ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/18250

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 707 del 23/10/2012
Firmatari
Primo firmatario: ZAMPARUTTI ELISABETTA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 23/10/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 23/10/2012
BERNARDINI RITA PARTITO DEMOCRATICO 23/10/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 23/10/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 23/10/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 23/10/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI delegato in data 23/10/2012
Stato iter:
15/03/2013
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 15/03/2013
ORNAGHI LORENZO MINISTRO - (BENI E ATTIVITA' CULTURALI)
Fasi iter:

SOLLECITO IL 06/12/2012

RISPOSTA PUBBLICATA IL 15/03/2013

CONCLUSO IL 15/03/2013

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-18250
presentata da
ELISABETTA ZAMPARUTTI
martedì 23 ottobre 2012, seduta n.707

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. -
Al Ministro per i beni e le attività culturali.
- Per sapere - premesso che:

secondo quanto riportano i quotidiani Il Mattino di Padova del 19 e 20 ottobre 2012, Il Corriere del Veneto e il Gazzettino di Padova del 20 ottobre 2012 si sarebbe realizzato un abuso edilizio nel complesso della basilica del Santo;

l'edificio, in via Orto Botanico, di recente adoperato prima come biblioteca e poi come magazzino, è stato trasformato in un piccolo residence con 5 mini appartamenti di circa 35 metri quadrati ciascuno e da affittare al miglior offerente;

l'annuncio è stato messo fra le pubblicità immobiliari e dice testualmente: «Affittiamo, con trattativa riservata e regolare contratto, cinque miniappartamenti indipendenti uno dall'altro, con ingresso da via Orto Botanico, a pochi metri da piazza del Santo, di diversa metratura, da un minino di due a un massimo di tre posti letto, completamente arredati, compreso angolo cottura. I suddetti appartamenti sono particolarmente adatti per professionisti e per studenti. No famiglie». Per informazioni rivolgersi alla delegazione pontificia per la basilica di Sant'Antonio in Padova, piazza Pio XII Roma. Questo edificio si affaccia sul suggestivo chiostro del Santo;

il comune di Padova non avrebbe mai rilasciato alcuna concessione edilizia; e nessun parere favorevole sarebbe mai stato espresso dalla soprintendenza ai beni ambientali e architettonici del Veneto orientale;

ben quattro, fra le cinque unità abitative, violerebbero il regolamento di edilizia comunale vigente perché hanno una superficie inferiore ai 45 metri quadrati, limite minimo per un alloggio. Prima di intervenire, la proprietà - il delegato pontificio, monsignor Francesco Gioia - avrebbe dovuto chiedere un permesso di costruire come previsto dall'articolo 10 del decreto presidenziale 380 del 2001, il testo unico in materia edilizia. Così non sarebbe stato e quanto realizzato può essere qualificato un vero e proprio abuso;

il Corriere del Veneto del 20 ottobre 2012 rileva che al momento, non esistono esposti né precise denunce a riguardo;

la basilica di Sant'Antonio, uno dei templi più noti e visitati al mondo, è di proprietà del Vaticano. Tanto che la sua gestione, in particolare per quel che concerne gli interventi di ristrutturazione degli immobili, è affidata ad un delegato pontificio (quello attuale si chiama monsignor Francesco Gioia). Parallelamente, sin dal 1396 e più o meno con gli stessi compiti, opera la Veneranda Arca del Santo, un organo laico (a parte il rettore della Basilica, padre Enzo Poiana) che è espressione del territorio padovano: il presidente in carica è Gianni Berno, capogruppo del Pd in consiglio comunale;

secondo quanto riportano i quotidiani locali sia il comune che soprattutto il reparto amministrativo della polizia municipale sono perfettamente a conoscenza della vicenda, magari già da qualche mese. Ma, se non altro in via ufficiale, preferiscono non sbottonarsi troppo: «Perché si tratta di una vicenda molto, molto delicata - continuano a ripetere in coro - che riguarda due realtà ben precise, tra cui non vogliamo metterci in mezzo»;

