ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07932

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 687 del 18/09/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/16926
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 18/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 18/09/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 18/09/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07932
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 18 settembre 2012, seduta n.687

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

secondo quanto riportato da un lancio di agenzia di stampa ANSA dello scorso 10 luglio, il segretario nazionale di Magistratura Democratica, dottor Piergiorgio Morosini - intervenendo alla quarta serata di «Tabularasa - La frontiera», in piazza Italia, a Reggio Calabria, dedicata dagli organizzatori, Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, alla «fine dell'innocenza», tra piazza Fontana, il caso Moro e le stragi del 1992 - avrebbe rilasciato la seguente dichiarazione: «Ragioniamo su quello che è il vero problema del nostro Paese che non è solo la criminalità organizzata ma la necessità di vivere in società dove certi diritti fondamentali sono garantiti a tutti, anche ai carcerati. Il 41-bis è effettivamente un problema, al di là di quali possano essere gli interessi della criminalità di stampo mafioso. Guardate che gli USA non estradano in Italia i boss mafiosi perché il 41-bis da loro viene assimilato alla tortura. Alcuni parlano di tortura democratica. Il regime carcerario del 41-bis è un regime terribile, dove il rispetto del diritto umanitario è veramente a forte rischio: noi dobbiamo interrogarci sugli effetti di sistema che l'azione antimafia ha portato nel nostro Paese. Noi rischiamo di essere un Paese e un'istituzione che a forza di guardare negli occhi il mostro-mafia, il mostro-'ndrangheta, il mostro-camorra, rischia di diventare lui stesso il mostro. Quando potremo parlare in maniera seria, serena, pacata del nostro regime carcerario vorrà dire che saremo diventati davvero un paese maturo»;

l'articolo 41-bis dell'Ordinamento penitenziario non rispetta i principi fissati dall'articolo 27 della Costituzione e si pone in contrasto con i trattati internazionali;

non è un caso che, sia nei resoconti giornalistici, sia negli atti parlamentari, questa normativa venga definita «carcere duro», con ciò intendendo un regime che non è volto alla tutela della sicurezza nel carcere bensì a sottoporre imputati o condannati per taluni reati ad un supplemento di afflizione;

il risultato di questa situazione è una normativa che, nel suo inusitato rigore, nella sua deliberata ribellione al principio di rieducazione della pena, contrasta con i più nobili valori scolpiti nella Carta Costituzionale, così come peraltro si evince dalla lettura dei libri «Barriere di vetro», edito dalla Camera penale di Roma nel 2002, e «Tortura democratica» di Sergio D'Elia e Maurizio Turco, edito da Marsilio sempre nel 2002;

la prima firmataria del presente atto, presentando direttamente al Parlamento la proposta di legge n. 4147 elaborata insieme all'Unione delle camere penali italiane, ha indicato una strada per tutelare la sicurezza nel carcere che sia allo stesso tempo rispettosa dei princìpi costituzionali -:

se il Governo non ritenga opportuno promuovere iniziative normative volte alla modifica dell'articolo 41-bis dell'Ordinamento Penitenziario in modo da rendere il cosiddetto «carcere duro» conforme alle ripetute affermazioni della Corte costituzionale sulla necessità che sia rispettato, in costanza di applicazione del regime in questione, il diritto alla rieducazione e ad un trattamento penitenziario conseguente.
(5-07932)