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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 9 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    una delle tante cause che rendono inefficiente il mercato del lavoro nel nostro Paese è l'elevato costo complessivo del lavoro inteso come somma del compenso netto disponibile per il lavoratore e dei connessi oneri fiscali e previdenziali;
    ciò ha determinato gravi ed irrisolte distorsioni del mercato, che si riflettono tanto nel campo del lavoro dipendente, quanto nelle diverse articolazioni del lavoro flessibile;
    per quanto concerne il lavoro dipendente è evidente la tendenza generalizzata al ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato; per quanto riguarda invece il lavoro flessibile si è fatto ricorso, ormai da lungo tempo, a forme simulate di lavoro dipendente;
    lo scopo comune di queste pratiche in atto sul mercato del lavoro è di abbassare il costo totale della prestazione lavorativa, tanto nella componente retributiva, quanto in quella fiscale e previdenziale;
    il risultato, sul piano individuale, è l'abbassamento del reddito disponibile e delle tutele previdenziali, mentre sul piano generale è una marcata flessione della propensione al consumo delle famiglie;
    il fenomeno si autoalimenta e si aggrava: minori consumi spingono le imprese ad un minore utilizzo del contratto di lavoro subordinato, e parallelamente ad un maggiore utilizzo di lavoro parasubordinato, il che a sua volta porta a deprimere ancor più i consumi generali;
    i dati – aggiornati alla fine del 2011 – attinenti, ad esempio, alle retribuzioni medie dei lavoratori impiegati con contratti di collaborazione a progetto, iscritti in via esclusiva alla gestione separata Inps, sono effettivamente allarmanti: la retribuzione media di tali lavoratori è stata pari a 8.290 euro, una cifra assolutamente non rispondente alla qualità e alla tipologie di prestazione fornite e di gran lunga insufficiente a garantire livelli di vita decorosi;
    il recente provvedimento di riforma del mercato del lavoro, legge 28 giugno 2012, n. 92, ha effettuato un primo intervento volto a meglio regolamentare la disciplina dei corrispettivi dei contratti atipici ed in particolar modo di quelli a progetto, modificando l'articolo 65 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e stabilendo che la retribuzione non possa essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività e che in assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non possa essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore, tuttavia tale previsione, sebbene abbia costituito un passo in avanti, non è ancora sufficiente a ristabilire equità e giusta redistribuzione del reddito;
    v’è da dire come recenti dibattiti abbiano posto l'accento sulla necessità di adottare misure volte a promuovere e rafforzare il cosiddetto «equo compenso», tuttavia sarà altresì necessario che le dette misure tengano conto dell'esigenza di distinguere il lavoro subordinato da quello parasubordinato offrendo a quest'ultimo, a parità di mansione svolta, una retribuzione «equa» rispetto ai lavoratori subordinati;
    parlare quindi di equo compenso, significa equiparare i soggetti prima rappresentati, in un'unica categoria, perché se dichiariamo che un parasubordinato deve avere lo stesso compenso/retribuzione per la stessa mansione svolta da un subordinato non facciamo altro che stravolgere il dettato costituzionale, avvallare l'idea che a parità di costo di retribuzione un azienda può assumere con contratto di collaborazione un finto dipendente, con la precarietà che ne deriva, ma giustificata da un equo compenso;
    è giusto ritenere che nessuna distinzione va fatta in ambito retributivo a parità di lavoro svolto, e che ogni lavoratore (di qualunque categoria) ha diritto ad avere una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa, ma la distorsione sta nel fatto che, proprio perché se un soggetto è collaboratore e l'altro è dipendente per natura non possono e non devono svolgere le stesse mansioni, quindi non è applicabile una correlazione tra retribuzione e compenso;
    nell'ultimo decennio, in Italia come in altri Paesi europei vi è stata una vasta diffusione di forme atipiche di lavoro, finalizzate ad offrire una risposta alla crescente richiesta di flessibilità proveniente dalle imprese. In questo contesto, nel nostro Paese hanno incontrato larga diffusione i contratti atipici. Il loro successo appare legato a tre ordini di fattori: da un lato, i contratti di collaborazione si adattano ad ogni tipo di mansione, intellettuale e, più recentemente, anche manuale. In seconda battuta, i contratti di atipici non prevedono clausole importanti ai fini della cessazione, infine, dal punto di vista degli oneri previdenziali obbligatori, un contratto di collaborazione è molto meno gravoso rispetto ad un contratto di lavoro dipendente;
    è oramai evidente che varie sono state le aziende, in ogni comparto e settore merceologico, che hanno adottato i contratti a progetto al fine di eludere la necessità di stabilizzare il personale, senza che realmente sussistessero i presupposti di legge per l'inquadramento del personale medesimo nella categoria dei progettisti e del resto innumerevoli sono stati i casi di ricorsi al Tribunale del lavoro tendenti all'accertamento del lavoro subordinato in ipotesi di contratti a progetto e relative proroghe,

impegna il Governo:

   a promuovere misure volte alla riduzione del costo del lavoro, con particolare riferimento al lavoro subordinato a tempo indeterminato;
   ad assumere iniziative per snellire ed unificare la legislazione in tema di lavoro, con l'introduzione di passi concreti in direzione della creazione sia pure graduale di un testo unico sul lavoro;
   ad utilizzare in via prioritaria le risorse che si rendono disponibili al fine di abbassare per le imprese e per i lavoratori l'onere fiscale e contributivo che grava sulla prestazione lavorativa (interventi, di breve medio periodo sull'Irap e sul cuneo fiscale);
   a definire in maniera più stringente le condizioni per il ricorso a forme flessibili di lavoro (contratti a progetto, associazione in partecipazione ed altri) ed attivare a procedure di controllo sul corretto inquadramento rispetto la mansione svolta;
   ad incentivare le imprese a preferire, in base alle proprie esigenze, il ricorso al rapporto di lavoro subordinato effettivo anziché mascherato, in collaborazione;
   ad agevolare un percorso che conduca le parti sociali ad istituire contratti collettivi nazionali di lavoro per quelle attività che ad oggi risultano prive di disciplina;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché si pervenga a una rimodulazione e in taluni casi all'istituzione di un salario minimo che i datori di lavoro devono corrispondere ai lavoratori.
(7-00063) «Rostellato, Rizzetto, Cominardi, Bechis, Ciprini, Baldassarre, Tripiedi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   con atto n. 4-00324 del 29 aprile 2013, gli interpellanti hanno chiesto al Governo specifiche notizie in merito agli arbitrati concessi dal Mit al signor Edoardo Longarini ex concessionario dei piani di ricostruzione post bellica di Ancona, Ariano Irpino e Macerata;
   l'interrogazione, ancora senza risposta, richiama gli atti dei piani di ricostruzione post bellica;
   con disciplinare del 12 novembre 1964, n. 3758, sono stati affidati in concessione alla srl Adriatica Costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto del piano di ricostruzione della città di Macerata;
   con ulteriore disciplinare del 15 dicembre 1975, sono stati affidati in concessione alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano di ricostruzione di Macerata;
   con domanda di arbitrato, notificata in data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di ricostruzione di Macerata;
   con l'atto di cui sopra il signor Edoardo Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegner Vito Gamberale;
   l'avvocatura generale dello Stato con atto di declinatoria della competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel richiamare la sentenza n. 152 del 1996 della Corte Costituzionale, che consente alla parte cui è notificata la domanda di poter declinare la competenza arbitrale e nell'attestare l'intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa facoltà, ha, di conseguenza, declinato la competenza arbitrale in ordine alla suddetta controversia;
   in data 26 giugno 2007, ovvero il giorno successivo alla domanda di arbitrato, è stato sottoscritto a firma delle parti (Ministro delle infrastrutture pro tempore e Longarini), il verbale di nomina quale arbitro di parte ministeriale l'avvocato Domenico Condello nonché in veste di presidente del collegio arbitrale, il professor Carlo Malinconico;
   nell'atto di cui sopra, sottoscritto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si apprende che: «le Parti concordano nel deferire ad arbitri la controversia di cui alle premesse e nel designare – casi come designano con il presente verbale – il professor Carlo Malinconico quale terzo arbitro con funzione di Presidente, ai fini della risoluzione della controversia insorta come in epigrafe indicata»;
   a distanza di 30 minuti dalla firma di suddetto verbale di nomina il collegio arbitrale, così come stabilito dall'articolo 809 del codice di procedura civile si è riunito e ha designato quale terzo arbitro con funzione di presidente, il professor Carlo Malinconico;
   si apprende dal verbale di costituzione di suddetto collegio arbitrale che, in tale occasione, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la signora Rita Rufini e il signor Guglielmo Marconi, che hanno accettato l'incarico e sono stati immessi immediatamente nelle loro funzioni;
   con ordinanza datata 16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha disposto la nomina dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo segretario del collegio arbitrale;
   il professor Carlo Malinconico all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   l'ingegner Vito Gamberale all'epoca dei fatti era amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura pubblica;
   l'avvocato Domenico Condello, tra gli altri incarichi, era docente presso le università di Urbino e di Roma «La Sapienza» e «Roma tre», nonché Giudice Costituzionale aggregato (eletto dal Parlamento in seduta comune il 5 luglio 2006);
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista pubblicata sul Sole 24 ore in data 7 settembre 2007 ha dichiarato di essere contrario agli arbitrati in quanto la pubblica amministrazione era sempre soccombente ed ha annunciato norme urgenti per sopprimerle, salvo poi, in meno di 24 ore dalla pubblicazione dell'articolo, accordare l'arbitrato;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel concedere l'arbitrato di cui sopra, non ha atteso che l'Organo di difesa dello Stato potesse, nei 20 giorni previsti dalla legge, declinare la competenza arbitrale cosa che è puntualmente avvenuta. L'Avvocatura generale dello stato, infatti, in data 2 luglio 2007, ha «declinato la competenza arbitrale in relazione alla controversia introdotta con domanda notificata il 26 giugno 2007 ed invitato la controparte a proporre le proprie domande e istanze avanti al Giudice Ordinario secondo le vigenti norme di rito»;
   nel 1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione autentica della legge, la n. 317 del 1993, che prevede: «che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori». Tale norma, a detta degli interpellanti, non sembra essere stata presa in considerazione al fine di contrastare la fondatezza delle pretese del signor Longarini;
   il Ministro delle infrastrutture pro tempore ha espressamente sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni di Presidente – unitariamente alla controparte – facendo espressa menzione dell'accettazione (concordano) di definire agli arbitri la controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria;
   il professor Carlo Malinconico ha rinunciato all'incarico e la controversia, in data 27 giugno 2008, veniva quindi trasferita al medesimo collegio arbitrale (presidente avvocato Vincenzo Nunziata, arbitro l'ingegner Vito Gamberale, arbitro l'avvocato Ignazio Messina) già costituito per la risoluzione della vertenza relativa al comune di Ariano Irpino e ciò «in ragione della suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»;
   con il verbale di costituzione del collegio arbitrale del 27 giugno 2008, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e confermati i signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati dal precedente Collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e vengono immediatamente immessi nelle funzioni»;
   la legge n. 317 del 1993 è stata inserita, in coincidenza con i fatti sopra descritti, nell'elenco delle leggi da sopprimere poiché considerata superata e inutile;
   in un articolo pubblicato in data 9 luglio 2008 sul Corriere della Sera, a firma di Gian Antonio Stella si leggeva quanto segue: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso negli anni ’80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori politici «piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno lavorativo di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) col risultato che arrivò a ottenere 29 anni e un mese di tempo per costruire una strada di 4 chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che, in contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'ANAS per darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento delle arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...), Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da “disboscare”, infatti, una misteriosa manina ha inserito la legge 317 del 1993»;
   a seguito della pubblicazione del Corriere della Sera, numerosi parlamentari protestarono vivamente e il Ministro pro tempore Calderoli rimediò alla definita «svista» evitando la soppressione della legge;
   come risulta dall'elenco «pubblicità incarichi conferiti e autorizzati dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» in data 6 novembre 2008, è stato affidato al professor Pasquale De Lise l'incarico di presidente del collegio arbitrale per la risoluzione della controversia tra il signor Edoardo Longarini e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nominato dalle parti per un petitum di euro 300.000.000 (trecento milioni di euro). Oltre al Presidente De Lise, dovrebbero far parte del collegio arbitrale anche il professor Aldo Pezzana e l'avvocato Aurelio Vessichelli;
   il professor De Lise, era, all'epoca della nomina, presidente aggiunto del Consiglio di Stato e lo scorso anno è stato indicato, dal Ministro pro tempore Corrado Passera, nella terna delle personalità da valutare per la carica di presidente della nascente Autorità indipendente sui trasporti, mentre l'avvocato Vessichelli fa parte dell'Avvocatura generale dello Stato;
   ad avviso degli interroganti, nel periodo 2007 e 2008 (Ministri pro tempore Di Pietro e Matteoli), il signor Longarini ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sono stati costituiti i collegi che, presumibilmente, hanno concluso o si apprestano a concludere i propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti;
   riguardo all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata, in base ad un articolo di stampa sul Corriere della Sera del 10 gennaio 2012 dal titolo «tutti i super incarichi del tecnico trasversale», allusivamente rivolto al professor Malinconico, il giornalista Sergio Rizzo scriveva: «il costruttore Edoardo Longarini, come noto alle cronache di Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio Piano di ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni di euro. La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con le spalle al muro. Nominò come proprio arbitro l'Avvocato dipietrista Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex amministratore di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte nominarono quindi di comune accordo come presidente del collegio il nostro Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di garanzia». Ma che non mancò di suscitare polemiche. Anche perché un Segretario Generale di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una controversia privata, non si era mai visto»;
   riguardo all'arbitrato presieduto dal professor De Lise, l'entità è pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di euro;
   non si conosce, invece, l'entità della somma richiesta per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino;
   ad avviso degli interroganti, visti gli esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per oltre il 95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme superiori a quelle richieste dalle controparti private si può supporre, che la richiesta allo Stato si potrebbe avvicinare a un miliardo di euro;
   la legge n. 317 del 1993, in vigore prima della costituzione dei collegi arbitrali di cui sopra, esplicitamente prevede che: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»;
   di recente sono emersi ulteriori atti che possono mettere a serio rischio la politica annunciata dal Governo;
   secondo alcuni articoli di stampa pubblicati sui quotidiani il Corriere Adriatico e il Messaggero Ancona e sul mensile Panorama del 24 maggio 2013, la Guardia di finanza, sul mandato della procura della Repubblica di Roma, in seguito ad un esposto presentato da un consigliere regionale, ha effettuato ripetute visite presso gli uffici del Mit ed acquisito documentazione riferita agli arbitrati oggetto dell'interpellanza. L'entità del contenzioso in cui lo Stato sarebbe soccombente ammonterebbe a circa 1,5 miliardi di euro, ovvero una somma pari al costo degli ammortizzatori sociali a favore di 500.000 lavoratori italiani per un periodo di 36 mesi;
   risulta agli interpellanti che è stato emanato il lodo arbitrale definitivo n. 142 del 2009 reso esecutivo con decreto emesso in data 28 settembre 2010 (R.G. 12682/10) lo stesso con cui si rendeva esecutivo il lodo per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino;
   risulta altresì agli interpellanti che, con riferimento ai piani di ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata, il signor Edoardo Longarini, con atto di precetto del 23 febbraio 2011, notificato il 1o marzo 2011, ha intimato il pagamento di 254.236.165,43 euro e a tale atto di precetto è seguito, in data 18 marzo 2011, notificato il 6 aprile 2011, un atto di pignoramento per la cifra di 381.354.248,14 euro; successivamente, a seguito della rideterminazione dell'importo effettuata dall'ufficio centrale di bilancio e sulla base di parere dell'Avvocatura generale dello Stato è stato emesso un decreto di pagamento (n. 7630 del 2 maggio 2011) mediante la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,94 euro;
   risulta altresì agli interpellanti per il piano di ricostruzione di Ancona sono stati emanati il lodo parziale in data 26 marzo 2012 e il lodo definitivo in data 20 luglio 2012, non ancora esecutivo, con cui il collegio arbitrale, composto dal presidente Pezzana e dagli arbitri Longobardi e Vessichelli, ha deciso:
    «1. liquida in favore del signor Edoardo Longarini la complessiva somma risarcitoria di 1.201.105.077 euro, in corrispondenza della condanna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    2. condanna il MIT al pagamento in favore di Edoardo Longarini di metà delle spese, diritti ed onorari di lite, che liquida per intero in 4.000.000 di euro oltre a spese generali, IVA e C.P.A.;
    3. dispone che le spese di funzionamento del Collegio arbitrale, gli onorari degli arbitri, il compenso dei segretari, le spese e gli onorari del C.T.U., da liquidarsi con separate ordinanze, con obbligo di solidarietà siano poste a metà tra il MIT e il signor Longarini»;
   risulta altresì agli interpellanti che il collegio arbitrale ha emesso un'ordinanza che dispone la liquidazione agli arbitri, ai segretari e per le spese di funzionamento del collegio arbitrale. La direzione generale per gli affari generali ed il personale del MIT, con nota 5894/u del 21 novembre 2012 ha ritenuto che «le ingenti richieste del collegio: 12.000.000 di euro per gli arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il CTU (al netto di IVA, oneri previdenziali e C.P.A.), non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa» e ha chiesto di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base di parametri fissati in base a quanto disposto dal codice dei contratti pubblici (articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006);
   non sembra agli interpellanti che sia stata osservata la legge n. 317 del 1993: «i lavori relativi a lotti di piani ricostruzione già affidato con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento»; «le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione, annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, perdono efficacia e la definizione contabile deve essere effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di esecuzione dei lavori»; «dalla data di entrata in vigore della legge cessano di avere efficacia le disposizioni riferite ai piani di ricostruzione» –:
   quali iniziative concrete e immediate intenda assumere per impedire un esborso per una cifra enorme (oltre 1,5 miliardi di euro), non dovuto ai sensi della citata legge n. 317 del 1993 e per recuperare i 250 milioni di euro pagati in conto sospeso dallo Stato al signor Longarini;
   se intenda contrastare e come «le ingenti richieste» dei collegi arbitrali come quello riferito ad Ancona per 12.000.000 euro ai tre arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il consulente tecnico d'ufficio.
(2-00137) «Agostinelli, Turco, Sarti, Colletti, Bonafede, Ferraresi, Businarolo, Micillo, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Dell'Orco, Catalano, De Lorenzis, Terzoni, Busto, Daga, Segoni, Mannino, De Rosa, Zolezzi, Tofalo, Petraroli, Della Valle, Vallascas, Da Villa, Mucci, Fantinati, Prodani, Crippa».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nell'ambito del potenziamento delle infrastrutture viarie della regione Calabria, riveste un ruolo di primaria importanza la realizzazione in nuova sede della strada statale 182-trasversale delle Serre, inserita da ANAS SPA nell'elenco delle grandi opere; infatti, la sua collocazione con orientamento est-ovest, nell'area centro-meridionale della Calabria, dove minore è il distanziamento tra la costa tirrenica e la costa jonica, insieme al potenziamento ed ammodernamento delle altre due direttrici costiere, strada statale 106 jonica e autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, costituirà il reticolo viario principale per il potenziamento degli interscambi connessi con le attività dell'area montana oggetto dell'intervento;
   la realizzazione di questa dorsale appenninica toglierà dall'isolamento le aree interne, rendendo l'intero sistema viario calabrese più armonioso;
   la nuova strada statale 182 (trasversale delle Serre), ricadente interamente nei territori provinciali di ViboValentia e Catanzaro, è suddivisa in cinque tronchi principali che, procedendo dalla costa tirrenica verso la costa jonica sono così definiti:
    tronco 1o: dall'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria Serre a Vazzano;
    tronco 2o: da Vazzano a Vallelonga;
    tronco 3o: da Vallelonga al Bivio per Montecucco;
    tronco 4o: dal bivio di Monte Cucco a Chiaravalle Centrale;
    tronco 4°bis: dal bivio di Monte Cucco a Serra S. Bruno;
    tronco 5°: da Chiaravalle Centrale a Soverato;
    ciascuno dei tronchi a sua volta è suddiviso in vari lotti;
   la trasversale, che consta di 56 chilometri, e la conclusione della stessa stanno diventando ormai una vera e propria chimera, in quanto l'ANAS, ad avviso degli interpellanti, forse non ha mai dedicato il giusto impegno alla realizzazione dell'opera. L'idea di mettere in cantiere una strada a scorrimento veloce in grado di collegare – attraverso l'altopiano delle Serre – lo Ionio e il Tirreno risale addirittura al 1966, anche se il primo appalto della trasversale è stato aggiudicato solo nel 1983 e nello stesso decennio sono stati aperti al traffico due lotti di complessivi 4 chilometri, di cui 2 chilometri ricadenti nel tronco 1o (lotto n. 1 «S.P. Fondo Valle Mesima-Vazzano» 1o stralcio «Viadotto Scornari-Vazzano») e 2 chilometri ricadenti nel tronco 3o (lotto n. 1o Vallelonga-Cimbello);
   nel 1997 ANAS SPA aggiudicava i lavori riguardanti l'appalto di due lotti di complessivi 4 chilometri: Chiaravalle C.le-Argusto per 1,8 chilometri e strada provinciale per Argusto-Gagliato per 1,2 chilometri ricadenti nel tronco 5o, i cui rispettivi lavori sono stati ultimati nel 2007 per il primo, mentre il secondo è in corso di costruzione e il completamento era previsto per il 2011;
   il 25 gennaio 2006 la stessa ANAS ha poi proceduto alla consegna definitiva di tutte le aree interessate dai lavori per un importo di 150.772.101,00 milioni di euro, riguardanti il tronco 4o e il tronco 4obis di 21 chilometri, prevedendo come termine di consegna settembre 2009. Allo stato attuale però risultano realizzati ed aperti al traffico soltanto 7,1 chilometri riguardanti l'intero tronco 4obis con avvenuta inaugurazione il 28 febbraio 2011; dell'altro che conta di complessivi 16 chilometri solo 10 chilometri sono stati aperti al traffico; i restanti a causa di contenziosi interminabili con le imprese che si sono succedute sono ancora bloccati;
   nel 2006 la regione Calabria ha destinato la somma di 44 milioni di euro a valere sui fondi del Por 2000-2006 (è stata stipulata tra ANAS SPA e regione Calabria apposita convenzione in cui erano stabiliti i tempi) per l'esecuzione dei lavori lungo il tronco 3 lotto n. 2 (Vallelonga-Cimbello) e per l'appalto dei lavori nel tronco 1 lotto n. 1-2o stralcio (strada provinciale Fondovalle del Mesima a Viadotto Scornari) e lotto n. 2 (A3 a strada provinciale Fondovalle del Mesima) per complessivi 6,3 chilometri. L'aggiudicazione dei lavori è avvenuta nel 2010, ma a tutt'oggi i lavori non sono ancora iniziati;
   nella delibera Cipe n. 62 del 3 agosto 2011 relativa all'approvazione del piano per il Sud, così come è stato confermato con la delibera Cipe del 21 dicembre 2012, sono stati finanziati con un importo di 221 milioni di euro i tronchi mancanti (tronco 2o da Vazzano-Valelonga e il lotto 4 del tronco V) per il completamento dell'intera arteria;
   nell'allegato 10 alla nota di aggiornamento al DEF 2012 approvato dal parlamento sono stati riconfermati i finanziamenti di 221 milioni di euro per il completamento dell'opera;
   i ritardi di completamento dell'opera in questione stanno determinando per le popolazioni interessate innumerevoli disagi, vista l'importanza che tale arteria rivestirebbe in virtù soprattutto della scarsa efficienza delle altre infrastrutture, e ricadute economiche altrettanto negative per le stesse realtà territoriali interessate;
   l'interrogante ribadisce l'importanza che il completamento di tale arteria rivestirebbe per lo sviluppo e la crescita economica e sociale dell'intera Calabria –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire in tempi celeri la conclusione dei lavori per i tratti non ancora consegnati e per quelli non ancora ultimati e bloccati, visto che proprio sui lavori pubblici, punta lo stesso Governo per fronteggiare la crisi economica; se si intenda verificare se le risorse già stanziate siano veramente disponibili, cosa indispensabile per l'immediata esecuzione degli interventi, necessari a porre fine all'intera opera ancora incompiuta e molto attesa dall'intero territorio regionale, considerato che non si sa se dopo un quarantennio l'ANAS sia in possesso della progettazione definitiva dei tronchi mancanti, se si intendano impartire apposite e urgenti direttive agli organismi competenti affinché si accelerino le procedure di cantierabilità dei lotti mancanti, oppure se si intenda pervenire, così come ha fatto in altre regioni, a uno specifico contratto istituzionale di sviluppo di concerto con la regione e l'ANAS.
(2-00138) «Censore, Ferrari, Covello, Bindi, Dieni, D'Attorre, Aiello, Matarrelli, Melilla, Gasbarra, Franco Bordo, Palazzotto, Sannicandro, Placido, Magorno, Culotta, Damiano, Bruno Bossio, Folino, Lauricella, Stumpo, Argentin, Fanucci, Coccia, Civati, Castricone, Ragosta, Oliverio, Epifani, Cenni, Miotto, Pollastrini, Bueno, Battaglia, Lodolini, Parrini, Tidei».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MIGLIORE, FRATOIANNI, PILOZZI, COSTANTINO, KRONBICHLER, NICCHI, AIELLO, PIAZZONI e PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   come ogni anno, con l'avvio della stagione estiva e con il conseguente miglioramento delle condizioni del mare, si intensificano gli sbarchi di migranti in tutto il territorio nazionale e, in particolare, in Sicilia, Calabria e Puglia;
   la situazione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo in tutto il territorio nazionale è caratterizzata da una costante situazione di criticità determinata dal numero eccessivo di presenze; basti pensare, ad esempio, a Lampedusa, che versa in una situazione preoccupante di sovraffollamento, con una presenza, ad oggi, di oltre 1.000 persone, a fronte di una capienza di 300 posti;
   il Governo italiano, negli ultimi anni, è stato oggetto di moniti da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo rispetto alla mancata osservanza dei diritti dei migranti sul suolo italiano e al trattamento disumano e degradante degli ospiti all'interno dei centri di accoglienza;
   la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, trattano dei diritti da assicurare anche ai migranti, come anche la Convenzione sullo status dei rifugiati (1951), nella quale, in particolare, si afferma il principio che gli esseri umani senza distinzione debbano usufruire dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in considerazione - come indicato nel preambolo della stessa - dell'interesse per i rifugiati e della preoccupazione affinché ad essi venga garantito l'esercizio dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nel senso più ampio possibile;
   gli interroganti hanno più volte denunciato pubblicamente la grave condizione di sovraffollamento in cui versano i centri di ospitalità per i migranti, una situazione decisamente inaccettabile per i migranti ospitati e per gli operatori, come anche la necessità di provvedere alla chiusura definitiva dei centri di accoglienza – di fatto, veri e propri centri di detenzione amministrativa – sostituendoli con altri strumenti di accoglienza adeguati e, soprattutto, legittimi;
   ogni anno, inevitabilmente, l'assenza di un intervento tempestivo e strutturale finisce per produrre una condizione di cosiddetta emergenza, con tutte le intuibili conseguenze, assolutamente inaccettabili, in merito alla situazione dei migranti presenti sul territorio italiano, nonché alle risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate in modo più efficace;
   la situazione al riguardo è talmente critica che, da ultimo, anche il Papa si è recato a Lampedusa per commemorare i numerosi morti in mare, nonché per incontrare persone che si trovano nei centri di accoglienza;
   oltre alla criticità descritta, sussiste il grave problema relativo ai lunghissimi tempi di attesa per le procedure legate alla richiesta di asilo;
   i tempi di accesso alla procedura relativa alla domanda di protezione internazionale sono, di fatto, molto più lunghi rispetto a quanto stabilito nel decreto legislativo n. 251 del 2007, nonché a quanto previsto dalla recente circolare del Ministero dell'interno 400/C/2013 dell'8 febbraio 2013, che, in particolare, chiarisce come la domanda di asilo si debba considerare presentata a seguito dell'avvenuta «manifestazione di volontà dell'interessato»;
   è del tutto evidente che, dunque, dovrebbe esserci contestualità tra tale manifestazione di volontà e la ricezione amministrativa della domanda tramite modulo C3;
   il mancato rispetto della normativa richiamata comporta inevitabilmente, ad avviso degli interroganti, il determinarsi di situazioni di «sospensione» dei diritti connessi alla richiesta di asilo, con conseguenze di estrema gravità nei confronti di soggetti particolarmente vulnerabili;
   ferma restando la necessità di un piano di interventi per evitare che si produca l'ennesima emergenza a fronte di un fenomeno evidentemente ormai strutturale (e dunque prevedibile con largo anticipo), nonché di iniziative per un'immediata soluzione dei problemi evidenziati, relativi alla situazione delle diverse strutture di accoglienza, più in generale, sarebbe, quindi, indispensabile arrivare ad una revisione dell'intero sistema di protezione internazionale, onde garantire finalmente la piena attuazione del dettato costituzionale sulla materia, ivi compresa quella delle norme e dei trattati internazionali richiamati e rispetto ai quali il nostro Paese è chiamato ad ottemperare a precisi impegni –:
   se, in considerazione di quanto illustrato in premessa, il Governo non ritenga di dover intervenire con urgenza sull'intero sistema di protezione internazionale, dalla fase di accesso alla fase dell'accoglienza, onde garantire finalmente la piena attuazione del dettato costituzionale, nonché delle norme e dei trattati internazionali richiamati dall'articolo 10 della Costituzione, nel contempo sollecitando fortemente a livello europeo iniziative che consentano l'effettiva tutela dei diritti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti. (3-00190)


