Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 11 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il processo di globalizzazione dell'economia e della finanza, la crescita demografica, gli squilibri sempre più acuti nella distribuzione di ricchezza e di risorse naturali tra aree geografiche, lo sviluppo industriale di potenze emergenti, le innovazioni tecnologiche e scientifiche hanno alimentato negli ultimi anni nuove sfide e minacce, facendo crescere un divario tra fenomeni economici e sociali sempre più globali e strumenti di governance democratica e istituzioni politiche ancora troppo limitate al solo livello nazionale: alla globalizzazione dell'economia e della finanza non si è accompagnata un'analoga globalizzazione delle istituzioni politiche e degli strumenti di partecipazione e di democrazia;
    la sostenibilità ambientale dello sviluppo industriale globale, la proliferazione nucleare e le minacce asimmetriche alla sicurezza e alla pace, la crisi del sistema finanziario internazionale e dei debiti sovrani che mina la stabilità politica di interi continenti e che alimenta povertà e diseguaglianze sociali, l'accesso e il controllo delle fonti energetiche, il pluralismo religioso e il confronto spesso conflittuale tra modelli molto diversi di organizzazione statuale e di rapporto tra fedi religiose e potere politico, sono solo alcune delle grandi questioni globali che richiedono risposte altrettanto globali, coerenti ed efficaci, espressione di istituzioni pubbliche internazionali rappresentative e credibili, perché legittimate in modo democratico;
    i vertici internazionali e i summit dei leader delle grandi potenze economiche, così come gli accordi intergovernativi, pur testimonianza di una cooperazione multilaterale importante, hanno dimostrato in questi anni tutta la loro inadeguatezza, continuando a produrre dichiarazioni di intenti che spesso non vengono implementate e in cui mancano strumenti di attuazione cogente degli impegni assunti e di verifica dei risultati conseguiti, oltreché canali efficaci di partecipazione e di consultazione democratica nei processi decisionali;
    negli ultimi anni diversi movimenti politici di cittadini, nati e cresciuti in misura esponenziale grazie alle potenzialità dei social network, hanno dato vita ad esperienze di massa come la Primavera Araba, Occupy Wall Street, gli Indignados spagnoli, imponendo di fatto nell'agenda pubblica mondiale la necessità di un ordine globale più giusto e più democratico;
    in sintonia con questa richiesta di maggiore partecipazione e democrazia che è cresciuta in tante parti del mondo, Democracia Global, una piccola ONG di Buenos Aires, ha dato avvio ad una nuova iniziativa, il Manifesto per una democrazia globale. Il Manifesto è una dichiarazione di principi generali che si concentra non solo sulla necessità di un rafforzamento delle democrazie nazionali, ma anche sull'obiettivo di costruire nuove istituzioni democratiche regionali, internazionali e globali in grado di far fronte alle sfide del XXI secolo;
    il Manifesto per una democrazia globale è stato già presentato a Londra, Roma, Buenos Aires, Nuova Delhi, Bruxelles e New York, ed è stato firmato da un gruppo di accademici ed intellettuali di origine ed orientamento culturale molto diversi, composto tra gli altri da Abdullahi Ahmed An-Na'im, Daniele Archibugi, Jacques Attali, Bertrand Badie, Zygmunt Bauman, Ulrich Beck, Mary Burton, Noam Chomsky, Roberto Esposito, Richard Falk, Susan George, David Held, Fernando Iglesias, Daniel Innerarity, Mary Kaldor, Mathias Koenig Archibugi, Lucio Levi, Raffaele Marchetti, Giacomo Marramao, George Monbiot, Toni Negri, Erna Paris, Heikki Patomäki, Beatriz Sarlo, Saskia Sassen, Fernando Savater, Roberto Saviano, Juan José Sebreli, Richard Sennett, Vandana Shiva, Andrew Strauss e Teivo Teivainen;
    i promotori del Manifesto per una democrazia globale invocano una globalizzazione delle istituzioni politiche di regolazione e controllo, per fronteggiare le crisi globali con soluzioni globali coerenti ed efficaci. Per questo, sollecitano con urgenza: la creazione di nuove agenzie globali specializzate in materia di disarmo, sviluppo sostenibile, protezione dell'ambiente; lo sviluppo di istituzioni democratiche regionali in tutti i continenti; la riforma della Corte di giustizia internazionale; una Corte penale internazionale in grado di esercitare la sua giurisdizione in modo effettivo e globale; un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite, embrione di un futuro Parlamento mondiale, assicurando così forme più concrete di governance democratica globale sui tanti temi che gli attuali vertici intergovernativi si sono dimostrati incapaci di affrontare;
    in particolare, la proposta di istituire un'Assemblea Parlamentare delle Nazioni Unite si inserisce nel solco della tradizione delle assemblee parlamentari nate in seno alle principali organizzazioni internazionali, dal Consiglio d'Europa alla NATO, dall'OSCE all'INCE, all'Unione africana, all'APEM. Le Nazioni Unite sono, in tal senso, una delle poche organizzazioni internazionali ad essere prive di una propria assemblea parlamentare di riferimento;
    nelle intenzioni dei promotori del Manifesto per una democrazia globale la proposta di istituire un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite muove dalla stessa ispirazione che condusse alla costituzione di un'Assemblea parlamentare in seno alle Comunità europee, a partire da quella della CECA nel 1951, composta dai rappresentanti dei parlamenti nazionali degli Stati membri, prima di evolvere e assumere l'attuale fisionomia di Parlamento europeo eletto dal 1979 con elezioni a suffragio universale diretto e dotato dei poteri legislativi e di controllo nei confronti della Commissione europea;
    l'istituzione di un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite non richiede necessariamente una modifica della Carta delle Nazioni Unite, ma può essere già istituita, pur senza avere specifici poteri, con un voto a maggioranza dell'Assemblea generale, assumendo il carattere di «agenzia consultiva» o di «organo sussidiario» della stessa Assemblea, ai sensi dell'articolo 22 della Carta;
    una prima esperienza di Assemblea parlamentare di livello internazionale, propedeutica a quella in seno alle Nazioni Unite, potrebbe essere realizzata anche attraverso un trattato internazionale concluso dagli Stati democratici o «democrazie elettorali» (così come definite da Freedom House) che rispettino i cosiddetti «criteri di Copenaghen» adottati dall'Unione europea in materia di democrazia, stato di diritto, diritti umani, rispetto delle minoranze. Tale trattato potrebbe entrare in vigore ove ratificato da oltre la metà degli Stati membri delle Nazioni Unite;
    l'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite potrebbe creare un importante collegamento e realizzare sinergie positive tra l'ONU, le sue agenzie, i parlamenti nazionali e regionali, i governi, la società civile. A sostegno di questa proposta si sono già espresse numerose assemblee parlamentari regionali, dal Parlamento europeo al Parlamento del Mercosur, al Parlamento Latinoamericano, oltre ai Parlamenti di stati come l'Argentina o la Svizzera,

impegna il Governo:

   a sostenere in ogni sede multilaterale internazionale, a partire dall'Assemblea Generale ONU, la proposta di istituire un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite, in coerenza con le finalità dell'organizzazione enunciate ai commi 2 e 4 dell'articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite volte a «sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'auto-decisione dei popoli» e a «costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle nazioni volta al conseguimento di questi fini comuni»;
   a incoraggiare il dialogo tra Governi, assemblee parlamentari e network internazionali della società civile a livello regionale e globale, per favorire tutte le pratiche innovative di deliberazione partecipativa, pluralista e democratica, con l'obiettivo di rafforzare la trasparenza, l'efficacia e la rappresentatività delle decisioni assunte dalle istituzioni a livello internazionale, a partire da quelle espressione del sistema delle Nazioni Unite.
(1-00141) «Mogherini, Amato, Amoddio, Antezza, Arlotti, Ascani, Beni, Capone, Carnevali, Carra, Crivellari, D'Incecco, Garavini, Ginoble, Giulietti, Iacono, Lacquaniti, Mariani, Marchi, Mognato, Moretti, Moscatt, Quartapelle Procopio, Raciti, Rampi, Ribaudo, Rocchi, Rubinato, Sberna, Velo, Venittelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI, LA MARCA e PORTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   sono circa 800.000 i connazionali, civili e militari, che dopo l'armistizio di Cassibile furono arrestati e deportati in Germania o nei territori occupati dalla Wehrmacht; concedendo loro una «medaglia d'onore», la Repubblica italiana ha voluto riconoscere il sacrificio dei propri cittadini che durante la seconda guerra mondiale rifiutarono il nazi-fascismo e si impegnarono per difendere i valori della Resistenza;
   la legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede che il riconoscimento e la consegna della medaglia sia estesa anche ai familiari dei deceduti; è stabilito, inoltre, che le domande di riconoscimento dello status di lavoratore coatto, eventualmente già presentate dagli interessati alla Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), sono riconosciute valide a tutti gli effetti della presente legge; a tal fine si prevede che l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, tramite la sua missione di Roma trasmetta al comitato istituito dalla legge presso la Presidenza del Consiglio le istanze di riconoscimento sinora pervenute insieme alla documentazione eventualmente allegata;
   quattro anni dopo l'istituzione della medaglia, la trasmissione dei dati dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni al Comitato di cui al comma 1274 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non aveva ancora trovato attuazione; in risposta all'interrogazione n. 5-05715 (XVI legislatura) il Sottosegretario di Stato agli affari esteri pro tempore, dettagliando gli ostacoli che si erano fino ad allora presentati nella trasmissione dei dati, assicurava la massima collaborazione per fare in modo che le circa 115.000 istanze presentate a suo tempo all'Organizzazione internazionale per le migrazioni, potessero essere quanto prima esaminate dal Comitato;
   gli aventi diritto risultano raramente informati dell'istituzione di tale riconoscimento; al fine del raggiungimento dello scopo della legge, è dunque essenziale che le istanze a suo tempo presentate all'Organizzazione internazionale per le migrazioni siano integralmente trasmesse al Comitato presso la Presidenza del Consiglio, sul quale deve poi gravare l'onere di informare gli aventi diritto della facoltà di ritirare la medaglia;
   come dimostra la recente consegna della medaglia al Ministro della cultura francese Aurélie Filippetti, il cui nonno italiano fu deportato in un campo di concentramento nazista tra gli aventi diritto al riconoscimento si contano anche numerosi connazionali residenti all'estero, che si sacrificarono per i valori della Resistenza, e per i quali occorre assicurare il massimo impegno, affinché vengano effettivamente messi al corrente della possibilità di ottenere la medaglia;
   l'onere complessivo derivante dall'istituzione della medaglia d'onore ai cittadini deportati nei campi nazisti, inizialmente previsto nell'importo di 250.000 euro, non è mai stato integrato con nuovi stanziamenti –:
   se le istanze di riconoscimento presentate in passato all'Organizzazione internazionale per le migrazioni siano state integralmente trasmesse al Comitato per l'individuazione degli aventi diritto e se, conseguentemente questi ultimi siano stati individualmente informati della facoltà di ottenere la medaglia;
   se gli stanziamenti fino ad ora effettuati risultino sufficienti per coprire le spese di gestione dei dati eventualmente trasmessi dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni e i costi necessari per informare individualmente gli aventi diritto;
   se sia stato assicurato il massimo sforzo per attivare i canali d'informazione degli emigrati italiani in Europa, affinché anche i connazionali all'estero siano messi al corrente dell'istituzione della medaglia d'onore. (5-00598)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRANCO BORDO, DANIELE FARINA e LACQUANITI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'inquinamento atmosferico nuoce all'ambiente e alla salute umana e nelle regioni più inquinate (la Pianura padana è stabilmente tra le cinque regioni più inquinate del pianeta) riduce in media di due anni l'aspettativa di vita;
   il nostro Paese viola costantemente quanto previsto dalla Direttiva europea sulla qualità dell'aria e in Lombardia si ritiene che i limiti previsti per PM10 e NO2 non saranno rispettati per il 2015 e nemmeno per il 2020;
   per questi motivi l'Associazione genitori antismog di Milano nel marzo scorso ha promosso una petizione alla Commissione e al Parlamento europeo in cui si chiede di riaffermare il diritto dei cittadini italiani a respirare aria pulita e a promuovere una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la violazione della direttiva 2008/50/CE;
   il nostro Paese, e la Lombardia in particolare, ha in media più chilometri di autostrade che il resto d'Europa, mentre risulta nettamente arretrato nel settore delle reti ferroviarie, metropolitane e del servizio di trasporto pubblico in genere;
   il consumo di suolo agricolo in Italia ha raggiunto livelli drammatici con la perdita, solo negli ultimi 20 anni, del 15 per cento della terra coltivabile;
   a fronte di tutto ciò siamo in presenza di progetti per ben 2100 chilometri di nuove autostrade, di cui 650 solo in Lombardia, rispetto ad una rete esistente di 6630 chilometri, per un costo stimato di circa 50 miliardi di euro;
   tra le altre, è prevista la realizzazione dell'autostrada «regionale di integrazione del sistema transpadano, direttrice Cremona-Mantova» per un'estensione di chilometri 59,12 di cui 29,43 in provincia di Cremona e 29,69 in provincia di Mantova con un costo complessivo dell'opera di oltre 1.100 milioni di euro, di cui 109 a carico della regione Lombardia e il resto a carico della concessionaria, la società Stradivaria spa;
   per realizzare tale infrastruttura è prevista la distruzione di oltre 300 ettari di fertile suolo agricolo e l'utilizzo di oltre 16 milioni di metri cubi di inerti da reperire nelle famigerate cave di prestito dislocate nel territorio circostante;
   la CR-MN non risulta compresa in nessun Corridoio europeo di attraversamento (V, I, Due Mari), non risponde agli indirizzi comunitari espressi nel libro bianco dei trasporti della Commissione europea, non è nell'elenco delle infrastrutture strategiche previste dalla legge obiettivo nazionale;
   le associazioni di categoria del mondo agricolo, le associazioni ambientaliste, vari comitati di cittadini di quel territorio, da anni rappresentano la contrarietà ad un'opera dannosa per l'ambiente, la salute degli abitanti, l'agricoltura dell'area interessata e denunziano l'insostenibilità dell'intervento, senza l'apporto di denari pubblici;
   il 16 luglio 2012, in occasione di un'audizione presso la provincia di Cremona, il presidente della società concessionaria Stradivaria spa ha dichiarato quanto segue: «Il problema per questa infrastruttura è che non sono garantiti volumi di traffico sufficienti per sostenere il piano economico-finanziario»;
   il 17 dicembre 2012 è stato convertito il legge il decreto-legge n. 179 del 2012 che, all'articolo 33, prevede la concessione di credito di imposta a favore dei soggetti titolari di contratti di partenariato pubblico-privato che abbiano per oggetto la realizzazione e la gestione di un'opera pubblica e che la misura di tale credito d'imposta può arrivare fino al 50 per cento del costo dell'opera;
   in un'intervista rilasciata nel mese di aprile dell'anno in corso al settimanale cremonese Mondo Padano, l'assessore della regione Lombardia Del Tenno dichiarava che, alla luce di quanto previsto dall'articolo 33 del suddetto dispositivo legislativo (credito d'imposta), entro il mese di settembre verrà convocata la conferenza dei servizi con l'obiettivo di far partire i lavori dell'autostrada CR-MN entro il 2014;
   l'articolo 107 Tfue (ex articolo 87 TCE) definisce come aiuti di Stato gli aiuti concessi dagli Stati membri sotto qualsiasi forma tendenti a favorire talune imprese o talune produzioni e il successivo articolo 108 stabilisce che è possibile dare esecuzione agli aiuti di Stato solo una volta che gli stessi siano approvati dalla Commissione europea;
   alla lettura delle sopracitate disposizioni comunitarie, appare che le misure contenute nel decreto-legge n. 179 del 2012 possano favorire esclusivamente talune imprese e talune produzioni, le quali, grazie al credito di imposta raggiungeranno un equilibrio finanziario che consentirà loro, ad esempio, di accedere al mercato del credito bancario con maggior facilità rispetto ad altre;
   in sede di espressione del parere nella XIV Commissione permanente della Camera dei deputati nella seduta dell'11 dicembre 2012, a proposito dell'articolo 33, il relatore affermava: «...La norma prevede che tali misure siano riconosciute in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. La norma fa riferimento genericamente alla disciplina comunitaria, il che potrebbe implicare la necessità di acquisire ai sensi degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) la preventive autorizzazione della Commissione ai fini dell'effettiva applicazione dell'esenzione. La necessità di acquisire tale autorizzazione preventiva sarebbe esclusa laddove l'agevolazione rientrasse, caso per caso, nel campo di applicazione della disciplina de minimis (200.000 euro per ciascuna impresa per tre anni)»;
   con nota E-000271/13 del 5 marzo 2013 il Commissario europeo alla concorrenza e mercato dottor Joaquin Almunia, a nome della Commissione, in risposta alla interrogazione scritta dell'eurodeputato Raul Romeva iRueda (avente per oggetto il decreto-legge n. 179 del 2012, articolo 33, convertito in legge n. 221 del 2012), ha affermato: «...Le autorità italiane non hanno ancora notificato alla Commissione il decreto-legge n. 179 del 2012 per l'esame ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato dell'UE»;
   a tutt'oggi, a seguito di riscontri effettuati, le misure di incentivazione citate non risultano essere state sottoposte al vaglio della Commissione né in forma di pre-notifica, né di notifica ex articolo 108 TFUE, né di comunicazione ex articolo del regolamento (CE) 800/2008;
   il mancato avvio della procedura comporterà l'apertura dell'ennesima procedura d'infrazione a carico dell'Italia, con possibili conseguenze e danni economici per il Paese di cui il Governo si sta assumendo la responsabilità –:
   per quali motivazioni il Governo italiano non abbia inviato alla Commissione europea il testo della norma in questione al fine di acquisire la preventive autorizzazione da parte della Commissione stessa;
   quanti e quali soggetti abbiano avviato o concluso l’iter per beneficiare di tale norma. (4-01242)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TENTORI, FRAGOMELI, FEDI, AMENDOLA, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-07790 nella XVI legislatura gli onorevoli Codurelli, Fedi, Bucchino, Porta e Tempestini, presentavano il caso del giovane S.C., volontario di Sirtori (Lecco), arrestato nel giugno 2012 con l'accusa di violenza sessuale su minore in Guatemala;
   il Governo rispondendo al suddetto atto aveva rassicurato gli interroganti che la Farnesina stava seguendo e avrebbe seguito in futuro, con la massima attenzione, la vicenda attraverso l'ambasciata a Città del Guatemala ed in contatto con le autorità giudiziarie locali, con i rappresentanti della difesa dei diritti umani, con i legali e con i familiari del connazionale;
   il processo a carico del giovane lecchese, iniziato nel mese di agosto 2012, si è concluso giovedì 4 luglio 2013 con una sentenza di condanna ad otto anni di reclusione;
   secondo le poche notizie che giungono, soprattutto tramite i suoi familiari, S.C. sarebbe stato tradotto in carcere subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna, ed i famigliari stessi hanno espresso preoccupazione per le condizioni di estrema durezza delle strutture di detenzione guatemalteche che rendono urgente l'attivazione di tutte le forme di assistenza previste dal nostro ordinamento, incluse le visite al detenuto, oltre che la puntuale informazione ai famigliari sulla sua situazione medico-sanitaria;
   i genitori di S.C. stanno valutando di presentare ricorso in appello nei confronti della sentenza e in un comunicato stampa hanno affermato che «gli avvocati presenteranno un ricorso speciale in appello che durerà circa 6-8 mesi. È previsto, in caso di conferma della condanna, un secondo ricorso in appello presso la Corte costituzionale» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire il pieno sostegno alla fase di ricorso in appello avviata dalla famiglia di S.C. sia in merito alla protezione consolare del condannato riguardo a tutte le forme di assistenza previste dal nostro ordinamento, incluse le visite al detenuto, oltre che alla puntuale informazione ai famigliari sulla sua situazione medico-sanitaria, sia in merito ad un eventuale trasferimento in Italia, affinché il nostro connazionale possa scontare in patria la pena comminata, nonostante il Guatemala non risulti tra i Paesi aderenti alla convenzione di Strasburgo sul trasferimento dei detenuti del 21 marzo 1983, e non vi siano accordi bilaterali tra i Paesi.
(5-00596)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 114, commi 15 e 16, della legge n. 388 del 2000, ha previsto l'istituzione del parco archeologico delle Alpi Apuane, per conservare e valorizzare gli antichi siti di escavazione e i beni di rilevante testimonianza storica, culturale e ambientale connessi con l'attività estrattiva;
   la medesima norma ha attribuito la gestione del parco archeologico in questione ad un Consorzio da costituirsi tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero per i beni e le attività culturali, la regione Toscana, gli enti locali e l'ente parco regionale delle Alpi Apuane;
   nel 2001 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha avviato l’iter istitutivo del parco archeologico e, in accordo con le amministrazioni interessate, era riuscito ad individuare i siti e i beni da inserire nel parco e i relativi obiettivi di tutela e valorizzazione, elaborando pure un primo schema del decreto;
   il 19 marzo 2003, lo schema del decreto è stato trasmesso alla regione Toscana ai fini dell'espressione dell'intesa richiesta dalla legge e la regione stessa è stata invitata ad acquisire il parere preventivo dei comuni interessati;
   con deliberazione n. 23 del 12 febbraio 2003, il consiglio regionale ha approvato l'intesa sul parco archeologico, dopo aver acquisito i pareri favorevoli di tutti i comuni interessati, chiedendo di apportare allo schema di decreto alcuni adeguamenti che sono stati accolti e la regione Toscana in data 13 marzo 2003 ha trasmesso copia della deliberazione al Ministero competente;
   il 22 aprile 2003 il direttore generale del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con una nota ha comunicato la necessità di operare alcune modifiche sulla bozza di decreto istitutivo, con il passaggio della presidenza della commissione statuto e regolamento contabilità, dal presidente dell'ente parco regionale delle Alpi Apuane ad un rappresentante dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali;
   il consiglio regionale della Toscana, di fronte ad una situazione perdurante di stallo – che non trovava alcuna motivazione espressa – in data 5 novembre 2003 ha approvato, con voto unanime, la mozione n. 665 (a seguito di specifica iniziativa della V Commissione consiliare), invitando la giunta regionale a «promuovere tutte quelle iniziative che riterrà più idonee al fine di sollecitare i competenti Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e per i beni e le attività culturali, alla firma del decreto di istituzione del Parco archeologico delle Alpi Apuane»;
   l'articolo 114 della succitata legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede l'istituzione, con modalità simili, non soltanto del parco archeologico delle Alpi Apuane (ai commi 15 e 16), ma pure di altri tre parchi archeominerari, quali il geominerario della Sardegna (comma 10), il tecnologico ed archeologico delle colline metallifere (comma 14) e il museo delle miniere dell'Amiata (ancora comma 14);
   il 27 novembre 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore apponeva la propria firma in calce al decreto istitutivo del parco archeologico delle Alpi Apuane ed alla conclusione dell’iter mancava soltanto la firma d'intesa del Ministro per i beni e le attività culturali;
   a distanza di quattordici anni non risulta ancora perfezionato il decreto istitutivo del parco archeologico delle Apuane, quando, invece, l'istituzione degli altri tre parchi archeominerari è avvenuta regolarmente e sono da tempo normalmente in funzione, con organi in piena carica, e sostenuti dal contributo statale;
   in occasione della 10a conferenza dei geoparchi, svoltasi in Norvegia nell'ottobre 2011, il parco toscano delle Alpi Apuane è entrato anche a far parte della rete mondiale dei geoparchi, coordinata dall'UNESCO;
   in esecuzione dell'articolo 114, commi 15 e 16, della legge n. 388 del 2000, il parco ha ricevuto contributi dallo Stato nel triennio 2001-2003 per complessivi euro 775.549,45 che ancora si trovano tra i residui passivi, senza possibilità di essere investiti per interventi ed attività del parco archeologico –:
   se i Ministri interrogati non intendano adottare il decreto istitutivo del parco archeologico delle Apuane e sostenere così un progetto finalizzato a conservare e valorizzare un territorio di rilevante testimonianza storica, culturale e ambientale. (5-00581)


