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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 29 luglio 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   LOMBARDI e D'AMBROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto-legge contenente un dispositivo normativo finalizzato all'abolizione delle Province previsto nel decreto Salva-Italia del dicembre 2011 con la corretta motivazione sostanziale in base alla quale il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità ed urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio;
   considerato che tale decreto-legge è il frutto del lavoro – tra gli altri – dell'ufficio legislativo del Ministero dell'interno (in particolare la parte riguardante le Province);
   oltretutto va osservato che qualunque dirigente e/o funzionario della pubblica amministrazione non può non sapere che un decreto-legge non ha (e mai potrebbe essere così) la forza normativa per modificare la Carta Costituzionale –:
   chi sia il capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'interno responsabile dell'istruttoria normativa confluita poi nel decreto-legge dichiarato incostituzionale, se sia tuttora in carica ovvero quali funzioni svolga, se risulti sulla base di quali competenze sia stato scelto, nonché quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri – tenuto conto dell'evidenza – intenda avviare per rivedere i criteri di scelta ed assegnazione per i delicati compiti che quotidianamente sono chiamati a svolgere i capi degli uffici legislativi dei vari ministeri. (4-01483)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI e BRATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati del Rapporto Ecomafie di Legambiente il giro illegale di rifiuti in Italia è di almeno 4,1 miliardi di euro l'anno di cui 3,1 derivano da rifiuti speciali e un miliardo dagli appalti della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa;
   al 31 dicembre 2012, le inchieste per traffico organizzato di rifiuti ex articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono ad oggi oltre 253, con 1.367 ordinanze di custodia cautelari, oltre 4.000 denunce e 698 aziende coinvolte;
   è urgente attivare un sistema di tracciabilità per la gestione e la movimentazione dei rifiuti da parte delle aziende che sia semplice, efficace e trasparente;
   il SISTRI – Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – è un sistema informativo voluto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per monitorare i rifiuti pericolosi tramite la tracciabilità degli stessi trasferendo in formato digitale i previgenti adempimenti documentali precedentemente svolti in forma cartacea e basati sul MUD – Modello unico di dichiarazione ambientale sul registro di carico e scarico dei rifiuti e sul FIR – Formulario di identificazione dei rifiuti;
   il predetto sistema si basa sull'utilizzo di due apparecchiature elettroniche: una cosiddetta «black box», ovvero un transponder, da montare sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti per tracciarne i movimenti e un token usb da 4 gigabyte equipaggiata con un software per autenticazione forte e firma elettronica che viaggia assieme ai rifiuti, su cui sono salvati tutti i dati ad essi relativi;
   sono obbligati ad aderire a tale sistema di tracciabilità: tutti i produttori iniziali di rifiuti pericolosi; tutti i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, da trattamenti effettuati sulle acque, da trattamento di rifiuti e costituiti da fanghi da abbattimento delle emissioni in atmosfera con più di 10 dipendenti; tutti i trasportatori di rifiuti speciali prodotti da terzi; i trasportatori di propri rifiuti speciali pericolosi; i gestori di impianti di recupero e smaltimento, gli intermediari e i commercianti di rifiuti senza detenzione degli stessi; i comuni e gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania;
   il progetto SISTRI cominciò a prendere forma dal 2007 e che a maggio 2011, il cosiddetto «click day», cioè il collaudo generale del sistema voluto dalle associazioni imprenditoriali in vista dell'imminente partenza del sistema del 1o giugno dello stesso anno portò risultati al di sotto delle attese: un terzo delle imprese coinvolte registrò problemi nella gestione del sistema, a causa di malfunzionamenti delle apparecchiature elettroniche e di carenze del sistema informativo centrale che non è stato in grado di garantire l'accesso a tutti gli operatori;
   stanti le notevole difficoltà di implementazione del sistema, l'interferenza del SISTRI con sistemi informatici in uso alle aziende, l'importante impatto che il SISTRI ha nel sistema di gestione aziendale per i soggetti che trattano di rifiuti si è deciso, a più riprese, di rinviare l'entrata in vigore del sistema al 1o ottobre 2013, per le categorie relative ai rifiuti speciali pericolosi di cui al comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2012 – decreto sviluppo, e al 3 marzo 2014 per tutti gli altri;
   a questo proposito pare opportuno fare esplicito riferimento all'ultima relazione sul redatta dalla «Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti» della XVI Legislatura che sottolinea come un'ulteriore proroga, che non può essere esclusa in linea di principio, dovrebbe essere considerata con precauzione. Dalla teorica piena operatività completa del sistema SISTRI nel 2010, dopo 3 anni di rodaggio, vi è stato sufficiente tempo per apportare modifiche e correzioni al sistema: sulla materia SISTRI vi sono stati ben nove provvedimenti normativi e ministeriali;
   la sopraddetta Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti conclude la sua relazione con una presa d'atto del: «fallimento, almeno fino ad oggi, del SISTRI, per ragioni riconducibili non solo a una non corretta gestione delle varie fasi procedimentali, ma anche per un'opposizione più o meno esplicita dei vari operatori rispetto all'entrata in vigore del sistema»;
   le Conclusioni della consultazione delle organizzazioni delle imprese in materia di SISTRI sono state approvate all'unanimità dai rappresentanti delle 31 organizzazioni delle imprese – consultazione avvenuta in data 20 giugno 2013 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – che sottolineano come il continuo rinvio della effettiva operatività del SISTRI è esso stesso prova della non funzionalità operativa di questo sistema a causa proprio del suo eccessivo sovraccarico organizzativo per le imprese ed il termine operativo del 1o ottobre 2013, qualora fosse confermato, comporterebbe notevoli disagi alle diverse decine di migliaia di imprese e di operatori che producono e gestiscono rifiuti pericolosi; i costi economici e organizzativi di tale avvio sarebbero rilevanti, in particolare in un momento di crisi e di difficoltà per le imprese –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano valutare una rapida iniziativa normativa per il superamento del SISTRI, sostituendolo con nuovi criteri da affidare poi a normativa secondaria e mantenendo nel frattempo il sistema preesistente, con eventuali piccole integrazioni che ne garantiscano una maggiore efficacia, compreso quello sanzionatorio, data l'urgenza di dare una soluzione efficace al problema del contrasto allo smaltimento illegale di rifiuti;
   se non ritengano utile censire e integrare i vari sistemi già esistenti sul territorio regionale;
   se intendano adottare per il nuovo sistema di tracciabilità informatizzata gli indirizzi indicati unanimemente dalle 31 organizzazioni delle imprese nella riunione del 20 giugno 2013;
   se non ritengano altresì utile che nella progettazione e sperimentazione del nuovo sistema siano coinvolte le organizzazioni delle imprese, che tale sistema non comporti oneri aggiuntivi, che si prevedano misure di semplificazione per determinate categorie sulla base della individuazione di esigenze obiettive e che il nuovo sistema entri in funzione solo dopo essere stato collaudato. (4-01472)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la società Arte lavoro e servizi spa è stata costituita nel dicembre del 1998 ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468, e il suo oggetto sociale prevede l'esecuzione di attività concernenti i servizi nel settore dei beni culturali, quali, ad esempio, la manutenzione di edifici, servizi al pubblico, servizi generali amministrativi, servizi di tutela e conservazione ambientale;
   ALES spa nasce, inoltre, come strumento per la stabilizzazione di lavoratori precari che per alcuni anni erano stati utilizzati dal Ministero per i beni e le attività culturali per l'esecuzione di lavori socialmente utili;
   dal 2000 al 2008 ALES ha incassato corrispettivi per i servizi svolti pari a quattordici milioni di euro annui, ma al momento della valutazione del rinnovo contrattuale per il 2009 il Ministero dei beni e delle attività culturali, pur riconoscendo come indispensabile il prosieguo delle attività contrattuali, dichiarava che a causa dell'evoluzione della normativa relativa all’in house providing non era possibile garantire il rinnovo alla società;
   il corrispettivo per il 2009 è poi stato determinato in 13 milioni di euro, in calo rispetto agli anni precedenti;
   con l'articolo 26 della legge 18 giugno 2009, n. 69, è stato disposto il trasferimento della partecipazione azionaria detenuta dalla società Italia Lavoro spa al Ministero per i beni e le attività culturali, al fine di creare le condizioni necessarie per l'ottenimento di affidamenti diretti, nel rispetto delle normative in materia;
   il passaggio sotto il totale controllo del Ministero dei beni e delle attività culturali, oltre a garantire continuità aziendale, ha reso la società un vero e proprio braccio operativo dello stesso permettendo una ulteriore diversificazione delle funzioni e l'assunzione di un ruolo strategico nelle attività dello stesso Ministero;
   nel frattempo, tuttavia, la società operava una ristrutturazione dalla quale è conseguita una riduzione di organico pari a quasi cento unità, passando da 425 dipendenti a 332;
   il corrispettivo finanziario in favore della società ALES per il 2011 è stato pari a 12 milioni di euro e quindi ulteriormente ridotto rispetto agli anni precedenti;
   a fronte della costante riduzione dei corrispettivi riconosciuti alla società in oggetto, i lavoratori presso essa impiegati temono per le proprie prospettive occupazionali –:
   quale sia l'intendimento del Governo in merito alla società di cui in premessa, con particolare riferimento all'affidamento di servizi e del conseguente mantenimento dei livelli occupazionali. (4-01476)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Esercito italiano ha in corso un programma di rinnovamento denominato Forza NEC (Network enabled capability) per la digitalizzazione dello spazio di manovra;
   tale programma prevede lo sviluppo e la realizzazione di una gamma molto vasta di progetti che riguardano soprattutto lo strumento operativo terrestre che vedrebbe, in una prima fase, la digitalizzazione di tre brigate medie oltre che della Forza di proiezione dal mare;
   nell'aprile 2009 le Camere hanno espresso parere favorevole al programma SMD 01/2009 concernente appunto la cosiddetta Forza NEC per un importo di 650 milioni di euro;
   recentemente, la sottosegretaria Pinotti, in risposta ad una interrogazione parlamentare, ha affermato che lo stanziamento per questo programma sarebbe di 800 milioni di euro;
   recenti articoli di stampa indicano in oltre 20 miliardi di euro la spesa che dovrà essere sostenuta nei prossimi anni per il completamento del programma;
   è di tutta evidenza che, data la vastità e complessità del progetto Forza NEC, il costo dello stesso è certamente più vicino a quest'ultima stima che alle cifre dell'autorizzazione parlamentare del 2009, o a quella fornita recentemente dal sottosegretario Pinotti;
