ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/19157

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 735 del 18/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: BELTRANDI MARCO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 18/12/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 18/12/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/12/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 18/12/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 18/12/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 18/12/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 18/12/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-19157
presentata da
MARCO BELTRANDI
martedì 18 dicembre 2012, seduta n.735

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:

il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci conduce una propria personale battaglia contro i «teppisti del web». Non solo quelli che frequentano il suo profilo Facebook, ma anche tutti quelli che scrivono di lui su internet. «Scandaglierò il web» ha dichiarato - e li trascinerà in tribunale;

tutto nasce da una indecorosa vicenda ravennate che coinvolge banche, curia, suore, amministratori locali e tribunali a margine della eredità di un nobile locale che decise a suo tempo di dare rifugio alle orfanelle della città. Ma se la diatriba a margine dell'orfanotrofio Galletti Abbiosi, ora trasformato in elegante bed and breakfast, è istruttiva ma non ci riguarda direttamente, la vicenda del sindaco con la comunicazione elettronica è utile a svelare un mondo;

a colpi di esposti ai carabinieri pubblicati in copia sulla sua pagina Facebook, Fabrizio Matteucci ha presentato la contabilità delle offese che lo riguardano. Si tratta di espressioni tipo «ladro», «bugiardo» e anche alcune minacce personali, pubblicate in alcuni commenti su Facebook. Dopo alcuni giorni di grande rigidità il sindaco sembra poi averci un po' ripensato ed ha scritto, sempre su Facebook, che chi lo ha offeso verrà semplicemente «bannato» (così come altri ravennati che affermano sempre su Facebook di essere stati «bannati» alla pagina del sindaco in conseguenza delle critiche espresse);

fatte salve le prerogative difensive di ognuno, compresa quella di intasare le aule dei tribunali con cause per diffamazione verso persone che mostrano in rete il proprio risentimento, l'iniziativa del primo cittadino di Ravenna ha raccolto su Facebook un numero piuttosto ampio di commenti delusi da parte dei suoi elettori ma può soprattutto essere utilizzata come esempio quella che agli interroganti appare una incapacità molto ampia e diffusa a comprendere i nuovi limiti che la comunicazione elettronica impone al valore delle parole;

si tratta di un tema spinoso ed importante del quale le istituzioni ancora non si sono fatte carico ma che non potrà essere evitato ancora per molto. Semplificando al massimo si potrebbe dire che internet oggi è un luogo di relazioni sociali molto prima che di qualsiasi altra cosa. Lo è da sempre ma negli anni la vocazione relazionale della rete ha travolto quasi tutto il resto, imponendo strumenti come Facebook o Twitter dove il pensiero istantaneo diventa segno editoriale;

ad avviso degli interroganti, il sindaco, come molti altri, confonde il borbottio vocale con la parola scritta. In entrambi si presentano nella medesima forma digitale, ma mantengono valore semantico profondamente differente. Ci si chiede cosa farebbe il sindaco di Ravenna se possedesse un enorme orecchio capace di registrare tutte le conversazioni dei suoi concittadini nelle piazze, dentro i negozi, negli uffici e nelle case, ci si domanda se denuncerebbe ai carabinieri ogni singola espressione offensiva a lui dedicata fatto che questo grande orecchio oggi esista e sia pubblico complica molte cose ma dovrà prima o poi spostare, almeno in parte, la percezione e la soglia di punibilità delle espressioni oggi considerate diffamatorie. È un tema di adeguamento legale alla comunicazione elettronica per i prossimi anni che in molti fingono di non vedere;

sta emergendo una preoccupante incapacità da parte della classe politica ad ammettere le proprie peculiarità simboliche, dando corpo all'altro paradosso secondo il quale sono proprio i nostri rappresentanti, quelli fisiologicamente maggiormente esposti alle critiche ed al giudizio dei cittadini, a mostrare soglie molto basse di sopportazione verso le contestazioni più o meno educate al loro operato;

Facebook e Twitter, ma anche i blog e i commenti in giro per la rete, secondo la vulgata corrente, hanno scatenato il peggio di ciascuno: il diaframma protettivo dello schermo ha liberato parole che un tempo non sarebbero state condivise e ha trasformato gli utenti in legioni di anonimi codardi, silenziosi ed accondiscendenti di fronte al potere in carne ed ossa ma scatenati ed imprudenti appena quella stessa autorità volta le spalle. La descrizione riportata, ad avviso degli interroganti, in qualche misura è vera, e in questa direzione si dovrà procedere per avvicinare la nostra identità digitale ai parametri di responsabilità cui siamo abituati alla vita precedente. Mentre tutto questo lentamente accade, non pare avventato ipotizzare che le persone sono sempre le stesse, qualsiasi siano gli ambienti che frequentano. Esistono buoni e cattivi politici, buoni e cattivi cittadini. Quello che non si può fare è adattare le regole della convivenza ai peggiori di entrambi -:

se non ritenga utile e necessario assumere iniziative normativa in grado di regolare la pacifica convivenza sociale in presenza di un mutato contesto tecno-culturale che, se non governato, rischia di lasciare ai soli singoli giudici il compito di interpretare norme antiche per dare soluzione a controversie postmoderne. (4-19157)