ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17468

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 680 del 05/09/2012
Trasformazioni
Trasformato il 24/10/2012 in 5/08307
Firmatari
Primo firmatario: BERNARDINI RITA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 05/09/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BELTRANDI MARCO PARTITO DEMOCRATICO 05/09/2012
FARINA COSCIONI MARIA ANTONIETTA PARTITO DEMOCRATICO 05/09/2012
MECACCI MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 05/09/2012
TURCO MAURIZIO PARTITO DEMOCRATICO 05/09/2012
ZAMPARUTTI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 05/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 05/09/2012
Stato iter:
24/10/2012
Fasi iter:

TRASFORMA IL 24/10/2012

TRASFORMATO IL 24/10/2012

CONCLUSO IL 24/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17468
presentata da
RITA BERNARDINI
mercoledì 5 settembre 2012, seduta n.680

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

sulle condizioni della casa circondariale di Teramo, la prima firmataria del presente atto ha già presentato due interrogazioni a risposta scritta - n. 4-04862 con riferimento alla visita ispettiva del 2 novembre 2009, e n. 4-05612 con riferimento alla visita ispettiva del 25 dicembre 2009 - rimaste a tutt'oggi senza risposta, nonostante i continui e numerosi solleciti;

il 15 agosto 2012 la prima firmataria del presente atto è tornata per la terza volta a visitare la casa circondariale di Teramo, insieme a Marco Pannella, presidente del senato del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, a Riccardo Chiavaroli, consigliere regionale della Regione Abruzzo, e ai militanti radicali Rosa Quasibene, Orazio Rapili, Renato Ciminà, Paolo Francesco Palombo e Gianmarco Ciccarelli;

il penitenziario, costruito alla fine degli anni settanta, sorge in località Castrogno, una frazione del comune di Teramo; all'interno della struttura dall'inizio dell'anno si sono consumati già quattro suicidi;

la visita ha avuto una durata di 7 ore e 30 minuti, con inizio alle ore 15; non erano presenti né il direttore dell'istituto né il comandante di polizia penitenziaria; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal vice comandante di polizia penitenziaria Igor De Amicis e, nella seconda fase della visita, dall'ispettore Papini (polizia penitenziaria);

la situazione riscontrata è la seguente: la casa circondariale di Teramo è gravemente sovraffollata; i detenuti presenti sono 418 (376 uomini e 42 donne), a fronte di una capienza regolamentare di 231 posti; con riferimento alla posizione giuridica, 236 detenuti scontano una condanna definitiva, 62 sono in attesa di primo giudizio, 37 appellanti, 30 ricorrenti, 34 con posizione giuridica mista con definitivo, 18 con posizione giuridica mista senza definitivo; i detenuti stranieri sono 82, così suddivisi: 23 provenienti dalla Romania, 12 dall'Albania, 11 dal Marocco, 10 dalla Nigeria, 8 dalla Tunisia, 4 dall'Algeria, 2 da Slovacchia e Macedonia, 1 detenuto proveniente da Libia, Egitto, Sierra Leone, Somalia, Ruanda, Burkina Faso, Bolivia, Georgia, Croazia, Svizzera;

secondo quanto riferito, dall'inizio dell'anno, soltanto 17 detenuti sono usciti dal carcere in virtù della legge 199 del 2010 (e successive modifiche); 398, invece, sono stati i nuovi ingressi dall'inizio dell'anno;

al sovraffollamento si affianca una marcata carenza di personale di polizia penitenziaria: gli agenti assegnati all'istituto sono 180 ma le unità effettivamente in servizio sono soltanto 160 (a causa di distacchi e malattie di lungo corso), mentre è di 203 agenti la dotazione organica dell'istituto prevista dal decreto ministeriale del 2001 (previsione effettuata in relazione ad una popolazione detenuta di gran lunga inferiore a quella attuale); il deficit di organico di polizia penitenziaria si ripercuote negativamente sulla vita dei detenuti e sulla vita degli stessi agenti, costretti a operare in condizioni di stress per fare fronte a un notevole carico di lavoro; nuovi agenti, secondo quanto riferito, prenderanno servizio dal prossimo autunno, ma l'incremento effettivo sarà di sole quattro unità, perché sei delle dieci unità previste sono già attualmente distaccate presso il carcere di Castrogno: «ci saranno in futuro quattro nuove unità, ma sono poche», sottolinea il vice comandante De Amicis;

il nucleo traduzioni della polizia penitenziaria di Teramo ha un elevato numero di movimentazioni: nel 2011 ha effettuato 1314 traduzioni (di cui 399 per ragioni sanitarie), per un totale di 1997 detenuti tradotti; nel 2012 (dato parziale) sono state effettuate 806 traduzioni (di cui 324 per ragioni sanitarie), per un totale di 1074 detenuti tradotti; «Me maggiori criticità del nostro istituto sono riconducibili al sovraffollamento, alla carenza di personale di polizia penitenziaria e all'alto numero di detenuti con problematiche di tipo sanitario, psichiatrico, o legate alla tossicodipendenza», afferma il vice comandante De Amicis; i detenuti tossicodipendenti iscritti al Ser.T di Teramo sono 90; 80 detenuti sono affetti da patologie di tipo psichiatrico e circa 250 detenuti manifestano disturbi di personalità e forme di disagio psicologico; i detenuti con una cardiopatia conclamata sono 27, mentre 23 soffrono di ipertensione arteriosa; i detenuti con una doppia diagnosi sono 14; all'interno dell'istituto operano 6 medici (che assicurano una copertura h24), 1 psichiatra per 18 ore settimanali, 9 infermieri più 1 caposala (ciascuno impegnato per 36 ore settimanali, assicurano una copertura dalle 7 alle 22); l'area sanitaria, secondo quanto riferito, ha effettuato all'interno 6044 visite dall'inizio dell'anno;

