ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08300

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 708 del 24/10/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/17380
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 24/10/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 24/10/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 24/10/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 24/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-08300
presentata da
RITA BERNARDINI
mercoledì 24 ottobre 2012, seduta n.708

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

lunedì 6 agosto 2012 la prima firmataria del presente atto, assieme al proprio consulente, avvocato Alessandro Gerardi, ha visitato la casa circondariale di Velletri;

nel corso della visita la delegazione è stata assistita e/o accompagnata dall'ispettore di polizia penitenziaria Proietti;

il vecchio padiglione del carcere di Velletri (la struttura è composta da due edifici ovvero da un padiglione vecchio e da uno nuovo) attualmente detiene una percentuale di detenuti doppia rispetto alla capienza regolamentare, ossia circa 380 detenuti reclusi all'interno di celle singole occupate da due persone, e a volte anche da tre. Nel reparto isolamento si trovano reclusi 17 detenuti, mentre 10 giorni fa ve ne erano 30;

la stragrande maggioranza dei detenuti, ben 263, sono in attesa di giudizio (di questi 160 sono imputati, 77 appellanti e 26 ricorrenti), i rimanenti (118) stanno invece scontando una pena definitiva. Tra i reclusi, 186 risultano essere tossicodipendenti e 115 di nazionalità straniera;

all'interno della struttura che contiene i bracci detentivi, si trovano ubicati al piano terra l'ufficio matricola, l'ufficio ispettori, quello del comandante di reparto e la stanza dove i magistrati del tribunale di Velletri tengono le convalide degli arresti. Alcune delle predette stanze sono ricavate da ambienti che nulla hanno perso delle loro caratteristiche originarie di celle detentive. Qui gli spazi per gli operatori sono ridotti al minimo e, a volte, risultano essere pure scarsamente illuminati. Nella stanza delle convalide, inoltre, è stato installato un videoproiettore che però è fuori uso da parecchio tempo;

sempre al piano terra è allocata la sezione «transito» all'interno della quale vengono rinchiuse le persone appena arrestate (i cosiddetti «nuovi giunti») in attesa di trovare una più adeguata sistemazione. Al momento della visita nelle celle-transito non vi era nessuno, ma capita spesso che al loro interno, per ragioni di mancanza di spazio, vengano rinchiusi alcuni detenuti anche per molti giorni prima di essere assegnati alla sezione di riferimento. Nella sezione «transito» non vi sono né i «camminamenti» né gli spazi dove poter effettuare l'ora d'aria, sicché i «nuovi giunti», durante l'attesa, rimangono costantemente chiusi all'interno delle celle;

oltre all'elevato tasso di sovraffollamento, il disagio che i detenuti sono costretti a patire non è irrilevante se è vero, come è vero, che nell'istituto penitenziario in questione vi sono solo quattro educatori (sui sei previsti in pianta organica) effettivamente in servizio (a fronte di ben 517 detenuti reclusi tra vecchio e nuovo padiglione), e due soli psicologi operativi (di cui solo uno a tempo pieno). La carenza di psicologi è molto grave, anche perché nel carcere veliterno si riscontra un elevato indice di detenuti affetti da gravi disagi psichici (peraltro all'interno dell'istituto manca un reparto di osservazione psichiatrica), costretti a rimanere chiusi in cella 20 ore al giorno. Non a caso negli ultimi tempi, tra la popolazione carceraria, si sono verificati frequenti casi di autolesionismo e di tentato suicidio, mentre due detenuti si sono tolti la vita nel 2009 e nel 2010;

di fronte all'avvento della stagione estiva, la direzione dell'istituto sta cercando, per quanto possibile, di dare attuazione alle circolari emanate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria volte ad arrecare un minore stress fisico e psicologico ai detenuti. Le celle, infatti, sebbene permangano costantemente chiuse, presentano i blindi aperti nel corso dell'intera giornata, il che evita un eccessivo surriscaldamento degli spazi detentivi. In ogni sezione, inoltre, è presente un refrigeratore dove i detenuti possono conservare in modo adeguato frutta, verdura ed ogni genere di bibita (secondo alcuni però un solo refrigeratore non basterebbe a soddisfare le esigenze di 52 detenuti. Al 4° B, ad esempio, hanno il frigo comune di sezione rotto e i detenuti sono spesso costretti a buttare via il cibo andato a male). Inoltre ai detenuti, soprattutto a quelli che lavorano e che quindi possono permettersi il cosiddetto «sopravitto» è permesso cucinare nelle celle (ovviamente solo pietanze che non richiedono una cottura particolarmente difficile). In alcuni spazi della socialità sono disposti dei lavabi per lavare i panni (che però hanno i rubinetti rotti) e sono messi dei fili per stenderli;

