ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/07931

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 687 del 18/09/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 4/16978
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 18/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/09/2012


Commissione assegnataria
Commissione: II COMMISSIONE (GIUSTIZIA)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 18/09/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 18/09/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-07931
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 18 settembre 2012, seduta n.687

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

il 1o luglio 2012 la prima firmataria del presente atto si è recata in visita ispettiva presso la casa circondariale di Trapani «San Giuliano», accompagnata dagli esponenti radicali di Palermo e Catania, Donatella Corleo e Gianmarco Ciccarelli;

il penitenziario, inaugurato nel 1965, è ubicato in località Casa Santa, una frazione del comune di Erice (TP) contigua all'agglomerato urbano della città di Trapani;

la visita ha avuto una durata di 5 ore e 50 minuti; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante di polizia penitenziaria Giuseppe Romano e, nella seconda fase della visita, anche dal direttore dell'istituto Renato Persico;

l'istituto è gravemente sovraffollato: i detenuti presenti sono 495 mentre la capienza regolamentare dell'istituto è di 271 posti, a cui vanno aggiunti 11 posti letto della sezione «semilibertà»; il numero dei detenuti presenti è superiore perfino rispetto alla capienza cosiddetta «tollerabile» che, secondo quanto riferito, è di 443 posti letto; l'istituto è articolato in diverse sezioni; nel reparto «Mediterraneo», che ospita detenuti comuni in regime di media sicurezza, i detenuti presenti sono 277 a fronte di una capienza regolamentare di 169 posti; nel reparto «Ionio» (alta sicurezza) sono ristretti 112 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 64 posti; nella sezione «Egeo» (femminile) le detenute presenti sono 18 a fronte di una capienza regolamentare di 14 posti; nel reparto «Tirreno» (detenuti protetti) i reclusi sono 63, mentre la capienza regolamentare è di 24 posti; sono presenti inoltre un reparto «semilibertà» con una capienza regolamentare di 11 posti e un reparto «isolamento» denominato sezione «BLU»;

il personale di polizia penitenziaria risulta fortemente sottodimensionato: la pianta organica prevede 330 agenti, ma quelli in servizio sono 282, di cui 48 unità sono in forza al nucleo traduzioni e piantonamenti e 9 unità sono distaccate presso altri istituti e presso l'Ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE); gli agenti effettivamente in servizio nel carcere di Trapani, dunque, sono soltanto 225, con una carenza effettiva di oltre 100 unità rispetto alla pianta organica (la cui previsione è commisurata, evidentemente, ad una popolazione detenuta corrispondente alla capienza regolamentare, e quindi di gran lunga inferiore rispetto a quella attualmente presente nella casa circondariale); «l'età del personale di polizia penitenziaria è aumentata molto, quelli che in questi anni sono andati in pensione non sono stati rimpiazzati», afferma il comandante; alla marcata carenza di agenti si affianca la carenza di risorse e di mezzi in dotazione alla polizia penitenziaria, con grave pregiudizio per la serenità degli agenti e con rilevanti ripercussioni in termini di sicurezza: «non ci sono i soldi per la manutenzione e la riparazione dei mezzi», riferisce il comandante, «abbiamo soltanto un furgone funzionante e a volte siamo costretti ad accompagnare i detenuti alle udienze con l'automobile: l'altro giorno un detenuto ha tentato di afferrare il volante»;

le condizioni strutturali del penitenziario sono discrete; «tutto sommato, per essere un carcere che ha 50 anni, le condizioni dal punto di vista strutturale non sono cattive; ci vorrebbero un po' di lavori di manutenzione ma i soldi sono pochi», riferisce il comandante; una delle maggiori criticità della struttura è rappresentata dalla gravissima carenza idrica: l'acqua viene erogata soltanto per 4 ore al giorno, a causa di problemi di approvvigionamento che riguardano l'intero comprensorio della val d'Erice; «abbiamo l'acqua col contagocce, e alcuni giorni fa - racconta il comandante - siamo stati addirittura senz'acqua per un problema tecnico del comune di Erice, un guasto al dissalatore: i detenuti hanno protestato, ma poi quando abbiamo spiegato che il problema non dipendeva da noi la protesta è rientrata, i detenuti hanno compreso»; la direzione del carcere, secondo quanto riferito, ha avanzato richiesta per l'installazione di un potabilizzatore d'acqua, un intervento per il quale sono necessari circa 20 mila euro, che consentirebbe di assicurare un'erogazione di acqua per 8/10 ore al giorno;

