Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 maggio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2001 venne firmato un accordo tra Italia e Francia per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino-Lione, successivamente ratificato dal Parlamento francese e da quello italiano con la legge 27 settembre 2002, n. 228;
    in applicazione di tale accordo, i gestori delle infrastrutture italiana (RFI) e francese (RFF) crearono una «società per azioni semplificata», la Lyon Turin Ferroviaire (LTF), per la realizzazione degli studi e dei lavori preliminari della parte comune franco-italiana, nonché per definire il tracciato, le procedure di valutazione ambientale, lo scavo delle discenderie e dei tunnel di ricognizione, i lavori connessi ed, infine, gli studi necessari alla stesura del progetto («avantprojet») poi inserito nell'ambito del piano delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo con un costo pari a 1.807,6 milioni di euro;
    nel 2003 il progetto preliminare venne consegnato ai competenti organi italiani e la relativa opera inserita nell'ambito dell'intesa generale quadro tra il Governo e la regione Piemonte. In forza dell'accordo con il Governo francese, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti autorizzò la realizzazione del cunicolo esplorativo di Venaus, trasmettendo altresì al CIPE (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) la relazione istruttoria sul «Nuovo collegamento ferroviario transalpino Torino-Lione»;
    nel 2005 RFI indicò quale data di ultimazione lavori il mese di settembre 2016, ma a seguito di alcune manifestazioni di dissenso da parte delle collettività locali, si svolse un primo incontro tra esponenti del Governo ed i rappresentanti degli enti locali per trovare una mediazione che potesse consentire di sbloccare i lavori. Subito dopo, i lavori di scavo del cunicolo di Venaus furono fermati e venne istituito l'Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione, con il compito di svolgere, con le parti interessate, tutti gli approfondimenti necessari per risolvere le controversie con le collettività locali;
    nel 2006, per assicurare la più ampia partecipazione alle comunità locali, nella riunione del 29 giugno svoltasi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con la regione Piemonte e gli enti locali interessati, venne deciso di stralciare il procedimento dalla «legge obiettivo» e di ricondurlo alla procedura ordinaria prevista dall'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 6167 del 1977 relativo alle opere di interesse statale;
    nel 2007 la Commissione europea decise di finanziare un insieme di interventi per i progetti prioritari nazionali inseriti nella rete TEN-T e, tra essi, la «Lione-Torino». Fu pubblicato un bando europeo e presentata una richiesta congiunta italo-francese di finanziamento;
    con la predisposizione del dossier europeo fu ridefinito il costo della parte comune italo-francese del collegamento: il costo degli studi corrispondeva a circa 842 milioni di euro, mentre quello dei lavori a circa 9.033 milioni di euro;
    successivamente la Commissione europea assegnò, per il periodo 2007-2013, un contributo di 671,8 milioni di euro per gli studi ed una prima parte dei lavori relativi alla parte comune del progetto;
    nel 2008 il Governo diede mandato all'Osservatorio di completare l'approfondimento del nodo di Torino, anche per consentire una corretta individuazione degli scenari ferroviari e trasportistici che avrebbero interessato la valle dove si intendeva individuare dei tracciati alternativi della nuova linea;
    nell'ambito del vertice italo-francese del 24 febbraio 2009, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esaminava con il Governo francese alcuni aspetti che riguardavano la nuova linea ferroviaria AV-AC Torino-Lione e nel 2010 l'Osservatorio stabiliva gli indirizzi operativi per la progettazione preliminare della nuova linea Torino-Lione con orientamenti per il futuro tracciato dal confine di Stato alla connessione con la linea AV-AC Torino-Lione;
    negli «allegati infrastrutture» alle decisioni di finanza pubblica 2011-2013 e 2012-2014 l'opera «Fréjus ferroviario» viene riportata nell'ambito delle tabelle relative al «Programma delle infrastrutture strategiche – opere da avviare entro il 2013»;
    nel corso del 2012 il Governo, presieduto dal Presidente del consiglio pro tempore Mario Monti, in linea con quanto più volte ribadito dal precedente Esecutivo, ha manifestato l'intenzione di realizzare la «Torino-Lione»;
    tra gli aspetti trattati, si formalizzava la definizione, all'interno della parte comune italo-francese, della «sezione transfrontaliera». Si confermava anche, come nella prima fase, la ripartizione dei costi: l'importo delle opere verrà corrisposto per il 42,1 per cento dalla Francia e per il 57,9 per cento dell'Italia. Inoltre, si ipotizzava un finanziamento fino all'ammontare del 40 per cento del costo complessivo da parte dell'Unione europea;
    il 20 marzo 2012, inoltre, come si apprende dalla stampa nazionale, il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti Mario Ciaccia, a margine dell’Italian Business Mission to Qatar organizzata da Ance, Confindustria, SIMEST e Ministero dello sviluppo economico ha annunciato che a breve il CIPE sbloccherà risorse per circa 300 milioni di euro, una parte delle quali, pari a 20 milioni, andranno a finanziare gli interventi su cosiddetto «Nodo di Torino», collegati alla realizzazione dell'alta velocità. Questa dichiarazione però non ha avuto esito concreto;
    il 3 dicembre 2012, al termine di un incontro a Lione, i due Governi emettevano un comunicato che recitava: «I due Paesi hanno confermato l'interesse strategico del nuovo collegamento ferroviario tra Torino e Lione, che costituisce un'infrastruttura prioritaria non solo per la Francia e l'Italia ma anche per l'Unione Europea. Sono state inoltre adottate alcune misure per il potenziamento della sicurezza stradale all'interno delle gallerie transfrontaliere»; si è specificato, tuttavia, che le decisioni in proposito dovranno essere ratificate dai rispettivi Parlamenti;
     con tali indicazioni si è praticamente autorizzato il raddoppio del tunnel autostradale del Fréjus, provvedimento in aperta contraddizione rispetto alla più volte manifestata intenzione di trasferire le merci dalla «gomma al ferro» a fini ecologici;
     il progetto della nuova linea Torino Lione, impropriamente definito «TAV», è oramai da molto tempo oggetto di un acceso dibattito che, purtroppo, in alcuni casi, è anche trasceso in fenomeni che non hanno nulla a che fare con il sano confronto dialettico che dovrebbe caratterizzare l'adozione di ogni scelta strategica per il futuro del nostro Paese;
     il 9 febbraio 2012, 360 professori, ricercatori e professionisti accreditati hanno pubblicato un appello rivolto al Presidente del Consiglio pro tempore, professor Mario Monti, per chiedere un ripensamento del progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione;
     in particolare, nell'ambito del suddetto appello, si evidenzia come nel corso degli ultimi dieci anni sia diminuita la domanda di trasporto merci e passeggeri. Si legge nel documento: «Nel decennio tra il 2000 e il 2009, prima della crisi economica, il traffico complessivo di merci dei tunnel autostradali del Fréjus e del Monte Bianco è crollato del 31 per cento. Nel 2009 ha raggiunto il valore di 18 milioni di tonnellate di merci trasportate, come 22 anni prima. Nello stesso periodo si è dimezzato anche il traffico merci sulla ferrovia del Fréjus, anziché raddoppiare come ipotizzato nel 2000 nella Dichiarazione di Modane sottoscritta dai Governi italiano e francese. La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, tra l'altro, non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità per passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio sarà di 220 km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie Italiane. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l'effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro»;
    viene, inoltre, sottolineata l'assenza di vantaggi economici per il Paese specie sotto il profilo del ritorno del capitale investito. Al riguardo, si legge nel documento: «1) non sono noti piani finanziari di sorta. Sono emerse recentemente ipotesi di una realizzazione del progetto per fasi, che richiedono nuove analisi tecniche, economiche e progettuali. Inoltre l'assenza di un piano finanziario dell'opera, in un periodo di estrema scarsità di risorse pubbliche, rende ancora più incerto il quadro decisionale in cui si colloca, con gravi rischi di stop and go;
     2)  il ritorno finanziario appare trascurabile, anche con scenari molto ottimistici. Le analisi finanziarie preliminari sembrano coerenti con gli elevati costi e il modesto traffico, cioè il grado di copertura delle spese in conto capitale è probabilmente vicino a zero. Il risultato dell'analisi costi-benefìci effettuata dai promotori, e molto contestata, colloca comunque l'opera tra i progetti marginali;
     3) ci sono opere con ritorni certamente più elevati: occorre valutare le priorità. Risolvere i fenomeni di congestione estrema del traffico nelle aree metropolitane così come riabilitare e conservare il sistema ferroviario «storico» sono alternative da affrontare con urgenza, ricche di potenzialità innovativa, economicamente, ambientalmente e socialmente redditizie;
     4)  il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembra trascurabile. Le grandi opere civili presentano un'elevatissima intensità di capitale, e tempi di realizzazione molto lunghi. Altre forme di spesa pubblica presenterebbero moltiplicatori molto più significativi;
     5)  ci sono legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio. I corridoi europei sono tracciati semi-rettilinei, con forti significati simbolici, ma privi di supporti funzionali. Lungo tali corridoi vi possono essere tratte congestionate alternate a tratte con modesti traffici. Prevedere una continuità di investimenti per ragioni «geometriche» può dar luogo ad un uso molto inefficiente di risorse pubbliche, oggi drammaticamente scarse;
     altro aspetto valutato in modo nettamente negativo è quello relativo al bilancio energetico-ambientale. Secondo i firmatari dell'appello in questione: «Esiste una vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, da cui si desume chiaramente che i costi energetici e il relativo contributo all'effetto serra da parte dell'alta velocità sono enormemente acuiti dal consumo per la costruzione e l'operatività delle infrastrutture (binari, viadotti, gallerie) nonché dai più elevati consumi elettrici per l'operatività dei treni, non adeguatamente compensati da flussi di traffico sottratti ad altre modalità. Non è pertanto in alcun modo ipotizzabile un minor contributo all'effetto serra, neanche rispetto al traffico autostradale di merci e passeggeri. Le affermazioni in tal senso sono basate sui soli consumi operativi (trascurando le infrastrutture) e su assunzioni di traffico crescente (prive di fondamento, a parte alcune tratte e orari di particolare importanza)»;
    per finire con il nodo relativo al pericolo relativo di sottrarre risorse al benessere del Paese, la nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con un costo totale del tunnel transfrontaliero di base e tratte nazionali, previsto intorno ai 20 miliardi di euro (e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e forse anche di più, per l'inevitabile adeguamento dei prezzi già avvenuto negli altri tratti di alta velocità realizzati), penalizzerebbe l'economia italiana con un contributo al debito pubblico dello stesso ordine della manovra economica che il Governo ha messo in atto per fronteggiare la grave crisi economica e finanziaria che il Paese attraversa;
    è legittimo domandarsi come e a quali condizioni potranno essere reperite le ingenti risorse necessarie a questa faraonica opera, e quale sarà il ruolo del capitale pubblico. Alcune stime fanno pensare che grandi opere come TAV e ponte sullo stretto di Messina in realtà nascondano ingenti rischi per il rapporto debito/prodotto interno lordo del nostro Paese, costituendo sacche di debito nascosto, la cui copertura viene attribuita a capitale privato, di fatto garantito dall'intervento pubblico;
    numerosi studi elaborati da docenti dell'università del Politecnico di Torino e di altre università italiane, inoltre, chiedono con forza di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo l'effettiva necessità dell'opera in questione anche e soprattutto alla luce dell'attuale congiuntura economica-finanziaria in cui versa il nostro Paese;
    si rileva, inoltre, che anche l'Agenzia nazionale per l'ambiente francese, secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, nel dicembre 2011 avrebbe diffuso un dossier particolarmente critico sulla realizzazione del Fréjus Ferroviario;
    altre criticità sono state sollevate da più parti in relazione alla circostanza che sebbene il citato Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione abbia prodotto proposte interessanti, non si sia mai premurato di includere nell'ambito del proprio lavoro un confronto sull'effettiva utilità del tunnel di base e le possibili alternative;
    la Corte dei Conti francese, nel rapporto annuale di febbraio 2012, ha anche espresso forti critiche all'AFA (Autostrada ferroviaria alpina) tra Italia e Francia affermando che i servizi di trasporto combinato strada-rotaia tra i due Paesi devono ancora dimostrare di essere convenienti ed efficienti;
    la medesima Corte, nel rapporto del 1o agosto 2012, ha espresso la necessità di una revisione profonda dei finanziamenti per l'alta velocità e il quotidiano Le Figaro ha riportato tutte le perplessità che sono emerse sulla saturazione della linea esistente in considerazione dell'andamento dell'economia. Il Governo francese si è dichiarato disponibile al proseguimento dell'iniziativa a patto di ridiscutere i riparti di spesa e di ottenere un massiccio intervento dell'Europa. Il commissario dei trasporti dell'Unine, Siim Kallas, ha dichiarato che l'intervento riguarda i due Stati. La situazione presenta, quindi, aspetti assolutamente contraddittori rispetto al quadro sin ora rappresentato di totale condivisione del progetto e merita un esame più approfondito, come richiesto da tempo degli amministratori locali;
    il Governo pro tempore, lo scorso anno, in risposta alle criticità sollevate da più parti sull'opera in questione, ha pubblicato un documento dal titolo «Tav Torino Lione. Domande e risposte, marzo 2012» dove spiega i motivi per i quali ha riconfermato la Torino Lione come opera strategica per il nostro Paese, adducendo ragioni di tipo ecologico, occupazionale e di saturazione delle linee esistenti con taglio propagandistico piuttosto che tecnico basato su effettivi dati e proiezioni attendibili sull'evoluzione dell'economia europea nel prossimo futuro;
    tale documento anziché dare risposte convincenti ha evidenziato ancora di più la carenza di reali ragioni transportistiche a giustificazione dell'opera, introducendo elementi del tutto estranei alla logica del «fare le opere se, quando e dove servono» e non ha naturalmente placato la furiosa polemica e la tensione sociale sulla «Torino Lione». Effetti questi che bisognerebbe superare definitivamente per ripristinare un serio confronto politico sulle decisioni da attuare nel settore dei trasporti e delle infrastrutture;
    a fronte della gravissima crisi occupazionale che sta investendo l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'opera in questione potrebbe dar luogo nel prossimo futuro a un migliaio di posti di lavoro a fronte di una spesa di svariati miliardi di euro e quindi con un rapporto occupazione/investimento ridottissimo rispetto ad altri progetti su piccole opere o a politiche per la riduzione del costo del lavoro. Sarebbe comunque auspicabile avviare una ulteriore e seria riflessione per verificare con estrema esattezza se, al riguardo, siano state prese in considerazione tutte le opzioni possibili e se l'ordine di priorità stabilito corrisponda realmente a quello giusto;
    il segmento della linea ferroviaria Torino – Lione è incluso nell'asse 6, uno dei 30 assi transeuropei TEN-T core network, come da decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010 (allegato III) che ha confermato la decisione n. 884/2004/ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 (allegato II). L'asse 6 Lione-Trieste-Divaèa/Koper-Divaèa-Lubiana-Budapest-frontiera ucraina (corrispondente al vecchio corridoio 5) non è previsto ad alta velocità dalle stesse decisioni del Parlamento europeo e dal Consiglio europeo già citate, mentre ad alta velocità sono, invece, espressamente previsti gli assi 2, 3, 4 e 19;
    pertanto, l'Europa ha previsto l'asse 6 come linea convenzionale e non ad alta velocità/alta capacità;
   pertanto, l'asse 6 – ossia il segmento presente sul territorio italiano – esiste già ed è stato oggetto di lavori di riammodernamento con una spesa di circa 400 milioni di euro;
   i predetti lavori, appena conclusi, permettono il passaggio dei moderni profili standard PC45 (profili maggiori non possono percorrere le linee italiane, francesi e spagnole);
    anche ai più convinti sostenitori di tale progetto infrastrutturale, stante la drammatica crisi economica in cui versa il nostro Paese, dovrebbe apparire evidente come la realizzazione di un progetto così impegnativo per le finanze dello Stato e perfettamente inutile rispetto a quanto previsto dall'Europa, sia del tutto incompatibile con l'ordine di priorità di destinazione delle risorse che dovrebbe essere applicato e tale principio dovrebbe entrare con forza nell'agenda politica di qualsiasi Governo,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell'Unione europea affinché, anche in considerazione della situazione di gravissima crisi economica che sta interessando il nostro Paese, venga accertato che l'asse 6 non è previsto dall'Europa ad alta velocità/alta capacità nonché venga accertato se tutti i Paesi appartenenti all'Unione europea coinvolti dall'attraversamento nell'asse 6 citato abbiano confermato senza riserve la loro adesione alla realizzazione di tale progetto infrastrutturale;
   a porre in essere ogni atto di competenza teso ad abbandonare definitivamente il progetto della nuova linea Torino Lione e a chiudere conseguentemente le attività in essere presso il cantiere nel comune di Chiomonte.
(1-00048) «Airaudo, Castelli, Migliore, Della Valle, Di Salvo, Crippa, Melilla, Fico, Daniele Farina, Sorial, Claudio Fava, Caso, Lavagno, Lupo, Piras, Gallinella, Pellegrino, L'Abbate, Costantino, Zaccagnini, Nardi, Benedetti, Duranti, Massimiliano Bernini, Quaranta, Parentela, Marcon, Gagnarli, Boccadutri, Busto, Lacquaniti, Daga, Ferrara, Carinelli, Matarrelli, Dadone, Aiello, Franco Bordo, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piazzoni, Pilozzi, Placido, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il Bollettino ABI il totale dei finanziamenti a residenti in Italia si colloca ad aprile 2013 a 1.907,5 miliardi di euro, con una contrazione su base annua del 2,1 per cento. Lievemente negativa è risultata anche la variazione annua dei prestiti a residenti in Italia al settore privato: alla fine di aprile 2013 risultano pari a 1.640,3 miliardi di euro con un calo del 2,3 per cento. I prestiti a famiglie e società non finanziarie ammontano, sempre a fine aprile 2013, a 1.458,6 miliardi di euro, con una riduzione annua del 3,1 per cento;
    le sofferenze lorde, sempre secondo l'ABI, hanno raggiunto a marzo quota 131 miliardi di euro, in aumento di oltre 23 miliardi rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Su base annua l'incremento è del 21,7 per cento. Le sofferenze nette hanno invece toccato i 64,3 miliardi, con un incremento di 16 miliardi rispetto a un anno prima. In rapporto al totale degli impieghi le sofferenze lorde risultano pari al 6,6 per cento a febbraio, in crescita dal 5,4 per cento di un anno prima. Rispetto al periodo pre-crisi la qualità del credito, specie con riguardo alle piccole imprese, è in marcato peggioramento: da giugno 2008 a marzo 2013 il rapporto sofferenze lorde/impieghi del settore privato è più che raddoppiato, passando dal 3 per cento al 7,7 per cento. In aumento e sempre elevato è il livello del rapporto per le famiglie produttrici: dal 7 per cento al 12,3 per cento;
    la continua tendenza alla riduzione dei prestiti bancari al settore privato non finanziario ha determinato la necessità di interventi urgenti intesi a tutelare i piccoli risparmiatori dagli effetti della crisi e fornire adeguato sostegno finanziario al tessuto imprenditoriale italiano;
    nel corso della XVI legislatura sono state messe in atto sia iniziative normative, in sintonia con le decisioni assunte in ambito europeo, che accordi con gli esponenti delle istituzioni creditizie al fine di garantire un adeguato livello di liquidità finanziaria nei confronti dei consumatori;
    in particolare sono stati messi in atto diversi interventi legislativi che hanno consentito di rinegoziare i mutui a tasso variabile del decreto-legge n. 93 del 2008, n. 185 del 2008 e n. 70 del 2011; sono quindi state migliorate le condizioni di estinzione anticipata e portabilità dei mutui e semplificate le procedure per estinguere le ipoteche iscritte a garanzia nonché per garantire il diritto di recesso dai contratti bancari;
    il 31 marzo 2013 si è conclusa l'iniziativa di autoregolamentazione relativa alla misura di sospensione del pagamento delle rate dei mutui per le famiglie in difficoltà, prevista nell'Accordo «Piano Famiglia» sottoscritto il 18 dicembre 2009 e poi confluita nell'ambito dell'Accordo ABI – associazioni dei consumatori, siglato il 30 luglio 2012, denominato «Percorso Famiglia». Tale iniziativa prevedeva la sospensione del rimborso delle rate di mutuo per almeno 12 mesi:
     per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale, anche di quelli oggetto di operazioni di cartolarizzazione;
     nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che hanno subito o subiscono nel periodo 2009-2012 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione);
   in merito all'iniziativa, l'ABI ha reso noto (dati di dicembre 2012) che le banche hanno sospeso 84.995 mutui, pari a circa 9,8 miliardi di debito residuo, garantendo alle famiglie interessate una liquidità complessiva di 606 milioni di euro (media annua per famiglia di 7.130 euro);
    sotto il profilo dei finanziamenti al sistema delle imprese, il 28 febbraio 2012 tra l'ABI e le Associazioni di rappresentanza delle imprese è stata firmata l'intesa «Nuove misure per il credito alle Pmi». L'obiettivo dell'accordo è quello di assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive economiche positive. Gli interventi finanziari previsti per le imprese sono di tre tipi:
     a) operazioni di sospensione dei finanziamenti;
     b) operazioni di allungamento dei finanziamenti;
     c) operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività;
    si inseriscono nell'accordo due ulteriori iniziative: a) il plafond progetti investimenti Italia per favorire il finanziamento di progetti di investimento; b) il plafond Crediti Pa per agevolare lo smobilizzo dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. L'accordo fa seguito all'avviso comune del 3 agosto 2009 e all'accordo per il credito alle Pmi del 16 febbraio 2011. Il termine di validità delle «Nuove misure per il credito alle Pmi» è stato da ultimo prorogato al 30 giugno 2013;
    grazie all'accordo fino a dicembre 2012 sono stati sospesi 68.633 finanziamenti per un debito residuo di 22,4 miliardi e liberando 3,3 miliardi di liquidità;
    nell'ambito legislativo invece, la legge di riforma del mercato del lavoro (articolo 3, commi 48 e 49 della legge n. 92 del 2012) ha novellato la disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, istituito dalla legge finanziaria 2008 (articolo 2, ai commi da 475 a 480, della legge 24 dicembre 2007, n. 244) estendendo le misure di sospensione anche a ulteriori tipologie di mutui;
    l'articolo 13, comma 20, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n, 214, ha rifinanziato il Fondo portandolo ad una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013;
    il 27 aprile 2013, a seguito della pubblicazione dello specifico Regolamento, è stata riavviata l'operatività del Fondo, interrotta dal 31 dicembre 2011;
    il Fondo consente ai mutuatari, con un Isee non superiore a 30.000 euro, di presentare alla banca che ha erogato il mutuo per l'acquisto della prima casa, di importo non superiore a 250.000 euro, la richiesta di sospensione del pagamento dell'intera rata fino ad un massimo di due volte, per complessivi 18 mesi, al verificarsi dei seguenti eventi occorsi negli ultimi 3 anni: morte, handicap grave o condizione di non autosufficienza, perdita del posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o dei rapporti lavorativi di cui all'articolo 409 del cpc;
    il Fondo di solidarietà esclude i lavoratori autonomi, le famiglie che hanno sostenuto costi per la ristrutturazione dell'abitazione o spese di assistenza sanitaria (comprese nella prima versione del Fondo) e i cassintegrati (inseriti invece nel «Piano famiglie»). I 20 milioni di dotazione previsti potrebbero esaurirsi a breve, visto che dalle banche si segnalano forti richieste;
    la moratoria alle imprese esclude i finanziamenti che hanno beneficiato di agevolazioni pubbliche in conto interessi o in conto capitale;
    la scadenza della moratoria per le imprese al 30 giugno 2013 rischia di indebolire ulteriormente il tessuto produttivo,

