalla tradizione centenaria, composto da migliaia di operatori, che richiede una profonda ristrutturazione, sia per garantire i livelli occupazionali, che in relazione alla struttura distributiva delle scommesse ippiche;
    nell'ambito del pagamento delle spettanze agli operatori ippici e alle società di corse, occorre inoltre evidenziare, come lo scorso 25 marzo, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali pro tempore, aveva già trasmesso al Ministro dell'economia e delle finanze, lo schema di decreto per semplificare e velocizzare i pagamenti dei premi;
    in attesa della definizione delle nuove procedure di spesa per i premi ippici che consentiranno di procedere ai pagamenti direttamente dai conti correnti dell’ex Assi, con sensibili miglioramenti dei tempi di liquidazione, si rileva altresì come nell'anno in corso, siano stati già liquidati 30 milioni di euro previsti dal decreto interministeriale 31 gennaio 2013, di attuazione della legge n. 135 del 2012, che ha permesso di procedere soltanto al pagamento di una parte dei corrispettivi dovuti alle società di corse e dei premi al traguardo fino al mese di agosto 2012;
    alla suindicata cifra, che rappresenta una parte dei circa 97 milioni complessivi dei crediti vantati dagli operatori al 31 dicembre 2012, (ripartiti in precedenza nel triennio 2013-2015), si aggiungono ulteriori 31 milioni di euro circa, inseriti nel decreto-legge n. 35 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, concernente il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, nonché ulteriori 17,5 milioni di euro circa relativi alle quote 2011 e 2012 ai sensi dell'articolo 30-bis del decreto-legge n. 185 del 2008 (le cosiddette «maggiori entrate del PREU»);
    secondo quanto risulta inoltre dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel complesso per il 2013, saranno corrisposti almeno 78,5 milioni di euro sui 97 milioni complessivi, limitando al massimo l'attuazione del piano di rientro prevista dal decreto interministeriale del 31 gennaio 2013;
    l'impegno e la particolare considerazione da parte del Governo, nell'ambito delle criticità derivanti dai ritardi dei pagamenti nei riguardi degli operatori del settore, si configura inoltre dall'avvenuto pagamento dei premi per lo scorso mese di gennaio, a favore di 2.357 beneficiari senza partita IVA, nonché nei riguardi di 2.304 beneficiari per lo scorso mese di febbraio (oltre il 90 per cento degli aventi diritto), a differenza dei beneficiari con partita IVA, la cui procedura risulta più complessa, seppure in numero limitato (88 per il trotto e 56 per il galoppo) e che spesso vantano premi unitari elevati;
    per accelerare la velocità dei pagamenti, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha recentemente riproposto alla firma del Ministro dell'economia e delle finanze, un decreto di semplificazione, finalizzato ad accelerare le procedure di erogazione nei confronti degli operatori del settore, rimuovendo pertanto l'attuale e complessa procedura che prevede il passaggio dei pagamenti presso l'Ufficio centrale di bilancio (organo del Ministero dell'economia e delle finanze) del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con aggravi burocratici e formali non compatibili con la necessità di poter pagare rapidamente gli operatori;
    il decreto suindicato in particolare, stabilisce la possibilità di pagamento indiretto dei premi attraverso la delega alle società di corse, con la possibilità del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di avvalersi, per i pagamenti afferenti alle funzioni trasferite, del supporto di un dirigente allo scopo delegato, operando a valere sui conti correnti già intestati all’ex Assi fino al 31 dicembre 2013, con rendicontazione delle operazioni effettuate al termine della gestione;
    la mancata emanazione del medesimo decreto di semplificazione, sta accrescendo le difficoltà e le complicazioni finanziarie nei riguardi degli operatori ippici, il cui ritardo della liquidazione, per alcuni aspetti incomprensibili, se si valuta che le somme stanziate sono già disponibili, rischia di determinare la chiusura totale dell'intero comparto e dell'intera filiera ad esso collegata;
    le numerose sollecitazioni nei confronti del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, affinché sia reso operativo e in tempi rapidi il suddetto decreto, indispensabile e necessario per consentire al settore di tamponare anche in forma limitata, la devastante crisi finanziaria che investe l'intera categoria ippica da diversi anni, confermano l'interesse generale che a livello istituzionale, il settore raccoglie, ribadito tra l'altro nel corso dell'esposizione delle linee programmatiche del Ministro De Girolamo,

impegna il Governo

a rendere immediata l'attuazione del decreto interministeriale di semplificazione, essenziale e vincolante per accelerare da parte delle pubbliche amministrazioni, e in particolare dello Stato, il pagamento delle somme spettanti nei riguardi di un amplia platea di soggetti operatori ippica, la cui procedura prevista consentirà di rinvigorire l'intera filiera interessata e avviare le premesse per una riorganizzazione socio-economica dell'ippica italiana.
(7-00079) «Faenzi, Oliverio, Catania, Bosco, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Romele, Russo, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin, Fanucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   una visione miope e ragionieristica del Piano di rientro della spesa sanitaria in Calabria ha cagionato una autentica «desertificazione» sanitaria, con servizi disponibili solo virtualmente, con posti letto del tutto inesistenti, con ospedali che chiudono e non vengono sostituiti con i centri di assistenza primaria territoriale; i restanti presidi ospedalieri (come pure gli ospedali di Montagna di Acri, San Giovanni In Fiore, Serra San Bruno e Soveria Mannelli), restano depotenziati e sono lasciati con gravi carenze di personale e di risorse tecniche e strumentali;
   di conseguenza, i fallimenti del piano di rientro gestito dal commissario Scopelliti, in Calabria, hanno sostanzialmente messo in discussione il diritto costituzionale alla salute, come peraltro drammaticamente dimostra l'analisi 2012 condotta dell'università svedese di Göteborg sulla qualità della sanità in Europa;
   i dati, presentati nei giorni scorsi al Cnel, in occasione del consueto briefing annuale sulla qualità dei servizi delle pubbliche amministrazioni, hanno confermato che il sistema sanitario calabrese è il peggiore che ci sia in Europa: infatti, l'analisi condotta dall'università svedese sulla qualità della sanità in Europa, ha collocato la Calabria all'ultimo posto tra le 172 regioni europee, confermando il grave stato di sofferenza nel quale versa il sistema sanitario calabrese;
   con decreto n. 100 del 22 luglio 2013 è stato rinnovato incarico commissariale all'Asp di Vibo Valentia;
   la commissione d'accesso antimafia insediatasi all'Asp di Cosenza qualche mese fa ha inviato una dettagliata relazione al prefetto di Cosenza sullo stato gestionale e di infiltrazione mafiosa all'interno dell'Asp stessa che ha un bilancio annuale di circa un miliardo di euro;
   il rapporto «Verifica degli adempimenti livelli essenziali di assistenza Lea 2011» pubblicato sul sito del Ministero della salute che riguardano le regioni a statuto ordinario più la Sicilia, colloca la Calabria all'ultimo posto delle regioni d'Italia per il rispetto dei livelli essenziali di assistenza;
   il Presidente della regione Giuseppe Scopelliti è stato nominato commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007 (convertito con modificazioni dalla legge n. 222 del 2007 e successive modificazioni e integrazioni) con obiettivo tecnico dell'abbattimento del disavanzo e rientro dal debito sanitario della regione Calabria;
   con la motivazione che il commissariamento non sarebbe riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 31 dicembre 2012 – termine previsto per il suo epilogo – il tavolo Massicci ha prorogato di ulteriori tre anni il Piano di rientro della spesa sanitaria in Calabria;
   l'8 aprile 2013, al termine della riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, è stato redatto un verbale che cozza palesemente con quanto asserito dal commissario Scopelliti che ha recentemente prospettato un quadro in crescita per l'intera sanità regionale;
   nella suddetta riunione dell'8 aprile 2013, è emersa la scarsa omogeneità dei livelli LEA, con una forte sperequazione dell'offerta sanitaria: in Calabria, insomma, non sono nemmeno garantiti i livelli minimi di assistenza con una conseguente situazione di emergenza sanitaria e di smantellamento dell'offerta sanitaria;
   inoltre, l'8 aprile 2013, il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno evidenziato il gravissimo ritardo riguardo agli interventi connessi all'erogazione delle prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, invitando il commissario, al fine di evitare che si creino i presupposti di cui all'articolo 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009, ad attuare tempestivamente ogni utile azione necessaria per garantire l'erogazione dei LEA in maniera uniforme sul territorio regionale;
   in Calabria, la dotazione di posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta pari a circa 0,4 posti letto per 1.000 residenti al 1o gennaio 2013, inferiore al valore di riferimento (0,7) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. Risulta carente l'assistenza domiciliare e l'assistenza residenziale e semiresidenziale rivolta ad anziani, disabili e ai malati terminali, ed è stata constatato un ritardo sul cronoprogramma per il processo di riconversione delle strutture ospedaliere in più appropriate strutture territoriali;
   la Calabria presenta altresì diverse criticità nell'erogazione di servizi afferenti all'area della prevenzione, con particolare riferimento al settore degli screening oncologici;
   come risulta dai verbali di tavolo e comitato delle riunioni di verifica del piano di rientro della regione Calabria, il servizio sanitario regionale della Calabria continua a presentare un rilevante disavanzo cumulato dagli esercizi pregressi che deve ancora trovare una copertura e che annualmente viene riportato nel successivo risultato di gestione dell'anno corrente;
   pertanto, in ragione dei disavanzi pregressi che non hanno trovato adeguata copertura, per la regione Calabria si sono realizzate le condizioni per l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, vale a dire l'ulteriore incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all'IRPEF, per l'applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso e per l'applicazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo;
   inoltre, le azioni intraprese dalle aziende per il 2012 non hanno avuto effetti apprezzabili dovuti ad una parziale applicazione della norma cosiddetta spending review in particolare per i servizi;
   il Piano prevedeva la conclusione delle procedure di accreditamento definitivo delle strutture, ma le criticità evidenziate ad oggi non risultano superate;
   la sezione regionale della Corte dei conti, nella sua relazione annuale sull'esercizio finanziario 2012 della regione Calabria, ha ribadito l'estrema rigidità del documento-strumento contabile, con fondi assorbiti per la maggior parte dal sistema sanitario che impegna il 48 per cento dell'intera spesa;
   infine, ma non per ordine di importanza, il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno ritenuto non risolte le criticità correlate alla necessità di un comportamento collaborativo tra struttura regionale, commissario e sub commissari;
   l'articolo 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009 prevede che qualora il presidente della regione, nominato commissario ad acta per la redazione e l'attuazione del piano, non adempia in tutto o in parte agli obblighi, il Consiglio dei ministri, adotta tutti gli atti necessari ai fini della predisposizione del piano di rientro e della sua attuazione. La stessa norma prevede che, nei casi di riscontrata difficoltà in sede di verifica e monitoraggio nell'attuazione del piano, il Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra denunciato e in particolare del fatto che in Calabria sta diventando sempre più complicato garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza;
   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto al fine di evitare il collasso del sistema sanitario regionale calabrese.
(2-00176) «Censore, Mazzoli, Borghese, Aiello, Burtone, Argentin, Dallai, Fregolent, Scalfarotto, Stumpo, D'Attorre, Castricone, Carbone, Valeria Valente, Bindi, Bersani, Chaouki, Casellato, Casati, Giacomelli, Roberta Agostini, Zoggia, Madia, Carocci, Carnevali, Bueno, Battaglia, Lacquaniti, Costantino, Placido, Franco Bordo».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da tempo sono commercializzate su territorio italiano, soprattutto ma non solo nel Nord-Est, bottiglie di vino aventi etichette con simboli e immagini nazifasciste;
   a seguito di ciò l'allora Ministro per l'integrazione Andrea Riccardi circa un anno fa informò che avrebbe sollecitato l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) al fine di aprire un'istruttoria sul caso;
   da allora, però, nulla è cambiato e le bottiglie in oggetto continuano a essere commercializzate, muovendo un giro di affari di svariate migliaia di euro e richiamando in Italia acquirenti dai Paesi vicini, in particolare Austria e Germania, che fanno incetta di questi souvenir, che non possono acquistare nei loro Paesi, laddove esistono rigorose leggi che vietano chiaramente anche queste forme di apologia del fascismo e del nazismo;
   con la XII disposizione transitoria della Costituzione, attuata con la legge n. 645 del 20 giugno 1952 «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione». 645/1952 (cosiddetta Legge Scelba), l'Italia è uscita da ogni ambiguità vietando la ricostituzione e la propagande del partito fascista e di quello nazista;
   successivamente, la Corte costituzionale con le sentenze n. 1 del 16 gennaio 1957 (firmata dall'ex Presidente provvisorio della Repubblica e Presidente della Corte Enrico De Nicola) e n. 74 del 6 dicembre 1958, chiariva la costituzionalità della cosiddetta «Legge Scelba», chiarendone portata e limiti e indicando nettamente i contorni di ciò che era definita apologia del fascismo;
   non appare né retorico né inutile osservare che anche queste bieche manifestazioni offendono le migliaia di donne ed uomini che hanno lottato, subendo feroci torture e spesso sacrificato la stessa vita, contro la barbarie fascista e nazista, sacrificio che ha concesso a noi il bene supremo della libertà, e indicato con l'azione concreta, e l'alto valore dell'uguaglianza tra i popoli e rispetto per tutti gli esseri umani –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dell'istruttoria dell'UNAR e se intenda adottare azioni normative finalizzate ad integrare la cosiddetta «Legge Scelba», ovvero altre iniziative normative che riterrà opportune, in modo da punire anche chi lucra attraverso immagini ovvero simbologie nazifasciste;
   se il Ministro interrogato non intenda avvalersi delle autorità giudiziarie competenti per porre in atto un eventuale sequestro preventivo delle bottiglie di vino in oggetto. (4-01534)


   FORMISANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il problema degli «esodati» è sorto nell'ormai lontano dicembre 2011, allorquando, con la cosiddetta «Riforma Fornero» (articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici – detto «Salva Italia»), centinaia di migliaia di famiglie sono precipitate, senza alcuna colpa, nell'angoscia e nel terrore del loro futuro poiché rischiano di rimanere senza retribuzione e senza pensione;
   già adesso, per decine di migliaia di famiglie, il timore si è trasformato in tragica realtà;
   il Presidente del Consiglio dei ministri nel discorso con il quale richiedeva la Fiducia per il nuovo Governo nello scorso aprile ha affermato che: «(...) con i lavoratori “Esodati” la comunità ha rotto un patto, e la soluzione strutturale di questo problema è un impegno prioritario di questo governo !»;
   da allora, però, non sono state indicate prospettive concrete per la soluzione di una questione sempre più grave;
   è di assoluta urgenza, infatti, individuare idonei percorsi legislativi che traggano dall'angoscia i lavoratori interessati e le loro famiglie;
   per fare questo, però, è necessario preventivamente conoscere, finalmente, nel dettaglio e con precisione, quali siano i numeri delle persone coinvolte;
   infatti, l'unico dato attendibile è stato fornito dall'INPS, nella persona del suo direttore generale, dottor Nori, nella seduta alla Commissione lavoro della Camera l'11 aprile 2012, ribadito poi con nota stampa pubblicata da tutti i quotidiani il giorno dopo, 12 aprile 2012;
   l'INPS indicò, infatti, in 390.200 il numero di esodati complessivi, esclusi i licenziati senza accordi;
   le situazioni giuridiche dei cosiddetti «esodati» sono molteplici e diversificate e per affrontare in modo corretto la questione è importante avere un quadro preciso delle varie tipologie e di quanti siano gli appartenenti da salvaguardare per ogni categoria di lavoratori;
   si possono individuare sette grandi categorie di esodati:
    a) i lavoratori in mobilità in base ad accordi antecedenti il 31 dicembre 2011, cessati dal lavoro entro il 31 dicembre 2012, che con le vecchie regole avrebbero maturato il diritto alla pensione entro il 2017, indipendentemente se la maturazione fosse avvenuta entro la fine della mobilità;
    b) i lavoratori messi in mobilità sulla base di accordi sottoscritti, in qualsiasi sede, entro il 31 dicembre 2011, cessati a partire dal 1° gennaio 2013, che con le norme precedenti avrebbero maturato il diritto al pensionamento entro la fine della mobilità;
    c) i lavoratori collocati in mobilità lunga prima del 31 dicembre 2011, con accordi regolarmente notificati all'INPS;
    d) i lavoratori autorizzati, alla data del 31 dicembre 2011, alla contribuzione volontaria per i quali, sulla base delle norme precedenti alla cosiddetta «Riforma Fornero», sarebbe avvenuta la maturazione del diritto entro 6 anni;
    e) i titolari di prestazioni straordinarie a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché i lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la medesima data il diritto di accesso ai predetti Fondi di solidarietà.
    f) i lavoratori licenziati, ovvero cessati con procedure diverse da quelle precedenti, alla data del 30 giugno 2012 per i quali i requisiti raggiunti alla data della cessazione avrebbero fatto intervenire il raggiungimento dei requisiti pensionistici entro 5 anni dalla data del 31 dicembre 2011; e di questi, quanti si basano su accordi individuali o collettivi di esodo e quanti sono licenziamenti senza accordi, come fallimenti e altro;
    g) i dipendenti pubblici che avevano in corso l'istituto dell'esonero alla data del 31 dicembre 2011 –:
   se il Governo intenda presentare un disegno di legge sulla materia, in aggiunta alle proposte di legge di iniziativa parlamentare già in esame presso le Commissioni competenti, essendo in grado di quantificare le risorse necessarie e la loro distribuzione negli anni e di precisare i tempi degli interventi definiti, come ricordato sopra, dal Presidente del Consiglio come assolutamente prioritari;
   se il Presidente del Consiglio e il Ministro interrogati abbiano avuto modo di conoscere il numero preciso degli esodati appartenenti a ogni singola categoria di lavoratori, con esclusione di quelli già salvaguardati, premessa indispensabile al fine di avere un quadro articolato e completo della situazione e per essere certi che l'intervento allo studio per fare fronte al fenomeno copra tutti i soggetti interessati.
   (4-01541)


