Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 giugno 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il Piano di azione per la logistica del trasporto merci (EC, 2007d), l'attività economica dipende dall'efficienza della logistica per la fornitura dei materiali all'industria e per la mobilità delle merci lungo la catena di approvvigionamento fino a raggiungere il consumatore finale;
    il Vicepresidente della Commissione europea e Commissario responsabile per i trasporti, Siim Kallas, ha dichiarato: «I trasporti sono fondamentali per un'economia efficiente nell'Unione europea, ma oggi mancano collegamenti vitali. Le ferrovie europee hanno 7 scartamenti diversi e solo 20 dei nostri principali aeroporti e 35 dei principali porti sono collegati direttamente alla rete ferroviaria. Senza collegamenti efficienti, l'Europa non può né crescere né prosperare»;
    la rete di trasporti unificata (la rete TEN-T) dovrà eliminare le strozzature, ammodernare le infrastrutture e snellire le operazioni transfrontaliere di trasporto per passeggeri e imprese in tutta l'Unione europea, migliorando i collegamenti fra i diversi modi di trasporto e contribuendo agli obiettivi dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici attraverso la riduzione delle emissioni di anidride carbonica dei trasporti;
    mentre, infatti, molti settori hanno fatto registrare una riduzione delle emissioni di anidride carbonica, per quanto riguarda i trasporti la percentuale è aumentata costantemente. Per raggiungere l'obiettivo europeo che prevede di ridurre le emissioni di anidride carbonica dell'80 per cento entro il 2050 rispetto al 1990, il consumo di petrolio nel settore dei trasporti dovrà ridursi di circa il 70 per cento rispetto a quello attuale;
    nella nuova geografia infrastrutturale europea delle linee direttrici della TEN-T, presentata il 19 ottobre 2011 dalla Commissione europea, l'Italia ha ottenuto 4 corridoi su 10, tra i quali il corridoio mediterraneo che da Algeciras, nella zona dello Stretto di Gibilterra, raggiunge Budapest-Zahony (confine ucraino) e al cui interno è previsto il completamento dell'alta velocità Torino-Lione;
    la linea Tav Torino-Lione incrocerà la direzione nord-sud con il corridoio 6 Genova-Rotterdam (che porterà le merci trasportate via mare nel bacino del Mediterraneo al cuore dell'Europa) ed il corridoio 5 Helsinki-La Valletta (che attraverserà l'Italia dal Brennero passando per Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, dove si biforca verso Bari e la Sicilia);
    per portare lavoro in Italia si deve, da un lato, creare un clima favorevole e facilitante, dall'altro reperire lavoro dove è possibile e, fra i modi possibili, la vecchia regola di Keynes di creare domanda e, quindi, lavoro, con la spesa pubblica, in particolare con gli investimenti in infrastrutture, è quella più adottata da tutti i Paesi che vogliono rimettere in moto l'economia;
    in questo contesto, una grande opera pubblica già finanziata come il collegamento ferroviario Torino/Lione rappresenta un'opportunità unica, i cui grandi vantaggi strategici sarebbero, tra l'altro, i seguenti:
     a) il collegamento ferroviario transalpino aiuterà l'Italia, isolata dalla barriera delle Alpi, a mettersi in comunicazione, ad avvicinarsi alla Mitteleuropa, condividendone la lingua e la cultura e sviluppando al tempo stesso il senso di appartenenza all'Europa;
     b) il citato collegamento produrrebbe l'occupazione pressoché immediata di almeno 1.000 persone dirette, più almeno altre 1.000 indirette per 10 anni, ed aiuterebbe le attività ricettive della Val di Susa, che soffrono una crisi pesante da molti anni, offrendo servizi alberghieri a questi lavoratori;
     c) tale opera risponderebbe ad una precisa strategia europea, risalente al 1996, di integrare i Paesi appartenenti alla comunità, realizzando un sistema ferroviario ad alta velocità, così creando il presupposto per il suo sviluppo economico. Il corridoio est-ovest, di cui la Torino-Lione è un'essenziale componente, è uno degli assi più importanti di questa integrazione ed interrompere il corridoio in corso d'opera sarebbe un grave danno non solo per il nostro Paese, ma anche per l'Europa, oltre che un incredibile spreco delle risorse impiegate sino adesso;
     d) il collegamento ferroviario Torino-Lione ridurrebbe da 7 a 4 le ore necessarie per andare da Milano a Parigi; incrementerebbe la capacità di trasporto delle merci da 1050 tonnellate a 2050 tonnellate per ogni treno, con costi di esercizio quasi dimezzati, in quanto la nuova linea avrà pendenze massime del 10/12 per mille, contro le attuali 30 per mille, per cui non si trasporteranno più persone e merci a ben 1.250 metri di altitudine, con un conseguente enorme risparmio di energia ed una grande riduzione di emissioni inquinanti;
     e) inoltre, tale opera ridurrebbe drasticamente il numero di camion che attraversano su strada il delicato ambiente alpino: si stima che si possa arrivare a 600/700 mila camion in meno per anno;
     f) in conclusione, tale progetto permetterebbe, finalmente, di guardare al futuro con coraggio, come avvenne a metà ’800, quando fu progettato e realizzato il traforo ferroviario del Frejus, entrato in esercizio nel 1871, o quando fu aperto quello del Sempione o quando ancora, negli anni ’60, furono completati quelli del Monte Bianco e del S. Bernardo. Ma soprattutto quando, a fine anni ’50, si iniziò a realizzare la rete autostradale italiana per collegare il Nord con il Sud, ponendo il nostro Paese in una posizione di lungimiranza, avanguardia, orgoglio e, soprattutto, di esempio rispetto all'intera Europa;
    è necessario avviare le opere di riqualificazione nei territori delle comunità locali interessate dalla Tav. Si tratta essenzialmente di opere edili per un importo pari al 5 per cento della spesa totale, che, oltre a dar fiato alla più sofferente delle attività economiche, quella delle costruzioni, possono rappresentare un'occasione unica per rimodernare le infrastrutture ed i servizi locali e creare così il presupposto di nuova cultura, di nuove attività imprenditoriali, nuovi servizi e nuovo turismo;
    mentre è opportuno mantenere aperto il dialogo con le istituzioni locali e i movimenti associativi, sia in quanto espressione di una volontà popolare che per il fatto che hanno avuto un ruolo positivo nello stimolare una revisione del progetto, migliorandolo, nel modificare il tracciato, nel raccomandare la tutela della salute e dell'ambiente o nel mettere in guardia il Governo e la società appaltante dai tentativi della criminalità organizzata di inserirsi negli appalti, bisogna essere inflessibili nel condannare ed ostacolare il tentativo di una piccola minoranza che, per finalità eversive, continua a commettere atti di violenza nei confronti delle persone e dei cantieri di un'opera voluta fortemente dall'Unione europea, approvata da un Governo delle larghe intese e da una larga maggioranza del Parlamento,

impegna il Governo:

   a dar seguito agli impegni già assunti sia in sede internazionale sia con l'approvazione, nella XVI legislatura, di mozioni da parte del Parlamento e a dare definitivamente corso al progetto appena saranno certi i finanziamenti europei, nel rigoroso rispetto del cronoprogramma e dell'aderenza del preventivo ai costi consuntivi dell'opera;
   a proseguire nel dialogo costruttivo con il territorio e con le sue espressioni istituzionali ed associative e, al tempo stesso, a ribadire con forza la propria intolleranza a qualsiasi atto intimidatorio o violento nei confronti del personale e delle strutture nei cantieri interessati da parte dell'area antagonista;
   ad assicurare la realizzazione delle opere di riqualificazione dei comuni che insistono sul territorio interessato dall'opera, garantendo l'erogazione delle risorse necessarie e affiancando i comuni nella redazione di un piano strategico di ripresa economica, anche attraverso il superamento del patto di stabilità.
(1-00066) «Vitelli, Balduzzi, Rabino, Monchiero, Oliaro, Vecchio, Galgano, Schirò Planeta, Molea, Rossi, Causin, Caruso».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito di un partecipato ed approfondito dibattito parlamentare, il 28 maggio 2013, la Camera dei deputati con voto favorevole dei presenti, espresso all'unanimità, ha approvato il progetto di legge parlamentare recante ratifica della «Convenzione del Consiglio d'Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica» (Convenzione del Consiglio d'Europa fatta a Istanbul l'11 maggio 2011);
    nel corso del dibattito parlamentare sono stati approvati dal Governo ordini del giorno volti ad adottare, in tempi brevi, misure legislative e di altro tipo, necessarie ad attuare quanto previsto nella Convenzione di Istanbul;
    la Convenzione di Istanbul elenca tra le varie gravi forme di violenza, la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze ed il principale ostacolo al raggiungimento della parità dei sessi,

impegna il Governo:

   ad adottare, sostenere ed accelerare ogni iniziativa normativa, nazionale ed internazionale, volta a recepire nell'ordinamento interno, con i necessari passaggi parlamentari e in coordinamento con le forme di protezione internazionale già recepite per effetto di altri trattati e atti comunitari, quanto contenuto nella Convenzione d'Istanbul nel rispetto dello spirito della stessa, che si fonda sulle linee guida necessarie ad un'efficace lotta alla violenza contro le donne, ovvero prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio e integrazione delle singole politiche;
   ad adottare, altresì, tutte le misure di carattere amministrativo idonee a promuovere una cultura che renda effettivo il pieno riconoscimento dei diritti umani delle donne, la loro dignità, libertà ed uguaglianza;
   a promuovere, in questo quadro, ogni azione di contrasto a persecuzioni, violenza contro le donne, le bambine e i bambini e contro il femminicidio;
   a predisporre e attuare un nuovo Piano nazionale contro la violenza, le molestie, gli atti persecutori, i maltrattamenti sulle donne, fondato sulla prevenzione, protezione e certezza della pena;
   ad istituire in tempi rapidi un Osservatorio permanente nazionale nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza, provenienti dai vari Ministeri coinvolti, dall'Istat, dai centri antiviolenza e da istituzioni pubbliche e private;
   ad introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici progetti e corsi di educazione all'affettività e alle relazioni nonché a promuovere e sostenere, nelle università, studi di genere, con risorse adeguate;
   a favorire una corretta formazione di operatori sanitari, sociali, del diritto, dell'informazione e delle forze dell'ordine al fine di assicurare alla vittima aiuto e supporto adeguati;
   a promuovere campagne di sensibilizzazione, numeri verdi, numeri di pubblica utilità in diverse lingue;
   ad adottare le opportune iniziative volte a promuovere, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni di radio e televisione, nei nuovi media, anche attraverso metodologie di autoregolamentazione, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere o femminicidio;
   a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, prevedendo un'organica risposta a livello territoriale, che coinvolga associazioni, centri antiviolenza, reti, movimenti ed istituzioni al fine di rendere omogenee l'assistenza e la protezione delle donne e dei loro figli, anche mediante la destinazione di immobili o porzioni di immobili pubblici in tutto o in parte inutilizzati;
   a favorire, in questo quadro, la collaborazione e la cooperazione tra i soggetti pubblici e privasti (pronto soccorso, sportelli, forze dell'ordine, associazioni, servizi sociali e comunali, uffici giudiziari) e promuovere, su tutto il territorio nazionale in accordo con la Conferenza Stato-regioni, un sistema pubblico integrato di servizi, che assicuri anche la presenza di mediatori culturali a tutela delle donne di altri Paesi;
   a riconsiderare e rivisitare la legislazione vigente – anche attraverso la disposizione di apposite indagini conoscitive – in particolare per il femminicidio, al fine di individuare idonei strumenti di protezione e assistenza delle vittime e condizioni di procedibilità dei reati, garantendo celerità nei processi ed effettività della pena;
   ad individuare un'assistenza specifica per i minori, che siano state vittime, dirette o indirette dei fenomeni di persecuzione e di violenza;
   a ripristinare ed implementare il fondo a sostegno del Piano nazionale di azione contro la violenza sulle donne in ogni forma ed espressione;
   a presentare alle Camere annualmente una relazione sullo stato di attuazione del nuovo Piano nazionale antiviolenza, delle normative e del dati elaborati dall'Osservatorio.
(1-00067) «Speranza, Binetti, Brunetta, Locatelli, Migliore, Mucci, Rondini, Giorgia Meloni, Blazina, Malisani, Capelli, Tabacci».


   La Camera,
   premesso che:
    la Torino-Lione è un'opera indispensabile per l'Europa e per il futuro: è del tutto infondata la tesi di chi sostiene che questa sarebbe un'opera del passato, concepita venti anni fa e non più attuale per i profondi cambiamenti nel frattempo intervenuti (il ruolo di internet, la globalizzazione, la crisi economico-finanziaria). Infatti, è solo di un anno e mezzo fa, il 19 ottobre 2011, la presentazione da parte della Commissione europea della nuova rete delle 10 dorsali di trasporto prioritarie dell'intero continente a 27 Paesi: il core network Europe che collega i capoluoghi metropolitani, connette i porti, elimina le barriere fisiche (come le Alpi e i Pirenei), consente il riequilibrio modale per i passeggeri e le merci contribuendo agli obiettivi dell'Unione europea per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. In questo aggiornatissimo quadro di priorità, con opere realizzabili tutte entro il 2030 (17.500 chilometri di ferrovie ad alta velocità/alta capacità operative entro quella data), c’è la Torino-Lione (finanziabile dall'Europa fino al 40 per cento a fondo perduto), che è la tratta cruciale del corridoio n. 3 detto «mediterraneo» (Algeciras – Madrid – Sevilla – Valencia – Tarragona – Barcelona – Perpignan – Lyon – Torino – Milano – Venezia – Ljubljana – Budapest –);
    la linea storica non è più competitiva. Chi sostiene che la galleria del Fréjus esistente sarebbe tuttora adeguata e sufficiente forse ignora che quel tunnel è ancora quello di Cavour: è il più vecchio delle Alpi (progettato nel 1856 ed inaugurato nel 1871), il più alto (1286 metri di quota), il più penalizzante (con pendenze del 32 per mille) ed il più angusto (interasse tra i binari di 341 centimetri contro il minimo di oggi di 355 centimetri). I lavori di adeguamento, ultimati nel 2011 (dopo anni di esercizio a senso unico alternato con i traffici passati su altri itinerari più competitivi), consentono, per qualche anno ancora, un servizio (penalizzato) in attesa del nuovo tunnel di base, ma non eliminano certo i problemi di fondo della linea storica, che sono l'eccessiva pendenza ed il ridotto modulo ferroviario (due motrici, lunghezza massima 550 metri, carico massimo 1.150 tonnellate); per questo il trasporto delle merci attraverso il tunnel storico del Frejus costa quasi il 50 per cento in più e non è certo un caso che tutti gli altri valichi ferroviari alpini si stiano rinnovando con tunnel di base alla quota di pianura (Loetschberg, Gottardo, Ceneri, Koralm, Brennero): il treno è competitivo quando va in pianura e l'unico modo per farlo andare in pianura dove ci sono le montagne è forare le montagne alla quota di pianura, ovvero fare il «tunnel di base»;
    l'interscambio economico sull'asse è forte, l'offerta attuale non intercetta la domanda: chi pensa che l'interscambio economico tra l'Italia e l'ovest europeo (in particolare Francia, Spagna, Inghilterra) non motivi l'opera, forse ignora che quell'interscambio è secondo solo a quello con l'area tedesca ed è in crescita nonostante la crisi: nel 2011 gli scambi sono stati dell'ordine di 150 miliardi di euro, che salgono a 204 considerando anche gli altri Paesi di potenziale gravitazione sulla Torino-Lione (Portogallo, Belgio e Paesi Bassi). Se si considerano le relazioni commerciali dirette con la sola Francia, persino nel 2012 le esportazioni sono aumentate del 3 per cento e non si tratta di beni immateriali, ma di autoveicoli, macchinari industriali, abbigliamento, metalli, articoli in materie plastiche, medicinali e preparati farmaceutici: tutti prodotti che non viaggiano su internet, ma su strade, ferrovie, navi o aerei (con i relativi diversi impatti sull'ambiente). Il volume complessivo del traffico merci con la Francia nel 2011 è stato di 42 milioni di tonnellate, superiore a quello che è transitato per la Svizzera (40 milioni di tonnellate). Peraltro, la Confederazione elvetica aveva deciso di realizzare (a proprie spese e senza compartecipazione finanziaria di altri Stati, né, ovviamente, dell'Europa) ben due tunnel di base fin dal 1996 quando il traffico totale delle merci (su gomma e su ferro) attraverso il suo territorio era di soli 22,7 milioni di tonnellate (circa la metà di quello oggi presente fra Italia e Francia). Quindi si può dire che il traffico merci complessivo con la Francia c’è ed è importante: ciò che è in grave crisi è, però, la modalità ferroviaria, che rappresenta appena il 9 per cento del totale, perché non c’è un'infrastruttura adeguata ed un'offerta di servizio ferroviario efficiente e competitivo; il confronto con l'esempio svizzero è illuminante: lì il traffico ferroviario è in aumento, rappresenta il 64 per cento del totale ed intercetta una parte crescente di quello del Fréjus, pur imponendo maggiori percorrenze (per Parigi circa 200 chilometri in più);
    i costi di realizzazione dell'opera per l'Italia sono contenuti: i costi della sezione transfrontaliera della Torino-Lione (con il tunnel di base) assommano a 8,2 miliardi di euro, ma con il cofinanziamento al 65 per cento di Europa e Francia, l'onere per l'Italia è di 2,8 miliardi di euro in 10 anni; si tratta di un impegno finanziario sostenibile, inferiore a quello di varie altre opere già previste (senza contestazione alcuna) e che in genere non hanno valenza internazionale (ad esempio, la Napoli-Bari costa più del doppio); il costo/chilometro del nuovo tunnel di base del Frejus è del tutto in linea con quello delle analoghe gallerie svizzere e del Brennero. Per contro l'abbandono unilaterale del progetto da parte dell'Italia comporterebbe un onere di oltre un miliardo di euro: infatti, la Torino-Lione è stata finanziata nel 2003 dall'Unione europea ed è oggetto di accordi internazionali con la Francia; la sospensione, modifica o estinzione unilaterale di tali accordi comporterebbe certamente per l'Italia il risarcimento delle spese sostenute dalla Francia e, prevedibilmente, il rimborso dei finanziamenti ricevuti dall'Unione europea. A questo danno finanziario, pari quasi alla metà del valore dell'opera a carico dell'Italia (senza un solo posto di lavoro creato e senza considerare la perdita d'immagine internazionale del Paese), bisognerebbe aggiungere quello del mancato adeguamento dell'infrastruttura costretta a restare, anche per il futuro, quella di un passato risorgimentale, certamente glorioso, ma ovviamente non più in grado di garantire capacità competitiva nei decenni a venire. Senza la nuova linea si aggraverebbe ulteriormente il gap logistico nazionale, dovuto principalmente alle carenze infrastrutturali che penalizzano l'intero sistema industriale italiano e, in termini di costi, ciò vale circa 6-8 punti percentuali rispetto agli altri competitori europei (la logistica incide per il 24 per cento in Italia contro il 16-18 per cento in Francia/Germania). Il recupero di un solo punto percentuale di questo gap logistico vale, in un anno, circa 2 miliardi di euro, una somma quasi equivalente al costo totale dell'investimento a carico dell'Italia per la realizzazione del tunnel di base del Frejus. Se poi si tiene conto che Rhone-Alpes e Piemonte sono due delle più importanti aree manifatturiere d'Europa e che Lione e Torino sono due delle «capitali» dell'euroregione Alp-Med (con quasi 20 milioni di abitanti, 1,8 milioni di imprese e 540 miliardi di euro di prodotto interno lordo) si comprende l'importanza di una linea ferroviaria moderna per passeggeri e merci attraverso le Alpi;
    la Torino Lione rispetta e valorizza il territorio: il progetto definitivo della nuova linea Torino-Lione è radicalmente diverso da quello contestato nel 2005 dalle comunità locali della Valle di Susa. L'Osservatorio tecnico, lavorando con tutti i comuni disponibili al confronto, con le associazioni datoriali, i sindacati e molti esperti nazionali ed internazionali, ha cambiato del tutto il tracciato, le caratteristiche dell'opera e dei cantieri, che sono ripensati come veri e propri stabilimenti industriali con le lavorazioni al chiuso; è stato previsto l'uso esclusivo del treno per le movimentazioni dei materiali di scavo e senza campi base per gli operai, che, anziché vivere nei container, si avvarranno del sistema ricettivo alberghiero esistente in Valle (o recuperando immobili in disuso) e dell'offerta di ristorazione del territorio (circa 3 milioni di pernottamenti e 10 milioni di pasti). Inoltre, la realizzazione della stazione internazionale passeggeri di Susa, frutto di un concorso di architettura vinto dall’équipe giapponese di Kengo Kuma (che ha visto la partecipazione di grandi firme della progettazione da tutto il mondo) colloca la Valle di Susa (e le stazioni sciistiche delle montagne olimpiche direttamente collegate con navette) sulla rete primaria TEN-T, raggiungibile col treno in poche ore dalle principali capitali europee. La nuova opera rappresenta anche un importante intervento anticongiunturale in un territorio duramente colpito dalla crisi economica: 1.000 posti di lavoro diretto nei cantieri per 10 anni (ed almeno 2/3.000 nell'indotto), con un effetto che può valere quasi un punto di prodotto interno lordo regionale, consolidando, inoltre, nel tempo 150/200 posti di lavoro permanenti a Susa (per la gestione tecnica della linea), oltre a quelli della sede operativa del promotore a Torino. Anche le compensazioni previste dalla «legge obiettivo», anziché essere parcellizzate in singole trattative con gli enti locali, finanziano un progetto unitario, denominato «Smart Susa Valley», per il complessivo rilancio e la competitività del territorio, partendo dalla connettività infotelematica, dall'energia, dal riassetto idrogeologico e del recupero del patrimonio pubblico (soprattutto le scuole);
    il progetto della nuova linea è assolutamente realistico e sarà attuato per fasi: il progetto preliminare è stato studiato per tutti i quasi 300 chilometri dell'intera nuova linea da Torino a Lione, per poter essere sicuri che risultino fattibili tutte le opere eventualmente necessarie anche nel tempo lungo, in Italia come in Francia, nel caso che lo sviluppo dei traffici lo possa richiedere; tuttavia, è chiaro che non tutto deve essere fatto subito perché la linea storica non presenta le stesse criticità ovunque: ci sono tratte di pianura a buono standard e tratte di montagna con handicap inemendabili; su queste ultime criticità si è concentrato il progetto definitivo con una rigorosa selezione delle priorità per ridurre al minimo gli interventi in valle e per rendere l'opera compatibile con le risorse finanziarie effettivamente disponibili. A questo proposito va ricordato che la legge di stabilità approvata a fine 2012 ha già stanziato 2,940 miliardi di euro per la copertura dell'intero importo della sezione transfrontaliera. Nella prima fase si realizza, dunque, l'opera-chiave, il tunnel di base, da Susa a Saint Jean de Maurienne, lungo 57 chilometri (come il Gottardo, quasi ultimato, e come il Brennero, in costruzione); questa galleria che è per quasi tre quarti in territorio francese (45 chilometri) e solo per un quarto in Italia (12 chilometri) – si ricorda che nel 2014/2015 verrà completato nella stessa valle, nella stessa montagna, con la stessa tecnologia il raddoppio della galleria autostradale del Frejus lungo quasi 13 chilometri, il cui scavo non sta producendo alcuna contestazione né segnalazioni di presunte devastazioni ambientali, come accade invece per il tunnel ferroviario e per il quale occorrerà operare un reale contingentamento del valore del traffico merci ai dati attuali – trasforma la linea di montagna in una linea di pianura; contestualmente, il progetto sistema la piana di Susa utilizzando e riqualificando aree già compromesse (autoporto e pista guida sicura), raccordandosi poi alla tratta più performante della linea esistente; in questa successiva tratta pianeggiante, da Bussoleno ad Avigliana, infatti si prevede di utilizzare, per un lungo periodo (oltre il 2035) la linea storica fino alla saturazione della sua capacità (come peraltro da sempre richiesto dal territorio); intanto si prevedono i necessari interventi sul nodo di Torino e la trasformazione del vecchio scalo ferroviario di Orbassano in una moderna piattaforma logistica. Questo progetto consente, altresì, l'attivazione del sistema ferroviario metropolitano, la cui «linea 3» (che utilizza la ferrovia storica) costituisce una vera e propria «metropolitana di valle» che collega i comuni montani tra loro e con l'area metropolitana torinese;
    sono garantiti trasparenza, legalità e controllo dei costi: la ricorrente preoccupazione sul rischio che la Torino-Lione in Italia possa costare più che in Francia è «tecnicamente» escluso, in quanto c’è un unico soggetto (il promotore, società di diritto francese), che bandisce le gare in entrambi i Paesi sulla base degli stessi capitolati e degli stessi elenchi prezzi; ogni atto è, inoltre, sottoposto al controllo delle Corti dei conti di Italia, Francia ed Europa, essendo tre i soggetti che concorrono al finanziamento delle opere; infine, contro il rischio di infiltrazioni mafiose è attivo, da più di un anno, un monitoraggio (continuo e penetrante) da parte del GITAV (il Gruppo interforze Tav costituito dalla direzione investigativa antimafia e da tutte le strutture dello Stato preposte al contrasto della criminalità organizzata). Le garanzie per la manodopera sono rafforzate anche da un protocollo siglato dalle organizzazioni sindacali nazionali, regionali e provinciali, con l'impresa e con la prefettura e già operante nel cantiere della galleria geognostica a Chiomonte;
    la ferrovia è una scelta di grande valore ambientale: la Torino-Lione serve all'economia e rispetta il territorio, ma, attraverso il riequilibrio modale, è anche una formidabile leva per migliorare l'ambiente, specialmente in un contesto delicato come quello alpino: una tonnellata trasportata da un treno moderno per 300 chilometri produce meno del 20 per cento dell'anidride carbonica prodotta dall'equivalente trasporto su strada e costa la metà; l'obiettivo, quindi, è quello di trasferire su ferro il 55 per cento dei volumi trasportati verso la Francia (oggi sono meno dell'8 per cento); il rapporto Uic (International union of railways) del 2007 calcola che lo spostamento di un quarto delle unità di trasporto da aria e strada verso la ferrovia nel 2020 consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 21 per cento (vale a dire una quota superiore all'obiettivo dell'Unione europea - «piano 20-20-20»). Intanto l'analisi costi-benefici della Torino-Lione dimostra una riduzione ogni anno di emissioni di anidride carbonica pari alla produzione complessiva di anidride carbonica di una città di circa trecentomila abitanti;
    per fare impresa e competere su scala mondiale al nostro Paese servono nuove infrastrutture ferroviarie, congiuntamente a politiche di intermodalità gomma-ferro con incentivi a favore del ferro: solo così si può pensare a modernizzare il nostro Paese rilanciando il suo sviluppo economico. Occorre un impegno straordinario di tutti i cittadini, degli imprenditori, dei lavoratori e delle istituzioni locali che non si rassegnano al declino per chiedere al Governo e al Parlamento coerenza di indirizzo e determinazione operativa in tutti gli atti, in Italia ed in Europa, che consentono la realizzazione dell'opera, cominciando dalla ratifica dell'accordo del 30 gennaio 2012 tra Italia e Francia,

impegna il Governo:

   a ribadire l'importanza strategica della nuova linea ferroviaria Torino- Lione, sottolineando che il nuovo progetto è frutto di anni di confronto con le amministrazioni del territorio;
   a perpetuare una politica del trasporto che incentivi il trasporto delle merci sul ferro;
   a continuare a monitorare lo svolgimento dei lavori, continuando a coinvolgere le comunità locali;
   ad assumere tutte le iniziative economiche e normative che garantiscano la fattibilità dell'opera, con particolare attenzione ai comuni che sono sede di cantiere, tenendo conto di quanto previsto dal piano strategico del territorio interessato dalla direttrice Torino-Lione, dall'accordo Stato-regione del 28 giugno 2008 (cosiddetto accordo di Pracatinat), dall'atto aggiuntivo del 23 giugno 2009, nonché dalla mozione parlamentare n. 1-00980 approvata pressoché all'unanimità alla Camera dei deputati il 29 marzo 2012;
   a dare piena attuazione all'accordo Italia-Francia, firmato a Roma il 30 gennaio 2012, per la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, anche mediante la presentazione del relativo disegno di legge di ratifica.
(1-00068) «Speranza, Fregolent, De Micheli, Giacomelli, Grassi, Martella, Velo, De Maria, Rosato, Bellanova, Garavini, Pollastrini, Mauri, Borghi, D'Ottavio, Tullo, Fiorio, Damiano, Nardella, Martelli, Bobba, Taricco, Paola Bragantini, Boccuzzi, Bargero, Giorgis, Manfredi, Patriarca, Rossomando, Bonifazi, Bonomo».