gli educatori effettivi sono 4, atteso che 2 dei 6 educatori assegnati al carcere di Castrogno sono distaccati in un altro istituto; l'assistenza psicologica, assicurata soltanto da 2 psicologi volontari, risulta del tutto inadeguata a fare fronte alle esigenze della popolazione detenuta; a Castrogno lavora solo il 10 per cento dei detenuti, a rotazione: si tratta esclusivamente di lavori domestici alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, mentre non sono presenti lavorazioni interne o collaborazioni con cooperative o imprese esterne; negli ultimi anni, secondo quanto riferito, le ore lavorative complessive si sono progressivamente ridotte, a causa dei consistenti tagli alle mercedi; molti detenuti, inoltre, sottolineano l'esiguità dei compensi; un detenuto lavorante, con la mansione di spesino, mostra la sua busta paga del mese di maggio: 74 euro, che si riducono a 41 euro per le varie trattenute (fra le quali 13 euro vincolati per affrontare eventuali emergenze); un altro detenuto riferisce di guadagnare 19 euro ogni 10 giorni e denuncia: «lavoro 11 ore al giorno ma mi pagano per 1 ora e mezza»; l'istituto si sviluppa su quattro piani (oltre al piano terra, dove è ubicata l'infermeria) e non è dotato di ascensore; ogni piano corrisponde a una sezione; al primo piano sono ristretti i detenuti protetti; il secondo piano ospita detenuti in regime di alta sicurezza; il terzo e il quarto piano ospitano detenuti comuni in regime di media sicurezza; ogni sezione consta di 50 celle e si articola, a sua volta, in due semisezioni da 25 celle; a parte, in un'area del penitenziario prossima all'ingresso, si trovano la sezione femminile, in cui è ristretta anche una detenuta con un bimbo di età inferiore a 3 anni, e un piccolo reparto che ospita 3 detenuti semiliberi;

le celle sono tutte di uguale dimensione (circa 9 metri quadrati): progettate per ospitare un detenuto, ne ospitano generalmente 2 e in alcuni casi 3; i detenuti trascorrono 20 ore al giorno chiusi in cella; tutte le celle sono sprovviste di doccia, in violazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000; l'erogazione di acqua è razionata, con una sospensione di 2 ore e mezzo al mattino (dalle 8.30 alle 11) e di 3 ore nel pomeriggio (dalle 14 alle 17); l'erogazione di acqua calda non è assicurata nemmeno nei mesi invernali; l'accesso alla doccia comune è consentito ogni giorno, tranne la domenica e i giorni festivi; in tutte le celle il letto a castello è fissato al pavimento in cemento; la condizione dei materassini di gommapiuma su cui sono costretti a dormire i detenuti è pessima; alle finestre sono applicate, oltre alle normali sbarre, reti a maglia stretta che ostacolano la visuale esterna e limitano la circolazione di aria e l'ingresso di luce naturale: secondo quanto riferito, queste reti sono state installate recentemente per evitare che i detenuti buttino i rifiuti dalla finestra; le celle non sono dotate di frigorifero;

in molti casi nella stessa cella sono reclusi detenuti che scontano una condanna definitiva e detenuti in attesa di giudizio, senza che sia assicurata la separazione dei condannati dagli imputati;

una delle maggiori criticità è connessa al ruolo e alle funzioni del magistrato di sorveglianza, che - come segnalato da moltissimi detenuti e come si appalesa dalle condizioni di detenzione, per molti aspetti non conformi alla normativa vigente - non riesce a espletare in modo pieno e puntuale i compiti che la legge gli affida; fino a non molto tempo fa era competente sul penitenziario teramano il magistrato di sorveglianza di Pescara, Alfonso Grimaldi; da circa un mese è subentrato un nuovo magistrato di sorveglianza;

molti detenuti sottolineano che il rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria è buono, mostrando piena comprensione del fatto che gli agenti sono costretti a lavorare sotto organico: «le guardie sono brave, con loro non abbiamo problemi»; «non possiamo lamentarci degli agenti, il problema è che nemmeno loro ce la fanno perché sono pochi»;

la prima sezione è destinata ad ospitare detenuti «protetti»: sex offender, ex appartenenti alle forze dell'ordine ed ex collaboratori di giustizia;

nella «prima semisezione sud» sono ristretti i cosiddetti sex offender; G.D.L. ristretto nella cella n. 18, riferisce di non aver ricevuto alcuna risposta all'istanza rivolta al magistrato di sorveglianza per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge n. 199 del 2010: «mi restano da scontare 10 mesi, ho fatto richiesta più di due mesi fa ma non mi ha mai risposto nessuno; qui il magistrato di sorveglianza non è mai venuto»;

