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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 5 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'ambasciata italiana a Mosca ha ricevuto una richiesta di asilo politico da parte di Edward Snowden;
    l'ex consulente della Cia si considera a tutti gli effetti un difensore dei diritti umani ed ha ispirato la sua azione di denuncia dello spionaggio Usa nei confronti di Paesi alleati (tra i quali l'Italia) agli ideali di libertà e democrazia nonché ai valori del rispetto della sovranità nazionale che dovrebbe ispirare le relazioni tra Paesi liberi nella comunità internazionale;
   su Edward Snowden pende un mandato di cattura del governo degli Stati Uniti, Paese nel quale – come è noto – se estradato, rischierebbe la pena di morte;
   l'Italia è paese offeso dall'attività di spionaggio operata dalle agenzie del Governo degli Stati Uniti nei confronti delle sue sedi diplomatiche ed ha unito la sua protesta a quella di altri paesi dell'Unione europea;
   tale offesa alla sovranità nazionale dell'Italia e dell'Unione europea è stata resa nota solo grazie alla denuncia di Snowden che ha portato alla luce il cosiddetto Datagate. Snowden deve anche per questo godere del massimo di protezione della comunità internazionale e dell'Italia;
   non può essere sollevata la questione dell'irritualità della presentazione della richiesta d'asilo all'Italia in quanto come è noto Edward Snowden è bloccato nello scalo transiti dell'aeroporto di Mosca, ma la sua volontà di richiedere asilo è esplicita e conosciuta da tutta la pubblica opinione. D'altronde, al fine di verificarne la reale volontà, l'ambasciata può inviare un suo funzionario allo scalo transiti dell'aeroporto internazionale di Mosca, incontrare lo Snowden ed eventualmente sanare gli eventuali vizi di forma che non possono, specialmente quando sono in gioco diritti umani fondamentali, essere utilizzati a pretesto per la reiezione della richiesta di asilo,

impegna il Governo:

   ad accogliere, in ragione di quanto evidenziato in premessa, la richiesta di asilo di Edward Snowden in base all'articolo 10 della Costituzione e dell'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
   ad inviare il proprio ambasciatore o un suo delegato, nell'area transiti dell'aeroporto internazionale di Mosca, a comunicare l'accettazione della richiesta di asilo e garantire la partenza dalla Russia e l'arrivo in Italia sotto la protezione diplomatica del nostro Paese.
(1-00137) «Paolo Bernini, Liuzzi, Manlio Di Stefano, Artini, Corda, Basilio, Alberti, Rizzo, Frusone, Di Battista, Sibilia, Spadoni, Scagliusi, Tacconi, Cristian Iannuzzi, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, De Lorenzis, Dell'Orco, Del Grosso, Mucci, Caso, Cariello, Fico, Marzana, Ruocco, Villarosa, Cancelleri, Micillo, Currò, Castelli, Chimienti, Fraccaro».


   La Camera,
   premesso che:
    la Costituzione all'articolo 6 «tutela con apposite norme le minoranze linguistiche», all'articolo 116 stabilisce «che il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Suedtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con la legge costituzionale» e all'articolo 3 afferma che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»;
    ai sensi dell'articolo 101 dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige «nella Provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione»;
    l'articolo 99 dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige precisa che «nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana» ed è, dunque, riconosciuta come lingua ufficiale, al pari di quella francese in Valle d'Aosta, con pari diritti tra i diversi gruppi linguistici, come riconosciuto dalla pronuncia della Corte costituzionale, 30 settembre 1983, n. 312;
    analoghi principi sono riconosciuti dallo Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, all'articolo 102, per le «popolazioni ladine e quelle mòchene e cimbre» e, in particolare, all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1951 che stabilisce che nelle Valli Ladine può essere usato nella toponomastica locale, oltre all'italiano e al tedesco, anche il ladino;
    l'Italia aderisce al Genung (Gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sui nomi geografici), nelle cui linee guida si afferma che il tedesco e il francese come lingue ufficiali sono parificate ed hanno i medesimi diritti dell'italiano, e si danno indicazioni, sul sistema ortografico e grammaticale, per le lingue minoritarie «riconosciute ma non parificate» come il ladino;
    la legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, con la quale la provincia autonoma di Bolzano ha disposto l'istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale, assolve allo scopo di risolvere, sulla base di criteri oggettivi e non politicizzati e nel rispetto dei dettati costituzionali ricordati, questa materia sicuramente delicata, e rientra nella potestà legislativa primaria attribuita dall'articolo 8, comma due, dello Statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige, alla provincia autonoma di Bolzano in materia di toponomastica;
    a mente del secondo comma dell'articolo 1 della legge 20 settembre 2012, n. 15, «il repertorio dei toponimi rappresenta lo strumento per la corretta denominazione del territorio della provincia di Bolzano e per la diffusione della conoscenza, della pronuncia, dell'uso, del significato, della tradizione e dell'origine dei toponimi stessi»;
    a norma dell'articolo 2, secondo comma, della legge provinciale 20 settembre 2012, n. 15, «le denominazioni sono registrate nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue»; si stabilisce pure che «l'ordine di precedenza è dato dalla consistenza dei gruppi linguistici nei luoghi di pertinenza, risultante dall'ultimo censimento generale della popolazione alla data della registrazione»;
    all'articolo 3, primo comma, della medesima legge provinciale si stabilisce che «la valutazione e l'approvazione delle proposte avanzate dalle comunità comprensoriali territorialmente competenti (...) spettano ad un comitato composto da sei persone esperte in materia storica, geografica e cartografica, che viene nominato dalla Giunta provinciale» e che di tale comitato «tre componenti, uno per ciascun gruppo linguistico, vengono designati dal Consiglio provinciale, su proposta dei consiglieri dei rispettivi gruppi linguistici, e tre dalla Giunta provinciale su proposta degli assessori dei rispettivi gruppi linguistici»;
    ne consegue che, in ragione della legge 20 settembre 2012, n. 15, non vi è alcuna negazione dei principi e delle norme relative al bilinguismo che in Trentino-Alto Adige/Suedtirol, in Valle d'Aosta, nel Friuli Venezia-Giulia, tutelano le lingue tedesca nella provincia autonoma di Bolzano/ Bozen e francese nella Valle d'Aosta / Vallée d'Aoste come lingue ufficiali e riconoscono le altre lingue minoritarie come il ladino in Trentino-Alto Adige Suedtirol, lo sloveno ed il friulano in Friuli Venezia Giulia;
    si tratta di lingue minoritarie che, al di fuori delle province e delle regioni autonome laddove abbiano competenza in materia, sono tutelate dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» e per quanto riguarda lo sloveno dalla legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia»;
    la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie – che l'Italia ha firmato il 27 giugno 2000 ma non ancora ratificato – afferma che «il diritto di usare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e pubblica costituisce un diritto imprescrittibile, conformemente ai principi contenuti nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite e conformemente allo spirito della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa (...) coscienti del fatto che la tutela e il promovimento delle lingue regionali o minoritarie nei diversi Paesi e regioni d'Europa contribuiscano in modo considerevole a costruire un'Europa fondata sui principi della democrazia e della diversità culturale, nell'ambito della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale»;
    non sembra, inoltre, contestabile il fatto che la competenza legislativa esclusiva in materia di toponomastica della provincia autonoma di Bolzano comprenda anche la competenza di intervenire sulla toponomastica «ufficiale» in lingua italiana;
    la Corte costituzionale «ha più volte affermato che la tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio dell'ordinamento costituzionale», con particolare riferimento all'articolo 6 della Costituzione ed ai principi di eguaglianza e non discriminazione affermati e ormai consolidati in ripetuti atti internazionali relativi al diritto all'uso delle lingue;
    il 16 novembre 2012, il Consiglio dei Ministri ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale avverso l'articolo 1, commi 4 e 5, della legge 20 settembre 2012, n. 15, dinanzi alla Corte costituzionale, per violazione degli articoli 1, secondo comma, 101 e 156 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige/Suedtirol;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, nelle sue dichiarazioni programmatiche alle Camere e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, in audizione presso la Commissione parlamentare affari costituzionali della Camera dei deputati, hanno ribadito l'obiettivo di valorizzare il ruolo delle autonomie speciali nell'azione di governo e per le riforme costituzionali ed hanno indicato nell'accordo di Milano un punto di riferimento essenziale;
    il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio, ha affermato che: «abbiamo praticamente tenuta impegnata quasi esclusivamente la Corte costituzionale per sanare contenziosi tra le regioni e lo Stato», e come sia sua intenzione «ridurre questo contenzioso tra Stato e regioni del 40 per cento nel 2013 e altrettanto nel 2014», auspicando la collaborazione delle regioni e delle autonomie in questa prospettiva,

impegna il Governo

ad avviare opportuni colloqui con la provincia autonoma di Bolzano al fine di individuare una soluzione del contenzioso, d'intesa con la provincia autonoma di Bolzano, che, in base all'accordo raggiunto, provvederà ad apportare le modifiche alla legge provinciale 20 settembre 2012, n 15, e, in generale, ad individuare opportune soluzioni dei contenziosi d'intesa con la provincia autonoma di Bolzano.
(1-00138) «Alfreider, Bressa, Dellai, Kronbichler, Marguerettaz, Blazina, Gebhard, Gnecchi, Ottobre, Plangger, Schullian».


   La Camera,
   premesso che:
    la convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001 e ratificata dall'Italia nel 2008, è il primo trattato internazionale sulle infrazioni penali commesse via internet e su altre reti informatiche, relativo in particolare, alle violazioni dei diritti d'autore, alla frode informatica, alla pornografia infantile e alle violazioni della sicurezza della rete, determinando altresì una serie di misure e procedure appropriate, quali la perquisizione dei sistemi di reti informatiche e l'intercettazione dei dati, con la finalità di perseguire una politica penale comune per la protezione della società contro la cibercriminalità, in special modo adottando legislazioni appropriate e promuovendo la cooperazione internazionale;
    si richiamano la comunicazione «Strategia dell'Unione europea per la cibersicurezza: un ciberspazio aperto e sicuro» (JOIN2013)1), adottata il 7 febbraio 2013 congiuntamente dalla Commissione europea e dall'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché la proposta di direttiva recante misure volte a garantire un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dell'informazione nell'Unione europea (COM (2013)48);
    sono, altresì, all'esame delle istituzioni dell'Unione europea la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati) (COM(2012)0011), nonché la proposta di direttiva (COM(2012)10) sulla protezione dei dati personali trattati a fini di prevenzione, di individuazione, investigativi e di perseguimento dei reati;
    tali strumenti mirano complessivamente alla creazione di un quadro normativo coerente e armonico, finalizzato ad un approccio globale alla protezione dei dati, al rafforzamento dei diritti delle persone, ad un ulteriore avanzamento della dimensione del «mercato interno» e al potenziamento della dimensione globale, individuando altresì un complesso di misure volte a promuovere la sensibilizzazione sul tema della cyber sicurezza e un uso consapevole degli strumenti informatici, anche attraverso il contrasto alla criminalità informatica e la creazione di una rete di collaborazione tra le autorità nazionali competenti e la Commissione europea, al fine di realizzare un sistema sicuro di scambio di informazioni, con l'assistenza dell'ENISA – Agenzia europea per la sicurezza delle reti dell'informazione, promuovendo l'elaborazione di una politica internazionale dell'Unione europea nel settore;
    si segnala altresì il rapporto sulla libertà di espressione e internet, del relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione e tutela della libertà di opinione ed espressione, Frank La Rue, presentato al Consiglio ONU per i diritti umani nel giugno 2011 e all'Assemblea Generale ONU nel dicembre 2012;
    va considerata la campagna promossa dal Consiglio d'Europa, «No Hate Speech Movement», da svolgersi fino al 2014, con lo scopo di combattere il razzismo e la discriminazione espressa in discorsi di odio online, fornendo ai giovani e alle organizzazioni giovanili le competenze per riconoscere queste violazioni dei diritti umani e per agire in contrasto;
    si esprime apprezzamento per l'avvio di tale campagna e per il fatto che essa sia stata promossa dal Consiglio consultivo per la gioventù, organismo che riunisce rappresentanti di organizzazioni e reti giovanili non governative europee, agendo in stretto contatto con il Comitato direttivo europeo per la gioventù (CDEJ) del Consiglio d'Europa;
    va ricordato ricordando che il 21 giugno 2013 hanno avuto avvio le campagne nazionali, fra cui quella italiana, messe in atto con la partecipazione di attori governativi e Organizzazioni non governative operanti nel settore dei giovani, in uno spirito di co-gestione;
    si è consapevoli che la libertà di espressione – diritto fondamentale ed inalienabile della persona – è essenziale per creare un ambiente favorevole alle discussioni critiche di questioni religiose e razziali, per promuovere la comprensione e la tolleranza e combattere la diffusione di stereotipi negativi;
    va considerato che l'integrazione economica e sociale, derivante dalla globalizzazione, ha portato a un considerevole aumento dei flussi transfrontalieri e quindi anche dei dati scambiati tra i singoli, gli operatori economici e sociali, pubblici e privati, on e off line;
    va evidenziato che la rapidità dell'evoluzione tecnologica comporta, altresì, nuove sfide per la protezione dei dati personali e la tutela dei diritti fondamentali, essendo aumentati in modo vertiginoso la portata della condivisione e della raccolta di dati nonché lo scambio di comunicazioni e informazioni non solo tra istituzioni pubbliche, ma anche tra privati, di modo che le nuove tecnologie hanno trasformato non solo l'economia ma anche le relazioni sociali;
    va rilevato che aumenta sempre di più il numero di utenti telematici che trascorrono parte della propria «vita digitale» su forum, chat, blog, gruppi di discussione on line, che ormai rappresentano a tutti gli effetti strumenti di condivisione ed espressione della propria personalità;
    va rilevato, altresì, che essendo il Web a tutti gli effetti un luogo di integrazione sociale ed economica al suo interno possono compiersi crimini e violazioni dei diritti umani di cui gli utenti sembrano avere una percezione attenuata, forse a causa della intangibilità della rete internet e dell'anonimato che questa sembra garantire;
    va evidenziato, peraltro, che il diritto di critica, tutelato ampiamente nell'ambito della libertà di manifestazione del pensiero, non deve mai trasmodare in reato, ovvero configurarsi come l'ingiuria, diffamazione, ovvero istigazione all'odio e a comportamenti discriminatori di qualunque natura;
    va sottolineato che tali reati si determinano anche attraverso la diffusione di messaggi on line, secondo quanto riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, e che si rivela pertanto essenziale garantire un giusto equilibrio tra la libertà di espressione e la lotta efficace contro gli atti di istigazione all'odio ovvero alla discriminazione di qualsiasi natura;
    si ritiene pertanto che un miglioramento delle garanzie giuridiche possa facilitare ancora di più la libera circolazione dei dati e delle opinioni, garantendo, al tempo stesso, un elevato livello di protezione della sfera privata dei singoli e dei diritti fondamentali;
    si sottolinea, in ogni caso, che il sistema già prevede alcuni strumenti volti a combattere l'istigazione all'odio on line, tra l'altro, attraverso la segnalazione e la successiva rimozione dei contenuti violenti, da parte degli operatori, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva europea sul commercio elettronico, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 70 del 2003, dal codice etico nonché dal codice di autoregolamentazione, approvati dagli operatori del settore;
    si rileva, infine, che il protocollo addizionale alla convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi attraverso le reti informatiche non risulta ancora ratificato in Italia,