gli stranieri ristretti nella casa circondariale di Trapani sono 124, circa il 25 per cento della popolazione detenuta; i detenuti tossicodipendenti sono 82; i detenuti che lavorano sono circa 40, meno del 10 per cento della popolazione detenuta: si tratta esclusivamente di lavori non professionalizzanti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria; fino ai primi anni '90 era presente un'officina di falegnameria, poi chiusa, e attualmente nella casa circondariale di Trapani non sono attive lavorazioni di alcun tipo; per quanto riguarda l'istruzione, sono attivi corsi di scuola elementare, media e superiore: «da settembre sarà attiva la scuola alberghiera», riferisce il direttore;

la delegazione visita il reparto «Mediterraneo» (detenuti comuni), che si articola su tre piani (piano terra, primo e secondo piano); reti di sicurezza orizzontali sono applicate ai ballatoi dei piani, a separare un piano dall'altro, secondo una obsoleta concezione di struttura carceraria;

in questa sezione le celle, di circa 16 metri quadrati, ospitano fino a 6 detenuti (meno di 3 metri quadrati a testa) in letti a castello a tre piani e sono dotate di bagno con doccia; inoltre, sono dotate di frigorifero e hanno finestre che assicurano un ingresso di luce naturale da ritenersi soddisfacente;

i detenuti trascorrono in cella 20 ore al giorno e possono usufruire di 4 ore d'aria, due al mattino e due al pomeriggio; in questo istituto c'è un campo sportivo dove i detenuti, a turno, possono giocare a pallone; non ci sono, invece, sale per la socialità;

il rapporto fra la popolazione detenuta e gli agenti di polizia penitenziaria è molto buono, e sono tanti i detenuti che sottolineano questo aspetto: «qui gli agenti ci trattano bene, con umanità»; «in questo carcere ci sono tanti problemi, a partire dal sovraffollamento, ma degli agenti non possiamo lamentarci»; «ho grande stima del comandante e di tutti gli agenti, lavorano con professionalità in una situazione che è difficile anche per loro»;

anche il rapporto con il magistrato di sorveglianza è descritto dalla maggioranza dei detenuti in termini positivi, specialmente con riferimento agli ultimi mesi: «prima il magistrato di sorveglianza veniva da Palermo, e non funzionava granché; adesso invece è a Trapani e da meno di un anno funziona meglio»;

una delle lamentele più diffuse riguarda la carenza di acqua: «è assurdo farci stare in 6 in una cella con questo caldo e per di più senza acqua corrente per quasi tutto il giorno», afferma un detenuto; «sappiamo che è un problema generale della città, ma per chi è recluso è ancora più dura», evidenzia un altro; «se manca l'acqua, manca tutto, e quella poca acqua che esce è ruggine!»;

la poca acqua che viene erogata presenta un colore giallastro che è motivo di forte preoccupazione per molti detenuti, soprattutto per quelli che sono costretti a bere l'acqua del rubinetto perché non hanno i soldi per acquistare l'acqua imbottigliata; nella cella n. 4, piano terra, ad esempio, sono ristretti 4 detenuti tunisini completamente indigenti: «non abbiamo soldi, beviamo questa acqua che esce dal rubinetto - affermano - ma ha un brutto colore, un brutto sapore, non si può bere!»; questi detenuti hanno applicato una pezza al rubinetto per tentare di filtrare l'acqua trattenendo i residui, e mostrano con angoscia il colore marroncino della pezza, a riprova del fatto che l'acqua erogata non è pura; uno di loro lamenta: «bevo quest'acqua da un anno e otto mesi e adesso ho un forte dolore al fegato: è giusto questo, secondo voi?»; «per l'ASP (azienda sanitaria provinciale) l'acqua del rubinetto è potabile», informa il comandante;

molti detenuti, inoltre, lamentano di non avere prodotti per l'igiene personale e per la pulizia della cella: «siamo senza shampoo, senza detersivo, non si può vivere così»; «l'amministrazione ha pochissimi soldi», riferisce il comandante, che aggiunge: «riusciamo a comprare qualcosa grazie al cappellano»;

la delegazione si reca nei cosiddetti «passeggi», cioè i cortili dove i detenuti trascorrono le ore d'aria; nel reparto «Mediterraneo» ci sono tre passeggi, ognuno destinato ad accogliere i detenuti di un determinato piano; in queste aree esterne c'è un wc degradato, un calcetto balilla, e una piccola tettoia che assicura una limitata porzione di ombra, dove la delegazione si sofferma a colloquiare con i detenuti;