   La Camera,
   premesso che:
    la Tav è un'opera di essenziale importanza per il territorio, che, tuttavia, potrà trarne beneficio solo se essa sarà in grado di garantire degli effetti positivi diretti ed indiretti sulla popolazione, in termini di salute e vivibilità del territorio, soprattutto nella fase di cantierizzazione, e in termini di opere di compensazione unite ad un monitoraggio costante delle condizioni ambientali e idrogeologiche;
    il Governo, la regione Piemonte, la provincia e la città di Torino hanno ribadito il proprio impegno per la realizzazione del progetto dell'alta velocità in Valle di Susa, tratto essenziale del «corridoio mediterraneo», che l'Unione europea ha inserito tra le dieci priorità infrastrutturali strategiche;
    la nuova linea ferroviaria Torino-Lione è, infatti, compresa nell'ex corridoio europeo 5, ora corridoio mediterraneo, ed inserita nel progetto prioritario n. 6 «Asse ferroviario Lione-Trieste-Divaca/Capodistria-Divaca-Lubiana-Budapest-frontiera ucraina», che prevede la realizzazione della sezione transfrontaliera della tratta compresa tra Saint-Jean de Maurienne in Francia e l'intorno di Susa-Bussoleno, in Italia;
    inoltre, la linea è conforme al progetto di una rete ferroviaria unica europea, che, con linee più efficienti e prive di strozzature, persegue il miglioramento degli scambi e il riequilibrio modale dei trasporti, nell'ottica dell'obiettivo dell'Unione europea di attuare il 30 per cento del trasporto merci su rotaia entro il 2030 ed il 50 per cento entro il 2050;
    la realizzazione della nuova tratta ferroviaria costituisce una certezza di riequilibrio modale del traffico dell'arco alpino occidentale, gravato nell'ultimo decennio da un transito medio costante di 2,81 milioni di tir l'anno, e potrà garantire un rinnovato traffico passeggeri, oggi fortemente penalizzato dalla concorrenza aerea, estremamente più energivora e inquinante, a causa dei lunghi tempi di percorrenza;
    a compimento del tunnel e delle opere sul versante francese (ipotizzate per il 2035) la nuova linea consentirebbe di percorrere i circa 250 chilometri da Torino a Lione;
    la realizzazione dell'opera comporterà diverse ricadute positive dal punto di vista infrastrutturale, ambientale ed occupazionale, quali, ad esempio, il dimezzamento dei tempi di percorrenza per i passeggeri (da Torino a Chambery si passa da 152 minuti a 73; da Parigi a Milano da 7 a 4 ore), l'incremento della capacità nel trasporto merci (portata da 1.050 a 2.050 tonnellate e lunghezza fino a 750 metri per treno) con costi di esercizio inferiori di circa il 50 per cento, la sensibile riduzione, grazie al miglioramento del trasporto su ferro, del numero di camion su strada (circa 600.000 all'anno) nel delicato ambiente alpino, e relativa diminuzione degli incidenti stradali e delle emissioni da mezzi su gomma, nonché un incremento occupazionale quantificabile in circa 2.000 unità per tutta la durata dei cantieri e altre 4.000 occupazioni indirette;
    il Governo, la regione Piemonte, la provincia e la città di Torino devono riconoscere le esigenze del territorio e delle comunità locali a che ciascun intervento eseguito sia effettuato nel rispetto del decoro, della tutela delle popolazioni, della tutela dei suoli e della salvaguardia dei beni immateriali e che siano previste misure di compensazione ambientale, di ripristino e di messa in sicurezza dei territori;
    il 28 maggio 2013, presso la sede dell'assessorato ai trasporti ed alle infrastrutture della regione Piemonte, ha avuto luogo la prima conferenza di servizi inerente al progetto definitivo dell'opera, redatto dal general contractor, la società Lyon Turin ferroviaire (LTF), e presentato, in quella sede, a tutti gli enti coinvolti;
    di recente, alcuni importanti avvenimenti istituzionali hanno imposto una decisa accelerazione al percorso per la realizzazione dell'opera, sia sotto il profilo burocratico, tramite l'insediamento di una task force governativa, insediata per volontà del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e comprendente esponenti del Governo nazionale, della regione Piemonte, della provincia di Torino, della città di Torino, nonché dei comuni di Susa, Chiomonte e Bussoleno, sia sotto il profilo economico, attraverso le seguenti iniziative: la visita del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 23 maggio 2013 presso il cantiere in località Chiomonte, volta a certificare e garantire maggiormente alle comunità locali il forte impegno del Governo nazionale rispetto al valore strategico dell'opera; la stesura di un pacchetto di interventi immediatamente cantierabili strettamente connessi ai territori interessati dai lavori, discusso con i sindaci dei comuni interessati nell'ambito di un costruttivo dialogo, valutato nella sua conformità e già autorizzato dalla competente struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che possono contare sin da oggi su una copertura finanziaria pari a dieci milioni di euro;
    questo pacchetto di interventi è già stato integrato con una seconda griglia di progetti, della quale il Governo ha già preso atto il 31 maggio 2013, per la quale si prevede una copertura pari a 32 milioni di euro;
    il piano strategico è stato superato dalla definizione puntuale del progetto Smart Susa Valley che, ad oggi, si è tradotto nella redazione dei primi due stralci di opere di accompagnamento alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione del valore complessivo di 42 milioni di euro, con il primo finanziamento da parte del Cipe pari a dieci milioni di euro, deliberato in data 31 maggio 2013, da erogarsi per una quota pari a 2 milioni di euro nel 2013 e, per una quota pari a 8 milioni di euro, nel 2014, realizzando un anticipo di due anni rispetto alla precedente programmazione che intendeva concludersi nel 2016,

impegna il Governo:

   ad intensificare le visite sul territorio interessato, programmando, a latere, riunioni e conferenze stampa che informino sullo stato di avanzamento dei lavori, sulle eventuali nuove iniziative in corso, sullo stato di realizzazione delle opere di compensazione e sui monitoraggi dei rilievi ambientali e geomorfologici;
   ad assumere iniziative normative urgenti finalizzate alla deroga dal patto di stabilità per i comuni e la provincia interessati alla realizzazione delle opere di compensazione alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione e, in una fase successiva, alla valutazione della zona a burocrazia zero (zona franca) per la porzione di territorio insistente sulla tratta internazionale;
   nell'ambito delle opere di compensazione, a prevedere le modalità per garantire il mantenimento di un congruo livello di qualità della vita per le popolazioni interessate dall'edificazione dell'opera, nel rispetto di criteri anche di estetica, affinché si realizzi una riqualificazione del territorio che sappia anche contemperare le due vocazioni essenziali di quei territori, quella turistica e quella agricola;
   a tal fine, a promuovere l'istituzione di un organismo di monitoraggio e controllo legato alla comunicazione e condivisione sullo stato di avanzamento lavori che metta in relazione i comuni del territorio con il Governo e la regione Piemonte;
   a sottoporre la stesura dei progetti delle opere direttamente cantierizzabili al parere preventivo, non vincolante, dei consigli comunali dei territori interessati;
   ad aggiornare, di concerto con la regione Piemonte, il primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro e conseguenzialmente a finanziare la realizzazione delle stazioni del nodo di Torino di Dora e Zappata e l'acquisizione di nuovo materiale rotabile;
   a finanziare il secondo stralcio delle opere di compensazione di cui il Cipe, come citato, ha preso atto in data 31 maggio 2013.
(1-00069) «Giorgia Meloni, Nastri, Rampelli, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Taglialatela, Totaro».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VII e XI,
   premesso che:
    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto decreto sulla spending review, all'articolo 14, relativo alla «Riduzione delle spese di personale», prevede:
     1) al comma 13 che: «Il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, (...) transita nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico (...)»;
     2) al comma 14 che: «Il personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 e C555, (...) transita nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico in base al titolo di studio posseduto. (...)»;
     3) al comma 15 che: «Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle finanze, (...) sono stabiliti i criteri e le procedure per l'attuazione dei commi 13 e 14»;
    in conseguenza di ciò, il precedente Governo ha elaborato un decreto attuativo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Profumo, in attesa di adozione definitiva;
    quanto disposto dal suddetto decreto danneggia significativamente la funzionalità degli istituti scolastici e l'utilizzo di un corretto e adeguato servizio scolastico da parte degli alunni e delle rispettive famiglie nelle scuole di ogni ordine e grado, oltre ovviamente a penalizzare il personale docente permanentemente inidoneo, gli insegnanti tecnico-pratici delle classi di concorso C555 e C999, i quali saranno, in conseguenza dell'adottando decreto interministeriale, dirottati sui ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA);
    con il decreto suddetto, gli standard di funzionalità di tutti gli uffici scolastici, in particolare quelli delle segreterie alle quali si rivolgono gli alunni e le rispettive famiglie per l'acquisizione degli adeguati e completi servizi scolastici, saranno senz'altro compromessi dalla diminuzione di personale formato ed esperto nelle procedure amministrative, finanziarie e organizzative gestite dalle scuole per l'attuazione dell'offerta formativa con un danno rilevante per tutto il settore scolastico;
    appare altamente probabile che i dipendenti affetti da gravi patologie, fisiche e o psichiche che siano, necessitino di soventi visite mediche, oppure possano incorrere in aggravamenti delle proprie condizioni di salute, essendo costretti ad assentarsi frequentemente per le cure, circostanza che costringerebbe l'istituzione scolastica a ricorrere nuovamente a figure supplenti, con un'ulteriore penalizzazione del servizio scolastico per alunni, docenti e operatori del settore tutti;
    l'adozione del decreto interministeriale non potrà che essere foriera di conseguenze nefaste sui piani dell'offerta formativa (POF) delle singole istituzioni scolastiche, le quali, evidentemente, non potranno più vantare, tra l'altro, la possibilità di offrire i servizi di biblioteca ed organizzazione di conferenze, attualmente gestiti dalla maggior parte dei docenti inidonei, nonché delle cosiddette funzioni strumentali, ovvero delle esercitazioni di laboratorio, attualmente gestite dagli insegnanti tecnico pratici (ITP) delle classi di concorso citate;
    le disposizioni di cui all'articolo 14 del decreto-legge riuscirebbero nel difficile obiettivo di danneggiare tutti gli operatori del settore scolastico coinvolti, tra gli altri, in particolare: i docenti idonei i quali, oltre al cambio di ruolo, rischiano di non svolgere adeguatamente il servizio richiesto dagli alunni e dalle rispettive famiglie, con un forte disservizio per tutto il settore scolastico ed il personale ATA precario, il quale rischia di vedere vanificata la propria aspirazione ad un adeguato riconoscimento della professionalità a causa dell'occupazione di tutti i posti vacanti e disponibili da parte del personale transitato da altri ruoli,

impegnano il Governo

in base alle considerazioni di cui in premessa, ad adottare tutte le iniziative idonee ad assicurare la piena e corretta funzionalità del servizio scolastico nazionale per docenti, personale ATA, allievi e rispettive famiglie per quanto di competenza, e le necessarie iniziative normative volte a definire una volta per tutte soluzioni concordate con tutte le parti coinvolte.
(7-00029) «Vacca, Luigi Gallo, Battelli, Brescia, Di Benedetto, D'Uva, Marzana, Simone Valente, Chimienti, Rostellato, Cominardi, Rizzetto, Labriola, Prodani, Bechis, Tripiedi, Ciprini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il prefetto Francesco La Motta dal 2003 al 2006 ha ricoperto la carica di direttore centrale per l'amministrazione del fondo edifici di culto (FEC) presso il dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione e ha amministrato il cosiddetto «patrimonio concordatario» che dovrebbe assicurare la tutela e la salvaguardia di beni di altissimo pregio storico-artistico;
   secondo quanto risulta dal sito del Ministero, l'obiettivo del fondo, infatti, sarebbe «assicurare la tutela e la valorizzazione, la conservazione e il restauro di beni di proprietà, costituiti per la maggior parte da edifici sacri spesso di grande interesse storico-artistico, ma anche dalle opere d'arte e dagli arredi in essi custoditi, da immobili produttivi di rendite, da aree boschive e da un fondo librario antico»;
   il 27 dicembre 2006 il prefetto La Motta è stato nominato vicedirettore vicario del SISDE e, a seguito della riforma dei servizi segreti, dal 5 novembre 2007 è stato nominato vice direttore dell'Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna (AISI);
   il prefetto La Motta resta vice direttore dell'AISI fino a marzo 2013, data del pensionamento, pur mantenendo anche in seguito – a quanto risulta agli interpellanti – ufficio, contratto di consulenza e autista, nonostante quanto previsto dal comma 9 dell'articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (spending review), laddove viene fatto espresso divieto di «attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza»;
   dal quadro sino ad ora delineato emerge piuttosto chiaramente che il prefetto Francesco La Motta goda tra le forze politiche che si sono alternate nell'ultimo decennio al Governo del Paese di una fortissima stima «bipartisan», che assume contorni ad avviso degli interpellanti inquietanti alla luce delle notizie diffuse sulla stampa nelle ultime settimane e che si andranno di seguito ad illustrare;
   si apprende da fonti di stampa che il prefetto Francesco La Motta, dopo che il suo nome era già emerso nelle indagini napoletane sulla cosiddetta P4 per alcuni contatti con Luigi Bisignani, sarebbe coinvolto in alcune indagini molto delicate;
   secondo le accuse riportate da organi di stampa, si apprende che il prefetto, negli anni in cui era a capo del FEC, avrebbe deciso di inviare circa 10 milioni di euro alla banca Hottinger in Svizzera, tramite Rocco Zullino, cittadino svizzero, e Eduardo Tartaglia di San Giorgio a Cremano, produttore cinematografico e cugino dello stesso prefetto La Motta; i due sono stati fermati dai pubblici ministeri della procura di Napoli il 7 maggio 2013: il primo con l'accusa di associazione mafiosa e riciclaggio aggravato dal favoreggiamento della criminalità e il secondo per riciclaggio aggravato. L'accusa, secondo i pubblici ministeri, sarebbe di aver riciclato 7 milioni di euro del clan camorristico dei Polverino. Mentre li intercettavano, gli uomini dei carabinieri di Napoli avrebbero scoperto che i due amici del prefetto La Motta avrebbero gestito anche i soldi del FEC. È a questo punto che i pubblici ministeri di Napoli Marco Del Gaudio, Antonello Ardituro e Cristina Ribera avrebbero stralciato la questione del FEC inviato le carte a Roma, dove il pubblico ministero Paolo Ielo avrebbe indagato il prefetto stesso per peculato e corruzione;
   sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, nell'interrogatorio del 13 maggio 2013, il finanziere svizzero Rocco Zullino avrebbe dichiarato che «il FEC ha versato totalmente 8 milioni, il prefetto La Motta ne ha prelevati in tutto 6/7. Nel 2009 la posizione era totalmente prosciugata». Tuttavia, tali dichiarazioni susciterebbero lo scetticismo dei PM;
   appare piuttosto difficile che il prefetto La Motta abbia potuto assumere simili decisioni in solitudine. Infatti, secondo quanto si apprende dalla stampa, lunedì 3 giugno 2013 presso la procura della Repubblica di Roma sarebbero stati sentiti come persone informate sui fatti dai pubblici ministeri di Roma e Napoli ben sette alti funzionari del Ministero dell'interno (ovvero tutta la struttura che sovrintende alla gestione dei fondi  del FEC) e pare che l'indagine si stia allargando anche al viceprefetto Rosa Maria Frisari, contitolare del potere di firma sul conto del FEC;
   secondo fonti di stampa, la contestazione di corruzione si riferisce ad alcuni vantaggi personali, anche economici, che La Motta avrebbe ottenuto durante la gestione degli edifici di culto, ma la decisione di sottoporlo a perquisizione mira a scoprire se possa aver compiuto illeciti anche durante la sua permanenza al vertice dell’intelligence;
   peraltro, sempre da fonti di stampa, si apprende che, una volta venuto a conoscenza della vicenda attraverso una comunicazione dell'istituto di credito svizzero che comunicava l'avvenuto prosciugamento dei conti intestati al FEC, il 5 aprile 2013 il Ministro dell'interno pro tempore Anna Maria Cancellieri abbia nominato una commissione d'inchiesta interna concedendo tre settimane di tempo, le cui attività lo scorso 30 aprile sono poi state prorogate fino al 30 maggio;
   oltre a ciò, i pubblici ministeri della procura di Napoli starebbero indagando su un presunto legame con il produttore cinematografico Eduardo Tartaglia, arrestato per i suoi rapporti con il clan Polverino e cugino della moglie del prefetto;
   da fonti di stampa emerge inoltre che La Motta sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati anche per i reati di partecipazione in associazione per delinquere, favoreggiamento personale continuato e aggravato e rivelazione di segreto d'ufficio. I pubblici ministeri, infatti, vorrebbero verificare le affermazioni del pentito Roberto Perrone, ritenuto molto attendibile dai magistrati, il quale parla di alcuni interventi di La Motta che, oltre ad aver fornito informazioni a Tartaglia, avrebbe fatto da deus ex machina anche in altre occasioni, come nel caso dell'acquisto dell'arsenale della Marina militare di La Spezia, su cui la camorra avrebbe messo le mani –:
   se vi siano ulteriori elementi a conoscenza del Governo in merito ai fatti sopra esposti;
   se il Governo abbia intenzione di revocare l'incarico di consulenza che, a quanto risulta, la struttura di intelligence avrebbe assegnato al prefetto Francesco La Motta, anche alla luce di quanto previsto dal comma 9 dell'articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla cosiddetta spending review;
   quali siano, al momento dello svolgimento del presente atto, le risultanze della commissione d'inchiesta interna disposta dal Ministro dell'interno pro tempore Anna Maria Cancellieri, i cui lavori si sarebbero dovuti concludere entro il 31 maggio 2013;
   se il Governo non ritenga di avviare ulteriori indagini interne volte a fare chiarezza sulle attività e la gestione passate del prefetto La Motta, soprattutto alla luce dell'estrema delicatezza degli incarichi da lui ricoperti;
   se al Governo risulti chi abbia autorizzato il prefetto La Motta al trasferimento del denaro all'estero o, per lo meno, chi fosse a conoscenza di ciò;
   quali intendimenti il Governo intenda assumere al fine di cercare di recuperare questi dieci milioni di euro che, secondo le accuse, il prefetto La Motta avrebbe distratto dai fini istituzionalmente predefiniti.
(2-00072) «Luigi Di Maio, Lombardi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'istituto del cinque per mille è stato istituito, inizialmente a titolo sperimentale, dai commi 337-340 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per l'anno 2006), al fine di dare la possibilità al contribuente di vincolare il cinque per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), realizzando una forma di finanziamento delle organizzazioni non profit, delle università e degli istituti di ricerca scientifica e sanitaria che, a differenza delle donazioni, non comporta maggiori oneri, in quanto all'organizzazione prescelta (con l'indicazione del codice fiscale nella dichiarazione dei redditi) viene destinata direttamente una quota dell'IRPEF dovuta dal contribuente;
   detto istituto ha trovato una forte adesione nei cittadini ed è stata quindi riproposto attraverso le leggi finanziarie successive, senza però arrivare alla stabilizzazione legislativa;
   la legge finanziaria per il 2010 ha previsto la possibilità di destinare il cinque per mille delle proprie imposte ad associazioni di volontariato e non lucrative di utilità sociale, associazioni e fondazioni di promozione sociale, enti di ricerca scientifica, universitaria e sanitaria, comuni e associazioni sportive dilettantistiche, stabilendo un tetto massimo di 400 milioni di euro che lo Stato devolverà in base alle scelte fatte dai contribuenti;
   in particolare, i dati relativi alla raccolta delle adesioni dei cittadini sulla destinazione del proprio cinque per mille sono positivi al punto da superare il tetto stabilito: nel 2009, relativamente alla dichiarazione dei redditi del 2008, l'importo finale destinato è stato di circa 420 milioni di euro, attestando una partecipazione alla scelta di 15,4 milioni di cittadini; nel 2010, relativamente alla dichiarazione dei redditi del 2009, l'importo è salito a 463 milioni di euro con un'adesione di 16,1 milioni di cittadini;
   ad oggi non è dato di sapere, qualora il tetto di spesa venga superato come nei casi descritti, come venga ricalcolato il coefficiente per la devoluzione di fondi agli enti beneficiari scelti dai cittadini –:
   se non si ritenga doveroso e urgente esplicitare le modalità di calcolo relative ai casi di cui in premessa;
   poiché nel 2011, relativamente alla dichiarazione dei redditi del 2010, i cittadini aderenti all'istituto del cinque per mille sono stati 16,7 milioni e l'importo totale risulta pari a 391 milioni di euro, se questa sia la cifra totale raccolta, oppure l'importo ricalcolato, in quanto eventualmente superiore al tetto di spesa previsto, e secondo quali modalità sia stato ridefinito il coefficiente.
(2-00076) «Bobba, Patriarca, Albanella, Amoddio, Bargero, Beni, Berlinghieri, Boccuzzi, Borghi, Capone, Carra, Causin, Coccia, Fiorio, Fioroni, Fossati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giulietti, Gnecchi, Grassi, Gribaudo, Tino Iannuzzi, Iori, Madia, Mariani, Marchi, Moretti, Mosca, Nardella, Nissoli, Portas, Quartapelle Procopio, Realacci, Richetti, Rostan, Rughetti, Sberna, Sbrollini, Tullo, Verini, Vignali, Zanin, Paola Bragantini, Preziosi».

Interrogazioni a risposta orale:


   ZOGGIA, MARTELLA e MURER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 maggio 2013 due distinte trombe d'aria hanno colpito contestualmente due località del comprensorio comunale di Chioggia: la frazione di Sant'Anna e la zona situata lungo il litorale di sottomarina;
   presso la frazione di Sant'Anna nella zona compresa tra la strada statale 309 Romea e le vie Pegorina e Primavera, l'evento calamitoso ha danneggiato un impianto semaforico in pieno traffico automobilistico, divelto i tetti di diverse abitazioni private e con materiale trasportato a decine di metri di distanza, portato via segnalazioni stradali, antenne televisive, sradicato alberi e piante;
   presso la zona di sottomarina e precisamente in via san Felice, la tromba d'aria ha divelto centinaia di pali in ferro adibiti a copertura di un parcheggio privato e abbattuto diverse torrette di salvataggio lungo la spiaggia, già predisposte per la imminente stagione estiva;
   Vigili del fuoco, polizia municipale e personale tecnico comunale sono intervenuti per mettere in sicurezza cose e persone e quantificare i danni;
   in base ad una prima stima i danni calcolati ammonterebbero a circa 250 mila euro, cifra che potrebbe aggiornarsi in base ad ulteriori quantificazioni di dettaglio in corso –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere, attraverso i propri uffici competenti, per il riconoscimento, in considerazione degli eventi esposti in premessa, dello stato di calamità naturale in favore del comune di Chioggia. (3-00093)


   CULOTTA, FARAONE, PICCIONE e RIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 («Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario»), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, stabilisce che nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni, che avessero conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazioni di servizio a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento di fatturato, si procedesse alternativamente: allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013 o all'alienazione, entro il 30 giugno 2013, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni e alla contestuale assegnazione del servizio per 5 anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1o gennaio 2014;
   il medesimo comma dispone, inoltre, che il bando di gara consideri, tra gli elementi rilevanti di valutazione dell'offerta, l'adozione di strumenti di tutela dei livelli di occupazione e prevede, altresì, che l'alienazione debba riguardare l'intera partecipazione della pubblica amministrazione controllante;
   il comma 3 del predetto articolo 4, stabilisce, tra le altre, una deroga qualora per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento non sia possibile per l'amministrazione pubblica controllante un efficace e utile ricorso al mercato;
   tra le società interessate dalle suddette disposizioni rientra la Palermo Energia spa, la quale, a seguito delle norme introdotte dalla legge regionale 27 marzo 2013, n. 7 – con cui sono state disposte «Norme transitorie per l'istituzione dei liberi consorzi comunali», che prevedono l'emanazione, entro il 31 dicembre 2013, in attuazione dell'articolo 15 dello statuto speciale della regione siciliana, di una legge istitutiva dei liberi consorzi comunali, per l'esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle province regionali – è posta in una condizione di incertezza relativamente alle prospettive di privatizzazione, a causa dell'impossibilità di assumere una obbligazione per l'affidamento quinquennale del servigio da parte di organi in scadenza e nell'ottica di superamento, dal 2014, della istituzione provincia regionale, così come statuito con legge dal parlamento regionale –:
   se, in ragione delle motivazioni brevemente esposte, non intenda, con la massima urgenza, adottare ogni iniziativa di competenza utile a consentire la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali della Palermo Energia Spa. (3-00102)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la deliberazione del Comitato interministeriale di programmazione economica (CIPE) del 30 aprile 2012 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 luglio 2012 – ha approvato il progetto definitivo per la costruzione della Piattaforma Logistica nel Porto di Trieste, così come previsto dalla legge n. 443/2001 relativa al «Programma delle infrastrutture strategiche»;
   il progetto prevede il banchinamento dello spazio incluso tra lo Scalo Legnami e la Ferriera di Servola per un'area complessiva di 247.000 metri quadrati, di cui 140.000 metri quadrati attualmente occupati da specchi d'acqua;
   a seguito del via libera del CIPE, l'autorità portuale di Trieste ha avviato la procedura di gara che si articola in due fasi: la prima in cui soggetti che posseggono i requisiti richiesti dal bando presentano domanda di partecipazione; la seconda in cui ai partecipanti è indirizzata una lettera d'invito a presentare l'offerta;
   il 5 ottobre 2012 è scaduto il termine per la presentazione delle domande per la partecipazione alla gara e delle nove imprese che si sono fatte avanti, ne sono rimaste otto perché una di queste è stata scartata non essendo in possesso dei requisiti richiesti;
   per la realizzazione del primo lotto della piattaforma, la spesa prevista è di 132,4 milioni di euro, di cui 30 milioni provengono da fondi privati, 70,4 milioni dall'autorità portuale e 32 milioni sono stati attivati dall'assegnazione del CIPE;
   la presidente dell'autorità portuale di Trieste Marina Monassi ha riferito al comitato portuale, come riportato dal quotidiano Il Piccolo in edicola il 30 maggio 2013 e da numerose agenzie di stampa, che il Governo intende verificare l'impatto della spesa dei 32 milioni di euro sul bilancio dello Stato;
   «Per la concreta messa a disposizione del denaro – ha riferito la Presidente Monassi – manca ancora l'ennesimo decreto interministeriale che non sarà emesso però finché questa verifica non si sarà conclusa con esito positivo»;
   quest'ulteriore ritardo ha determinato la necessità, da parte dell'autorità portuale, di spostare il termine per la presentazione delle offerte tecnico-finanziarie delle otto imprese dalla data già fissata del 15 luglio a quella del 31 ottobre prossimo;
   la presidente Monassi ha anche preannunciato che, per evitare di perdere ulteriore tempo, invierà al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi la richiesta per ottenere dal Cipe il finanziamento di parte del secondo lotto della piattaforma, spesa complessiva prevista di 180 milioni, visto che «questo ulteriore finanziamento risolverebbe anche la questione della banchina di Servola oggi utilizzata dalla Ferriera»;
   l'attività dell'autorità portuale di Trieste trova, inoltre, riscontro nelle dichiarazioni degli enti locali e della regione autonoma Friuli Venezia Giulia che, tramite la Governatrice Debora Serracchiani, titolare anche della delega ai trasporti, ha espresso la volontà condivisa di agire d'impulso sull'Esecutivo per accelerare l’iter interministeriale necessario al fine di giungere all'emanazione del decreto necessario allo sblocco dei fondi stanziati dalla sopra citata delibera del CIPE –:
   su quale capitolo di bilancio sia iscritto lo stanziamento dei fondi impegnati con la deliberazione del Cipe del 30 aprile 2012 e quale motivo abbia indotto il Governo a questa valutazione di impatto finanziario dell'erogazione di risorse già assegnate;
   se l'Esecutivo intenda procedere immediatamente alla verifica dell'impatto economico sul bilancio dello Stato della spesa prevista per la realizzazione del primo lotto della piattaforma logistica del porto di Trieste, in modo da poter emanare gli ultimi atti autorizzativi del caso e consentire l'avvio dei lavori, attesi ormai da svariati anni;
   se il Governo, in esecuzione al sopra citato progetto definitivo per la costruzione della piattaforma logistica nel porto di Trieste, abbia già provveduto ad operare i necessari stanziamenti di fondi, impegnando i necessari capitoli di spesa del bilancio dello Stato per il secondo lotto della piattaforma. (4-00704)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:


   AMENDOLA, PORTA, FEDI e MANZI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 30 gennaio 2013 nella cittadina di Elbasan, ad una cinquantina di chilometri da Tirana in Albania, una giovanissima cittadina italiana di soli 24 anni, Giulia Baldassarri, viene barbaramente uccisa, a colpi di kalashnikov dal suocero albanese;
   Giulia, originaria della provincia di Macerata, si era trasferita in Albania con il marito, cittadino albanese inizialmente residente in Italia e poi tornato in patria, e sposato nel 2010 in Albania; i due ragazzi vivevano in casa con i genitori del marito;
   stando all'incerta ricostruzione degli eventi il pomeriggio del 30 gennaio, in seguito ad un litigio tra padre e figlio, il primo avrebbe preso un fucile mitragliatore presente nell'abitazione e avrebbe fatto fuoco contro i due giovani, la polizia, giunta pochi minuti dopo, ha trovato il padre con ancora il fucile tra le mani e lo ha tratto in arresto ed attualmente è in carcere;
   la ricostruzione di quanto accaduto, come emerge dagli scarni atti di indagine compiuti dalla polizia giudiziaria albanese, si presta a molti dubbi e lacune circa le reali dinamiche dell'avvenimento e le responsabilità del reo e di altre eventuali persone coinvolte nel duplice omicidio;
   secondo le indagini, i litigi padre/figlio erano molto frequenti, poiché il padre non avrebbe mai accettato la presenza della moglie del figlio, definita nelle relazione della polizia come «amante italiana» dallo stesso suocero, nonostante i due giovani abbiano contratto il matrimonio proprio in Albania;
   il dubbio infatti è che l'azione violenta sia stata deliberatamente assunta dal suocero nei confronti della nuora e che egli abbia ucciso il figlio solo in un momento successivo, a causa della reazione che questi ha avuto per difendere la propria moglie;
   gli elementi desumibili dal tenore e dai termini usati sinanche negli atti giudiziari, oltre che dal tono delle ricostruzioni su alcuni media albanesi, destano preoccupazione circa un clima di ostilità e discriminazione della Baldassarri in quanto cittadina italiana –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per sollecitare, mediante gli opportuni canali diplomatici, le autorità albanesi a far piena luce sull'accaduto, comunicando ogni noto elemento di informazione sull'indagine aperta dalla procura competente, anche alla luce della cooperazione che dovrebbe essere stata prestata dal Governo albanese sulla base dei trattati bilaterali vigenti. (5-00249)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o giugno 2013 sono in atto nelle maggiori città della Turchia massicce dimostrazioni di protesta, alle quali il Governo locale sta rispondendo con eccessiva violenza, procedendo a centinaia di arresti ed utilizzando gas lacrimogeni ed urticanti, con l'effetto di esacerbare risentimento della piazza;
   l'ambasciatore degli Stati Uniti ad Ankara ha già sottolineato come la democrazia esiga il rispetto e la tolleranza del dissenso, implicitamente invitando il Governo turco a gestire le proteste con maggiore moderazione;
   anche il Foreign Office britannico ha suggerito all'Esecutivo turco di mantenere l'autocontrollo;
   la repressione del dissenso di coloro che si oppongono alla re-islamizzazione spinta della Turchia non ha di contro suscitato, almeno finora, alcuna reazione della diplomazia italiana, eccettuato l'invito rivolto ai turisti italiani di tenersi alla larga dai teatri delle manifestazioni ad Istanbul ed Ankara –:
   se anche il Governo intenda o meno esercitare iniziative nei confronti delle autorità turche affinché permettano la libera manifestazione del dissenso, se necessario anche prospettando di frapporre ostacoli ulteriori all'accessione della Turchia all'Unione europea qualora la repressione prosegua con la medesima intensità. (5-00250)


   MARAZZITI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 28 maggio 2013 l'Unione europea ha deciso di non prorogare l'embargo sulle armi ai ribelli siriani, che scadeva il 1o giugno, pur impegnandosi a non inviare armi prima del 1° agosto per dare una chance alla conferenza di pace di Ginevra-2 proposta dagli Usa e dalla Russia;
   a seguito di tale decisione, la Coalizione nazionale dell'opposizione siriana ha invece chiesto all'Unione europea di velocizzare le procedure per inviare armi ai gruppi armati dell'Esercito libero con la motivazione di poter respingere gli attacchi condotti dalle forze del regime e dalle milizie Hezbollah e dall'Iran contro i civili;
   lo stop all'embargo ha avuto come immediata risposta la fornitura di un primo carico di missili terra-aria anti-aerei a lungo raggio S-300 dalla Russia come «misura di deterrenza» verso un intervento straniero sul suolo siriano, provocando subito uno scambio di minacce con il Governo israeliano;
   gli Stati Uniti da una parte hanno accolto positivamente la decisione dell'Unione europea di revocare l'embargo sulle armi in Siria, dall'altra hanno stigmatizzato rinvio da parte della Russia di sistemi di difesa anti-aerea, ritenendo che «dare armi al regime di Assad non ci avvicina alla transizione politica di cui la Siria ha bisogno»;
   più favorevole alla cessazione dell'embargo, e quindi probabilmente all'invio diretto di armi, sembra essere la posizione di Inghilterra e Francia, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha escluso categoricamente un possibile invio di armamenti della Germania ai ribelli che combattono contro il regime del presidente Assad, a prescindere da ciò che faranno altri Paesi relativamente all'embargo;
   la decisione di altri Paesi, come Qatar, Turchia e Arabia Saudita di sostenere con mezzi e armamenti l'insurrezione in Siria non ha portato finora a una rapida transizione democratica, e non è estranea a una escalation di violenze e distruzioni che perdura dalla primavera del 2011 e mette a rischio l'integrità della società pluralista e della stessa Siria;
   è necessario trovare una soluzione politica alla situazione siriana prima che possa innescare definitivamente un conflitto regionale che incendierebbe tutto il Medio Oriente –:
   non ritenga di escludere perentoriamente la possibilità di invio di armamenti ai ribelli siriani da parte italiana e quali iniziative intenda predisporre per controllarne il rispetto. (5-00251)