   ne consegue che, di fatto, il Parlamento si trova ad aver autorizzato un programma la cui vastità e il cui impegno finanziario sono indeterminati ma certamente molto ampi, e di fatto si sta procedendo per fasi successive con la richiesta di singole autorizzazioni per sottoprogrammi senza che sia definito l'orizzonte economico e temporale del complesso;
   i progetti inseriti nel programma sono tecnologicamente ad altissimo rischio, come confermerebbe la dilatazione dei tempi di sviluppo di alcuni di questi o l'abbandono di altri, in taluni casi per la chiusura di aziende coinvolte in attività di primaria importanza. In tal modo si moltiplicano le già imprevedibili conseguenze sulla sostenibilità e sul costo finale –:
   se non ritenga di dover fornire un quadro di situazione del programma Forza NEC aggiornato sia in termini di obiettivi, che di costi, che di problematiche insorte, fornendo un quadro finanziario completo in base agli impegni già assunti ed in base a quelli da assumere dati i sottoprogetti già avviati, anche alla luce della ristrutturazione in corso nell'Esercito italiano. (5-00773)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   PETRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   prima degli ultimi interventi in materia di servizi pubblici locali e in particolare in quello relativo al ciclo integrato delle acque, gli ATO (ambiti territoriali ottimali costituiti da più comuni) hanno, in alcuni casi, concesso, per la gestione in proprio, a società interamente pubbliche — di cui gli stessi comuni sono soci — gli impianti relativi al servizio idrico integrato al fine di gestire il ciclo completo delle acque compresa la fognatura e la depurazione;
   in particolare i comuni hanno messo a disposizione delle società pubbliche di gestione la proprietà degli impianti per la fornitura dei servizi idrici, fognari e di depurazione in seguito a convenzioni specifiche utilizzando lo strumento della concessione in affidamento diretto e riconducibili alle politiche e alle scelte effettuate dagli ATO attraverso i loro piani d'ambito;
   le società pubbliche sostengono, nell'ambito della gestione, ripetuti e rilevanti interventi di manutenzione straordinaria sulle infrastrutture;
   Tennacola spa, società di capitali interamente pubblica, con sede legale e amministrativa in Sant'Elpidio a Mare (FM), ha iscritto tali costi in bilancio, nell'attivo dello stato patrimoniale, sotto la voce «Altre immobilizzazioni immateriali» ed ha ritenuto di operare un ammortamento in cinque quote costanti a partire dall'esercizio in cui sono state sostenute e nei successivi quattro;
   il risultato di tale scelta condotta dagli amministratori della società è avvalorata da alcune considerazioni quali: il grado di vetustà che tali impianti presentavano sin dal loro affidamento da parte dei comuni; il livello di criticità funzionale degli impianti confermato da una ricognizione degli stessi da parte dei tecnici della società; l'obbligo civilistico di fornire in bilancio una corretta e prudenziale rappresentazione della realtà oltre che l'omogeneo trattamento delle spese suddette ai fini di una politica tariffaria razionale e programmabile ed al riparo da oscillazioni impreviste ed ingestibili;
   la ratio legis dell'articolo 113, comma 9, del decreto legislativo n. 267 del 2000 — laddove nel prevedere che al termine della concessione le spese non completamente ammortizzate sarebbero oggetto di rimborso da parte del soggetto subentrante — è una chiara dimostrazione del fatto che al termine del periodo di concessione possono verificarsi casi di non completo ammortamento delle spese in esame, fatto, questo, non contemplato anzi controvertito dal principio enunciato dall'ente impositore che, appunto, vede concludersi in ragione della residua durata del periodo di utilizzo il completo ammortamento delle spese in parola;
   considerato che Tennacola spa redige il bilancio adottando i principi contabili internazionali, l'articolo 108, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dispone che le spese diverse da quelle sostenute per studi e ricerche e per pubblicità, sostenute in più esercizi sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio e quelle non capitalizzabili per effetto dei principi contabili internazionali, sono deducibili in quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi;
   la guardia di finanza e l'Agenzia delle entrate non hanno reputato corretta la scelta effettuata dagli amministratori della società, attenendosi strettamente a criteri civilistici di imputazione e ai principi contabili dell'O.I.C. nn. 16 e 24 ripresi nella circolare n.73/E del 1994, riprendendo di fatto a tassazione i maggiori costi dedotti «nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione tenuto conto dell'eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore» dando per scontato che il periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione fosse proprio quest'ultimo;
   le direzioni regionali dell'Agenzia delle entrate, su questioni simili ed assimilabili a quelle in esame hanno espresso pareri non omogenei;
   l'orientamento emergente dai richiamati principi contabili internazionali e quello a cui si rifà la prassi fiscale oltreché l'Agenzia delle entrate, deve essere contestualizzato in uno scenario ben diverso da quello del caso in esame, in quanto genericamente riferito a casi di «locazione» di beni mobili e immobili sui quali sono state sostenute spese di manutenzione straordinaria, laddove nel caso in esame riguarda invece una situazione di concessione per la gestione del servizio idrico integrato che è disciplinata da un contratto particolare e da una lex specialis che regola e norma un settore — quello dei servizi pubblici a rilevanza economica — dove più volte si è intervenuti sia a livello legislativo, sia giurisprudenziale senza fornire un inquadramento conclusivo e risolutivo delle questioni –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di individuare una soluzione che dissolva i dubbi interpretativi ed riconduca ad omogeneità i comportamenti discordanti anche tenendo in considerazione gli elementi esposti in premessa. (4-01473)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva comunitaria del 1982 (82/76 CEE) e la Corte di giustizia europea (sentenze del 25/02/1999 e del 03/10/2000), hanno condannato l'Italia per non aver riconosciuto la giusta remunerazione ai medici che hanno iniziato a frequentare il corso di specializzazione tra gli anni 1982-1991;
   in Italia detta direttiva è stata recepita solo nel 1991, attraverso il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, che ha stabilito per gli specializzandi iscritti a partire dall'anno accademico 91/92 l'importo di Euro 11.103 per ogni anno di specializzazione;
   detto decreto legislativo nulla riconosceva in favore dei medici immatricolatisi alla specializzazione negli anni accademici antecedenti, ovvero dall'82/83 al 90/91;
   i medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1982 e il 1991 non solo non hanno ricevuto alcun compenso né borsa di studio, ma sono stati discriminati rispetto ai colleghi europei nell'accesso alla professione all'estero, in quanto il mancato pagamento di fatto li dequalificava;
   nel 1987 è arrivata la prima condanna allo Stato italiano dalla Corte di giustizia europea per inadempimento delle direttive europee;
   la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia europea e, soprattutto, le più recenti decisioni della Corte di cassazione hanno sancito che tali diritti soggiacciono alla prescrizione ordinaria decennale (ex articolo 2946 del codice civile) ed essa non inizia a decorrere sino a quando permane l'inadempimento dello Stato nei confronti dei titolari dei diritti comunitari lesi, in quanto tale condotta cagiona la permanenza dell'obbligo risarcitorio (de die in die). (Cass. S.U., 17 aprile 2009, n. 9147; Cass., Sez III, 18 agosto 2011, n. 17350);
   con la sentenza n. 759/2012 dell'8 maggio 2012 il tribunale di Venezia ha riconosciuto 2,5 milioni di euro ai medici che hanno frequentato le scuole di specialità tra il 1982 e il 1991. La Presidenza del Consiglio ha pagato a soli 5 mesi dalla sentenza stessa. Questa è la conferma della svolta anche dei tempi di erogazione effettiva. Si tratta di uno dei primi casi in cui una sentenza per tali questioni restituisce in tempi brevissimi una somma così consistente;
   da quanto si apprende dall'articolo a firma di Giulia Guerri del quotidiano Il Giornale di Liguria, del 20 luglio 2013: «in tutta Italia sono 6.700 i professionisti a cui lo Stato ha dovuto riconoscere un rimborso di 313 milioni di euro. E ci sono ancora più di 40 mila medici con una causa in corso»;
   l'avvocato Marco Tortorella, legale di Consulcesi, dichiara allo stesso quotidiano che: «Ormai le sentenze passate in giudicato fanno giurisprudenza, quindi quelle somme devono essere pagate, altrimenti c’è il pignoramento della Banca d'Italia. Un mancato accordo comporta un esborso di decine di milioni di euro in più. Finora il disegno di legge prevede una somma di 400 milioni di euro»;
   presso il Senato della Repubblica, risultano depositati alcuni disegni di legge che cercano di trovare una soluzione nelle more delle lungaggini giudiziarie che, a quanto si apprende dalla stessa Consulcesi, vedono rinviati ad udienze del 2015 la precisazione delle conclusioni e successivamente dovrebbe essere emessa la relativa sentenza –:
   se non si intenda urgente e doveroso porre in essere tutto quanto ritenuto opportuno al fine di risolvere la problematica di cui in premessa, evitando che i medici, ex specializzandi continuino a pagare la manchevolezza dello Stato. (5-00766)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società EAV srl gestisce tra le varie linee ferroviarie della provincia di Napoli, le linee ferroviarie della Cumana e della Circumflegrea e il passaggio a livello pedonale denominato «Starza» situato alla progressiva: chilometri 7 + 421 della Ferrovia Cumana, che ricade nella X Municipalità del comune di Napoli nell'ambito dell'agglomerato di Bagnoli, in prossimità della stazione di Bagnoli;
   il sopra citato passaggio a livello assicura il collegamento pedonale tra Via Maiuri e Via Bagnoli;
   la SEPSA – (Società per l'esercizio di pubblici servizi anonima), azienda di trasporto pubblico locale, che gestiva il servizio ferroviario urbano e suburbano all'interno del quadrante occidentale dell'area metropolitana di Napoli attraverso le ferrovie Cumana e Circumflegrea, con la fusione del 27 dicembre 2012 Metro Campania NordEst è confluita nell'Ente Autonomo Volturno – con nota del 28 giugno 2012 comunicava la volontà di chiudere il passaggio a livello pedonale denominato «Starza» in quanto giudicato troppo oneroso;
   pur trattandosi di un brevissimo tratto residenti e commercianti e la municipalità di Bagnoli Fuorigrotta, che in argomento ha approvato un ordine del giorno lo scorso 3 agosto 2012 dichiarandosi contraria in assenza di chiare misure alternative, evita un enorme giro a piedi, di conseguenza la paventata chiusura del passaggio sopra citato provocherebbe enormi disagi per i cittadini, in particolare per gli studenti ed i genitori che quotidianamente accompagnano i figli alla scuola elementare sita in prossimità del passaggio;
   di quali elementi disponga in merito ai fatti esposti in premessa;
   quali iniziative, anche per il tramite del commissario, d'intesa con la regione e gli enti locali interessati, intenda assumere al fine di assicurare soluzione alternative certe alla chiusura per scongiurare non solo l'isolamento del quartiere ma anche i notevoli disagi che si troverebbero ad affrontare quotidianamente i residenti.