G.T. anch'egli ristretto nella cella n. 18, dice di aver presentato domanda per un colloquio con il magistrato di sorveglianza da circa un anno, senza aver mai ricevuto alcuna risposta; G.T. inoltre lamenta le condizioni del materasso: «guardate in che stato è, io sono allergico, mi gratto tutto il tempo»;

un detenuto ristretto nella cella n. 5 denuncia carenze nell'assistenza sanitaria: «ho un problema alla mano, ho subito un intervento al carpale, ma il chirurgo non viene»; e ancora: «sono senza denti, ho chiesto la dentiera ma non me l'hanno messa»; M.L.F. ristretto nella cella n. 8, lamenta: «ho una lesione D10 e D11, ho l'incompatibilità con il regime carcerario firmata dal direttore sanitario; quando ero fuori prendevo un medicinale, il Frontal, che qui non riesco ad avere, me lo hanno dato solo nel primo perito, la psichiatra ha fatto l'impossibile ma è una sola»;

G.C. ristretto nella cella n. 8, riferisce di soffrire di apnee notturne di grado severo e mostra una macchina di ausilio per la respirazione notturna: «ho bisogno di questa macchina per respirare, il problema è che il filtro diventa nero dopo 4 giorni; loro dicono che posso stare, io sono qua da un anno e 2 mesi, ho fatto istanza per l'affidamento ai servizi sociali»; un detenuto ristretto nella cella n. 14 afferma di trovarsi molto meglio in questo istituto che nel carcere napoletano Poggioreale, da cui proviene, ma aggiunge: «io sono definitivo con fine pena nel 2023, non dovrei stare in questo carcere che è una circondariale, giusto? Dovrei stare in una casa di reclusione»;

nella cella n. 10 è ristretta M. (all'anagrafe S.S. detenuta transessuale che vorrebbe essere trasferita nel carcere romano di Rebibbia, dotato di un apposito reparto per persone transessuali; riferisce di trovarsi nel carcere di Castrogno da quasi 3 anni e lamenta il fatto di non avere la possibilità di fare la doccia da sola: «non sono operata, ho preso ormoni; mi costringono a fare la doccia con gli uomini, loro mi insultano, mi chiamano frocio, si masturbano, io vorrei fare la doccia da sola»; questa detenuta transessuale riferisce di averne parlato con due magistrati di sorveglianza, un anno fa e nel mese di aprile, senza che il suo problema abbia a tutt'oggi avuto soluzione: «un anno fa ho parlato con il dottor Grimaldi, ad aprile con un magistrato di sorveglianza donna; io vorrei andare a Rebibbia»;

i detenuti della cella n. 23 denunciano l'assenza del magistrato di sorveglianza: «il magistrato di sorveglianza non si vede mai, ho fatto la domanda per un colloquio 3 mesi fa e non mi ha risposto»; «sono in questo carcere da 2 anni: qua, a visitare le celle per vedere come stiamo, il magistrato di sorveglianza non è venuto mai una volta»;

un detenuto ristretto nella cella n. 25 afferma: «vorrei chiedere una cortesia per un mio compagno di cella, lui è un clochard, non ha abitazione, i servizi sociali sono sempre assenti»; questo detenuto senza fissa dimora, di nome A.S. conferma: «sono 2 anni e mezzo che sto qua, l'assistente sociale mi ha chiamato solo una volta la prima settimana»; S.S. detenuto con trascorsi di dipendenza da cocaina, mostra la foto del figlio di 3 anni e racconta commosso la sua vicenda: «io lavoravo, ero in affidamento ai servizi sociali, ora sono in carcere da 6 mesi, mi hanno arrestato perché mi trovavo in un posto che non corrispondeva all'itinerario prescritto per andare al lavoro, ma io ho deviato soltanto per andare in un centro commerciale per acquistare un anellino per mia moglie che era incinta; mi hanno arrestato e ho avuto anche la disgrazia che mia moglie abbia perso il figlio che portava in grembo»;

il vano doccia comune è composto da tre postazioni doccia sprovviste di diffusore; le condizioni sono discrete: buone quelle del pavimento, meno buone quelle del tetto; anche alla finestra del vano doccia sono applicate reti a maglia stretta;

nella «prima semisezione nord» sono ristretti ex appartenenti alle forze dell'ordine ed ex collaboratori di giustizia;

J.P. detenuto di 37 anni ristretto nella cella n. 26, appare in stato di grande sofferenza e riferisce di soffrire di disturbi da attacchi di panico (DAP): «sto veramente male, non sono compatibile con il carcere»;

E.T. detenuto diabetico, cardiopatico e con 6 by-pass, afferma che da circa 20 giorni non gli passano più il farmaco Folina perché la farmacia dell'ospedale ne è sprovvista e non glielo fanno nemmeno comprare; il figlio F.T.detenuto nella stessa cella, soffre di apnee notturne e avrebbe bisogno di un apparecchio per respirare che però da 4 mesi non gli viene fornito;