SCOTTO e CLAUDIO FAVA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in Siria da oltre 26 mesi è in corso un lacerante conflitto che ha causato fino ad ora oltre 80.000 morti;
   il segretario di Stato americano John Kerry, dopo aver incontrato a Mosca il presidente Vladimir Putin e il Ministro degli esteri Sergei Lavrov, ha annunciato che c’è la possibilità di organizzare per giugno una conferenza a Ginevra che porti le due parti in conflitto, il regime di Bashar al Assad ed i ribelli, intorno ad un tavolo, considerando che gli Stati Uniti hanno intenti comuni alla Russia per stabilizzare la regione;
   uno dei presupposti fondamentali per aprire un tavolo di trattative è quello di una de-escalation del conflitto, fermando l'invio di armi alle parti in conflitto e, chiedendo in questo senso un impegno formale anche alla Russia e, secondo gli interroganti, anche quello di coinvolgere le forze democratiche e nonviolente del Paese che avevano dato vita alle proteste iniziali contro il regime e poi sostituite da ribelli armati;
   desta quindi molta preoccupazione il fatto che il Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione europea il 27 maggio 2013 ha deciso di continuare l'embargo verso la Siria, tranne che per il capitolo che riguarda le armi destinate ai ribelli anti-Assad, lasciato alla libera decisione dei singoli Stati, salvo l'impegno a non fornire attrezzature militari almeno fino ad agosto, in attesa della conferenza «Ginevra 2»;
   emblematica è la reazione russa, che per voce del Ministro degli esteri Sergei Lavrov ha detto che «la revoca dell'embargo rende ancora più difficile la situazione e pone seri ostacoli alla tenuta di una conferenza internazionale sulla Siria». Il timore, secondo diversi analisti internazionali, è che la Russia passi dalla fornitura al regime di Damasco di armi «difensive» (sistema anti-missile S300) a quelle offensive (missili Iskander);
   il Ministro interrogato dopo la decisione del Consiglio dei ministri degli esteri dei 27 ha affermato che la decisione di vendere o meno armi ai ribelli siriani spetta al Governo e che avrebbe riferito al Premier ed al Ministro della difesa, ma che la sua proposta è contraria;
   da più di due anni la popolazione siriana sta vivendo una grande emergenza umanitaria; secondo un recente rapporto, Medici Senza Frontiere ha denunciato che l'accesso alle cure mediche alla popolazione è difficile, sia all'interno del Paese che nei Paesi vicini dove aumentano i rifugiati, che secondo l'Organizzazione non governativa sono oltre 1.500.000 –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per sostenere la trattativa che porta alla conferenza internazionale di «Ginevra 2» e quali iniziative s'intendano assumere per far fronte alla drammatica situazione umanitaria della Siria. (5-00252)


   DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da fonti del Governo Monti si è appreso che la notizia della chiusura dell'Istituto per il commercio estero attuato dal precedente Governo Berlusconi aveva costituito una sorta di shock per le piccole imprese che da un momento all'altro si sono ritrovate a non sapere più a chi rivolgersi per commerciare con l'estero. Inoltre, l'idea del Governo di abolire l'ICE per risparmiare sulle spese si è rivelata un vero boomerang: si stima che le perdite causate dal provvedimento si aggirino sui 52 milioni di euro. Questa cifra rappresenta il denaro che le aziende avrebbero pagato per partecipare alle fiere internazionali e alle iniziative proposte dall'ente (55 sono stati gli eventi annullati);
   le società italiane, soprattutto quelle con forte vocazione all’export, non sono rimaste a guardare e repentinamente si sono sollevate contro la decisione dell'Esecutivo, spingendo affinché il nuovo Governo Monti invertisse la rotta del Governo precedente e decidesse per il riassetto dell'Istituto, avvenuto successivamente grazie al decreto «Salva Italia» come Agenzia per il commercio estero. L'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata affidata in gestione transitoria e sotto il controllo incrociato dei Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. Il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Corrado Passera, ha affidato alla McKinsey il difficile compito di delineare una riorganizzazione totale degli enti statali che si occupano di internazionalizzazione. Allo stesso tempo, l'ex amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha nominato Riccardo Monti (bocconiano e direttore di Value Partners) presidente della nuova ACE (Agenzia per il commercio estero);
   il sostegno finanziario sarà garantito dalla Cassa depositi e prestiti e dalla SACE (gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit);
   l'idea che si profila è quella di integrare le unità in servizio fuori dai confini nazionali nell'ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari. Le ambasciate diverranno così una sorta di «front office» per le aziende italiane, nell'ottica di ridurre le spese ed aumentarne l'efficienza. Non poche però sono le critiche che si sono levate contro la scelta di tale accorpamento. C’è chi sostiene che così facendo si perderà l'autonomia di iniziativa all'estero considerato che ogni decisione dovrà essere vagliata dall'ambasciatore di turno (con le lungaggini e le complicanze burocratiche del caso);
   ancor più grave è il rischio che in questo modo l'internazionalizzazione delle imprese resti un miraggio, a meno che non si intervenga in maniera mirata mediante il potenziamento di alcuni strumenti messi a disposizione delle imprese;
   nei primi quattro mesi del 2013 le esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 7 per cento, mentre le importazioni hanno mostrato una tendenza alla diminuzione. Il presidente dell'Istituto per il commercio estero (ICE), Riccardo Monti, ha affermato che la Cina è un mercato prioritario per il nostro Paese e che l'attività di promozione del made in Italy è necessaria, dato che si tratta di un mercato «difficile, complicato, competitivo». Inoltre il presidente dell'Istituto per il commercio estero sostiene che è necessario un «piano straordinario» per l'agroalimentare, con l'obiettivo di raggiungere una ventina di città cinesi della cosiddetta «seconda fascia», luoghi chiave per lo sviluppo del mercato interno che è nei programmi della dirigenza cinese;
   considerando quanto in un contesto di congiuntura economica negativa per il nostro Paese, le esportazioni stiano tenendo in piedi l'economia reale, rendendo palese l'utilità di investimenti in aziende orientate all’export, il budget che si profila per la nuova Agenzia per il commercio estero – contenuto nel fondo per gli scambi e l'internazionalizzazione – si aggirerà sui 33 milioni di euro. Tale cifra sembra essere irrisoria rispetto al budget messo a disposizione delle aziende competitrici straniere da parte dei loro Governi. Basti pensare che gli istituti analoghi di Francia e Germania hanno a disposizione rispettivamente 252 e 105 milioni di euro, pur disponendo di molte sedi all'estero –:
   quali siano gli strumenti diplomatici che il Ministero degli affari esteri intende adottare, rafforzare e più di tutto mettere in atto al fine di contribuire a colmare il gap di assistenza nelle procedure di internazionalizzazione che le aziende italiane hanno rispetto ai loro competitor europei, con il fine di conoscere e farsi conoscere nel mondo. (5-00253)

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la sera del 28 maggio 2013 il cittadino di origini italiane, Domenico Lorusso, di 31 anni, residente a Monaco di Baviera è stato ucciso a pugnalate da uno sconosciuto nei pressi di una pista ciclabile della città bavarese;
   il signor Lorusso si era avvicinato all'assassino, dileguatosi subito dopo il delitto, dopo che questi aveva sputato addosso alla sua compagna;
   il signor Lorusso e la sua ragazza, secondo quanto riportato dai media tedeschi, non conoscevano l'aggressore;
   non è noto se, nei momenti precedenti il delitto, il signor Lorusso e la sua compagna abbiano fatto qualcosa (parlato fra di loro, al telefono, con altre persone) che li potesse identificare come italiani o, almeno, come stranieri;
   l'assassino è tuttora ricercato dalla polizia, nonostante non sia ancora emersa nessuna pista attendibile da seguire onde individuarlo;
   l'atto di sputare addosso ad una persona denota disprezzo e lascia intuire motivazioni di odio, anche razziale;
   in generale nella città di Monaco le azioni criminali di appartenenti a movimenti di estrema destra negli ultimi tempi hanno subito un forte incremento, anche in relazione al processo apertosi di recente contro l'organizzazione neonazista NSU;
   inoltre, da quanto riportato dai media è noto sapere che dall'analisi delle modalità del delitto, pare che l'assassino possa soffrire di disturbi mentali; sembra che le forze inquirenti escludano un possibile movente di origine razzista –:
   se le notizie riportate corrispondano al vero e quali iniziative urgenti il Ministro interpellato intenda adottare al fine di ottenere immediata chiarezza sul responsabile del decesso di Domenico Lorusso e sui procedimenti investigativi in corso, anche al fine di ottenere rassicurazioni sul fatto che il possibile movente dell'odio razziale venga verificato in modo esauriente dagli investigatori. (4-00696)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il carbone è la fonte energetica più sporca e dannosa per la salute umana e il clima;
   l'Enel produce con il carbone quasi la metà dei suoi chilowatt, i tre quarti circa della produzione nazionale di elettricità da carbone sono di Enel;
   Greenpeace ha commissionato uno studio ad un istituto di ricerca indipendente che sostiene che l'inquinamento delle centrali a carbone dell'Enel provochi danni enormi alla salute dei cittadini, all'ambiente e all'economia italiana;
   Greenpeace per questa sua attività di denuncia è stata portata in tribunale dall'Enel con la motivazione che quelle notizie fossero diffamatorie e lesive della sua immagine;
   Enel è un'azienda che seppure privata in termini di diritto, è largamente controllata dallo Stato che, attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze, ne nomina gli amministratori;
   Enel non ha fornito risposte esaurienti alle denunce di Greenpeace in merito agli impatti ambientali e sulla salute dei cittadini della sua produzione elettrica con il carbone;
   una grande azienda multinazionale come Enel, a controllo dello Stato italiano, ha il dovere di rispondere alle accuse di inquinamento industriale che riguardano diritti di rango costituzionale come la salute dei cittadini e la tutela dell'ambiente;
   se il Governo intenda acquisire elementi in merito all'inquinamento derivante dalle centrali a carbone dell'Enel.
(2-00075) «Melilla».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina comunitaria individuata dalla direttiva CE 2000/59 «Impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico» recepita dall'ordinamento italiano con il decreto legislativo 24 giugno 2003 n. 182 «Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico che sta alla base della comune esigenza di salvaguardare l'ambiente e ridurre l'inquinamento marino e gli scarichi in mare dei residui del carico, prevede l'obbligo per le navi di conferire presso i porti di approdo i rifiuti prodotti a bordo;
   secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 182 del 2003 attuativo della direttiva comunitaria, le navi che approdano nei porti italiani sono tenute a conferire i rifiuti prodotti a bordo articolo 7, comma 1, recita infatti «il comandante della nave, ogniqualvolta lascia il porto di approdo, conferisce i rifiuti prodotti dalla nave all'impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto...»;
   l'articolo 6 prevede a tal riguardo l'obbligo di notifica per cui il comandante della nave diretta verso lo scalo nazionale deve notificare all'autorità marittima, se intende conferire tutti, alcuni, o nessuno dei rifiuti, oltre al tipo ed al quantitativo di rifiuti non conferiti con la relativa percentuale di stoccaggio residua;
   la notifica (che costituisce una sorta di autocertificazione da parte del comando nave) deve essere inoltrata dalla nave all'autorità marittima almeno 24 ore prima dell'arrivo nel porto di scalo, se noto; non appena il porto di scalo è noto, qualora conosciuto a meno di 24 ore dall'arrivo, prima della partenza dal porto di scalo precedente, se la durata del viaggio è inferiore a 24 ore;
   le navi possono altresì proseguire verso il successivo porto di scalo senza aver adempiuto all'obbligo di conferimento, in deroga a tale prescrizione, previa autorizzazione dell'autorità marittima che, avvalendosi dell'autorità sanitaria marittima e del chimico del porto, ove presenti, abbia accertato per la stessa nave una capacità di stoccaggio sufficiente per i rifiuti già prodotti e accumulati e per quelli che saranno prodotti fino al momento dell'arrivo presso il successivo porto di conferimento;
   a giudizio dell'interrogante appare evidente che una tale possibilità sia poco stringente, lasciando amplissimi margini di discrezionalità circa il comportamento che devono tenere le autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni in deroga alla normativa comunitaria e nazionale;
   nella quasi totalità dei porti nazionali, da qualche anno è invalso l'uso da parte delle autorità marittime locali di concedere come prassi ordinaria alle navi che vi approdano, siano esse di linea, mercantili o da crociera, deroga al citato obbligo di conferire i rifiuti senza preventivo accertamento ed effettivo controllo della reale capacità di stoccaggio, facendo quindi divenire l'eccezione della deroga, rispetto all'obbligo di conferimento, la regola;
   per contro la capitaneria di porto di Genova, con l'ordinanza n. 348 del 28 gennaio 2007, ai commi 4.1, 4.2, 4.3, 4.4 fa obbligo a tutte le navi che approdano in quel porto e che vi sostano per oltre 24 ore di conferire i rifiuti putrescibili (di camera e cucina) e quindi ad alto rischio infettivo, anche se abbiano ottenuto l'autorizzazione alla deroga ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 182 del 2003;
   detta disposizione restrittiva trova conferma anche nella sentenza n. 19800 del 14 settembre 2006 Cassazione civile – Augusta, che ha ribadito il principio sancito nella convenzione ONU sul diritto del mare di Montego Bay del 1982 (articolo 211 di detta convenzione);
   pur nell'ambito dei poteri di autonomia riconosciuti alle capitanerie di porto in relazione al rilascio delle autorizzazioni in deroga, non è dato comprendere come sia possibile che a fronte di una problematica di tale importanza, quale quella di evitare il rischio che le navi possano scaricare in mare i loro rifiuti, sia possibile una così ampia discrezionalità in capo alle locali autorità marittime nel concedere le autorizzazioni in deroga come prassi ordinaria, rispetto al conferimento, senza alcun previo ed effettivo controllo delle relative capacità di stoccaggio della nave;
   infatti come prevede la norma, il rilascio della deroga è un'ipotesi occasionale ed eccezionale rispetto all'ordinario conferimento e dovrebbe presupporre da parte dell'autorità marittima un preventivo controllo a bordo della nave sull'effettiva corrispondenza tra quanto autodichiarato dal comando nave, attraverso il foglio di notifica, e quanto effettivamente accertato;
   infatti numerosi sono gli errori ed anomalie che quotidianamente si riscontrano nei fogli di notifica, con conseguente illegittimo rilascio della deroga;
   pertanto si pone anche l'esigenza di accertare la veridicità di quanto autodichiarato dai responsabili delle navi circa l'effettiva capacità di stoccaggio dei rifiuti, e se essa sia realmente sufficiente ed idonea a mantenere a bordo quelli già prodotti e quelli che verranno prodotti, fino al raggiungimento del prossimo porto, sì da evitare qualunque rischio in ordine ad un eventuale loro scarico in mare –:
   quali determinazioni i Ministri interrogati intendano assumere al fine di garantire il reale rispetto della legge nazionale e comunitaria, e garantire al contempo uniformità di applicazione della normativa in tutti i porti nazionali. (4-00692)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Casale sul Sile, in località Lughignano, provincia di Treviso, è in corso l’iter di approvazione finale per la realizzazione di una discarica ex 2B di rifiuti speciali; l'area in questione è già stata oggetto di attività di cava per l'estrazione di argilla e, dall'anno 1990, sono in corso procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica dell'area;
   come evidenziato da numerosi articoli di stampa locale, dibattiti pubblici e incontri con la popolazione una montagna di rifiuti di più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, vitivinicole di qualità e per di più alla brevissima distanza di poche centinaia di metri dal corso del fiume Sile. Interessato proprio in quella zona da siti di interesse comunitario (SIC), zone di protezione speciale (ZPS) e afferente ad una parte di territorio tutelato dall'ente parco regionale del Sile: area soggetta ad alto rischio idrogeologico;
   recentemente, in seguito alle abbondanti precipitazioni delle scorse settimane, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del fiume Sile che ha allagato alcuni campi e alcune aree golenali, ribadendo de facto il rischio idrogeologico già fissato nelle aree di territorio interessate dal corso del fiume trevigiano e adiacenti al territorio individuato per aprire la discarica di Lughignano;
   peraltro nel medesimo territorio comunale esiste già una discarica, riferibile all'ex Dinamica Costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l'anno previsto dall'articolo 2 comma 1 lettera g) del decreto legislativo 36 del 2003. Essa è de facto giuridicamente in attività ai sensi dell'articolo 32, comma 4, lettera b) della legge regionale n. 3 del 2000 perché non è stato mai ultimato l'intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III, 17 marzo 2006 n. 608 e Consiglio di Stato, V, 15 febbraio 2007 n. 572;
   l'articolo 32 della legge regionale Veneto n.3 del 2000 vieta chiaramente l'approvazione di progetti di nuove discariche per rifiuti speciali ove siano in attività altre discariche, salvo espresso parere favorevole del comune interessato, che ad oggi non sussiste e che mai è stato concesso –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda descritta in premessa e se, fatte salve le esclusive competenze regionali, non intenda verificare la compatibilità della coltivazione del campo di discarica con la tutela degli importanti siti SIC e ZPS presenti in quel territorio anche alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti dell'Italia. (4-00708)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, BATTELLI, SIMONE VALENTE, LUIGI DI MAIO, COLONNESE, CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO e SIBILIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la Reggia di Caserta, fu voluta da Carlo di Borbone, futuro Carlo III di Spagna, che ne iniziò i lavori nel 1751, affidandoli a Luigi Vanvitelli e chiedendogli di realizzare una reggia che fosse capace di rivaleggiare con Versailles; proclamata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, la Reggia è la più grande residenza reale del mondo e uno dei massimi capolavori del barocco italiano;
   la Reale Tenuta di Carditello, assieme alla Reggia di Caserta, al Palazzo Reale di Napoli, alla Reggia di Portici, alla Reggia di Capodimonte e ad altre strutture, rappresenta uno dei 22 siti che un tempo appartenevano alla casa reale borbonica di Napoli; nelle mani di Ferdinando IV essa si meritò l'appellativo di «Reale Delizia», per la ricchezza della sua vegetazione e la dolcezza dei luoghi, tanto da farla diventare la residenza di caccia prediletta dal Re;
   a fronte degli antichi fasti di queste strutture, oggi, nell'era della spending review, si lesina la malta per arginare il crollo di una delle mura regali della Regia di Caserta;
   per evitare una brutta figura internazionale, si corre ai ripari annullando il vertice dell'Agenzia Spaziale Europea e malgrado il maldestro tentativo si legge sul Daily Mail: «The tragic decline of the World's biggest Palace»;
   nelle fontane i ragazzi fanno il bagno, nei giardini – persino negli appartamenti reali di corte – abusivi vendono merce contraffatta; nei sotterranei giacciono suppellettili, mobili e libri di vario genere e di inestimabile valore, abbandonati alla più totale incuria;
   nell'ala occupata dalla scuola sottufficiali dell'aeronautica, cadute di calcinacci hanno messo seriamente in pericolo l'incolumità dei militari; dalla facciata principale della Reggia, si è distaccato un elemento lapideo ornamentale del cornicione superiore; la struttura viene transennata di continuo, perché i crolli sono quotidiani;
   una gestione quantomeno discutibile da parte della sovrintendenza ha aperto i locali della reggia ai matrimoni e ha inaugurato una stagione di sprechi delle già scarne risorse finanziarie, esternalizzando i servizi che sarebbero propri dell'amministrazione e che, peraltro, potrebbero adeguatamente esser svolti dal personale in possesso della professionalità necessaria, e che è culminata nella organizzazione di una fallimentare mostra di arte contemporanea che palesa ad avviso degli interroganti una totale assenza di considerazione per il contesto, tale da suscitare un coro di proteste da parte degli stessi visitatori, naturalmente in costante calo;
   si registra l'assenza di considerazione del contesto architettonico, peraltro manifestata anche dai «lavori di adeguamento» dell'ala destinata alla scuola dell'Aeronautica, oggetto di discutibilissimi riammodernamenti, a quanto consta agli interroganti con tanto di porte scorrevoli, ascensori e vasche idromassaggio;
   risulta deprecabile la questione, posta giustamente con forza anche da Legambiente, sull'effetto deturpante delle auto parcheggiate dai dipendenti nei cortili della Reggia, tutti comportamenti indice di totale assenza di cura della bellezza e di rispetto dei luoghi;
   la Reale Tenuta di Carditello, definita in passato la «Reale Delizia», accanto ad essa, oggi sorgono le tristemente famose mega-discariche di Ferrandelle e Marruzzella, frutto della malsana commistione tra politica economia e criminalità, responsabili della devastazione non solo di aree di altissimo pregio culturale ma anche di una intera filiera agricola;
   il tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel 2011, in seguito ai pesanti debiti contratti dal consorzio di bonifica del Basso Volturno nei confronti dell'ex Banco di Napoli (oggi Gruppo Banca Intesa), dispose la vendita all'asta del Real Sito di Carditello partendo dal prezzo base di 20 milioni di euro, oggi ridotti a 10 dal continuo ribasso imposto da ben otto sedute d'asta andate tutte deserte. Ribassi che a detta dello stesso Ministro pro tempore Ornaghi, devono essere attentamente sorvegliati per il rischio di strumentalizzazione da parte di privati sospettati di contiguità con la criminalità organizzata e per la necessità di esercitare la prelazione da parte dello Stato;
   a fronte dell'integrale versamento alle casse dello Stato degli introiti annuali, pari a circa 5 milioni di euro, frutto dei circa 500 mila visitatori, di cui 400 mila paganti, la sovrintendenza riceve circa 400 mila euro l'anno per la gestione del sito. Finora la Reggia di Caserta, a detta degli uffici contabili, ha avuto una disponibilità annua di circa 250/300mila euro; poca cosa rispetto alle risorse che sarebbero necessarie;
   oggi, con una situazione in parte compromessa, un restauro complessivo costerebbe non meno di 18 milioni di euro, inoltre per riparare i danni causati e per intervenire sui danni strutturali servono quanto prima ingenti risorse. Risorse che il Mibac, è bene ricordarlo, ha assicurato di poter versare nelle casse della Reggia a partire da quei 9,3 milioni di euro che il Ministro pro tempore Ornaghi ha garantito per affrontare sin da subito le spese più urgenti di consolidamento e salvaguardia delle parti più compromesse;
   in merito alla Reale Tenuta di Carditello, la regione Campania ha preso più di un impegno (dall'istituzione di un tavolo di concertazione tra comune, regione ed università per discutere dell'utilizzo del Real Sito rispettandone la destinazione storica e culturale, alla delibera di acquisizione al patrimonio regionale della Tenuta, allo stanziamento di fondi per la riqualificazione dell'area) e queste parole non sono, finora, seguiti i fatti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire affinché:
    a) si preveda che l'incasso annuale della reggia di Caserta proveniente dalle visite rimanga in situ per supportare meglio la manutenzione del complesso monumentale borbonico;
    b) si proceda alla creazione di un organismo, ovviamente non solo politico, di gestione, per la valorizzazione della Reggia, con la partecipazione di enti, associazioni locali e non locali (come è avvenuto con la SiTI di Torino e la Mecenate 90) e di Confcommercio, che sappia introdurre un modello gestione competente e valorizzante (operando al contempo come cabina di regia per valorizzare altri beni culturali del territorio) a partire: dalla riqualificazione delle buffer zone del complesso vanvitelliano; dalla attivazione dei chioschi turistici esterni al monumento; dall'utilizzo della flora; dalla introduzione di un servizio di trasporto interno alla reggia e collegato alla viabilità cittadina; dall'utilizzo del parco Maria Maria Carolina; dalla risoluzione delle problematiche inerenti alla ex caserma Pollio; dalla risoluzione della questione relativa alla presenza dell'Aeronautica all'interno della Reggia con le sue criticità; dalla nascita di un ufficio unico di comunicazione sui costi di fruizione e sulle disponibilità degli spazi monumentali e comunicazione e programmazione degli eventi, traendo inevitabilmente spunto dalle esperienze di altre importanti realtà italiane e straniere come ad esempio il sito della Venaria Reale di Torino ed il museum quartier di Vienna;
    c) si definisca una grande progettualità atta a restituire il Sito Reale alla pubblica fruizione secondo la naturale vocazione del territorio;
    d) si porti finalmente a compimento il restauro della Reale Tenuta di Carditello in parte già realizzato con finanziamenti pubblici. (5-00234)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il canale Conte di Sarno attraversa il territorio di Poggiomarino, provenendo dalle sorgenti del Sarno, in località Foce, fino a sfociare a Torre Annunziata;
   la sistemazione del Canale Conte di Sarno è stata avviata attraverso opere di ricostruzione con espresso riferimento alla legge n. 219 del 1981, emanata a seguito degli eventi sismici del 1980;
   il progetto originario fu poi notevolmente ampliato, come spesso accade, senza verificare la compatibilità territoriale delle opere che si andavano a realizzare;
   erano stati previsti tre lotti: un primo lotto era costituito da un collettore scatolare in cemento armato, quindi si passava da un alveo che doveva contenere i reflui a un collettore, vale a dire un'opera completamente chiusa che, partendo da Sarno, arrivava a Scafati, per poi intercettare il derivatore che, attraverso l'ulteriore collettore, avrebbe dovuto portare alla depurazione. Il secondo lotto, costituito ugualmente da un collettore scatolare, che dai comuni di Scafati e di Torre Annunziata procedeva per circa 2,5 chilometri sotto la collina degli scavi di Pompei. Infine il terzo lotto costituito da un impianto di depurazione e dalla bretella di collegamento delle acque di scarico;
   i lavori iniziati nel 1981 sono stati sospesi nel 1995 perché studi effettuati sul campo hanno evidenziato l'impossibilità di completare il canale per evitare pericoli all'area archeologica di Pompei;
   attualmente il canale resta in attesa di interventi urgenti di manutenzione e lo «scatolare» è pieno di reflui che determinano allagamenti con effetti nocivi per la salute e l'ambiente in vaste aree dei comuni di Pompei, Poggiomarino, Boscoreale e Scafati;
   l'intero sistema del canale Conte Sarno è parte del grande progetto «Completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno», inserito nell'ambito del POR Campania FESR 2007-2013, il cui studio di fattibilità, compreso nell'A.P.Q. (Accordo programma quadro) sottoscritto in data 20 dicembre 2007 tra la regione Campania e il Ministero dello sviluppo economico, è stato affidato al settore difesa del suolo;
   la giunta regionale della Campania con la delibera n. 2186 del 29 dicembre 2006, avente ad oggetto «Provvedimenti consequenziali alla delibera di Giunta regionale n. 581/06 concernente la risoluzione delle problematiche relative al canale Conte di Sarno demandò al coordinatore dell'area generale di coordinamento lavori pubblici la costituzione di un gruppo di studio composto da soggetti che, a qualsiasi titolo utile, «abbiano competenza e/o responsabilità sul manufatto e sull'area da esso attraversato, derivante da normativa statale e regionale, da provvedimenti straordinari a specifico contenuto, e per l'attività istituzionale già svolta, al fine di ricercare ed individuare uno o più scenari di possibili soluzione al problema dello smaltimento delle acque meteoriche dell'area pedemontana del Vesuvio, congruenti con le iniziative già in atto da parte dei diversi organi a vario titolo interessati e che, per quanto possibile, tenesse conto di quanto già realizzato sul canale stesso»;
   in data 30 gennaio 2009 la giunta regionale della Campania con delibera n. 117, si è stabilito, in base alle conclusioni contenute nella «Relazione Finale» elaborata dal gruppo di studio incaricato, che «per il tronco di valle è opportuno procedere secondo le linee progettuali tracciate con il – Progetto Preliminare di Sistemazione idraulica del canale Bottaro con la individuazione della seconda foce del Fiume Sarno in corrispondenza del tratto finale del canale Conte di Sarno nel comune di Torre Annunziata –, redatto dall'autorità di bacino del Sarno con verbale n. 2/2007 del 4 aprile 2007, autorizzando anche l'avvio delle procedure previste dagli articolo 10 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327/01», nonché di «riprogrammare la risorsa di euro 469.975,78, già oggetto dell'impegno 10310/2001 assunto sul capitolo 2122 del bilancio della regione Campania Esercizio 2001, destinandola ad attività di progettazione delle opere necessarie per il riutilizzo del canale Conte Sarno e la realizzazione della seconda foce del Fiume Sarno»;
   il canale Conte Sarno è, a tutt'oggi, relegato al ruolo di fogna per la quotidiana immissione di migliaia di metri cubi di «acque nere» provenienti dalle abitazioni dei paesi a monte di Boscoreale;  
   l'urgente bonifica, necessaria sia per raccogliere le acque meteoriche che quelle che scendono dai monti del Sarno e trasportarle al mare, non è stata ancora effettuata;
   la ripresa dei lavori del canale Conte di Sarno è improcrastinabile anche perché le acque stagnanti minano le fondamenta degli edifici che insistono sui bordi del medesimo;
   l'opera, lunga circa 20 chilometri, completa per più del 70 per cento e la cui costruzione si è arrestata all'altezza di Pompei, sembra non avere più sbocco e sta creando numerosi problemi ai comuni a monte del canale (come Poggiomarino) che ogni volta che piove si allagano perché le acque non hanno la possibilità di defluire;
   negli ultimi anni sono stati realizzati numerosi interventi significativi; la stessa provincia di Napoli si è fatta promotrice della previsione del piano depuratori che in origine erano quattro, richiedendo l'eliminazione del depuratore di Poggiomarino, collocato su un area archeologica importante, e collaborando alla ridefinizione del piano medesimo stimandolo sovradimensionato, essendo sufficienti i tre impianti più quello realizzato a Foce Sarno per sistemare l'intera area dal punto di vista fognario;
   l'area archeologica di Poggiomarino sita in località Longola, appare estremamente interessante e quindi da valorizzare; attualmente invece gli scavi sono stati sospesi –:
   se il Ministro per i beni e le attività culturali sia al corrente dell'ipotesi di costruire un quarto depuratore a Poggiomarino collocato su un'area archeologica di grande interesse, essendo sufficienti i tre impianti più quello realizzato a foce Sarno per sistemare l'intera area dal punto di vista fognario;
   quale sia lo stato di attuazione dell'accordo di programma quadro in relazione:
    a) quali siano i tempi della ripresa dei lavori del Canale Conte di Sarno, in considerazione anche degli studi condotti e di ulteriori finanziamenti regionali e europei già finalizzati alla bonifica e alla sistemazione dell'intera area;
    b) se non sia opportuno attivare un progetto di sistemazione d'arredo urbano lungo l'asse del Canale per il tratto che attraversa il centro cittadino;
   se nell'ambito del citato accordo di programma quadro sia stata prevista la realizzazione di collettori fognari atti a risanare il sistema di vasche demaniali che decorrono dalle falde del Vesuvio e, in caso affermativo, quali siano i tempi di realizzazione;
   quali iniziative urgenti di competenza si prevedano per eliminare definitivamente il dramma del dissesto idrogeologico in questo territorio per il quale, da oltre un decennio si sperperano miliardi, dedicati ad un inesistente bonifica, per realizzare infrastrutture che invece di migliorarne l'assetto idrogeologico, lo hanno reso ancora più impraticabile, come la chiusura del Canale Conte di Sarno, che non porta più le acque al mare, poi i lavori dei collettori di raccolta delle acque meteoriche di vasca Pianillo e Fornillo, che hanno di fatto aggravato il problema degli allagamenti e inquinato i terreni;
   considerato che l'area di riferimento è interessata da scavi archeologici, quali progetti siano in essere, se c’è ne siano, affinché nel territorio ci sia una ricaduta turistica, e quindi, economica. (4-00702)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   DI LELLO. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 si era concordato con il Ministro pro tempore per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, all'interno del piano di azione e coesione (stipulato tra Governo e regioni dell'obiettivo convergenza), di appostare apposite risorse per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
   quei fondi, già nelle disponibilità delle regioni del Sud, furono rimodulati per efficientare la spesa ed evitare che andassero in disimpegno ed erano stati già ripartiti in proporzione a Campania, Puglia, Calabria e Sicilia;
   attualmente, con il finanziamento degli ammortizzatori in deroga da parte del Governo Letta, risultano prelevate anche parte delle somme presenti nel piano di azione e coesione, per un ammontare pari a 288 milioni di euro, per finanziare gli ammortizzatori in deroga di tutta Italia. Risorse del Sud che dovevano essere destinate solo al Sud (secondo la filosofia degli ex fondi per le aree sottoutilizzate);
   nel corso dell'incontro che il Ministro Giovannini e i Sottosegretari Santelli e Dell'Aringa hanno avuto il 31 maggio 2013 con gli assessori regionali al lavoro, è stata annunciata la possibilità di un ricorso alla Corte costituzionale per evidente caso di disparità sociale tra i cittadini della Campania e quelli delle altre regioni;
   il Ministro Giovannini ha affermato che, nei confronti di Regioni del Sud, sicuramente si sarebbe provveduto a recuperare sulla programmazione 2014/2020, con il fine evidente di spostare in avanti la questione senza affrontarla;
   per il prossimo lunedì 10 giugno 2013 è stata fissata una riunione tra gli assessori al lavoro regionali e il Sottosegretario Dell'Aringa per discutere della questione in generale;
   in ordine alle difficoltà delle regioni a gestire gli ammortizzatori in deroga sono state interessate anche le Commissioni lavoro pubblico e privato e finanze della Camera dei deputati;
   risulta da fonti governative che alcune regioni rischiano il disimpegno per mancato raggiungimento dei tetti di spesa –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che la già grave situazione economica e sociale del Mezzogiorno d'Italia abbia a subire ulteriori pesanti penalizzazioni che certamente non vanno nella direzione degli obiettivi di un Governo che pone tra i suoi programmi il superamento del divario esistente tra le aree forti e quelle più disagiate del Paese. (3-00097)


