ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17739

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 689 del 20/09/2012
Trasformazioni
Trasformato il 24/10/2012 in 5/08321
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 20/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 20/09/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 20/09/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 20/09/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 20/09/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 20/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 20/09/2012
Stato iter:
24/10/2012
Fasi iter:

TRASFORMA IL 24/10/2012

TRASFORMATO IL 24/10/2012

CONCLUSO IL 24/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17739
presentata da
RITA BERNARDINI
giovedì 20 settembre 2012, seduta n.689

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
- Per sapere - premesso che:

sul Secolo XIX del 19 settembre 2012 è apparso il seguente articolo di Graziano Cetara: «Ci sono condanne che non si scontano mai fino in fondo. E che ti inseguono. Diventano una seconda carta d'identità e viaggiano con te. Il carcere, quando è un tribunale a sentenziare, dovrebbe essere una parentesi più o meno lunga prima del riscatto, della riabilitazione. Dovrebbe. Per il codice della strada, invece, la pena non basta. Ora a Genova, in base a una legge introdotta due anni fa ma rimasta di fatto inapplicata in attesa di modifiche e aggiornamenti mai arrivati, il giudizio si estende alla sfera morale della persona. Proprio così. E una condanna per questioni di droga diventa un marchio di indegnità, inaffidabilità (anche se controlli e analisi negli anni hanno dimostrato il contrario) capace di farti revocare la patente. Matteo G., 41 anni, rappresentante di commercio di Arenzano, chiede di restare coperto dall'anonimato per non aggiungere un altro danno alla "beffa appena incassata": per i prossimi tre anni potrà spostarsi solo a piedi o accompagnato. Lo ha deciso il prefetto. Ha sbagliato, Matteo G., finendo nelle maglie di una organizzazione di spacciatori di cocaina nell'ormai lontano 2006. Ha pagato un primo conto, con una condanna a tre anni e mezzo. E si è sottoposto a ogni genere di test e analisi, dal sangue ai capelli, passando ogni controllo. La giustizia però non si è fermata e quando ormai la sua vita si era stabilizzata sulla retta via, con una moglie e una figlia in arrivo tra qualche mese e un lavoro come rappresentante di gioielli ormai avviato, è arrivata la mazzata: sei indegno, gli dice in sostanza il provvedimento, quindi non puoi guidare fino a nuovo ordine. È successo alla fine del mese scorso e il provvedimento è stato notificato quando Matteo e la famiglia si trovavano in vacanza in Trentino. In campeggio. L'ufficiale giudiziario incaricato dalla prefettura di Genova non ha sentito ragioni. E ha raggiunto il camping per farsi consegnare la licenza di guida. Risultato? Marito e moglie incinta sono rimasti a piedi. Ma quel che è peggio, avvertono gli avvocati del commerciante (Carlo Contu per gli aspetti penali, e Maurizio Porretti e Stefano Mascini per quelli civili) è che senza la possibilità di guidare Matteo non può neanche tenersi il lavoro. Lascia stare che, risolto il problema della vacanza conclusa con un inatteso viaggio in treno, il rappresentante abbia deciso di tenere segreto il suo impiccio e di dotarsi di un autista personale per non perdere il lavoro. Il problema ora è combattere contro un marchio di infamia che dice di non meritare. E lo afferma esibendo le carte a sostegno della sua buona condotta. Il primo dei punti fermi è rappresentato dai tempi. L'inchiesta per spaccio risale a un periodo nel quale Matteo non aveva ancora la patente. Siamo nel 2006. L'allora trentaseienne patteggia una pena a tre anni e mezzo che, tra custodia cautelare e arresti domiciliari, sfocia ben presto nell'affidamento in prova: il test con il quale si concludono quasi sempre certe pene per le quali il ritorno in libertà non rappresenti un rischio enorme per la società. Matteo supera l'esame e la sua pena viene scontata ed estinta. A questo punto decide di rifarsi una vita. Prende moglie e patente. E siamo nel 2010. La sua esistenza cambia rotta. Si sottopone a ogni genere di test per dimostrare a tutti che ha tagliato con la droga e con l'ambiente marcio tutto attorno. Gli alambicchi della Asl confermano puntualmente la sua buona fede e il suo stato di salute. E il segno del riscatto. Ma il passato ritorna. Lo fa nei modi più beffardi, a volte. E nel caso di Matteo lo fa rinfacciandogli degli episodi minori relativi agli stessi fatti per cui era stato condannato e poi incarcerato. Briciole giudiziarie di un'inchiesta che doveva essersi esaurita e invece ancora aveva in servo delle sorprese. Al rappresentante viene presentato un conto da nove mesi di reclusione da scontare. Sono fatti che risalgono a quando ancora non aveva la patente e che nulla potevano aggiungere o togliere alla sua moralità: si può essere più o meno indegni se si spaccia dieci volte oppure dodici? Per il prefetto di Genova sì. E sulla base della legge nel frattempo entrata in vigore, Matteo riceve la revoca della patente. Con i suoi avvocati presenta un ricorso al giudice di pace, tentando la strada più breve tra quelle consentite. Ed è di ieri la decisione di sospendere temporaneamente il provvedimento del prefetto. Matteo potrà continuare a guidare fino al 29 novembre. Quando un altro giudice sarà chiamato a decidere sulla sua moralità. Solo a quel punto questa storia giudiziaria potrà arrivare al punto. E solo allora Matteo saprà quante condanne ancora dovrà scontare prima di provare a rifarsi una vita»;

il ritiro della patente di guida è un handicap assoluto nelle attività di lavoro in cui la patente è necessaria e/o relativo in tutte quelle in cui l'uso della stessa è più o meno indispensabile per raggiungere il luogo di lavoro. Non disporre della patente di guida è oggi una forma di grave incapacitazione della persona. È chiaro che la sanzione introdotta dall'articolo 19 della legge n. 120 del 2010 è stata voluta, in ragione dei suoi effetti dissuasivi, proprio per questo, ma è anche chiaro che, per il risultato incapacitante che produce e, in particolare, per il ritardo nel tempo di produzione dello stesso (alla fine della pena principale), tale sanzione ostacola e riduce fortemente la possibilità di reinserimento al lavoro della persona condannata;

a giudizio della prima firmataria del presente atto c'è da interrogarsi su quale efficacia potrebbero avere le predette misure visto e considerato che il condannato non sarà certo ostacolato dal ritiro della patente di guida se intende tornare a delinquere, mentre sarà ostacolato da questo provvedimento se intende seguire un percorso di riabilitazione sociale e di lavoro -:

se il Governo non intenda adottare iniziative di carattere normativo al fine di apportare le opportune modifiche all'articolo 120 del codice della strada in materia di requisiti morali necessari per ottenere il rilascio della patente di guida, ciò al fine di non perseguitare la persona condannata anche dopo l'espiazione della pena, ma semmai facilitandone il reinserimento sociale conformemente a quanto stabilito dall'articolo 27 della Costituzione.
(4-17739)