ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18832

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 727 del 03/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: GERMANA' ANTONINO SALVATORE
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 03/12/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 03/12/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE delegato in data 13/12/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18832
presentata da
ANTONINO SALVATORE GERMANA'
lunedì 3 dicembre 2012, seduta n.727

GERMANÀ. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:

il dissesto degli enti locali è diventato tema di grande attualità, a causa da un lato della grave crisi economica che ha travolto anche l'Italia, e dall'altro lato in ragione dell'approvazione delle riforme sul federalismo che occupano Governo e Parlamento;

va preliminarmente premesso che il dissesto, attraverso la procedura di risanamento finanziario, mira al ripristino degli equilibri di bilancio e della ordinaria funzionalità degli enti locali in grave crisi finanziaria, e, in via mediata, ad assicurare la tutela di interessi primari, relativi al buon andamento, alla continuità dell'azione amministrativa, e alla parità di trattamento dei cittadini delle varie zone geografiche del Paese nella fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Al fine di non compromettere tali interessi di rango primario, gli enti locali sono obbligati a deliberare senza indugio il dissesto, e ad attivare il conseguente risanamento finanziario, quando versino nelle condizioni previste dall'articolo 244 del TUEL, ossia quando non siano più in grado di garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, l'«incapacità funzionale», e quando versino in un grave stato di insolvenza dovuto a crediti liquidi ed esigibili di terzi, cui non possano validamente far fronte attraverso provvedimenti di riequilibrio o di riconoscimento di debiti fuori bilancio, obbligo, che peraltro si estende anche al commissario nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3, del TUEL;

numerose indagini in tema di finanza locale hanno messo in luce negli ultimi anni la diffusa resistenza da parte di molti enti locali, pur in presenza dei presupposti, a formalizzare il dissesto, visto che, venuto meno l'importante fattore di incentivazione economica costituito dal contributo erariale per il risanamento dei comuni dissestati, si produrrebbero pesanti ed impopolari ricadute nei confronti dei dipendenti, degli amministratori, della cittadinanza e dei creditori dell'ente, che scaturiscono dalla dichiarazione di dissesto. Il progressivo venir meno di tali fattori di incentivazione economica ha dato luogo nel tempo ad un sempre più diffuso fenomeno di dissimulazione della reale situazione finanziaria e in molti casi di vero e proprio occultamento della condizione di dissesto che, troppo a lungo, ha impedito l'emersione di tutte le passività suscettibili di riconoscimento e il tempestivo ripristino degli equilibri di bilancio, rendendo di conseguenza le manovre di riequilibrio e di risanamento molto più problematiche, per via dell'indebito procrastinarsi della situazione debitoria di queste amministrazioni locali; infatti sono molti i comuni italiani dove i bilanci faticano a stare in piedi e per anni le uscite hanno superato le entrate. Dal 1989, anno nel quale è stata emanata la legge sul dissesto, i comuni che hanno dichiarato default sono stati 461, dei quali più della metà in Calabria e Campania, e lo Stato italiano tenuto a risanare le finanze degli enti locali, ha dovuto procedere al risanamento mediante un esborso complessivo pari ad un miliardo e mezzo di euro; ad oggi i comuni ancora in dissesto sono 37. A titolo esplicativo può essere addotto che, ad esempio, Napoli si regge grazie a 3 miliardi di euro in residui attivi, in gran parte vecchie multe che non sono state incassate e forse non lo saranno mai, il bilancio di Palermo è stato sfondato dai debiti delle società controllate, a Reggio Calabria non si capisce nemmeno quanto sia grande il buco, mentre problemi seri sono venuti fuori a Foggia e Ancona. Va a tal proposito ricordato che secondo l'articolo 244 (testo unico degli enti locali, «si ha stato di dissesto finanziario se l'Ente, Comune o Provincia, non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell'Ente locale crediti di terzi cui non si possa fare validamente fronte né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio»;

nel territorio della regione siciliana, si possono annoverare tra il copioso elenco gli ultimi in ordine di tempo che, pur non avendo dichiarato ancora il dissesto vero e proprio così come definito, si trovano ad affrontare una notevolissima situazione di disagio ed allarmante difficoltà per ciò che concerne il profilo economico-finanziario, nello specifico Catania dove non sono stati pagati ai dipendenti pubblici gli stipendi relativi al mese di ottobre, e Messina dove pur non esistendo una documentazione chiara e trasparente, si parla di una voragine;

nel luglio 2012 la Corte dei conti ha elaborato e pubblicato la «RELAZIONE SULLA GESTIONE FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI esercizi 2010-2011» che reca, tra le altre analisi, anche quella sui comuni in dissesto finanziario; infatti viene analizzato nel dettaglio anche il dissesto dichiarato nel 2011 da 10 comuni, più altri 5 che l'hanno dichiarato nel 2012, ovvero: in Lombardia: Barni (CO) in Liguria: Riomaggiore (SP); in Toscana: Castiglion Fiorentino (AR); nel Lazio: Terracina (LT); in Campania: Casal di Principe (CE), Roccamonfina (CE), San Gregorio Matese (CE) e Volturara Irpina (AV); in Calabria: Camini (RC) ed in Sicilia: Comiso (RG);

nei primi due mesi del 2012 hanno dichiarato il dissesti 5 enti: in Campania: Baia e Latina (CE), Casetra (CE) e Castel Volturno (CE), in Calabria: Briatico (VV) e Fuscaldo (CS);