   VACCA, DEL GROSSO e COLLETTI. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   sono passati quattro anni dal sisma che sconvolse la città dell'Aquila e molti comuni abruzzesi. Come è purtroppo a tutti noto, la ricostruzione, in particolare quella del centro storico del capoluogo, deve ancora realmente avviarsi. A questo scopo sono stati emanati nel 2012 una serie di provvedimenti tesi a dotare di idoneo personale gli uffici pubblici preposti alla ricostruzione delle aree colpite dal sisma, nel «convincimento che solo l'assunzione a tempo indeterminato potesse assicurare al cratere aquilano l'impegno e le certezze che la ricostruzione richiede», dando in questo modo priorità alle competenze e al merito;
   con decreto-legge n. 83 del 2012 («decreto sviluppo»), convertito dalla legge n. 134 del 2012, il comune dell'Aquila e i comuni del cratere ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono stati autorizzati ad assumere a tempo indeterminato, dall'anno 2013, complessivamente 300 unità di personale presso due uffici speciali per la ricostruzione appositamente costituiti, uno per il comune dell'Aquila ed uno per i cinquantasei comuni del cratere, previo espletamento di procedure selettive pubbliche;
   lo stesso decreto-legge n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012, stabiliva che la dotazione di risorse strumentali e umane dei due uffici speciali per la ricostruzione fosse costituita, in aggiunta alle 300 a tempo indeterminato, da un massimo di 50 unità a tempo determinato, 25 unità per ciascun ufficio, per un triennio;
   lo stesso decreto-legge n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012, stabiliva che dei 300 posti messi al concorso fosse prevista una riserva massima del 50 per cento dei posti per coloro che avevano maturato un'esperienza professionale di almeno un anno nell'ambito dei processi di ricostruzione, presso la regione, le strutture commissariali, le province interessate, il comune dell'Aquila e i comuni del cratere;
   il personale utilizzato durante lo stato di emergenza post terremoto è stato reclutato attraverso ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri di carattere straordinario;
   il comune dell'Aquila e i comuni del cratere ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno affidato la realizzazione della procedura selettiva, per le unità di personale da assumere a tempo indeterminato, alla commissione interministeriale Ripam, che si è avvalsa del supporto di Formez PA;
   la Commissione interministeriale Ripam, con bando pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'11 settembre 2012, ha indetto quattordici concorsi pubblici per titoli ed esami (il cosiddetto «concorsone»), per il reclutamento di personale di ruolo con diversi profili professionali, per le complessive 300 unità sopra menzionate, di cui 128 presso il comune dell'Aquila e 72 presso i comuni del cratere nelle categorie C e D, e 100 nelle aree funzionali seconda e terza presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da assegnarsi temporaneamente agli uffici speciali per la ricostruzione, alle province interessate e alla regione Abruzzo;
   il bando di concorso ha previsto una quota di riserva del 50 per cento dei posti per coloro che avevano maturato un'esperienza professionale di almeno un anno nell'ambito dei processi di ricostruzione, presso la regione, le strutture commissariali, le province interessate, il comune dell'Aquila e i comuni del cratere;
   le procedure di selezione per le 300 unità a tempo indeterminato si sono concluse con la pubblicazione delle 14 graduatorie sulla Gazzetta ufficiale n. 12 del 12 febbraio 2013;
   le graduatorie contano complessivamente 1.730 idonei, di cui 300 vincitori, e la media dei punteggi attribuiti ai selezionati è altissima, sia quella dei vincitori che quella degli idonei. Alcuni candidati hanno riportato il punteggio massimo alle prove scritte ed orali (100/100) e sono risultati idonei, ma non vincitori, in quanto l'avere lavorato precedentemente nella macchina amministrativa della ricostruzione costituiva titolo preferenziale e dava diritto alla riserva stabilita dal bando pari al 50 per cento, comportando così – di fatto – che candidati riservatari con punteggi più bassi della media dei vincitori potessero scavalcare chi aveva ottenuto il massimo del punteggio;
   la selezione, come si legge in un comunicato di Formez PA, è stata «molto dura, iniziata con una preselezione basata su un test con 70 quiz (...) poi quattro prove scritte di diritto, specialistica, informatica e lingua, e una prova orale»;
   detta selezione, inoltre, con una procedura rigorosa e trasparente (basti pensare allo svolgimento e correzione delle prove scritte in diretta streaming seguita da circa 93.000 utenti per un totale di 83 ore), ha premiato il merito, scegliendo i vincitori e gli idonei tra circa sedicimila candidati;
   nel mese di agosto 2012 con due intese tra il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale e gli enti coinvolti nella ricostruzione si è stabilito che i titolari dei due uffici speciali avrebbero dovuto individuare, sulla base di una selezione pubblica, il personale a tempo determinato e che questo sarebbe stato assunto dal sindaco del comune dell'Aquila, per l'ufficio dell'Aquila, e dal titolare dell'ufficio dei comuni del cratere, nel secondo caso;
   con bando pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 14 dicembre 2012 (con scadenza il 18 dicembre 2012, dopo soli quattro giorni), i titolari degli uffici speciali per la città dell'Aquila e i comuni del cratere hanno indetto una selezione pubblica per titoli e colloquio per il reclutamento, per ciascuno degli uffici speciali, di cinquanta unità di categoria C e D (le stesse categorie delle 300 assunzioni del concorso sopra citato) da assumere a tempo determinato per un triennio;
   le procedure relative a tale selezione non hanno ancora visto la loro fine e ad oggi sono pubblicate sul sito del Formez solo alcune graduatorie provvisorie relative al concorso;
   inoltre, in data 12 marzo 2013 il titolare dell'ufficio speciale della ricostruzione dell'Aquila Paolo Aielli ha indetto, con determina n. 4 del 2013, una selezione per titoli per n. 23 collaborazioni coordinate e continuative per: 7 profili coordinatore (ingegneri, architetti, geologi); 6 profili tecnici A (ingegneri, architetti, geometri); 5 profili tecnici B (ingegneri); 5 profili tecnici C (ingegneri e architetti);
   pur essendo i profili delle 23 collaborazioni coordinate e continuative, in termini di requisiti richiesti e mansioni da svolgere, i medesimi di quelli degli idonei già selezionati con il concorso per 300 posti, si è scelto di non attingere dalle graduatorie già pubblicate sulla Gazzetta ufficiale, con una procedura, ad avviso degli interroganti, meno rigorosa e trasparente, con un lasso di tempo tra la pubblicazione del bando e l'inoltro della domanda di partecipazione di soli quattro giorni;
   è necessario premiare il merito e garantire la massima trasparenza, secondo la quale il Ministro interrogato ha voluto un concorso pubblico per scegliere i lavoratori che si occuperanno della ricostruzione post sisma;
   ogni selezione pubblica comporta un impiego di risorse economiche e di personale ingenti, nonché una porzione di tempo che nella specifica condizione dell'Aquila, non ci si può permettere –:
   quali siano le motivazioni per le quali – una volta stabilito il reclutamento di risorse umane aggiuntive rispetto a quelle inizialmente previste – le stesse non siano state individuate tra le figure professionali presenti nella graduatoria degli 83 idonei al recente concorso pubblico effettuato ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2012, visto che i medesimi sono in possesso di ogni requisito richiesto per lo svolgimento di attività all'interno degli uffici deputati alla ricostruzione post sismica della città dell'Aquila. (3-00098)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CORSARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012 la Banca centrale europea ha lanciato due finanziamenti straordinari, che hanno iniettato nel sistema bancario europeo liquidità pari a circa 1.000 miliardi di euro (489 miliardi con la prima tranche e 530 miliardi con la seconda) al tasso agevolato dell'1 per cento;
   nelle intenzioni della Banca centrale europea gli importi avrebbero dovuto essere destinati al sostegno dell'economia reale, ossia alle famiglie e alle imprese, limitando le restrizioni all'accesso al credito e nell'auspicio che l'asta facesse affluire i crediti alle famiglie e alle imprese attraverso la liquidità garantita alle banche;
   dal solo finanziamento del 2012 le banche italiane hanno ricavato liquidità pari a 139 miliardi di euro e, in particolare, Banca Intesa ha ottenuto 24 miliardi di euro, Unicredit 12,4 miliardi di euro, Monte dei Paschi di Siena tra i 10 ed i 15 miliardi di euro, Ubi Banca 6 miliardi di euro e 3,5 miliardi ciascuno hanno ricevuto il Banco Popolare e Mediobanca;
   l'asta di febbraio 2012, determinando un'iniezione di liquidità superiore alle attese della vigilia, ha beneficiato questa volta non solo i colossi, ma anche molte banche di minori dimensioni, i piccoli istituti più radicati al territorio d'origine, che nei mesi precedenti avevano doppiamente sofferto della crisi di liquidità nel rifinanziarsi verso banche più grandi;
   in occasione delle operazioni di rifinanziamento, nel corso delle audizioni presso la Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, il direttore generale dell'Associazione bancaria italiana aveva garantito che la liquidità sarebbe stata utilizzata per finanziare imprese e famiglie, mentre il Vice Ministro dell'economia e delle finanze dell'epoca, Vittorio Grilli, aveva dichiarato «lo scopo dell'operazione della Banca centrale europea è dare liquidità al sistema che, visto il livello di incertezza, si stava avvitando verso un completo congelamento della liquidità»;
   risulta, invece, all'interrogante che molta parte dei fondi citati non siano affatto stati destinati al sostegno finanziario di imprese e famiglie, ma piuttosto siano stati impiegati in operazioni di speculazione finanziaria a vantaggio degli stessi istituti di credito –:
   quali siano, rispetto agli importi citati in premessa, le somme effettivamente destinate a beneficio di famiglie ed imprese. (3-00099)


   BUONANNO e RONDINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2013 il Ministro interrogato è stato autorizzato ad erogare somme a titolo di anticipo sulle spettanze relative al finanziamento del servizio sanitario nazionale in favore delle regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Sicilia. Le anticipazioni deliberate consistono complessivamente in circa 2 miliardi di euro, così ripartiti: all'Abruzzo 118 milioni di euro; alla Calabria 411 milioni di euro; alla Campania 287 milioni di euro; al Lazio 540 milioni di euro; al Molise 63 milioni di euro; alla Sicilia 500 milioni di euro;
   la cifra complessiva di 2 miliardi di euro è veramente significativa se si tiene conto che il decreto-legge n. 35 del 2013, destinato a saldare, in parte, i debiti pregressi della pubblica amministrazione, ha stanziato per i debiti sanitari di tutto il Paese complessivamente 5 miliardi di euro per il 2013, fondi che per le sole regioni del Sud si aggiungono all'anticipazione recentemente deliberata; seppur per il Governo si tratta di anticipazioni possibili a legislazione vigente per garantire i livelli essenziali di assistenza, l'ammontare delle somme immesse nei bilanci regionali è tale da incidere in maniera decisiva sui conti complessivi delle regioni stesse, che altrimenti rischierebbero il default. In questo modo si crea un meccanismo premiante al contrario, dove chi ha creato i più grossi buchi riceve i più alti aiuti dallo Stato;
   già l'applicazione del decreto-legge n. 35 del 2013 ha evidenziato come esista, da un lato, una parte del Paese fatta di amministrazioni virtuose, che hanno pagato i propri debiti con le proprie disponibilità di cassa, bloccate esclusivamente dal patto di stabilità, mentre un'altra parte del Paese, le cui amministrazioni hanno costruito bilanci non equilibrati, deliberando spese non sostenibili o addirittura creando debiti fuori bilancio, ha dovuto essere rifinanziata dalla collettività generale attraverso la Cassa depositi e prestiti. Anche in questo caso, di fatto chi ha prodotto i peggiori risultati di bilancio ha ottenuto i rifinanziamenti, chi aveva bene amministrato non ha ricevuto assolutamente nulla di aggiuntivo, ma solo la «concessione» di poter usare i propri stessi fondi;
   mentre l'operato di amministrazioni irresponsabili e la mancata applicazione di un meccanismo di fabbisogni e costi standard continua a perpetrare sprechi e, di conseguenza, a drenare risorse dello Stato in via prioritaria verso alcune parti del Paese, sempre le stesse, la crisi economica sta mettendo in ginocchio l'intera collettività nazionale;
   secondo dati Inps, nei primi quattro mesi del 2013 sono state autorizzate oltre 365 milioni di ore di cassa integrazione per una media di 530.000 lavoratori coinvolti a zero ore; i lavoratori interessati hanno perso complessivamente 1,4 miliardi di euro di reddito, in media 2.600 euro a testa; lavoratori che dopo il fermo potrebbero non rientrare in fabbrica o in ufficio;
   ad aprile 2013 le ore di cassa integrazione, richieste e autorizzate, sono cresciute del 3,11 per cento su marzo 2013, mentre tra gennaio e aprile 2013 l'aumento su base annua è del 13,07 per cento;
   a calare è stata solo la cassa integrazione in deroga, non per mancanza di richiesta ma per mancanza di fondi, che lo Stato sta ancora faticosamente cercando di reperire a prezzo di altri dolorosi tagli che colpiscono indistintamente i lavoratori di tutto il Paese;
   secondo le stime, per scongiurare l'aumento dell'aliquota iva, che dal 1o luglio 2013 dovrebbe salire dal 21 al 22 per cento, mettere in atto la riforma dell'imu entro il 31 agosto 2013 ed attuare le modifiche necessarie ed urgenti per il mondo delle pensioni e del lavoro, servono circa 30 miliardi di euro nel corso del 2013;
   a ciò si aggiunge la gravissima situazione degli esodati, per i quali servono soluzioni urgenti per scongiurare una crisi sociale che coinvolgerebbe, nella migliore delle ipotesi, almeno 150.000 famiglie. Un tema che a sua volta necessiterebbe di fondi che vanno da 500 milioni a 1 miliardo di euro –:
   se il Ministro interrogato ravvisi la necessità di agire al più presto, ed in quali forme, per porre fine ad una situazione di palese ingiustizia tra gli enti locali e territoriali del nostro Paese dovuta a meccanismi distorti che premiano le amministrazioni meno virtuose a scapito di quelle virtuose, anche alla luce della crisi economica che sta mettendo in ginocchio anche le aree tradizionalmente autosufficienti dal punto di vista delle risorse necessarie per assicurare le tutele sociali ai propri cittadini. (3-00100)


   MARTELLA, SPERANZA, CAUSI, FREGOLENT, MARCHI, BENAMATI, BARGERO, BONIFAZI, CAPOZZOLO, CARBONE, COLANINNO, DE MARIA, DE MENECH, MARCO DI MAIO, FRAGOMELI, GINATO, LORENZO GUERINI, GUTGELD, LEONORI, LODOLINI, PELILLO, PETRINI, RIBAUDO, ROSTAN, SANGA, GIAMPAOLO GALLI e ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le condizioni del credito continuano a risentire delle incertezze sul futuro dell'economia italiana e dell'area Euro, alimentando, come ricordato dal Governatore della Banca d'Italia, un circolo vizioso tra le condizioni del debito pubblico, delle banche e del credito, dell'economia reale;
   se la contrazione dei prestiti riflette la flessione degli investimenti delle imprese e il deterioramento del merito di credito della clientela, a sua volta l'offerta di credito incide negativamente sull'attività economica, in una spirale negativa che bisogna spezzare;
   questa situazione rischia di essere aggravata dall'attuazione degli accordi di Basilea III, rispetto ai quali la stessa Banca dei regolamenti internazionali ha avviato una riflessione critica;
   il Ministro interrogato ha recentemente annunciato un piano straordinario per la crescita, incentrato, oltre che sull'esclusione degli investimenti dal patto di stabilità, sul miglioramento delle condizioni di credito;
   in particolare, per contrastare il credit crunch, dovrebbero essere impiegate due leve;
   la prima consisterebbe nella possibilità di utilizzare i fondi della Banca europea per gli investimenti sotto forma di finanziamenti diretti alle banche perché si traducano in altrettanti prestiti alle piccole e medie imprese;
   anche la Banca centrale europea sta esaminando nuovi strumenti per fare in modo che dei flussi di liquidità da essa stessa attivati per il sistema bancario possano beneficiare le piccole e medie imprese in misura maggiore di quanto oggi avviene;
   la seconda leva dovrebbe, invece, sostanziarsi nel rafforzamento del fondo centrale di garanzia, per il quale è stata manifestata l'intenzione di raddoppiarne il plafond, così da garantire un accesso più ampio al credito da parte delle piccole e medie imprese, che hanno maggiori difficoltà a ricorrere a fonti di finanziamento alternative al credito bancario –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, in particolare con quali modalità e tempistiche, in ordine all'attuazione dell'annunciato piano straordinario per favorire l'accesso al credito. (3-00101)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:


VI Commissione:

   PAGLIA, RAGOSTA e LAVAGNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la crisi economica ha messo a dura prova la capacità di rimborso di famiglie e imprese, tanto che la cronaca consegna quasi quotidianamente casi drammatici di episodi consequenziali all'espropriazione della casa di abitazione ed al suo pignoramento;
   tale scenario impone al Parlamento, nel quadro di una riforma organica del sistema tributario, di modificare le attuali regole della riscossione dei debiti fiscali e contributivi, per adattarle alle reali condizioni dei nostri concittadini, anche con la previsione, per legge, della salvaguardia di un bene primario come quello della casa di abitazione, non di lusso, attraverso la dichiarazione d'impignorabilità;
   oggi, il servizio nazionale di riscossione dei tributi e dei contributi è affidato alla società per azioni Equitalia spa, detenuta per il 51 per cento dall'Agenzia delle entrate e per il 49 per cento dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
   lo stesso amministratore delegato di Equitalia, Benedetto Mineo, stante la delicatezza della situazione, ha chiesto ai dirigenti locali del concessionario pubblico di valutare, in caso di indigenza comprovata e verificata, le condizioni personali e finanziarie del debitore prima di avviare le procedure coatte di riscossione;
   la suddetta situazione ha prodotto un aumento d'insolvenze, e quindi pignoramenti sia da parte del sistema bancario, che delle agenzie di riscossione, prima fra tutte Equitalia; non si conosce l'esatta entità in termini di andamento nel quinquennio dei pignoramenti, di stato di esecuzione (quanti, cioè, siano quelli attualmente in corso di esecuzione e quanti quelli prossimi ad esserlo), della loro ripartizione rispetto all'ente esecutorio (quanti, cioè in carico al sistema bancario, e quanti alle agenzie di riscossione), rispetto al territorio, rispetto alla classe di valore del bene pignorato ed all'anno d'inserimento a ruolo, ed infine quanto pesino sull'entità dei beni pignorati la quota capitale e quella per interessi, more ed altri oneri accessori;
   di quali dati disponga il Governo riguardo a quanto esposto in premessa. (5-00237)


   ZANETTI, SOTTANELLI e SBERNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le statistiche ufficiali sul contenzioso tributario per il primo trimestre 2013, recentemente pubblicate, evidenziano una percentuale di vittorie «piene» dell'Agenzia delle entrate pari al 35,62 per cento dei giudizi in primo grado e del 36,16 per cento dei giudizi in secondo grado, contro vittorie «piene» dei contribuenti pari al 26,36 per cento dei giudizi in primo grado e al 33,88 per cento dei giudizi in secondo grado (i «pareggi» sono il 9,13 per cento dei giudizi in primo grado e l'8,19 per cento dei giudizi in secondo grado, mentre conciliazioni giudiziali e altre cause di estinzione del processo costituiscono l'epilogo del 28,88 per cento dei giudizi di primo grado e del 21,77 per cento dei giudizi di secondo grado);
   anche le statistiche ufficiali sul contenzioso tributario per il primo trimestre 2012 evidenziano percentuali analoghe, quali in particolare vittorie «piene» dell'Agenzia delle entrate pari al 37,98 per cento dei giudizi in primo grado e del 45,11 per cento giudizi in secondo grado;
   nella relazione del Ministero dell'economia e delle finanze sullo stato del contenzioso tributario relativa al 2011, ultima annualità intera per la quale sono stati ad oggi pubblicati i dati, si legge, a pagina 73, che, in primo grado di giudizio, «si evidenzia una percentuale di successo degli Enti impositori del 39,84 per cento contro il 35,15 per cento di successo del contribuente. Limitando, tuttavia, l'analisi ai ricorsi definiti con una decisione di merito, il contribuente registra una percentuale di successo superiore a quella degli uffici: 46,97 per cento contro il 39,39 per cento»; a pagina 74, si legge, inoltre, che in secondo grado di giudizio «si evidenzia una percentuale di successo per il contribuente superiore a quella degli Enti impositori, sia in generale (44,37 per cento contro 42,54 per cento) che limitatamente ai giudizi di merito (46,30 per cento contro 43,88 per cento»;
   andando indietro di un ulteriore anno, a conferma di un trend sostanzialmente consolidato nel tempo, si legge nella relazione relativa al 2010, a pagina 76, che, in primo grado di giudizio, «si evidenzia una percentuale di successo degli Enti impositori del 40,01 per cento contro il 36,08 per cento di successo del contribuente. Limitando, tuttavia, l'analisi ai ricorsi definiti con una decisione di merito, il contribuente registra una percentuale di successo superiore a quella degli uffici: 47,76 per cento conto il 39,02 per cento»; a pagina 77, si legge, inoltre, che, in secondo grado di giudizio, «si evidenzia una percentuale di successo per il contribuente superiore a quella degli Enti impositori, sia in generale che nei giudizi di merito»;
   risulta quindi chiaro quanto costante nel tempo sia il fatto che, in caso di ricorso del contribuente, gli enti impositori in generale, ivi compresa l'Agenzia delle entrate, abbiano pienamente ragione in un numero stabilmente e sensibilmente inferiore al 50 per cento dei giudizi instaurati, giovandosi per altro più dei contribuenti di vittorie fondate non già su questioni di merito della pretesa tributaria, ma di mera procedura amministrativa o processuale;
   questi numeri evidenziano la notevole aleatorietà della effettiva debenza, da parte del contribuente che presenta ricorso, delle somme che vengono ad esso contestate dagli enti impositori in generale, ivi compresa l'Agenzia delle entrate, in un quadro normativo generale in cui però è previsto, per il contribuente che presenta ricorso, l'obbligo di versare il 30 per cento delle maggiori imposte contestate già prima del giudizio di primo grado –:
   in quale ordine di grandezza possa essere stimato l'ammontare complessivo, su base annua, della parte delle somme che vengono versate dai contribuenti in pendenza di giudizio per le quali viene acclarata in sede giurisdizionale la non debenza ed il conseguente obbligo di restituzione. (5-00238)


   CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   La Banca del Mezzogiorno è una realtà bancaria prevista dalla legge n. 191 del 23 dicembre 2009, controllata totalmente da Poste Italiane s.p.a. – società con socio unico, il cui assetto proprietario vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze;
   la missione di Banca del Mezzogiorno è quella di sostenere i progetti di sviluppo delle piccole e medie imprese con l'offerta di prodotti di finanziamento a medio e lungo termine attualmente distribuiti attraverso alcuni uffici postali abilitati;
   l'istituto, inoltre, avendo assorbito il Mediocredito centrale, gestisce per conto del Governo il fondo centrale di garanzia, di cui è intenzione del Governo raddoppiare l'entità, nell'ambito delle misure di contrasto al razionamento del credito, in particolare verso le piccole e medie imprese;
   secondo alcune agenzie di stampa sembrerebbe che, ultimamente, la Banca del Mezzogiorno stia deliberando stanziamenti senza un piano organico, e di entità decisamente ridotte rispetto ai piani di sviluppo prefissati;
   i crediti verso la clientela, a fine anno, erano 175 milioni di euro, di cui 140 milioni nell'ambito della «nuova operatività» della banca, rispetto ai 131 milioni di fine 2011;
   dei 750 milioni di euro di finanziamenti messi a budget dalla Banca del Mezzogiorno per il 2013 (il quintuplo del 2012) solo 100-150 milioni, pari al 20 per cento, sono destinati alle piccole e medie imprese (obiettivo 9 mila aziende); 400 milioni (il 53 per cento) sono rivolti a circa 400 grandi imprese; e i restanti 200 milioni (il 27 per cento) sono per erogare mutui e prestiti con cessione del quinto dello stipendio ai dipendenti delle Poste;
   i finanziamenti ai dipendenti delle Poste avrebbero lo scopo di abbattere il rischio di credito (+17,5 per cento le sofferenze bancarie in un anno, secondo i dati della Banca d'Italia), riponendo l'investimento nella certezza del quinto dello stipendio (il margine di guadagno della banca sarebbe del 10 per cento sulla cessione del quinto e del 3 per cento sui mutui);
   ciò, tuttavia, sembra allontanare l'istituto bancario pubblico dall'originario progetto, in base al quale ne era stata autorizzata la nascita per effetto di precise norme di legge, volte a sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese, in particolare nelle aree svantaggiate del Paese;
   dei 2.500 sportelli che avrebbero dovuto distribuire i finanziamenti della nuova banca ne sarebbero stati autorizzati appena un decimo, mentre la partecipazione delle banche di credito cooperativo e delle banche popolari al progetto non si è ancora realizzata;
   in base a notizie di stampa, sembra siano sorte divergenze di vedute fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca del Mezzogiorno, e da tali divergenze, sempre secondo notizie di stampa, abbiano origine le dimissioni, in data 7 marzo 2013, dei componenti dell'organo di amministrazione della banca designati dallo stesso Ministero;
   non si può non rilevare la delicatezza della situazione, se tali notizie dovessero essere confermate, alla luce dell'obiettivo del Governo di potenziare il fondo di garanzia centrale, che la Banca gestisce per conto dello Stato;
   tra le linee di possibile evoluzione della Banca si starebbe esaminando la possibilità che la Cassa depositi e prestiti rilevi una quota della Banca del Mezzogiorno al fine di poter operare su tre fronti: 1) le agevolazioni alle imprese, con il Mediocredito centrale e il Fondo centrale di garanzia; 2) i prestiti alle aziende del Sud; 3) il nuovo business, i finanziamenti diretti e le garanzie per le imprese impegnate in iniziative di internazionalizzazione, nel quadro del progetto di costituzione di una Exim Bank italiana –:
   come si intendano superare le divergenze che sembrerebbero emerse con la dirigenza della banca pubblica, incaricata della gestione del fondo centrale di garanzia e istituita per sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese del Meridione, divergenze le quali, a loro volta, sembrano legate ad un progressivo allontanamento della Banca del Mezzogiorno dalle missioni alla stessa originariamente assegnate. (5-00239)


   BARBANTI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo studio elaborato dal rapporto Cresme-Cna ed Enea sugli effetti economici degli sgravi sulle ristrutturazioni edilizie evidenzia tra 1998 e 2012 l'ammontare di 6.909.729 di domande, di cui 5.475.729 per gli interventi di recupero edilizio e 1.434.000 per gli incentivi di efficientamento energetico;
   il valore complessivo di lavori effettuati è stato pari 111,4 miliardi di euro, di cui 94,2 miliardi per il recupero edilizio e 17,2 miliardi per l'efficientamento e il risparmio energetico;
   gli importi dei lavori detraibili sono stati pari a 44,6 miliardi di euro, di cui 35,1 miliardi per il recupero edilizio e 9,5 miliardi per l'efficientamento;
   lo Stato ha registrato quindi una perdita complessiva di 44,6 miliardi, che va però integrata anche da minori incassi derivanti dalla riduzione dei consumi energetici generati dagli interventi di riqualificazione;
   Cresme li ha stimati in circa 8 miliardi e ne consegue che il contributo dello Stato al settore è misurato, dal 1998 al 2012, in circa 53 miliardi di euro;
   per i lavori realizzati si sono incassati oneri e tasse sui 111,4 miliardi di euro di lavori incentivati;
   i suddetti rapporti stimano una ricaduta economica, in termini di gettito tributario derivante dalle attività in oggetto (IVA di imprese edili, istallatori, impiantisti e progettisti; IRES, IRPEF e Oneri sociali) pari a 49,5 miliardi di euro e minori oneri fiscali per un ammontare di 53 miliardi di euro;
   il saldo complessivo sulle attività effettuate dal 1998 al 2012 è, a valori correnti, negativo, per 3,5 miliardi di euro, in quanto la distribuzione della detrazione avviene in un periodo di dieci anni; infatti le entrate per lo Stato, pari a 17,8 miliardi di euro sono immediate, mentre la restituzione dell'incentivo, pari a 21,3 miliardi di euro, avverrà fino al 2021, senza dimenticarsi dell'inflazione, poiché, se si prende in considerazione come deflattore il tasso medio dei BOT, anche il saldo economico deflazionato diventerebbe positivo, con un guadagno di 2,2 miliardi di euro, visto che lo Stato si sarebbe dovuto finanziare attraverso l'indebitamento a breve termine per reperire importi analoghi a quelli generati dagli incentivi per l'edilizia;
   lo strumento dell'agevolazione fiscale risulta quindi essere molto utile, per generare flussi di denaro preposti a stimolare il mercato interno fortemente depresso e, per tal motivo, sarebbe vantaggioso estendere il sistema della detrazione agli altri settori connessi allo sviluppo sostenibile –:
   per quale motivo si ritenga che la maggiore spesa erariale, per la proroga delle agevolazioni fiscali per gli interventi di recupero edilizio ed efficientamento energetico, pari a 200 milioni di euro annui, (secondo notizie della stampa), debba essere coperta da un aumento, dell'IVA, che grava maggiormente sui piccoli contribuenti, e non da una maggiore tassazione delle attività altamente inquinanti, che sarebbe più compatibile con i valori posti a fondamento del meccanismo delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e l'efficientamento energetico.
(5-00240)


   MAIETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che, nell'ambito di un procedimento intentato contro la società Equitalia da parte di un imprenditore casertano, dalla consulenza tecnica di parte, depositata agli atti del procedimento penale, sia risultata l'applicazione di un tasso di interesse, per una delle cartelle incriminate, di circa il 20,22 per cento mentre in una seconda cartella il tasso sarebbe pari al 27,62 per cento, e in una terza sarebbe pari al 29,76 per cento;
   appare evidente che si tratta di soglie ben superiori a quelle fissate dalla Banca d'Italia e pubblicate trimestralmente dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   la spiegazione del meccanismo che porterebbe all'applicazione di tassi così elevati risiederebbe nel fatto che Equitalia eserciterebbe la pratica, peraltro illegittima, dell'anatocismo, imputando a capitale gli interessi ogni sei mesi, per poi far produrre ulteriori interessi, in una spirale sempre più elevata, che porta i tassi a superare le soglie dell'usura –:
   se il Ministro sia informato dei fatti di cui in premessa, e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, sia per verificare la correttezza e la liceità dei tassi applicati dalla citata società di riscossione, sia, se del caso, per regolare il rimborso delle somme ai contribuenti danneggiati. (5-00241)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo delle barriere doganali è finalizzato a consentire l'applicazione dei dazi alle merci di provenienza extracomunitaria, e che, superati i confini dell'Unione europea, le merci possono circolare all'interno del territorio comunitario senza alcun onere fiscale aggiuntivo;
   nel maggio del 2004 la Slovenia è entrata nell'Unione europea e, in ragione della continuità territoriale tra l'Italia e la Slovenia stessa, la demarcazione tra i due Stati, non essendovi barriere naturali, di fatto non esiste;
   in virtù di ciò, è frequente constatare come moltissimi cittadini italiani si rechino in Slovenia per acquistare beni e servizi piuttosto che pagare gli stessi generi molto di più in Italia, determinando così, di fatto, una concorrenza di mercato molto svantaggiosa per numerose aziende italiane;
   organi di stampa locale di Gorizia affermano come secondo recenti studi delle associazioni di categoria, sono numerose le aziende goriziane che oggi non riescono ad assolvere i propri impegni finanziari, stretti tra la morsa creditizia ed una crisi di liquidità dovuta ad un calo degli ordinativi, conseguente la recessione economica e il contemporaneo aumento della pressione fiscale –:
   se non ritenga opportuno, alla luce del fatto che il livello complessivo della tassazione in Slovenia è circa il 50 per cento di quello oggi vigente in Italia, intraprendere le opportune iniziative per il ripristino di una «zona franca» contingentata nelle città di Trieste, Gorizia, Tarvisio, Cividale del Friuli e, più in generale, nella fascia confinaria italo-slovena individuata dagli accordi di Udine del 15 maggio 1982. (4-00685)


   ROSATO, BRATTI, DE MICHELI, MURER, MORANI, GHIZZONI, BARUFFI, CARRA, MADIA e MARCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 maggio 2012 le comunità dell'Emilia, della Lombardia e del Veneto sono state tragicamente colpite dal dramma del sisma che, nella notte, si è propagato con epicentro nel territorio comunale di Finale Emilia (Modena). Il 29 maggio dello stesso anno, una nuova scossa di terremoto è stata avvertita in tutta l'Italia settentrionale ed in particolare in molti centri dell'Emilia, della bassa Lombardia e del basso Veneto, con epicentro nei territori comunali di Medolla e Cavezzo (Modena);
   ad un anno di distanza da quell'avvenimento, l'Italia tutta rinnova la sua vicinanza e il suo cordoglio alle 27 vittime accertate e ai connazionali che hanno patito le sofferenze di questa catastrofe naturale. In pochi attimi, molti hanno perso la propria abitazione, i propri stabilimenti industriali, il frutto del loro lavoro;
   secondo la relazione inviata alla Commissione europea la stima dei danni si è aggirata attorno ai 13,3 miliardi di euro tra le risorse stanziate per i provvedimenti d'emergenza e i danni all'edilizia residenziale e alle attività produttive;
   ancora una volta l'Italia ha dato prova di grande unità e solidarietà, e molte sono state le iniziative di aiuto anche a distanza alle popolazioni colpite dal sisma. Dalla notte del 20 maggio, centinaia di vigili del fuoco e volontari della protezione civile si sono alternati senza sosta per soccorrere i cittadini in difficoltà e per gestire al meglio l'organizzazione dell'assistenza alla popolazione nei giorni successivi all'emergenza;
   è pregevole il lavoro svolto dagli uomini e donne del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile che si sono impegnati anche nel recupero dei beni di prima necessità dalle case colpite dal terremoto e nell'abbattimento e messa in sicurezza di edifici pubblici e delle abitazioni private. Si tratta di lavoro costante che prosegue ancora oggi a distanza di 12 mesi dai quei tragici giorni;
   i numeri di questo impegno rendono evidente come il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sia stato determinante nel garantire i primi soccorsi e come oggi stia proseguendo con abnegazione in questo suo compito di ricostruzione post terremoto: sono state 1.285 le unità impiegate nell'emergenza sisma in Emilia, nelle settimane immediatamente successive; sono state 65.000 le verifiche ispettive sulla stabilità degli edifici portate a termine in un anno; sono stati 55.200 gli interventi di soccorso e di demolizioni o di messa in sicurezza degli edifici pericolanti;
   si tratta di un lavoro straordinario che ha permesso una rapida esecuzione delle opere provvisionali urgenti e la conseguente riapertura di 16 «zone rosse» su 22. Nelle restanti 6 è stata, comunque, ripristinata la viabilità principale;
   a tutt'oggi, al fine di proseguire con continuità l'assistenza specialistica per l'accesso alle «zone rosse» e agli edifici inagibili e al fine di proseguire il recupero dei beni, in Emilia sono al lavoro 70 vigili del fuoco del Corpo nazionale, come disposto da alcune ordinanze del commissario delegato per l'emergenza in Emilia, Lombardia e Veneto, e presidente di giunta della regione Emilia Romagna, Vasco Errani;
   con cinque ordinanze tra l'agosto 2012 e il marzo 2013, infatti, il commissario delegato ha approvato la prosecuzione delle operazioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per le province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, per una spesa complessiva di 10.661.760 euro;
   l'8 aprile 2013, con decreto n. 239, il commissario delegato ha approvato le procedure economiche-finanziarie per l'erogazione delle somme per gli oneri relativi all'intervento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e, in attesa della rendicontazione sulle attività svolte, ha disposto una liquidazione pari al 50 per cento della spesa autorizzata, ovvero 5,3 milioni di euro;
   la liquidazione dell'acconto pari al 50 per cento della spesa autorizzata è avvenuta attraverso l'adozione da parte della regione Emilia Romagna, di misure volte a velocizzare i tempi di liquidazione, in modo da addivenire nel più breve tempo possibile all'erogazione delle spettanze per le ore straordinarie svolte dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per le indennità di trasferta;
   alla prima tranche di pagamenti seguirà, quindi, il saldo calcolato a fine marzo 2013 sulla base della rendicontazione delle ore di straordinario prestate;
   all'interrogante risulta che l'Agenzia regionale di protezione civile dell'Emilia Romagna ha già versato la somma relativa alla prima tranche, pari a 5,3 milioni di euro, in favore del Ministero dell'economia e delle finanze e risulta anche che il dipartimento nazionale di Protezione civile ha provveduto a trasferire al Ministero dell'economia e delle finanze la somma relativa ai primi due mesi di emergenza;
   nonostante, quindi, non siano imputabili ritardi nel trasferimento delle risorse da parte di regione Emilia Romagna e dipartimento nazionale di protezione civile, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora provveduto al pagamento di quanto dovuto agli operatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   si fa presente che, a quanto risulta all'interrogante, è alla firma del commissario delegato una nuova ordinanza per l'impiego dei vigili del fuoco fino al 31 agosto 2013, al fine di portare a compimento il lavoro avviato in questi primi 12 mesi dal sisma –:
   quali siano le ragioni per le quali il Ministero dell'economia e delle finanze non ha provveduto al pagamento di quanto dovuto al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che ha prestato la propria opera durante le attività di soccorso e di ricostruzione nell'emergenza sisma in Emilia, relativamente alle spettanze per le ore di straordinario lavorate e per le indennità di trasferta;
   quale tempistica il Governo preveda per lo sblocco dei pagamenti delle spettanze relative alle ore di straordinario lavorate e per le indennità di trasferta, di cui alla prima tranche da 5,3 milioni di euro già versata in favore del Ministero dell'economia e delle finanze e di cui al versamento del dipartimento nazionale di protezione civile relativamente ai primi due mesi di emergenza;
   posto che successivamente alla prima tranche verrà effettuato il saldo per le ore lavorate a fine marzo 2013 e vi sarà una successiva autorizzazione di spesa per il periodo che si concluderà il 31 agosto, quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di evitare ulteriori ritardi nell'erogazione di quanto dovuto al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco relativamente al saldo e al periodo eventualmente ancora previsto con ordinanza del commissario delegato di cui in premessa;
   se, per evitare il ripetersi di simili episodi (che sono analoghi a quelli relativi a tutte le emergenze o a tutte le campagne estive dell'antincendio boschivo) il Ministero dell'economia e delle finanze, trattandosi di somme spettanti al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (e spesso anche ad operatori delle forze di polizia) per ore straordinarie regolarmente rese, non ritenga di provvedere al pagamento di quanto dovuto direttamente nella busta paga nel mese successivo a quello nel quale le ore di lavoro straordinario sono state svolte, regolando poi partite finanziare con altri enti pubblici in maniera indipendente. (4-00694)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 14 luglio 2012 il Ministero della giustizia stabilì per il giorno 15 ottobre 2012 le elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per il periodo 2013-2016, fissando altresì nella data del 15 settembre 2012 il termine ultimo per la presentazione delle liste;
   entro tale termine venivano presentate quattro liste, due per l'elezione della componente dottori e due per l'elezione della componente ragionieri del Consiglio nazionale (il Consiglio nazionale è composto da 21 membri di cui 14 dottori commercialisti e 7 ragionieri; per questa tornata elettorale è previsto l'apparentamento tra una lista dottori e una lista ragionieri, l'apparentamento comporta che, ai fini del risultato elettorale, si sommino i voti ricevuti dalle liste apparentate);
   il decreto legislativo n. 139 del 2005 prevede che, ai fini della validità delle liste, per quanto concerne quelle della «componente dottori», è necessario che la distribuzione geografica dei candidati sia tale da assicurare la presenza in lista di candidati iscritti da almeno dieci anni ad ordini ubicati in almeno quattro regioni diverse per ciascuna macroarea Nord-Centro-Sud;
   la lista dei dottori commercialisti contraddistinta dal motto «Insieme per la professione: la forza dell'identità», con candidato presidente Gerardo Longobardi, veniva presentata sulla base di una documentazione dalla quale emergeva ictu oculi la carenza del requisito territoriale con riguardo alla macroarea Nord, risultando compresi candidati iscritti ad ordini di soltanto tre regioni di detta macroarea (Veneto, Lombardia e Piemonte);
   nei giorni successivi al termine perentorio di presentazione delle liste, emergeva che nonostante il candidato Giorgio Sganga figurasse in detta lista come iscritto all'albo professionale dell'ordine di Paola (Cosenza), si era trasferito da tale ordine a quello di Aosta, dal giorno 6 agosto 2012;
   nonostante l'emersione di questo trasferimento (sulla cui fittizietà, per altro, ebbe poi modo di pronunciarsi la procura di Aosta) fosse comunque inidonea a sanare la mancanza del requisito territoriale che, ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo n. 139 del 2005, deve essere decennale, il Ministero della giustizia respingeva i ricorsi presentati dai componenti delle liste avversarie regolarmente presentatesi e ammetteva alla competizione elettorale la lista «Insieme per la professione: la forza dell'identità», con candidato presidente Gerardo Longobardi;
   le elezioni si svolgevano regolarmente nella data prevista del 15 ottobre 2012 e il computo dei voti esercitati vedeva prevalere le liste apparentate con candidato presidente Claudio Siciliotti su quelle con candidato presidente Gerardo Longobardi;
   i componenti delle liste con candidato presidente Gerardo Longobardi presentavano ricorso per contestare la validità di sedici voti tra quelli espressi a favore delle liste con candidato presidente Claudio Siciliotti;
   il Ministero della giustizia decideva di sospendere i lavori della commissione elettorale che avrebbe dovuto procedere alla proclamazione delle liste vincitrici della competizione elettorale e, successivamente, con un provvedimento in cui pur riconosceva, sulla base delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria per conto della procura di Aosta, la natura fittizia del trasferimento del candidato Giorgio Sganga da Paola ad Aosta e la conseguente irregolarità della lista della «componente dottori» con candidato presidente Gerardo Longobardi, disponeva ciò non di meno la ripetizione delle elezioni, in ragione della presenza di contenziosi incrociati e della opportunità di sottrarre la categoria professionale dei commercialisti al clamore mediatico e al danno di immagine;
   successivamente alla reindizione delle elezioni, il Ministero della giustizia chiedeva ed otteneva dal commissario straordinario, nel mentre insediatosi, di esplicitare nelle linee guida per le elezioni che il requisito territoriale era da intendersi comunque decennale, con ciò rendendo palese, per sua stessa ammissione, l'errore di valutazione in precedenza commesso ammettendo la lista della «componente dottori» con candidato presidente Gerardo Longobardi, anche a prescindere da qualsivoglia valutazione sulla effettività o fittizietà del trasferimento del candidato Giorgio Sganga da Paola ad Aosta il 6 agosto 2012;
   le nuove elezioni calendarizzate per il 20 febbraio 2013, con nuove liste presentate, non si svolgevano perché nel mentre sopravveniva pronuncia sospensiva del Consiglio di Stato che riteneva «non infondati» i ricorsi presentati da alcuni componenti delle liste che esprimevano come candidato presidente Claudio Siciliotti in occasione delle elezioni;
   la perdurante assenza di un Consiglio nazionale a giudizio degli interpellanti alimenta clamore mediatico e costituisce un danno di immagine per la categoria dei commercialisti ben superiore a quello che si sarebbe determinato e si determinerebbe se il Ministero della giustizia procedesse alla proclamazione del vincitore di elezioni regolarmente tenutesi, lasciando poi alle aule giudiziarie il compito di pronunciarsi sui ricorsi che, quale che fosse stata o sarà la decisione assunta, si determinerebbero comunque, nel pieno diritto di ciascuno di difendere in sede giudiziaria le proprie legittime ragioni –:
   se non ritenga opportuno annullare in autotutela il provvedimento che ha disposto la ripetizione delle elezioni regolarmente tenutesi il 15 ottobre 2012 e procedere alla proclamazione delle liste apparentate vincitrici, tenendo conto, prima ancora delle valutazioni da assumere in merito ai voti contestati, di quanto chiarito dagli stessi funzionari del Ministero, seppur con quello che agli interpellanti appare un improvvido ritardo, in merito alla necessità della sussistenza del requisito decennale di iscrizione nell'ordine locale, con conseguente invalidità di una delle liste presentate;
   se non ritenga debba essere oggetto di attenta valutazione la condotta di quei funzionari che, con una interpretazione palesemente contraria a quanto affermato dal dettato normativo, hanno ammesso alla competizione elettorale del 15 ottobre 2013 una lista palesemente carente di un requisito poi confermato come necessario da altri funzionari del Ministero stesso, ad avviso degli interpellanti determinando essi sì per davvero i presupposti per una vicenda idonea a generare clamore mediatico e danno di immagine alla categoria dei commercialisti.
(2-00073) «Zanetti, Dellai, Gitti, Pagano, Sanga».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   attualmente il carcere di Pordenone è ospitato nel vecchio Castello, un maniero risalente al 1270 e dunque non in grado ormai di contenere il gran numero dei detenuti ivi presenti, oltre la soglia della sua capienza regolamentare;
   il grave disagio dovuto al sovraffollamento è stato segnalato più volte anche dagli agenti penitenziari che vi lavorano all'interno;
   per affrontare il problema del sovraffollamento carcerario nel 2010 venne redatto un piano carceri che prevedeva lo stanziamento di 675 milioni di euro, e che, successivamente al taglio delle risorse, nella nuova riformulazione era stato comunque ricompreso il nuovo carcere di Pordenone;
   nel frattempo, pare che le risorse del piano carceri siano state utilizzate per altri interventi e che oggi siano rimasti solo 67 milioni spendibili, ma già destinati ad altri interventi, tra i quali non è invece più ricompreso il nuovo carcere di Pordenone;
   infatti dalla relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria indirizzato al Ministro di giustizia il 13 maggio 2013 risulta che non vi siano più risorse economiche sufficienti e che dovranno essere riviste le emergenze e le priorità degli interventi, poiché vi si legge: «Preme evidenziare che tenuto conto delle mutate esigenze dell'amministrazione penitenziaria è prevedibile una rimodulazione dei previsti interventi inseriti nel piano carceri con riferimento alla originaria previsione di nuovi istituti localizzati a Torino, Camerino e Pordenone»;
   secondo gli ultimi dati pubblicati sul sito del Ministero della giustizia, al 31 maggio 2013 la capienza regolamentare dei 5 istituti presenti in Friuli Venezia Giulia è pari a 548 posti e che se, dal totale dei detenuti ivi presenti (808), vengono sottratti quelli stranieri (435), che costituiscono più del 50 per cento, si ottiene un numero di detenuti (373), ben al di sotto della capienza regolamentare (548);
   è noto il costo dei detenuti nelle nostre strutture carcerarie e l'urgenza di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario nei nostri istituti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra e se, considerata la carenza di risorse disponibili, abbia, dunque, intenzione di avviare degli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei detenuti stranieri ivi reclusi, al fine di far scontare a questi ultimi la pena detentiva nella loro madrepatria. (4-00686)


   AIELLO, COSTANTINO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a settembre 2012 è stato chiuso l'istituto penitenziario «Luigi Daga» di Laureana di Borrello (Reggio Calabria);
   la struttura era considerata tra i migliori istituti di pena del nostro Paese, uno dei pochi nel quale trovava concretezza il fine rieducativo della pena;
   tale istituto rappresentava una reale possibilità di riscatto per i detenuti ivi ristretti che, una volta entrati in carcere, intraprendevano un percorso rieducativo significativo, grazie alle numerose attività che avevano luogo nello stesso;
   in relazione alla vicenda del carcere di Laureana, è nato spontaneamente un comitato cittadino che ha intrapreso iniziative anche di natura istituzionale per chiederne l'immediata riapertura;
   la decisione relativa alla chiusura dell'istituto sarebbe scaturita dalla necessità di personale di polizia penitenziaria negli altri circuiti carcerari della regione Calabria;
   tale motivazione, a parere dell'interrogante, non può certo esser considerata ragionevole in quanto, ad esempio, sono pendenti numerose domande di trasferimento da parte di agenti della polizia penitenziaria che, dal nord del nostro Paese, chiedono di essere spostati in istituti penitenziari del sud Italia che, se accolte, ben potrebbero risolvere la problematica questione della carenza di personale;
   a febbraio 2013, il Ministro della giustizia pro tempore, la professoressa Paola Severino, appena avuto contezza dell'importanza sociale ed educativa del carcere di Laureana, aveva dato indicazioni al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per la riapertura dell'istituto che avrebbe dovuto verificarsi il 30 aprile scorso;
   ad oggi non si hanno notizie circa l'esecuzione della decisione relativa alla riapertura del carcere Luigi Daga di Laureana –:
   di quali informazioni il Ministro interrogato disponga riguardo alla situazione esposta in premessa;
   se il Ministro non ritenga di intervenire con urgenza in relazione alla situazione del carcere di Laureana di Borrello, in particolare rendendo esecutivo il provvedimento che aveva fissato alla data del 30 aprile 2013 il giorno della relativa riapertura. (4-00689)


   ROSATO, ZANIN, BLAZINA, BRANDOLIN e MALISANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'8 gennaio 2013 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per «trattamento inumano e degradante» in merito ad un ricorso presentato da sette detenuti che denunciavano le condizioni di sovraffollamento carcerario. Una condanna che non ha stupito nemmeno l'allora Ministro della giustizia che si dichiarò avvilita, ma confermò come fosse un fatto che era stato preventivato;
   il 27 maggio di quest'anno la medesima Corte ha rigettato anche il ricorso presentato dall'Italia avverso la sentenza di gennaio, e nel confermare i termini della condanna e le motivazioni, la Corte ha intimato al nostro Paese di porre fine all'annosa questione del sovraffollamento carcerario entro il termine di un anno;
   i dati del sovraffollamento delle carceri ci consegnano un quadro abbastanza preoccupante che evidenzia l'urgenza di concludere un piano di edilizia carceraria e di introdurre nuove forme di pene alternative alla detenzione: per ogni 100 posti nelle carceri italiane, abbiamo 147 detenuti; quindi ad oggi le strutture stanno ospitando il 47 per cento in più del contingente per il quale sono state realizzate;
   tra queste situazioni si segnala la casa circondariale di Pordenone, nata per ospitare un massimo di 53 reclusi, ne raccoglie attualmente 96, ovvero il 184 per cento del possibile;
   nel 2010 anche il Tribunale di sorveglianza di Trieste ha segnalato le condizioni di sovraffollamento del penitenziario pordenonese, che allora accoglieva 98 detenuti; e il direttore della casa circondariale ha espresso preoccupazione per le numerose e continue proteste dei reclusi, nonché un serio rischio di infezioni;
   il sovraffollamento appena descritto rende difficile il lavoro degli operatori e si palesa necessario un intervento urgente che riduca le presenze di detenuti in sovrannumero all'interno del penitenziario;
   con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del marzo 2010 è stato avviato il piano carceri che prevedeva la realizzazione di 11 nuovi penitenziari e di 20 padiglioni di ampliamento in strutture già esistenti per un complessivo di 9.150 nuovi posti: tra i luoghi individuati per la costruzione delle nuove strutture è stata inserita anche la città di Pordenone (450 nuovi posti);
   nella relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria si palesa la volontà del Ministero di rivedere il piano e di espungere dallo stesso l'originaria previsione delle nuove costruzioni a Torino, Camerino e Pordenone;
   a parere dell'interrogante la costruzione del nuovo carcere di Pordenone è necessario di fronte all'emergente stato di sovraffollamento nel quale versa l'attuale casa circondariale e l'opera appare, quindi, di prioritaria importanza;
   inoltre, per le dimensioni del fenomeno, si sottolinea l'importanza che non si sottovaluti l'obiettivo che il piano carceri si era dato e non vengano ridotte le strutture ivi previste, onde evitare un'ennesima condanna in sede giudiziaria da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo;
   peraltro, l'attuale penitenziario di Pordenone è ospitato all'interno del castello di piazza della Motta, edificio di valore storico e culturale, inadatto ad ospitare una struttura carceraria, che potrebbe essere recuperato a vantaggio della città solo dopo la costruzione del nuovo carcere –:
   quali misure il Ministro intende promuovere, assieme alle autonomie locali, al fine di assicurare una immediata soluzione dello stato emergenziale verificatosi anche nella casa circondariale di Pordenone a causa del sovraffollamento;
   se, in coerenza con il piano originario, il Ministro intenda realizzare il nuovo carcere di Pordenone. (4-00703)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MALISANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   martedì 7 maggio 2013, i comitati AmbienteVenezia, Medicina Democratica, Comitato NO Grandi Navi e Laguna Bene Comune hanno inviato una segnalazione al comune di Venezia, alla capitaneria di porto e all'Agenzia regionale protezione e prevenzione ambientale del Veneto (ARPAV), denunciando gli «evidenti e ripetuti episodi di inquinamento atmosferico provocato dalle navi da crociera in transito all'interno della laguna di Venezia e dentro la città di Venezia»;
   la stessa denuncia era partita il 23 marzo 2013 per MSC Divina, il 31 marzo per MSC Fantasia, il 2 aprile per Nave Zenith, il 7 aprile per MSC Fantasia ed il 21 aprile per MSC Fantasia;
   l'ultima segnalazione in ordine di tempo riguarda, invece, i molteplici casi d'inquinamento atmosferico avvenuti durante la giornata di lunedì 6 maggio 2013, provocati da navi in fase di entrata in laguna alla mattina, in fase di stazionamento alla Marittima e in fasi di uscita nel pomeriggio;
   i «palazzi galleggianti» mettono in pericolo il delicato equilibrio della laguna e della fragile città di Venezia;
   è passato più di un anno dalla tragedia del Giglio, che ha indotto i Ministri pro tempore delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a emanare ai primi di marzo del 2012 un decreto che, per Venezia, vieta il passaggio delle navi di stazza lorda superiore alle 40 mila tonnellate in canale della Giudecca e in Bacino di San Marco. Tuttavia, l'attuazione di tale divieto rimane subordinato alla «disponibilità di vie di navigazione alternative a quelle vietate, come individuate dall'Autorità marittima con provvedimento»;
   il sindaco di Venezia ha incontrato nei primi giorni di maggio a Roma il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ponendogli l'urgenza di affrontare il tema del passaggio delle «grandi navi» in Bacino di San Marco anche alla luce del richiamato «decreto rotte» del marzo 2012;
   Governo, magistrato alle acque, capitaneria di porto, comune, ciascuno per le proprie competenze sono chiamati in causa affinché siano presi provvedimenti a tutela della sicurezza della città, della salute dei cittadini, del recupero ambientale della laguna;
   studi autorevoli e indipendenti dichiarano incompatibile il passaggio delle «grandi navi» col recupero morfologico della laguna stessa;
   è a rischio uno dei patrimoni culturali più rilevanti e significativi del mondo e deve essere interesse prioritario di tutta la nazione la sua tutela e conservazione;
   il 7-8-9 giugno 2013 si svolgeranno le giornate di mobilitazione internazionale, con lo slogan «No Grandi navi a Venezia», a tutela della laguna, dell’habitat, della sicurezza degli edifici e delle persone;
   il recente drammatico incidente all'interno del porto di Genova ha evidenziato in tutta la sua gravità i rischi connessi alla navigazione e alla manovra di navi di stazza medio-grande all'interno dei bacini acquei –:
   se, successivamente al citato decreto del marzo 2012, siano stati compiuti passi significativi nella direzione di superare la fase transitoria che ancora consente la navigazione delle grandi navi all'interno delle aree tra le più delicate e di pregio della città di Venezia;
   se non ritengano necessario adottare ulteriori e immediati provvedimenti o iniziative volti a scongiurare i rischi che la presenza di tali navi possono determinare sull'ecosistema della laguna e sul patrimonio architettonico della città di Venezia. (5-00236)