   LOMBARDI e D'AMBROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio di amministrazione della Polizia di Stato nella seduta del 28 giugno 2013 ha provveduto ad effettuare lo scrutinio per merito comparativo per la promozione a dirigente superiore e per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale per la nomina a primo dirigente (tra i quali il dottor Maurizio Improta e il dottor Lamberto Giannini, i responsabili degli uffici che hanno partecipato alla rendition di Alma Shalabayeva e della figlia di anni sei). Con il sistema normativo e regolamentare specifico si sta provvedendo, già da diversi anni, alla selezione della classe dirigente della Polizia di Stato. Da un esame attento della normativa e soprattutto dei «criteri di massima», adottati con il consenso delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, si evince con estrema chiarezza che è il consiglio di amministrazione stesso, che approvando l'operato della commissione (di avanzamento) all'uopo preposta composta da alti dirigenti della Polizia di Stato, che in definitiva decide discrezionalmente, quali candidati debbano essere promossi. Infatti, il punteggio discrezionale (oltre il 60 per cento), molto elevato, a disposizione del consiglio di amministrazione finisce per creare potenziali possibilità di stravolgimento delle graduatorie di merito e rendere vani tutti i titoli oggettivi in possesso dei candidati, con grave nocumento per i principi della meritocrazia reale;
   tra gli altri, si segnala la situazione del dottor Maurizio Improta che, se pure sembrerebbe aver svolto, «sulla carta», il corso di formazione per vice commissari, risulta in un solo anno aver compiuto «un balzo» di cinquantadue posizioni, dalla settantatreesima alla ventunesima, nella graduatoria che consente di accedere al corso di questore;
   molti dei funzionari promossi nell'ultimo consiglio di amministrazione (ma anche in precedenti) appartengono ad uffici centrali (spesso con funzioni di segreteria dei prefetti e/o direttori centrali), e alcuni di loro con pochissima esperienza di territorio (ovvero questure);
   l'articolo 1 (Assunzione di personale nei ruoli della Polizia di Stato) del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1983, n. 903, prevede che: «... l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia avviene mediante pubblico concorso per esami...»;
   l'articolo 28 (Nomina) del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1983, n. 903, prevede che «... i vincitori del concorso sono nominati vice commissari in prova del ruolo dei commissari della Polizia di Stato e sono inviati a frequentare il corso di formazione di cui all'articolo 56 della legge 1o aprile 1981, n. 121...»;
   l'articolo 56 (Corsi per la nomina a commissario di polizia) della legge n. 121 del 1981, prevede che «... ottenuta la nomina, i commissari in prova frequentano un corso di formazione teorico-pratico della durata di nove mesi presso l'apposita sezione dell'Istituto superiore di polizia, di cui all'articolo 58 (legge n. 121 del 1981);
   l'articolo 57, lettera d), (Dimissioni dal corso per la nomina a commissario di polizia) della legge n. 121 del 1981 prevede che «... sono dimessi dal corso i commissari in prova che: .... omissis... d) sono stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di trenta giorni, anche se non consecutivi, e di novanta giorni per infermità contratta durante il corso, salvo che essa sia stata contratta a causa delle esercitazioni pratiche, nel qual caso il commissario in prova è ammesso a partecipare al primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneità psico-fisica...» –:
   quali verifiche urgenti il Ministro dell'interno intenda adottare in relazione a casi quali quelli del dottor Maurizio Improta, nonché più in generale quali iniziative intenda assumere per definire – una volta per tutte – criteri oggettivi che assicurino il merito reale (così come prevedrebbero le norme vigenti), riducendo a «zero» (nella griglia di valutazione per gli avanzamenti dei dipendenti della Polizia di Stato) la discrezionalità in modo tale da cominciare, da un lato, a ridefinire una classe dirigente realmente meritevole e più competente e, dall'altro, a scongiurare una sempre più tangibile e pericolosa «demotivazione» di quei poliziotti che non hanno la fortuna di appartenere alle cosiddette «cordate vincenti». (4-01550)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo diverse e accreditate fonti di stampa sarebbero più di 80 le vittime e centinaia i feriti tra i sostenitori del deposto presidente egiziano Mohammed Morsi a seguito dell'intervento delle forze di sicurezza governative alle manifestazioni di protesta al Cairo e Alessandria di sabato 27 luglio. Nonostante il Ministero dell'interno egiziano abbia negato l'uso da parte delle forze di polizia di vere munizioni, Amnesty International riporta in un comunicato che le testimonianze di manifestanti e di testimoni oculari, nonché prove mediche e video raccolte ed esaminate da Amnesty International mettono seriamente in discussione la versione del Ministero di Interni egiziano. «Sabato 27 luglio, all'obitorio Zeinhoum del Cairo sono arrivati 80 corpi – riporta Amnesty International. Le autopsie eseguite su 63 cadaveri hanno rivelato che 51 persone erano morte a causa dei proiettili. Otto riportavano lesioni mortali da pallottole per fucile e altri tre sono stati feriti da entrambi i tipi di proiettili. Inoltre un uomo è morto per fratture al cranio. Tra le munizioni estratte da otto cadaveri vi erano proiettili da revolver di 9 millimetri e pallottole di cartucce da fucile. Medici dell'ospedale dell'università di al-Hussein hanno detto che il 60 per cento dei pazienti ricoverati era stato colpito alle spalle»;
   dall'inizio delle manifestazioni popolari nel gennaio del 2011, Amnesty International e Human Rights Watch hanno pubblicato diversi rapporti nei quali hanno puntualmente denunciato gli atti di brutale repressione commessi dalle forze di polizia egiziane: queste vanno dalle uccisioni illegali di manifestanti alle percosse sulle persone all'atto dell'arresto fino alla tortura dei prigionieri. In un rapporto pubblicato proprio alla vigilia delle recenti manifestazioni, Amnesty International ha ribadito che le forze di sicurezza egiziane devono fare di più per proteggere la vita e astenersi dall'uso eccessivo della forza;
   il Ministro interrogato, commentando i suddetti fatti del 27 luglio ha prontamente espresso la sua «più ferma condanna dei responsabili dell'escalation di violenza in Egitto» e ha fatto appello «al senso di responsabilità di tutti i leaders politici egiziani per scongiurare che il Paese precipiti in una spirale inarrestabile di scontri armati»;
   durante l'audizione che ha tenuto alle Commissioni riunite di Camera e Senato il 31 luglio 2013, il Ministro interrogato ha ribadito che in Egitto «la situazione è di grandissima tensione, molto esplosiva» aggiungendo che «I militari in piazza non sono forieri di grandi soluzioni»;
    con la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'Unione europea dell'8 dicembre 2008 che definisce «Norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari», gli Stati membri si sono impegnati a «impedire l'esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l'aggressione internazionale o contribuire all'instabilità regionale» e in particolare a «rifiutare (di concedere) le licenze di esportazione qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna» (Articolo 1, comma 2, a);
    la legge del 9 luglio 1990, n. 185 che ha introdotto «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento» esplicita che l'esportazione di materiali di armamento deve essere conforme «alla politica estera e di difesa dell'Italia» e vieta esplicitamente di esportare sistemi d'arma «verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea o del Consiglio d'Europa» (Articolo 1, comma 6, c);
   come riportato dall'Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia che ha analizzato le recenti «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia» (Documento LXVII) tra cui quella inviata dal Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, alle Camere il 17 giugno 2013:
    le esportazioni di armi italiane all'Egitto sono in costante crescita e vedono l'Italia tra i cinque maggiori fornitori di armamenti tra i paesi dell'Unione europea alle Forze Armate egiziane;
    le autorizzazioni ministeriali per forniture di armi e sistemi militari italiani all'Egitto nel 2010 non superavano i 10 milioni di euro, sono salite a oltre 14 milioni di euro nel 2011 e lo scorso anno, col governo Monti, hanno toccato il picco di oltre 24,6 milioni di euro;
    e di conseguenza sono cresciute le consegne effettive di sistemi militari che nel 2012 hanno superato i 28 milioni di euro (euro 28.679.837). Esportazioni che sono tuttora in corso, visto che nei primi tre mesi del 2013 l'ISTAT ha già rilevato spedizioni all'Egitto di «armi e munizioni» per oltre 2,6 milioni di euro;
   come si apprende dalla ricostruzione pubblicata sempre dall'Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia, tra le armi e i materiali militari autorizzati dall'Italia ed esportati in Egitto figurano:
    nel 2010 una spedizione di 2.450 fucili d'assalto automatici modello SCP70/90 corredati di 5.050 parti di ricambio a cui sono seguiti nel 2012 altri 1.119 fucili automatici sempre del modello SCP70/90 e 2.238 caricatori e da altri 35 fucili d'assalto calibro 5,56 NATO modello ARX-160 ciascuno corredato da caricatori e baionetta e muniti di 35 lanciagranate e da silenziatori tutti prodotti ed esportati dalla Fabbrica d'Armi Pietro Beretta;
    nel 2011 l'autorizzazione, da parte del governo Berlusconi, per l'esportazione di 14.730 colpi completi per carri armati del calibro 105/51 TP-T IM 370 (equivalente al colpo completo cal. 105/51 TP-T M490) e nel 2012 altri 692 colpi completi calibro 40/70 PFFC IM212 con spoletta e altri 673 colpi completi 76/62 TP tutti prodotti da Simmel Difesa;
    sempre nel 2011 è stata autorizzata l'esportazione di 355 componenti per la centrale di tiro Skyguard per missili Sparrow/Aspide e affusti a cui sono seguiti nel 2012 altre 1.000 componenti e corsi d'addestramento per la stessa centrale di tiro prodotta dalla Rheinmetall Italia;
    nel 2012 è stata autorizzata dal governo Monti l'esportazione di 55 veicoli blindati Lizard della Iveco;
    nel 2012 sono state autorizzate le esportazioni autorizzate per attrezzature del cannone navale 76/62 S/R della Oto Melara;
    e numerose «apparecchiature elettroniche e software militari» della Selex Elsag, ora Seles ES;
   diverse fonti egiziane e inviati di quotidiani italiani hanno riportato che durante le manifestazioni del novembre del 2011 al Cairo sono stati rivenuti dei bossoli di munizioni prodotte dalla Fiocchi, e che – come documenta ancora l'Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia – nel 2011, cioè nell'anno delle rivolte popolari, vi sono state esportazioni di munizioni dalla provincia di Lecco, probabilmente prodotte dalla ditta Fiocchi, per oltre 41.900 euro, che possono corrispondere ad oltre 100 mila munizioni;
   riguardo alle esportazioni della Fiocchi, l'Osservatorio OPAL fa notare una costante anomalia. Da oltre dieci anni, infatti, le effettive spedizioni di munizioni ad uso militare della Fiocchi non sono mai riportate nella Relazione della Presidenza del Consiglio: vi sono le autorizzazioni rilasciate dai Ministeri degli affari esteri e delle finanze (per i pagamenti) ma manca sempre il riscontro dell'Agenzia delle dogane e quindi da oltre dieci anni la Fiocchi sta esportando munizioni di cui l'Agenzia delle dogane non dà alcun riscontro nelle Relazioni governative, quasi si trattasse di munizioni per armi ad uso civile o sportivo e non invece di munizioni per uso militare, che come tali sono autorizzate e che dovrebbero essere puntualmente riportate nella Relazione governativa e che questa anomalia potrebbe coprire ulteriori esportazioni di munizioni oltre quelle autorizzate –:
   come si spieghi la suddetta anomalia e se il Governo intenda provvedere prontamente a correggerla cosicché già a partire dalla prossima Relazione governativa tutte le esportazioni di munizioni della Fiocchi che risultano, ai sensi della legge n. 185 del 1990, autorizzate dal Ministero degli affari esteri siano anche riportate nella relazione di competenza dell'Agenzia delle dogane, se sono già state rilasciate nell'anno 2013, ai sensi della legge n. 185 del 1990 e successive modifiche, autorizzazioni per l'esportazioni di armi e sistemi militari prodotti in Italia verso l'Egitto per quale tipologia di sistema d'arma, per quale quantità e valore commerciale;
   in considerazione delle reiterate violazioni dei diritti umani e dell’escalation di violenza in Egitto, che il Ministro interrogato ha ripetutamente condannato, se non intenda dare seguito alle sue affermazioni dichiarando pubblicamente la sospensione dell'invio di ogni sistema d'arma e di ogni materiale militare prodotto ed esportato dall'Italia destinato alle forze armate e alle forze di polizia egiziane;
   in considerazione delle preoccupazioni espresse da diverse cancellerie dei Paesi dell'Unione europea e in particolare dall'Alta rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, Catherine Ashton, che a seguito dei fatti accaduti lo scorso 28 luglio in diverse città egiziane ha inviato tutti gli attori ad astenersi dalla violenza e a rispettare i principi di protesta pacifica e non-violenza riaffermando che «l'Unione europea continuerà ad essere vicina al popolo egiziano e sostenere le sue aspirazioni democratiche», se non intenda farsi promotrice in sede europea di una proposta di sospensione dell'invio di ogni sistema d'arma e di ogni materiale militare prodotto ed esportato dai Paesi membri destinati alle forze armate e alle forze di polizia egiziane. (5-00818)


   SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia da anni partecipa ad accordi bilaterali di cooperazione con l'Iraq, in vari settori, tra cui quello economico e commerciale, e della formazione delle forze di polizia e di sicurezza ed un trattato bilaterale di amicizia, partenariato e cooperazione tra i due paesi fatto a Roma il 23 gennaio 2007 e ratificato con legge 20 marzo 2009, n. 27;
   l'articolo 5 del Trattato prevede la cooperazione nel settore della sicurezza e della formazione delle forze di polizia, includendo tra l'altro lo svolgimento di esercitazioni congiunte, la formazione del personale, e la promozione della cooperazione industriale nel settore della sicurezza;
   di recente il viceministro agli affari esteri Lapo Pistelli ha rilanciato, in occasione di un convegno tenutosi ai primi di luglio presso la Farnesina, per il sostegno allo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane in Iraq, la necessità di un cambio di passo nelle relazioni di cooperazione tra i due Paesi, per passare dalla ricostruzione alla cooperazione commerciale e degli investimenti, in particolare nelle infrastrutture, energia, agroindustria;
   l'Italia ha investito nella ricostruzione 3,3 miliardi di euro negli ultimi 10 anni, in un quadro politico e di sicurezza nel paese sempre più labile ed a rischio. Con un’escalation dei conflitti e della violenza che ha registrato nell'ultimo anno un picco drammatico in particolare contro i civili sunniti che da mesi manifestano pacificamente per il rispetto dei loro diritti, stretti all'interno di un conflitto nel quale è forte anche la presenza e l'attività di gruppi legati ad Al Qaeda;
   le proteste delle minoranze sunnite sono iniziate in 6 province in seguito alle continue violazione generiche dei diritti umani, tra cui arresti arbitrari e tortura. Il movimento di protesta chiedeva al Governo Maliki di liberare i detenuti senza capo d'accusa, di abolire il paragrafo 4 della legge antiterrorismo poiché utilizzata contro i sunniti, cancellazione della legge sulla responsabilità e la utilizzata a vantaggio esclusivo dei sunniti appartenenti al partito Baath, assicurare l'accesso equo ed imparziale alla giustizia;
   a queste rivendicazioni il governo Maliki ha risposto con la repressione violenta;
   il 23 gennaio 2013 l'esercito irakeno (composto per lo più di soldati sciiti) ha aperto il fuoco contro civili sciiti in preghiera a Falluja uccidendone 8 e ferendone oltre 45;
   l'8 marzo 2013 la polizia federale ha sparato contro i civili uccidendone uno e ferendone 6, episodio che ha portato il Ministro dell'agricoltura Aldeen Dollah a rassegnare le dimissioni;
   il 23 aprile 2013 le forze speciali irakene coadiuvate da membri delle guardie rivoluzionarie iraniane hanno aperto il fuoco contro una manifestazione di protesta a Hawija uccidendo e ferendo almeno 100 persone, 3 delle quali bambini. Molti parlamentari irakeni che hanno incontrato i dimostranti prima del massacro hanno confermato che erano pacifici e disarmati. In seguito a questo ennesimo episodio di repressione violenta il ministro dell'educazione Mohamed Tamim ha rassegnato le sue dimissioni;
   nel maggio 2013 è stato registrato un aumento delle vittime: 1045 persone (tra civili e forze di sicurezza) sono state uccise e 2397 sono rimaste ferite in vari episodi di violenza e terrorismo. Di recente in occasione del suo discorso di commiato dall'incarico di inviato speciale ONU per l'Iraq, Martin Kobler, dopo aver in passato condannato la strage di Hawija ha dichiarato che l'Iraq si trova di fronte ad un drammatico bivio. O il paese si impegna verso la democrazia ed il rispetto delle diversità culturali, etniche e religiose o soffrirà un ulteriore acuirsi della violenza e dell’impasse politica. Kobler ha anche formulato una serie di raccomandazioni al riguardo, dal rispetto ed attuazione integrale della Costituzione, all'uso efficiente delle risorse del paese e la loro equa ripartizione, la protezione dell'ambiente, ed il rispetto dei diritti delle donne. In precedenza Kobler aveva esortato i leader politici irakeni ad intervenire con determinazione per porre fine alle violenze –:
   quali siano le iniziative che il Governo italiano intende intraprendere al fine di contribuire alla cessazione delle violenze contro i civili sunniti in Iraq ed assicurare che il Governo Maliki rispetti i diritti umani;
   quali siano le attività svolte a livello bilaterale tra Italia ed Iraq nel settore della sicurezza, della cooperazione militare e della formazione delle forze di polizia;
   se non ritenga opportuno considerare la possibilità di sospendere ogni tipo di cooperazione eventualmente in corso nel settore militare, e della sicurezza di cui all'articolo 5 del trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia ed Iraq fintantoché non cessino le violenze ed il Paese si avvii verso un cammino di pacificazione, rispetto dei diritti umani ed i responsabili ed autori delle stragi contro civili vengano identificati e portati dinanzi alla giustizia;
   se non ritenga opportuno, anche tramite l'inviato ONU in Iraq sollecitare un'inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sull'uccisione di manifestanti pacifici a Hawija, Fallujah e Mousel. (5-00819)