impegna il Governo:

   a promuovere nei tempi più rapidi tutte le iniziative necessarie per implementare forme di ristrutturazione diffusa dei debiti senza spese aggiuntive per i debitori favorendo un allargamento della platea dei soggetti interessati, al fine di assicurare un adeguato livello di credito alle famiglie, alle piccole e medie imprese, all'agricoltura e all'artigianato e sostenere le prospettiva di ripresa dei consumi e del sistema produttivo;
   a favorire, in particolare, l'ampliamento della platea dei soggetti che possono accedere al Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, assicurando una adeguata dotazione finanziaria al Fondo stesso;
   a promuovere entro giugno 2013 un nuovo accordo con gli istituti di credito allo scopo di definire nuove misure per sostenere finanziariamente le piccole e medie imprese (allargando l'intesa all'individuazione di ulteriori interventi correttivi dell'accordo Basilea 3, al rafforzamento del Fondo di garanzia per le Pmi, alla definizione di azioni condivise per lo sviluppo dei Confidi e di misure per il sostegno finanziario delle refi d'impresa) e migliorare la trasparenza nelle relazioni tra banche e imprese.
(1-00049) «Misiani, De Micheli, Amoddio, Antezza, Arlotti, Baruffi, Berlinghieri, Biffoni, Bini, Biondelli, Bonomo, Capone, Cardinale, Carella, Carnevali, Carra, Casati, Causi, D'Attorre, D'Incecco, Dal Moro, Fabbri, Fiano, Fontanelli, Giampaolo Galli, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Ginato, Giulietti, Gnecchi, Grassi, Lorenzo Guerini, Gullo, Iori, Laforgia, Lodolini, Madia, Maestri, Magorno, Malpezzi, Manfredi, Marchetti, Marchi, Mariani, Mariano, Martella, Melilli, Mongiello, Montroni, Morani, Moretti, Moscatt, Mura, Murer, Salvatore Piccolo, Quartapelle Procopio, Rampi, Realacci, Rubinato, Rughetti, Sani, Senaldi, Sereni, Simoni, Taranto, Tidei, Tullo, Valiante, Velo, Venittelli, Zardini».


   La Camera,
   premesso che:
    la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dal precedente Governo con l'esercizio della delega contenuta nell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, – soppressione di tutte le sezioni distaccate dei tribunali, di quasi tutti i tribunali non capoluogo di provincia e degli uffici dei giudici di pace –, in un contesto di grave crisi del settore giustizia, ha ulteriormente aggravato la situazione del sistema. E, infatti, facendo solo «cassa» nell'immediato per importi modesti – senza peraltro che vengano tenuti in debita considerazione i costi del trasferimento del personale e delle risorse materiali – e producendo nel breve delle diseconomie di scala, dovute alla creazione di macro strutture di tribunali che risulteranno dei veri e propri «carrozzoni», tali da compromettere ulteriormente il già carente servizio della giustizia, la citata revisione causerà che molti cittadini saranno indotti, di fatto, a rinunciare alla tutela costituzionalmente garantita dei propri diritti in una sede accentrata e molte volte lontana, a discapito di una giustizia di prossimità, che, come dimostrano i dati statistici, è efficiente e oltremodo la più conforme ai parametri europei;
    va rilevato che i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» e 7 settembre 2012, n. 156 «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», disattendono le indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato, che rilevavano come i princìpi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 1, comma 2, della delega prevista dalla legge n. 148 del 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 138 del 2011, fossero stati recepiti solo in parte, poiché non si teneva conto, tra l'altro, dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, oltre a non preservare nuove strutture recentemente finanziate, tra cui quelle di Chiavari e Bassano del Grappa;
    la politica di revisione della geografia giudiziaria del precedente Governo deriva da scelte, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, difficilmente apprezzabili, se si considera che in diverse circostanze, e con dichiarazioni apparse sui maggiori quotidiani nazionali, è stato affermato che la criminalità organizzata mafiosa è ben radicata nel Nord del nostro Paese, e ciò nonostante le uniche sedi di tribunale «ripescate», nel definitivo ridisegno della geografia giudiziaria, per ragioni connesse al contrasto alle mafie sono state solo quelle del Sud (Caltagirone e Sciacca in Sicilia, Castrovillari, Lamezia Terme e Paola in Calabria, e Cassino), mentre al Nord, in base agli atti del precedente Governo, non esiste alcun problema di infiltrazioni della criminalità organizzata che suggerisca il mantenimento dei tribunali quali presidi del territorio,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza un provvedimento normativo correttivo dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, al fine di dare puntuale attuazione ai contenuti dei pareri approvati nella scorsa legislatura, e precisamente dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati il 31 luglio e il 1° agosto 2012 e dalla Commissione giustizia dell'altro ramo del Parlamento il 31 luglio 2012, e conseguentemente di pervenire alla reviviscenza degli uffici giudiziari soppressi in difformità dai citati pareri, ovvero ad adottare con urgenza un'iniziativa normativa che faccia slittare, di un periodo non inferiore a dodici mesi, l'operatività delle disposizioni concernenti la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari di cui ai citati decreti legislativi.
(1-00050) «Molteni, Grimoldi, Rondini, Fedriga, Marcolin, Caparini, Matteo Bragantini, Attaguile, Caon, Allasia».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il 27 luglio 2006 la Camera aveva approvato all'unanimità una mozione che impegnava il Governo pro tempore a presentare all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in consultazione con i partner dell'Unione europea, una proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali «in vista della completa abolizione della pena di morte»; il 13 giugno 2007 con risoluzione in Commissione 7-00209, nella seduta n. 169, si prendeva atto del fatto che il Parlamento italiano e il Parlamento europeo, unanimi, avevano ritenuto maturo «il tempo per l'azione al Palazzo di Vetro» e si ribadiva il mandato «a procedere con la massima urgenza e senza altri rinvii alla presentazione della Risoluzione pro moratoria all'Assemblea generale»; nel corso della 62ma sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stata approvata per la prima volta la risoluzione 62/149 con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti, in data 18 dicembre 2007 per una moratoria universale delle esecuzioni in vista della totale abolizione della pena di morte; il movimento abolizionista mondiale è cresciuto ed è cresciuto il consenso di Stati e Governi verso un livello di giustizia capace di rispettare la vita anche in condizioni estreme, come dimostrato dal crescente sostegno alla risoluzione dell'Assemblea generale Onu, approvata per la quarta volta il 20 dicembre 2012 con 11 voti a favore (108 nel 2010, 105 nel 2008), 41 contrari (41 nel 2010, 47 nel 2008) e 34 astensioni (36 nel 2010, 34 nel 2008);
    l'assenza della pena capitale è un tratto identitario e la sua abolizione è azione prioritaria dell'Unione europea, e negli ultimi due decenni significativo è stato il ruolo pro-attivo, all'interno delle linee di politica estera, del Governo e del Parlamento italiano, in sinergia con le organizzazioni non governative italiane, con effetti positivi in ambito europeo e internazionale, fino a registrare un numero di circa 150 Paesi nel mondo che non fanno più uso della pena capitale, per legge o di fatto, quando negli anni Settanta tale numero era appena superiore a due decine;
   a Roma nasceva nel 2002 la Coalizione mondiale contro la pena di morte, che oggi raccoglie oltre 140 organizzazioni umanitarie mondiali, da Amnesty International alla Federazione Mondiale dei diritti dell'uomo e nel frattempo è nata la giornata mondiale contro la pena di morte (il 10 ottobre) e dall'Italia sono nate iniziative come la giornata mondiale delle città per la vita (il 30 novembre, anniversario della prima abolizione della pena capitale nel mondo da parte di uno Stato occidentale, il Granducato di Toscana, 30 novembre 1786);
    un'accelerazione abolizionista si registra in Asia centrale, in Africa, negli Stati Uniti (tra gli altri Gabon, Burundi, Costa d'Avorio, Ruanda, Togo, Mongolia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Uzbekistan, e, dal 2007, negli USA New Jersey, New Mexico, New York, Illinois, Connecticut e il 2 maggio 2013 il Maryland) anche grazie al ruolo sinergico di organizzazioni non governative, Governi e Parlamenti, capace di coniugare benefiche influenze bilaterali e multilaterali con un intenso e creativo lavoro dal basso e culturale, capace di coinvolgere classi dirigenti, opinion leader e opinione pubblica;
    grazie all'azione italiana dei Ministeri degli affari esteri e della salute, assieme alle organizzazione Nessuno Tocchi Caino, Comunità di Sant'Egidio e Reprieve è stato possibile interrompere la produzione di farmaci usati per l'iniezione letale sul territorio italiano e questo ha portato a percorsi simili in altri Paesi del mondo creando una battuta d'arresto nella somministrazione della pena capitale in alcuni stati americani;
    azioni importanti sono in corso in aree come i Grandi Caraibi e nel continente asiatico, favorite anche dalla crescita dei network mondiali rafforzati dalle Conferenze internazionali dei Ministri della giustizia di Roma e dalla celebrazione dei Congressi mondiali contro la pena di morte (Strasburgo 2001, Montréal 2004, Parigi 2007, Ginevra 2010), e il coinvolgimento di Parlamenti locali si è dimostrato elemento di grande efficacia nell'arretramento della pena capitale (negli USA, in Africa, in Asia, dalle Filippine alla Mongolia);
    si ravvisa l'opportunità di valorizzare l'opportunità offerta dall'imminente quinto congresso mondiale contro la pena di morte che avrà luogo a Madrid dal 12 al 15 aprile 2013 anche attraverso una rappresentanza del Governo e del Parlamento,

impegna il Governo:

   a rafforzare a livello centrale e periferico tutte le iniziative utili a monitorare la salvaguardia dei diritti fondamentali anche dei condannati a morte in Paesi mantenitori della pena capitale, e a cooperare per umanizzare il sistema carcerario; a continuare a rafforzare l'impegno internazionale per accompagnare con azioni culturali, normative e politiche Governi e società in transizione, anche sul terreno del rispetto dei diritti umani e dell'abbandono della pena capitale;
   ad intensificare le azioni di cooperazione a sostegno del processo abolizionista mondiale, a cominciare dal prossimo Congresso mondiale contro la pena di morte di Madrid del 12-15 giugno 2013.
(7-00016) «Marazziti».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    lo spirito delle più recenti normative comunitarie è quello di garantire la libera circolazione e il commercio dei programmi televisivi, anche al fine di perseguire l'obiettivo di impedire la formazione di posizioni dominanti nel settore televisivo, tanto che la direttiva 2010/13/UE che modifica la 89/552/CEE nel regolamentare l'esercizio delle attività televisive recita: «È essenziale che gli Stati membri vigilino affinché non si commettano atti pregiudizievoli per la libera circolazione e il commercio delle trasmissioni televisive o tali da favorire la formazione di posizioni dominanti comportanti limitazioni del pluralismo e della libertà dell'informazione televisiva nonché dell'informazione in genere»;
    il contratto di servizio tra RAI e il Ministero dello sviluppo economico all'articolo 23 (qualità del servizio) prevede che: «la Rai individua nella qualità audiovisiva un tratto distintivo e irrinunciabile dell'offerta del servizio pubblico. La programmazione Rai è diffusa attraverso le reti di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale ed analogica e via satellite con una elevata qualità di immagine e suono, dedicando ad ogni canale l'opportuna capacità trasmissiva...; la Rai riconosce la qualità tecnica del servizio di radiodiffusione quale obiettivo strategico del servizio pubblico [...] monitora costantemente la qualità tecnica del servizio ed esercita ogni azione preventiva e correttiva al fine di garantire il permanere di alti standard qualitativi; assicura un costante rapporto con l'utenza, per raccogliere segnalazioni di problematiche di qualità tecnica; [...]; assicura una idonea informazione ai cittadini per la migliore funzione dei servizi; nell'ambito della disponibilità delle frequenze e tenendo conto della specificità della missione del servizio pubblico generale radiotelevisivo, il Ministero assicura alla Rai tutte quelle necessarie per risolvere situazioni interferenziali, migliorare la qualità del servizio e sperimentare nuove tecnologie diffusive [...]»;
    ne deriva che la qualità del segnale costituisce un elemento essenziale del servizio pubblico radiotelevisivo;
    sono numerosi i provvedimenti il Governo ha licenziato al fine di dotare la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo delle necessarie risorse per raggiungere la sufficiente copertura dell'intero territorio. A puro titolo esemplificativo, il Governo pro tempore ha accolto l'ordine del giorno 9/4086/182 (Strizzolo, Viola) in sede di conversione del decreto «mille-proroghe» che, destinava una parte di fondi per risolvere i problemi di copertura individuati nella zona a confine tra Veneto e Friuli. Le molte criticità da più parti rilevate sono tutt'oggi irrisolte a causa della mancanza di risorse;
    nella precedente legislatura è stata discussa la risoluzione 7-00697 Meta che impegnava il Governo «a valutare ogni attività da porre in essere nei confronti della RAI a fronte dell'evidente mancato adempimento degli obblighi previsti dal vigente contratto di servizio» e «ad assumere iniziative, anche normative, per prevedere forme di indennizzo in favore di quei cittadini che hanno sostenuto spese documentate per effettuare interventi tecnici sulle antenne in seguito al passaggio al digitale terrestre»;
    la legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), all'articolo 1, comma 8, ha previsto l'avvio di procedure per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze radioelettriche da destinare ai servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda con l'utilizzo della banda 790-862 MHZ;
    ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75; tali procedure sono state attuate esclusivamente per le emittenti televisive locali operanti nelle aree in cui ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione televisiva in tecnica digitale alla data del 1o gennaio 2011, attraverso l'obbligo del rilascio delle frequenze televisive (canali da 61 a 69) in uso operanti sulla banda 790-862 MHZ e, sempre con riferimento alle emittenti televisive locali operanti in dette aree, mediante la successiva predisposizione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di appositi bandi di gara per l'assegnazione dei diritto d'uso;
    il decreto ministeriale 13 gennaio 2012 del Ministero dello sviluppo economico dispone l'attribuzione di misure compensative alle emittenti locali collocate in posizione utile in apposite graduatorie regionali in cambio del rilascio volontario delle frequenze loro assegnate operanti sulla banda 790-862 MHZ;
    la Conferenza ITU di Ginevra ha stabilito che a partire dal 2016 saranno destinate agli operatori delle telecomunicazioni per i servizi di banda larga mobile anche le frequenze attualmente in uso alle emittenti televisive locali operanti sulla banda 700 MHZ;
    in base alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, articolo 1, comma 11, il Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prevedono ulteriori obblighi per i titolari dei diritti d'uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso più efficiente dello spettro e della valorizzazione e promozione delle culture regionali e locali;
    in conseguenza di tale obbligo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha emanato la delibera n. 353/11/CONS recante «nuovo Regolamento relativo alla radiodiffusione televisiva in tecnica digitale»;
    l'obbligo, stabilito dall'articolo 3, comma 13, della già citata delibera n. 353/11/CONS del possesso di determinati requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti impiegati per le società di capitali ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione per esercitare l'attività di fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale non è più in vigore avendo trovato applicazione sino al 4 luglio 2012, data di definitiva cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica;
    l'articolo 18, comma 3, lettera a), della citata delibera n. 353/11/CONS ha disposto che l'operatore di rete in ambito locale, fermo il rispetto delle quota di riserva di capacità trasmissiva stabilita dall'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici a favore dei soggetti autorizzati a fornire i contenuti televisivi e degli obblighi di must carry, possa fornire capacità trasmissiva necessaria a trasportare due programmi nazionali per ciascun multiplex;
    la disposizione prevista dall'articolo 18, comma 3, lettera a) della delibera n. 353/11/CONS non contribuisce ad avviso dei firmatari del presente atto a perseguire gli obiettivi di piena concorrenza del mercato televisivo, in quanto non consente alle nuove figure di operatore di rete locale di competere ad armi pari con gli operatori nazionali;
    gli obblighi di must carry previsti per le emittenti televisive locali dall'articolo 27, comma 1, della delibera 353/11/CONS appaiono evidentemente superati dagli eventi in quanto i fornitori di servizi media audiovisivi non più in possesso di frequenza o hanno cessato l'attività o vengono trasportati dagli altri operatori di rete in ambito locale;
    le misure di sostegno alle emittenti televisive locali previste dall'articolo 27, comma 10, della legge n. 448 del 1998, sono state ridotte di 20 milioni di euro per il 2013 e di 30 milioni di euro nel 2014 dalle disposizioni contenute nel decreto- legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
    l'articolo 18, comma 3, lettera a) della delibera n. 353/11/CONS dell'AGCOM è stato superato dall'articolo 15, comma 6-bis, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni (introdotte dall'articolo 9, comma 3 della legge 15 dicembre 2011, n. 217) che ha espressamente limitato la possibilità di veicolare contenuti nazionali da parte degli operatori di rete locali per la tv digitale terrestre;
    in conseguenza della crisi economica e del conseguente contrarsi del mercato pubblicitario molte emittenti televisive locali che già versavano in condizione di grande sofferenza per aver sostenuto ingenti investimenti per la conversione in tecnica digitale degli impianti di trasmissione si sono viste costrette a ricorrere alla cassa integrazione, mobilità e/o licenziamento. La possibilità di trasportare il segnale della concessionaria pubblica ovvero di stipulare accordi con gli enti locali per la copertura delle aree oggi non illuminate consentirebbe di raggiungere il duplice obiettivo di fornire ai cittadini un servizio di pubblica utilità dando alle emittenti locali uno strumento di sviluppo industriale,

impegna il Governo

alla luce delle difficoltà economiche in cui le emittenti televisive locali si trovano ad assumere iniziative normative volte a modificare l'articolo 15, comma 6-bis, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, al fine di far cessare la limitazione numerica al trasporto nei multiplex delle televisioni locali ai programmi nazionali facendo sì che il venir meno di tale limitazione, per gli operatori di rete in ambito locale, decorra dal 4 luglio 2012, data di definitiva cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica, ciò anche al fine di procedere per analogia con quanto disposto dall'articolo 3, comma 13, della delibera 353/11/CONS, per le società di capitali relativamente ai requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti, ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione per esercitare l'attività di fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale.
(7-00017) «Caparini, Marguerettaz».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI, DURANTI, MATARRELLI, PANNARALE e SANNICANDRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 19 maggio 2013 tre persone venivano assassinate in un agguato a colpi di kalashnikov nel quartiere «San Paolo» nella città di Bari;
   il bilancio dell'agguato poteva essere ancor più grave perché avveniva in pieno giorno davanti a un bar e ad alcuni esercizi commerciali, alcuni aperti, e tra la gente che passeggiava dopo aver lasciato la vicina chiesa di «Santa Cecilia», nel quartiere;
   come riportato da diverse fonti di stampa e, confermato dagli investigatori, il presunto obbiettivo dell'agguato era Vitantonio Fiore, il quale indossava un giubbotto antiproiettile e aveva un'arma da fuoco infilata nella cintola dei pantaloni;
   questo agguato non rappresenta un fatto isolato; il 15 maggio 2013 il sorvegliato speciale, Saverio Lorusso, veniva colpito alla spalle da tre proiettili sotto la sua abitazione nel quartiere San Girolamo. Il pregiudicato si salvava, perché indossava un giubbotto antiproiettile;
   il 16 aprile 2013 veniva colpito a morte invece Giacomo Carraciolese, ucciso per strada a pochi passi dalla sua abitazione e dal vicino mercato rionale di via Nizza nel quartiere di «San Pasquale»;
   questi due ultimi episodi menzionati, sono soltanto l'apice di una situazione drammatica vissuta in provincia di Bari. Secondo l'ultima relazione semestrale (1o semestre 2012) della direzione investigativa antimafia (DIA), la criminalità organizzata in quel territorio ha una «diffusa disponibilità di armi» ed «elevate capacità criminali». Nella relazione si evidenzia anche che l'equilibrio tra i clan storici potrebbe essere stato alterato da alcuni gruppi che scalpitano per tornare alla ribalta, questo potrebbe portare ad una escalation di vendette criminali e di spietati episodi delinquenziali;
   anche nel resto della Puglia lo scenario dei gruppi criminali si presenta caratterizzato da dinamiche particolarmente aggressive e violente e si riscontra un significativo aumento dei reati di omicidio, di rapina e di estorsione. Secondo la relazione citata della direzione investigativa antimafia, in particolare, l'aumento dei reati di omicidio conferma l'esistenza di «dinamiche di scontro dettate dalla ricerca nuovi assetti nonché della competitiva espansione territoriale» della criminalità pugliese;
   profonda preoccupazione viene espressa anche attraverso una nota del 20 maggio 2013 dalla giunta distrettuale dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) di Bari, in cui si afferma che il territorio «vive un allarmante ed aumentata recrudescenza criminale». Continua l'Associazione nazionale magistrati di Bari: «al riguardo si deve riaffermare l'evidenziata carenza degli organici dei Magistrati e del personale amministrativo, che si trovano ad affrontare e contrastare i locali fenomeni criminali in situazione ormai emergenziale. Si rappresenta ancora l'assoluta inadeguatezza delle strutture a disposizione di tutti gli operatori della giustizia, compresi i Magistrati, con il relativo disagio che ostacola ulteriormente il nostro quotidiano lavoro» –:
   quali provvedimenti immediati i Ministri intendano porre in essere per garantire la sicurezza dei cittadini alla luce della escalation criminale in corso;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per contrastare i processi di riorganizzazione della criminalità organizzata sul territorio pugliese e in particolare, sul capoluogo;
   quali misure concrete intenda adottare il Governo per garantire idonee risorse economiche e di personale a sostegno della magistratura e delle forze dell'ordine, pesantemente colpite negli anni passati dai tagli e dal sottodimensionamento. (4-00538)


   MISIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   domenica 19 maggio nel corso della trasmissione «Le Iene» (Italia Uno) è stata trasmessa un'intervista ad un assistente parlamentare anonimo che ha descritto un vero e proprio sistema corruttivo che vedrebbe protagoniste aziende multinazionali del settore dei tabacchi e delle slot machine. Tali aziende verserebbero ad alcuni parlamentari cifre variabili tra mille e duemila euro mensili per accelerare l’iter di leggi o favorire il buon esito di emendamenti funzionali agli interessi delle aziende stesse;
   è auspicabile, come sostenuto ai più alti livelli istituzionali, che gli autori del servizio provvedano senza indugio a fare una regolare denuncia alla procura, in modo da poter accertare natura e gravità dei fatti contestati;
   la rappresentanza di interessi è un'attività ampiamente praticata in tutte le democrazie contemporanee. Se svolta in modo corretto, essa migliora i processi decisionali, poiché rende coloro che devono assumere decisioni nell'interesse generale consapevoli e informati di tutte le necessità degli interessi particolari. Per uno svolgimento virtuoso dell'attività di lobbying è tuttavia necessaria una regolamentazione adeguata che da una parte renda i soggetti portatori di interessi particolari riconoscibili, professionali e operanti nel rispetto di precise regole deontologiche, dall'altra garantisca ai decisori pubblici una tutela nei confronti dei rappresentanti di interessi particolari con cui vengono in contatto;
   nell'ordinamento italiano, a differenza di quanto accade in altre democrazie, non esiste alcuna regolamentazione a livello nazionale della rappresentanza di interessi particolari. Sono intervenute in questa materia la regione Toscana, con la legge regionale 18 gennaio 2002, n. 5, e la regione Molise, con la legge regionale 22 ottobre 2004, n. 24;
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il decreto ministeriale 9 febbraio 2012, n. 2284 ha istituito l'unità per la trasparenza al fine di garantire la trasparenza dei processi decisionali di competenza dell'amministrazione e di gestire l'attività di interazione tra il Ministero e il mondo delle lobby. Compito primario dell'unità è gestire l'elenco dei portatori di interesse e curare le procedure di consultazione dei lobbisti iscritti, nelle fasi di elaborazione dei disegni di legge e degli schemi di regolamento per i quali è prevista obbligatoriamente l'analisi di impatto della regolamentazione (AIR);
   secondo il Rapporto presentato nell'ottobre 2012 dalla Commissione ministeriale per l'elaborazione di misure per la prevenzione della corruzione, la peculiare relazione intessuta dall'attività di lobbying reca con sé il rischio di sovrapposizioni tra condotte lecite e condotte illecite da parte di chi perora gli interessi propri o del gruppo a cui appartiene: rischio certo più consistente laddove manchi, come nel nostro ordinamento, una apposita ed adeguata regolazione del settore;
   tale regolamentazione appare ancor più necessaria nella prospettiva di una riforma del finanziamento dei partiti e dei movimenti politici che superi l'attuale meccanismo di contribuzione pubblica attraverso un sistema di incentivazione delle donazioni di fonte privata –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di promuovere nell'ordinamento italiano una adeguata disciplina dell'attività di lobbying, al fine di rendere tale attività pienamente trasparente e di prevenire e contrastare pratiche opache o illegali nel settore della rappresentanza di interessi particolari;
   se, in particolare, nelle more dell'approvazione di una legge di regolamentazione del settore, non ritenga opportuno estendere a tutti i Ministeri e alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'esperienza avviata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. (4-00558)


   PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei comuni di Marcon (Venezia) e di Mogliano Veneto (Treviso) è situato un ex-impianto di gestione rifiuti denominato «NUOVA ESA» in cui si trattavano rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi;
   il volume di rifiuti annualmente trattati si aggirava intorno alle 200.000 tonnellate in ingresso ed in uscita;
   la gestione di detto impianto è stato operata dalla società «NUOVA ESA»; s.a.s., spesso oggetto di procedimenti giudiziari penali, i quali nel 2004 hanno portato all'arresto di undici persone e al sequestro giudiziario dell'impianto;
   successivamente la ditta Europambiente Srl acquisiva il residuo ramo d'azienda dalla ditta Nuova Esa Sas senza però provvedere allo smaltimento totale dei rifiuti presenti nell'impianto, i quali nel 2008 vengono stimati nel volume di 5.767,97 di tonnellate;
   le attività di smaltimento da parte della ditta Europambiente Srl cessavano nel corso del 2009, stante la mancanza in capo alla suddetta società dei presupposti per il rilascio di un provvedimento di autorizzazione integrale ambientale (AIA) provvisoria, necessaria allo svolgimento di dette attività;
   già nel 2009, a seguito di sopralluoghi condotti dall'ARPAV Veneto e di pronunce giudiziarie di condanna, veniva riconosciuta l'esigenza che i rifiuti presenti nell'impianto fossero rimossi, stante la pericolosità di alcuni di essi;
   a complicare il suesposto quadro, è intervenuto il 27 giugno 2012 un incendio divampato presso i luoghi dell'impianto, che ha messo a rischio la salubrità delle zone limitrofe all'impianto (con relativa messa in sicurezza dei materiali combusti a spese del comune di Marcon);
   nel luglio del 2012 venivano indirizzate Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero dell'economia e delle finanze, nonché alla Presidenza del Consiglio dei ministri, due interrogazioni parlamentari, una a firma dell'onorevole Zamparutti (atto Camera 4/16819) ed una a firma dell'onorevole Viola (atto Camera 5/07331), nelle quali si dava conto della situazione suesposta e si chiedevano misure volte alla soluzione della vicenda;
   nel periodo di febbraio-marzo 2012 i comuni, nel cui territorio ricadeva l'impianto in questione, provvedevano ad emettere delle ordinanze con le quali ingiungevano alla ditta Europambiente Srl ed alla proprietà (signora Sarzetto Maria) la rimozione dei rifiuti in deposito incontrollato e in stato di abbandono, con contestuale avvio degli stessi a smaltimento e ripristino dello stato e decoro dei luoghi;
   con apposito sopralluogo (verbale del 23/08/2012 prot. n. 19541 del comune di Marcon) si accertava che i soggetti destinatari delle suddette ordinanze non avevano ottemperato alle stesse;
   in data 7 agosto 2012, nell'ambito di una conferenza dei servizi tra comune di Marcon, di Mogliano Veneto, provincia di Venezia, provincia di Treviso, Arpav Venezia, Arpav Treviso, Ulss12 Venezia, Ulss9 Treviso, VVF Venezia, VVF Treviso, veniva inoltre approvato il documento redatto congiuntamente da Arpav e VVF Venezia in data 27 luglio 2012, indicante le 10 priorità di intervento per la messa in sicurezza dell'area mediante l'allontanamento dei rifiuti dall'impianto in questione;
   nel bilancio 2009, la regione Veneto iscriveva a favore del solo comune di Marcon la cifra di 2.000.000,00 di euro, del tutto insufficiente per gli interventi di messa in sicurezza dei luoghi;
   nello stesso periodo i comuni di Marcon e Mogliano Veneto, data la complessità dell'intervento di bonifica dell'area, richiedevano l'intervento sostitutivo della regione Veneto, la quale, con delibera della giunta regionale n. 2314 del 20 novembre 2012, individuava nella società «Veneto Acque Spa» il soggetto attuatore dello smaltimento dei rifiuti presenti nell'area interessata;
   quest'ultima società emetteva bando (n. 3/2013) di gara a procedura aperta denominato «Servizio di caratterizzazione analitica, rimozione, trasporto e incenerimento dei rifiuti pericolo all'interno dell'area EX NUOVA ESA pentasolfuro di fosforo C.E.R. 16.05.07», con scadenza il 7 maggio 2013;
   detto bando riguardava la rimozione dei 400 fusti contenti pentasolfuro di fosforo C.E.R. 16.05.07, la quale rappresenta solamente la prima delle 10 priorità d'intervento segnalate nella perizia congiunta dell'Arpav e dei vigili del fuoco;
   la situazione dell'impianto in questione, lungi dall'esser risolta, necessita dunque di interventi di portata radicalmente differente, onde garantire prioritariamente la sicurezza ed evitare l'ulteriore aggravarsi di danni, ambientali ed economici, già arrecati al territorio ed alla popolazione interessati;
   a riprova della gravità della situazione in data 30 aprile 2013 veniva presentata al Parlamento europeo apposita interrogazione a risposta scritta indirizzata alla Commissione europea, a firma dell'eurodeputato Andrea Zanoni, per sapere se questa non ritenesse «opportuno approfondire le ragioni per le quali la Regione del Veneto ha stanziato un contributo ritenuto insufficiente a risolvere l'emergenza ambientale ed eliminare per sempre i rischi di contaminazione»;
   si auspica che la regione Veneto chiarisca quali ulteriori misure essa intenda adottare rispetto alla vicenda suesposta –:
   di quali informazioni disponga il Governo per quanto di competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere ai fini dell'accertamento delle sostanze ancora depositate nel piazzale della Nuova Esa e della loro regolare rimozione.
(4-00561)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   CARELLA, TIDEI, BRANDOLIN, MORASSUT, CARRA, CARNEVALI e CARDINALE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito il 25 aprile 2013, per discutere le conclusioni e raccomandazioni del rapporto del segretario generale dell'ONU sulla situazione in Sahara occidentale (S/2013/220 dell'8 aprile 2013) e dell'iniziativa diplomatica svolta nel corso degli ultimi mesi dall'inviato personale delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale Christopher Ross e decidere sulla riconferma del mandato della missione ONU nel Sahara occidentale, (MINURSO), in scadenza alla fine del mese di aprile, e alla quale l'Italia partecipa direttamente con alcuni militari;
   il Consiglio di sicurezza ha riaffermato la sua volontà di aiutare le parti a pervenire a una soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettata che garantisca l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, secondo i principi enunciati dalla Carta delle Nazioni Unite e ha chiesto alle parti e agli Stati vicini di cooperare con le Nazioni Unite al fine di superare l’impasse in cui si trovano, da tempo, i negoziati e di avanzare verso una soluzione politica capace di rinforzare la cooperazione tra gli Stati del Maghreb arabo e di contribuire a garantire stabilità e sicurezza nella regione del Sahel;
   il Consiglio di sicurezza ha chiesto un maggiore impegno nel garantire il rispetto dei diritti umani in Sahara occidentale e ha incoraggiato le parti a collaborare con la comunità internazionale per mettere a punto e applicare misure credibili che garantiscano pienamente il rispetto dei diritti umani;
   il Consiglio di sicurezza ha accolto con soddisfazione l'impegno preso dalle parti di proseguire i negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, che considerano inaccettabile il consolidamento dello status quo, ma intendono proseguire i negoziati per garantire una migliore qualità della vita agli abitanti del Sahara occidentale;
   il Consiglio di sicurezza ha prorogato il mandato della MINURSO fino al 30 aprile 2014 con la risoluzione S/RES/2099 del 15 aprile 2013;
   diverse risoluzioni del Parlamento italiano ed europeo chiedono da tempo il rispetto dei diritti umani in Sahara occidentale;
   le risoluzioni delle Nazioni Unite, del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea generale dell'Onu sul conflitto del Sahara occidentale hanno ribadito più volte il diritto all'autodeterminazione del popolo sahrawi, da realizzarsi attraverso un referendum, al fine di arrivare ad una «soluzione politica giusta, durevole e mutuamente accettabile», che possa contribuire alla stabilità, allo sviluppo ed all'integrazione nella regione del Maghreb;
   l'attuale conflitto in Mali rischia di accrescere l'instabilità e l'insicurezza nel Sahel e rende la soluzione del conflitto del Sahara occidentale più urgente che mai;
   per la prima volta il 15 marzo 2013, il Gruppo di amici del Sahara occidentale (Francia, Stati Uniti, Spagna, Gran Bretagna e Russia) ha espresso il pieno appoggio agli sforzi di mediazione del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e del suo inviato personale;
   le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dal Regno del Marocco nel Sahara occidentale, così come evidenziato dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura, dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e dalla Fondazione Robert F. Kennedy suscitano viva preoccupazione per il possibile degenerare della situazione dei diritti umani in quest'area;
   il 19 aprile 2013 il dipartimento di stato americano ha pubblicato un dossier sulla situazione dei diritti umani in Sahara occidentale, a sostegno di un progetto di risoluzione che prevede l'ampliamento del mandato della MINURSO sui diritti umani, poi abbandonato a seguito delle pressioni della diplomazia marocchina;
   i civili sahrawi, nel territorio non autonomo del Sahara occidentale, sono privati dei diritti più elementari (diritti di associazione, di espressione, di manifestazione) e si è registrato l'incremento della repressione nei loro confronti proprio durante la visita in Sahara occidentale dell'inviato personale del segretario generale dell'ONU Christopher Ross, come ha denunciato Amnesty International;
   l'Ufficio delle Nazioni Unite dell'Alto commissario per i diritti umani ha espresso preoccupazione per le durissime sentenze emesse il 17 febbraio 2013 dal tribunale militare di Rabat nei confronti di 25 civili sahrawi, arrestati la notte tra l'8 e il 9 novembre 2010, dopo lo smantellamento del campo della dignità di Gdeim Izik, nei pressi di El Aioun, la capitale del Sahara occidentale, senza aver tentato di fare chiarezza sui fatti e senza avere reali prove di colpevolezza, come hanno testimoniato i rapporti degli osservatori internazionali presenti al processo. Il tribunale ha emesso 9 condanne all'ergastolo, 4 a trent'anni, 8 a venticinque anni e 2 a vent'anni. Solo per due componenti del gruppo la pena è stata commisurata alla detenzione preventiva della pena (due anni). Gli accusati hanno dichiarato ai famigliari di essere stati torturati e maltrattati durante la detenzione, costretti, con la forza, a sottoscrivere le dichiarazioni rilasciate durante gli interrogatori della polizia;
   la riduzione degli aiuti ai profughi sahrawi, dovuta alla crisi economica e alle sue ricadute sugli impegni dei donatori internazionali, sta determinando effetti devastanti sulla popolazione sahrawi nei campi di rifugiati a Tindouf (Algeria) –:
   se il Governo non intenda:
    a) assumere un ruolo di primo piano nel contenzioso e utilizzare il suo peso nell'Unione europea e i buoni rapporti con tutti i protagonisti in questione, per favorire la ricerca di una soluzione del conflitto, che sia rispettosa del diritto all'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, tenendo conto del quadro di sostanziale stallo in cui verte il negoziato internazionale, posto che la stabilizzazione dell'area porterebbe indubbi benefici alle relazioni tra l'Italia e tutto il Nordafrica;
    b) adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite, che rispetti il diritto all'autodeterminazione del popolo sahrawi;
    c) attivarsi nelle opportune sedi internazionali, per ampliare il mandato della missione MINURSO al monitoraggio dei diritti umani in Sahara occidentale;
    d) sollecitare l'immediata scarcerazione dei condannati e l'avvio di un'inchiesta internazionale sui fatti di Gdeim Izik, affinché si proceda ad un nuovo e serio processo volto all'accertamento dei fatti;
    e) ottenere garanzie da parte del Governo del Marocco circa la preservazione dell'integrità fisica di tutte le persone detenute per reati di opinione e in generale sul rispetto dei diritti fondamentali, come il diritto di espressione, di associazione e di riunione e la libertà di ingresso e movimento nel proprio territorio, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 12, comma 4, del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite;
    f) adottare, in raccordo con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, ogni iniziativa utile sul piano diplomatico, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione in Sahara occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa e delle organizzazioni umanitarie;
    g) assumere iniziative per stanziare fondi destinati agli aiuti umanitari per la popolazione sahrawi rifugiata nei campi di Tindouf (Algeria). (4-00551)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   RABINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2012 recante «Misure straordinarie e urgenti in materia ambientale» ha consentito la commercializzazione dei sacchetti monouso biodegradabili e compostabili, secondo la norma UNI EN 13432, e di quelli riutilizzabili, purché di adeguato spessore e contenenti una quota di plastica riciclata, rinviando ad un successivo decreto l'individuazione di eventuali ed ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della loro commercializzazione;
   il 27 marzo 2013 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale 18 marzo 2013 di attuazione del comma 2 dell'articolo 2 del citato decreto-legge, che ha individuato le caratteristiche tecniche dei sacchi per l'asporto delle merci secondo quanto disposto dalla direttiva europea 94/62/CE, recepita dal decreto legislativo n. 22 del 1997;
   con la direttiva 2013/2/UE del 7 febbraio 2013 la Commissione europea ha cercato di sopperire, senza troppa fortuna, alle difficoltà interpretative riguardanti la definizione di «imballaggi» nella parte relativa agli esempi illustrativi per i criteri previsti all'articolo 3, punto 1, della succitata direttiva 94/62/CE;
   tuttavia, appare tuttora chiara la natura dei sacchetti monouso messi a disposizione od utilizzati per l'acquisto di ortofrutta;
   si è registrata, inoltre, una tendenza da parte della grande distribuzione a considerare i sacchetti in questione come imballaggi, con funzione involgente e non già, a giudizio dell'interrogante, come sacchetti monouso –:
   se non ritengano di chiarire in maniera univoca e definitiva la natura dei contenitori monouso messi a disposizione od utilizzati per l'acquisto di ortofrutta, nel senso di ricomprenderli nella categoria di sacchetti monouso secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, del decreto interministeriale citato.
(3-00078)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO, FRATOIANNI, FRANCO BORDO, PELLEGRINO, ZAN, ZARATTI, PILOZZI, KRONBICHLER, NICCHI, AIELLO e PIAZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la società denominata «Aria», con sede a Catania, si è occupata per anni di smaltimento di rifiuti speciali ed è sospettata, a vario titolo, di essere la principale responsabile dell'avvelenamento di una intera area nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, e, precisamente, tra i comuni di Serradifalco, San Cataldo, e Mussomeli;
   l'area riguarda la miniera di «Bosco Palo» ricadente nella ripartizione amministrativa nel comune di San Cataldo;
   negli anni ’60 la miniera di «Bosco Palo» aveva tre pozzi di trivellazione, da cui si estraevano sali potassici – kainite – molto utilizzati in agricoltura, occupava un personale di 600 unità, ed è appartenuta alla Montecatini fino al 1978, poi passata all'Industria Sali Potassici e Affini, ISPEA, società con capitali pubblici, fino alla chiusura avvenuta nel 1988;
   successivamente alla chiusura, ai margini della miniera è rimasto per anni un deposito consistente di scarti – complessivamente quattro milioni di metri cubi di sali di potassio che a contatto con la luce solare e con l'interazione elettromagnetica dei fulmini, provocano la dispersione nell'aria di molecole di «potassio 40», ritenuto da parecchi studi e dagli esperti molto radioattivo, e di prodotti di decadimento delle catene uranio-torio che grazie all'interazione della luce solare, stimolano la produzione di radiazioni (Isotopo K40);
   nel 1990 un agente della polizia municipale di Serradifalco, Gaetano Butera, sventò e interruppe un traffico illecito per lo stoccaggio e, molto probabilmente, lo smaltimento di rifiuti pericolosi, speciali (di natura ospedaliera) e radioattivi, provenienti anche dal di fuori della Sicilia, che si svolgeva nella immediata vicinanza della miniera e a ridosso delle miniere di zolfo di Stincone e Apoforte, anche quest'ultime incustodite;
   è verosimile che il traffico di rifiuti avesse una copertura di natura mafiosa, e non solo, si pensi che la zona in questione è sempre stata considerata la roccaforte delle famiglie mafiose del «Vallone»;
   la miniera di «Bosco Palo» rappresenta, oggi, una vera e propria «bomba ecologica». Tale drammaticità ambientale è inizialmente imputabile alla pessima gestione, se non addirittura mancata gestione del ciclo postindustriale;
   la bonifica dell'area in questione non potrà essere portata avanti dall'ARPA regionale per la mancanza di attrezzature adeguate;
   la questione ambientale della miniera di «Bosco Palo» è stata recentemente riportata all'attenzione dell'opinione pubblica e della magistratura, grazie all'impegno del «Tavolo di regia per lo sviluppo e la legalità della provincia di Caltanissetta» e alle iniziative poste in essere dalla camera di commercio di Caltanissetta che sul tema dell'inquinamento ambientale della zona, ha promosso un convegno con l'intento di sensibilizzare quei soggetti che possono essere a conoscenza di fatti delittuosi, utili ai fini di un'inchiesta che chiarisca in modo inequivocabile le responsabilità penali e ambientali di chi ha prodotto tale scempio ambientale;
   la direzione investigativa antimafia, sezione di Caltanissetta, ha aperto un'inchiesta sul traffico di rifiuti pericolosi, speciali, radioattivi e disastro ambientale e omissioni degli enti preposti al controllo della miniera di «Bosco Palo» e del territorio limitrofo;
   i residui di lavorazione della miniera sono alla base della diffusione, nella zona, di tumori e di malattie neurodegenerative, si pensi che quest'area del nisseno ha un tasso di mortalità che è parecchio al di sopra di quello nazionale;
   un recente test del nucleo operativo ecologico, NOE, dei carabinieri, ha verificato empiricamente l'inquinamento persistente delle falde –:
   quali interventi urgenti i ministri interrogati intendano porre in essere, per le rispettive competenze, per dirimere la situazione suddescritta;
   se esista uno studio epidemiologico mirato e circoscritto alla zona della miniera di «Bosco Palo» e alle miniere di zolfo di Stincone e Apoforte, in caso affermativo in che misura il tasso di inquinamento abbia inciso e incide significativamente sulla salute degli abitanti della zona;
   quali iniziative concrete il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda avviare al fine di assicurare la bonifica dell'area suddescritta, anche valutando l'opportunità di dichiarare l'area sito di interesse nazionale;
   quali iniziative immediate il Ministro dell'interno intenda adottare per contrastare l'infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti;
   quali azioni il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali intenda adottare per conoscere se le coltivazioni orticole e arboree del territorio in questione e delle aree viciniori, hanno subito alterazioni ecosistemiche tali da compromettere la salute pubblica, in caso affermativo quali provvedimenti concreti e urgenti intenda porre in essere per evitare il consumo dei prodotti agroalimentari compromessi dall'inquinamento ambientale dei terreni. (4-00559)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MALPEZZI, MARIANI, LAFORGIA, FIANO, PICCOLI NARDELLI, BONAFÈ, COVA, CIMBRO, CIVATI, CASATI, MAURI, MOSCA, PELUFFO e RAMPI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Cipe con un provvedimento emesso il 3 agosto 2011 ha approvato il piano progetto definitivo per la realizzazione della tangenziale est esterna di Milano (TEEM) con una variante di tracciato, la cosiddetta variante di Cascina Lodola, intervenuta a poche settimane dalla chiusura della procedura approvativa di evidenza pubblica e che ha previsto prevede la realizzazione dell'opera a ridosso dell'immobile «Possessione Cascina di Pagnana» in Gorgonzola, Milano, con un avvicinamento, fino a 60 metri, ai fabbricati stabilmente abitati da famiglie;
   l'immobile, di proprietà della società semplice Cascina Pagnana, vanta un complesso agricolo di 22 ettari, metà dei quali subirebbero direttamente ed indirettamente dei danni, essendo fra l'altro il fondo agricolo coltivato secondo le tecniche dell'agricoltura biologica, le quali sono notoriamente messe a rischio dall'estrema vicinanza del tracciato stradale e dal conseguente mancato rispetto delle fasce minime previsto dalle normative europee in materia;
   al centro del complesso agricolo sorge un cascinale ad uso residenziale di oltre 2.000 metri quadrati di superfici lorde di pavimento, la cui antica fondazione è stata accertata e l'interesse storico-architettonico riconosciuto anche dalla provincia di Milano che lo ha inserito nel piano territoriale di coordinamento come insediamento rurale di interesse storico/insediamento rurale di rilevanza paesistica;
   i lavori sono iniziati senza che le procedure autorizzative dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali risultino espletate. Di fronte alle rimostranze della proprietà, la società concedente concessioni autostradali lombarde (società mista regione Lombardia-Anas) ha richiamato la legge obiettivo che concederebbe l'avvio dei lavori anche in mancanza della totalità delle approvazioni richieste;
   la proprietà di Cascina Pagnana, nel corso del tempo, ha anche avanzato ai Ministeri proposte alternative di realizzazione dell'opera al fine di mitigare il futuro impatto negativo del tracciato autostradale, avendo accertato in particolare la possibilità di riconfermare il vecchio tracciato del progetto preliminare o, in subordine, di realizzare ulteriori modifiche alla tipologia delle opere infrastrutturali, a costi contenuti, adottando una galleria artificiale del tipo di quelle già approvate in altre tratte autostradali TEEM che pure presentavano minori criticità ambientali, nonché rivedendo la localizzazione del piazzale di esazione a Gessate –:
   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere per la difesa del territorio di Cascina Pagnana, interessato dalla variante di Cascina Lodola, ed in modo particolare se non ritengano di attivarsi al fine di sospendere i lavori almeno fino al completamento delle approvazioni, così come previsto dalla stessa legge obiettivo, in materia di opere strategiche;
   se non sia il caso di prescrivere alla società concedente Concessioni autostradali lombarde di elaborare uno specifico approfondimento progettuale sul caso di Cascina Pagnana, vista la vicinanza, a giudizio degli interroganti abnorme, dell'infrastruttura ai fabbricati abitati e considerato l'ambiente totalmente rurale che ancora ne contraddistingue i dintorni, con approfondito confronto tecnico-economico di soluzioni ed integrazione dello studio di impatto ambientale sul sito. (5-00166)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra domenica 19 febbraio 2012 e il successivo lunedì, subito dopo le nevicate che hanno investito anche il nostro territorio, la copertura a tettoia della «Domus Repubblicana», collocata all'interno del parco archeologico città romana di Suasa è crollata, cadendo sopra le strutture archeologiche;
   a seguito di tale evento la Soprintendenza ai beni archeologici per le Marche imponeva la interdizione al pubblico della adiacente area sulla quale insiste una tettoia analoga a quella caduta, sotto cui sono collocati i prestigiosi mosaici della Domus dei Coiedii;
   tali gravissimi eventi, tra le altre cose, hanno compromesso tutte le attività e i progetti di riqualificazione del parco, bloccando, di tatto, tutta la programmazione posta in essere per la valorizzazione delle potenzialità di carattere turistico culturali del sito, con concreto pericolo di pregiudizio alle strutture antiche ed ai finanziamenti ottenuti dagli enti pubblici;
   si è reso infatti necessario, sospendere immediatamente l'attività di cantiere relativo al restauro e alla museilizzazione della «Domus Repubblicana» oggetto del sinistro, finanziato con i fondi Fesr 2007-2013 asse V, compreso in un progetto di partenariato con altri comuni per il quale la regione Marche sta predisponendo, in base ai cronoprogrammi, atti formali di sollecito per la chiusura dei lavori con il rischio non remoto della revoca del finanziamento già concesso;
   la nuova viabilità realizzata all'interno del parco città romana di Suasa e finanziata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, congiuntamente al Ministero per i beni e le attività culturali tramite la società Arcus s.r.l. risulta al momento solo parzialmente fruibile con grave pregiudizio per l'immagine del sito archeologico;
   appare di tutta evidenza, dunque, che nel caso non si reperiscano subito i fondi necessari a ripristinare la situazione come esistente prima del crollo, si determinerebbero elevatissimi danni sia economici che di immagini per il Consorzio città romana di Suasa che ha già dovuto rinunciare, specialmente nel corso della passata estate, alle visite da parte dei turisti e delle scolaresche nonché alle attività dell'università di Bologna che si protrae ininterrottamente nel sito da più di vent'anni, con sicuro pregiudizio per tutti comuni del territorio –:
   se e quali urgentissime iniziative e in quali tempi il Governo intenda porre in essere al fine di salvaguardare un comparto archeologico importantissimo per lo sviluppo turistico, economico e culturale di una intera vallata che interessa un territorio ricompreso tra le province di Ancona e Pesaro Urbino. (4-00536)