nella stessa relazione, viene altresì segnalato anche l'avvio della procedura di dissesto nei confronti di una serie di enti già in difficoltà finanziarie che non hanno adottato le necessarie misure correttive, e nello specifico in Piemonte Alessandria, nelle Marche Fratte Rosa, Montottone, Offida, Spinetoli, Ancona, in Liguria Cogorno, Boissano, Vezzano Ligure, in Puglia Foggia, Zapponeta, Sanarica e San Nicandro Garganico;

infine, è stato inserito anche l'elenco dei comuni inadempienti all'obbligo di invio telematico dei rendiconti per gli esercizi finanziari 2008-2010: nel 2010, per esempio, su 8.020 comuni tenuti ad inviarlo, 215 non l'hanno fatto;

in concomitanza con la crisi, le amministrazioni locali, anche in presenza di una situazione finanziaria disastrosa, pur di rispettare il mandato elettorale, hanno ricominciato a deliberare il dissesto finanziario sia nel caso in cui la gestione dell'ente è minata dalle azioni e le procedure esecutive dei creditori che spesso sono di portata così rilevante da non permettere neppure l'ordinaria amministrazione, sia quando dopo ispezioni e controlli, vi è la necessità di riportare i bilanci comunali nei limiti della legittimità contabile e finanziaria;

da questa breve disamina, si evince chiaramente che il nostro Paese soffre di una gravissima carenza di trasparenza dei bilanci ed è ancora vittima di uno scarso o addirittura omesso controllo amministrativo che per natura è un controllo di vigilanza dimostratosi del tutto inefficace, poiché, pur nel rispetto solamente formale degli adempimenti previsti, non si è mai proceduto ad una verifica sostanziale che potesse dimostrare la totale aderenza alla realtà dei bilanci deliberati dagli enti locali che non sempre si sono dimostrati pronti a compensare la diminuzione dei trasferimenti statali con un'azione amministrativa e finanziaria adeguata;

negli ultimi vent'anni si è assistito all'evoluzione normativa in questa materia, e, proprio in ragione delle inefficienze che si sono annidate nella gestione di alcuni amministratori, si è logicamente ritenuto opportuno perseguire l'obiettivo di affermare una maggiore responsabilizzazione dell'ente e dei suoi amministratori. Inoltre, va constatato che si è intervenuti a più riprese per cercare di superare le oggettive difficoltà derivanti dal passaggio dal precedente sistema normativo, che attribuiva allo Stato un legislazione esclusiva per le questioni di bilancio e finanza pubblica, alle regioni una potestà legislativa concorrente ed agli enti locali solo regolamentare, a quello attualmente in corso indirizzato verso il federalismo fiscale;

il riferimento agli aspetti ed all'evoluzione legislativa è indispensabile per introdurre un argomento dalla portata più importante ovvero l'evidenza che la cattiva gestione della pubblica amministrazione deriva dal disinteresse per ciò che è il bene collettivo, da una dotazione organica spesso demotivata e non preparata, da una generalizzata cattiva informazione su tutte le possibilità di crescita a qualsiasi livello, sociale, tecnico, finanziario, da un inadeguato sviluppo delle risorse proprie e da una carente fruizione di quelle derivate;

a ciò si aggiunga che le risorse di derivazione statale ogni anno diminuiscono e la struttura burocratica resta sempre quella di decenni fa e il blocco delle assunzioni, il contenimento della spesa e il già elevato numero di personale non permettono l'inserimento nei comuni di nuove professionalità motivate e preparate;

è anche necessario considerare che, negli ultimi anni, ai comuni sono state delegate nuove e complesse funzioni senza che nel contempo siano stati forniti mezzi e strumenti adeguati, ma ciò avrebbe dovuto portare ad una maggiore responsabilizzazione degli amministratori locali che avrebbero dovuto imparare e ricercare soluzioni innovative al fine di trarre il massimo beneficio con il minimo dispendio, riportando la gestione comunale alla sua naturale origine ovvero quella di servizio alla cittadinanza;

è quindi imperativo, soprattutto in Sicilia, ridurre drasticamente la spesa corrente e riqualificarla in base alle vere priorità, ripensando radicalmente la composizione delle voci della spesa; essa va obbligatoriamente aggiornata secondo tre nuove linee direttrici ovvero la previsione di spese in conto capitale per sostenere la ricerca e incrementare la produttività del sistema, la riduzione del carico fiscale e parafiscale a carico di chi investe e produce nel territorio siciliano, ed infine spese per gli interventi ed i servizi alla collettività, in ordine ad una maggiore vivibilità del territorio e della società;

razionalizzazione della spesa ed oculatezza nella gestione delle risorse, sono principi irrinunciabili e «spiritus movens» di un comune virtuoso che deve assicurare al cittadino la possibilità di usufruire di servizi offerti da un'amministrazione corretta, trasparente e moderna;

in conclusione, oltre alle circostanze esposte e alle motivazioni addotte, va messo in evidenza che la mancanza di trasparenza e l'omesso o scarso controllo dei bilanci e degli adempimenti previsti, che purtroppo fino ad oggi sono stati rispettati solo formalmente, costituiscono la fonte primaria dell'eventuale dissesto finanziario di un comune -:

quali iniziative, anche normative, si intendano porre in essere al fine di assicurare la trasparenza dei bilanci comunali;

quali strumenti verranno implementati per garantire l'efficacia dei controlli;

quali siano le azioni e le soluzioni che possano consentire di operare controlli più stringenti a tutti i livelli per incentivare la responsabilità nell'azione amministrativa, improntandola ai principi cardine della trasparenza e del buon andamento. (4-18832)