impegna il Governo:

   a promuovere, in ambito europeo e internazionale, una maggiore cooperazione per combattere i reati commessi on line, garantire una maggiore sicurezza nella trasmissione dei dati personali attraverso la rete internet e rafforzare, anche in ambito digitale, i diritti fondamentali dell'individuo;
   a promuovere la campagna nazionale di sensibilizzazione, in linea con quanto previsto dalla campagna promossa dal Consiglio d'Europa, «No Hate Speech Movement», coinvolgendo attori istituzionali, operatori del settore e Organizzazioni non governative che si occupano dei giovani, in uno spirito di cooperazione e co-gestione;
   a proseguire anche oltre il termine del 2014 – previsto per la conclusione del «No hate speech movement» – campagne di informazione e formazione sui rischi connessi ad un cattivo uso della rete, sul tema dell'uso consapevole degli strumenti informatici, della lotta contro gli atti di istigazione all'odio ovvero alla discriminazione di qualsiasi natura, in modo da consentire cambiamenti effettivi di mentalità;
   ad assumere iniziative per stanziare, a tal fine, apposite risorse per promuovere campagne specifiche nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, al fine di rendere il tema dell'uso consapevole degli strumenti informatici parte del percorso formativo dei giovani;
   ad assumere le iniziative di competenza per ratificare il protocollo addizionale alla convenzione sulla criminalità informatica, relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofoba commessi attraverso le reti informatiche (convenzione sul «Cybercrime»).
(1-00139) «Mogherini, Bergamini, Quintarelli, Spadoni, Di Salvo, Scalfarotto, Fiano, Palmieri, Squeri, Santerini».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    è in corso la procedura per l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica che, in attuazione degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, recante il codice delle assicurazioni private, definisce, nell'ambito della disciplina dell'assicurazione per la responsabilità civile per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli, parametri unici su tutto il territorio nazionale per la quantificazione dei risarcimenti per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra dieci e cento punti di invalidità, nonché del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità;
    la definizione di tali parametri ha l'obiettivo di evitare le disparità di trattamento e le disuguaglianze che deriverebbero da un sistema di risarcimento eterogeneo, fondato su tabelle differenziate predisposte dai singoli tribunali;
    l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica comporterebbe il superamento delle tabelle risarcitorie elaborate dall'Osservatorio della giustizia civile del Tribunale di Milano, le quali contemplano una liquidazione unitaria (danno biologico standard e danno morale, con la garanzia di un livello minimo di personalizzazione) e che vengono applicate, da tempo e spontaneamente, su tutto il territorio nazionale, essendo considerate un efficace punto di riferimento per una equa valutazione monetaria del danno subito;
    di recente, la III Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza del 7 giugno 2011 n. 12408, ha definito le tabelle elaborate dal tribunale di Milano come le più congrue, sia per il metodo di calcolo sia per quanto riguarda i valori risarcitori, individuando in esse il parametro di riferimento per il risarcimento alla persona da applicarsi uniformemente sull'intero territorio nazionale;
    tale orientamento è stato, poi, ulteriormente confermato dalle sentenze Cassazione Civile Sezione III, 30 giugno 2011, n. 14402, Cassazione Civile Sezione III, 11 maggio 2012, n. 7272, nonché dall'ordinanza 4 gennaio 2013, n. 134;
    la predisposizione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica ha comportato talune reazioni critiche da parte di molte associazioni di consumatori e dei familiari delle vittime di incidenti stradali, le quali ritengono tale provvedimento fortemente lesivo del diritto ad ottenere un dignitoso e giusto risarcimento dei danni subiti, in quanto esso comporterebbe una notevole riduzione dell'ammontare dei risarcimenti e si riferirebbe al solo danno biologico standard, lamentando come le tabelle contenute nello schema di decreto del Presidente della Repubblica realizzino, in sostanza, un mero indennizzo e non garantiscano appieno la funzione riparatoria del meccanismo di risarcimento;
    sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica si è espresso in sede consultiva il Consiglio di Stato, con parere reso all'adunanza generale l'8 novembre 2011, nel quale sono state espresse alcune considerazioni che è opportuno richiamare, onde evitare il rischio che eventuali scostamenti del testo del decreto del Presidente della Repubblica dai criteri stabiliti espressamente dagli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni provochino la disapplicazione della norma regolamentare da parte del giudice civile investito dalla domanda risarcitoria, con conseguente inutilità dell'esercizio della potestà normativa del Governo;
    innanzitutto il Consiglio di Stato evidenzia come il testo dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, sia nell'intestazione, sia nel contenuto dell'articolo 1, sembri far riferimento alle sole lesioni di non lieve entità, ossia a quelle comprese tra i 10 e i 100 punti di invalidità, in attuazione del citato articolo 138, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 209 del 2005, mentre nella tabella allegata, relativa ai coefficienti moltiplicatori del punto di invalidità, sono contemplate anche le lesioni di lieve entità, comprese tra 1 punto e 9 punti di invalidità, attualmente disciplinate dal decreto del Ministro della salute 3 luglio 2003, e come anche la tabella relativa alle menomazioni (allegato II allo schema di decreto del Presidente della Repubblica) indichi, per talune di esse, valori variabili con un minimo inferiore a 10: pertanto, qualora il Governo intenda esercitare con lo schema di decreto del Presidente della Repubblica anche la potestà regolamentare prevista dall'articolo 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, il Consiglio di Stato evidenzia la necessità di modificare la formulazione dello schema, nel senso di ricomprendere, nella intitolazione, nelle premesse, nel testo e nella tabella di cui all'allegato III, il richiamo anche alle lesioni di lieve entità e alla relativa disciplina legislativa, costituita dal citato articolo 139 del codice delle assicurazioni, nonché di prevedere la contestuale abrogazione del decreto interministeriale che attualmente disciplina tale ultima materia;
    per quanto riguarda i coefficienti parametrici indicati nella tabella dei valori economici contemplata nell'allegato III allo schema di decreto del Presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato osserva come la progressione dei coefficienti moltiplicatori ivi prevista non sembri rispondere a quanto stabilito dall'articolo 138, comma 2, lettera c), del più volte citato decreto legislativo n. 209 del 2005, il quale dispone che la tabella unica nazionale sia redatta secondo alcuni criteri, tra cui quello in forza del quale l'incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato deve crescere in modo più che proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi;
    sempre in merito a tale ultima questione, il Consiglio di Stato evidenzia ulteriormente come la tavola dei coefficienti moltiplicatori del punto di invalidità riporti, per i punti da 1 a 9, i coefficienti da 1 a 2,30, in conformità a quanto previsto dall'articolo 139, comma 6, del citato decreto legislativo n. 209 del 2005, mentre i coefficienti successivi (relativi ai punti di invalidità superiori a 9) sono stabiliti in misura crescente, ma non in misura più che proporzionale all'aumento della percentuale di invalidità, come invece impone il codice delle assicurazioni;
    il Consiglio di Stato segnala quindi una possibile conseguenza distorsiva derivante dall'applicazione ai soli sinistri stradali degli indici parametrici contenuti nelle tabelle allegate allo schema di regolamento in questione: infatti, analoghe conseguenze sul piano lesivo verrebbero ad ottenere differenti trattamenti risarcitori, a seconda del solo fatto che la lesione sia avvenuta nell'ambito della circolazione stradale o meno, rilevando pertanto l'opportunità di valutare se sia utile promuovere una modifica legislativa in proposito, che consenta di ampliare lo spettro applicativo delle predette tabelle parametriche;
    inoltre il Consiglio di Stato ritiene opportuno, al fine di eliminare ogni possibile dubbio interpretativo in sede applicativa, specificare, nel testo del decreto del Presidente della Repubblica che esso si applica ai soli sinistri derivanti dalla circolazione dei veicoli;
    il Consiglio di Stato evidenzia altresì l'opportunità di prevedere una disciplina transitoria, onde chiarire che i nuovi parametri fissati dallo schema di decreto del Presidente della Repubblica si applicano a tutte le fattispecie risarcitorie non ancora definite, anche ove l'evento dannoso si sia già verificato al momento di entrata in vigore del regolamento stesso, in modo da evitare un'applicazione temporale disomogenea sul territorio nazionale e scongiurare possibili controversie su tale aspetto;
    in tale articolato contesto la Camera dei deputati, nella seduta del 25 giugno 2013, ha approvato alcune mozioni ed una risoluzione su tale tematica, con le quali si è impegnato il Governo, sostanzialmente, a valutare con attenzione la problematica nel suo complesso prima di emanare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica contenente le tabelle per la quantificazione del risarcimento di tali danni, evitando lesioni dei diritti dei danneggiati, prendendo a riferimento le tabelle elaborate in materia dal tribunale di Milano, favorendo una riduzione dei premi assicurativi, nonché prevedendo che il predetto decreto del Presidente della Repubblica sia adottato solo successivamente ad un esame della materia da parte delle competenti Commissioni parlamentari;
    il presente atto di indirizzo costituisce appunto lo strumento attraverso il quale il Parlamento, nella sede propria per competenza materiale, costituita dalla Commissione finanze, intende formulare alcuni indirizzi con cui orientare meglio l'attività regolamentare del Governo su queste complesse tematiche, definendo un punto di equilibrio soddisfacente tra le esigenze sussistenti in materia;
    al riguardo occorre tenere conto in primo luogo della necessità imprescindibile di definire un quadro stabile in tale comparto, assicurando un giusto e adeguato risarcimento alle vittime degli incidenti stradali, sia al fine di garantire un adeguato ristoro economico dei danni psico-fisici da essi subiti, sia per tutelare la loro dignità;
    al tempo stesso appare necessario che, fermi restando gli incoercibili diritti delle vittime delle lesioni, l'intero meccanismo risarcitorio tenga conto dell'esigenza di ridurre il costo complessivo gravante sul sistema assicurativo, sugli assicurati e, in alcuni casi, sull'intera collettiva, recuperando tutti gli spazi possibili di maggiore efficienza riducendo conseguentemente anche il costo delle polizze per l'assicurazione responsabilità civile Auto, che ha raggiunto, soprattutto in alcune aree del Paese, livelli ormai ormai insopportabili;
    vista la profondità del lavoro svolto in vista della predisposizione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica, occorre senz'altro dare in tempi rapidi soluzione alle problematiche legate alle tabelle di risarcimento sopra citate, ma appare anche opportuno cogliere l'occasione di tale discussione parlamentare per approfondire anche altre tematiche relative all'assicurazione responsabilità civile auto, ad avviso dei proponenti assolutamente prioritarie al fine di contribuire a creare le condizioni per un significativo abbassamento delle tariffe da parte delle compagnie di assicurazione;
    in un contesto di perdurante crisi economica è intollerabile che in Italia, come da ultimo rilevato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nella relazione sull'attività svolta nel 2012, i premi delle assicurazioni responsabilità civile auto siano in media più elevati e crescano più velocemente rispetto a quelli dei principali Paesi europei, nonostante il numero delle frodi sia inferiore di quattro volte rispetto a quello accertato dalle compagnie nel Regno Unito e la metà di quello accertato in Francia;
    il presidente dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – IVASS, Salvatore Rossi, nella prima relazione sull'attività svolta dal neo istituito Istituto, ha rilevato come, nell'interesse dei consumatori onesti e dell'intero sistema, le tariffe possano e debbano scendere, mettendo in campo gli opportuni presidi, senza pregiudicare la solvibilità delle compagnie;
    l'ultima versione disponibile dello schema di decreto del Presidente della Repubblica sulle macrolesioni prevedeva l'unificazione in un unico testo delle tabelle sul risarcimento delle macrolesioni e delle lesioni di lieve entità, queste ultime mutuandole dal già richiamato decreto del Ministro della salute 3 luglio 2003: tuttavia tale intervento di sistematizzazione, coerente con il principio di certezza del diritto, non è stato esteso alle tabelle per il danno da morte di un congiunto, anch'esse disciplinate, come le macrolesioni, in base a tabelle sorte in via giurisprudenziale;
    il risarcimento in forma specifica è sicuramente il modo più efficace per abbattere i costi dei sinistri e per disincentivare le frodi e le riparazioni «in nero» (le quali, peraltro, distraggono importanti risorse finanziarie dalle casse dello Stato), al contempo evitando che i consumatori siano costretti ad anticipare somme di denaro per le riparazioni in un momento di estrema difficoltà di liquidità delle famiglie italiane;
    appare del tutto illogico prevedere un termine prescrizionale di 2 anni per la denuncia di un sinistro, in quanto la tardiva denuncia da parte dei danneggiati (o presunti tali) è una delle più diffuse modalità di commissione di frodi assicurative, volta a rendere quasi impossibile, per l'impresa di assicurazione la ricostruzione dell'evento e l'accertamento del danno, a tutto discapito degli assicurati onesti;
    per il consumatore è diventato estremamente arduo orientarsi nella «giungla» delle tariffe delle assicurazioni responsabilità civile auto, nonostante le innovazioni normative ed il tentativo dell'IVASS di fornire un servizio di preventivazione, anche per la spesso complicata verificabilità, da parte dei consumatori, delle componenti tariffarie che determinano il premio, nonché dei meccanismi di classificazione interna dei profili di rischio dei singoli assicurati da parte delle varie compagnie,

