Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 4 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il Comitato genitori giovani disabili psichici ha promosso il 3 luglio 2013 una manifestazione in piazza Montecitorio per difendere la legge n. 68 del 1999 e il diritto al lavoro delle persone disabili che dalla citata legge è sancito;
    oggetto della protesta è la possibilità di sospensione degli obblighi di assunzione per le pubbliche amministrazioni previsti dalla legge; la richiesta di sospensione è stata rivolta dall'Inps al dipartimento della funzione pubblica, che il 22 maggio ha risposto con nota n. 23580 nella quale si affermava che l'obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette, con l'eccezione della disciplina relativa ai centralinisti non vedenti, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano posti disponibili nella dotazione organica e, a, fortiori, laddove presentino posizioni soprannumerarie;
    secondo la nota del dipartimento della funzione pubblica non solo è possibile sospendere le assunzioni obbligatorie, ma addirittura è vietato effettuarne, qualora si sia in presenza di soprannumerarietà, eventuali assunzioni, anche di categorie protette;
    la nota del dipartimento della funzione pubblica, altresì, afferma che nuove assunzioni violerebbero il principio generale del divieto di assumere, in presenza di posti disponibili nella dotazione organica, e andrebbero ad alimentare la soprannumerarietà o le eccedenze, producendo, a fronte dell'occupazione di una categoria protetta, il rischio della perdita del posto di lavoro del personale già di ruolo che si determinerebbe quale possibile conseguenza della dichiarazione di esubero e di messa in disponibilità;
    il Comitato genitori giovani disabili psichici ha denunciato la gravità delle conseguenze di quanto previsto nel parere, che prescinde anche dalla copertura delle quote di legge;
    la sospensione dell'obbligo di copertura delle quote, stando a quanto affermato dal dipartimento della funzione pubblica, non tiene in alcun conto l'attuale contesto segnato da una crisi economica che già di per sé rappresenta ulteriore elemento di marginalità per cittadini che versano in una condizione di difficoltà;
    proprio tenendo conto del contesto economico e sociale, ma anche della ricaduta pesante nei confronti di cittadini, che in particolare hanno il diritto costituzionale al lavoro del quale la legge n. 68 del 1999 si fa interprete, appare necessario rivedere la sospensione dell'obbligo che viene avallata dalla nota del dipartimento della funzione pubblica,

impegna il Governo

a evitare l'assunzione di qualsiasi atto che preveda o consenta la sospensione degli obblighi di assunzione per le pubbliche amministrazioni di persone disabili, di cui alla legge n. 68 del 1999, anche nei casi di soprannumerarietà, e a ritirare la nota 22 maggio 2013, n. 23580, del dipartimento della funzione pubblica.
(1-00136) «Di Vita, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Silvia Giordano, Grillo, Lorefice, Mantero, Dieni, Dadone, Cozzolino, Lombardi, Nesci, Colonnese, Carinelli, Spessotto, Vignaroli, Di Benedetto, Di Battista, Sibilia, Manlio Di Stefano, Nuti, Castelli, D'Incà, Cariello, Caso, Micillo, Luigi Gallo, Cancelleri, Marzana, D'Uva, Sorial».

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la ginecologia oncologica, ai sensi del decreto ministeriale del 29 gennaio 1992, è inserita nell’«elenco delle alte specialità mediche»;
    in virtù di tali premesse la ginecologia medica fa riferimento (al fianco di altri importantissimi e delicati settori come quelli della cardiologia medico-chirurgica, dei trapianti d'organo e delle malattie vascolari) a una serie di criteri e standard organizzativi e gestionali del massimo livello;
    premessa al citato decreto ministeriale è la legge n. 595 del 1985 tuttora in vigore che definisce all'articolo 5 le cosiddette «alte specialità» come: «Le attività di diagnosi, cura e riabilitazione che richiedono particolare impegno di qualificazione, mezzi, attrezzature e personale specificatamente formato». Questa definizione è tanto breve quanto pregnante nell'evidenziare la delicatezza e l'importanza della ginecologia oncologica;
    a fronte dell'apparato di norme sopra ricordate, nella realtà pratica oggi in Italia non esiste un percorso definito per la formazione del ginecologo oncologico. Né, a differenza di quanto avviene per esempio negli Stati Uniti o in altri Paesi europei, esiste uno specifico percorso formativo successivo alla specializzazione al cui termine il medico ottenga una vera e autentica certificazione in relazione alla ginecologia oncologica;
    il risultato è che molti giovani medici appassionati di questa importante e delicata branca della medicina si impegnano nel seguire percorsi individuali ad esempio iscrivendosi a corsi privati certamente di qualità e autorevolezza scientifica. Tuttavia questi percorsi individuali non possono essere la sola forma obbligata di formazione a causa della sostanziale mancanza di alternative, nell'ambito della formazione universitaria istituzionalizzata, in una parte consistente del Paese;
    oltretutto, aspetto nella pratica non secondario, il seguire questi percorsi individuali comporta spesso un esborso economico personale che può essere non indifferente vista la soglia ormai sempre più elevata di ingresso nella professione dopo il compimento della specializzazione (ormai si parla stabilmente di una forbice tra 30 e a volte perfino 35 anni) e vista l'impossibilità di avere un reddito adeguato essendo oggi vietato esercitare la professione già durante la specializzazione,

impegna il Governo:

   ad effettuare un attento monitoraggio sull'effettiva applicazione, sull'intero territorio nazionale, di quei criteri di eccellenza che in teoria, in base alle norme richiamate in premessa, dovrebbero contraddistinguere la formazione e l'esercizio della professione nella specialità medica della ginecologia oncologica;
   con specifico riferimento al tema della formazione e a quello ad esso collegata della ricerca, ad attuare tutte le iniziative di competenza per garantire, come già avviene da tempo negli Stati Uniti e in altri Paesi europei, percorsi formativi istituzionalizzati per gli specialisti in ginecologia oncologica.
(7-00058) «Fucci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MONGIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale vittime civili di guerra Onlus è l'ente morale, sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'interno ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 1990, incaricato per legge dal 1943 della rappresentanza e della tutela delle oltre 120.000 vittime civili di guerra italiane e delle loro famiglie;
   si tratta di mutilati, invalidi, grandi invalidi, ciechi di guerra, ex mutilatini di Don Gnocchi, orfani e vedove, che dopo avere già offerto un grande sacrificio, fisico e morale per il Paese, oggi vedono sopraggiungere la vecchiaia ad aggravare i disagi causati dalle invalidità e dalle mutilazioni;
   l'Associazione nazionale vittime civili di guerra è un ente virtuoso e sano, non ha debiti, ha una gestione finanziaria oculata, ed è ancora estremamente attivo e vitale;
   ancora oggi, infatti, l'associazione è presente sul territorio nazionale con oltre 100 sedi periferiche tra sezioni provinciali, regionali e fiduciariati, attraverso le quali offre quotidiana assistenza alle vittime civili di guerra e loro congiunti (dati ufficiali ricavati dalla «Elaborazione statistica sulle partite in pagamento per pensioni di guerra alla data del 31 dicembre 2011 del Ministero dell'economia e delle finanze – Direzione centrale dei servizi del tesoro – Ufficio XII»);
   negli ultimi anni, inoltre, in cui in tutto il mondo oltre 50 conflitti hanno prodotto 4 milioni di vittime civili di guerra, l'Associazione ha avuto un ruolo di primo piano nella sensibilizzazione delle istituzioni e della comunità internazionale per far conoscere questi drammatici e dolorosi eventi e per diffondere e promuovere una cultura della pace e della solidarietà che deve vincere sulla violenza, sul terrorismo e sulle guerra;
   l'Associazione agisce quotidianamente attraverso pubblicazioni, conferenze e convegni, una propria rivista e soprattutto attraverso la presenza quotidiana nelle scuole, nei numerosi progetti di didattica e laboratoriali che realizza negli istituti di ogni ordine e grado del Paese;
   l'Associazione percepisce due tipi di contributi, uno ordinario annuo specifico non soggetto a riparto, ai sensi del comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 come modificato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 10, del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, allocato nel capitolo 2310 del Ministero dell'interno ad oggi pari a 500.000 euro e l'altro, allocato nel capitolo 2309 del Ministero dell'interno, che da oltre sessant'anni è stabilito con provvedimenti triennali e ripartito annualmente con decreto ministeriale, in favore delle associazioni combattentistiche e che nell'ultimo triennio 2010-2012, per le associazioni vigilate dal Ministero dell'interno, è stato stabilito in media in 2.500.000 euro annui;
   la legge di stabilità per il 2012, legge 11 dicembre 2011, n. 183, aveva di fatto azzerato le risorse di entrambi i predetti capitoli. Successivamente, tramite l'intervento del Parlamento, in sede di approvazione della legge di assestamento di bilancio, sono stati riconfermati gli importi per il 2012 e tramite la legge di stabilità per il 2013, legge 24 dicembre 2012 n. 228, sono stati approvati anche gli importi per il 2013, stabilendo in 500.000 euro l'importo del contributo annuo ordinario di cui al predetto capitolo 2310 ed in 2.000.000 di euro le provvidenze in favore delle associazioni combattentistiche di cui al predetto capitolo 2309;
   purtroppo, a decorrere dal 1o gennaio 2014 le circostanze problematiche per l'Associazione nazionale vittime civili di guerra e per le associazioni combattentistiche si ripresenteranno ancora più drammatiche di quelle prima descritte in quanto sul capitolato 2309 non vi sono cifre assegnate mentre sul capitolato 2310 compaiono solamente 72.231 euro;
   ove i predetti contributi non fossero ripristinati, l'associazione in questione, dal 2014 sarebbe inevitabilmente costretta a paralizzare le proprie attività e l'erogazione dei suoi preziosi servizi in favore degli invalidi e delle loro famiglie e ciò proprio in concomitanza del settantesimo anniversario di fondazione dell'Associazione che coincide con il settantesimo anniversario della guerra di liberazione –:
   se non intendano assumere iniziative, se del caso già in sede di presentazione del prossimo disegno di legge di stabilità per il 2013, al ripristino delle risorse da assegnare al bilancio del Ministero dell'interno in favore delle predette associazioni, in particolare rifinanziando il sopracitato capitolo 2310, nella cifra di 500.000 euro per gli anni dal 2014 al 2016 e l'altro capitolo 2309 nella cifra di 2.000.000 di euro per gli anni dal 2014 al 2016.
(4-01135)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   preoccupazione desta la delicata situazione in cui versano i vincitori del concorso per n. 964 allievi agenti della polizia di Stato, destinata ad accrescere la problematica dell'emergente precarizzazione del personale delle forze armate;
   si tratta, in particolare, di 1700 giovani che, pur vincitori di suddetto concorso pubblico, per il fatto di appartenere alle «seconde aliquote», si trovano a svolgere servizio «in prestito» nelle forze armate come volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4), prima di poter essere effettivamente assunti alle dipendenze del Ministero dell'interno;
   ai sensi dell'articolo 16, comma 4, della legge n. 226 del 2004, cosiddetta legge Martino, infatti: «dei concorrenti giudicati idonei e utilmente collocati nelle graduatorie di cui al comma 3: a) una parte è immessa direttamente nelle carriere iniziali di cui al comma 1, [...] b) la restante parte viene immessa nelle carriere iniziali di cui al comma 1 dopo avere prestato servizio nelle Forze armate in qualità di volontario in ferma, prefissata quadriennale, [...]»;
   secondo il disposto del citato articolo 16, pertanto, la graduatoria dei vincitori di concorso per l'accesso alle carriere iniziali della polizia di Stato viene suddivisa in due aliquote: la prima (55 per cento per il ruolo degli agenti e assistenti della polizia di Stato) viene avviata immediatamente al corso per allievo agente di polizia, la seconda (45 per cento per il ruolo degli agenti e assistenti della polizia di Stato) viene inviata «in prestito» nelle forze armate per quattro anni e se al termine di tale periodo di ferma avrà mantenuto i requisiti psicofisici verrà stabilizzata e assunta presso la polizia di Stato;
   numerose sono le discrasie e disfunzioni che, già da tempo, questa legge comporta per la polizia di Stato e, soprattutto, per i giovani che malauguratamente ricadono nella seconda aliquota;
   a differenza dei colleghi appartenenti alla prima aliquota, già poliziotti, infatti, i ragazzi appartenenti alla seconda aliquota, benché vincitori dello stesso concorso, subiscono un trattamento differente;
   tale anomala situazione, tra l'altro, crea uno stato di precarietà, posto il rischio alquanto elevato di poter perdere l'idoneità psico-fisica, soprattutto a seguito delle numerose missioni all'estero in teatri di guerra ove questi giovani vengono spesso impiegati;
   come se ciò non bastasse, l'approvazione del cosiddetto decreto-legge di spending review (decreto-legge n. 95 del 2012), ha avuto gravi riverberi sui reclutamenti delle forze armate in conseguenza della riduzione dei relativi organici, e sulle assunzioni delle forze di polizia per effetto delle riduzioni del turn over, ancorché quest'ultime mitigate dalla successiva legge di stabilità per l'anno 2013;
   nonostante l'esistenza e la validità delle graduatorie di concorsi già espletati, le pubbliche amministrazioni del comparto continuano peraltro a bandire nuovi concorsi, con evidenti elevati oneri finanziari per l'amministrazione interessata;
   più razionale, oltre che conforme alle legittime aspettative di quanti sono già risultati idonei nell'ambito di una precedente selezione, sarebbe il preventivo esaurimento delle graduatorie formatesi alla conclusione delle passate procedure concorsuali;
   l'assunzione di tali giovani VFP4 darebbe, in questo momento, un forte segnale di presenza dello Stato e gioverebbe alla ormai gravosa carenza di organico denunciata da tempo dalla stessa amministrazione della pubblica sicurezza –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, ritenuto che la previsione di una doppia aliquota rappresenti una palese disparità di trattamento, quali iniziative intendano assumere per tutelare la posizione dei ragazzi vincitori di concorso pubblico appartenenti alle seconde aliquote. (4-01144)


   LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 ottobre 2009 fu siglato un accordo per la cessione di Atitech a favore della Società Manutenzioni Aeronautiche srl rappresentata dal Presidente Giovanni Lettieri, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri presieduta dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri pro tempore dottor Gianni Letta, con la partecipazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore senatore Altero Matteoli e i rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, nonché l'Alitalia in amministrazione controllata, la regione Campania, la società Alitalia-Cai, la società Finmeccanica, la società Manutenzioni Aeronautiche srl e le organizzazioni sindacali Filtcgil, Fitcisl, Uilt UGL T. e SdL;
   l'accordo in sintesi prevede: a) l'acquisizione di Atitech da parte di una Newco, partecipata al 75 per cento da manutenzioni Aeronautiche srl, al 15 per cento da Alitalia-Cai e al 10 per cento da Finmeccanica s.p.a.; b) la realizzazione di un piano industriale che prevede l'impiego a regime nel 2014 di cinquecento lavoratori, su circa 680; c) l'applicazione di ammortizzatori sociali per anni sette (decreto-legge n. 134 del 2008) di cui quattro anni di cassa integrazione guadagni straordinaria e tre di mobilità; d) la rotazione del personale posto in cassa integrazione guadagni straordinaria a partire dal 2010; e) l'impegno da parte di Finmeccanica ad assumere presso aziende del Gruppo sessanta lavoratori beneficiari dei su citati ammortizzatori sociali; f) l'impegno di Finmeccanica, con riferimento ai velivoli regionali, atto a favorire la costituzione presso Atitech di un centro di manutenzione programmata e certificata dal costruttore e finalizzato a ricercare nell'ambito delle proprie società operative eventuali ulteriori opportunità di lavoro da affidare ad Atitech; g) l'impegno da parte di Alitalia-Cai ad inviare per cinque anni a partire dal 2010, la manutenzione in via esclusiva di tutti gli aeromobili, inclusi quelli dedicati al lungo raggio, anche al termine di specifici programmi formativi ed eventuali interventi infrastrutturali; h) l'impegno della regione Campania a finanziare specifici programmi formativi di riqualificazione per i lavoratori Atitech e l'individuazione nell'ambito delle risorse disponibili sul PAR-FAS 2007-2013, rivolte alla riorganizzazione infrastrutturale e industriale; i) la tutela per i lavoratori dell'indotto attraverso gli strumenti ordinari o «in deroga» di integrazione al reddito;
   il pesante contributo dei lavoratori per il risanamento dell'azienda ha rappresentato una sensibile decurtazione del salario e livelli di flessibilità e turnistica, unici nel settore;
   gli interroganti, anche su segnalazione di alcuni rappresentanti sindacali, esprimono forte preoccupazione relativa al perseguimento degli obiettivi e dei contenuti previsti dall'accordo del 13 ottobre 2009;
   la mancanza di una efficace strategia industriale e di relativi investimenti, volti al consolidamento del settore conto terzi e lungo raggio, nonostante la disponibilità di Alitalia-Cai per l'affido di aeromobili specifici, la cui manutenzione risulta essere svolta in Paesi esteri, rappresenta il paradosso di tale grave situazione;
   i ritardi per la realizzazione delle modifiche infrastrutturali e/o la nuova realizzazione e, peggio ancora, la mancanza di sinergie con aziende del gruppo Finmeccanica che potrebbero nel breve periodo ospitare tale tipologie di aeromobili nel sedime aeroportuale campano e creare ulteriori opportunità di lavoro, stanno segnando un grave ritardo relativo allo sviluppo dell'azienda;
   nonostante Finmeccanica detenga il 10 per cento del capitale societario di Atitech, non si comprende il perché non si riesca a creare le condizioni per ospitare in strutture già esistenti la manutenzione e revisione degli aeromobili lungo raggio, che ad oggi avrebbe già potuto sottrarre dalla cassa integrazione guadagni straordinaria almeno altri 150 lavoratori;
   ad oggi i lavoratori occupati risultano essere mediamente il 50 per cento in Atitech su base annua e il 20 per cento del personale delle società terze;
   a febbraio 2014 è previsto il termine dei quattro anni di cassa integrazione guadagni straordinaria e di conseguenza, senza gli interventi necessari, si rischia l'ennesimo dramma occupazionale, nonostante Atitech abbia tutte le potenzialità e la professionalità necessaria per porsi in modo competitivo sul settore delle manutenzioni a livello internazionale;
   unitamente a ciò si deve segnalare, come risulterebbe da una denuncia di USB al Ministero lavoro e delle politiche sociali e all'ispettorato del lavoro di Napoli la gestione discriminatoria della rotazione del personale in cassa integrazione guadagni straordinaria, e che gran parte degli impegni assunti dalle parti firmatarie dell'intesa sono allo stato attuale pressoché disattesi;
   tale situazione rischia di vanificare gli sforzi profusi per ricercare una soluzione condivisa, unica strada per la salvaguardia di un polo di eccellenza manutentiva, la cui affidabilità, competenza e competitività è stata riconosciuta a livello mondiale –:
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in merito alla vicenda in questione;
   quali iniziative intenda assumere il Governo in merito per lo meno al fine di scongiurare l'ennesimo dramma sociale ed occupazionale;
   se il Governo intenda promuovere un incontro – così come richiesto dall'Unione sindacale di base – che preveda la partecipazione di tutte le parti firmatarie dell'intesa in essere, al fine di effettuare una profonda verifica della stessa ed individuare gli interventi necessari da porre in essere, per garantire lo sviluppo aziendale e i livelli occupazionali previsti per il 2014, che, al netto delle assunzioni da parte di Finmeccanica, il pensionamento dei lavoratori che maturano i requisiti pensionistici nell'arco della vigenza degli ammortizzatori sociali con le previsioni legislative ante-riforma e i cosiddetti esodati, dovranno garantire cinquecento occupati e, mediante il riconoscimento del diritto di pensionamento previsto alla sigla dell'accordo di palazzo Chigi, la gestione non traumatica del restante numero di lavoratori, che per questo motivo sono stati esclusi dal ciclo produttivo. (4-01149)


   PINNA, NICOLA BIANCHI, PIRAS e CORDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale della Sardegna, su proposta del presidente della giunta regionale Ugo Cappellacci, ha approvato una legge regionale con cui si prevede di far decadere i consigli e le giunte provinciali di cinque degli otto enti presenti sul territorio dell'isola;
   la legge n. 15 del 28 giugno 2013, recante «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province», al comma 3 dell'articolo 1, prevede: «Al fine di assicurare la continuità dell'espletamento delle funzioni già svolte dalle province, nelle more dell'approvazione della legge di cui al comma 2, per le province, in relazione alle quali sono stati proposti i quesiti abrogativi, di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio, soppresse a seguito dei referendum svoltisi il 6 maggio 2012, e del relativo decreto del Presidente della Regione n. 73 del 25 maggio 2012, sono nominati, con delibera della Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione, commissari straordinari che assicurano la continuità delle funzioni già svolte dalle province e predispongono entro sessanta giorni dall'insediamento gli atti contabili, finanziari e patrimoniali ricognitivi e liquidatori necessari per le procedure conseguenti alla riforma di cui al comma 2, con particolare riferimento a:
   a)   lo stato di consistenza dei beni immobili e mobili;
   b)  la ricognizione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi;
   c)  la situazione di bilancio;
   d)  l'elenco dei procedimenti in corso;
   e)  le tabelle organiche, la composizione degli organici, l'elenco del personale per qualifiche e ogni altra indicazione utile a definirne la posizione giuridica.