(4-01485)

INTEGRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGORNO. — Al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   nei comuni di Acquaformosa (CS), di Riace (RC) e Badolato(CZ) così come nel resto d'Italia, da anni si stanno gestendo i progetti di accoglienza ed integrazione dello SPRAR (Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo Politico e Rifugiati Politici);
   tali progetti hanno contribuito ad assicurare una permanenza serena ai tanti ospiti stranieri presenti nelle diverse comunità creando una filiera di attività economiche di cui hanno usufruito sia i piccoli commercianti che i giovani, per lo più laureati, che gestiscono gli stessi progetti;
   in questi giorni, i citati comuni stanno rispondendo in modo positivo alle sollecitazioni del Servizio Centrale (Ministero dell'interno) dando la propria disponibilità ad ospitare altre famiglie di immigrati, favorendo così una gestione civile degli sbarchi;
   la scelta del Governo di estendere il «patto di stabilità» anche ai Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, impedirà, già a partire da quest'anno, a detti Enti di poter gestire i progetti di accoglienza come avvenuto in passato;
   l'aumento di fruitori del progetto comporterà anche un aumento alle entrate in bilancio con la conseguenza che, pur disponendo delle risorse, non potranno essere erogati i finanziamenti assegnati alle associazioni e alle cooperative che gestiscono i progetti oppure si correrà il rischio di sforare il patto di stabilità;
   tutto ciò danneggerà ulteriormente un sistema finora funzionale e gestito dai comuni attraverso un bando nazionale emanato dal Ministero dell'interno;
   lo scorso anno, in Calabria il ritardo, da parte della protezione civile regionale, dei pagamenti relativi ai servizi offerti durante quella che è stata definita l’«Emergenza Nord-Africa», ha sminuito la credibilità dell'intero sistema creando i presupposti per il ripetersi di possibili rivolte, come in precedenza avvenuto a Rosarno;
   in un contesto del genere sarà difficile mantenere gli standard raggiunti in tali processi e si vanificheranno gli sforzi che l'attuale Governo pone in essere per non creare allarmismi inutili e dannosi –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in maniera urgente per promuovere l'esclusione, dall'applicazione del «patto di stabilità», dei comuni sotto i 5.000 abitanti, facenti parte della rete dello SPRAR. (4-01477)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   lo smantellamento dell'ufficio antiabusivismo edilizio centrale del comune di Roma fu uno dei primi atti dell'allora giunta Alemanno;
   tale ufficio garantiva alla città il controllo puntuale del territorio reprimendo sul nascere ogni fenomeno di abusivismo edilizio effettuando sistematicamente interventi di demolizione di fabbricati abusivi allo stato iniziale e/o in corso di realizzazione;
   la successiva struttura competente in materia di demolizioni fu oggetto di numerose polemiche in merito all'attività prodotta;
   tra le «accuse» vi fu quella di aver rallentato, se non addirittura fermato, l'attività di demolizioni concentrandosi nell'abbattimento di baracche, stalle e edifici fatiscenti, di fatto mostrando estrema accondiscendenza politica nei confronti di quell'abusivismo diffuso che è uno dei «mali» storici nel nostro Paese;
   tra gli «interventi» compiuti e che nulla avevano a che fare con un'attività antiabusivismo vi fu lo sgombero del campo nomadi di Tor dei Cenci, effettuato il 28 settembre 2012 fortemente voluto dall'allora giunta Alemanno e più volte rivendicato dall'allora vicesindaco Sveva Belviso;
   in quell'occasione furono demoliti con le ruspe ben 55 container del valore di 16 mila euro ciascuno, container pagati con i soldi dell'amministrazione comunale, che vista la grave emergenza abitativa in città, sarebbero potuti essere destinati ad altri nuclei familiari invece che essere inopinatamente demoliti;
   la mancanza di una lotta seria all'abusivismo edilizio in una città come Roma ha comportato un danno ambientale di notevole portata nella città capitale d'Italia che ha visto una crescita esponenziale degli edifici abusivi;
   pure essendo terminata da un pezzo la campagna elettorale, la consigliera presso il comune di Roma, Sveva Belviso, capogruppo del Pdl in consiglio comunale, in data 12 luglio 2013 diffondeva volantini fra i residenti del quartiere di Tor dei Cenci e Spinaceto in cui precisava che: «In molti mi rappresentate il crescente timore che l'area dell'ex campo nomadi di Tor dei Cenci possa essere nuovamente occupata. [...] la nostra opposizione a qualsiasi atto che possa, anche lontanamente, far presagire, una possibile riapertura del campo sarà totale» a retro dello stesso volantino l'onorevole Belviso allegava una lettera spedita al neo sindaco Marino in cui si precisa che – «I residenti dei quartieri di Tor dei Cenci e Spinaceto sono molto preoccupati che il destino dell'area dell'ex campo nomadi possa essere nuovamente occupata [...] Avendo seguito in prima persona, come vicesindaco la chiusura dei campi nomadi sento su di me la responsabilità di rappresentare alla nuova amministrazione, anche nel mio attuale ruolo di rappresentante del principale partito di opposizione lo sconcerto e l'irritazione dei cittadini che si trovano a dover affrontare un problema che credevo superato» nella missiva continua «Desidero inoltre che lei smentisca la voce che si va diffondendo nel quartiere, secondo la quale vi sarebbe un tacito accordo tra esponenti comunali ed alcuni gruppi di etnia rom per rientrare nell'area [...] Un segnale immediato a tal senso potrà contribuire a ristabilire serenità nel quartiere e auspichiamo che giunga quanto prima»;
   la missiva appena citata, a parere dell'interrogante, rischia di creare situazione di allarme sociale che possono portare a gravi episodi di razzismo e punta a rendere inutile il lavoro degli operatori di «Arci solidarietà» impegnati da anni in un lavoro di integrazione fra la comunità rom e gli abitanti del quartiere –:
   se non si ritenga necessario intervenire, fermo restando le competenze degli enti locali in materia, per ristabilire regole e criteri comuni in tema di integrazione e sistemazione delle popolazioni rom al fine di evitare speculazioni politiche da parte di chi, a parere dell'interrogante intende «soffiare sul fuoco», per motivi elettorali o ideologici, fomentando di fatto razzismo e l'odio razziale;
   se non si ritenga necessario rilanciare con forza la battaglia contro l'abusivismo edilizio, dietro alla quale si nascondono spesso interessi economici della criminalità organizzata, che produce danni irreversibili all'ambiente affinché si riaffermi, nel nostro Paese, il principio di legalità e di difesa dei beni comuni. (4-01487)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARIANO e MARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il protrarsi dell'attuale grave congiuntura e le conseguenti forti tensioni sul sistema economico produttivo hanno spinto il governo ad operare una serie di tagli agli enti locali che hanno colpito, in particolar modo, le province italiane;
   il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 aveva imposto un taglio di risorse di 300 milioni di euro per il 2011 e di ulteriori 200 milioni di euro per il 2012 per un totale complessivo di 500 milioni di euro; successivamente, la cosiddetta spending review (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135) e la legge di stabilità (24 dicembre 2012, n. 228) hanno effettuato tagli per ulteriori 500 milioni per il 2012, e 1.200 milioni per il 2013 e il 2014;
   secondo le stime di Bankitalia le province sono l'istituzione che in un anno ha ridotto maggiormente il proprio debito: mentre le regioni dall'aprile 2012 all'aprile 2013 hanno fatto lievitare il loro debito del 14,8 per cento e quello dello Stato è cresciuto di 4 punti percentuali, quello delle province nello stesso periodo è diminuito, scendendo del –11 per cento e quello dei comuni del –9,9 per cento;
   un ulteriore «colpo» è di recente stato inferto dal decreto-legge 35 del 9 aprile 2013, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2013 n. 64, il quale, se per un verso ha approvato lo sblocco dei pagamenti in favore degli enti locali ai fini del patto di stabilità, per altro verso ha stabilito criteri diversi intervenendo modificativamente sull'originaria distribuzione dei tagli nell'ambito del comparto provinciale, compromettendo gravemente gli equilibri finanziari delle province;
   a titolo esemplificativo, per la provincia di Brindisi il taglio delle risorse statali è stato stabilito in 9.823.396 euro per l'anno 2013; va altresì aggiunto che, sempre per la provincia di Brindisi le spettanze sono passate da 12.368.963 nel 2010 a 672.744,91;
   tali riduzioni stanno compromettendo l'efficace erogazione dei servizi dovuti al cittadino e alle imprese e hanno sostanzialmente vanificato tutti gli sforzi profusi per rimodulare il livello delle spese in considerazione sia delle minori risorse disponibili sia della massimizzazione delle entrate, effettuata operando sulle poche voci manovrabili a disposizione come l'aumento al massimo dell'aliquota relativa all'imposta sulle assicurazioni R.C. auto e l'attuazione di un serrato controllo sui crediti vantati nei confronti dei comuni in merito all'addizionale sulla tassa smaltimento rifiuti;
   ulteriore e gravissimo aspetto riguarda il versante occupazionale poiché la provincia di Brindisi si trova nell'impossibilità di onorare i contratti in essere con l'unica società in house proprio a causa della scarsità di risorse e, a seguito di questa impossibilità è stato aperto il confronto con i sindacati per valutare percorsi operativi che potrebbero incidere sul livello occupazionale di circa 150 lavoratori –:
   se il Governo intenda intervenire al fine di ridurre il concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il comparto province nel 2013.
