ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18368

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 712 del 31/10/2012
Firmatari
Primo firmatario: DI STANISLAO AUGUSTO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 31/10/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA DIFESA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 31/10/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18368
presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
mercoledì 31 ottobre 2012, seduta n.712

DI STANISLAO. -
Al Ministro della difesa.
- Per sapere - premesso che:

qualche giorno fa è apparso sul quotidiano Il Manifesto un articolo dal titolo «Gli italiani volevano uccidere».

l'articolo si riferisce alla storia di una ragazzina afghana di 13 anni, Benafshah, uccisa da uno o più soldati italiani il 3 maggio 2009, intorno alle 10.30 del mattino, nei pressi di Mir Daud, alle porte di Herat. Quel giorno due blindati italiani sparano contro un'auto con a bordo Benafshah e la sua famiglia diretta a Herat;

il giornalista riporta la testimonianza dei genitori, la madre Fawzia e il padre Mohammad Arif. La madre racconta che procedevamo piano, era particolarmente attenta alla strada perché temeva qualche attacco degli insorti, ad un certo punto vedono avvicinarsi dei veicoli militari che venivano nella direzione contraria, verso Farah. Poi, all'improvviso, gli spari;

la donna procede con i dettagli affermando che non c'è stato alcun segnale di avvertimento, solo gli spari, i colpi sono entrati dal parabrezza anteriore. I proiettili hanno lasciato dei buchi sul vetro. Il lunotto posteriore è andato in frantumi. Gli spari venivano dall'alto con un'inclinazione da sinistra a destra;

secondo la ricostruzione ufficiale dell'Esercito italiano, la macchina su cui viaggiava Benafshah non si sarebbe fermata all'alt, nonostante i soldati avessero adottato tutte le procedure di avvertimento previste in questi casi. L'allora Ministro della Difesa dichiarò che l'uccisione di Benafshah è stato un «tragico incidente»;

sempre nell'articolo si legge che il giorno dopo la morte della ragazzina il padre riceve una chiamata dal governatore della provincia di Farah, che lo invita nel suo ufficio per incontrare due generali. L'uomo si presenta all'incontro, ma i due generali non arrivano. Il giorno successivo viene invitato di nuovo e incontra due militari: «erano di alto grado, un afghano e un italiano». I generali si scusano, il generale italiano spiega che il soldato non aveva ucciso intenzionalmente: i colpi erano stati sparati sull'asfalto, non sulla macchina. Il proiettile che aveva ucciso sua figlia sarebbe rimbalzato sul terreno, prima di colpirla;

secondo, invece, la testimonianza del padre quel colpo era diretto, aveva colpito direttamente il vetro. Il generale italiano lo informa inoltre che il soldato che ha sparato era sotto custodia militare, in attesa del processo. La famiglia di Benafshah accusa il comportamento dei militari italiani che non si sono fermati e non sono scesi dai blindati. Hanno preso e proseguito come niente fosse, nonostante avessero sparato su una macchina di civili. Chiede, inoltre, di sapere la verità e di poter consultare il fascicolo che riguarda il caso -:

quale sia la versione ufficiale e la ricostruzione dei fatti del Ministero della difesa;

se vi sia stato o meno un processo ai militari che hanno ucciso Benafshah e ferito la sua famiglia ed in caso affermativo quale sia lo stato attuale;

se il Governo ritenga di accogliere la richiesta di Mohammad Arif di poter consultare il fascicolo che riguarda il caso di sua figlia;

se vi siano o meno altri casi di sparatorie che hanno coinvolto civili afghani e i sodati italiani.(4-18368)