«È evidente - dichiara sui quotidiani locali Berno, presidente della Veneranda Arca - che anche nel complesso antoniano devono essere rispettate tutte le normative vigenti chiedendo preventivamente le necessarie autorizzazioni. Cosa che la Veneranda Arca fa ovviamente per i cantieri/progetti di cui è committente. Parecchi lavori però vengono gestiti direttamente dalla proprietà, come in questo caso dal delegato pontificio, e quindi sarà sua cura fornire chiarimenti su questa specifica materia»;

il piccolo residence con i 5 mini appartamenti si affaccia sul suggestivo chiostro del Santo; facile immaginare che, sia per i frati in preghiera, che per i pellegrini in meditazione, una eventuale coesistenza con gli inquilini possa risultare a dir poco imbarazzante e creare difficoltà immaginabili;

secondo le dichiarazioni riportate dai quotidiani locali l'architetto padovano Piergiorgio Tombolan, uno dei più noti urbanisti del Veneto, docente allo Iuav di Venezia: «È accaduta una brutta cosa. Ci sono luoghi, spazi e funzioni che hanno un valore dal punto di vista della storia, della cultura e dell'identità di una città come il vecchio museo civico e la vecchia biblioteca, un tempo proprio in quell'ala del complesso della Basilica del Santo. Ecco perché la proprietà di tali beni non può corrispondere alla loro piena disponibilità»;

secondo il professor Tombolan si è verificato «un colpo di mano mentre eravamo in attesa di sentire e di capire come questi spazi, lasciati liberi dal museo e dalla biblioteca, potessero rientrare nella vita della nostra città. Speravo che la proprietà cominciasse a ragionare con la città, proponendo utilizzazioni diverse dell'immobile, ormai chiuso da decenni, e cercasse di interpretare il senso che questi luoghi hanno avuto per l'intera comunità», osserva l'urbanista che si chiede se quel colpo di mano sia solo «un episodio o l'inizio di un processo». Probabilmente chi gestisce questi luoghi si limita a pensare a un utile immediato e non è consapevole del bene che ha in mano, uno dei due o tre elementi che «tocca» uno straniero quando viene a Padova;

secondo quanto riporta il Gazzettino di Padova il delegato pontificio, monsignor Francesco Gioia, oltre ad allestire nell'ex casa del custode cinque mini appartamenti, vuole realizzare un hotel e ristorante nell'ex museo civico: «Santo, un albergo in basilica». Il termine tecnico è «struttura alberghiero-ricettiva», che, tradotto, significa un hotel e un ristorante. L'ex Museo Civico annesso alla Basilica di Sant'Antonio, infatti, nelle intenzioni della Santa Sede, proprietaria di tutto il complesso basilicale, a breve dovrebbe essere trasformato appunto in albergo con ristorante. Pare sia proprio questa la volontà del delegato pontificio, monsignor Francesco Gioia, per l'edificio la cui facciata era stata progettata da Camillo Boito, e che da un lato si affaccia sul sagrato e dall'altro guarda via Orto Botanico. Attualmente la destinazione d'uso del sito è «servizi di interesse generale e attrezzature d'interesse comune» che non è in contrasto con quanto hanno pensato in Vaticano, ma l'iniziativa presa all'ombra di San Pietro dovrà poi confrontarsi con i pareri vincolanti che sul progetto dovranno esprimere in primis la sovrintendenza, ma anche il comune, visto che per l'area che ospita l'ex museo civico non vige l'extraterritorialità;

il Mattino di Padova pubblica una lettera dell'avvocato Lorenzo Pilon, per conto della delegazione pontificia della Basilica con la quale dà la sua versione sull'intervento contestato. Scrive l'avvocato Lorenzo Pilon: «A nome e per conto della delegazione pontificia della Basilica di Sant'Antonio, vi sottopongo alcune precisazioni (...) Non corrisponde al vero che con tale intervento siano state ricavate cinque autonome unità abitative. Infatti, all'esito dei lavori, è rimasta unica l'unità abitativa e catastale ed inalterata la sua destinazione d'uso residenziale, seppure con una distribuzione degli spazi interni più adatta ad un loro efficiente utilizzo. Per poter avere un quadro corretto della vicenda devono, peraltro, essere tenute in considerazione le seguenti circostanze storiche:

1. il complesso immobiliare della Basilica di S. Antonio è stato trasferito in proprietà della Santa Sede a seguito dei Patti Lateranensi del 1929;

2. l'articolo 27 del Concordato dispone che la sua amministrazione spetti liberamente alla Santa Sede;

3. sino ai nostri giorni è stata opinione comune e incontestata che tale complesso fosse territorio sottoposto alla sovranità pontificia e quindi caratterizzato dal regime giuridico dell'extra territorialità (a conferma storica di ciò va ricordato che, durante l'occupazione nazista, mai militari tedeschi hanno violato l'integrità della Basilica e del complesso annesso effettuandovi operazioni di polizia);

4. ciò ha fatto sì che si siano consolidate nel tempo prassi operative nei rapporti con l'amministrazione pubblica di mera comunicazione di quanto di giuridicamente rilevante veniva ivi compiuto;

5. a tale prassi consolidata la Delegazione pontificia si è attenuta anche per le opere di manutenzione edilizia interne alla ex casa del custode;