   NUTI, VILLAROSA, LOMBARDI, NESCI, D'AMBROSIO, CANCELLERI e SPESSOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il prefetto Gianni De Gennaro, ex capo della polizia ai tempi della repressione del G8 di Genova, ex commissario straordinario per l'emergenza dei rifiuti a Napoli, successivamente promosso direttore del Dipartimento per l'informazione e la sicurezza (i servizi segreti) e poi, nel Governo Monti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti, è stato recentemente nominato presidente di Finmeccanica;
   Finmeccanica, travolta da scandali, come l'arresto dell'ex presidente Giuseppe Orsi per una tangente di 51 milioni di euro per la vendita di 12 elicotteri Augusta al Governo indiano, e da operazioni industriali disastrose, come la sciagurata acquisizione dell'americana Drs, avrebbe bisogno di una guida autorevole e competente per uscire dall'attuale drammatica situazione di crisi, rappresentando una colonna strategica del nostro sistema industriale;
   la legge 20 luglio 2004, n. 215 – la famosa «legge Frattini» sul conflitto d'interessi – all'articolo 2, comma 4, prevede espressamente che il titolare di cariche di Governo non può, per dodici mesi dal termine della carica di Governo, ricoprire incarichi nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta;
   risulta da fonti di stampa, che, secondo un parere trasmesso dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su richiesta del Ministro Saccomanni – parere, tra l'altro, mai reso pubblico – non esisterebbero incompatibilità nel passaggio dell'ex Sottosegretario con delega ai servizi segreti alla holding industriale della difesa, perché l'attività di Finmeccanica non si svolge «prevalentemente» nell'ambito dei servizi segreti. Il profilo della «prevalenza» sarebbe stato valutato in base al giro d'affari del gruppo e alle commesse per le aziende, da cui emergerebbe che Finmeccanica non avrebbe contratti o appalti «prevalenti» con i servizi segreti, benché sia fornitrice anche di forze di polizia e di ambienti della sicurezza. Insomma, secondo gli interroganti un tentativo neanche troppo elegante di aggirare la ratio della legge: per un avverbio Gianni De Gennaro sarebbe così diventato presidente di Finmeccanica –:
   se ritenga che il Governo abbia valutato compiutamente tutti i profili di incompatibilità formale e sostanziale del prefetto De Gennaro, sia con riferimento a quanto espressamente previsto dalla legge, sia in generale con riferimento alla correttezza ed alla trasparenza nell'azione di Governo, e se non ritenga comunque di adottare iniziative normative per rendere più stringenti gli obblighi della legge 20 luglio 2004, n. 215. (3-00191)


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da un primo consuntivo sulla tempistica seguita nel procedere al pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni fornito dal Ministero dell'economia e delle finanze il 5 luglio 2013 emerge che i termini previsti dal decreto-legge n. 35 del 2013 sono stati rispettati solo in misura modesta;
   le responsabilità sono da attribuire principalmente agli enti locali, alle regioni, alle province autonome, agli enti del servizio sanitario nazionale e alle amministrazioni dello Stato titolari delle singole procedure, ma è mancata una forte azione coordinatrice a livello centrale per monitorare l'intero procedimento ed intervenire tempestivamente sui soggetti preposti;
   si corre il rischio che alla fine dell'anno 2013 gli obiettivi che si erano prefissati in termini di maggiore liquidità per le aziende non saranno conseguiti;
   dal successo dell'azione, che dovrebbe essere accelerata per consentire di effettuare nel secondo semestre del 2013 anche i pagamenti inizialmente previsti per il 2014, dipende un cambiamento delle aspettative degli imprenditori, capace di anticipare i tempi di una possibile ripresa;
   fallire questo obiettivo avrebbe conseguenze negative anche a livello europeo, in quanto dimostrerebbe che la fiducia riposta dalla Commissione europea, che ha consentito una deroga, seppur limitata, al patto di stabilità, nelle capacità gestionali del nostro Paese era mal riposta;
   per evitare tutto quanto sopra esposto è necessario recuperare rapidamente il tempo perduto, con un'azione di impulso rispetto a tutti i soggetti coinvolti nell'operazione –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per rimediare ai ritardi e alle inefficienze evidenziate nelle premesse. (3-00192)


   GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nella notte fra il 29 e il 30 maggio 2013 circa 50 agenti della Digos hanno fatto irruzione in una abitazione privata di Casal Palocco, prelevando a forza una donna e la sua bambina di sei anni, con l'accusa, rivelatasi poi infondata, di un'irregolarità nel passaporto della donna; immediatamente entrambe vengono portate al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria;
   senza attendere le verifiche sul documento e nonostante la loro richiesta di asilo politico, madre e figlia vengono immediatamente rimpatriate, con aereo privato di proprietà kazaka, con una procedura lampo, secondo gli interroganti in spregio alle procedure previste dalla legge, a qualunque considerazione in merito alla tutela dei diritti delle due straniere e ai rischi per la loro incolumità che sarebbero conseguiti al rimpatrio;
   il rimpatrio avviene a 3 giorni dal fermo, con un contrasto evidente rispetto ai normali tempi di rimpatrio (quando esso venga davvero operato, cioè in una minima parte dei casi) registrato per immigrati la cui clandestinità è stata accertata;
   le circostanze che hanno determinato questa condotta da parte del Governo italiano, come ricostruite dalla stampa, fanno emergere una condotta secondo gli interroganti illegittima, vile e vergognosa: le due donne sono, infatti, congiunte di un rifugiato politico, la moglie e la figlia di Mukhtar Ablyazov, uomo d'affari kazako di 50 anni, ex banchiere e politico. Un personaggio controverso, ma che è coinvolto in questa vicenda certamente per essere il principale oppositore politico del Presidente plenipotenziario del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev;
   Ablyazov, nonostante sia sotto processo da parte del Kazakistan per questioni relative alle sue gestioni bancarie, dal 2011 ha ottenuto asilo e protezione da parte del Regno Unito, che ne ha riconosciuto il rischio per la sua vita nel caso di rientro in Kazakistan;
   una sentenza del tribunale di Roma del 5 giugno 2013 ha acclarato che non c'era alcuna irregolarità nei documenti della moglie di Ablyazov;
   le poche notizie filtrate sulla vicenda evidenziano un comportamento degli organismi pubblici coinvolti del tutto irrispettosa dei ruoli istituzionali e, quindi, in definitiva della legge: sarebbe stata l'ambasciata kazaka a chiedere l'intervento, rivolgendosi, però, al Ministero dell'interno e non al Ministero degli affari esteri, come vorrebbe la prassi. Il Ministero dell'interno avrebbe proceduto direttamente, senza confrontarsi con il Ministero degli affari esteri, né con il Ministero della giustizia, usando, dunque, le procedure previste per l'immigrazione clandestina in modo del tutto inappropriato, assecondando la richiesta di un'autorità straniera;
   questo comportamento a giudizio degli interroganti vergognoso del Governo, oltre a mettere a rischio la vita di due persone, scredita tutta la legislazione italiana e tutti gli sforzi per il contrasto all'immigrazione clandestina compiuti negli ultimi anni, laddove tale fattispecie, gestita correntemente con garanzie esorbitanti a favore di clandestini veri, viene invece usata dal Governo, per ragioni di pura opportunità, in spregio a qualunque principio umanitario;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha in seguito dichiarato la volontà di avviare una verifica interna agli organi di Governo «che ricostruisca i fatti ed evidenzi eventuali profili di criticità». Una simile risposta appare piuttosto diplomatica e rituale, a fronte della gravità dell'accaduto, e non può ritenersi sufficiente a ridare credibilità ad un Paese che si è macchiato della consegna di due ostaggi ad un Paese che non offre garanzie di Stato di diritto;
   si tratta peraltro di un Paese, il nostro, che sul fronte del prestigio e della considerazione internazionale, nonostante il susseguirsi negli ultimi 2 anni di Governi che fanno della loro immagine uno dei principali punti di forza, sta registrando risultati umilianti: non è in grado di fare estradare verso l'Italia assassini pluricondannati come Cesare Battisti, non sa gestire il sequestro di due militari di eccellenza dall'India, nessun vero clandestino viene davvero rimpatriato e i rivoli di mille ricorsi fanno permanere sul territorio soggetti già riconosciuti come socialmente pericolosi e che si sono macchiati in seguito di crimini efferati –:
   se, quanti e quali altri casi si registrino di applicazione immediata, nell'arco di tre giorni, della procedura di espulsione di stranieri, con immediato imbarco su volo dedicato, operato a spese del Paese di origine, e con la conseguente certezza sull'avvenuto rimpatrio. (3-00193)


   GIORGIA MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da più di un anno i due fucilieri del reggimento «San Marco» della Marina militare italiana, ritenuti responsabili della morte di due pescatori indiani, sono in stato di fermo nello Stato del Kerala, in attesa che gli inquirenti chiariscano la loro posizione;
   l'incidente sarebbe avvenuto in acque internazionali, sicché tale localizzazione avrebbe dovuto sin dal principio far venir meno la giurisdizione indiana a favore di quella italiana;
   un accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica dell'India stabilisce, altresì, la possibilità per i detenuti condannati dell'uno o dell'altro Paese di scontare la pena nel proprio Paese d'origine, quindi, nel caso dei marò, l'Italia;
   nonostante ciò, il 18 gennaio 2013 la Corte suprema indiana, pur accertando che i fatti si erano effettivamente verificati al di fuori delle acque territoriali indiane, negava la giurisdizione dello Stato italiano e, senza adeguata motivazione, rivendicava l'esercizio dei diritti sovrani di giurisdizione dell'India, disponendo, inoltre, che il processo venisse affidato a un tribunale speciale da costituire a New Delhi;
   nel frattempo, nel dicembre 2012 e nella prima metà di febbraio 2013 venivano accolte dal Governo indiano le richieste di due permessi speciali per consentire ai militari di trascorrere in famiglia le festività natalizie e di votare alle elezioni politiche, con l'obbligo di tornare in India;
   la crisi si accentuava l'11 marzo 2013 quando il Ministro degli affari esteri pro tempore, Giulio Terzi, in pendenza dell'avvio di un processo che desse reali garanzie di affidamento alla parte italiana, annunciava che i due militari non avrebbero fatto rientro in India;
   la posizione indiana si irrigidiva fino alla decisione, del tutto illegittima, da parte della Corte suprema, di disporre un'ordinanza nei confronti dell'ambasciatore italiano a New Delhi, che ne limitava in maniera inaccettabile la libertà di movimento;
   contestualmente, il Governo indiano si rendeva disponibile a risolvere la controversia in tempi brevi, a condizione che i marò rientrassero in India alla data prevista;
   il Ministro pro tempore Terzi sottoponeva all'attenzione del Governo la necessità che un eventuale ritorno dei due fucilieri in India fosse preceduto dall'accettazione di alcune rassicurazioni, necessarie, tra l'altro, a tutelare pienamente la sicurezza dei militari italiani e a ripristinare immediatamente l'immunità diplomatica dell'ambasciatore italiano;
   le riserve poste dal Ministro degli affari esteri pro tempore alla decisione di un rientro dei marò in India sarebbero, però, rimaste inascoltate dal Governo, che, in maniera del tutto inattesa e opinabile, decideva di sacrificare la libertà di Latorre e Girone, anche in contrasto con la normativa sull'estradizione, ritenendo, oltretutto, le rassicurazioni ottenute dall'India sufficienti;
   tali rassicurazioni potranno essere valutate nei loro effetti solo con il rientro in patria definitivo e legittimo dei marò nei tempi più brevi possibili;
   le profonde divergenze d'opinione all'interno dell'Esecutivo sono sfociate nell'annuncio da parte del Ministro degli affari esteri pro tempore delle sue dimissioni al termine della seduta d'Aula del 26 marzo 2013 alla Camera dei deputati;
   tale vicenda, che ad oggi non ha ancora assurdamente trovato risposta, ha pienamente dimostrato l'incapacità politica del Governo tecnico nel gestire una situazione di crisi e sta minando fortemente la credibilità internazionale del nostro Paese;
   è di queste ultime ore l'incredibile notizia dell'esistenza di prove dell'innocenza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: ben cinque ore separerebbero, infatti, la testimonianza del capitano e armatore del peschereccio St. Anthony, che fissa alle 21.30 circa la morte dei pescatori, dall'incidente con la nave italiana, avvenuto tra le 16.00 e 16.30, per il quale i due marò saranno processati a Delhi;
   da una più accurata ricostruzione degli eventi di quel fatidico 15 febbraio 2012 stanno emergendo altri importanti dettagli, che porterebbero a sostenere la totale innocenza di Latorre e Girone, da sempre convinti di non aver ucciso alcun pescatore;
   come riportato da notizie di stampa di questi giorni, la nave italiana potrebbe essere stata, addirittura, il «capro espiatorio perfetto in tempi di campagna elettorale locale con il risultato che Latorre e Girone vengono incastrati» (Il Giornale, lunedì 1o luglio 2013);
   tali nuove circostanze impongono un immediato e incisivo intervento del Governo italiano –:
   quali opportune ed urgenti iniziative il Governo intenda adottare, anche alla luce delle nuove risultanze delle indagini, al fine di risolvere in modo tempestivo e definitivo la questione dei marò, garantendo il rispetto delle norme internazionali, anche attraverso il coinvolgimento dei competenti organismi internazionali, e l'immediato ritorno in patria dei due militari. (3-00194)