H.I. detenuto rumeno ristretto nella cella n. 38, lamenta condizioni di salute a suo dire incompatibili con la detenzione, e mostra un documento redatto dall'ASL di Teramo in data 11 luglio 2012 da cui risulta che il detenuto è affetto da diabete insulino-dipendente, grave polineuropatia sensitiva e motoria agli arti inferiori con difficoltà deambulatola, esiti di orchiectomia parziale sinistra con disfunzione erettile, varici agli arti inferiori con insufficienza venosa cronica, bronchite asmatiforme, insonnia;

R.T. detenuto di 49 anni di Giulianova (Teramo), versa in condizioni di estrema povertà e vorrebbe un sussidio per acquistare generi di prima necessità: «non ho soldi, sono solo, la mia famiglia è morta tutta quanta, non ho soldi nemmeno per fare la barba, vorrei un sussidio almeno per comprare le lamette da barba o un bagnoschiuma»;

D.V. ristretto nella cella n. 46 afferma di aver fatto richiesta di colloquio con il magistrato di sorveglianza almeno 2 anni e mezzo fa, ma non gli è stato mai accordato; molti detenuti lamentano che i giorni di liberazione anticipata vengono concessi con grande ritardo; qualche detenuto afferma: «i giorni di liberazione anticipata arrivano quando siamo già usciti, tanto ci fanno aspettare»;

la delegazione prosegue la visita recandosi al secondo piano; la seconda sezione ospita 115 detenuti in regime di alta sicurezza; l'apertura, ad opera degli agenti, delle porte da cui si accede alle varie sezioni richiede un tempo di attesa superiore a due minuti, a causa della carenza di personale; il vice comandante a tal proposito afferma: «abbiamo chiesto all'Amministrazione di dotarci di cordless per comunicare fra di noi, ma ci ha detto di no adducendo ragioni di sicurezza non meglio specificate; questi tempi di attesa sono un problema quando c'è qualcuno che sta male»; la delegazione inizialmente si reca nella «seconda semisezione nord»;

nella cella n. 34 sono ristretti 3 detenuti sistemati in un letto a castello a tre piani; questi detenuti denunciano l'impossibilità di accedere ai corsi scolastici: «qui non c'è scuola, noi dell'alta sicurezza non possiamo frequentare i corsi»; anche i detenuti di altre celle lamentano il fatto di non poter seguire i corsi scolastici;

per i soli detenuti comuni, invece, sono attivi corsi di scuola elementare, media, e istituto alberghiero: quest'ultimo con classi di prima e di secondo anno e con circa 18 partecipanti ai corsi nel 2012;

il penitenziario di Castrogno ha una dislocazione extraurbana e collinare ed è difficilmente raggiungibile con i mezzi del trasporto pubblico; in relazione a quest'aspetto, molti detenuti sottolineano le difficoltà che affrontano i familiari per recarsi presso l'istituto per lo svolgimento dei colloqui: «per i colloqui è complicato, il carcere non è collegato dal punto di vista dei trasporti»;

le salette per i colloqui sono due e, secondo quanto riferito, i tempi di attesa per i familiari sono piuttosto lunghi; un detenuto riferisce che la moglie e i 3 figli si mettono in fila alle 8.00 del mattino e riescono ad entrare generalmente intorno alle 12; «con 400 detenuti i tempi di attesa per i colloqui inevitabilmente si dilatano», spiega il vicecomandante, che aggiunge: «però diamo la possibilità di accorpare le ore per chi ha familiari che vengono da lontano»; le salette per i colloqui hanno ancora il muretto divisorio, in violazione della normativa vigente: «non è stato fatto alcun intervento, sono rimaste così come le avete viste nel 2009», riferisce il vice comandante De Amicis;

alcuni detenuti lamentano carenze nell'assistenza sanitaria: «se stai male qui ti danno la pillola che cura tutto»; un detenuto della cella n. 36, seconda semisezione nord, racconta: «sono stato male per un'infezione alla prostata, avevo la febbre a 40 gradi, avevo il catetere con il sangue dentro e la dottoressa nemeno mi ha controllato»;

alcuni detenuti sottolineano di non aver potuto fare la doccia nonostante il caldo soffocante: «oggi è ferragosto, la domenica e i festivi niente doccia»; altri evidenziano l'assenza di acqua calda;

M.G.F. ristretto nella cella n. 38, ha visto rifiutarsi «per motivi di sicurezza» l'istanza ai trasferimento in Calabria dove vive la figlia di dieci anni con un grave disturbo neurologico; il detenuto in questione viene comunque tradotto in Calabria, nel penitenziario di Catanzaro-Siano, in occasione delle udienze processuali; un detenuto ristretto nella cella n. 30 afferma: «con queste reti alle finestre non ci vedo più, gli occhi mi si stanno ammalando»;