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Pomarico è proprietario della discarica «la Manferrara Sottana» regolarmente autorizzata;
   la capacità autorizzata per il conferimento di rifiuti è pari a 100 mila tonnellate;
   la discarica è oramai satura e soprattutto emana cattivi odori avvertiti dalla popolazione con crescente disagio;
   vi sarebbe un progetto di ampliamento della discarica di ulteriori 50 mila tonnellate cioè pari alla metà della discarica iniziale;
   ciò avverrebbe in un contesto in cui la raccolta differenziata e un ciclo virtuoso dei rifiuti è ben lontano dall'essere accettabile;
   vi è forte preoccupazione nella comunità per il gravoso peso ambientale sopportato e sulle possibili conseguenze negative legate all'ampliamento –:
   se e quali iniziative il Ministro nell'ambito delle proprie competenze intenda adottare per verificare, anche attraverso un sopralluogo del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, la situazione della discarica di Pomarico.
(5-00592)


   LUIGI GALLO, BATTELLI, SIBILIA, TOFALO, FICO, COLONNESE, DAGA, ZOLEZZI, SEGONI, BUSTO, SCOTTO, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO e MANFREDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il servizio idrico integrato, secondo quanto prescrive l'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, rientra tra le funzioni fondamentali degli enti locali, materia di competenza esclusiva statale;
   di tanto ne dà atto la stessa Corte costituzionale lì dove ha affermato che «le competente comunali in ordine al servigio idrico, sia per ragioni storico-normative sia per l'evidente essenzialità di questo alla vita associata delle comunità stabilite nei territori comunali, devono essere considerate quali funzioni fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato dal novellato articolo 117. Ciò non toglie che la competenza in materia di servizi pubblici locali resti una competenza regionale, la quale, risulta in un certo senso limitata dalla competenza statale suddetta, ma può continuare ad essere esercitata negli altri settori, nonché in quello dei servizi fondamentali, purché non sia in contrasto con quanto stabilito dalle leggi statali (Consulta sent. n. 307/2009);
   nell'ambito delle richiamate attribuzioni, il legislatore nazionale ha disciplinato il servizio idrico integrato con il decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambiente) demandando alle regioni l'integrazione della disciplina riguardante gli aspetti settoriali (ovvero, tra l'altro, la delimitazione territoriale dei bacini; la possibilità di individuare diverse forme di organizzazione degli enti locali quali consorzi di comuni, aziende Speciali di bacino);
   in questa precipua ottica, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009, introdotto dall'articolo 1, comma 1-quinquies, della legge 42/2010 (a sua volta emesso sulla scorta del decreto-legge n. 2 del 2010 che prevede espressamente «interventi urgenti concernenti enti locali e regioni») sono state soppresse le autorità d'ambito con decorrenza 31 marzo 2011 (poi prorogata al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 216 del 2011) ed è stato espressamente prescritto che decorso il predetto termine ogni atto compiuto dalle Autorità d'ambito territoriale è da considerarsi nullo, stabilendo altresì che «entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazioni ed adeguatezza;
   la regione Campania non ha ottemperato a tale dettato normativo, ed infatti, alla data di scadenza del termine per la definizione della nuova disciplina di dettaglio regionale non ha provveduto a varare la legge di ridefinizione delle autorità d'ambito;
   per converso, a fronte della richiamata inequivocabile soppressione ex lege delle autorità d'ambito, la regione Campania ha deciso di non ottemperare a tale dettato normativo, ovvero ne ha dato ottemperanza solo in maniera formale, tanto che con la delibera della giunta regionale Campana n. 813 del 27 dicembre 2012 ha annunciato (alla lettera e) di stare «predisponendo una apposita legge per la riassunzione delle competenze a nuovi soggetti da individuarsi in sostituzione delle autorità d'ambito» e pertanto si è limitata a «commissariare» l'autorità d'ambito, conferendo al nominato commissario esclusivamente compiti di ordinaria amministrazione e di liquidazione, espropriando in tal modo gli enti locali di qualsiasi competenza sul servizio idrico integrato;
   la «motivazione» addotta dalla regione Campania per detta soppressione che l'interrogante giudica «di facciata» dell'ente d'ambito e rinvenibile nella delibera di giunta regionale n. 813, laddove espressamente si legge che la legge n. 42 del 2010 avrebbe soppresso «esclusivamente il soggetto giuridico “autorità d'ambito” ma non il sistema delle competenze allo stesso affidate»;
   quanto stabilito con la richiamata delibera di giunta n. 813 del 2012 è stato ratificato nel comma 137 dell'articolo 1 della legge regione Campania n. 5 del 6 maggio 2013 (finanziaria regionale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della regione Campania del 10 giugno 2013 che ha stabilito che «I commissari nominati per la liquidatore delle autorità di ambito, soppresse ai sensi dell'articolo 2, comma 186-bis, della legge 191/2009, esercitano sino al definitivo conferimento disposto dalla normativa regionale, per un periodo non superiore a sei mesi, le funzioni di cui all'articolo 148 del decreto legislativo 152/2006»;
   con la nomina dei commissari regionali, con conseguente espropriazione delle competenze dei comuni, la regione ha palesemente violato il dettato dell'articolo 117 comma 2 lettera p), della Costituzione in quanto il servizio idrico integrato rientra tra le funzioni fondamentali degli enti locali, la cui disciplina è stata affidata alla competenza esclusiva dello Stato, che ha disciplinato nel codice dell'ambiente le modalità di esercizio di tali funzioni da parte dei comuni;
   a fronte di una normativa di settore che, secondo quanto rileva la stessa regione Campania, al momento è insussistente ed è in fase di predisposizione, le ultime settimane hanno visto il susseguirsi una serie di operazioni di ristrutturazione della gestione del servizio idrico integrato in Campania che hanno avuto quale protagonista assoluto proprio l'ente d'ambito commissariato che agisce senza alcun coinvolgimento degli enti locali che si sono visti sostanzialmente espropriati dell'intera funzione loro spettante per legge (ex articolo 117 Cost., comma 2, lettera p) cit.);
   in tale ottica vanno menzionate due delibere consecutive emanate dalla giunta regionale della Campana nel mese giugno ed ovvero la 171 e la 172 con le quali si ridisegnano i rapporti con i soggetti protagonisti del servizio idrico integrato campano, ed in particolare i rapporti economici e gestionali con la GORI spa, soggetto gestore individuato dall'ente d'ambito Sarnese Vesuviano per la gestione del servizio idrico integrato in virtù di convenzione trentennale avente decorrenza a far data dal 1o ottobre 2002;
   in ordine a quest'ultimo gestore va rilevato che nei suoi primi dieci anni di esercizio, il predetto gestore non ha raggiunto l'equilibrio economico-finanzario, maturando un rilevante debito nei confronti della regione Campania, di importo pari ad euro 282.999.149,32, per il mancato pagamento dei corrispettivi dovuti all'ente per la fornitura di «acqua all'ingrosso» dagli acquedotti regionali e per i servizi di «collettamento a depurazione delle acque reflue» negli impianti di depurazione a gestione regionale;
   ora, con la deliberazione n. 171 (ribattezzata delibera «Salva GORI»), la giunta regionale Campania ha autorizzato la rideterminazione del debito complessivo maturato nei confronti della regione Campania dalla GORI spa per gli esercizi 2002-2012, per fornitura di «acqua all'ingrosso» dagli acquedotti regionali e per i servizi di «collettamento a depurazione delle acque reflue» negli impianti di depurazione comprensoriali pari ad euro 282.999.149,32 in modo che l'Amministrazione regionale realizzi il credito vantato nella misura non inferiore ai tre quarti del relativo valore; inoltre ha concesso sul predetto credito rideterminato in misura sostanzialmente ridotta una rateizzazione ventennale non onerosa per i primi dieci anni e onerata del solo tasso legale vigente al momento della firma dell'accordo di rateizzazione per i successivi dieci anni di rateizzazione;
   in buona sostanza, con la richiamata delibera, la Giunta regionale campana rinuncia formalmente ad un credito di oltre 70 milioni di euro maturato nei confronti della società mista che gestisce il servizio idrico locale, accettando altresì il pagamento del residuo debito in forma rateizzata per venti anni ed in quota parte non remunerata. Detta consistente riduzione del debito contratto dalla GORI spa nei confronti della regione ed oggetto della delibera 171 è stata deliberata in una situazione di sostanziale «vuoto di potere» in ordine ad atti esorbitanti l'ordinaria amministrazione degli enti d'ambito commissariati;
   a fronte del predetto vuoto normativo, la ristrutturazione della gestione del servizio idrico integrato campano ha trovato un ulteriore importante tassello nella deliberazione di giunta regionale n. 172 del 3 giugno 2013 con la quale si è provveduto al trasferimento all'ente d'ambito commissariato delle opere e delle infrastrutture idriche afferenti lo stesso servizio idrico integrato realizzate dalla Cassa per il Mezzogiorno e divenute di proprietà della regione a seguito della soppressione dell'AgenSud;
   detto trasferimento è in attesa a definirsi sin dall'entrata in vigore dell'articolo 12 della legge n. 36 del 5 gennaio 1994 e della legge regionale Campania n. 14 del 21 maggio 1997 ed investe un ente commissariato a cui sono legislativamente preclusi tutti gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione ed a cui si trasferiscono opere ed infrastrutture;
   l'attuale fase di ristrutturazione della gestione del servizio idrico integrato campano trova un ulteriore suo tassello nel nuovo piano tariffario deliberato dall'ente d'ambito il 29 aprile 2013, approvato con la deliberà n. 17 emessa dal commissario straordinario;
   per approvare il nuovo piano tariffario il commissario fa riferimento alla deliberazione dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) 28 dicembre 2012, n. 585/2012/R/IDR che prescrive un'articolata procedura per la «Validazione dei dati» e per il «Calcolo della Tariffa» che coinvolge il gestore e che presuppose l'aggiornamento del Piano economico finanziario;
   con la richiamata delibera 17, il commissario ha deliberato in autonomia il nuovo piano tariffario, tanto che è che ha demandato, con propria determinazione dirigenziale (la 36 del 18 aprile 2013), all'ANEA (ovvero all'Associazione nazionale autorità ed enti d'ambito, che l'associazione che rappresenta gli interessi di questi enti messi in liquidazione) l'incarico di «validazione dati AEEG calcolo della tariffa in applicazione del Metodo Tariffario Provvisorio e aggiornamento del Piano Tariffario»;
   a seguito dell'avvenuta validazione dei predetti dati si è compiuto l’iter formale per l'approvazione di un nuovo piano tariffario che riforma ulteriormente i rapporti di gestione dell'intero servizio idrico integrato campano e con il quale il commissario ha deliberato, in completa autonomia e senza alcuna consultazione degli enti locali competenti per legge, la nuova tariffa del servizio idrico integrato con aumento del 13,4 per cento rispetto all'articolazione tariffaria precedente; tale esorbitante aumento tariffario è ora al vaglio dell'autorità per l'energia elettrica ed il gas per la ratifica definitiva;
   occorrerebbe ristabilire la competenza degli enti locali sul servizio idrico integrato e se ritenga conforme al dettato normativo, alla corretta gestione di un servizio assolutamente primario quale è l'acqua ed alla reale tutela dei conti pubblici, questa radicale opera di riforma della gestione del servizio idrico integrato che sta avvenendo in Campania, con la deliberazione n. 171 e con la nuova tariffa del servizio idrico integrato con aumento del 13,4 per cento rispetto all'articolazione tariffaria precedente, in una situazione di sostanziale vuoto normativo e di poteri, venuta a crearsi a seguito della soppressione delle autorità d'ambito, e che viene gestita in maniera uni personale dai commissari straordinari, senza coinvolgere in alcun modo i comuni e gli enti locali direttamente interessati e competenti per legge costituzionale –:
   se sussistano i presupposti per impugnare ai sensi dell'articolo 127 della costituzione, la legge regionale della Campania n. 5 del 2013. (5-00595)