   SPERANZA, MARTELLA, DE MICHELI, GIACOMELLI, GRASSI, VELO, BELLANOVA, DE MARIA, FREGOLENT, GARAVINI, POLLASTRINI, ROSATO e MAURI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il Governo, sin dall'atto del suo insediamento, è intervenuto per contrastare gli effetti della crisi e favorire la ripresa dell'economia, mettendo in campo importanti iniziative, tra le quali assumono particolare rilievo il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche, i provvedimenti volti a dare sostegno al settore delle infrastrutture e delle costruzioni, gli interventi per l'occupazione giovanile;
   gli sforzi fatti per chiudere la procedura per disavanzo eccessivo consentiranno all'Italia di godere della maggiore flessibilità di bilancio per gli investimenti pubblici produttivi dei Paesi il cui deficit annuale si trova sotto il limite del 3 per cento, linea sostenuta, da lungo tempo, dal Governo italiano;
   restano, tuttavia, difficili le condizioni del mercato del lavoro, in particolare per quanto riguarda la disoccupazione giovanile che colpisce in Italia ormai oltre il 40 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni, tanto che nelle conclusioni del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013 si legge che, stante l'inaccettabile elevato numero di giovani europei privi di occupazione, la lotta alla disoccupazione giovanile è l'obiettivo immediato dell'Europa;
   in questo senso, è necessario concentrare l'azione politica sull'apertura di nuovi spazi all'interno delle procedure e degli strumenti vigenti, anche attraverso le necessarie innovazioni: la maggior forza politica riacquistata dall'Italia, per effetto dell'uscita dalla procedura per deficit eccessivo e della ritrovata stabilità di Governo, deve infatti essere spesa per modificare l'impianto inefficiente del complesso delle politiche dell'Unione europea, piuttosto che per perorare pericolosi alleggerimenti sulle condizioni di consolidamento fiscale sul medio termine relative soltanto al nostro Paese;
   se è da accogliere con soddisfazione lo stanziamento di 1,5 miliardi per la Youth guarantee che l'Italia potrà utilizzare nel 2014 e nel 2015 per la lotta alla disoccupazione giovanile, è evidente che un'azione davvero incisiva in materia non possa prescindere dal rilancio del fondo sociale europeo, sia in termini di ampliamento della dotazione finanziaria, sia di modalità di assegnazione territoriale, sia di criteri di ammissibilità delle spese;
   in particolare, sarebbe necessario che l'azione del Governo italiano nelle sedi europee fosse orientata a far sì che il fondo sociale europeo possa:
    a) seguire, in analogia a quanto previsto dalla Youth guarantee, criteri asimmetrici, assegnando risorse non sulla base del prodotto interno lordo regionale pro capite raffrontato alla media dell'Unione europea, ma sulla base del numero di disoccupati;
    b) ampliare il ventaglio di spese ammissibili a tutte le politiche attive di job creation;
   sul piano interno, è indispensabile migliorare il coordinamento fra Stato e regioni, concentrando le risorse a disposizione su precisi obiettivi e strumenti –:
   se il Governo intenda configurare quanto esposto in premessa in un piano straordinario per la creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani, che contempli non solo incentivi e sussidi all'offerta, ma anche e soprattutto alla domanda di lavoro – specie nei settori non delocalizzabili, più ricettivi e strategici, quali, ad esempio, i beni culturali, le nuove tecnologie, il turismo, i servizi alla persona, i servizi legati all'innovazione digitale – illustrando quali ulteriori azioni intenda promuovere in ambito europeo per il raggiungimento di tali obiettivi. (3-00195)


   PISICCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese rappresenta l'1 per cento della popolazione mondiale e detiene il 5,7 per cento del totale della ricchezza del pianeta. Da dati della Bundesbank si apprende che il patrimonio netto delle famiglie italiane risulta pari al triplo di quelle tedesche, rispettivamente 163.900 euro contro i 51.400 euro. Uno studio della Banca d'Italia riporta una graduatoria mondiale relativa alla ricchezza netta pro capite, nella quale il nostro Paese si colloca nei primi 20 posti su 200;
   il mercato nazionale dei beni di lusso, nel 2012, si attestava intorno ai 15 miliardi di euro, primo in Europa secondo dati Eurispes;
   alla fine del 2011 in Italia la ricchezza nazionale media era pari a otto volte il reddito disponibile lordo delle famiglie;
   il quadro che ne deriva è estremamente contraddittorio, indicando una palese macroscopica distorsione derivante da quel fenomeno grave rappresentato dall'evasione fiscale. Un fenomeno dai contorni indefiniti, variamente articolato nella distribuzione territoriale;
   i dati di Tax research UK parlano di un'evasione pari al 27 per cento sul prodotto interno lordo, mentre la Germania si attesta a quota 16 per cento e la Francia al 15 per cento;
   la verità è che non si hanno dati certi relativi alla dimensione di questo fenomeno, vero cancro del sistema produttivo italiano, causa dello squilibrio dei conti pubblici, dell'elevato costo del lavoro e del conseguente malessere che mina l'equilibrio della nostra società;
   la Confcommercio stima l'evasione fiscale in 154 miliardi di euro, mentre la Confindustria parla di 124,5 miliardi di euro;
   il fisco pesa per l'82 per cento su chi ha un impiego fisso e sui pensionati, con una pressione fiscale effettiva su queste categorie che ha toccato quota 53 per cento;
   nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica la Corte dei conti ha rilevato come negli anni la lotta all'evasione sia stata caratterizzata da andamenti ondivaghi e contraddittori, come nel caso degli elenchi clienti-fornitori telematici o nelle limitazioni al pagamento mediante utilizzo di denaro contante, sui quali le modifiche sono state continue, mentre il contrasto all'evasione dovrebbe essere caratterizzato da piena condivisione e continuità;
   il sistema fiscale italiano generato dalla riforma del 1971-1973 si basa su un controllo ex post. La strategia per combattere l'evasione si è basata su obblighi formali di tenuta delle scritture contabili, di presentazione delle dichiarazioni e sull'esecuzione di limitati controlli approfonditi;
   l'amministrazione è ormai dotata di strumenti avanzati per identificare gli evasori, dal sistema Serpico, sintesi di tutte le informazioni di interesse fiscale di ciascun contribuente, al «redditometro», metodo di accertamento sintetico del reddito che consente all'amministrazione finanziaria una determinazione indiretta del reddito complessivo del contribuente, basata sulla capacità di spesa del medesimo;
   il presidente della Corte dei conti, nell'audizione che si è svolta il 19 giugno 2013 presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati, ha sostenuto che gli strumenti informatici e telematici che ormai ben consentono di individuare gli evasori, dovrebbero essere utilizzati per prevenire l'evasione, riducendo le possibilità di comportamenti scorretti nella fase dell'adempimento. Tali strumenti dovrebbero gestire il contribuente, non lavoratore dipendente, nella fase dell'adempimento fiscale, durante la quale è costretto a ricorrere all'assistenza professionale offerta dal mercato, visto il deficit di ruolo del sistema informativo pubblico rispetto alla gestione del rapporto con il contribuente;
   un utile strumento che dovrebbe essere potenziato è quello del contrasto di interessi, ovvero della possibilità per i contribuenti di dedurre/detrarre le spese per far emergere buona parte della base imponibile oggi evasa –:
   quali siano gli intendimenti del Governo per affrontare la grave piaga dell'evasione e se non ritenga di dover intervenire, con iniziative normative anche a carattere di urgenza, al fine di evitare che il peso fiscale gravi sempre e solo sui cittadini dipendenti e pensionati. (3-00196)


   DELLAI, GALGANO, CAPUA, SANTERINI, VEZZALI, MOLEA, ROSSI, CARUSO, VITELLI, CAUSIN e SCHIRÒ PLANETA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nonostante ricopra un'importanza fondamentale per la sua vastità e per il forte impatto su altri settori ad esso collegati, come quello del turismo, il sistema dei beni culturali ha risentito fortemente dei tagli alla spesa pubblica, imposti dalla contingenza economica, che hanno limitato le risorse a disposizione per il settore;
   le cronache quotidiane segnalano continuamente episodi di incuria, abbandono e cattiva conservazione del patrimonio artistico-culturale e ambientale nei confronti dei quali l'intervento dello Stato o è tardivo o spesso assente per la mancanza di risorse adeguate;
   l'allarme lanciato dal Ministro Bray in questi giorni di un bilancio per la cultura ridotto del 24 per cento è da questo punto di vista la conferma di una situazione insostenibile;
   fermi restando il ruolo decisionale dello Stato ed il mantenimento della competenza della tutela e della conservazione in capo alle soprintendenze, si è spesso invocato l'ingresso dei privati nel settore dei beni culturali per attrarre risorse fresche;
   la partecipazione dei privati al settore dei beni culturali è, peraltro, espressione del principio di sussidiarietà orizzontale, sancito dall'articolo 118, comma 4, della Costituzione –:
   se non ritenga di individuare iniziative, anche di tipo normativo, che agevolino l'intervento dei privati nel settore dei beni culturali, al fine di attrarre sia capitali che professionalità in un settore strategico per l'economia italiana. (3-00197)

Interrogazione a risposta scritta:


   MIGLIORE, PIAZZONI, PILOZZI e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2011 veniva svolta una consultazione referendaria su n. 3 quesiti tra cui quello sulla remunerazione del capitale investito nella gestione dei servizi idrici del seguente tenore: «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'articolo 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito” ?»;
   l'esito ampiamente positivo della consultazione portava all'abolizione della citata normativa e quindi all'abrogazione del principio della remunerazione del capitale investito in favore dei gestori del servizio idrico e a carico degli utenti;
   l'Autorità dell'energia elettrica e il gas (AEEG) ha pubblicato, in data 12 luglio 2012, un documento per la consultazione n 290/2012/R/IDR, con il quale è stata avviata una specifica consultazione pubblica avente ad oggetto un metodo tariffario transitorio da applicarsi al periodo 21 luglio 2011 – 31 dicembre 2011, periodo immediatamente seguente allo svolgimento dei referendum;
   con deliberazione 25 giugno 2013 n. 273/2013/r/idr, l'Autorità dell'energia elettrica e il gas ha concluso l’iter di consultazione individuando i criteri per la restituzione ai cittadini delle somme percepite dalle società che gestiscono il servizio idrico a titolo di remunerazione del capitale investito per il periodo 21 luglio 2011 – 31 dicembre 2011;
   l'Autorità dell'energia elettrica e il gas ha stabilito che dalla somma così come calcolata dalle società di gestione possono essere detratte, e quindi non restituite ai cittadini, le somme relative alle seguenti voci:
    a) gli oneri fiscali in ragione dell'imposta effettivamente pagata, riproporzionati sul solo risultato di esercizio e sul solo costo del personale derivanti dalla gestione del servizio idrico integrato oggetto dei metodi tariffari di cui al comma 1.1;
    b) gli oneri finanziari effettivamente sostenuti e documentati dal gestore, per il servizio idrico integrato;
    c) gli accantonamenti per la svalutazione crediti, nella misura ritenuta efficiente da parte dell'ente d'ambito o del soggetto competente;
   l'applicazione dei criteri stabiliti dall'Autorità dell'energia elettrica e il gas avrà come conseguenza una sostanziale riduzione delle somme che le società di gestione del servizio idrico sono tenute a restituire ai cittadini;
   considerare gli oneri finanziari, fiscali e gli accantonamenti per la svalutazione crediti come voci da detrarre alla somma percepita a titolo di remunerazione del capitale da parte dei soggetti gestori appare, a giudizio degli interroganti, una forzatura non suffragata da alcuna previsione normativa né regolamentare;
   ciò si traduce secondo gli interroganti in un sostanziale aggiramento degli esiti referendari e in un danno economico a carico dei cittadini;
   i Comitati promotori del referendum sull'acqua pubblica hanno giudicato negativamente i criteri indicati dall'Autorità dell'energia elettrica e il gas nella richiamata delibera e sostenuto che, ancora oggi, ad oltre due anni dallo svolgimento dei referendum sull'acqua pubblica, non sia ancora stata data piena attuazione agli esiti della votazione –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere il Governo per dare piena attuazione agli esiti del referendum abrogativo del 2011 in materia di acqua pubblica. (4-01190)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il litorale domitio – sotto il profilo della morfologia del territorio – è la fascia costiera che costituisce il margine della pianura campana, la cosiddetta «Campania Felix» dei romani, formata:
    a) in parte da materiali alluvionali portati dai grandi fiumi Volturno e Garigliano e dai corsi d'acqua più piccoli dell'Agnena, del Savone e dell'antico fiume Clanis, da qualche secolo purtroppo inglobato nel sistema idrico dei Regi Lagni;
    b) nonché nella restante parte, da materiali eruttivi provenienti, a nord, dal vulcano di Roccamonfina e, a sud, dal sistema vulcanico dei Campi Flegrei;
   l'area del litorale, dal punto di vista geografico, si estende per circa 45 chilometri di costa sul mar Tirreno, dal fiume Garigliano a Lago Patria, e confina a nord con il Lazio (golfo di Gaeta), a sud con Napoli (area Campi Flegrei e Giugliano in Campania), ad est con la pianura che sale verso i monti Aurunci (Sessa Aurunca) e la città di Caserta;
   si tratta di un'area vastissima, dalle straordinarie potenzialità di sviluppo turistico ed agricolo ma, nel contempo, afflitta da una pluralità di criticità e di problematiche, tutte di straordinaria gravità ed entità;
   di queste, sicuramente l'incremento demografico avvenuto nell'ultimo ventennio nella zona del basso casertano (in oggetto) e nella macroarea a nord di Napoli ad essa contigua ha stravolto completamente l'essenza di piccoli paesi trasformati in grandi agglomerati urbani;
   se a questo, poi, si aggiunge un altro grande elemento di criticità dato dalla presenza delle organizzazioni criminali, spesso protagoniste anche dello scempio edilizio ed urbano di queste aree territoriali, si capisce bene da dove deriva uno dei problemi ambientali che maggiormente impattano la qualità delle acque sul litorale casertano e, cioè, la mancanza di reti e collettori fognari capaci di impedire lo sversamento delle cosiddette «acque nere» direttamente nei Regi Lagni o, comunque, in sistemi di raccolta non messi a sistema con gli impianti di depurazione;
   in tale ottica, sarebbe assolutamente indicato ed opportuno fare chiarezza, dati alla mano, di quanti e quali siano attualmente i comuni, appartenenti alla macroarea Napoli nord-Caserta (che incidono coi propri scarti sul litorale preso in considerazione), che sono provvisti di rete fognaria e quali e quanti non lo siano; nonché, tra quelli che ne sono provvisti, quanti e quali sono collegati attraverso i collettori principali ai sistemi di depurazione regionale; qual è, inoltre, ad oggi lo stato di ammodernamento e funzionamento dei depuratori regionali preposti per queste aree;
   i tratti maggiormente inquinati della costa sono, ovviamente, quelli in corrispondenza delle foci dei corsi d'acqua: recenti studi hanno fatto emergere che la natura dell'inquinamento è prevalentemente microbiologica, causata per lo più da scarichi fognari umani e zootecnici che, direttamente o indirettamente, attraversando i corpi idrici superficiali, giungono a mare;
   altro fattore con forte impatto inquinante è lo sversamento delle acque nere derivanti dagli allevamenti bufalini, giacché è circostanza nota quella che, pur dimostrando lo smaltimento delle proprie acque nere attraverso l'opportuna e richiesta documentazione cartacea, molti, forse la maggioranza delle strutture di allevamento, riversano direttamente nei Regi Lagni le proprie acque nere;
   un altro aspetto rilevante della vicenda è l'effettiva verifica dell'incidenza dei controlli attraverso un rapporto tra numero di allevamenti e controlli effettuati, ma soprattutto per quanto riguarda la qualità e l'incisività dei controlli, giacché è da ritenersi inopportuno, se non inefficace, verificare esclusivamente la presenza della vasca a tenuta per le acque nere nei singoli allevamenti o il possesso della documentazione cartacea formale, laddove sarebbe più utile che i controlli effettuati su indicazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare interessassero l'intero comparto di smaltimento rifiuti speciali e, dunque, consentissero la verifica dell'effettivo trattamento delle acque nere da parte dei soggetti coinvolti;
   le conseguenze che dall'inquinamento possono derivare per la popolazione sono sia di natura igienico-sanitaria (rischio di malattie trasmissibili), sia di tipo economico, collegate alle attività produttive inevitabilmente danneggiate (acquacoltura e maricoltura) e al turismo, alquanto compromesso sia, infine, connesse al malfunzionamento degli ecosistemi marini;
   qualche miglioramento della situazione era stato registrato nel corso degli accertamenti, con particolare riguardo all'andamento decrescente dell'inquinamento microbiologico;
   invero, con riferimento alla stagione balneare del 2011, può dirsi che, mentre all'inizio della stagione medesima, i dati dell'ARPAC indicavano che circa il 59 per cento del litorale casertano, che si estende dal fiume Garigliano a Lago Patria, era vietato alla balneazione (dato peraltro già migliore rispetto a quello registrato nel 2010, del 63 per cento), nel corso della stagione balneare 2011 per diciannove aree della conurbazione casertana (sedici del comune di Castelvolturno, tre del comune di Mondragone), si sono verificate le condizioni di cui all'articolo 2, comma 5, del decreto ministeriale 30 marzo 2010: in sostanza, la dimostrazione, da parte dei comuni di Castelvolturno e Mondragone, delle messa in opera di adeguate misure di miglioramento, insieme con gli esiti favorevoli di quattro campionamenti, effettuati con cadenza quindicinale a decorrere dal mese di aprile, ha consentito, nel rispetto della norma, di revocare i divieti di balneazione di diciannove tratti di costa «storicamente non balneabili»;
   ovviamente, il recupero alla balneazione dei tratti inquinati non può prescindere dalla rimozione delle cause di inquinamento dei corpi idrici che si immettono in questo tratto di costa;
   va senza dubbio tenuto in considerazione il fatto che l'azione della magistratura inquirente sammaritana e delle forze dell'ordine è stata determinante per la rimozione di alcune di quelle cause, con conseguenti effetti positivi anche sulla qualità dell'acqua del litorale;
   tuttavia, è necessario che lo sforzo per ripristinare la legalità non cessi e che tutte le forze messe in campo continuino a operare, in sintonia tra loro, e senza cedimenti;
   a tali difficoltà vanno senza alcun dubbio aggiunte quelle emerse a seguito delle attività di monitoraggio ed indagine sulle cave esistenti nel territorio;
   da tali attività di approfondimento è emerso che alcune cave dismesse sono state trasformate in discariche incontrollate di rifiuti speciali pericolosi;
   si tratta di un numero di cave molto elevato, circa 440 unità presenti nel territorio domitio ed al confine tra le province di Napoli e Caserta, che, per le loro caratteristiche (ad esempio, la circostanza di essere riempite) o per la loro ubicazione (ad esempio: vicinanza ad arterie stradali, prossimità a corsi d'acqua, e altro) potrebbero non solo contenere rifiuti, ma potrebbero nascondere rifiuti particolarmente inquinanti per le vicine acque superficiali o per le falde acquifere;
   a parere dell'interrogante, sarebbe opportuna un'approfondita verifica della condizione in cui versano le società partecipate della regione Campania operanti nel settore ambientale e delle ragioni della sostanziale condizione di stallo e di collasso, nella quale le stesse versano –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione evidenziata in premessa e se, alla luce di quanto esposto, ritengano opportuno valutare la possibilità di assumere iniziative tese a favorire, in tempi ragionevoli e compatibilmente con le risorse economiche a disposizione, contestuali interventi di risanamento e politiche di presidio del territorio in sinergia con gli enti locali presenti nell'area.
(4-01192)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MOLEA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in base alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni sono protette dal diritto d'autore le opere dell'ingegno creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo e la forma di espressione;
   il diritto connesso dovuto ai fonografici, ex articolo 73 della legge 22 aprile 1941, n. 633, abbinato al provvedimento del diritto d'autore, come specificato dalla stessa legge è dovuto da tutti coloro che utilizzano detto mezzo a scopo di lucro, ovvero da chi utilizza mezzi fonografici per far ascoltare la musica di sua scelta al fine produrre occasione di divertimento per aumentare la propria potenzialità di entrate;
   nei casi in cui la musica viene utilizzata come aggiunta ambientale o ai servizi resi, per rendere più gradevole la permanenza nei locali dei clienti o del pubblico (diffusione della musica in esercizi pubblici, commerciali, alberghi, villaggi turistici, circoli ricreativi, sale d'attesa e altro, con radio, televisori, filodiffusione, riproduttori di dischi, cd, nastri e altro), la tariffa applicata, in generale, consiste in abbonamenti annuali o periodici, con compensi che tengono conto del tipo di apparecchio utilizzato e della tipologia del locale in cui viene diffusa la musica;
   la Società italiana degli autori ed editori da tempo riserva al settore associazionistico e di volontariato particolari condizioni di trattamento in materia di diritto d'autore per le utilizzazioni di repertorio amministrato dalla sezione musica in occasione di attività spettacolistiche, culturali e ricreative svolte nell'ambito degli scopi statutari delle singole strutture associative;
   anche le società sportive dilettantistiche hanno l'obbligo di corrispondere alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) il compenso connesso per le esecuzioni musicali dal «vivo» o a mezzo apparecchi sonori o videosonori effettuate ad esclusivo sostegno di corsi di ginnastica (artistica, ritmica, aerobica, corpo libero, altro) e durante gli allenamenti e le gare;
   le tariffe applicate sono concordate periodicamente con le associazioni di categoria degli utenti rappresentative a livello nazionale e approvate dagli organi sociali della Società italiana autori editori (SIAE);
   il decreto legislativo n. 460 del 1997, nel disciplinare il sistema fiscale degli enti non commerciali ed, in particolare, dei soggetti di tipo associativo individua e diversifica le categorie, prevedendo differenti trattamenti all'interno degli stessi enti di tipo associativo, fra i quali, riconosce le associazioni di promozione sociale;
   la centralità dello sport, esplicitata nelle società sportive dilettantistiche, si dimensiona ormai quale ammortizzatore sociale ed opportunità di inclusione. Purtroppo le società sportive di base vivono una fase di grandissima difficoltà accentuata dalla crisi economica –:
   se non ritengano opportuno considerare la possibilità di assumere iniziative per l'esenzione totale dal pagamento del compenso previsto per il diritto d'autore, nei casi in cui l'esecuzione della musica cosiddetta «d'ambiente» venga utilizzata funzionalmente ad altre attività, dalle società sportive dilettantistiche che costituiscono il grande tessuto connettivo dell'attività di base. (3-00189)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   presso il centro polifunzionale di sperimentazione (CEPOLISPE) di Montelibretti è prevista una modifica dell'orario di servizio, modulata in maniera tale da cancellare (per un giorno a settimana) il diritto alla pausa settimanale necessaria al recupero psicofisico e, conseguentemente, per operare un taglio alle spese adibite alla mensa;
   il nuovo orario di servizio, secondo le disposizioni impartite dal direttore del suddetto centro, decorrerà dal 2 settembre 2013;
   la stima relativa al taglio delle risorse si aggira attorno ai 250 euro annui per dipendente;
   si prevede la soppressione del servizio di mensa (con il passaggio ai buoni pasto), anche in conformità con la direttiva n. 11497 S.D.M. del 24 dicembre 2012 che nello specifico, al paragrafo 9 «Vettovagliamento, ristorazione e casermaggio», prevede quanto segue: «[...] di proseguire con l'attività di razionalizzazione delle spese con l'adozione, tra le varie modalità previste dal decreto interministeriale del 23 maggio 2012, della forma di vettovagliamento ritenuta più aderente alle esigenze e, ove possibile e conveniente, incentivare il ricorso al buono pasto per gli enti che non necessitano, per i compiti di istituto, di mense –:
   se la modifica dell'orario di servizio applicata al CEPOLISPE sia iniziativa personale del suddetto direttore o se rappresenti un indirizzo generale dello Stato maggiore della Difesa (o di altri organismi di vertice della Difesa), e quindi nel futuro verrà estesa ad altri centri;
   se l'incentivo all'utilizzo, generalizzato, dei buoni pasto, sia un ulteriore taglio economico ai lavoratori propagandato come «razionalizzazione delle spese».
(4-01189)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   CAPEZZONE. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 23 giugno 2013 il direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, nell'ambito di un'intervista rilasciata ad un importante quotidiano nazionale, ha indicato nell'ingentissima somma di 545 miliardi di euro l'ammontare di crediti vantati dallo Stato ancora da riscuotere;
   appare importante valutare attentamente tale problematica, fornendo al Parlamento maggiori e più precisi riscontri rispetto alla composizione ed all'effettiva esigibilità di un ammontare di risorse tanto rilevante;
   risulta infatti fondamentale, sia ai fini delle generali strategie di politica economica, sia per la definizione di una razionale linea guida di politica tributaria, sia in ordine alla valutazione circa l'effettivo livello di efficienza dei meccanismi di riscossione dei tributi, conoscere nei dettagli la composizione di tale somma, non solo per quanto riguarda i profili quantitativi, ma anche per quanto riguarda le diverse tipologie di entrata, la dinamica temporale di insorgenza dei crediti e le caratteristiche di solvibilità dei soggetti debitori;
   occorre inoltre tenere conto del fatto che l'effettiva riscossione dei crediti erariali è condizionata da taluni elementi, quali il decorso dei termini di prescrizione e/o decadenza, che condizionano l'effettiva realizzabilità di tali entrate –:
   quale sia l'effettiva composizione della cifra indicata in premessa, distinta per anno e per singola voce, quanta parte di tale somma riguardi debiti di imprese e/o di soggetti già dichiarati falliti o, comunque, che si trovino in condizioni economiche di particolare difficoltà e quanta parte della predetta somma complessiva sia da considerare, a termini di legge, ancora effettivamente esigibile da parte dello Stato. (5-00555)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nelle passate settimane, dopo molteplici pressioni, sia politiche sia provenienti da numerose categorie imprenditoriali, il Governo ha posticipato ad ottobre il preventivato aumento dell'IVA, il quale verrà coperto finanziariamente con incrementi dell'acconto Irpef, dell'acconto Ires e di quello Irap a carico di imprese e lavoratori autonomi, così che la copertura finanziaria finalizzata dall'Esecutivo senza dubbio penalizza pesantemente le aziende, già colpite profondamente dalla crisi economica;
   in una recente nota del Ministero dell'economia e delle finanze si informa che nei primi 5 mesi del 2013 il gettito complessivo dell'Imposta sul valore aggiunto segna una contrazione complessiva pari al 6,8 per cento (2,8 miliardi di euro), e tale contrazione è legata al verificarsi di più fattori contemporaneamente, primo tra tutti la diminuzione del prelievo sulle importazioni e la contrazione pari del 3,6 per cento relativa agli scambi interni, dovuta per lo più alla negativa dinamica dei redditi che influisce sul calo della spesa per consumi;
   un'eventuale aumento dell'IVA, così come oggi in calendario per ottobre, secondo alcuni analisti penalizzerebbe particolarmente le famiglie numerose con un reddito basso, che investirebbero minore risorse in acquisti e consumi, così che la domanda interna si ridurrebbe ulteriormente, continuando così a peggiorare la negativa spirale del gettito IVA;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per interrompere il circolo vizioso della diminuzione del gettito dell'IVA in ragione del preventivato aumento, ad ottobre, della stessa imposta, specificando altresì quali siano le misure di carattere tributario che si intendono utilizzare per sostenere la ripresa economica dei consumi. (5-00556)


   PISANO, BARBANTI, RUOCCO, CANCELLERI e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è attualmente in corso un complesso lavoro, in sede parlamentare, per la revisione del sistema fiscale;
   in particolare, la Commissione finanze sta esaminando una serie di proposte di legge che conferiscono al Governo una delega legislativa in materia;
   sono inoltre imminenti, secondo le intenzioni annunciate dal Governo, ulteriori iniziative legislative volte alla riforma dell'Imu, che potrebbero incidere anche sulla disciplina tributaria in materia di deduzioni e di detrazioni;
   in tale contesto appare fondamentale che il Parlamento possa disporre di dati precisi ed articolati in merito al gettito tributario riferibile alle singole categorie catastali in cui sono classificati gli immobili –:
   quali dati possa fornire sui seguenti aspetti: imponibile IRPEF e IRES associato ad ogni categoria catastale; distribuzione, per categoria catastale, degli immobili appartenenti alle società, alle ONLUS e alle società esenti; con riferimento a tutte le categorie catastali, il valore del gettito IRPEF, ripartito per fasce di reddito; sempre con riferimento a tutte le categorie catastali, il valore del gettito IRES. (5-00557)