«la situazione è critica, non ce la facciamo più», lamentano alcuni detenuti, sottolineando il problema del sovraffollamento e la carenza di acqua; altri lamentano che nella loro cella, pur essendo in 6 detenuti, le «bilancette» (piccoli armadietti dove i detenuti ripongono il vestiario) sono soltanto quattro; altri ancora lamentano l'assenza di socialità e di attività volte alla rieducazione: «qui non facciamo niente, stiamo per 20 ore chiusi in cella, siamo dimenticati da Dio»; alcuni detenuti raccontano che «di notte escono gli scarafaggi dal gabinetto»; molti lamentano il fatto che «le forniture sono scarse: in un mese ci danno soltanto due rotoli di carta igienica, uno straccio e una confezione di detergente per pulire la cella, il dentifricio ce lo danno ogni 3 o 4 mesi»; «i prezzi del sopravitto sono cari, - lamentano alcuni detenuti - accanto ai prodotti di prima qualità dovrebbero esserci anche prodotti meno cari, per consentire a chi ha pochi soldi di poter risparmiare»; un'altra criticità segnalata dai detenuti riguarda la quantità del vitto, «scarsa», a detta di molti, e i limiti posti all'acquisto dei prodotti: «chi non ha soldi mangia pochissimo, e chi è benestante non può nemmeno dare aiuto ai compagni di cella più poveri perché, ad esempio, ognuno di noi può acquistare al massimo 3 kg di pasta alla settimana, non di più: che senso hanno questi limiti nell'acquisto dei prodotti?», lamentano i detenuti, «ci consentono di comprare soltanto un bagnoschiuma alla settimana, oppure soltanto una confezione di 20 forchette di plastica alla settimana, ma a volte questi prodotti li dividiamo con i nostri compagni di cella che non hanno soldi, e quindi sono insufficienti»; un detenuto lamenta il fatto che tra i prodotti che possono essere acquistati non ci sia la pentola grande, ma soltanto il tris di pentolini: «in cella siamo in 6, è impossibile fare la pasta per tutti nei pentolini piccoli, e così siamo costretti a utilizzare una pentola rotta che abbiamo trovato in cella: una pentola vecchissima, che ha più dell'ergastolo», scherza amaramente; quando la delegazione si reca a visitare le celle del primo piano viene mostrata questa pentola che in effetti è vecchissima e rotta, con lo scotch nella parte superiore «per non fare uscire l'acqua», spiegano i detenuti, che aggiungono: «per lavarla spesso ci tagliamo»;

un numero consistente di detenuti, soprattutto stranieri provenienti da istituti del nord Italia e campani provenienti da istituti della Campania, riferisce di essere stato trasferito «per sfollamento: ci hanno portato qua perché proveniamo da carceri sovraffollate, ma anche questo carcere è sovraffollato!»; molti evidenziano la sofferenza di dover scontare la pena (o la custodia cautelare in carcere) lontano dalla famiglia, e spesso a pagare le conseguenze di questi trasferimenti in altre regioni sono i figli, anche minorenni; un detenuto napoletano racconta: «preferivo stare a Poggioreale, da quando sono qua non ho più visto mio figlio di 8 anni, so che va dallo psicologo due volte alla settimana, lui mi cerca continuamente e la mamma gli dice che il suo papà sta lavorando, mi farei anche un anno di pena in più pur di stare vicino alla mia famiglia e poter fare i colloqui»;

un detenuto lamenta: «sono definitivo con 10 anni di pena da scontare, e mi tengono in questo carcere che è una casa circondariale, ma io non dovrei stare qua, dovrei stare in un carcere dove ci sono attività, dove si lavora»;

alcuni detenuti palermitani riferiscono di essere stati trasferiti a Trapani dal carcere Ucciardone di Palermo soltanto per il fatto di aver parlato con la prima firmataria del presente atto in occasione di una precedente visita ispettiva all'interno della casa circondariale palermitana;

diversi detenuti stranieri manifestano il timore di finire in un CIE (centro di identificazione ed espulsione), una volta usciti dal carcere: «perché non ci identificano mentre siamo qua?»; «qui hanno il nostro nome, cognome e tutto, se ci identificano quando siamo in carcere per quale motivo poi ci mandano nei CIE?»;

