JANNONE. -
Al Ministro dello sviluppo economico.
- Per sapere - premesso che:
un distretto industriale ad idrogeno è quello che sorge nell'area di San Zeno ad Arezzo dove, da diversi anni, si è costituita una delle prime comunità europee basata sull'idrogeno per l'autosufficienza energetica. Un'idea, sviluppata da una cooperativa, la Fabbrica del Sole guidata dal fisico Emiliano Cecchini che, insieme alla provincia e altre società, ha creato una rete di tubature che consente all'industria locale di utilizzare l'idrogeno per le proprie necessità. Tra queste quella orafa, da sempre legata all'uso di questo gas per le lavorazioni e la pulitura dell'oro. Un esperimento che, nel corso del tempo, è diventato sempre più grande e ha visto lo sviluppo di un idrogenodotto sotterraneo per servire l'area industriale, di un laboratorio per il suo monitoraggio e la sua implementazione a zero emissioni e, come ultimo passo, un'area produttiva polifunzionale ecologicamente attrezzata pronta a connettere anche la zona urbana. Dove, si potrà vivere senza essere allacciati a nessuna rete;
a rendere possibile la distribuzione capillare dell'idrogeno alle aziende locali, l'idrogenodotto, primo impianto di questo genere costruito in Italia: una rete di tubi lunga 1 chilometro che scorrono in un percorso sotterraneo a un metro di profondità, per portare l'idrogeno, a bassa pressione, alle imprese orafe presenti nella zona, Aziende che grazie a questo sistema di tubazioni hanno abbattuto il costo dei trasporti per le bombole e allo stesso tempo, grazie al monitoraggio costante della rete, migliorato anche le condizioni di sicurezza. L'idrogeno, infatti, viene prelevato e trasportato direttamente dai carri bombolari dentro alle tubazioni, servendo tutte le aziende in un colpo solo. Un modello di distribuzione talmente efficiente da far mobilitare anche il mercato internazionale, pronto ad esportare e a copiare l'idea toscana in altri Paesi. «In questi anni», racconta Cecchini, «non si contano le industrie e le rappresentanze straniere venute a vedere il distretto all'idrogeno di San Zeno. Dai colossi giapponesi come la Tokyo e l'Osaka Gas fino all'ambasciatore degli Stati Uniti. Senza contare la pletora di aziende cinesi, venute a prendere spunto dal nostro modello»;
a beneficiare dell'idrogeno che scorre sottoterra, principalmente il distretto orafo che, solo nell'area di San Zeno, conta più di una trentina di aziende. «L'idrogeno», spiega Antonio Moretti, ingegnere responsabile dei servizi di stabilimento presso l'azienda orafa 1AR, la più grande della zona, «è da sempre utilizzato nelle lavorazioni orafe. Storicamente si usa per le saldature, ad esempio per le catene. Oppure per togliere le macchie e ripulire i metalli dagli ossidi. Per renderli belli lucenti, infatti, gli oggetti in oro vengono trasportati su nastri in forni lunghi dai 4 ai 5 metri dove vengono trattati anche con l'idrogeno. Una volta, l'idrogeno si otteneva rompendo chimicamente le molecole di ammoniaca. Poi, con lo sviluppo industriale, si è passati all'uso delle bombole e, adesso, alle tubazioni dell'idrogenodotto»;
per presidiare e monitorare il progetto di San Zeno è stato istituito un laboratorio permanente per l'idrogeno e le energie rinnovabili, dove i tecnici della Fabbrica del Sole sviluppano le tecnologie a zero emissioni. Dall'idrogeno, usato come vettore energetico e ottenuto da pannelli fotovoltaici per elettrolisi, al cosiddetto solar cooling, ossia l'uso del solare termico come integrazione al calore prodotto dalle fuel cell per il raffreddamento estivo. «Il laboratorio», spiega Cecchini, «è energeticamente autosufficiente e totalmente scollegato da qualsiasi rete. L'alimentazione della struttura è fatta per la parte elettrica da pannelli solari. E anche per la parte idrica il laboratorio è stato concepito seguendo il concetto di circolo chiuso delle acque. Le acque piovane, infatti, vengono raccolte in una cisterna per essere depurate con un filtro a ultravioletti. Mentre le acque reflue sono trattate con la fitodepurazione. Questo ci permette di essere autonomi anche dalla rete fognaria, visto che i liquami dopo la decantazione non finiscono nella fognatura, ma in una vasca fitodepurativa coperta di ghiaia che li trasforma in concime per le piante. In più, l'acqua che avanza finisce in una cisterna sotterranea per essere usata come riscaldamento»;
un modo, quello di vivere senza rete, ossia a zero emissioni e a zero bollette che la Fabbrica del Sole è riuscita a trasformare anche in un'idea commerciale di grande rilevanza, mettendo sul mercato un container da allacciare alla casa, chiamato «Of grid box» e concepito come la struttura hydrolab, che permette di essere energeticamente autosufficienti e senza nessun allacciamento alle reti pubbliche. Un'idea talmente di successo che, solo nel 2011, ha portato le società legate alla cooperativa a fatturare 12 milioni di euro. «Vivere senza essere vincolati ai fornitori che erogano energia e altri servizi, all'inizio è costoso», spiega Cecchini, «perché si spendono 25-30 mila euro, che si recuperano in cinque anni» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, sulla base di quanto attuato ad Arezzo grazie alla struttura hydrolab, al fine di sviluppare delle reti di idrogenodotti, in grado di fornire risparmio energetico ed economico alle imprese italiane. (4-17573)