   CAUSI e MICCOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Credito Fondiario spa, in forma abbreviata Fonspa bank, con sede in Roma e di proprietà del gruppo Morgan Stanley, ha sviluppato la propria attività creditizia di «servicing» (dunque manutenzione ed assistenza) operando sia nel mercato dei mutui sia nell'ambito di cessione di attività o beni di vari originator, in altre parole nella cosiddetta «cartolarizzazione»;
   Fonspa bank, in funzione di «servicer» nelle suddette operazioni di cartolarizzazione, (legge 30 aprile 1999, n. 130, e successive modificazioni ed integrazioni) gestisce il portafoglio di tali attività, preservandone il valore a tutela degli investitori; in tale veste Fonspa, oltre ad esercitare una funzione operativa, verifica la conformità delle operazioni alla legge, attuando, una «funzione di garanzia», la cui grande importanza è evidenziata dalla Banca d'Italia, alla quale i servicer debbono inviare rapporti periodici sulle attività svolte;
   il Credito Italiano, già nel ’93, è stato il primo grande esempio di privatizzazione avvenuto in Italia, mentre la Comit (Banca Commerciale italiana, ovvero BCI), successivamente, è stata una delle prime e più importanti fusioni tra banche italiane: nel 2001 infatti si lega a Banca Intesa;
   già nel 2000, Credit e Comit dopo aver utilizzato Fonspa come «bad bank», decidono di vendere Fonspa a Morgan Stanley che la acquista tramite un proprio fondo;
   al tempo, la cartolarizzazione realizzata da Fonspa è la più grande effettuata in Europa;
   nella cessione di Fonspa alla banca americana, Comit e Credit impegnano più di 40 miliardi di lire per la «riorganizzazione» e assumono 60 lavoratori, mentre alcuni vengono incentivati all'esodo e altri confluiscono obbligatoriamente nel Fondo Esuberi del settore da poco creato;
   Morgan Stanley, inoltre, vende la prestigiosa sede del Fonspa ad un fondo immobiliare a essa collegato che, a sua volta, rivende ad un fondo immobiliare di Pirelli (socio in affari della stessa Morgan Stanley): in questa operazione Morgan Stanley acquisisce 120 miliardi di lire; in seguito, la sede è stata affittata alla Fonspa bank stessa, per la significativa cifra di più di 2 milioni di euro annui; in questa operazione, tra il lascito di Comit e Credit e la vendita dell'immobile, la banca d'affari acquisisce 160 miliardi di lire, senza contare gli ingenti guadagni dovuti alla cartolarizzazione;
   nel 2006 Morgan Stanley assume totalmente e direttamente il controllo della banca tramite una società chiamata EPAL, posseduta al 100 per cento, affiancando alle cartolarizzazioni le attività di erogazione di mutui per la casa;
   nel 2008 Morgan Stanley, con la crisi dei mutui subprime, abbandona il settore in tutto il contesto europeo e mette Fonspa in vendita;
   dopo quest'ultima operazione diversi imprenditori e banchieri si sono interessati all'acquisto, senza però concludere l'operazione;
   lo scorso anno Morgan Stanley si è visto riconoscere dal Governo italiano, circa tre miliardi di euro a titolo di rimborso anticipato di operazione in derivati;
   attualmente Morgan Stanley ha pressoché svuotato la banca di ogni attività, pregiudicando il futuro di quella che, prima del 2008, era una piccola ma estremamente funzionante realtà creditizia;
   al momento è in essere una trattativa di vendita alla società Tages Investment (SGR), nella quale l'attività creditizia verrebbe dismessa per svolgere solo attività di cartolarizzazioni;
   il menzionato acquirente non sembrerebbe in grado di veicolare alla Fonspa un volume di attività sufficiente a garantire l'occupazione, prevedendo, tra l'altro, una riduzione di personale che risulterebbe ingestibile con gli strumenti contrattuali a disposizione nel settore del credito;
   la citata cessione di Fonspa (da Morgan Stanley a Tages Investment oggetto di valutazione da parte della Banca d'Italia), dalla quale potrebbero scaturire onerosi costi sociali, assieme alle dismissione delle attività creditizie attualmente in essere, preoccupa molto le organizzazioni sindacali (Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, UGL), tanto da chiedere l'intervento della regione Lazio per la permanenza di una banca storica sul territorio, a garanzia dello sviluppo creditizio della regione, ciò a tutela delle professionalità, in un settore altamente strategico come quello del credito, in una fase di riordino della finanza locale;
   la possibile cessione, a causa delle sue caratteristiche, appare prodromica ad un processo degenerativo dell'occupazione nel settore del credito su tutto il territorio nazionale; in tale circostanza i 150 lavoratori di Fonspa, che già da cinque anni vivono nell'insicurezza, si troverebbero nelle condizioni di non poter usufruire dei consueti ammortizzatori per i dipendenti di settore;
   nel tempo, il Credito Fondiario, nell'ambito del comparto agevolato ed assistito e di quello del finanziamento di opere pubbliche, ha agevolato tante famiglie nell'acquisto della prima casa nonché diverse PMI per l'erogazione del credito, anche durante la perdurante fase di grande contrazione;
   è notorio che, soprattutto nell'ambito del credito, le responsabilità/capacità nei guadagni, spesso, provengono dalle parti medie e medio basse della scala degli operatori (know-how, contatti, sensibilità e capacità personali, customer care, customer satisfaction), mentre nell'ambito della finanza (alta finanza) sia gli utili sia le perdite dipendono esclusivamente dal vertice della piramide, spesso molto più tutelato della base –:
   quali urgenti iniziative, anche normative, intenda adottare al fine di garantire una maggiore trasparenza delle operazioni nel settore creditizio e le necessarie tutele per tutti i protagonisti coinvolti nell'operazione di cessione di Fonspa, in particolare per i lavoratori dipendenti della struttura, anche attraverso la formale apertura di un tavolo di trattativa con Morgan Stanley, con l'Associazione bancaria italiana e con le organizzazioni sindacali di categoria. (5-00558)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   le strutture giudiziarie presenti sulle isole minori rispondono all'esigenza di garantire adeguato accesso al sistema giudiziario anche a chi, in quanto isolano, vedrebbe limitato il suo diritto proprio a causa di tale condizione, a partire da quella logistica;
   con decreto del presidente del tribunale di Napoli, dottor Alemi, adottato il 18 marzo 2013, è stato disposto che la sezione distaccata di Ischia, a decorrere dal 15 settembre 2013, sia accorpata alla sede centrale del tribunale di Napoli, presso il centro direzionale di Napoli;
   il bacino d'utenza del sezione distaccata ad Ischia è molto vasto, si tratta di circa 65.000 abitanti stabili, cui devono aggiungersi gli oltre 3 milioni di turisti che soggiornano sull'isola ogni anno;
   il presidio di legalità territoriale ischitano non comporta oneri economici per lo Stato, poiché ubicato in edificio di proprietà comunale in comodato gratuito, mentre la sua abolizione comporterebbe ingenti spese per il trasferimento dei fascicoli, degli arredi, delle attrezzature e dell'archivio, la dismissione dei relativi rifiuti speciali, nonché, soprattutto per la quotidiana trasferta a Napoli di migliaia di persone tra cui anche dipendenti ministeriali e comunali;
   la sezione distaccata di Ischia ha sede nel medesimo immobile che ospita a titolo gratuito anche l'ufficio del giudice di pace, sopravvissuto ex lege, e la separazione dei due uffici giudiziari;
   la sezione distaccata di Capri ha sede nel medesimo immobile che ospita anche l'ufficio del giudice di pace, sopravvissuto ex lege;
   la soppressione delle sedi giudiziarie di Ischia e di Capri, in considerazione del bacino d'utenza, del contenzioso, della mancanza di continuità territoriale e delle difficoltà di raggiungimento della terraferma, di recente aggravate dalla riduzione del numero dei collegamenti marittimi, comporterebbe seri disagi ai cittadini ed agli operatori del diritto;
   a tutto ciò si deve aggiungere il fortissimo disagio per tutti i cittadini portatori di handicap e per le loro famiglie, che, in sede di volontaria giurisdizione, chiedono abitualmente al tribunale amministrazioni di sostegno, interdizioni, curatele, autorizzazioni correlate e rendono i conti della gestione e con il trasferimento dell'ufficio vedrebbero complicarsi i propri adempimenti;
   il palazzo di giustizia di Napoli, già allo stato notoriamente sovraffollato, non dispone di spazi sufficienti ad accogliere tutte le otto sezioni distaccate soppresse –:
   se il Governo sia intenzionato ad adottare, nei tempi e modi di cui all'articolo 1, comma 5 della legge n. 148 del 2011, idonee disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 155 del 2012, che tengano conto della specificità territoriale e delle esigenze civili delle comunità isolane preservando i presidi giudiziari esistenti nelle isole minori, in particolare delle sedi ubicate sulle isole di Ischia e Capri;
   se, in subordine, il Governo, considerate le problematiche di natura logistica di tale rilevanza ed eccezionalità da non consentire in alcun modo il trasferimento delle risorse materiali, umane e dei servizi dei presidi giudiziari di Ischia e Capri, intenda avviare la procedura di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, per l'utilizzo dei rispettivi palazzi di giustizia quali sedi distaccate del tribunale di Napoli;
   se, in subordine, il Governo abbia intenzione di assicurare con modalità diverse da quelle indicate l'effettivo e regolare esercizio del diritto di accesso alla giustizia per i cittadini delle isole minori.
(2-00140) «Tartaglione, Paris, Bonavitacola, Valiante, Roberta Agostini, Preziosi, Malpezzi, Laforgia, Marzano, Giorgio Piccolo, Chaouki, Capozzolo, Bruno, Amendola, Giuliani, Incerti, Coccia, Manfredi, Argentin, Borghi, Gadda, Morani, Lotti, Gozi, Carbone, Ermini, Di Lello, Pastorelli, Marantelli, Pes, Fioroni, Impegno, Mariastella Bianchi, Scanu, Sanga, Rughetti, Biondelli, Gentiloni Silveri, Murer, Petrini, Picierno, Rigoni, Venittelli, Zardini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 80, comma 4, della legge n. 354 del 1975 prevede che, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento dirette a soggetti sottoposti a misure privative della libertà e a soggetti ammessi alle misure alternative alla detenzione, l'Amministrazione giudiziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate;
   l'articolo 132 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 stabilisce, al comma 1, che «il provveditorato regionale compila, per ogni distretto di Corte d'Appello, un elenco degli esperti dei quali la direzione degli istituti e dei centri di servizio sociale possono avvalersi per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento ai sensi del quarto comma dell'articolo 80 della legge»;
   con circolare n. 3645/6095 dell'11 giugno 2013 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – direzione generale del personale e della formazione – del Ministero della giustizia, avente ad oggetto «Impiego degli esperti di cui all'articolo 80, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354», ribadisce l'utile apporto sinergico degli esperti in parola, sottolineando l'ambito delle loro attività all'interno del gruppo di lavoro penitenziario, consolidando così «un percorso di reciproca collaborazione pluridecennale fra una Amministrazione, operosa nell'attuare il mandato costituzionale, e gli esperti professionisti qualificati nell'agire penitenziario intra ed extramurale, che appare assolutamente riduttivo considerare alla stregua di consulenti: trattasi di collaborazione capillare soprattutto nel front office istituzionale che si connota quale sostegno o verifica costante del comportamento dei detenuti o internati»;
   al paragrafo 5 della circolare di cui sopra si legge, tuttavia, che «Gli elenchi formati in attuazione della citata normativa hanno durata non superiore ai quattro anni» e al paragrafo 9 si prevede che «Ricevuto il provvedimento di autorizzazione, il direttore dell'istituto o ufficio interessato sottoscriverà l'accordo individuale (...). L'accordo ha la durata di un quadriennio non rinnovabile dalla data della sua sottoscrizione –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per evitare che la circolare citata in premessa, introducendo l'impossibilità del rinnovo degli accordi, produca l'effetto di non garantire la continuità di un percorso di collaborazione tra l'Amministrazione penitenziaria e i professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, ciò anche a fronte dell'importantissimo patrimonio di conoscenza, esperienza e supporto che tali esperti forniscono per le delicate e complesse attività di osservazione e di trattamento ai sensi dell'articolo 80, comma 4, della legge n. 354 del 1975. (5-00552)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in provincia di Modena è attivo un centro di identificazione ed espulsione (CIE), già centro di permanenza temporaneo (CPT);
   per l'istituzione del centro di permanenza temporaneo – funzionante secondo il regime della legge 6 marzo 1998, n. 40, – furono proprio i cittadini di Modena a mobilitarsi, insieme all'amministrazione comunale; viceversa, con la trasformazione del centro in centro di identificazione ed espulsione – secondo la disciplina della legge n. 189 del 30 luglio del 2002 – a maggior ragione dopo l'entrata in vigore della legge 2 luglio 2009, n. 94, che ha introdotto il reato di clandestinità, si è perso l'obiettivo iniziale ed è profondamente mutata la natura del centro, facendone a tutti gli effetti una struttura paracarceraria, lontana dalla sensibilità della città;
   dal 2007 e fino al 30 giugno 2012 il centro di identificazione ed espulsione di Modena è stato gestito in appalto dalla confraternita della Misericordia di Modena, che riceveva dalla prefettura di Modena 75 euro al giorno per trattenuto;
   il 15 febbraio 2012 è stato pubblicato il nuovo bando per l'affidamento della gestione, che ha stabilito come base d'asta la quota di 30 euro al giorno per trattenuto, con presentazione dell'offerta entro il 15 marzo 2012 e aggiudicazione prevista attraverso il criterio del prezzo più basso (ex articolo 82 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 163 del 2006);
   numerosi attori sociali della città, a partire dalla Cgil di Modena, hanno da subito evidenziato come la base d'asta non fosse sufficiente a garantire il rispetto di quanto previsto nel capitolato ed il rispetto delle leggi, delle norme e dei contratti vigenti, e al tempo stesso come il criterio del prezzo più basso finisse di fatto con l'impedire la partecipazione proprio a quelle imprese che offrivano maggiori garanzie di affidabilità;
   l'unica offerta presentata è stata quella della confraternita della Misericordia di Modena che, tuttavia, non è stata ritenuta idonea in quanto superiore alla base d'asta stabilita; la prefettura di Modena ha quindi attivato una procedura ristretta tramite inviti a presentare offerte (ex articolo 67 del decreto legislativo n. 163 del 2006), cui ha aderito solamente, il consorzio «l'Oasi» di Siracusa, che aggiudicandosi la gestione del centro con un ribasso del 3 per cento rispetto alla base d'asta (pari quindi a 29,1 euro al giorno per trattenuto) e subentrato nella gestione a partire dal 1o luglio 2012;
   sin dall'avvio della gestione, i dipendenti del consorzio «l'Oasi» hanno avuto difficoltà crescenti a ricevere i propri stipendi e, dopo varie promesse disattese, si è arrivati a più riprese alla proclamazione di uno sciopero;
   solo il pagamento degli stipendi da parte della prefettura – in virtù dell'articolo 1676 del codice civile a norma del quale «Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per eseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda» – ha consentito, a più riprese, di sbloccare una situazione sempre più insostenibile;
   tale situazione si è però ripresentata sistematicamente, arrivando ad oggi alla quinta giornata di sciopero, dovendosi quindi la prefettura fare integralmente carico del pagamento delle diverse mensilità;
   prima della attuale momentanea chiusura per ristrutturazione, una situazione molto simile si era creata presso il centro di identificazione ed espulsione di Bologna dove, dal 1o dicembre 2012, era stata affidata la gestione dei servizi al consorzio «l'Oasi», con un compenso pari a 28,50 euro al giorno per trattenuto, e su cinque mensilità ben quattro erano state pagate direttamente dalla prefettura di Bologna, con le stesse procedure e modalità descritte, essendo il consorzio inadempiente verso i lavoratori;
   problemi analoghi si sono registrati presso il centro di identificazione ed espulsione di Milo dove, nonostante le irregolarità rilevate dagli ispettori del lavoro nella gestione, il 16 gennaio 2013 il consorzio «l'Oasi» aveva espresso l'intenzione di assumere quindici nuovi dipendenti per la gestione del Centro, pur non riuscendo a pagare con regolarità gli stipendi agli oltre cinquanta lavoratori già in servizio presso la struttura; da notizie di stampa si è appreso che la prefettura di Trapani avrebbe diffidato il consorzio a pagare gli stipendi arretrati, minacciando la revoca della concessione;
   dall'inizio della gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena si sono avvicendati ben quattro direttori, talvolta per il mancato pagamento del loro stesso stipendio, rendendo impossibile ogni stabile programmazione interna delle attività e ogni efficace relazione con tutti i soggetti coinvolti dentro e fuori dal centro di identificazione ed espulsione;
   in questi mesi, per lo stesso motivo, si sono allontanati i medici e gli psicologi impiegati presso il centro di identificazione ed espulsione che è rimasto quindi del tutto privo dell'assistenza psicologica adeguata, come invece prevede il capitolato d'appalto;
   la Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale ha più volte segnalato problemi sulla qualità dei pasti;
   i sindacati di polizia modenesi hanno segnalato un forte clima di tensione, sfociato in alcune rivolte, dovuto a mancanze elementari nei confronti dei trattenuti;
   il consorzio ad avviso degli interpellanti ha chiaramente dimostrato di non avere una propria necessaria autonomia finanziaria, sufficiente a garantire la gestione di una struttura di tale complessità ed importanza;
   nella giornata di sabato 6 luglio 2013, a fronte del permanere e dell'acutizzarsi dei problemi menzionati, la CGIL di Modena ha proclamato sei giorni di sciopero consecutivi, a partire dal martedì successivo, per i lavoratori che operano nel centro alle dipendenze del consorzio «l'Oasi»; tale fatto, senza precedenti per portata, oltre a rimarcare una volta di più l'insostenibilità della situazione e il grado di esasperazione a cui sono giunti i lavoratori, rappresenterebbe senz'altro un delicatissimo problema per la sicurezza del centro stesso, sapendo quali ripercussioni potrà avere sulla vita dei trattenuti una sospensione dei servizi, soprattutto nel periodo di Ramadan (diversi trattenuti sono di fede musulmana);
   ancora una volta, solo l'intervento della prefettura ha determinato la sospensione dello sciopero, a fronte di impegni assunti dalla stessa nei confronti dei lavoratori; peraltro lo sciopero, indetto, risulterebbe solo sospeso e posticipato, permanendo inalterate le gravi carenze sopra riportate;
   una delegazione di parlamentari modenesi – i deputati Davide Baruffi e Edoardo Patriarca e il senatore Stefano Vaccari – dopo avere incontrato a più riprese i lavoratori, nella giornata di sabato 6 luglio 2013 hanno effettuato una lunga visita al centro, incontrando sia la direzione del consorzio, sia gli operatori di sicurezza operanti nel centro, sia i trattenuti: da questa visita hanno potuto riscontrare direttamente le carenze lamentate dal sindacato, una qualità decisamente inadeguata delle strutture, una condizione igenico-sanitaria insostenibile e un'esasperazione dei trattenuti derivante anche da questo stato di cose, decisamente più insostenibile nei mesi estivi dell'anno –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti riportati e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   se non si ritenga necessario, alla luce di quanto esposto, promuovere ispezioni miranti ad appurare l'agibilità dei locali e il rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie;
   quali risultino essere i motivi che impediscono il regolare flusso dei pagamenti da parte della prefettura di Modena verso il consorzio l'Oasi;
   quali iniziative di propria competenza intenda adottare per garantire i lavoratori del consorzio che operano presso il centro di identificazione ed espulsione di Modena, nonché presso le altre sedi presenti sul territorio nazionale;
   se risultino i motivi che hanno portato a cambiare ripetutamente il direttore del consorzio e quali misure di propria competenza intenda adottare al fine di garantire una maggiore continuità nella gestione dello stesso;
   se ritenga che vi siano state da parte dello stesso consorzio gravi, ripetute e sistematiche violazioni della convenzione tali da comportare la revoca della stessa e l'indizione di una nuova procedura per l'affidamento della gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena;
   se non ritenga necessario che l'avvio di una nuova procedura per l'affidamento della gestione debba essere su una base d'asta più equa rispetto agli obblighi previsti e che il soggetto affidatari debba essere individuato attraverso il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (ex articolo 83 del decreto legislativo n. 163 del 2006) anziché utilizzando il criterio del prezzo più basso (ex articolo 82);
   se non ritenga utile avviare una seria riflessione sull'utilità dei centri di identificazione ed espulsione dal momento che, allo stato, a giudizio degli interpellanti essi non corrispondono alle caratteristiche e ai requisiti fissati dallo stesso Ministero dell'interno.
(2-00139) «Baruffi, Ghizzoni, Gribaudo, Incerti, Maestri, Gregori, Lenzi, Gnecchi, Bratti, Gandolfi, Chaouki, Montroni, Patriarca, Giuditta Pini, Bargero, Carra, Bolognesi, Martella, Zampa, Fregolent, Carlo Galli, Berlinghieri, Marchi, Iori, Richetti, De Micheli, Fabbri, D'Ottavio, Faraone, Piccione, Pagani, Petitti, Marco Di Maio, Arlotti, De Maria, Benamati».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIANO, AMENDOLA, MANCIULLI, PICIERNO, LATTUCA e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dalla stampa e dai diversi organi di informazione che il 29 maggio scorso 2013, a Roma, una cinquantina di uomini delle Forze dell'ordine facevano irruzione durante la notte in una villetta a Casal Palocco, alla ricerca di Mukhtar Ablyazov, l'oppositore kazako in esilio a Londra dal 2009, e, in sua assenza, prelevavano la moglie di lui e la conducevano presso Centro di Identificazione e Espulsione di Ponte Galeria, sulla base della presunta circostanza dell'assenza di documenti legali di soggiorno;
   l'irruzione sarebbe avvenuta in assenza di mandato, da parte di uomini armati, senza uniforme, che avrebbero perquisito la casa e picchiato uno dei familiari; l'operazione sarebbe peraltro avvenuta in assenza di interpreti o di legali, al punto che in un primo momento i familiari di Mukhtar Ablyazov avrebbero addirittura pensato ad una rapina;
   sempre da notizie a mezzo stampa si apprende che, nonostante le ripetute richieste di asilo che sarebbero state avanzate dalla signora Alma Salabayeva, nel giro di pochissime ore un giudice di pace, in un'udienza lampo, convalidava il suo arresto e la signora veniva immediatamente imbarcata assieme alla figlia Alua – di soli sei anni, in Italia dall'autunno del 2012 e regolarmente frequentante una scuola italiana – su un aereo privato, noleggiato dall'ambasciata del Kazakistan, e diretto alla città di Almaty, all'insaputa dello stesso avvocato della signora Salabayeva che nel frattempo, come convenuto con il giudice di pace, si presentava alle 15.00 presso il Centro di Identificazione e Espulsione di Ponte Galeria, salvo lì scoprire l'avvenuto imbarco della propria assistita;
   i fatti riportati appaiono di una gravità inaudita, anche alla luce del fatto che l'articolo 19 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286 stabilisce che «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione» e Mukhtar Ablyazov, in esilio dal 2009, rappresenta uno dei principali oppositori al leader kazako Nazarbayev;
   secondo quanto denunciato da organizzazioni Internazionali come Amnesty International e Human rights watch, infatti, in Kazakistan persiste un serio problema di protezione dei diritti umani, specie con riferimento agli arresti degli oppositori, alle denunce di torture, alla repressione della libertà di stampa, come anche testimoniato dall'uccisione di 16 persone avvenuta a Zhanaozen nel 2011 in una protesta dei lavoratori locali del petrolio;
   la gravità dei fatti è accresciuta dalla considerazione che ad essere state rimpatriate, e dunque potenzialmente esposte a ritorsioni o persecuzioni, sono state la moglie e la figlia di soli sei anni del principale oppositore di Nazarbayev, il che appare in decisa violazione di numerose Convenzioni internazionali firmate e ratificate dall'Italia;
   a distanza di pochi giorni, lo stesso tribunale del riesame, in sede di convalida dell'arresto, rilevava che «lascia perplessi la velocità con cui si e proceduto al rimpatrio in Kazakistan dell'indagata e della bambina, congiunti di un rifugiato politico, in presenza di atti dai quali emergevano quantomeno seri dubbi sulla falsità del documento»;
   ad oggi, trascorso più di un mese dall'avvenuta operazione della Forze dell'ordine, ancora non è chiaro chi abbia impartito l'ordine di eseguire questa operazione il 29 maggio 2013, e del perché, secondo quanto riportato da notizie a mezzo stampa, il Ministero degli affari esteri non sia stato prontamente avvertito e coinvolto, trattandosi non di una semplice operazione di contrasto all'immigrazione illegale, bensì del rimpatrio degli stretti familiari di uno dei principali oppositori al Governo Kazako, né è chiaro il perché di un'operazione condotta nel cuore della notte e di un rimpatrio effettuato con tanta sollecitudine; 
   nonostante venga valutata con favore la decisione del Presidente del Consiglio dei ministri in carica di avviare immediatamente un'indagine interna agli organi di Governo che ricostruisca i fatti ed evidenzi eventuali profili di criticità, desta ancora più preoccupazione il fatto che in un'intervista al quotidiano la Stampa il 5 luglio 2013 Abliyazov, dopo aver rivolto un appello al presidente Letta perché faccia luce su questa vicenda, afferma di ritenere che il rimpatrio della moglie e della figlia sia «avvenuto perché il dittatore del Kazakhistan voleva due ostaggi contro il suo maggiore oppositore politico» –:
   se il Ministro interrogato sia stato informato, preventivamente o successivamente, della decisione relativa all'operazione e delle ragioni della stessa, nonché del responsabile della decisione, e in caso contrario quali siano le informazioni in possesso del Ministro. (5-00554)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Torre Annunziata è stato già sciolto per condizionamenti di tipo camorristico nel 1992;
   nel luglio 2011 il dirigente dell'Ufficio Tecnico Comunale, ing. Corrado Orrico, è stato rimosso dal suo incarico, e successivamente, dopo aver presentato un esposto alla procura della Repubblica di Torre Annunziata, ha rilasciato un'intervista a organi di stampa locale denunciando sprechi di risorse pubbliche e interferenze continue ed anomale nella gestione dei lavori pubblici da parte di componenti della giunta comunale, come riportato da MetropolisWeb il 31 luglio dello stesso anno nell'articolo «Torre Annunziata, bufera politica per il caso-Orrico»;
   pochi giorni dopo, come si rileva dall'articolo del quotidiano locale online TorreSette.it intitolato «Del Gaudio, esposto al prefetto: “Sciogliere il Consiglio comunale !”» dell'8 agosto 2011, il dottor Michele del Gaudio, ex magistrato e parlamentare, ha presentato un esposto al Prefetto di Napoli e alla procura della Repubblica di Torre Annunziata nel quale, sulla base di un articolato dossier, chiedeva se vi fossero le condizioni per lo scioglimento del consiglio comunale;
   in occasione delle elezioni amministrative del 2012 sono state denunciate alle forze dell'ordine numerose irregolarità presso i seggi elettorali;
   in quell'occasione è stato eletto come sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita con oltre il 60 per cento dei voti;
   Ciro Alfieri, vicesindaco con deleghe alle politiche sociali e ambito, alle pari opportunità, ai centri sociali, all'informagiovani e politiche giovanili, all'asilo nido, alle politiche attive della casa, alla statistica, ai rapporti con le associazioni e all'informatizzazione della giunta comunale nominata dal sindaco Starita, risulta oggetto di un provvedimento dell'autorità giudiziaria che ha acclarato il compimento di reati contro la pubblica amministrazione, non punibili per l'avvenuta prescrizione;
   nel settembre 2012, durante un'operazione di controllo nel quartiere Penniniello di Torre Annunziata era stato rinvenuto presso l'abitazione di un presunto boss di un clan camorristico uno dei centinaia di pacchi alimentari distribuiti dal comune di Torre Annunziata, in particolare dall'assessorato alle politiche sociali, delega affidata al suddetto Ciro Alfieri, alle famiglie disagiate, come racconta MetropolisWeb nell'articolo datato 30 settembre 2012 «Torre Annunziata, scoperta-choc nei santuari della camorra: i pacchi spesa del Comune a casa dei boss»;
   il 3 aprile 2013 si è insediata presso il comune di Torre Annunziata la commissione d'accesso nominata dal prefetto di Napoli sulla base di un dossier delle forze dell'ordine definito «un quadro indiziario consistente»;
   nello stesso mese di aprile 2013 l'ex presidente del consiglio comunale e consigliere regionale in carica, Raffaele Sentiero, è stato oggetto di un provvedimento cautelare dell'autorità giudiziaria per l'accusa di truffa aggravata nell'utilizzo di denaro pubblico, erogato per attività di comunicazione o comunque a carattere istituzionale e utilizzato per soddisfare spese di natura personale, come riporta l'edizione napoletana del quotidiano La Repubblica del 4 luglio 2013 nell'articolo «Regali e giocattoli, scandalo in Regione»;
   il prefetto di Napoli ha prorogato fino al 2 agosto 2013 l'incarico della commissione medesima;
   il territorio di Torre Annunziata risulta pesantemente infiltrato da organizzazioni criminali e presenta estese aree di marginalità sociale e un profondo disagio economico;
   l'invio della commissione d'accesso è importante e giustificato dalla corposità del dossier elaborato delle forze dell'ordine, come riportato dall'articolo «Commissione d'accesso a Torre Annunziata: c’è un dossier pieno di indizi» pubblicato da MetropolisWeb il 4 aprile 2013 –:
   se, alla luce dei fatti esposti in premessa, il Ministero interrogato per quanto di competenza, non intenda esaminare, non appena acquisita, la relazione definitiva della commissione d'accesso di Torre Annunziata ed assumere quindi le iniziative indispensabili a pervenire eventuali forme di condizionamento degli amministratori che possano compromettere la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi alla stessa affidati, anche promuovendo le scioglimento ex articolo 143 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali. (4-01193)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   IORI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la figura dell'educatore professionale vive negli ultimi anni una situazione di profonda incertezza, sia per quanto riguarda la sua formazione, sia per quanto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro e ciò è dovuto principalmente ad una situazione normativa complessa e a volte contraddittoria;
   il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», successivamente modificato con decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ha trasferito, con l'articolo 6, comma 3, la formazione degli operatori sanitari non laureati nell'ambito dell'ordinamento universitario, e ha demandato al Ministro della salute l'individuazione, con apposito decreto, delle figure professionali sanitarie da formare e dei relativi profili. Tale decreto, e i provvedimenti attuativi che ne sono conseguiti hanno definito in dettaglio le norme di riferimento e i profili validi per le professioni sanitarie sopprimendo contestualmente i corsi previsti dal precedente ordinamento garantendo comunque il completamento degli studi agli studenti iscritti;
   in esecuzione della previsione legislativa sopra indicata, il Ministero della sanità ha emanato, fra il 1994 e il 2001, una serie di decreti con i quali sono stati individuati vari profili sanitari;
   per quel che riguarda in particolare l'educatore professionale, soltanto con decreto del Ministero della sanità 8 ottobre 1998, n. 520 «Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale», decreto ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del citato decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è stata istituita la figura e il relativo profilo professionale stabilendo altresì che le università provvedessero alla formazione attraverso la facoltà di medicina e chirurgia in collegamento con le facoltà di psicologia, sociologia e scienza dell'educazione;
   pertanto, la situazione relativa alla figura dell'educatore professionale nel corso degli anni ’90 era la seguente:
    a) per il comparto sanitario la formazione degli operatori sanitari era demandata, ai sensi del decreto-legge n. 502 del 1992, all'università (facoltà di medicina), sulla base dei profili definiti con appositi decreti del Ministero della sanità (i corsi di laurea avrebbero potuto essere attivati, però, solo dopo l'individuazione del relativo profilo – il decreto ministeriale n. 520 sulla figura dell'educatore professionale è dell'ottobre 1998 – e l'approvazione dei relativi ordinamenti didattici, ancora non previsti dal decreto-legge n. 502);
    b) in base al decreto-legge n. 502 del 1992 vennero attivati corsi regionali per la formazione degli educatori professionali che vennero poi progressivamente chiusi in concomitanza con l'apertura dei corsi di laurea per educatore nella facoltà di scienze della formazione;
    c) le facoltà di scienze della formazione hanno cominciato a laureare educatori professionali extrascolastici (denominati successivamente anche educatori sociali);
    d) stante la chiusura del mercato della sanità, per i motivi suesposti, si è cominciato a premere sui servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. Tale corso di laurea, inizialmente quadriennale, è stato riconvertito in laurea di 1° livello (prima in classe 18 poi in classe 19), a partire dall'anno accademico 2000/2001;
   l'aspettativa delle regioni, delle autonomie locali, nonché delle associazioni di categoria (in particolare l'associazione nazionale educatori professionali – ANEP) era che l'anomalia della doppia formazione universitaria dell'educatore professionale venisse risolta in seguito all'emanazione del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509: «Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei», con cui è stato riformato l'ordinamento degli studi universitari e ai successivi decreti ministeriali di determinazione delle classi delle lauree universitarie, mentre, contrariamente a ciò, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, nell'emanazione di tali decreti, ha mantenuto la dicotomia della formazione degli educatori professionali;
   infatti il decreto ministeriale 4 agosto 2000 «Determinazione delle classi delle lauree universitarie» successivamente modificato dal decreto ministeriale 22 maggio 2003 definisce la classe di laurea 18 come «classe delle lauree in scienze dell'educazione e della formazione», precisando che «i laureati della classe svolgeranno attività di educatore professionale, educatore di comunità e nei servizi sociali», mentre il decreto ministeriale 2 aprile 2001 «Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie», che individua 22 figure, inserisce l'educatore professionale all'interno della classe 2 «classe delle lauree nelle professioni sanitarie della riabilitazione», con riferimento al profilo definito con il decreto ministeriale n. 520 del 1998. Per quanto riguarda l'educatore professionale, pertanto, questa è la prima e unica fonte normativa attuativa dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992;
   a tale riguardo si precisa, inoltre, che con decreto ministeriale 27 luglio 2000 «Equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di educatore professionale, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base», emanato ai sensi della legge 26 febbraio 1999, n. 42 «Disposizioni in materia di professioni sanitarie», i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell'articolo 6, comma 3, erano stati riconosciuti equipollenti al diploma universitario di educatore professionale di cui al decreto ministeriale n. 520 del 1998;
   rimane, invece, una situazione di incertezza per quanto riguarda l'area dell'integrazione socio-sanitaria, per la quale manca a tutt'oggi l'individuazione dei relativi profili a livello nazionale, così come previsto dal decreto legislativo n. 502 del 1992;
   si tratta, peraltro, dell'area dove trova collocabilità la maggior parte degli educatori (sia quelli definiti professionali sia quelli definiti extrascolatici o sociali) e che comprende in particolare i servizi per la disabilità e parte dei servizi per i minori, le cui prestazioni sono a carico sia del comparto sanitario sia del comparto sociale. Sono servizi, quindi, in cui la compartecipazione finanziaria è giustificata da una forte integrazione gestionale che rende difficile separare le singole componenti –:
   se i Ministri siano a conoscenza della situazione sopraesposta e se non ritengano opportuno assumere iniziative per includere lo sbocco occupazionale nell'ambito socio-sanitario anche per gli educatori in possesso della laurea in scienze dell'educazione conseguita nelle facoltà di scienze della formazione, ugualmente preparati al lavoro socio-sanitario che già di fatto svolgono. (4-01191)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sanità preventiva nella regione Campania è afflitta da un grave problema per la salute pubblica;
   la sanità preventiva si effettua sul territorio attraverso il personale tecnico della prevenzione, una figura professionale che sta scomparendo nell'ambito delle aziende sanitarie locali;
   eppure l'importanza e la indispensabilità della figura si ravvisa quotidianamente e in relazione ad eventi gravi. Nel solo mese di giugno del 2013, nei primi tredici giorni del mese, già tre allerta rapide – numeri identificativi 295128E/20/2013 del 4 giugno 2013; 2967568E/20/2013 del 7 giugno 2013; 2951228E/20/2013 del 13 giugno 2013 – sono state gestite in Campania per alimenti pericolosi, tossici e nocivi;
   l'Unione nazionale personale ispettivo sanitario d'Italia – UNPISI – quale associazione professionale di categoria rappresentativa dei tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, riconosciuta con decreto del Ministro della salute del 19 giugno 2006, ha espresso forti preoccupazioni circa la drammatica situazione in cui versano i dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali campane a causa della grave carenza di personale ispettivo tecnico della prevenzione e degli scarsi mezzi e insufficienti dotazioni strumentali a disposizione;
   il personale tecnico della prevenzione, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 42 del 1999, dalla legge n. 251 del 2000 e dal decreto ministeriale n. 58 del 1997, oltre alle attività di supporto ai servizi, svolge in piena autonomia e responsabilità le attività di vigilanza e ispezione, negli ambiti:
    a) della sicurezza alimentare, mediante controlli ufficiali delle attività del settore primario, degli stabilimenti produttivi, del trasporto e del commercio, dei prodotti fitosanitari, additivi e MCA, per il ritiro dalla distribuzione dei prodotti alimentari segnalati come pericolosi dalla rete internazionale RASFF, piani di campionamento dei prodotti alimentari per il monitoraggio dei fattori di rischio legati all'alimentazione, piani di campionamento delle acque potabili presso ogni comune, attività di ispettorato micologico;
    b) dell'igiene e della sanità pubblica, veterinaria e ambientale, mediante la vigilanza e ispezioni mirate sui fattori inquinanti di aria, suolo e dei corpi idrici, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie, degli esercenti le professioni sanitarie, nelle attività turistico-ricettive, impianti termali, balneari e sportivi, nelle farmacie, erboristerie, centri di estetica, dei prodotti cosmetici, attività di polizia mortuaria;
    c) della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, mediante la sorveglianza del 5 per cento delle imprese attive, delle aziende classificate a rischio di incidente rilevante, di quelle con elevati indici di frequenza e gravità per infortuni e malattie professionali, nei cantieri edili e nell'agricoltura, nella gestione degli infortuni e delle malattie professionali, con il controllo periodico degli impianti, delle macchine e delle attrezzature;
   come spesso capita, il problema della carenza dei servizi ispettivi emerge sulla stampa e sui mezzi di informazione solo quando ricorrono fatti gravi di cronaca, come nel caso di decessi per avvelenamenti e intossicazioni alimentari o nei casi di gravi infortuni e morti bianche. Di contro, il problema ha ragioni di carattere non occasionale;
   invero, una mancata politica regionale e di management aziendale di rinnovamento dell'organico degli ultimi venti anni e il perdurante blocco del turn-over dal 2007 hanno determinato la mancata sostituzione del personale in quiescenza e, nel tempo, un abbattimento dell'organico fino al 60 per cento in alcune realtà, con la conseguenza che interi ambiti territoriali restano presidiati da una sola unità, ovvero, non raramente, senza alcun personale di vigilanza;
   di circa 300 giovani campani laureati nel nuovo profilo professionale di «tecnico della prevenzione di cui al decreto ministeriale n. 58 del 1997», presso le relative facoltà dell'università Federico II di Napoli e della seconda università di Napoli, nessuno è stato assunto nel servizio sanitario regionale della Campania. La medesima situazione si è anche registrata presso altre regioni italiane;
   un esempio significativo di quanto riportato sul mancato presidio in alcuni ambiti territoriali è rappresentato dall'azienda sanitaria locale di Salerno che da circa 130 ispettori TPALL in organico nelle tre ex aziende sanitarie locali ora conta soltanto di circa 60 unità;
   la situazione premessa comporta la impossibilità, in alcuni ambiti, di assicurare i livelli essenziali di assistenza nel campo della «Prevenzione collettiva e sanità pubblica», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, comportanti attività e prestazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza della comunità da rischi infettivi, ambientali, alimentari, legati alle condizioni di lavoro, correlati agli stili di vita;
   quanto premesso riveste particolare urgenza stante la peculiare e delicata attività quotidiana di questa categoria professionale e rende consapevoli che la situazione potrebbe precipitare fino a portare in futuro all'insostenibilità del sistema di prevenzione nella regione –:
   quali provvedimenti e quali misure urgenti intenda intraprendere, in collaborazione con la regione interessata per assicurare i livelli essenziali di assistenza anche mediante specifiche iniziative che consentano una deroga al blocco del turn-over con riferimento al personale tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro TPALL). (5-00551)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 147 del 25 giugno 2013 la legge n. 71 del 2003 di conversione del decreto-legge n. 43 del 2013 relativo a disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino e per il contrasto ad emergenze ambientali;
   durante l’iter parlamentare di conversione in legge, il provvedimento ha subito alcune modifiche, tra le quali quelle riferite all'articolo 1 che hanno disposto l'inserimento di Trieste – oltre a Piombino – tra le aree di crisi industriale complessa, modificando l'articolo 27 del cosiddetto decreto-legge sulla crescita (n. 83 del 2012), convertito con modificazioni in legge n. 134 del 2012;
   le novità introdotte alla normativa derogano alla disciplina generale in merito alle procedure di individuazione di tali aree, contenuta nel decreto ministeriale attuativo del Ministro dello sviluppo economico (MISE), datato 31 gennaio 2013;
   secondo le disposizioni vigenti, spetta al Ministro dello sviluppo economico adottare per l'area industriale di Trieste il progetto di riconversione e riqualificazione per promuovere investimenti produttivi, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi;
   il progetto dovrà essere adottato mediante un apposito accordo di programma che disciplini gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni stabilite. Inoltre, la conferenza di servizi strumentale all'attuazione del Progetto dovrà essere indetta dal Ministro dello sviluppo economico;
   spetterà all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (Invitalia) l'incarico di elaborare una proposta di progetto da presentare – entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge avvenuta il 26 giugno 2013, eventualmente prorogabile per un altro mese – al Gruppo di coordinamento e controllo istituito del MISE per la sua l'approvazione –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare immediatamente tutti i provvedimenti necessari per attivare le procedure di approvazione ed esecuzione del progetto di riconversione e riqualificazione per l'area industriale di Trieste, inserita tra le aree di crisi industriale complessa, in modo da sostenere il tessuto produttivo del capoluogo giuliano che versa in grave difficoltà. (5-00553)