   GADDA, MARANTELLI e SENALDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il bacino fluviale del fiume Olona, come confermano i recenti dati di ARPA Lombardia, registra una situazione piuttosto critica dal punto di vista ambientale. Anche con l'entrata a regime dell'ultimo depuratore di Gornate Olona la situazione non è migliorata, e questo dato, come segnalato anche da Legambiente Lombardia, desta preoccupazione perché segnala una situazione di criticità le cui responsabilità non sono legate semplicemente allo schema depurativo, ma vanno ricercate le cause su vari fronti;
   da tempo lo stato ecologico dell'Olona dopo tanti sforzi e risorse economiche spese, rimane tristemente ancorato alle parole «scadente/pessimo» a pochi anni dal limite temporale fissato dalla direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) dell'Unione europea che fissa per la fine del 2015 l'obiettivo del raggiungimento dello stato di qualità «buono». Sebbene con ovvie ragioni regione Lombardia abbia chiesto la proroga al 2021/2027 per il raggiungimento dell'obiettivo di qualità per i corsi d'acqua Lambro, Seveso, Olona e Mella, il fiume Olona nel 2015 non raggiungerà l'obiettivo minimo di sufficienza che la stessa regione si era data nel proprio piano di tutela e uso delle acque sempre per il 2015; a fianco dei padiglioni di un evento mondiale come l'Expo scorrerà un fiume ancora in condizioni lontane dagli standard minimi;
   il fiume Olona è stato dichiarato area sensibile dall'articolo 91 del codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni; le aree sensibili sono individuate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede, ogni quattro anni, alla riedificazione di tali aree e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili;
   dagli anni Ottanta è in atto un'azione di bonifica del fiume Olona, tramite la costruzione di depuratori; lo Stato ha assegnato anche specifiche risorse all'area ad elevato rischio di crisi ambientale «Lambro-Olona-Seveso», nell'ambito dei programmi triennali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'azione pubblica e per la tutela ambientale;
   ciononostante, come segnala Legambiente Lombardia, attualmente il 50 per cento dei depuratori operanti nel bacino Olona-Bozzente-Lura (ben 10 depuratori sui 20 presi in esame) presenta anomalie o malfunzionamenti rilevati da Arpa, situazione che non permette il miglioramento delle condizioni dell'acqua. Un problema che riguarda il depuratore di Varese, che ha serie difficoltà nella rimozione dei carichi di azoto ammoniacale e fosforo, così come gli impianti, anche recenti, del medio Olona, dove le non conformità, riguardanti il carico organico, il fosforo e l'azoto, nel 2012 hanno riguardato in particolare il grande impianto di Canegrate;
   tra le criticità viene anche segnalato il grosso problema degli scolmatori di piena posti lungo le condotte che non riescono a gestire le crescenti portate che afferiscono al sistema fognario e riversano acque reflue non trattate anche in condizioni di tempo asciutto. In relazione a questa problematica andrebbe realizzato un censimento degli scolmatori «problematici» con relativi progetti per il loro adeguamento e per la realizzazione di vasche di accumulo dell'acqua di prima pioggia;
   per quanto riguarda l'area del milanese l'Olona, che fino a Legnano ha uno stato «scadente» secondo gli standard europei, versa in una situazione anche peggiore a valle, dopo la confluenza, a Rho, dei torrenti Lura e Bozzente, che presentano caratteristiche chimiche e batteriologiche altamente critiche, e il ricevimento delle acque trattate dagli impianti di Pero e del Sud Milano, le cui acque afferiscono al tratto deviato del fiume (che prende il nome di Lambro meridionale). Nel tratto milanese del fiume, in parte tombato, l'Olona presenta in assoluto il peggior stato di qualità delle sue acque, nonostante la diluizione apportata dall'emissario del depuratore di Ronchetto delle Rane, che invece opera con buone prestazioni;
   un altro dei gravi problemi a cui è legata la pessima salute del fiume Olona riguarda l'area in cui ricade il bacino, caratterizzata in alcuni tratti da vaste zone industriali, anche di attività altamente inquinanti, alcune ancora in funzione, altre dismesse. Fra queste va senz'altro evidenziata la buona notizia dell'indagine della procura della Repubblica di Busto Arsizio che ha portato al sequestro dell'Insa di Fagnano Olona (VA), azienda produttrice di detersivi, accusata di scarichi industriali non autorizzati nel fiume Olona e di gestione illegale di rifiuti;
   tuttavia, come segnalato dal quotidiano on line Varese News nel mese di giugno 2013 «Dopo qualche giorno di tregua il fiume è stato invaso da una schiuma bianca all'altezza del piccolo salto tra Olgiate e Marnate nonostante i sigilli all'azienda fagnanese. Come già detto dagli inquirenti non è con la chiusura della Insa che si sarebbero risolti i gravi e perduranti problemi di inquinamento del fiume Olona ma almeno con le schiume si sperava di averci dato un taglio; purtroppo non è così ed ecco che la superficie del corso d'acqua sono state nuovamente invase dai tensioattivi. Arpa e Polizia Locale si sono subito portate sul posto con uomini e mezzi per prelevare nuovi campioni d'acqua e documentare il nuovo sversamento»;
   è dei giorni scorsi la notizia di uno stanziamento della regione Lombardia di 12 milioni per risanare l'Olona. Si tratta sicuramente di un atto di grande importanza, arrivato dopo anni di incessante lavoro da parte delle istituzioni, dei comitati e delle associazioni locali, per salvare il fiume. Ma proprio per evitare quanto accaduto negli anni passati, quando sono state spese ingenti risorse senza che il problema venisse risolto, è indispensabile coordinare tutti gli attori del territorio interessato dal problema;
   la Valle Olona è un territorio importante e strategico a livello turistico, culla di importanti insediamenti storici, di mulini, di cascine e di siti di archeologia industriale; a questo si aggiunge un importante e costante impegno delle associazioni locali che stanno creando un fondamentale tessuto di relazioni che dà unità al territorio. Tutti presupposti che potrebbero concorrere a individuare questo fiume e il suo territorio come un esempio positivo di riqualificazione e valorizzazione turistica proprio in occasione di Expo 2015 –:
   se intenda verificare la possibilità di mettere in campo, anche per il tramite della competente Autorità di bacino e in accordo con i comuni e con la regione Lombardia, una serie di azioni per avviare un risanamento ambientale complessivo del bacino del fiume Olona, a partire da un monitoraggio e un controllo sulle aree più critiche, anche nell'ottica di uscire da una situazione costantemente passibile di infrazione da parte dell'Unione europea, valutando in quest'ottica, sempre in accordo con le istituzioni locali e regionali, la possibilità dell'istituzione di una cabina di regia che coordini un piano di risanamento delle acque del bacino. (5-00597)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   CHIMIENTI, BUSTO, DADONE, CASTELLI, BECHIS, CRIPPA, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DELLA VALLE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in Vercelli, zona via Derna, durante i lavori per la costruzione del Museo dello Sport portati avanti dal Comune, la ditta incaricata dal Ministero dei beni culturali rinveniva nei mesi estivi del 2012 una serie di testimonianze romane che poi si scoprivano essere appartenenti ad un complesso industriale denominato opificio romano;
   venivano denominati opifici gli edifici che sorgevano in al di fuori delle mura della città e in cui, in epoca romana imperiale, si svolgevano attività industriali in prossimità di strade strategiche per la comunicazione che fungevano da collegamento con centri di municipium altrettanto importanti;
   il rinvenimento del citato opificio rappresenta una testimonianza di irripetibile e indubbio valore storico e artistico, unica nel suo genere scientifico quale esempio di produttività di generi di svariato uso per la vita umana, nonostante risulti mancante del suo elevato;
   l'intera zona dove è stato rinvenuto l'opificio andrebbe sottoposta ad indagine esplorativa per rinvenire le numerose testimonianze consistenti in ceramiche, vetri, pietra, marmo e quant'altro riservi il sito. L'opificio è infatti collocato ai margini di una strada romana che da Vercelli conduceva ad Asti, costellata da ambo i lati da sepolture in nuda terra a cremazione e sarcofagi in pietra, come quello di una giovinetta romana, rinvenuto in epoca fascista nell'attuale piazza Cesare Battisti;
   diversi sono gli edifici di carattere monumentale e di rilievo archeologico sepolti, in parte distrutti, ma pur sempre localizzabili in Vercelli che attendono una loro rivalorizzazione e tra questi, oltre all'opificio sopra citato, degno di particolare attenzione è sicuramente l'anfiteatro romano datato l-ll secolo d.C., localizzato tra gli attuali Corso De Rege e Viale Rimembranza a Vercelli e di cui nel corso degli anni sono state rinvenute ampie e ben conservate parti, rivelandolo come uno dei più grandi anfiteatri romani, di oltre 130 metri di ellisse;
   il Comune di Vercelli, anziché muoversi in direzione di un programma di salvaguardia effettiva dell'ambiente archeologico vercellese e in particolare dell'area dell'anfiteatro, ha deciso di approvare un progetto per il recupero della suddetta area che è stato criticato da più parti e ha suscitato reazioni e note di disappunto di movimenti ambientalisti, gruppi archeologici locali ed esperti. In particolare si fa riferimento alle voci autorevoli di studiosi ed associazioni come il Centro studi – Ricerche storiche e archeologiche Vercellae aderente ai gruppi archeologici italiani con sede a Roma costituitosi recentemente con il termine GAPO «Gruppo archeologico Piemonte Orientale», che si sono attestate unanimemente sulla stessa posizione di contrarietà al progetto. Tale progetto prevede infatti l'edificazione di una struttura in ferro e legno che ricordi in modo approssimativo la forma di un anfiteatro, con una parte destinata alle mura attualmente visibili, una pozza d'acqua rifornita dalla roggia Molinara al centro dell'arena, un parco verde e infine tre nuovi condomini circolari da 12.000 metri quadri, per un totale di novanta appartamenti e 200 posti d'auto sotterranei. Il valore degli interventi è stato stimato in 2 milioni e 400 mila euro;
   il progetto che coinvolge l'area dell'anfiteatro, il cui suolo è di proprietà di privati cittadini, è finanziato in parte pubblicamente e in parte privatamente mediante la realizzazione dei tre blocchi con superfici residenziali e commerciali, ed è stato definito da esponenti di Società Futura «più un'operazione immobiliare vantaggiosa per i costruttori che un intervento di valorizzazione di un patrimonio artistico finora rimasto nascosto. Il tutto perché, riducendo la zona di vincolo archeologico, gli edifici residenziali a terrazze che dovrebbero ricordare l'anfiteatro sorgeranno proprio a ridosso della parte interrata della struttura in cui ancora sono presenti le cavee»;
   oggi le mura romane dell'anfiteatro, in attesa che il progetto di riqualificazione dell'area voluto dal comune di Vercelli prenda avvio dopo continui rimandi, giacciono alle intemperie e rischiano di essere danneggiate irrimediabilmente, anche perché oramai mancanti del loro rivestimento in marmo;
   moltissimi altri siti in Vercelli, oltre all'opificio e all'anfiteatro, offrono testimonianze storiche di inestimabile valore nazionale e per la collettività, quali la necropoli presso i Cappuccini, la zona di Santo Stefano in civitate, il sito di San Bartolomeo, per citare solo una minima parte dei luoghi –:
   se non intenda confrontare con gli esperti della sezione cittadina dei gruppi archeologici aventi sede in Roma il progetto della nuova costruzione del museo dello sport con i disegni delle murature di epoca romana, al fine di poterne evitare la demolizione o la copertura, con il grave rischio di non rendere più visionabile il prezioso sito in oggetto;
   se non intenda adoperarsi per interloquire con la soprintendenza affinché i proprietari dell'area possano gradualmente cedere a prezzo di costo il suolo dell'area dell'anfiteatro, in modo da adibire finalmente la zona ad uso culturale grazie al lavoro dei gruppi archeologici volontari che già operano sul territorio vercellese e che si sono offerti a più riprese di collaborare per riportare alla luce con le loro competenze l'immenso patrimonio artistico e storico dell'area, sbloccando in questo modo una situazione che rischia di danneggiare irreversibilmente i reperti;
   quali urgenti iniziative intenda adottare affinché opere di irripetibile valenza scientifica, storica e culturale, come l'opificio sopracitato e l'anfiteatro romano, siano preservate e possano occupare a Vercelli, ricchissima città d'arte, il posto che loro compete. (3-00200)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Museo nazionale archeologico di Taranto, per esigenze connesse a lavori di ristrutturazione a partire dallo scorso 1o luglio aprirà solo durante i fine settimana, mentre dal 9 agosto al 25 agosto osserverà un orario normale di apertura per poi richiudere, tranne i fine settimana, dal 26 agosto al 29 settembre; infine è prevista una chiusura definitiva dal 30 settembre al 5 dicembre al fine di consentire l'allestimento dei nuovi spazi espositivi in vista nell'inaugurazione;
   secondo la direttrice del museo la chiusura è necessaria per rispettare i tempi dell'appalto e per garantire la sicurezza degli operai e dei dipendenti della soprintendenza: «Con le impalcature, gli attrezzi e gli spostamenti dei reperti archeologici, un insieme di movimenti complessi e delicati, i visitatori non possono convivere, quindi chiudere le sale espositive è doveroso»;
   i lavori di ristrutturazione del museo hanno avuto inizio nell'aprile dell'anno scorso e sono stati finanziati dal CIPE attraverso un accordo quadro Stato-regione;
   in questa fase i lavori riguarderanno il primo piano dove verranno allestite le sale espositive destinate alla città romana; mentre il prossimo anno saranno aperti gli spazi su Taranto dalla preistoria all'età ellenistica. A conclusione dell'intervento di ristrutturazione il museo archeologico offrirà reperti mai visti prima e ora custoditi nei depositi ricomprendendo la zone dedicata alle tombe e quella dedicata all'epigrafia: in tutto otto sale in più;
   se è apprezzabile dal punto di vista della nuova offerta culturale questa ristrutturazione dall'altra parte l'annuncio dei lavori e la conseguente chiusura durante i mesi estivi, che contano il maggior numero di turisti, ha destato una serie di polemiche non ultima quella che, la notizia è coincisa con la candidatura di Taranto a capitale europea della cultura 2019;
   Confcommercio e Federalberghi hanno ampiamente contestato la decisione della soprintendenza dei beni archeologici della Puglia di dare avvio ai lavori proprio nel periodo estivo in quanto si sono fatti promotori di una serie di pacchetti vacanze ed offerte, anche sulla scorta della campagna di comunicazione di Puglia promozione che aveva puntato tutto sull'aspetto culturale di Taranto, che includevano la visita al famoso museo degli ori della Magna Grecia –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di coniugare i necessari interventi di ristrutturazione e le esigenze del territorio per il quale, in questo momento di particolare sofferenza per le vicende legate soprattutto alle questioni ambientali, il museo rappresenta una risorsa culturale, ma anche turistica troppo importante per la quale è necessario adottare strumenti e modalità di gestione straordinari come straordinario è il patrimonio che i turisti vanno ad ammirare. (4-01230)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale situazione di stagnazione e di crisi economica rende evidentemente necessario lo sviluppo di quelle attività potenzialmente attrattive, come il turismo, che è una ricchezza ancora poco sfruttata;
   lo sviluppo del turismo e delle attività dell'indotto permetterebbe di creare un volano non solo per l'economia, ma anche per l'occupazione giovanile e non;
   nel nostro Paese, purtroppo, per intraprendere una qualsivoglia attività è necessario ottenere una serie di licenze ed autorizzazioni, e ciò rallenta il processo di crescita e di sviluppo;
   la sburocratizzazione e la liberalizzazione di alcune attività permetterebbe, al contrario, di far crescere questo settore e di creare numerose opportunità lavorative;
   in particolare, vi sono alcune attività, quali lo svolgimento di servizi turistici di prenotazioni ed accompagnamenti a carattere individuale, che attualmente sono quasi inesistenti e che, se opportunamente sfruttate, potrebbero essere una fonte di slancio e di indotto per il turismo nel nostro Paese –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche suddette e se non intenda assumere iniziative per quanto di competenza per favorire la riduzione delle pratiche burocratiche affinché sia favorita l'iniziativa personale e siano intraprese nuove attività di servizio al turismo a carattere individuale, così da rilanciare anche l'economia e l'occupazione.
(4-01234)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, ALBERTI, BASILIO, CORDA, FRUSONE, ARTINI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 25 gennaio 2008 avente come oggetto «Atto d'indirizzo relativo agli aeroporti militari a doppio uso militare – civile identifica l'aeroporto dell'isola di Pantelleria» come aeroporto militare destinato al ruolo di deployment operating base – DOB. L'aeroporto mantiene una presenza militare minima per sostenere rischiaramenti operativi temporanei (per esempio sulla crisi libica);
   l'aeroporto di Pantelleria ha altresì fornito, fin dalla sua fondazione nel 1939, un vitale supporto alle attività aeree di soccorso e ricerca, effettuate da velivoli militari e civili;
   in particolare l'aeronautica Militare a Pantelleria supporta le operazioni di protezione civile e servizio antincendio, effettuato a mezzo di velivoli Canadair, mettendo a disposizione mezzi ed uomini ed assistenza a terra. All'interno del sedime aeroportuale, molteplici servizi e funzioni sono assicurati unicamente dagli uomini, dai mezzi e dalle risorse economiche messe a disposizione dalla stessa aeronautica militare. Tra i vari compiti svolti dai militari a Pantelleria si segnalano il servizio meteorologico, le attività di supporto al volo civile e militare che si concretizzano principalmente nelle radio comunicazioni, nel mantenimento in efficienza delle piste e dei sistemi di illuminazione delle stesse, nonché nel controllo delle luci ostacolo a garanzia della sicurezza aeroportuale e di quant'altro necessario al collaterale al funzionamento dell'intero sistema;
   la presenza di una base dell'Aeronautica Militare a Pantelleria, ha consentito nel corso degli anni, soprattutto nei momenti di maggiore criticità, di sostenere in vario modo, le esigenze della popolazione isolana. In particolare si ricorda come, in alcuni periodi dell'anno a causa delle pessime condizioni climatiche e del mare, la vicinanza del Corpo e degli uomini in servizio presso la base, è stata di vitale importanza per sostenere l'attività di approvvigionamento di generi alimentari di prima necessità;
   il 16 maggio 2012 il consiglio comunale di Pantelleria votava all'unanimità un ordine del giorno contro la chiusura del distaccamento dell'aeronautica Militare nell'isola –:
   se il Governo non reputi necessario il mantenimento di un distaccamento dell'Aeronautica Militare a Pantelleria revocando le ipotesi di chiusura, anche al fine di garantire alla popolazione locale quei servizi citati in premessa e una presenza dello Stato in un luogo che, per sua natura, rischia di sentirsi lontano ed isolato dal resto della nazione. (4-01223)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, ARTINI, FRUSONE, ALBERTI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i diversi episodi criminosi si stanno registrando nel Comune di sant'Agata de’ Goti (Bn) tra i quali l'incendio di un autoambulanza dell'associazione no profit «Il Cireneo» e autovetture di amministratori e giornalisti locali, nonché l'incremento di furti nelle abitazioni private soprattutto della periferia della cittadina stanno suscitando legittimo allarme nella locale popolazione;
   la pur importante attività di contrasto alla criminalità da parte dei carabinieri potrebbe diventare più efficace con l'accorpamento delle piccole stazioni limitrofe in modo da formare una tenenza dei Carabinieri a Sant'Agata de’ Goti. Infatti tale accorpamento consentirebbe un servizio di pattugliamento più efficace ed efficiente: anche di notte avendo a disposizione più agenti si potrebbe avere un carabiniere di turno nella tenenza e una pattuglia che effettui la vigilanza sul territorio;
   tale accorpamento consentirebbe un risparmio nel costo dell'affitto nonché una migliore copertura del servizio di vigilanza sul territorio;
   l'accorpamento dovrebbe riguardare le stazioni dei carabinieri di Sant'Agata de’ Goti (Bn), Dugenta e Telese Terme e l'istituzione di una Tenenza a Sant'Agata che abbia il compito di controllare i territori di Dugenta, Sant'Agata de’ Goti, Limatola e Durazzano escludendo quello di Telese Terme in cui è già presente un commissariato di polizia. La suddetta richiesta è suffragata anche dal fatto che Sant'Agata è il Paese più grande come estensione geografica della provincia di Benevento infatti ha una estensione territoriale di 62,92 chilometri quadrati con una popolazione di circa 11.300 abitanti invece dove sono presenti le compagnie dell'arma Cerreto Sannita e Montesarchio rispettivamente hanno una estensione geografica di 33,26 e 26,26 chilometri quadrati e una popolazione di circa 4.000 e circa 13.000 –:
   quali iniziative intendano prendere i Ministri interrogati per rispondere alle esigenze di sicurezza dei cittadini di Sant'Agata de’ Goti e se non reputino opportuno procedere all'accorpamento delle stazioni dei carabinieri di cui in premessa con la costituzione di una unica tenenza dei carabinieri a sant'Agata de’ Goti.
(4-01225)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   MONGIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sul Quotidiano energia dell'8 luglio 2013, è riportato un articolo recante il seguente titolo e relativa nota introduttiva: «Materia prima gas, ecco l'incentivo per rinegoziare i ToP. L'Autorità fissa la componente Cpr a 0,35 cent €/mc (dal 1° ottobre 2013): stima di 50 milioni di euro annui in bolletta. Le nuove modalità di fatturazione. Circa 50 milioni di euro annui. Questa la prima stima, ancora approssimativa, di quanto peserà in bolletta «l'incentivo» per rinegoziare i contratti di approvvigionamento take or pay introdotto dalla riforma della materia prima gas. Va peraltro tenuto conto del fatto che il decreto Fare (salvo ripensamenti) prevede un ridimensionamento della maggior tutela, confinata ora ai soli clienti domestici. Che quindi saranno i soli a dover pagare l'onere, usufruendo però per contro dei tagli alla bolletta consentiti dalla riforma (-7 per cento atteso su base annuale)»;
   in effetti la predetta Autorità per l'energia elettrica ed il gas, con la propria Deliberazione 4 luglio 2013, n. 293/2013/R/COM, recante modalità di esposizione transitoria dei corrispettivi relativi alle condizioni economiche applicate ai clienti finali del servizio di tutela nel mercato del gas a partire dal 1o ottobre 2013 e modalità di applicazione della componente Cpr, enuncia, tra l'altro, che:
    «dal 1o ottobre sarà applicata la componente Cpr a copertura del meccanismo per la rinegoziazione dei contratti di lungo periodo;
    con specifico riferimento alla componente CPR, la deliberazione 196/2013/R/gas ha previsto l'applicazione della suddetta componente ai soli clienti serviti nell'ambito del servizio di tutela;
    tale componente, il cui gettito sarà gestito mediante un apposito conto presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico (di seguito: la Cassa), è stata istituitita per garantire la copertura del meccanismo finalizzato ad incentivare la rinegoziazione dei contratti di approvvigionamento di lungo periodo;
    nel documento per la consultazione 58/2013/R/gas l'Autorità ha illustrato i propri orientamenti circa l'applicazione della componente CPR quale componente aggiuntiva della tariffa relativa al servizio di distribuzione e misura;
    in relazione alle modalità di applicazione della componente Cpr ai clienti del servizio di tutela, molti operatori hanno espresso l'orientamento in base al quale, per ragioni di semplicità operativa e di opportunità, la componente CPR debba essere applicata nell'ambito delle condizioni di vendita, al fine di evitare l'instaurarsi di ulteriori flussi informativi tra venditori e distributori legati alla necessità da parte di quest'ultimo di conoscere il regime di vendita in cui è fornito un cliente per poter procedere alla fatturazione del servizio di distribuzione e misura;
    l'applicazione della componente Cpr quale componente aggiuntiva della tariffa relativa al servizio di distribuzione e misura implicherebbe pertanto la differenziazione di detta tariffa tra cliente del servizio di tutela e clienti del mercato libero;
    l'applicazione della componente Cpr quale componente aggiuntiva dei corrispettivi di vendita rende, per converso, necessario attivare gli opportuni rapporti tra venditori e la Cassa, al fine di garantire il versamento dei relativi ammontari»;
   la relazione tecnica fornita dal Governo per l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, si limita a specificare che la norma «consente di ampliare l'apertura del mercato del gas naturale dal lato della domanda prevedendo la limitazione del cosiddetto mercato tutelato ai soli clienti domestici. Essa consentirà di favorire il passaggio al mercato libero dei clienti non domestici connessi alle reti di distribuzione, con la possibilità di stipulare contratti a prezzi inferiori agli attuali. Di tale possibilità potranno avvalersi anche le utenze gas delle amministrazioni pubbliche centrali e locali connesse a teli reti, con potenziali benefici per le relative spese per l'acquisto di forniture. Tale norma non ha effetti sulla finanza pubblica in quanto viene semplicemente estesa ad ulteriori fattispecie la applicabilità degli incentivi gravanti su un fondo già esistente presso la Cassa conguaglio GPL, la cui alimentazione, a carico delle imprese petrolifere e dei gestori di impianti di distribuzione carburanti, è stata già disposta con precedenti normative»;
   al contrario di quanto sembra evincersi dalle predette disposizioni, la norma di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto- legge n. 69/2013, si traduce con un incremento dei costi in bolletta per gli utenti domestici di oltre 50 milioni di euro per il 2013/2014 ed altri oneri per gli anni successivi –:
   se possa confermare che l'applicazione dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, comporterà un incremento dei costi sul consumo del gas da parte degli utenti domestici per oltre 50 milioni di euro annui a decorrere dal 1° ottobre 2013;
   ove ciò fosse accertato, quali iniziative anche normative intenda assumere per evitare che sia applicato tale costo aggiuntivo per i consumatori domestici con servizio di maggior tutela. (3-00199)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'INCÀ, BUSTO, MANNINO, ZOLEZZI, SEGONI, TOFALO, DE ROSA, PARENTELA, TERZONI, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI, DELL'ORCO, SIBILIA, DE LORENZIS, CATALANO, DI BENEDETTO, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, DI BATTISTA, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, PAOLO BERNINI, BRUGNEROTTO, SORIAL, D'AMBROSIO, DADONE, COZZOLINO, COLONNESE, BARONI, CECCONI, DI VITA, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, SIMONE VALENTE, BRESCIA, FRUSONE, LUIGI GALLO, RIZZO, CORDA, ALBERTI, RUOCCO, VILLAROSA, MICILLO, PISANO, CASTELLI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, SARTI, BUSINAROLO, BALDASSARRE, BECHIS, ROSTELLATO, COMINARDI, CIPRINI, MUCCI, DA VILLA, BENEDETTI, L'ABBATE, GAGNARLI, DELLA VALLE, TURCO, FRACCARO, FICO e NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con legge finanziaria del 23 dicembre 2009 n. 191 viene istituito l'ODI, organismo deputato alla gestione di un fondo di 80 milioni di euro annui destinato al finanziamento di progetti «per lo sviluppo economico e sociale dei territori confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano»;
   tale fondo è costituito da un accordo fatto tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le stesse province autonome di Trento e Bolzano ed è finanziato per metà dai contributi della provincia di Trento e per metà da quella di Bolzano;
   la provincia di Bolzano, sulla base di una sua interpretazione che vorrebbe beneficiari i soli sei comuni confinanti con la provincia stessa e non tutti i quarantotto comuni confinanti con la regione autonoma Trentino Alto Adige, aveva presentato ricorso alla Corte costituzionale per un presunto conflitto di competenze tra Stato e provincia;
   tale ricorso è stato rigettato dalla Corte costituzionale, che ha precisato la non sussistenza del conflitto ipotizzato;
   la sentenza del ricorso della provincia di Bolzano non ha avuto, ad oggi, alcun esito pratico poiché l'erogazione all'ODI degli acconti per le opere riguardanti le annualità 2010-2011, è ancora bloccata a causa del perdurare da parte della stessa provincia di Bolzano, cui spetta lo stanziamento della metà del fondo (40 milioni);
   tali risorse consentirebbero ai comuni di confine di poter avviare i progetti inseriti nella graduatoria dell'ODI;
   questi progetti permetterebbero il rilancio dell'economia e del turismo della zona che, in questo momento di gravi difficoltà economiche, è particolarmente sofferente –:
   quali iniziative di competenza intenda promuovere affinché si renda esecutiva la sentenza della Corte costituzionale nei confronti della provincia di Bolzano e si dia seguito allo stanziamento delle quote da destinare all'ODI per la costituzione del fondo, al fine di consentire ai comuni beneficiari di eseguire le opere finanziate con le summenzionate risorse;
   per il futuro, attesa l'esigenza di snellire le procedure burocratiche e l'urgenza di dar luogo ai progetti di valorizzazione turistica del territorio, quali azioni si intendono adottare al fine di ridurre il più possibile i passaggi burocratici fra l'ODI e i comuni beneficiari. (5-00580)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settore del no profit è variegato e composto da realtà di diversa natura, finalità e ragione sociale; pur con le peculiarità di ciascun ente, il terzo settore, al di là del ruolo sociale, costituisce ormai anche una quota consistente del PIL nazionale e non può continuare ad essere considerato dal legislatore nazionale semplicemente come supporto agli enti locali in difficoltà;
   gli enti non a fine di lucro diversi dalle ONLUS sono soggetti all'imposta regionale sulle attività produttive, pur con differenze nella determinazione della base imponibile: per gli enti che svolgono esclusivamente attività istituzionale si determina con riferimento al cosiddetto metodo retributivo; per gli enti che svolgono, oltre all'attività istituzionale, anche attività commerciale, la base imponibile si determina con riferimento al metodo misto, che richiede la distinzione tra le due attività: per la parte di attività istituzionale il calcolo avviene sulla base del metodo retributivo, mentre per la parte di attività commerciale, la base si determina applicando le regole proprie delle imprese commerciali; regole a parte vigono per gli enti che determinano il reddito con il regime forfetario;
   al di là dei metodi di determinazione della base imponibile, è un dato di fatto che comunque la deducibilità dell'IRAP è concessa agli enti no profit esclusivamente in proporzione alla parte di reddito derivante dall'attività commerciale; tale tipologia di enti nasce proprio per assolvere a compiti istituzionali, ben lontani da una logica imprenditoriale e commerciale, perciò risulta una vera e propria forzatura logica assoggettare all'imposta tutto il reddito e consentirne la deducibilità solo per la parte commerciale –:
   se il Governo non ritenga opportuno valorizzare il terzo settore, assumendo iniziative per introdurre meccanismi correttivi all'attuale regime IRAP per gli enti no profit diversi dalle ONLUS che li esentino dal pagamento dell'imposta o, quanto meno, consentano una piena deducibilità dell'imposta stessa. (4-01232)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBINATO e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la condanna all'ergastolo per Naim Stafa, di nazionalità albanese, giudicato l'istigatore del massacro efferato dei coniugi Guido e Lucia Pellicciardi, avvenuto sei anni fa nella loro residenza di Gorgo al Monticano (TV), che molto turbò l'opinione pubblica;
   l'omicidio è stato materialmente commesso da Artur Lleshi, suicidatosi in carcere pochi mesi dopo, e probabilmente da un terzo uomo mai individuato;
   la summenzionata decisione della Cassazione ha destato una forte preoccupazione nei familiari delle vittime, nei rappresentanti delle istituzioni locali e nell'opinione pubblica in quanto, stante la prossima scadenza dei termini della carcerazione preventiva, vi è il rischio che Naim Stafa possa tornare in libertà se non dovesse intervenire entro la prossima primavera la sentenza definitiva di condanna;
   l'episodio in oggetto ripropone con assoluta urgenza la necessità di avere una giustizia in grado di giungere in tempi ragionevoli ad una sentenza, garantendo la certezza del diritto e della pena;
   è la seconda volta che la Cassazione annulla con rinvio la sentenza emessa dalla corte d'appello di Venezia con riferimento al procedimento in oggetto, peraltro dopo che è intercorso un rinvio di qualche ulteriore mese avanti la stessa Corte di cassazione prima dell'ultimo pronunciamento;
   per quanto le sentenze debbano essere rispettate, è del tutto evidente che l'opinione pubblica sia indignata di fronte a episodi di questo genere, tanto più che di fronte a un delitto efferato come quello in oggetto l'annullamento con rinvio non verte sulla colpevolezza di Naim Stafa, che è stata accertata senza alcun dubbio, ma solo sull'applicabilità o meno al predetto di talune aggravanti soggettive affermate dalla corte d'appello di Venezia;
   in sei anni di tempo, in un caso come questo, in cui le indagini per individuare i responsabili sono state particolarmente tempestive ed efficienti, sarebbe già dovuta intervenire una sentenza definitiva –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda sopra esposta e riportata dalla stampa;
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere, anche sul piano normativo processuale, per evitare che possano ripetersi simili circostanze ed accadimenti posto che occorre garantire la certezza della pena e che si giunga alle sentenze definitive prima della scadenza dei termini di carcerazione in vicende come quella descritta in premessa. (5-00601)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con delibera del consiglio comunale n. 28 del 17 aprile 2009 l'amministrazione comunale di Massa Marittima (Grosseto) ha definitivamente approvato il piano di recupero dell'area denominata ex Agraria, chiesto dalla società Massa Marittima Sviluppo srl con sede legale in Roma, individuato dall'articolo 76.5 del vigente regolamento urbanistico di quel comune, che contempla la formazione di n. 2 lotti edificabili, con interventi sul patrimonio edilizio esistente, e la realizzazione di n. 42 unità residenziali, oltre pertinenze e la realizzazione di infrastrutture a rete come le fognature di acque bianche e nere, le reti idrica, di distribuzione dell'energia elettrica e del metano, di illuminazione e delle telecomunicazioni;
   in data 7 settembre 2009 il competente settore amministrativo del comune di Massa Marittima, a giudizio dell'interrogante, in presumibile violazione degli articoli 2, 5 e 6 del suindicato regolamento urbanistico e delle vigenti leggi nazionali e regionali, che prevedono la preventiva stipula della convenzione urbanistica e del progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione ed il divieto di opere di frazionamento e conseguente alienazione, ha rilasciato il permesso di costruire n. 82 nel lotto edificabile n. 1 alla società richiedente, con le previste 42 unità residenziali, consentendo alla stessa, in base ad un atto d'obbligo stipulato in data 3 settembre 2009, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione;
   nel corso del mese di ottobre 2010 l'associazione «Movimento Civico Massa Comune», coadiuvata dal proprio gruppo consiliare e da propri tecnici di fiducia, presentava istanze di accesso documentale ai competenti uffici del comune di Massa Marittima ed all'ufficio regionale del genio civile, individuando numerosi vizi di illegittimità, che hanno dato luogo al ricorso amministrativo presso il TAR della regione Toscana, alla procura regionale della Corte conti della regione Toscana (per paventato danno erariale) ed a più esposti denuncia alla procura della Repubblica presso il tribunale di Grosseto, nei quali sembrano prospettarsi numerosi e documentati reati penali, suffragati da dettagliate perizie tecniche, come quello di lottizzazione abusiva e altri presumibili come quelli di falso in atto pubblico, con la complicità di funzionari comunali per non accertare la conclamata abusività di quanto finora costruito;
   per costante giurisprudenza la convenzione di lottizzazione è condizione d'efficacia del piano attuativo, e questa è stata stipulata in corso d'opera e senza il doveroso reperimento degli standard urbanistici prescritti dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968;
   solo a seguito degli accessi documentali dell'associazione, ed allorquando gli edifici erano stati già tutti realizzati allo stato grezzo (compreso i muri perimetrali), il comune di Massa Marittima decide, con atto consiglio comunale n. 89 del 6 dicembre 2010, di approvare la convenzione urbanistica con la società Massa Marittima Sviluppo srl, stipulata con atto in data 8 febbraio 2011 ai rogiti del notaio Francesco Luigi Savona, recependo in modo presumibilmente erroneo taluni contenuti dell'atto d'obbligo stipulato in data 3 settembre 2009;
   la delibera di giunta comunale n. 204 del 23 giugno 2011, che recepisce la relazione prot. n. 1472 del 21 giugno 2011 a firma del responsabile del settore 3 del comune di Massa Marittima architetto A.M. Messina riconosce il mancato completamento dell'iter di approvazione del piano di recupero e del permesso di costruire dell'area ex Agraria, prendendo atto che la convenzione urbanistica, in presumibile contrasto con l'atto d'obbligo di cui sopra, richiamato nel testo della convenzione, consente la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale del pagamento degli oneri di urbanizzazione;
   una locale società immobiliare, con volantini, e impianti pubblicitari affissi in uno degli edifici del complesso ex Agraria, che si erge su piazza XXIV Maggio avrebbe iniziato le procedure di vendita delle costruende unità residenziali;
   tali volantini sarebbero stati tollerati dal comune di Massa Marittima e rimossi solo dopo specifica istanza scritta di uno dei tecnici e componenti dell'associazione «Movimento Civico Massa Comune»;
   vicende simili, che sembrano testimoniare indesiderate complicità di amministrazioni locali di centro sinistra con costruttori e/o soggetti richiedenti il titolo abilitativo, sono già successe in altri comuni della regione Toscana, come in località Palagetto, nel comune di Poggibonsi, nei comuni di Montespertoli, Casole d'Elsa e Follonica, già tutti oggetto di sequestri disposti dalle competenti autorità giudiziarie;
   la procura della Repubblica presso il tribunale di Grosseto, attraverso personale distaccato di un nucleo di agenti di polizia municipale, ha disposto accurate indagini con acquisizione di documenti e visite al cantiere, concluse nel mese di settembre 2011, trascorso il quale sulla vicenda è sceso un incomprensibile silenzio;
   il tecnico di parte geometra Massimo Grisanti ha inviato in data 28 novembre 2011 una mail all'attenzione di vari soggetti politico istituzionali, tra i quali le autorità giudiziarie di Grosseto e di Genova, pubblicata poi dalla cronaca locale del quotidiano La Nazione in data 30 novembre 2011, nella quale, pur esprimendo fiducia nella magistratura, rammenta di «aver raccolto voci di popolo, che spesso si rivelano maliziose o calunniose, secondo le quali il Partito Democratico quando vedrebbe coinvolti propri esponenti amministratori è capace addirittura di indirizzare nei Palazzi della Magistratura le assegnazioni dei fascicoli o il giudizio a taluni magistrati invece che ad altri, dimodoché venga assicurata l'impunità dei medesimi amministratori», rimasta senza risposta;
   a giudizio dell'interrogante, c’è il rischio concreto che questa gravissima situazione di assai dubbia legittimità, così come successo nella vicenda Polyteckne, rappresentata al Ministro interrogato con atto di sindacato ispettivo n. 5-00587 del 22 gennaio 2007, rimasto senza risposta, possa essere dimenticata o, peggio ancora, trascurata, cadendo in prescrizione  –:
   se non ritenga opportuno, per le ragioni sopra enunciate, promuovere iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Grosseto, per accertare eventuali responsabilità e verificare i motivi di possibili inspiegabili negligenze e ritardi nella gestione del caso ex Agraria, che rischiano di favorire condotte illecite di soggetti privati, verosimilmente tollerati dagli enti locali territorialmente competenti, e danni all'erario dello Stato.
(4-01240)