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società ITALFERR s.p.a. - gruppo Ferrovie dello Stato italiane ha redatto, in qualità di soggetto tecnico di RFI s.p.a. il progetto definitivo del lotto 4 dei lavori lungo la «linea ferroviaria Metaponto-Sibari-Cosenza» tra le progressive chilometriche 48+435 e 52+194;
   la società RFI ha chiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'attivazione delle procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni per il progetto definitivo in questione;
   il Ministero ha individuato il provveditorato interregionale alle opere pubbliche Sicilia-Calabria per lo svolgimento delle funzioni relative alla acquisizione dei pareri finalizzati all'accertamento della conformità urbanistica del suddetto intervento;
   il provveditorato interregionale alle opere pubbliche Sicilia-Calabria ha convocato in data 15 maggio 2013 una apposita conferenza di servizi per ottenere i necessari atti di consenso per le opere in esame;
   l'intervento si sviluppa nella provincia di Cosenza e, in particolare, alla progressiva chilometrica 50+056 interessa opere ricadenti nelle località dei comuni di Lattarico e Montalto Uffugo;
   nell'ambito del progetto di potenziamento infrastrutturale e tecnologico della tratta ferroviaria Sibari-Bivio S. Antonello, a semplice binario, al chilometro 50+056 si prevede la soppressione del passaggio a livello e l'eliminazione del posto di manutenzione di Acri-Bisignano-Luzzi;
   la soppressione del passaggio a livello e del posto di manutenzione significa l'eliminazione definitiva della stazione ferroviaria attualmente ricadente in quel sito e la modificazione dello stato dei luoghi interessati sia sotto l'aspetto urbanistico che per lo svolgimento delle relazioni sociali ed economiche;
   da tempo è in atto una vasta mobilitazione popolare che, attraverso l'iniziativa di comitati civici costituiti allo scopo, sta registrando ampie proteste sociali con riflessi anche sulla tenuta dei livelli di sicurezza e di ordine pubblico;
   il consiglio comunale di Montalto Uffugo in data 9 maggio 2013 ha approvato all'unanimità un'apposita delibera con la quale ha espresso parere negativo sul progetto definitivo per la realizzazione dei lavori di ammodernamento del tratto ferroviario Metaponto-Sibari-Bivio S. Antonello;
   in tale delibera il parere contrario espresso all'unanimità alla soluzione progettuale presentata da ITALFERR s.p.a. è stato suffragato con indicazione e proposizioni tecniche alternative;
   i lavori della conferenza di servizi, anche e soprattutto alla luce del parere negativo espresso dal comune di Montalto Uffugo, sono stati aggiornati presumibilmente alla prima metà di luglio –:
   quali opportune ed efficaci iniziative intenda promuovere il Ministro interrogato affinché anche attraverso il ruolo attivo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale – direzione generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali – divisione III, si possa pervenire ad una intesa preventiva tra il comune di Montalto Uffugo, RFI e ITALFERR, al fine di individuare soluzioni tecniche condivise. (5-00242)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alla liberalizzazione del mercato dei servizi a terra, la società SEA spa operatore pubblico che gestisce gli aeroporti di Milano Malpensa e Milano Linate, ha costituito la SEA Handling spa, operativa dal 1o giugno 2002, partecipata al 10 per cento da SEA spa e responsabile per la gestione della movimentazione merci e bagagli sotto bordo per conto di Alitalia e altre compagnie;
   il capitale sociale di SEA, ad oggi, è pari a 27.500.000,00 euro, suddiviso in 250 milioni di azioni e gli azionisti si suddividono in azionisti pubblici che detengono il 55,65 per cento delle azioni (tra i principali il comune di Milano con il 54,81 per cento la provincia di Varese con il 0,64 per cento e il comune di Busto Arsizio con 0,06 per cento e azionisti privati che ne detengono il 44,35 per cento;
   come si apprende dal comunicato stampa della Commissione europea del 19 dicembre 2012, la SEA Handling ha ricevuto, nel periodo 2002-2012, da parte di SEA spa 360.000.000 di euro;
   suddetti apporti di capitale sono stati segnalati alla Commissione europea da una società di handling concorrente il 13 luglio 2006;
   nella denuncia di cui sopra, riguardante un presunto aiuto di Stato concesso alla società SEA Handling spa (reg CP 175/06), si accusava la SEA Handling, quasi interamente di proprietà di enti pubblici, di aver ricevuto tra il 2001 e il 2005, da SEA spa, sovvenzioni destinate a ricoprire le perdite di esercizio subite, attività continuata anche dopo il 2005. Si affermava, inoltre, che il comune di Milano aveva svolto un ruolo attivo nel garantire l'equilibrio finanziario e i livelli di occupazione di SEA Handling;
   in particolare, limitatamente al periodo oggetto di denuncia, gli importi delle perdite compensate da SEA a favore di SEA Handling, sono i seguenti:
    nel 2002 SEA Handling ha registrato una perdita totale di 43.639.040,39 euro (1o giugno 2002-31 dicembre 2002), coperta con apporto di capitale da parte di SEA;
    nel 2003 SEA Handling ha registrato una perdita totale di 49.489.577,23 euro (1o gennaio 2003-31 dicembre 2003), coperta con apporto di capitale da parte di SEA;
    nel 2004 SEA Handling ha registrato una perdita totale di 47.962.810 euro (1o gennaio 2004-31 dicembre 2004);
    nel 2005 SEA Handling ha registrato una perdita totale di 42.430.169,31 euro (1o gennaio 2005-31 dicembre 2005), coperta con apporto di capitale da parte di SEA;
    secondo i dati indicati nel bilancio del gruppo SEA trasmesso dal denunciante, nel 2006 SEA Handling ha subito perdite per 44.200.000 euro;
   con lettera del 9 febbraio 2007 le autorità italiane hanno fornito le delucidazioni richieste dalla Commissione a seguito della succitata denuncia;
   la Commissione, con lettera del 30 maggio 2007, ha informato il denunciante che non disponeva di elementi sufficienti per concludere che fosse soddisfatto uno dei criteri di applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, e che quindi tali aiuti potessero considerarsi aiuti di Stato;
   il 2 luglio 2007, il denunciante ha fornito informazioni aggiuntive, integrando la propria istanza e inducendo la Commissione a riesaminare la denuncia;
   le autorità italiane, su richiesta della Commissione, hanno trasmesso copia dell'intesa sindacale del 26 marzo 2002 (con lettera del 10 aprile 2008) e copia dell'intesa sindacale conclusa il 13 giugno 2008 (con lettera del 20 novembre 2008);
   in seguito all'esame di suddette informazioni, la Commissione ha stabilito che gli importi corrisposti sono incompatibili con il dettato dell'articolo 107 del TFUE, per il quale gli aiuti devono perseguire obiettivi di benessere comune come la protezione dell'ambiente, la ricerca e lo sviluppo regionale, senza falsare indebitamente la concorrenza tra le imprese nel mercato interno;
   secondo la Commissione, gli aiuti sono incompatibili anche con gli orientamenti dell'Unione Europea per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà del 2004, i quali prevedono che: le imprese interessate elaborino un piano solido di ristrutturazione che ripristini la redditività a lungo termine e permetta loro di funzionare senza continuare a ricevere sovvenzioni da parte dello Stato; le imprese beneficiarie dell'aiuto attuino adeguate misure compensative finalizzate a ridurre al minimo le distorsioni di concorrenza create dall'aiuto dello Stato e ad apportare un considerevole contributo al piano di ristrutturazione mediante risorse proprie; l'impresa riceva un aiuto alla ristrutturazione una volta ogni dieci anni;
   i ripetuti apporti di capitale, secondo la Commissione hanno quindi conferito a SEA Handling un indebito vantaggio rispetto ai suoi concorrenti, infatti, la società, come emerge dalle perdite ingenti registrate nel bilancio, non sarebbe stata in grado di ottenere i finanziamenti sul mercato e gli importi versati si configurano, pertanto, secondo la Commissione, come aiuti di stato;
   come si apprende dal comunicato stampa del 19 dicembre 2012, la Commissione Europea ha ordinato il «recupero di 360.000.000 di euro illegalmente concessi a SEA Handling»;
   SEA Handling e il comune di Milano, rispettivamente il 15 e il 18 marzo 2013, hanno presentato ricorso, al quale si è associato il Governo uscite, contro la decisione della Commissione per aver valutato le misure controverse imputabili al comune (e quindi allo Stato), insoddisfacenti il criterio dell'investitore privato operante in condizioni di mercato e incompatibili con gli orientamenti per la salvaguardia e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà;
   la prossima scadenza del 31 maggio 2013 per il deposito del bilancio 2012 (salvo proroghe) impone tempi strettissimi che, coniugati con la rilevanza economica della vicenda, e le possibili conseguenze sull'occupazione, palesa l'urgenza del problema –:
   quali azioni abbia intrapreso o intenda intraprendere in relazione alla questione e ai possibili scenari prevedibili, per tutelare l'occupazione e le possibili ricadute socio-economiche sul territorio;
   se ritenga che l'ENAC abbia correttamente svolto l'attività di regolazione economica del settore e se abbia verificato la sussistenza delle condizioni previste dal regolamento per la certificazione dei prestatori d'opera di servizi aeroportuali di assistenza terra così come previsto nel compendio 5 del 23 aprile 2012 (articolo 7), emanato dallo stesso ENAC, per il quale: «il richiedente deve presentare bilanci redatti secondo le previsioni di cui all'articolo 2423 e successive del codice civile, ovvero, per le società quotate, secondo le regole internazionali (comma 1); l'impresa deve essere in possesso di un capitale sociale, con riferimento al patrimonio netto, almeno pari ad un quarto del presumibile giro d'affari derivante dalle attività da svolgere (comma 2); in mancanza, l'impresa deve dimostrare di possedere una situazione finanziaria sana in grado di garantire la sostenibilità dei costi fissi e operativi ed il mantenimento degli standard di regolarità, qualità e sicurezza relativamente ai servizi da espletare (comma 3)». (5-00248)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CANCELLERI, NUTI, MANNINO, VILLAROSA, GRILLO, DI BENEDETTO, MARZANA, LOREFICE, D'UVA, RIZZO, LUPO, DI VITA e CURRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema delle strade provinciali è parte rilevante del trasporto in Sicilia e spesso è l'unico sistema di collegamento tra comuni della stessa provincia e tra province diverse svolgendo un ruolo decisivo di interconnessione soprattutto nell'entroterra;
   la zona del Vallone e in particolare Mussomeli ha sempre avuto una precaria viabilità soprattutto provinciale. Vero è che l'orografia del territorio e la natura dei terreni non aiuta, ma proprio perché così particolarmente vulnerabile, gli interventi manutentivi dovrebbero essere svolti costantemente e la realizzazione di nuove opere dovrebbe tenere conto della natura argillosa dei terreni predisponendo opere d'arte di contenimento e salvaguardia;
   la zona nord della provincia di Caltanissetta, ad oggi, risulta completamente abbandonata per quanto riguarda la viabilità: la strada Mussomeli-Cordovese-Bivio Valle, per esempio, è chiusa al transito così come la vecchia strada provinciale 23 che nel tratto tra il Bivio Valle e Bompensiere non è transitabile per problemi statici ai ponti sui torrenti ed inoltre è interessata da frane, rendendo il fondo stradale in diversi punti completamente andato;
   anche la strada provinciale 38 dal Bivio Valle al Bivio Miniere Bosco è interessata in alcuni tratti da restringimenti di carreggiata molto pericolosi e deviazioni in loco su viabilità laterale per la presenza di vere e proprie voragini apertesi nel manto stradale;
   per quanto riguarda il confine della provincia nissena con la provincia di Agrigento, le cose non sono migliori: da poco è stata aperta una nuova strada veloce di proprietà della provincia di Agrigento, che congiunge la strada provinciale n. 16 Mussomeli-Acquaviva Platani in contrada Salina con la strada statale n. 189 ma che sta per essere chiusa al transito perché vi sono due zone di frana molto pericolose con cedimenti che interessano la quasi totalità della carreggiata stradale;
   anche dalla parte del confine sempre della provincia nissena con la provincia di Palermo, vi è un'altra grossa frana che interessa la strada provinciale che prosegue da via Salvatore Quasimodo a Mussomeli;
   anche la provincia agrigentina risente del grave problema della viabilità secondaria. A titolo di esempio riporto la situazione della strada provinciale 26 che, insieme alla strada statale 189, rappresenta un importante collegamento viario dei paesi della comunità montana in cui è stata rilevata l'insufficienza delle opere di protezione che rappresentano situazioni di pericolo per il transito veicolare e la carenza di segnaletica orizzontale segna-limiti. L'intero tratto risulta avere una serie di danni causati dalla carenza di manufatti per mantenere l'integrità delle scarpate;
   il rischio di rimanere isolati è veramente elevato, non solo sulla viabilità da e per Caltanissetta ma anche per quella da e verso Palermo e da e verso Agrigento; inoltre, tali paesaggi sono già stati più volte teatro di numerosi incidenti, anche mortali;
   con la legge n. 296 del 2006, sono stati stanziati dei fondi, in tre annualità (2007-2009), per un piano straordinario per l'ammodernamento ed il potenziamento della viabilità secondaria esistente in Sicilia, ma il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, ha destinato tali fondi ad altre finalità –:
   se non si ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa che, come già previsto dalla legge n. 296 del 2006, preveda un piano straordinario per l'ammodernamento e il potenziamento della viabilità secondaria esistente in Sicilia. (4-00693)


   BLAZINA, MALISANI, ROSATO e ZANIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   sul sito di Trenitalia – azienda privata che gestisce un servizio pubblico – nella parte dedicata agli utenti per la richiesta di iscrizione a «CartaFRECCIA», c’è una scheda relativa ai dati personali dell'utente;
   in tale scheda, inserendo come provincia di nascita quella di Trieste o di Gorizia, si apre l'elenco dei comuni di tali province, nell'ambito del quale c’è un lungo elenco di comuni che fanno parte della vicina Repubblica di Slovenia. Tra di essi ci sono: Sesana, Corgnale, Divaccia San Canziano, Duttogliano, Postumia Grotte, Aidussina, Caporetto, Oppacchiasela ed altri;
   oltre a ciò va rilevato che alcuni comuni delle province di Trieste, Gorizia e Udine, pur rientrando nel territorio bilingue, come da legge di tutela della minoranza slovena n. 38 del 2001, ed avendo anche ufficialmente la denominazione bilingue, vengono riportati nel sito Trenitalia in modo solo parzialmente corretto;
   le gravi inesattezze presenti nell'elenco sono state già rilevate e ufficialmente stigmatizzate negli anni passati, a fronte dell'utilizzo di tale elenco erroneo e incompleto anche sui siti di amministrazioni pubbliche;
   la situazione è causa di diffusi malumori tra la popolazione dell'area transfrontaliera di Italia e Slovenia e di spiacevoli tensioni con gli organismi istituzionali di quest'ultima –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tale situazione e se intendano in tempi rapidi provvedere affinché, in tutti i siti di amministrazioni pubbliche ed aziende che svolgono servizio pubblico, l'elenco dei comuni facenti parte delle province di Trieste e Gorizia contenga soltanto i comuni appartenenti alla Repubblica italiana e, per i comuni appartenenti all'area tutelata dalla legge n. 38 del 2001, venga rispettata la denominazione bilingue. (4-00697)


   PAOLUCCI, EPIFANI, AMENDOLA, BONAVITACOLA, BOSSA, DEL BASSO DE CARO, IMPEGNO, MANFREDI, PALMA, GIORGIO PICCOLO, SALVATORE PICCOLO, ROSTAN, TARTAGLIONE e VALERIA VALENTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   il porto di Napoli ha movimentato nel 2012 circa 7.500.000 passeggeri, di cui circa 6.200.000 con traghetti e circa 1.200.000 con le crociere;
   nello stesso porto sono stati movimenti nel 2012 circa 547.000 container;
   questo dato risulta in crescita, nonostante l'attuale situazione di crisi economica, rispetto al 2011 di circa il 4 per cento; questo incremento consolida un trend di crescita che si registra ormai da circa un decennio, basti pensare che nel 2004 il porto movimentava circa 350.000 container con un incremento del 40 per cento;
   il porto di Napoli è il sesto in Italia per movimentazione merci dopo i porti di Gioia Tauro, Genova, La Spezia, Taranto e Livorno;
   dopo il porto di Genova e Gioia Tauro, il porto di Napoli rappresenta il principale nodo di scambio container da e per la Cina;
   per la rilevanza economica delle attività dirette del porto di Napoli e dell'indotto commerciale e turistico, questo rappresenta sicuramente la principale funzione produttiva della città di Napoli e tra le principali dell'intera regione Campania;
   il porto di Napoli rappresenta il cardine del sistema logistico campano;
   la regione Campania, in ragione della rilevanza delle attività del porto di Napoli, e della funzione di cardine del sistema logistico della Campania ha inserito il «Grande progetto porto di Napoli» tra i 19 grandi progetti della programmazione dei fondi europei;
   detta programmazione definisce complessivamente l'allocazione di 2.800 milioni di euro di finanziamenti comunitari a valere sul POR (Programma operativo regionale);
   «Grande progetto porto di Napoli» costituisce un investimento complessivo di 335 milioni di euro, di cui 240 milioni (fondi Fesr) per il potenziamento di varie infrastrutture portuali e 95 milioni (fondi azione e coesione) per il rafforzamento del raccordo alla rete ferroviaria nazionale;
   il progetto, ai fini della effettiva realizzabilità, deve essere recepito dal Piano regolatore di scalo (Prp);
   il Piano regolatore di scalo (Prp) del porto di Napoli è stato modificato, rimodulato e approvato nel luglio del 2012 anche al fine di poter acquisire i fondi Unione europea;
   in data 6 febbraio 2013 il Prp è stato trasmesso al Consiglio superiore dei lavori pubblici;
   nel marzo 2013 il Consiglio superiore dei lavori pubblici, dopo aver esaminato il piano, lo ha restituito all'autorità portuale con richiesta di integrazioni, avendo riscontrato carenze su aspetti pianificatori e procedurali in quanto: «... La proposta di piano è pervenuta priva del Rapporto ambientale» e, inoltre, che «... La documentazione esaminata non appare particolarmente approfondita in tema di protezione ambientale, della sicurezza e salute pubblica ... La delocalizzazione e ricollocazione delle funzioni di approvvigionamento di prodotti petroliferi è stata prospettata senza alcuna menzione delle soluzioni tecniche delineate»;
   la regione Campania, in data 21 ottobre 2011, notificava alla Commissione europea il «Grande progetto porto di Napoli»;
   nel mese di ottobre 2011 la Commissione europea, esaminata la proposta di candidatura, ha ritenuto eleggibile a finanziamento il «Grande progetto porto di Napoli»;
   la Commissione europea, in data 30 luglio 2012, ha formulato molteplici osservazioni sull'incompatibilità del progetto con le politiche comunitarie, nello specifico in merito ai così detti aiuti di Stato;
   ad oggi, occorre notificare gli atti relativi al «Grande progetto porto di Napoli» alla direzione generale (Ue) della concorrenza, al fine di dimostrare che i finanziamenti in questione non sono considerabili aiuti di Stato;
   con decreto ministeriale n. 99 del 18 marzo 2013, nonostante siano pervenute al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal novembre 2012 le indicazioni alla nomina di presidente dagli enti locali, è stato nominato Dassatti, a decorrere dal 22 marzo 2013, Commissario straordinario dell'autorità portuale di Napoli;
   il giorno 8 maggio 2013 sono stati firmati i decreti dirigenziali di ammissione a finanziamento per altri 4 grandi progetti regionali sono sedici su diciannove i grandi progetti ammessi a finanziamento;
   ad oggi mancano ancora i due decreti di ammissione a finanziamento che riguardano il porto di Napoli e il porto di Salerno;
   entro il 4 febbraio 2013 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti doveva procedere, «previa intesa con la Regione Campania», alla nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Napoli «nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio industria, artigianato e agricoltura (...)»;
   alla data del 4 febbraio 2012 risultavano pervenute al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quattro designazioni separate, inviate rispettivamente dal presidente della provincia di Napoli, dal sindaco di Napoli, dal sindaco di Castellammare di Stabia e dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Napoli;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto ministeriale n. 99 del 18 marzo 2013, ha provveduto a nominare, a far data dal 22 marzo 2013, commissario straordinario dell'autorità portuale l'attuale presidente;
   il 22 maggio 2013 sono state battute dall'ANSA due dichiarazioni del presidente della regione Campania Stefano Caldoro, che ha dichiarato di essere pronto a ritirare il grande progetto per il porto di Napoli in quanto «tutti dovrebbero remare nella stessa direzione, invece non è così», riferendosi in parte a soggetti istituzionali, tra i quali c’è chi non è convinto, i sindacati e ricordando la conflittualità interna al porto –:
   per quale motivo non si sia, a tutt'oggi proceduto alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Napoli, organo scaduto dal 4 febbraio 2013, considerato che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal novembre 2012 ha ricevuto le indicazioni dagli enti locali per la nomina;
   quale ruolo si ritenga debba essere svolto dal porto di Napoli, anche in prospettiva di lungo periodo, nell'ambito del sistema portuale nazionale;
   quali iniziative siano state intraprese, di concerto con la regione Campania, al fine di dimostrare alla direzione generale (Ue) della concorrenza che i finanziamenti relativi al grande progetto porto di Napoli non sono considerabili aiuti di Stato;
   quali siano in dettaglio, gli adempimenti amministrativi necessari alla conclusione dell’iter di ammissione a finanziamento del «Grande progetto porto di Napoli»;
   qualora l'amministrazione regionale decidesse di non concludere l’iter amministrativo per il finanziamento del «Grande progetto porto di Napoli», se sia a conoscenza di quali siano altre opere infrastrutturali alle quali sarebbero destinabili i finanziamenti, anche alla luce dell'esigenza di concludere l'intero iter entro pochi mesi;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per arrivare, al più presto, alla nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Napoli conformemente al dettato della legge 28 gennaio 1984 n. 84 e, previa adeguata istruttoria sulla stretta osservanza dei requisiti professionali richiesti per la nomina ad incarico di particolare rilevanza e responsabilità, nonché «previa intesa con la regione Campania... (omissis). ..nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura...» ciò al fine di ripristinare, nell'immediato, una situazione di piena funzionalità della presidenza dell'autorità portuale stessa.
(4-00707)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   a seguito della condanna del senatore Berlusconi a quattro anni di detenzione e cinque di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale nell'ambito del processo sui «diritti tv Mediaset», confermata in data 8 maggio 2013 dalla corte di appello di Milano, nonché della successiva richiesta, da parte della procura di Napoli, di rinvio a giudizio per corruzione e finanziamento illecito ai partiti per la cosiddetta «compravendita di senatori», sabato 11 maggio 2013, a Brescia, si è svolta una manifestazione nazionale organizzata dal Popolo della Libertà – abbinata ai comizi elettorali per la tornata elettorale amministrativa del 26 e 27 maggio 2013 – recante il titolo «Tutti con Silvio – vieni anche tu !» la quale, secondo una nota ufficiale dello stesso Popolo della Libertà, invitava il partito a «scendere in piazza in difesa di Silvio Berlusconi»;
   durante il corso di tale manifestazione, il senatore Berlusconi, dicendosi amareggiato per «l'assedio e la violenza dell'ultima settimana» contro la propria persona, ha espressamente accusato lo «stato della giustizia» di calpestare «il diritto alla libertà dei cittadini» nonché di intervenire nella vita democratica del Paese per eliminare politicamente lo stesso senatore Berlusconi: conseguentemente, l'Italia sarebbe ormai «un Paese malato, una democrazia malata»;
   a tale manifestazione ha aderito il segretario del Popolo della Libertà, Ministro dell'interno nonché vicepresidente del Consiglio dei ministri, preannunciando altresì la propria partecipazione attraverso il tweet «Oggi pomeriggio a Brescia, Tutti a fianco al Presidente Berlusconi»;
   in data 28 aprile 2013 il Ministro interpellato nonché vicepresidente del Consiglio dei ministri, ha prestato giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, ricoprente anche la carica di Presidente del Consiglio superiore della magistratura, pronunciando la seguente formula rituale indicata all'articolo 1, comma 3, della legge n. 400 del 1988: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione»;
   in base al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 330, tra le principali funzioni attribuite al Ministero dell'interno, vi è quella di assicurare la tutela dell'ordine e della sicurezza e coordinamento delle forze di polizia;
   in virtù degli articoli 101 e 104 della Costituzione, «La giustizia è amministrata in nome del popolo», «I giudici sono soggetti soltanto alla legge» e «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere»;
   la spontanea presenza di una personalità investita di così rilevanti e delicati incarichi istituzionali sul palco di una manifestazione impropriamente (ma esplicitamente) finalizzata a difendere il singolo imputato senatore Berlusconi è ad avviso degli interpellanti già di per sé chiaramente inopportuna;
   tale inopportunità si palesa con incontrovertibile evidenza se si considera, in particolare, che sul palco in questione si assisteva alla paradossale enunciazione di slogan tipici di un comizio di partito indirizzati contro l'attività – costituzionalmente regolata e garantita – di magistrati impegnati nello svolgimento delle proprie funzioni pubbliche;
   in virtù di quanto poc'anzi esposto, nascono fondati dubbi in capo alla capacità del vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'interno di poter ricoprire, in ossequio al ricordato giuramento, i propri incarichi istituzionali in seno all'Esecutivo nell'esclusivo interesse della nazione;
   la precipua funzione del Ministero dell'interno relativa alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubbliche non può prescindere da un indispensabile, leale ed efficiente coordinamento con l'autorità giudiziaria, quest'ultima tuttavia a giudizio degli interpellanti sostanzialmente delegittimata dallo stesso vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'interno che, in qualità di segretario del Popolo della Libertà, non può che considerarsi il principale ideatore e responsabile politico della citata manifestazione a difesa dell'imputato senatore Berlusconi nei confronti del sistema giudiziario italiano;
   la presente interpellanza urgente fa seguito ad una tempestiva richiesta del gruppo parlamentare alla Camera del MoVimento 5 Stelle, di ricevere un'informativa urgente del vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'interno su quanto accaduto a Brescia, informativa mai avvenuta per la sostanziale indisponibilità sin qui manifestata del Governo a riferire, sul punto, al Parlamento –:
   se condivida le valutazioni espresse dal senatore Berlusconi durante la ricordata manifestazione, alla quale il Ministro interpellato ha convintamente aderito, secondo le quali lo stato della giustizia «calpesta il diritto alla libertà dei cittadini», dando pertanto luogo ad un «un Paese malato, una democrazia malata»;
   se non ritenga che la propria spontanea adesione e partecipazione ad una manifestazione organizzata in contrasto con un potere dello Stato costituzionalmente garantito sia incompatibile con l'obbligo di terzietà propedeutico ed inscindibilmente connaturato al giuramento di fedeltà alla Repubblica, di leale osservanza della Costituzione e delle leggi e di esercizio delle proprie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione.
(2-00077) «Bonafede, Paolo Bernini, Brescia, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Colonnese, Dadone, Del Grosso, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Ferraresi, Fico, Frusone, Silvia Giordano, Grillo, Lorefice, Mantero, Micillo, Nesci, Pesco, Rizzo, Ruocco, Sorial, Spadoni, Toninelli».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:


I Commissione:

   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 novembre 2012, la I Commissione permanente della Camera dei deputati ha approvato una risoluzione, la 8-00213, concernente le dotazioni assegnate al distaccamento dei Vigili del fuoco competente ad assicurare il soccorso tecnico urgente sul Lago di Garda ed, in particolare, il destino di una motobarca Serie 1000 o RAFF, che aveva dato ottima prova di sé nelle acque del grande specchio lacustre, anche in presenza di condizioni meteorologiche particolarmente avverse;
   dal momento che dell'unità RAFF si prevedeva il trasferimento ad altra sede, la parte dispositiva della predetta risoluzione 8-00213 impegnava il Governo a valutare l'opportunità di tornare sui suoi passi, mantenendo sul Lago di Garda la motobarca in questione o stanziandovi un'altra unità dalle prestazioni equivalenti in ogni condizione di tempo, prevedendo però in questo caso un periodo di affiancamento tra le due imbarcazioni –:
   se risulti se il Governo pro tempore abbia dato attuazione all'impegno previsto dalla risoluzione 8-00213 ed in ogni caso su quali imbarcazioni possa contare il distaccamento dei vigili del fuoco competente per il Lago di Garda alla vigilia dell'inizio della stagione estiva 2013.
(5-00244)


   FIANO e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le cronache dei giornali hanno riportato recentemente la triste vicenda di Cristian Ramos, ragazzo affetto da sindrome di down nato a Roma da madre colombiana, il quale, al compimento del diciottesimo anno lo scorso novembre 2012 si è visto negare la cittadinanza italiana;
   la signora Gloria Ramos, madre del ragazzo, si è recata all'ufficio anagrafe per completare le pratiche necessarie alla concessione della cittadinanza e per fissare la data per il giuramento, così come stabilito dalla legge n. 91 del 1992, che prevede che l'istanza possa essere presentata, per i nati in Italia, fino al compimento del diciannovesimo anno di età;
   la signora Ramos si è sentita dire dall'impiegata che il ragazzo, essendo affetto da sindrome down e dunque incapace di intendere e volere, non può ottenere la cittadinanza italiana perché impossibilitato a pronunciare il giuramento di fedeltà alla Repubblica italiana, e che altresì può ottenere la cittadinanza solo chi sia in grado di manifestare «autonomamente la propria volontà e il desiderio di diventare cittadino»;
   alla madre di Cristian è dunque stato consigliato tra l'altro di rivolgersi alla prefettura di Roma. I funzionari della prefettura hanno ribadito le stesse criticità sollevate dall'impiegata dell'anagrafe;
   la signora si è allora recata presso l'Associazione italiana persone Down ed è stata seguita dall'assistente sociale dottor Andrea Sinno che ha fatto conoscere il caso a trasmissioni televisive (Uno Mattina e I Fatti Vostri) e quotidiani (primo fra tutti l'Avvenire);
   è stata lanciata una campagna sulla piattaforma Change.org che in pochissimi giorni ha raccolto quasi 30.000 firme;
   il caso di Cristian ha suscitato un prevedibile clamore mediatico: il Ministro Cancellieri si è impegnata in prima persona per risolvere la questione attraverso una comunicazione non ufficiale, fatta pervenire via fax alle redazioni televisive, nella quale si fa presente che non è stata presentata istanza per la concessione della cittadinanza italiana e si comunica che il Ministro Cancellieri ha domandato al prefetto di Roma di contattare la madre per invitarla a presentarla;
   gli interroganti hanno incontrato, lo scorso 3 aprile, Cristian Ramos: all'incontro era presente anche la madre, Gloria Ramos, l'assistente sociale dell'Associazione italiana persone Down Andrea Sinno ed Elisa Finocchiaro di Change.org;
   dall'incontro è emerso che la prefettura non ha preso contatti con la madre di Cristian e che comunque la procedura per un ragazzo nato in Italia in genere si avvia presso gli uffici dell'anagrafe comunale, mentre il percorso suggerito dalla nota del Viminale riguarderebbe le persone immigrate e residenti in Italia da almeno 10 anni;
   la situazione è resa – se possibile – ancor più surreale dal fatto che Cristian è figlio di un genitore italiano, che, però, si è rifiutato di riconoscerlo: dunque Cristian sarebbe – a tutti gli effetti – già italiano per ius sanguinis;
   impedire a Cristian di accedere a tale diritto si traduce in un atto di discriminazione basata sul suo stato di persona con disabilità, che viola l'articolo 18 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18 del 2009 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'intera questione nella sua complessità e se non ritenga necessario ed urgente individuare una soluzione per una vicenda che sta di fatto, probabilmente a causa di difficoltà interpretative delle norme che la disciplinano, assumendo i contorni di una vera e propria discriminazione che impedisce a Cristian Ramos di diventare cittadino italiano, come sarebbe suo diritto. (5-00245)


   TONINELLI, DADONE, DIENI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, e previsti dal Testo Unico sull'immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), sono strutture di trattenimento degli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all'espulsione;
   secondo quanto riportato nel Rapporto di Medici Senza Frontiere, in questi centri «s'intrecciano in condizioni di detenzione storie di fragilità estremamente eterogenee tra loro da un punto di vista sanitario, giuridico, sociale e umano, a cui corrispondono esigenze molto diversificate» (Al di là del muro, abstract, Medici senza frontiere – Missione Italia, 2010);
   come risulta dall'indagine realizzata tra febbraio 2012 e febbraio 2013 da Medici per i diritti umani (MEDU) la struttura dei CIE è simile a quella dei centri di internamento. «L'inattività forzosa per prolungati periodi di tempo, in spazi angusti ed inadeguati, insieme all'incertezza sulla durata e l'esito del trattenimento, rendono il disagio psichico dei migranti uno degli aspetti più preoccupanti e di più difficile gestione all'interno dei centri» (Arcipelago CIE – Sintesi – MEDU, maggio 2013);
   da un punto di vista prettamente sanitario, le indagini MEDU evidenziano che «In generale all'interno dei CIE non è previsto personale medico specialistico anche laddove sarebbe certamente necessario»;
   a questo contesto a dir poco allarmante, va aggiunto che già nel 2008, in occasione della proroga del termine massimo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione da 60 a 180 giorni complessivi, si erano scatenate forti critiche in ambito giuridico. Come riportato nel Rapporto MEDU sopracitato, «Non solo la proroga viene concessa o negata senza contraddittorio fra le parti, ma al giudice non è neppure concesso di modulare la durata del trattenimento prorogato (...). Ed allora appare evidente il contrasto con due parametri costituzionali: il diritto di difesa e la riserva di giurisdizione in materia di libertà personale»;
   secondo il monitoraggio di Lunaria, associazione di promozione sociale, per i CIE lo Stato affronta una spesa di 55 milioni di euro l'anno, e ciò a fronte di risultati evidentemente scarsi. «Su 169.126 persone transitate nei centri tra il 1998 e il 2012, sono state soltanto 78.081 (il 46,2 per cento del totale) quelle effettivamente rimpatriate» (Ansa 30 maggio 2013) –:
   quali iniziative, anche normative, il Ministro intenda adottare al fine di risolvere le problematiche indicate in premessa. (5-00246)


