ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17840

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 693 del 27/09/2012
Firmatari
Primo firmatario: BARBATO FRANCESCO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 27/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI delegato in data 27/09/2012
Stato iter:
06/12/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 06/12/2012
ORNAGHI LORENZO MINISTRO - (BENI E ATTIVITA' CULTURALI)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 06/12/2012

CONCLUSO IL 06/12/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17840
presentata da
FRANCESCO BARBATO
giovedì 27 settembre 2012, seduta n.693

BARBATO. -
Al Ministro per i beni e le attività culturali.
- Per sapere - premesso che:

a Cuma (Bacoli, Napoli) vi è un «Faro» romano risalente al I secolo avanti Cristo;

il faro di Cuma è una preziosa testimonianza dei porti dell'antica Kyme. Dionisio di Alicarnasso, ricordando il ritorno di Aristodemo dopo la vittoria di Aricia sugli Etruschi del 505 a.C., afferma che «entrò con le navi nei porti di Cuma» e ciò potrebbe far supporre che Cuma disponesse di più di un porto. Parzialmente nascosto da un fitto bosco, al confine con l'area dunare, la specola, databile all'ultimo quarto del I secolo avanti Cristo, è alta circa otto metri;

l'associazione «Freebacoli» mediante il suo rappresentante Gerardo Josi Della Ragione ha denunciato che l'antico sito è oggi invaso da condom, erbacce, rovi, rifiuti vari come testimoniato nel servizio «L'antico Faro di Cuma? Invaso dai preservativi» a firma di Antonio Cangiano - Corriere del Mezzogiorno, 7 settembre 2012 -:

se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

se non si intendano acquisire informazioni sulle inadempienze della soprintendenza ai beni culturali di Napoli che ha il dovere di vigilare sulla storia indelebile di questa provincia;

quali siano i motivi per i quali il citato monumento non è oggetto di attenzioni in termini di salvaguardia;

se si intenda inserirlo all'interno di un percorso di valorizzazione atto al rilancio turistico storico-artistico e quali iniziative si intendano assumere in proposito. (4-17840)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata giovedì 6 dicembre 2012
nell'allegato B della seduta n. 730
All'Interrogazione 4-17840 presentata da
FRANCESCO BARBATO

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante lamenta lo stato di degrado del faro romano di Cuma, chiedendo quali iniziative si intenda adottare per una sua maggiore cura e valorizzazione, si rappresenta quanto segue.
I resti del cosiddetto Faro di Cuma corrispondono all'affioramento tufaceo, alto 8.50 metri circa, ricadente nel comune di Pozzuoli, al F.94, particella 16, circondato e parzialmente nascosto da vegetazione di macchia mediterranea dell'area dunale costiera.
Fino agli anni '90 del XX secolo, si è ritenuto che il porto greco dell'antica città fosse nell'insenatura a sud del Monte di Cuma, in considerazione della presenza di notevoli concentrazioni di ceramica greca, rinvenuta nelle vicinanze, e sull'affermazione di Dionigi di Alicarnasso che, ricordando il ritorno di Aristodemo, tiranno della città, dopo la vittoria di Aricia sugli Etruschi nel 505 avanti Cristo affermò che «entrò con le navi nei porti di Cuma», lasciando, quindi, supporre che la colonia disponesse di più di un porto. Ipotesi più moderne, non adeguatamente documentate, individuarono nella medesima insenatura il nuovo porto di Cuma, che Agrippa avrebbe ivi realizzato, contemporaneamente al Portus Julius (38-37 avanti Cristo), sui laghi Averno e Lucrino.
Il rinvenimento nel 1991 dei resti del cosiddetto Tempio di Iside, tempietto romano con statuette egiziane, molto verosimilmente parte di una villa marittima, proprio al centro dell'ipotizzato canale di accesso al porto, hanno, però, negato l'ipotesi dell'esistenza di quest'ultimo sul luogo.
Ulteriori studi ed approfondimenti sembrano, al momento, indicare che il porto della città fosse nel bonificato lago di Licola, in antico una laguna, mentre l'affermazione di Dionigi di Alicarnasso sui porti di Cuma sembrerebbe riferita agli altri porti naturali dalla colonia adoperati lungo la costa del Sinus Cumanus.
Per quanto attiene al cosiddetto Faro di Cuma, esso consiste, attualmente, sulla base delle strutture visibili, di due ambienti rettangolari d'età romana in opera reticolata, sul cui lato est dell'affioramento tufaceo sono presenti resti di un lungo muro in reticolato e di due speroni perpendicolari in opera vittata, che rendono databile la struttura all'ultimo quarto del I secolo avanti Cristo. Non è, tuttavia, al momento accertato se il manufatto corrisponda effettivamente ai resti di un faro, pur tenendo conto dell'altezza e della posizione sulla costa.
Infatti, la relativa vicinanza ai resti del cosiddetto Tempio di Iside, che era parte di un'ampia villa marittima, suggerirebbe di identificarlo con resti di parte di una struttura residenziale sul mare, come pure di una piccola specola, indicativa della vicinanza della costa, mentre il faro di Cuma avrebbe potuto essere altrove, in posizione più elevata sul mare e/o sulla duna antistante il porto lagunare sul lago di Licola. Al riguardo, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei intende promuovere approfondite ricerche archeologiche, autorizzando, eventualmente, lo studio a cura di istituti culturali e delle università interessate.
Pur non volendo trascurare l'eccezionale valore storico-archeologico dei resti in questione, si rappresenta che, sia per il loro carattere non prioritario rispetto alle esigenze di altri monumenti, sia per la delicata posizione nel contesto naturalistico ambientale di appartenenza, anch'esso da preservare, risulta particolarmente difficile il controllo dei luoghi da parte della competente soprintendenza territoriale, anche tenuto conto della vastità del territorio e della scarsità delle risorse umane disponibili.
Al riguardo, appare utile ricordare che il cosiddetto Faro di Cuma, che ricade in area «M 1-2 Parco Archeologico Naturale: Cuma, bosco di Licola» del piano regolatore del comune di Pozzuoli, in area di «Protezione Integrale» del piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei e in zona A di «Riserva Integrale» del parco regionale dei Campi Flegrei, ricade altresì in area archeologicamente vincolata con decreto ministeriale 24 settembre 1947, ai sensi della legge n. 1089 del 1o giugno 1939 (ora decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio) ed è parte della «Foresta Regionale Area Flegrea - Monte di Cuma», di proprietà della regione Campania, nel cui contesto di vegetazione spontanea è praticamente immerso.
Allo scopo di creare una maggiore sinergia tra la direzione del parco archeologico di Cuma, la direzione della «foresta regionale area flegrea Monte di Cuma» e questo Ministero, sulla base dei rispettivi programmi ed interventi ed in relazione ai fatti riportati nell'interrogazione di cui trattasi e nell'articolo di stampa del Corriere del Mezzogiorno del 6 settembre 2012, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei si rivolgerà all'amministrazione regionale della Campania, affinché garantisca un maggiore controllo sulla pulizia del monumento. Al riguardo, si precisa, inoltre, che la manutenzione e la periodica sorveglianza dei resti del non lontano «Tempio di Iside», ricadente nella stessa foresta, viene attualmente svolta con l'ausilio di volontari appartenenti al gruppo archeologico dei Campi Flegrei onlus, che si prevede di autorizzare anche per i vicini resti del cosiddetto Faro di Cuma.
Si segnala, infine, che gli uffici territoriali della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei e della direzione della foresta regionale sono quotidianamente a disposizione dei cittadini per eventuali segnalazioni e richieste di intervento.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.