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un articolo apparso sul giornale La provincia di Como del 9 luglio 2013, pare che Emanuel Capellato, condannato in ben due gradi di giudizio all'ergastolo per aver ucciso nell'ottobre 2009 Antonio Di Giacomo, un artigiano di Colico, da alcuni mesi stia «scontando la pena» presso il proprio domicilio, anziché in un istituto di detenzione;
   sempre secondo notizie di stampa, a fine febbraio di quest'anno il tribunale di sorveglianza ha concesso ad Emanuel Capellato il regime degli arresti domiciliari a Como, accogliendo l'istanza dell'avvocato difensore e ritenendo le sue condizioni di salute incompatibili con la detenzione in cella;
   tuttavia, nel frattempo, pare che Capellato da casa trovi il tempo di aggiornare il proprio profilo facebook, pubblicando foto tra il goliardico e l'osé, immagini di vita familiare, condivisioni da altri gruppi facebook e «taggando» – vale a dire segnando su una mappa virtuale – i luoghi che frequenta o che frequentano i suoi amici;
   tale visibilità non è passata inosservata, ed anzi ha suscitato grande scalpore anche a fronte della drammatica vicenda che ha visto Capellato, assieme ad un complice e solo nel 2009, autore dell'efferato omicidio di Antonio di Giacomo, un piccolo imprenditore di Colico di 42 anni, padre di tre figli, ucciso per il furto di alcuni orologi di poco valore;
   tali situazioni non solo mettono a rischio il principio di certezza della pena, ma veicolano ad avviso dell'interrogante un messaggio di sostanziale impunità per chi si macchia di gravi reati, senza nessun rispetto per i familiari della vittima –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda sopra esposta e riportata anche dalla stampa e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza anche normativa per rendere più stringenti e rigorosi i presupposti per poter conseguire il beneficio della detenzione domiciliare al fine di evitare casi come quello di cui in premessa. (4-01243)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Aero Club Italia è un ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, della difesa, dell'economia e delle finanze, e per i beni e le attività culturali e dell'interno;
   l'ente riunisce tutte le associazioni e federazioni aeronautiche e aero club del nostro Paese, ma è finanziato per la maggior parte da trasferimenti statali ed è federato al CONI;
   da circa dieci anni la gestione dell'AeCI ha visto ripetuti commissariamenti e, al riguardo, sono state numerose le iniziative ispettive parlamentari (interrogazioni presentate nella XVI legislatura 3-02382, 3-02093, 4-13901, 4-14909, 4-06980, 3-01183, 4-06572, 3-02382, 3-02122, 3-02226, 4-15569, 4-15971, 4-16835), le segnalazioni pervenute dagli associati, gli articoli e le inchieste dei giornali, tesi tutti a far luce su una conduzione dell'ente che pare sia mancata di trasparenza;
   negli anni, le inadempienze sono state di varia gravità e natura. Tanto da spingere con decreto del Presidente della Repubblica n. 188 del 2010, a disporre l'aggiornamento dell'organizzazione, l'adozione di un nuovo statuto e la nomina di nuovi organi collegiali;
   ma è solo a seguito dell'inadempimento del provvedimento appena citato che, con decreto del 17 dicembre 2010 del Presidente del Consiglio dei ministri, vengono infine sciolti gli organi collegiali. Subito dopo è stato però nominato commissario Giuseppe Leoni, che è figura chiave della cattiva gestione dell'AeCI, poiché ne era già stato presidente dal 2002 fino al momento del commissariamento e, quindi, risultava tra i principali amministratori inadempienti della lunga stagione di gestione dell'AeCI;
   Giuseppe Leoni è stato un commissario al centro di una bocciatura da parte della Ragioneria generale dello Stato e del Consiglio di Stato per una serie di operazioni che hanno violato le previsioni di legge e sono andate al di là del mandato conferito dal Consiglio dei ministri. Leoni è stato pure destinatario di una citazione della Procura Generale della Corte dei Conti per danno erariale;
   in data 6 luglio 2013 si sono finalmente svolte le elezioni per il nuovo presidente dell'AeCI. A risultare eletto con 90 voti contro 35 è stato proprio Giuseppe Leoni;
   questo risultato paradossale, viste le vicende fin qui esposte, non apre di certo la nuova stagione dell'AeCI da tempo auspicata dagli associati. Una stagione improntata a quella trasparenza sconosciuta alla gestione Leoni;
   il Presidente dell'Aero Club Italia è nominato, su designazione dell'Assemblea dell'Aero Club Italia, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della difesa, con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   c’è quindi la possibilità da parte del Governo di rivedere la decisione dell'Assemblea dell'Aero Club Italia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati, se ne condivida la ricostruzione e se intenda intervenire al fine di impedire che continuino a ripetersi le gravi inadempienze amministrative, gestionali, finanziarie che hanno interessato l'AeCI negli ultimi dieci anni. (5-00589)


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Ferrandina in provincia di Matera è dal punto di vista ferroviario la porta di accesso al capoluogo di Provincia Matera, unico in Italia a non essere raggiunto dalla rete ferroviaria nazionale;
   da anni come monumento allo spreco vi è la tratta in realizzazione Ferrandina-Matera che ad oggi è costata miliardi di vecchie lire e milioni di euro;
   come corollario di questa opera vi sono la nuova stazione e i locali adibiti allo scalo di Ferrandina che risultano sprangati in quanto non utilizzabili;
   l'unica presenza è rappresentata dal Bascalo cafè, un bar che offre accoglienza e ospitalità ai viaggiatori;
   nel corso degli anni si sono rarefatti anche gli orari dei convogli ferroviari che articolati in modo assolutamente non funzionale all'utenza non riescono ad incrociare la domanda di mobilità di un comprensorio vastissimo;
   paradossalmente più che le banchine dei binari è affollato il piazzale antistante la stazione in quanto passaggio degli autobus, unici veri mezzi di trasporto per chi vive in Basilicata;
   da anni diverse associazioni del territorio si battono per il rilancio della stazione ferroviaria di Ferrandina;
   la sua posizione strategica diventa fondamentale anche a supporto della candidatura di Matera quale città candidata a capitale della cultura europea per il 2019 –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare nell'ambito delle proprie competenze in merito alle condizioni in cui versa l'area della stazione ferroviaria di Ferrandina;
   quali iniziative siano possibili dal punto di vista infrastrutturale per completare o per utilizzare anche in maniera alternativa i lavori effettuati per la tratta Ferrandina-Matera;
   quali iniziative intenda attivare nei confronti di Trenitalia per migliorare i collegamenti da e per Ferrandina anche in relazione al collegamento con il terminale dell'alta velocità rappresentato da Salerno.
(5-00590)


