ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17090

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 671 del 24/07/2012
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 5/06845
Firmatari
Primo firmatario: DI BIAGIO ALDO
Gruppo: FUTURO E LIBERTA' PER IL TERZO POLO
Data firma: 24/07/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24/07/2012
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E L'INTEGRAZIONE delegato in data 27/07/2012
Stato iter:
23/10/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 23/10/2012
RICCARDI ANDREA MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E INTEGRAZIONE)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 23/10/2012

CONCLUSO IL 23/10/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17090
presentata da
ALDO DI BIAGIO
martedì 24 luglio 2012, seduta n.671

DI BIAGIO. -
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che:

l'adozione internazionale è regolata in Italia dalla legge n. 183 del 1984 modificata dalla legge n. 476 del 1998 di «ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja, il 29 maggio 1993»;

una delle maggiori garanzie poste dalla Convenzione a tutela dei minori è il principio di sussidiarietà, in virtù del quale l'adozione internazionale deve essere vista esclusivamente come estremo rimedio per l'accoglienza dei bambini privi di cure genitoriali. Essa va quindi di regola applicata soltanto laddove non esista nessun'altra possibilità per il minore senza famiglia di essere accolto in una famiglia sostitutiva nel proprio Paese;

con la ratifica della Convenzione de l'Aja del 1993 l'impegno degli Stati appare chiaro: «ogni Stato dovrebbe adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine», e ancora «l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nei loro Stati di origine»;

i Paesi che realizzano adozioni internazionali sono quindi tenuti a implementare progetti di cooperazione che consentano, da un lato, la prevenzione dell'abbandono minorile e, dall'altro, il suo superamento attraverso azioni tese al rafforzamento dei legami familiari e al rientro in famiglia oppure, in difetto, all'accoglienza dei minori in un ambiente familiare nel Paese di origine, attraverso l'affidamento o l'adozione nazionale;

l'obbligo di garantire il rispetto del principio di sussidiarietà non è posto solo a carico dei Paesi di origine di minori, ma anche di quelli cosiddetti «riceventi», come chiarito nel rapporto della Commissione speciale sul funzionamento e la pratica della Convenzione dell'Aja del 1993, redatto il 28 novembre-1° dicembre 2000 dall'ufficio permanente della Conferenza dell'Aja sul diritto internazionale privato;

il rapporto citato, anche con riferimento alla necessità di evitare che dall'adozione derivi ingiusto lucro per determinati soggetti, giunge alla seguente raccomandazione: «i Paesi riceventi sono chiamati a supportare le azioni svolte nei Paesi di origine per sviluppare i servizi nazionali di protezione dei minori, inclusi programmi per la prevenzione dell'abbandono»;

nella stessa Convenzione di New York del 1989 gli Stati parte nel preambolo hanno riconosciuto «l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare i paesi in via di sviluppo»;

già nella delibera del 26 novembre 1998, n. 180 del comitato direzionale presso il Ministero degli affari esteri, contenente le «Linee-guida della cooperazione italiana sulla tematica minorile», era indicata espressamente, tra le strategie d'intervento quella di «combattere il fenomeno della tratta e del mercato dei minori con attività di prevenzione anche in coordinamento con programmi di sostegno a distanza e dove necessario, con le cautele del caso, di adozione internazionale»;

ci sono Paesi europei che hanno inserito strutturalmente la propria attività di adozione internazionale nel quadro delle politiche ed azioni di cooperazione allo sviluppo. Così la Francia che ha istituito la propria autorità centrale (SAI-Servizio adozioni internazionali) presso il Ministero degli affari esteri nell'ambito del dipartimento dei francesi all'estero e dell'amministrazione consolare (DFAE). La presidenza di questa autorità è attribuita ad un ambasciatore, mentre consolati e ambasciate sono delegati allo svolgimento dei compiti funzionali alla presenza all'estero degli enti autorizzati, al rilascio dei visti per i minori e alla rappresentanza istituzionale dell'Italia all'estero. Quello che caratterizza il sistema francese, dunque, è, non solo l'attuale direzione dell'autorità centrale ad un ambasciatore anziché ad un Ministro, ma anche il fatto che gli uffici dell'autorità fanno parte del dipartimento del Ministero degli affari esteri competente per le attività consolari;