  I commissari straordinari provvedono inoltre all'amministrazione ordinaria dell'ente e garantiscono il proseguimento dell'esercizio delle funzioni e dell'erogazione dei servizi alla data di entrata in vigore della presente legge, anche attraverso l'affidamento diretto ad organismi a totale partecipazione pubblica, nel rispetto della normativa comunitaria»;
   interpretando in maniera estensiva la lettera b) dell'articolo 3 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948), che recita: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica (...) la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: (...) b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», la suddetta legge, «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province», prevede addirittura di rivedere le competenze, e conseguentemente decidere una loro radicale modifica, delle province di Cagliari, Sassari, Nuoro ed Oristano; le prime tre previste all'articolo 43 dallo Statuto speciale e l'ultima istituita tramite una legge ordinaria dello Stato. Nelle more della paventata riforma, continuerà a trovare applicazione la legge regionale n. 11 del 25 maggio 2012, «Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011», così come previsto al comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 15 del 28 giugno 2013;
   gli articoli in argomento ad avviso degli interroganti presentano evidenti vizi di legittimità costituzionale in quanto impediscono il normale svolgimento delle dinamiche democratiche previste dal TUEL, testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, e prevedono la fine anticipata di un mandato conferito tramite elezioni. Gli enti provinciali istituiti tramite legge regionale continuerebbero ad esistere e sarebbero amministrati da commissari sciolti dal controllo dei rappresentanti del corpo elettorale, ossia da organi monocratici che avrebbero anche il compito – così come riportato testé – di occuparsi della «amministrazione ordinaria». Un indizio a giudizio degli interroganti in grado di svelare uno sviamento di potere del legislatore regionale;
   la notizia relativa al commissariamento degli enti provinciali ha creato notevole preoccupazione tra gli oltre duemila dipendenti delle quattro province coinvolte, tra i sindaci e in seno alle comunità amministrate, con una situazione particolarmente critica per quanto concerne il territorio di Olbia-Tempio;
   in base all'ordinamento nazionale, il commissario straordinario per la gestione degli enti locali è nominato tramite decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in esito ad una procedura avviata dal prefetto competente per territorio; tale provvedimento di rimozione dell'organo democraticamente eletto è adottabile solo qualora si ricada nel numerus clausus di fattispecie previsto dall'articolo 141 del TUEL –:
   quali eventuali iniziative di competenza, alla luce della legislazione vigente, ritengano opportuno assumere in relazione a quanto indicato in premessa e, in particolare, se ritengano che sussistano i presupposti per impugnare la legge regionale n. 15 del 28 giugno 2013, una volta pubblicata, al fine di impedire che organi democraticamente eletti vengano sostituiti arbitrariamente da figure commissariali. (4-01154)


   COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da anni si assiste in tutta la zona del Sud Pontino (Formia, Fondi, Sabaudia, Gaeta e dintorni) al dilagare di fenomeni speculativi che hanno consentito una cementificazione selvaggia e frequenti fenomeni di abusivismo agevolati dalle connessioni tra politica ed imprenditoria locale;
   in questo intreccio hanno trovato e trovano terreno fertile le organizzazioni affaristico/malavitose campane e calabresi interessate ad investire ingenti capitali di provenienza illecita nel settore edile ed in quello turistico/commerciale;
   in particolare, il territorio pontino è infestato da pericolosi clan criminali come i Bardellino, Esposito/Giuliano, Mallardo, Moccia, Casalesi, Bidognetti e Fabbrocino a Formia, il clan Nuvoletta di Cosa Nostra nella zona portuale di Gaeta, il clan Schiavone/Mallardo della ’Ndrangheta a Fondi, i clan Mallardo, Fabbrocino e Schiavone a Itri e il clan Cava/Schiavone a Sabaudia;
   si è dimostrata priva di efficacia l'opera di contrasto da parte delle forze dell'ordine locali, mal distribuite sul territorio ed impreparate a svolgere indagini patrimoniali per aggredire i capitali di origine illecita;
   l'esistenza di due commissariati di polizia tra Formia e Gaeta, ad esempio, ha portato ad uno spreco di uomini e risorse che si potrebbero evitare istituendo – come proposto dall'Associazione Caponnetto – un unico distretto dotato di un'apposita squadra di polizia giudiziaria che consenta di aumentare i controlli sul territorio e contrastare il traffico di capitali illeciti;
   sarebbe anche utile affiancare alla direzione distrettuale Antimafia (DDA) di Roma le procedure di Latina e Cassino dotandole della delega alle indagini ex articolo 51 comma 3-bis del Codice di procedura penale per la persecuzione dei reati di cui all'articolo 416-bis del Codice penale («Associazione di tipo mafioso»);
   vi sono infatti i presupposti perché si scateni a Formia una guerra di camorra tra i clan Esposito/Giuliano o Bardellino, entrati in conflitto per motivi legati ad interessi economici concorrenti ed al massiccio traffico di stupefacenti praticato da entrambi nel Sud Pontino;
   il rischio di una escalation di atti di violenza è molto elevato, come lasciano presagire le risse e gli avvertimenti di stile camorristico susseguitisi nelle ultime settimane di fronte ad alcuni bar della città, come riportato dalla stampa locale –:
   se i Ministri, per quanto di propria competenza, intendono adottare con urgenza ogni misura di polizia idonea a prevenire un'eventuale guerra di camorra nella città di Formia e, più in generale, nel Sud Pontino, anche attraverso l'avvio di verifiche patrimoniali a tappeto e con l'ausilio di reparti specializzati quali i gruppi di investigazione sulla Criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza;
   se il Ministro dell'interno ritenga di approfondire la proposta dell'associazione Caponnetto circa la creazione di un unico distretto di polizia nel Golfo di Gaeta che unifichi le funzioni dei due commissariati attualmente esistenti per contrastare più efficacemente la criminalità organizzata;
   se siano state avviate indagini in merito alle concessioni edilizie rilasciate dal comune di Itri e di quelle relative alla fascia costiera del comune di Fondi dagli anni 90 ad oggi, con riferimento di reati di riciclaggio e di intestazione fittizia di beni messi in passato sotto sequestro;
   se sia nelle intenzioni del Ministro della giustizia sostenere con vigore l'estensione della delega alle procure di Latina e Cassino, ex articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, per la persecuzione dei reati di mafia. (4-01155)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2013 dalle ore 9.00 si è svolta a Roma la prova attitudinale del concorso per titoli ed esami a 35 posti di segretario di legazione in prova, come da bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale «Concorsi ed Esami» n. 29 del 12 aprile 2013;
   in esito a ricerca di mercato posta in essere dalla direzione generale per le risorse e l'innovazione, ufficio V, del Ministero degli affari esteri l'espletamento della prova attitudinale per il concorso diplomatico 2013 è stato affidato alla società Selexi srl, con sede legale a Milano;
   si riscontrano numerose irregolarità nella gestione della procedura selettiva;
   in primo luogo, si segnala che, sebbene nella stessa giornata dell'11 giugno 2013 sia stata pubblicata sul sito web del Ministro degli affari esteri – sezione «concorsi», la lista degli ammessi alle prove scritte, tuttavia tale elenco a quanto consta all'interrogante risulta privo delle informazioni relative al punteggio ottenuto dai candidati in elenco;
   l'omissione o mancata divulgazione di tale informazione produce di fatto l'impossibilità per i concorrenti di conoscere il punteggio degli ammessi ed il loro effettivo collocamento in graduatoria, in contrasto con i principi di pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa che informano le procedure di evidenza pubblica ai sensi della legge n. 241 del 1990;
   ulteriori anomalie si riscontrano con riferimento alle modalità di computo del punteggio conseguito da ciascun candidato;
   in proposito si segnala innanzitutto che l'accesso agli atti on-line, secondo la usuale procedura informatizzata che consente ai concorrenti registrati di prendere visione – procedura attivata successivamente allo svolgimento della prova in tempi generalmente rapidi – dei propri dati personali (questionario del candidato, scheda risposte, scheda anagrafica del candidato), è stato reso possibile, per quanto risulta all'interrogante, soltanto a partire dal 17 giugno;
   inoltre, in calce alla scheda risposte pubblicata nella medesima sezione «accesso agli atti on-line», è segnalato che la Commissione ha proceduto ad abbuonare per tutti i concorrenti le domande contrassegnate dal simbolo *, per un totale di n. 6 domande, essendo i quesiti ritenuti, nella loro formulazione, «non univoci» o «contenenti elementi di possibile ambiguità»;
   con tale dichiarazione, resa per iscritto, l'amministrazione, pur ammettendo l'erroneità dei quesiti, anziché procedere all'annullamento della prova, si limita semplicemente a convalidare come esatte le risposte relative ai quesiti inesatti, a giudizio dell'interrogante falsando di fatto l'intero meccanismo di computo del punteggio e producendo gravi iniquità tra i concorrenti;
   si segnala che hanno partecipato al concorso migliaia di candidati e, dunque, un incremento o decremento anche solo unitario nel computo del punteggio dei candidati è idoneo a produrre significative variazioni nella formulazione della graduatoria;
   l'operazione effettuata costituisce una modalità di intervento modificativo di atti della pubblica amministrazione secondo l'interrogante del tutto inadeguata, oltre che obiettivamente inammissibile ed incompatibile con i principi di buon andamento, correttezza, chiarezza e coerenza che devono informare l'azione amministrativa, in special modo nella misura in cui la stessa è rivolta allo svolgimento di procedure concorsuali dirette al reclutamento del personale diplomatico italiano;
   l'intervento appare all'interrogante inoltre idoneo, oltre che ad inficiare la validità dell'intera procedura selettiva (a tal proposito si segnala che sono già numerosi i ricorsi presentati presso il TAR Lazio) con conseguente dispendio consistente di risorse finanziarie, anche a ledere la credibilità e l'immagine del Ministero degli affari esteri, non soltanto nei confronti degli interessati, e dunque dei candidati, che sono comunque la parte che risulta direttamente lesa da tali modalità operative, ma anche nei confronti dei cittadini italiani che da tali modalità di valutazione, contrassegnate da un atteggiamento di sufficienza e scarsa attenzione, traggono maggiori elementi ad integrazione del già diffuso sentimento di perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e delle anomalie riscontrate in una fase di estrema rilevanza quale quella della selezione e del reclutamento del personale diplomatico;
   attraverso quali modalità il Ministro intenda provvedere o abbia già provveduto a porre in essere le iniziative necessarie ed idonee a ristabilire una situazione di normalità, al fine di ripristinare e garantire la correttezza della procedura concorsuale in esame. (4-01157)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la MEDOILGAS SpA di Londra ha presentato un progetto chiamato «OMBRINA MARE» per la trivellazione di 6 pozzi di petrolio, l'installazione di una piattaforma a 6 chilometri da riva, al largo di Ortona e San Vito in Abruzzo, nel Mare Adriatico, e di una grande nave desolforante;
   il petrolio estratto sarà di qualità scadente, ricco di impurità sulfuree e di indice AP17, e quindi con maggiore impatto negativo sull'ambiente, rendendo necessaria un'attività di desolforazione (eliminazione dello zolfo) in loco, nel mare, vicino al posto di produzione, attraverso una nave galleggiante che provvederà allo stoccaggio, trattamento, e scarico del petrolio;
   per separare il petrolio da acqua e gas occorrerà eliminare gli scarti sulfurei e non, attraverso una fase di incenerimento di rifiuti a fiamma costante, 24 ore su 24 e l'insieme di tutti i prodotti di scarto bruciati sarà di almeno 80 mila chilogrammi al giorno;
   il pericolo di rilascio a mare di materiale inquinato misto a residui petroliferi, è reale e desta serie preoccupazioni;
   gli scoppi e gli incidenti sono eventi rari, ma uno solo di essi potrebbe distruggere l'equilibrio ecologico delicato del Mare Adriatico che ha un limitato ricambio delle acque;
   in Italia le royalty in mare sono del 4 per cento e sono particolarmente vantaggiose per le compagnie petrolifere. Basti riflettere sulla circostanza che in Norvegia è applicata una tassa speciale del 50 per cento;
   nel 2010 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Prestigiacomo rilasciò un parere negativo al progetto «Ombrina», e decretò una fascia di rispetto di 5 miglia (9 chilometri) lungo tutto il perimetro nazionale e di 12 miglia (22 chilometri) nei tratti prospicienti i parchi e le riserve naturali. Successivamente il Governo Monti, con l'articolo 35 del cosiddetto «decreto sviluppo» del luglio 2012 estese il limite a 12 miglia, ma solo per progetti e concessioni successive al 2010 riaprendo così l’iter del progetto Ombrina;
   il progetto Ombrina insiste in un tratto costiero interessato dall'istituzione del parco nazionale della Costa Teatina, quindi si tratta di un'area di rilevante interesse ambientale e paesaggistico che mal si concilia con un progetto di trivellazione petrolifera a pochi chilometri da un'area protetta nazionale;
   tutti i comuni e le province interessate e la regione Abruzzo hanno manifestato la loro contrarietà nei confronti del progetto Ombrina –:
   quali iniziative si intendano assumere per evitare la realizzazione di un progetto di trivellazione particolarmente devastante oltre che antieconomico per l'ambiente e per l'Abruzzo.
(2-00135) «Melilla».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PES, CANI, MURA, MARROCU, GIOVANNA SANNA, FRANCESCO SANNA e SCANU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la piaga degli incendi sconvolge da anni con effetti devastanti la Sardegna, una regione che ha nella bellezza del proprio territorio la sua principale ricchezza, ragione del suo successo turistico a livello internazionale;
   ai danni incalcolabili che gli incendi, quasi esclusivamente di origine dolosa, arrecano al patrimonio naturale sardo si aggiunge la minaccia per l'incolumità delle comunità locali e di quanti, nel periodo estivo, soggiornano nelle splendide località turistiche dell'isola;
   nella giornata di lunedì 24 giugno, un incendio ha colpito la località di Capo Figari, sito di importanza comunitaria (SIC), che si estende per ben 850.876 ettari lungo la costa nord-orientale della Sardegna, nel comune di Golfo Aranci in provincia di Olbia-Tempio;
   secondo il capo della protezione civile, l'incendio è divampato dal bordo della strada e le numerose sterpaglie presenti ai lati hanno fatto da propulsore per tutti gli inneschi che gli incendiari avevano sistemato nella zona, creando per oltre ventidue ore consecutive allarme tra i residenti e i numerosi turisti;
   durante le fasi di emergenza dell'incendio, la protezione civile ha riscontrato che i mezzi a disposizione per lo spegnimento si trovavano in evidente stato di avaria e il supporto aereo effettuato con mezzi «Canadair» provenienti dal Lazio è giunto sul luogo del disastro ambientale con due ore di ritardo;
   il decreto dell'assessorato all'ambiente della regione Sardegna n. 27 del 3 novembre 2011, riguardante «Approvazione del piano di gestione del SIC ITB010009 “Capo Figari e Isola Figarolo”», nelle «Prescrizioni ed indirizzi di carattere generale ...» prevede che le amministrazioni proponenti il piano di gestione debbano procedere all'adeguamento degli strumenti di pianificazione vigenti, riservando una specifica attenzione alla sostenibilità ambientale delle previsioni per il piano urbanistico comunale (PUC) e garantendo il raggiungimento della coerenza con le finalità di tutela previste per il sito di importanza comunitaria;
   il decreto sopra citato prevede inoltre che gli strumenti di pianificazione non ancora vigenti e i regolamenti indicati nel piano di gestione o richiesti ex lege, che comprendono «eventuali piani antincendio locali», debbano essere sviluppati in conformità ai piani e alle normative vigenti o, comunque, in modo da garantire condizioni di maggior tutela dei siti di importanza comunitaria;
   il piano di gestione deve comprendere la pianificazione della viabilità e accessibilità interna al sito, in termini quantitativi e qualitativi, in particolare per quanto concerne la razionalizzazione delle infrastrutture di accesso e il collegamento con la viabilità principale prevedendo delle fasce tagliafuoco;
   la giunta regionale con deliberazione n. 16/20 del 9 aprile 2013 ha approvato la revisione annuale del piano triennale per la prevenzione e la lotta attiva contro gli incendi boschivi –:
   quali iniziative i Ministri intendano mettere in campo per assicurare, con le regioni, le adeguate risorse a tutela del patrimonio boschivo nazionale dagli incendi;
   se i Ministri non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza per mettere a disposizione della regione Sardegna ulteriori risorse e mezzi antincendio al fine di prevenire e combattere il fenomeno degli incendi dolosi che da anni causa la devastazione del territorio sardo;
   di quali elementi dispongano i ministri interrogati circa le misure necessarie di prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi messe in atto nel territorio del Comune di Golfo degli Aranci. (5-00533)


   PALMIERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel decreto-legge n. 179 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 «Misure urgenti per la crescita del Paese» all'articolo 14, commi 8-10, si è introdotta una modifica alla normativa relativa alle modalità di controllo e di stima dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici emessi da impianti di telecomunicazioni;
   la nuova norma si è collocata all'interno di un più ampio contesto di semplificazione amministrativa, chiarendo alcuni aspetti del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio del 2003, recante il regolamento di attuazione della legge quadro sui campi elettromagnetici per le alte frequenze (legge n. 36 del 2001), mettendo a frutto il patrimonio di esperienze maturate in quasi un decennio da parte delle Arpa, della Fondazione Ugo Bordoni, dell'ISPRA e del CEI e cogliendo il consiglio del «Documento istruttorio a supporto del legislatore per le modifiche del quadro normativo sui CEM-RF elaborato da ISPRA-ARPA e FUB»;
   le nuove disposizioni approvate si sono rese necessarie per accelerare lo sviluppo delle reti 4G e per colmare il forte ritardo sulla Agenda digitale che caratterizza l'Italia;
   la nuova norma ha l'obiettivo di garantire l'investimento nel nostro Paese per la realizzazione delle nuove reti e per portare servizi ai cittadini, colmando il forte divario tecnologico ancora presente;
   la legge prevedeva che la norma dovesse trovare piena attuazione con linee Guida elaborate da Ispra e ARPA/APPA;
   le suddette linee guida dovevano essere ratificate con decreto dirigenziale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, e sono trascorsi già sei mesi;
   si apprende in questi giorni che il testo in bozza delle linee guida non sarebbe in linea con l'intendimento del Governo e del Parlamento che si è tradotto nell'articolo 14, commi 8-10, del decreto-legge n.179 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n.221 del 2012 «Misure urgenti per la crescita del Paese»  –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per consentire, entro brevi termini, la corretta applicazione della norma e per garantire che le linee guida vengano impostate in modo conforme allo spirito del legislatore. (5-00542)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in tutto il Paese, con alcuni casi estremi, si è vissuta e si continua a vivere una vera e propria «emergenza rifiuti» che rischia di causare seri danni alla salute dei cittadini e al turismo;
   la situazione, già di per sé preoccupante è complicata dalla mancata attuazione di alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006. Ai sensi dell'articolo 188, comma 4: «Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, indicate rispettivamente ai punti D13, D14, D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto di cui al comma 3, lettera b), abbiano ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare dell'impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D1 a D12 del citato Allegato B. Le relative modalità di attuazione sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti»;
   il certificato di avvenuto smaltimento è il documento che attesta il corretto smaltimento finale dei rifiuti avviati ad un'attività intermedia di smaltimento;
   le modalità di gestione e la forma del certificato, devono essere definite con un decreto ministeriale non ancora adottato;
   inevitabilmente, si è creata una situazione a dir poco spiacevole: le imprese di smaltimento sono riluttanti e non rilasciano il certificato di avvenuto smaltimento, trincerandosi dietro la carenza del decreto attuativo. In linea di principio il produttore può giustamente pretendere il certificato di avvenuto smaltimento per esonerarsi da responsabilità e tale documentazione risponde ad esigenza di chiarezza e tracciabilità imposte dalla normativa rifiuti. Ma di contro i siti di smaltimento non sono obbligati a rilasciare il certificato di avvenuto smaltimento in base alla normativa di settore;
   il produttore pur rispettando tutte le condizioni di legge si trova ad oggi, in mancanza del decreto ministeriale di attuazione delle disposizioni di cui sopra in una situazione abnorme di potere essere chiamato a rispondere in solido per eventuali illeciti da parte di coloro che hanno ricevuto i rifiuti;
   la normativa comunitaria (Regolamento (Ce) 1013/2006), nel caso si tratti di spedizione transfrontaliera di rifiuti, impone, con chiarezza, l'obbligo del certificato di avvenuto smaltimento da inviarsi non oltre trenta giorni dal completamento delle operazioni di smaltimento e comunque non oltre un anno dal ricevimento dei rifiuti –:
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare, in tempi brevi, il decreto ministeriale attuativo delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 con riferimento alle modalità di gestione e alla forma del certificato di smaltimento. (4-01136)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO, BRANDOLIN, ZANIN e BLAZINA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici svolge, attraverso l'espressione di pareri obbligatori o attraverso il rilascio di nulla osta, importanti funzioni autorizzatorie in materia di esecuzione di opere o lavori su alcune strutture e alcuni beni paesaggistici individuati dalla legge come meritevoli di una qualche forma di tutela;
   nel territorio regionale del Friuli Venezia Giulia circa i due terzi degli edifici sono sottoposti a vincolo paesaggistico, mentre sono numerosi – specialmente nella provincia di Trieste – quelli sottoposti a vincolo monumentale;
   come si è già segnalato con l'interrogazione a risposta scritta 4-19417 presentata dall'interrogante nella scorsa legislatura, e alla quale il Governo non ha mai dato risposta, la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia è oggetto di critiche e polemiche da parte dell'associazione dei costruttori regionale (ANCE) nonché da parte di singole società private, per un – a parer loro – eccessivo rigorismo nella valutazione delle istanze presentate;
   come riporta anche la stampa locale, circa il 70 per cento delle autorizzazioni chieste alla soprintendenza del Friuli Venezia Giulia sarebbero rigettate e tra queste molte sarebbero quelle presentate per l'installazione di pannelli fotovoltaici sulle abitazioni private. L'associazione dei costruttori regionale lamenterebbe, anche, un elevato numero di prescrizioni all'interno delle poche autorizzazioni rilasciate, tali per cui le opere sarebbero di fatto irrealizzabili;
   nel gennaio di quest'anno l'ANCE avrebbe depositato un esposto presso la procura della Corte dei conti, mentre è del 3 luglio 2013 la notizia – riportata dalla stampa locale – che ci sono state sette sentenze del tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia che hanno visto vincere i ricorrenti centro sette provvedimenti negativi della soprintendenza;
   la procura della Repubblica di Trieste, a seguito di queste decisioni del tribunale amministrativo regionale che hanno visto soccombere in giudizio l'amministrazione, avrebbe aperto una procedura d'inchiesta per il reato di abuso d'ufficio nei confronti della dirigente della soprintendenza;
   all'interrogante risulta, peraltro, che nelle scorse settimane il Ministero per i beni e le attività culturali aveva proceduto inviando tre ispettori presso la soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, i quali avevano ascoltato anche i rappresentanti delle istituzioni del territorio;
   si vuole in questa sede comunque ricordare che la normativa sui vincoli paesaggistici e monumentali ha il complesso compito di far convivere disposizioni che tendono a difendere contemporaneamente due interessi entrambi meritevoli di tutela: la difesa e la preservazione del nostro patrimonio artistico, culturale e architettonico, e il diritto di ogni singolo proprietario di poter apportare migliorie e modifiche (anche tecnologiche) al proprio edificio nel rispetto della normativa –:
   quali siano le intenzioni del Governo, anche a seguito della relazione degli ispettori inviati nelle scorse settimane e a seguito della notizia circa l'avvio di una inchiesta da parte della procura della Repubblica di Trieste. (4-01142)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i volontari in ferma breve (VFB) erano delle figure di volontari reclutati per ferme di tre anni, i quali a seguito del superamento di un concorso per il quali si procedeva ad accertare la loro idoneità fisico-psico-attitudinale, espletavano un periodo di formazione;
   la figura dei volontari in ferma breve è stata, oggi, superata da quella dei volontari in ferma prefissata annuale (VFP1) o quadriennale (VFP4) ai quali sono riservati, sino al 2020, i concorsi per l'accesso alle carriere iniziali delle forze di polizia;
   tali bandi non menzionano, nemmeno incidentalmente, i volontari in ferma breve di cui alla disciplina previgente alla legge n. 226 del 2004, oppure, se lo fanno è solo per prevederne l'esplicita esclusione;
   con la sospensione della leva obbligatoria i volontari in ferma breve sono stati sostituiti dai volontari in ferma prefissata ed il reclutamento nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce rossa è stato riservato ai volontari in ferma prefissata dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, ora confluita nel codice dell'ordinamento militare;
   con tale provvedimento non si è inteso però precludere il reclutamento nelle amministrazioni ai volontari in ferma breve, visto che successivamente è stata emanata la legge 23 dicembre 2009, n. 191, il cui articolo 2, comma 209 prescrive espressamente che le assunzioni nelle carriere iniziali dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco negli anni 2010, 2011 e 2012 devono essere destinate non soltanto ai volontari in ferma prefissata, ma anche ai volontari in ferma breve;
   l'estensione ai volontari in ferma breve della possibilità di partecipare a tali concorsi è ulteriormente confermata dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 che, pur intervenendo sulla legge n. 191 del 2009, non ha abrogato o, modificato il testo del citato articolo 2, comma 209, della stessa;
   l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha stabilito che «l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente al 30 settembre 2003, è prorogata fino al 31 dicembre 2012»;
   il Sottosegretario di Stato alla difesa rispondendo all'interrogazione n. 5-00203 ha affermato: «le forze di polizia sono state autorizzate ad assumere, secondo le risorse disponibili, rispettivamente negli anni 2010, 2011 e 2012, personale proveniente dai volontari in ferma breve, in ferma prefissata e in rafferma delle Forze armate, in servizio o in congedo (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 settembre 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2011 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2013). I VFB, inoltre, hanno anche le possibilità di partecipare ai concorsi straordinari che le Forze armate emanano per sopperire alle eventuali carenze organiche nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate (articolo 2205 del codice dell'ordinamento militare)»;
   da una verifica sui bandi di concorso svolti dal 2010 ad oggi dalle varie amministrazioni delle forze di polizia, si evince che nessuno di questi sia stato riservato anche ai volontari in ferma breve;
   a ciò si deve aggiungere il fatto che le suddette amministrazioni continuano a bandire nuovi concorsi senza far scorrere le precedenti cui si deve aggiungere la posizione di quanti sono risultati, non solo idonei, ma altresì vincitori di concorsi pubblici e ancora in attesa di essere arruolati;
   con riferimento a questi ultimi aspetti il Sottosegretario di Stato nella risposta all'interrogazione di cui sopra ha tenuto a precisare: «Con riguardo, invece, al cosiddetto “scorrimento” delle graduatorie, si fa notare che nell'ordinamento militare non è contemplata una previsione normativa in tal senso. Al riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza l'utilizzazione della medesima graduatoria per la copertura di posti successivamente resisi disponibili ha carattere eccezionale, rispetto alla regola generale per cui i posti devono essere coperti, previo apposito concorso dai soli vincitori. La configurazione dell'obbligo di “scorrimento” o della preclusione all'indizione di un nuovo concorso, in quanto incidente sulla potestà di autodeterminazione discrezionale dell'Amministrazione non può che conseguire (nella vigenza del principio di legalità) a prescrizioni normative espresse. Inoltre, l'eventuale “scorrimento” non consentirebbe di verificare il possesso dei previsti requisiti di età, efficienza, idoneità psicofisica e attitudinale che, nel frattempo, potrebbero non essere più rispondenti, nonché precluderebbe la possibilità di accesso alle Forze armate ad altri potenziali concorrenti» –:
   se il Ministro interrogato, intenda esaminare la possibilità di soddisfare la richiesta dei cittadini che hanno prestato servizio nelle Forze armate quali volontari in ferma breve e quali iniziative di competenza, intenda assumere per porre rimedio alla problematica legata agli idonei, vincitori. (4-01140)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSIN e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha stabilito nei giorni scorsi come il rinvio ad ottobre dell'aumento dell'Iva verrà coperto finanziariamente con incrementi dell'acconto Irpef, dell'acconto Ires e di quello Irap a carico di imprese e lavoratori autonomi per una manovra complessiva di circa 2,5 miliardi di euro;
   la copertura finanziaria adottata penalizza ulteriormente le aziende, già colpite pesantemente dalla crisi economica che ha determinato un calo di fatturato e, conseguentemente, un calo della liquidità aziendale;
   secondo uno studio della CGIA di Mestre, le famiglie che si dovrebbero a dover pagare maggiormente, in termini percentuali, l'eventuale aumento di un punto percentuale dell'Iva, per ora posticipato ad ottobre, sarebbero le famiglie numerose con un reddito basso;
   secondo il Bollettino delle entrate tributarie per il periodo gennaio-dicembre 2012, la crescita delle entrate tributarie è ascrivibile agli effetti delle principali misure correttive adottate a partire dalla seconda metà 2011 che hanno contribuito sul risultato per oltre 21 miliardi di euro, tra cui l'Imu e l'aumento aliquota dell'IVA;
   il gettito dell'IVA ha registrato una diminuzione dell'1,9 per cento (-2.232 milioni di euro) e che riflette l'andamento negativo sugli scambi interni (-1,2 per cento) a seguito dell'andamento negativo del ciclo economico e della stagnazione della domanda interna nel corso del 2012;
   la dinamica negativa dei redditi continua infatti ad influire sulla spesa per consumi, in calo da quasi due anni, tanto che nel quarto trimestre del 2012 i consumi privati sono diminuiti dello 0,7 per cento sul periodo precedente;
   la difficilissima situazione economica sta avendo ripercussioni anche sull'intero sistema economico nazionale italiano, colpendo quindi anche il settore del commercio, in particolar modo di quello operato dalla distribuzione medio-piccola, che da tempo evidenzia segnali inequivocabili di diminuzione del volume di fatturato;
   il combinato disposto delle disposizioni normative legate alle liberalizzazioni operate dal Governo Monti con il decreto-legge n. 201 del 2011 e il possibile aumento dell'IVA ad ottobre rischia di mettere a repentaglio tutti i piccoli esercizi commerciali dei centri storici, avvantaggiando così soltanto la grande distribuzione;
   secondo la teoria dell'economista americano Arthur Laffer, noto per la sua teoria della curva di Laffer, vi è un livello di pressione fiscale oltre il quale un aumento delle imposte disincentiva l'attività economica e quindi riduce il gettito dell'imposizione, anche a causa di fenomeni economici che diventano a quel punto fisiologici come l'evasione, l'elusione o la sottrazione di imponibile –:
   se il Governo non ritenga opportuno, alla luce della grave crisi economica e l'ulteriore aumento del carico fiscale a carico delle aziende, tra cui anche quelle del commercio, assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze, per scongiurare l'aumento dell'IVA previsto oggi ad ottobre 2013 ricercando la necessaria copertura finanziaria non in una crescente pressione fiscale a carico delle aziende ma in riforme finalizzate a risparmi di spesa pubblica. (4-01137)


   CRIVELLARI, ROTTA, MOGNATO, MORETTO, D'ARIENZO, ZOGGIA e MURER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3-ter, denominato «Norma di interpretazione autentica» del decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16, disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 marzo 2012, n. 52, come previsto dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44, recita testualmente: «L'esenzione dall'accisa per gli impieghi di cui al numero 3 della Tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, si applica nel senso che tra i carburanti per la navigazione nelle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto, e i carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti compresa la benzina»;
   la tabella in questione prevede l'esenzione dell'accisa per i carburanti per la navigazione nelle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto e dei carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti. Il testo della norma, pur in mancanza di una affermazione esplicita, sembrerebbe dunque poter riguardare anche la pesca in acque interne, dal momento che tale attività non ne viene espressamente esclusa;
   nella pesca in acque marittime interne dovrebbe inoltre essere compresa la raccolta dei mitili nelle lagune, attività che, in particolare, interessa un'area come quella del Delta del Po. Sarebbe tuttavia necessario un atto che, in via interpretativa o esplicativa, prevedesse chiaramente l'estensione della norma richiamata alla pesca nelle acque interne, ivi compresa quella dei mitili –:
   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare per superare quella che si prefigura come una diversità di trattamento in materia di imposizione fiscale tra chi esercita la pesca in mare e chi la esercita in acque interne, tenendo conto infine di come, limitatamente alla questione della pesca dei mitili, quest'ultima possa sempre essere assimilata all'attività agricola ai fini contributivi;
   se in via strettamente subordinata, qualora non fosse possibile concretizzare pienamente l'ipotesi precedente, il Governo intenda assumere iniziative per stabilire, per tale attività, l'applicazione del numero 5 della già citata Tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, che riporta un'esenzione del 22 per cento dell'aliquota normale per il gasolio e del 49 per cento dell'aliquota normale per la benzina negli impieghi in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
   (4-01139)


   TARICCO, SERENI, BORGHI, TIDEI, GIULIETTI, FRAGOMELI, FOSSATI, D'OTTAVIO, DONATI, CARRA, ANTEZZA, D'INCECCO, FEDI, SENALDI, DALLAI, RUBINATO, MOSCATT, BENI, ARLOTTI, INCERTI, COMINELLI, PATRIARCA, ZANIN, BIONDELLI, GIUSEPPE GUERINI, BAZOLI, MARZANO, GHIZZONI, CAPONE, TENTORI, BOBBA, MARCHETTI, BASSO, MARANTELLI, CRIVELLARI, GASPARINI, AMODDIO, CARRESCIA, MARCO DI MAIO, LA MARCA, IACONO, TERROSI, GALPERTI, VENITTELLI, FABBRI, GIACOBBE, COVA, MARCHI e VELO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 8 novembre 1991, n. 381, ha definito la categoria delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate;
   le circa 9 mila cooperative sociali italiane occupano oltre 330 mila persone e offrono servizi di welfare a più di 5 milioni di cittadini, lavorando per comuni e asl. È il mondo delle comunità d'accoglienza per giovani o minori, di tanti asili nido, dei servizi socio-sanitari per anziani e disabili, di aiuto ai lavoratori espulsi dal sistema produttivo;
   sotto il Governo Monti, la legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) all'articolo 1, commi 488, 489 e 490, ha modificato la disciplina ai fini dell'imposta sul valore aggiunto delle prestazioni di assistenza e sicurezza sociale rese dalle cooperative e dai loro consorzi, contenuta nel n. 41-bis della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
   in particolare il comma 488 dispone l'abrogazione del citato n. 41-bis, che prevedeva l'applicazione dell'aliquota agevolata del 4 per cento alle «prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore di anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazione di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale»;
   il medesimo comma dispone altresì l'introduzione dello stesso tipo di prestazione al n. 127-undevicies nella parte III della tabella, ai sensi del quale alcune prestazioni sono ora soggette all'aliquota del 10 per cento mentre il comma 490 indica che «le disposizioni dei commi 488 e 489 si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013»;
   in sintesi le prestazioni socio-sanitarie, assistenziali ed educative di cui ai numeri da 18 a 21 e 27-ter dell'articolo 10, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, rese da società cooperative, saranno dunque assoggettate a diversi trattamenti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto: regime di esenzione dall'imposta, se rese da cooperative che abbiano la qualifica di onlus e cooperative sociali (onlus di diritto), direttamente nei confronti del fruitore finale; aliquota iva del 10 per cento, se rese da cooperative sociali e loro consorzi, in esecuzione di contratti di appalto e di convenzione in generale; aliquota ordinaria del 21 per cento, se rese da cooperative non onlus (sia ordinarie sia di diritto) e sempre che non abbiano le caratteristiche per rientrare nell'applicazione delle esenzioni;
   la circolare n. 12/E dell'Agenzia delle entrate del 3 maggio 2013 ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alle novità fiscali introdotte dalla legge di stabilità per il 2013 e dal cosiddetto decreto crescita;
   in particolare, per ciò che concerne il comma 490 dell'articolo 1 della legge di stabilità, la circolare chiarisce che le modifiche dell'attuale sistema si applicano relativamente alle operazioni compiute in base ai contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013; pertanto, fino a quando sarà efficace un contratto stipulato precedentemente, continuerà ad applicarsi l'aliquota del 4 per cento. Ai rinnovi, espressi o taciti, nonché alle proroghe di contratti già in essere tra le parti successivi alla data del 31 dicembre 2013 si applicherebbe il nuovo regime;
   secondo l'Alleanza delle cooperative sociali 6 punti in più di iva comportano un aumento di costi per il sistema dei servizi sociali di 510 milioni di euro, per il 70 per cento a carico dei comuni e per il 30 per cento delle famiglie degli utenti;
   qualora tale aumento dell'iva dovesse verificarsi, si tratterebbe di un aumento pari al 150 per cento con la conseguenza non solo di mettere in ginocchio centinaia di cooperative del settore sociosanitario ed educativo ma produrrebbe anche l'effetto di una considerevole perdita di posti di lavoro –:
   se il vero obiettivo dell'aumento dell'iva dal 4 per cento al 10 per cento fosse evitare una procedura d'infrazione davanti all'Unione europea, procedura d'infrazione che per altro non è stata ancora avviata, essendoci ad oggi soltanto l'apertura di una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo che non ha ancora coinvolto livelli politici della commissione;
   se il Governo alla luce della natura dei servizi resi dalle cooperative sociali e dai consorzi in favore delle fasce più deboli della popolazione ritenga opportuno assumere iniziative normative volte al ripristino delle precedenti aliquote iva al quattro per cento per le prestazioni socio assistenziali, di cui alla Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, parte III, articoli 18), 19), 20), 21) e 27-ter. (4-01147)


   ORFINI e RACITI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   era convocata per il giorno 3 luglio 2013 l'assemblea dei soci di «Finmeccanica – società per azioni», con all'ordine del giorno l'integrazione di tre membri del consiglio di amministrazione, a seguito delle dimissioni dell'ingegnere Giuseppe Orsi, del ragioniere Franco Bonferroni e del dottor Christian Streiff;
   l'ingegnere Giuseppe Orsi ha rassegnato le dimissioni dalla carica di amministratore della società il 15 febbraio 2013: da allora si sono susseguiti diversi rinvii da parte del consiglio di amministrazione e dell'assemblea degli azionisti. Per due volte (15 aprile e 30 maggio) su proposta dell'azionista Ministero dell'economia e delle finanze, l'assemblea degli azionisti ha deliberato di rinviare le nomine di sostituzione degli amministratori dimissionari;
   si apprende dalla stampa l'intesa raggiunta nel Governo per la nomina quale presidente del gruppo Finmeccanica del dottor Giovanni De Gennaro, già capo della polizia durante i fatti di sangue del G8 di Genova del luglio 2001 e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio fino al 28 aprile 2013;
   con riferimento alla legge 20 luglio 2004 n. 215, «Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi», potrebbe risultare l'incompatibilità d'incarico per Giovanni De Gennaro. L'incompatibilità prevista dalla legge n. 215 del 2004 perdura per dodici mesi dal termine della carica di Governo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta –:
   se il Governo intenda procede alla nomina del dottor Giovanni De Gennaro quale presidente del gruppo «Finmeccanica – società per azioni» nonostante le indicazioni di incompatibilità, qui richiamate, posto che esse evidenziano, secondo gli interroganti, relativamente alla procedura, il rischio di forzature nell'interpretazione delle norme;
   se non si ritenga che vadano individuati più idonei criteri di scelta per la selezione di personalità con il compito di rilanciare il più grande conglomerato industriale del nostro Paese. (4-01158)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio della Rai risulta alquanto problematico, posto che, secondo i dati forniti dalla stessa azienda, le perdite nel 2012 sono ammontate a circa 200.000.000,00 di euro;
   nonostante tale quadro critico, negli ultimi anni si è proceduto ad assumere con varie forme contrattuali, nuovi dirigenti per coprire posizioni apicali, senza valorizzare quelli già presenti all'interno dell'azienda;
   i suddetti neo-dirigenti sono stati destinati a rilevantissime posizioni, tutte non editoriali, tanto da far sospettare che la Rai non abbia più come obiettivo centrale la produzione televisiva;
   parallelamente, l'azienda ha proceduto ad incentivare l'uscita dalla stessa di suoi alti dirigenti, i quali, pur avendo maturato gli anni di contribuzione, non avevano ancora l'età anagrafica per il collocamento a riposo;
   tutti i neo-dirigenti assunti, a quanto risulta all'interrogante, hanno contratti a tempo indeterminato e resteranno quindi a carico all'erario anche dopo la cessazione del mandato dell'attuale direttore generale;
   l'insieme dei fatti sopra illustrati evidenzia la necessità di chiarire, in tutte le sedi proprie, procedure e criteri adottati per la selezione e la conseguente assunzione di questi dirigenti –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, considerati i poteri di vigilanza e controllo sull'andamento della gestione economico-finanziaria della concessionaria riconosciuti al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 17 della Convenzione per la concessione in esclusiva del servizio di radiodiffusione di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 marzo 1994 e dagli articoli 27 e seguenti del vigente contratto di servizio;
   se risulti la circostanza che il direttore generale ha assunto nel corso dell'ultimo anno numerosi dirigenti apicali tutti con retribuzioni molto vicine al tetto dei 300.000,00 euro stabilito dalla legge per le aziende pubbliche;
   se non ritenga di adottare tutte le iniziative, normative ed amministrative, idonee a rendere maggiormente trasparenti procedure e costi delle assunzioni di figure apicali nell'ambito delle aziende controllate dallo Stato ed eroganti servizi pubblici. (4-01159)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANIN e BAZOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale carcere di Pordenone è allocato presso lo storico castello di Pordenone, un sito del tutto inadatto a svolgere tale funzione, sia per l'esiguità degli spazi che per la vetustà dei suoi impianti;
   tale struttura presenta da molti anni un livello di sovraffollamento costante;
   la comunità pordenonese nelle sue forme civili, politiche e istituzionali ha da molti anni sottolineato la necessità di realizzare una nuova struttura, conforme alle esigenze e agli indirizzi più volte sottolineati anche dalla Corte di giustizia europea;
   negli ultimi anni sono emerse soluzioni alternative per la realizzazione del carcere stesso, con locazioni possibili anche presso altri comuni della provincia;
   nelle scorse settimane sulla stampa locale pordenonese sono apparse notizie che danno per certa la soluzione in tempi rapidi di questa annosa questione;
   al di là degli annunci giornalistici, non si conoscono ancora gli atti ufficiali che confermino tale indirizzo, con i tempi di realizzazione e la relativa locazione della nuova struttura;
   tale vicenda ha grande importanza per il territorio locale e per i detenuti –:
   se le indiscrezioni della stampa siano fondate;
   se sia già stata decisa l'ubicazione, la dimensione, la capienza del nuovo istituto penitenziario;
   se siano già state stanziate le risorse per la sua costruzione;
   sia stata prevista una tempistica;
   se sia stata già ipotizzata la destinazione del vecchio carcere a seguito della costruzione del nuovo. (5-00538)