(5-00769)


   MAGORNO, BIFFONI, ERMINI, FARAONE e FAMIGLIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   una recente inchiesta svolta dal Corriere della Sera ha messo alla luce l'ignobile e vergognoso mercato della prostituzione minorile e della pedofilia nella città di Napoli;
   tale fenomeno, per lo più gestito dalle organizzazioni criminali, sembrerebbe ormai da tempo ben radicato nella suddetta metropoli dove ragazze e ragazzi di appena 13 anni o forse anche più piccoli, spesso costretti dalle famiglie, si prostituiscono per le strade;
   paradossalmente proprio nelle adiacenze delle principali sedi istituzionali di Napoli quali il tribunale, gli uffici della regione Campania e del consiglio regionale, ogni giorno minori vengono adescati da uomini senza scrupoli, di ogni età e ceto sociale;
   gli interroganti, insieme ad altri parlamentari, con una lettera hanno informato di tale degrado sociale e morale il procuratore capo della Repubblica, il prefetto e il questore di Napoli, richiedendo un loro celere intervento;
   a parere degli interroganti il tutto avverrebbe nel silenzio generale e nella totale indifferenza delle istituzioni e, nonostante esistano leggi severe in merito, ad oggi nulla si sarebbe smosso nel sistema di giustizia e sicurezza;
   il problema evidenziato a Napoli è emblematico e rappresentativo di tanti altri casi simili che purtroppo quotidianamente si verificano in Italia e di cui sono destinatari bambini ai quali vengono rubate, nel modo più infame, l'infanzia e la libertà –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   se e quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda assumere in maniera urgente per contrastare il fenomeno della prostituzione minorile a Napoli e in tutta Italia, garantendo ad ogni bambino il diritto a vivere con dignità e rispetto. (5-00770)


   ARLOTTI, FABBRI e PETITTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con le delibere dei consigli comunali di Montecopiolo n. 7 del 1o marzo 2007 e di Sassofeltrio n. 21 del 17 marzo 2007 sono state formulate le richieste di referendum — ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione — per il distacco dei suddetti comuni dalla regione Marche e per la loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna;
   l'ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 352 del 1970, con due successive ordinanze, del 3 maggio 2005 e del 28 marzo 2007, ha dichiarato la legittimità della richiesta di tali referendum, disponendo altresì l'immediata comunicazione delle stesse ordinanze al Presidente della Repubblica e al Ministro dell'interno;
   a seguito della, deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2007, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia, è stato emanato il decreto dei Presidente della Repubblica 26 aprile 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 3 maggio 2007, con il quale sono stati indetti, nel territorio dei comuni di Montecopiolo e di Sassofeltrio, i suddetti referendum, con la convocazione dei relativi comizi per il giorno 24 giugno 2007;
   nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2007, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stata data comunicazione del risultato favorevole al distacco territoriale dei due comuni dalla regione Marche e alla loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna;
   il consenso nel comune di Montecopiolo è stato dell'84,00 per cento, in quello di Sassofeltrio dell'87,28 per cento;
   l'articolo 45, quarto comma, della legge n. 352 del 1970, dispone che entro sessanta giorni dalla data della comunicazione del risultato del referendum, il Ministro dell'interno deve presentare al Parlamento il disegno di legge ordinaria (come chiaramente espresso dall'articolo 132, secondo comma, della Costituzione) per la modifica dei confini delle regioni coinvolte;
   l'8 settembre 2007 è scaduto il termine per tale adempimento senza che alcun disegno di legge ordinaria sia stato presentato dal Ministro dell'interno;
   in data 16 aprile 2012, il consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, all'unanimità ha espresso parere favorevole alle richieste dei cittadini dei comuni di Montecopiolo e di Sassofeltrio, mentre la regione Marche, nonostante le diverse sollecitazioni da parte dei sindaci, nonché le numerose manifestazioni presso la sua sede da parte dei comitati promotori dei referendum, si è espressa, con nota protocollo n. 20/AC/2012 a firma dell'assessore Antonio Canzian, comunicando agli stessi che la regione non adotterà provvedimenti;
   nel corso della presenta legislatura sono stati presentati tre progetti di legge (AC 1202, AC 1007 e AC 915) per il distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione;
   ogni ulteriore ritardo nella definizione dell’iter violerebbe la scelta delle popolazioni interessate, che democraticamente si sono espresse a larghissima maggioranza con gli stessi referendum –:
   quali intendimenti abbia il Ministero dell'interno in relazione alla presentazione del necessario disegno di legge ordinaria (come chiaramente espresso dall'articolo 132, seconda comma, della Costituzione) per la modifica dei confini delle regioni coinvolte;
   quali iniziative intenda assumere per rispondere nel più breve tempo alle richieste avanzate democraticamente dalle popolazione di Montecopiolo e Sassofeltrio. (5-00772)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il porto di Venezia, come e più degli altri porti dell'Adriatico (Bari, Brindisi, Ancona), per quanto riguarda tanto il comparto turistico quanto quello commerciale, rappresenta ormai da anni un luogo di arrivo per migliaia di migranti, provenienti da paesi segnati da conflitti sia di lunga data che legati al più recente fenomeno delle primavere arabe, e in fuga dalla Grecia che non garantisce loro le condizioni minimali di accoglienza e rispetto dei diritti umani. La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha di fatto dichiarato la Grecia un Paese non sicuro per tutti i migranti, considerando ogni respingimento verso questo Paese una deliberata e fattiva violazione degli articoli 3 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Tale definizione scaturisce dalla sentenza relativa al caso M.S.S. vs Belgio e Grecia del 21 gennaio 2011-ric. 30696/09;
   la prassi del «Respingimento con affido al comandante» della stessa nave sulla quale i migranti sono arrivati è attuata in base a un accordo bilaterale Italia-Grecia risalente al 1999, che deve essere in ogni caso subordinato ai Trattati europei nonché a tutte le Convenzioni di tutela dei diritti fondamentali;
   le autorità di polizia sarebbero tenute, in base a quanto stabilito dal decreto legislativo n. 25 del 2008 in attuazione della direttiva europea 2005/85/CE, a trasmettere immediatamente qualunque domanda di asilo o di protezione sussidiaria alla commissione territoriale competente;
   in base alla succitata norma, le autorità medesime non sono deputate a vagliare le richieste di protezione internazionale avanzate dai migranti, né tantomeno a costituire il soggetto di prima interlocuzione con i migranti medesimi;
   in base ai dati forniti dalla prefettura di Venezia, dal Consiglio italiano rifugiati, nonché dagli enti impegnati durante il 2012 nell'accoglienza dei migranti sbarcati al porto di Venezia, nel periodo gennaio 2010-dicembre 2012 il numero di migranti respinti verso la Grecia ad opera del personale di polizia di frontiera, senza aver avuto modo né di essere resi edotti dagli stessi in merito ai diritti che spettano loro né di esporre la propria situazione personale alle commissioni competenti, è di 709 su un totale di 1329 persone intercettate, pari a circa il 54 per cento del totale;
   in base ai succitati elementi nonché ai dati forniti dalle stesse autorità, emerge in maniera inequivocabile una violazione del diritto a richiedere protezione internazionale alla luce delle informazioni fornite al riguardo da operatori umanitari competenti che possano accedere in ogni luogo del porto e financo nelle navi, senza sottostare alla discrezionalità delle autorità di polizia, rendendo inaccessibile uno dei diritti fondamentali dell'uomo, sancito da normative ben precise e riaffermato da recenti sentenze e raccomandazioni rivolte all'Italia dalle più alte autorità europee ed internazionali come Consiglio d'Europa e ONU –:
   quali provvedimenti intenda prendere il Governo per garantire il rispetto delle normative nazionali, europee e dell'Onu in materia di richiesta di protezione internazionale, in particolare per quanto riguarda il porto di Venezia;
   se il Governo non intenda a immediatamente sospendere la prassi dei «Respingimenti con affido al comandante» verso la Grecia, visto che questo Paese è stato formalmente dichiarato inidoneo all'accoglienza di migranti richiedenti asilo e non;
   se il Governo non intenda adoperarsi affinché venga garantito per tutti i migranti un accesso immediato, effettivo ed efficace, all'interno delle aree portuali dell'Adriatico ad enti e ONG preposti all'accoglienza e alla tutela dei diritti, come previsto da normativa vigente posto che tali enti devono poter avere permanente accesso a bordo delle navi e non agire solo su «chiamata» discrezionale della polizia di frontiera, e la loro presenza deve essere garantita in modo continuativo sulla base degli orari di arrivo di tutte le navi provenienti dalla Grecia. (4-01482)


   LOMBARDI e D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso gennaio 2013 il tribunale ordinario di Napoli ha proceduto all'arresto di alcuni alti dirigenti della Polizia di Stato e all'interdizione dai pubblici uffici di altri alti dirigenti della Polizia di Stato (tra i quali il prefetto Fioriolli, il prefetto Izzo e il prefetto Iurato);
   dall'analisi della nutrita rassegna stampa sulla questione di cui al punto precedente e da notizie collegate (ordinanza del tribunale di Napoli, n. 2/2013 O.C.C., procedimento penale n. 44783/09 R.G.N.R.) emerge anche il coinvolgimento di altri alti funzionari dello Stato (sebbene non destinatari nel provvedimento giudiziario de qua, di misure giudiziarie) tra i quali anche l'ex Prefetto di Siracusa, dottor Renato Franceschelli (al momento direttore centrale della direzione per i Servizi tecnico-logistici del dipartimento della pubblica. Sicurezza del Ministero dell'interno); 
   il Titolo primo, Capo III (Trasparenza e rendicontazione della performance) articolo 11 (Trasparenza) del decreto legislativo n. 150 del 2009 (attuativo della legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «1) La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione ...»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) articolo 9, così recita: «... (Trasparenza e tracciabilità). 1) Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale...»;
   il Titolo quarto, capo II (Dirigenza Pubblica), articolo 40 del decreto legislativo n. 150 del 2000 (attuativo della Legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «(Modifica all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) – 1) All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente ...»;