   CARELLA e PILOZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il consorzio GAIA di Colleferro (Roma), che assicura il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in 20 comuni della regione Lazio, è un amministrazione straordinaria dall'agosto del 2007 ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 e successive modificazioni;
   la crisi attuale impone a tutti la modifica delle proprie spese, soprattutto di quelle superflue e quelle non riconducibili a un comportamento sobrio, a maggior ragione laddove si tratti di società che operano nel pubblico;
   la società Gaia ogni anno chiude con oltre 3 milioni di passivo: il concetto di spending review e la sua applicazione a giudizio degli interroganti non è probabilmente ancora chiara ai massimi livelli direttivi della società;
   non ci si fa mancare proprio nulla, si acquistano persino 3 auto;
   lasciano perplessi le nuove gare di appalto, basta ricordare l'ultima sulle manutenzioni, quattro lotti e per ogni lotto un solo partecipante con ribassi che non superano il 2-3 per cento segno che la concorrenza non esiste; precedentemente i ribassi arrivavano anche al 30-35 per cento e significavano risparmi per l'ente;
   la società Gaia ogni mese trova difficoltà nel pagare gli stipendi ai 487 dipendenti, forse una gestione più attenta e oculata potrebbe evitare questa continua insicurezza per tante famiglie;
   il commissario straordinario in tutti questi anni, insieme al suo staff di consulenti e avvocati, sarebbe costato circa 11 milioni di euro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della gestione commissariale del consorzio Gaia e delle relative risultanze fino al passaggio del medesimo consorzio all'amministrazione regionale. (5-00559)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Bergamini e altri n. 7-00061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manlio Di Stefano.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Garavini e altri n. 5-00181, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Porta, Carella.