V.B. ha presentato istanza di trasferimento a Rebibbia, Frosinone e Viterbo, ma gli è stata rigettata nonostante la motivazione della domanda fosse legata non solo alla necessità di stare vicino alla famiglia, che è residente a Napoli, ma anche alle specifiche necessità della figlia di 4 anni non vedente, in attesa di trapianto della cornea, che può incontrare solo in istituti che abbiano sale colloqui adeguate: «il medico ha attestato che mia figlia non può affrontare un viaggio lungo e ha bisogno di una sala asettica per il colloquio», riferisce; V.B., che ha altri tre figli minori dei quali il più grande ha dieci anni, aggiunge: «faccio pochi colloqui perché mia moglie deve badare a nostra figlia»; G.E. detenuto di 64 anni, riferisce di essere gravemente malato e di aver fatto richiesta di colloquio con il magistrato di sorveglianza da almeno 5 o 6 mesi, senza aver ricevuto alcuna risposta;

molti detenuti denunciano che «l'educatrice, la psicologa e l'assistente sociale qui non si vedono mai»;

alcuni detenuti in passato hanno lavorato ad un progetto (il progetto L.A.D.) volto alla pitturazione delle celle, finanziato dalla cassa delle ammende; da qualche tempo i lavori sono stati sospesi a causa della carenza di agenti di polizia penitenziaria: «io vorrei lavorare, ma hanno fermato i lavori perché non ci sono le guardie che ci guardano», racconta un detenuto; «non abbiamo materialmente agenti che stiano a controllare», conferma il vice comandante, sottolineando che accanto alla carenza di personale c'è il sovraffollamento ad ostacolare il proseguimento di questa esperienza: «è evidente che se pitturiamo una cella, in quell'ambiente non possono dormire»;

alcuni detenuti, facendo riferimento all'ubicazione della cabina telefonica (posta nel corridoio della sezione), lamentano il fatto che le telefonate non possano svolgersi in un luogo adeguato a garantire la riservatezza delle comunicazioni; la delegazione si reca nella «seconda semisezione sud»;

U.B. ventunenne di Rosarno (Reggio Calabria) ristretto nella cella n. 3, racconta che la madre è reclusa nel carcere di Vigevano, il padre nel carcere dell'Aquila e i fratelli negli istituti di Viterbo e Benevento: «vorrei andare in un istituto dove c'è uno dei miei fratelli perché mia sorella è l'unica fuori e non ce la fa a girare tutte le carceri»; U.B. inoltre lamenta l'impossibilità di accedere a corsi scolastici: «sono arrivato qui a 18 anni, volevo proseguire la scuola superiore ma qui non c'è possibilità di studiare»;

L.A.P. ristretto nella cella n. 19, riferisce di aver presentato diverse istanze di trasferimento per avvicinarsi alla famiglia che risiede in provincia di Palermo, senza aver mai ricevuto alcuna risposta: «non vedo le mie figlie dal novembre del 2009, sto qui da un anno e mezzo e non ho mai fatto un colloquio, ho chiesto di andare al Pagliarelli, anche per un breve periodo; la prima domanda l'ho fatta circa 9 mesi fa, l'ultima un mese fa, mai una risposta; prima ero nel carcere di Palmi: avevo chiesto un avvicinamento alla famiglia, e invece mi hanno dato un allontanamento»;

molti detenuti lamentano l'assenza di attività: «non c'è un corso, non c'è la possibilità di studiare, nella saletta della socialità non ci sono nemmeno un tavolo e uno sgabello e il calcetto non funziona; se facciamo la domandina per parlare con l'educatore non ti chiama nessuno; va bene che noi siamo alta sicurezza, ma in questo modo non riusciamo ad andare avanti, possiamo fare 30 anni così? Di quale rieducazione stiamo parlando?»; un detenuto afferma: «qui ci dicono che se vogliamo 5 giorni di permesso dobbiamo collaborare»;

C. lamenta di non aver ricevuto risposta alle domande presentate alcuni mesi fa per avere un colloquio con il direttore e con l'educatrice; questo detenuto riferisce di essere ormai prossimo alla liberazione e si dice preoccupato per i tempi burocratici di restituzione dei soldi che ha sul libretto: «so che a un altro detenuto che sul libretto aveva 1.000 euro gliene hanno dati soltanto 200 euro e gli altri dopo 4 mesi»;

la delegazione prosegue la visita recandosi nella terza sezione (3 piano), che ospita detenuti comuni in regime di media sicurezza; le condizioni di manutenzione della struttura sono peggiori rispetto a quelle dei piani inferiori;

i detenuti della «terza semisezione nord» lamentano l'assenza di attività e le condizioni in cui sono costretti a vivere: «con questo pavimento in cemento mangiamo polvere dalla mattina alla sera», afferma un detenuto; molti sottolineano lo stato di avanzato deterioramento dei materassi: «questi materassini in spugna sembrano colla, sono appiccicosi, non li cambiano non da anni ma da decenni, sono scaduti e strascaduti, c'è la forma della persona»; nella saletta ricreativa è presente soltanto un tavolo da ping pong inutilizzabile perché sprovvisto di racchette e pallina; oltre alle sbarre, reti a maglia stretta sono applicate alle finestre della sala ricreativa e della doccia comune;

«l'educatore non funziona bene: se ti chiama, lo fa dopo diversi mesi dalla domandina», evidenziano in tanti;