impegna il Governo:

   per quanto riguarda lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di attuazione degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, a tenere conto dei seguenti indirizzi:
    1) rendere chiare le motivazioni che fanno emergere alcuni scostamenti fra le nuove tabelle recate dallo schema di decreto del Presidente della Repubblica e quelle del Tribunale di Milano;
    2) coniugare l'obiettivo di ridurre complessivamente i costi gravanti sul sistema assicurativo e sulla collettività, con l'esigenza imprescindibile di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a vedersi pienamente riconosciuto un esaustivo risarcimento per il danno biologico subito;
    3) prevedere che le nuove tabelle siano omogenee rispetto agli orientamenti in materia adottati negli altri Paesi europei più avanzati, anche al fine di ridurre l'anomala sproporzione tra l'ammontare dei costi sopportati in Italia per le lesioni da incidentalità e quelli che si registrano nel resto dell'Europa;
    4) fare in modo che tutte le eventuali riduzioni di costo derivanti dalla revisione del meccanismo risarcitorio si ripercuotano in maniera piena e nel minor tempo possibile sui livelli dei premi assicurativi dell'assicurazione responsabilità civile auto, al fine di contribuire ad una riduzione dei prezzi delle polizze;
    5) valutare attentamente i rilievi espressi sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica al Consiglio di Stato, richiamati in premessa, apportando le necessarie correzioni ed integrazioni al testo;
   b) per quanto riguarda gli altri aspetti che contribuiscono alla determinazione dei prezzi elevati delle assicurazioni responsabilità civile auto in Italia, a intervenire mediante apposite iniziative, tenendo conto dei seguenti indirizzi:
    1) integrare le tabelle sulle macrolesioni con le tabelle per il danno da morte del congiunto, al fine di garantire un giusto risarcimento non solo alle vittime che subiscono gravi handicap psicofisici, ma anche ai familiari delle vittime della strada, contemperando tali legittime aspettative con la necessità di certezza normativa e di adeguamento alle best practice europee;
    2) valutare l'opportunità di incentivare il risarcimento in forma specifica, da parte di carrozzerie convenzionate o eventualmente anche non convenzionate, riconoscendo al danneggiato che rifiuti la riparazione diretta del veicolo un risarcimento per equivalente, gravato da franchigia o comunque non superiore al costo che l'assicurato avrebbe affrontato se la riparazione fosse stata eseguita nelle carrozzerie convenzionate, in modo tale da abbassare drasticamente il costo medio dei sinistri e da creare i presupposti per una riduzione generalizzata delle tariffe dell'assicurazione responsabilità civile auto;
    3) ridurre i termini massimi di denuncia del sinistro alle compagnie di assicurazione, attualmente basati sul termine prescrizionale di 24 mesi stabilito dall'articolo 2952 del codice civile, portandoli al massimo a 3 mesi, salvi i casi di gravi danni alla persona che giustifichino un periodo più lungo per la denuncia;
    4) prevedere efficaci misure per aumentare la trasparenza sui prezzi praticati dalle imprese di assicurazione, cercando, da un lato, di allineare le rilevazioni in materia dell'ANIA, dell'ISTAT e dell'IVASS (che spesso forniscono ai consumatori dati disomogenei, non permettendo un reale confronto sull'andamento delle tariffe) e, dall'altro, di potenziare gli strumenti di confronto tariffario e gli obblighi di trasparenza da parte delle imprese;
    5) procedere con la massima urgenza all'organizzazione della struttura antifrode presso PIVASS prevista dall'articolo 21 del decreto-legge n. 179 del 2012, basata sull'utilizzo di un archivio informatico integrato connesso con numerosissime banche dati ed in stretto contatto con le imprese e con gli organi inquirenti;
    6) adottare altre misure utili a favorire la riduzione delle tariffe delle assicurazioni responsabilità civile auto.
(7-00060) «Gutgeld, Bernardo, Causi, Sottanelli, Zanetti, Sberna».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 3 della Costituzione pone a carico della Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che ostacolano il raggiungimento di condizioni di eguaglianza sostanziale fra i cittadini italiani, a prescindere dal luogo in cui vivono e operano;
    l'articolo 16 della Costituzione riconosce a ogni cittadino il diritto alla mobilità in ogni parte del territorio nazionale così come l'articolo 18 del Trattato dell'Unione europea stabilisce per ogni cittadino europeo la libera circolazione nel territorio degli Stati membri;
    l'articolo 119, comma 5 della Costituzione stabilisce che lo Stato, al fine di promuovere lo sviluppo, la coesione e la solidarietà sociale e di rimuovere gli squilibri economici e sociali, destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni;
    l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa mira, tra l'altro, a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, in particolare rispetto alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna;
    l'Italia è il Paese europeo con il più alto numero (circa 6,5 milioni) di abitanti che risiedono in aree del territorio regionale separate dal mare;
    dai porti transita oltre il 60 per cento delle merci importate dall'Italia in peso (il 34 per cento in valore) ed il 45 per cento delle merci esportate (il 27 per cento in valore);
    il trasporto oltre che come elemento essenziale di attualizzazione del diritto costituzionale alla mobilità delle persone, si configura, pertanto, come rilevante attività di tipo economico, e costituisce per la Sardegna, un pilastro fondamentale per lo sviluppo socio-economico e per la competitività dell'intero sistema regionale;
    l'ordinamento giuridico italiano ha previsto specifiche misure volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale;
    fra queste, lo strumento della continuità territoriale marittima consente di assicurare il servizio di trasporto (passeggeri e merci) anche in tratte non remunerative, perché scarsamente frequentate o perché caratterizzate da frequenza stagionale, mediante il finanziamento statale degli obblighi di servizio pubblico, da considerarsi non come erogazione di denaro per lo svolgimento di un servizio pubblico, ma come «compensazione» del disavanzo economico che l'impresa sostiene al fine di assicurare il servizio;
    la conclusione di un contratto e l'imposizione di un obbligo di servizio pubblico costituiscono, pertanto, strumenti con cui lo Stato può sovvenzionare il vettore che svolge il servizio in questione, compensandolo delle perdite subite a causa dell'antieconomicità del servizio stesso;
    il 18 luglio 2012 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha stipulato con la Compagnia italiana di navigazione – CIN – soggetto aggiudicatario del ramo d'azienda Tirrenia navigazione spa, apposita Convenzione con termine il 18 luglio 2020, che disciplina obblighi e diritti derivanti dall'esercizio di servizi di collegamento marittimo (passeggeri e merci) in regime di servizio pubblico da e per la Sardegna, nonché nella tratta Napoli/Palermo, Ravenna/Catania, Termoli/Isole Tremiti;
    è riconosciuto a CIN un corrispettivo di euro 72.685.642,00 per ciascuno degli 8 anni di durata della convenzione affinché sia garantito il rispetto degli obblighi di servizio pubblico, imposti in condizione di complessivo equilibrio economico-finanziario della gestione, senza cioè che da ciò possano determinarsi sovra-compensazioni, in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di compensazione di oneri di servizio pubblico;
    la detta convenzione stabilisce gli assetti cui deve uniformarsi la gestione del servizio stesso da parte della società relativamente alle tratte, alla frequenza dei collegamenti, alla qualità, al limite massimo delle tariffe da applicare agli utenti, alle modalità stesse della gestione contabile e finanziaria che devono salvaguardare l'equilibrio economico-finanziario di cui alla delibera CIPE n. 111 del 2007;
    rispetto alla gestione contabile e finanziaria, è previsto che CIN adotti un sistema di contabilità analitica da cui emergano con chiarezza i centri di costo e di ricavo relativamente a ciascuno dei collegamenti in regime di servizio pubblico. Le risultanze della contabilità analitica così definite, vengono trasmesse, entro 60 giorni dall'approvazione del bilancio di esercizio, ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze ai fini del controllo circa la correttezza dell'imputazioni relative ai servizi di collegamento in regime di continuità territoriale;
    rispetto alla prevista prerogativa di aggiornamento delle tariffe da parte di CIN, è stabilita una specifica procedura che consente ai Ministeri preposti al controllo (Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze) di verificare la congruità degli stessi rispetto ai vincoli di cui alla convenzione medesima e alle motivazioni addotte per giustificare gli aggiornamenti stessi;
    la convenzione (articolo 6) prevede che CIN non applichi tariffe superiori a quelle previste nell'Allegato A, aggiornabili secondo la procedura che segue, che si riporta integralmente perché fondamentale nel chiarire la fattibilità o meno di interventi risolutori immediati, rispetto alla questione «caro traghetti»:
  articolo 6, comma 2. «Perentoriamente entro il ventesimo giorno precedente l'inizio di ciascun bimestre, CIN trasmette ai Ministeri vigilanti la rideterminazione delle tariffe massime di cui all'All. A.
  Perentoriamente entro i 15 giorni successivi alla detta comunicazione, i Ministeri vigilanti possono richiedere a CIN la sospensione dell'applicazione dell'aggiornamento delle tariffe, individuando contestualmente misure compensative, in termini di revisione degli assetti nautici, di differente articolazione tariffaria o di rideterminazione in aumento o in diminuzione degli oneri di servizio pubblico che fanno salvo l'equilibrio economico-finanziario di cui ai criteri Direttiva CIPE. Resta inteso che non potranno comunque essere assentiti aumenti degli oneri del servizio pubblico in misura superiore alle risorse stanziate in bilancio.
  In caso di mancata richiesta di sospensione o nel caso di richiesta senza l'individuazione di adeguate misure compensative, le tariffe massime sono aggiornate senza ulteriori formalità»;
    ai sensi dell'articolo 8 le parti, con cadenza triennale, possono verificate le condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione, ridurre il perimetro delle attività sovvenzionate, e/o rivedere gli assetti nautici e/o modificare i vincoli tariffari previsti;
    ai sensi dell'articolo 9 è però prevista una clausola di salvaguardia che stabilisce che in caso di scostamenti, in eccesso o difetto, dei ricavi e dei costi (al netto di quelli per carburante) da attività superiori al 3 per cento rispetto a quelli previsti nell'Allegato B alla convenzione, le parti possono proporre istanza per la verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario e addivenire a nuovi accordi che le ripristinino ai sensi della delibera CIPE 111/2007;
    affinché i ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze siano messi nella condizione di attivare la detta istanza, è prevista, per gli stessi, la possibilità di richiedere, con cadenza semestrale, i relativi dati contabili;
    come detto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Lupi, nel corso dell'audizione presso la Commissione trasporti il giorno 29 maggio 2013, il costo generalizzato del trasporto misura l'accessibilità ai corrispondenti sistemi di servizio. «Rappresenta cioè una misura dell'equità o dell'iniquità della dotazione di beni e servizi da cui la Politica fa discendere la necessità o meno di raggiungere gradi più elevati di coesione economica e sociale»;
    in Sardegna la difficoltà di accedere al servizio di trasporto marittimo a prezzi accettabili sia per i residenti che per i turisti ha alimentato e ampliato la crisi economica e lo stallo occupazionale e produttivo. Il declino del sistema complessivamente inteso è risultato ulteriormente accentuato proprio a partire dall'entrata in vigore della nuova convenzione;
    il trasporto passeggeri come quello merci da e per la Sardegna ha visto un notevole incremento delle tariffe anche e oltre il 50 per cento con ripercussioni negative, evidenti e documentabili, sul generale diritto di accesso al servizio di trasporto marittimo da parte dei Sardi. Nei porti di Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres, si è realizzato nel 2012, rispetto al 2010, un calo di 2 milioni di passeggeri, quanto ai flussi turistici: la stagione turistica 2013, dopo un 2012 fallimentare, registra un decisivo calo di prenotazioni e presenze;
    sull’import/export delle merci da e per la Sardegna, dal 1o dicembre 2012 si sono susseguiti ben tre aumenti, l'ultimo quello del 1o giugno;
    riemergono, in tal modo, i forti dubbi che accompagnarono le modalità di determinazione dei contenuti della nuova convenzione per le tratte marittime nazionali, plasmati – quanto a tipologia di servizi e assetti nautici – sulle caratteristiche della flotta Tirrenia oggetto della cessione. L'esigenza di vendere (insieme le navi e le rotte sovvenzionate) prevalse difatti su quella di garantire il diritto costituzionale alla mobilità e standard di servizio accettabili, attraverso l'espletamento di una gara internazionale per affidare il servizio,

impegna il Governo:

   ad attivare tutti gli strumenti per valutare in tempi rapidissimi la congruità procedurale e sostanziale degli incrementi tariffari intervenuti a partire dal 2012 e a disporne, se ne ricorrano le condizioni, la revoca;
   a intervenire per «salvare» l'ultimo scorcio di stagione, prevedendo una campagna promozionale che contempli tariffe particolarmente favorevoli per i collegamenti marittimi da e per la Sardegna nei mesi di luglio, agosto e settembre;
   ad avviare l'istanza di verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario di cui all'articolo 9 della convenzione rispetto a ciascuna delle tratte in regime di continuità, al fine di verificare l'intervento di eventuali scostamenti e addivenire, nel caso, alla stipulazione di nuovi accordi che le ripristinino ai sensi della delibera CIPE 111/2007;
   ad addivenire con il coinvolgimento del Parlamento, di concerto con la regione Sardegna e Cin, alla rivisitazione urgente della convenzione sulla base di un'attenta analisi delle tratte in regime di servizio pubblico, in modo da valutare rispetto a ciascuna delle stesse standard di servizio, frequenze, costi, ricavi e prospettive di sviluppo, fornendo ogni elemento utile al riguardo alle competenti Commissioni parlamentari;
   a promuovere, attesa la forte incidenza del costo del carburante sul costo del trasporto marittimo di persone e merci, anche a fini ambientali e in linea con gli indirizzi comunitari, la sperimentazione dell'utilizzo del GNL (gas naturale liquido) nel trasporto marittimo medesimo.
(7-00059) «Mura, Meta, Francesco Sanna, Cani, Marrocu, Marco Meloni, Pes, Giovanna Sanna, Scanu».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   VARGIU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dopo anni caratterizzati da un trend positivo, le idoneità all'adozione internazionale dichiarate dai tribunali per i minorenni sono drasticamente diminuite: da 6.273 nel 2006 a 3.179 nel 2011;
   di questa «crisi delle adozioni» ha preso atto anche la Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza che, nel documento del 22 gennaio 2013, conclusivo dell'indagine conoscitiva condotta in materia di affidamento e adozione al termine della precedente legislatura, ha raccolto le testimonianze delle associazioni e lanciato proposte per una riforma della legge in materia;
   parallelamente soffre anche il settore degli affidamenti eterofamiliari, che rappresenta comunque un indispensabile supporto sociale per la gestione dello specifico disagio minorile;
   in particolare, soprattutto in Sardegna (secondo quanto riportato da organi di stampa locali) diminuiscono notevolmente coloro che decidono di allargare la famiglia, presentando richiesta di adozione internazionale;
   più in dettaglio, nell'Isola sarebbe calato del 50 per cento il numero di coppie interessate all'adozione di un bambino, al punto da conquistare il primato negativo in Italia: nel 2012 sarebbero state solo 32 le famiglie dichiarate idonee in Sardegna (l'1,3 per cento del totale italiano) e soltanto 47 i bimbi inseriti stabilmente in un nucleo familiare, sul totale dei 3.106 adottati in tutta Italia;
   a lanciare l'allarme sono il presidente nazionale dell'Ai.Bi (Associazione amici dei bambini) Marco Griffini e il responsabile regionale Alessandro Cuboni. I costi dell'adozione internazionale e la crisi economica in corso non costituirebbero l'unica ragione del calo delle adozioni: si sarebbe creata, infatti, una cultura distorta, che non considera preziosa la risorsa delle coppie disponibili ad accogliere un bambino abbandonato e rimane pertanto indifferente dinanzi alla esagerata complessità delle attuali procedure burocratiche, incomprensibilmente lunghe e scoraggianti;
   lo stesso comune di Cagliari, che ospita 85 minori cagliaritani nelle comunità di accoglienza cittadine, con un costo annuo di circa due milioni di euro, per sensibilizzare i cittadini all'adozione, intenderebbe portare avanti un percorso verso un protocollo di intesa che metterebbe in rete tra loro le istituzioni e gli enti autorizzati all'adozione internazionale –:
   se non ritenga opportuno avviare un percorso di rinnovamento e semplificazione del sistema organizzativo e normativo che disciplina e sottende le dinamiche connesse all'adozione di minori, attraverso la valorizzazione delle potenzialità delle famiglie disponibili all'adozione, l'uniformazione degli iter di idoneità a livello nazionale, nonché la previsione della gratuità dei percorsi di idoneità e delle procedure adottive per le famiglie meno abbienti;
   se non ritenga opportuno attivare una campagna nazionale di comunicazione per sensibilizzare alla cultura dell'adozione e dell'affido eterofamiliare, contribuendo alla crescita di sentimenti di solidarietà sociale e giuridica nei confronti delle famiglie che desiderano intraprendere tale percorso di disponibilità.
(3-00183)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'insegnamento della lingua e cultura italiana nel mondo può essere uno straordinario fattore strategico per la ricollocazione dell'Italia nel contesto globale e per il sostegno delle attività di internazionalizzazione del Paese;
   finora la diffusione dell'insegnamento della lingua e cultura italiana all'estero è stata affidata ad un sistema misto integrato;
   le misure sulla «spending review» contenute nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ai commi 11 e 12 dell'articolo 14, hanno disposto, rispettivamente, la riduzione di 30 unità del personale tecnico, direttivo e docente da destinare all'amministrazione, al coordinamento e alla vigilanza delle scuole italiane all'estero, e la determinazione di un limite massimo di 624 unità, da raggiungere in un quinquennio, del contingente del personale di ruolo da assegnare alle iniziative ed istituzioni scolastiche italiane all'estero, nonché alle scuole europee e alle istituzioni scolastiche ed universitarie estere;
   un'interpretazione restrittiva del Ministero dell'economia e delle finanze, fatta propria dal Ministero degli affari esteri, ha portato la riduzione complessiva del personale da destinare all'insegnamento della lingua e della cultura italiana all'estero dalle 400 unità indicate nella relazione tecnica annessa al provvedimento a 776 unità sulle 1400 previste in precedenza;
   in applicazione di tale orientamento, nell'anno scolastico 2012/2013 è stato bloccato il turn over di 141 unità di personale, mentre in quello 2013/2014 un'analoga misura sarà adottata per altre 68 unità e in quello 2014/2015 essa riguarderà altre 64 unità, per un totale di 273 tra dirigenti scolastici, personale ATA e docenti;
   stesso tempo, la contrazione dei finanziamenti e le sollecitazioni del Ministero degli affari esteri per la razionalizzazione degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all'estero hanno determinato la riduzione degli stessi enti da 270 a 140, con un'ovvia regressione dell'offerta formativa dell'Italia all'estero;
   i risparmi ottenuti a seguito di tali misure, per una regola di contabilità generale, sono stati incorporati dal Ministero dell'economia e delle finanze e non redistribuiti sulle voci di spesa relative alle stesse attività di promozione della lingua e della cultura italiana all'estero, vanificando le sollecitazioni e le attese manifestate da diversi parlamentari e componenti del Consiglio generale degli italiani all'estero;
   la destinazione di circa due milioni di euro, recuperati dai fondi precedentemente destinati alle elezioni dei Comites e del Consiglio generale degli italiani all'estero, al capitolo 3153 del bilancio del Ministero degli affari esteri (finanziamenti dei corsi di lingua e cultura italiana degli enti gestori), ha reintegrato solo in parte le risorse finalizzate a questo settore di intervento;
   le conseguenze di ordine pratico derivanti dalle misure di cosiddetta spending review sul contingente scolastico sono di fatto risultate devastanti, sia per l'ampiezza delle ricadute sulle attività che per l'automatismo del criterio adottato, che ha portato a non rinnovare gli incarichi senza alcuna considerazione della utilità e della qualità delle funzioni svolte;
   già nell'anno scolastico appena concluso le rimostranze di genitori, associazioni ed enti sono state numerose e vibranti, soprattutto in Europa, ove opera la quasi totalità del personale che compone il contingente all'estero, e non meno preoccupante si profila la situazione nel prossimo anno scolastico;
   a puro titolo esemplificativo, nel Paese europeo a più forte densità di corsi di lingua e cultura italiana, la Germania, saranno eliminati sette posti di insegnanti di ruolo, con pesanti conseguenze che non risparmieranno nemmeno le esperienze più innovative, e resteranno senza alcun dirigente scolastico importanti realtà come il Canada, il Brasile, il Belgio e il Cile;
   queste dinamiche accadono mentre si sviluppano in modo crescente i fenomeni di «nuova mobilità» e di «nuova emigrazione», che coinvolgono anche intere famiglie e che nel giro di pochi anni determineranno una crescita della domanda di formazione, in particolare nel campo della lingua e della cultura italiana –:
   se il Ministro degli affari esteri non intenda assumere iniziative affinché per la rilevazione del fabbisogno formativo relativo alla lingua e alla cultura italiana sia ripristinata la metodologia partecipativa dei «Piani Paese», come insistentemente richiesto dallo stesso, Consiglio generale degli italiani all'estero adottata negli anni passati con buoni risultati e poi inspiegabilmente accantonata;
   se il Ministro degli affari esteri non intenda assumere iniziative affinché con quello dell'istruzione, della ricerca e dell'università, non intenda dare disposizioni affinché sia nettamente superato il criterio dell'automatismo dell'eliminazione dei posti e sia introdotto un sistema selettivo che determini una scala di esigenze e di priorità definite alla luce dei «piani Paese»;
   se il Ministro dell'economia e delle finanze non intenda promuovere con urgenza iniziative normative volte a modificare il decreto-legge sulla «spending review», affinché le limitazioni in esso introdotte nella determinazione del contingente possano essere temperate e le conseguenze più gravi e irreversibili evitate, in nome di una strategia di rilancio internazionale del «sistema Italia», che combini strettamente i fattori culturali con quelli economici e commerciali. (5-00545)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCALFAROTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno dato notizia che domenica 30 giugno il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato legislativo una legge contro la cosiddetta «propaganda omosessuale», intendendosi per essa il semplice parlare di questioni o fatti che attengono alla vita delle persone omosessuali, anche sui media, quando la comunicazione o le informazioni possono giungere anche a minori di 18 anni;
   sempre sulla stampa è stata data notizia che in occasione della manifestazione del Gay Pride di San Pietroburgo dello scorso 29 giugno si sono registrati violenti scontri tra attivisti LGBTI e gruppi anti-gay;
   il 24 giugno 2013 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato il documento n. 11492/13 recante «Gli orientamenti per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)»;
   sia l'Italia sia la Russia sono membri del Consiglio d'Europa e sottoscrittori della Convenzione europea dei diritti umani. Da ultimo con la raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Consiglio dei ministri agli stati membri è stata avanzata la richiesta di adottare misure per combattere la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere;
   la Corte europea dei diritti umani ha già condannato la Russia nel 2010 per aver violato la Convenzione, proibendo i pride che dovevano svolgersi a Mosca negli anni 2006, 2007 e 2008 –:
   quali azioni intenda intraprendere per conto dell'Italia o quali iniziative sul piano diplomatico intenda farsi promotore presso altri Paesi per sollecitare la Russia ad abrogare la legge appena approvata e a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone LGBTI. (4-01161)