gli enti italiani autorizzati ad operare all'estero dalla Commissione per le adozioni internazionali si trovano a dover svolgere un elevato numero di adempimenti relativi all'ottenimento dei visti oltre a dovere mantenere rapporti di natura istituzionale con le autorità estere competenti per l'adozione internazionale e per i progetti di cooperazione che realizzano; tali rapporti non sono agevolati da una politica centrale delle rappresentanze italiane all'estero perché non rientrano tra i poteri istituzionali di ambasciate e consolati;

considerata l'attuale crisi delle adozioni internazionali e, in particolare, la forte contrazione delle idoneità all'adozione internazionale rilasciate dai tribunali per i minorenni (dai 6.273 decreti del 2006 si è passati ai 3.179 del 2011) appare non più differibile predisporre una riforma della legge in vigore per dare un nuovo slancio alle adozioni internazionali e maggiore fiducia rispetto all'iter che le caratterizza;

alla luce di quanto evidenziato, sarebbe auspicabile razionalizzare le procedure sotto diversi aspetti per garantire celerità e trasparenza e - alla luce delle criticità evidenziate - il modello francese potrebbe rappresentare un riferimento interessante per la ridefinizione amministrativa ed organizzativa del sistema vigente in Italia -:

se il Governo intenda, e con quali modalità, incardinare l'autorità centrale per le adozioni internazionali presso il Ministero degli affari esteri, al fine anche di garantire l'inclusione dei Paesi nei quali l'Italia adotta maggiormente fra quelli «prioritari» anche in termini di investimento in progetti di cooperazione allo sviluppo in attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale;

se e come il Governo intenda inoltre coinvolgere gli uffici delle rappresentanze italiane all'estero per l'esercizio delle funzioni relative alle adozioni internazionali e per il necessario supporto, ma anche controllo, al lavoro svolto all'estero dagli enti autorizzati. (4-17090)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 23 ottobre 2012
nell'allegato B della seduta n. 707
All'Interrogazione 4-17090 presentata da
ALDO DI BIAGIO