   RAVETTO e GELMINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la violenza contro le donne è un crimine che purtroppo oggi più che mai rappresenta una drammatica emergenza e una realtà persistente e pervasiva che abbiamo il dovere di affrontare in quanto autentico pericolo sociale;
   il Parlamento è stato impegnato in queste settimane sia nella ratifica della Convenzione di Istanbul che nella discussione su mozioni concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne;
   in particolare il femminicidio è quasi sempre preceduto da altre forme di violenza sul corpo, la mente, l'emotività e gli affetti di una donna. Allarmante è infatti il legame tra l'omicidio e le violenze pregresse sulla vittima o su altre donne: nel 40 per cento dei casi emerge che la vittima di omicidio ha subito violenze (psicologiche, fisiche, sessuali e stalking);
   nel 2009, l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del reato di stalking è stata una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo e del Parlamento all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato;
   servono, comunque, altri segnali forti, come l'unificazione di tutte le informazioni in un'unica banca dati, che consenta alle forze dell'ordine e all'intero sistema dei servizi antiviolenza di reperire in tempi rapidi le notizie sulle vittime e sugli autori del reato –:
   quali siano i dati in merito alle denunce di violenza subita dalle donne, con particolare riferimento all'applicazione della nuova normativa introdotta nel 2009, anche in relazione ai dati sul femminicidio, e quali sono le iniziative che il Ministro interrogato intenda adottare, di intesa con gli altri Ministri competenti, per garantire maggiore incisività nel contrasto alla violenza di genere, soprattutto in merito ad un necessario coordinamento tra tutti i soggetti e le forze dell'ordine impiegate nell'intero sistema dei servizi antiviolenza. (5-00247)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul social network Facebook esistono da diversi anni pagine di inequivocabile orientamento (neo)fascista, quali: «I giovani fascisti italiani» (fondata nel 2010, con 60.365 fan al 30 maggio 2013); «Fascisti d'Italia» (fondata nel 2011, 10.778 fan); «Italia fascista» (fondata nel 2011, 45.853 fan);
   su tali pagine in passato sono state pubblicate e registrate, e vengono tuttora quotidianamente pubblicate e registrate, frasi, contributi e immagini inneggianti al fascismo, alla discriminazione razziale e sessuale, alla violenza e al crimine;
   il contenuto di tali pagine è illegale e costituisce una grave e inaccettabile violazione della libertà dei cittadini di non sentirsi minacciati e offesi da propaganda eversiva e da incitamenti all'odio e alla violenza;
   tale contenuto illegale è ulteriormente aggravato dal fatto che le suddette pagine non hanno un carattere privato ma sono accessibili a tutti, anche a minori, e hanno una diffusione notevole, dimostrata dalle migliaia di fan che le frequentano;
   molti utenti Facebook, siano essi fan o meno delle suddette pagine, hanno pubblicato frasi, contributi e immagini inneggianti al fascismo, alla discriminazione razziale e sessuale, alla violenza e al crimine; in particolare, insulti, anche di matrice razzista, e minacce sono stati rivolti da alcuni utenti verso l'attuale Ministra per l'integrazione e verso altre autorità della Repubblica;
   gli utenti che hanno pubblicato tali frasi, contributi e immagini oltraggiose e minacciose sono identificabili attraverso un nome e cognome, che nella maggioranza dei casi corrisponde verosimilmente a una identità reale e non fittizia;
   il dilagare di pagine Facebook di ispirazione fascista può essere frenato, come mostra la presenza trascurabile di pagine Facebook neonaziste nei Paesi di lingua tedesca e, più in generale, nel mondo (se si digita la parola tedesca «Nationalsozialismus» o quella inglese «Nazism» su Facebook, la ricerca genera un numero limitato di pagine inneggianti al nazismo e con fan nell'ordine delle decine di utenti);
   l'Italia risulta verosimilmente l'unica democrazia europea a tollerare un fenomeno così pervasivo e massiccio di apologia del fascismo, almeno per quanto riguarda il social network Facebook;
   nonostante le molteplici segnalazioni, fatte pervenire da utenti attraverso i canali predisposti dallo stesso social network, alla società Facebook, riguardanti i suddetti contenuti che incitano all'odio razziale e alla violenza, le predette pagine non sono state cancellate e i relativi contenuti non sono stati rimossi;
   la legge n. 645 del 1952 in materia di Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, sanziona chiunque pubblicamente esalti esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche;
   il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, in materia di Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa e convertito, con modificazioni, dalla Legge 25 giugno 1993, n. 205, sanziona «chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» e chi «in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»;
   il predetto decreto-legge n. 122, inoltre, vieta «ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi», sanzionando «chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività», «coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» e «chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi», nonché «chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche», prevedendo un'aggravante «se il fatto riguarda idee o metodi razzisti»;
   viste le seguenti dichiarazioni dell'allora Ministro per l'integrazione, Andrea Riccardi, riportate dalle agenzie di stampa il 27 gennaio 2013: «Vorrei, da Ministro dell'integrazione, esprimere il mio profondo rammarico per non essere riusciti a fare approvare una normativa efficace e stringente per colpire l'odio razziale su internet. È urgente che sia colmata questa lacuna legislativa inaccettabile» –:
   se siano state avviate indagini rispetto ai fatti descritti in premessa;
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, anche presso la società Facebook, per ripristinare la legalità e per far sì che in futuro la medesima società prevenga, attraverso un maggiore e più frequente controllo dei contenuti che attraverso di essa vengono pubblicati e diffusi, il verificarsi di tali gravi violazioni;
   se il Ministro sia in grado di individuare, per il tramite della polizia postale, gli amministratori di tali pagine e gli utenti che hanno espresso e pubblicato frasi, contributi e immagini inneggianti al fascismo, alla discriminazione razziale e sessuale, alla violenza e al crimine;
   se il Ministro intenda adottare iniziative, anche mediante la predisposizione di decretazione d'urgenza, che suppliscano alla grave assenza di una legislazione specifica, che persegua efficacemente reati commessi sul web, quali l'incitamento all'odio razziale e sessuale, alla violenza e al crimine nonché l'esaltazione del fascismo. (5-00235)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da recenti notizie di stampa si apprende che il commissariato di pubblica sicurezza di Catanzaro Lido (Giovino), dopo anni di attività a favore della collettività locale sul territorio, rischia la chiusura;
   la struttura della polizia di Stato di Giovino è stata istituita nel novembre del 2006, dopo una lunga serie di istanze presentate da esponenti del sindacato di polizia ed in particolare di rappresentanti del Sap, entrati successivamente a far parte del Cosip;
   l'importanza di mantenere aperto questo presidio è tale in quanto sul territorio le infiltrazioni di associazioni malavitose, appartenenti anche a gruppi della comunità rom e la microcriminalità rendono il concetto di sicurezza molto precario;
   privarsi di questo presidio renderebbe i cittadini non sufficientemente protetti, pertanto, se non si manterrà attivo il commissariato, a fronte dell'ennesima decurtazione della pianta organica e della mancata assegnazione di nuovo personale, si potrebbero creare ripercussioni sulla percezione della sicurezza da parte dei cittadini;
   appare evidente che è proprio da questi luoghi piccoli e relativamente tranquilli, che arriva l'appello ad allargare il concetto di sicurezza dall'emergenza criminalità alla vivibilità quotidiana;
   a Catanzaro Lido l'aumento di crimini scarsamente visibili come le estorsioni, lo spaccio delle sostanze stupefacenti, droghe leggere e pesanti, distribuite, purtroppo, anche nei pressi delle scuole del quartiere, delinea una sempre più dilagante insicurezza dei cittadini, e manifesta una generale precaria situazione sociale;
   il commissariato di Catanzaro Lido, a fronte di una operatività di quaranta unità, si ritrova allo stato attuale con diciotto poliziotti e due impiegati civili, organico che non assicura la copertura dei turni di lavoro;
   questo nuovo assetto organizzativo non è sufficiente ad affrontare le sfide che continuamente vengono lanciate dalla criminalità organizzata e determinerà, se non sopraggiungeranno mirati interventi tesi all'ampliamento dell'organico, gravi problemi di stabilità sociale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'eventuale possibilità di procedere alla chiusura del commissariato di Catanzaro Lido, ubicato in una area geograficamente svantaggiata con difficili problematiche occupazionali;
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere con la massima urgenza tutte le iniziative indispensabili per garantire la presenza funzionale del suddetto commissariato, integrando anche l'organico previsto, considerata la circostanza che si trova in una area di particolare interesse turistico che necessita di controlli adeguati e di una presenza costante delle forze dell'ordine a tutela della tranquillità e sicurezza di residenti e villeggianti.
(4-00683)


   BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il piano di riorganizzazione generale della flotta di imbarcazioni dei vigili del fuoco sta togliendo al servizio di soccorso ed antincendio la disponibilità di una specifica imbarcazione di soccorso, dislocata sul Lago Maggiore, denominata VFRAFF (Rescue and Fire Fighter) sostituendola con un gommone di tipo semicabinato, inadatto e con potenzialità assolutamente inferiori;
   l'imbarcazione RAFF risulta essere l'unico mezzo attualmente operante su tutto il Lago maggiore sulle cui sponde si affacciano oltre la Svizzera nella parte Nord, le province di Verbania, Novara e Varese;
   su tutto il Lago Maggiore, secondo per estensione in Italia, si registra un incessante e intenso traffico di motonavi delle società di servizio pubblico di linea «Navigazione Laghi» con una notevole affluenza di passeggeri oltre al servizio di traghetti sulla linea «Intra – Laveno» che collega le sponde Piemontese e Lombarda del Lago;
   nello specchio d'acqua antistante la città di Stresa operano inoltre 60 imbarcazioni private (con portata media di 30 passeggeri) adibite a trasporto pubblico verso le isole Borromee, che con edifici storici, musei e giardini, costituiscono una meta turistica di fama mondiale: si stima che la consistenza del flusso nautico interno sia secondo, in Italia, solamente a quello della Laguna di Venezia;
   il dipartimento dei vigili del fuoco ha assegnato dall'anno 2006 l'imbarcazione RAFF al comando vigili del fuoco del Verbano-Cusio-Ossola e da allora sono stati effettuati centinaia di interventi di soccorso, salvando anche delle vite umane;
   il comando vigili del fuoco del Verbano-Cusio-Ossola organizza regolarmente, da diversi anni, numerosi corsi di formazione indirizzati al personale operativo vigili del fuoco di tutta la regione e di tutto il territorio nazionale per il conseguimento delle previste abilitazioni al soccorso in ambito acquatico oltre alla formazione ed aggiornamento del personale effettivo del Verbano-Cusio-Ossola che è stato formato e possiede le abilitazioni previste per il soccorso in acqua;
   il gommone consegnato al comando del Verbano-Cusio-Ossola dotato di caratteristiche notevolmente inferiori all'imbarcazione RAFF attualmente operante in quanto non è stato concepito per il servizio antincendi ed infatti presenta potenzialità limitate a tale servizio, quali la portata delle pompe antincendio molto inferiore; inoltre quasi nulla è la possibilità di caricare in cabina dispositivi di protezione individuale ed attrezzature di soccorso e di antincendio, inoltre lo scafo con tubolari di gomma risulta essere assolutamente inidoneo ad un servizio antincendio;
   il suddetto gommone semicabinato non risulta essere di nuova fabbricazione ma proveniente da un altro comando di una località di mare, ormai in disuso, presenta diversi problemi e malfunzionamenti dovuti a vetustà e a mancati interventi di manutenzione che lo rendono inidoneo alla messa in servizio; addirittura l'imbarcazione risulta priva del necessario certificato di collaudo periodico –:
   se non ritenga necessario prendere al più presto provvedimenti affinché si possa ristabilire un servizio idoneo al mantenimento della necessaria sicurezza dei vigili del fuoco e garantire, così, l'indispensabile protezione dei cittadini che intendano navigare sul lago maggiore. (4-00684)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è notizia dei giorni scorsi che nelle province di Como, Monza, Milano, Brescia, Bergamo e Vibo Valentia, i carabinieri del Gruppo di Monza hanno eseguito sequestri preventivi ritenuti collegati alla cosca della ’ndrangheta dei Mancuso, scaturiti nell'ambito di una maxi inchiesta denominata «Sunrise» e condotta dal Nucleo investigativo di Monza;
   non si tratta di un episodio isolato, ma bensì l'ultimo di una lunga serie, tanto che come si evince dal recente studio di Transcrime dell'Università Cattolica di Milano, i clan investono a Como trenta volte di più di quanto facciano a Palermo;
   il territorio di Como e provincia, zona di confine e di transito verso la Svizzera e dunque corridoio di passaggio di soldi provenienti da attività illecite, è più facilmente permeabile alle infiltrazioni malavitose e necessita pertanto di particolare attenzione;
   la presenza di attività della criminalità organizzata nella zona mette a serio rischio l'economia comasca sana, ma anche particolarmente fragile in questo momento a causa della forte crisi economica in atto;
   occorre dare una risposta urgente e decisa, dando segnale della presenza delle istituzioni nella lotta alla mafia e soprattutto incrementando le azioni di contrasto a tali fenomeni, proseguendo su quanto fatto dal Ministro dell'interno pro tempore Maroni, a cui si deve l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata per restituire gli stessi alla collettività più velocemente, il codice Antimafia e tutte le altre misure contenute nel pacchetto sicurezza;
   tali misure avevano portato a risultati straordinari nella lotta alla mafia: da maggio 2008 a luglio 2011 (fonte Ministero dell'interno) 9.085 i mafiosi arrestati, di cui 32 latitanti di massima pericolosità, 470 latitanti totali tratti in arresto, per un totale di 818 operazioni di polizia giudiziaria, 55.087 beni sequestrati per un valore di 25,3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo e 792 milioni destinati al Fondo unico di giustizia –:
   se non ritenga opportuno convocare una riunione della Commissione antimafia a Como o nella zona del Lario, e se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quale sia la situazione attuale della zona;
   quali misure o interventi urgenti il Ministro intenda predisporre per garantire un maggior controllo e monitoraggio della stessa, quali e quanti beni siano stati ad oggi sequestrati o confiscati e quanti assegnati per le prioritarie finalità istituzionali e sociali previste dalla legge ed infine quali iniziative intenda assumere per modificare l'attuale legge sul soggiorno obbligato onde evitare che la delinquenza organizzata di stampo mafioso o criminale possa diffondersi in luoghi dove è meno diffusa o addirittura assente, come invece purtroppo è accaduto nel passato con il soggiorno obbligato. (4-00687)


   GOZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e Save the Children – che dal 2006 operano come partner nell'ambito del progetto Praesidium finanziato dal Ministero dell'interno – hanno dichiarato che dall'inizio dell'anno sono stati centinaia i migranti egiziani e tunisini rimpatriati senza avere avuto la possibilità di entrare in contatto con le organizzazioni umanitarie, che svolgono un'importante attività di tutela nei confronti di persone bisognose di protezione tra cui rifugiati, vittime di tratta e minori non accompagnati. Secondo le convenzioni che tali organizzazioni hanno stipulato con il Ministero dell'interno, esse hanno il compito di assistere i migranti che sbarcano sulle coste italiane per garantire il rispetto dei loro diritti e delle procedure di accoglienza;
   il mancato accesso delle organizzazioni ai migranti è stato criticato anche da François Crepeau, special rapporteur delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti al termine della sua missione in Italia del mese di ottobre 2012 e sembrerebbe riguardare esclusivamente i cittadini di nazionalità tunisina ed egiziana per i quali sembra che vi siano degli accordi di riammissione specifici ma non pubblici;
   come già accaduto più volte, anche il 30 aprile 2013, per diverse ore, alle organizzazioni è stato negato l'accesso ai 78 migranti egiziani sbarcati a Siracusa, tra cui 25 minori non accompagnati. Le organizzazioni, così come stabilito anche dalla convenzione con il Ministero dell'interno, avevano richiesto di poter incontrare i migranti a conclusione delle ordinarie operazioni da parte delle forze dell'ordine e prima che fossero adottati provvedimenti lesivi che riguardassero il loro status giuridico, come eventuali misure di allontanamento dal territorio italiano. Solo dopo l'ingresso delle organizzazioni sul luogo di sbarco, 5 cittadini egiziani cristiani copti hanno potuto presentare richiesta di asilo;
   in data 7 maggio 2012, sono arrivati in Calabria a Cariati (provincia di Cosenza) altri 70 migranti egiziani e nuovamente alle organizzazioni è stato consentito di parlare soltanto con i minori, identificati come tali dalle forze dell'ordine e solo dopo l'intervento della garante regionale per diritti dei minori della regione Calabria, mentre gli altri migranti sono stati rimpatriati senza aver potuto vedere le organizzazioni;
   in questi mesi l'UNHCR, l'OIM e Save the Children hanno più volte ribadito che comprendono l'importanza che lo Stato eserciti il legittimo controllo delle frontiere nell'ambito di flussi migratori misti, la necessità di effettuare indagini e di rispettare eventuali esigenze di ordine pubblico;
   le organizzazioni hanno fatto però presente che tali circostanze non possono fare venire meno la necessità di tutelare i diritti di tutti i migranti, a prescindere dal Paese di origine degli stessi, e hanno chiesto alle autorità che venga concesso loro la possibilità di svolgere pienamente le attività di tutela previste dal proprio mandato e dalle rispettive convenzioni con il Ministero –:
   per quale motivo l'accesso alle organizzazioni sia negato e le esigenze di effettuare verifiche vengano sollevate soltanto quando sbarcano cittadini egiziani e tunisini e non anche quando gli arrivi via mare riguardano altre nazionalità (ad esempio eritrei, somali, nigeriani), considerato che si immagina che le stesse indagini vengano effettuate anche in questi casi;
   quale sia il contenuto degli accordi di riammissione con il Governo tunisino ed egiziano, e quali siano le procedure poste in essere per l'identificazione della nazionalità dei migranti;
   quali iniziative intendano assumere per garantire all'UNHCR, all'OIM e a Save the Children di avere accesso a tutti i migranti che sbarcano sulle coste italiane, indipendente dalla loro nazionalità – e prima che nei loro confronti vengano presi dei provvedimenti lesivi, come il rimpatrio forzato. (4-00690)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le enormi difficoltà dei comuni a garantire un'adeguata qualità dei servizi ai cittadini, soprattutto in un contesto economico come quello che stiamo vivendo;
   la difficoltà dei comuni a garantire anche i servizi di normale manutenzione di strade, marciapiedi, piazze, verde pubblico, arredo urbano, di decoro e pulizia degli spazi pubblici;
   l'esigenza di contenimento della spesa pubblica, che negli ultimi anni si è tradotta in una drastica riduzione dei trasferimenti agli enti locali;
   i vincoli di spesa imposti dalla «spending review» e dal «turnover», per il quale ogni comune nella spesa per il personale non può superare l'importo dell'anno precedente e procedere alla copertura solo del 40 per cento di eventuali posti vacanti per pensionamenti, licenziamenti e altro;
   a norma dell'articolo 70, decreto legislativo n. 276 del 2003 e successive modificazioni e integrazioni, si ricomprendono tra le voci che compongono la spesa per il personale, anche le prestazioni lavorative saltuarie e di breve durata, impedendo nei fatti l'utilizzo di prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico   –:
   se il Governo abbia preso o intenda prendere in considerazione l'ipotesi di assumere iniziative per escludere dai vincoli di spesa per il personale brevi, saltuari, motivati incarichi di lavoro che i comuni possono attribuire per far fronte alle esigenze di cui sopra, a persone inoccupate, disoccupate, titolari di ammortizzatori sociali normali e in deroga. (4-00691)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   da circa un mese, secondo un articolo pubblicato in data 3 giugno 2013 dal quotidiano «La Repubblica», a firma di Chiara Spagnolo, sono decine i richiedenti asilo di varie etnie che sopravvivono per strada a Lecce, senza alcuna tutela, ossia in condizioni disumane;
   la questura di Lecce, in un documento inviato agli interessati, ha specificato che non è possibile accogliere nell'immediatezza presso un CARA (centro di accoglienza per richiedenti asilo) le persone succitate, per indisponibilità di posti;
   tale situazione costituisce ad avviso dell'interrogante una palese lesione dei diritti dei richiedenti asilo, in virtù dell'articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008: «...negli altri casi il richiedente è ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario all'esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni...»;
   la situazione appena descritta comporta rischi per l'incolumità dei richiedenti asilo e per la pubblica sicurezza, considerate le possibili tensioni che potrebbero crearsi a causa delle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere;
   il Governo italiano, negli ultimi anni, è stato oggetto di moniti da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo rispetto alla mancata osservanza dei diritti dei migranti sul suolo italiano e al trattamento disumano e degradante degli ospiti all'interno dei centri di accoglienza;
   l'interrogante ha più volte pubblicamente denunciato la grave situazione di sovraffollamento dei centri di ospitalità per i migranti, e in particolare del CARA di Bari. Una situazione questa decisamente inaccettabile per i migranti ospitati e per gli operatori –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione dei richiedenti asilo;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione all'interno dei CARA italiani, rispetto al numero effettivo delle persone ospitate e alle condizioni igienico sanitarie e sociali dei migranti;
   se i Ministri interrogati siano conoscenza del fatto che, come risulta all'interrogante, le presenze all'interno del CARA di Bari siano molto superiori rispetto ai numeri previsti nel contratto con l'ente gestore;
   se i Ministri interrogati siano conoscenza del fatto che i tempi di accesso alla procedura di domanda di protezione internazionale sono di gran lunga superiori da quanto stabilito dal decreto legislativo n. 251 del 2007 e successive modificazioni e integrazioni, nonché della recente circolare del Ministero dell'interno n. 400/C/2013 dell'8 febbraio 2013 che ricorda come la domanda di asilo si considera presentata a seguito dell'avvenuta «manifestazione di volontà dell'interessato», che vi deve essere contestualità tra detta manifestazione di volontà e la ricezione amministrativa della domanda tramite modulo «C3» e che la mancata applicazione di dette norme comporta il determinarsi di situazioni di «sospensione» dei diritti connessi alla richiesta di asilo, con conseguenze di particolare gravità nei confronti dei soggetti più vulnerabili;
   quali iniziative urgenti il Governo intenda porre in essere affinché si giunga ad una immediata soluzione delle problematiche anzidette;
   se i Ministri intendano, e in quali forme, promuovere un processo di revisione dell'intero sistema di protezione internazionale dalla fase di accesso alla procedura dell'accoglienza. (4-00698)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto con decreto che a partire dal presente anno scolastico agli studenti che vorranno iscriversi ad un corso di laurea ad accesso programmato, venga valutato il percorso scolastico;
   il criterio è in sé valido se non contenesse molte incongruenze e disparità di trattamento;
   infatti gli studenti che hanno ottenuto una votazione pari o superiore a 80/100 potrebbero aver diritto ad un bonus che varia da 4 a 10 punti;
   questo dato si desume dalla distribuzione in percentili (cioè la percentuale di popolazione superata con una data prestazione) dei voti ottenuti dagli studenti che hanno conseguito la maturità nella stessa scuola nell'anno scolastico precedente;
   in poche parole per avere un massimo di 10 punti bisognerà diplomarsi con un punteggio che l'anno scorso è stato superato soltanto dal 5 per cento degli studenti della medesima scuola;
   mentre per ottenere 8 punti occorrerà raggiungere o superare il punteggio superato dal 10 per cento degli studenti dell'anno scorso;
   si rileva una grave contraddizione tra studenti che frequentano lo stesso tipo di scuola pubblica in due realtà territoriali differenti e che ottengono lo stesso risultato finale agli esami di stato e un differente bonus di ingresso all'università;
   la situazione poi si aggrava ulteriormente nel momento in cui consideriamo le scuole paritarie che spesso operano come veri e propri «diplomifici» per alunni che non riescono a conseguire promozioni e titoli di studio nella scuola pubblica;
   le conseguenze della scelta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sarebbero:
    a) disparità di trattamento tra studenti che frequentano la stessa tipologia di scuola a livello nazionale;
    b) disparità di trattamento tra studenti che frequentano i licei e studenti che frequentano gli istituti tecnici e professionali;
    c) disparità tra studenti della scuola pubblica con quelli delle scuole paritarie –:
   se non intenda rivedere con estrema urgenza tale decreto per evitare disparità gravi tra gli studenti che concorrono alle università con accesso programmato.
(4-00688)


   MARCON, COSTANTINO, DURANTI, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO e PIRAS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 2 giugno il giornale Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo di Emanuele Piovesana dal titolo «Festa della Repubblica Armata» in cui si elencano tutti gli investimenti e le spese per armamenti;
   in questo articolo si afferma che 42 milioni di euro sarebbero stati presi dal bilancio del Ministero della pubblica istruzione per sostenere i costi di una nave della marina militare di appoggio alle forze speciali e di soccorso ai sommergibili;
   i finanziamenti all'istruzione in Italia sono al di sotto delle necessità e abbiamo un tasso di abbandono scolastico superiore alla media europea e un numero di laureati inoltre alla media europea;
   con 50 milioni di euro potrebbero finanziarsi circa 15 mila borse di studio per gli studenti;
   la Ministra Carrozza ha dichiarato che si sarebbe dimessa dal suo incarico in caso di tagli all'istruzione –:
   se corrisponda a verità quanto affermato in premessa, ossia che siano state sottratte risorse al bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il finanziamento di una nave militare;
   se il Ministro fosse a conoscenza e abbia condiviso questa scelta;
   cosa intenda fare il Ministro qualora non condivida questa scelta, per ridiscutere questa scelta e ripristinare i fondi stornati a favore di un investimento in una nave da guerra. (4-00699)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la riforma previdenziale del Governo Monti (cosiddetta «Riforma Fornero») contempla una «norma di salvaguardia» a tutela dei diritti pensionistici maturati prima della sua entrata in vigore;
   la stessa norma, pur stabilendo inequivocabilmente la non retroattività della riforma, non tiene conto delle disposizioni speciali vigenti per il comparto scuola, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, che vincola la cessazione del servizio nel comparto scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata», e all'articolo 59 della legge n. 449 del 1997, secondo il quale per «il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione del servizio ha effetto dall'inizio dell'anno scolastico e accademico con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno»;
   nonostante la presenza di questa norma speciale per i lavoratori della scuola che li vincola inevitabilmente all'anno scolastico, la riforma del Governo Monti, emanata nel mezzo dell'anno scolastico, ha prodotto sui lavoratori di tale comparto un effetto retroattivo: essi, infatti, non hanno potuto far valere, ai fini del pensionamento secondo la normativa previgente, i requisiti maturati nell'anno scolastico 2011-2012;
   in data 26 gennaio 2012 la Camera dei deputati ha accolto l'ordine del giorno n. 9/4865 – AR/79, a firma di Ghizzoni e altri, che «impegna il Governo, in sede di discussione del primo provvedimento utile, a prevedere un intervento normativo volto a introdurre il termine del 31 agosto 2012 per il personale del comparto scuola che ha maturato i requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n, 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»;
   in data 8 marzo 2012 la circolare n. 2 del dipartimento per la funzione pubblica, in applicazione della «Riforma Fornero» ribadisce espressamente, al punto 6, la specificità del comparto scuola;
   in data 12 marzo 2012 la circolare n. 23 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca applica la «Riforma Fornero» senza considerare la specificità del comparto scuola basata sull'anno scolastico;
   in data 27 luglio 2012 la V Commissione del Senato respinge, accogliendo il parere negativo del Governo, l'emendamento 22.45 (Bastico e altri) al disegno di legge n. 3396 («Spending Review»). Il Sottosegretario pro tempore Polillo motiva il parere contrario con la carenza di risorse finanziarie a copertura degli oneri. Viene approvato, invece, un emendamento, il 14.1000, che per la prima volta dal varo della «Riforma Fornero», introduce la data del 31 agosto 2012 quale termine utile per accedere al trattamento pensionistico secondo le norme previgenti, limitandone però l'applicazione ai soli docenti in esubero, ed escludendo i docenti non in esubero e tutti i non docenti;
   nell'agosto 2012 i tribunali del lavoro di Oristano, Torino, Siena e Venezia, hanno riconosciuto le ragioni dei ricorrenti circa il diritto al «collocamento a riposo a partire dal 1° settembre 2012» ritenendo «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale»;
   il tribunale di Roma, in particolare, con la sentenza 97080/2012 ha ritenuto che la cosiddetta riforma Fornero «intervenga a modificare esclusivamente i requisiti per la maturazione del trattamento pensionistico e dunque dei fatti costitutivi del relativo diritto, senza occuparsi dei problemi di sfasatura temporale tra il momento in cui si verificano tali fatti costitutivi ed il termine dal quale si può farlo valere, per peculiari esigenze di servizio. È proprio questo il caso della scuola in cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998 stabilisce che, a prescindere dal momento di maturazione dell'anzianità legislativamente richiesta, il diritto al collocamento a riposo decorre dal successivo primo settembre, ossia previa conclusione dell'anno scolastico in corso. Dal momento che la nuova legge si occupa esclusivamente della riforma dei requisiti per il trattamento pensionistico e non anche dei problemi connessi alla sua decorrenza deve ritenersi che tale ultimo aspetto continui ad essere regolato dalla vecchia normativa in base alla quale è sempre risultata pacifica nel comparto scuola la distinzione tra il momento della maturazione del diritto a pensione e il momento della sua decorrenza, coincidente con la fine dell'anno scolastico successivo».
   nella notte tra il 14 e 15 novembre 2012 la V Commissione (Bilancio) della Camera dei deputati discute l'emendamento 8326 (Ghizzoni) alla «legge di stabilità», che prevede che le norme antecedenti alla Riforma Fornero «continuano ad applicarsi al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011-2012, secondo l'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni». L'emendamento è sottoscritto dalla maggioranza dei gruppi rappresentati. Il Governo, attraverso il sottosegretario pro tempore Polillo, esprime parere contrario, ipotizzando che i soggetti interessati siano, secondo dati dell'INPDAP e della Ragioneria generale dello Stato, circa 7.000 e che l'onere finanziario risulterebbe pertanto eccessivo. L'onorevole Ghizzoni replica che l'entità della platea è stata identificata in 7.000 unità in modo del tutto superficiale e contraddittorio rispetto ai dati del competente dicastero che ne ha contate circa 3.700. L'emendamento è dapprima accantonato e quindi «respinto per l'aula». L'aula però non ha potuto votarlo, perché per la «legge di stabilità» era prevista il voto di fiducia;
   con riferimento alla «riforma Fornero» e al termine del 31 agosto 2012 per l'accesso alla pensione, alcuni lavoratori della scuola e rappresentanti di categoria hanno perseguito la via giudiziaria dinanzi alla giustizia ordinaria, contabile e amministrativa e al momento alcuni procedimento pendono dinanzi alla Corte costituzionale –:
   quali iniziative o atti, anche normativi se necessario, il Governo intenda assumere in ordine all'applicazione alle lavoratrici e ai lavoratori della scuola della cosiddetta «Quota96» delle disposizioni che tengono conto della peculiarità del comparto scuola, che ha, nell'inizio dell'anno scolastico successivo, l'unico termine utile per accedere al trattamento pensionistico maturato nell'anno scolastico precedente, risolvendo le problematiche interpretative e applicative sorte a causa della cosiddetta riforma Fornero, che agiscono in palese violazione di legge e generano disagio sociale e economico.
(2-00071) «Migliore, Pannarale, Di Salvo, Costantino».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il segmento del corriere espresso ha raggiunto in Italia un fatturato complessivo superiore ai 2,4 miliardi di euro, con andamento (+1 per cento giugno 2012 su giugno 2011), che gli ha permesso di essere l'unico comparto del settore autotrasporti (-5 per cento nello stesso periodo) a mantenere un trend di crescita nel 2012;
   non esistono dati attendibili sul numero degli autisti impiegati, ma che i dati sui volumi parlano di oltre 140 milioni di colli annui consegnati;
   il mercato è dominato da grandi gruppi nazionali multinazionali (Dhl express Italy, Sda Express courier, Tnt express Italy, Ups, Brt corriere espresso), che insieme assommano la quasi totalità del fatturato nazionale;
   la stretta connessione con il settore dell’e-commerce, a sua volta in forte sviluppo, lascia prevedere significative possibilità di crescita per i prossimi anni;
   stiamo quindi parlando di un settore dinamico, caratterizzato dalla presenza di pochi player con grandi capacità finanziarie e di pianificazione, capaci di generare utili importanti tanto su scala globale, quanto in riferimento al mercato italiano;
   l'organizzazione del servizio nel nostro Paese pare aver trovato la propria forma consolidata nell'esternalizzazione dei servizio di consegna a cooperative di ridotte dimensioni e capacità finanziaria;
   i contratti stipulati con tali cooperative avrebbero caratteristiche tali da renderli di fatto incompatibili con lo svolgimento del servizio secondo le prescrizioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e i costi standard del settore trasporti;
   esistono evidenze facilmente riscontrabili di anomalie nelle buste paga dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, con presenza anomala di voci quali rimborsi spese e trasferte, a fronte di contratti part-time –:
   se tale situazione, già ripetutamente denunciata, dai mezzi di informazione, risulti come nota al Governo, o se esso abbia invece informazioni diverse;
   se, in caso di riscontro negativo, non intenda attivare, data la rilevanza quantitativa dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolte, e la dimensione complessiva del settore, un'indagine per verificare la diffusione di eventuali pratiche estranee al pieno rispetto della legalità;
   se, qualora il quadro informativo sia invece sufficientemente esaustivo, non ritenga opportuno demandare alle strutture territoriali dello Stato competenti l'avvio di una fase di controlli diffusi, volti a determinare un ripristino delle condizioni di rispetto dei contratti e delle leggi. (4-00706)