venendo alle modalità di fruizione dell'ora d'aria si osserva che ai detenuti spettano due ore d'aria la mattina (passeggi comuni, campo sportivo o palestra), mentre il pomeriggio gli stessi possono fruire di altre due ore di socialità negli appositi spazi predisposti in ogni singola sezione. Ai detenuti a volte è concesso anche pranzare e cenare nelle celle in gruppi di non più di quattro; per il resto della giornata, però, ogni singola persona rimane rinchiusa all'interno del proprio spazio detentivo, senza la possibilità di muoversi nel corridoio della sezione, cosa che, invece, è concessa ai detenuti che hanno trovato sistemazione nel nuovo padiglione;

lo scarso numero degli educatori in servizio provoca evidenti disagi: manca, infatti, il rapporto umano tra singolo detenuto ed educatore e le relazioni di sintesi a volte vengono chiuse con notevole ritardo;

le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria sono assolutamente inadeguate e fuori da ogni previsione contrattuale, con carichi di lavoro insopportabili. Il contingente di polizia penitenziaria assegnato risulta pari a 195 unità, a fronte della pianta organica che ne prevede 227; lo stesso pertanto risulta essere fortemente sottodimensionato rispetto alle esigenze del servizio. Ma v'è di più. Delle predette 195 unità, infatti, 30 sono a disposizione della C.M.O. di Roma, senza considerare che altri 19 sono adibiti esclusivamente al nucleo traduzioni e piantonamenti. Pertanto, alla data della visita, il contingente effettivamente disponibile assommava ad appena 146 agenti. La carenza di organico costringe gli agenti di polizia penitenziaria a turni di lavoro veramente stressanti anche perché, con l'apertura del nuovo padiglione e perciò con l'aumento della popolazione detenutali, il personale non è stato minimamente reintegrato;

i cancelli di accesso ai singoli padiglioni detentivi sono tutti a comando manuale, sicché, considerato il traffico di persone (detenuti, agenti, sanitari, educatori, e altro) e di generi (alimentari e altro) le innumerevoli aperture e chiusure degli stessi effettuate in un unico turno di servizio determinano un carico di lavoro assolutamente insopportabile per gli agenti di polizia penitenziaria. Sebbene con una spesa irrisoria sarebbe possibile provvedere all'automazione dei cancelli, nulla è stato fatto, anche da questo punto di vista, per alleviare i carichi di lavoro del personale;

a detta del personale penitenziario, la situazione può dirsi per certi versi peggiorata a seguito dell'apertura - avvenuta nel mese di ottobre 2011 - del nuovo padiglione detentivo costato 8.600.000 euro (lo stanziamento dei fondi è contenuto nella legge n. 259 del 1992) e costruito conformemente alle norme del regolamento penitenziario (ogni cella, ad esempio, è dotata di bagno e doccia), sebbene la sua edificazione abbia sottratto ampi spazi prima destinati alle attività ricreative dei detenuti (il campo di calcio, ad esempio risulta fortemente ridimensionato rispetto a prima, in quanto larga parte della sua superficie è stata utilizzata proprio per tirare su il nuovo padiglione (senza considerare che attualmente - nonostante i fondi stanziati dalla regione Lazio - lo stesso campo sportivo risulta del tutto inagibile). L'apertura del nuovo padiglione, infatti, non è stata accompagnata dalla conseguente, adeguata e proporzionata assunzione di nuovi agenti di polizia penitenziaria, di educatori, psicologi e assistenti sociali; e, quindi, di un numero di operatori in grado di garantire la cura dei detenuti e, soprattutto, lo svolgimento delle attività rieducative per essi previste dalla legge; contemporaneamente al nuovo padiglione non risultano essere state costruite nemmeno le nuove caserme per gli agenti di polizia penitenziaria, sicché non si capisce proprio dove gli agenti - che un domani dovessero essere assunti - potranno alloggiare una volta immessi in servizio; il nuovo padiglione non dispone nemmeno della sala colloqui e, per questo motivo, gli agenti hanno un ulteriore aggravio di lavoro per accompagnare i detenuti nelle sale del vecchio edificio;

nonostante fino a poco tempo fa all'interno del carcere veliterno vi fosse un'azienda agricola, le persone recluse che attualmente lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria sono poco più di 50. Ve ne è solo uno che lavora in carcere per conto di imprese e/o cooperative esterne, mentre, tra i «semiliberi», 2 lavorano in proprio e 13 alle dipendenze di datori di lavoro esterni;