   il Titolo quarto, capo V (Disposizioni relative al procedimento disciplinare), articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009 (attuativo della Legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «... Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilità per l'esercizio dell'azione disciplinare). 1) La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio...»; che il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), articolo 13, comma 8, così recita: «...(Disposizioni particolari per i dirigenti). » ... il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala (...)» –:
   se e quali provvedimenti disciplinari siano stati presi nei confronti dei funzionari e/o dirigenti coinvolti nelle inchieste ricordate in premessa, volendo indicare chi di tali funzionari e/o dirigenti coinvolti – a vario titolo – nelle inchieste di cui alla presente interrogazione siano ancora titolari di incarichi presso il Ministero dell'interno e con quale retribuzione, specificando – anche – se gli stessi, in relazione ai nuovi (o vecchi incarichi) siano – ancora oggi – titolari di «alloggi di servizio» o abbiano ancora il benefit di «autista» e «auto di servizio», e a quale titolo;
   in base a quali criteri sia stato scelto proprio il Prefetto Renato Franceschelli – coinvolto (sebbene non raggiunto da provvedimenti giudiziari) nell'inchiesta che ha condotto all'arresto dell'ex Prefetto Fioriolli e altri – per dirigere la direzione Centrale dei servizi tecnico-logistici che, a quanto risulta, è una delle direzioni del Ministero dell'interno con grande capacità di spesa;
   se il Ministero dell'interno – oltre ad avviare un'approfondita inchiesta interna sulla gestione dei fondi del Viminale per scongiurare ulteriori nicchie di «malaffare» – non intenda costituirsi parte civile nei procedimenti riguardanti tutti i funzionari e/o dirigenti coinvolti nelle indagini della magistratura napoletana, dove l'immagine e il prestigio di un Ministero, così importante, sono scalfiti irreversibilmente dall'infedeltà di pochi. (4-01484)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che alcune persone si sono intrufolate nella canonica di Libiola e hanno rubato i soldi delle quote versate dai bambini del Grest; poi, non contenti, hanno raggiunto la vicina chiesa che, dal terremoto dell'anno scorso, è una semplice tensostruttura di plastica e, accanto all'altare hanno defecato e urinato:
   i responsabili sarebbero anche stati individuati, perché una donna li ha visti uscire dalla tenda. Si tratterebbe di quattro ragazzi di origini marocchine, uno residente a Serravalle, gli altri tra Ostiglia e i paesi vicini, ma nei loro confronti ancora non sono stati presi provvedimenti perché le indagini non sono concluse;
   il fatto è successo giovedì 18 luglio nel pomeriggio, ma il parroco, don Eugenio Ferrari, ha formalizzato solo il 22 luglio la denuncia ai carabinieri;
   quel giorno la casa parrocchiale di Libiola, abitate dalle due suore, era vuota e chiusa a chiave perché le religiose, insieme con lo stesso parroco, erano andate in gita con i bambini del Grest, gita di solo un giorno in una località di montagna. Indisturbati, quindi, i malviventi hanno rotto la serratura di una porta sul retro e sono entrati. Sono saliti al piano di sopra e hanno forzato anche la serratura della stanza da letto della suora superiora. In un borsello chiuso in un cassetto c'erano circa ottanta euro, le quote della terza settimana di Grest, più una parte del ricavato di una risottata organizzata dal gruppo estivo con bambini e genitori;
   compiuto il furto, il gruppetto non si è accontentato di allontanarsi. Ha voluto lasciare un segno. Un vandalismo, che nel luogo dove è stato compiuto, assume anche il significato di una provocazione, di uno sfregio voluto e inqualificabile;
   senza alcuna difficoltà, i malviventi hanno tagliato il bordo di plastica della tenda utilizzata come chiesa e, una volta dentro, hanno lasciato gli escrementi accanto all'altare. Nel tendone non c’è assolutamente nulla da rubare, quindi terminati i bisogni organici, i ladri-vandali se ne sono andati –:
   se convenga, come ritiene l'interrogante che sussistano i presupposti per l'espulsione amministrativa dei responsabili del citato atto. (4-01486)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   COSTANTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno accademico 2007-08 e per i successivi tre anni la Commissione pari opportunità della regione Piemonte, su sollecitazione del CIRSDe (Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne), ha promosso, sulla base di convenzioni con i Rettori delle università piemontesi, quattro corsi di «Storia delle donne e di genere», che sono stati attivati nelle facoltà di lettere dell'università di Torino e dell'università del Piemonte Orientale (Vercelli), e nella facoltà di scienze politiche dell'università del Piemonte Orientale (Alessandria);
   con l'insediamento del nuovo consiglio regionale e della nuova giunta nel 2011, la CRPO è decaduta senza aver rifinanziato i corsi del CIRSDe;
   pur essendo il costo di ciascun progetto attivato di circa 6.000 euro, una cifra esigua, neppure le università hanno ritenuto di farsi carico di assicurarne la continuità, adducendo a motivazione il taglio delle risorse assegnate alle università dalla riforma Gelmini;
   nel corso dell'anno 2011 anche le risorse assegnate alla nuova CRPO sono state ridotte da 150 a 64 mila euro, mentre è stato azzerato nel 2012 e non si sa se vi sarà uno stanziamento di soli 30 mila euro per il 2013;
   i corsi di «Storia delle donne e di genere» avevano raccolto un grande interesse da parte di studentesse e di studenti, facendo registrare la partecipazione di circa 600 studenti, 400 esami registrati e una quindicina di tesi discusse. Inoltre i corsi consentivano di insegnare a 4 docenti a contratto (due all'università di Torino, due all'università del Piemonte Orientale, rispettivamente a Vercelli e Alessandria);
   nella primavera del 2012 le studentesse del collettivo Alter Eva di Torino hanno lanciato un appello contro la chiusura dei corsi e raccolto numerose firme, presentate al senato accademico dell'università di Torino a conclusione di un seminario autogestito e di una giornata di studi; il Senato ha garantito che avrebbe preso in considerazione la richiesta, ma finora nulla è avvenuto;
   il patrimonio di sapere accumulato dagli studi delle donne e di genere rappresenta una preziosa risorsa culturale collettiva, anche grazie a una consolidata tradizione interdisciplinare che ha prodotto nuovi oggetti di ricerca e paradigmi interpretativi innovativi, diventati un punto di riferimento imprescindibile per tutto il dibattito teorico internazionale;
   la prospettiva di genere non è una specializzazione eccentrica che meriti tutt'al più di sopravvivere in una sorta di riserva culturale, a disposizione soltanto di quelle donne interessate a coltivarla e applicarla, separata di fatto dagli altri insegnamenti universitari, oltre che sostanzialmente assente dagli studi primari. Si tratta di un campo di sapere e di un'impostazione metodologica che meriterebbe di pervadere tutte le discipline, di trovare spazio e riconoscimento presso l'intera comunità scientifica, anche perché, solo a partire da una nuova formazione e consapevolezza riguardo al ruolo delle donne nella storia, nel sapere, nella società e al riconoscimento della discriminazione, sarà possibile diffondere una vera cultura della parità dei sessi in grado di prevenire anche il cancro della violenza degli uomini sulle donne;
   la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, ratificata recentemente dal Parlamento, recita all'articolo 4 (Educazione), comma 1: «Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi»;
   la vicenda illustrata mostra invece la fragilità delle strategie perseguite nel tentativo di rendere accessibili gli studi di genere all'interno dell'offerta formativa universitaria: colmarne l'assenza con interventi sporadici non è sufficiente, perché si scontra con le tendenze conservative dell'università italiana, aggravate e legittimate dall'idea che in tempi di crisi e scarsità di risorse gli studi di genere siano superflui;
   la chiusura dei tre corsi attivati presso l'università di Torino e l'università del Piemonte Orientale ha comportato un impoverimento dell'offerta formativa, una marcia indietro nell'ambito dell'educazione alla cittadinanza e non ha consentito il rinnovo dei quattro contratti di docenza annuale (due da 60 ore, due da 30);
   se le Ministre interrogate non ritengano, nei limiti delle rispettive competenze, data l'importanza di simili iniziative educative per l'affermazione delle pari opportunità, di farsi promotore – anche in applicazione della Convenzione di Istanbul – di progetti per la diffusione degli studi di genere e sessuali nelle università, anche attraverso l'assegnazione di risorse destinate a tali insegnamenti e di contribuire al loro inserimento strutturale nei curricula universitari. (3-00237)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN, VALERIA VALENTE, CHAOUKI, VALIANTE e CAPOZZOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con accordo siglato in data 7 febbraio 2013 tra l'azienda e le sigle sindacali FIM, UILM, FISMIC e UGL, la FIAT ha provveduto alla propria riorganizzazione aziendale, attraverso la fusione della newco FABBRICA ITALIA in FIAT GROUP AUTOMOBILES SPA, in particolare prevedendo un nuovo modello organizzativo per la linea di produzione della vettura «Panda», presso lo stabilimento G.B. Vico di Pomigliano, in tre aree di lavoro, così distinte per mansioni, numero di addetti e regime occupazionale:
   Area «A» (tempo pieno):
    unità lastratura Panda (285 operai, 23 impiegati, 4 quadri);
    unità verniciatura Panda (194 operai, 20 impiegati, 5 quadri);
    unità montaggio Panda (1.023 operai, 29 impiegati, 7 quadri);
    unità stampaggio plastica (223 operai, 19 impiegati, 5 quadri);
    unità logistica Panda (107 operai, 28 impiegati, 5 quadri);
    ente qualità modello Panda (113 operai, 16 impiegati, 12 quadri);
    enti di staff area produzione Panda (15 impiegati, 9 quadri);

   Area «B» (tempo pieno):
    unità stampaggio lamiera (356 operai, 38 impiegati, 8 quadri);

   Area «C» (cassa integrazione straordinaria) – 1.971 lavoratori:
    collaudo funzionale – ed. «affidabilità» (driver, collaudatori di auto);
    magazzini, ricambi e logistica;
    servizi generali;
    magazzino ausiliari;

   solo per i lavoratori assegnati all'area C è stata prevista la cassa integrazione a partire dal 1o marzo 2013 fino al 31 marzo 2014;
   tale accordo, in buona sostanza, sostituisce la precedente intesa sottoscritta dalla FIAT e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 6 luglio 2011, allorquando l'azienda si impegnava a riassorbire integralmente il personale eccedente nei 24 mesi successivi alla stipula dell'accordo;
   vi è, dunque, una significativa differenza tra quanto inizialmente l'azienda si era impegnata a garantire e quanto effettivamente ha poi assicurato in termini di riassorbimento occupazionale degli esuberi;
   tale differenza è stata giustificata dai vertici di FIAT attraverso il richiamo alla crisi del mercato dell'auto per il biennio 2011-2013, palesatasi in forme e valori più gravi del previsto;