   SORIAL e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 marzo 2013 Simone Mazzata, 48 anni, dipendente dal 1995 e segretario generale fin dal suo nascere, nel 2002, del gruppo Cogeme, onlus nata una decina di anni fa «per scopi di solidarietà sociale a favore del territorio», viene destituito dal suo ruolo di segretario dal nuovo presidente della fondazione Raffaele Volpi, per ragioni «di indirizzo fiduciario ma non legate alla persona», e sostituito poche ore dopo dal Consiglio di amministrazione della Fondazione con la nomina del nuovo segretario generale Alessandra Tabacco, milanese, «militante della Lega Nord, già candidato sindaco per il predetto partito, candidata alle elezioni politiche per la Camera e assessore, sempre per la Lega, a Cantù e a Sesto San Giovanni»;
   la vicenda sembrerebbe originare dalle elezioni in diversi comuni della Franciacorta a metà dello scorso anno, e dai relativi cambi di colore politico in alcune amministrazioni; all'interno della multiutility Cogeme, alla testa del Consiglio di amministrazione, Gianluca Delbarba, area Pd, cede il posto a Dario Remo Fogazzi, Lega Nord. Alla presidenza arriva il senatore della Lega Nord Raffaele Volpi;
   Simone Mazzata, dopo l'infausta notizia, da quando rientra al lavoro in Cogeme l'8 aprile 2013, dopo qualche giorno di ferie, «passa le ore in ufficio senza poter fare nulla e senza essere contattato da alcuno». Presenta quindi ricorso: per gli avvocati il comportamento di Cogeme costituisce «discriminazione per convinzioni personali» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario chiarire se tale episodio rientri in un ambito di discriminazione di un lavoratore e, in tal caso, se non intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di contrastare tale ingiustizia. (4-00709)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FAENZI e CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura nella qualità di responsabile dell'erogazione degli aiuti ai beneficiari del PSR Sicilia 2007/2013, considera la certificazione antimafia soggetta a scadenza annuale (semestrale in vigenza del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998), disattendendo, a giudizio degli interroganti, quanto disposto dalla normativa sulla certificazione antimafia;
   l'amministrazione regionale ha più volte contestato ad AGEA, alla luce del dettato normativo, le circolari emesse dalla stessa e le conseguenti procedure informatiche messe in atto per il controllo delle certificazioni, in quanto la certificazione antimafia viene già richiesta alla prefettura in sede di emissione del provvedimento di concessione del contributo e, pertanto, per gli atti conseguenti non è più necessaria l'acquisizione di una nuova certificazione, a meno che non siano intervenute variazione negli assetti dell'impresa (articolo 2, comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998° e articolo 86, comma 5, del decreto legislativo n. 159 del 2011);
   le prefetture hanno tempi di rilascio delle informazioni antimafia eccessivamente lunghi, anche oltre un anno, non compatibili con la tempistica imposta dalla Comunità europea per evitare il disimpegno automatico delle somme: ciò comporta il continuo ricorrere all'emissione di decreti di concessione del contributo ed a pagamenti sotto «condizione risolutiva»;
   nonostante l'amministrazione acquisisca le certificazioni secondo quanto previsto dalla legge, prima di autorizzare il pagamento delle domande è costretta a richiedere alle prefetture il rinnovo della certificazione autorizzando il pagamento sotto «condizione risolutiva» anche se in possesso già di una certificazione acquisita in corso di validità, in conformità all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998;
   tutto ciò provoca l'allungamento nei tempi di erogazione del contributo alle imprese, il rifiuto da parte delle prefetture a rilasciare nuove certificazioni qualora queste siano afferenti alla medesima iniziativa per la quale è già stata fornita la certificazione, a meno che non siano intervenute variazione negli assetti dell'impresa e enormi danni economici ai beneficiari che hanno ricevuto l'anticipazione del contributo a fronte di una garanzia fideiussoria;
   le procedure messe in atto da AGEA per la gestione degli svincoli prevedono, tra l'altro, la presenza di una «idonea e valida certificazione antimafia», mancanza della quale il sistema informativo non permette di procedere all'autorizzazione allo svincolo. Conseguentemente, alla scadenza della garanzia, AGEA chiede ai beneficiari la restituzione dell'anticipazione, nonostante gli investimenti siano stati regolarmente realizzati e per essi sia stato pagato il saldo. A tale proposito già alcune ditte hanno ricevuto richieste di restituzione da parte di AGEA;
   il perdurare di detta situazione non potrà che arrecare gravi danni alle imprese, innescando una serie di contenziosi con AGEA e con le compagnie assicuratrici;
   la regione ha più volte contestato ad AGEA le procedure messe in atto per la gestione delle certificazioni antimafia, inviando anche uno specifico parere emesso dalla prefettura di Palermo, nonché le risposte delle altre prefetture alla richiesta di rinnovo delle certificazioni;
   la questione è stata sottoposta anche al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministero dell'interno, alla Commissione politiche agricole della Conferenza Stato-regioni ed in sede di Comitato di sorveglianza del PSR Sicilia 2007/2013;
   da ultimo, al fine di non arrecare danni alle imprese, l'AdG ha inviato a tutte le prefetture siciliane una nota con cui si chiede di voler riscontrare le richieste di rinnovo delle certificazioni, poiché in mancanza di detti rinnovi non è possibile procedere allo svincolo delle garanzie fideiussorie;
   a giudizio degli interroganti le modalità di erogazione dei contributi europei da parte di AGEA sono troppo restrittive e mirano esclusivamente ad evitare truffe ed inganni alla Unione europea con la conseguenza, unica e sola, di rendere vana tutta l'attività di finanziamento e di rovinare letteralmente le aziende agricole oneste beneficiate dai contributi, che hanno compiuto gli investimenti e che si ritrovano a dover restituire tutte le somme erogate senza aver compiuto alcunché di sbagliato o di illegale –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti di AGEA affinché si attivino nuove e diverse procedure a tutela della legalità e dell'efficacia dell'azione amministrativa. (5-00243)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   NICCHI, PIAZZONI e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono notevoli i problemi di cui soffre il nostro sistema sanitario nazionale: il bisogno di potenziamento dell'assistenza territoriale (previsto, ma non finanziato); i tagli al sociale ed alla non autosufficienza; la mancata definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza; i contratti di lavoro bloccati da anni e la precarietà in sanità; la questione del federalismo malato; la grave frammentazione in diversissimi sistemi sanitari regionali e le crescenti diseguaglianze in termini di accesso alle cure e di salute; l'abbandono della prevenzione; la questione del malaffare in questo settore;
   un settore, quello della sanità, che avrebbe bisogno di riforme e di «buona» modernizzazione, ma la politica dei tagli sta compromettendo seriamente un servizio sanitario pubblico e universalistico, creando grandi disparità di accesso e di cure tra le persone;
   la sanità rimane comunque un settore che, soprattutto dal 2008 in poi, ha subito tagli, in gran parte lineari, molto pesanti, con effetti negativi sulle prestazioni erogate, sulla qualità dei servizi, sull'assistenza territoriale, sui finanziamenti all'edilizia sanitaria;
   in questi ultimi anni si è infatti assistito a politiche economiche basate prevalentemente sul contenimento e il definanziamento della spesa pubblica e la sanità è il settore che ha subito i colpi più pesanti, laddove i tagli sono serviti, più che a rendere maggiormente efficiente il sistema e a ridurre i veri sprechi, a trovare con «facilità» risorse immediate per finanziare le manovre economiche che in questi anni si sono succedute;
   il ricorso allo strumento del ticket e della compartecipazione al costo in ambito sanitario è da questo punto di vista paradigmatico;
   sotto questo aspetto, i dati presentati il 9 maggio 2013 dall'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, nell'ambito del progetto Remolet (Rete di monitoraggio dei livelli essenziali tempestiva), hanno evidenziato il sostanziale fallimento del «superticket» sull'assistenza specialistica introdotto dal Governo Berlusconi con la legge finanziaria per il 2011. Avrebbe dovuto compensare un mancato finanziamento al servizio sanitario nazionale di 830 milioni di euro, ma le stime dicono che complessivamente dovrebbe aver prodotto un gettito di soli 244 milioni di euro;
   uno degli effetti negativi evidenti, prodotti dall'introduzione del superticket, è individuabile nel fatto che i cittadini non esenti abbiano richiesto al servizio sanitario nazionale il 17,1 per cento in meno di prestazioni specialistiche. Si tratta o di casi in cui si è rinunciato per ragioni economiche o di prestazioni acquistate direttamente dal privato, che le offre a prezzi concorrenziali, ponendo anche problemi in termini di qualità e sicurezza;
   peraltro, va sottolineato che il decreto-legge n. 98 del 2011, su proposta del Ministro pro tempore Tremonti, prevedeva all'articolo 17, comma 1, lettera d), l'introduzione, attraverso l'emanazione di un regolamento, di ulteriori misure di compartecipazione alla spesa (ticket) per un importo pari a 2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2014. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 187 del 2012, ha, quindi, dichiarato illegittimo l'esercizio da parte dello Stato della potestà regolamentare in materie in cui esso non possieda una competenza esclusiva. Ciò comporta uno scoperto di bilancio di 2 miliardi di euro per il 2014;
   il Ministro interrogato, nelle sue ultime interviste, ha comunque escluso qualunque intervento normativo volto sia alla reintroduzione dei suddetti ticket dal 2014, sia a introdurre ulteriori nuovi tagli alla sanità;
   il Ministro interrogato ha, però, ribadito la necessità di ottenere «altri margini di risparmio» in ambito sanitario, anche attraverso il riordino delle reti ospedaliere, la prevenzione, l'assistenza domiciliare;
   le suddette affermazioni, anche se potrebbero essere condivisibili, si scontrano, però, proprio con l'assenza di quelle risorse finanziarie che non ne consentono la loro reale applicabilità;
   lo stesso decreto-legge n. 158 del 2012, il cosiddetto decreto Balduzzi, aveva previsto il rilancio dell'assistenza territoriale per l'intero arco della giornata, adottando forme organizzative in grado di erogare prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza sanitaria, nei limiti, però, delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale assegnate alle regioni;
   così come in relazione al tema del riordino delle reti ospedaliere, menzionato dal Ministro interrogato come possibile elemento di risparmio, va ricordato che già oggi si prevede, per esempio, che le regioni debbano privilegiare la costituzione di reti di poliambulatori territoriali aperti h24 e collegati telematicamente con gli ospedali. Anche in questo caso un obiettivo condivisibile, rimasto sostanzialmente sulla carta;
   la realtà è che in ambiti, quali la prevenzione, l'assistenza domiciliare e territoriale, la razionalizzazione delle reti ospedaliere, è, invece, necessario investire oggi per ottenere risparmi complessivi per il servizio sanitario nazionale domani –:
   se il Ministro interrogato non intenda individuare nuove modalità di «compartecipazione alla spesa» in sanità affinché sia orientata ad un più equo e complessivo ridimensionamento del sistema dei ticket, escludendo nuovi tagli al servizio sanitario nazionale, anche nella consapevolezza che gli «altri margini di risparmio», a cui ha fatto espressamente riferimento il Ministro interrogato, in ambiti quali la prevenzione, l'assistenza domiciliare e territoriale, la razionalizzazione delle reti ospedaliere, possono consentire nel prossimo futuro risparmi al servizio sanitario nazionale, solo se vengono fin da subito finanziati adeguatamente. (3-00094)


   CAPUA, SCHIRÒ PLANETA, DELLAI, VARGIU, BINETTI, GIGLI, MONCHIERO e BALDUZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'identificazione in Italia di un caso di coronavirus medio-orientale (nuova SARS) porta alla ribalta le problematiche di sanità pubblica causate da patogeni emergenti. Questa è l'ennesima conferma che i virus sfruttano i meccanismi della globalizzazione per diffondersi e provocare epidemie. In questo settore l'Italia dispone di conoscenze e competenze di grande livello, sia in campo medico che in campo veterinario;
   l'Organizzazione mondiale della sanità ha sollecitato gli Stati membri sia a lavorare insieme per migliorare le capacità di identificazione precoce degli agenti biologici e dei focolai primari, sia ad investire in una migliore preparazione degli ospedali a gestire queste emergenze;
   le strutture e le capacità di risposta necessarie devono essere approntate prima che un evento accada ed ogni Paese deve essere in grado di sviluppare un piano di emergenza nei confronti del vasto numero di patogeni, soprattutto virali –:
   quali urgenti iniziative intenda attuare affinché, in un momento di crisi economica come quello attuale, vengano assicurate le risorse necessarie all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani ed alle altre strutture preposte alla gestione di queste emergenze sanitarie. (3-00095)


   BALDELLI e ELVIRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della salute ha confermato, attraverso i comunicati stampa del 31 maggio 2013 e 1o giugno 2013, il riconoscimento, in Toscana, dei primi tre casi in Italia della Middle East respiratory sindrome, patologia respiratoria causata da un nuovo coronavirus, che è stata già riscontrata anche in altri Paesi europei (Germania, Regno Unito, Francia) –:
   come si intenda assistere i pazienti esposti ai rischi di gravi insufficienze respiratorie e di altri danni organici e quali iniziative il Ministero della salute abbia posto in atto per evitare il diffondersi nel territorio nazionale dell'infezione causata da questo nuovo virus, a partire dai casi accertati, anche alla luce delle conoscenze attuali sulla sua pericolosità. (3-00096)

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL, COMINARDI e ALBERTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la scuola primaria comunale Grazia Deledda di Brescia è una delle vittime principali dell'inquinamento causato dalla fabbrica Caffaro: a causa delle mancate bonifiche dei terreni prossimi alla scuola, i bambini, da dieci anni, non possono usufruire liberamente del cortile perché il terreno è intriso di policlorobifenili (PCB) e diossine: durante la ricreazione gli alunni sono confinati in una sorta di platea in cemento, per non entrare in contatto con il terreno gravemente inquinato, e anche l'acqua prelevata dai rubinetti, utilizzata nelle mense, è ormai diventata motivo di forte preoccupazione;
   a seguito di questa drammatica situazione dell'inquinamento, i genitori degli alunni, si sono visti costretti ad occupare la scuola con i loro figli, per far sentire la loro voce contro la mancata bonifica ma anche per protestare contro quella che avvertono come indifferenza delle istituzioni, lamentando anche la recente spesa di 450 mila euro effettuata dal comune di Brescia per il restauro della statua «Era Fascista», quando per il giardino della scuola ne sarebbero bastati 150 mila;
   nella città di Brescia esiste infatti da anni un'emergenza sanitaria e ambientale di contaminazione diffusa da pcb (policlorobifenili), che interessa vaste aree collocate nel comune di Brescia, limitrofe alla ex-fabbrica Caffaro, dove vivono più di 25 mila tra uomini, donne e, naturalmente anche bambini, che, ad esempio, non hanno più la possibilità di godere delle zone verdi come i parchi pubblici, poiché non si può più camminare sull'erba senza rischiare la contaminazione da pbc;
   la situazione è ben più grave poiché l'assorbimento del pcb è pressoché inevitabile visto che avviene soprattutto a mezzo dell'assunzione di alimenti di origine vegetale ed animale, prodotti nell'area interessata, e dunque, per i più piccoli, anche attraverso il latte materno, con il quale le madri, inconsapevolmente, hanno trasmesso ai loro figli sostanze che, per il livello di tossicità, vengono paragonate alla diossina di Seveso, come ha recentemente sancito lo IARC, l'Istituto per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità; e infatti, le ricerche effettuate dall'ASL di Brescia riportano nei cittadini residenti presso i terreni interessati, valori anche 10/20 volte maggiori quelli normali di assorbimento a carico dell'organismo umano; conseguenza diretta dei tremendi valori d'inquinamento ambientale nei terreni, superiori anche di 5000 volte quelli normali fissati dal decreto ministeriale n. 471 del 1999 (livelli per le aree residenziali pari a 0,001 mg/kg, successivamente modificato in 0,060 mg/kg), denunciati dalle ricerche effettuate dall'ARPA di Brescia su mandato del comune di Brescia;
   tale inquinamento è dovuto principalmente alle attività pregresse della stabilimento chimico Caffaro Spa, attivo dall'inizio del 1900 nella produzione di vari composti derivati dal cloro, ora società Chimica Fedeli Spa e in disuso, che dagli anni trenta fino a metà degli anni ’80 ha prodotto migliaia di tonnellate del pericoloso cancerogeno pbc, sversandone centinaia di tonnellate allo stato puro nell'ambiente circostante poiché erano assenti le procedure minimali di protezione nei processi d'immagazzinamento, tanto che ora il «sito Caffaro» è tristemente entrato a far parte ufficialmente dei siti di interesse nazionale individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare come sito fortemente contaminato e quindi da bonificare;
   secondo un reportage dello scorso autunno e trasmesso domenica 31 marzo 2013 dalla trasmissione di RaiTre «PresaDiretta», e come segnalato anche a mezzo stampa (Giornale di Brescia, il Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano), dallo stabilimento Caffaro di Brescia, continuerebbero ad uscire significative quantità di pcb e altri pericolosi inquinanti;
   nel corso della trasmissione sono stati riportati i dati di una recente indagine condotta da un epidemiologo di Mantova, dottor Paolo Ricci, su dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, un significativo aumento nella popolazione bresciana rispetto al resto del Nord Italia di tumori al fegato (+58 per cento), tumori al seno (+26 per cento), linfomi non-Hodgkin (+20 per cento), aumento che, secondo l'epidemiologo, sarebbe in stretta relazione con il forte inquinamento da PCB di cui sopra;
   dagli anni settanta è stata riconosciuta la pericolosità dei PCB e riconosciute le loro potenzialità tossiche, nonché la loro capacità di attecchire sul DNA umano; più in particolare l'esposizione ai PCB al di sopra dei limiti evidenziati dalla ricerca medico-scientifica e definiti dal legislatore, avrebbe effetti patogeni di vario tipo: alterazioni al funzionamento di fegato e pancreas, alterazioni a carico del sistema immunitario, fino al loro grave e riconosciuto effetto cancerogeno (IARC 2013) –:
   quali misure il Governo intenda prendere o abbia deciso in ordine a tale grave emergenza sanitaria e ambientale che sembra aver raggiunto le dimensioni del vero e proprio disastro ambientale e se sia a conoscenza della grave situazione esposta in premessa della scuola Grazia Deledda e, in tal caso, non reputi necessario intervenire nei modi che gli sono propri per difendere il fondamentale diritto alla salute degli alunni dell'istituto;
   se, vista l'estrema gravità dei fatti, non si consideri necessario avviare una seria indagine, volta a valutare con certezza le conseguenze sanitarie a cui è stata ed è soggetta la popolazione della zona, anche attraverso l'attivazione di adeguati e capillari controlli sanitari sulla popolazione interessata, con particolare attenzione alla salute dei più piccoli, come gli alunni della scuola Deledda, attivandosi anche affinché tutti i dati sanitari e ambientali che sono e saranno in possesso dei soggetti istituzionali siano resi pubblici e disponibili per i cittadini;
   se, non si ritenga urgente avviare parimenti un serio a capillare monitoraggio ambientale delle aree interessate, per chiarire la gravità dell'inquinamento subito da questa zona;
   se non si consideri, altresì, improcrastinabile fermare da subito con azioni e infrastrutture mirate, lo sversamento degli inquinanti dallo stabilimento bresciano della ex Caffaro, anche per tramite degli istituti specializzati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e attivare tutte le necessarie risorse finanziarie al fine di avviare rapidamente la bonifica dei terreni e della falda idrica, a partire dalle zone più delicate come il cortile della scuola Grazia Deledda, chiarendo modalità e tempi di implementazione e precisando l'ammontare delle risorse disponibili per la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale. (4-00705)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la situazione delle aziende Selex Galileo e Selex Elsag, operanti nell'alta tecnologia delle comunicazioni satellitari e nell'elettronica per la difesa e delle telecomunicazioni, facenti capo al gruppo Finmeccanica, desta preoccupazioni che attengono al presente e al futuro delle aziende per le scelte strategiche e i comportamenti concreti del vertice Finmeccanica;
   le vicende recenti delle due aziende sono state oggetto di più atti di sindacato ispettivo in Parlamento nel corso della XVI legislatura ed in particolare, per quanto concerne Selex Galileo di Campi Bisenzio (Firenze) – azienda, storicamente radicata nel territorio fiorentino è stata esclusa dal bando indetto dall'Agenzia spaziale italiana (Asi) per la realizzazione del satellite ottico Opsis;
   per quanto riguarda Selex Elsag, nata nel 2011 dalla fusione tra Selex comunications e Elsag Datamat, è un'azienda leader in Italia per la tecnologia Tetra – adottata dall'Unione europea come standard digitale per le comunicazioni radio sicure delle forze di polizia, necessario per l'ammodernamento dell'intero sistema di radiocomunicazione delle Forze dell'ordine – il cui progetto è stato rifinanziato (10 milioni di euro per il 2013 e 50 milioni per il 2014) con l'approvazione dell'articolo 1, comma 209, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (cosiddetta legge di stabilità 2013);
   al fine di ricomporre il settore dell'elettronica per la difesa e la sicurezza all'interno del gruppo Finmeccanica, a settembre 2012 si è proceduto al raggruppamento delle società interamente controllate da piazza Monte Grappa, con la nomina ad amministratore delegato di Fabrizio Giulianini;
   il 5 aprile 2013 è stato presentato il piano di riorganizzazione e razionalizzazione del gruppo. A riguardo, senza che sia ancora chiaro a quanto ammontino gli investimenti della nuova Selex Es, il rilancio della conglomerata dell'elettronica per la difesa passa attraverso 2.529 esuberi complessivi (di cui 1938 italiani) e la chiusura di circa 25 siti tra Italia e Gran Bretagna;
   Finmeccanica rappresenta il primo gruppo industriale italiano per investimenti nell'alta tecnologia e in attività di ricerca e sviluppo, nonché il secondo gruppo manifatturiero in Italia;
   Selex Es rappresenta una realtà fondamentale per la Toscana con gli insediamenti della ex-Galileo e dell'ex-Elsag nell'area fiorentina, dell'ex-Amtec nell'area dell'Amiata, oltre a quelli di Pisa, Cecina e Bologna;
   forte è la preoccupazione per le scelte aziendali, con l'incognita di quanto tali esuberi potranno incidere sul territorio toscano, in considerazione della scelta di chiudere i progetti legati alla radaristica, finora sviluppati nell'unico stabilimento di Selex destinato a rimanere aperto a Campi Bisenzio –:
   se e come il Governo intenda operare in relazione al negoziato tra la controllante Finmeccanica, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali in merito al piano di riorganizzazione di Selex Es, al fine di garantire che le scelte di Finmeccanica vadano nella direzione dello sviluppo e del rilancio produttivo di settori e stabilimenti che rappresentano un'importantissima risorsa strategica per il Paese, salvaguardando al contempo i livelli occupazionali.
(2-00074) «Nardella, Rughetti, Richetti, Rosato, Salvatore Piccolo, Manfredi, Bonifazi, Simoni, Bonafè, Boschi, Fossati, Ermini, Donati, Dellai, Parrini, Manciulli, Fanucci, Cenni, Bini, Fontanelli, Lotti, Senaldi, Palma».

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il suicidio di Carolina Picchio, la quattordicenne di Novara gettatasi dal balcone di casa nel mese di gennaio 2013, in quanto vittima del cosiddetto fenomeno del «cyberbullismo», ovvero il bullismo online che si configura in atti di molestia effettuati tramite mezzi elettronici in questo caso il social network facebook, ripropone il preoccupante tema sociale, tanto attuale quanto complesso, del corretto rapporto tra l'utilizzo di un servizio della rete sociale attraverso internet e dei siti web e i rischi e i pericoli connessi agli incontri virtuali e alle immagini diffuse che possono destabilizzare la psicologia ed i comportamenti in particolare dei giovani e dei preadolescenti;
   il tragico evento che ha condotto la procura di Novara insieme ai Carabinieri ad indagare sull'accaduto e quella di Torino ad iscrivere nel registro degli indagati alcuni minorenni accusati di aver diffuso immagini compromettenti sul social network facebook, che mostravano insulti e tentativi di violenza sessuale sulla sfortunata ragazza, rileva come l'uso distorto e malvagio di reti di comunicazione tramite internet può provocare gravissime conseguenze sulla personalità ed i sentimenti più specificatamente nelle fasce di età giovanili inducendo addirittura a compiere un gesto disperato come accaduto alla ragazza di Novara;
   l'interrogante evidenzia come la terribile vicenda suesposta dimostri come la diffusione a livello planetario dei social network quali facebook e twitter, richieda azioni tempestive ed incisive in grado di tutelare gli utenti del servizio in generale, ma più specificamente l'immagine dei giovani e dei preadolescenti; le conseguenze di tali fatti possono determinare, così come purtroppo è accaduto, per la disavventura precedentemente riportata, un impatto ed una pressione devastante sulla psicologia dei minorenni, inducendoli addirittura a compiere gesti estremi;
   a giudizio dell'interrogante quanto suesposto dimostra ove le indagini della magistratura dovessero confermare lo svolgimento dell'accaduto, il manifestarsi di profonde e ampie falle nell'impostazione dell'utilizzo e delle autorizzazioni dei social network in questo caso il più diffuso, ovvero facebook; la dinamica degli avvenimenti che hanno determinato il suicidio della giovanissima ragazza di Novara hanno trasformato la violenza in rete che si è tramutata in istigazione al suicidio;
   necessitano pertanto, a parere dell'interrogante, urgenti iniziative anche a livello internazionale in grado di rivedere l'intero sistema e delle concessioni della divulgazione attraverso internet, dell'utilizzo di facebook, nonché azioni di tutela e di insegnamenti circa i rischi e i pericoli che l'impiego di facebook può comportare attraverso il contatto virtuale con malintenzionati o bulli senza alcuno scrupolo di coscienza –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano intraprendere, al fine di tutelare con maggiore rigore i giovani e i preadolescenti nell'utilizzo del social network facebook;
   se non ritengano opportuno prevedere adeguate iniziative volte a prevedere campagne pubblicitarie che consentano di illustrare i rischi e i pericoli che possono derivare dall'utilizzo di facebook, nonché garantire la tutela dell'immagine e della riservatezza dei dati personali degli utenti in particolare quelli di minore età;
   se non ritengano infine di stabilire in tempi rapidi un piano d'azione di livello nazionale in grado di avviare un percorso di formazione all'utilizzo dei social network affinché si possa evitare il ripetersi di tragedie come quella esposta in premessa di Novara e si possano determinare le basi per moderare le potenzialità di uno strumento informatico altamente temibile e spesso fatale come purtroppo, se fosse confermato dalle indagini della magistratura, sembrerebbe essere stato facebook, con riferimento alla tragica vicenda esposta nella premessa. (4-00695)


   LAVAGNO e AIRAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate dalla stampa locale (Il Biellese e l'Eco di Biella) si apprende che FIAT Powertrain nello stabilimento di Verrone (Biella) avrebbe abbandonato il progetto di produzione del nuovo tipo di cambio C635 nel volume previsto (l'impegno era per 3.000 cambi al giorno), progetto che avrebbe consentito il raddoppio dell'occupazione;
   tale progetto, del costo dichiarato di circa 500 milioni di euro per la produzione di 660.000 cambi all'anno, fu definito nel 2008 anche con impegni finanziari e con agevolazioni pubbliche da parte della regione Piemonte, della provincia di Biella e dal comune di Verrone;
   nella definizione di tale intesa vi era l'impegno a consolidare l'occupazione esistente nello stabilimento con l'incremento di ulteriori 600 nuove assunzioni, fino al raggiungimento di un organico totale pari a 1.100 lavoratori entro il 2012. Oggi gli occupati nel sito sono circa 650 mentre all'avvio del progetto erano poco più di 500;
   FIAT Powertrain in questi anni ha incrementato l'occupazione, con il trasferimento a Verrone di lavoratori da altri stabilimenti del gruppo e i nuovi assunti sono circa 30 unità –:
   se, sulla base delle informazioni in possesso dei Ministri interrogati, risulti che sia stato cancellato il progetto di investimento, ovvero se si tratti solo di ritardo sui tempi di attuazione preventivati; e nel caso fosse stata cancellata o trasferita altrove la produzione del cambio C635, se risulti quali altri prodotti la Fiat Group abbia intenzione di allocare a Verrone (Biella) per mantenere gli impegni occupazionali presi con il territorio Biellese, con la regione Piemonte e con le parti sociali;
   in che misura FIAT Powertrain negli ultimi anni abbia attinto a benefit pubblici;
   se sia previsto un futuro ricorso alla Cassa integrazione guadagni per il personale attualmente occupato e se vi siano previsioni di eventuali ridimensionamenti dell'organico dello stabilimento. (4-00700)


   PILOZZI, PIAZZONI e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sistema degli incentivi pubblici alla tecnologia solare fotovoltaica, il cosiddetto Conto energia, ha consentito, a partire dal 2007, che venisse installata in Italia una potenza pari a circa 17 GWp di impianti fotovoltaici, oltre a 1 GWp in fase di installazione, come descritto dal contatore del Gestore dei servizi elettrici (GSE);
   il costo complessivo degli incentivi pubblici è oramai prossimo al raggiungimento del tetto massimo stabilito dal legislatore e pari a 6,7 miliardi di euro annui, costo ripartito in bolletta attraverso la componente tariffaria A3;
   il sistema degli incentivi ha favorito la costituzione di migliaia di nuovi posti di lavoro su tutto il territorio nazionale fornendo un contribuito importante all'economia italiana se solo si considera che nel 2011, circa l'1 per cento del prodotto interno lordo nazionale fu dovuto a questa tecnologia;
   l'energia elettrica prodotta dagli impianti allacciati alla rete, pari a circa 20 TWh, è in grado di coprire circa l'8 per cento del fabbisogno complessivo nazionale, garantendo in tal modo una drastica riduzione della dipendenza italiana da fonti energetiche fossili importate, la riduzione dell'inquinamento, il miglioramento della sicurezza energetica complessiva;
   l'immissione di una tale quantità di energia elettrica rinnovabile, a costi marginali nulli, ha già provocato un notevole abbassamento del costo dell'energia elettrica sul mercato ben oltre le ragioni della crisi economica, tanto che dall'inizio dell'anno il prezzo medio dell'energia elettrica sul mercato nazionale è sceso attorno ai 60 euro a MWh, ben al di sotto dei 75 euro dell'anno 2012;
   pur approssimandosi la scadenza degli incentivi, nessuna discussione è stata attivata dal Ministero, nessuna proposta è stata avanzata in merito a eventuali forme di ulteriore supporto pubblico al solare fotovoltaico senza gravare sui costi della bolletta;
   infatti ben si potrebbero immaginare e introdurre forme di sostegno a tale tecnologia come per esempio: sgravi fiscali per chi investe nel settore, detrazioni per chi installa gli impianti per esigenze di autoconsumo, semplificazione amministrativa, innalzamento del tetto per lo «scambio sul posto» e sua implementazione svincolandolo dall'obbligo di coincidenza tra il punto di connessione e il punto di prelievo, detrazioni per il fotovoltaico in sostituzione di eternit;
   in questi giorni si rincorrono voci secondo le quali il Governo starebbe valutando l'introduzione di una tassazione retroattiva sugli incentivi in Conto energia assegnati a partire dal 2007;
   tale decisione sarebbe gravemente lesiva dei diritti di chi ha investito ingenti risorse economiche contando su un ritorno economico predefinito e nuocerebbe all'immagine internazionale dell'Italia;
   la Commissione europea ha aperto una procedura di indagine nei confronti della Spagna proprio a seguito dell'introduzione di una tassa retroattiva sugli incentivi assegnati;
   presso le Associazioni nazionali di categoria è forte l'allarme per una possibile decisione in tal senso, che andrebbe a penalizzare un settore già gravemente colpito –:
   se corrispondano al vero le notizie secondo le quali il Governo starebbe valutando l'introduzione di una tassa retroattiva sugli incentivi in «Conto energia» assegnati fino ad oggi;
   se non ritenga utile e opportuno aprire un tavolo nazionale per discutere eventuali forme alternative di sostegno pubblico alla tecnologia solare fotovoltaica, al fine di favorire l'ulteriore diffusione di questa tecnologia. (4-00701)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Costa e altri n. 1-00033, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Biasotti.

  La mozione Speranza e altri n. 1-00039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tentori, Carra, D'Incecco.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-00040, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capelli, Tabacci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Gozi n. 3-00082, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marzano, Lodolini, Civati, Giachetti.

  L'interrogazione a risposta scritta Mattiello e altri n. 4-00642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rossomando.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Binetti n. 1-00036 del 14 maggio 2013;
   mozione Speranza n. 1-00039 del 15 maggio 2013;
   mozione Locatelli n. 1-00040 del 15 maggio 2013;
   mozione Brunetta n. 1-00041 del 15 maggio 2013;
   risoluzione in Commissione Sottanelli n. 7-00005 del 15 maggio 2013;
   mozione Mucci n. 1-00042 del 16 maggio 2013;
   mozione Migliore n. 1-00043 del 16 maggio 2013;
   risoluzione in Commissione Barbanti n. 7-00025 del 29 maggio 2013;
   mozione Rondini n. 1-00063 del 3 giugno 2013;
   mozione Giorgia Meloni n. 1-00065 del 3 giugno 2013.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Vacca n. 4-00223 del 16 aprile 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Zaccagnini n. 5-00138 del 16 maggio 2013;
   interpellanza Zanetti n. 2-00054 del 21 maggio 2013;
   interrogazione a risposta scritta Pannarale n. 4-00577 del 23 maggio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Bobba n. 5-00192 del 29 maggio 2013.