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 7 ottobre 1986, n. 735, è stato ratificato l'accordo amministrativo tra Italia e Tunisia sottoscritto a Tunisi il 17 dicembre 1984 che protegge dai rischi relativi a malattie, maternità, infortuni sul lavoro;
   la predetta convenzione non si applica ai dipendenti pubblici ed agli agenti diplomatici e le ASL di provenienza non rilasciano ai pensionati INPDAP il Modello I/TN9 necessario ai fini della applicazione dell'accordo tra Italia e Tunisia, la convenzione venne sottoscritta al fine di tutelare i lavoratori migranti ai fini previdenziali escludendo i pubblici dipendenti in attività di servizio;
   sono esclusi dall'assistenza sanitaria i pensionati provenienti dal settore pubblico mentre questa viene invece garantita ai pensionati provenienti dal settore privato;
   i pensionati italiani residenti in Tunisia perdono il diritto all'assistenza sanitaria in Italia, se non per casi urgenti e per un periodo massimo di 90 giorni l'anno;
   se pensionati del pubblico impiego e residenti in Tunisia non possono accedere all'assistenza sanitaria in quel Paese;
   il ricorso ad assicurazione sanitaria privata risulta complesso e particolarmente oneroso, il ricorso a cure mediche, spesso per malattie croniche, rappresenta una priorità per i connazionali residenti in Tunisia;
   questa palese disparità di trattamento tra cittadini italiani, pensionati e pensionati privati, appare in contrasto con il dettato costituzionale;
   sembra inoltre iniquo e ingiusto escludere dai servizi sanitari una categoria di cittadini che, in ragione dell'età, è maggiormente bisognosa di cure mediche e di accertamenti diagnostici e clinici, talvolta vitali, per esempio per i cardiopatici e per i diabetici;
   è, ad avviso dell'interrogante, fortemente contraddittorio riconoscere in Italia talune patologie, tanto da giustificarne il riconoscimento per l'invalidità, e poi non curarsi di garantire agli stessi cittadini l'accesso a cure mediche adeguate se questi risiedono all'estero e sono ex-dipendenti dello Stato –:
   se la convenzione di cui alla legge n. 735 del 1986 sia correttamente interpretata ed applicata anche in relazione agli ex-dipendenti pubblici ed ai pensionati pubblici;
   se non sia possibile, anche mediante un apposito scambio di note, una revisione dell'accordo amministrativo;
   quali iniziative il Governo italiano intenda promuovere per garantire, ai cittadini italiani e ai pensionati pubblici e privati residenti in Tunisia, parità di trattamento in campo sanitario e nell'accesso ai servizi sanitari;
   quali misure urgenti il Governo intenda adottare, immediatamente, in vista di una successiva modifica dell'accordo, per consentire ai soggetti interessati di poter beneficiare dei servizi sanitari.
(4-01163)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la MEDOILGAS SpA di Londra ha presentato un progetto chiamato «OMBRINA MARE» per la trivellazione di 6 pozzi di petrolio, l'installazione di una piattaforma a 6 chilometri da riva, al largo di Ortona e San Vito in Abruzzo, nel Mare Adriatico, e di una grande nave desolforante;
   il petrolio estratto sarà di qualità scadente, ricco di impurità sulfuree e di indice AP17, e quindi con maggiore impatto negativo sull'ambiente, rendendo necessaria un'attività di desolforazione (eliminazione dello zolfo) in loco, nel mare, vicino al posto di produzione, attraverso una nave galleggiante che provvederà allo stoccaggio, trattamento, e scarico del petrolio;
   per separare il petrolio da acqua e gas occorrerà eliminare gli scarti sulfurei e non, attraverso una fase di incenerimento di rifiuti a fiamma costante, 24 ore su 24 e l'insieme di tutti i prodotti di scarto bruciati sarà di almeno 80 mila chilogrammi al giorno;
   il pericolo di rilascio a mare di materiale inquinato misto a residui petroliferi, è reale e desta serie preoccupazioni;
   gli scoppi e gli incidenti sono eventi rari, ma uno solo di essi potrebbe distruggere l'equilibrio ecologico delicato del Mare Adriatico che ha un limitato ricambio delle acque;
   in Italia le royalty in mare sono del 4 per cento e sono particolarmente vantaggiose per le compagnie petrolifere. Basti riflettere sulla circostanza che in Norvegia è applicata una tassa speciale del 50 per cento;
   nel 2010 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Prestigiacomo rilasciò un parere negativo al progetto «Ombrina», e decretò una fascia di rispetto di 5 miglia (9 chilometri) lungo tutto il perimetro nazionale e di 12 miglia (22 chilometri) nei tratti prospicienti i parchi e le riserve naturali. Successivamente il Governo Monti, con l'articolo 35 del cosiddetto «decreto sviluppo» del luglio 2012 estese il limite a 12 miglia, ma solo per progetti e concessioni successive al 2010 riaprendo così l’iter del progetto Ombrina;
   il progetto Ombrina insiste in un tratto costiero interessato dall'istituzione del parco nazionale della Costa Teatina, quindi si tratta di un'area di rilevante interesse ambientale e paesaggistico che mal si concilia con un progetto di trivellazione petrolifera a pochi chilometri da un'area protetta nazionale;
   tutti i comuni e le province interessate e la regione Abruzzo hanno manifestato la loro contrarietà nei confronti del progetto Ombrina –:
   quali iniziative si intendano assumere per evitare la realizzazione di un progetto di trivellazione particolarmente devastante oltre che antieconomico per l'ambiente e per l'Abruzzo. (4-01175)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Etna, il vulcano che sovrasta la zona orientale della Sicilia, dal 21 giugno 2013 è entrato ufficialmente a far parte della lista dei siti considerati patrimonio dell'umanità dell'Unesco, che lo ha definito come uno dei vulcani più emblematici al mondo. È il quarto sito del patrimonio mondiale italiano iscritto per criteri naturali, dopo le isole Eolie, il monte S. Giorgio, e le Dolomiti;
   l'Etna rappresenta una delle mete principali del turismo internazionale del nostro Paese e pertanto una possibilità di sviluppo per la Sicilia e i comuni adagiati sulle sue pendici, tra cui la città di Catania;
   sono numerose le imprese che traggono dal turismo sull'Etna i propri guadagni con numerosi impiegati nel settore;
   lo sviluppo turistico siciliano è fortemente compromesso dal degrado in cui versano i collegamenti e i servizi e per tale ragione si ritiene indispensabile valorizzare, per quanto possibile, il patrimonio naturale come occasione di richiamo e sviluppo;
   nonostante ciò, le strade e le contrade d'accesso al vulcano sono costellate di piccole discariche abusive, con grave danno ambientale e forte impatto negativo per lo sviluppo del settore turistico etneo –:
   se e quali iniziative di competenza intendano adottare per rafforzare l'azione di recupero e di prevenzione in relazione ai paesaggi naturalistici del vulcano coinvolgendo tutte le amministrazioni interessate;
   in che modo intendano procedere, per quanto di competenza, per rilanciare e sponsorizzare, a seguito di tali iniziative, il turismo in Sicilia e nella fattispecie quello collegato al vulcano Etna. (5-00546)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 21 giugno 2013 il giornale sardo Sardegna Quotidiano riportava alla luce una notizia da tempo dimenticata dall'opinione pubblica;
   nel maggio del 2007 la nave Leonardo operò una vasta azione di scandagliamento di un tratto di mare collocato a est del Poligono di Capo Teulada, su un'area di 5 chilometri quadrati dei 63 interdetti alla pesca ed alla navigazione civile nel corso delle operazioni militari;
   l'operazione – durata 15 giorni a cavallo fra i mesi di maggio e giugno 2007 – aveva come committente il Ministero della difesa e fu organizzata in accordo con la regione autonoma della Sardegna ed affidata al Nato Undersea Research Center (NURC) di La Spezia;
   il professor Osvaldo Faggioni – allora in ruolo presso l'Istituto Nazionale di Vulcanologia – in un commento sui protocolli e le strumentazioni utilizzate testimonia la qualità delle medesime, considerate all'avanguardia;
   detta ricerca era volta alla scoperta e definizione di oggetti esplosivi e manufatti metallici giacenti sul fondale marino, condizione indispensabile a valutare la fattibilità, le modalità ed i costi della bonifica del fondale;
   prima di allora l'ultimo studio esistente era quello condotto dal CNR, eseguito mediante l'utilizzo di tecnologie decisamente più arretrate, che comunque ha posto in evidenza come nei fondali dell'area marina del poligono siano adagiati migliaia di ordigni;
   il Ministero della difesa aveva annunciato la comunicazione degli esiti della ricerca già per il mese di giugno del 2007;
   dallo studio del NURC sono passati ormai sei anni esatti senza che nessuno abbia notizia dei risultati;
   la cinquantennale attività militare nel poligono di Capo Teulada, senza che vi sia stata mai alcuna attività di bonifica seppur parziale, lascia presagire uno stato di contaminazione importante dei fondali marini;
   le poche tracce ed immagini della ricerca del NURC rinvenibili sul web confermano questa ipotesi;
   la ricerca di cui sopra è costata certamente l'impiego di somme significative – seppur dovute – di denaro pubblico;
   si considera un diritto della collettività quello di essere messi a conoscenza delle conseguenze effettive sull'ambiente dell'attività militare –:
   quali notizie abbia della ricerca condotta dal NURC nel 2007;
   per quali ragioni essa non sia stata ancora resa pubblica finora;
   se intenda renderla pubblica e quando. (5-00547)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale Aviation Week & Space Technology in data 29 maggio riporta alcune dichiarazioni del Chief of Naval Operations della marina statunitense, ammiraglio Jonathan Greenert, secondo il quale per consentire le operazioni della versione a decollo corto e verticale del velivolo F-35 da bordo della navi classe Wasp saranno necessarie estese modifiche alle navi stesse;
   le modifiche interessano sia la struttura delle navi che lo spostamento di numerosi apparati elettronici e di sistemi d'arma. Tra queste l'ammiraglio cita schermatura, spostamento e rimozione di sistemi vulnerabili che possono essere danneggiati, quali antenne, imbarcazioni, reti di protezione e stazioni di rifornimento carburante. Inoltre, sostiene lo stesso ammiraglio, sarà necessario rinforzare il ponte di volo per reggere le sollecitazioni, modificare il rivestimento del ponte, installare nuovi sistemi di alimentazione elettrica, aggiornare i sistemi di rifornimento delle munizioni, bisognerà spostare i sistemi di difesa antiaerea Phalanx, e i lanciatori di missili Sea Sparrow e RAM, e così pure le antenne di comunicazione satellitari e il sistema antincendio della nave;
   il velivolo Lockheed F-35B è previsto venga imbarcato anche dalla portaerei Cavour della marina militare che, essendo stata progettata a suo tempo per utilizzare il velivolo Harrier (impiegato attualmente anche a bordo delle navi statunitensi della classe Wasp alle quali si riferisce l'ammiraglio Greenert), molto probabilmente avrà gli stessi problemi strutturali denunciati dall'alto ufficiale statunitense;
   stando alla rivista citata, sia Lockheed Martin, costruttore dell'aereo, che il Ministero della difesa statunitense avevano infatti negato negli anni scorsi che l'imbarco del velivolo a bordo di unità navali avrebbe causato problemi a causa delle temperature di scarico dei motori e pertanto è da escludere che di queste maggiori sollecitazioni alla struttura di nave Cavour si sia potuto tener conto in fase progettuale –:
   se sia a conoscenza di quanto riportato dalla rivista, considerata una delle più autorevoli e informate pubblicazioni del settore a livello mondiale;
   se, anche a seguito delle dichiarazioni dell'ammiraglio Geenert citate, si sia provveduto ad acquisire ulteriori elementi di valutazione relativamente all'impatto delle operazioni dei velivoli F-35B da bordo di nave Cavour;
   se, di conseguenza, siano stati individuati eventuali interventi correttivi sulla struttura della nave stessa;
   quale sia la durata dei lavori eventualmente necessari e quale il loro costo. (4-01164)