S.A. detenuto di 71 anni ristretto nella cella n. 28, appare in cattive condizioni di salute, è completamente sdentato e non riesce a parlare; N.H. riferisce di essere il suo piantone volontario («lo faccio gratis, spero che almeno mi possa fruttare come buon comportamento») e segnala che S.A. ha problemi al cuore, è stato operato alla lingua e non mangia da 3 giorni: «dovrebbe avere il vitto liquido ma non lo ottiene tutti i giorni, a volte gli danno il vitto solido, ma lui non può mangiarlo»;

A.P. ristretto nella cella n. 35, riferisce di non vedere da un anno e mezzo il padre malato e di aver presentato per questo un'istanza di avvicinamento colloqui nelle carceri di Secondigliano (Napoli), Avellino, Benevento, Cassino, Santa Maria Capua Vetere: «mio padre ha un tumore, non può viaggiare, ogni tanto viene a trovarmi mia madre ma solo se l'accompagna qualche amica; io sono in questo carcere da 3 mesi, prima ero a Poggioreale, non ho mai preso un rapporto e ho sempre tenuto un buon comportamento: anche se a Poggioreale eravamo 11 in una cella, preferivo stare lì perché la lontananza dalla famiglia mi pesa troppo, soprattutto per le condizioni di salute di mio padre»;

C.M. ristretto nella cella n. 30, riferisce di aver presentato al magistrato di sorveglianza l'istanza di concessione dei giorni di liberazione anticipata più di otto mesi fa, il 7 gennaio 2012, aver ricevuto alcuna risposta;

in una cella della «terza semisezione sud» è ristretto G.S.che riferisce di essere tossicodipendente e iscritto al Ser.T. dal 1993, e lamenta: «il dottor Paolini, responsabile dell'area sanitaria, e il dottor Valerio Filippo Profeta, medico del Ser.T., dicono che non sono tossicodipendente e dunque non ho la possibilità di accedere alla comunità, ma io sono tossicodipendente! Come fanno a sostenere il contrario?»;

un detenuto recrimina di non riuscire a vedere la televisione dal letto: «con questi letti saldati a terra non c'è nulla da fare: chi sta giù non può vedere la tv»;

un detenuto della cella n. 2 afferma di non aver potuto spedire alla prima firmataria del presente atto una barca a vela costruita in cella: «volevo mandargliela ma non mi hanno consentito di inviarla»;

C.P. ristretto nella cella n. 17, racconta di aver fatto richiesta di poter essere presente al funerale della nonna, morta il 1o febbraio, 2012, e di non aver ricevuto alcuna risposta: «avrebbero potuto dirmi no, non puoi andarci, invece non mi hanno detto nulla»; A.A.D.S.riferisce di essersi visto rigettare la richiesta di trasferimento a Napoli, dove vorrebbe tornare per stare vicino al figlio di 7 anni che ha gravi disturbi psicologici dovuti proprio alla separazione dal padre; non vede il figlio dal 16 aprile; il tetto del vano doccia della «terza semisezione sud» è in pessime condizioni a causa dell'umidità;

i detenuti accompagnano l'uscita della delegazione dal reparto con applausi e cori («Pannella è uno di noi»);

anche la quarta sezione ospita detenuti comuni in regime di media sicurezza: in questo piano però sono presenti principalmente detenuti stranieri e detenuti con problemi di tossicodipendenza; la delegazione si reca inizialmente nella «quarta semisezione nord»; L.B. ristretto nella cella n. 50, non ha ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata lo scorso 25 aprile 2012 per chiedere di poter scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge n. 199 del 2010; questo detenuto riferisce di avere un lavoro e di aver chiesto, con istanza presentata sempre il 25 aprile 2012, di poter usufruire della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, senza aver ricevuto anche in questo caso alcuna risposta; inoltre, L.B. dice di aver presentato il 30 aprile istanza di liberazione anticipata: «ma ancora niente, non riesco ad avere nemmeno i 45 giorni di liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza non risponde»;

nella cella n. 45 è ristretto A.E.che finisce di scontare la sua pena nell'agosto del 2013, e afferma di avere un tumore alla prostata e di essere stato dichiarato incompatibile con il regime carcerario sia dai sanitari del carcere di Regina Coeli che da quelli del carcere di Teramo, ma la sua istanza è stata rigettata perché il magistrato di sorveglianza sostiene, invece, che il suo stato di salute è perfettamente compatibile;

M.D.G. ristretto nella cella n. 44, è un detenuto tossicodipendente che, piangendo, riferisce di aver tentato il suicidio: «sto male, ho ansia, il Ser.T. non mi segue; ho 4 figli piccoli: due gemelli di 4 anni, uno di 3 anni e l'ultimo ha un anno e mezzo; sono stato arrestato per un vecchio reato risalente al 2002, prima lavoravo come operatore ecologico, adesso ho finito, sono povero, ho cercato di togliermi la vita»;

M.F. è un detenuto tunisino che da tempo è sceso sotto i 2 anni di residuo pena: per questo motivo ha presentato 7 mesi fa la richiesta di essere espulso nel suo Paese, ma non ha mai ricevuto risposta; stesso discorso per il suo compagno di cella C.R. che ha presentato l'istanza 2 mesi fa; il fratello di M.F. si è suicidato il 12 settembre 2009 nel carcere di Prato;