gli spazi destinati alle attività ricreative o lavorative non sono conformi a quanto disposto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (da questo punto di vista le ASL competenti dovrebbero provvedere con maggiore solerzia alle opportune verifiche, secondo quanto disposto dall'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario). Il fine del reinserimento sociale delle persone recluse mediante il lavoro, come la delegazione ha potuto constatare, è frustrato dalla mancanza dei finanziamenti e dalla indisponibilità di attività qualificata all'interno del carcere per un numero sufficiente di persone, visto e considerato che attualmente sono appena poco più di 50 i carcerati che riescono a lavorare (peraltro a turno e per pochissime ore durante la giornata), svolgendo prevalentemente mansioni generiche (scopino e altro). Se poi a tutto ciò si aggiungono anche le evidenti carenze del personale civile (assistenti sociali, educatori e psicologi) e della polizia penitenziaria, ne viene fuori un quadro davvero desolante all'interno del quale le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro degli operatori non risultano affatto conformi ai parametri costituzionali ed alle direttive europee, nonché alle norme del regolamento penitenziario;

l'istituto penitenziario di Velletri, pur essendo stato edificato in epoca relativamente recente (i lavori di costruzione dell'edificio sono iniziati sul finire degli anni '80 e la struttura è stata consegnata nel 1992), presenta condizioni materiali non certo ottimali: la struttura, infatti, è spesso soggetta ad infiltrazioni d'acqua e necessita di periodici lavori di manutenzione a causa della continua e repentina usura delle parti comuni (sia sul tetto che sulle tubature, sebbene rifatti recentemente, si devono effettuare a cadenza periodica nuovi lavori di riparazione). Purtroppo col passare degli anni i lavori di manutenzione ordinaria dell'edificio stanno diventando sempre più sporadici a causa del taglio dei fondi, i quali, sono diminuiti circa del 40 per cento rispetto agli anni precedenti. Mancano perfino i soldi per cambiare la targa apposta all'esterno dell'edificio carcerario e scarseggia il budget per l'acquisto degli strumenti ordinari di lavoro quali cartucce, stampanti e computer;

la sala colloqui presenta ancora il muretto divisorio, il che costituisce una evidente violazione del regolamento penitenziario (secondo quanto riferito dall'ispettore Proietti, entro il mese di ottobre 2012 dovrebbero essere effettuati i lavori per la sua eliminazione). Peraltro i familiari dei detenuti si mettono in fila per i colloqui sotto il sole. Vengono alle 10 per fare il colloquio alle 13. Non c'è una pensilina per ripararsi né la disponibilità di un po' d'acqua. Attualmente i colloqui si svolgono due volte a settimana (in precedenza erano 3). Una settimana, il mercoledì e il sabato e la successiva il martedì e venerdì. Ciò crea molti problemi e in diversi fanno il colloquio 1 volta ogni due settimane. Il problema potrebbe essere risolto se si potessero fare i colloqui su prenotazione, come avviene in alcuni istituti;

le condizioni igieniche del carcere di Velletri sono pessime e ai limiti della tollerabilità: le lenzuola delle celle vengono cambiate una volta ogni 15 giorni (fino a poco tempo fa addirittura una volta al mese) e sono spesso rotte, corte e macchiate. In ogni sezione, ognuna delle quali composta da 26 stanze dove alloggiano 52 detenuti, vi sono quattro docce, ma spesso ne funzionano solo due. I locali delle docce, come i bagni ubicati all'interno delle celle, presentano macchie di umidità e tracce di muffa alle pareti. In pratica le docce sono fatiscenti e malfunzionanti, pericolose per l'igiene e per l'incolumità dei detenuti. Nelle celle vi sono evidenti segni di infiltrazioni d'acqua e - a detta dei detenuti - dai bagni a volte escono persino le blatte. Qualche detenuto ha riferito di aver trovato scarafaggi persino nella pasta;

nel corso della visita ispettiva molti detenuti si sono lamentati del vitto e del sopravvitto: il primo perché di qualità scadente e di scarsa quantità, il secondo in quanto i prezzi risultano essere troppo elevati rispetto a quelli che si praticano all'esterno;

l'amministrazione non fornisce gli attrezzi per pulire le celle: i detenuti devono comprarsi nello spaccio interno stracci, palette, scope e spazzoloni. Per quanto concerne i pacchi con la biancheria sporca da consegnare ai familiari, i detenuti devono consegnarli due giorni prima e, nel frattempo, si accumula altra biancheria sporca;

nel carcere di Velletri la cronica carenza di fondi non permette alla direzione dell'istituto di far fronte in modo adeguato a tutte le esigenze della popolazione detenuta con riferimento al reperimento dei medicinali, sicché molti farmaci scarseggiano e altri sono fruibili però non a titolo gratuito;

il detenuto F.T. riferisce di aver fatto richiesta di trasferimento nella casa di reclusione di Noto (la sua famiglia è residente a Catania). Deve scontare ancora 18 anni e ha un estremo bisogno di lavorare. Ha una figlia di 17 anni che non vede da 3 anni e 8 mesi per problemi economici;

un detenuto che lavora come «spesino» racconta che prima guadagnava 460 euro al mese, ma negli ultimi tre mesi, pur svolgendo lo stesso lavoro di prima, ne guadagna 70;