Interrogazione a risposta scritta:


   MIGLIORE, DANIELE FARINA e NICCHI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apprese dagli interroganti, sembrerebbe che, presso l'ufficio secondo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, sia sistematico il diniego dei trasferimenti previsti all'articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 in difformità alla normativa vigente, aggiornata – da ultimo – dall'articolo 24 della legge n. 183 del 2010, nonché dei distacchi per ricongiungimenti familiari, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001, introdotto dalla legge n. 350 del 2003;
   tale situazione, laddove fosse fondata la notizia, si tradurrebbe in una ingiustificata ed inaccettabile violazione di fondamentali diritti, quale quelli garantiti dalla normativa in questione, in attuazione di principi stabiliti a livello costituzionale, nei confronti dei disabili e dei loro familiari, con gravi ripercussioni anche sull'unità familiare;
   tali sistematici dinieghi da parte della citata amministrazione metterebbero dunque gli aventi diritto nella condizione di dover procedere legalmente per vedere salvaguardati i loro diritti, con notevole dispendio di risorse economiche, sia per i privati, sia (soprattutto) per la pubblica amministrazione in quanto, una volta adite le vie legali, essa si vede sistematicamente condannata dai giudici di merito a disporre i trasferimenti e/o i distacchi, nonché a ristorare le spese di giudizio, sottraendo risorse economiche alle casse erariali –:
   di quali informazioni dispongano dei Ministri interrogati su quanto riferito in premessa;
   in caso di fondatezza della questione, quali siano le motivazioni del sistematico diniego dei trasferimenti e distacchi per ricongiungimenti familiari dell'ufficio secondo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia e quali iniziative, per quanto di competenza, si ritengano di adottare.
(4-01156)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la legge n. 211 del 26 febbraio 1992 e successive modificazioni e integrazioni ha stanziato risorse per la realizzazione di interventi nel settore dei trasporti rapidi di massa, al fine di migliorare la mobilità e le condizioni ambientali nei centri urbani;
   il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», all'articolo 63, comma 12, per promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali, ha, in particolare:
    disposto che, per le finalità di cui all'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992 n. 211, l'ammontare delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 133 del 2008 per il triennio 2008/2010 per il finanziamento di nuovi interventi è pari ad euro 141.200.000;
    è, altresì, opportuno creare una graduatoria di interventi da ammettere a contributo, che sia valida anche per eventuali successivi rifinanziamenti, al fine di semplificare le procedure istruttorie per l'utilizzo immediato delle risorse disponibili;
    il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 99 del 16 febbraio 2009, ha indicato le direttive in merito all'allocazione delle risorse di cui ai commi 12 e 13 dell'articolo 63 del decreto-legge n. 133 del 2008;
    il protocollo d'intesa tra regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Milano, comune di Cormano, comune di Paderno Dugnano, comune di Senago, comune di Varedo e comune di Limbiate per la progettazione definitiva da Milano Comasina a Limbiate, sottoscritto in data 26 maggio 2006, ha affidato alla provincia di Milano l'elaborazione del progetto definitivo mediante esperimento di asta pubblica;
    il protocollo d'intesa del 31 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, la provincia di Milano e il comune di Milano «per la realizzazione della rete metropolitana dell'area milanese» e l'atto integrativo al protocollo d'intesa sopra citato, sottoscritto il 5 novembre 2007 da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano e comune di Milano, considera prioritario l'intervento di riqualificazione funzionale della tranvia Milano – Limbiate;
    l'intervento infrastrutturale è inserito in un'area ad elevata domanda di mobilità e rientra nel programma di potenziamento del complessivo sistema di trasporto pubblico locale in sede protetta (metropolitane, tranvia o mezzi che viaggiano su corsie dedicate);
    l'area in questione, nell'ambito del potenziamento del suddetto trasporto pubblico, è stata interessata al prolungamento della linea metropolitana M3 sino a Comasina, inaugurato nel mese di marzo 2011, che permette un celere, frequente e regolare collegamento dell'asta dei Giovi con i principali poli di destinazione milanesi;
    alcuni comuni, attraversati dalla linea oggetto del presente accordo, sono interessati da ulteriori opere sia di trasporto in sede protetta, sia di carattere viabilistico per le quali diventa necessaria una visione coordinata;
    il costo dell'intervento della riqualificazione della linea Milano-Limbiate, sulla base del progetto definitivo, risulta pari a euro 167.927.290,41, di cui euro 30.000.000,00 per l'acquisto del materiale rotabile;
    conformemente alle direttive previste dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 99 del 2009 soprarichiamato, è stato individuato un primo lotto funzionale, costituito dalla tratta tra Milano Comasina e il deposito di Varedo compreso (escluso il materiale rotabile), per un costo di euro 98.224.972,01;
    la provincia di Milano il 29 settembre 2009 ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il progetto definitivo, con la richiesta di finanziamento per la realizzazione del suddetto 1o lotto funzionale;
    la regione Lombardia, con delibera di giunta regionale VIII/10274 del 7 ottobre 2009; si è espressa favorevolmente, ai sensi dell'articolo 5 del decreto ministeriale febbraio 2009;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 1o febbraio 2011 ha comunicato alla provincia di Milano che, con decreto n. 4107 del 28 dicembre 2010, è stato assunto l'impegno statale per un importo di euro 58.934.983,20 (60 per cento dell'importo di euro 98.224.972,01) quale cofinanziamento per la riqualificazione della tranvia extraurbana Milano – Limbiate, 1o lotto funzionale Milano Comasina – Varedo Deposito;
    il CIPE, nella seduta del 6 dicembre 2011, con delibera pubblicata sul supplemento n. 120 della Gazzetta Ufficiale del 15 giugno 2012, ha confermato il finanziamento statale di euro 58.934.983,20, corrispondente alla quota del 60 per cento del costo dell'opera prevista dalla legge n. 211 del 1992, relativamente al lotto funzionale Milano Comasina-Varedo Deposito;
    la restante quota di cofinanziamento di euro 39.289.988,80, pari al 40 per cento dell'importo complessivo, pari a euro 98.224.972, è a carico del territorio;
    l'accordo tra comune di Milano, comune di Cormano, comune di Paderno Dugnano, comune di Senago, comune di Varedo, comune di Limbiate per la realizzazione della metro tranvia Milano Comasina-Limbiate Ospedale è stato siglato in data 3 agosto 2012;
    si è appreso da fonti istituzionali, a conferma di quanto già diffuso dalla stampa locale, dell'intenzione di Expo di dirottare su altre opere i fondi stanziati per la ricostruzione delle tranvie Milano-Seregno e Milano-Limbiate;
    così si interromperebbe un iter ormai in dirittura d'arrivo, sia per la Milano-Seregno dove è stata espletata una gara e i lavori sono stati aggiudicati; sia per la Milano-Limbiate che sta attendendo la firma definitiva dell'accordo siglato il 3 agosto 2012 –:
    se sia confermato l'impegno da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'assicurare la creazione dell'opera essendo necessaria secondo gli interpellanti una scelta ragionevole e ponderata a favore di queste infrastrutture, giudicate importanti dalla regione Lombardia sia per quel che riguarda i flussi di visitatori verso le aree Expo, sia come patrimonio del territorio;
    se si intenda organizzare un incontro con gli enti interessati per approdare quanto prima alla definizione dell’iter procedurale per garantire la partenza dei lavori come da accordi.
(2-00136) «Cimbro, Casati, De Rosa, Casellato, Cominelli, Civati, Cova, Crimì, Pollastrini, Castricone, Carnevali, Paola Bragantini, Brandolin, Fragomeli, Fossati, Santerini, Mauri, Scalfarotto, Marantelli, Laforgia, Bazoli, Rampi, Quartapelle Procopio, Preziosi, Porta, Sanga, Senaldi, Stumpo, Fiano, Madia, Patriarca, Caruso, Simoni, Mazzoli, Giuditta Pini».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   così come evidenziato dal manifesto-appello del quotidiano «La Gazzetta del Mezzogiorno», la realizzazione dell'alta velocità ha consentito all'Italia del versante tirrenico e dell'area del Centro-nord di generare un profondo mutamento, nel giro di pochissimo tempo. Si è aperto il mercato a operatori privati, si è determinata una dinamica virtuosa di miglioramento della qualità, efficientamento dei tempi, competizione sulle tariffe, potenziamento dell'offerta. L'effetto, in linea con gli standard europei, è che su distanze fino a 800 chilometri il treno è ritornato a costituire il vettore principale per la mobilità;
   dall'altra parte c’è l'Italia del versante adriatico, nell'area del Centro-sud. Nessuna alta velocità, apparati tecnologici vetusti, materiali rotabili usurati, tratti ancora incredibilmente a binario unico che attraversano zone ad elevato rischio idro-geologico (e che potrebbero determinare, come già recentemente accaduto, conseguenze di isolamento totale). Ovviamente in queste condizioni infrastrutturali, il mercato resta chiuso a qualsiasi dinamica competitiva, l'offerta tende a dequalificarsi, i tempi di percorrenza sono inaccettabili, le tariffe sono non competitive (paradossalmente anche più elevate rispetto all'alta velocità), il servizio da anni registra una progressiva riduzione. L'effetto, in stridente contrasto rispetto agli standard e alle direttive europei, è che al treno un'utenza crescente preferisce l'aereo o, addirittura, il trasporto privato su gomma anche per lunghe percorrenze di 1.000 chilometri;
   non si chiede, in questa fase di carenza di cospicue risorse nazionali, di affrontare insostenibili investimenti infrastrutturali straordinari. Tuttavia sarebbe utile che il Governo cominciasse a programmare, con studi e progetti, la rete dell'alta velocità ferroviaria anche per la dorsale adriatica. Già oggi però si potrebbero ridurre di ben un'ora e quindici minuti i tempi di viaggio sulla linea ferroviaria Milano-Pescara-Bari, se si utilizzassero treni moderni e adeguati che possano fruire dell'alta velocità esistente tra Milano e Bologna e che possano procedere ad una velocità superiore anche a sud di Bologna, lungo la linea Adriatica, grazie all'assetto variabile. In questa ipotesi, ad esempio, i tempi di viaggio Milano-Bari si ridurrebbero a circa 6 ore e mezza, Milano-Foggia a 5 ore e mezza e Milano-Pescara a meno di 4 ore;
   è poi disponibile uno studio completo che prevede interventi di ammodernamento tecnologico, lievi correzioni di curve ed il raddoppio del binario tra Termoli e Lesina, che consentirebbero di incrementare la velocità di linea e raggiungere prestazioni analoghe a quelle dell'alta capacità. Si tratta di interventi immediati, il cui valore, stimato intorno al miliardo di euro, è assolutamente sostenibile. Si potrebbe, ad esempio, iniziare con il potenziamento del sistema tecnologico di segnalamento, per innalzare la velocità massima in rettilineo a 200 chilometri/orari, intervento dal costo stimato di circa 100-200 milioni di euro;
   questi interventi sono in larga misura già progettati, realizzabili in un arco temporale relativamente breve, ma con un impatto tempestivo: portando la velocità di percorrenza a circa 200-220 chilometri/orari, si avrebbe una decurtazione dei tempi di quasi un'ora da Lecce a Bologna, rendendo immediatamente competitivo il trasporto ferroviario. Si tratta di una richiesta minima che genererebbe un impatto di straordinario valore positivo per le regioni interessate e per l'intero Paese, proprio in questa fase difficile di lavoro per la ripresa economica –:
   se non si ritenga di procedere urgentemente almeno con gli interventi da ultimo indicati.
(2-00133) «D'Ambrosio, L'Abbate, Colletti, Agostinelli, Cariello, Vacca, Brescia, Cecconi, De Lorenzis, Terzoni, Liuzzi, Scagliusi, Del Grosso».

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   D'ATTORRE, MAGORNO, COVELLO, BINDI, BRUNO BOSSIO, OLIVERIO, STUMPO, BATTAGLIA e CENSORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vertici dell'azienda De Masi costruzioni srl con sede in Gioia Tauro (RC) hanno inviato una lettera al commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura sollecitando l'erogazione di un mutuo agevolato, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 108 del 1996, concernente i benefici del Fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura;
   nella lettera è stato fatto presente che tale richiesta, avanzata già nel 2006, è suffragata dalla sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 27 in data 12 gennaio 2011;
   la missiva riprende anche la recente sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 433 del 20 giugno 2013, che dichiarava illegittimo il decreto n. 460 del 1o agosto 2012 con il quale si respingeva la richiesta di mutuo da parte del gruppo De Masi;
   si ricorda che le aziende De Masi (Calfin spa e De Masi costruzioni srl), operanti nella piana di Gioia Tauro (RC), nel 2003 si rivolsero all'autorità giudiziaria per denunciare atti perpetuati da funzionari bancari che, a seguito delle indagini della procura di Palmi, portarono all'avvio di un procedimento penale per usura;
   a seguito di tali denunce le aziende De Masi hanno acquisito il riconoscimento dello status di vittime di usura e avanzavano già in data 20 marzo 2006 e 6 aprile 2006 istanza di accesso ai benefici di cui al Fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura con rinnovo in data 12 dicembre 2006;
   la De Masi srl costituisce per il territorio della piana di Gioia Tauro una realtà molto importante sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista simbolico per chi si oppone alla prevaricazione e alla violenza;
   in data 13 aprile 2013 si è registrato un ultimo atto di intimidazione nei confronti del gruppo con diverse raffiche di mitra fatte esplodere contro i capannoni dell'azienda;
   la mancata erogazione del mutuo determinerebbe pertanto la cessazione dell'attività da parte del gruppo –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di verificare quanto sta accadendo in merito alla vicenda che riguarda il gruppo De Masi e di consentirgli a fronte di una decisione giudiziaria, di accedere ai benefici previsti dal fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura rimuovendo gli ostacoli finora emersi consentendo il proseguimento dell'attività economica del gruppo ed il mantenimento dei livelli occupazionali.
(3-00179)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATTUCA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che a partire dal 15 aprile 2013, sia stato cancellato il servizio attivo garantito in questi anni dal servizio di pattugliamento effettuato da una motovedetta dell'Arma dei carabinieri di Cesenatico;
   il venir meno di un servizio tanto apprezzato contribuirebbe in maniera elevata ad incidere sulla sicurezza in mare che, in questi anni, è progressivamente cresciuta grazie al proficuo lavoro svolto dall'Arma in stretto coordinamento con la capitaneria di porto, in particolar modo nell'effettuazione di servizi di vigilanza sulla regolarità delle operazioni di pesca, nel sequestro di attrezzature non autorizzate, nella rilevazione di diversi illeciti demaniali oltre che nei servizi specificatamente volti all'attività di prevenzione e contrasto dell'abusivismo commerciale;
   il servizio in questione garantisce la tutela dell'ambiente marino e dell'ecosistema, attraverso la convenzione con l'Ausl di Cesena attraverso il servizio di campionature delle acque, inclusi i prelievi presso gli impianti di maricoltura, nell'ambito del piano di controllo dei bivalvi;
   il costo per il mantenimento del servizio di motovedetta è quantificabile in circa 1.800 euro per il gasolio e circa 2.000 euro per i necessari carenaggi;
   è importante non disperdere le competenze e le professionalità qualificate per lo svolgimento di questo importante pattugliamento del mare che deriverebbero inesorabilmente dallo spostamento del personale ad attività di controllo sul territorio –:
   quali azioni intenda intraprendere per garantire la continuità del servizio citato in premessa, a favore della fascia costiera della provincia di Forlì-Cesena valutando la possibilità di renderlo permanente. (5-00530)


   CARRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   al pari di molte altre amministrazioni comunali, anche quella di Pegognaga (Mantova) ha preso visione, sul sito del Ministero interrogato, della nuova spettanza per l'anno 2012 del Fondo sperimentale di riequilibrio e dell'Imu 2012 che prevedono un taglio di 78.559,27 euro;
   si tratta della 5° circostanza che riguarda l'amministrazione citata nel punto precedente ed ogni volta, com’è facile intuire, si assiste ad un incremento dell'entità del taglio;
   in questo particolare caso, peraltro, va evidenziato che l'amministrazione di Pegognaga ha approvato il bilancio consuntivo 2012, facendo riferimento, ovviamente, a dati differenti da quelli contenuti nell'ultima pubblicazione della nuova spettanza;
   attraverso l'utilizzo di queste pratiche, da parte del Governo, per le amministrazioni comunali diventa sempre più complicato programmare e garantire il mantenimento dei servizi essenziali per le comunità –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per porre fine a questa ingiustizia perpetrata nei confronti dell'amministrazione comunale di Pegognaga, e di molti altri enti locali, al fine di garantire maggiori certezze finanziarie per un miglior esercizio dell'attività amministrativa e di governo. (5-00535)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Repubblica del 17 aprile 2012 è stata disposta la nomina di una Commissione straordinaria per la gestione del comune di Casal di Principe, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, il cui consiglio comunale era stato già sciolto;
   in precedenza con altro decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 2011 era stata nominata la Commissione straordinaria di liquidazione prevista dall'articolo 252 del già citato decreto legislativo;
   la gestione unitaria del servizio idrico prevista prima dalla legge Galli del 1994 e poi dal Testo unico sull'ambiente del 2006 non è ancora stata avviata nell'ATO 5 Campania, e le competenze relative al servizio idrico sono rimaste in capo al comune di Casal di Principe, che continua a gestire il servizio direttamente, determinando le tariffe e dettando le condizioni dei rapporti con l'utenza;
   la disciplina relativa al servizio idrico vigente nel 2007 a Casal di Principe prevedeva il cosiddetto «minimo garantito», anche detto «minimo impegnato», per cui ogni utente sottoscriveva una quantità minima d'acqua da consumare e si impegnava a pagare la relativa somma anche nel caso in cui i consumi accertati si fossero rilevati più bassi di quelli «impegnati»;
   l'amministrazione non ha mai provveduto a far pagare agli utenti la quota di minimo garantito che avevano sottoscritto e prevista del regolamento, perché non era mai stato sottoscritto alcun contratto con gli utenti, e quindi nessun utente si era di fatto impegnato ad una determinata quota di acqua, né erano le utenze dotate di misuratori del consumo;
   in ragione di tale situazione il comune di Casal di Principe approvava con delibera n. 25 del 10 luglio 2009 un nuovo «Regolamento per la distribuzione dell'acqua potabile» che sostituiva quello approvato nel 2000 e prevedeva all'articolo 22 che «nel caso che il consumo dell'anno non raggiunga la quantità minima sottoscritta l'utente sarà tenuto a pagare per intero il detto minimo garantito che viene stipulato in mc 60», così da superare lo scoglio della mancata sottoscrizione dei contratti;
   anche questo tentativo di riscuotere il canone degli utenti si è rivelato inefficace, probabilmente a causa della mancanza di una qualsiasi anagrafe degli utenti del servizio idrico;
   il 28 agosto 2012 la commissione straordinaria per la gestione dell'ente ha approvato il «Nuovo Regolamento Comunale per la distribuzione e la somministrazione dell'acqua potabile», che, all'articolo 18 prevede che «qualora il gestore non abbia alcuna possibilità, anche per ragioni obiettive (esempio mancanza contatore), di procedere alla misurazione dei volumi di consumo, si provvederà a fatturare sulla base del consumo individuale, determinato secondo la seguente formula: 150x365/1000=54,75 metri cubi (consumo annuo per abitante)», passando così dal «minimo impegnato» presunto per utenza al «minimo impegnato» per abitante;
   lo stesso articolo 18 della delibera afferma inoltre che il consumo annuo individuale «consente di calcolare, in base al numero di persone che compongono il nucleo familiare, il consumo annuo da addebitare alla famiglia»: non più dunque i singoli utenti sono soggetti passivi del rapporto d'utenza, bensì i nuclei familiari residenti nel comune di Casal di Principe, senza che nulla sia invece previsto per le utenze commerciali e industriali;
   con la delibera n. 9 del 29 ottobre 2012, avente ad oggetto «Approvazione ruolo servizio idrico e canoni fognatura e depurazione anno 2007» la commissione straordinaria per la liquidazione ha approvato il ruolo idrico del 2007 al fine di richiedere il canone idrico, fognario e di depurazione agli utenti del comune di Casal di Principe;
   la commissione ha con la suddetta delibera ricostruito i consumi del 2007 applicando il criterio di «consumo presuntivo» adottato con il nuovo regolamento idrico e riferendolo ai nuclei familiari censiti al 31 dicembre 2007, dopodiché ha inviato a ciascun nucleo familiare gli avvisi di pagamento relativi al 2007;
   per quanto concerne le utenze commerciali, «in mancanza di ulteriori indicazioni» ha applicato «lo stesso criterio individuato per i nuclei familiari»;
   i cittadini di Casal di Principe hanno manifestato ripetutamente il loro dissenso rispetto alle modalità di calcolo dei consumi idrici, attraverso richieste, di annullamento in autotutela al comune, ricorsi ufficiali presso il giudice di pace competente per territorio, una petizione popolare sottoscritta da diverse centinaia di famiglie e un ricorso straordinario al Capo dello Stato attualmente in attesa di istruzione dinanzi al Ministero dell'interno;
   l'amministrazione avrebbe dovuto ovviare all'impossibilità di riscuotere il canone dagli utenti attraverso la costituzione/ricostituzione dell'anagrafe degli utenti del servizio idrico comunale ricostruendo l'ubicazione, il numero e la natura (domestica, commerciale o industriale) delle utenze e, contemporaneamente, stipulando con ogni utente il contratto di fornitura;
   i consumi delle utenze commerciali sono stati ricostruiti considerandole occupate da un solo abitante, sebbene sia notorio che molte attività commerciali abbiano un consumo medio d'acqua ben più elevato di qualsiasi nucleo familiare;
   l'utilizzo del «Nuovo regolamento comunale per la distribuzione e la somministrazione dell'acqua potabile» per ricostruire i consumi per l'annualità 2007, periodo in cui vigeva il «Regolamento per la distribuzione dell'acqua potabile», si pone secondo l'interrogante in aperto contrasto con il principio di irretroattività dei provvedimenti amministrativi –:
   se non ritenga opportuno intervenire presso la commissione straordinaria perché le tariffe siano commisurate all'effettivo consumo e non fissate secondo criteri meramente presuntivi, che prescindono dalla situazione reale e in contraddizione con il referendum popolare del 2011 e, quindi, con il carattere essenziale del bene comune acqua. (4-01141)