J.C.N.W.N. detenuto ruandese ristretto nella cella n. 35, non ha ancora ricevuto alcuna risposta all'istanza di liberazione anticipata presentata il 15 maggio scorso;

molti detenuti sottolineano l'«inesistenza» di assistenza psichiatrica e psicologica;

G.D.S. giovane detenuto ristretto nella cella n. 37, racconta commosso: «dall'inizio dell'anno in questo carcere si sono suicidati quattro di noi e non è stata fatta nemmeno una messa per ricordarli, ci sono rimasto male»; G.D.S. prosegue: «ho chiesto di andare in cappella per fare una preghiera, ho fatto un'apposita domanda, ma niente, io sono qua da 4 mesi, non l'abbiamo mai visto un cappellano e la messa non si fa»;

E.H. e A.E. ristretti nella cella n. 39, riferiscono di essere in attesa di giudizio da 10 mesi e mostrano grande preoccupazione per la loro sorte processuale; questi detenuti conoscono pochissime parole di italiano;

nella cella n. 42 sono ristretti M.M. detenuto della Sierra Leone, e J.O. nigeriano di 40 anni; quest'ultimo riferisce di trovarsi in carcere da meno di un mese e di non conoscere le ragioni del suo arresto;

un numero consistente di detenuti stranieri non parla e non comprende la lingua italiana, dichiara di non conoscere la propria situazione processuale e riferisce di non aver mai incontrato il proprio difensore d'ufficio;

molti detenuti, specialmente stranieri, versano in condizioni di totale indigenza e affermano di non ricevere alcun sussidio, nemmeno per fare fronte ad esigenze primarie;

A.B.F.detenuto tunisino, è disperato perché gli è arrivato un vecchio definitivo del 1998 (in tutto 6 anni, di cui 3 scontati); prima dell'arresto si è sposato e ha avuto 3 bambine che vivono con la madre a Martinsicuro: «così ho perso tutto»; gli hanno rigettato l'istanza di affidamento in prova presso l'impresa edile dello zio;

R.T. detenuto rumeno, riferisce di avere un residuo pena di 6 mesi e di aver presentato domanda per finire di scontare la condanna in Romania, senza aver mai ricevuto alcuna risposta; anche J.A.B. con un residuo di pena da scontare inferiore a 2 anni, ha chiesto di poter tornare in Romania;

C.F. racconta che il 4 luglio 2012, gli è nata una bambina e ha chiesto di poterla riconoscere, ma nessuno gli ha fatto sapere alcunché; la delegazione visita, infine, la «quarta semisezione sud»;

alcuni detenuti lamentano le condizioni di estrema povertà in cui sono costretti a vivere: «non abbiamo i soldi nemmeno per lo shampoo»; altri evidenziano la scarsa varietà del vitto: «da 3 giorni mangiamo solo riso, qui ci danno sempre e solo riso»;

B.C. è un marocchino di 23 anni ristretto nella cella n. 3; questo detenuto, che presenta vistose cicatrici in diverse parti del corpo (braccia, petto, pancia, cosce), conseguenza di atti di autolesionismo, appare in stato di forte agitazione e racconta così la sua vicenda: «ho problemi di tossicodipendenza con la cocaina, il Ser.T. non funziona, per calmarmi mi danno una terapia, il farmaco si chiama Akineton; prima ero nel carcere di Marassi (Genova), poi 6 mesi a Verona, ora qua da 3 mesi; a Verona sono stato sempre al 14-bis, anche qui, ora me l'hanno tolto da 3 giorni; a Verona ho tentato il suicidio tre volte; qui non mi aiuta nessuno, sono senza soldi, vorrei almeno lavorare; 3 mesi fa ho fatto la domanda per tornare in Liguria per stare vicino alla mia ragazza, non mi hanno risposto neppure per dirmi di no»;

H.E.H. detenuto tunisino di 29 anni, riferisce di essere in carcere dal 2008 e di avere il fine pena nel giugno 2013; il suo timore è di essere espulso in Tunisia, mentre lui vorrebbe andare in Francia, dove dice di avere i documenti e un figlio di 4 anni: «sto qua senza fare colloqui, senza la famiglia, senza soldi, senza lavoro; ho girato 7 carceri, ormai ho quasi finito la mia pena ma non voglio tornare in Tunisia, lì c'è una situazione di guerra, voglio andare in Francia dal mio bambino; sono dentro per violazione della legge sulla droga»; un detenuto della cella n. 10 lamenta: «stiamo chiusi tutto il giorno, ho fatto mille domandine per parlare con il magistrato di sorveglianza ma non mi ha risposto, ho scritto anche al direttore ma nemmeno lui mi ha risposto, mi mancano soltanto 10 mesi da scontare, vorrei qualche lavoretto, sarei disposto pure a lavorare gratis, come volontario, pur di non stare tutto il giorno chiuso in cella»;