   SCOTTO. —Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre del 2012 la Repubblica di Cipro ha raggiunto un accordo col Governo israeliano per lo sfruttamento congiunto delle eventuali risorse presenti nei giacimenti di gas insistenti sulla zona economica esclusiva (ZEE) cipriota;
   nel novembre del 2012 la Turchia, attraverso le parole del Premier Recep Tayyip Erdogan e del Ministro per l'Europa Egemen Bagis in un'intervista al quotidiano turco  Hurriyet, avevano minacciato ritorsioni nei confronti dell'Unione europea e di quegli Stati che avessero avuto intenzione di prestare la loro collaborazione alla Repubblica di Cipro nelle operazioni di sfruttamento dei suddetti giacimenti di gas presenti nella zona economica esclusiva cipriota;
   l'edizione online de  Il Fatto Quotidiano del 31 luglio 2013, nell'articolo «Stampa greca: Missile turco contro nave italiana che lavorava per conto di Cipro» riporta la notizia pubblicata dal quotidiano greco  To Vilma secondo cui un missile di superficie sarebbe stato lanciato da una nave militare turca contro una nave italiana, la Odin Finder, gestita dalla Cyprus telecommunications authority, per impedirle di posizionare cavi sottomarini che dovrebbero servire per avviare i rilievi circa la presenza di idrocarburi nell'Egeo;
   il missile turco avrebbe sfiorato, secondo la ricostruzione della stampa ellenica, la nave italiana mentre essa operava al largo della costa cipriota, in piena zona economica esclusiva, costringendola ad un frettoloso rientro al porto cipriota di Paphos;
   il Governo di Nicosia ha definito l'accaduto «pericolosissimo» ed ha immediatamente convocato una riunione straordinaria del Comando Maggiore della Guardia Nazionale, a cui ha partecipato anche il Ministro della difesa cipriota, come riporta l'edizione online de  Il Fatto Quotidiano del 31 luglio 2013 nell'articolo «Stampa greca: Missile turco contro nave italiana che lavorava per conto di Cipro»;
   l'Ambasciatore italiano a Nicosia, Guido Cerboni, ha affermato di non voler rilasciare dichiarazioni se prima i fatti non verranno accertati ufficialmente;
   lo sfruttamento delle risorse minerali e in generale il controllo esclusivo su tutte le risorse economiche del suolo sottomarino antistante alle proprie coste è regolato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, nota anche come Convenzione di Montego Bay, entrata in vigore nel 1994 ed adottata da circa 200 paesi;
   tale Convenzione regola l'estensione della sovranità territoriale degli Stati anche sulle acque marine antistanti alle loro coste, definendo contenuti e limiti di tale sovranità, e in virtù di tale Convenzione la sovranità dello Stato si estende per un massimo di 12 miglia ad una zona di mare adiacente alla sua costa, il cosiddetto mare territoriale, su cui lo Stato esercita le proprie prerogative in maniera molto simile a quanto accade sul suolo nazionale;
   la possibilità di sfruttamento in esclusiva di minerali, idrocarburi liquidi o gassosi, si estende invece su tutta la propria piattaforme continentale, intesa come il naturale prolungamento della terra emersa sino a che essa si mantiene ad una profondità più o meno costante prima di sprofondare negli abissi;
   il concetto di piattaforma continentale ha finito per sovrapporsi a quello di zona di sfruttamento esclusivo che consiste nella porzione di mare adiacente alle coste dello Stato che si estende sino a 200 miglia marine dalla costa, ed in questa estensione lo Stato costiero è il solo titolare del diritto di sfruttare tutte le risorse biologiche e minerali del suolo e del sottosuolo;
   la Turchia non può pretendere alcunché, in quanto la zona nord dell'isola, occupata abusivamente da 50mila militari turchi sin dal 1974, si è autoproclamata Repubblica turco cipriota del nord, ma non è riconosciuta né dall'Onu né dall'Unione europea mentre la Repubblica di Cipro fa parte dell'Unione europea e dell’ Eurozona;
   ciò è stato confermato nel succitato articolo dell'edizione online de Il Fatto Quotidiano dal professor Stelio Campanale, docente di diritto degli scambi internazionali alla libera università Mediterranea di Bari, il quale ha dichiarato che «l'ordinamento internazionale non consente ad enclavi, gruppi etnici o raggruppamenti di persone o territori comunque definitisi, di accampare di fronte alla comunità internazionale eguali diritti o di muovere analoghe pretese a quelli di Stati sovrani ed indipendenti», e che «l'autoproclamatasi Repubblica Turca di Cipro del Nord, a nome della quale il Governo turco sostiene l'esistenza di una pretesa su tali risorse è completamente destituita di fondamento»;
   questo è il terzo episodio, il secondo avvenuto nella zona economica esclusiva occidentale, di navi che operano per conto di Cipro infastidite da navi da guerra turche che contestano la sovranità stessa di Cipro, e con questo tipo di intimidazioni la Turchia sta cercando di spaventare le imprese straniere che intendono prendere parte alle future e ormai prossime trivellazioni proprio all'interno della tanto contestata area marina della ZEE di Cipro –:
   se sia a conoscenza degli avvenimenti descritti, quali misure siano già state prese in merito e quali azioni si intendano intraprendere al fine di accertare con accuratezza i fatti e di garantire la sicurezza delle navi italiane coinvolte nelle operazioni di sfruttamento dei giacimenti di gas presenti nella zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro.
(5-00824)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI, PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO, GALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, DE ROSA, FURNARI, PETRAROLI, CARIELLO, PINNA, SPADONI, NICOLA BIANCHI, SIBILIA, DI VITA, BARONI, LIUZZI, DE LORENZIS, LABRIOLA, DAGA, TOFALO, BENEDETTI, CRIPPA, PRODANI, DA VILLA, FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, BALDASSARRE, COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, BRUGNEROTTO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari), nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel 1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata» grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10 settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983 dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno, del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre 1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi (fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica;
   la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha acquisito, negli anni, la proprietà dei suoli limitrofi alla discarica, dando il compito alla azienda «Fi.Lom. S.r.l.» (Fondiaria Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare (sui campi non destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti) vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e ortaggi vari. Dalle indagini della procura di Bari in corso, ampiamente riprese dalla stampa locale e nazionale, è emerso tra l'altro che sotto alcuni dei suddetti vigneti sono stati interrati illegalmente rifiuti di ogni genere, come anche in cave abusive e abbandonate dell'agro della confinante Mola di Bari. Dalle stesse indagini e dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lombardi Ecologia è emerso inoltre che i campi limitrofi alla discarica venivano innaffiati attraverso un sistema di pompe sommerse e tubature, come testimoniano documenti fotografici e video, con l'enorme quantità di percolato che si accumulava durante l'esercizio della discarica, tanto da aver creato due «laghi» ai lati del I lotto di esercizio. I prodotti ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio extravergine di oliva, venivano poi immessi sul mercato o regalati;
   i comuni di Mola e Conversano hanno emanato ordinanza per la caratterizzazione e la bonifica dei siti utilizzati dalla Lombardi Ecologia per lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e speciali, nonché pericolosi, ma la stessa ditta non ha provveduto ed ha presentato ricorso al TAR;
   la sentenza del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato ragione ai comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010, l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, nonché i pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa presupposti e richiamati e condannando alle spese processuali regione, provincia, ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia. Per l'organo della giustizia amministrativa regionale, infatti, è evidente che «la scelta di consentire ulteriori conferimenti nella già satura discarica di Conversano abbia costituito non la scelta obbligata sibbene la scelta più comoda, quella più semplice da seguire, ma anche la conseguenza di una imprudente sottovalutazione dei rischi connessi al contenzioso pendente». E il parere reso da ASL e ARPA alla provincia di Bari, e che ha portato al sopralzo, è stato sommario e nel caso della ASL addirittura immotivato. Il 14 ottobre 2010, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensiva della sentenza fino al 26 ottobre 2010 perché la regione Puglia aveva impugnato la sentenza del TAR. Il 26 ottobre 2010, il Consiglio di Stato confermò la sospensione della sentenza del TAR sulla chiusura del III Lotto e, quindi, ne confermò la riapertura, fissando la trattazione del merito al 31 maggio 2011, in pubblica udienza: udienza che non fu mai tenuta perché, intanto, il 31 marzo 2011 il III lotto fu chiuso perché ricolmo oltre il possibile, portando i rifiuti a raggiungere circa 10 metri di altezza oltre il livello di campagna;
   il decreto n. 53 del Commissario delegato per l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia Nichi Vendola del 26 maggio 2011 avente per oggetto «Affidamento del servizio di gestione del Sistema pubblico impiantistico complesso per RSU a servizio del bacino di utenza BA5 in agro di Conversano. Aggiudicazione definitiva. CIG 0860966B9B» (composto da centro per il materiale proveniente da raccolta differenziata, biostabilizzazione, produzione di CDR e discarica di servizio-soccorso), così come già avvenuto nel luglio 2006, e sempre «in considerazione dell'emergenza rifiuti», ha decretato che il servizio fosse aggiudicato definitivamente per una durata di 15 anni alla RTI «Lombardi Ecologia S.r.l.» e «CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto Gestione Bacino Bari 5) nonché il corrispettivo economico del servizio;
   il 30 maggio 2012, un anno dopo l'aggiudicazione della gara d'appalto, il commissario delegato Nichi Vendola e il RTI Lombardi Ecologia e Progetto Gestione Bacino Bari 5 hanno firmato il «contratto di affidamento del pubblico servizio» dell'impianto complesso di trattamento dei RSU. Il contratto prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro di Raccolta Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni conferenti in via esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata tramite specifici accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti medesimi» (articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto allegata alla gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997, realizzato nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza oneri per i Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata di rifiuti, alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi di trattamento dei rifiuti;
   il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli. Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche;
   risulta, tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati «speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da fermentazioni tossiche;
   l'azione di denuncia è stata condotta attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio («Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»);
   la soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, nonostante la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in Puglia, non è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori inceneritori bensì è quella di incentivare le iniziative per promuovere la riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare (Bari), comuni dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per cento di raccolta differenziata –:
   se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più competenza della regione Puglia che ne ha declinato le responsabilità;
   se il Ministero competente possa riscontrare, qualora la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli, attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla medesima discarica;
   se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e Mola di Bari;
   se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione post-chiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci, nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa;
   se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo 2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è, allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico approfondito e dettagliato;
   se risulta al Ministero competente che i lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006;
   se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore, propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi, dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona, motore dell'economia locale. (5-00813)


   DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ, PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, D'UVA, SCAGLIUSI e CATALANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato in via Campazzino, già censiti ai n. 12, 40, 41, 46, 68 (coperture che disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia locale, l'Asl e l'Arpa;
   sono stati censiti diversi scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, ad esempio in corrispondenza del n. civico 12, anche questo accertato da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del 22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni;
   la sorveglianza risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente numero di guardie ecologiche o pattuglie della polizia locale per impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge;
   i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit al civico n. 74 della stessa via;
   da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e via Campazzino, con continui interventi di Amsa;
   esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10 mila metri quadrati) all'altezza del n. 57, una grande discarica abusiva comprendente materiali come lastre eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive;
   tale discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non agricoli –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel sottosuolo della zona interessata;
   se intenda acquisire elementi in merito alle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo. (5-00821)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decreto dirigenziale della direzione generale per l'energia nucleare, le energie rinnovabili e l'efficienza energetica del Ministero dello sviluppo economico, del 14 settembre 2009 la società Adg Gamma Tecnologies s.r.l. è stata autorizzata al commercio di apparecchiatura per controlli non distruttivi contenenti sorgenti sigillate di iridio 192, cobalto 60, selenio 75, ytterbium 169, ai sensi dell'articolo 4 della Legge 31 dicembre 1962, n. 1860;
   in data 7 giugno 2013 è pervenuta al comune di Bregnano, in provincia di Como una comunicazione di inizio lavori ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, da parte della ditta Adg Gamma Tecnologies s.r.l., per un intervento di manutenzione straordinaria, consistente nella realizzazione di tavolati interni all'immobile industriale sito in via E. Mattei n. 15;
   si tratta di lavori assentibili con semplice comunicazione al comune, ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
   dalla documentazione allegata alla pratica edilizia l'amministrazione comunale ha rilevato che il locale compartimentato di cui al progetto edilizio sarà utilizzato dalla ditta per la detenzione e l'impiego di sostanze radioattive a scopo commerciale;
   in allegato infatti alla comunicazione edilizia, la ditta ha depositato copia del decreto prefettizio n. 801, classifica 16.124.10.05.03, in data 18 gennaio 2013, dove, tra l'altro risultano indicati i seguenti pareri:
    Asl nota n. 60926 del 27 settembre 2012;
    direzione provinciale del lavoro nota 17560 del 30 ottobre 2012;
    Arpa Lombardia nota n. 151.116.8.1 del 2 novembre 2012;
    vigili del fuoco nota n. 10857 del 23 agosto 2012;
   lo svolgimento dell'attività della ditta Gamma Tecnologies crea preoccupazione sia ai cittadini sia all'amministrazione comunale, che per la prima volta dovrà gestire una simile tipologia di esercizio senza aver potuto partecipare all’iter di autorizzazione dell'attività stessa;
   dal contenuto del decreto prefettizio risultano una serie di prescrizioni formulate dagli enti coinvolti nell'istruttoria, cui la ditta dovrà attenersi;
   particolarmente preoccupante è l'assetto della sicurezza e radioprotezione connessi con l'attività svolta, con particolare riguardo al possibile coinvolgimento dei lavoratori e come testualmente citato dei «gruppi di riferimento della popolazione» in relazione all'eventuale immissione di radionuclidi nell'ambiente;
   allo scopo di informare i cittadini sullo svolgimento dell'attività e sulle misure di protezione adottate, l'amministrazione comunale di Bregnano ha chiesto alla prefettura di organizzare un incontro chiarificatore, alla presenza di tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, affinché questi ultimi possano dare riscontro ai dubbi e alle perplessità della cittadinanza e dell'amministrazione comunale;
   da una prima analisi delle competenze in materia, secondo le autorità locali, sembra che il comune non sia coinvolto né nella fase dell'insediamento della attività nel proprio territorio né nella fase dei controlli;
   la disciplina che regolamenta il controllo dei pericoli di incidenti rilevanti, la cosiddetta disciplina «Seveso», non dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie in quanto l'uranio impoverito non appare nell'elenco delle sostanze di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 334 del 1999, anche perché i rischi ad esso connessi non sono quelli tipici gestiti dalla Seveso; infatti, tra le esclusioni dell'articolo 4 risultano: a) gli stabilimenti, gli impianti o i depositi militari; b) i pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti;
   il problema ambientale riguardi proprio la tipologia di rischio/agente fisico, sembra che i controlli sulle radiazioni ionizzanti li debba effettuare l'ARPA, mentre a livello di piani di emergenza, l'autorità competente sembrerebbe la Prefettura –:
   se il Ministro intenda approfondire la questione dell'insediamento della ditta Adg Gamma Tecnologies s.r.l. nel territorio del comune di Bregnano, allo scopo di tranquillizzare la cittadinanza e chiarire se l’iter autorizzativo seguito dalla ditta per la detenzione e l'impiego di sostanze radioattive a scopo commerciale sia pienamente rispettoso della normativa e in particolare se la prefettura, come esposto nelle premesse, abbia assunto iniziative sufficienti per garantire la tutela della popolazione e dei lavoratori coinvolti, in relazione all'eventuale immissione di radionuclidi nell'ambiente. (5-00823)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   DECARO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 28 e 29 luglio 2013 un carico di materiale radioattivo (nitrato di uranile) utilizzato nella produzione del combustibile nucleare, veniva trasferito dal Centro Enea – Trisaia di Rotondella (Matera) all'aeroporto militare di Gioia del Colle per poi giungere negli Stati Uniti;
   la società incaricata del trasferimento del suddetto carico è la Sogin Spa (Società di gestione impianti nucleari – società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi);
   da notizie apprese dalla stampa, la Sogin Spa ha trasmesso un comunicato stampa nel quale informava che tale trasferimento avveniva in ossequio agli impegni presi dall'Italia in occasione del vertice sulla sicurezza nucleare svoltosi a Seoul nel marzo del 2012; che il trasferimento si concludeva nella notte dal 28 e 29 luglio il rimpatrio negli Stati Uniti di materiali nucleari sensibili di origine americana, che erano custoditi in appositi siti sul territorio nazionale per attività di ricerca e di sperimentazione; che il rimpatrio di tale materiale negli Usa si inquadrava nell'ambito dell'Accordo internazionale tra Stati Uniti e Comunità europea dell'energia atomica (Euratom) concernente l'utilizzo dell'energia nucleare a scopi pacifici;
   dai cittadini di Puglia e Basilicata provengono proteste e preoccupazioni legate all'assenza di chiarezza sulle modalità con le quali è avvenuto tale trasferimento;
   nelle operazioni di trasferimento sono state impiegate circa 300 persone, tra operatori della Guardia di finanza dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato che hanno scortato il carico e presidiato gli svincoli di Matera Sant'Eramo, Gioia del Colle e la strada statale 106 Jonica –:
   quali iniziative intendano assumere, d'intesa con la regione Basilicata e la regione Puglia, per conoscere realmente la effettiva natura del materiale trasferimento;
   se il trasporto del suddetto materiale sia avvenuto nel rispetto delle norme sulla sicurezza pubblica, ambientale e di difesa civile;
   se siano state messe in atto tutte le procedure per permettere agli enti preposti, le valutazioni sul potenziale pericolo ambientale legato al trasferimento del materiale radioattivo. (4-01542)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUERRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel quadro di una generale condizione di difficoltà degli enti locali per l'incertezza del quadro finanziario di riferimento e i vincoli sulle politiche di investimento derivanti dal patto di stabilità interno, il comune di Campione d'Italia vive una specifica situazione di insostenibilità delle proprie politiche di bilancio, in relazione alla sua particolare collocazione geografica di exclave, ricadendo in una zona considerata area doganale di riferimento della Confederazione elvetica, che ne determina un assetto economico-finanziario dalle caratteristiche assolutamente peculiari;
   per la sue peculiarità di exclave interamente in territorio svizzero la moneta utilizzata per le transazioni e per la stesura del bilancio è il franco svizzero avendo così, da comune che ha deliberato il ricorso alla procedura ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000, una condizione del tutto particolare come dimostrato dalla presenza all'interno del suo bilancio di spese correnti non riconducibili a quelle relative a funzioni proprie di un comune, bensì riferibili a competenze, funzioni e attività statali nonché ai rapporti con la Confederazione elvetica regolati da specifici accordi;
   tale condizione produce gravi effetti distorsivi sui meccanismi di definizione degli obiettivi del patto di stabilità, determinandone un notevole sovradimensionamento rispetto alle effettive possibilità di manovra della spesa da parte del comune, conducendo, per tale effetto, all'impossibilità di effettuare i pagamenti alle imprese oltre che nuovi investimenti;
   la posizione di exclave italiana ha indotto il Governo, fin dal 1933, ad autorizzare l'apertura di una casa da gioco per consentire il finanziamento del bilancio comunale. Il comune, con la quota di proventi in franchi svizzeri di sua spettanza, può dare copertura finanziaria alle spese istituzionali dell'ente territoriale e soprattutto alle particolari misure a favore dei suoi cittadini richieste dall'interclusione territoriale del comune;
   da sempre il legislatore ha determinato l'entità di tale contributo in franchi svizzeri sui proventi della casa da gioco con il solo fine di assicurare al Comune di Campione d'Italia l'adeguatezza dei mezzi finanziari per fronteggiare una situazione del tutto particolare, che non può essere confrontata con altre realtà similari per entità demografica od estensione territoriale;
   la quota di proventi di spettanza del comune, fino ad oggi determinata dalla legge, serve non solo a finanziare attività peculiari in ambito istituzionali dell'ente, ma anche altri servizi pubblici delegati al Comune di Campione d'Italia che, nel resto del Paese, sono di esclusiva competenza di autorità centrali. Tra le prime si evidenziano:
    a) costo dei dipendenti del servizio speciale di controllo comunale operanti all'interno del casinò al fine di garantire la regolarità dei giochi ai tavoli e tutelare gli interessi degli enti pubblici beneficiari dei proventi in base alla vigente legge (comune di Campione d'Italia, provincia di Como, provincia di Lecco, provincia di Varese e Ministero dell'interno);
    b) integrazione dei trattamenti pensionistici previsti dalla normativa statutaria e regolamentare vigente a livello comunale (onde consentire ai pensionati di poter sostenere il maggior costo dell'economia svizzera);
    c) contributo al Canton Ticino per i servizi essenziali (strade, trasporti, scuola superiore) resi alla comunità campionese in base alla «Dichiarazione di cooperazione tra Repubblica e Canton Ticino e il Comune di Campione d'Italia» firmata tra i due enti;
   tra i servizi di competenza statale, si indicano:
    a) l'erogazione dell'assegno di confine ai dipendenti statali (insegnanti e carabinieri) residenti sul territorio;
    b) il pagamento dell'indennità di trasferta al personale della scuola elementare e media non residente
    c) la spesa per il complessivo funzionamento dell'ufficio postale, presso il quale opera personale dipendente del comune;
   tali voci di spesa in franchi svizzeri, presenti solo nel bilancio del Comune di Campione d'Italia, sono ragguardevoli e tipicizzate ed i fondi per farvi fronte sono depositati presso la tesoreria comunale su specifico conto corrente bancario in franchi svizzeri e restano al di fuori del sistema della tesoreria unica;
   a seguito della significativa contrazione dei proventi della Casa da gioco dovuta sia al mutato mercato del gioco in Italia, che all'indebolimento dell'euro contro franco svizzero, l'ammontare del contributo versato dalla casa da gioco al Comune di Campione d'Italia è stato fortemente ridotto e conseguentemente il consiglio comunale si è visto costretto a deliberare con atto n. 3 del 29 gennaio 2013 un piano di riequilibrio pluriennale ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000;
   l'applicazione in tale situazione della normativa in materia di patto di stabilità a decorrere dal 1° gennaio 2013 è così completamente insostenibile e ingestibile da parte del comune di Campione d'Italia, determinando anche l'impossibilità di attuare o anche adeguare ragionevolmente il piano di riequilibrio approvato;
   tale questione è stata oggetto, da parte del sottoscritto, di ordine del giorno n. 9/00676-A/008 accolto dal Governo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravi problematicità di carattere contabile e finanziario che interessano il comune di Campione d'Italia e quali urgenti ed incisive misure intenda adottare, anche in attuazione di un ordine del giorno n. 9/00676-A/008 presentato dall'interrogante ed accolto dal Governo nella seduta della Camera dei deputati del 14 maggio 2013, al fine di individuare specifici criteri di calcolo dei saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, al netto di tutte quelle spese in franchi svizzeri di cui il comune di Campione d'Italia si fa carico a motivo della propria particolare collocazione geografica. (5-00817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto della Banca d'Italia pubblicato lo scorso 29 luglio relativo all'analisi della qualità del credito in Italia, ha evidenziato che il controllo sui prestiti delle prime 20 banche italiane a fine 2012 ha rilevato gravi deficienze nella valutazione dei rischi, tali da disporre l'osservazione speciale per otto di esse;
   il medesimo documento indica altresì, che dalle verifiche emerse una serie di istituti di credito hanno avuto un comportamento incauto nella concessione dei prestiti e nella quantificazione dei rischi rimarcando inoltre che nel futuro, la stessa Banca d'Italia, intende introdurre dei meccanismi più rigidi attraverso le linee guida su come gli istituti di credito nazionali dovranno contabilizzare i prestiti, le sofferenze, gli accantonamenti e le ipotesi di perdite;
   ulteriori profili di criticità evidenziato dal rapporto sulle ispezioni che alimentano le difficoltà derivanti dalla valutazione del livello dei crediti deteriorati e che descrive tra l'altro, una gestione del credito da parte dei banchieri italiani nel complesso superficiale sono manifestati dalla rigidità unica in Europa, da parte degli istituti di credito italiani nei confronti delle coperture dei rischi;
   ove si applicasse alle banche italiane la definizione di credito deteriorato adottata da primari istituti di credito europei, sostiene il documento della Banca d'Italia, il tasso di copertura del sistema bancario italiano, dimostrerebbe un andamento crescente negli ultimi 3 anni;
   le conseguenze derivanti dalle suddette indicazioni, prosegue il rapporto, implicherebbero una questione che dovrebbe essere posta a livello europeo, in considerazione che mentre si discute di unione bancaria, dall'altra parte vi sono Paesi, esclusa l'Italia, che consentono ai propri istituti di credito, di agire in maniera approssimativa e generica sui prestiti e sui bilanci;
   l'interrogante osserva, valutando quanto in precedenza riportato, come tali riflessioni impongono il quesito secondo il quale, in quei Paesi dell'Unione europea, che hanno un rapporto più accomodante con le banche, le autorità di vigilanza sono più flessibili per evitare un'ulteriore riduzione dei prestiti, con la conseguenza pertanto che maggiori sono i meccanismi di rigidità nei livelli di concessione dei prestiti, minori sono le possibilità che gli istituti di credito italiani riconoscano nei confronti delle imprese e delle famiglie del nostro Paese, una politica creditizia più flessibile per favorire maggiormente il credito e il consumo –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare i rilievi critici e le difficoltà emerse dal rapporto della Banca d'Italia, nell'ambito delle verifiche sulla qualità degli istituti bancari operativi nel nostro Paese la cui valutazione del livello dell'esposizione al rischio di credito degli intermediari vigilati, in considerazione di quanto precedentemente esposto, risulta ulteriormente negativa e penalizzante in particolare nei riguardi delle famiglie e delle imprese, il cui marcato incremento dei crediti deteriorati è aumentato in modo considerevole negli ultimi anni;
   quali iniziative infine intenda intraprendere, anche in sede europea, al fine di favorire iniziative volte a rendere in maniera più accomodante l'accesso al credito per famiglie ed imprese, i cui livelli di liquidità monetaria rientranti nella disponibilità delle banche italiane, sono di notevole entità, se si valutano in particolare i tassi d'interesse estremamente bassi che la Banca centrale europea, concede nei riguardi degli istituti di credito europei compresi quelli italiani. (4-01544)


   PALESE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da una ricerca effettuata dall'associazione sindacale dei notai della Lombardia, presentata la scorsa settimana a Milano, ad un anno dall'introduzione delle disposizioni fortemente sostenute dal precedente Governo Monti ed indicate rispettivamente negli articoli 3 e 44 dei decreti-legge 24 gennaio 2012, n. 1 e 22 giugno 2012, n. 83, volte ad introdurre una nuova figura delle società a responsabilità limitata a capitale ridotto, che consentono la possibilità della costituzione per coloro che abbiano compiuto i trentacinque anni di età, gli effetti previsti da tali misure sono stati nel complesso deludenti;
   il medesimo rapporto rileva infatti, che su un numero di circa 13 mila società costituite a fine maggio, il 60 per cento risulta inattivo e che con meno di 500 euro di capitale sociale, sono state costituite soltanto il 45 per cento del numero complessivo di tale nuova tipologia di Srl, con il 90 per cento delle società che ha inoltre dichiarato di non avere assunto personale;
   i dati acquisiti da Infocamere al 31 maggio 2013 di quest'anno, secondo quanto pubblicato dal quotidiano economico: Il Sole 24 Ore lo scorso 20 luglio, evidenziano ancora, che la nuova figura delle Srl risulta concentrata nel Mezzogiorno, con oltre 5 mila imprese pari al 43 per cento del totale, a cui segue l'area del Centro Italia, con oltre 3 mila società che corrispondono al 26 per cento del totale, mentre il restante numero si divide in modo equo tra il Nordest e Nordovest;
   la società consortile di informatica delle camere di commercio italiane rileva ancora, che l'incertezza e le perplessità derivanti dall'impatto delle disposizioni precedentemente riportate dei suddetti decreti-legge introdotte dal precedente Governo Monti, siano in realtà delle «scatole vuote» tuttora non operative sul mercato, a causa sia delle difficoltà nel reperire il credito necessario da parte del sistema bancario, che della bassa capitalizzazione, in considerazione che:
    a) le società costituite con 1 euro di capitale sociale sono il 17 per cento del totale;
    b) il 45 per cento delle nuove Srl è stato costituito con meno di 500 euro di capitale sociale;
    c) il 19 per cento delle medesime società possiede un capitale sociale compreso tra i 500 ed i 900 euro, mentre poco più di un quinto ha un capitale sociale con oltre 1.000 euro;
   ulteriori profili di criticità che alimentano dubbi e perplessità sull'efficacia delle suddette norme stabilite dai cosiddetti «decreti-crescita» introdotte nel corso del 2012, riguardano il numero di addetti all'interno delle nuove srl, che risultano in un numero pressoché inconsistente;
   i dati rilevati da Infocamere evidenziano infatti che 9 imprese su 10 sono prive di personale, mentre il 5,55 ha un addetto soltanto e il 3,8 per cento denuncia un numero di lavoratori compresi tra 2 e 5;
   nell'ambito della tipologia dei settori di attività, il rapporto dichiara fra l'altro, che il commercio e le costruzioni rappresentano i settori in cui le nuove srl sono maggiormente diffuse, a cui seguono le attività di ristorazione e quelle di consulenza;
   dalle osservazioni conclusive riportate dall'Associazione sindacale dei notai, emerge che, nel complesso, le nuove tipologie societarie sono lontane dalla mission per la quale il precedente Governo era intervenuto, con ogni probabilità in modo affrettato, ad introdurle, senza prevedere un maggiore approfondimento dell'impatto effettivo che la fattispecie potesse determinare in concreto;
   difficoltà di attrazione di nuovi capitali, scarse prospettive per favorire il rilancio per la nuova occupazione ed il perdurante carico di oneri nei riguardi degli imprenditori, rappresentano infatti, secondo quanto sostiene la ricerca, le cause principali e maggiormente negative che hanno caratterizzato la fragilità delle norme precedentemente indicate dai suddetti provvedimenti d'urgenza;
   il quadro generale suesposto, conferma a giudizio dell'interrogante, come siano numerosi, gli ambiti d'intervento in materia di sviluppo, competitività e concorrenza, proposti nel corso dello scorso anno, da parte del Governo Monti, rivelatisi scarsamente efficaci e concretamente incisivi sul tessuto economico e produttivo del Paese, come dimostrato anche dalla mancanza dell'emanazione di un numero elevato di decreti attuativi, indispensabili per rendere pienamente esecutive le disposizioni;
   nel tentativo di intercettare nuove figure imprenditoriali anche nell'ambito delle giovani fasce d'età, introducendo le nuove tipologie di società semplificate, le norme previste a tal fine, a cui si affiancano altre numerose misure introdotte dal medesimo Governo, non hanno determinato evidentemente alcun impatto positivo e flessibile per invertire il ciclo economico depressivo in cui si trova il Paese;
   a giudizio dell'interrogante, necessitano in definitiva interventi correttivi ed urgenti in grado di rivedere l'intero impianto delle disposizioni previste dai rispettivi decreti-legge n. 1 e n. 83 del 2012, per l'accesso dei giovani per la costituzione di società a responsabilità limitata e a capitale ridotto, in considerazione dei numerosi e condivisibili rilievi evidenziati dall'Associazione sindacale de notai della Lombardia e da Infocamere –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intendano prevedere al fine di migliorare l'impianto normativo delle disposizioni riportate altresì in premessa, con riferimento alle misure previste dagli articoli 3 e 44 rispettivamente dei decreti-legge 24 gennaio 2012 n. 1 e 22 giugno 2012 n. 83 convertiti con modificazioni rispettivamente dalla legge 24 marzo 2012 n. 27 e dalla legge 7 agosto
2012;
   se l'accordo previsto con l'Associazione bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a trentacinque anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata semplificata, ed indicato dal comma 4-bis dell'articolo 44 del suddetto decreto n. 83 del 2012, sia effettivamente avvenuto e in caso negativo quali iniziative intendano assumere al fine di velocizzare e rendere effettiva tale intesa, indispensabile per consentire alle nuove figure imprenditoriali l'avvio dell'attività aziendale e favorire un più semplice reperimento del credito;
   se non intendano infine prevedere nell'ambito di una più completa rivisitazione delle norme precedentemente riportate, adeguati interventi agevolativi di natura fiscale da affiancare alle disposizioni previste nei riguardi della nuova tipologia di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, i cui risultati come rilevato nella premessa, si sono rivelati nel complesso sconfortanti. (4-01545)