inoltre, molti detenuti stranieri riferiscono che il meccanismo per ottenere il trasferimento in un carcere del proprio paese, al fine di scontare in quel luogo gli ultimi 2 anni, è lento ed estremamente complicato; un detenuto di nazionalità kosovara, ormai prossimo al rimpatrio, racconta: «è difficilissimo, non c'è nessuno che ci aiuta, non ci sono mediatori, io ho atteso 6 mesi soltanto per capire se dovevo rivolgermi all'ufficio stranieri o all'ambasciata, poi dal momento in cui ci fanno fare la domanda al momento del rimpatrio passa molto tempo, per me addirittura un anno, ma se invece la pratica per l'espulsione funzionasse bene sarebbe meglio non solo per noi, ma anche per l'istituto e per lo Stato italiano»; e aggiunge: «per quelli che come me non fanno i colloqui con i familiari, 4 telefonate al mese sono poche, non sarebbe più giusto consentire a chi non fa mai i colloqui di poter telefonare 6 volte al mese?»; e infine: «per Natale ho chiesto di poter fare una telefonata straordinaria a mia madre che è malata, e non me l'hanno concessa»;

molti detenuti manifestano delusione con riferimento alla legge n. 199 del 2010: «altro che svuota carceri, questa legge qui non ha avuto nessun effetto positivo, praticamente non ha funzionato»; alcuni detenuti lamentano lentezze nell'invio della relazione di sintesi: «mi mancano 14 mesi di pena da scontare e ho chiesto gli arresti domiciliari, ma il carcere dopo 7 mesi dalla richiesta non ha ancora mandato la relazione»; «se il carcere non invia la relazione la mia pratica si blocca»;

nella casa circondariale di Trapani gli educatori sono quattro, più il responsabile dell'area trattamento educativo: «c'è carenza di educatori», afferma il direttore;

un detenuto riferisce di essere stato trasferito nell'ultimo periodo per ben cinque volte in istituti diversi, sottolineando un aspetto negativo di questi continui spostamenti: «io di carceri ne ho girati 6, ma non per cattiva condotta, per sfollamento!»; e aggiunge: «quindi apro una sintesi in un carcere e poi devo ricominciare tutto da capo nel nuovo carcere»;

un detenuto lamenta: «il magistrato di sorveglianza non mi ha dato il permesso di vedere mia figlia appena nata»;

alcuni detenuti tossicodipendenti lamentano: «per parlare col SERT passano mesi»; altri detenuti riferiscono che spesso le iniezioni vengono fatte attraverso le sbarre, senza nemmeno aprire la porta della cella;

FC., ristretto nella cella n. 22, piano terra, riferisce di essere affetto dal morbo di Raynaud e di non ricevere in questo carcere, a differenza di quanto avveniva nel carcere di Caltagirone e in quello di Caltanissetta, il farmaco «Trental» (a base di Pentossifillina);

la delegazione prosegue la visita e si reca al 2o piano del reparto «Mediterraneo»;

M.S., detenuto marocchino ristretto nella cella n. 67, racconta di essere stato trasferito a Trapani «per sfollamento» dal carcere napoletano Poggioreale: «vorrei tornare in Campania, lì ho un fratello e una sorella, un mese fa ho fatto la domanda per avvicinamento colloqui ma ancora non ho ricevuto alcuna risposta»;

R.N., riferisce di soffrire di crisi epilettiche e di avere una madre anziana e malata («operata alla schiena») e aggiunge: «4 mesi fa, quando mi mancavano 8 mesi di pena da scontare, ho fatto la domanda per scontare la pena nel mio domicilio (legge n. 199 del 2010), adesso mi mancano soltanto 4 mesi e ancora come vedete sono qua»;

S.R., detenuto di nazionalità tunisina, invece, teme di dover ritornare nel carcere Sant'Angelo dei Lombardi (Avellino), in cui è assegnato: «mia madre vive a Mazara del Vallo (Trapani), vorrei restare in questo carcere o comunque in uno vicino»;