   PIRAS, QUARANTA e NARDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento navale Olbia-Genova costituisce architrave storica, culturale ed economica per la Sardegna ed in particolare per i commerci, la movimentazione delle persone e gli scambi economici nell'area centro settentrionale dell'Isola, in assenza del quale si produrrebbe un ulteriore incommensurabile danno per il già fragile tessuto economico sardo;
   negli ultimi anni la privatizzazione del trasporto pubblico delle merci e delle persone e il riscontrato innalzamento delle tariffe – da e verso l'Isola – hanno già determinato un impatto violentissimo sull'economia regionale: sia quella turistica che per le attività produttive di altri settori;
   l'Amministrazione comunale di Olbia, in occasione della riunione delimitato Portuale Olbia-Golfo Aranci-Porto Torres, ha appreso l'intenzione di Tirrenia spa, in fase di riscrittura della convenzione con lo Stato sui collegamenti con la Sardegna, di sopprimere, a far data dal 1o ottobre 2013, il collegamento di cui sopra;
   con lettera inoltrata al Ministro al presidente della regione Sardegna, all'amministratore delegato di Tirrenia Morace, in data 10 luglio 2013, il sindaco di Olbia Enrico Giovannelli invita a respingere con fermezza tale ipotesi di soppressione;
   analoga posizione esprimono le organizzazioni sindacali, annunciando altresì azioni di mobilitazione eclatanti a salvaguardia di quella che, ad ogni analisi, appare come un'infrastruttura decisiva ed un servizio irrinunciabile per il territorio;
   l'economia sarda vive in una condizione drammatica segnata da livelli di disoccupazione e tassi di povertà relativa ed assoluta tra i più elevati del Paese; un ulteriore colpo, peraltro in una delle poche aree ancora vitali sul terreno economico, rischierebbe di far precipitare definitivamente la situazione;
   non si ritiene accettabile, poiché assolutamente dannoso il proposito – peraltro annunciato in sede di audizione in Commissione trasporti dall'amministratore delegato Morace di operare un «taglio» delle tratte al fine di contenere il costo dei biglietti –:
   quali siano le intenzioni del Ministro al riguardo;
   se intenda o meno dare seguito alla richiesta del sindaco di Olbia ed opporsi alla decisione annunciata da Tirrenia intervenendo affinché, in sede di rinnovo della Convenzione con lo Stato per i collegamenti con la Sardegna, venga escluso il «taglio» della tratta di cui sopra e qualsiasi altro «taglio» che vada a ledere ulteriormente il diritto alla mobilità dei sardi e a comprimere ulteriormente le vie e le modalità di accesso all'isola. (5-00593)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, CORDA, ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, ARTINI, D'UVA, FRUSONE e CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lungo la linea ferroviaria Catania-Caltagirone-Gela, in data 8 maggio 2011, si è verificato il crollo al km 326+600 della nona e decima arcata e di un pilone del ponte di Piano Carbone;
   in maniera fortuita, il crollo non ha determinato alcuna conseguenza a persone o veicoli in transito sulla strada Provinciale 39 che è stata successivamente chiusa, comportando lo spostamento della viabilità stradale sulla strada provinciale 62 Caltagirone-Santo Pietro e sulla strada statale 417 Catania-Gela comportando un disagio, non indifferente, per i cittadini di Niscemi che devono percorrerla frequentemente per raggiungere l'ospedale e il tribunale allocati a Caltagirone;
   il ponte, a tutt'oggi è rimasto nella situazione di precario sostegno in cui si trovava infatti la mancanza di due piloni mantiene in equilibrio precario l'intera struttura dal quale pende, come per miracolo, solo la parte dei binari e delle relative travi. Il ponte, crollato nel maggio 2011, non è stato mai più oggetto di attenzione di RFI in un quadro di progressive dismissioni e col pretesto dell'alta velocità, le attuali Ferrovie stanno investendo tutte le risorse sui Frecciarossa e stanno lasciando in abbandono tutto il resto, senza dare un adeguato peso alle esigenze di mobilità di milioni di Italiani;
   il ripristino del ponte oggetto della presente interrogazione, è in funzione dello sviluppo del territorio. La linea ferroviaria Caltagirone – Catania lambisce l'area dell'aeroporto di Catania. Basterebbe aprire una stazione per trasformare una linea obsoleta in una metropolitana di superficie. Se si tiene conto che sul fronte sud è possibile collegare la linea ferrata con l'aeroporto di Comiso si ha un quadro più chiaro delle potenzialità di sviluppo del territorio –:
   quali progetti e iniziative s'intendano portare avanti, relativamente al ripristino del ponte, ad oggi rimasto nella situazione di precario sostegno. (4-01224)


   COVELLO e MAGORNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   quasi tre anni orsono sono stati appaltati dall'Anas i lavori di messa in sicurezza del tratto di strada statale 18 «Tirrena Inferiore» compreso tra il Km 285+000 ed il Km 286+000 consistenti nella eliminazione di innesti a raso, realizzazione di strada di servizio di collegamento alla viabilità comunale di un sottopasso in prossimità di viale A. De Gasperi, VII Traversa e creazione di un percorso alternativo ricadente nel territorio del comune di Sangineto, il tratto stradale in questione è vitale per il traffico veicolare del Tirreno cosentino, per il flusso turistico estivo, infine, per garantire una viabilità alternativa all'A3, unica autostrada regionale, spesso interrotta a causa dei cantieri gestiti dall'Anas;
   ad oggi niente lascia fare previsioni in merito al completamento dell'opera, l'unico elemento sicuro è che con l'approssimarsi della stagione estiva il tratto stradale in questione potrebbe essere fortemente condizionato da un cantiere che, tra l'altro, ha una sua evidente pericolosità per il traffico veicolare –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione di notevole disagio e di pericolo descritta e se intenda, e come, intervenire per impedire ulteriori ritardi nell'esecuzione dell'opera e verificare eventuali responsabilità. (4-01228)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Seveso (MB) è diviso in due dalla linea ferroviaria Milano-Asso/Camnago, la cui gestione è svolta dalla società Trenord srl, sulla base del decreto dirigenziale del Ministero dei trasporti n. 3239 del 2000 e sulla base dei contratti di servizio con la regione Lombardia;
   il numero e la frequenza dei convogli che quotidianamente attraversano il territorio comunale (né concordati, né tanto meno comunicati all'amministrazione comunale di Seveso) ha subito, negli ultimi anni, un'intensificazione che tuttora è in fase crescente e provoca inevitabilmente disagi ai cittadini soprattutto per problemi di viabilità interna, visti i numerosi passaggi a livello che interrompono le strade cittadine e rallentano le operazioni di pubblico soccorso e sicurezza;
   l'articolo 6 del regio decreto 9 maggio 1912, n. 1447, dispone che «le congiunzioni e le intersecazioni delle ferrovie private con le pubbliche e la loro immissione nelle strade pubbliche ordinarie, nelle piazze, negli abitati od altri siti pubblici, è fatta con tali disposizioni da non nuocere alla libertà, sicurezza e regolarità dei servizi ed usi pubblici relativi»;
   l'articolo 61 del medesimo regio decreto dispone altresì che «chi costruisce una strada ferrata pubblica ha l'obbligo di ristabilire in convenienti condizioni di comodità e sicurezza a proprie spese, tutte le comunicazioni pubbliche e private che dalle opere della sua impresa rimanessero interrotte»;
   l'articolo 28 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dispone che «i concessionari di ferrovie (...) hanno l'obbligo di osservare le condizioni e le prescrizioni imposte dall'ente proprietario per la conservazione della strada e per la sicurezza della circolazione»; eppure nel caso in questione il comune di Seveso ha sollevato più volte, rimanendo inascoltato, le problematiche prodotte dalla presenza dell'infrastruttura ferroviaria negli addensamenti storici e le interferenze conclamate ed accertate tra il sistema del trasporto pubblico su ferro e le diverse infrastrutture viabilistiche;
   i numerosi problemi sopra espressi potrebbero essere risolti da un'opera di interramento della ferrovia, così come dimostrato approfonditamente dai progetti presentati al riguardo e dalle considerazioni espresse dalla commissione consiliare progetto interramento che dimostrano come potrebbero essere ripristinate le minimali condizioni di funzionalità e sicurezza della rete viaria cittadina, nonché di salvaguardia dei cittadini di Seveso –:
   se la gestione del servizio ferroviario a valere sul territorio comunale di Seveso sia conforme alle attuali normative;
   se il Ministro, tenuto conto dei considerevoli disagi che l'attuale sistema ferroviario causa agli abitanti del comune di Seveso in termini di viabilità e di sicurezza stradale, non reputi necessario assumere ogni iniziativa di competenza, anche attraverso un tavolo di concertazione con le parti coinvolte, affinché sia avviato il progetto di interramento della ferrovia sul tratto comunale di Seveso. (4-01229)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la normativa europea (regolamento (CE) n. 1592/2002) prevede che nelle imprese di costruzione di aeromobili, motori, eliche, parti ed equipaggiamenti, siano impiegate delle figure chiamate accountable manager, che rappresentano l'Enac e svolgono il ruolo di tramite fra la compagnia aerea e l'Enac stesso, fungendo anche da garanti del rispetto della normativa vigente;
   l’accountable manager ha il compito essenziale di assicurare all'autorità che tutte le attività dall'organizzazione nell'ambito dell'approvazione ricevuta possano essere finanziate e svolte nel rispetto degli standard applicabili. Ciò attraverso la definizione e la gestione di un sistema strutturato di revisione interna periodica dell'organizzazione (monitoraggio delle attività, identificazione e correzione di comportamenti e trend negativi, prevenzione di future non conformità) di cui assume la relativa responsabilità complessiva e altro;
   al fine di poter operare collegamenti aerei di natura commerciale per il trasporto di passeggeri, posta e merci, ogni impresa deve preventivamente ottenere la licenza di esercizio di trasporto aereo e per il rilascio della licenza di esercizio da parte dell'Enac, il soggetto richiedente deve fornire adeguata prova del possesso dei requisiti amministrativi, finanziari e assicurativi di cui al regolamento CEE n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992 e successive modificazioni, nonché di cui al regolamento CEE n. 785/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004;
   l'Enac ha emanato una circolare (EAL 16) avente per oggetto l'accertamento della presenza e della persistenza dei requisiti soggettivi ed economico-finanziari stabiliti dalla normativa comunitaria, con esclusione di quelli relativi all'adeguatezza professionale e organizzativa del vettore, che costituiscono oggetto di parallele verifiche effettuate in sede di rilascio della licenza di operatore aereo;
   la materia delle licenze di esercizio di trasporto aereo è disciplinata dal Codice della navigazione (come novellato dal decreto legislativo n. 156 del 2006), dalla normativa comunitaria di cui al Regolamento n. 2407/9306/83 e dagli accordi aerei bilaterali e le fonti normative in questione stigmatizzano l'importanza – sia per il rilascio che per il mantenimento delle licenze – della verifica della sostenibilità finanziaria dell'operativo che le compagnie si propongono di attuare;
   la vigilanza relativa alla solidità economico-finanziaria delle compagnie aeree viene svolta quindi, in primo luogo, nell'interesse degli utenti: l'impresa richiedente deve dimostrare di essere in grado di far fronte ai propri impegni effettivi e potenziali stabiliti in base a presupposti realistici per un periodo di 24 mesi e di poter far fronte ai costi fissi e operativi connessi con le operazioni secondo i suoi piani economici e determinati in base a presupposti realistici per un periodo di tre mesi dall'inizio delle operazioni senza tener conto delle entrate derivanti da dette operazioni;
   la medesima circolare dell'Enac, EAL 16, al paragrafo 4.5 specifica i compiti di vigilanza in capo ad Enac, prevedendo che l'ente, nel caso in cui esistano chiari segnali dell'esistenza di criticità di natura finanziaria o siano in corso procedimenti di insolvenza o di natura analoga, avvii la procedura di verifica della sussistenza dei presupposti economico-finanziari per il mantenimento della licenza di esercizio;
   risulta di difficile comprensione capire come mai, benché la normativa europea ed italiana abbia disciplinato precisamente le garanzie finanziarie che le compagnie aeree devono avere e nonostante l'Enac sia incaricato di controllare e monitorare la situazione, sono molte le compagnie aeree che negli ultimi anni sono fallite e ancora di più quelle che hanno aperto procedure di mobilità per i propri lavoratori –:
   se il Ministro non reputi opportuno rendere nota una lista delle imprese che lavorano nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti italiane ed europee, in particolare quelle contenute nella circolare dell'Enac EAL 16 a tutela dei passeggeri e dei lavoratori e quali azioni intenda intraprendere nei confronti delle imprese inadempienti;
   se il Ministro non reputi opportuno fare luce sulla situazione attuale delle imprese del settore aereo che operano sul territorio italiano, in particolare su quelle che hanno avviato procedure di fallimento e di cassa integrazione o di mobilità nei confronti dei lavoratori, e se ritenga che i controlli previsti per legge e le figure preposte a garantirne il rispetto siano una risposta sufficiente alla grave situazione attuale. (4-01231)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   attualmente, la gestione separata e parallela dei procedimenti di registrazione della proprietà (di competenza del pubblico registro automobilistico) e di immatricolazione dei veicoli (di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) rende ancora necessaria una duplice istanza da parte dei cittadini, una per la registrazione e una per l'immatricolazione; una duplice acquisizione di dati da parte di due banche dati; un duplice provvedimento di autorizzazione da parte delle amministrazioni interessate per le rispettive parti di competenza; due distinti documenti, il certificato di proprietà e la carta di circolazione, da rilasciare all'utenza;
   negli altri Paesi europei non esiste un Pubblico registro automobilistico per la registrazione dei veicoli, ma esistono archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di proprietà, così come esiste in Italia l'Archivio nazionale veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che tiene nota di tutte le variazioni di proprietà, le revisioni, le informazioni sui proprietari, gli incidenti. In Italia però, i proprietari dei veicoli già registrati all'archivio nazionale, devono nuovamente fare una registrazione del mezzo presso il pubblico registro automobilistico;
   in virtù della duplicazione e sovrapposizione dei compiti, sia gli uffici della motorizzazione che gli uffici del Pubblico registro automobilistico ricorrono all'Archivio nazionale veicoli per ottenere i dati necessari alle attività di rispettiva competenza, con difficoltà operativo burocratiche e inevitabile aumento dei costi;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000, all'articolo 1 dispone che «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi e del conseguente riordino amministrativo, viene istituito lo sportello telematico dell'automobilista, allo scopo di semplificare i procedimenti relativi all'immatricolazione, alla reimmatricolazione, alla registrazione della proprietà, ai passaggi di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei loro rimorchi;
   tuttora la riforma del regime giuridico e il conseguente riordino amministrativo degli autoveicoli e motoveicoli non è avvenuta e una semplificazione delle procedure relative a immatricolazioni e atti di proprietà sembra necessaria e improcrastinabile –:
   se il Ministro, in un'ottica di contenimento della spesa pubblica e di semplificazione operativa burocratica, non ritenga necessario ed urgente mettere in atto ogni azione volta ad eliminare le duplicazioni normative e procedurali oggi esistenti nel campo giuridico-amministrativo della circolazione fisica e giuridica dei veicoli, anche mettendo in atto le azioni di carattere normativo necessarie per far sì che i mutamenti riguardanti l'intestazione dei veicoli, secondo quanto previsto dal codice della strada, e gli eventi giuridico-patrimoniali sui veicoli medesimi, si registrino unicamente presso l'Archivio nazionale dei veicoli di cui agli articoli 225 e 226 del codice della strada, procedendo quindi contestualmente alla soppressione del pubblico registro automobilistico e al trasferimento presso l'Archivio nazionale dei compiti e delle funzioni fino ad oggi attribuite al pubblico registro medesimo.
(4-01233)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che 
   il progetto di «Variante di Casalpusterlengo ed eliminazione del passaggio a livello sulla SP ex SS 234», sulla SS 9-via Emilia, è di competenza di ANAS spa ed è finalizzato ad alleggerire l'attraversamento del traffico dall'abitato di Casalpusterlengo;
   attualmente, infatti, il centro urbano di Casalpusterlengo è attraversato da circa 20 mila veicoli di cui il 15 per cento è costituito da mezzi pesanti, con evidenti ripercussioni negative sulla qualità dell'aria e sul clima acustico dell'area;
   la nuova strada, in variante alla strada statale 9 «Via Emilia», ha una sezione a doppia carreggiata con due corsie per senso di marcia; il tracciato parte dal cavalcavia sulla ferrovia Milano – Bologna, a nord della frazione Zorlesco, corre ad ovest dell'abitato di Casalpusterlengo scavalcando la ferrovia Pavia-Cremona e si conclude a nord di Codogno, dove si connette al tratto già riqualificato in direzione Piacenza;
   la lunghezza complessiva è di 9,9 chilometri, oltre ad una bretella di 1,4 chilometri di collegamento all'attuale sede della strada statale 9;
   il progetto della Variante di Casalpusterlengo è stato dichiarato compatibile dal punto di vista ambientale, con prescrizioni, con il decreto di compatibilità ambientale del 20 giugno 2003 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali;
   il progetto è stato adeguato alle prescrizioni e sottoposto alla Commissione Tecnica VIA/VAS si è espressa con i Pareri n. 441 del 16 aprile 2010 e n. 513 del 5 agosto 2010;
   a seguito della Conferenza dei Servizi del 28 aprile 2010 sono state introdotte variazioni progettuali sottoposte a verifica di assoggettabilità; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,e del mare, con atto n. 26438 del 31 ottobre 2012, ha determinato la non assoggettabilità delle modifiche progettuali alla procedura di VIA;
   infatti le modifiche progettuali sono state valutate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come «miglioramento complessivo» poiché «non comportano impatti significativi e negativi rispetto al precedente progetto ma, anzi, ne costituiscono una razionale ottimizzazione»;
   l'opera è inserita, per un importo di 85.280.413, nel contratto di programma fondi ordinari appaltabilità 2007-2011 di ANAS S.p.A. – Appaltabilità 2008;
   l'opera risulta prioritaria nel quadro programmatorio regionale per le opere di competenza statale;
   la competenza per la progettazione è stata assunta dalla provincia di Lodi e dal Comune di Casalpusterlengo sulla base di apposita convenzione stipulata con ANAS in data 4 novembre 2009;
   l'opera verrà realizzata sulla base del progetto definitivo da sottoporre ad appalto integrato ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   allo stato attuale, il quadro economico prevede un importo complessivo dell'opera pari a 126.000.000 euro; tale importo deve essere sottoposto ad aggiornamento essendo riferito al prezziario ANAS 2010;
   gli elaborati progettuali sono attualmente in stato di adeguamento agli esiti dell'istruttoria che ANAS ha formulato nel gennaio 2012, nelle more di finanziamento della campagna geognostica integrativa;
   una volta adeguato il progetto dovrà essere sottoposto a conferenza di servizi presso il provveditorato interregionale alle opere pubbliche della regione Lombardia e della regione Liguria e, successivamente, dovrà essere approvato e finanziato da ANAS S.p.A.;
   contestualmente alla conferenza dei servizi definitiva dovrà essere acquisita la verifica di ottemperanza del progetto al decreto Via del 2003 e successive modificazioni;
   pertanto l'iter progettuale si presenta completo nelle sue parti, soprattutto l'opera è stata valutata positivamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tuttavia non sussistono ancora certezze sull'inserimento della medesima opera tra i progetti finanziabili nella programmazione dell'ANAS –:
   se il progetto della «Variante di Casalpusterlengo ed eliminazione del passaggio a livello sulla SP ex SS 234», sulla strada statale 9-via Emilia, sia stato inserito nella programmazione dell'ANAS, tra i progetti finanziabili, e quali tempi si prevedono per l'inizio dei lavori e la realizzazione dell'opera. (4-01239)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPARINI, GRIMOLDI, FEDRIGA e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   permane nei confronti dei vigili del fuoco volontari una grave discriminazione sotto il profilo delle provvidenze economiche spettanti in caso di infortunio grave, posto che le prestazioni erogate ai vigili permanenti sono di gran lunga più incisive e sostanziose, anche per effetto della mancata emanazione dei decreti delegati di cui all'articolo 27, commi 7-9, della legge 4 novembre 2010 n. 183, entro i termini prescritti;
   sono state emanate negli scorsi anni norme assai punitive nei confronti dei vigili del fuoco volontari, comprese le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che impongono a coloro che aspirino a farne parte anche il pagamento degli oneri connessi agli accertamenti sanitari necessari alla loro incorporazione nel Corpo;
   gli effetti quantitativi sulle domande di reclutamento al Corpo in qualità di vigile del fuoco volontario sarebbero drammatici e porrebbero a repentaglio l'alimentazione di numerosi distaccamenti del soccorso tecnico urgente –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per incentivare i giovani a chiedere il reclutamento nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco in qualità di vigili volontari, evitando così l'assottigliarsi del personale disponibile nei numerosi distaccamenti che li impiegano;
   se, in particolare, non si convenga sull'opportunità di revisionare la norma che pone in carico agli aspiranti il pagamento degli oneri connessi agli accertamenti medici propedeutici alla loro incorporazione, al fine di evitare che simili balzelli possano costituire un deterrenteper i giovani aspiranti volontari e scoraggiarli nella presentazione della domanda di reclutamento. (5-00586)