Risposta. - L'interrogazione in esame richiama l'attenzione del Governo su alcune questioni concernenti le adozioni internazionali e, in particolare, la commissione per le adozioni internazionali da me presieduta in virtù della delega conferitami dal Presidente del Consiglio dei ministri.
L'interrogante chiede, in particolare, di conoscere se il Governo intenda incardinare l'autorità centrale per le adozioni internazionali presso il Ministero degli affari esteri, in analogia con quanto previsto in alcuni Paesi europei come la Francia, inserendo in tal modo l'attività di adozione internazionale nel quadro delle politiche ed azioni di cooperazione allo sviluppo. Viene sottolineata, inoltre, la necessità di una riforma della legge sulle adozioni internazionali al fine di dare nuovo slancio alle medesime e di razionalizzare le attuali procedure. Al riguardo, l'interrogante riterrebbe auspicabile che, nella ridefinizione amministrativa e organizzativa del sistema vigente in Italia, si traesse ispirazione dal modello francese.
La commissione per le adozioni internazionali è l'autorità centrale italiana preposta all'esecuzione della Convenzione de L'Aja del 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, ratificata dall'Italia con legge n. 476 del 1998.
Per quanto concerne la proposta di riforma della commissione per le adozioni internazionali, di cui l'interrogante auspica lo spostamento presso il Ministero degli affari esteri, mi preme sottolineare che l'incardinamento della commissione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è stato il frutto di una precisa scelta del legislatore del 1998, in considerazione dei compiti di coordinamento rispetto alle attività dei vari ministeri che hanno competenze nella materia e, in particolare: il Ministero degli affari esteri (per la stipulazione di convenzioni bilaterali, la documentazione necessaria per l'ingresso del minore in Italia, i controlli consolari sullo svolgimento delle adozioni all'estero), il Ministero dell'interno (inizialmente per il permesso di soggiorno, ora abolito, e per i controlli alla frontiera), il Ministero della giustizia (competenze degli organi giudiziari) e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (funzione sociale di protezione dell'infanzia e della famiglia).
In qualità di autorità centrale, la commissione per le adozioni internazionali ha il compito principale di garantire che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla Convenzione de L'Aja. Tali princìpi sono: il principio di sussidiarietà, che prevede l'obbligo di privilegiare le possibili soluzioni alternative all'adozione internazionale nel paese di origine del minore; il principio di parità, in base al quale occorre che gli aspiranti genitori adottivi posseggano adeguati requisiti di idoneità e di capacità di adottare; il principio di reciprocità, che tende al riconoscimento automatico delle adozioni concluse in uno Stato aderente alla convenzione, in tutti gli altri Stati membri.
Segnalo che nei principali Paesi europei, le autorità centrali competenti per le adozioni sono in prevalenza incardinate presso i Ministeri della giustizia o degli affari sociali; solamente in Francia e negli Stati Uniti, il relativo Servizio si trova, rispettivamente, presso il Ministero degli affari esteri e il dipartimento di Stato.
Per quanto riguarda l'Italia, la scelta di inquadrare la commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è stata effettuata coerentemente con il carattere interministeriale delle sue competenze. Tale carattere si riflette nella composizione della commissione di cui fanno parte, oltre che rappresentanti dei varie ministeri, anche rappresentanti delle regioni e degli enti locali.
Il Ministero degli affari esteri, che partecipa ai lavori della commissione con un suo rappresentante, si adopera costantemente attraverso l'amministrazione centrale e la rete all'estero, sia per il buon esito delle singole procedure di adozione, sia per facilitare le iniziative di cooperazione promosse e finanziate dalla commissione, d'intesa con le autorità centrali dei Paesi d'origine dei minori da adottare, seguendo altresì le dinamiche delle adozioni internazionali, l'assetto normativo, le prassi e le proposte di legge all'estero. La rete diplomatico-consolare, inoltre, collabora con gli enti autorizzati relativamente alle attività di legalizzazione e controllo della documentazione, assistenza alle famiglie adottanti e rilascio dei visti agli adottandi, previa autorizzazione all'ingresso e alla permanenza in Italia del minore da parte della commissione per le adozioni internazionali.
Le attività svolte dalla commissione per le adozioni internazionali nel corso degli anni hanno portato a concreti risultati e a successi sia sul piano interno che internazionale. Tale circostanza è confermata dai dati trasmessi dagli uffici dai quali emerge che l'Italia è, attualmente, il primo Paese europeo per numero di accoglienza di minori, secondo nel mondo solo agli Stati Uniti d'America.
Nonostante si verifichi, in generale, una riduzione del numero delle adozioni internazionali - come segnalato anche dall'interrogante - in Italia il numero delle adozioni è aumentato progressivamente fino al 2010 e, successivamente, è rimasto costante.
Le informazioni acquisite dagli uffici evidenziano che il modello francese non è stato in grado di evitare la fortissima riduzione del numero di adozioni realizzate dai cittadini francesi nel 2011 rispetto a quelle del 2010 (1.995 adozioni nel 2011 rispetto alle 3.504 del 2010; nei medesimi anni, in Italia sono state realizzate rispettivamente 4.022 e 4.129 adozioni e, quindi, nel 2011 in Italia sono state realizzate più del doppio delle coeve adozioni francesi).
Inoltre, nel corso degli anni, la commissione per le adozioni internazionali ha costruito e sviluppato un sistema di relazioni internazionali così forte da essere considerata ormai uno degli interlocutori più importanti del segretariato della conferenza de L'Aja e delle autorità centrali dei Paesi ratificanti, attraverso una collaborazione intensa ed efficace con il Ministero degli affari esteri.
La commissione ha svolto un'intensa attività di relazione con i Paesi d'origine che ha portato il numero degli Stati in cui si realizzano adozioni da 34, quali erano nel 2001, a 60 nel 2009, con una crescita costante del numero di adozioni realizzate, a fronte del massiccio calo che si è registrato negli altri Paesi d'accoglienza. Mi pare di poter affermare che anche solo questi dati confermino l'efficacia dell'azione della commissione e la validità della scelta di mantenere il suo incardinamento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione: Andrea Riccardi.