   ROSATO, BLAZINA, BRANDOLIN, COPPOLA, MALISANI e ZANIN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia possiede uno dei più ampi patrimoni di beni culturali ed artistici a livello mondiale, ma nonostante questa ricchezza, la percentuale del nostro Pil derivante dal settore del turismo è inferiore a quello di altre nazioni europee. Inoltre, si moltiplicano nel nostro Paese segnalazioni di beni archeologici, artistici e culturali che subiscono danni o si ritrovano in uno stato di abbandono ed incuria a causa della mancanza di risorse economiche, di coordinamento tra gli enti e di assenza di strategie di marketing del patrimonio;
   agli interroganti preme sottoporre all'attenzione del Governo due beni culturali che a Trieste soffrono una condizione di trascuratezza: il castello di Miramare con il suo parco, e il teatro romano;
   il primo, realizzato attorno al 1860, è inserito tra i beni del FAI ed è uno dei parchi più visitati in Italia. In particolare, il castello di Miramare – sede del museo – introita 476 mila euro l'anno che, a norma del codice dei beni culturali, vengono incassati dal Ministero dell'economia e delle finanze e non sono utilizzati direttamente per la manutenzione ordinaria dello stesso;
   recentemente, un dettagliato report del quotidiano Il Piccolo ha messo in luce lo stato di abbandono del parco;
   come sa nel dettaglio la dirigenza della soprintendenza ai beni culturali del Friuli Venezia Giulia che ha tentato, con le poche risorse a disposizione, di risolvere le molte mancanze, sono diverse le criticità evidenti tanto ai turisti stranieri quanto ai visitatori locali; basta entrarci e ci si accorge che: le aiuole e il giardino all'italiana sono lasciati incolti e aggrediti dalle erbacce; il torrente e i laghetti sono invasi da una fanghiglia nera; le fontane non funzionano e le lampade dei lampioni dei vialetti sono sparite, lasciando i fili elettrici penzolanti; le scalinate, infine, risultano dissestate e pericolose. Ma l'elenco naturalmente potrebbe essere molto più dettagliato;
   il teatro romano di Trieste, la cui costruzione viene datata tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C., è stato riportato alla luce nel 1938 e, dopo la messa in sicurezza, è stato riconsegnato alla città ospitando anche suggestivi spettacoli estivi all'aperto;
   anche in questo caso, come testimoniato da un'inchiesta giornalistica del quotidiano Il Piccolo, il bene versa in condizioni di degrado, ed è emblematico che nella zona retrostante il palcoscenico si sia formato, a causa delle copiose precipitazioni di questa primavera, uno stagno ricco di erbe acquatiche e mucillagini, in cui si è insediata anche una specie protetta di rospi smeraldini;
   si segnala che la soprintendenza ai beni culturali per il Friuli Venezia Giulia aveva già progettato i lavori di manutenzione, ma il ritardo con il quale sono arrivati i fondi stanziati nel 2012 (giunti a dicembre del medesimo anno), hanno comportato lo slittamento dell'affidamento dei lavori –:
   quali siano state le ragioni del ritardo nello stanziamento delle risorse per l'anno 2012 alla soprintendenza ai beni culturali del Friuli Venezia Giulia;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per snellire e sburocratizzare le procedure di trasferimento dei finanziamenti alla soprintendenza ai beni culturali del Friuli Venezia Giulia;
   come il Governo intenda costruire strategie di rete e di sinergia tra Stato, regione ed enti locali a tutela del castello di Miramare e del suo parco e del teatro romano di Trieste;
   se il Governo, alla luce delle gravi condizioni in cui versano i beni sopra esposti, intenda stanziare per l'anno in corso delle risorse aggiuntive a quelle già disposte, al fine di operare una manutenzione straordinaria degli stessi. (4-00554)


   FRATOIANNI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, ICCU, non dispone più dei finanziamenti necessari per la gestione del servizio bibliotecario nazionale, SBN;
   in un comunicato stampa del 7 maggio 2013 i dipendenti dell'ICCU denunciano al Governo la situazione di indisponibilità economica in cui versa l'Ente;
   per effetto della legge n. 183 del 2011 e della legge n. 228 del 2012, varate rispettivamente dal Governo Berlusconi prima e, dal Governo Monti poi, l'ICCU ha visto ridurre progressivamente i suoi finanziamenti. Si pensi, che nel breve volgere di tre anni la dotazione economica a disposizione dell'ICCU si è ridotta di 1 milione di euro, da 2.3 milioni a 1.3 milioni;
   il direttore dell'ICCU, dottoressa Rosa Caffo, ha denunciato la situazione difficile anche sul versante del personale che è stato ridotto da 90 unità a 43 unità, per effetto della mancata sostituzione dei lavoratori che hanno raggiunto l'età pensionabile, a cui si aggiunge la retribuzione decurtata a seguito della sottoscrizione del personale del contratto di solidarietà nazionale;
   l'ICCU svolge un ruolo centrale per la cultura in Italia, considerando che rende immediatamente accessibili e disponibili «on line», ossia in modalità di open source, a tutti i cittadini un patrimonio di 14 milioni di titoli, con 64 milioni di localizzazioni bibliotecarie, attraverso il servizio bibliotecario nazionale e il catalogo collettivo nazionale;
   il servizio bibliotecario nazionale collega, inoltre, circa 5.000 biblioteche in tutta Italia, incluse 20 università, e, attraverso l'infrastruttura del catalogo collettivo nazionale, fornisce da anni un servizio che è sempre stato uno dei fiori all'occhiello del panorama culturale italiano, emulato anche da altre realtà bibliotecarie europee;
   la quantità di utenti che accedono e fruiscono del catalogo collettivo nazionale, racconta della strategicità e dell'importanza del servizio offerto dall'ICCU: ad esso accedono, ad oggi, più di 2 milioni e mezzo di visitatori l'anno, con circa 50 milioni di ricerche bibliografiche e più di 35 milioni di pagine visitate;
   a parere dell'interrogante, proseguire sulla strada dei tagli lineari senza considerarne gli effetti catastrofici non è più accettabile. Non si può continuare a pensare che la cultura e le istituzioni culturali di questo Paese siano elementi accessori, non determinanti per lo sviluppo, la ripresa economica e la crescita del «Sistema Paese»;
   i tagli operati nei confronti dell'ICCU sono l'ennesimo schiaffo al mondo dell'istruzione e della ricerca, perché con la scomparsa del servizio di catalogazione del patrimonio delle Biblioteche Italiane, si lede il diritto dei cittadini di ricercare, localizzare e ottenere informazioni su libri e documenti a cui, altrimenti, non potrebbero accedere;
   la sospensione o il sottodimensionamento del servizio prefigurerebbe un enorme danno socio-economico, considerando gli investimenti fin qui sostenuti per l'elaborazione e lo sviluppo del software di catalogazione in open source la cui proprietà è dello Stato italiano;
   la situazione suddescritta comprometterebbe, inequivocabilmente, anni di lavoro e di investimenti che andrebbero perduti, senza considerare che anche le altre 5.000 biblioteche, che collaborano al servizio, dovrebbero ricorrere all'acquisto di un differente software per la catalogazione dei volumi bibliotecari, comportando, di fatto, un ulteriore impegno economico per le casse dello Stato;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in cui versa l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e dei suoi dipendenti –:
   quali atti urgenti il Governo intenda porre in essere affinché ci sia una discontinuità con le politiche del rigore economico operate dai due precedenti Governi;
   se il Ministro non ritenga strategico, in campo socio-economico, finanziare la cultura e la ricerca, quali volani di una politica di rilancio dell'economia del Paese, cominciando, per esempio, col rifinanziare l'ICCU e le strutture e le risorse umane ad esso connesse. (4-00555)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOSCATT, PARIS, NARDUOLO, PASTORINO, GIUDITTA PINI, RACITI, QUARTAPELLE PROCOPIO, RAMPI, SCUVERA, PAOLUCCI, CRIMÌ, ASCANI, BONOMO, IACONO, MORETTO, VENTRICELLI, RIBAUDO, GADDA, CULOTTA, COMINELLI, CAPOZZOLO, BRAGA, GRIBAUDO, GIUSEPPE GUERINI e ZARDINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   tra le funzioni fondamentali dei comuni vi è l'edilizia scolastica, settore tra i più rilevanti per gli investimenti degli enti locali sia in nuovi edifici sia nella messa in sicurezza e manutenzione ordinaria e straordinaria di quelli esistenti;
   lo stato delle scuole del nostro Paese consegna una fotografia disarmante; dei 42 mila edifici scolastici presenti in tutta Italia il 29 per cento non ha il certificato di agibilità sanitaria, il 42 per cento quello di agibilità statica, il 48 per cento non rispetta la normativa anti incendio;
   più del 60 per cento degli edifici scolastici italiani, in aree sismiche o no, sono stati costruiti prima del 1970 e solo l'8 per cento negli ultimi vent'anni. La stessa percentuale di plessi non è dotata neppure di scale di sicurezza o porte anti-panico;
   il problema però non è circoscritto alla sola manutenzione straordinaria. Gli enti locali non hanno più i fondi neanche per quella ordinaria: crescono, infatti, fino a costituire il 56 per cento del totale, gli edifici che negli ultimi 5 anni non hanno goduto di nessun tipo di intervento;
   nella situazione attuale, a causa delle rigorosa applicazione del patto di stabilità, gli enti locali si ritrovano nell'impossibilità di fronteggiare eventi improvvisi o guasti banali che diventano anch'essi rischiosi per l'incolumità della comunità scolastica;
   per rinnovare un «patto per la sicurezza nelle scuole» tra Stato, regioni, province e comuni la soluzione è una sola, sempre la stessa: permettere agli enti locali di spendere in manutenzione ordinaria e straordinaria, poiché la più preziosa delle grandi opere che servono al Paese è sicuramente la prevenzione attiva –:
   quali iniziative anche di carattere normativo, il Governo intenda intraprendere affinché sia consentito agli enti locali di realizzare interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle scuole al fine di garantire l'incolumità fisica della comunità scolastica, anche in deroga alle regole sul patto di stabilità interno. (4-00539)


   CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'11 maggio 2013, la Gazzetta di Mantova ha pubblicato un articolo dal titolo «Tasse sospese per il terremoto. Ma il fisco multa per il ritardo»;
   in tale articolo alcune organizzazioni sindacali del comparto agricolo, in particolare la CIA, hanno evidenziato che numerosi imprenditori dei comuni terremotati si sono visti recapitare a casa «avvisi di accertamento e relativa sanzione per pagamenti delle imposte in ritardo»;
   da questa denuncia si evince che l'Agenzia delle entrate non ha tenuto in considerazione quanto previsto dalle normative vigenti in materia di adempimenti fiscali nelle zone colpite dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012 –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire al riguardo per verificare se si tratti di un errore materiale o si tratti di un'applicazione non congrua delle disposizioni vigenti e, in entrambi i casi, provvedere alla sospensione immediata delle sanzioni a carico degli imprenditori dei comuni terremotati. (4-00543)