Interrogazione a risposta scritta:


   LACQUANITI, DI SALVO, PILOZZI, COSTANTINO, FRATOIANNI, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI e RICCIATTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   circa due settimane fa la Procura di Brescia ha avviato un'indagine che vede coinvolte 130 persone a vario titolo operanti presso lo sportello unico immigrati di via Lupi di Toscana, a Brescia;
   a loro carico sono stati configurati reati di associazione per irregolarità nella gestione delle pratiche di sanatorie e di flussi di ingresso;
   oltre al caos destabilizzante degli ultimi giorni, va segnalato inoltre che la capacità di tale sportello, diretto dalla prefettura, con la collaborazione della direzione provinciale del lavoro e della questura, per insufficienza di organico e per logistica carente, è sempre stata inadeguata ad accogliere le numerose richieste dell'utenza, creando intuibili disagi e tensioni in relazione alla dovuta espletazione delle pratiche;
   nella provincia di Brescia sarebbero 175.000 i migranti regolari su una popolazione di 1.200.000; in città 38.000, a fronte di 183.000 residenti;
   l'inadeguatezza illustrata, aumentando a dismisura i tempi di attesa dell'utenza rispetto alla gestione delle pratiche da parte degli operatori, fa sì che almeno ogni quindici giorni nella città si verifichino manifestazioni e proteste da parte di chi, da anni, attende l'evasione di pratiche relative a sanatorie per inefficienza dello Sportello –:
   quali siano le informazioni dei Ministri interrogati su quanto esposto in premessa e i relativi orientamenti;
   quali iniziative per quanto di competenza, intendano intraprendere, e in quali tempi, al fine di garantire, presso lo sportello unico., Immigrati di via Lupi di Toscana, a Brescia, lo svolgimento efficiente delle operazioni di gestione delle pratiche di gestione dei flussi migratori, evitando il sistematico ritardo sulla gestione delle richieste che inevitabilmente non può non tradursi in una violazione dei diritti dei soggetti più deboli. (4-01241)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   nel mese di gennaio 2013 gli studenti dell'Accademia nazionale di danza (AND) hanno organizzato una manifestazione di protesta dinanzi al Montecitorio proseguendo uno stato di agitazione iniziato il 3 dicembre 2012 quando la direzione dell'AND, attraverso un comunicato, annunciava la sospensione della didattica a causa del malfunzionamento dei riscaldamenti;
   il 4 dicembre 2012 gli studenti, riuniti in assemblea straordinaria, hanno concentrato l'attenzione sul regolamento didattico dell'Accademia nazionale di danza deliberato nel 2008 dal collegio dei docenti e dal consiglio accademico dell'AND e inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'approvazione ufficiale;
   gli stessi hanno quindi inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una lettera contenente in allegato il regolamento didattico, chiedendo che fosse visionato con urgenza;
   il direttore generale dell'alta formazione artistica e musicale (AFAM), dottor Bruno Civello, ha fissato un incontro per il 10 dicembre 2012 e nell'occasione ha dichiarato di non aver mai ricevuto la bozza di regolamento inviatagli nel 2008, considerandola quindi inefficace perché non revisionata alla luce dei nuovi ordinamenti didattici entrati in vigore nel giugno 2010;
   a seguito di ciò gli studenti hanno quindi richiesto di procedere alla nomina delle commissioni adibite alla modifica del regolamento;
   successivamente, stanchi di non ricevere risposte concrete da parte delle autorità a cui è stata sottoposta la vicenda, il 18 dicembre 2012 gli studenti hanno deciso di manifestare all'esterno della sede dell'Accademia nazionale di danza, presso la sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e presso la sede AFAM;
   il 27 dicembre 2012 sono state nominate dal direttore dell'AND cinque commissioni (composte ognuna da tre docenti e uno studente) per procedere, la prima, alla revisione del regolamento didattico generale e, le altre quattro, alla scrittura dei regolamenti tuttora mancanti delle quattro scuole dell'istituto (classica, contemporanea, didattica e coreografica);
   il 7 gennaio 2013, primo giorno previsto per la ripresa della didattica, è stata indetta una nuova assemblea straordinaria con i due terzi degli studenti presenti in aula. L'8 e il 9 gennaio 2013 gli studenti hanno ripreso sommariamente le lezioni, in regime di cogestione con i docenti non impegnati nella revisione dei regolamenti, mentre si prevedeva di approvare il regolamento da inviare al Ministero entro gennaio 2013;
   contestualmente alle iniziative per l'adozione del regolamento didattico gli studenti hanno presentato un documento di certificazione delle problematiche individuali, strutturali, di formazione e di igiene, segnalando tra l'altro:
    a) l'irregolare ammissione di alcuni allievi direttamente al 2o o al 3o anno del triennio, senza che questi abbiano sostenuto gli esami degli anni precedenti o fossero già in possesso dei crediti necessari. Al contrario, l'irregolare declassamento di studenti a seguito di regolare percorso e addirittura a seguito di pubblicazione ufficiali dei risultati;
    b) le ammissione individuali tenute in date diverse da quelle ufficiali e con un solo membro della commissione o alla sola presenza del direttore dell'Accademia nazionale di danza;
    c) gli esami sostenuti con un solo docente in commissione o con membri non pertinenti alla materia presa in esame;
    d) il fatto che la partecipazione ad alcune sfilate di moda organizzate con la partecipazione e la collaborazione di un docente dell'Accademia nazionale di danza sia stata considerata come attività artistica;
    e) la mancata registrazione sugli statini dei crediti acquisiti tramite seminari sostenuti;
    f) il mancato riconoscimento di attività artistica effettuata e regolarmente certificata e difformità di riconoscimento a fronte di identiche situazioni;
    g) il fatto che, in occasione di lavori, retribuiti e non, esterni all'istituto, i vertici dell'Accademia nazionale di danza non abbiano ritenuto opportuno annunciare audizioni aperte a tutti gli studenti, limitandosi a chiedere ad alcuni docenti l'idoneità di studenti arbitrariamente proposti dal direttore;
    h) la carenza di igiene nell'istituto, già chiuso in anni recenti per tale motivo;
    i) il verificarsi di alcuni infortuni di cui tredici di rilievo;
    l) l'assenza, in caso di traumi accidentali, frequenti durante la pratica della danza, di un kit di primo intervento e di un'infermeria attrezzata in tal senso;
    m) la pavimentazione vecchia (pavimenti in legno marcio e maleodoranti) e pericolosa a causa della presenza di numerose schegge, le sbarre vecchie e danneggiate;
    n) la presenza di insetti in aula Calizza, che rendono impossibile lo svolgimento delle lezioni;
    o) la presenza di umidità sulle pareti (quindi da verniciare) e la mancanza di impianto di riciclo dell'aria in tutte le sale; la presenza, inoltre, di un impianto idraulico e di riscaldamento termico fortemente compromessi;
   nei primi giorni di febbraio 2013, 47 docenti e i 211 studenti dell'AND hanno inviato una lettera-appello alle più alte cariche istituzionali, chiedendo la rimozione dall'incarico della direttrice dell'AND;
   il 19 febbraio 2013 la situazione è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei deputati ed ha avuto risalto anche nella cronaca a livello nazionale;
   successivamente i componenti del corpo docente (in particolare i firmatari della lettera-appello) che hanno supportato gli studenti nell'iniziativa, che già precedentemente erano stati sottoposti a provvedimento disciplinare, sono stati raggiunti da un provvedimento di sospensione disciplinare;
   in data 22 febbraio 2013 il presidente della commissione Cultura di Roma Capitale, Federico Mollicone, ha chiesto al Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca pro tempore, Francesco Profumo, un incontro urgente, alla presenza di una delegazione di docenti e studenti, sulla complessa vicenda dell'AND e per valutare la richiesta di revoca della nomina dell'attuale direttore dell'Accademia;
   tale richiesta è stata però accolta negativamente per cui, ad oggi, sussiste una situazione di profondo malcontento ed un quadro di estrema conflittualità, oltre ad un profondo disagio legato al frequente verificarsi di contraddizioni discrepanze tra obiettivi e risultati, mancanza di trasparenza relativamente alla complessiva gestione didattica ed a quella economico-finanziaria dell'AND –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno fissare un incontro con una delegazione di docenti e studenti dell'Accademia nazionale di danza per discutere delle problematiche che attraversano la prestigiosa istituzione, anche attraverso un confronto con rappresentanti dell'AFAM;
   quali iniziative urgenti di propria competenza intenda adottare al fine di ripristinare la regolare attività didattica ed amministrativa all'interno dell'Accademia nazionale di danza;
   se non ritenga opportuno, previa verifica della situazione economico-finanziaria dell'Accademia nazionale di danza, assumere iniziative per stanziare risorse destinate al ripristino dell'agibilità e dell'igiene all'interno della struttura.
(2-00141) «Calabria».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA e AMODDIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istruzione secondaria di II grado è stata oggetto di un processo di riordino delle classi di concorso che relativamente ai licei ha portato air emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010;
   anche per l'anno scolastico 2013/2014 in attesa della definizione del regolamento sulle nuove classi di concorso, per la costituzione degli organici sono state utilizzate le attuali classi di concorso, su cui vanno a confluire automaticamente, le discipline relative al primo, secondo, terzo e quarto anno di corso degli istituti di secondo grado interessati al riordino;
   è noto che le cattedre sono costituite, di norma, con 18 ore settimanali, nel rispetto degli obiettivi finanziari di cui all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008;
   tuttavia la costruzione delle cattedre a 18 ore risulta impraticabile per la classe di concorso A051 italiano e latino nel triennio del liceo classico: infatti, le ore settimanali delle due discipline sono 4 e pertanto è impossibile organizzare una cattedra a 18 ore; una situazione di analoga difficoltà si verifica per la costituzione delle cattedre della classe di concorso A052 latino e greco (16 ore nel biennio, 17 nel triennio);
   la disciplina vigente prevede, per quelle cattedre che non sia possibile formare per complessive 18 ore, la possibilità di ricorrere ad una diversa organizzazione modulare, fermo restando che le stesse non potranno comunque avere un orario inferiore alle 15 ore settimanali;
   nonostante, la possibilità di modulare diversamente le cattedre per le quali non sia possibile formare le complessive 18 ore, nella determinazione degli organici di diritto dell'anno scolastico 2013/2014 la composizione delle cattedre per le classi di concorso sopra citate è stata eseguita costituendo cattedre di 18 ore accorpando altri indirizzi e ordini (per esempio liceo scientifico, biennio, e altro);
   ciò comporta che: viene violato il principio della continuità didattica, per cui gli studenti non hanno più la costanza di un'azione formativa omogenea e continua; i docenti non possono più programmare un'azione didattica conformata su una classe e le sue esigenze in maniera continuativa e progettuale; le famiglie non hanno più punti di riferimento chiari e fissi nel tempo; viene minata la professionalità dei docenti che non possono esprimere una programmazione didattico-educativa pluriennale coerente; l'organizzazione delle cattedre non è programmabile in maniera chiara; l'organizzazione giornaliera della didattica è turbata dalla forzata e frequente posticipazione o anticipazione di ingressi e uscite dei discenti, anche con ripercussioni sulle problematiche della sicurezza e della vigilanza sugli alunni;
   quanto descritto accade nel quadro della ulteriore penalizzazione subita dalle citate discipline con il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 cosiddetto «riordino Gelmini» –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti fin qui esposti;
   alla luce di quanto premesso, quali iniziative intenda tempestivamente adottare, al fine di porre rimedio a quanto esposto in premessa;
   se non intenda intervenire sollecitamente per dare indicazioni agli uffici scolastici territoriali affinché intervengano nella formulazione degli organici valutando le situazioni sopra descritte;
   se intenda procedere al fine di riconsiderare le scelte del «riordino Gelmini» e di operare affinché i discenti rispetto alle discipline citate, costituenti saperi assolutamente irrinunciabili, non subiscano i pregiudizi sopra descritti.
(5-00587)


   FIANO e NACCARATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione, in occasione dello svolgimento degli esami di maturità del liceo scientifico Curiel di Padova, il professore Franco Damiani di Villafranca Padovana, sarebbe stato chiamato a presiedere la commissione di esame di due classi;
   dalle notizie riportate risulterebbe che a cinque giorni dalle prove di maturità il docente sarebbe stato sollevato dall'incarico sulla base di alcune affermazioni fatte nella sua pagina Facebook sull'errata metodologia didattica della scuola Curiel, in relazione proprio alla questione dell'Olocausto;
   da notizie a mezzo stampa risulterebbe che negli ultimi dieci anni il professor Damiani sia stato già ripetutamente trasferito quale conseguenza delle proprie posizioni negazioniste, e nonostante ciò risulterebbe essere stato nominato per ben quattro volte presidente di commissione agli esami di maturità;
   come denunciato anche dall'Unione giovani ebrei d'Italia, desta preoccupazione il fatto che mentre in diversi Paesi dell'Unione europea è ormai da tempo stato introdotto il reato di negazionismo, in Italia, viene concesso di insegnare liberamente nei licei e prendere parte alle commissioni degli esami di Stato anche a coloro che apertamente e pubblicamente negano l'Olocausto –:
   se le notizie riportate corrispondano al vero e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia impedito in futuro l'insegnamento, la diffusione o la propaganda da parte di insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado, e nelle università, di tesi negazioniste o incitanti all'odio e alla discriminazione. (5-00599)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in Italia gli insegnanti di ruolo certificati inidonei all'insegnamento sono circa cinquemila. Nel Veneto se ne contano oltre duecentocinquanta ed una quarantina nel Vicentino;
   gli insegnanti inidonei sono impiegati nelle biblioteche e nei laboratori d'istituto, sempre utili a supporto della complessa azione formativa svolta dalla scuola;
   dai dati ministeriali risulta che il 60 per cento dei docenti inidonei manifesta patologie di carattere neuropsichiatrico e ansioso-depressivo;
   in base al decreto-legge n. 95 di luglio 2012 convertito dalla legge n. 135 del 2012, si impone, a partire da settembre 2013, il loro trasferimento nelle segreterie scolastiche, tra gli amministrativi o nei laboratori come tecnici, con mansioni e ruoli diversi rispetto al loro titolo professionale iniziale;
   tale decisione comporta un danno all'efficienza delle segreterie scolastiche, già provate dai tagli al personale degli ultimi anni. Le mansioni in questione richiedono competenze che non appartengono agli insegnanti a causa della loro differente formazione;
   tale decisione mette in difficoltà il personale precario delle segreterie scolastiche, il cui passaggio ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato verrebbe rimandato;
   considerati i progressivi ed ingenti tagli alla scuola degli ultimi anni, gli insegnanti inidonei svolgono compiti complementari fondamentali, essendo di supporto all'attività didattica e a tutto il personale della scuola –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto; se non ritenga di assumere iniziative nell'ambito delle sue competenze, per garantire ai docenti inidonei all'insegnamento la permanenza nei posti di lavoro attualmente occupati. (4-01222)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano il Sole 24 Ore ha pubblicato una classifica degli atenei «fuorilegge» per il carico di tasse imposto agli studenti;
   al top di questa classifica (al secondo posto) c’è l'università degli studi di Bergamo, che richiede il 35,5 per cento di contribuzione agli studenti rispetto al finanziamento dello Stato;
   la legge imporrebbe che le tasse non superino una somma pari al 20 per cento contributo ricevuto dall'ateneo sotto forma di finanziamento ordinario;
   l'università di Bergamo si pone tra le università più virtuose del nostro Paese, sempre dalla classifiche stilate dal Sole 24 Ore;
   l'ateneo di Bergamo è al secondo posto anche di un'altra classifica, quella degli atenei che ricevono meno contributi dallo Stato per studente: 2.422 euro a studente contro una media di quattro mila euro a livello nazionale (Sassari 5.376 euro, Siena 7.131 euro);
   il sottofinanziamento è dovuto al fatto che il Fondo di finanziamento ordinario (FFO) viene calcolato su parametri fermi da almeno un decennio; in questo periodo l'università di Bergamo è cresciuta moltissimo in termini di numero di studenti, docenti, offerta formativa e spazi;
   lo Stato, pertanto, è debitore nei confronti dell'ateneo bergamasco di 15 milioni di euro all'anno su un bilancio di 35 milioni di euro;
   evidentemente il tetto imposto dalla legge non verrebbe sforato se il Ministero colmasse il sottofinanziamento;
   le tasse universitarie pagate dagli studenti di Bergamo potrebbero essere ridotte se lo Stato finanziasse in modo adeguato l'università di Bergamo allo stesso modo, con le ulteriori risorse che sono dovute si potrebbe ampliare ulteriormente l'offerta formativa;
   inoltre, la media delle tasse universitarie negli atenei del Nord è notevolmente superiore a quelle degli atenei del centro sud, mentre i finanziamenti statali agli atenei sono in media più elevati al centro sud, rispetto che al nord –:
   se il Ministro sia a conoscenza del problema e se non intenda intervenire al più presto affinché i parametri attuali di ripartizione del fondo di finanziamento ordinario vengano aggiornati affinché il decennale sottofinanziamento dell'università di Bergamo venga sanato. (4-01235)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIANO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 92 del 2012, cosiddetta riforma Fornero, ha fatto venire meno, tra le altre cose, la possibilità di stipulare i cosiddetti contratti di lavoro di inserimento, introdotti nel 2003 dalla precedente riforma Biagi, per agevolare l'assunzione di varie categorie di lavoratori, tra i quali giovani, donne, anziani, disoccupati;
   al fine di porre rimedio alle criticità per alcune delle categorie più esposte, la medesima legge 92 del 2012 ha previsto per i giovani alcune norme in materia di apprendistato, e per gli ultracinquantenni e per le donne ha introdotto nuove agevolazioni contributive che possono comportare per i datori di lavoro un notevole risparmio di costi;
   in particolare, il comma 8 dell'articolo 4 della legge 92 del 2012 ha previsto che a decorrere dal 1o gennaio 2013 per tutte le assunzioni di lavoratori ultra cinquantenni, disoccupati da più di dodici mesi, effettuate con contratto a termine, anche in somministrazione, spetti ad ogni datore di lavoro una riduzione del 50 per cento della quota contributiva a suo carico, per un massimo di dodici mesi;
   ai sensi dei commi 9 e 10 del medesimo articolo, poi, se l'assunzione viene trasformata a tempo indeterminato, la riduzione viene prolungata per altri sei mesi, mentre se, «ab initio», è a tempo indeterminato, lo sgravio, che è del medesimo ammontare, è valido per diciotto mesi dalla data di inizio del rapporto;
   il comma 11 dell'articolo 4, poi, ha previsto che queste disposizioni si applichino anche per l'assunzione di donne lavoratrici, di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, e che risultino residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e nelle aree di cui all'articolo 2, punto 18, lettera e) del regolamento (Ce) n. 800/2008, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   da notizie a mezzo stampa risulta che ad oggi gli operatori del settore sono tuttora in attesa delle note operative INPS indispensabili per la definizione delle modalità di presentazione dell'istanza e soprattutto dei codici autorizzazione e delle causali da inserire in UNIEMENS, affinché l'azienda possa correttamente usufruire dell'agevolazione spettante, e a sua volta l'Inps sarebbe in attesa dell'adozione del sopra-citato decreto del Ministro interrogato che non risulta ancora pubblicato;
   considerata la grave crisi economica e occupazionale in atto, appare grave che una norma così delicata inserita proprio al fine di sostenere i lavoratori cinquantenni disoccupati da almeno un anno non sia ancora entrata a regime –:
   se i fatti riportati corrispondano al vero, e in caso affermativo, quali siano le ragioni per le quali il Ministro interrogato non abbia ancora adottato il decreto, e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di rendere questa norma pienamente operativa nel più breve tempo possibile.
(5-00582)