   vi è il rischio concreto di perpetrare delle discriminazioni tra i lavoratori assegnati alle aree «A» e «B» che non sono sottoposte a regime di cassa integrazione straordinaria e quelli assegnati all'area «C» dove, per l'appunto, i 1971 lavoratori assegnati ruotano attorno a circa 400 postazioni lavorative;
   la quasi totalità dei lavoratori coinvolti nel riassetto, infatti, è titolare, in modo omogeneo e diffuso, delle medesime competenze, professionalità ed esperienze, tali da non giustificare – quanto meno in apparenza – le singole assegnazioni alle varie aree di lavoro;
   a fronte di tali assegnazioni e del conseguente diverso regime occupazionale al quale sono sottoposti i lavoratori delle aree A, B e C, vengono applicate ai singoli lavoratori, pur in presenza di qualifiche similari, condizioni di impiego particolarmente differenti specie per quanto concerne i profili retributivi, previdenziali ed assistenziali;
   invero, considerate le diverse e diffuse esperienze professionali maturate dai lavoratori assegnati all'area «C», parrebbe possibile – attraverso una specifica e concentrata attività di formazione – portare gli stessi allo stesso livello degli altri lavoratori assegnati alle aree «A» e «B», così da consentire una rotazione complessiva del personale dell'azienda, non più limitata ai soli 1971 lavoratori attualmente assegnati all'area «C»;
   sul punto, i commi 7o e 8o, dell'articolo 1 della legge n. 223 del 1991, pur lasciando spazio alle esigenze tecnico organizzative dell'azienda per l'adozione della rotazione nella gestione della cassa integrazione, contestualmente dispongono che i criteri di rotazione vengano riscontrati scientificamente, sia per quanto riguarda la individuazione dei lavoratori da sospendere, sia per quanto concerne le modalità della rotazione prevista nel comma 8;
   tali criteri, inoltre, devono formare oggetto delle comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dall'articolo 5 della legge 20 maggio 1975, n. 164;
   sul dettato normativo, ad avviso dell'interrogante, ha inciso anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 694/1988;
   anche alla luce dei princìpi normativi e giurisprudenziali prima richiamati, forti dubbi permangono, ad avviso dell'interrogante, circa la correttezza dell'impiego dei fondi destinati alla cassa integrazione straordinaria da parte della FIAT, specie nei confronti dei lavoratori assegnati all'Area «C» –:
   quali celeri ed oramai improcrastinabili iniziative intendano adottare al fine di favorire ogni utile e possibile forma di pieno riassorbimento occupazionale dei lavoratori FIAT con contestuale cessazione del ricorso alla cassa integrazione per i lavoratori dell'impianto di Pomigliano;
   se non intendano inoltre, nel caso specifico dello stabilimento Fiat G.B. Vico di Pomigliano d'Arco (Napoli), promuovere tutte le possibili soluzioni utili a concretizzare in tempi ragionevolmente stretti ogni attività tesa ad accertare la correttezza dell'uso dei fondi della cassa integrazione guadagni da parte di FIAT, specie per quanto concerne i criteri di individuazione dei lavoratori posti in rotazione, nonché predisporre, a tal fine, un tavolo tecnico con tutte le parti interessate (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dello sviluppo economico, sindacati ed azienda). (5-00767)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la figura del libero professionista in Italia è in continua espansione con un aumento importante negli ultimi anni di iscritti ad albi professionali e casse previdenziali;
   in una fase di crisi occupazionale la libera professione e tutto il cosiddetto «popolo delle partite iva» sono l'unico settore che ha favorito l'inserimento lavorativo di molti giovani;
   la libera professione, nonostante le nuove tecnologie di interazione mediatica, incontra serie difficoltà nell'acquisizione di nuova clientela e mantenimento di quella gestita a causa delle problematicità economiche che molte famiglie incontrano, disincentivando, di fatto, il ricorso alla consulenza professionale;
   ogni libero professionista, indipendentemente dal reddito, è tenuto a far fronte a spese fisse ed obbligatorie quali i contributi INPS, i contributi alla cassa previdenziale di riferimento, il contributo di vigilanza per l'iscrizione all'albo di riferimento;
   l'introduzione del decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012 (regolamento recante riforma degli ordini professionali) prevede all'articolo 5 l'introduzione di un'assicurazione obbligatoria da sottoscrivere al fine di tutelare il cliente da eventuali danni arrecati da errore del professionista. Tale articolo sarà efficace dal 7 agosto 2013 e si va a sommare alle spese obbligatorie e non dipendenti dal reddito sopra citate;
   nel caso specifico di Inarcassa, cassa previdenziale di ingegneri e architetti, è previsto per l'anno 2013 un forte aumento dei contributi previdenziali a carico di tali professionisti, pesando ulteriormente sulle loro spalle, già gravate dalla congiuntura economica che il Paese sta vivendo –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per agevolare l'attività dei liberi professionisti italiani al fine di allineare gli oneri obbligatori al reddito;
   quali iniziative anche di natura normativa il Ministro interrogato intenda adottare per limitare gli aumenti di contribuzione imposti dalle casse previdenziali di riferimento, con particolare riferimento alla fattispecie di Inarcassa;
   quali iniziative, allo scopo di non pesare ulteriormente su questa particolare categoria di lavoratori, abbia intenzione di assumere al fine di prevede ulteriori misure in loro favore per evitare chiusure di partite Iva e abbandono della professione. (4-01475)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012 (cosiddetta spending review) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all'articolo 12 si è disposto il trasferimento dell'Istituto nazionale ricerca alimentazione e nutrizione (INRAN) cui erano già stati trasferiti compiti, strutture e personale dell'Ente nazionale sementi elette (ENSE), al Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   detto trasferimento di compiti e funzioni, strutture e personale, dell'INRAN al CRA è avvenuto, a norma delle disposizioni citate, a far data dal decreto interministeriale del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ed il Ministro dell'economia e delle finanze, che è stato emanato in data 18 marzo 2013;
   il suddetto decreto interministeriale si è limitato a trasferire dall'INRAN al CRA personale, beni mobili e immobili e le risorse finanziarie come desunte da bilancio di chiusura al 7 luglio 2012, impegnando il CRA, a subentrare in tutti i rapporti attivi e passivi dell'ex INRAN e, tra gli altri, a far fronte «alle eventuali situazioni debitorie che dovessero riscontrarsi»;
   la situazione debitoria dell'INRAN, alla data di emanazione del decreto interministeriale, era tutt'altro che «eventuale» essendo stata puntualmente riportata dal Ministero dell'economia e delle finanze a seguito di una verifica amministrativo-contabile effettuata da un dirigente dei servizi ispettivi di finanza pubblica, trasmessa al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, oltre che alla procura regionale della Corte dei conti per il Lazio, in data 15 novembre 2012;
   la verifica ispettivo contabile disposta dal Ministero dell'economia e delle finanze evidenziava serie sofferenze gestionali ed in particolare nella situazione dei residui, che avevano reso necessarie operazioni di anticipazione di cassa (euro 23.612.943,58 alla data della verifica, con consistente aggravio di spesa per interessi) che, a detta dell'ispettore inquirente, «opprimono il bilancio», presentando la necessità di iniziative urgenti a fronte del concreto rischio di «non poter far fronte, nel prossimo futuro, alle proprie obbligazioni»;
   il trasferimento dei compiti dell'ex ENSE e dell'ex INRAN al CRA, che lo spirito della norma intendeva praticare con la finalità di garantire una più efficace azione amministrativa, migliorando l'erogazione dei servizi agli utenti ed ottenendo, a regime, la riduzione della relativa spesa, si è tradotta secondo l'interrogante in una semplice operazione contabile che trasferisce tout court la situazione debitoria di un ente nel contesto della gestione economico-finanziaria, sostanzialmente in equilibrio, propria di un altro ente. Il risultato di tale operazione è innegabilmente il deterioramento del servizio di tre enti nazionali di importante rilievo, tra cui il più grande ente di ricerca in agricoltura (il CRA);
   tale situazione, presentata anche alle organizzazioni sindacali dai vertici del CRA, mette a serio rischio l'erogazione della retribuzione al personale già nel breve periodo, oltre ad inficiare strutturalmente la missione istituzionale degli enti in parola –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e delle circostanze esposti;
   quali iniziative intendano intraprendere al riguardo, onde garantire sia la continuità nell'erogazione dei servizi cui l'ente in questione è preposto, sia la tutela dei lavoratori ivi impiegati. (4-01474)


   POLVERINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo forestale dello Stato dispone di un organico inferiore di almeno 1.500 unità rispetto al necessario e che il deficit di personale si registra soprattutto nelle regioni del Nord Italia e, tra queste, in particolar modo nella regione Piemonte;
   tra i motivi di questa insufficienza vi è la carenza di alloggi di servizio, soprattutto in Piemonte dove, in tutta la regione, risultano disponibili e da assegnare appena 19 alloggi, oltre l'impossibilità di svolgere concorsi pubblici per l'assunzione di nuovi agenti derivante dell'attuale soprannumerarietà complessiva determinata dai ritardi con cui stanno per essere espletati i concorsi interni per la progressione di carriera;
   ad aggravare la situazione logistica complessiva, vi sono anche gli sfratti per morosità in cui sono incorse strutture di servizio, come nel caso della stazione di Settimo Vittone, in cerca di sistemazione presso altri comuni;
   in questa situazione organizzativa, economica e logistica così complessa e difficile, risulta francamente incomprensibile come, proprio in Piemonte, si sia avviata una ricerca, sulla prestigiosa collina torinese, di un edificio di pregio da adibire a residenza di servizio del Comando regionale con una procedura che sembra aver suscitato la perplessità dello stesso ispettorato generale del Corpo che, infatti, lo scorso 13 maggio 2013 avrebbe revocato l'autorizzazione a procedere all'acquisizione del suddetto immobile –:
   se sia confermata la notizia che l'ispettorato generale abbia effettivamente revocato l'autorizzazione ad acquisire in consegna l'immobile sulla collina torinese da destinare ad alloggio del comando regionale e quale messaggio significativo intenda inviare al personale del Corpo forestale del Piemonte per prendere le distanze da azioni gestionali inopportune, in un'ottica di risparmio e razionalizzazione delle poche risorse finanziarie disponibili, oggi irrinunciabile. (4-01479)


   REALACCI, CENNI e DALLAI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella primavera 2002 è stata riscontrata, per la prima volta in Italia, nella zona pedemontana della provincia di Cuneo, area privilegiata per la produzione di castagne, la presenza dell'imenottero cinipide Dryocosmus kuriphilus, originario del nord della Cina e ritenuto unanimemente uno degli insetti più nocivi per il castagno in tutto il mondo;