   SALVATORE PICCOLO, GARAVINI, AMENDOLA, PICIERNO, GIORGIO PICCOLO, ROSTAN, PALMA, IMPEGNO, BONAVITACOLA, RUGHETTI, VALERIA VALENTE, TARTAGLIONE, MANFREDI, FAMIGLIETTI, VALIANTE e PARIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 29 maggio, ad Orta di Atella, in provincia di Caserta, su disposizione del Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sono stati posti sotto sequestro otto fabbricati per un totale di 1444 unità immobiliari (appartamenti, negozi, box auto), il cui valore complessivo è stimato in circa 75 milioni di euro;
   nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria, che ha dato luogo al sequestro, la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha iscritto nel registro degli indagati, per i reati di abuso d'ufficio e lottizzazione abusiva, ventinove persone; tra esse figurano imprenditori edili, tecnici del comune, l'ex sindaco di Orta di Atella, Salvatore del Prete (attuale responsabile del Suap dello stesso comune), Claudio Valentino, tecnico estensore del nuovo Piano Urbanistico comunale e Nicola Iovinella, consulente esterno per i problemi urbanistici, nonché qualche potente imprenditore sospettato di relazioni affaristiche e collusive con ben noti clan camorristici operanti sul territorio;
   le contestazioni mosse agli indagati riguardano il rilascio di «permessi a costruire», ritenuti illegittimi, per la realizzazione di una serie di immobili in aree diverse del comune di Orta di Atella (prevalentemente zona D), con originaria destinazione di tipo produttivo, commerciale o turistico per assumere, nel corso del tempo, una destinazione residenziale;
   il primo firmatario del presente atto nella precedente legislatura, aveva già segnalato alcune vicende concernenti il comune di Orta di Atella, con l'atto ispettivo n. 4-14752 del 2 febbraio 2012, a cui in data 6 agosto 2012 fu fornita risposta scritta dal Sottosegretario di Stato per l'interno, Saverio Ruperto, assicurando tra l'altro che al momento la Prefettura di Caserta stava valutando le iniziative da assumere, nel quadro delle proprie competenze ex articoli 141 e 143 del TUEL;
   nell'atto ispettivo di cui sopra si faceva espresso riferimento a due esposti inviati al prefetto di Caserta dai consiglieri di minoranza del comune di Orta di Atella per segnalare gravi irregolarità amministrative che apparivano indizio di forti condizionamenti ambientali, tali da ostacolare il normale e corretto esercizio delle attività di gestione dell'ente comunale;
   nel primo esposto, presentato in data 23 settembre 2011, i suddetti consiglieri rimarcavano che nella vita amministrativa si «registravano quotidianamente episodi di malcostume denunciati alle autorità competenti e oggetto di indagine» e sottolineavano, altresì, uno scarso rispetto dei principi di buona amministrazione e di trasparenza delle procedure amministrative;
   gli stessi, inoltre, segnalavano l'adozione di una serie di provvedimenti anomali, di chiaro stampo clientelare, confliggenti con quel preminente interesse pubblico cui deve esclusivamente riferirsi l'azione amministrativa, quali, ad esempio:
   a) l'elargizione al segretario comunale e al vicesegretario (quest'ultimo anche responsabile finanziario dell'ente) di competenze economiche di dubbia legittimità;
   b) l'accumularsi di debiti fuori bilancio accertati con sentenza esecutiva e non ancora riconosciuti attraverso le prescritte procedure di legge;
   c) l'attribuzione di due incarichi dirigenziali (cat. D3) al comandante della polizia municipale e all'ex sindaco, Salvatore Del Prete, nominato responsabile dello sportello unico delle attività produttive;
   d) l'assegnazione, in poco più di un anno, di ben cento incarichi legali per una spesa di circa 400.000 euro, nonché di quindici incarichi tecnici per una spesa di circa 150mila euro e di nove consulenze esterne per una spesa di 160mila euro, per un totale complessivo superiore ai 700 mila euro, nonostante nell'organico dell'ente figurassero professionalità e competenze specifiche che avrebbero potuto far fronte alle esigenze dell'amministrazione;
   e) la nomina di un tecnico esterno, l'ingegner Claudio Valentino (inquisito per turbativa d'asta con l'aggravante del favoreggiamento alla camorra anche nell'ambito di un'indagine concernente il comune di Villa Literno), per occuparsi delle inquietanti vicende urbanistiche del paese (devastato da un fenomeno di abusivismo edilizio di straripanti dimensioni) ed, in particolare, delle concessioni edilizie, già oggetto di pesante e motivata censura da parte della commissione d'accesso, a suo tempo (anno 2007) nominata presso il comune di Orta di Atella per accertare possibili forme di condizionamento ed infiltrazioni della criminalità organizzata nell'ambito della vita amministrativa dell'ente guidato dal sindaco Salvatore Del Prete;
   nel secondo esposto si stigmatizzavano, in particolare, i provvedimenti assunti dal responsabile del settore edilizio, ingegnere Valentino, finalizzati a sospendere i procedimenti di annullamento in autotutela di permessi di costruzione illegittimi, correttamente e doverosamente avviati dal suo predecessore;
   ai gravi fatti segnalati in quell'atto di sindacato ispettivo, che qui integralmente si richiamano, si sono aggiunti adesso i recenti provvedimenti giudiziari di sequestro di 1444 unità immobiliari innanzi richiamati che confermano, nella sostanza, le irregolarità, le violazioni di legge e gli abusi tuttora sussistenti nel settore urbanistico, dai quali potrebbero desumersi indizi e sospetti di collusioni con ambienti della criminalità organizzata;
   è da precisare, peraltro, che già il 16 marzo 2012 era stato effettuato un sequestro di due complessi immobiliari su suoli inedificabili, realizzati in assenza di piano di lottizzazione ed erano stati deferiti all'autorità giudiziaria tecnici comunali e titolari di imprese di costruzioni per i reati di cui agli articoli 30 (lottizzazione abusiva) e 44 del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001 e all'articolo 479 (falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici) del codice penale;
   nuove denunce di illegittimità amministrative emergono, inoltre, da ulteriori esposti presentati dai consiglieri di minoranza;
   in particolare, sette consiglieri comunali in carica hanno motivatamente contestato la delibera di giunta comunale del comune di Orta di Atella n. 191 del 27 dicembre 2012 di approvazione degli atti e della graduatoria del concorso per titoli ed esami per la copertura di 1 posto di istruttore direttivo tecnico (Categoria D1), a tempo indeterminato e parziale, unitamente a tutti gli atti correlati a tale deliberazione (direttiva del sindaco n. 32/gab. dell'11 novembre 2010, determinazione n. 142 del 24 novembre 2010 del segretario generale di approvazione del bando di concorso e atti della selezione);
   la contestazione è stata mossa, prima, con atto stragiudiziale di invito, diffida e messa in mora (protocollo 2294 del 22 febbraio 2013), con cui i consiglieri richiedevano l'annullamento in autotutela degli atti sopra menzionati, e poi, vista la persistenza della condotta, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, presentato in data 10 maggio 2013, per la declaratoria di nullità e/o annullamento di tutti gli atti impugnati ed ogni conseguente statuizione;
   l'oggetto specifico della contestazione dei suddetti consiglieri attiene alla asserita «manifesta illegittimità» di tutti gli atti relativi al concorso prima menzionato, in quanto lo stesso è stato indetto senza avere preventivamente attivato ed espletato le necessarie procedure di mobilità previste dall'articolo 30, comma 2-bis, e dall'articolo 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 n. 165;
   devesi, peraltro segnalare che i consiglieri comunali Salvatore Del Prete, Michele De Micco, Francesco Piccirillo e Giuseppe Roseto in data 7 dicembre 2012, avevano sporto denuncia alla locale stazione dei carabinieri denuncia-querela con la quale lamentavano che «circola voce già da qualche mese circa il possibile vincitore che con una graduatoria aperta per tre anni, possono passare anche a tre» e indicavano i nominativi del vincitore e di coloro che si sarebbero classificati rispettivamente al 2° e 3° posto;
   sta di fatto che, con la delibera di giunta comunale n. 191 del 27 dicembre 2012 che approvava gli atti e la graduatoria del concorso, i nominativi indicati nella denuncia dei consiglieri risultavano effettivamente 1°, 2° e 3° classificato;
   è utile qui ricordare, per meglio rappresentare il complesso contesto politico amministrativo alcuni eventi che, negli ultimi anni, hanno riguardato il predetto comune che come è noto è ricompreso in una parte del territorio casertano segnata da una radicata e penetrante presenza della criminalità organizzata, particolarmente interessata alle attività edilizie ed urbanistiche a carattere speculativo ed agli appalti di opere pubbliche;
   attualmente ricopre la carica di sindaco di Orta di Atella il signor Angelo Brancaccio in carica dal 2010, e già primo cittadino nel periodo 1996/2005;
   nel giugno del 2008 il consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni camorristiche, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, mentre era sindaco in carica il già menzionato Salvatore Del Prete, eletto primo cittadino nel 2006 ed, oggi, come innanzi riferito, responsabile del Suap del comune, a seguito di incarico dirigenziale conferitogli dall'attuale sindaco Brancaccio, e indagato nella recente inchiesta che ha portato al sequestro dei 1444 immobili;
   il Del Prete, già vicesindaco di Brancaccio e ritenuto uomo di sua strettissima fiducia, era diventato sindaco nel 2005 (riconfermato, poi, nella consultazione elettorale del 2006), a seguito dell'elezione a consigliere regionale della Campania dello stesso Brancaccio che, per incompatibilità di legge, aveva dovuto lasciare la guida del comune;
   nel maggio del 2007, a carico di Angelo Brancaccio fu eseguita un'ordinanza di custodia cautelare per una serie di gravissime accuse, a seguito di un'inchiesta della procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere; nei confronti dello stesso pende tuttora un procedimento penale per i redditi di peculato, corruzione per atto contrario ai doveri del proprio ufficio, estorsione, concussione ed altro:
   con lui furono arrestati tecnici comunali e imprenditori edili, ritenuti dagli inquirenti complici e corresponsabili di fatti e vicende risalenti all'epoca della precedente sindacatura del Brancaccio;
   nella relazione della Commissione d'accesso erano stati analiticamente descritti l'intreccio affaristico e criminoso tra esponenti politici, amministratori, dipendenti del comune, imprenditori e società varie e le collusioni con personaggi legati o, comunque, riconducibili alla criminalità organizzata; in particolare era stato rilevato che la massiccia cementificazione aveva arrecato ingenti danni al territorio, alla convivenza civile ed al concetto stesso di legalità, generando un fenomeno complessivo di devastazione ambientale, oltre che di inefficienza e corruzione; si precisava, altresì, che – durante gli anni di sindacatura di Brancaccio prima e di Del Prete poi – «l'abusivismo edilizio non era stato impedito da alcuna attività di controllo o, addirittura era stato supportato da provvedimenti autorizzativi o da titoli abilitativi»;
   non a caso, nell'ultimo decennio, Orta di Atella ha conosciuto un vero e proprio boom demografico, passando dai 13.070 abitanti del censimento del 2001 a più di 25.000 residenti attuali;
   a tal riguardo, gli stessi commissari straordinari ricordavano che il «95 per cento dei permessi di costruire rilasciati nel periodo 2000 – primo semestre 2008 (circa 2.100 per quasi 5.500 unità abitative) erano riferibili ad edifici costruiti in area industriale o zona PIP, e quindi destinati ad attività produttive che sono risultati in seguito modificati nella destinazione d'uso mediante procedimento amministrativo della DIA o con variante in corso d'opera; in entrambi i casi l'ufficio tecnico comunale non aveva provveduto ad emettere provvedimento di diniego per la mancata conformità allo strumento urbanistico, di fatto legittimando l'attività speculativa edilizia»;
   è da rilevare che, nel decreto del prefetto di Caserta del 2 giugno 2008 con il quale si disponeva la sospensione cautelare del consiglio comunale, del sindaco e della giunta di Orta di Atella ai sensi e per gli effetti dell'articolo 143 del testo unico 18 agosto 2000, n. 267, si faceva esplicito riferimento a «chiari elementi su collegamenti degli organi elettivi del comune con la criminalità organizzata, nonché a forme di condizionamento dell'attività amministrativa (...)»;
   i gravi fatti preesistenti e quelli recentemente sopravvenuti, in uno con le numerose indagini giudiziarie in corso e con le circostanziate denunce prodotte dai consiglieri di minoranza, avvalorano il fondato timore, a parere degli interroganti, che possano ulteriormente consolidarsi quelle modalità di governo e quel sistema di gestione che erano stati contestati dalla commissione di accesso e sanzionati con il provvedimento di scioglimento del 2008 e che – come innanzi riferito – hanno dato luogo anche ad inchieste penali ed arresti per gravi reati –:
   quali iniziative la prefettura di Caserta abbia valutato di dover assumere, nel quadro delle proprie competenze ex articoli 141 e 143 del TUEL, stante la persistenza di condotte e di fatti di evidente gravità che si registrano nel comune di Orta di Atella e che sono oggetto anche di provvedimenti giudiziari;
   se il Ministro non valuti la necessità di acquisire adeguate ed urgenti informative circa i fatti denunciati dagli interroganti, oggetto peraltro di ampia diffusione sugli organi di stampa, per verificare compiutamente la regolarità, la correttezza e la legittimità delle attività e delle procedure amministrative nel predetto comune, anche in relazione a eventuali condizionamenti e/o inquinamenti esterni;
   se, in esito ai riscontri effettuati attraverso tutte le possibili interlocuzioni istituzionali, non ritenga di dover disporre l'accesso, con le modalità previste dalla normativa vigente in materia, per accertare se, nell'ambito dell'apparato politico-amministrativo, emergano elementi su collegamenti diretti e indiretti, con la criminalità organizzata, ovvero sussistano forme di condizionamento degli amministratori che possano compromettere la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi alla stessa affidati. (4-01151)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SERENI, COSCIA, ASCANI, GHIZZONI e PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nei nostri conservatori di musica, attualmente, i docenti precari lavorano senza alcuna prospettiva di stabilizzazione, ormai da molti anni;
   dal 1990 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito un unico concorso, le cui graduatorie sono esaurite;
   nel 1999 è stata approvata legge 508, riforma e istituzione del comparto universitario AFAM – alta formazione artistica musicale, che prevede concorsi per le nuove assunzioni, ma, purtroppo, sono passati 12 anni e non è stato bandito nessun concorso per l'insegnamento nei conservatori;
   allo stato attuale, presso i conservatori un terzo dei docenti sono precari e sono nominati annualmente;
   i precari che insegnano presso i conservatori hanno in media cinquant'anni, alcuni hanno superato tale soglia di età;
   per gli incarichi annuali, alcuni conservatori attingono da una graduatoria nazionale di supplenza, ex legge 143 del 2004, che è esaurita per diverse discipline, oppure bandiscono graduatorie di durata triennale;
   i titoli degli insegnanti precari, spesso, sono valutati da docenti del conservatorio e in molti casi con criteri soggettivi;
   le suddette valutazioni sono rese note solo dopo la compilazione delle graduatorie e i candidati, che possono presentare domanda in qualsiasi sede, a parità di titolo, occupano posizioni discordanti da sede a sede –:
   se il Governo non ritenga opportuno trasformare le graduatorie nazionali, di cui all'articolo 2-bis, della legge n. 43 del 2004, in graduatorie ad esaurimento, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo determinato e indeterminato;
   se il Governo intenda mettere in campo un investimento per valorizzare le professionalità dei docenti precari alta formazione artistica musicale, al fine di potenziare e rendere più efficace l'offerta formativa del sistema. (5-00531)


   VACCA, CHIMIENTI, BATTELLI, BRESCIA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per effetto del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico; sempre per effetto del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche ed educative redigono la pagella degli alunni in formato elettronico;
   lo stesso decreto-legge predispone che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca predispone entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie;
   ad oggi non si ha alcuna notizia del piano di dematerializzazione;
   molte istituzioni scolastiche non sono in grado di adottare l'uso del registro elettronico in quanto non hanno una dotazione informatica idonea e sufficiente sia sotto il profilo hardware che software;
   alcune istituzioni scolastiche si sono rivolte autonomamente ad aziende specializzate per il reperimento di un software idoneo per i registri elettronici mentre, tale software, dovrebbe essere fornito a livello centrale dal Ministero;
   si registra, quindi, un notevole ritardo all'attuazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012 e non per responsabilità delle istituzioni scolastiche;
   gli istituti scolastici, già in gravi difficoltà, subiscono un aggravio sia in termini di risorse economiche che di personale per l'attuazione dell'articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 –:
   quali iniziative intenda promuovere il Ministero per consentire alle scuole di adottare le pagelle elettroniche e i registri online, e se non ritenga opportuno concedere una proroga per l'attuazione delle disposizioni in oggetto. (5-00536)


   VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, BATTELLI, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da anni i Governi stanziano finanziamenti alla scuola definita paritaria, ovvero le scuole private che svolgono funzioni pubbliche;
   nonostante il periodo di crisi come quello che stiamo attraversando caratterizzato da tagli continui al sistema dell'istruzione pubblica continuano ad aumentare i finanziamenti alle scuole paritarie;
   è doveroso rivolgere l'attenzione verso l'ormai conosciuto problema dei diplomifici, veri e proprie aziende senza scrupoli che fanno profitti sfruttando giovani neolaureati per coprire il ruolo di docenza e vendendo, di fatto, titoli di studio;
   come ogni anno si apprende dai quotidiani nazionali, questo fenomeno è sempre più diffuso: si parla di pagamenti che si aggirano attorno ai sei-otto mila euro per ottenere un diploma e avere l'attestazione di frequenza a scuola;
   gli arresti a carico di ispettori del provveditorato dimostrano una complicità diffusa;
   temiamo che la nota vicenda dell'istituto paritario «Pacioli» di Nola sia solo la punta dell’iceberg di una situazione ben più ampia a livello nazionale;
   la legislazione attuale permette alle scuole paritarie di avere una parte del personale docente a titolo gratuito e che, come moltissimi sanno, la maggior parte degli altri docenti non a titolo gratuito accettano condizioni economiche sfavorevoli e al limite del ricatto pur di acquisire i 12 punti per le supplenze annuali;
   in alcuni casi ai docenti non a titolo gratuito vengono versati i soli contributi previdenziali per far risultare il pagamento dello stipendio ma non percepiscono una reale remunerazione –:
   quali azioni intenda intraprendere il Ministro per porre fine realmente e una volta per tutte a questa situazione non più tollerabile. (5-00539)