6. solo nel corso del corrente anno 2012 la Santa Sede, con autonoma e spontanea iniziativa interpretativa, ha comunicato che il complesso della Basilica di Sant'Antonio non è da intendersi quale zona extraterritoriale;

alla luce dei fatti esposti la delegazione pontificia - d'accordo con la Segreteria di Stato Vaticana ha depositato presso il comune di Padova ancora nel luglio 2012 un rilievo della situazione di fatto dell'intero complesso immobiliare (così come risultante dai numerosi interventi di manutenzione posti in essere nel tempo) chiedendo tra l'altro che esso fosse formalmente recepito agli atti del comune;

secondo quanto riporta Il Mattino di Padova del 20 ottobre 2012, gli uffici tecnici comunali hanno trasmesso un esposto alla procura della Repubblica, segnalando i cinque mini-appartamenti realizzati abusivamente, senza alcuna concessione edilizia, nel complesso della Basilica del Santo. E stato un atto dovuto di fronte al rischio di incorrere in un'omissione penalmente sanzionabile, quando ci si è trovati tra le mani una richiesta di «sanatoria» presentata dalla proprietà dell'immobile, il delegato pontificio monsignor Francesco Gioia, mentre la comunità Antoniana - di cui è Rettore padre Enzo Poiana - nulla c'entra con la gestione del complesso;

secondo la dichiarazione apparsa sul Mattino di Padova del 20 ottobre 2012 di Gianni Berno, presidente capo della Veneranda Arca del Santo, organismo che ha il compito di provvedere alla conservazione della Basilica, delle sue opere d'arte e degli edifici annessi: «Avevamo notato dei lavori in corso su quel quadrante ma non abbiamo mai avuto la possibilità di visionare progetti o di avere informazioni sul cantiere da parte della delegazione pontificia che si muove in totale autonomia, con i propri professionisti e le imprese di sua fiducia» -:

se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e quali iniziative si intendano adottare in merito alle vicende riportate in premessa ai fini del pieno rispetto alla legge italiana, con specifico riferimento alle prerogative della soprintendenza competente.(4-18250)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Venerdì 15 marzo 2013
nell'allegato B della seduta n. 1
Interrogazione a risposta scritta 4-18250
presentata da
ZAMPARUTTI Elisabetta