L.M., detenuto residente a Torre Annunziata (NA) con fine pena nel 2021, afferma di soffrire molto a causa della lontananza dalla famiglia e soprattutto dai due figli minorenni (di 8 anni e 12 anni): «sto qui da un anno e da un anno non vedo la mia famiglia, da un anno non faccio un colloquio, i miei familiari non hanno i soldi per venirmi a trovare, 5 mesi fa ho fatto la richiesta per il trasferimento in Campania ma è stata rigettata, 3 mesi fa ne ho fatta un'altra ma ancora non ho avuto risposta; io vorrei lavorare, ho bisogno di lavorare, per mandare qualcosa alla mia famiglia e anche per me, ma in questo carcere non mi chiamano per lavorare, chiamano quelli che hanno fatto domanda dopo di me»;

i detenuti che lamentano l'assenza di lavoro sono molti;

S.I. lamenta: «io sul libretto non ho un centesimo e fuori non c'è nessuno che si preoccupa di me, ho soltanto mia mamma che era in una clinica e ora non so nemmeno se è ancora viva oppure è morta»;

W.P. è un detenuto di nazionalità albanese trasferito «per sfollamento» dal carcere milanese di San Vittore: «da Milano mi hanno mandato a Catania, dove sono stato per 6 mesi, e ora sono qui a Trapani da 20 mesi; la mia famiglia vive a Milano, ho moglie e figli, ho fatto 3 domande di trasferimento per stare più vicino alla famiglia ma non ho mai ricevuto alcuna risposta»;

un detenuto della cella n. 55 riferisce con angoscia della presenza notturna di scarafaggi: «di notte escono dal bagno e passeggiano nella cella»; i suoi compagni di cella confermano: «ha la fobia degli scarafaggi, quando li vede sta male e sale al 3o piano del letto a castello»;

alcuni detenuti stranieri lamentano l'assenza di forniture per la pulizia della cella e mostrano quello che utilizzano per lavare il tavolino e il pavimento: «usiamo questa pezza sporca per pulire il tavolo e questo pezzo di accappatoio come straccio per pulire a terra»;

A.H., detenuto tunisino che sconta una condanna definitiva, lamenta: «mi è stata rigettata la domanda per fare una telefonata a mia moglie in Tunisia, sono qui da 4 mesi e ancora non ho mai potuto parlare al telefono con mia moglie»;

la delegazione prosegue la visita e si reca al 1o piano del reparto «Mediterraneo»;

nella cella n. 29 è ristretto P.T., quarantenne, che riferisce di essere stato trasferito dalla casa di lavoro di Modena «Saliceta San Giuliano» alla casa di lavoro di Favignana per aver praticato lo sciopero della fame e la battitura delle inferriate: «il magistrato di sorveglianza di Trapani ha ritenuto legittimo questo mio trasferimento, ma allora è vietato fare lo sciopero della fame?»;

A.H., tunisino, ristretto nella cella n. 30, mostra la bocca completamente priva di denti, e lamenta: «sono qui da 4 anni e da 4 anni aspetto una dentiera»;

R.H., tunisino, riferisce di aver fatto domanda per essere trasferito in un carcere toscano, per stare vicino ai familiari: «tutta la mia famiglia vive a Firenze, anche i miei processi sono là, ho fatto la domanda per andare in un carcere più vicino ma non mi rispondono»;

nella cella n. 31 sono ristretti 6 detenuti, tra cui A.C., che afferma: «non ho genitori né parenti, ho soltanto una compagna che è l'unica persona che mi è rimasta, è l'unico affetto che ho, lei vive a Bologna e non ha la possibilità di venirmi a trovare per i colloqui, ho fatto la domanda per poter avere almeno un colloquio telefonico con lei, vorrei almeno poterla sentire per telefono, ma ancora non me l'hanno accordato»;

R.P., detenuto catanese ristretto nella cella n. 32, riferisce di aver fatto varie domande per essere trasferito in un istituto più vicino alla famiglia, che risiede a Catania: «da quando sono qui a Trapani, cioè da 8 mesi, non vedo mio figlio di 8 anni; prima stavo nel carcere di Enna e lì ero più vicino alla mia famiglia; ho fatto domande per andare al carcere di Augusta, di Noto, di Caltagirone ma me le hanno rigettate, dicono per problemi di posti, ma anche questo carcere è sovraffollato!»;

anche R.P., detenuto di nazionalità albanese ristretto nella cella n. 41, vorrebbe scontare la sua pena in un carcere vicino alla famiglia, che risiede a Roma, e riferisce di avere presentato una domanda per avvicinamento senza aver mai ricevuto alcuna risposta: «la mia famiglia risiede a Roma, ho un figlio di 8 anni che è nato a Roma, non lo vedo da 3 anni e mezzo, cioè da quando mi hanno trasferito in Sicilia, prima infatti ero a Regina Coeli, poi mi hanno mandato nel carcere di Enna, poi in quello di Augusta e ora da 2 anni e mezzo sono qui a Trapani; ho fatto domanda per essere trasferito a Rebibbia o comunque in un carcere del Lazio, ho anche allegato tutta la documentazione con il certificato di residenza di mio figlio minorenne, non mi hanno mai risposto»;