   MOSCATT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, reca disposizioni in materia di detrazioni fiscali per carichi di famiglia;
   in particolare il comma 2 stabilisce che sono considerati familiari fiscalmente a carico i membri della famiglia che nell'anno della dichiarazione dei redditi hanno posseduto un reddito complessivo uguale o inferiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili;
   nel limite di reddito di 2.840,51 euro che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico, vanno computate anche le somme, che non sono comprese nel reddito complessivo, derivanti: 1) da retribuzioni corrisposte da enti e organismi; 2) dalla quota esente dei redditi di lavoro dipendente prestato nelle zone di frontiera: 3) dal reddito d'impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regimi fiscali di vantaggio per l'imprenditoria giovanile, per i lavoratori in mobilità e per le nuove attività produttive (articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 e articolo 13 della legge n. 388 del 2000 – Finanziaria 2001); 4) nonché dal reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni;
   dal 2012, gli immobili non locati che costituiscono oggetto dell'IMU non producono redditi rilevanti ai fini IRPEF pertanto il reddito da abitazione principale non concorre più alla determinazione del reddito complessivo per essere considerati fiscalmente a carico;
   secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) l'inflazione nel periodo 1995-2012 è aumentata complessivamente del 53,4 per cento; il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è diminuito nel 2012 del 2,1 per cento – variazione annua peggiore registrata dal 1990 – e l'inflazione è cresciuta il doppio dei salari determinando così una erosione del potere d'acquisto dei nuclei familiari che è diminuito del 4,8 per cento rispetto lo scorso anno;
   per effetto della diminuzione del reddito disponibile, la spesa delle famiglie è prevista in contrazione dell'1,6 per cento nel 2013 con conseguenti ripercussioni sull'allungamento dei tempi per la ripresa della crescita economica;
   il limite di reddito attuale così basso, per rimanere a carico, penalizzerebbe in particolare le famiglie a basso reddito; si renderebbe pertanto opportuno e urgente intraprendere iniziative volte a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie anche provvedendo ad adeguare il limite di reddito che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico per rendere tale importo coerente con la dinamica inflazionistica registrata dall'ISTAT dagli attuali 2.840,51 euro fissati nel 1995 ad almeno 4.360 euro;
   se si ritiene tuttavia di poter definire collaborazione occasionale – a norma dell'articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, come da ultimo modificato dall'articolo 46-bis, comma 1, lettera d), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 – una retribuzione fino ad euro 5.000, coerentemente bisogna ritenere che tale somma sia da considerare occasionale e accessoria, in termini fiscali, qualunque sia la tipologia che la determina, pertanto sembrerebbe congruo un adeguamento dell'importo massimo di reddito per essere considerati a carico almeno a questa misura –:
   quali iniziative anche normative intenda mettere in atto al fine di sostenere il potere d'acquisto delle famiglie, in particolar modo provvedendo all'adeguamento del limite di reddito, che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico, rendendo così tale importo coerente con la dinamica inflazionistica registrata dai tempi dell'ultimo adeguamento. (4-00546)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il porto franco di Trieste ha una lunga tradizione storica, essendo stato fondato dall'imperatore Carlo VI nel 1719 e successivamente sviluppato sino a divenire il porto principale dell'impero austroungarico;
   al termine della seconda guerra mondiale – con il trattato di pace di Parigi del 1947 (Allegato VIII), la risoluzione n. 16/1947 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e il memorandum di Londra del 1954 – il porto triestino ha conservato le sue peculiarità e i vantaggi dell'impianto normativo derivanti dal mantenimento della legislazione speciale sia doganale che fiscale, con cinque punti franchi che godono dell'extraterritorialità;
   per «punto franco» si intende uno scalo marittimo o aereo, fornito di banchine e magazzini, dove le merci straniere possono entrare, essere depositate, subire manipolazioni o essere rispedite all'estero in regime di franchigia doganale;
   in Italia la normativa dei porti è regolata dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, sul «Riordino della legislazione in materia portuale»;
   questa legge affida alle autorità portuali italiane compiti di indirizzo, programmazione, promozione, coordinamento e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza;
   l'articolo 6, comma 12, della legge suddetta fa salva la disciplina vigente per i punti franchi del porto di Trieste, demandando al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'autorità portuale competente, il compito di stabilire con un proprio decreto l'organizzazione amministrativa di questi punti;
   ad oggi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha emanato nessun decreto in materia, causando incertezza sull'applicazione della normativa di agevolazione riservata ai punti franchi triestini e favorendo paradossalmente lo sviluppo e la crescita della portualità delle Repubbliche di Slovenia e di Croazia –:
   se il Ministro interrogato intenda emanare immediatamente il decreto attuativo per l'organizzazione amministrativa dei punti franchi del porto di Trieste che da ben 19 anni attendono quest'atto per dare piena attuazione a una riforma, altrimenti incompiuta, del sistema portuale italiano e a garanzia della chiarezza normativa necessaria per il pieno sviluppo della portualità triestina. (4-00537)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la tratta ferroviaria abruzzese e molisana Sulmona-Carpinone, dopo 117 anni di onorato servizio, con notevoli benefici per tutta la zona interessata, dal punto di vista occupazionale, sociale e turistico, ha cessato la sua attività il 12 dicembre 2011 e da allora è chiusa al traffico ferroviario e le sue stazioni sono state abbandonate;
   eppure questa infrastruttura che attraversa i parchi nazionali d'Abruzzo-Lazio-Molise, della Majella-Morrone, la riserva regionale del Monte Genzana, il più importante bacino sciistico dell'Appennino (Roccaraso Rivisindoli, Pescocostanzo), collegando le zone interne e montane di due regioni, svolgeva una importante funzione sociale ed economica e poteva diventare il «treno dei parchi nazionali abruzzesi» con notevoli riflessi sull'economia del territorio al pari di altri treni della zona alpina che sono una grande attrattiva turistica;
   un sistema di trasporto sostenibile e non inquinante come quello ferroviario avrebbe una funzione ancora più importante in un'area integralmente tutelata e protetta per la bellezza del suo territorio e la ricchezza del suo patrimonio naturale;
   la regione Abruzzo si era dichiara disponibile a inserire questa tratta ferroviaria nei programmi europei del Fondo per le aree sottoutilizzate;
   la decisione di Trenitalia di chiudere la tratta ferroviaria Sulmona-Carpinone ha vanificato ogni progetto di valorizzazione turistica e ambientale di questa infrastruttura nonostante una domanda crescente di utenti anche in considerazione del collegamento effettuato dalla ferrovia Sangritana, proveniente dalla provincia di Chieti, con la stazione di Castel di Sangro, punto strategico della tratta Sulmona-Carpinone –:
   se non intenda assumere un'iniziativa nei confronti di Trenitalia per rivedere quella decisione e aprire un tavolo di confronto con le regioni Abruzzo e Molise, gli enti locali e Parchi nazionali interessati per rilanciare la grande idea di un «Treno dei Parchi Nazionali abruzzesi e molisano». (4-00553)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   dall'8 gennaio 2013 al magistrato Salvatore Vella è stata revocata ogni forma di protezione, dall'auto blindata alla tutela dei carabinieri;
   il giudice Vella rappresenta l'impegno dello Stato nella lotta alla mafia in una provincia difficile come quella di Agrigento;
   il dottor Vella è riuscito in questi anni a proiettare i riflettori e le attenzioni dell'opinione pubblica sui fatti criminosi verificatisi in Sicilia;
   è artefice di importanti processi di mafia, quali «Face off» e «Scaccomatto», che hanno messo all'angolo la criminalità organizzata, decapitando in alcuni casi i mandamenti mafiosi provinciali;
   il 19 maggio 2009, Vella, a suo tempo in servizio presso la procura della Repubblica di Palermo, parte a bordo della sua blindata insieme alla sua scorta da Sciacca in direzione Palermo; sulla Palermo-Sciacca l'auto di scorta che viaggiava a velocità sostenuta e con i lampeggianti e sirena accesi, viene affiancata e superata a forte velocità da una BMW nera che, dopo qualche chilometro, rallenta e si lascia superare, per poi rimanere all'inseguimento del magistrato ad oltre 170 Km/h, fino alle porte di Palermo; dai successivi controlli si scopre che l'auto è di proprietà di un pregiudicato di Ribera;
   il 4 marzo del 2011 mentre si trovava a Bivona come relatore di un convegno antimafia, alla fine dei lavori trova sopra i suoi documenti, lasciati per un attimo incustoditi, una missiva anonima con sopra riportato il numero della targa della sua blindata ed a fianco la scritta «Boom ! !» –:
   quale iniziativa s'intenda assumere per garantire l'incolumità fisica e la sicurezza del dottor Salvatore Vella;
   quali siano le intenzioni in merito al ripristino della scorta al magistrato in citato.
(2-00063) «Iacono, Capodicasa».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali, nella serata di domenica 5 maggio 2013 sarebbe stata sventata una rapina nel centro scommesse «The Prince of Casino», aperto pochi mesi fa in una traversa di via Passanti a Scafati;
   i quattro malviventi, in sella a due moto di grossa cilindrata, con i volti coperti da caschi e sciarpe, non sono riusciti a mettere a segno il colpo che avevano ben pianificato, grazie all'intuizione e al coraggio di uno dei titolari della sala giochi;
   in particolare, il commerciante, insospettito dalle targhe coperte delle due moto, sarebbe riuscito a mettere in fuga i banditi prima che potessero entrare in azione, scaraventando contro uno di loro delle sedie;
   la banda, probabilmente composta da ragazzi appena maggiorenni, come riportano le cronache, prima di scappare, avrebbe reagito contro il giovane proprietario del centro scommesse sparando due colpi, che fortunatamente lo hanno mancato;
   le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza, installate all'esterno del locale, nonché quelle delle videocamere di sicurezza comunali installate all'incrocio tra via Tricino e via Passanti, sono adesso al vaglio dei carabinieri della tenenza di Scafati;
   l'intensificarsi di questi fenomeni genera insicurezza e allarme tra i cittadini soprattutto in una zona come quella di Scafati più volte balzata agli onori della cronaca per furti, rapine e sparatorie, tanto da essere considerata dalle stesse forze dell'ordine un'area ad alto rischio, proprio per la sua collocazione territoriale a ridosso dei paesi vesuviani;
   ogni giorno le cronache ci regalano episodi di inaudita gravità ai danni dei cittadini, sintomatici di una escalation di violenza e di criminalità che deve essere prontamente affrontata e arginata con fermezza e determinazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per contrastare tali fenomeni. (4-00540)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali, nella giornata del 7 maggio 2013 si sarebbe consumato l'ennesimo episodio di violenza nella centralissima via Lorenzo Cavaliero a Salerno;
   come descrivono le cronache e poi denunciato dalla stessa vittima agli agenti di polizia intervenuti sul posto, due persone a bordo di una Vespa e con il volto coperto dal casco integrale avrebbero avvicinato una donna sorprendendola alle spalle e nel tentativo di scipparle la borsa, l'avrebbero sbattuta violentemente a terra;
   la donna, a seguito del violento strappo e della rovinosa caduta, ha riportato una lussazione della spalla e una prognosi di cinque giorni, ma tale episodio di violenza e criminalità è solo uno dei tanti che negli ultimi mesi stanno allarmando la città di Salerno, alterandone la vita sociale e la quiete quotidiana dei cittadini;
   queste vicende, denunciate in più occasioni dall'interrogante, creano grande preoccupazione nell'intera comunità ed esigono un immediato e incisivo potenziamento di tutte le strutture e attività di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché di prevenzione e di repressione delle condotte criminose –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno, considerando il costante incremento della criminalità locale, adottare tempestivi provvedimenti per assicurare un sistema più continuo, puntuale ed efficiente di monitoraggio e vigilanza dell'intero territorio, anche coinvolgendo più efficacemente la polizia locale del comune di Salerno, atteso già il grande impegno profuso dalle forze di polizia nazionali.
(4-00541)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata di giovedì 25 aprile 2013 l'azienda agricola Pi.Ba, sita in località Colle della Maddalena, è stata colpita da un incendio che ha provocato gravi danni al capannone e al fienile;
   da notizie riportate da organi di stampa locali, nell'incendio sono andati distrutti il capannone dell'azienda, un importante macchinario e tonnellate di rotoballe di fieno per un danno complessivo di oltre 120 mila euro;
   la dinamica con cui si è sviluppato il rogo e, in particolare, la circostanza che le fiamme sarebbero divampate contemporaneamente in due punti diversi, farebbero pensare a un incendio di natura dolosa;
   episodi del genere si erano già verificati in passato e nel lontano 2003 la nota azienda agricola aveva subito un furto di oltre una cinquantina di bufale, alcune delle quali ritrovate nei recinti di una famiglia di pastori;
   numerose denunce ed esposti sarebbero stati presentati dall'amministratore della Pi.Ba e da altri imprenditori della zona, anche loro vittime di incendi e ritorsioni, nei confronti di suddetti pastori, ritenuti responsabili di operare in spregio di tutte le regole sanitarie e fiscali;
   questa incresciosa situazione sembrerebbe perdurare nella totale indifferenza delle autorità, che, invece, hanno il precipuo dovere di garantire il rispetto delle regole e la protezione di quanti agiscono nella legalità;
   tale «protezione» si rende oltremodo indispensabile in un periodo di crisi e contingenza economica, come quella che ormai da tempo sta attraversando il nostro Paese –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti intenda adottare per garantire maggiore sicurezza ai produttori agricoli, agli amministratori locali e all'opinione pubblica. (4-00544)


   CANCELLERI e RIZZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa («Visione di oggi», «Quotidiano di Gela», «Giornale di Sicilia.it», «TG10.it») nella provincia di Caltanissetta, e soprattutto a Gela, si registra un aumento del tasso di criminalità: dal 1o gennaio al 14 febbraio 2013 sono stati 32 gli incendi denunciati in città, a cui è seguita un’escalation nei mesi successivi. In media si contano 260 incendi l'anno e, solo nel 2012, quattro attentati incendiari sono stati messi in atto anche di giorno tra i mesi di luglio e agosto. Inoltre, continuano ad aumentare i furti nelle case, arresti per traffico di droga, in una cittadina in cui il degrado si sta espandendo su tutti i fronti;
   indubbiamente la criminalità aumenta con il perdurare della crisi, ma ciò non toglie che buona parte di responsabilità sia dovuta ad un mancato controllo del territorio, legato a diversi fattori, in primis alla mancanza di mezzi e di risorse umane. A questo si aggiunga che buona parte del personale di polizia ha superato l'età media dei 45 anni ed è demotivato per mancanza di incentivi remunerativi e di carriera e che i governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno effettuato tagli alla sicurezza per svariati miliardi senza tagliare privilegi e sprechi, che tuttora esistono all'interno delle forze di polizia, amministrate ancora con logiche burocratiche e di caserma anziché manageriali. Le forze dell'ordine, infine, sono ancora in attesa di un auspicato riordino delle carriere: negli uffici di polizia, per esempio, mancano gli uomini per effettuare regolari turni nell'arco delle 24 ore;
   parte della responsabilità è dovuta anche alla mancanza di magistrati e giudici: Gela è una città a rischio, ma è anche una città stanca di vedere passare magistrati o giudici che non possono portare a termine gli incarichi intrapresi a causa dei continui trasferimenti, quasi fosse considerata come una città di passaggio in cui fare carriera per poi essere trasferiti in luoghi più sicuri;
   Gela, come tutta la provincia nissena, necessita e merita un Governo che si attivi per iniziare una vera e propria attività di controllo e l'attuazione di un piano di sviluppo industriale, che è da sempre un modo per combattere la criminalità e il degrado sociale;
   per affrontare tale emergenza è necessario, quindi, muoversi lungo tre direzioni: più uomini e più controlli, sia per quanto riguarda i reati penali inerenti al degrado socio-economico della città che per quanto riguarda i reati amministrativi, provvedendo nel contempo ad una razionalizzazione delle spese e delle risorse umane (ad esempio, il personale dei compartimenti di polizia ferroviaria, postale e stradale, che verranno chiusi, potrebbero essere affidati ai questori); più giustizia, attraverso un potenziamento del personale del tribunale di Gela che consenta a magistrati e giudici di comprovata esperienza di essere posti nelle condizioni ottimali per il sereno svolgimento della propria attività per un periodo utile a concludere indagini e processi; potenziamento delle strutture sociali, delle scuole, delle associazioni di volontariato, del servizio civile, tanto importanti nello svolgere quella attività di prevenzione essenziale ai fini del contenimento degli effetti degenerativi legati al fenomeno del degrado socio-economico –:
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, il Governo intenda mettere in atto al fine di affrontare una situazione emergenziale quale quella descritta in premessa. (4-00552)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'università di Padova sta avviando la procedura di chiusura dei corsi di laurea in scienze infermieristiche di Portogruaro (Venezia) e Montecchio Precalcino (Vicenza) e la sospensione dei corsi di Conegliano (Treviso) e Feltre (Belluno);
   ciò accade in base al decreto ministeriale n. 47 del 2013 che stabilisce i requisiti minimi di qualità che le università devono rispettare, definendo per le sedi periferiche limiti e criteri diversi rispetto alle sedi centrali;
   gli infermieri del Veneto e il coordinamento dei collegi infermieri (IPASVI) del Veneto sono preoccupati perché l'università di Padova non sembra trovare soluzioni alternative alla chiusura dei poli formativi periferici;
   tale chiusura comporterebbe un totale di 225 posti di formazione in meno ogni anno. Attualmente Portogruaro conta 65 posti, Montecchio Precalcino 65, Conegliano 60 e Feltre 65;
   il corso di laurea in scienze infermieristiche risulta essere il maggior contribuente dell'ateneo patavino. In questo senso sarebbe preferibile dedicarsi al miglioramento della formazione anziché alla chiusura dei poli periferici;
   in Veneto si assiste da sempre a una grande richiesta di infermieri, rallentata in questo momento storico dallo slittamento del pensionamento previsto dalla riforma Fornero, (ad oggi ci sono 230 infermieri veneti inoccupati). Tuttavia, non appena la situazione si sbloccherà permettendo molti pensionamenti, si teme che i neo laureati possano essere numericamente insufficienti a coprire i posti disponibili;
   impoverire le aree decentrate significa togliere un'offerta formativa ai tanti studenti che abitano nei territori dove sono presenti gli attuali poli periferici. La percentuale di tali studenti risulta essere vicina all'80 per cento;
   una formazione infermieristica diffusa nel territorio garantisce un importante legame culturale con la propria zona di appartenenza oltre che con l'utenza;
   gli infermieri del Veneto chiedono al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di intervenire con ogni mezzo per garantire il mantenimento e il miglioramento della formazione infermieristica in Veneto –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra riportato; se l'università di Padova abbia comunicato, ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005 sia la chiusura del corso di laurea in scienze infermieristiche nei poli periferici di Portogruaro (Venezia) e Montecchio Precalcino (Vicenza) sia la sospensione dello stesso corso nei poli di Conegliano (Treviso) e Feltre (Belluno); se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per addivenire ad una positiva soluzione della vicenda, anche valutando la possibilità di definire delle deroghe ai requisiti minimi richiesti ai poli formativi decentrati così come previsto per le sedi centrali. (5-00168)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha previsto il transito coatto dei docenti inidonei all'insegnamento per motivi di salute e dei docenti titolari delle classi di concorso C999 e C 555 nei ruoli del personale tecnico e amministrativo;
   il suddetto provvedimento rischia di immettere nel suddetto ruolo dei soggetti che non hanno alcuna preparazione specifica a svolgere mansioni amministrative spesso delicate e complesse, mortificandone in alcuni casi la preparazione e il titolo di studio, in altri caso non tenendo conto delle loro reali condizioni di salute;
   il suddetto provvedimento ha come effetto indiretto la mancata stabilizzazione e il licenziamento di 3.500 precari altamente qualificati che da anni garantiscono con efficienza e professionalità il funzionamento delle nostre scuole;
   il Governo non ha ancora varato i decreti di attuazione delle suddette norme;
   i sindacati, così come i lavoratori, sono più volte intervenuti negli ultimi mesi per chiedere l'abrogazione della norma –:
   come il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda risolvere la questione dei 3.500 precari del personale tecnico-amministrativo e se intenda proporre l'abrogazione dell'articolo 14 del decreto-legge n. 95 del 2012, nella parte in cui prevede il transito coatto dei docenti inidonei all'insegnamento per motivi di salute e dei docenti titolari delle classi di concorso C999 e C 555 nei ruoli del personale tecnico e amministrativo. (4-00548)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROBERTA AGOSTINI, MADIA, MICCOLI e GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il centro di assistenza per i residenti asilo (CARA) di Castelnuovo di Porto, situato a 30 chilometri da Roma, è una struttura per richiedenti asilo, aperta nel maggio 2008 e capace di ospitare fino a 650 persone, in attesa che la commissione territoriale competente si pronunci sul riconoscimento dello status di rifugiato;
   il 22 aprile 2011 è stato reso noto con pubblicazione che la gara per l'affidamento della gestione del centro di accoglienza per richiedenti asilo era stata aggiudicata con decreto del prefetto della provincia di Roma dell'11 ottobre 2011 in favore del raggruppamento temporaneo d'impresa, Gepsa S.A. (Mandataria) – Cofely Italia s.p.a. – associazione culturale Acuarinto – Synergasia, cooperativa sociale;
   tuttavia, il 14 dicembre 2012 il Consiglio di Stato, in via definitiva, ha accolto il ricorso presentato dal Consorzio di cooperative sociali Casa della Solidarietà – arrivato secondo al bando di aggiudicazione –, annullando l'aggiudicazione in favore della Gepsa, per mancanza dei requisiti necessari da parte del Consorzio;
   il 30 aprile 2013 i dipendenti della società Gepsa SPA, Acuarinto e Synergasia – pari a 100 unità di cui 41 operatori del settore logistica e 35 tra psicologi, medici e avvocati – hanno inviato una lettera al prefetto di Roma, e per conoscenza a molti altri soggetti istituzionali chiedendo tra le altre cose, un impegno dell'impresa subentrante a garantire l'assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in organico sull'appalto, risultanti da documentazione probante, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi;
   il 24 maggio dovrebbe essere l'ultimo giorno di gestione da parte della Gepsa, e dunque anche l'ultimo giorno di lavoro per il suo personale, in un momento difficilissimo dal punto di vista economico e sociale –:
   se i fatti riportati corrispondano al vero e quali iniziative i ministri interrogati intendano adottare al fine di facilitare il raggiungimento di una soluzione, anche al fine di salvaguardare le esperienze e le professionalità acquisite sul campo.
(5-00167)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVA, CARRA, TENTORI, MALPEZZI, FERRARI e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le gravi condizioni climatiche con continue precipitazioni che stanno interessando la regione Lombardia impediscono gli interventi di lavorazione dei terreni, di semina e di raccolta;
   in questi mesi non sono stati possibili gli interventi di diserbo, concimazione, distribuzione del letame e dei reflui. I terreni non sono stati preparati con le opportune arature;
   i programmi di coltivazione aziendali devono essere modificati proprio per l'impossibilità di effettuare le semine programmate con un aumento dei costi di produzione e la mancata produzione;
   la regione Lombardia produce il 40 per cento del latte Italiano e la mancata raccolta dei foraggi che alimentano i bovini da latte va a pesare enormemente sui costi della produzione del latte;
   sono interessati i diversi settori dell'agricoltura lombarda in modo indistinto, sia ortofrutticolo, florovivaistico, nonché quello del vino, del riso, del grano, del frumento e del mais, della soia e delle produzioni foraggere –:
   se il Ministro intenda mettere in atto interventi urgenti per contrastare la grave situazione che sta interessando gli agricoltori lombardi;
   se il Ministro non intenda procedere a valutare lo stato di calamità per gli agricoltori lombardi. (4-00542)


