ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/19102

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 735 del 18/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: BARBATO FRANCESCO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 17/12/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
  • MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 17/12/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-19102
presentata da
FRANCESCO BARBATO
martedì 18 dicembre 2012, seduta n.735

BARBATO. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:


Rosaria Capacchione nota giornalista anticamorra del quotidiano Il Mattino in data 12 dicembre 2012 ha firmato un articolo riportato anche sul sito del quotidiano dal titolo: «Rifiuti, il pentito: "Il percolato scioglieva la plastica. Dicevano che era concime per i campi"»;


si parla di «Un buco. Anzi, una voragine che aveva ingoiato, fagocitato, dissolto, tre milioni di tonnellate di rifiuti tossici e nocivi che risultavano prodotti e non smaltiti: un decimo delle scorie industriali dichiarate da diciotto regioni italiane. Un buco che si intendeva colmare "con programmi di emergenza e con la promozione di impianti di smaltimento» per i quali il Governo aveva stanziato 600 miliardi di lire, soldi del 1991, una frazione del fiume di denaro pubblico riversato nel ventennio successivo nella famelica struttura emergenziale del commissariato straordinario»;


si rievoca «il caso Tamburrino, l'autotrasportatore intossicato dai veleni che aveva trasportato da Cuneo fino alle campagne del Giuglianese. In quel tempo, quasi ventidue anni fa, dunque già si sapeva dell'esistenza di un buco nero che aveva inghiottito i veleni industriali e che questi finivano in Campania. L'amministratore unico della Ecomovil, la ditta piemontese che aveva prodotto i solventi sversati nel Giuglianese, aveva già ammesso di aver affidato le sue scorie alla Transfermar di La Spezia e da questa spediti (documentalmente), con i camion della Tanagro Trasporti, a Sant'Anastasia o alla Difrabi, a Napoli. Veleni che invece finivano nella terra. Si sapeva ma fu fatto poco o nulla. Non fu facilissimo individuare il cimitero dei rifiuti industriali ma neppure un'operazione impossibile. Nel 1992, infatti, l'area compresa tra la discarica Resit di Parete-Giugliano, gli impianti dei fratelli Vassallo a Villaricca e i laghetti di Castelvolturno, quelli che si sono formati in virtù del riaffioramento della falda provocato dagli scavi della sabbia, era stata indicata quale luogo di smaltimento dei rifiuti industriali che il clan dei Casalesi importava dalle regioni del Centro-Nord. Area localizzata dai carabinieri di Napoli all'epoca dell'operazione Adelphi (che accertò il ruolo del clan Bidognetti, attraverso Gaetano Cerci, e delle famiglie Schiavone e Iovine, oltre a quello - centrale, di Cipriano Chianese). Nel 1993 ne aveva riparlato Carmine Schiavone, nel 1996 era arrivata la denuncia, dettagliatissima, di Dario De Simone, che aveva raccontato nel dettaglio il sistema societario e le modalità di partecipazione della camorra al grande business delle ecomafie, inventato proprio dai Casalesi tra il 1988 e il 1989. Ci sarebbe stato tutto il tempo per bonificare i terreni e fermare il traffico Nord-Sud, e non fu fatto. Si continuò, invece, sulla strada dell'intervento straordinario sollecitato dal ministro Ruffolo e rilanciato dalla regione Campania (e dai consorzi). Per ragioni imprecisate, bisognerà arrivare alla primavera del 2008, e al pentimento di Gaetano Vassallo, per accertare che effettivamente alcuni dei siti indicati erano discariche di veleni»;


negli anni delle prime denunce più di un miliardo di chili di sostanze tossiche erano finiti sotto terra nel Giuglianese. Nelle casse della camorra, tra il 1989 e il 1992, erano confluiti 18 milioni di euro, il canone pagato dagli industriali per far sparire fanghi industriali, amianto, fusti tossici, rifiuti ospedalieri, persino le ceneri spente della centrale termoelettrica Enel di Brindisi. Più tardi, sotto gli occhi di centinaia di migliaia di persone - cittadini impotenti ed esasperati - arriveranno anche le scorie dell'Acna di Cengio e quelle della Cyba Geigy, azienda farmaceutica di Castellammare di Stabia. Ha raccontato Vassallo: «Dicevano che il materiale conferito era idoneo alla produzione di legumi ma sulla terra dove veniva smaltito il rifiuto non ho mai visto nascere alcuna frutta o ortaggio. I rifiuti liquidi erano talmente inquinanti che quando venivano sversati producevano la morte immediata di tutti i ratti. Ricordo altresì che i rifiuti della Meridional Bulloni, quando giungevano con cisterne speciali in acciaio inox anticorrosive, friggevano e scioglievano persino i rifiuti in plastica»;


i fatti esposti in premessa sono ad avviso dell'interrogante gravissimi -:


quali misure ciascun Ministro per quanto di propria competenza intenda assumere, in particolare se il Ministro della giustizia intenda assumere un'iniziativa normativa per inasprire pene per chi si macchia di reati contro l'ambiente;


se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali intenda procedere alla mappa dei siti inquinati onde salvaguardare i prodotti agricoli e l'allevamento praticato sul terreno oggetto negli ultimi 20 anni di un atroce saccheggio da parte della camorra trasformando la Campania felix in Campania infelix. (4-19102)