DI PIETRO. -
Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha presentato tre atti di sindacato ispettivo n. 4/11868, 4/12174, 4/13751, rispettivamente in data 5 maggio 2011, 6 giugno 2011 e 2 novembre 2011, ancora senza risposta, nei quali segnalava le vicende di alcuni testimoni di giustizia - ruolo ben diverso da quello di collaboratore di giustizia - che hanno messo a repentaglio la propria vita per aiutare lo Stato nella lotta alla mafia e hanno riscontrato - una volta terminato il programma di protezione - difficoltà oggettive nel reinserimento socio-lavorativo;
molte e sempre più frequenti sono le mail che l'interrogante riceve da parte di cittadini che hanno fornito la loro coraggiosa testimonianza alla magistratura, ultima quella dei testimoni Francesca Inga e Antonino Candela nati a Villafranca Sicula (Agrigento), emigrati in Germania per lavoro e tornati, in seguito, in Italia con la voglia di intraprendere un'attività commerciale nel paese d'origine;
i coniugi dopo aver subito atti intimidatori e la distruzione dei locali commerciali da parte della criminalità organizzata furono testimoni, tra il marzo e l'aprile del 1996, dell'omicidio a sangue freddo di due uomini nel loro locale;
i coniugi hanno trascorso sotto falso nome quattordici anni, impossibilitati a svolgere qualsiasi lavoro perché troppo pericoloso, lontano dagli affetti e crescendo due figlie in un mondo ovattato che le ha portate una all'anoressia nervosa, l'altra alla depressione -:
quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettivi competenze, affinché chi decide di denunciare la criminalità organizzata, atto di grande responsabilità, non venga penalizzato e si faccia sì che tale scelta non mini la serenità della propria vita e quella dei familiari;
se non ritengano opportuno, nella fattispecie, intervenire per garantire ai coniugi Candela e a tutti i testimoni di giustizia un adeguato reinserimento socio-lavorativo. (4-17920)