   GREGORI, FERRO, MARRONI, TIDEI, MICCOLI e DAMIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta agli interroganti, nel territorio del comune di Fiano Romano, nella provincia di Roma, non accennano a diminuire i fenomeni di sfruttamento del lavoro ad opera di alcune cooperative operanti nell'area industriale;
   ancora di recente, il sindaco di Fiano Romano, Ottorino Ferilli, insieme al vicesindaco Davide Santonastaso e gli assessori Isidoro Martini e Nicola Santarelli, ha presentato, in data 14 febbraio 2013, un esposto alla procura della Repubblica proprio in merito alla vicenda;
   nell'esposto presentato dal sindaco si legge che, nella zona industriale del comune di Fiano Romano, lavorano ad oggi circa 1000 operai addetti perlopiù alla movimentazione delle merci. Per accedere al lavoro è necessario iscriversi, in qualità di soci, alle cooperative, ma, successivamente, ai lavoratori non vengono garantiti i diritti fondamentali del lavoro cooperativo, in particolare i diritti partecipativi previsti dagli statuti e regolamenti interni alle cooperative;
   da fonti stampa locali è, inoltre, emerso che sul territorio si concretizzano soventemente alcune situazioni poco chiare, come quelle legate ad alcune cooperative che dichiarano fallimento alla fine di ogni anno, per poi ricostituirsi cambiando denominazione e sede sociale. Ai lavoratori di queste cooperative, poi, a quanto risulta agli interroganti, capiterebbe di essere sottoposti anche al controllo sui tempi di uso dei bagni, con la chiave rigorosamente detenuta dal responsabile;
   tale situazione determina uno stato di diffusa precarietà nei presidi lavorativi territoriali, tale da gettare discredito e danneggiare l'immagine della comunità di Fiano Romano –:
   se il Governo intenda accertare, attivando gli organismi di controllo di sua competenza, se le cooperative che operano sul territorio di Fiano Romano rispondano ai principi previsti dalla legge, in particolare se siano attuati i principi di mutualità e siano rispettate le regole di democrazia interna;
   se, inoltre, s'intenda verificare che siano rispettati i diritti dei soci lavoratori iscritti alle varie cooperative e se siano rispettate tutte le garanzie di sicurezza, della salute e della tutela complessiva dei lavoratori;
   se, infine, il Governo intenda assumere iniziative per rendere edotte le committenze della loro oggettiva responsabilità prevista dalla legge nei riguardi di presunte violazioni e come s'intenda agire, per quanto di competenza, per accertare tali violazioni ed, eventualmente, sanare le possibili eventuali situazioni di inadempienza delle norme vigenti in materia di lavoro, diritto sindacale e diritto delle cooperative. (5-00588)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da oltre 50 anni esiste nel Comune di Sassoferrato lo stabilimento di bombole al quale i cittadini sassoferratesi hanno fornito con il proprio lavoro un contributo determinante allo sviluppo e consolidamento di un'attività industriale che ha costituito un punto di riferimento ed una risorsa per la vita economica della città;
   nel 2010 il gruppo Ghergo ha acquisito il settore gas dell'Antonio Merloni;
   nel mese di maggio 2013 una delegazione dei dipendenti della Cylinders Ghergo Group dello stabilimento di Sassoferrato e le delegazioni sindacali di Fiom, Film, Uilm e Rsu hanno incontrato il Sindaco di Sassoferrato per portarlo a conoscenza dell'ipotesi rappresentata dall'azienda di chiusura dello stabilimento di Sassoferrato, con conseguenti 100 esuberi di personale e di accorpamento della produzione nell'unico stabilimento di Matelica;
   il sindaco di Sassoferrato ha prontamente contattato ed incontrato il presidente della Cylinders Ghergo Group Luciano Ghergo, che ha precisato la difficoltà dell'azienda di aggredire il mercato internazionale delle bombole da gas a causa dei costi di produzione poco competitivi sul mercato mondiale;
   a seguito delle considerazioni di cui sopra l'azienda ritiene necessario intervenire per non compromettere la tenuta generale del settore produttivo bombole da gas della Ghergo Group;
   la paventata ipotesi di chiusura dello stabilimento sentinate si configura come una delle possibili soluzioni per ridurre i costi complessivi di gestione, ma attualmente nessuna decisione è stata ancora definitivamente presa in carico dall'azienda;
   nei successivi incontri del 5 e del 28 giugno 2013 l'azienda ha confermato ai sindacati che tra le varie ipotesi persiste quella dell'accorpamento dei tre siti produttivi di Sassoferrato, Matelica e Costacciaro con conseguente esubero di personale;
   fino al 9 agosto 2013 nello stabilimento di Sassoferrato si produrranno 75 mila bombole e le parti sociali si sono aggiornate a settembre per un nuovo confronto che sarà dirimente sulla gestione degli esuberi;
   la Cylinders Ghergo Group si configura come un'azienda a forte radicamento territoriale, tanto che, l'acquisizione nel 2010 del ramo di azienda della Antonio Merloni è stata accolta positivamente dalle istituzioni e dall'opinione pubblica;
   il mercato internazionale delle bombole offre ancora opportunità di sviluppo che l'azienda ha il dovere di perseguire con decisione –:
   quali iniziative il Governo intende adottare per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e le prospettive industriali dello stabilimento agevolando la formulazione di un piano industriale volto, altresì, a recuperare la competitività necessaria sui mercati internazionali.
(4-01226)


   FEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la comunità italiana residente in Israele, anche attraverso il locale Comitato degli italiani all'estero, Com.It.Es., chiede da molti anni la ratifica da parte italiana della convenzione bilaterale di sicurezza sociale;
   attraverso le convenzioni di reciprocità in materia di sicurezza sociale i Paesi contraenti attuano un coordinamento delle rispettive legislazioni nazionali allo scopo di favorire la libera circolazione dei cittadini in ambito internazionale, garantire ai lavoratori che prestano attività in vari Paesi la tutela assicurativa e il diritto alle prestazioni previdenziali, favorire la parità di trattamento tra i lavoratori migranti, consentire, in determinati casi, il superamento del principio della territorialità contributiva, agevolare la collaborazione amministrativa tra gli istituti previdenziali dei Paesi contraenti, in questo caso Italia e Israele;
   le prestazioni assicurate generalmente sono riconducibili a invalidità, vecchiaia e superstiti, infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattie e maternità, disoccupazione involontaria, assegni familiari e regimi speciali per determinate categorie di lavoratori;
   i beneficiari generalmente sono i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi (collaboratori, coltivatori diretti, artigiani ed esercenti attività commerciali) e i lavoratori autonomi liberi professionisti;
   generalmente le convenzioni in materia di sicurezza sociale, attraverso il meccanismo della «totalizzazione», nell'ambito della normativa internazionale di sicurezza sociale, consentono il cumulo «fittizio» dei periodi di assicurazione compiuti nell'altro Paese, ai fini esclusivamente del conseguimento del diritto alla pensione, in ciascuno dei Paesi contraenti e non anche della determinazione dell'importo della prestazione spettante;
   la richiesta è stata avanzata dal Com.It.Es. in occasione delle visite in Israele dei Ministri degli affari esteri pro tempore Frattini e Terzi di Sant'Agata, e, più recentemente, del Presidente del Consiglio Enrico Letta;
   con la legge n. 309 del 28 agosto 1989 Ratifica ed esecuzione dello scambio di lettere tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato d'Israele sulla legislazione di sicurezza sociale applicabile ai lavoratori temporaneamente distaccati da un'impresa avente sede in uno Stato nel territorio dell'altro Stato, effettuato a Gerusalemme il 7 gennaio 1987 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 4 settembre 1989, n. 206 – Supplemento ordinario), in vigore il 21 novembre 1989, è stato ratificato lo scambio di note tra il Governo della Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla legislazione di sicurezza sociale applicabile alla disciplina dei distacchi temporanei nei reciproci territori dei lavoratori dei due Paesi (scambio di lettere avvenuto il 7 gennaio 1987);
   la ratifica dello scambio di note prevede che i lavoratori che hanno la loro residenza nel territorio di uno Stato e che sono distaccati nel territorio dell'altro Stato dall'impresa da cui normalmente dipendono nel territorio del primo Stato, al fine di svolgervi un lavoro per conto di detta impresa, rimangono assoggettati alla legislazione del primo Stato, per un periodo di trentasei mesi dal loro distacco, come se continuassero a essere occupati nel territorio di questo Stato;
   la convenzione bilaterale di sicurezza sociale tra Italia e Israele, da non confondere con lo scambio di note per i distacchi temporanei, riguarderebbe comunque un numero di beneficiari contenuto ed avrebbe, in regime di reciprocità, effetti positivi per quanto concerne le prestazioni erogate in Italia a chi può far valere contributi in Israele –:
   quali iniziative immediate si intendano intraprendere per aggiornare il testo della convenzione alle modifiche sopraggiunte nelle legislazioni nazionali dei due Paesi in questi anni di lunga attesa;
   al fine di salvaguardare l'immagine di Paese moderno dell'Italia, che tutela il lavoro e la possibilità di utilizzare i contributi da lavoro versati nelle casse dello Stato, se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per la ratifica della convenzione bilaterale di reciprocità tra Italia e Israele nel settore della sicurezza sociale. (4-01227)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LUPO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 10 luglio 2013 su diversi quotidiani online è stato diffuso il risultato di uno studio di settore svolto dalla Generations futures, associazione francese, in materia di residui chimici di fitofarmaci/pesticidi all'interno di fragole provenienti da Francia e Spagna;
   lo studio ha dimostrato che di media nel 92 per cento dei casi le fragole, prodotte da agricoltura convenzionale, contenevano detti residui chimici (85 per cento le francesi, 100 per cento per le spagnole); ha riscontrato altresì la presenza, in 7 casi su 10, di pesticidi dannosi per la salute, che potenzialmente possono causare «cancro, disturbi nel metabolismo e nell'apparato riproduttore»;
   lo studio ha inoltre rivelato che il 18 per cento dei campioni conteneva pesticidi vietati sul suolo francese e spagnolo, in quanto considerati gravi inquinanti ambientali e nocivi per la salute umana, quali endosulfan o carbosulfan;
   nella legislazione, nazionale e comunitaria, esistono precisi limiti imposti al contenuto di pesticidi nel cibo, ma molto spesso – come pare anche nel caso analizzato dallo studio francese – tali limiti vengono ignorati dai produttori «giocando» su combinazioni di sostanze diverse;
   l'uso dei pesticidi in agricoltura, a parere degli interroganti, deve essere fortemente ridotto, poiché le conseguenze sul cibo e di rimando sulla salute umana – in particolare sui bambini e sulle donne in stato di gravidanza – potrebbero essere ben più gravi di quello che sinora è emerso dagli studi scientifici –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   se non si intenda procedere ad un rapida ed efficace attività di monitoraggio e vigilanza sulla presenza e la percentuale di pesticidi contenuti nelle fragole ed in altri generi ortofrutticoli provenienti dalla Spagna e dalla Francia. (5-00583)


   GAGNARLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il ciclo di lavorazione degli impianti di produzione di energia elettrica e termica da biogas comporta la formazione di un sottoprodotto denominato «digestato»;
   in base alla normativa vigente, il digestato prodotto durante la fermentazione anaerobica, se non originato da rifiuti in ingresso, non è considerato un rifiuto, ma un sottoprodotto utilizzabile in agricoltura, con riconosciuto valore agronomico (legge 7 agosto 2012, n. 134, articolo 52, comma 2-bis; CSdC n. 1348 del 19 giugno 2012);
   pur utilizzabile in agricoltura, il digestato non ha le caratteristiche chimiche di nessuno dei concimi nazionali, classificati dal decreto legislativo n. 75 del 2010 e neppure degli ammendanti, in quanto non rispetta i tenori massimi di umidità di questi ultimi;
   la normativa vigente non regolamenta e non fornisce parametri per l'utilizzazione agronomica del digestato che, in via cautelativa, viene equiparato agli effluenti zootecnici ed utilizzato nelle quantità massime di 170 chilogrammi/anno di azoto per ettaro, attraverso un piano di utilizzazione agronomica (PUA); mentre la quantità eccedente l'utilizzo agronomico ammesso deve trovare altre destinazioni coerenti con la vigente legislazione in materia di rifiuti;
   secondo diversi studi in materia, lo spandimento del digestato presenta delle criticità legate alle emissioni di ammoniaca in atmosfera, qualora lo spandimento non sia effettuato con le migliori tecniche disponibili, ed alla perdita di nitrati nelle acque di falda, qualora si ecceda negli apporti e si applichi in periodi non opportuni;
   non vanno sottovalutati i rischi igienico-sanitari legati all'uso dei digestati: diversi lavori mettono in luce come il Clostriudium perfringens (causa di tossinfezioni oltre che di aborti) non subisce alcuna riduzione nei digestati; gli enterococchi risultano molto resistenti alla digestione anaerobica; Salmonella ssp. (causa della maggior parte delle tossinfezioni alimentari segnalate) è stata rilevata in un campione su quattro della frazione solida e in uno su tre di quella liquida del digestato, mentre Lysteria monocytogenes (causa di listeriosi, con esiti a volte mortali) in quattro su quattro e tre su tre campioni rispettivamente della frazione solida e liquida (si veda Bonetto et al. «Rischio igienico associato all'impiego di digerito in agricoltura»);
   a causa delle eccezionali condizioni climatiche della scorsa estate, circa il 30 per cento della produzione nazionale di mais, è stata colpita dalle aflatossine, sostanze tossiche che ne impediscono il consumo alimentare umano e animale, e pertanto tale mais è stato indirizzato verso l'utilizzo nelle centrali a biogas; a tal proposito, alcuni scienziati, tra cui il dottor Stefano Montanari, autorevole direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena, sostengono che le aflatossine contenute nel mais utilizzato per alimentare gli impianti a biogas, sopravvivrebbero alla gassificazione, restando inerti nel digestato che, utilizzato come fertilizzante nei terreni, consentirebbe la loro proliferazione e la possibile infezione delle colture;
   il decreto sviluppo (decreto-legge n. 83 del 2012), convertito dalla legge n. 134 del 2012, all'articolo 52, comma 2-bis, stabilisce che le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato come fertilizzante, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura, siano definite tramite decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in Toscana, anche a causa della mancanza di un quadro normativo regionale su biomasse, biogas ed eolico e di un piano energetico-ambientale, gli impianti a biogas già realizzati, quelli autorizzati da realizzare e le nuove richieste di autorizzazione, sono in costante aumento, cosicché la regione non ha strumenti adeguati per monitorare e programmare l'utilizzo delle risorse naturali per usi energetici nei vari territori;
   il 15 marzo 2012, invero, la giunta provinciale di Arezzo ha autorizzato l'ennesimo nuovo impianto di produzione di energia elettrica e termica da biogas, della potenza di 0,999 MWe e di 2,462 MWt e relative opere connesse e funzionali, da realizzare nel comune di Cortona, con nulla osta del Ministero dello sviluppo economico del 3 gennaio 2012; tale impianto, come la maggior parte degli impianti di questa tipologia in Toscana, appare mancante di una corretta gestione del digestato che, secondo quanto prevede la normativa sopradetta, può essere sparso sui campi tout court, sulla base di un piano di utilizzazione agronomica –:
   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di evitare le criticità ambientali legate alla gestione del digestato, secondo quanto previsto dal decreto sviluppo (decreto-legge n. 83 del 2012), come convertito dalla legge n. 134 del 2012, articolo 52, comma 2-bis, intendano adottare il suddetto decreto con cui si definiscono le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti ed all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura;
   se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga di assumere le opportune iniziative normative ed amministrative, affinché siano emanate nuove «linee guida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione per i nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili», e si pervenga alla parziale o totale modifica del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.
(5-00585)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOREFICE, CECCONI, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, DI VITA, GRILLO, MANTERO, BARONI, DADONE, MARZANA, CANCELLERI e PESCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   uno dei problemi di maggiore rilevanza in materia sanitaria per l'importanza degli interessi giuridicamente lesi è quello del contagio da sangue infetto;
   a partire dalla fine degli anni ‘70 si è registrata in Italia una massiccia diffusione dei virus dell'epatite B, C e dell'HIV in soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue o che avevano fatto uso di farmaci emoderivati (cosiddetti salvavita) infetti;
   il diritto al risarcimento del danno da sangue infetto è sancito dalla legge n. 210 del 1992 che riconosce un indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni;
   notevoli sono stati i giudizi promossi nei confronti del Ministero della salute tesi al riconoscimento di una responsabilità dello stesso nella causazione del danno da contagio da sangue infetto;
   sin dal 2001 sono state avviate delle trattative tra un collegio di legali e il Ministero della salute per tentare di risolvere in via stragiudiziale il contenzioso introdotto da centinaia di emofilici per il risarcimento dei danni patiti;
   a seguito della costituzione di due commissioni nominate rispettivamente dai Ministri pro tempore Bindi e Sirchia il Governo pro tempore ha approvato il decreto-legge n. 89 del 2003 convertito dalla legge n. 141 del 2003 stabilendo i criteri in base ai quali avrebbero dovuto sottoscriversi gli accordi transattivi con i danneggiati, prevedendo come condizione necessaria per gli stessi l'instaurazione del contenzioso giudiziario;
   nel corso del 2007 il Ministero della salute, su impulso del Ministro pro tempore Turco e del Sottosegretario pro tempore Gaglione, ha ripreso le trattative per la definizione transattiva delle posizioni relative ai numerosi soggetti danneggiati rimasti esclusi dall'accordo raggiunto nel 2003;
   con decreto ministeriale 28 aprile 2009, n. 132 vengono fissati i criteri per la stipula, nell'ambito di un piano pluriennale, delle transazioni con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni che siano ancora pendenti;
   a distanza di due anni nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012 è stato pubblicato il decreto ministeriale 4 maggio 2012 in materia di definizione dei moduli transattivi in applicazione dell'articolo 5 del suindicato decreto n. 132 del 2009 concernente il risarcimento danni nei confronti di soggetti danneggiati da sangue infetto;
   inaspettatamente quest'ultimo decreto stabilisce l'esclusione dalla transazione di tutti coloro che hanno promosso causa di risarcimento danni nei confronti del Ministero oltre i 5 anni dal riconoscimento del danno biologico, ovvero dalla data di presentazione in sede amministrativa dell'istanza di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 rispetto alla quale risulti documentata la piena conoscenza della patologia da parte del danneggiato, oppure oltre i dieci anni dal decesso del soggetto danneggiato, nel caso si tratti di eredi di soggetti deceduti. Non vengono altresì previsti dal decreto eventuali atti interruttivi della prescrizione, non conformemente alle norme di procedura civile e vengono esclusi dalla transazione i soggetti per i quali risulti un evento trasfusionale anteriore al 24 luglio 1978;
   la giurisprudenza di merito e di legittimità ha in più occasioni chiarito che la responsabilità da contagio post-trasfusionale in capo al Ministero della salute sussiste almeno a decorrere dai primi anni ‘70, non mancando pronunzie che la fanno risalire alla fine degli anni ‘60;
   dopo anni trascorsi a lottare contro malattie orribili, ma anche nelle aule dei tribunali per veder riconosciuto il diritto al risarcimento sancito dalla legge n. 210 del 1992, cinque anni fa circa 6.500 persone contagiate avevano deciso di sospendere i procedimenti giudiziari scegliendo la strada della trattativa con il Ministero della salute, non avendo ottenuto ad oggi alcun indennizzo;
   dopo più di due anni dalla presentazione delle domande di adesione alla transazione il Ministero con un decreto attuativo nega il legittimo diritto al risarcimento a tutti quei cittadini che non rientrano nei requisiti sopra enunciati –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per procedere alla modifica del decreto attuativo abrogando la norma nella parte in cui esclude la transazione di tutti coloro che hanno promosso causa di risarcimento danni nei confronti del Ministero oltre i 5 anni dal riconoscimento del danno biologico, ovvero dalla data di presentazione in sede amministrativa dell'istanza di indennizzo ai sensi della legge n. 210 del 1992 rispetto alla quale risulti documentata la piena conoscenza della patologia da parte del danneggiato, oppure oltre i dieci anni dal decesso del soggetto danneggiato, nel caso si tratti di eredi di soggetti deceduti, in considerazione del fatto che tutte queste persone si sono ingiustamente ammalate a causa di negligenze del servizio sanitario. (5-00584)