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede se corrisponda al vero quanto riportato su alcuni quotidiani locali in ordine ad un abuso edilizio che si sarebbe realizzato nel complesso della Basilica del Santo di Padova, si rappresenta quanto segue.
  La posizione giuridica del compendio della Basilica di Sant'Antonio in Padova, ceduto alla Santa Sede con il Concordato, è stata oggetto di definizione da parte del Ministero della giustizia con la determinazione comunicata al soprintendente all'arte medievale e moderna di Venezia con nota della direzione generale delle antichità e belle arti, protocollo 170/3 del 30 agosto 1929, che si riporta di seguito:
  «...Per la piena intelligenza della questione, occorre anzitutto precisare che gli istituti indicati all'articolo 27 del Concordato, conservando inalterata la personalità giuridica e la loro costituzione, subiranno modificazioni soltanto nel loro regime amministrativo, in quanto la gestione dei loro beni sarà tolta ai loro attuali rappresentanti ed affidata alla Santa Sede che la eserciterà liberamente. È ovvio che questi beni non possono confondersi con gli immobili di cui agli articoli 13-14-15, del Trattato, i quali per il fatto che sono destinati ad uso di uffici o comunque a fini strettamente inerenti all'azione universale del cattolicesimo e cioè alle funzioni di governo del nuovo Stato della Città del Vaticano, godono, con diverse gradazioni, di privilegi e di immunità sotto il rispetto dell'osservanza delle leggi di diritto pubblico. L'esenzione da ogni ingerenza dello stato di cui è fatto cenno nel citato articolo 27, per l'indole ed il contenuto letterale della disposizione, manifestamente si riferisce all'amministrazione dei beni, intesa però nel modo più largo, nel senso cioè che essa è immune da qualsiasi forma di tutela. Il significato preciso dell'espressione adoperata, l'accenno alla conservazione dei beni, il richiamo alle norme sugli acquisti, lasciano chiaramente intendere che la disposizione riguarda soltanto il regime patrimoniale amministrativo degli enti in parola; e pertanto non si può invocare per ottenere la dispensa dell'osservanza delle norme di diritto pubblico, e in particolare di quelle relative alla protezione del patrimonio storico, artistico ed archeologico nazionale. È da osservare, inoltre, che il carattere della disposizione, la quale è da considerarsi come una eccezione al principio dell'efficacia assoluta in tutto il territorio dello Stato delle leggi di diritto pubblico, non consentirebbe mai un'interpretazione estensiva del suo significato...».
  Come previsto dalla nota della direzione regionale del Veneto, protocollo n. 8277 del 7 novembre 2002, la condizione giuridica di soggezione al regime di tutela pubblicistica di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e stata «...oggetto di autorevoli pronunciamenti, tra i quali si citano, in senso affermativo, l'articolato parere espresso dal Ministero dell'Interno – Direzione generale degli affari dei culti – ufficio studi e affari legislativi (prot. 51/3/2/433 del 19 dicembre 1995), a cui l'Avvocatura delle Stato, all'uopo interpellata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, ha ritenuto di doversi conformare con nota prot. 43872 del 16 aprile 1996, con ciò rivedendo il proprio precedente avviso, espresso con nota in data 27 ottobre 1995.» .... «...da ultimo con il parere reso dall'Ufficio Legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali, con nota prot. 21933 del 6 novembre 2006, avente ad oggetto l'applicabilità agli immobili di proprietà della Santa Sede delle procedure autorizzative inerenti l'alienazione di beni culturali (articolo 56 del decreto legislativo 221.1.2004 n. 42), è stato ribadito che la conferma della personalità giuridica della santa Sede, espressamente operata dall'articolo 29, secondo comma, lettera
a) del concordato, non può valere come riconoscimento ope legis di tale soggettività ai fini dell'ordinamento interno (...). Cosicché ai beni della Santa Sede, come a quelli di ogni altro Stato estero, è applicabile il regime di tutela previsto per i beni di proprietà privata presenti sul territorio nazionale» ... «...si conclude dunque (...) ritenendo che gli immobili ricompresi nell'articolo 3 della (...) citata convenzione del 1932 siano a tutti gli effetti sottoposti alle vigenti disposizioni del Codice dei beni culturali inerenti le cose appartenenti alle persone giuridiche private senza fine di lucro di cui all'articolo 10 del medesimo».
  Ciò premesso, a seguito della comunicazione di avvio di procedimento di diniego inviato alla proprietà, ai sensi dell'articolo 10-
bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal comune di Padova, settore edilizia privata, sportello unico per le imprese, protocollo 236474 del 9 ottobre 2012, pervenuta per conoscenza alla per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso in data 15 ottobre 2012 ed assunta al protocollo con n. 29173, con cui il predetto settore trasmetteva il preavviso di diniego di cui al procedimento di sportello unico – richiesta di regolarizzazione – prodotta a nome della proprietà dalla delegazione pontificia per la Basilica di Sant'Antonio, segnalando che «... in tempi recenti, sono stati eseguiti dei lavori di trasformazione dell'edificio denominato ex casa del custode, sito in via Orto Botanico 1, ... L'esecuzione di tali interventi ha determinato una ristrutturazione del complesso con aumento delle unità immobiliari (da una a cinque, tre al piano terra e due al piano primo) e aumento della superficie utile, conseguente all'eliminazione della scala precedentemente posta a nord...», la predetta ha disposto gli accertamenti di competenza.
  Dal sopralluogo, svolto in data 22 ottobre 2012, si è potuto accertare, oltre a quanto già rilevato dai competenti organi del comune di Padova circa la realizzazione delle unità-alloggio, comprensive ciascuna di servizi e locale cottura, che una delle predette unità-alloggio del primo piano è stata distributivamente ricavata all'interno di un vano – comprendente l'attuale scala di collegamento dei piani – definito da un solaio ligneo del tipo detto «alla sansovina», costituito da travi spigolate e tavolato con coprigiunto in listelli, decorato secondo modelli decorativi ascrivibili al secolo XVI-XVII. Il solaio è stato rinvenuto e portato in luce nel corso dei lavori di ristrutturazione in argomento i quali, pur compromettendo la spazialità del vano originario di riferimento del solaio, sono stati eseguiti, per quanto è stato possibile constatare, limitando lo sviluppo in altezza dei vani ad una distanza tale dal solaio da non interferire con l'estensione del medesimo.
  Accertato quanto sopra, la citata soprintendenza ha provveduto a notiziare nel merito la procura della Repubblica presso il tribunale di Padova, con nota protocollo n. I5RE/30004 del 23 ottobre 2012, riservandosi di avviare i procedimenti sanzionatori di cui all'articolo 160 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e all'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 all'atto del completamento della fase istruttoria ed alla acquisizione di ogni utile elemento atto a valutare l'entità delle trasformazioni poste in essere con l'intervento, rispetto ad uno stato pregresso non documentato.

Il Ministro per i beni e le attività culturaliLorenzo Ornaghi.