   PLANGGER, ALFREIDER, GEBHARD, OTTOBRE e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 giugno 2013 l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con la delibera 250/2013/R/efr, ha comunicato il raggiungimento della soglia dei 6,7 miliardi di euro del costo indicativo cumulato annuo degli incentivi per lo sviluppo degli impianti fotovoltaici;
   il gestore dei servizi energetici (GSE), a sua volta, ha specificato che il termine ultimo per inviare le richieste degli incentivi statali previsti dal decreto ministeriale del 5 luglio 2012 relativi al quinto conto energia, è quello del 6 luglio 2013, cioè 30 giorni dopo la pubblicazione della delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
   numerose aziende in tutta Italia, nei giorni precedenti alla pubblicazione della delibera, avevano già stipulato vari contratti con diversi clienti/utenti, pertanto il termine dei 30 giorni è risultato insufficiente all'adempimento dei contratti chiusi, per via di un lungo iter burocratico autorizzativo che prescinde dalla volontà e dalla responsabilità dei soggetti coinvolti nella procedura;
   la procedura prevede per la realizzazione e messa in esercizio di un impianto fotovoltaico di potenza fino a 12 kWp, innanzitutto la «richiesta di connessione ad Enel» che, per elaborare il preventivo, impiega fino a 20 giorni lavorativi;
   nelle more dell'emissione del preventivo, Enel inibisce di fatto, tramite il proprio portale internet, i successivi passaggi che sono i seguenti: 1) comunicazione di avvio del procedimento dell’iter autorizzativo per la costruzione e l'esercizio dell'impianto; 2) comunicazione di chiusura procedimento autorizzativo per l'avvenuto ottenimento delle autorizzazioni; 3) comunicazione d'inizio dei lavori; 4) comunicazione di fine lavori di installazione dell'impianto fotovoltaico;
   successivamente alla comunicazione di fine dei lavori, per la realizzazione della connessione, l'Enel dispone di 30 giorni lavorativi per i lavori «semplici» e di 90 giorni lavorativi per quelli «complessi»;
   per poter accedere alle tariffe incentivanti, occorre inviare tramite applicativo GSE tutta la documentazione richiesta;
   a giudizio degli interroganti e della Conf.S.E.R. di Confcommercio, associazione che rappresenta la categoria delle aziende del settore energetico, sarebbe sufficiente prorogare la scadenza di ulteriori 30 giorni per risolvere questa problematica –:
   quali iniziative i Ministri interroganti, ciascuno per la propria competenza, intendano adottare per risolvere il problema illustrato. (4-01548)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nel giugno 2013 il Ministro della giustizia ha comunicato al plenum del Csm l'improvvisa e inattesa decisione di localizzare il tribunale di Napoli nord nel territorio di Caserta sud, per la precisione in Aversa;
   tale scelta contravviene ad una ben precisa disposizione di legge che aveva istituito il secondo tribunale di Napoli nell'area nord della provincia, per la precisione a Giugliano in Campania prima città della regione Campania per popolazione, non capoluogo di provincia;
   la scelta di Giugliano in Campania come sede dell'istituendo presidio giudiziario era stata operata con nettezza nel decreto legislativo 3 dicembre 1999, n. 491. Purtroppo il Tribunale è rimasto per tutti questi anni solo sulla carta;
   nel decreto legislativo n. 55 del 2012, all'articolo 1, che richiama la tabella allegata A, vi è la soppressione di alcuni Tribunali ordinari, di Sezioni distaccate e Procure della Repubblica; tra esse, le soppressioni riguardano anche alcune sezioni distaccate del Tribunale di Napoli e del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;
   all'articolo 2, comma 2, del sopra menzionato decreto si stabilisce testualmente che «Il tribunale di Giugliano in Campania è rinominato in “Tribunale di Napoli nord”»;
   in nessuna parte del provvedimento normativo, però, è stabilito che il secondo tribunale di Napoli, quello denominato «Napoli nord» sia allocato non più a Giugliano in Campania ma addirittura in provincia di Caserta, ove esiste anche il tribunale di S. Maria Capua Vetere;
   non risulta agli interroganti l'esistenza di atti ufficiali a contenuto normativo nei quali venga individuata la diversa ed ad avviso degli interpellanti inopinata destinazione di Aversa del nuovo tribunale di Napoli nord, dal momento che l'intenzione del legislatore era chiarissima, e rimane quella di localizzare il secondo tribunale di Napoli nell'area metropolitana del medesimo capoluogo regionale, specificatamente nel comune di Giugliano in Campania;
   giova ricordare che della popolazione su cui ha competenza il nuovo tribunale di Napoli nord (circa un milione di abitanti) la stragrande maggioranza è residente nella provincia di Napoli, che annovera cittadine molto popolose come Giugliano (terza città campana con oltre 110 mila abitanti), Marano (storica sede pretorile con circa 60 mila abitanti), Afragola (che sfiora i 63 mila abitanti), Frattamaggiore (30 mila abitanti), i comuni limitrofi Villaricca, Qualiano, Melito (che insieme contano oltre 100 mila abitanti) mentre i comuni dell'area casertana soggetti alla competenza circondariale del tribunale di Napoli nord sono, invece, di dimensioni assai più ridotte e meno popolati (il più grande è Aversa con 53 mila abitanti; gli altri sono intorno ai 10 mila abitanti);
   soprattutto per queste ragioni, il nuovo tribunale di Napoli fu localizzato a Giugliano in Campania, in provincia di Napoli, e in posizione ideale di cerniera tra l'area metropolitana napoletana e l'entroterra casertano;
   appare davvero singolare che si localizzi il tribunale di Napoli nord non nella provincia di Napoli ma in un'altra provincia, quella di Caserta; che si muti una localizzazione che, in origine, dava addirittura il nome al tribunale di Giugliano in Campania senza un'adeguata motivazione e che si stravolga un progetto consolidato senza un'adeguata valutazione delle ricadute di carattere organizzativo, con decisione assunta unilateralmente, senza concertazione ma dietro le quinte;
   la localizzazione del tribunale di Napoli nord in provincia di Caserta comporterà enormi sacrifici e grossi disagi per la grande maggioranza della popolazione servita dal nuovo tribunale. Essa, come detto, in massima parte è residente nella provincia di Napoli e si ritrova costretta a raggiungere una sede in un'altra provincia, all'interno del centro storico di una cittadina, peraltro sede di altre Istituzioni, avente un tessuto viario del tutto inadeguato ad ospitare una realtà così complessa, tale da determinare quotidianamente lo spostamento di migliaia di persone (utenza, Magistrati, Avvocati, personale di Cancelleria), in una realtà territoriale già mal servita dalle infrastrutture ed, in ogni caso, già congestionata e di non facile raggiungibilità, per coloro che saranno costretti a giungervi dai menzionati popolosi Comuni in provincia di Napoli –:
   se e con quale atto ufficiale sia stata assunta la decisione in questione, che appare agli interpellanti stravolgere la voluntas legis localizzando il tribunale di Napoli nord, anziché a Giugliano in Campania in provincia di Caserta, e se non ritenga sia necessario piuttosto che dare corso a siffatta determinazione, ad avviso degli interpellanti palesemente illegittima, promuovere una modifica normativa, sempre che, a seguito di un'adeguata e approfondita indagine emerga una convincente motivazione in maniera da scongiurare il ragionevole sospetto di un «colpo di mano» in danno della città di Giugliano in Campania.
(2-00178) «Palma, Boccuzzi, Grassi, Patriarca, Giorgio Piccolo, Manzi, Manfredi, Fiorio, Portas, Coccia, Covello, Dallai, D'Ottavio, Ferrari, Ferro, Luciano Agostini, Anzaldi, Bonaccorsi, Del Basso De Caro, Roberta Agostini, Valiante, Fioroni, Sani, Di Lello, Di Gioia, Bonavitacola, Oliverio, Stumpo, Vaccaro, Capozzolo, Migliore, Scanu, Cesa, Paolucci, D'Agostino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   pendono innanzi al tribunale di Treviso sezione civile il giudizio n.r.g. 8291/07 R.G. e 5563/2007 R.G.;
   il giudizio iscritto al n.r.g. 8219/2007 con ordinanza dell'11 novembre 2008 è stato riunito a quello iscritto al n.r.g. 5563/2007;
   il 25 novembre 2010 le cause riunite sono state poste in decisione ed il fascicolo è stato rimesso per la decisione al giudice il 15 febbraio 2011;
   con missiva del 7 agosto 2012 l'avvocato di una delle due parti contendenti ha scritto al presidente del tribunale di Treviso per sollecitare il giudice assegnatario del fascicolo a definire il giudizio;
   in data 15 luglio 2013 l'interrogante è stata informata di quanto sopra esposto a mezzo di una missiva dell'avvocato di una delle due parti, alla quale è anche allegata la stampa della schermata del sito Polis Web dalla quale risulta che la causa è stata posta in decisione nei termini sopra esposti;
   sono decorsi oltre due anni dalla rimessione del fascicolo al giudice per la decisione della causa e non è stata depositata la sentenza;
   l'episodio in oggetto ripropone con assoluta urgenza la necessità di avere giustizia in grado di giungere in tempi ragionevoli ad una sentenza;
   l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, riconosce ad ogni persona il diritto a vedere la sua causa esaminata e decisa entro un lasso di tempo ragionevole, come diritto ad un equo processo;
   secondo la giurisprudenza della Corte, per le controversie civili il tempo della causa si calcola oltre che dal dies a quo, ovvero a partire dalla notifica dell'atto di citazione, o dal deposito del ricorso nel procedimento, anche dal dies ad quem, ovvero fino alla definitività della sentenza;
   la CEDU ha stabilito che il procedimento si considera di durata irragionevole in ogni caso quando si superano i tre anni per grado di giudizio, come nel caso in esame e l'articolo 55 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83 ha recepito tale termine;
   nel 2004 la Corte di cassazione ha stabilito che i giudici nazionali devono applicare i criteri di Strasburgo nel decidere in casi relativi alla legge Pinto, senza la necessità di richiedere la prova del danno subito dal ricorrente –:
   se sia a conoscenza di quanto descritto premesso;
   quali iniziative intenda adottare, anche di carattere ispettivo, ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza, alla luce delle circostanze descritte;
   quali iniziative intenda assumere, anche sul piano normativo-processuale, per evitare che i processi eccedano il limite della ragionevole durata e conseguentemente evitare ulteriori condanne dell'Italia da parte della Corte europea; (5-00822)

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, TERZONI, D'UVA, PARENTELA, D'INCÀ, BRUGNEROTTO e CATALANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Nuova Sardegna in data 10 luglio 2013 riporta un articolo riguardante la situazione del personale educativo del carcere San Giovanni di Alghero divenuta insostenibile;
   stando a quanto riportato dall'articolo e sostenuto dal referente territoriale della Cisal funzione pubblica, nel carcere di San Giovanni attualmente non risulta in servizio nemmeno uno degli educatori che ci lavorano;
   nell'articolo viene posta l'attenzione su forti dissidi tra gli educatori e il direttore del penitenziario, dissidi che hanno portato a forte stress del personale educativo e pare che la situazione si protragga ormai da due anni;
   i compiti attribuiti agli educatori dall'articolo 82 della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale, attribuiscono a tale figura professionale un ruolo fondamentale nell'attività di osservazione e trattamento dei detenuti e dunque nell'attuazione della finalità rieducativa della pena sancita dell'articolo 27 della Costituzione;
   l'assenza praticamente continua degli educatori nell'istituto penitenziario algherese costituisce pertanto un fatto di estrema gravità in quanto non garantisce il principio costituzionale della rieducazione del condannato e determina una notevole dilatazione dei tempi di attesa delle decisioni sulla concessione delle misure alternative alla detenzione –:
   se i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, siano a conoscenza di quanto sopra e qualora quanto in premessa corrisponda a realtà, come intendano attivarsi per scongiurare i rischi derivanti dalla situazione descritta, se intendano verificare eventuali responsabilità della direzione del penitenziario e come intendano tutelare gli educatori e i detenuti della struttura penitenziaria algherese. (4-01546)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in relazione al drammatico incidente stradale avvenuto sulla A16 Napoli-Bari che ha visto un pullman precipitare da un viadotto provocando la morte di 38 persone e il ferimento in alcuni casi grave degli altri passeggeri è indispensabile verificare ogni dettaglio al fine di capirne cause e dinamiche;
   sulla base delle informazioni raccolte, comprese le testimonianze dei superstiti, l'autista una volta perso il controllo del pullman per cause ancora da accertare ha cercato un'ultima manovra disperata per frenare il mezzo accostandosi alla barriera laterale della carreggiata;
   purtroppo la barriera in new jersey non ha retto e il pullman è precipitato nella scarpata;
   risulta molto importante comprendere quali siano le cause per cui la barriera calcestruzzo e scheletro metallico non ha retto il tentativo di frenata del mezzo;
   occorre quindi verificare se la funzione della barriera in termini di sicurezza non è stata tale per assenza di manutenzione o per problemi congeniti alla costruzione;
   le barriere di new jersey hanno sostituito i tradizionali guard rail proprio in relazione al fatto che in caso di perdita del controllo del veicolo questi venga arginato all'interno della carreggiata senza fuoriuscite e senza salti in direzione opposta;
   per questo occorre comprendere bene il perché del mancato rinvio dinamico verso l'interno del pullman dopo il tentativo disperato dell'autista del pullman –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare per verificare se la barriera laterale installata sul bordo del viadotto della A16, teatro della grave tragedia, fosse stata realizzata correttamente e oggetto di adeguata manutenzione nel corso degli anni e se non intenda, altresì, attivare una immediata verifica sulle condizioni di tutte le barriere presenti sulla rete autostradale italiana. (5-00814)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VELO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 entrato in vigore il 3 giugno 2013, dispone delle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in materia di veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalità;
   nel corso degli anni il comparto dell'autotrasporto aveva sollecitato più volte la necessità di rendere le procedure più armoniche con le esigenze operative della categoria individuando le possibili soluzioni per una migliore utilizzazione del parco veicolare esistente;
   al contrario, con l'entrata in vigore del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 non sarà più possibile conseguire l'autorizzazione periodica per il parco veicolare esistente che, a causa delle particolari caratteristiche tecniche di gran parte dei veicoli in disponibilità alle imprese, si troverà nella situazione di non idoneità al trasporto;
   infatti, le imprese di trasporti eccezionali da oltre venti anni, sono andate avanti in una paradossale situazione di fatto, poiché ante decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 l'autorizzazione periodica per i suddetti veicoli, era già preclusa; tuttavia veniva di fatto concessa per i suddetti veicoli secondo una prassi consolidata in contrasto con la disciplina vigente;
   con la modifica del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2013 in particolare ai trattori-motrici eccezionali per massa verrebbe preclusa non solo la possibilità di conseguire l'autorizzazione periodica ma anche la «singola» e la «multipla» escludendoli dal conseguimento di qualsiasi tipo di autorizzazione e rendendoli completamente inutilizzabili, con un danno economico ingentissimo per le aziende che operano nel settore del trasporto eccezionale;
   le aziende che operano nel settore dei trasporti eccezionali utilizzano circa seimila mezzi, la mancanza del rinnovo delle autorizzazioni mette a repentaglio la sopravvivenza delle centinaia di aziende con la conseguente perdita del lavoro per i settemila addetti;
   gli operatori sono spesso gravati da investimenti programmati e sostenuti con mutui onerosi, leasing o finanziamenti che in questo specifico momento di recessione, non consentono di cambiare tutto il proprio parco veicolare e, nel contempo, il completo deprezzamento dell'usato degli stessi mezzi rischia di dissipare totalmente il capitale aziendale di molte realtà –:
   se il Ministro ritenga di assumere iniziative per l'introduzione di una norma transitoria che preveda la possibilità di continuare a rilasciare le autorizzazioni periodiche per i veicoli che le avevano conseguite in precedenza, pur superando i limiti di massa di cui all'articolo 62 del Codice della strada (eccezionali per massa), al fine di consentire alle imprese del settore una graduale e sostenibile sostituzione del parco veicolare, salvaguardando la possibilità che i veicoli eccezionali per massa possano continuare a conseguire autorizzazioni «singole» e «multiple». (4-01533)


   FUCCI, GALPERTI, MARTI, DISTASO, PICCHI, PALMIZIO, CALABRÒ, ROCCELLA, CHIARELLI e PIZZOLANTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio 2011 l'Unione europea ha abolito per i cittadini di Taiwan i visti di ingresso – fino a 90 giorni di soggiorno – nei Paesi membri, ai quali si sono uniti con analogo provvedimento Norvegia, Islanda, Andorra, Lichtenstein e Monaco;
   tale abolizione – adottata reciprocamente dalle autorità di Taiwan per i cittadini dei Paesi dell'Unione europea e degli altri menzionati Stati non Unione europea – ha determinato un forte incremento del flusso di visitatori taiwanesi in Europa per ragioni di turismo, di affari e di studio e, viceversa, di cittadini dei Paesi europei a Taiwan;
   in questo contesto, sono centinaia di migliaia i taiwanesi che ogni anno vengono in Italia, e decine di migliaia gli italiani che si recano a Taiwan, anche utilizzando i voli diretti Roma-Taipei che, trisettimanalmente, effettua la Compagnia taiwanese China Airlines;
   l'importanza di questi numeri, e della ricaduta sociale ed economica nel nostro Paese, è evidenziata anche dal volume dell'interscambio Italia-Taiwan che, nonostante le difficoltà generate dalla perdurante crisi, resta attestato a 4 miliardi di dollari USA, collocando l'Italia al 4o posto nell'Unione europea quale partner commerciale di Taiwan;
   attualmente sono 56 le Compagnie aeree internazionali che operano regolarmente su Taiwan, collegando direttamente la capitale Taipei con 110 città del Mondo;
   i voli diretti da Taiwan alla Cina sono arrivati a 616 settimanali nell'ambito dei 19 accordi bilaterali – l'ultimo firmato lo scorso 1o luglio – che regolano, in una crescente tendenza di portata epocale, le relazioni tra Taipei e Pechino;
   ogni anno 1,30 milioni di voli attraversano la Taipei Flight Information Region (TFIR);
   nonostante questi significativi elementi di fatto che evidenziano come Taipei sia un hub aeronautico di primaria importanza nel Mondo, Taiwan continua ad essere esclusa dalle riunioni e dalle attività dell’Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) e, a motivo di questa esclusione, con grave pregiudizio per la sicurezza aerea internazionale, non può accedere direttamente, in modo tempestivo ed esauriente come necessario, agli standard di sicurezza globale determinati dall'ICAO; infatti, per eseguire i programmi di sicurezza aerea Taiwan deve ricorrere all'aiuto di Paesi amici, di Flight information region limitrofe e di Compagnie aeree private;
   il Parlamento europeo, altri Parlamenti di Paesi dell'Unione europea, così come Parlamenti e Governi di tutti i continenti, si sono ripetutamente occupati del tema evidenziando la necessità e l'urgenza che Taiwan sia ammessa quanto prima, anche come «Osservatore», alle riunioni e alle attività dell'ICAO;
   lo scorso 12 luglio 2013 il Presidente degli Stati Uniti – Paese anch'esso che, nel 2012, ha abolito i visti per i cittadini di Taiwan, che è così diventato il 5o Paese asiatico a beneficiare di tale esenzione – ha firmato la legge 1151, approvata unanimemente dal Congresso, che impegna l'Amministrazione USA a operare per ottenere che, alla prossima Assemblea dell'ICAO che si terrà in settembre a Montreal (Canada), Taiwan sia ammessa quale «Membro Osservatore». La stessa legge 1151 stabilisce che sarà la Missione USA presso l'ICAO a presentare la richiesta a favore di Taiwan –:
   quali concrete e urgenti iniziative il Governo intenda adottare, anche in coordinamento con gli altri membri dell'Unione europea, nell'interesse prioritario e ineludibile della sicurezza aerea internazionale, per sostenere la partecipazione di Taiwan alle riunioni e alle attività dell'ICAO, convergendo nel sostegno all'iniziativa promossa dagli Stati Uniti.
(4-01535)