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari del Ministero della salute (Agenas) ha diffuso i dati raccolti nel 2012: nel territorio vicentino, in alcuni settori, emerge un quadro preoccupante. Le strutture di Vicenza e di Bassano del Grappa appaiono inferiori alla media nazionale sulla cura delle patologie cardiache;
   all'ospedale San Bortolo di Vicenza si registrano i seguenti dati: per infarto del miocardio, decessi 13,28 per cento, ricoverati 500, media nazionale 10,95 per cento; per infarto del miocardio senza angioplastica, decessi 22,84 per cento; ricoverati 214, media nazionale 18,18 per cento; per infarto del miocardio con Ptca, decessi 7,53 per cento, ricoverati 197, media nazionale 4,81 per cento; Ptca eseguita ad oltre 48 ore dal ricovero, decessi 1,2 per cento, ricoverati 92, media nazionale 2,58 per cento; bypass cardiaco, decessi 1,4 per cento, ricoverati 183, media nazionale 2,78 per cento; per scompenso cardiaco, decessi 14,06 per cento, ricoverati 544, media nazionale 8,79 per cento;
   all'ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa si registrano i seguenti dati: per infarto del miocardio, decessi 18,5 per cento, ricoverati 274, media nazionale 10,95 per cento; per infarto del miocardio senza angioplastica, decessi 33,28 per cento, ricoverati 106, media nazionale 18,18 per cento; per infarto del miocardio con Ptca, decessi 9,14 per cento, ricoverati 120, media nazionale 4,81 per cento, per scompenso cardiaco, decessi 11,04 per cento, ricoverati 463, media nazionale 8,79 per cento; mortalità dopo 12 mesi per infarto del miocardio, decessi 11,84 per cento, ricoverati 222, media nazionale 10,76 per cento;
   appare altamente probabile una correlazione tra gli alti tassi di mortalità da patologie cardiache e la preoccupante situazione socio-ambientale del territorio vicentino, caratterizzato da inquinamento e un'organizzazione stressante del lavoro. Tale correlazione è causata in particolare da un modello di sviluppo da riconsiderare;
   lo stress legato al lavoro rappresenta la seconda malattia professionale più diffusa in Europa, dove ne è affetto un lavoratore su quattro; le donne risultano essere più colpite;
   lo stress legato all'attività lavorativa può essere provocato da fattori psicosociali, quali la progettazione, l'organizzazione e la gestione del lavoro nonché da problemi come le vessazioni e la violenza sul lavoro, ma anche da fattori fisici come la rumorosità e la temperatura;
   i costi umani sono rilevanti: si stima che le malattie cardiovascolari nell'Unione europea siano dovute, per il 16 per cento negli uomini e per il 22 per cento nelle donne, allo stress legato all'attività lavorativa. Anche i costi economici sono ingenti: dal 50 per cento al 60 per cento dell'assenteismo, ad esempio, è riconducibile allo stress nell'ambiente di lavoro. Associato ai costi sanitari connessi, il conto annuale complessivo per l'Unione europea e stimato pari a circa 20 miliardi di euro, senza considerare la perdita di produttività;
   l'aumento dell'insicurezza del posto di lavoro risulta essere un ulteriore elemento di stress;
   l'attuale quadro normativo di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, costituito dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche ed integrazioni, oltre ad aver specificamente individuato lo «stress lavoro-correlato» come uno dei rischi oggetto sia di valutazione, secondo i contenuti dell'Accordo europeo dell'8 ottobre 2004, puntualmente richiamato dal decreto stesso, sia di una conseguente adeguata tutela, ha altresì demandato alla commissione consultiva permanente per la salute sicurezza del lavoro il compito di «elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio stress lavoro-correlato»;
   nel 2010 la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha approvato le indicazioni necessarie per la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. In tal modo viene fornito ai datori di lavoro pubblici e privati, agli operatori e ai lavoratori uno strumento di indirizzo ai fini della corretta attuazione delle previsioni di legge in materia di valutazione del rischio, con riferimento alla peculiare e innovativa tematica del rischio da stress correlato al lavoro –:
   se e come i Ministri intendano intervenire per proteggere la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sensibilizzando l'opinione pubblica e sollecitando le aziende ad effettuare monitoraggi e a prendere eventuali provvedimenti come modifiche nelle pratiche di lavoro e/o all'organizzazione di incontri con uno psicologo. (5-00591)


   CRIMÌ, LENZI, COSCIA, COPPOLA, COVA, MARIASTELLA BIANCHI, SBROLLINI e SCUVERA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno più di 10.000 studenti si iscrivono alla facoltà di medicina e chirurgia dopo aver superato un esame di ammissione molto selettivo;
   dopo la laurea e l'abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, per avere diritto all'accesso ai ruoli del servizio sanitario nazionale è necessario, ai sensi del decreto legislativo n. 368 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni, essere in possesso di un titolo di specialista in area medica, chirurgica, dei servizi clinici ovvero conseguire l'attestato di frequenza del corso di formazione specifica di medicina generale per accedere in regime di convenzionamento alla medicina generale;
   per l'anno accademico in corso sono stati finanziati circa 5.000 contratti di formazione dal Ministero e dalle regioni per la formazione medica specialistica e circa 800 borse dalle regioni per i corsi di formazione specifica di medicina generale, numero gravemente inferiore sia rispetto alle necessità del servizio sanitario nazionale, sia rispetto al numero di nuovi medici formati dalle università italiane;
   nella seduta del 15 marzo 2012 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il triennio 2011/2012 — 2012/2013 e 2013/2014, è stato definito il fabbisogno di specialisti da formare, ovvero: 8.438 unità per l'anno accademico 2011/2012, 8.170 unità per l'anno accademico 2012/2013 e 8.190 unità per l'anno accademico 2013/2014, con uno scostamento rispetto alle reali necessità nazionali di 3.438 unità per l'anno accademico 2011/2012, di 4.000 unità per il corrente anno accademico 2102/2013 e probabilmente di altre 4.000 unità per l'anno accademico 2013/2014, per un totale di circa 12.000 specialisti in meno rispetto al fabbisogno nazionale;
   il divario tra neo-laureati e contratti di formazione specialistica è destinato ad aumentare ancor più, essendo i posti per l'ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia andati incontro ad un costante aumento negli ultimi anni accademici;
   la riduzione della durata delle scuole di specializzazione di area sanitaria è oramai improrogabile, conformandosi a quanto stabilito dall'allegato V, punto 5.1.3 della direttiva 2005/36/CE o quanto meno riportando la durata della specializzazione a quella prevista prima del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria del 1o agosto 2005, anche al fine di implementare il numero di contratti di formazione da mettere a concorso a parità di disponibilità finanziarie;
   da recenti indagini di settore il numero di specialisti in servizio presso il sistema sanitario nazionale è in continua diminuzione mancando l'adeguato ricambio generazionale che dovrebbe essere garantito dal numero di contratti di formazione nelle scuole di specialità;
   la diminuzione di medici specialisti, e comunque di medici, negli anni futuri potrebbe comportare un grave deterioramento dell'efficienza del servizio sanitario nazionale, mettendo quindi a rischio la tutela della salute dei cittadini italiani;
   la modalità d'esame attualmente vigente per entrare nelle scuole di specialità è troppo localistica, condizionata e non confacente ad un sistema sanitario moderno, costringendo parte dei nostri giovani laureati ad emigrare all'estero –:
   quali iniziative urgenti intendano adottare per:
    a) modificare le attuali modalità di selezione per l'accesso alle scuole di specializzazione di medicina, con decorrenza del nuovo regolamento a partire dall'anno accademico 2013-2014, introducendo la graduatoria nazionale;
    b) reperire i fondi per incrementare il contingente dei contratti di formazione da mettere a concorso per l'anno accademico 2013/2014 in modo da garantire il ricambio di specialisti necessario a mantenere il servizio sanitario nazionale efficiente e tutelare il diritto alla salute della cittadinanza;
    c) provvedere alla riduzione della durata delle scuole di specializzazione di area sanitaria secondo quanto stabilito dall'allegato V, punto 5.1.3 della direttiva 2005/36/CE, anche al fine di aumentare il contingente di contratti di formazione erogabili a parità di disponibilità finanziarie.
(5-00594)

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORI, MARRONI, FERRO, TIDEI, MICCOLI e DAMIANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da tempo la categoria degli infermieri denuncia la scarsa qualità dell'assistenza sanitaria ai cittadini, nonché la carenza di personale infermieristico nelle strutture e sul territorio, una carenza che mette a rischio i livelli essenziali di assistenza e i dipartimenti di pronto soccorso, un elemento che, secondo i dati Eurostat, fa si che l'Italia abbia il rapporto cittadini/infermieri tra i più bassi d'Europa;
   a quanto risulta all'interrogante, a seguito di una verifica eseguita dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riguardo la situazione occupazionale della categoria infermieristica, le stime parlano di oltre 30.000 disoccupati o precari a cui va aggiunto il dato di circa 5.000 infermieri che sono stati costretti ad emigrare all'estero;
   ormai è prassi assistere a concorsi dove si presentano 4/5.000 aspiranti per soli 1 o 2 posti disponibili; graduatorie parzialmente, se non completamente, inutilizzate fino alla loro naturale scadenza. A tutto ciò la risposta degli atenei è stata quella di raddoppiare i posti disponibili ai corsi di laurea infermieristica. La stima delle iscrizioni in corso è di circa 160.000 laureandi che al termine dei tre anni arrivano ad essere circa 10.000 neo laureati infermieri e inoccupati;
   secondo le organizzazioni sindacali, tutto ciò porta ad accettare, per necessità, impieghi sottopagati al minimo sindacale in cooperative, forme di volontariato, partite Iva monomandatarie e in strutture fatiscenti, ove i livelli di sicurezza per il personale sono insoddisfacenti –:
   se i Ministri interrogati intendano avviare un censimento nazionale, di concerto con le regioni e gli enti locali, per quantificare con esattezza il livello di carenza infermieristica sia nelle aziende ospedaliere che nelle aziende sanitarie locali, così come la presenza delle cooperative negli appalti pubblici e la loro efficacia e funzionalità anche in relazione ai costi del lavoro e alle condizioni lavorative degli infermieri e del personale socio-sanitario;
   se s'intenda, o meno, operare una riduzione del numero dei posti messi a disposizione dai corsi di laurea infermieristica, per non creare altra inoccupazione e arginare il forte divario tra l'eccessivo numero di personale del comparto sanitario nazionale e l'effettiva disponibilità ad essere impiegati, anche rispetto al mantenimento del blocco del turnover che proseguirà per tutto il 2014. (4-01237)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a novembre del 2010 l'AVIS Europa, di cui l'Avis Autonoleggio fa parte, è stata acquisita dal gruppo Avis Budget, società statunitense quotata al Nasdaq;
   nel dicembre 2012, a seguito di una lunga trattativa con i sindacati, l'azienda che inizialmente aveva previsto l'eliminazione di 50 figure professionali ha trovato un accordo che ha portato a 28 ricollocazioni, l'eliminazione di altrettanti lavoratori a tempo determinato, 9 esodi incentivati e una trasformazione da full-time a part-time;
   l'accordo sottoscritto dall'azienda e dalle organizzazioni sindacali prevedeva, per il futuro, la garanzia del livello occupazionale e la tutela del reddito;
   il 13 maggio 2013 la direzione dell'azienda ha comunicato ai sindacati l'avvio di una nuova ristrutturazione aziendale;
   dopo solo una settimana dalla comunicazione di cui sopra, l'azienda ha aperto la procedura di licenziamento collettivo riferita alla legge n. 223 del 1991 per 150 dei 464 addetti in Italia: a fronte di un decremento del volume dei noleggi del 5 per cento intende licenziare un terzo dei propri dipendenti, per delocalizzare interi reparti di attività tra Barcellona e Budapest e per fare outsourcing (esternalizzazioni) verso piccole aziende del settore. Con la stessa comunicazione, l'azienda si è dichiarata indisponibile nell'usufruire di altri strumenti che non siano la mobilità, chiudendo così la discussione posta dai sindacati sul reimpiego in azienda dei dipendenti;
   nel caso suddetto, non si assiste alla cessazione di un'attività ormai improduttiva, bensì ad un vero e proprio processo di riduzione di occupazione, diritti e salari a favore di una logica esasperata del profitto aziendale, in una azienda che vive un momentaneo periodo di lieve flessione della produzione del servizio;
   tali provvedimenti contraddicono le intenzioni del precedente accordo sindacale, volto a garantire l'occupazione e la tutela del reddito nell'azienda;
   è intollerabile, nel periodo di crisi straordinaria che stiamo attraversando, non provvedere con tutti gli strumenti possibili ad evitare l'ulteriore impoverimento del tessuto produttivo del Paese e porre 150 famiglie in stato di assoluta incertezza sul proprio futuro –:
   se il Governo non intenda provvedere con la massima urgenza ad aprire un tavolo di concertazione tra azienda e sindacati al fine di trovare una soluzione che tuteli prioritariamente i livelli occupazioni e di reddito delle famiglie;
   se il Governo non intenda contribuire alla definizione di una soluzione che preveda un esito alternativo ai licenziamenti;
   se il Governo non stia pensando a procedure d'emergenza per impedire la continua delocalizzazione di un numero sempre maggiore di imprese e lo smembramento costante e progressivo del tessuto produttivo e occupazionale del nostro Paese. (5-00600)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    TNT Global express Italy è parte di TNT express N.V., multinazionale olandese che opera nel settore dei servizi di trasporto espresso, fornendo a livello globale soluzioni di consegna. L'Azienda dispone in Italia di un network con 117 filiali dislocate in molte regioni, 14 hub, 5 customer service e oltre 1.200 TNT point, e garantisce occupazione a circa 3.000 dipendenti;
   lo scorso 10 giugno TNT express ha annunciato un piano di riorganizzazione aziendale. Il piano ufficialmente è giustificato dal perdurare della crisi economica; sembra tuttavia possibile ravvisare ragioni più profonde e remote legate a questa scelta: in primis la politica aziendale perseguita negli ultimi anni, perlopiù finalizzata ad aggredire quote significative di mercato rincorrendo tariffe al massimo ribasso ed esternalizzando verso soggetti terzi operanti in appalto la gestione vera e propria della distribuzione e consegna delle merci. Su tali soggetti è stata, di fatto, scaricata la responsabilità di impresa, con tariffe talmente basse che hanno sì permesso a TNT di aumentare il volume delle merci movimentate, ma anche i fattori di precarietà per i lavoratori;
   nei mesi scorsi la società TNT era stata offerta ad UPS, colosso delle spedizioni con sede legale ad Atlanta. L'antitrust ha tuttavia bloccato l'operazione, valutata intorno ai 5 miliardi di euro, poiché essa avrebbe costituito un limite oggettivo alla concorrenza. La mancata vendita sembra aver messo a nudo tutte le criticità del sistema. Il piano di riorganizzazione da poco presentato prevede una pesantissima ristrutturazione complessiva: sono previsti complessivamente 854 esuberi tra i dipendenti diretti TNT e la chiusura di 24 filiali minori tra il 2013 e il 2014. Ai dipendenti TNT devono essere aggiunti gli operatori delle ditte operanti in appalto, che di fatto gestiscono la distribuzione vera e propria della merce, elevando così il computo dei lavoratori che saranno interessati dal piano ad un numero non inferiore alle 3.000 unità. Nella realtà di Rovigo, già duramente colpita dalla crisi, è prevista la completa chiusura della filiale. A fronte delle 6 unità dipendenti da TNT ve ne sono altre 19 che operano per conto della ditta in appalto: ad oggi non è dato conoscere il destino di questi lavoratori. Altre 23 sono le filiali che dovrebbero essere chiuse: realtà come Ferrara e Mantova che, al pari di Rovigo, renderebbero ugualmente sguarniti interi territori. Di qui la comprensibile preoccupazione che il piano di TNT non rappresenti affatto una coerente ipotesi di rilancio industriale ma un segnale di drammatico arretramento, l'ennesimo gioco al ribasso;
   a fronte della gravità della situazione così delineata, il 28 giugno e il 2 luglio 2013 lavoratori e sindacati hanno organizzato due giorni di protesta per richiedere all'azienda il ritiro dei licenziamenti e la definizione di un piano industriale credibile, che possa fornire garanzie in relazione al mantenimento del lavoro in Italia. Si consideri che al tavolo nazionale sul rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro si stava ragionando nella direzione esattamente contraria a quella finora emersa, ovvero prevedendo l'internalizzazione e l'assunzione del personale finora impegnato in appalto –:
   tenuto conto che il programma di mobilità per 854 dipendenti sarà avviato già il prossimo 24 agosto 2013 al termine della richiamata procedura di riorganizzazione, e che attualmente i lavoratori non godono di un sistema di ammortizzatori sociali, se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare per:
    a) contenere l'impatto della predetta ristrutturazione sul numero complessivo dei lavoratori in atto occupati;
    b) fare in modo che eventuali licenziamenti possano essere ricompresi fra quelli passibili di ricevere finanziamenti, di carattere nazionale ed europeo, finalizzati al reimpiego e alla riqualificazione dei lavoratori;
    c) prevedere che l'utilizzo dei predetti fondi possa essere realizzato attraverso un coordinamento nazionale ovvero su base regionale. (4-01236)


   DIENI, NESCI e PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del fallimento dell'azienda GDM, leader fino alla metà del 2011 e per circa trent'anni nel settore della grande distribuzione a Reggio Calabria e provincia, Vibo Valentia e Messina con sedici floridi punti vendita, tale azienda è in amministrazione straordinaria da oltre un anno e circa 600 dipendenti si trovano in cassa integrazione;
   la magistratura reggina e milanese sta indagando sul fallimento della sopra citata azienda e su sospette collusioni di tipo mafioso e dovrà accertare le eventuali responsabilità di una parte del gruppo dirigente che, attraverso una serie di azioni commerciali sospette, avrebbe causato lo svuotamento di capitale della GDM portandola alla bancarotta;
   per i dipendenti della ex GDM perdere il proprio lavoro significherebbe non avere altre possibilità per la grave mancanza di aziende in un Sud già martoriato da altri problemi; per questo motivo hanno intrapreso una battaglia a tutela del loro diritto al lavoro e della loro dignità e in una nota stampa si son detti «stanchi, delusi ed esasperati dalla loro precaria situazione, ma decisi più che mai a lottare per la propria dignità, a seguito dell'ennesima assenza delle sigle sindacali alla protesta dei lavoratori»;
   i lavoratori della ex GDM hanno più volte palesato i loro dubbi circa la procedura di acquisto e circa i continui rinvii per la discussione della loro vertenza che lasciano spazio a «dietrologie» sulle future spartizioni di mercato a livello cittadino e, nella lettera-appello rivolta all'interrogato Ministro dello sviluppo economico, dopo aver precisato che «Il bando di gara per affitto e successiva vendita dell'azienda stranamente è andato deserto, perché il nostro è un territorio difficile», hanno espresso criticità circa le offerte pervenute fuori bando per parti dell'azienda, che si tradurrebbero nel riassorbimento di una minima parte (solo il 30 per cento) del personale, e hanno proposto l'attuazione di una gestione diretta dell'azienda per poi metterla in vendita appena risanata, invitando direttamente grosse aziende della grande distribuzione ordinaria in espansione –:
   anche alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per far fronte alle istanze dei lavoratori ex GDM;
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per far luce su questa vicenda. (4-01238)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Cenni e altri n. 1-00015, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tentori.

  La mozione Bonomo e altri n. 1-00097, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Bergamini e altri n. 7-00061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marazziti.

  La risoluzione in commissione Nardella e altri n. 7-00064, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Vecchio n. 4-01210 del 10 luglio 2013 in interrogazione a risposta Commissione n. 5-00589.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Costantino e altri n. 4-01200 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 50 del 10 luglio 2013. Alla pagina 3158, prima colonna, dalla riga trentottesima alla trentanovesima deve leggersi: «rappresentanza pubblica di tutti gli interessi;» e non «rappresentanza pubblica di tutti gli interessi –:», come stampato.
  Alla pagina 3158, prima colonna, dopo la trentanovesima riga, sono inserite le seguenti «al contrario la composizione degli organismi di rappresentanza, tranne in alcune sporadiche e rarissime eccezioni, riflette una non più esistente caratterizzazione giuridica monoprofessionale, dovuta a ragioni meramente numeriche che determinano una sovra-rappresentazione della categoria più numerosa (gli architetti) a danno delle altre professionalità (pianificatori territoriali, paesaggisti e conservatori) numericamente inferiori –:».