M.D. ventisettenne albanese ristretto nella cella n. 15, ha un residuo pena di circa 17 mesi e afferma di aver presentato sia un'istanza per accedere alla misura alternativa di affidamento in prova al servizio sociale sia, in alternativa, una richiesta di trasferimento in Albania, dove vive la famiglia; non ha ancora ricevuto risposta;

C.O. ristretto nella cella n. 4, ha fatto richiesta di trasferimento negli istituti di Napoli Secondigliano, Benevento e Isernia, per stare più vicino alla famiglia; ha 5 figli, tutti minorenni; questo detenuto inoltre riferisce di aver fatto richiesta di un colloquio con il magistrato di sorveglianza, senza ancora essere riuscito a incontrarlo: «è da un anno che faccio domande per parlare con il magistrato di sorveglianza, qui non esiste il magistrato di sorveglianza»;

nella cella n. 17 sono ristretti due gemelli macedoni di 25 anni: V.M.riferisce di aver indirizzato al magistrato di sorveglianza un'istanza per un permesso, e di non aver ricevuto alcuna risposta dopo oltre 2 mesi dalla presentazione della domanda; A.M. soffre di vene varicose e lamenta carenze nell'assistenza medica; L.M. ristretto nella cella n. 24, ha il fine pena nel febbraio 2013 e lo scorso 24 giugno ha presentato la domanda per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ex legge n. 199 del 2012: «ancora non mi ha risposto nessuno»;

F.T. detenuto di 25 anni ristretto nella cella n. 22, ha il fine pena nel 2018 e vorrebbe seguire corsi di liceo scientifico, che nel carcere di Teramo non sono attivi; per questo ha presentato una richiesta di trasferimento nella casa di reclusione di Porto Azzurro (Livorno);

M.R. detenuto rumeno di 27 anni recluso nella cella n. 25, ha un residuo pena di 6 mesi e lamenta di non aver ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata circa 3 mesi fa per scontare il residuo della pena presso il domicilio, ai sensi della legge 199 del 2010; con riferimento all'assenza dell'ascensore, l'ispettore Rapini evidenzia la gravità di questo limite strutturale: «in questo carcere abbiamo detenuti malati di cuore: in caso di emergenza come li portiamo fuori?»;

secondo quanto riferito da molti detenuti, gli spazi dove si svolgono le ore d'aria (i cosiddetti passeggi) sono dotati di una copertura molto piccola, che assicura una zona d'ombra solo al mattino ma non al pomeriggio: «di pomeriggio c'è sempre il sole e il passeggio è un forno crematorio»;

l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;

l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»; il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale»; l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»; il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...)» -:

quali siano le ragioni per le quali, nonostante le segnalazioni contenute nelle interrogazioni a risposta scritta - n. 4-04862 (visita ispettiva del 2 novembre 2009) e n. 4-05612 (visita ispettiva del 25 dicembre 2009), non si sia ritenuto di dover intervenire per rimuovere le evidenti illegalità riguardanti il carcere di Teramo-Castrogno;

quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Castrogno; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti; cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;

cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori e per quanto di competenza degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;

se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui, dotata ancora del vietato muretto divisorio, in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, all'accesso quotidiano alle docce;

per quale ragione si sia deciso di installare recentemente le vietate grate a maglie strette davanti alle sbarre delle finestre, limitando in tal modo sensibilmente l'ingresso della luce; se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena; se ritenga di dover intervenire affinché siano separati i detenuti imputati da quelli già condannati;

quale sia il carico di lavoro della magistratura di sorveglianza di Teramo e se intenda assumere iniziative ispettive in considerazione di quella che agli interroganti risulta essere un'inadeguata e carente risposta alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;

se, in base ai commi 1 e 2 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 il magistrato di sorveglianza di Teramo vigilando come è suo compito sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena abbia mai prospettato al Ministro della giustizia le esigenze dei vari servizi del carcere di Teramo-Castrogno con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;

se il Ministro della giustizia intenda intervenire in merito ai casi descritti in premessa;

stante la richiesta di alcuni detenuti del carcere di Teramo-Castrogno di poter scontare la pena ovivere la custodia cautelare vicino al proprio contesto familiare, cosa intenda fare il Ministro per rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto del detenuto con i propri familiari e i figli, specie in età minore;

se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;

quali iniziative abbia intrapreso il Governo a seguito dei quattro suicidi che si sono verificati quest'anno nel carcere di Teramo;

se non ritenga di dover intervenire per assicurare la mediazione culturale per i detenuti stranieri che non sono nemmeno in grado di conoscere la propria condizione processuale;

se e quali iniziative intenda assumere per rendere effettiva la possibilità per i detenuti stranieri che lo richiedano di scontare gli ultimi due anni di pena nel Paese d'origine; se non ritenga di dover intervenire per assicurare l'assistenza religiosa, messa domenicale compresa, richiesta da un buon numero di detenuti anche assumendo gli opportuni contatti con la Curia di Teramo;

di quali elementi disponga il Governo con riferimento all'attuazione della legge n. 199 del 2010, e quali iniziative, anche normative, di competenza intenda assumere al riguardo qualora rilevasse che tale attuazione è insoddisfacente. (4-17468)