   LAVAGNO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la caserma «Luigi Giorni», già sede del 157o Battaglione Liguria, sita in via Mazzini nel comune di Novi Ligure (Alessandria), è in disuso e fatiscente da anni;
   le coperture della struttura, sono completamente composte da lastre d'amianto. Tali coperture stanno cedendo gradualmente, aumentando il rischio di una dispersione di polveri contenenti fibre d'amianto nell'aria che, se respirate, possono causare gravi patologie altamente cancerogene come tumori della pleura (ovvero il mesotelioma pleurico) e il carcinoma polmonare;
   come si apprende da organi di stampa i cittadini residenti nelle aree limitrofe, hanno più volte segnalato lo stato di degrado della struttura al demanio e richiesto interventi per la messa in sicurezza della struttura oltre alla richiesta di verifica agli organi competenti delle condizioni e della qualità dell'aria;
   l'area, oggetto della presente interrogazione, risulta assegnata al demanio militare –:
   se intenda procedere celermente alla piena messa in sicurezza della struttura ed in particolare se intenda intervenire alla rimozione di manufatti contenenti amianto presenti nelle coperture o in altre parti della caserma. (4-01166)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno 2012 è stato registrato il record del valore delle esportazioni di vino italiano, pari a 4,7 miliardi di euro. Per il 2013 l'80 per cento dei produttori hanno previsto una ulteriore crescita delle vendite oltreconfine, mediamente del 19 per cento;
   al tempo stesso la filiera del vino italiano si è consolidata nel corso degli ultimi anni in termine di qualità; la produzione dei vini certificati «Docg», «Doc» ed «Igt» in Italia è di circa 25 milioni di ettolitri e rappresenta oltre il 60 per cento della produzione nazionale complessiva;
   l'export del vino rappresenta oggi un elemento trainante dell'intera filiera, anche in relazione al sensibile e progressivo calo della domanda interna: le cifre parlano infatti di una diminuzione del 7-8 per cento del mercato nazionale rispetto al 2012;
   il 6 settembre del 2012 l'Unione europea ha avviato il procedimento antidumping con riguardo all'importazione di pannelli fotovoltaici di provenienza dalla Cina imponendo dazi specifici;
   secondo quanto è emerso da alcuni organi di informazione, in risposta a tale procedura, la Cina ha avviato ufficialmente una indagine antidumping ed anti sussidi nei confronti della importazione del vino europeo;
   secondo quanto è emerso da fonti di informazione le autorità cinesi sarebbero state sollecitate ad aprire l'indagine dalla Chinese alcoholic drinks association (l'associazione dei produttori cinesi di vino e alcolici) al fine di per accertare eventuali sussidi abusivi offerti dall'Unione europea sul vino esportato in Cina;
   tale motivazione sembra non trovare nessun fondamento giuridico: la politica agricola comune, in particolare l'organizzazione comune di mercato del vino («OCM vino»), non consente infatti aiuti all'esportazione per tale merce ma solo sostegno ai produttori per azioni di promozione sui mercati esteri;
   secondo quanto comunicato dalle associazioni del settore le nuove politiche commerciali della Cina, che prevedono l'aumento dei dazi doganali per il vino importato dall'Europa, penalizzerebbero produttori storici e qualificati come l'Italia, la Francia e la Spagna;
   il valore di mercato del vino importato dalla Cina (quinto al mondo per consumi) è infatti pari a 1,2 miliardi di euro, e quasi il 66 per cento proviene da paesi Unione europea;
   il mercato cinese per i produttori italiani di vino è di rilevante interesse. Dal 2008 a oggi le esportazioni nazionali in valore nel paese asiatico sono passate da 19 milioni di euro a 77 milioni, e anche i primi due mesi dell'anno in corso hanno confermato il trend, con un aumento record del 42 per cento;
   secondo quanto emerge dai media «il procedimento avviato dalla Cina avrà una durata di un anno, ma potrebbe prorogarsi fino al primo gennaio del 2015»;
   questa situazione e l'eventuale imposizione di dazi sul vino esportato verso la Repubblica cinese rappresenterebbe quindi un duro colpo per l'intera produzione vitivinicola italiana ed europea;
   appare evidente come le politiche di esportazioni di alcuni prodotti di eccellenza come il vino nei nuovi mercati mondiali devono essere affrontate complessivamente dell'Unione europea e non lasciate a trattative separate dei singoli Paesi –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, e quali iniziative intendano intraprendere i Ministeri interrogati, sia a livello comunitario che in stretta sinergia con le altre nazioni interessate, per scongiurare l'eventualità che la Repubblica popolare cinese introduca dazi sull'importazione di vino proveniente dall'Unione europea. (5-00543)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 131 (Porto Torres – Cagliari), rappresenta un'arteria stradale fondamentale e strategica per la viabilità e l'economia regionale della Sardegna;
   essa è perennemente attraversata da un numero molto elevato di interruzioni alla viabilità;
   in data 05/07/2013 il sito Anas fornisce le seguenti informazioni relative ai lavori in corso nella strada statale 131:
    dal Chilometro 0,000 al Chilometro 50,000 – LAVORI DI RICOSTRUZIONE DELLA PORTATA DELLA SOVRASTRUTTURA IN T.S. TRA I KM 0+000 E 50+150. L'importo totale dei lavori è pari ad euro 7.745.917,82, la consegna dei lavori era prevista per il 20/12/2011 e lo stato avanzamento lavori risulta essere all'8,96 per cento con il termine lavori in corso di definizione;
    dal Chilometro 23,890 al Chilometro 32,410 – LAVORI DI AMMODERNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DELLA strada statale 131 TRA I KM 23+885 – 32+412. (RIF. SANLURI). L'importo totale dei lavori è pari ad euro 34.314.281,47, l'ultimazione dei lavori è prevista per il 01/02/2014, ma l'avanzamento lavori è fermo al 21,8 per cento;
    dal Chilometro 32,300 al Chilometro 41,000 – LAVORI DI AMMODERNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DELLA SS 131 TRA I KM 32+300 – 41+000 (RIF. SANLURI). L'importo totale dei lavori è pari ad euro 52.300.917,68, l'ultimazione dei lavori è prevista per il 01/09/2013, e l'avanzamento lavori è pari al 78,68 per cento;
   dal 25 aprile 2013 inoltre l'Anas ha comunicato la chiusura della strada statale 131 in entrambi i sensi di marcia tra il chilometro 193,800 (svincolo di Florinas) e il chilometro 198,200 (svincolo di Olbia), in provincia di Sassari. Il traffico è stato deviato provvisoriamente sulla viabilità alternativa, lungo le adiacenti strada provinciale 68 «Ploaghe-La Rimessa» e strada statale 597 «del Logudoro» completamente inadatte a sostenere il volume di traffico quotidiano, causando forti disservizi e disagi in tutto il nord Sardegna;
   alla disastrosa situazione viaria aggravata da lavori, deviazioni, rallentamenti e chiusure di tratti della strada statale 131 che la rendono difficilmente percorribile, si aggiunga la presenza di un manto stradale per lo più sempre disconnesso specialmente nel tratto di strada che va da Sassari ad Abbasanta;
   appare evidente che la situazione in cui versa la statale 131, ripropone in tutta evidenza il tema del rafforzamento del sistema viario della regione Sardegna, nonché la necessità che il Ministro in indirizzo vigili maggiormente affinché l'Anas intervenga efficacemente ed in tempi certi per la manutenzione della strada ed il definitivo ripristino dei tratti chiusi al traffico ormai da troppo tempo –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare nei confronti dell'Anas, affinché effettui una manutenzione effettiva della strada statale 131 specialmente nel tratto del nord Sardegna da sempre pesantemente trascurato;
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intervenire presso l'Anas al fine di fornire un quadro certo su quali siano i tempi di chiusura di tutti i cantieri attualmente presenti sulla strada statale 131. (4-01169)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con regio decreto n. 221 del 5 febbraio 1928 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 48 del 27 febbraio 1948 i comuni di Dualchi e Noragugume vengono aggregati a quello di Borore situati tutti in provincia di Nuoro;
   l'articolo 1 della legge n. 42 del 3 gennaio 1939 riconosce a Dualchi la sua autonomia prevedendo: «I territori già costituenti i cessati comuni di Dualchi e di Noragugume aggregati con regio decreto al comune di Borore sono eretti in unico comune autonomo con capoluogo denominato Dualchi»;
   con decreto luogotenenziale n. 920 del 22 dicembre 1945 il 12 maggio 1946 si ricostituisce anche il comune di Noragugume;
   nella fase di aggregazione che ha interessato i comuni di Dualchi e Noragugume, cioè dal 1928 al 1939 sono stati mantenuti in modo autonomo «i servizi di stato civile, di abigeato...» così come era previsto dal decreto del 16 maggio 1928 del commissario prefettizio della provincia di Nuoro;
   nel 2007 diverse persone nate a Dualchi tra il 1928 e il 1939, dunque durante l'aggregazione dei comuni sopra citati, sono state destinatarie di una variazione nei documenti anagrafici e fiscali, operata dall'ufficio anagrafe del comune di Dualchi, con la quale si comunicava loro che non erano più nate a Dualchi ma a Borore;
   questo si verificava, si legge sempre nella comunicazione, come conseguenza dell'applicazione del decreto ministeriale 13 ottobre 2005 n. 240 «regolamento di gestione dell'indice nazionale delle Anagrafi» che viene emanato in attuazione dell'articolo 1-novies (modifiche all'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente) del decreto-legge 31 marzo 2005 n. 44 convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88;
   con riferimento all'applicazione dell'articolo 1-novies del citato decreto-legge il Ministero dell'interno con la circolare n. 27 del 2006 (comuni soppressi o modificati) scrive testualmente: «A fronte di tale quadro normativo, ed al fine di supportare l'azione dei comuni, si avverte l'esigenza di garantire l'omogeneità e l'univocità dei sistemi informatizzati relativamente ai Comuni che hanno subito mutamenti territoriali e di denominazione, tenendo, comunque, conto del principio in base al quale l'evento nascita rimane inquadrato nelle condizioni di tempo e di luogo in cui si è verificato»;
   dall'interpretazione dunque più che dall'applicazione delle disposizioni sopra richiamate, per le persone nate a Dualchi, nei documenti di identità rilasciati dall'ufficio anagrafe, in un primo tempo, dal 2007, si certificava che erano nate contemporaneamente a Dualchi e Borore (come che una persona possa essere nata contemporaneamente in due luoghi), mentre dal 2010 si certifica che sono nate a Borore;
   nel comune di Borore non esiste nessuna traccia anagrafica della loro esistenza;
   per gli altri comuni, che nel periodo interessato erano aggregati, non si è verificato nulla di tutto ciò e ogni cittadino ha mantenuto la propria identità anagrafica originaria;
   questo intoppo burocratico sta creando grossi disagi a livello sanitario, pensionistico, sociale, economico (ci sono persone che hanno due codici fiscali, persone che si sono viste bloccare per mesi la pensione estera perché i dati anagrafici non corrispondevano e che sono riuscite a vederla sbloccata solo ricorrendo al consolato, addirittura chi si è visto spostare l'intervento chirurgico perché l'operatore sanitario dell'ospedale in cui era stato ricoverato aveva riscontrato dati contraddittori nella cartella clinica) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di disagio che stanno vivendo queste persone e quali iniziative, anche normative, intenda adottare con urgenza al fine di ridare la loro identità ai nati nel comune di Dualchi.
(4-01168)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   domenica 30 giugno 2013 il giovane agricoltore, Emanuele Feltri, è stato oggetto di un atto intimidatorio con l'abbattimento, ad opera di ignoti, del proprio gregge nelle campagne del comune di Paternò (Catania);
   l'atto intimidatorio in questione potrebbe ritenersi in correlazione con l'attività di Emanuele Feltri a tutela dell'area della «valle del Simeto», sito di interesse comunitario, SIC, lasciato in stato di degrado ed abbandono, a causa degli scarichi illegali nel fiume, della presenza di numerose discariche abusive, contenenti materiali inquinanti altamente pericolosi. Inoltre, appare plausibile, a parere dell'interrogante, la volontà di impedire la rinascita dell'area, che negli anni si è distinta anche per fenomeni di sfruttamento del lavoro irregolare;
   gli operatori economici dell'area lamentano, da tempo, una scarsità di vigilanza e controllo della «valle del Simeto», per quanto riguarda, nel dettaglio, il contrasto a forme di sfruttamento dei lavoratori extracomunitari e alla presenza di discariche abusive;
   da tempo, gli imprenditori agricoli della zona, le aziende agroturistiche e le associazioni ambientaliste, come l'associazione «Vivi Simeto», chiedono interventi urgenti e concreti per la salvaguardia dell'area della «Valle del Simeto» e un programma di bonifica e riqualificazione dell'area;
   l'area in questione, nonostante numerose richieste e solleciti, risulta attualmente ancora non collegata con la rete elettrica, nonché carente, se non addirittura assente, della manutenzione viaria rendendo, di fatto, difficoltosa la logistica dell'attività imprenditoriale rispetto alla produzione dei prodotti agroalimentari e, conseguente, commercializzazione;
   negli ultimi anni, la consapevolezza della necessità di preservare l'area e la ripresa dell'attività agricola e della pastorizia, hanno consentito un aumento dell'attenzione della comunità locale sul tema, attenzione culminata con numerose iniziative di sensibilizzazione e di campagne, su base volontaria, con il contributo delle autorità comunali, per contrastare l'inquinamento e la devastazione dell'area –:
   quali interventi urgenti il Ministro dell'interno intenda intraprendere al fine di garantire l'incolumità del signor Emanuele Feltri, sia personale che dell'attività economica ad esso corrispondente;
   quali iniziative immediate il Ministro dell'interno intenda adottare per attuare misure concrete di vigilanza e controllo dell'area in questione;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere, per quanto di competenza, per garantire la tutela dell'area della «valle del Simeto», sito di interesse comunitario, nonché per supportare l'azione di tutela e bonifica intrapresa dalle autorità locali e dalle associazioni ambientaliste. (4-01170)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCALFAROTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da organi di stampa che il politecnico di Milano non adotterà il progetto di estendere la lingua inglese come unica lingua delle lauree di secondo livello a partire dal 2014 a tutti i corsi delle lauree magistrali e dei dottorati a seguito della sentenza del Tar, che ha accolto il ricorso presentato da 150 professori contro il provvedimento approvato a maggio dello scorso anno dal Senato accademico;
   dall'indagine «Eurobarometro» del 2012 emerge che gli europei hanno un atteggiamento molto positivo nei confronti del multilinguismo poiché:
    quasi tutti gli europei (98 per cento) ritengono che la conoscenza delle lingue straniere sia utile per il futuro dei loro figli; l'88 per cento dei cittadini è dell'avviso che le lingue siano utili per fini personali;
    circa tre quarti (72 per cento) condividono l'obiettivo dell'Unione europea di far sì che tutti parlino almeno due lingue straniere; il 77 per cento ritiene che si debba dare priorità al miglioramento delle competenze linguistiche;
    il 67 per cento considera l'inglese come una delle due lingue più utili per se stessi;
    le cinque lingue straniere più diffuse all'interno della popolazione dell'Unione europea sono l'inglese (38 per cento), il francese (12 per cento), il tedesco (11 per cento), lo spagnolo (7 per cento) e il russo (5 per cento);
    a livello nazionale l'inglese è la lingua straniera più diffusa in 19 dei 25 Stati membri in cui non è lingua ufficiale (vale a dire tutti eccetto Regno Unito e Irlanda);
    il metodo più diffuso per imparare una lingua straniera è quello delle lezioni scolastiche. Più di due terzi degli europei (68 per cento) hanno imparato una lingua straniera a scuola. Percentuali molto minori si riferiscono ad altri metodi: alcuni (16 per cento) hanno imparato una lingua straniera conversando informalmente con un madrelingua, altri (15 per cento) frequentando lezioni di gruppo con un insegnante al di fuori dell'ambito scolastico, altri ancora (15 per cento) soggiornando frequentemente o per lunghi periodi in un paese in cui viene parlata la lingua in questione. Gli europei sono propensi a ritenere che le lezioni di lingua in ambito scolastico rappresentino il modo più efficace di apprendere una lingua straniera;
    la grande maggioranza (84 per cento) degli intervistati è del parere che tutti nell'Unione europea dovrebbero saper parlare almeno una lingua straniera. La maggioranza condivide l'aspirazione dell'Unione europea a fare sì che i cittadini dell'Unione sappiano parlare almeno due lingue straniere; più di sette su dieci (72 per cento) convengono che le persone nell'Unione europea dovrebbero essere in grado di parlare più di una lingua oltre alla propria lingua madre. Più di tre quarti (77 per cento) degli intervistati pensa che il miglioramento delle competenze linguistiche dovrebbe costituire una priorità politica;
   il tasso di disoccupazione dei giovani italiani tra 15 e 24 anni raggiunge il 41,9 per cento nel primo trimestre del 2013;
   la conoscenza e la padronanza della lingua inglese è un fattore determinante nell'accesso del mondo del lavoro sia in Italia sia all'estero;
   la conoscenza di lingue straniere è un handicap nazionale secondo quanto emerge da uno studio di Eurostat, recentemente pubblicato su dati del 2007. Nel dettaglio:
    il 38,6 per cento degli italiani ha dichiarato di non parlare nessuna lingua estera, un dato al di sopra della media dell'Unione europea che è del 36,2 per cento;
    il 33,8 per cento degli italiani dichiara di parlare una sola lingua straniera, sotto la media dell'Unione europea del 35,7 per cento;
   l'obiettivo di internazionalizzare le università è un obiettivo strategico che dovrebbe essere condiviso da tutti, il potenziamento dell'utilizzo della lingua internazionale risulta essere un passaggio obbligato –:
   quali strategie il Ministro interrogato riterrà opportuno utilizzare per garantire un'adeguata conoscenza e studio della lingua inglese in tutti i livelli e gradi di istruzione;
   se il Ministro interrogato riterrà opportuno istituire corso di lingua inglese finalizzati a colmare le lacune nella preparazione e nella conoscenza della lingua inglese. (4-01160)