   CHIARELLI e CASTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'incidente sulla autostrada A16, che ha causato 38 morti e diversi feriti, è l'ennesimo evento nefasto che si ripete sulla nostra rete viaria. Il rilievo dell'accaduto è naturalmente dovuto all'elevato numero di vittime, ma i dati statistici indicano più in generale ancora una elevata la mortalità per incidenti stradali, nonostante il calo registrato ultimamente (soprattutto in autostrade con l'avvento del Tudor). «Nel 2012, sulla base di una stima preliminare, si sono verificati in Italia 184.500 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti, entro il trentesimo giorno, è pari a 3.650, mentre i feriti ammontano a 260.500.» (fonte ACI-ISTAT);
   le statistiche ufficiali (ACI-ISTAT) indicano nel 20 per cento gli incidenti causati da fattori diversi dall'errore umano (quindi prevalentemente a causa della viabilità);
   in attesa dell'esito delle indagini appare evidente, dai racconti dei testimoni, la circostanza di una serie di concause riassumibili in: a) problematiche meccaniche del mezzo; b) manutenzione del tratto autostradale;
   esiste una questione di evidente doppia marcia per quanto riguarda la infrastrutturazione, in generale per tutte le vie di comunicazione, e nel caso di quelle stradali, tra Nord e Sud –:
   se ritenga il Governo di valutare di avviare una inchiesta ministeriale sull'accaduto o se essa sia già stata avviata;
   quali iniziative intenda assumere per meglio regolamentare il sistema dei controlli relativo ai servizi di trasporto pubblico (comunque e da chiunque esercitati), con particolare riferimento al sistema di revisione dei veicoli, ed alla organizzazione dei viaggi;
   quali iniziative intenda adottare per monitorare lo stato di efficienza della rete viaria, con particolare riferimento al suo adeguamento nelle aree più arretrate del Paese. (4-01537)


   DE LORENZIS, TERZONI, D'UVA, SCAGLIUSI, PARENTELA, D'INCÀ, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, NICOLA BIANCHI, LIUZZI e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate dalla stampa apprendiamo che giorno 27 luglio 2013 alle ore 10.36 è entrata dalle bocche del Lido di Venezia la nave Carnival Sunshine delle Carnival Cruise Lines, bandiera Bahamas, tonnellate di stazza lorda 101353, 272 metri di lunghezza, 35 metri di larghezza e 62 metri di altezza, diretta alla stazione Marittima, dove si è ormeggiata alle ore 12.06, alla banchina Ve117;
   diverse testimonianze tra cui l'assessore all'ambiente del comune di Venezia, riferiscono che l'enorme nave da crociera sia passata estremamente vicino alla riva Sette Martiri nel canale della Giudecca, alcuni affermano addirittura a circa 20 metri;
   seppur la capitaneria di Porto di Venezia – come riportato dalla stessa stampa – affermi che «durante la navigazione dalla bocca di Lido alla banchina, effettuato come previsto dalle vigenti disposizioni, con due piloti a bordo e due rimorchiatori d'ausilio, da quello che risulta a questa autorità marittima non si sono verificati problemi di alcun genere per quanto riguarda la sicurezza della navigazione», si rimane perplessi al solo pensare che navi di questa stazza possano avvicinarsi, anche ad una distanza di soli 72 metri dalle sponde, alle splendide isole che formano la città di Venezia che ricordiamo essere iscritta alla «Lista del Patrimonio Mondiale Unesco» dal 1987 perché è riconosciuta come un capolavoro del genio creativo umano. È un eccezionale esempio di un tipo di costruzione e di complesso architettonico, tecnologico e paesaggistico a testimonianza di importanti tappe della storia umana. È un eccezionale esempio di un tradizionale insediamento umano e di occupazione del territorio e direttamente e materialmente legato ad eventi, tradizioni, lavori artistici e letterari d'eccezionale valore universale;
   Il decreto ministeriale del 7 marzo 2012 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2012 «Disposizioni generali per limitare o vietare il transito delle navi mercantili per la protezione di aree sensibili nel mare territoriale.» dispone all'articolo 2 comma 1, lettera b), punto 1) che: – «b) nella laguna di Venezia: 1) è vietato il transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda»;
   all'articolo 3 comma 1, del suddetto decreto riguardante le «Disposizioni transitorie» viene stabilito che: «1. Il divieto di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), punto 1), si applica a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, come individuate dall'autorità marittima con proprio provvedimento. Nelle more di tale disponibilità, l'autorità marittima, d'intesa con il Magistrato alle acque di Venezia e l'autorità portuale, adotta misure finalizzate a mitigare i rischi connessi al regime transitorio perseguendo il massimo livello di tutela dell'ambiente lagunare»;
   a distanza di più di un anno dall'emanazione del decreto, non risulta ancora attuato il divieto stabilito dall'articolo 2 del suddetto decreto e le enormi navi continuano a passare nel canale della Giudecca destando forte preoccupazioni ad abitanti, turisti e chiunque abbia un po’ di buon senso e avverta il bisogno di tutelare una città come Venezia;
   il disastro del Costa Concordia dovrebbe aver insegnato qualcosa e che – a detta dell'interrogante – simili rischi sono inconcepibili a maggior ragione se rapportati agli scarsi benefici che può dare ai turisti e alla città il passaggio di questi giganti del mare, all'interno della città stessa;
   come e quando, il Ministro interrogato, intenda procedere per far si che il divieto di transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda, venga finalmente attuato, azzerando quindi il rischio di incidenti che nessuno riuscirebbe mai a perdonare. (4-01543)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dalla Gazzetta di Mantova del 25 luglio 2013, si apprende che «su sei auto di servizio a disposizione della polizia stradale di Mantova ed Ostiglia solo due sono rimaste in funzione»;
   l'allarme è stato lanciato dal segretario generale provinciale del Siulp di Mantova Claudio Masi;
   la descrizione del signor Masi sullo «stato di salute» delle auto di servizio è la seguente: «alla sezione della polizia stradale di Mantova su tre automezzi a disposizione degli agenti per il pattugliamento delle strade, una è guasta per la rottura della turbina, una è stata ceduta in prestito in altra sede per aggregazione e la terza, originariamente a disposizione del dirigente la sezione della polstrada di Mantova, è l'unica disponibile. Anche alla sottosezione della polstrada di Ostiglia la situazione non è molto diversa. Infatti, su tre auto di servizio a disposizione, una è ferma da mesi, una ha subìto un sinistro stradale e rimane inutilizzabile e l'ultima è in servizio ininterrottamente, giorno e notte, per garantire la sicurezza dei cittadini sulla strada»;
   la situazione sopra descritta è incomprensibile ed intollerabile, vista la delicatezza e l'importanza dei servizi che la Polstrada deve garantire –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e se intenda corrispondere a questa condivisibile denuncia, dotando le sezioni polstrada di Mantova ed Ostiglia delle auto di servizio necessarie per garantire la piena operatività delle stesse per l'esercizio delle importanti funzioni a loro richieste. (5-00815)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRARESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» all'articolo 38 comma 6 recita: «quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale»;
   le commissioni sono pertanto organi interni, espressione del consiglio comunale;
   il comma 7 del medesimo (articolo 38) recita: «le sedute del consiglio comunale e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento»;
   il decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale) all'articolo 9, «Partecipazione democratica elettronica», dice espressamente: «lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi»;
   l'Ufficio del garante per la protezione dei dati personali (nota pervenuta il 10 gennaio 2008), ha osservato che «gli articoli 10 e 38 del TUEL garantiscono espressamente la pubblicità degli atti e delle sedute del consiglio comunale, rinviando ad uno specifico regolamento l'introduzione di eventuali limiti a detto regime di pubblicità»;
   il parere espresso dal Ministero dell'interno, in materia di enti locali, come in data 26 giugno 2013, «Riprese video del consiglio comunale», a riguardo afferma: «si evidenzia come nell'ambito dell'attribuzione al consiglio comunale dell'autonomia funzionale ed organizzativa (articolo 38, comma 3, TUEL) si riconduce quella potestà di regolare opportunamente, con apposite norme, ogni aspetto attinente al funzionamento dell'assemblea, tra cui anche quello della registrazione del dibattito e delle votazioni con mezzi audiovisivi, sia da parte degli uffici di supporto all'attività di verbalizzazione del segretario comunale, sia da parte dei consiglieri, degli organi di informazione e dei cittadini che assistono alla sedute pubbliche»;
   sussiste il diritto alla ripresa, tale diritto va regolamentato, ma il regolamento non può impedire, può solo porre limiti, alle riprese del consiglio comunale e delle commissioni, a tutela della privacy –:
   in presenza di un regolamento che permette le riprese video del consiglio comunale, se tale diritto si possa intendere esteso di fatto anche alle riprese delle sedute delle commissioni. (4-01538)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che i rom sfrattati dopo trent'anni dal campo di via Monte Bisbino, si sono riversati in città in cerca di una soluzione abitativa. Si tratta di circa 200 persone di origine serba, croata, romena che ora vagano in città;
   molte famiglie si sono accampate con i bambini alla Leon Beaux, l'ex fabbrica dismessa fra via Trieste e via Milano, altri si sono rifugiati nel parchetto di via Filzi, altri dormono nei camper parcheggiati qua e là nelle vie della città e si lavano alle fontanelle pubbliche;
   i terreni di loro proprietà su cui sorgeva il campo sono stati espropriati, a metà, dato che solo una parte serve per realizzare la rampa che collegherà l'A8 ai terreni di Expo 2015. Lo sgombero, auspicato e sollecitato per anni dall'amministrazione comunale e dai baranzatesi, si sta trasformando in un incubo per i cittadini;
   le cronache riportano come la complessa situazione sia rappresentata da un lato dai rom sfrattati che bivaccano ovunque in paese e che più di prima sono presenti nei negozi, nei bar e per le strade, mentre dall'altro lato c’è quel che resta del campo di via Bisbino, dove una parte dei nomadi vive ancora, dato che le loro «villette» non sono sul tracciato che interessa la realizzazione dell'opera viabilistica –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione non intenda intervenire per porre fine ad una situazione già difficoltosa che si sta trasformando in problema di ordine pubblico, adoperandosi per trovare una soluzione definitiva, portando a termine lo sgombero totale dell'area occupata e predisponendo un piano di allontanamento. (4-01540)


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento del legislatore per rendere effettiva la realizzazione della parità tra uomini e donne è stato, nel corso degli ultimi anni, particolarmente significativo;
   il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, all'articolo 1, comma 4, ha affermato che «...l'obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività...»;
   l'articolo 6 Tuel, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nella originaria formulazione prevedeva, al comma 3, «Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti»;
   la portata vincolante e la specifica ampiezza della previsione del comma 3 dell'articolo 6 ora citato, è stata esplicitata e rafforzata dalla novella introdotta dalla legge 23 novembre 2012, n. 215, recante «Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali. Disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni», che all'articolo 1, ha modificato la previgente disciplina sancendo che la parità di genere non fosse solo «promossa», bensì «garantita» dagli enti locali, a tal fine prevedendo un sollecito adeguamento dei propri statuti e regolamenti;
   l'obbligo in questione è riaffermato dalle previsioni dell'articolo 46, secondo comma del Tuel – nella riformulazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della citata legge n. 215 del 2012 – laddove è stabilito «Il sindaco e il presidente della provincia nominano, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione»;
   l'articolo 51 della Costituzione, nella riformulazione che sancisce «tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini», come è stato più volte affermato dalla Corte costituzionale (per tutte, sentenza 4/20109) ha «valore di norma cogente e immediatamente vincolante e come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale»;
   il cogente principio di parità anzidetto, dunque, costituisce, al tempo stesso, un vincolo all'azione dei pubblici poteri e una «...direttiva in ordine al risultato da perseguire di promozione delle pari opportunità tra i generi, in funzione della parità sostanziale e del buon andamento dell'azione amministrativa», come è stato più volte affermato dal giudice amministrativo (per tutte, TAR Lazio, II bis n. 633/2013);
   l'osservanza dei princìpi di cui si sta trattando, come è ovvio, non può consistere nel mero adeguamento formale degli statuti degli enti territoriali, risultando direttamente vincolante, per sindaci e consigli comunali, in occasione della nomina delle giunte e delle relative ratifiche consiliari;
   accade, al contrario, che numerose giunte siano in concreto costituite ab origine, o modificate in corso di consiliatura, in aperta violazione del dettato costituzionale e delle norme ordinarie sin qui richiamati, con la conseguenza di rendere necessario il ricorso al giudice amministrativo come unico rimedio per il ripristino della legalità violata;
   è quanto, ad esempio, sta accadendo nel comune campano di Acerra, che vede reiteratamente operare la giunta municipale in assenza di alcuna rappresentanza femminile (come è accaduto tra il 24 giugno e il 13 ottobre 2012 e sta ancora accadendo a partire dal 14 marzo 2013 a tutt'oggi), e della questione risulta siano già stati formalmente investiti sia la Presidenza del Consiglio, sia la prefettura di Napoli –:
   quali iniziative di rispettiva competenza, anche di natura normativa, intendano assumere per assicurare il rispetto della parità di genere, principio fissato da norme costituzionali e leggi ordinarie, in particolare con riferimento alla composizione dei consigli e delle giunte degli enti locali e regionali. (4-01547)