   LUPO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, PARENTELA e ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la conservazione, la rigenerazione del germoplasma sono una ricchezza per la ricerca e l'agricoltura del nostro Paese e per la tutela nazionale e mondiale della biodiversità;
   il Consiglio nazionale delle ricerche italiano (CNR), anche a seguito della prima Conferenza tecnica internazionale della FAO del 1967, per preservare il vasto patrimonio di varietà e specie genetiche vegetali presenti nel Mediterraneo istituì, nel 1969, il laboratorio del germoplasma a Bari;
   nel 1979 il laboratorio del germoplasma assume una più qualificata importanza come Istituto del gemoplasma (IG) e più di tre quarti delle risorse genetiche italiane, soprattutto da specie erbacee, si trova nella banca del seme di Bari; inoltre una parte importante del patrimonio biologico raccolto e conservato negli ultimi 40 anni di attività della banca del germoplasma di Bari è ormai estinto sia nei campi coltivati (per le piante coltivate) e sia in natura e non è più reperibile in nessun Paese di origine del Mediterraneo, dell'Africa e dell'Asia;
   nel 1999 per la riforma del CNR finalizzata alla razionalizzazione della spesa anche con l'accorpamento di diversi istituti, viene istituito l'Istituto di genetica vegetale (IGV), nel quale si accorpano cinque diversi istituti del CNR, tra cui l'Istituto del germoplasma; pertanto nell'ambito dell'IGV vanno a convivere, fondendosi, realtà di ricerca che si interessano di risorse fitogenetiche da prospettive e materie assai diverse, coesistendo così sia la raccolta/conservazione delle risorse fitogenetiche, sia la ricerca biologica e biotecnologica in materia di genetica vegetale applicata a tali risorse;
   il 5 marzo 2001 il Ministero delle politiche agricole e forestali emana un decreto ministeriale, con il quale riconosce la rilevanza delle banche del germoplasma, dichiarando che le stesse «[...] svolgono la funzione prioritaria di salvaguardare il patrimonio genetico per l'agricoltura, l'alimentazione e l'ambiente rurale del paese, appartenente alla collettività» (articolo 1.1);
   il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali citato stabilisce inoltre che il materiale raccolto e custodito in dette banche e conservatori, «[...] è sottoposto alla vigilanza ed al controllo del Ministero delle politiche agricole e forestali, che ne disciplina l'utilizzazione e la conservazione nell'interesse della pubblica utilità, della salvaguardia dei diritti degli agricoltori e dell'integrità dei sistemi agrari e dell'ambiente rurale, tutelandone l'accesso gratuito e permanente, a garanzia di uno sviluppo sostenibile dell'agricoltura ed a difesa della sicurezza alimentare del Paese» (articolo 1.2). Inoltre, viene fissato il principio generale per il quale il materiale custodito nella banchi conservatori «[...] è tutelato garantendo l'integrità del materiale che lo costituisce. Tale materiale deve, pertanto, essere rigorosamente salvaguardato da qualsiasi forma di contaminazione, alterazione o distruzione» (articolo 1.4);
   nel 2001 viene siglato a Roma, presso la FAO, il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, con cui gli Stati aderenti si sono impegnati a promuoverne la raccolta e la conservazione delle risorse fitogenetiche, riconoscendone l'importanza fondamentale per la conservazione dell'equilibrio del pianeta. Il Trattato prevede inoltre l'obbligo a carico degli istituti del germoplasma di acconsentire allo scambio tra loro delle risorse genetiche e alla messa a disposizione degli individui che ne facciano motivata richiesta;
   l'Italia ha ratificato il Trattato FAO con la legge del 6 aprile 2004, n. 101, che ha attribuito alle regioni il compito di darvi attuazione (articolo 3). Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha il compito di riferire sul piano internazionale circa lo stato di applicazione del Trattato e di monitorare gli interventi effettuati dalle regioni, atteso che la competenza del settore agricolo è demandata alla competenza delle regioni per la riforma del titolo V della Costituzione; inoltre, la medesima legge stanzia per l'attuazione degli obiettivi del Trattato, la somma di euro 2.329.550 annui a decorrere dall'anno 2004 (articolo 4);
   dall'importo complessivo stabilito della legge n. 101 del 2004 una quota è trasferita dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'IGV per il perseguimento degli scopi propri del Trattato; importo che nel 2011 all'IGV è stato pari a euro 180.000;
   dal 2004 al 2009 si sono avute due indagini penali della procura della Repubblica presso il tribunale di Bari in base ad alcune denunce e ad alcuni esposti per accertare se il germoplasma custodito nelle camere di conservazione fosse stato danneggiato, deteriorato o reso in tutto o in parte inservibile a causa del mancato, o comunque insufficiente, regime di funzionamento degli impianti del freddo, idonei appunto alla preservazione del germoplasma stesso;
   nel corso delle indagini penali della procura di Bari, PM dottor Dinapoli, veniva nominato consulente tecnico, il professor Andrea Filippetti, professore di risorse genetiche agrarie e miglioramento genetico vegetale presso il dipartimento di biologia e chimica agro-forestale ed ambientale dell'università di Bari;
   con relazione depositata il 26 giugno 2008 il C.T. riferiva di aver effettuato il monitoraggio di circa 2500 accessioni (campioni) di semi e di aver constatato che tra il 70 per cento e l'80 per cento delle stesse avevano subito un danno biologico gravissimo a causa dell'alterazione della temperatura del freddo, che aveva raggiunto livelli particolarmente elevati durante periodi di malfunzionamento degli impianti;
   nella stessa relazione il C.T. notava che l'IGV aveva inopinatamente esaurito i fondi per la gestione delle grandi apparecchiature e per le attività di gestione ordinaria della banca del germoplasma, nonostante l'IGV continuasse a fruire annualmente del contributo erogato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per l'implementazione del Trattato FAO, ratificato con la legge n. 101 del 2004;
   con decreto in data 26 ottobre 2009, il dottor Dinapoli, preso atto delle esigenze manifestate dal consulente tecnico, in relazione alla necessità di provvedere alla rigenerazione dei campioni presenti nella banca del germoplasma di Bari, raccomandava altresì alle autorità competenti di procedere urgentemente in tal senso;
   dal 2009 non consta nessuna attività di rigenerazione, l'unica metodica che può consentire una ricostituzione del germoplasma, almeno parziale;
   recentemente il dottor Perrino, noto esperto nazionale sul germoplasma, nel convegno del 5 settembre 2012 a Bari, IX Convegno nazionale sulla biodiversità, i cui atti sono stati pubblicati, così osservava, parlando dello stato dell'arte della conservazione/preservazione del germoplasma a Bari: «i semi stanno morendo, c’è un'emergenza (...) il CNR continua a eludere l'ordinanza del 26 ottobre 2009, tra cui la rigenerazione dei semi»;
   diversi agricoltori sostengono esservi delle difficoltà nel reperire le sementi presso l'IGV, disattendendosi così le previsioni dell'articolo 2 lettera b) parte III del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura –:
   se i Ministri siano a conoscenza dello stato di degrado della conservazione/preservazione del germoplasma presso l'IGV del CNR a Bari;
   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sia a conoscenza dell'utilizzazione dei fondi ex legge n. 101 del 2004 che dovrebbero essere esclusivamente destinati alla conservazione/preservazione stricto sensu del germoplasma presso l'IGV a Bari;
   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intendano comunque provvedere all'emergenza costituita dal degrado del germoplasma custodito presso l'IGV;
   se si intenda vigilare su una plausibile inadempienza a un Trattato internazionale, quale il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, ratificato dalla Repubblica italiana. (4-00557)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli operatori del settore suinicolo hanno recentemente evidenziato che la permanenza nel nostro Paese di alcuni, circoscritti focolai di vescicolare suina e di altre patologie infettive impediscono l'accreditamento dell'Italia stessa quale «Paese indenne da patologie quali, ad esempio, vescicolare e peste suina africana»;
   questa situazione problematica determina, secondo gli stessi operatori del settore, perdite di 250-300 milioni di euro di mancate esportazioni;
   da tempo, le organizzazioni che rappresentano il settore suinicolo chiedono al Governo l'istituzione di un «tavolo di crisi» capace di affrontare e risolvere questa emergenza;
   a parere dell'interrogante, il disinteresse in materia del Governo Monti è stato particolarmente grave ed ora questa proposta va accolta e praticata –:
   se i Ministri interrogati ritengano di dover accogliere la proposta di istituire un «tavolo di crisi» per affrontare le emergenze sanitarie che impediscono una piena valorizzazione, innanzitutto economica, dei nostri prodotti derivati dalla lavorazione dei suini ed a sostegno delle nostre esportazioni. (5-00165)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOCCADUTRI. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 152 del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce che «nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana»;
   in particolare, statuisce che «l'azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria»;
   l'articolo 168 del Trattato di funzionamento dell'Unione europea stabilisce che l'azione dell'Unione deve completare le politiche della sanità pubblica, occupandosi in particolare della lotta contro le malattie più gravi;
   uno strumento fondamentale utilizzato per combattere le malattie più gravi è costituito dalle vaccinazioni;
   la vaccinazione infantile è competenza degli Stati membri sia per i profili che riguardano i sistemi di vaccinazione, che per il loro carattere obbligatorio o facoltativo;
   un coordinamento dell'attività degli Stati membri su questo tema può avere benefici generali su tutti i cittadini dell'Unione europea;
   sul punto il Consiglio dell'Unione europea ha adottato le conclusioni sulle vaccinazioni infantili (Doc. 2001/C 202/02), con cui ha invitato gli Stati membri a rafforzare i procedimenti che consentono di offrire le strategie nazionali o regionali e locali, potenziare l'istruzione e la formazione degli operatori sanitari o di altri esperti in tema di vaccinazione infantile, proseguendo nella cooperazione tra servizi di vaccinazione nazionale e condividendo le esperienze e le migliori pratiche per migliorare la copertura di vaccinazione infantile; il Consiglio ha invitato contemporaneamente la Commissione ad assicurare sinergie tra la promozione della vaccinazione infantile e l'attuazione della legislazione e delle politiche pertinenti dell'Unione europea;
   il pericolo che, a causa della libera circolazione delle persone attuata con il Trattato di Schengen, le malattie si diffondano con più rapidità all'interno dell'Unione europea è più alto;
   per tale ragione, è necessario che l'Unione europea implementi le misure già adattate o attui quelle già prese –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per attuare le conclusioni del Consiglio dell'Unione europea sulle vaccinazioni infantili. (4-00556)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BONAFÈ, SENALDI, BENAMATI e CANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda varesina Husqvarna, marchio storico del motociclismo fuori strada ed enduro, ha messo sul mercato lo scorso anno interessanti motociclette che hanno avuto buona accoglienza tra gli appassionati;
   l'Husqvarna, azienda in origine svedese che ha ceduto nel 1987 la divisione moto alla Cagiva, e passata successivamente in mano alla tedesca BMW, ha conservato la produzione in Italia pur in una difficile situazione di bilancio negli anni passati, grazie alle capacità e all'alta professionalità degli addetti alla produzione. L'azienda che recentemente ha prodotto utili di bilancio, è stata ceduta pochi mesi fa al gruppo austriaco Pierer proprietario del marchio concorrente Ktm con l'impegno e le assicurazioni di mantenere la produzione in Italia;
   si apprende invece che la nuova proprietà ha deciso di trasferire le linee di produzione dal prossimo giugno presso lo stabilimento della casa madre in Austria, chiedendo allo Stato italiano la cassa integrazione per 212 dei 240 dipendenti –:
   se il Ministro che mercoledì si appresta ad incontrare la proprietà e i rappresentanti dei lavoratori intenda ottenere chiarimenti in merito alla volontà dell'azienda e porre in atto tutte le azioni possibili per evitare quello che ad oggi si prefigura come un vero e proprio saccheggio industriale, considerato che l'impresa ha rilevato un marchio storico ancora produttivo sul mercato mondiale, lasciando al nostro Paese costi sociali ed occupazionali non accettabili. (4-00545)


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo spirito delle più recenti normative comunitarie è quello di garantire la libera circolazione e il commercio dei programmi televisivi, anche al fine di perseguire l'obiettivo di impedire la formazione di posizioni dominanti nel settore televisivo, tanto che la direttiva 2010/13/UE che modifica la 89/552/CEE nel regolamentare l'esercizio delle attività televisive recita: «È essenziale che gli Stati membri vigilino affinché non si commettano atti pregiudizievoli per la libera circolazione e il commercio delle trasmissioni televisive o tali da favorire la formazione di posizioni dominanti comportanti limitazioni del pluralismo e della libertà dell'informazione televisiva nonché dell'informazione in genere»;
   il contratto di servizio tra RAI e il Ministero dello sviluppo economico all'articolo 23 (qualità del servizio) prevede che: «la Rai individua nella qualità audiovisiva un tratto distintivo e irrinunciabile dell'offerta del servizio pubblico. La programmazione Rai è diffusa attraverso le reti di radiodiffusione terrestre in tecnica digitale ed analogica e via satellite con una elevata qualità di immagine e suono, dedicando ad ogni canale l'opportuna capacità trasmissiva...; la Rai riconosce la qualità tecnica del servizio di radiodiffusione quale obiettivo strategico del servizio pubblico [...] monitora costantemente la qualità tecnica del servizio ed esercita ogni azione preventiva e correttiva al fine di garantire il permanere di alti standard qualitativi; assicura un costante rapporto con l'utenza, per raccogliere segnalazioni di problematiche di qualità tecnica; [...]; assicura una idonea informazione ai cittadini per la migliore fruizione dei servizi; nell'ambito della disponibilità delle frequenze e tenendo conto della specificità della missione del servizio pubblico generale radiotelevisivo, il Ministero assicura alla Rai tutte quelle necessarie per risolvere situazioni interferenziali, migliorare la qualità del servizio e sperimentare nuove tecnologie diffusive [...]»;
   ne deriva che la qualità del segnale costituisce un elemento essenziale del servizio pubblico radiotelevisivo;
   sono numerosi i provvedimenti che il Governo ha licenziato al fine di dotare la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo delle necessarie risorse per raggiungere la sufficiente copertura dell'intero territorio. A puro titolo esemplificativo, il governo ha accolto l'ordine del giorno 9/4086/182 (Strizzolo, Viola) in sede di conversione del decreto mille-proroghe che, destinava una parte di fondi per risolvere i problemi di copertura individuati nella zona a confine tra Veneto e Friuli. Le molte criticità da più parti rilevate sono tutt'oggi irrisolte a causa della mancanza di risorse;
   nella precedente legislatura è stata discussa la risoluzione 7-00697 Meta che impegnava il Governo «a valutare ogni attività da porre in essere nei confronti della RAI a fronte dell'evidente mancato adempimento degli obblighi previsti dal vigente contratto di servizio» e «ad assumere iniziative, anche normative, per prevedere forme di indennizzo in favore di quei cittadini che hanno sostenuto spese documentate per effettuare interventi tecnici sulle antenne in seguito al passaggio al digitale terrestre»;
   la legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilità 2011) all'articolo 1, comma 8, ha previsto l'avvio di procedure per l'assegnazione di diritto d'uso di frequenze radioelettriche da destinare ai servizi di comunicazione elettronica mobili in larga banda con l'utilizzo della banda 790-862 MHZ;
   ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, tali procedure sono state attuate esclusivamente per le emittenti televisive locali operanti nelle aree in cui ha avuto luogo il passaggio alla trasmissione televisiva in tecnica digitale alla data del 1o gennaio 2011 attraverso l'obbligo del rilascio delle frequenze televisive (canali da 61 a 69) in uso operanti sulla banda 790-862 MHZ e, sempre con riferimento alle emittenti televisive locali operanti in dette aree, mediante la successiva predisposizione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di appositi bandi di gara per l'assegnazione dei diritto d'uso;
   il decreto ministeriale 23 gennaio 2012 del Ministero dello sviluppo economico dispone l'attribuzione di misure compensative alle emittenti locali collocate in posizione utile in apposite graduatorie regionali in cambio del rilascio volontario delle frequenze loro assegnate operanti sulla banda 790-862 MHZ;
   la Conferenza ITU di Ginevra ha stabilito che a partire dal 2016 saranno destinate agli operatori delle telecomunicazioni per i servizi di banda larga mobile anche le frequenze attualmente in uso alle emittenti televisive locali operanti sulla banda 700 MHZ;
   in base alla legge 13 dicembre 2010, n. 220, articolo 1, comma 11, il Ministero dello sviluppo economico e per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni prevedono ulteriori obblighi per i titolari dei diritti d'uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso più efficiente dello spettro e della valorizzazione e promozione delle culture regionali e locali;
   in conseguenza di tale obbligo, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha emanato la delibera n. 353/11/CONS recante «nuovo regolamento relativo alla radiodiffusione televisiva in tecnica digitale»;
   l'obbligo, stabilito dall'articolo 3, comma 13, della già citata delibera n. 353/11/CONS del possesso di determinati requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti impiegati per le società di capitali ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione per esercitare l'attività di fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale non è più in vigore avendo trovato applicazione sino al 4 luglio 2012, data di definitiva cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica;
   l'articolo 18, comma 3, lettera a), della citata delibera n. 353/11/CONS ha disposto che l'operatore di rete in ambito locale, fermo il rispetto delle quota di riserva di capacità trasmissiva stabilita dall'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici a favore dei soggetti autorizzati a fornire i contenuti televisivi e degli obblighi di must carry, possa fornire capacità trasmissiva necessaria a trasportare due programmi nazionali per ciascun multiplex;
   la disposizione prevista dall'articolo 18, comma 3, lettera a) delle delibera n. 353/11/CONS non contribuisce a perseguire gli obiettivi di piena concorrenza del mercato televisivo, in quanto non consente alle nuove figure di operatore di rete locale di competere ad armi pari con gli operatori nazionali;
   gli obblighi di must carry previsti per le emittenti televisive locali dall'articolo 27, comma 1, della delibera 353/11/CONS appaiono evidentemente superati dagli eventi in quanto i fornitori di servizi media audiovisivi non più in possesso di frequenza o hanno cessato l'attività o vengono trasportati dagli altri operatori di rete in ambito locale;
   le misure di sostegno alle emittenti televisive locali previste dall'articolo 27, comma 10, della legge n. 448 del 1998 sono state ridotte di 20 milioni di euro per il 2013 e di 30 milioni di euro nel 2014 dalle disposizioni contenute nel decreto- legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
   l'articolo 18, comma 3, lettera a) della delibera n. 353/11/CONS dell'Agcom è stato superato dall'articolo 15, comma 6-bis del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 e successive modificazioni (introdotte dall'articolo 9, comma 3 della legge 15 dicembre 2011, n. 217) che ha espressamente limitato la possibilità di veicolare contenuti nazionali da parte degli operatori di rete locali per la tv digitale terrestre;
   in conseguenza della crisi economica e del conseguente contrarsi del mercato pubblicitario molte emittenti televisive locali che già versavano in condizione di grande sofferenza per aver sostenuto ingenti investimenti per la conversione in tecnica digitale degli impianti di trasmissione si sono viste costrette a ricorrere alla cassa integrazione, mobilità e/o licenziamento. La possibilità di trasportare il segnale della concessionaria pubblica ovvero di stipulare accordi con gli enti locali per la copertura delle aree oggi non illuminate consentirebbe di raggiungere il duplice obiettivo di fornire ai cittadini un servizio di pubblica utilità dando alle emittenti locali uno strumento di sviluppo industriale –:
   se, alla luce delle difficoltà economiche in cui le emittenti televisive locali si trovano, non si renda necessario assumere iniziative normative volte a modificare l'articolo 15, comma 6-bis, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, al fine di far cessare la limitazione numerica al trasporto nei multiplex delle televisioni locali di programmi nazionali e facendo sì che il venire meno di tale limitazione, per gli operatori di rete in ambito locale, decorra dal 4 luglio 2012, data di definitiva cessazione delle trasmissioni televisive in tecnica analogica, ciò anche al fine di procedere per analogia con quanto disposto dall'articolo 3, comma 13, della delibera 353/11/CONS, per le società di capitali relativamente ai requisiti di capitale sociale e numero di dipendenti, ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione per esercitare l'attività di fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale.
(4-00547)