  L'interrogazione a risposta scritta Zan e altri n. 4-00792, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fava.

  L'interrogazione a risposta scritta Salvatore Piccolo e altri n. 4-01151, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tino Iannuzzi.

  L'interrogazione a risposta scritta Orfini e altri n. 4-01158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fanucci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Miccoli n. 5-00550 dell'8 luglio 2013.

Ritiro di una firma da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Cimbro e altri n. 2-00136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2013: è stata ritirata la firma del deputato Giuditta Pini.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Salvatore Piccolo e altri n. 4-01151 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 46 del 4 luglio 2013.

  Alla pagina 2999, prima colonna, alla riga prima deve leggersi: «il primo firmatario del presente atto,» e non «il primo firmatario del presente atto», come stampato.

  Alla pagina 3000, prima colonna, alla riga quarantacinquesima deve leggersi: «tutti gli atti impugnati e di ogni conseguente» e non «tutti gli atti impugnati ed ogni conseguente», come stampato.

  Alla pagina 3000, seconda colonna, dalla riga ottava alla riga decima deve leggersi: «devesi, peraltro, segnalare che i consiglieri comunali Salvatore del Prete, Michele De Micco, Francesco Piccirillo e» e non: «devesi, peraltro segnalare che i consiglieri comunali Salvatore del Prete, Michele De Micco, Francesco Piccirillo e», come stampato.

  Alla pagina 3000, seconda colonna, dalla riga dodicesima alla riga tredicesima deve leggersi: «avevano sporto alla locale stazione dei carabinieri denuncia-querela con» e non: «avevano sporto denuncia alla locale stazione dei carabinieri denuncia-querela con», come stampato.

  Alla pagina 3000, seconda colonna, alla riga ventinovesima deve leggersi: «amministrativo, alcuni eventi che, negli» e non «amministrativo alcuni eventi che, negli», come stampato.

  Alla pagina 3001, prima colonna, dalla riga ventesima alla riga ventunesima deve leggersi: «stesso pende tuttora un procedimento penale per i reati di peculato, corruzione» e non «stesso pende tuttora un procedimento penale per i redditi di peculato, corruzione», come stampato.