H.T. (cella n. 47), detenuto di nazionalità tunisina con un residuo di pena da scontare di 7 mesi, riferisce di aver presentato la domanda per l'accesso alla detenzione presso il domicilio, ai sensi della legge n. 199 del 2010, senza aver ancora ricevuto alcuna risposta: «sono residente a Catania, dove ho una moglie e avrei anche un lavoro»;

nella casa circondariale di Trapani, secondo quanto riferito, c'è un elevato turn-over di detenuti: «in questo carcere il problema delle porte girevoli c'è ancora», sottolinea il direttore;

la sala colloqui del reparto «Mediterraneo» è ampia, arredata con tavolini e sedie, e si presenta in buone condizioni; anche la sala colloqui della sezione femminile, di dimensioni più ridotte, appare in buono stato;

il penitenziario, sebbene sia dotato di ampi spazi esterni, non ha un'area verde attrezzata per lo svolgimento del colloquio dei detenuti con i familiari minori: «speriamo di attrezzarlo a breve - riferisce il comandante - grazie ai fondi donati dal kiwanis, lo spazio è già stato individuato»;

«purtroppo la carenza di fondi rende tutto più difficile, quasi tutti i nostri capitoli sono asciutti», sottolinea il direttore;

l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;

l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»;

il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale» (...) -:

se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere «San Giuliano» di Trapani;

se e quando si intenda intervenire per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;

se si intendano incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;

quanto alla carenza idrica, se intenda intervenire immediatamente per l'installazione di un potabilizzatore d'acqua che consentirebbe l'erogazione dell'acqua per 8/10 ore al giorno;

a quando risalga l'ultima analisi effettuata dall'ASL sulla potabilità dell'acqua erogata nelle celle detentive stante lo stato di indigenza di molti detenuti che non hanno i mezzi per acquistare l'acqua minerale imbottigliata;

in che modo si intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;

a quanti dei detenuti definitivi del carcere di Trapani venga applicato il trattamento rieducativo previsto dall'ordinamento penitenziario, trattamento che deve tendere, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi, secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti;

cosa si intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena;

in particolare, come si giustifichino gli sfollamenti dalle carceri sovraffollate del Nord e campane che sradicano i detenuti dal loro ambiente familiare costringendo peraltro l'amministrazione a sostenere costi ingenti per le traduzioni necessarie ad assicurare la presenza dei detenuti alle udienze che li riguardano;

quanto spende l'amministrazione per le traduzioni dei detenuti e quanto personale venga utilizzato, nel complesso, per effettuarle;

come questi sfollamenti a centinaia di chilometri di distanza siano compatibili con la normativa citata in premessa;

se corrisponda al vero che la legge n. 199 del 2010 e la sua recente estensione a 18 mesi per l'esecuzione presso il domicilio delle pene, venga applicata agli aventi diritto solo a ridosso del fine pena e, comunque, quanti siano i detenuti che hanno beneficiato dell'intero periodo, 12 mesi prima e 18 mesi con l'adeguamento della nuova normativa;

se intenda intervenire per favorire la presenza dei mediatori culturali per i detenuti stranieri;

se e come intenda intervenire per assicurare che l'identificazione dei detenuti stranieri avvenga nel periodo della detenzione in carcere, evitando così il successivo trattenimento degli stessi nei centri di identificazione ed espulsione;

se e quali iniziative intenda assumere per rendere effettiva la possibilità per i detenuti stranieri di scontare gli ultimi due anni di pena nel Paese d'origine;

se intenda intervenire per allestire l'area verde per gli incontri dei detenuti con i loro familiari, in particolare se minorenni;

se corrisponda al vero il fatto che alcuni detenuti del carcere Ucciardone di Palermo siano stati trasferiti a Trapani dopo aver «parlato» con la prima firmataria del presente atto in occasione di una precedente visita ispettiva; se intenda verificare quanti e quali detenuti siano stati trasferiti dall'Ucciardone a Trapani e quali siano state le ragioni del trasferimento.
(5-07931)