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Comune di Montesano (Salerno) è, ormai da tempo, al centro di una preoccupante e delicata vicenda riguardante la costruzione di una imponente stazione elettrica della società Terna spa altissima tensione/alta tensione a pochi metri dal centro abitato;
   come riportato da organi di stampa locali, nel 2004 la Società Essebiesse Power s.r.l. ha promosso la realizzazione nel comune di Montesano sulla Marcellana e nel comune di Casalbuono di un parco eolico e della collegata sottostazione elettrica altissima tensione/media tensione ubicata nel detto comune di Casalbuono;
   a seguito della conferenza di servizi tenutasi presso la regione Campania in data 11 settembre 2008 sono state rilasciate alla società Essebiesse Power s.r.l. i relativi pareri da parte degli enti coinvolti;
   successivamente, nel febbraio 2010 la società Essebiesse Power, nel trasmettere il nuovo progetto, ha comunicato che «sono state apportate marginali modifiche progettuali consistenti in meri spostamenti, nell'ordine di poche decine di metri, di alcuni aerogeneratori dalla posizione individuata in origine...»;
   su queste modifiche, mai trasmesse al comune o agli enti coinvolti nella conferenza dei servizi e che in sostanza spostano la sottostazione elettrica da Casalbuono a Montesano sulla Marcellana con allacciamento a una stazione elettrica altissima tensione/alta tensione di Terna spa, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Salerno e Avellino non avrebbe espresso alcun parere favorevole, e conseguentemente non sarebbe stata rilasciata alcuna autorizzazione dagli enti competenti, in violazione dei principi fondamentali della legge n. 241 del 1990;
   nonostante ciò, con decreto dirigenziale n. 377 del 14 luglio 2010, il settore regolazione mercati della regione Campania ha dato seguito alla richiesta avanzata dalla Essebiesse Power srl in merito alla «autorizzazione alla costruzione e all'esercito di un impianto per produzione di energia, con tecnologia eolica, della potenza di 40MW da realizzare nei Comuni di Casalbuono e Montesano sulla Marcellana (Salerno);
   nelle more della complessa vicenda, la Terna spa con D.D. n. 191 del 15 aprile 2011, è subentrata alla Essebiesse Power per la costruzione e l'esercizio della realizzanda Stazione Elettrica altissima tensione/alta tensione, avviando i lavori nel giugno dello stesso anno;
   il cantiere è stato prima bloccato da un'ordinanza comunale di sospensione e demolizione nel settembre 2011 e poi posto sotto sequestro su mandato della procura della Repubblica di Sala Consilina, per essere successivamente dissequestrato a inizio anno;
   la Terna ha impugnato l'ordinanza di demolizione e ripristino del luoghi emessa dall'ufficio tecnico del comune di Montesano, sottoponendo la questione all'attenzione del tribunale amministrativo del Lazio, che si è espresso in senso favorevole per decorrenza dei termini;
   al di là della localizzazione della stazione elettrica di Montesano sulla Marcellana, costruita in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico, per una qualunque stazione elettrica che Terna intenda costruire, in quanto opere della rete di trasmissione nazionale, occorre che l'opera sia inserita nel piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, prima che si possa avanzare una richiesta di autorizzazione alla realizzazione;
   l'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, in materia di interventi per lo sviluppo delle reti elettriche di trasmissione, dispone infatti che «Terna S.p.A individua in un'apposita sezione del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale la localizzazione precisa delle stazioni elettriche, tenendo conto dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercito degli impianti in corso»;
   tale piano di sviluppo, prima di essere operativo e di conseguire le relative autorizzazioni, deve essere sottoposto annualmente a valutazione ambientale strategica (VAS) da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, sentiti gli uffici periferici;
   la stazione elettrica di Montesano sulla Marcellana, autorizzata dalla regione Campania, sarebbe assente nel piano di sviluppo adottato all'epoca dell'autorizzazione (PdS 2009) e in tutti quelli approvati successivamente, ma comparirebbe solamente nella proposta al piano di sviluppo 2011 della rete di trasmissione nazionale;
   in tale proposta la società Terna afferma che «in data 14 luglio 2010 è stato emesso dal Ministero dello sviluppo economico il decreto autorizzativo alla costruzione ed all'esercizio della futura Stazione elettrica 380 kv di Montesano sulla Marcellana»;
   risulta quanto meno anomalo però che il Ministero dello sviluppo economico possa aver emesso il decreto autorizzativo della stazione elettrica di Montesano, assente da un piano di sviluppo approvato dallo stesso Ministero;
   al di là dei dubbi inerenti la regolarità del complesso iter amministrativo, profonde preoccupazioni e ulteriori perplessità sorgono se si considera che la costruenda stazione elettrica Terna si svilupperebbe a pochi metri dal centro abitato di Montesano Scalo, in area contigua al Parco nazionale del Cilento Vallo di Diano, soggetta a vincolo ambientale ai sensi della legge n. 42 del 2004, in sito assolutamente incompatibile con il contesto ambientale, urbano e sociale circostante;
   la realizzazione dell'impianto avrebbe inoltre gravi ricadute sulla salute dei cittadini a causa dell'esposizione continua alle onde elettromagnetiche, come riconosciuto dallo stesso Istituto superiore di sanità –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali provvedimenti ritengano opportuno adottare per addivenire a una rapida risoluzione dell'annosa vicenda che sta allarmando la comunità di Montesano e dell'intero Vallo di Diano. (4-00549)


   CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la società Aligrup spa è stata ammessa alla procedura del concordato preventivo dal tribunale di Catania il 18 marzo 2013;
   il concordato preventivo autorizzato dal tribunale di Catania prevede lo smembramento della società, composta da 52 supermercati sparsi per sei province siciliane, da un centro direzionale situato a San Giovanni La Punta in provincia di Catania ed un centro distribuzione sempre in provincia di Catania;
   le procedure attivate dall'azienda, meglio sarebbe dire dalla gestione commissariale, per l'erogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale e per concordato preventivo, non sono ancora definite ed i lavoratori non ricevono compensi di alcuna natura da mesi;
   la crisi della società di distribuzione alimentare siciliana coinvolge direttamente mille e 500 lavoratori ed altri mille e 500 con l'indotto. Nel piano concordatario, come da una nota inviata all'interrogante dai dipendenti e da un'altra di identico tenore inviata ai Ministri interrogati, non è previsto il ricollocamento dei lavoratori del centro direzionale;
   il piano prevede lo smembramento dell'azienda e la vendita dei supermercati singolarmente con il personale presente nei punti vendita;
   questi lavoratori, la maggior parte dei quali ha maturato un'anzianità di servizio pari a 15-20 anni, si vedrebbero esclusi da qualunque forma di ricollocamento per il solo fatto di lavorare in ufficio piuttosto che tra gli scaffali di un supermercato, come se un supermercato fosse un'entità autonoma capace di autogestirsi dal punto di vista amministrativo, finanziario e gestionale;
   il numero di questi lavoratori è pari a 103 e sono considerati disgiunti da ogni singola filiale e fuori da ogni trattativa di cessione-acquisizione dei punti vendita;
   tutte le parti in causa, organi del concordato, rappresentanti sindacali e istituzioni locali, hanno accettato passivamente questa che, a giudizio dell'interrogante, è una palese discriminazione tra lavoratori –:
   quali iniziative intendano adottare i ministri interrogati per risolvere le problematiche indicate in premessa. (4-00550)


   LODOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Beta spa, in qualità di editrice dell'emittente televisiva delle Marche Tvrs, ha fatto domanda di operatore di rete, ottenendo dal Ministero i numeri Lcn 11 e 111, in virtù dei requisiti previsti dalla legge tra cui il numero dei dipendenti;
   la Beta spa in data 11 maggio 2013 ha avviato la procedura di messa in mobilità per tutto il personale per cessazione dell'attività, affermando di voler mantenere lo status di «operatore di rete»;
   il consiglio dell'ordine dei giornalisti delle Marche ha espresso in una nota «sorpresa e sconcerto per la decisione della Società Beta Spa di cessare, dopo 35 anni, l'attività di Tvrs, una delle principali e storiche emittenti televisive della regione Marche», dichiarando che «l'annuncio assume contorni particolarmente gravi e soprattutto oscuri»;
   la Beta spa in tutti questi anni ha beneficiato di contributi pubblici e ha avuto finanziamenti dagli enti locali attraverso la stipula di convenzioni;
   gli stessi bilanci presentati dalla società non giustificherebbero una scelta così drastica e che quindi la volontà di cessare l'attività e di licenziare tutti i dipendenti sembra nascondere ipotesi molto diverse dalle paventate difficoltà economiche –:
   come sia possibile che Beta spa, che nel passaggio dall'analogico al digitale terrestre ha usufruito di notevoli contributi statali in base ad una serie di parametri tra cui il numero dei dipendenti e in particolare di giornalisti assunti a tempo indeterminato, possa, oggi che ha deciso di cessare l'attività di produzione mettendo in mobilità tutto il personale, continuare a trasmettere sugli stessi canali 11 e 111, senza variazione alcuna;
   come sia possibile che ai privati concessionari di frequenze televisive sia consentito di sviluppare attività di impresa senza un vincolo reale a che questa avvenga nel rispetto dei posti di lavoro e delle professionalità ad essa collegate;
   se la decisione di conservare solo lo status di operatore di rete, modificando di fatto il piano editoriale che con il numero di dipendenti rappresentava requisito fondamentale per l'assegnazione degli Lcn, non faccia venir meno due importanti prerogative che dovrebbero appartenere ad un concessionario di frequenze;
   come evitare che i numeri Lcn rimangano in capo ad un privato che senza i dipendenti non avrebbe ottenuto i numeri 11 e 111 sul telecomando prevalendo su altre realtà televisive territoriali, posto che appare evidente che la gara di assegnazione sia stata inficiata da un comportamento ad avviso dell'interrogante scorretto e sleale da parte della stessa azienda nei confronti delle principali emittenti concorrenti, mentre sarebbe preferibile favorire i lavoratori – riuniti in una delle forme societarie previste dalla legge – nel percorso di acquisizione dello status di «operatore di rete» subentrando a Beta spa e avere le frequenze oggi in possesso della Beta stessa, salvaguardando così i posti di lavoro. (4-00560)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Speranza e altri n. 1-00039, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Micheli.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Capezzone e altri n. 7-00014, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barbanti.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Cimbro n. 4-00328, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tentori, Fossati, Zaccagnini, Lenzi, Lodolini, Tidei, Rocchi, Mariastella Bianchi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cimbro n. 4-00328, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 11 del 30 aprile 2013.

   CIMBRO, TENTORI, FOSSATI, ZACCAGNINI, LENZI, LODOLINI, TIDEI, ROCCHI e MARIASTELLA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è dal 2008 che a Bollate si è insediata, in uno stabile di via Alfieri, due anni dopo lo sfratto forzoso della sede di Milano in via Cannero, la sede della cosiddetta «Skinhouse», punto di ritrovo dell'organizzazione neofascista, di ispirazione nazista, denominata «Milano 38»: sigla dietro la quale opera il circuito milanese e lombardo degli «Hammerskin»;
   si tratta di un gruppo che, a detta della Digos, costituisce l'ala più politicizzata, a rilevanza nazionale, del vasto movimento skinhead. Tale gruppo si ispira e si richiama al nazismo e alla sua ideologia, coltivando i miti della superiorità della razza, e della violenza come valore assoluto: gli individui che lo compongono si dichiarano esplicitamente antisemiti e radicalmente fascisti; considerano normale l'utilizzo della violenza come strumento di relazione sociale, spesso e volentieri girando armati;
   tale organizzazione nasce alla fine degli anni ottanta negli Stati Uniti; il simbolo del gruppo sono due martelli incrociati con le punte rivolte verso destra; sullo sfondo, il «dente di lupo» (il medesimo simbolo di «Terza Posizione», organizzazione neofascista italiana degli anni Settanta), già adottato da alcune divisioni delle Waffen-SS;
   lo slogan da loro più utilizzato è tratto dalle parole di David Lane, attualmente in carcere per l'omicidio di un radioconduttore ebreo, già militante di «Fratellanza silenziosa», organizzazione eversiva neofascista americana degli anni Ottanta: «Noi dobbiamo assicurare l'esistenza della nostra gente e il futuro dei bambini bianchi». Tale «missione» si attua attraverso la creazione di un’élite di militanti;
   nel maggio del 1998, attraverso l'applicazione della legge Mancino, la Digos di Roma dà il via all’«Operazione Thor»: 90 perquisizioni, 150 denunciati, 9 provvedimenti di arresti domiciliari e 5 sedi hammerskin chiuse a Roma;
   ad oggi sono stati moltissimi gli episodi di violenza e di aggressioni squadriste riconducibili agli skinhead, ai danni di attivisti politici, stranieri, omosessuali e, più in generale, a chiunque venga da loro percepito come «diverso»;
   uno per tutti è l'episodio dell'omicidio di Nicola Tommasoli, aggredito per motivi pretestuosi e vittima di una violenza efferata: muore dopo giorni di terribile agonia per i calci e le percosse subite da parte di quattro naziskin; per l'omicidio Tommasoli la corte d'assise di Verona ha emesso condanne per complessivi 50 anni di carcere;
   da che si è insediata la skinhouse, che ha avuto l'autorizzazione dell'utilizzo di un capannone di privati, essendosi presentata come associazione culturale, i cittadini di Bollate, soprattutto gli abitanti del quartiere interessato, da quando sono costretti a convivere con la paura di possibili atti di violenza, e con problemi inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblica;
   inoltre la skinhouse è situata nelle vicinanze di una scuola elementare frequentata da più di cinquecento bambini, tra i quali molti figli di immigrati;
   in concomitanza con le loro «manifestazioni culturali», le strade vengono occupate da decine di automobili di attivisti del movimento che di fatto prendono possesso dell'intero quartiere;
   la skinhouse sta funzionando da polo di attrazione per naziskin non solo milanesi e lombardi, ma va sempre più configurandosi come punto di ritrovo per gli hammerskin di tutta Europa; ciò non deve stupire, dato il carattere, fin dalle origini, internazionale dell'organizzazione;
   la cittadinanza ha da subito dato vita ad aggregazioni e comitati che hanno, nel tempo, organizzato corsi di formazione su tale fenomeno, manifestazioni pubbliche, cortei, e raccolte di firme rivolte al prefetto e all'amministrazione per chiedere la chiusura della skinhouse;
   sia il prefetto che l'amministrazione comunale hanno sempre fornito risposte evasive e comunque non risolutive, prendendo in considerazione l'opportunità di intervenire solo laddove si verifichino problemi di ordine pubblico, senza affrontare alla radice la natura profondamente anticostituzionale di questo movimento;
   nonostante tutto questo, in seguito alla prima interrogazione della sottoscritta al ministro Alfano, nella quale si chiedeva la chiusura della sede, il capo del gruppo (cosiddetto «Lupo Alpha»), in un'intervista rilasciata a Il Giorno, ha dichiarato che «l'unica ad avere paura (della skinhouse) è Eleonora Cimbro» –:
   se il Ministro non ritenga urgente intervenire per verificare se sussistano le condizioni per arrivare finalmente alla chiusura della skinhouse di Bollate, la cui «ragione sociale», la diffusione dei valori nazifascisti con il suo corollario di violenza ed intolleranza, contrasta apertamente con i valori costituzionali, oltre a rappresentare un vulnus gravissimo al tessuto sociale del territorio in cui insiste nonché un vero e proprio pericolo per la sicurezza dei cittadini di Bollate.
(Nuova formulazione) (4-00328)

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Scopelliti n. 4-00488 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 17 del 16 maggio 2013. Alla pagina 1121, seconda colonna, alla riga ventitreesima deve leggersi: «in Calabria si prevede la soppressione» e non «in Caloria si prevede la soppressione», come stampato.

  Interpellanza urgente Mucci e altri n. 2-00061 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 20 del 21 maggio 2013. Alla pagina 1198, prima colonna, dalla riga ventiseiesima alla riga ventisettesima, deve leggersi: «o, in alternativa, successivamente alle elezioni amministrative del comune di Siena.» e non «o, in alternativa, successivamente amministrative del comune di Siena.», come stampato.