   PALMIERI e CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 9 gennaio 2004, n. 4, per l'accessibilità dei siti internet e dei sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni è stata recentemente aggiornata dal decreto-legge n. 179 del 2012 (decreto crescita 2), che ne ha esteso tra l'altro l'ambito di applicazione a tutti coloro che beneficiano di contributi pubblici per la realizzazione di siti internet (e quindi, a titolo di esempio, è applicabile potenzialmente anche a testate giornalistiche, associazioni, aziende private);
   tale norma prevede la nullità del contratto se lo stesso non contiene un esplicito riferimento al rispetto dei requisiti di accessibilità, assegnando tra l'altro all'Agenzia per l'Italia digitale il compito di raccogliere le segnalazioni dei cittadini per inadempienze ai sensi di legge, con obbligo dei soggetti destinatari all'adeguamento dei servizi entro 90 giorni dalla notifica;
   il decreto ministeriale 8 luglio 2005 «Requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità agli strumenti informatici» contiene i requisiti a cui devono attenersi gli sviluppatori di siti web per sviluppare i siti e le applicazioni web delle pubbliche amministrazioni è attualmente è basato su specifiche oramai obsolete, che impediscono alle pubbliche amministrazioni di poter sviluppare soluzioni avanzate basate su nuove tecnologie;
   il 20 marzo 2013 il Ministro pro tempore Francesco Profumo ha annunciato prima via twitter e poi tramite comunicato stampa la firma dell'aggiornamento di tali requisiti, in linea con i dettami europei in materia di accessibilità basata su standard internazionale WCAG 2.0;
   l’iter prevede l'invio alla Corte dei conti e poi il ritorno al Ministero per la pubblicazione in Gazzetta;
   alla data odierna, dopo tre mesi dalla firma, tale decreto non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, causando quindi problematiche per i fornitori delle pubbliche amministrazioni per le stesse pubbliche amministrazioni ma soprattutto per i cittadini –:
   quale sia lo stato attuale dell’iter di questo decreto, di vitale importanza per garantire la legalità delle forniture di siti e applicazioni web per la pubblica amministrazione basati su tecnologie web di ultima generazione. (5-00540)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da anni in tante scuole italiane, grazie anche all'impiego e all'impegno di molti insegnanti precari, sono venuti a crearsi percorsi didattici sperimentali – divenuti, in molti casi, curriculari – che hanno offerto esperienze formative di grande valore; così è accaduto, ad esempio, nei licei linguistici internazionali, dove l'insegnamento della lingua cinese ha permesso a molti studenti di conseguire certificazioni linguistiche di alto livello, ha consentito di vincere borse di studio e competizioni internazionali e ha altresì dato l'opportunità di partecipare a scambi con scuole cinesi;
   risulta che i tirocini formativi attivi (TFA) per l'abilitazione all'insegnamento della lingua cinese siano stati attivati esclusivamente in quattro Atenei (Venezia, Siena, Roma ed Enna) penalizzando gli aspiranti abilitanti in quanto, oltre ad affrontare ulteriori spese aggiuntive a quelle del tirocinio, si sarebbero dovuti trasferire in città diverse da quelle di residenza e soprattutto avrebbero anche dovuto rinunciare all'eventuale incarico annuale di supplenza;
   peraltro, non esistendo attualmente insegnanti abilitati di lingua cinese, sono stati convocati insegnanti precari come tutor degli attuali tirocinanti dei tirocini formativi attivi ordinari;
   lo scorso 24 marzo 2013, il ministro Profumo ha istituito i cosiddetti tirocini formativi attivi speciali, vale a dire percorsi abilitanti riservati a docenti precari con particolari requisiti di servizio, oggi ancora non attivati –:
   alla luce delle specificità dell'insegnamento della lingua cinese, descritte in premessa, se il ministro interrogato non ritenga contemplare gli insegnanti della lingua cinese nel percorso dei tirocini di formazione speciali e, in tal caso, se non ritenga opportuno monitorare che siano avviati in più Atenei. (4-01138)


   BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la città di Vizzini in provincia di Catania, patria dell'umanista Lucio Marineo e del verista Giovanni Verga è sede, sin dal 1964, di una sezione associata del liceo ginnasio classico statale dipendente, dapprima dal «Mario Cutelli» di Catania, oggi dal Bonaventura Secusio di Caltagirone (Catania);
   le istituzioni scolastiche, da sempre, a Vizzini hanno rappresentato un presidio autorevole e prestigioso ed, inoltre, hanno contribuito alla formazione di molti giovani;
   fino ad un recentissimo passato, al liceo classico di Vizzini non sono mancate le iscrizioni necessarie per la formazione almeno di una classe per anno scolastico;
   purtroppo, il recente calo demografico è stato causa delle difficoltà nella formazione di più classi per anno di formazione, infatti per l'anno scolastico 2013-2014 pare, che la classe del Io liceo (ossia la classe intermedia del terzo anno) con 14 studenti, di prosecuzione del Vo ginnasio, non dovrebbe essere mantenuta nella sede di Vizzini nonostante il numero sia aumentato di due unità e che gli studenti dovrebbero essere trasferiti e assorbiti nelle classi della sede centrale sita a Caltagirone;
   si è creato allarmismo anche tra quelle 20 famiglie che hanno iscritto i ragazzi al IVo ginnasio preoccupati di un possibile futuro trasferimento per le stesse condizioni che si potrebbero creare;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, sulla formazione delle classi scolastiche, impone un numero minimo a seconda del grado scolastico ma lo stesso prevede deroghe normative per assicurare il servizio anche in realtà territoriali svantaggiate;
   in particolare nel predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 viene previsto che nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani; nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolare difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, possono essere costituite classi uniche per un anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito dagli articoli 10, 11 e 16;
   non appare all'interrogante corretto che i ragazzi, le famiglie e l'ente locale comune di Vizzini, debbano essere informate dell'eventuale trasferimento a Caltagirone della classe Io liceo da fonti non ufficiali invece che correttamente, dalla dirigenza scolastica –:
   se le scuole funzionanti nei comuni montani possano continuare a beneficare della tutela prevista dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 oppure debbano vedere applicati criteri rispondenti esclusivamente a principi aziendalistico-personali e in tale caso se i dirigenti scolastici provinciali, responsabili del procedimento abbiano tenuto conto del fatto che il comune di Vizzini rientra tra i comuni montani e quindi dal punto di vista scolastico tutelato dalle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
   se il comportamento tenuto dai responsabili del liceo B. Secusio di Caltagirone e del provveditorato di Catania risponda a criteri di trasparenza, partecipazione e coinvolgimento delle comunità scolastiche interessate;
   se non ritenga opportuno, nell'interesse pubblico degli studenti e delle famiglie di intervenire con urgenza e determinazione per ripristinare condizioni di legalità e rassicurare studenti e famiglie. (4-01145)


   SIBILIA, BRESCIA, DI BENEDETTO, VACCA, SIMONE VALENTE, CECCONI, CORDA, ALBERTI, BASILIO, CANCELLERI, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA e BATTELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nonostante l'istituto tecnico agrario «De Sanctis» di Avellino presenti da vari anni una popolazione scolastica inferiore allo standard prescritto per il mantenimento dell'autonomia, solo di recente la regione Campania, la provincia di Avellino e l'amministrazione scolastica hanno affrontato questa situazione di sottodimensionamento;
   la soluzione individuata dalla regione Campania, con provvedimento pubblicato sul BURC n. 11 del 18 febbraio 2013, e consistente nella fusione tra l'ITA «De Sanctis» e il liceo artistico «De Luca» di Avellino a partire dall'anno scolastico 2013/2014, ha generato un ampio fronte di critiche;
   la regione Campania e l'amministrazione scolastica sono tornate sui propri passi, proponendo, in un tavolo di concertazione dell'8 aprile 2013 l'accorpamento, per l'anno scolastico 2013/2014, del citato ITA «De Sanctis» all'istituto tecnico per geometri «D'Agostino» di Avellino. Proposta che è stata resa operativa con provvedimento pubblicato sul BURC n. 29 del 3 giugno 2013;
   quello stesso istituto tecnico per geometri, tuttavia, non è più esistente perché, con provvedimento pubblicato sul BURC n. 8 del 6 febbraio 2012 è stato fuso, a partire dal 1o settembre 2012, con l'istituto tecnico industriale statale «Dorso», dando vita ad un unico istituto statale di istruzione superiore, intitolato «Dorso-D'Agostino»;
   la suddetta fusione ha comportato una serie di operazioni complesse e difficili, che sono pesate sul dirigente scolastico, sul direttore dei servizi generali ed amministrativi, su tutto il personale docente ed ATA e sulle casse della pubblica amministrazione;
   un'operazione di «fusione a ritroso» tra l'ITA «De Sanctis» e l'ex ITG «D'Agostino» comporterebbe costi e sprechi enormi per strutture, apparecchiature, traslochi e adeguamenti logistici ed impiantistici;
   i dati relativi alla popolazione scolastica, che sembra siano stati assunti a riferimento della operazione del suddetto accorpamento, non corrispondono alla realtà dei prossimi anni scolastici sia perché il trend di iscrizioni, in un'ottica di medio-lungo periodo, è in decremento per l'istruzione tecnica per le conseguenze connesse alla crisi del modello di sviluppo industriale adottato in Irpinia ed in Campania sia perché recentissime normative (quali il decreto del Presidente della Repubblica n. 263 del 29 ottobre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 25 febbraio 2013) in tema di istruzione per adulti (ivi compresa quella negli istituti di pena) faranno confluire, entro l'anno scolastico 2014/2015, una consistente percentuale di alunni dell'attuale ISIS «Dorso-D'Agostino» in una nuova ed apposita istituzione scolastica;
   a tutto ciò si aggiunge il grande senso di disorientamento che si è ingenerato nel personale scolastico interessato alla mobilità, anche da un punto di vista burocratico. Ad esempio, il codice AVIS01900B, che dovrebbe identificare l'Istituto secondario di istruzione superiore «Dorso-D'Agostino», individua oggi l'ISIS «De Sanctis-D'Agostino», come se il «Dorso» non esistesse più;
   è necessario intervenire affinché sia rivista la decisione di procedere alla fusione tra l'ITA «De Sanctis» e il non più esistente ITG «D'Agostino», considerato lo sconcertante grado di confusione organizzativa e didattica di un'operazione simile –:
   se, alla luce di quanto è emerso, sia noto al Ministero se sia stato seguito e rispettato l’iter normativo e procedurale previsto in materia di riorganizzazione della rete scolastica;
   se non sia necessario porre in essere per quanto di competenza una qualche rapida e decisa iniziativa che restituisca serenità di azione agli istituti irpini e, più in generale, a quelli campani rispetto alle operazioni di ridimensionamento scolastico. (4-01152)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   quasi 4 mila cittadini italiani hanno raccontato agli operatori del PIT Salute, di cittadinanzattiva e del tribunale per i diritti del malato i ritardi e i disagi che hanno incontrato per il riconoscimento della loro invalidità civile;
   queste gravi violazioni del diritto degli invalidi civili ad avere la pensione di invalidità e l'indennità di accompagnamento sono state raccolte nel primo «Rapporto Nazionale sull'invalidità civile e la burocrazia» nell'ambito della campagna nazionale «Sono un V.I.P. - Very Invalid People»;
   queste segnalazioni coincidono con i dati della Corte dei conti che ogni anno svolge attività di controllo sulla gestione finanziaria dell'INPS;
   eppure le nuove procedure introdotte dall'INPS a gennaio 2010 dovevano semplificare le pratiche degli invalidi garantendo tempi più veloci e maggiore trasparenza;
   secondo il suddetto rapporto sono aumentati i tempi di attesa, che sono passati nel 2012 ad una media di 8 mesi contro i 6 mesi del 2011 solo per essere convocati alla prima visita, mentre secondo la norma vigente dovrebbe avvenire entro 15 giorni dalla presentazione della domanda per i pazienti oncologici e 3 mesi per le altre patologie;
   dopo la visita, la ricezione del verbale avviene in media dopo 11 mesi e l'erogazione dei benefici dopo 1 anno con un danno enorme per i richiedenti che devono continuare a pagare i ticket sanitari e non possono usufruire di permessi lavorativi per curarsi, pur avendone diritto, secondo la legge;
   chi paga il costo di questi ritardi sono cittadini deboli in quanto malati cronici (oncologici, malattie rare, e patologie degenerative, malati di mente);
   è sconcertante l'aumento degli invalidi civili chiamati a visita pur essendo esonerati (legge n. 80 del 2006) perché affetti da malattie irreversibili che non possono migliorare con la gravissima sospensione dell'assegno di invalidità e dell'indennità di accompagnamento –:
   se non intenda assumere adeguata iniziativa nei confronti dei responsabili di ostacoli, ritardi burocratici e carenze, nonostante le vigenti norme di tutela delle prestazioni sociali a favore degli invalidi civili.
(2-00134) «Melilla».

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il terzo rapporto ISTAT sulla non autosufficienza, pur nella difficoltà di una definizione univoca e condivisa, stima che circa il 5 per cento della popolazione italiana oltre i 6 anni sia affetta da disabilità, per un totale stimato di circa 2.800.000 persone, di cui 170 mila sono assistite in strutture extrafamiliari. Poco meno di 700.000 persone disabili risulterebbero totalmente dipendenti da terzi per lo svolgimento delle attività elementari della vita quotidiana. L'80,7 per cento delle persone definite non autosufficienti ha età superiore ai 65 anni;
   secondo una rilevazione ISTAT l'80 per cento delle famiglie con disabili non risultano assistite dai servizi pubblici a domicilio e, tra queste, oltre il 40 per cento delle famiglie con disabili al Sud e il 36,5 per cento, nelle isole ne avrebbe necessità;
   in uno scenario che vede la drastica riduzione del finanziamento pubblico dei servizi sociali, e in particolare di quello destinato alla non autosufficienza, il carico assistenziale si va sempre più spostando sulle rete informale che circonda la persona con disabilità;
   in questo nuovo modello di cure domiciliari, assume particolare rilievo la figura del caregiver familiare. Il caregiver è il parente o affine che si prende cura a domicilio, o per situazioni definite e particolari all'interno delle strutture della rete, del proprio familiare (persona fragile e non autosufficiente) di qualunque età, in modo prevalente o continuativo, seppure per livelli di intensità diversi, provvedendo a tutte le funzioni quotidiane dei bisogni primari (igiene personale, alimentazione e altro) e alla cura della persona, aiutando ed integrando prestazioni di carattere sanitario-assistenziale. Spesso l'individuazione del caregiver avviene per necessità, per designazione familiare o attraverso un meccanismo di selezione spontaneo da parte di un congiunto che volontariamente si assume l'impegno di assistere il parente, instaurando una relazione pressoché esclusiva (fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, novembre 2011):
   il coordinamento nazionale famiglie di disabili gravi e gravissimi ha intentato causa contro lo Stato tramite i tribunali di Roma (depositata il 9 giugno), Milano (depositata 22 giugno) e Palermo (depositata il 29 giugno), al fine di sollecitare un provvedimento finalizzato alla regolamentazione legale della tutela dei malati gravi e delle loro famiglie, a fronte della sentenza del 17 luglio del 2008 della Corte di Giustizia europea che prescrive, a livello comunitario, la protezione da qualunque forma di discriminazione non soltanto della persona disabile, ma anche, e nello stesso modo, dei familiari che di essa si prendono cura;
   in altri Paesi dell'Unione europea è prevista per i family caregiver una forma di tutela sanitaria e assicurativa, che comprende il riconoscimento delle condizioni usuranti del lavoro di cura prestato. Nel nostro Paese la legge 3 dicembre 1999, n. 493 («Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici») prevede solo una tutela assicurativa obbligatoria contro gli infortuni domestici per le persone tra 18 e 65 anni di età che svolgano lavoro domestico in modo non occasionale e che non abbiano altre tutele assicurative; la norma prevede peraltro l'indennizzabilità solo per una invalidità residua che sia pari o superiore al 27 per cento –:
   quali iniziative, anche normative, intenda adottare per far fronte alle gravi lacune sopra evidenziate in materia di finanziamento dei servizi sociali, con particolare riguardo a quelli destinati alle persone non autosufficienti, e in materia di sostegno alle reti informali di assistenza a tali categorie di cittadini, con particolare riferimento alla figura del caregiver, anche relativamente alla contribuzione previdenziale e nel caso lavoratore, ai permessi personali da utilizzare per le attività di cura prestate. (3-00181)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANTEZZA, OLIVERIO, CENNI, CARRA e COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – Premesso che:
   il Parlamento europeo ha stipulato con il Regno del Marocco un accordo di liberalizzazione per i prodotti agricoli e della pesca entrato in vigore il 1o ottobre 2012; il comparto agricolo e ortofrutticolo del Sud Europa, e del sud d'Italia in particolare, lamenta una distorsione del mercato dovuta a costi di produzione inferiori dei prodotti marocchini importati a discapito della competitività delle produzioni europee;
   nella scorsa legislatura in entrambi i rami del Parlamento sono stati depositati atti di indirizzo e di sindacato ispettivo nei quali si chiedeva di monitorare gli sviluppi dell'accordo commerciale impegnandosi a minimizzare le conseguenze negative sulle produzioni sensibili conseguenti l'accordo e ad evitare eventuali frodi e violazioni;
   l'accordo in oggetto prevede una clausola di revisione entro i tre anni dall'entrata in vigore (articoli 6-7) e nelle intenzioni espresse dalla Commissione c’è la decisione di aprire un nuovo negoziato con il Marocco per un più profondo e comprensivo accordo di libero scambio;
   durante la sessione del consiglio agricolo di Bruxelles del 28 e 29 novembre 2012 molti Stati membri hanno espresso preoccupazioni per la difficile situazione settore agricolo a causa dei prezzi bassi prevalenti sul mercato dell'Unione europea, esprimendo dubbi sul funzionamento del regime del «prezzo d'entrata» stabilito dall'accordo agricolo tra l'Unione europea e il Marocco;
   in occasione dell'approvazione dell'accordo tra Unione europea e Marocco la Conferenza Stato-regioni aveva rappresentato la necessità che l'Unione europea, nel riconoscere le difficoltà generate dagli accordi bilaterali, prevedesse misure per mitigare gli impatti negativi e, quindi, l'urgenza di riformare il sistema del prezzo di entrata, per evitare il manifestarsi di rischi di frode in tale sistema, ed in generale nel mercato agricolo, come evidenziato anche dall'ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF);
   nella mozione approvata al Senato 1-00609 del 4 aprile 2012, si invitava il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a presentare alle competenti Commissioni parlamentari una relazione concernente i risultati delle attività di monitoraggio e di valutazione degli impatti dell'accordo e delle iniziative intraprese al riguardo –:
   se il Ministro interrogato disponga dei dati sull'evoluzione degli scambi commerciali di prodotti agricoli tra Marocco e Unione europea dopo l'entrata in vigore dell'accordo;
   se disponga delle informazioni sugli effetti negativi per le aziende agricole ortofrutticole in particolare quelle del Meridione;
   quali siano le iniziative intraprese per garantire un mercato più trasparente, orientato al concetto della cosiddetta reciprocità delle regole commerciali al fine di favorire una maggiore convergenza tra gli standard applicati dall'Unione europea e quelli applicati a livello internazionale e rafforzare i meccanismi di salvaguardia;
   se e quali misure siano state e si stiano predisponendo in sede nazionale, al fine di salvaguardare, tutelare, promuovere e sostenere il sistema ortofrutticolo e più in generale, il made in Italy agroalimentare e l'agricoltura mediterranea. (5-00541)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI VITA, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, BRESCIA, SIMONE VALENTE, VACCA, NESCI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, LOMBARDI, DI BENEDETTO, CASTELLI, D'INCÀ, CARIELLO, CASO, MICILLO, CHIMIENTI, BATTELLI, LUIGI GALLO, D'UVA e SORIAL. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato genitori giovani disabili psichici ha promosso il 3 luglio 2013 una manifestazione in piazza Montecitorio per difendere la legge n. 68 del 1999 e il diritto al lavoro delle persone disabili che dalla citata legge è sancito;
   oggetto della protesta è la possibilità di sospensione degli obblighi di assunzione per le pubbliche amministrazioni previsti dalla legge; la richiesta di sospensione è stata rivolta dall'Inps al dipartimento della funzione pubblica, che il 22 maggio ha risposto con nota n. 23580 nella quale si affermava che l'obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette, con l'eccezione della disciplina relativa ai centralinisti non vedenti, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano posti disponibili nella dotazione organica e, a fortiori ratione, laddove presentino posizioni soprannumerari;
   secondo la nota del dipartimento della funzione pubblica non solo è possibile sospendere le assunzioni obbligatorie, ma addirittura è vietato effettuarne, qualora si sia in presenza di soprannumerarietà, eventuali assunzioni, anche di categorie protette;
   la nota del dipartimento della funzione pubblica, afferma che nuove assunzioni, oltre a violare il principio generale del divieto di assumere, in presenza di posti disponibili nella dotazione organica, andrebbero ad alimentare la soprannumerarietà o le eccedenze, producendo, a fronte dell'occupazione di una categoria protetta, il rischio della perdita del posto di lavoro del personale già di ruolo che si determinerebbe quale possibile conseguenza della dichiarazione di esubero e di messa in disponibilità;
   il Comitato genitori giovani disabili psichici ha denunciato la gravità delle conseguenze di quanto previsto nel parere, che prescinde anche dalla copertura delle quote di legge;
   la sospensione dell'obbligo di copertura delle quote, stando a quanto affermato dal Comitato dei giovani disabili psichici, prevista dal dipartimento della funzione pubblica non tiene in alcun conto l'attuale contesto segnato da una crisi economica, che già di per sé rappresenta ulteriore elemento di marginalità per cittadini che versano in una condizione di difficoltà;
   proprio tenendo conto del contesto economico e sociale ma anche della ricaduta pesante nei confronti di cittadini che in particolare hanno il diritto costituzionale al lavoro del quale la legge n. 68 del 1999 si fa interprete è necessario rivedere la sospensione dell'obbligo che viene avallata dalla nota del dipartimento della funzione pubblica n. 23580 del 22 maggio 2013 –:
   se non ritengano necessario ed urgente procedere al ritiro della nota del dipartimento della funzione pubblica n. 23580 del 22 maggio 2013;
   quali siano i motivi che hanno portato a redigere la nota del dipartimento della funzione pubblica n. 23580 che con tutta evidenza contrasta con quanto stabilito dalla legge n. 68 del 1999 in materia di assunzione di soggetti appartenenti a categorie protette;
   quale sia lo stato di attuazione della legge n. 68 del 1999, quali siano i dati aggiornati relativi alle assunzioni di soggetti appartenenti a categorie protette a livello nazionale suddivisi a livello regionale e comunale, indicando quante assunzioni si riferiscano a pubbliche amministrazioni e quante a datori di lavoro privati;
   se non ritengano che, a fronte di un intervento di carattere burocratico con la redazione di una nota riguardante l'assunzione di soggetti appartenenti a categorie protette, non sarebbe stata auspicabile la convocazione delle associazioni di categorie protette al fine di informarle e affrontare la questione in maniera corretta, invece di procedere con atti burocratici che incidono sulla vita di migliaia di persone disabili e sul loro diritto al lavoro. (4-01150)


   DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in tema di visite mediche di controllo domiciliare del tutto di recente l'INPS ha operato cospicui tagli motivandoli con la necessità di ottemperare al «decreto Monti» sulla spending review;
   il dibattito, che ne è conseguito, ha messo in rilievo che una tale operazione pur inducendo un «risparmio» lineare immediato rischia di aprire fronti di spesa maggiore per la malattia e avallare comportamenti poco trasparenti nel mondo del lavoro;
   una delle soluzioni proposte tese a ripristinare adeguati livelli di controllo è la creazione del cosiddetto polo unico di medicina fiscale (o, meglio, di controllo) per razionalizzare ed efficientare le visite mediche di controllo: esso accentrerebbe la funzione del controllo della malattia in un'unica gestione sotto l'egida dell'INPS sia perché in tale Istituto si sono accorpate le funzioni previdenziali sia del settore pubblico che di quello privato; sia perché, fin dagli anni ottanta, ad esso sono afferiti medici che, iscritti nelle liste speciali ivi costituitesi, hanno operato nel contenimento dell'assenteismo, con ottimi risultati;
   inoltre, l'INPS ha del tutto di recente realizzato ulteriori applicativi che consentono oggi la completa telematizzazione del flusso;
   È intervenuta, infatti:
    a) la completa automatizzazione mediante l'utilizzo da parte dei medici di lista dell'Inps di valigette informatiche che consentono la visualizzazione giornaliera delle visite mediche assegnate e la redazione degli appositi verbali da trasmettere anche in tempo reale, sempre telematicamente, all'Istituto per i conseguenti adempimenti;
    b) l'assegnazione delle visite mediche di controllo richieste dai datori di lavoro o disposte d'ufficio – attraverso l'intervento del data mining, «sistema informatico esperto» capace di individuare, applicando appositi filtri e sulla base di un indicatore di probabilità, i soggetti da sottoporre a visita per verificare la sussistenza dello stato di incapacità temporanea al lavoro o la congruità della prognosi indicata nel certificato;
   c) l'ottimizzazione di tempi e costi, mediante un applicativo denominato SAVIO;
   tali strumenti garantiscono quella assoluta trasparenza e oggettività all'intero processo, realizzando quanto persino previsto dallo statuto dei lavoratori, che rendono il corpo dei medici di controllo, INPS del tutto «terzi» anche se affiliati all'Istituto;
   agli interroganti risulta che, in proposito, sia stato istituito un tavolo tecnico presso l'Istituto con le organizzazioni sindacali rappresentative della categoria dei medici di lista per organizzare tale proposta:
   il progetto del polo unico della medicina fiscale, come già in passato proposto da una delle sigle sindacali più rappresentative della categoria presenta, a detta degli interroganti, degli indiscussi vantaggi. Tra questi, a titolo meramente indicativo e non esaustivo, si possono identificare i seguenti:
    1) Qualità dei controlli. A partire da una univoca regia manageriale a cura dell'INPS – che si giova di atti regolamentari a valenza nazionale (circolari e modus operandi) – la maggior qualità dei controlli si sostanzia in uno standard operativo consolidato, i cui capisaldi sono a) certezza dell'esecuzione degli incarichi affidati; b) livelli di provvedimenti idoneativi oscillanti dal 20 per cento al 50 per cento in alcune aeree geografiche a fronte del 4 per cento mediamente fornito dalle ASL; c) completezza e rigore dell'atto medico puntualmente annotato nel verbale telematico, codificato mediante ICD9-CM, controllato dalla supervisione degli uffici medici INPS;
    2) Scelta appropriata delle visite mediche di controllo domiciliare nel pubblico. La possibilità per le U.O.C./U.O.S.T. di vedere la diagnosi – oggi oscurata – e l'uso del data mining per la scelta delle visite mediche di controllo da espletare sui lavoratori pubblici consentirebbe di usare metodi di scelta rapportati non solo ai comportamenti dei lavoratori ma all'effettiva tipologia della malattia;
    3) Uniformità dei controlli e di giudizio per tutti i lavoratori. Attraverso l'applicazione sia nel privato che nel pubblico della stessa omogenea metodologia, maturata in un'esperienza oramai ultra ventennale, si può garantire un'omogeneità applicativa territoriale altrimenti impensabile;
    4) Razionalizzazione della spesa: l'impatto economico del costo della riorganizzazione sarebbe sicuramente inferiore alla somma di quanto lo Stato stanzia, attraverso i vari organi preposti ai controlli, con consistente risparmio per riduzione del costo della singola visita;
   essa si realizzerebbe con il passaggio da una retribuzione a prestazione (come è ora) ad una retribuzione oraria del medico fiscale, fissando la disponibilità del singolo medico in 36/38 ore settimanali da modulare in un'articolazione generalmente di sei ore quotidiane con opportune turnazioni per i festivi e prefestivi, secondo le esigenze funzionali di INPS tenuto conto delle esigenze personali dei singoli da regolare mediante apposita convenzione che fissi tra l'altro criteri di garanzia fra le parti;
    con tale progetto si porrebbe fine al precariato di questi professionisti in questo momento così duramente colpiti dalle ricadute della spending review, garantendo loro continuità del rapporto e consentirebbe di ridurre fino al 50 per cento il costo della singola prestazione con un notevole risparmio anche da parte delle aziende che potrebbero così concorrere in maniera determinante alla lotta agli abusi;
   in particolare, un orario garantito e sufficientemente ampio è in grado di offrire maggiore flessibilità a diversificate esigenze come l'incremento dei controlli, la durata di singoli accertamenti, la possibilità di rivedere i lavoratori con prognosi lunghe, studi e approfondimenti epidemiologici a supporto delle U.O.C./U.O.S.T. dell'INPS;
   inoltre, sarebbe possibile predeterminare il costo della visita, con innegabile semplificazione delle procedure di fatturazione e riscossione delle stesse da parte dell'Inps e ulteriore risparmio del personale a tale funzione dedicato –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a questo progetto e se, nelle more dell’iter parlamentare necessario all'approvazione di provvedimenti ad hoc, non ritenga, alla luce anche dei risparmi che questo progetto comporterà nel futuro, di reperire delle risorse o assumere iniziative al fine di far dirottare da subito verso l'Inps tutte le richieste delle visite fiscali nella pubblica amministrazione in modo da consentire ai medici fiscali di detto Istituto di poter avere per i prossimi mesi un compenso sufficiente a poter onorare i loro impegni. (4-01153)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   GIGLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'avvicinarsi dell'avvio della sperimentazione del metodo Stamina è stato pubblicato dalla rivista Nature un nuovo editoriale nel quale vengono avanzati pesanti dubbi sull'efficacia della tecnica proposta dalla Fondazione Stamina per la cura delle più svariate malattie degenerative con le cellule staminali mesenchimali;
   la rivista Nature rivela, infatti, che una foto inviata dalla Fondazione Stamina di Davide Vannoni all'ufficio brevetti americano non sarebbe originale, ma proverrebbe anzi da un esperimento pubblicato da scienziati ucraini nel 2003 sulla rivista russa e firmato dalla ricercatrice Elena Schegelskaya;
   inoltre, anche un'altra delle immagini allegate da Stamina, riguardante la differenziazione in senso neurale delle cellule staminali mesenchimali sarebbe frutto di plagio. Analoghi dubbi furono avanzati dall'ufficio brevetti americano e furono causa della richiesta di chiarimenti alla quale Stamina rispose rinunciando alla pratica per il brevetto;
   autorevoli scienziati italiani, alcuni dei quali auditi in Commissione XII, hanno richiesto di bloccare la sperimentazione del Metodo Vannoni, anche per evitare lo sperpero di un importante finanziamento pubblico;
   sarebbe opportuno l'avvio di accertamenti sugli ospedali bresciani che hanno consentito finora le terapie con il metodo Stamina rimettendo alla magistratura ordinaria la documentazione per le valutazioni del caso –:
   se non ritenga opportuno verificare se il plagio riportato dalla prestigiosa rivista scientifica sia reale e, in tal caso, quali urgenti iniziative intenda porre in essere per provvedere alla sospensione della sperimentazione. (3-00182)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata di martedì 2 luglio scorso, si è alzata la protesta, da parte di cittadini di Lamezia Terme e dei rappresentanti delle amministrazioni locali, dinanzi l'ospedale di Lamezia Terme, contro la paventata chiusura del centro di terapia intensiva neonatale (TIN), una vera eccellenza nella sanità calabrese, istituita, tra le prime in Calabria, negli anni settanta e dotata di moderne attrezzature per la diagnosi e la cura dei neonati critici (prematuro, di basso peso, con patologie respiratorie o chirurgica toraco-addominale, malformato, e altro); un reparto rinomato sia per la presenza di ottimo personale medico sia per la posizione baricentrica dello stesso rispetto al resto della Calabria;
   la soppressione della terapia intensiva neonatale comporterebbe inevitabilmente un depotenziamento dell'intero settore maternità, poiché la mancanza della terapia intensiva ha causato in passato e potrebbe causare in futuro spiacevoli conseguenze per la salute dei neonati bisognosi di cure;
   tale decisione rientra nell'attuazione del piano di rientro del disavanzo della spesa sanitaria della regione Calabria, così come deciso dal governatore della regione Giuseppe Scopelliti in qualità di commissario ad acta del suddetto piano;
   l'ospedale «Giovanni Paolo II» di Lamezia Terme, a seguito dei continui tagli alla sanità, ha già visto soppresse diverse unità operative storiche e la «decapitazione» di reparti esistenti con conseguente riduzione dei posti letto; tale situazione costringe i cittadini a recarsi, anche per un banale intervento, in altri centri ospedalieri con conseguenti disagi per le persone bisognose di cure;
   unanimi sono state le prese di posizione da parte di tutti gli esponenti politici e amministratori locali, contro l'eventuale chiusura di un servizio essenziale nel contesto dell'offerta di una struttura ospedaliera che produrrà solo risibili risparmi e comporterà, per converso, nel breve e nel lungo periodo, un deterioramento qualitativo di un sistema sanitario regionale già fragile e che mette sempre più a rischio la salute dei cittadini costretti a subire sempre maggiori disservizi;
   l'interrogante già con altro atto ispettivo presentato nei mesi scorsi, che ancora attende una risposta, aveva scongiurato la chiusura del reparto di terapia intensiva neonatale ritenendolo un atto non comprensibile e che solleva molti dubbi sulla sua ricaduta sociale e sui benefìci in termini di maggiore efficienza dei servizi sanitari e di integrazione della rete ospedaliera. L'eventuale chiusura recherebbe gravi disagi alle famiglie sia economici sia sociali considerate anche le condizioni orografiche e di viabilità della regione Calabria –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno dover celermente intervenire anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario al fine di poter assicurare ai cittadini di Lamezia Terme e dei territori circostanti la copertura del servizio di terapia intensiva neonatale, evitando la conseguente chiusura del reparto e garantendo i livelli essenziali di assistenza, già messi in Calabria abbondantemente a dura prova. (5-00534)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il calvario del maresciallo Marco Diana, ex granatiere di Sardegna, è iniziato nel 1998, anno in cui è stato dichiarato grande invalido militare;
   il 14 agosto 1998, infatti, gli fu diagnosticato il carcinoma endocrino di classe A e da quel giorno è iniziata la sua difficile battaglia, non solo umana per combattere la malattia, ma soprattutto giudiziaria per ottenere il riconoscimento dello stato di invalidità per causa di servizio;
   solo dopo numerosi ricorsi gli venne finalmente riconosciuta, quale causa scatenante della grave patologia tumorale, l'esposizione a sostanze dannose per il corpo umano, come l'uranio impoverito, con cui il maresciallo Diana sarebbe venuto a contatto proprio durante le missioni di pace condotte all'estero e, conseguentemente, dichiarato «grande invalido militare»;
   a seguito del riconoscimento giudiziale del suo diritto, gli veniva altresì riconosciuto il diritto di ricevere, con costi a carico del servizio sanitario, la delicata terapia cui è, a tutt'oggi, sottoposto;
   dal mese di giugno 2012 la terapia prescritta, indispensabile per poter restare in vita, sarebbe stata inspiegabilmente interrotta e la ASL n. 7 di Carbonia-Iglesias, da cui è seguito in regime di assistenza domiciliare integrata, avrebbe smesso di fornire regolarmente e nel rispetto del piano terapeutico le medicine;
   tale mancanza sarebbe giustificata dalla sopravvenuta incapacità da parte di suddetta Asl di sostenere, o sarebbe più corretto dire anticipare, i costi delle cure mediche, che, in realtà, sono a totale carico dei Ministeri della salute e della difesa;
   a tutt'oggi, nonostante la vicenda rivesta carattere di urgenza la ASL n. 7 non avrebbe provveduto a consegnare i farmaci necessari, lasciando scoperto il paziente e costringendolo, addirittura, a mettere in vendita la propria abitazione al fine di fare fronte alle cure mediche, senza le quali non potrebbe vivere più di quindici giorni;
   tale inqualificabile comportamento della ASL n. 7 ha portato a un aggravamento delle condizioni fisiche e psicologiche del maresciallo Diana;
   inoltre, nonostante l'assicurazione da parte del Ministero della difesa della totale copertura finanziaria e assistenza vita natural durante, Marco Diana non sarebbe riuscito ancora ad ottenere il rimborso delle spese mediche da egli sostenute per le cure a cui si sottopone;
   come se ciò non bastasse, il maresciallo Diana avrebbe ricevuto due lettere, entrambe datate 5 giugno 2013, dal Ministero della difesa: una gli comunica che la direzione generale della previdenza militare (Previmil) avrebbe richiesto un parere tecnico-sanitario all'Ispettorato generale della sanità militare (Igesan) per poter procedere al rilascio dell'autorizzazione al rimborso delle spese sanitarie; nella seconda si attesta di aver acquisito il suddetto parere tecnico-sanitario e si chiede al dipartimento militare di medicina legale di Cagliari di voler sottoporre il sottufficiale Marco Diana a visita specialistica al fine di poter aggiornare le condizioni di salute del predetto compilando «la relazione in cui si attesti la necessità delle prestazioni sanitarie richieste per la cura dell'infermità riconosciuta, che la stessa non possa essere effettuata in idonea struttura sanitaria militare, la sussistenza del nesso di causalità tra la patologia riconosciuta dipendente da causa di servizio e le terapie richieste, e infine la sussistenza della necessità di un assistenza continuativa, anche specialistica»;
   se la richiesta di nuovi accertamenti corrispondesse al vero, tale circostanza sarebbe oltremodo sorprendente e sicuramente contraddittoria, posto che fin dal 4 marzo del 2004 un provvedimento ministeriale ha riconosciuto il maresciallo Marco Diana «infermo per causa di servizio in modo definitivo a vita con possibilità solo di peggioramento»;
   il maresciallo Diana ha dedicato la sua vita alla difesa del Paese, proprio quel Paese che oggi, nel momento del bisogno, sembra voltargli le spalle per quelli che sembrerebbero essere secondo l'interrogante solo futili cavilli burocratici;
   i numerosi appelli e mobilitazioni pubbliche di quanti stanno tentando di sensibilizzare le istituzioni pubbliche sono caduti nel vuoto –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, ritenuta la gravità e urgenza degli stessi, quali provvedimenti intendano adottare per garantire nell'immediato al maresciallo Diana tutta l'assistenza e le cure di cui necessita fino alla conclusione della propria vita, nonché come intendano procedere affinché si indaghi sulle sostanze mutagene e cancerogene, a causa delle quali ogni giorno i nostri militari rischiano di ammalarsi. (4-01143)


