ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18398

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 714 del 06/11/2012
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 06/11/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 06/11/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 06/11/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

SOLLECITO IL 06/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18398
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 6 novembre 2012, seduta n.714

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

il 2 novembre sul quotidiano online La Città di Salerno, è apparso un articolo scritto da Luigi Colombo intitolato: «Paolo Maggio rischia di morire in cella»; sottotitolo: «L'appello degli avvocati del detenuto 37enne che sta scontando una condanna per omicidio. Lettera alla deputata Bernardini»;

stante la gravità di quanto contenuto nel citato articolo, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportarne integralmente il contenuto: «È in dialisi e in condizioni di salute gravissime che non sono assolutamente compatibili con il regime carcerario. È un appello disperato quello che i legali di Paolo Maggio, 37enne di Battipaglia, rivolgono alle istituzioni. In una lettera indirizzata al deputato dei Radicali Rita Bernardini e al presidente dell'associazione Antigone Pietro Gonnella, gli avvocati Rosanna Carpentieri e Paolo Vocca descrivono le sofferenze del 37enne battipagliese e parlano di un nuovo caso di "malo carcere". L'esponente dei Radicali ha già annunciato la presentazione di un'interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Severino. Paolo Maggio è detenuto a Parma, dove sta scontando una pena a 23 anni per omicidio. Dopo un lungo periodo di detenzione presso il carcere di Avellino, è stato trasferito lo scorso inverno a Spoleto. A febbraio, all'improvviso, ha presentato dei "sintomi quanto mai allarmanti", scrivono gli avvocati: pressione ad oltre 200, fortissimi mal di testa, difficoltà a urinare. "È rimasto in terapia intensiva fino a luglio e, sin dai primi accertamenti, ha iniziato a fruire di trattamento di dialisi - raccontano i legali del giovane - Pare, infatti, che per cause non ancora definitivamente accertate, i suoi reni abbiano smesso di funzionare ed il giovane, oltre a sottoporsi a lunghissima e snervante dialisi trisettimanalmente, è in attesa del trapianto di rene". Nel giro di pochi mesi Maggio ha perso peso, ha difficoltà a camminare, parla con fatica ha difficoltà a seguire in carcere una dieta che per lui è vitale. Ora, è in cella con un detenuto che è riuscito a far pervenire ai familiari messaggi allarmanti. "Il nostro assistito sta sempre peggio - raccontano i legali - Da quanto ci risulta ormai il compagno di detenzione deve aiutarlo a vestirsi, a lavarsi, a mangiare e pare che la dialisi non gli giovi più affatto". Lo scorso 20 settembre il tribunale di Sorveglianza di Perugia ha sottoposto al suo vaglio la richiesta di sospensione pena. "Noi difensori credevamo di avere serie speranze di ricondurlo a casa a Battipaglia - spiega Carpentieri - Avevamo prodotto al Collegio anche la documentazione inerente agli innumerevoli e validi centri dialisi dove il giovane avrebbe potuto continuare a curarsi. La nostra richiesta non è stata accolta perché rispetto a prima oggi viene sottoposto 'solo 3' volte a settimana a dialisi, sintomo per il tribunale dell'enorme miglioramento del Maggio". Il giorno stesso dell'udienza, il 37enne è stato trasferito a Parma. Inoltre, il 4 ottobre scorso doveva presenziare a Salerno ad un'udienza preliminare che lo vedeva imputato, nonché ad un'udienza civile, per sottoscrivere il divorzio dal coniuge. "Il giorno prima dell'udienza - si legge ancora nella lettera - noi difensori abbiamo ricevuto per fax il provvedimento del Dap, dal contenuto a dir poco incredibile e offensivo per un giovane le cui condizioni di vita sono a quanto mai allo stremo: il dipartimento asseriva, infatti, che la traduzione non sarebbe stata disposta per motivi di 'sicurezza'". E comparso così, con enormi difficoltà, in videoconferenza. "In video è apparso un giovane in condizioni disperate: non riesce a parlare che con un flebile filo di voce, terreo in viso, magrissimo, ha dovuto farsi aiutare da un agente di custodia ad avvicinarsi al microfono e a sedersi", denunciano i legali. "È necessario - concludono i due avvocati - salvare la vita a questo ragazzo"»;

il trattamento penitenziario deve essere realizzato secondo modalità tali da garantire a ciascun detenuto il diritto inviolabile al rispetto della propria dignità, sancito dagli articoli 2 e 3 della Costituzione; dagli articoli 1 e 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000; dagli articoli 7 e 10 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1977; dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; dagli articoli 1 e 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948; nonché dagli articoli 1, 2 e 3 della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 12 febbraio 1987, recante "Regole minime per il trattamento dei detenuti" e dall'articolo 1 della Raccomandazione (2006) 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa dell'11 gennaio 2006, sulle norme penitenziarie in ambito europeo;

il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscettibile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;

l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sancisce una rigorosa disciplina in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che "ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura";

la recente sentenza della Corte di cassazione n. 46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come "il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture";

a giudizio della prima firmataria del presente atto, è necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l'espiazione della pena non si traduca di fatto in un'illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche, già gravemente compromesse -:

di quali informazioni dispongano circa i fatti narrati in premessa;

se non intendano promuovere ogni accertamento di competenza, in rapporto ai fatti esposti in premessa, e quali ulteriori iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare il diritto alla salute del detenuto.(4-18398)