   LOMBARDI, COZZOLINO e D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 luglio 2013 il Consiglio dei Ministri – su proposta del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha disposto – nell'ambito dei movimenti di prefetti – l'incarico con funzioni di capo del dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, al prefetto Umberto Postiglione;
   da un riscontro sulla «rete» è stato acclarato che il prefetto Postiglione ha ricoperto la carica di sindaco presso il comune di Angri (Salerno) come candidato della formazione politica PPI (La Margherita) per ben due mandati (quindi con una connotazione politica dichiarata): il primo dal 7 maggio del 1995 al 24 gennaio 1999, ed il secondo – a seguire – dal 27 giugno 1999 al 27 maggio 2004;
   l'incarico di capo dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno assume un'importanza «politico-tecnica» strategica nella gestione dei Comuni e degli Enti locali in genere, avendo tra le attribuzioni quelle di: a) amministrazione generale e supporto dei compiti di rappresentanza generale e di governo sul territorio; b) garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi e del loro funzionamento e attività di collaborazione con gli enti locali; c) finanza locale; d) servizi elettorali; e) vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe;
   nel periodo di «interregno» tra i due mandati (in particolare dal 25 gennaio 1999 al 26 giugno 1999) il comune di Angri è stato «sciolto» anticipatamente per dimissioni della maggioranza in consiglio comunale;
   attualmente il prefetto Postiglione ricopre ancora l'incarico di «Commissario straordinario» dell'amministrazione provinciale di Roma (dopo le dimissioni di Zingaretti), con deleghe a: avvocatura provinciale-Segretariato generale e ufficio del consiglio provinciale-cultura-turismo-sport –:
   sulla base di quali criteri oggettivi e soggettivi sia stato scelto il prefetto Umberto Postiglione – personaggio con evidente connotazione politica e se nei criteri di scelta sia stato valutato il fattore «potenziale conflitto d'interessi», tenuto conto delle attribuzioni derivanti dall'incarico assegnatogli e del richiamato (e storicizzato) passato «politico» dello stesso alto funzionario dello Stato, nonché del «doppio incarico» (politico e tecnico) che ancora oggi egli riveste. (4-01551)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, esplicita la diversità di funzioni tra il personale docente insegnanti tecnico pratici (articolo 395) ed il personale ausiliario, tecnico e amministrativo (articolo 543);
   l'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124 stabilisce il trasferimento del personale ausiliario, tecnico amministrativo (ATA) e degli insegnanti tecnico pratici (ITP) dai moli degli enti locali a quelli dello Stato, attraverso il riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza;
   l'articolo in questione, collocando il personale ausiliario, tecnico amministrativo (ATA) al comma 2, e gli insegnanti tecnico pratici (ITP) al comma 3, determina già una netta distinzione tra le due figure professionali per le quali «non può essere affermata l'esistenza di quella identità di situazioni giuridiche (...)» (sentenza Corte costituzionale n. 322 del 26 luglio 2005);
   l'accordo sindacati ARAN (l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) del 20 luglio 2000, stravolgendo l'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, ha determinato l'inquadramento del personale trasferito allo Stato non più attraverso il riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza (come stabilito dalla legge), bensì attraverso il metodo del maturato economico, metodo iniquo e contro legge, sulla base di quanto percepito nell'ente di provenienza alla data di entrata in vigore della legge 124/99, al netto di tutte quelle indennità che negli enti locali contribuivano in massima parte a determinare lo stipendio;
   l'accordo ARAN, in applicazione dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, al punto 6 dell'articolo 2 sancisce che: «Agli ITP ed agli assistenti di cattedra appartenenti alla VI qualifica funzionale degli enti locali si applicano gli istituti contrattuali della scuola per quanto attiene alla funzione docente»;
   l'articolo 10 del decreto interministeriale n. 184 del 23 luglio 1999 stabilisce che, «gli assistenti di cattedra e gli insegnanti tecnico pratici sono inquadrati in ruolo, per la prosecuzione nelle funzioni già svolte negli istituti di trasferimento allo Stato, con continuità di inquadramento e di funzioni»;
   il contenzioso determinatosi dopo l'applicazione dell'accordo ARAN ha visto il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca soccombere di fronte alla quasi totalità delle sentenze emesse dai tribunali, dalle corti di appello ed alla totalità delle sentenze della Corte di cassazione che hanno smentito tale accordo ritenuto privo di natura normativa ripristinando, come previsto dall'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, il diritto del personale al riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza;
   con la legge per il 2006 (legge n. 266 del 2005 articolo 1, comma 218) il Governo riproponeva sotto forma di interpretazione «autentica», l'accordo ARAN già definitivamente bocciato, come visto sopra dalle numerose sentenze di I e di II grado e da tutte le sentenze della Cassazione, disconoscendo il diritto acquisito dai lavoratori ex enti locali, «ai fini giuridici ed economici dell'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza», così come sancito dall'articolo 8 della legge 124 del 1999;
   il comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006, così recita: «il comma 2 dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale e inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento....», esclude totalmente dalla sua «interpretazione» il personale docente ITP e gli assistenti di cattedra individuato ai sensi del comma 3;
   le sentenze e le ordinanze emesse dalla Corte costituzionale (che ha ritenuto legittimo il comma 218 della legge finanziaria per il 2006) sulle ordinanze di rinvio emesse dai Tribunali e corti d'appello, hanno avuto come unico riferimento comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999 riguardante il personale ausiliario, tecnico amministrativo (ATA) e mai il personale docente insegnanti tecnico pratici (ITP) di cui al comma 3 (sentenze n. 234 del 2007, n. 311 del 2009 - ordinanze numeri 400 del 2007, 212 del 2008 ed altre);
   gli insegnanti tecnico pratici (ITP) transitati dagli enti locali nei ruoli statali, alla data del gennaio 2007, erano 997 unità mentre ad oggi meno di 600 unità e che tale numero è destinato ad azzerarsi essendo esclusa qualsiasi ipotesi di integrazione dell'attuale organico;
   recenti decisioni giurisprudenziali hanno riportato all'attenzione dell'opinione pubblica la questione del personale ausiliario, tecnico amministrativo (ATA) e degli insegnanti tecnico pratici (ITP), che ormai si trascina da diversi anni; la sentenza del 7 giugno 2011 con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto, infatti, che in conseguenza del comma 218 della legge n. 266 del 2005 i lavoratori si sono visti negare il diritto a un giusto processo, per cui lo Stato italiano ha violato l'articolo 6 comma 1, della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; inoltre il 6 settembre 2011 la Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza con la quale censura i provvedimenti di, inquadramento emanati dal Ministero senza riconoscere l'effettiva anzianità maturata nell'ente di provenienza –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche alla luce delle recenti decisioni giurisprudenziali succitate, per risolvere definitivamente l'annosa problematica riguardante gli insegnanti tecnico pratici (ITP), al fine di riconoscere il giusto inquadramento loro spettante essendo esclusi, come sopra evidenziato, dalla interpretazione del comma 218 della finanziaria per il 2006 ed il riconoscimento dei miglioramenti economici loro spettanti in virtù dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative anche normative finalizzate al blocco della riscossione delle somme dovute dagli insegnanti tecnico pratici (ITP), i quali si trovano nella condizione di dover restituire somme di notevole entità, che incidono ulteriormente sulle retribuzioni già troppo basse.
(2-00177) «Giammanco, Centemero, Pagano, Laffranco, Bosco, Mottola, Milanato, Elvira Savino, Galati, Bernardo, Calabria, Bergamini, Polidori, Palese, Francesco Saverio Romano, Misuraca, Prestigiacomo, Saltamartini, Ravetto, Abrignani, Polverini, Picchi, Dorina Bianchi, Vignali, Leone, Marotta, Sandra Savino, Castiello, Vella, Pili, Biasotti, Minardo».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale del 24 aprile 2013, n. 334, il precedente Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca disciplinava circa modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale anni 2013-2014;
   con il nuovo decreto ministeriale del 12 giugno 2013, n. 449, si provvedeva a sostituire la disciplina emanata con il decreto del 24 aprile 2013, n. 334, riformando le modalità e le procedure relative allo svolgimento della prova di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale anni 2013-2014;
   in tema di valutazione, graduatorie e soglia di punteggio minimo, la previsione normativa delle prove di cui agli articoli 2, 4, 5, 6 e 7, tra le quali la prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e la prova di ammissione ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, vede una sostanziale modifica rispetto a quanto veniva disposto dai precedenti decreti emanati nel corso degli ultimi anni per la disciplina delle medesime prove;
   in particolare, l'articolo 10 del decreto ministeriale del 12 giugno 2013, n. 449, all'interno del quale vengono disciplinate le graduatorie, le soglie di punteggio minimo e le modalità di valutazione delle prove, prevede una modifica da parte dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rispetto al medesimo articolo presente all'interno del decreto ministeriale del 24 aprile 2013, n. 334, ma, in sostanziale armonia con quest'ultimo, introduce nel sistema di valutazione delle prove l'assegnazione di un punteggio ex ante da calcolarsi sulla base del percorso scolastico dei candidati;
   l'articolo 10 del decreto ministeriale del 12 giugno 2013, n. 449, in particolare, dispone che vengano ammessi ai corsi di laurea e di laurea magistrale, di cui agli articoli 2, 4, 5 e 6, i candidati comunitari e non comunitari di cui all'articolo 26 della legge n. 189/2002 nonché, nell'ambito della relativa riserva di posti, i candidati non comunitari residenti all'estero, secondo l'ordine decrescente del punteggio conseguito;
   secondo il comma 3 dello stesso articolo, si prevede testualmente che «per la valutazione delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale anni 2013-2014, si terrà conto della valutazione ottenuta dall'elaborazione del test, con punteggio massimo conseguibile di 90 punti e la valutazione del percorso scolastico fino ad un punteggio massimo conseguibile di 10 punti per ogni candidato che abbia ottenuto un voto alla prova di maturità di almeno 80 punti su 100, e il cui voto sia non inferiore all'ottantesimo percentile della distribuzione dei voti della propria commissione d'esame nell'anno scolastico 2012-13» secondo la tabella che si allega nello stesso articolo;
   secondo le disposizioni sin qui esaminate il punteggio totale delle prove di ammissione sarà dunque dato dalla somma dei punteggi ottenuti nelle valutazioni di elaborazione del test da sostenere durante la prova e dal punteggio ottenuto ex ante sulla sola base del singolo percorso scolastico, con la previsione di quello che può essere considerato de facto di un bonus maturità;
   nel decreto ministeriale del 28 giugno 2012, n. 196, per la medesima prova di ammissione si prevedeva, all'interno dell'articolo 10, la sola valutazione ottenuta dall'elaborazione del test in sede di esame e solamente in caso di parità di punteggio nella graduatoria prevaleva, secondo un ordine decrescente, il punteggio ottenuto dal candidato nella soluzione di quesiti relativi agli argomenti di cultura generale e ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica, ovvero, in caso di ulteriore parità, la votazione conseguita in sede di esami di stato;
   le modalità di valutazione delle prove così come disciplinate dal decreto ministeriale del 28 giugno 2012, n. 196, garantivano, ad avviso degli interpellanti, una maggiore equità e una valutazione più precisa delle effettive attitudini dei candidati a intraprendere i vari corsi ad accesso programmato, a differenza di una valutazione da effettuare, anche se solo parzialmente, ex ante che, mettendo a priori su piani diversi i candidati, non terrebbe conto dei diversi percorsi di studio da questi affrontati e delle effettive capacità conseguite, alcune delle quali potrebbero presentare maggiore aderenza alle discipline dei vari corsi ad accesso programmato, che potrebbero essere facilmente dimostrate attraverso la mera esecuzione del test, valutando solo in caso di eguali risultati il precedente percorso scolastico;
   il principio meritocratico che si è cercato di introdurre attraverso l'emanazione degli ultimi due decreti ministeriali rappresenta di fatto un principio che poco attiene al merito, dal momento che la valutazione finale dello studente in sede di esame di stato è strettamente collegata a fattori non sempre attinenti al mondo scolastico, quali fattori ambientali, provenienza del singolo studente, tipologia e prestigio dell'istituto frequentato, ovvero effettiva difficoltà del proprio corso di studi;
   a parere degli interpellanti, l'effettivo merito dello studente deve essere dimostrato in sede di prova di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato, dove lo stesso potrà esprimere, senza la presenza di un cosiddetto bonus di maturità, l'effettivo valore del titolo di studio conseguito e le relative capacità acquisite nel proprio percorso scolastico –:
   se il Ministro non ritenga di dover ripristinare, anche per l'anno in corso, il sistema di valutazione previsto dall'articolo 10 del decreto ministeriale del 28 giugno 2012, n. 196;
   se il Ministro non ritenga, per gli anni accademici successivi a quello attualmente in corso, di introdurre un sistema di valutazione che elimini il cosiddetto bonus di maturità e che prenda in considerazione, ai fini valutativi, i soli risultati ottenuti dalla elaborazione del test per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato, valutando il percorso scolastico dei singoli candidati solamente a seguito di situazioni di parità in graduatoria stilata al termine del test.
(2-00175) «D'Uva, Marzana, Gagnarli, Parentela, Catalano, Nicola Bianchi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO e ROCCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 13 luglio 2011 è stato adottato il decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – 4° serie speciale – concorsi n. 56 del 15 luglio 2011, con il quale veniva bandito il concorso per titoli ed esami per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado e per gli istituti educativi;
   le fasi concorsuali per il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici, in Calabria, si sono concluse decretando 98 vincitori a fronte dei 108 posti previsti dal bando;
   la vigenza triennale della graduatoria dei vincitori è stata fissata a decorrere dal 10 luglio 2012;
   il difetto di programmazione delle risorse professionali da reclutare appare ancora più consistente in virtù dei commi 4, 5 e 5-bis del decreto legge n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n 111, che hanno istituito gli istituti comprensivi dimensionati, di norma con 1000 alunni, prima dell'emanazione del succitato bando;
   risulta che l'ufficio scolastico regionale della Calabria, inoltre, non abbia attivato per 26 unità, su un totale di 46 pensionamenti preannunciati, il comma 11, dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, della legge n. 133 del 2008, (cosiddetto pensionamento per anzianità contributiva), tutto ciò in illogica difformità rispetto alle decisioni già adottate dallo stesso USR nel 2012, a normativa invariata e a concorso ancora in itinere;
   a un anno dalla pubblicazione della graduatoria di merito, risulta che lo stesso ufficio scolastico regionale della Calabria non abbia effettuato nessuna immissione di ruolo;
   i 98 vincitori di concorso (rispetto ai 108 previsti dal bando) hanno maturato il «diritto soggettivo all'immissione in ruolo» come riconosciuto, tra l'altro, da pronuncia della cassazione civile, sezione VI del 14 giugno 2012 n. 9807;
   il comma 4-bis dell'articolo 14 della legge 135 del 7 agosto 2012 consente alle pubbliche amministrazioni che ne hanno necessita di attingere alle graduatorie valide di altre amministrazioni;
   nel bando di concorso di cui al decreto del direttore generale 13 luglio 2011, si autorizza l'assunzione di un contingente nazionale di dirigenti scolastici suddiviso poi per ambiti regionali;
   tale possibilità è stata concretamente attuata con decreto del direttore generale n. 371 protocollo n. 11649 del 31 agosto del 2012 in Emilia Romagna, con l'immissione in ruolo dei candidati del concorso del Trentino (DGP del 16 ottobre 2009, n. 2454 della provincia autonoma di Trento) che pur avendo concluso con successo tutte la fasi concorsuali erano in numero eccedente rispetto ai posti messi a bando;
   non è da sottovalutare il danno per le finanze pubbliche per avere investito economicamente in una procedura concorsuale assai selettiva che aveva come scopo lo svecchiamento della scuola e l'introduzione di nuove professionalità e che rischia di perseguire parzialmente le proprie finalità –:
   quali provvedimenti, il Ministro interrogato, intenda assumere al fine di garantire l'immissione in ruolo dei vincitori del concorso per dirigenti scolastici della regione Calabria e se – per coloro ne facessero richiesta – non ritenga possibile l'utilizzo in altre regioni, nelle quali residuino sedi vacanti e disponibili e comunque dove siano stati già assorbiti tutti i vincitori di concorso;
   se il ministro interrogato intenda estendere la vigenza della graduatoria di merito della procedura concorsuale per il reclutamento di dirigenti scolastici, di cui al decreto del direttore generale del 13 luglio 2011, fino al suo esaurimento. (5-00816)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Santa Marinella, a circa 50 chilometri da Roma, è situato il parco archeologico di Pyrgi, polo di grande interesse culturale ed ecologico;
   nel periodo della stagione venatoria, ma non solo, tale area è frequentata da cacciatori appostati tra i campi e i canneti che, di fatto, mettono a rischio l'incolumità dei visitatori;
   per non alterare l’habitat naturale dell'area sacra di Pyrgi, la segnaletica vieta l'accesso dei visitatori alla spiaggia; l'area non risulta invece tabellata ai fini del divieto di caccia;
   da qualche tempo è in atto una protesta da parte di alcune associazioni e di cittadini che chiedono che tutta l'area sia tabellata e preclusa all'attività venatoria, restituendola alla sua vocazione turistica e ambientale;
   la legge nazionale n. 157 del 1992 vieta la caccia nelle aree archeologiche e così recita all'articolo 21: «è vietato a chiunque l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti e se non intendano intervenire, anche attraverso la competente sovrintendenza, affinché sia rispettata la normativa nazionale e l'area archeologica e naturalistica di Pyrgi sia protetta dall'azione, spesso incontrollata, dei cacciatori. (4-01536)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con DGR n. VIII/4215 del 28 febbraio 2007 la giunta regionale Lombarda ha promosso l'Accordo di programma finalizzato alla realizzazione di un nuovo polo sanitario di ricerca e di didattica attraverso la localizzazione delle nuove sedi dell'Istituto nazionale neurologico «Carlo Besta» e dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano in un'area adiacente all'azienda ospedaliera Sacco;
   il 7 aprile 2009 regione Lombardia, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche sociali, comune di Milano, comune di Novate Milanese, fondazione IRCCS istituto neurologico Carlo Besta, fondazione IRCCS istituto nazionale dei tumori, azienda ospedaliera Sacco e università degli studi di Milano hanno sottoscritto l'accordo di programma finalizzato alla realizzazione della nuova città della salute, della ricerca in adiacenza all'ospedale Luigi Sacco di Milano, che prevedeva un importo per la realizzazione della città della salute e della didattica pari a euro 520.825.000,00 e così finanziato: euro 228.720.000,00 mediante fondi di regione Lombardia, euro 40.000.000,00 mediante fondi dello Stato – decreto ministeriale del 7 luglio 2006 (programma investimenti articolo 20 legge n. 67/88) euro 2.105.000,00 fondazione IRCCS istituto neurologico Carlo Besta, euro 170.000.000,00 concessionario, euro 80.000.000,00 concessionario/risorse private/fondazioni;
   con le deliberazioni n. 32 del 3 giugno 2009 del consiglio di amministrazione della fondazione IRCCS «istituto nazionale dei tumori», n. 144 del 9 giugno 2009 del consiglio di amministrazione della Fondazione IRCCS istituto neurologico «Carlo Besta» e n. 417 del 10 giugno 2009 del direttore generale dell'azienda ospedaliera – polo universitario Luigi Sacco, hanno stabilito di promuovere la costituzione, tra gli stessi enti, di un consorzio denominato consorzio Città della salute e della ricerca, richiedendo alla regione Lombardia l'autorizzazione alla costituzione del consorzio;
   il 4 luglio 2011 è stato sottoscritto un documento tecnico che ha stabilito, in considerazione del costo totale dell'investimento di euro 520.825.000,00, di cui a carico della regione euro 228.720.000,00, e della contrazione delle risorse statali, la suddivisione della realizzazione del progetto in due fasi distinte:
    nella 1a fase è stata prevista la realizzazione di una struttura destinata ad ospitare le due nuove sedi delle fondazioni IRCCS Besta e Tumori, per un costo totale dell'investimento di euro 450.000.000,00 e in considerazione del costo complessivo stimato dell'intervento, la regione ha stabilito di incrementare il suo contributo da destinare all'intervento, ad un importo complessivo di euro 328.000.000,00;
    nella 2a fase era stata prevista la riqualificazione dell'azienda ospedaliera Sacco e l'integrazione con le due nuove sedi delle fondazioni IRCCS Besta e tumori, interventi che però non avevano copertura finanziaria;
   in data 20 dicembre 2011 l'assemblea dei consorziati ha deliberato lo scioglimento del consorzio città della salute e della ricerca e nel collegio di vigilanza del 22 dicembre 2011 sono state evidenziate criticità legate alla localizzazione della città della salute e della ricerca nell'area di Vialba, ovvero alla necessità di realizzare nuovi interventi per il potenziamento dell'accessibilità pubblica e privata, per la protezione idrogeologica dell'area e per l'acquisizione delle aree di proprietà dell'INPS, implicando risorse aggiuntive pari a 80 milioni di euro e non oltremodo sostenibile dalla Regione;
   nel collegio di vigilanza del 22 marzo 2012, sulla base delle risultanze degli incontri tecnici effettuati finalizzati a verificare la possibilità di superare le criticità di cui al punto precedente, si è preso atto dell'impossibilità di realizzare la città della salute nell'attuale localizzazione di Vialba, concordando di risolvere l'accordo di programma sottoscritto nel 2009 relativamente all'ambito di localizzazione di Vialba e di approfondire nuove possibili localizzazioni alternative avanzate dalle amministrazioni locali quali, la piazza d'armi della caserma Perrucchetti di Milano proposta dal comune di Milano e le aree proposte dal comune di Sesto San Giovanni situate all'interno del progetto di riqualificazione delle aree dismesse dagli stabilimenti ex Falck;
   con la d.g.r. n. IX/3929 del 6 agosto 2012 la giunta regionale Lombarda, tra l'altro, ha dato corso agli adempimenti di cui all'articolo 128 del decreto legislativo n. 163 del 2006 in tema di programmazione dei lavori pubblici adottando lo schema di programma triennale dei lavori pubblici per il periodo 2012/2014, comprensivo di un elenco annuale dei lavori per l'anno 2012, fra i quali è inserito l'intervento relativo alla «Realizzazione nuova Città della salute e della ricerca area ex Falck nuova sede Istituto Tumori e Besta» per un importo totale pari a euro 450.000.000,00;
   nel tavolo istituzionale del 24 aprile 2012 le due proposte si sono ritenute dal punto di vista tecnico-urbanistico entrambe idonee alla realizzazione del progetto, seppur si è precisata l'importanza per la regione al fine di garantire l'effettiva e concreta fattibilità dell'intervento e la successiva cantierabilità del progetto di avere certezza dei tempi per la cessione dell'area a titolo gratuito alla regione e nelle idonee condizioni ambientali; con lettera del 21 maggio 2012, il presidente della regione ha chiesto al sindaco del comune di Milano e al sindaco del comune di Sesto San Giovanni, ribadendo di avere certezza dei tempi di disponibilità dell'area, di acquisire entro il 29 maggio 2012 «una formale e giuridicamente idonea promessa irrevocabile di cessione gratuita dell'area da parte della proprietà condizionata alla scelta di localizzazione da parte della Regione»;
   il sindaco del comune di Sesto ha trasmesso alla regione la lettera del 28 maggio 2012 di Sesto Immobiliare spa (soggetto attuatore degli interventi previsti nel PII «Aree Ex Falck e Scalo Ferroviario»), quale impegno unilaterale della società proprietaria dell'area:
    a) a cedere gratuitamente le aree ove ubicare la città della salute all'interno delle aree già previste in cessione dal PII;
    b) a provvedere alla bonifica dei sedimi delle aree oggetto di cessione in tempo utile a consentire l'apertura del cantiere per la realizzazione della città della salute;
    c) ad assumere a proprio esclusivo carico tutti gli oneri correlati alle attività di implementazione progettuale del PII conseguenti alla scelta della regione Lombardia di allocare la città della salute nelle aree oggetto del PII;
    d) a valutare le potenziali sinergie tra le strutture private e le strutture pubbliche;
   la giunta regionale lombarda con d.g.r. n. IX/3666 del 2 luglio 2012 «Determinazioni in ordine alla realizzazione della Città della Salute e della Ricerca», tra l'altro:
    a) ha preso atto che il collegio di vigilanza del 22 marzo 2012 ha concordato sull'impossibilità di realizzare la città della salute nella localizzazione di Vialba e ha pertanto dichiarato la risoluzione dell'Accordo di Programma sottoscritto nel 2009;
    b) promuove l'accordo di programma per la realizzazione della città della salute e della ricerca nel comune di Sesto San Giovanni, ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 14 marzo 2003, n. 2;
    c) prende atto che l'accordo di programma, di cui al punto precedente costituisce, ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 14 marzo 2003, n. 2, variante urbanistica del PGT del comune di Sesto San Giovanni;
    d) dichiara quali soggetti interessati all'Accordo di Programma: – regione Lombardia; – Ministero della salute; – comune di Sesto San Giovanni; – comune di Milano; – fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico «Carlo Besta»; – fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori; con l'adesione di infrastrutture Lombarde SpA;
    e) stabilisce che la definizione dell'Accordo di Programma per la città della salute e della ricerca sia completata entro il 31 marzo 2013;
    f) definisce infine, riprendendo una precedente delibera del 2009, che l'importo complessivo dell'intervento è pari a euro 450.000.000,00, la cui copertura finanziaria è la seguente:
     euro 328.000.000,00 mediante fondi di regione Lombardia di cui: euro 300.000.000,00 legge regionale 11/2011 – DGR n. IX/2735/2011 Fondo di rotazione 2011 – DDGS n. 12881/2011 euro 28.000.000,00 Bilancio Regionale 2010 – DDGS n. 10639/2010 e DDGS n. 11024/2010;
     euro 40.000.000,00 mediante fondi dello Stato – decreto ministeriale del 7 luglio 2006, programma investimenti articolo 20 legge n. 67 1988 per l'intervento «Attrezzature elettromedicali ed interventi di supporto, arredi per il Nuovo Ospedale»;
     euro 2.000.000,00 Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta;
     euro 370.000.000,00 Totale finanziamento pubblico;
     euro 80.000.000,00 Concessionario (finanza di progetto);
   la giunta regionale, con la d.g.r. 4319/IX del 26 ottobre 2012, infine, oltre a ribadire quanto sopra esposto, ha approvato dello schema di convenzione per la realizzazione della città della salute e della ricerca tra regione, società infrastrutture lombarde e fondazioni interessate e dello schema di protocollo d'intesa tra regione Lombardia e il comune di Sesto San Giovanni per il trasferimento delle aree ambito di localizzazione della città della salute e della ricerca;
   in data 8 giugno 2007, è stato stipulato un accordo di programma tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia e comune di Sesto San Giovanni finalizzato all'utilizzo dei fondi messi a disposizione con legge 18 novembre 1996, n. 582, pari a circa a 12.911.422,47 euro, per la realizzazione di interventi di riqualificazione ambientale delle aree incluse nel Sito di interesse nazionale e nelle aree pubbliche del comune di Sesto San Giovanni (SITO DI INTERESSE NAZIONALE SESTO SAN GIOVANNI – Legge 23 dicembre 2000, n. 388 – Perimetrazione sito: Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 31 agosto 2001 le indagini di caratterizzazione hanno evidenziato una rilevante situazione di compromissione ambientale dovuta a un diffuso inquinamento dei suoli da metalli pesanti, PCB, diossina e composti organici, mentre in riferimento alle acque di falda sussiste uno stato di contaminazione da nitrati, metalli (cromo totale, cromo esavalente, alluminio, ferro, nichel, piombo), toluene, idrocarburi e composti organo clorurati (cloroformio, 1,1-dicloroetilene, 1,2-dicloropropano, 1,1,2-tricloroetano, tricloroetilene, tetracloroetilene);
   in data 21 gennaio 2013 è stato redatto da Infrastrutture Lombarde per conto della regione Lombardia il rapporto ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica e si suppone sia stato trasmesso per l'approvazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione generale per le valutazioni ambientali;
   dopo una serie di consultazioni con gli interessati ed in particolare con l'amministratore delegato della società Sesto immobiliare il presidente della regione Lombardia, R. Maroni, ritiene di avere avuto tutte le assicurazioni possibili per procedere alla costruzione nell'area nel SIN di Sesto San Giovanni e il 25 luglio intende procedere alla stesura dell'accordo di programma con le parti già citate tra cui, si ricorda il Ministero della salute in quanto facente parte in causa posto che le due Fondazioni (istituto Besta ed Istituto Tumori) sono Istituti di Cura e Ricerca (IRCCS) di diritto pubblico e in quanto tali debbono rispondere dei risultati ottenuti a fronte degli stanziamenti a loro erogati per la ricerca biomedica di base e finalizzata, nonché in quanto erogatore a suo tempo dei finanziamenti destinati dal decreto ministeriale del 7 luglio 2006 a beneficio dei due istituti per complessivi 40 milioni;
   la regione Lombardia intende finanziare il progetto avvalendosi del fondo di rotazione che dovrebbe essere alimentato anche da cospicue quote delle risorse annue destinate al finanziamento corrente dei livelli di assistenza –:
   in base a quali considerazioni intende aderire (o abbia aderito) all'accordo di programma proposto dalla regione Lombardia per la costruzione della città della salute e della ricerca a Sesto San Giovanni;
   se abbia potuto esaminare soluzioni alternative che potessero sia dare sistemazione immediata alla precaria situazione strutturale dell'istituto Besta sia mantenere, con i necessari-adeguamenti, i cospicui investimenti per gli aggiornamenti edilizi, tecnologici e strutturali già affrontati per l'istituto dei tumori;
   se abbia esaminato le fonti di finanziamento del progetto. (5-00820)