   articoli di stampa e alcuni siti online, un appello promosso da UNCEM Toscana, sottolineano lo stato di grave criticità della filiera della castagna. Una delle cause dell'introduzione del pericoloso parassita è stata attribuita allo scambio di marze infette provenienti dall'Asia;
   la sopraccitata specie di insetto, mai segnalata in passato in Europa, è in grado di provocare la formazione di galle, ovvero di ingrossamenti di forma tondeggiante e dimensioni variabili da 0,5 a 2 centimetri di diametro, di colore verde o rossastro, sulle foglie e i germogli dei castagni, compromettendo in modo definitivo lo sviluppo vegetativo delle piante e la loro fruttificazione;
   nel cuneese fu riscontrata la presenza di galle sia sugli ibridi eurogiapponesi (castanea crenata x C. sativa), sia sul castagno europeo, selvatico o innestato. Il numero di galle per pianta è altresì molto variabile, dipendendo probabilmente, oltre che da una differente sensibilità varietale, anche dall'epoca di insediamento più o meno recente del parassita. La formazione delle galle può infatti coinvolgere i germogli laterali o apicali dei rami, inglobando una parte delle giovani foglie e degli amenti, determinando l'arresto dello sviluppo vegetativo dei getti colpiti;
   il Dryocosmus kuriphilus, o cinipide della castagna, attacca unicamente il genere castanea e presenta una sola generazione annua. Nei mesi di giugno e luglio dalle galle formatesi in primavera fuoriescono le femmine adulte che si presentano come piccole vespe lunghe 2,5 millimetri circa, con una colorazione nera a carico del torace e dell'addome; gli arti risultano di colore giallo brunastro, ad eccezione dell'ultimo segmento tarsale bruno scuro;
   dal 2002, anno in cui si registrò la prima presenza in Italia, il cinipide delle castagne si è diffuso in tutti i boschi di castagno del Paese, colpendo particolarmente le zone a più alta produttività e per valore «tipicità IGP-DOP» come: la già citata cuneese, i castagneti del monte Amiata, i boschi dell'Aretino, in particolar modo nel Casentino, nel Valdarno e nel Pratomagno, la produzione del Monfenera in Veneto, i castagneti IGP campani di Montella Igp, il marrone di Roccadaspide e la «Primitiva» di Roccamonfina, in provincia di Caserta;
   una produzione annua di 45 milioni di chili di altissima qualità consente all'Italia di conquistare la leadership nella produzione in Europa e il quarto posto a livello mondiale dopo Cina, Corea del Sud e Turchia. Inoltre, secondo la Coldiretti, il primato italiano sul piano qualitativo è confermato dalla presenza di ben nove tipi di castagne che hanno ottenuto riconoscimento europeo di tipicità;
   in questo caso i trattamenti antiparassitari di contrasto con fitofarmaci in genere sono scarsamente efficaci, oltre a risultare discutibili dal punto di vista dell'impatto ambientale;
   da alcuni articoli di stampa apparsa da qualche tempo si apprende come parrebbe possibile una lotta biologica alla minaccia del cinipide delle castagne grazie alla diffusione di un insetto antagonista: il Torymus sinensis kannijo, la cui femmina depone le proprie uova nelle galle del cinipide, distruggendo in tal modo le larve del parassita. Tuttavia, lo studio di come sincronizzare il ciclo di vita dei due insetti e di come liberarli nell'ambiente è ancora all'inizio;
   in Giappone la lotta biologica con l'introduzione dello specifico limitatore naturale, ovvero l'imenottero calcidoideo Torymus sinensis kamijo, ha però dato buoni risultati. In diverse località, a distanza di quasi venti anni dalla effettuazione dei primi lanci di questo parassitoide, le percentuali di germogli attaccati dal cinipide sono ampiamente al di sotto della soglia di danno;
   introdurre in natura parassiti antagonisti potrebbe creare gravi squilibri agli ecosistemi;
   nella risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-12012 sulla medesima questione l'allora Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Catania rispose: «Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha già istituito un apposito tavolo di settore per fronteggiare la crisi in cui versa il comparto, purtroppo acuita, in queste ultime campagne di commercializzazione, dalla diffusione del parassita in tutti gli areali di produzione nazionali. Peraltro, nella seduta della Conferenza permanente Stato-regioni del 18 novembre 2010, d'intesa con i rappresentanti della filiera, le comunità montane, le associazioni e le amministrazioni locali, è stato sancito l'accordo sul «Piano di settore castanicolo» per tutelare il prodotto «castagna» mediante efficaci azioni sui territori vocati. La medesima Conferenza permanente, il 7 ottobre 2011, ha dato altresì parere favorevole all'istituzione del «Tavolo di filiera della frutta in guscio» comprendente una specifica sezione per la «castanicoltura», formalizzato con decreto n. 4824 del 10 marzo 2011, Per limitare i danni nei castagneti da frutto, non solo la mia amministrazione ha già previsto un finanziamento di 1 milione di euro per attivare la azioni a supporto del predetto piano, ma è stato altresì istituito, in sede di tavolo di filiera, un «Gruppo di coordinamento tecnico-scientifico» per verificare la costituzione e ubicazione dei centri di moltiplicazione del Torymus sinensis (parassitoide antagonista del cinipide) nei territori regionali vocati alla castanicoltura da frutto per ostacolare il diffondersi della «vespa cinese» e garantire un'autonomia gestionale della problematica a livello territoriale»;
   quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati al fine di attuare una campagna informativa nazionale riservata agli operatori del settore castanicolo con l'obiettivo di limitare la diffusione di D. kuriphilus, o cinipide della castagna, oltreché volta al controllo dell'attività vivaistica per evitare la commercializzazione di piante infestate;
   se non si ritenga opportuno, per tramite dei centri di ricerca e sperimentazione in agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali competenti per territorio e di concerto con le Agenzie regionali per l'ambiente, avviare dei progetti tesi a verificare tutte le possibilità di lotta biologica al cinipide, ad esempio con l'introduzione di parassitoidi specifici, e se questi siano compatibili con la tutela della biodiversità nazionale e con le colture castanicole e non solo;
   se non si ritenga infine utile, anche a livello di Unione europea, individuare specifiche forme di indennizzo e di aiuto per la lotta biologica nel settore castanicolo, costituito da centinaia di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, gravemente minacciate dal cinipide delle castagne che rappresentano uno degli ambiti di eccellenza della produzione agricola ed alimentare nazionale;
   se e quali conclusioni siano stato prodotte dal sopraccitato «Tavolo di filiera della frutta in guscio» istituito presso la conferenza permanente Stato Regioni nel 2011.
   (4-01481)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i dati emersi dalla Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004, che regola la procreazione medicalmente assistita (Pma) e raccoglie i dati dell'attività dei centri nell'anno 2011, evidenziano che a fronte di un trend positivo per l'accesso a tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, con tutti gli indicatori disponibili (aumentano le coppie trattate, i cicli iniziati e le gravidanze ottenute), per la prima volta dall'entrata in vigore della legge 40 diminuisce complessivamente il numero dei bambini nati vivi: sono 11.933 nel 2011, erano 12.506 l'anno precedente, in costante aumento dal 2005;
   è evidenziata nella relazione una diminuzione del ricorso alla tecnica di scongelamento degli ovociti e un aumento di quella relativa agli embrioni. Aumenta il numero di embrioni crioconservati: sono 18.798 nel 2011, erano 16.280 nel 2010, 7.337 nel 2009 e 763 nel 2008 (periodo antecedente alla modifica della legge 40 mediante la sentenza della Corte costituzionale che ha abolito il numero massimo di tre embrioni da trasferirsi in un unico e contemporaneo impianto);
   aumenta l'età media delle donne che si sottopongono a questi trattamenti: 36.5 anni nel 2011, 36.3 nel 2010. Il 30.5 per cento dei cicli a fresco è su donne con 40 o più anni;
   il Ministro ha anticipato che per quanto riguarda la diminuzione di gravidanze e di nati intende esaminare i dati già disponibili riferiti ai singoli centri di procreazione medicalmente assistita per verificare più analiticamente gli andamenti nazionali e poter avviare poi le iniziative più opportune per garantire alle coppie, e in particolare alle donne che accedono alla procreazione medicalmente assistita, la massima trasparenza delle informazioni disponibili insieme alla massima appropriatezza degli interventi offerti;
   si rileva, inoltre, nella relazione, «una prevalenza di centri di tipo privato con 214 centri che rappresentano il 59,9 per cento. Questa prevalenza è ancora più marcata se in relazione ai 207 centri (57,3 per cento) presenti nel 2012. I centri pubblici sono 117, cioè il 32,8 per cento e i centri privati convenzionati con il Ssn sono 26, ovvero il 7,3 per cento». La distribuzione dei centri pubblici o privati convenzionati, rispetto ai centri privati, «descrive una profonda differenza tra le aree geografiche. Nelle aree del Nord Ovest e del Nord Est, la percentuale dei centri privati sul totale di quelli attivi è pari rispettivamente al 49,7 per cento e al 47,1 per cento. Nel centro tale percentuale è del 68,3 per cento e nel Sud giunge al 70,2 per cento. Tra le regioni con maggior numero di centri attivi, distinguiamo il Lazio, dove i centri privati raggiungono l'80,8 per cento, la Sicilia con l'80,0 per cento e la Campania con il 77,5 per cento»;
   si evidenzia, il calo più vistoso si è registrato per le tecniche «a fresco» di secondo e terzo livello, quelle in cui non vengono utilizzati gameti e/o embrioni già crioconservati. Rispetto al 2010, nonostante un incremento dei cicli del 6.5 per cento si registra in questo caso anche un calo delle percentuali di gravidanze (-1.4 per cento) insieme a una diminuzione consistente dei bambini nati vivi (-5.9 per cento corrispondente a 552 nati in meno). Un calo analogo si osserva per le tecniche di primo livello (inseminazione semplice), per le quali però si registra anche una maggiore perdita di dati al follow up. L'elemento che più sconcerta è che, a fronte di un costante aumento dell'età media delle donne che si sottopongono alla procreazione medicalmente assistita, la diminuzione delle percentuali di gravidanza è maggiore per le donne più giovani. Si passa infatti dal 31 per cento del 2010 al 29,2 per cento del 2011 per donne con età inferiore o pari a 34 anni;
   la tendenza che fin dal 2007 ha visto aumentare il numero dei centri di fecondazione assistita in Italia, si interrompe quest'anno in cui si è registrato la presenza di 4 centri in meno rispetto alla stessa data del 2012. Questo calo è esclusivamente ascrivibile ad una vistosa diminuzione (11 centri in meno) della presenza di centri pubblici o privati convenzionati, anche perché la presenza di servizi di tipo privato continua a crescere registrando la presenza di 214 centri, con un aumento di 7 unità rispetto al 2012 –:
   quali misure si intenda attuare per garantire alle giovani coppie agevolazioni e facilitazioni concrete, in grado di incentivare e non ostacolare la possibilità di riportare l'evento nascita nell'età naturalmente più fertile delle donne: ossia tra i 20 e i 35, cosa oggi resa difficile anche a causa della mancanza di concrete facilitazioni economiche per le giovani coppie e che portano ad avere figli dopo i trentacinque anni;
   se non ritenga opportuno assicurare adeguate politiche di prevenzione della sterilità maschile e femminile in grado di offrire servizi di diagnosi e cura mirati attraverso screening adeguati, e se non consideri necessario verificare, attraverso controlli puntuali che tutti i centri funzionino in maniera omogenea e ottimale in tutto il territorio nazionale. (5-00771)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e ASCANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha permesso nel biennio 2011/2012 di completare con successo importanti progetti di innovazione, ricerca e sviluppo;
   tale decreto ha consentito alle imprese di investire in ricerca, affidando i progetti a università ed enti di ricerca pubblici, privati e no profit e recuperando parte dell'investimento attraverso il meccanismo del credito d'imposta;
   tutto questo ha permesso a migliaia di aziende in tutto il Paese di posizionarsi competitivamente sui mercati globalizzati, rafforzando anche le loro posizioni sul territorio nazionale;
   per il 2013 non sono ancora stati emanati i decreti attuativi, bloccando le aziende, che pur avendo necessità vitale di risorse, hanno sospeso o rinunciato a progetti per mancanza di fondi;
   molte sono le imprese pronte a proseguire o a iniziare il percorso dell'innovazione che si trovano costrette a sospendere ogni iniziativa in un'attesa che per molti, in questa contingenza storico-economica, può voler dire non riuscire più a trovare l'energia necessaria per continuare il proprio lavoro;
   la preoccupazione, come comprensibile, è tanta e non solo tra gli imprenditori che si vedono costretti, in una fase di grave difficoltà, a bloccare i loro progetti ma anche tra i ricercatori, docenti universitari e professionisti delle strutture pubbliche e private (università, CNR, ASI, organismi di ricerca no-profit, e altro) che segnalano la gravità dell'attuale incertezza normativa, con le conseguenti ricadute negative sul fronte economico nazionale e sull'occupazione qualificata –:
   quali siano i tempi per l'emanazione dei decreti attuativi per l'anno 2013 delle norme di cui all'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. (5-00768)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   i commi 332 333 e 334 dell'articolo 1, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, hanno imposto a tutte le società che svolgono attività di somministrazione di energia elettrica, gas e servizi idrici, l'obbligo di richiedere agli utenti i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivato il contratto di fornitura e di trasmettere i dati dichiarati dal cliente all'anagrafe tributaria dell'Agenzia delle entrate;
   per l'adempimento di queste procedure, nelle ultime bollette, le società hanno indicato in una nota l'obbligo di comunicazione da parte degli utenti dei dati catastali, peraltro, talvolta senza indicarne le modalità e senza allegarne un apposito modulo;
   alcune indicazioni danno 30 giorni di tempo agli utenti per effettuare le comunicazioni, ricordando che sono previste anche sanzioni amministrative per chi non le comunica o per chi lo fa in modo errato; con multe tra i 100 e 2.000 euro;
   si fa presente, però, è stato proprio per evitare che le pubbliche amministrazioni continuassero a chiedere al privato il deposito di certificati rilasciati da altre pubbliche amministrazioni, che l'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 45, così come modificato dalla legge 12 novembre 2011, n. 183, prevede che «le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere atti o certificati ...(omissis)... che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare», così come anche l'articolo 18, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 dispone che «i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio»;
   è evidente, quindi, che il nuovo orientamento del legislatore sia quello di evitare a carico dei cittadini ulteriori oneri per la presentazione o esibizione di documenti certificati che riportano dati già in possesso di altre pubbliche amministrazioni;
   a parere dell'interrogante appare in violazione delle norme appena ricordate, il fatto che l'anagrafe tributaria dell'Agenzia delle entrate obblighi le società di somministrazione di energia elettrica, gas e servizi idrici, di chiedere ai cittadini di comunicare i dati catastali che sono già in possesso dell'Agenzia del territorio, oggi incorporata nell'Agenzia delle entrate;
   risulta paradossale che in questo caso i dati richiesti non appartengono ad una pubblica amministrazione diversa, ma addirittura alla stessa pubblica amministrazione che è interessata ad averli –:
   se i Ministri interrogati non ritengano che la richiesta agli utenti di fornire i dati catastali alle società che svolgono attività di somministrazione di energia elettrica, gas e servizi idrici, affinché queste possano comunicarle all'anagrafe tributaria dell'Agenzia delle entrate, non violi le nuove norme sulla semplificazione amministrativa che impongono alle pubbliche amministrazioni di non richiedere ai cittadini dati già in possesso di un'altra pubblica amministrazione o già in possesso dalla stessa pubblica amministrazione;
   quali iniziative intende avviare il Governo per evitare che dal mancato rispetto del presunto obbligo di comunicazione possa derivare una sanzione amministrativa a carico dei cittadini;
   quali iniziative il Governo intende intraprendere affinché l'anagrafe tributaria dell'Agenzia delle entrate possa ricavare i dati catastali direttamente dalla propria banca dati in ragione anche del fatto che oggi l'Agenzia del territorio è incorporata nell'Agenzia delle entrate.
(4-01478)


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 luglio del 2011 la KION Group, azienda con sede ad Amburgo e proprietaria della OM Carrelli Elevatori spa, ha comunicato la chiusura del suo stabilimento barese, con la conseguente perdita di lavoro per 320 dipendenti, le cui famiglie sono piombate in un incubo ancora oggi lontano da una soluzione definitiva;
   il 21 dicembre del 2011, a seguito di vari tentativi istituzionali per il salvataggio dello stabilimento e dei posti di lavoro, è stata resa nota la volontà di deindustrializzazione del sito da parte della Hybrid, intenzionata a convertire la produzione in taxi ibridi;
   il 28 febbraio del 2012 è stata annunciata la rinuncia da parte di Hybrid a rilevare e riconvertire lo stabilimento, nonostante nei giorni precedenti fossero stati avviati alla vendita gli ultimi carrelli prodotti nei mesi in cui era in corso la trattativa;
   dal 1o marzo del 2012 è iniziata la cassa integrazione per i dipendenti della OM che, dapprima scaduta il 30 giugno del 2012 e subito riavviata come cassa integrazione per cessazione, è scaduta definitivamente lo scorso 30 giugno;
   durante il 2012 varie aziende hanno manifestato l'interesse alla riconversione dell'OM (QBell Technology, Calvi Holding) ma le trattative non sono andate a buon fine;
   il 15 gennaio del 2013 la trattativa era sembrata concludersi positivamente, grazie ad un accordo formale siglato congiuntamente da Ministero dello sviluppo economico, organizzazioni sindacali, Gruppo Kion, Regione Puglia e Comune di Bari con il gruppo inglese FRAZER-NASH per un piano di riconversione a tre anni nella produzione di taxi ibridi, per poi saltare definitivamente il 5 giugno del 2013, gettando nello sconforto le famiglie dei dipendenti della OM;
   il naufragio dell'ultima trattativa di riconversione ha rappresentato l'ennesima doccia fredda per i lavoratori spinti a terminare nei mesi precedenti i lavori in sospeso, 260 carrelli ancora oggi in fabbrica, di un valore totale, comprese le attrezzature, di circa 12,5 milioni di euro;
   da aprile 2013 gli operai e le loro famiglie presidiano h24 tutti i giorni i cancelli dello stabilimento anche al fine di impedire al gruppo Kion di portar via i macchinari smontati e gli ultimi 240 carrelli, che nell'ottica dei dipendenti rappresentano l'ultima garanzia per una evoluzione positiva della vicenda;
   il 15 luglio del 2013 la KION ha inviato una raccomandata ai dipendenti annunciando l'interruzione della cassa integrazione a partire da agosto 2013 nel caso in cui non fosse consentita l'uscita dei carrelli dallo stabilimento;
   durante l'ultimo incontro ufficiale, avvenuto presso la regione Puglia e svoltosi il 23 luglio del 2013 il management della KION ha espresso la volontà della proprietà di cedere ad horas lo stabilimento a costo zero ad eventuali nuove realtà subentranti, ed ha chiarito che, qualunque sia l'esito del tavolo ministeriale fissato per il 30 luglio, il gruppo Kion si sentirà legittimato a fare quanto è possibile per recuperare i carrelli fermi nello stabilimento;
   dal luglio 2011 ad oggi alcuni dipendenti hanno deciso di accettare gli incentivi legati all'autolicenziamento portando l'attuale numero di lavoratori della OM a 223 unità –:
   quali soluzioni e proposte il Ministero dello sviluppo economico intenda proporre in occasione della riunione prevista per il 30 luglio, considerato che tale appuntamento è una sorta di ultima istanza, oltre la quale l'azienda non intende più assumere un atteggiamento dialogante;
   quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, per avviare ad una soluzione, che si auspica positiva, la delicata questione di cui in premessa, al fine di salvaguardare i lavoratori coinvolti, e, in particolare, secondo quale tempistica verranno erogati gli ammortizzatori sociali in loro favore.
(4-01480)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Gitti ed altri n. 1-00115, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Molea e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Gitti, Marazziti, Schirò Planeta, Piepoli, Mazziotti di Celso, Binetti, Causin, Antimo Cesaro, Cimmino, Fauttilli, Gigli, Matarrese, Molea, Monchiero, Santerini, Sberna, Sottanelli, Verini, Bazoli, Giachetti, Nicoletti».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Carrescia e altri n. 1-00152, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narduolo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Allasia n. 4-01317, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Buonanno.

Cambio di presentatore di interpellanza.

  Interpellanza urgente n. 2-00157, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2013, è da intendersi presentata dall'onorevole Pastorino, già cofirmatario della stessa.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Maietta n. 7-00069 del 19 luglio 2013.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-00544 del 5 luglio 2013;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Duranti n. 5-00731 del 24 luglio 2013.