   VARGIU. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno accademico 2011/2012, in applicazione del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 10 aprile 2012, cinque scuole di specializzazione sarde (nefrologia, cardiochirurgia, fisiatria, scienze dell'alimentazione e chirurgia toracica) sono state aggregate ad università non sarde, nello specifico: all'università di Genova (nefrologia e cardiochirurgia) e all'università di Roma «La Sapienza» (fisiatria, chirurgia toracica e scienze dell'alimentazione), quali sedi amministrative centrali;
   a fronte di una specifica richiesta delle università sarde e dello stesso assessorato dell'igiene e sanità, gli atenei di Roma «La Sapienza» e di Genova hanno negato l'attivazione di contratti aggiuntivi destinati alla regione Sardegna e finanziati dalla stessa R.A.S. (nota dell'università La Sapienza n. prot. 49367 del 7 agosto 2012 e nota dell'università di Genova n. prot. 18428 del 23 luglio 2012), ritenendo eccessivamente restrittivi e dunque inapplicabili i requisiti soggettivi di cui alla legge regionale n. 5 del 1992;
   durante lo scorso anno accademico 2011-2012, pertanto, non sono stati sottoscritti quindici contratti per medici sardi in formazione specialistica, pur regolarmente finanziati dalla regione autonoma Sardegna, per cui altrettanti medici sardi non hanno avuto la possibilità di avviare il proprio percorso formativo, delineandosi sul territorio regionale una potenziale carenza di medici specialisti nelle discipline sopra ricordate;
   nel corrente anno accademico 2012/2013, alle cinque scuole di specializzazione già aggregate ad atenei non sardi, si è aggiunta la scuola di specializzazione di oncologia, con università capofila l'università di Roma «La Sapienza», in applicazione del decreto ministeriale del 24 aprile 2013;
   dopo reiterate richieste da parte del segretariato italiano Giovani Medici della sede provinciale di Cagliari alle istituzioni regionali per porre tempestivamente rimedio alla situazione sopra descritta e consentire il finanziamento delle borse aggiuntive della regione Sardegna, solo il 23 maggio 2013 il consiglio regionale sardo ha provveduto a modificare i criteri di attribuzione dei contratti di formazione specialistica stanziati dalla R.A.S., rendendoli assolutamente conformi alla normativa nazionale di riferimento;
   l'articolo 46 della legge regionale 23 maggio 2013, n. 12 «Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale della regione (legge finanziaria 2013)» stabilisce che: «I contributi annuali previsti dalla legge regionale 31 marzo 1992, n. 5 (contributo alle Università della Sardegna per l'istituzione di borse di studio per la frequenza delle scuole di specializzazione delle facoltà di medicina e chirurgia) sono estesi nei limiti stabiliti dall'Assessorato regionale dell'Igiene e sanità e dell'Assistenza sociale, anche per la frequenza delle scuole di specializzazione aventi sede amministrativa presso università non sarde e sede aggregata presso le università degli studi della Sardegna. Possono accedere ai contributi i medici abilitati all'esercizio della professione in possesso di almeno uno tra i seguenti requisiti:
    a) siano nati nel territorio della regione;
    b) siano figli di emigrati sardi;
    c) siano residenti nel territorio della regione alla data della stipulazione del contratto di formazione specialistica;
   i beneficiari devono mantenere la residenza in Sardegna per tutto il periodo di frequenza»;
   la suddetta legge modifica i criteri di assegnazione delle borse regionali, estendendo di fatto la possibilità della loro attribuzione anche a medici non sardi che abbiano la residenza in Sardegna al momento della sottoscrizione del contratto, abrogando quindi la clausola previgente dell'obbligo di residenza di sei anni prima della firma del contratto stesso;
   nonostante il citato decreto di modifica dei requisiti, che sgombra il campo da qualsiasi dubbio di legittimità della norma, allo stato attuale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha espresso parere negativo relativamente al finanziamento dei contratti aggiuntivi finanziati della regione Sardegna che, di conseguenza, non verrebbero accettati dalle università capofila di Genova e Roma per cui, nello specifico, non potrebbero essere utilizzati diciannove contratti già definiti e finanziati dalla regione Sardegna;
   se ciò avvenisse, per due anni consecutivi, sul territorio regionale sardo non verrebbero formati medici specialistici in nefrologia, cardiochirurgia, fisiatria, scienze dell'alimentazione, chirurgia toracica e, dall'anno accademico corrente, anche oncologia, con conseguente, drammatica carenza nel territorio regionale di tali figure professionali specialistiche, che sono invece assolutamente indispensabili nel contesto dell'offerta sanitaria sarda;
   tale carenza di figure mediche specialistiche configura un danno ancora più grave in quanto investe specialità che già oggi, in Sardegna, sono ad alto grado di criticità nella risposta ai bisogni sanitari della popolazione. I dati statistici posizionano la Sardegna al secondo posto tra le regioni italiane per numero di dializzati per milione di abitanti (circa 902/p.m.p) contro i circa 700 della Lombardia e i circa 500 del Veneto, rilevano che un individuo su dieci della popolazione generale presenta una lenta e progressiva riduzione della filtrazione glomerulare, causa nel tempo di insufficienza renale cronica terminale e, nel 2010, registrano in Sardegna una prevalenza di tumori maligni con 1786 pazienti;
   da questi dati ufficiali, segnalati a titolo esemplificativo, si evince che nei prossimi anni i pazienti sardi potranno realisticamente subire gravissime penalizzazioni dalla mancanza di medici specialisti in nefrologia, ma anche in tutte le altre specialità che sarebbero penalizzate dalle restrittive interpretazioni normative del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, costringendo il servizio sanitario regionale sardo a ricercare risorse umane esterne (e con percorsi formativi talora di dubbio riscontro), allo scopo di supplire alle carenze facilmente prevedibili –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di superare ogni intoppo meramente burocratico per riformare immediatamente il proprio parere negativo in merito al finanziamento dei contratti aggiuntivi della regione Sardegna e per poter conseguentemente garantire l'utilizzo dei diciannove contratti integrativi per la formazione medica specialistica, attribuiti dalla regione autonoma sarda alle scuole di specializzazione che operano in modo aggregato tra università sarde, del Lazio e della Liguria. (4-01167)


   QUARANTA, COSTANTINO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il plurilinguismo è riconosciuto dal Trattato di Lisbona del 2001 come uno dei saperi minimi fondanti dell'identità europea e per la circolazione dei lavoratori all'interno dei Paesi membri;
   la Riforma Moratti ha inserito con il decreto legislativo applicativo della legge n. 53 del 2003 approvato il 23 gennaio 2004 e le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola secondaria di 1o grado, contenuti nell'allegato C al predetto decreto, l'insegnamento obbligatorio dell'inglese per tre ore a settimana e l'insegnamento altrettanto obbligatorio di una seconda lingua comunitaria a scelta tra francese, spagnolo ed, a volte, tedesco per due ore a settimana anche se solo nella scuola secondaria di primo grado (ex medie);
   tale obbligatorietà, è cessato e seguito dal decreto-legge n. 112 del 2008;
   il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni dalla legge 133 del 2008 prevede, nella scuola secondaria di primo grado, che le famiglie possano optare fra tre diverse modalità di istruzione linguistica per i propri figli: tre ore di inglese e due ore di seconda lingua comunitaria (si tratta del modello diffuso nell'istruzione di base e obbligatoria dei Paesi della Unione europea), tre ore di inglese e due ore di potenziamento della lingua italiana per gli alunni migranti o figli di migranti con insufficiente competenza linguistico-comunicativa, tre ore di inglese, potenziate con altre due sottratte alla seconda lingua;
   le ultime circolari ministeriali (la circolare del MIUR n. 25 del 29 marzo 2012, la circolare del MIUR, n. 61 del 18 luglio 2012, la Circolare del MIUR n. 10 del 21 marzo 2013) in materia di trasmissione degli organici tutelano la conservazione del posto di seconda lingua comunitaria comunemente costituito con 18 ore presso un'unica sede, dando indicazione ai dirigenti scolastici in primo luogo e agli USP come ordini di controllo, di non attivare classi con inglese potenziato qualora un docente di seconda lingua comunitaria in ruolo possa essere danneggiato dal provvedimento, vedendo trasformata la propria cattedra in esterna (ossia con completamento in un'altra scuola) o con il rischio di esubero o soprannumerarietà;
   nonostante queste circolari, l'ultima tra le opzioni (tre ore di inglese, potenziate con altre due sottratte alla seconda lingua) crea una conflittualità interna alla determinazione degli organici del personale della scuola. Se da una parte la riforma Moratti, con l'introduzione obbligatoria dell'insegnamento di una seconda lingua comunitaria nel primo ciclo dell'istruzione secondaria aveva creato opportunità di istruzione degli studenti e di lavoro per molti docenti opportunamente preparati alla professione dalle SSIS (Scuola di specializzazione all'insegnamento secondario), dall'altra il decreto-legge n. 112 del 2008 ha frenato l'espansione degli organici della seconda lingua comunitaria soprattutto a discapito del personale precario della scuola;
   in particolare questa situazione di conflittualità si è verificata presso l'USP di Genova, in cui i rappresentanti del comitato docenti liguri di seconda lingua comunitaria, precari e non, hanno chiesto di non attivare altre classi di inglese potenziato a discapito della seconda lingua comunitaria in ottemperanza alle normative sopraelencate –:
   quali iniziative concrete intenda intraprendere il Ministro al fine di:
    a) raggiungere l'obiettivo del plurilinguismo attraverso l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado di più di una lingua comunitaria;
    b) tutelare i docenti, precari e non, di seconda lingua comunitaria risolvendo le situazioni di conflittualità nella determinazione degli organici del personale della scuola. (4-01172)


   ZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da articoli pubblicati sulla stampa veneta Vicenza Today, Il Giornale di Vicenza Clic, Corriere Veneto e Gazzettino di Vicenza, oltre che dalla stampa nazionale, risulta che, presso la scuola media R. Fabiani di Barbarano, in provincia di Vicenza, sono state arrestate in flagranza di reato per maltrattamenti l'insegnante di sostegno, Mariapia Piron, e un'operatrice sanitaria dipendente di una cooperativa incaricata dall'Ulss 6, Oriana Montesin, che avevano l'incarico di assistere uno studente disabile di 14 anni;
   nei confronti della bidella, Luciana Scottà, sono in corso indagini, e nei suoi riguardi non è stata disposta alcuna misura cautelare;
   la denuncia era partita dai genitori che si erano accorti di alcuni segni di violenza sul corpo del figlio affetto da autismo;
   secondo quanto si è appreso, le due donne avrebbero usato le maniere forti verso il ragazzo, con sberle e insulti, come documentato anche da registrazioni video e audio realizzate dalle forze dell'ordine;
   lo studente tornava a casa da scuola con lividi sulle guance e sulle orecchie e, in un caso, con lesioni nelle parti intime;
   la professoressa Mariapia Piron ha ammesso le sue responsabilità davanti al giudice;
   il processo è fissato per il prossimo 12 novembre 2013 –:
   se il Ministro intenda inviare ispettori nella scuola anche per verificare le ragioni del mancato controllo sull'operato delle indagate nei confronti del ragazzo vittima di maltrattamenti;
   se la bidella sia stata sospesa dal servizio e, in caso contrario, quali siano i motivi;
   quali iniziative intenda intraprendere il provveditorato di Vicenza riguardo la vicenda esposta in premessa, e in particolare, se ritenga di costituirsi parte civile nel procedimento in oggetto. (4-01173)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 62 del 2000 e la legge n. 27 del 2006 concorrono a disciplinare il sistema nazionale di istruzione introducendo un concetto ampio di servizio pubblico, infatti «Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, comma 2 della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali»;
   le scuole paritarie, abilitate a rilasciare titoli di studio con valore legale, devono rispettare i requisiti prescritti dalle leggi n. 62 del 2000 e n. 27 del 2006 per il conseguimento ed il mantenimento della parità;
   ai sensi del decreto ministeriale n. 83 del 2008, «Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l'equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l'assolvimento dell'obbligo di istruzione, l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola»;
   un'operazione della guardia di finanza di Torre Annunziata ha alzato il velo su un business consolidato relativo a titoli di studio fittizi rilasciati a studenti che hanno recuperato anni scolastici e conquistato attestati in cambio di soldi;
   500 maturandi del centro scolastico Paritario Luca Pacioli di Nola, provenienti da ogni parte d'Italia, rischiano di superare l'esame di maturità, ma di essere comunque «bocciati» da un'inchiesta che continua a mettere in luce un sistema illegale;
   la Procura di Nola, cui è stata trasferita l'indagine avviata dai colleghi di Torre Annunziata, ha confermato la tesi degli investigatori –:
   in quali misure il Ministro ritenga di impegnare il personale ispettivo (decreto ministeriale n. 267 del 2007) e gli uffici scolastici regionali (decreto ministeriale n. 267 del 2007 e decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2011) in attività di efficace controllo dell'organizzazione, gestione e funzionamento delle scuole paritarie al fine di eliminare situazioni di illegalità diffusa e garantire parità di trattamento agli alunni delle scuole statali e paritarie e quali provvedimenti intende assumere per garantire un efficace sistema di accertamento e controllo dei requisiti prescritti per il riconoscimento ed il mantenimento della parità con particolare riferimento agli aspetti di seguito indicati prescritti dal vigente quadro normativo (legge n. 62 del 2000, legge n. 27 del 2006, decreto ministeriale n. 267 del 2007, decreto ministeriale n. 83 del 2008):
    a) regolare frequenza degli alunni e controllo del limite massimo di assenze consentito;
    b) applicazione al personale coordinatore, docente e ATA dei contratti collettivi di settore;
    c) rispetto della quota di prestazioni volontarie riferite al personale docente;
    d) progetto educativo di istituto coerente con i principi costituzionali;
    e) pubblicità dei bilanci anche in considerazione dei finanziamenti pubblici destinati alle scuole paritarie;
    f) disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche conformi alle norme vigenti in materia di sicurezza;
    g) istituzione e funzionamento di organi collegiali ispirati al principio della partecipazione democratica;
    h) osservanza delle norme vigenti in materia di integrazione degli alunni disabili o in condizioni di svantaggio;
    i) coordinatore didattico e docenti in possesso dei prescritti titoli di studio e abilitazione. (4-01174)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LOCATELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 21, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni in legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha istituito (a decorrere dal 1o gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017) un contributo di solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea;
   lo scopo di tale norma sarebbe stato il riequilibrio finanziario dei predetti Fondi, elemento questo che è stato oggetto di una forte contestazione da parte di alcune delle categorie interessate;
   ad esempio i lavoratori telefonici furono iscritti al soppresso fondo speciale non per libera scelta ma per obbligo di legge (legge n. 1450 del 1956 e legge n. 58 del 1992);
   la norma individua, tra i soggetti obbligati al versamento del contributo di solidarietà, i lavoratori iscritti alle gestioni previdenziali (ex fondo trasporti, ex fondo elettrici, ex fondo telefonici, ex fondo volo) che, alla data del 31 dicembre 1995, abbiano maturato un'anzianità contributiva nelle predette gestioni pari o superiore a cinque anni;
   la misura del contributo di solidarietà è pari allo 0,30 per cento per anzianità contributiva da 5 a 15, 0,60 per anzianità contributiva da 16 a 25 anni, 1,00 per anzianità contributiva oltre 25 anni della retribuzione imponibile ed è posta esclusivamente a carico dei lavoratori iscritti;
   tutto ciò appare del tutto paradossale alla luce della sentenza della Corte costituzionale che ha definito il cosiddetto contributo di solidarietà sulle «pensioni d'oro» una «palese violazione dell'articolo 53 della Costituzione» in quanto tale prelievo avrebbe, di fatto, penalizzato alcune categorie e premiate altre;
   tale sentenza è dovuta alla giusta interpretazione, da parte della Corte costituzionale, della natura tributaria del contributo di solidarietà;
   in tale sentenza si è tenuto conto, oltretutto, della peculiarità tutta italiana del contributo di solidarietà visto che nella maggioranza dei Paesi europei, le pensioni non vengono tassate o subiscono un prelievo assai ridotto di pochi punti percentuali;
   al di là delle oggettive differenze tra le due vicende, resta salva la considerazione per la quale si può dichiarare il contributo di solidarietà una norma a «senso unico» che colpisce in maniera indistinta tutti i lavoratori senza commisurare ciò al reddito percepito dagli stessi e riversando esclusivamente sugli stessi i costi del dissesto economico –:
   se non si ritenga opportuno, viste le considerazioni di cui alla premessa e in virtù del fatto che si è oggettivamente superata la situazione di forte difficoltà economica che aveva determinato l'approvazione di tale norma, di assumere iniziative per prevedere la riduzione del tempo di applicazione della medesima al 31 dicembre 2013. (4-01165)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo inappropriato in ambito internazionale delle denominazioni riconosciute alle produzioni agroalimentari italiane di qualità è sempre più ricorrente e la falsificazione dei prodotti italiani DOP e IGP fa registrare un giro d'affari di oltre cinque volte il fatturato realizzato dal mercato autentico;
   il fenomeno della contraffazione on-line è particolarmente allarmante posto che la rete offre anonimato, costi bassi e possibilità di una veloce e facile scomparsa dal mercato dati aggiornati evidenziano che il commercio on-line nel settore alimentare risulta quello in maggior crescita, tanto che si stima, per il 2013, un balzo del 18 per cento;
   tale situazione genera ancor più preoccupazione alla luce delle nuove iniziative che potrebbero essere intraprese a breve dalla società americana ICANN, ovvero l'Autorità che genera il rilascio dei suffissi internet;
   come ormai noto, la suddetta ICANN, organizzazione privata di diritto californiano, ha attivato le procedure per assegnare, dietro pagamento, a soggetti privati e indipendentemente se siano viticoltori o utilizzatori riconosciuti delle denominazioni, domini di primo livello generico tra i quali: «wine» e «vin», oltre a «food» e «organic»;
   i titolari dei suddetti domini potrebbero infatti, attraverso l'abbinamento a domini di secondo livello, registrare indirizzi come «baroloclassico.wine» o anche «prosciuttodiparma.food» e sovrapporli agli indirizzi dei prodotti originali generando totale confusione nelle piattaforme di commercio elettronico;
   è indispensabile assicurare che l'assegnazione di nomi generici dati in via esclusiva a privati e senza particolari garanzie, quali domini di primo livello, sia improntata al rispetto delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio posto che il loro utilizzo, peraltro esclusivo, ha implicazioni commerciali, di relazioni tra Paesi e di immagine con effetti potenzialmente devastanti in ambito commerciale internazionale e in grado di attivare infiniti e costosi contenziosi;
   richieste di assegnazione di domini provengono da società stabilite in Paesi dichiarati «paradisi fiscali», coperte da anonimato societario e potenzialmente in grado di riciclare denaro di dubbia provenienza;
   l'iniziativa in parola contrasta con i principi della proprietà intellettuale che vietano la concessione di un diritto di privativa industriale che abbia ad oggetto un termine di uso comune –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto riportato in premessa e come intenda intervenire presso i competenti organismi internazionali al fine di assicurare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel commercio on-line ed impedire che l'introduzione di nomi generici a dominio internet e la loro assegnazione a soggetti privati non utilizzatori delle denominazioni possa in qualsiasi modo danneggiare le produzioni agroalimentari italiane certificate. (5-00544)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, BENEDETTI, L'ABBATE, GALLINELLA e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha inviato alla Conferenza Stato regioni una bozza di testo di revisione della legge n. 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica e regolamentazione della concessione venatoria;
   la legge n. 157 del 1992 rappresenta il recepimento della direttiva «Uccelli» n. 79/409/CEE, che impone agli Stati membri l'obbligo di mantenere o adeguare le popolazioni di uccelli selvatici in uno stato di conservazione soddisfacente, requisito fondamentale, indispensabile e prioritario per lo svolgimento dell'attività venatoria;
   proprio per raggiungere queste finalità, le direttiva europea impone il silenzio venatorio e ogni forma di disturbo biologico durante le fasi della migrazione e della riproduzione della fauna selvatica, secondo quanto espresso dalla «guida alla stesura dei calendari venatori» dell'ISPRA, inviata ormai da tempo a tutte le regioni italiane;
   le modifiche proposte dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali prevedono una serie di misure tra cui l'introduzione di un articolo specifico per la gestione degli ungulati e sulla gestione delle specie alloctone con l'obiettivo dichiarato della «densità zero», prevedendo altresì per questi animali abbattimenti durante tutto l'anno, nelle oasi di protezione e in ogni condizione climatica derogando ad alcuni divieti imposti dall'attuale legge n. 157 del 1992. Per attuare tale deroga, l'articolo 19 viene riformulato sottolineando come l'attività di controllo faunistico non costituisca esercizio di caccia, per poi ricorrere anche all'ausilio dei cacciatori per gli abbattimenti;
   per le specie alloctone non è prevista alcuna misura relativa alle metodologie ecologiche proposte e verificate dall'ISPRA, condannando quindi gli animali ad un inutile uccisione anche laddove, come nel caso della nutria, le popolazioni vivono ormai stabilmente e in stato di libertà naturale tanto che tecnicamente sarebbe impossibile procedere ad una eradicazione;
   sempre per la fauna alloctona, ad eccezione dello scoiattolo grigio, non è stato introdotto nessun divieto alla commercializzazione delle specie ritenute «problematiche»;
   continuano invece i dannosi ripopolamenti a fini venatori, che creano gravi squilibri alle popolazioni naturali e rappresentano una minaccia per la biodiversità nonché causa principale di ingenti danni all'agricoltura così come risulta da documenti delle regioni;
   il nostro Paese è ormai sotto osservazione dell'Unione europea non solo per l'annosa questione della caccia in deroga, con la procedura 2131/2006 che sta giungendo a seconda condanna, ma anche perché si continua ad esercitare l'attività venatoria in periodi che secondo l'ISPRA – istituto a cui la cui autorevolezza è riconosciuta in sede europea – coincidono con la migrazione e la riproduzione permettendo di sparare anche a specie riconosciute come SPEC2 e SPEC3 – ovvero con gravi problemi relativi alla loro conservazione;
   quindi, diverse potrebbero essere le azioni da intraprendere per riscrivere una legge che, in ogni caso, in vent'anni non ha mai visto un'applicazione corretta –:
   se non intenda ripensare alla proposta di revisione della legge n. 157 del 1992 già consegnata alla Conferenza Stato regioni, affinché essa mantenga i reali obiettivi per cui è stata scritta ed in particolare la tutela della biodiversità;
   se non intenda risolvere l'annosa questione delle deroghe di caccia, strumento che, grazie agli abusi commessi dalle regioni, sta «fruttando» al nostro Paese una nuova condanna europea, con relative sanzioni pecuniarie;
   se non intenda escludere dall'attività venatoria le 19 specie considerate SPEC2 e SPEC3, evitando così al nostro Paese possibili conseguenze da parte dell'Unione europea;
   se non intenda assumere iniziative per vietare i ripopolamenti di ungulati e di altre specie reimmesse per fini venatori e accusati di arrecare danni all'agricoltura;
   se non intenda valutare una strategia globale per affrontare il problema delle specie alloctone partendo dal divieto di commercializzazione e di reimmissione, nonché di individuare ed attuare una serie di metodologie ecologiche che prevedano dati scientifici certi e interventi prioritari sul ripristino di habitat favorevoli alle specie selvatiche e non a quelle alloctone, o l'utilizzo di altri metodi che non contemplino una inutile uccisione di animali. (4-01171)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROCCHI, CAROCCI e COSCIA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 giugno 2013 con una nota (protocollo 3968) l'USR della Puglia ha comunicato a tutti i dirigenti scolastici della Regione che, con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 39 del 2013 (cosiddetta «legge anticorruzione»), gli incarichi dirigenziali da loro svolti saranno del tutto incompatibili con cariche elettive all'interno dei consigli e delle giunte comunali, provinciali e regionali;
   in tale nota si intima a tutti gli interessati di cessare immediatamente dalle cariche elettive eventualmente ricoperte, ventilando l'adozione di provvedimenti disciplinari e la denuncia al Responsabile anticorruzione;
   in data 13 giugno l'ANP (associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola) ha inviato ai ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca Carrozza e della pubblica amministrazione e semplificazione Gianpiero D'Alia una richiesta di chiarimenti in merito a tale eventuale incompatibilità;
   infatti, l'articolo 12 della legge suddetta presenta margini di ambiguità interpretativa ed in particolare appaiono fonte di criticità i commi 3 e 4 che stabiliscono incompatibilità fra «gli incarichi dirigenziali, interni ed esterni, nelle pubbliche amministrazioni (...) e quelli di componente della giunta o del consiglio di una regione, una provincia, un comune»;
   il testo potrebbe, dunque, prestarsi ad interpretazioni contraddittorie che andrebbero ad incidere su un diritto costituzionalmente garantito che, in tal modo, sarebbe negato ad un'intera categoria professionale, a priori ed indipendentemente da qualunque comportamento specifico e da qualunque situazione concreta di conflitto di interessi;
   l'articolo 21 della legge n. 59 del 1997 (nota come «Legge Bassanini»), infatti, ha conferito un ruolo dirigenziale ai dirigenti scolastici, tuttavia, essi non rappresentano dirigenze di vertice o di aree a rischio corruttivo non godendo di poteri discrezionali di reclutamento;
   anche la gestione finanziaria autonoma si limita alla gestione di fondi per lo più vincolati;
   inoltre, i dirigenti scolastici sono preposti solo a singole unità operative e non a capo della amministrazione territorialmente competente;
   la dirigenza scolastica afferisce all'area V che è contrattualizzata a parte ed a cui corrispondono competenze stipendiali di almeno il 50 per cento in meno rispetto alle altre dirigenze con pieni poteri e prerogative;
   in tal senso, sembra evidente come l'interpretazione della legge assimili tali figure solo per definizione terminologica alle altre dirigenze (direttori generali segretari generali, capi dipartimento, rettori, gerarchi militari e altro) –:
   se non ritenga opportuno intervenire per fornire una interpretazione autentica della norma che tuteli i diritti costituzionali dei dirigenti scolastici. (4-01162)

Apposizione di firme a una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Garavini e altri n. 5-00181, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Malpezzi, Cominelli, Velo, Baruffi, Iacono, Carra, Grassi, Albanella, Boccuzzi, Crimì, Polverini, Cozzolino, Tentori, Fabbri, Marantelli, Marco Di Maio, Zardini, Matarrese, Miotto, Gadda, Salvatore Piccolo, Cimbro, Alfreider, Giovanna Sanna, Biondelli, Garofalo, D'Incecco.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta in Commissione Liuzzi n. 5-00486, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 44 del 2 luglio 2013.

   LIUZZI e BRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Antenna Sud è una nota emittente locale pugliese il cui segnale raggiunge le regioni Puglia e Basilicata, nata nel 1979 per mano di Giuseppe Gorjoux, assorbita interamente nell'anno 2000 dalla Gazzetta del Mezzogiorno, nel 2004 dalla Società Editrice Mediterranea e successivamente da Edivision s.p.a., e attualmente sotto il controllo di Fabrizio Lombardo Pijola, socio di riferimento della compagnia proprietaria;
   dopo 34 anni di successi nel settore dell'editoria pugliese, l'azienda, come emerge da recenti notizie di stampa, sta per chiudere definitivamente, tant’è che sono state avviate le procedure di licenziamento per i 36 lavoratori dell'emittente;
   la procedura di concordato preventivo (non è esatto dire chiusura) dell'emittente desta alcune perplessità, dal momento che Antenna Sud, poco più di un anno fa, ha dismesso e venduto alcune frequenze, il cui valore ammonta a circa 1 milione e 200 mila euro;
   le citate risorse, trasferite all'emittente dal Co.re.Com Puglia, unitamente ai contributi P.I.A., per la promozione dell'innovazione dei processi aziendali, pari a 1 milione e 600 mila euro, avrebbero dovuto consentire la sopravvivenza dell'emittente;
   secondo quanto dichiarato dal presidente di Assostampa Puglia a mezzo stampa «sulla destinazione del ricavato di quelle dismissioni nulla ancor oggi è dato sapere»;
   lo stato di crisi dell'azienda è testimoniato dalla riduzione del trattamento economico dei dipendenti a partire dal mese di febbraio 2011, dalla successiva attivazione di strumenti di ammortizzazione sociale, finalizzati al rilancio dell'emittente, e al mancato percepimento dello stipendio a partire dal mese di agosto 2012, che ha determinato lo stato di sciopero permanente con la conseguente interruzione dei servizi telegiornalistici;
   la cessazione delle trasmissioni da parte dell'emittente Antenna Sud a giudizio dell'interrogante configura una grave violazione alla tutela del pluralismo e della libertà d'informazione di cui alla direttiva 89/553/CEE e successive modificazioni e integrazioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quale sia stato l'effettivo utilizzo da parte dell'emittente dei contributi ricevuti;
   quali provvedimenti intenda adottare alfine di evitare la chiusura dell'emittente Antenna Sud e le gravi conseguenze occupazionali che da tale chiusura possono derivare, anche ai fini di salvaguardia del pluralismo e della libertà d'informazione. (5-00486)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Interpellanza Melilla n. 2-00135 del 4 luglio 2013.