Interrogazione a risposta scritta:


   COLLETTI, CECCONI e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 dicembre 2010, dopo appena cinque mesi di vita, è deceduta la piccola Giulia Maria, venuta alla luce presso il reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale «San Giovanni – Addolorata» di Roma ed andata in coma a causa di un intervento cesareo tardivo, effettuato a ben quarantasei minuti dal primo allarme di ipossia lanciato dal monitor;
   un anno e mezzo più tardi, in data 29 giugno 2012, presso la stessa struttura ospedaliera, si è verificato un altro decesso neonatale causato da errore medico;
   il caso ha riguardato la morte di Marcus (questo il nome del bambino) dovuto all'errato utilizzo di una flebo di latte in polvere al posto di una contenente soluzione fisiologica, come evidenziato dalle indagini disposte dalla procura di Roma e come riportato da alcuni quotidiani locali (Corriere della sera/Cronaca di Roma, Il Messaggero, e altro);
   per fare luce su queste tristi vicende, in data 22 gennaio 2013 il deputato Francesco Barbato dell'Italia dei Valori ha presentato un'interrogazione parlamentare (Atto Camera n. 4-19437) che non ha ricevuto risposta;
   i fatti accaduti, allarmanti e gravissimi, sono tali da richiedere misure urgenti –:
   di quale documentazione e di quali elementi disponga il Ministro circa gli avvenimenti descritti in premessa;
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare il Ministro per contrastare efficacemente il fenomeno della malasanità in Italia. (4-01539)

 * * *

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 24 luglio 2013 si è riunito a Bruxelles il Comitato tecnico dell'Unione europea, composto da funzionari ministeriali dei 28 Stati membri, per esaminare la lista dei progetti infrastrutturali prioritari in ambito energetico;
   durante la riunione, è stata approvata una lista in cui figura il rigassificatore «a Zaule o in altra località dell'Alto Adriatico», malgrado l'opposizione della Slovenia, delle amministrazioni triestine e della regione Friuli Venezia Giulia;
   non si tratta di un'approvazione definitiva, visto che questa lista deve ottenere il via libera finale in sede politica, nella prima metà di ottobre, da parte della Commissione europea; 
   sul progetto del rigassificatore di Zaule della società Gas Natural – oggetto di precedenti interrogazioni 4-00914 e 4-00677 dei firmatari del presente atto – gravano numerose anomalie, fatto che ha spinto in parte l'allora ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini a sospendere con un decreto della validità di sei mesi, emanato il 18 aprile 2013, la valutazione di compatibilità ambientale;
   questo decreto rileva il parere contrario del comitato portuale di Trieste e prende atto delle mutate situazioni del traffico marittimo triestino e delle prospettive di potenziamento previste dal piano regolatore portuale. Il rigassificatore, se realizzato con le modalità progettate dalla Gas Natural, non sarebbe compatibile con il traffico portuale attuale e con gli sviluppi futuri;
   il provvedimento governativo considera anche le note negative dei comuni di Trieste (del 28 dicembre 2012 e del 3 gennaio 2013), di Muggia (del 14 gennaio 2013) e di Duino Aurisina (del 24 dicembre 2012) fortemente contrari alla costruzione del rigassificatore, che possono essere ricondotte e sintetizzate con le seguenti dichiarazioni del sindaco del capoluogo giuliano, Roberto Cosolini: «Le ragioni del nostro no stanno tutte in un'approfondita disamina tecnica del progetto presentato, come, d'altronde, nell'assenza di risposte da parte della Società proponente sia sulle molte criticità della realizzazione di un tale progetto in quest'area specifica sia sugli eventuali “valori aggiuntivi” del progetto. Fermo restando che su un progetto così impattante per il territorio le eventuali – ma comunque mai precisate – “compensazioni economiche” non possono venir prima dell'aspetto della compatibilità ambientale e della sicurezza»;
   il Comitato portuale dell'Autorità triestina, inoltre, il 26 luglio 2013 ha approvato le valutazioni rese il 2 luglio 2013 dalla Commissione istituita dalla presidente Marina Monassi per formulare, come da decreto ministeriale, una definizione delle proposte di sviluppo. L'organo «non ritiene né utile né percorribile la rideterminazione del Piano Regolatore Portuale di Trieste per renderlo compatibile con l'impianto di rigassificazione proposto dalla società Gas Natural. La Commissione è del parere che, rispetto a quanto richiesto dall'articolo 2 del decreto interministeriale, non si possa provvedere alla rideterminazione delle previsioni di sviluppo espresse dal Piano Regolatore del Porto di Trieste senza arrecare grave nocumento allo sviluppo dei traffici e del porto medesimo.» Infine si «ritiene incompatibile ogni altra localizzazione del terminale GNL di rigassificazione all'interno dell'ambito portuale di Trieste, per gli stessi motivi e le stesse criticità già evidenziate dal caso dell'impianto localizzato a Zaule»;
   la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, che no ha ancora chiarito la posizione dell'amministrazione con un atto ufficiale, dopo aver inviato una lettera alla Commissione Unione europea per esprimere la ferma contrarietà alla realizzazione dell'impianto a Zaule, ha salutato con favore la decisione del Comitato tecnico Unione europea. Alla missiva della governatrice ha risposto il 30 luglio 2013 il commissario europeo all'ambiente Janez Potocnik, secondo il quale è «assai importante che le autorità locali interessate partecipino allo sviluppo di simili progetti, in quanto esse sono a diretto contatto con i territori su cui i progetti produrranno i loro effetti». Potocnik ha poi ribadito come «fermo restando che spetta soltanto alle autorità nazionali decidere circa l'opportunità di un determinato tipo di progetto in una determinata zona», la Commissione «continua a seguire gli sviluppi delle procedure autorizzative dei progetti in questione, al fine di garantire in particolare il rispetto della direttiva (la 85/337/CEE) concernente la valutazione dell'impatto ambientale» –:
   se il ministro interrogato intenda specificare quale sia la località dell'Alto Adriatico dove potrà essere costruito il rigassificatore previsto dalla lista dei progetti infrastrutturali prioritari comunitari, atteso che sia le amministrazioni locali che la Repubblica di Slovenia si sono pronunciate contro la sua localizzazione nei pressi del capoluogo giuliano.
(5-00825)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo pubblicato dal sito www.qualenergia.it, a firma di Giulio Meneghello, che «circa 160 milioni di euro di fondi pubblici che sarebbero dovuti servire a ridurre le emissioni di CO2 paradossalmente finiranno come rimborsi agli impianti inquinanti entrati in esercizio negli ultimi quattro anni. Oltre 51 milioni andranno alla sola centrale a carbone Enel di Torrevaldadiga Nord, a Civitavecchia, tra i maggiori emettitori di CO2 in Italia. All'Ilva di Taranto di milioni ne andranno oltre 3, e la lista comprende anche impianti meno impattanti, come i cicli combinati a gas: Sorgenia riceverà 25 milioni spalmati su 3 impianti, Ergosud 9 milioni, Eni Power quasi 7 milioni, Tirreno Power 4,4 milioni e decine di altre aziende con somme minori;
   gli importi, stabiliti con due delibere emesse dall'Autorità per l'energia il 25 luglio 2010, rispettivamente n. 333 e 334/2013/R/efr, si riferiscono ai rimborsi dovuti ai cosiddetti nuovi entranti italiani nel sistema ETS, il meccanismo europeo di scambio delle emissioni. Soldi che sono garantiti agli impianti entrati in esercizio negli ultimi anni nonostante la riserva loro destinata fosse esaurita. Grazie a un intervento del Governo Berlusconi del 2010, infatti, i fondi verranno presi dai proventi della vendita all'asta dei permessi ad emettere. Proventi che, come anticipato, in teoria dovrebbero essere destinati, oltre che a risanare le casse statali, a sostenere i necessari investimenti per ridurre la CO2;
   il già citato decreto-legge n. 72, del 20 maggio 2010, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 2010, n. 111 identifica un meccanismo di rimborso per le installazioni che non hanno ricevuto quote di emissione di CO2 a titolo gratuito a causa dell'esaurimento della riserva per i nuovi entranti. All'articolo 2, comma 3, del predetto provvedimento il rimborso comprensivo di interessi di quanto speso per acquistare i crediti – vengono presi dai proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 non assegnate gratuitamente; da qui le delibere emanate nei giorni scorsi dall'Aeeg, che altro ruolo non ha se non stabilire gli importi in base alle emissioni degli impianti in questione e alle quotazioni della CO2 in quegli anni: 144 milioni di rimborsi relativi al 2012, 10,8 al 2011, 3,5 al 2010, circa un milione al 2009 e 41 mila euro al 2008 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e se essa corrisponda al vero e se ritenga di assumere iniziative normative per superare il meccanismo di cui al decreto-legge n. 72 del 20 maggio 2010 che appare peraltro non compatibile, nei risultati prodotti, con le linee di indirizzo programmatico del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in tema di riduzione delle emissioni inquinanti e di rispetto degli impegni internazionali per la tutela della salubrità dell'aria e dell'ambiente presi dal nostro Paese. (4-01549)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Micillo n. 4-01257, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luigi Di Maio.

  L'interrogazione a risposta orale Chimienti n. 3-00251, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Brescia, Marzana, Battelli, Simone Valente, Di Benedetto.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Guerra n. 4-00757 del 6 giugno 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta L'Abbate e altri n. 4-00762 del 6 giugno 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00813.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Velo n. 5-00463 del 27 giugno 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01533.