G.C. riferisce di aver fatto un mese fa richiesta di trasferimento a Rebibbia. Ha la madre di 65 anni malata di tumore e cardiopatica e un figlio di 7 anni che non vede da 4 anni. Ha girato diversi istituti e il suo fine pena è nel 2018;

B.M.K. racconta di avere bisogno di un avvocato non d'ufficio perché è accusato di omicidio ma reclama di essere innocente;

S.C. riferisce di aver presentato diverse richieste di trasferimento in Calabria senza ricevere mai risposte. Ha due bambini. Ogni due mesi, tra l'altro, deve essere tradotto a Catanzaro Siano per processi. Fa avanti e indietro e non comprende il motivo per quale non possa essere assegnato direttamente nell'istituto calabrese;

alcuni detenuti - per «ripulire» le mura fatiscenti e sporche delle celle - hanno incollato una sorta di tappezzeria sui muri utilizzando i fogli dei notes. Qualcuno per aver fatto quest'opera encomiabile, sostiene di aver ricevuto rapporto;

S. C. ha fatto richiesta per comunità Ceis-La Quercia (VT); il 15 novembre 2011 ha inviato il programma al magistrato di sorveglianza ma ancora non ha ricevuto risposta. È detenuto da 4 anni e finisce nel 2015. I suoi abitano a Latina. Ha un figlio di 10 anni che non vede da due perché non vuole farlo venire in carcere per i colloqui, mentre in comunità sarebbe più semplice incontrarlo;

P.G. riferisce di aver richiesto da ben due mesi un permesso per stare 8 ore con sua figlia di 16 anni che non vede da due anni. Il magistrato di sorveglianza, però, non gli avrebbe mai risposto;

M. P. ha effettuato un solo colloquio negli ultimi tre mesi. Ha chiesto l'avvicinamento a casa (Catanzaro) per avere più contatti con i propri familiari. Deve scontare ancora sei anni;

M. B. ha chiesto di essere trasferito a Rieti o a Civitavecchia perché ha una detenzione lunga da scontare;

M. S. riferisce che gli sono venuti i «funghi» a causa della eccessiva umidità presente nella sua cella;

E. A. riferisce che in tredici mesi di reclusione non è ancora riuscito a chiamare i suoi famigliari in Egitto;

il detenuto E.I. riferisce di essere depresso e che non viene seguito da uno psicologo. A volte, dice, è stato sul punto di compiere un «gesto estremo»;

F. A. uscirà fra due mesi e riferisce di voler andare in comunità ma non riesce a trovarne una disponibile ad accoglierlo. Fuori dal carcere non ha familiari e nemmeno una abitazione;

un detenuto di nazionalità inglese è stato evacuato dal carcere di Ferrara a causa del terremoto e ora non può più fare i colloqui con i propri familiari per la notevole distanza che lo separa dalla sua residenza. Inoltre, prima, nel carcere di Ferrara, svolgeva una regolare attività lavorativa, che però dopo il trasferimento non ha più potuto portare avanti;

in genere i detenuti con i quali la prima firmataria del presente atto ha parlato nel corso della visita ispettiva riferiscono di non riuscire ad avere un colloquio con la direttrice e sostengono che il magistrato di sorveglianza, dottor Sclafani, non avrebbe mai visitato le celle detentive e non evaderebbe le loro richieste di colloquio -:

quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Velletri; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;

cosa intendano fare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;

cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

come si intenda risolvere la grave e perdurante carenza di personale di polizia penitenziaria assegnato presso il carcere di Velletri;

se non si intenda sopperire alla cronica carenza del personale della polizia penitenziaria attingendo ai tantissimi agenti distaccati per ragioni di servizio;

se non si intendano adottare, per quanto di competenza, opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;

se si intendano incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;

se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione delle celle, dei bagni e delle docce;

se non si intenda disporre anche per il carcere di Velletri la possibilità di effettuare i colloqui dei detenuti con i propri familiari su prenotazione, come avviene in altri istituti di pena;

se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;

se corrisponda al vero che la legge n. 199 del 2010 e la sua recente estensione a 18 mesi per l'esecuzione presso il domicilio delle pene venga applicata agli aventi diritto solo a ridosso del fine pena e, comunque, quanti siano i detenuti che hanno beneficiato dell'intero periodo richiesto;

se il magistrato di sorveglianza abbia mai dato disposizioni per il rispetto della normativa riguardante le condizioni di detenzione e, in caso affermativo, quali siano le ragioni per le quali le disposizioni stesse non siano state rispettate;

quale sia il carico di lavoro del magistrato di sorveglianza di Velletri e se siano note le ragioni di quella che agli interroganti risulta un'inadeguata e carente risposta alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;

in che modo si intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa. (5-08300)