BARBATO. -
Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:
a Portici alcuni commercianti pagherebbero la tangente alla criminalità locale per poter svolgere il proprio lavoro indisturbati;
si deduce dall'articolo su metropolisweb.it a firma di Antonio Marrone dal titolo: «Lotta al racket a Portici, l'imprenditore-eroe: "C'è ancora chi paga il pizzo"»;
un commerciante, dopo un mese di ripensamenti, di passi in avanti e di precipitose ritirate, ha tirato fuori la forza per denunciare chi con arroganza, era entrato nel suo negozio per imporre il pizzo;
questo commerciante è Salvatore Palandro e l'altro ieri era presente alla passeggiata antiracket, organizzata insieme alla Fai di Tano Grasso e Silvana Fucito. Dopo essersi liberato dalle pressioni estorsive, è diventato il presidente dell'associazione che lotta contro il business del pizzo;
ha dalla sua parte la Chiesa e un manipolo di commercianti che, come lui, hanno fatto la stessa scelta in una terra dove la camorra ha costruito il suo impero economico;
«Anche perché - denuncia il commerciante - c'è purtroppo chi ancora paga». È più di un sospetto, costruito anche sulle certezze di padre Giorgio Pisano che dopo aver fondato un'associazione antiusura, ha sposato la causa dei commercianti che vivono nell'incubo di dover pagare i clan. «Penso che molti continuano ad essere vittime del racket - afferma Palandro -. E l'iniziativa di questi giorni, serve anche per dire a commercianti che c'è un'associazione e che lo Stato, questa volta è pronto a fare fino in fondo la sua parte»;
poi ricorda a quando precipitò nel terrore di dover pagare il pizzo. Lui era solo. Si sentiva abbandonato. Temeva che se non avesse pagato, poteva subire ritorsioni che avrebbero potuto colpire anche i suoi affetti più cari. Aveva paura. Si confidò con padre Giorgio. E intanto davanti alla sua attività commerciale si presentarono i carabinieri. «Mi dissero - ricorda l'uomo - che erano a conoscenza che era stato minacciato dal clan. Chiesero la mia collaborazione». In un primo momento l'imprenditore negò di aver subito richieste estorsive. In realtà aveva bisogno di recuperare la fiducia in se stesso e nello Stato che bussava alla sua porta. «Furono giorni terribili - dice il commerciante - vissuti nell'incubo di dover pagare. Non riusciva a darsi pace. Fino a quando rompendo ogni indugio, varcò la soglia della caserma dei carabinieri di Portici, per denunciare l'emissario del clan. Per dire basta. Per dimenticare quei terribili giorni» -:
quali misure di competenza i Ministri interrogati intendano assumere rispetto ai fatti esposti in premessa a tutela di questi commercianti e per prevenire le azioni delittuose raccontate nel servizio.(4-19345)