ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08554

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 726 del 29/11/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/18578
Firmatari
Primo firmatario: BONGIORNO GIULIA
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 29/11/2012


Commissione assegnataria
Commissione: III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29/11/2012
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 11/12/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 14/12/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 29/11/2012

SOLLECITO IL 29/11/2012

ATTO MODIFICATO IL 03/12/2012

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 04/12/2012

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 11/12/2012

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 14/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-08554
presentata da
GIULIA BONGIORNO
giovedì 29 novembre 2012, seduta n.726

BONGIORNO. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

il 28 agosto 2012, la Corte europea dei diritti dell'uomo si è espressa - nel caso Costa e Pavan c. Italia (ric. n. 54270/10) - in ordine alla legittimità della legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita (legge n. 40 del 2004), che non permette alle coppie portatrici di malattie ereditarie di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e di diagnosi genetica pre-impianto;

nell'ambito della predetta decisione, la Corte ha ritenuto costituisca un'interferenza illegittima dell'autorità pubblica nella vita privata e familiare dei singoli una misura che incida sulle scelte procreative individuali, qualora non risulti «necessaria» ai fini della tutela dei beni giuridici elencati dall'articolo 8 della Convenzione;

nonostante la tutela del nascituro costituisca in astratto un bene giuridico tale da giustificare un'interferenza nella vita privata degli individui, tale garanzia nel caso concreto non poteva essere qualificata come «necessaria», giacché - dall'analisi dell'ordinamento interno - era emersa la possibilità di tenere condotte maggiormente lesive per il nascituro stesso;

infatti, il divieto in oggetto, finalizzato a scongiurare il sacrificio degli embrioni malati, si scontra con la liceità del ricorso all'aborto terapeutico in caso di feto malato;

in sostanza, l'unico metodo accessibile ai genitori portatori di malattie ereditarie - per generare figli che non siano affetti dalla malattia di cui sono portatori sani - è iniziare una gravidanza secondo natura e procedere all'interruzione medica della gravidanza stessa ogni qualvolta una diagnosi prenatale dovesse rivelare che il feto è malato;

la Corte ha, per tali ragioni, condannato il nostro Paese per la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, che tutela il diritto dell'individuo alla non ingerenza statale nelle questioni afferenti alla vita privata e familiare;

peraltro, nessuna opzione etica è stata esercitata dai giudici europei e nessuna indicazione assiologica è stata fornita al fine di dirimere la vexata quaestio circa lo statuto di «vita umana» spettante all'embrione;

al contrario, la Corte si è attenuta al dato normativo, confrontando le leggi italiane alle norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, individuando antinomie e risolvendo il caso tramite il ricorso ad argomentazioni prettamente logico-giuridiche, del tutto estranee ad altri ambiti, e inutilizzabili nel discorso etico;

con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 la Corte costituzionale ha chiarito la portata dei vincoli derivanti dal suddetto accordo internazionale. In particolare, ha precisato che non solo la Repubblica è tenuta a dare esecuzione alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione), ma anche che le norme della Convenzione - nell'interpretazione che ne dà la Corte - si atteggiano a parametro interposto di costituzionalità delle leggi italiane, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione;

anche la giurisprudenza interna ha dimostrato di voler recepire, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata della legge n. 40, le indicazioni fornite dalla Corte di Strasburgo (decisione del Tribunale di Cagliari del 15 novembre 2012);

in data 28 novembre 2012, nell'ultimo giorno utile e in modo imprevisto, il Governo risulta aver dato mandato alla Rappresentanza italiana al Consiglio d'Europa di chiedere il deferimento alla Grande Chambre della sentenza Costa e Pavan -:

quali ragguagli possa offrire, anche in omaggio allo spirito dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 400 del 1988, in ordine ai criteri con cui si scelgono le pronunzie delle Camere semplici della CEDU da impugnare alla Grande Chambre e in ordine a quali argomenti difensivi si possano proporre in tal sede. (5-08554)