   DI VITA, BARONI, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE, MANTERO, CECCONI, LUIGI DI MAIO, LUIGI GALLO, VACCA, DE ROSA, SIMONE VALENTE, BRESCIA, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, PINNA, TERZONI, VIGNAROLI, FRACCARO, TONINELLI, SIBILIA, TOFALO, MANLIO DI STEFANO, D'INCÀ, MANNINO, DAGA, ZOLEZZI, SEGONI, DA VILLA, DI BENEDETTO, DE LORENZIS e FICO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la piaga dei rifiuti in Campania è questione ormai nota a tutti da tempo;
   la pratica criminale di smaltire o riciclare i rifiuti speciali bruciandoli va infatti avanti da molti, troppi anni;
   il fenomeno è documentato quotidianamente ed è stato più volte denunciato a ogni istituzione politica e giudiziaria;
   sono trascorsi diversi anni senza che nulla sia realmente cambiato;
   a partire dal 1994, passando attraverso periodi di maggiore o minore criticità, i rifiuti solidi urbani in Campania non vengono raccolti regolarmente e si accumulano, in assenza di una seria politica di smaltimento;
   il risultato è la presenza per le strade della regione, ed in particolare dei comuni delle province di Napoli e Caserta (la cosiddetta «Terra dei fuochi»), tra i quali ad esempio Acerra, Giugliano e Capodrise, di cumuli disordinati e malsani di rifiuti che creano gravi rischi igienico-sanitari per le popolazioni locali, oltre a diversi problemi di ordine pubblico;
   quando poi i rifiuti sono dati alle fiamme da cittadini esasperati, ma molto più spesso dalla stessa malavita che in questo modo tenta di far perdere le tracce dei rifiuti tossici in essi celati, si verificano pericolose emissioni di diossina e casi di intossicazione;
   nella zona colpita dal fenomeno si registra un aumento del 12 per cento di neoplasie al pancreas, ai polmoni e ai dotti biliari, con una significativa incidenza nelle donne;
   le discariche abusive e gli incendi di rifiuti, soprattutto nelle campagne del casertano, hanno creato gravi danni alla salute della popolazione locale e alla salubrità delle produzioni agroalimentari. Per questo motivo, la vendita di prodotti caseari della Campania è diminuita significativamente, non solo in Italia ma anche all'estero, dove si preferisce non importare questi alimenti a causa dell'elevato rischio igienico-sanitario;
   gli effetti sulla salute di cui si è appena detto sono già stati verificati da studi epidemiologici compiuti nel recente passato;
   fin dal 2004 la protezione civile ha commissionato uno studio scientifico sulle conseguenze sanitarie della mancata gestione dei rifiuti in Campania ad un équipe di specialisti provenienti dall'Organizzazione mondiale della sanità, dal Centro europeo ambiente e salute, dall'Istituto superiore di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche, dall'Osservatorio epidemiologico della regione Campania e dall'Agenzia regionale per la protezione ambiente;
   l'analisi dei dati epidemiologici raccolti tra il 1995 e il 2002 ha consentito ai ricercatori di mettere in diretta correlazione i problemi osservati sulla salute pubblica con la mancata gestione del ciclo dei rifiuti urbani e con la presenza di discariche abusive, gestite dalla criminalità organizzata, dove sono stati versati enormi quantitativi di rifiuti industriali, provenienti prevalentemente dall'Italia settentrionale e talvolta dall'estero;
   in particolare, è stato misurato un aumento del 9 per cento della mortalità maschile e del 12 per cento di quella femminile, nonché l'84 per cento in più dei tumori del polmone e dello stomaco, linfomi e sarcomi, e malformazioni congenite;
   in merito al problema, pochi giorni fa, è intervenuta anche il Ministro interrogato, rilasciando dichiarazioni discutibili, subito ritrattate, in cui affermava che la causa dei tanti decessi per tumore era da ricercare nell'errato stile di vita dei cittadini campani;
   il Ministro interrogato ha provveduto a conferire l'incarico all'istituto superiore di sanità di «effettuare un'ulteriore valutazione epidemiologica nelle zone della regione Campania interessate da smaltimento abusivo di rifiuti per verificare con metodologie scientifiche l'eventuale associazione con patologie acute o croniche»;
   il Ministro interrogato ha, altresì, testualmente dichiarato: «Non possiamo più permetterci sospetti e ombre», come se la questione fosse nuova alle istituzioni o si fosse inconsapevoli del fenomeno nella sua interezza, quando per converso interventi concreti avrebbero già da tempo dovuto essere posti in essere;
   le suddette dichiarazioni hanno comprensibilmente creato una sollevazione popolare, visto che proprio in questi giorni è morto, per tumore, un bambino di 8 anni di Capodrise, caso vuole proprio nel cuore della terra dei fuochi;
   è improbabile che un bambino di soli 8 anni avesse avuto il tempo di assumere un malsano stile di vita, a meno che non si voglia pensare che i genitori del piccolo gli imponessero un regime alimentare del tutto scorretto o che lo obbligassero a fumare e/o a bere alcoolici;
   la percentuale elevatissima di tumori e neoplasie nella zona non può essere frutto di una mera coincidenza;
   ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione è dovere dello Stato garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, inclusi quelli campani;
   la speculazione criminale nel campo dello smaltimento dei rifiuti è un dato di fatto indiscutibile e non può essere ignorato;
   la Campania, già martoriata da innumerevoli altre emergenze, sta subendo un danno gravissimo alla propria immagine e conseguentemente alla propria economia;
   gli studi già compiuti sono autorevoli e fin troppo numerosi; ognuno di essi peraltro richiede una spesa non indifferente –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno:
    a) adottare iniziative urgenti e immediatamente efficaci a tutela della salute dei cittadini campani, passando dalla politica degli studi alle azioni concrete;
    b) avviare ulteriori iniziative, di concerto con gli altri Ministri competenti, al fine intervenire con maggiore rigore ed efficacia e contrastare i fenomeni criminali che ruotano attorno al business dei rifiuti;
    c) assumere le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, al fine di istituire un registro nazionale dei tumori allo scopo di monitorare e contrastare efficacemente il fenomeno suddetto.
(4-01146)


   BOSSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la bozza definitiva del nuovo atto aziendale dell'ASL Napoli 3 sud prevedrebbe la scomparsa dell'unità operativa complessa (UOC) di neonatologia e terapia sub-intensiva per neonati e prima infanzia dell'ospedale di Castellammare di Stabia, che verrebbe così declassata ad unità operativa semplice (UOS), con riduzione dei posti letto da otto a sei unità. Nello stesso tempo il piano prevederebbe la creazione ex novo di una UOS di terapia intensiva neonatale (TIN) presso l'ospedale di Nola con otto posti letto;
   da oltre dieci anni la neonatologia di Castellammare di Stabia assiste neonati con patologie complesse, accettando, tra l'altro, piccoli pazienti trasferiti da tutti i punti nascita della regione Campania tramite il trasporto neonatale; nell'ultimo anno ha esteso le sue competenze anche al lattante critico, attraverso posti letto di terapia subintensiva a questi dedicati. Il reparto assiste circa 900 nuovi nati l'anno, oltre a circa 300 ricoveri di patologia neonatale e della prima infanzia, servendo un territorio privo di centri di patologia neonatale e/o di terapie intensive neonatali, nonostante siano presenti nella zona numerosi punti nascita pubblici e privati (tra i più produttivi: l'ospedale di Vico Equense, la casa di cura Maria Rosaria di Pompei, la casa di cura Villa Stabia di Castellammare di Stabia, la casa di cura Santa Maria la Bruna di Torre del Greco, la casa di cura Santa Lucia di San Giuseppe Vesuviano), con un numero di nati/anno che supera le 5000 unità;
   il reparto di neonatologia di Castellammare di Stabia è dotato di sofisticate e moderne attrezzature, oltre a personale con competenze specifiche e pertanto, con limitati interventi strutturali, potrebbe facilmente assurgere al ruolo di terapia intensiva neonatale;
   di contro l'ospedale di Nola ha una unità operativa complessa di pediatria e neonatologia dove vengono trattati neonati sani o con patologie minime, che non è aperto ai trasferimenti tramite il trasporto neonatale, e che dà assistenza ad un reparto di ostetricia e ginecologia con un numero di nati che non supera i 500 l'anno. Inoltre il nosocomio nolano ha personale medico senza un'adeguata o pregressa esperienza per una terapia intensiva neonatale, e che quindi andrebbe formato, oltre ad essere completamente privo di attrezzature e spazi idonei. Come se non bastasse, a poca distanza opera una struttura ospedaliera, Villa Betania che oltre a registrare un numero di parti prossimo ai 2000 l'anno, è dotata di una delle più accorsate terapie intensive neonatali della regione Campania;
   nel dicembre 2010 la Conferenza Stato-regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano ha dato il via libera al piano del Ministro pro tempore Fazio per la chiusura dei reparti di maternità che effettuano meno di 500 parti l'anno (e la riduzione di quelli che ne effettuano meno di 1000), come appunto nel caso dell'ospedale di Nola, che invece l'atto aziendale dell'ASL NA 3 SUD vorrebbe paradossalmente potenziare;
   gli standard previsti dalla Conferenza unificata Stato-regioni, nell'accordo del 16 dicembre 2010, prevedono che un'unità operativa di terapia intensiva neonatale sia realizzata quando è presente nella stessa struttura ospedaliera una unità operativa di ostetricia di II livello che effettui un numero di parti l'anno superiore a 1000, su un bacino di utenza, comprensivo delle strutture di I livello afferenti, corrispondente ad almeno 5000 parti l'anno. Tali requisiti sono legati, oltre che al numero di parti e al bacino di utenza, anche alla presenza, nella stessa struttura, di discipline specialistiche in numero e con intensità di cura più elevati. Il numero dei posti letto va così calcolato: terapia intensiva: 1/750 nati/anno del bacino d'utenza; terapia sub-intensiva: 2 per ogni letto di intensiva. Sempre lo stesso accordo prevede la razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno rendendo ancora più stringenti le norme già previste dal piano di rientro del servizio sanitario regionale del 2007, che prevedeva la disattivazione dei punti nascita nel caso in cui non si raggiunga il valore di 500 parti in un anno; pertanto, per il rispetto di questi standard, è la neonatologia dell'ospedale di Castellammare di Stabia che andrebbe potenziata;
   nel febbraio 2012 la Camera ha approvato una risoluzione a seguito del dibattito sulla relazione sui punti nascita presentata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali presieduta dall'onorevole Leoluca Orlando;
   in data 22 gennaio 2013 è stata approvata la relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali presieduta dall'onorevole Antonio Palagiano, che riportava: «Considerato che la Campania è ancora una regione con un alto tasso di natalità, il decreto del Commissario ad acta per la sanità n. 49 del 2010 ha provveduto a riprogrammare il numero di posti letto pubblici portandolo a 158 unità (di cui il 50 per cento da destinare alla terapia subintensiva) e collocandoli, di norma, nelle aziende ospedaliere e nei presidi del III livello dell'emergenza. Una riconsiderazione della distribuzione dei posti letto sul territorio ha messo in luce una carenza di offerta in alcuni territori ed in particolare in quello della ASL Napoli 3 Sud, ove tale disciplina è del tutto assente sia nei posti letto pubblici che privati. È in corso di adozione un provvedimento che integri la dotazione programmata di tali posti letto nelle aree ove è maggiore la carenza di offerta»;
   non si comprende secondo quali criteri sia stato scelto l'ospedale di Nola per destinarvi una terapia intensiva neonatale, essendo un'operazione che riguarda un punto nascita con numeri che ne giustificherebbero addirittura la chiusura, in un territorio già ben servito dalla vicina terapia intensiva neonatale di Villa Betania. Oltretutto, i costi di realizzazione sarebbero di gran lunga superiori rispetto alla localizzazione su Castellammare di Stabia, dovendosi creare ex novo un reparto, sia in termini di personale (almeno 30 infermieri e 9 medici con formazione specifica), che di struttura e di attrezzature. Per contro la trasformazione dell'UOC di neonatologia in TIN a Castellammare di Stabia richiederebbe un investimento limitato ad adeguamenti strutturali, reclutamento di 3 unità mediche e 6 infermieristiche e tutto questo in un reparto che per intensità e qualità di cure prestate è già, di fatto, una terapia intensiva neonatale –:
   se e quali iniziative intenda promuovere, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, al fine di impedire che siano disattesi i criteri stabiliti in seno alla Conferenza Stato-regioni, privando il comprensorio Penisola Sorrentina-Castellammare di Stabia-Torre del Greco di una UOC di neonatologia e terapia sub-intensiva che serve un bacino d'utenza di oltre un milione di abitanti con oltre 5000 nascite l'anno. (4-01148)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Natuzzi, azienda italiana leader nella produzione di divani, ha presentato il nuovo piano industriale di riorganizzazione del gruppo che prevede la mobilità per 1.726 dipendenti a partire dalla fine della cassa integrazione straordinaria, prevista per ottobre 2013, e la chiusura degli stabilimenti di Ginosa in provincia di Taranto, di Jesce 1 e La Martella a Matera;
   l'annunciata chiusura di ben tre stabilimenti e la messa in mobilità di oltre 1.700 dipendenti non può che destare preoccupazione e allarme in un territorio, quale quello del distretto del mobile imbottito, già provato da crisi ripetute;
   il distretto del salotto dell'area murgiana di Puglia e Basilicata, che negli anni si è trasformato da settore manifatturiero in comparto industriale conquistando una posizione di prestigio tra i distretti industriali italiani, ha visto, difatti, negli ultimi anni calare le aziende del settore da 520 dei primi anni del 2000 a 100 nel 2012, mentre gli addetti sono scesi da 14.000 a soli 6.000, di cui circa 4.500 rivenienti dalle attività del gruppo Natuzzi;
   la crisi senza precedenti che sta attraversando il settore è dovuta essenzialmente agli effetti dei mercati emergenti in termini di costi di produzione ed alla maggiore difficoltà di penetrazione dei mercati internazionali da parte delle imprese del distretto murgiano;
   occorre considerare l'urgenza della crisi produttiva che incrocia una crisi sociale devastante per migliaia di famiglie;
   la suddetta crisi ricade in un territorio come quello meridionale che sta assistendo allo smantellamento del suo sistema produttivo;
   è necessario, quindi, avviare un serrato confronto con la dirigenza aziendale, le organizzazioni sindacali e la regione Basilicata al fine di scongiurare la chiusura degli stabilimenti di Ginosa e Matera e individuare le opportune strade per un rilancio produttivo del gruppo –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione denunciata in premessa;
   quali iniziative intendano assumere per scongiurare la chiusura degli stabilimenti di Ginosa e Matera del gruppo Natuzzi e garantire i livelli occupazionali;
   se ritengano necessario avviare un confronto con i vertici aziendali, la regione Basilicata, le parti sociali e le organizzazioni sindacali al fine di individuare la migliore soluzione possibile per i dipendenti e il territorio. (3-00180)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 11-bis del decreto-legge n. 179 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge n. 221, 17 dicembre 2012) (Credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno) stabilisce che: «al fine di migliorare l'offerta legale di opere dell'ingegno mediante le reti di comunicazione elettronica, è riconosciuto un credito d'imposta del 25 per cento dei costi sostenuti, nel rispetto dei limiti della regola de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali;
   la legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) al comma 479 dell'articolo 1, prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2013, per la copertura delle risorse necessarie, l'aumento dell'aliquota del PREU (prelievo erariale unico) relativo alle slot machines tecnicamente definite «VLT», nella misura dello 0,5 per cento;
   tale aumento di aliquota è realizzato con un provvedimento normativo (e non con un semplice decreto direttoriale) cronologicamente successivo e finanziariamente molto più ingente rispetto alla previsione di cui al citato articolo 11-bis;
   la nuova aliquota comporta un incremento della misura del PREU ampiamente congrua rispetto alla previsione di copertura indicata nel citato articolo 11-bis, in ordine al quale non sussiste la necessità dell'assunzione di ulteriori provvedimenti volti all'acquisizione all'erario delle somme necessarie per la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione delle misure di incentivazione all'offerta legale on line di opere dell'ingegno digitali;
   allo stato attuale, pertanto, non mancano decreti attuativi, non mancano le risorse, ma non si riesce a partire con un'azione molto importante per il decollo dei contenuti digitali, un'area strategica per l'industria culturale italiana. Ritardi che rischiano di essere fortemente penalizzanti per il settore della produzione e anche per le start up innovative italiane che in tale settore si stanno iniziando a muovere –:
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per rendere fruibile questa agevolazione da parte degli operatori del settore. (5-00529)


   BENAMATI e BASSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il VEGA, acronimo di vettore europeo di generazione avanzata, è un vettore operativo, sviluppato in collaborazione dall'Agenzia spaziale italiana (ASI) e l'Agenzia spaziale europea (ESA) per il lancio in orbita di piccoli satelliti;
   lo sviluppo tecnico è stato affidato all'azienda italiana ELV, una società partecipata al 70 per cento dall'Avio e al 30 per cento dall'ASI;
   il progetto è stato avviato nel 1998 e l'Italia risulta il maggior finanziatore e sviluppatore del programma con una quota del 65 per cento, seguono la Francia (12,43 per cento), il Belgio (5,63 per cento), la Spagna (5 per cento), l'Olanda (3,5 per cento) e infine con quote minori la Svizzera (1,34 per cento) e la Svezia (0,8 per cento);
   il costo del programma ad oggi si aggira sui settecento milioni di euro;
   il consiglio di amministrazione di ELV, in cui il presidente è di espressione ASI e l'amministratore delegato di espressione AVIO, deve rieleggere il proprio presidente;
   la Società AVIO, inoltre, sembrerebbe avere in animo di cedere la controllata ELV ed in ogni caso è essa stessa in fase di cessione da parte della proprietà che ad oggi ha già alienato il ramo di azienda motori alla General Electric;
   AVIO è controllata per il 14 per cento da Finmeccanica e per l'81 per cento dalla britannica Cinven;
   ad oggi AVIO sembra avere, da notizie stampa, diversi possibili acquirenti con almeno 5 offerte preliminari: tra i gruppi interessati ci sarebbero, sempre da notizie di stampa, le francesi Safran e Thales, il colosso EADS, un gruppo tedesco e uno nordamericano;
   non sono ad oggi chiare le intenzioni di Finmeccanica;
   è indubbio che sia AVIO che ELV rappresentano soggetti importanti e strategici nel panorama delle attività aerospaziali italiane –:
   se quanto riportato risponda al vero e quali indicazioni il Governo abbia eventualmente dato a Finmeccanica, di cui è azionista di riferimento, in merito ad AVIO (e di conseguenza ELV) e cosa intenda fare il Governo per rafforzare il settore aerospaziale in Italia. (5-00532)


   SENALDI, MOSCA e RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Alcatel-Lucent Italia impiega nel nostro Paese 1928 dipendenti di cui 600 nel campo della ricerca e dello sviluppo delle reti di trasmissione ottica, reti di trasmissione wireless, sistema di gestione delle reti fotoniche di nuova generazione indispensabili per l'implementazione della banda larga ed extra larga in Italia e nel mondo;
   Alcatel-Lucent Italia ha guidato l'affermazione di Alcatel-Lucent tra i leader mondiali delle reti ottiche, permettendo al gruppo di posizionarsi anche nel 2011 come secondo fornitore mondiale di apparati per reti ottiche;
   a gennaio 2012 l'azienda aveva comunicato un esubero di 490 lavoratori a seguito della decisione della multinazionale di interrompere lo sviluppo degli apparati ottici in Italia, spostando l'attività in Nord America;
   a seguito dell'intervento diretto del Ministro dello sviluppo economico pro tempore Passera nei confronti del CEO di Alcatel-Lucent Italia nel giugno 2012 e della forte mobilitazione dei lavoratori, è stato sottoscritto un accordo presso il Ministero dello sviluppo economico che ha portato ad una significativa riduzione degli esuberi anche in vista di un rilancio dell'attività di Alcatel-Lucent Italia in previsione della realizzazione di «Agenda digitale»;
   ad oggi l'azienda non ha dato corso all'accordo, non presentando un piano industriale di rilancio e le nuove attività di ricerca e sviluppo che si era impegnata a portare nel nostro paese anzi ha continuato il trasferimento delle attività delle reti ottiche in Nord America;
   il nuovo piano di rilancio «Shift Plan» presentato a giugno del 2013 dal nuovo CEO Michel Combes, prevede ulteriori disinvestimenti sulle attività di ricerca e sviluppo attualmente presenti in Italia ed ulteriori razionalizzazioni nelle attività di supporto, vendite e amministrative;
   in questa situazione le prospettive di lavoro di centinaia di persone sono messe in seria discussione dalle scelte dell'azienda, generando incertezza e forti preoccupazioni nella vita tante famiglie nonché la ricaduta di pesanti costi sociali sullo Stato e sugli enti locali del territorio;
   esiste il rischio concreto di perdere competenze di prim'ordine in un settore strategico nello sviluppo del Paese, oltre che ad incrementare il numero già preoccupante di disoccupati nel nostro Paese –:
   quali siano le informazioni in possesso del Governo in merito;
   come si intenda sostenere questo settore chiave per il Paese attraverso il piano di sviluppo di «Agenda digitale»;
   quando sia previsto l'incontro tra il Ministro dello sviluppo economico Zanonato e il nuovo CEO di Alcatel-Lucent, Michel Combes, per verificare la volontà dell'azienda di continuare ad investire nel nostro Paese in un settore ad alta tecnologia e con prospettiva di sviluppo a partire dagli impegni industriali che l'azienda si era assunta nell'accordo del giugno 2012;
   se, in caso l'azienda non rispettasse l'accordo del giugno 2012 e continuasse a disinvestire in Italia fino a portare all'impoverimento delle competenze presenti nel sito di Vimercate ed alla cancellazione nei fatti delle attività di ricerca e sviluppo reti ottiche nel nostro Paese, quali siano le proposte e le soluzioni che il Governo, di concerto con la proprietà aziendale, intende mettere in campo per garantire l'occupazione ed il mantenimento di un polo di tecnologia avanzata nel nostro Paese. (5-00537)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Cenni e altri n. 1-00015, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Amoddio.

  La mozione Ginefra e altri n. 1-00134, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castricone.

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza Lombardi n. 2-00094, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Grillo.

  L'interpellanza urgente Villarosa e Lombardi n. 2-00130, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Uva.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-00181, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gnecchi, Quartapelle Procopio.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta scritta Naccarato e altri n. 4-01124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2013: è stata ritirata la firma del deputato Narduolo.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Baroni n. 4-00901 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 35 del 18 giugno 2013. Alla pagina 2325, dalla riga quarantatreesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «mosso di casa, né tanto meno è «emigrato» chissa dove, quindi per strani e incomprensibili motivi, gli» e non «mosso di casa, né tanto meno è «emigrato» chissa dove, quindi per strani, gli», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta De Lorenzis e altri n. 4-01117 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 45 del 3 luglio 2013. Alla pagina 2931, prima colonna, dalla seconda alla terza riga deve leggersi: «DE LORENZIS, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DELL'ORCO.» e non «DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DELL'ORCO.», come stampato.